RASSEGNA STAMPA DETTI E SCRITTI 15 LUGLIO 2022
A cura di Manlio Lo Presti
Esergo
“Eppur si muove”. Ma in che direzione?
STANISLAW J. LEC, Pensieri spettinati, Bompiani, 2015, pag. 106
https://www.facebook.com/dettiescritti
https://www.instagram.com/dettiescritti/
Le opinioni degli autori citati possono non coincidere con la posizione del curatore della presente Rassegna.
I numeri degli anni precedenti della Rassegna sono disponibili sul sito www.dettiescritti.com
Precisazioni legali
www.dettiescritti.com è un blog intestato a Manlio Lo Presti, e-mail: redazionedettiescritti@gmail.com
Il blog non effettua alcun controllo preventivo in relazione al contenuto, alla natura, alla veridicità e alla correttezza di materiali, dati e informazioni pubblicati, né delle opinioni che in essi vengono espresse.
Nulla su questo blog è pensato e pubblicato per essere creduto acriticamente o essere accettato senza farsi domande e fare valutazioni personali.
Il materiale presente in questo sito (ove non ci siano avvisi particolari) può essere copiato e redistribuito, purché venga citata la fonte. www.dettiescritti.com non si assume alcuna responsabilità per gli articoli e il materiale ripubblicato.
Questo blog non rappresenta una testata giornalistica in quanto viene aggiornato senza alcuna periodicità. Non può pertanto considerarsi un prodotto editoriale ai sensi della legge n. 62 del 7.03.2001.
Le immagini e le foto presenti nel Notiziario, pubblicati con cadenza pressoché giornaliera, sono raccolte dalla rete internet e quindi di pubblico dominio. Le persone interessate o gli autori che dovessero avere qualcosa in contrario alla pubblicazione delle immagini e delle foto, possono segnalarlo alla redazione scrivendo alla e-mail redazionedettiescritti@gmail.com
La redazione provvederà doverosamente ed immediatamente alla loro rimozione dal blog.
Detti e scritti porta all’attenzione le iniziative editoriali di terzi, nell’esclusivo interesse culturale e informativo del lettore, senza scopo di lucro.
°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°
SOMMARIO
I DANNI DI GUERRA SONO SOLO DA PARTE RUSSA? E GLI UCRAINI STANNO FERMI?
MANGERETE INSETTI E SARETE FELICI
Covid, ecco come vogliono imporci l’obbligo vaccinale
Contrabbando di armi in Ucraina: l’allarme di NATO e UE
I Test Invalsi: la scuola Coloniale
Differenze tra essere di destra ed essere di sinistra
L’umiliazione imposta dal Sultano. La foto della vergogna (censurata dai giornali)
Terza guerra mondiale per schemi
L’Ucraina ha appiccato il fuoco ai campi di grano al confine con la regione di Kherson
LUKASHENKO LANCIA L’ALLARME: L’OCCIDENTE PIANIFICA ATTACCO ALLA RUSSIA
Biden: pronti a usare la forza contro l’Iran
Tutte le sanzioni approvate finora contro la Russia
L’uomo-macchina, l’amicizia e il Covid: “siamo tutti in pericolo”
Un nuovo ‘misterioso’ trattato pandemico e più poteri sugli Stati: a Ginevra il futuro dell’Oms
“Io senza vaccino Covid non ho diritto a un trapianto di polmone”. Il caso di Gianni Tollardo arriva in Parlamento
La presa in giro dello spread
X-FILES: L’INCHIESTA DEL GUARDIAN CHE SCOPERCHIA UBER
Più verde di così, si muore
Chi sono gli incappucciati della finanza
Il nuovo disordine mondiale / 15: Follow the money!
Strategia Usa in Ucraina: i 2 fatti (madornali) necessari per creare una vera opposizione in Italia
FRANCO PRODI: IL RISCALDAMENTO GLOBALE CHE STIAMO VIVENDO È UN FATTO NATURALE
Origini Covid. Le sorprendenti dichiarazioni di Jeffrey Sachs che in Italia non fanno notizia
Il nuovo disordine mondiale/ ieri e oggi: la jihad imperialista
EDITORIALE
I DANNI DI GUERRA SONO SOLO DA PARTE RUSSA? E GLI UCRAINI STANNO FERMI?
Manlio Lo Presti 15 07 2022
Una mente indipendente si insospettisce nel ricevere il flusso di notizie diffuse soprattutto dai canali governativi che elencano i danni provocati dall’esercito russo e nulla, ripeto, nulla si diffonde sui danni dell’esercito ucraino e dei mercenari al loro servizio pagati e sostenuti con armi dall’asse infernale anglofrancoamericano???
Non ci si accorge che la propaganda sta di nuovo utilizzando lo schema:
armi-distruzioni-donne sempre in gravidanza-palazzi distrutti, scuole, vecchiette piangenti, donne con bambini in braccio sporchi di muco, ecc. ecc. ecc. ecc. ecc. ecc. ?
Una sequenza sperimentata con successo per il bombardamento mediatico delle immigrazioni forzate usate come arma di guerra ibrida? e Poi, con tempistiche diverse, nelle campagne dello psycho-vairuss?
Se le notizie sono diffuse dalla “parte giusta”, nessuno trova da eccepire e sollevare quesiti!
Se la fonte fosse stata quella della parte sbagliata, il canale Facebook e suoi satelliti avrebbero rapidamente censurato e cancellato il profilo contestando:
1.le immagini sono fuori contesto e senza date precisa
2.le notizie e i filmati annessi sono senza fonti verificabili e senza data precisa
3. i contenuti spingono all’odio e alla lode della violenza
Quindi, la mattanza disinformativa e propagandistica può continuare indisturbata perché coloro della “parte sbagliata” che trovano da eccepire sono:
1.silenziati,
2.ridotti alla irrilevanza,
3.a loro insaputa, vengono ristretti i perimetri di distribuzione delle loro notizie dentro al canale di rete,
4. licenziati dai posti di lavoro o trasferiti in sedi disagiate,
5. se questi schifosi terrapiattisti, complottisti, filorussi, negazionisti, no-vax, fascisti non si piegano, esiste il ricorso al “casuale incidente stradale in autostrada” , ai loro figli e familiari, eseguito da specialisti dei “palazzi segreti” .
Per tornare ai maledetti russi, solitamente i danni alle strutture sono attuati da coloro che battono in ritirata e non da chi conquista (cfr: https://www.lantidiplomatico.it/dettnews-strategia_usa_in_ucraina_i_2_fatti_madornali_necessari_per_creare_una_vera_opposizione_in_italia/45289_46813/ )
La stessa strategia fu giustamente adottata dai russi quando si ritirarono verso l’interno durante l’operazione Barbarossa, iniziata domenica 22 giugno 1941, bruciando campi di grano, ritirando il bestiame e facendo affossare la Wehrmacht nel terribile inverno russo.
Non ha senso DISTRUGGERE CIO CHE SI CONQUISTA.
Primo, perché si avrebbe l’ostilità maggiorata della popolazione di cui va subito guadagnato il consenso.
Secondo, non si distrugge ciò che si vuole prendere.
Terzo, i due punti precedenti fanno capire che siamo il bersaglio di una smaccata e arrogante propaganda.
Non c’è bisogno di 21 trasmissioni teleguidate e pastorizzate ad usum delphini per capirlo. Se non si è in malafede, basta applicarsi con attenzione per arrivarci! È fondamentale usare il buonsenso e aver letto buoni libri di storia evitando di farsi bombardare da reti televisive, giornali e rete.
Cerchiamo di avere rispetto di noi stessi documentandoci incessantemente e il più possibile e, soprattutto, impegnandoci duramente per comprendere quello che si legge!!!
La verità non sta mai da una parte sola, Bellezza!
IN EVIDENZA
MANGERETE INSETTI E SARETE FELICI
Di Sonia Milone per ComeDonChisciotte.org
Insetti a tavola. È il nuovo menù servito ai bambini di alcune scuole elementari del Galles per incoraggiare il consumo di proteine alternative a quelle della carne bovina. Si tratta di un esperimento avviato dall’Università di Cardiff e dall’Università dell’Inghilterra occidentale (UWE Bristol). (1)
La ricerca ha entusiasmato Beppe Grillo che non vede l’ora di mettere nel piatto degli studenti italiani grilli, locuste e tarme (i tre tipi di insetti autorizzati dalla UE):
I bambini impareranno così i benefici nutrizionali e ambientali del consumo di insetti
Allo scopo di
ridurre i 64 milioni di tonnellate di anidride carbonica emesse ogni anno dalla produzione e dal consumo di prodotti a base di carne (2)
Vorremmo fosse una battuta, se non fosse che il comico genovese non riesce più a far ridere nessuno, impegnato come è nella promozione dell’agenda globalista, di cui la crociata ecologista è uno dei principali obiettivi. Sulla pelle dei nostri figli, facendone, letteralmente, carne da macello. Dieta insettivora al posto della dieta mediterranea, a scuola, per rieducare le nuove generazioni alla mancanza di gusto, al digiuno delle nostre tradizioni e arruolarle nel nuovo culto ambientalista.
Certo di un imminente “disastro ambientale senza precedenti”, anche Bill Gates vuole rivoluzionare la nostra alimentazione dichiarando che, nel futuro, gli individui “dovrebbero mangiare solo carne sintetica“. (3) Infatti, ha lanciato la startup Beyond Meat che produce manzo in laboratorio ed è, filantropicamente, divenuto il maggiore latifondista degli Stati Uniti, dove coltiva cibi in plastica per salvare la Terra, seguito da altri imprenditori della Silicon Valley, pronti a colonizzare il nuovo, appetitoso (per loro), mercato. Hamburger sintetici sono già disponibili nei fast food americani di Burger King.
Il menù del futuro cucinato per noi dalle elites globaliste prevede, quindi, insetti e carne artificiale.
Ma non è finita. La Commissione Europea preme per affrancare dal “principio di precauzione” (grazie al quale sono stati, finora, vietati gli Ogm) gli alimenti prodotti con le nuove tecniche di manipolazione genetica (Ge), ovvero la nuova generazione di Ogm, più resistente al riscaldamento planetario. Slow food lancia l’allarme. (4)
Intanto, il professor Franco Prodi, massimo esperto italiano in climatologia, denuncia l’infondatezza scientifica della tesi promossa dall’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC) delle Nazioni Unite:
la responsabilità antropica del cambiamento climatico osservato nell’ultimo secolo è ingiustificatamente esagerata e le previsioni catastrofiche non sono realistiche
scrive, auspicando che
siano adottate politiche di protezione dell’ambiente coerenti con le conoscenze scientifiche (5)
Accusato di negazionismo, allontanato dal CNR che ha diretto per venti anni, dopo i medici, è scoccata l’ora di accendere i roghi per i climatologi come Prodi e mandare in fumo secoli di metodo scientifico. Via Galileo, al suo posto Greta Thunberg e la propaganda eco-catastrofista, una forma di integralismo fondamentalista.
Dopo “io resto a casa”, “w la pace, inviamo le armi”, è la volta di “io mangio insetti”. Vuoi la bistecca alla fiorentina? Sei un egoista, un irresponsabile, un devastatore del pianeta.
La strategia politica dell’emergenza perenne (ora sanitaria, ora bellica, ora ambientalista) serve ad abbattere lo stato di diritto delle democrazie a favore dello stato di eccezione delle oligarchie, veicolato dai prestanome ONU, OMS, ecc. Come aveva scritto Naomi Klein fin dal 2008, l’economia dei disastri, la “shock economy”, è il neoliberalismo imposto con lo shock. (6) Strumentalizzando crisi globali, vengono emanate norme straordinarie tese a introdurre un nuovo modello socio-economico che cambia in maniera radicale abitudini e stili di vita. A cominciare dal cibo.
Lo shock food è la “shock economy” servita direttamente nei nostri piatti, vista anche la crisi alimentare che ci viene prospettata.
Il terrore e il disorientamento opportunamente diffusi impediscono la reazione delle popolazioni che, altrimenti, non accetterebbero mai una riforma che le rende sempre più povere per arricchire multinazionali e poteri finanziari. Con la pandemia sono già fallite molte aziende, la crisi del gas porterà ad un’ecatombe e, letteralmente, alla fame milioni di persone. “Non avrete nulla e sarete felici“, ha sentenziato Klaus Schwab. Anche di mangiare grilli, perché il neoliberalismo autoritario si manifesta sotto la maschera dei buoni principi, come l’ecologia.
Quello che non è sostenibile per il pianeta è lo sviluppo degli allevamenti intensivi, il consumo distorto del suolo, l’estensione delle monocolture, la riduzione della biodiversità, l’uso sistematico di pesticidi, glifosato, antibiotici, Ogm. La delocalizzazione massiccia delle produzioni che ha portato un paese come l’Italia a importare dall’estero grano, olive, frutta e verdura. “Serve una netta inversione di marcia verso produzioni di piccola scala, rispettose degli ecosistemi, restituendo dignità a territori e produttori locali”, ha scritto Carlo Petrini. (7)
Vorremmo ricordare a Grillo che la cucina rappresenta l’identità e la cultura di un Paese, la sua storia. E che ciò andrebbe valorizzato proprio nelle mense scolastiche, privilegiando i prodotti genuini, a chilometro zero, freschi di stagione.
Il cibo è radicato, per natura, al territorio, è relazione con la specificità dei luoghi, i suoi climi, le sue piogge. In Italia più che altrove, perché la nostra è una cucina locale: bastano pochi chilometri di distanza per trovare piatti completamente diversi. Nessun altro paese al mondo vanta la nostra ricchezza e varietà gastronomica.
Il nostro è un territorio topologico, qualitativamente differenziato, ricco di spessori e stratificazioni storiche, mentre un menù a base di grilli esprime la deterritorializzazione sradicante propria della globalizzazione. È un cibo replicabile ovunque, distaccato da qualsiasi origine.
Alle diverse latitudini del mondo, tutti mangiano le stesse cose, uniformando i palati e omologando i gusti.
Un insetto è dappertutto a casa sua, non così la mozzarella di bufala che aderisce al sole della Campania o il pesto che ha il profumo del mar Ligure o i tortellini alla bolognese, citati persino in una bolla di Papa Alessandro III del 1169.
I processi della globalizzazione scorrono lungo linee che sorvolano i territori e mortificano le geografie, appiattendo l’identità dei luoghi nell’equivalenza insignificante del tutto. Giovanni Battista mangiava le locuste, ma era nel deserto. L’agenda globalista vuole ora farci mangiare insetti perché l’obiettivo è la desertificazione radicale del mondo, dove il nord è uguale al sud, nell’annichilimento di ogni punto di riferimento.
“L’uomo è ciò che mangia”, scriveva L. Feuerbach nel 1862, “ma è anche vero che mangia ciò che è, ossia alimenti totalmente ripieni della sua cultura”, incalza M. Montanari. (8)
Nell’antica Grecia nutrirsi di pane distingueva il greco dal barbaro perché il cibo concorreva a definire l’identità civica rendendo l’uomo pienamente tale. Il pane è alla base di tutta la cultura mediterranea, alimento sociale per eccellenza, che nel Cristianesimo diviene centrale con l’Eucarestia.
Chi è, dunque, l’uomo nuovo che si ciba di grilli e larve?
È un “parassita perché consuma energia senza produrre nulla”
(cit. ministro Cingolani-9)
È un inutile mangiatore (Klaus Schwab), un deplorevole inquinatore.
Insomma, una bestia, a cui si dà da mangiare ortotteri e insetti, finora, appunto, utilizzati come mangime per uccelli, pesci e animali domestici.
Quello che emerge è una sorta di ri-progettazione della condizione umana in chiave zoo-antropologia, in cui l’animale non funge più da Altro, da confine e limite inferiore dell’umano, con il rischio di svegliarsi, una mattina, scoprendo di aver assunto le sembianze di un insetto, come ne La metamorfosi di Kafka.
Che siano grilli o carni sintetiche o mucche geneticamente modificate, la cena è servita sotto l’orizzonte del transumanesimo perché il retroterra culturale è il medesimo: la riduzione dell’uomo a materia e della natura ad ecologia (la sua versione museificata e denaturalizzata), su cui allungare il bisturi della scienza.
Non è un caso che il WWF sia stato fondato dal genetista Julian Huxley, membro della Fabian Society. O che la manipolazione genetica di uno yogurt abbia portato alla scoperta del metodo Crispr-Cas9 (il “taglia e cuci” del Dna), applicato poi a due embrioni che ha fatto nascere la prima coppia di esseri umani geneticamente modificati: i primi Ogm umani.
Ci sono popoli in cui mangiare insetti non è un tabù come in Europa, ma fa parte delle loro abitudini. I concetti di buono e cattivo sono relativi: ogni cultura ha definito, nel corso dei secoli, uno specifico sistema alimentare che fissa cosa è commestibile e cosa non lo è.
La necessità biologica di nutrirsi è sempre stata condizionata da fattori di ordine culturale che regolano e conferiscono significato al reperimento, alla produzione e al consumo degli alimenti. Un alimento è buono da mangiare perché è, innanzitutto, buono da pensare, ha scritto l’antropologo Marvin Harris. Nella nostra tradizione, gli insetti, tranne api e farfalle, hanno sempre avuto un’accezione negativa. Nelle nature morte del ‘600 sono il simbolo della putrefazione (fisica e spirituale) che minaccia il buon cibo, come la frutta.
“Un gastronomo che non ha sensibilità ambientale è uno stupido; ma un ecologista che non ha sensibilità gastronomica è triste nonché incapace di conoscere le culture su cui vuole operare”, ha scritto Carlo Petrini in “Buono, pulito e giusto”. (10)
Un cibo deve essere sostenibile non solo dal punto di vista ambientale ma anche da quello socio-culturale.
La dieta insettivora è isteria pseudo-ecologista, immiserimento della nostra cultura, anestesia dei sensi contro gli aromi delle cucine locali. È cibo anonimo, senza identità, pasto pronto in una bulimia di vacuità dove tutto fa brodo disperdendo i saperi locali, a vantaggio delle aziende globaliste che, insaziabili, gestiscono il nostro futuro alimentare.
La difesa della democrazia passa anche attraverso la difesa dell’infinita moltitudine dei sapori e dei saperi della nostra tradizione. Occorre riappropriarsi delle strade, tornare a frequentare il mercatino sotto casa, valorizzare i rapporti di prossimità e vicinanza, riscoprire il lato umano dietro i prodotti, le mani che li producono.
Contro l’egemonia delle industrie alimentari che schiacciano i piccoli agricoltori e allevatori, contro la logica della delocalizzazione che impoverisce il nostro territorio, contro i supermarket dove atterrano le fragole a gennaio annichilendo le stagioni, un tempo sacre.
Di Sonia Milone per ComeDonChisciotte.org
NOTE
(1) Nel Regno Unito insetti alla bolognese ai bimbi della scuola primaria: svolta nella mensa – Orizzonte Scuola Notizie
(2) Alimentazione sostenibile: grilli, larve e locuste ai bambini delle elementari – Il Blog di Beppe Grillo
(3) Bill Gates: Rich nations should shift entirely to synthetic beef | MIT Technology Review
(4) Slow Food: fermiamo la deregolamentazione dei nuovi Ogm
(5) Home – Petizione sul clima – World Climate PetitionPetizione sul clima – World Climate Petition (petizioneitalianasulclima.it)
(6) Naomi Klein, Shock economy. L’ascesa del capitalismo dei disastri, Rizzoli, 2008
(7) Carlo Petrini, Buono, pulito e giusto, Einaudi, Torino, 2005
(8) Massimo Montanari, Il cibo come cultura, Roma-Bari, Editore Laterza, 2007
(9) L’essere umano è biologicamente un parassita – YouTube
(10) Carlo Petrini, Buono, pulito e giusto, Einaudi, Torino, 2005
—
Pubblicato da Jacopo Brogi per ComeDonChisciotte.org
FONTE: https://comedonchisciotte.org/mangerete-insetti-e-sarete-felici/
Covid, ecco come vogliono imporci l’obbligo vaccinale
Nella causa proposta dall’associazione ‘Diritto e Mercato’ (che poi sarebbe il Partito Libertario), il Tribunale di Roma ha adottato un’ordinanza giuridicamente MOSTRUOSA: ha stabilito che La Corte Costituzionale RESPINGERA’ le questioni di costituzionalità sulla vaccinazione obbligatoria, e lo farà innovando rispetto alla sua giurisprudenza in modo restrittivo, gravemente restrittivo, OSSIA AMMETTENDO CHE POSSANO ESSERVI MOLTI MORTI COME EFFETTO COLLATERALE.
Quindi il Tribunale segue un presunto orientamento futuro, e giudica in contrasto con l’orientamente presente e attuale.
C’E’ DA CREARE UN MOVIMENTO NAZIONALE SU QUESTO IN VISTA DELLA PRONUNCIA DELLA CORTE COSTITUZIONALE.
Ne parla Fabio M. Nicosia sul blog di Nicola Porro. Ecco cosa scrive
Lasciate ogni speranza, o voi che confidate nella Corte Costituzionale per ottenere una parola positiva sull’incostituzionalità dell’obbligo vaccinale; riponetela negli anfratti più inaccessibili del vostro cuore, perché il Tribunale Civile di Roma, con un’ordinanza del 6 giugno 2022, emessa nella causa n. 23807/22 proposta dall’Associazione “Diritto e Mercato – #Aktoprosumo”, ha già stabilito che cosa la Corte Costituzionale dovrà dire in quell’occasione (l’udienza è prevista per il prossimo 29 novembre), quindi mettetevi l’animo in pace.
Non solo: il Tribunale Civile di Roma è anche pressoché certo che la Corte muterà i propri precedenti orientamenti in materia; e il Tribunale di Roma non è esattamente la disciolta Pretura di Rocca Imperiale, già Piovarolo, di totoiana memoria, e quindi il suo opinare sarà pur degno di fede, occorre ritenere.
Una simile situazione non manca di lasciare estremamente perplessi; è anche possibile che non esistano precedenti, riguardo al fatto che un importante tribunale della Repubblica giudichi sulla base di un orientamento della Corte Costituzionale… supposto e futuro; ma questo sarebbe ancora il meno, dato che la parte grave della decisione è l’altra, ossia la previsione del mutamento di orientamento giurisprudenziale.
I paletti della Corte Costituzionale
Eh già, perché la Corte Costituzionale, in materia di obbligo vaccinale, ha sempre mantenuto un orientamento ben definito e chiaro, improntato a un principio, diciamo così, di barra ben salda al centro: è vero, ha sempre sostenuto la Corte, che il legislatore dispone di un potere discrezionale quanto allo stabilire l’obbligatorietà di una determinata tipologia di vaccinazione, ma sempre nel rispetto di condizioni piuttosto stringenti:
a) deve trattarsi di vaccinazione efficace quanto al conseguimento del risultato di salvaguardare la salute pubblica;
b) gli effetti avversi ammessi sono solo quelli di routine, strettamente connessi all’assunzione di un normale farmaco, e non mai può trattarsi di effetti avversi ulteriori e gravi (tantomeno della morte, si direbbe, quindi); c) occorre che sia chiaramente previsto un indennizzo con riferimento agli effetti avversi stessi.
Che cosa succede, invece, con riferimento ai notori vaccini sul Covid 19, o, più correttamente, contro il SarsCov2? Succede che l’efficacia è sempre più dubbia e discussa da parte della letteratura scientifica internazionale. Tutti noi conosciamo pluridosati che si sono bellamente infettati e tutti ormai a ogni livello ammettono come tale sia effettivamente la situazione. Quanto all’indennizzo non v’è per nulla chiarezza, ma ciò che più conta è la gravità degli effetti avversi: l’Associazione “Diritto e Mercato”, nel suo reclamo, ha evidenziato come, al di là di una quantità inverosimile di effetti avversi di varia gravità, i dati ufficiali EudraVigilance, riguardanti l’Unione Europea, parlano ormai di 23.078 decessi a far data inizi di marzo 2022, e i dati VAERS, il sistema di segnalazione di eventi avversi statunitense, ci parlano di 25.158 decessi correlati.
Tant’è vero che, sulla base di tali dati, il 17 marzo scorso, il “Krista”, prestigiosa associazione di magistrati tedeschi, ha emanato un documento, con il quale ha sostenuto senza mezzi termini che “lo Stato con la vaccinazione uccide intenzionalmente le persone (der Staat mit einer Impfpflicht vorsätzlich Menschen tötet), dato che lo Stato sa per certo che una serie di persone moriranno, eppure pretende ugualmente che le persone si vaccinino (in termini tecnici penalistici, si chiama dolo eventuale).
La risposta del Tribunale di Roma
Parrebbe molto chiaro che, sulla base della giurisprudenza passata della Corte Costituzionale, simili vaccini potrebbero essere anche assunti spontaneamente, ciascuno a proprio rischio e pericolo, ma non mai resi obbligatori; ebbene, il Tribunale di Roma ha la risposta pronta: qui non siamo di fronte a una banale “epidemia”, ma a una gravissima “pandemia” mondiale, da tutti riconosciuta tale, a partire dall’OMS, e allora il famoso precetto kantiano, per il quale l’uomo è sempre fine, e mai mezzo, può andare a farsi benedire. Qui, anzi, il fine giustifica i mezzi e gli effetti collaterali: il fine di sconfiggere la terribile pandemia giustificherebbe le migliaia di morti da fuoco amico, e la Corte Costituzionale, innovando rispetto alla sua precedente cautelativa giurisprudenza, non potrà che riconoscerlo e prenderne atto. Si noti come il Tribunale, così come l’Avvocatura dello Stato nelle sue difese, ostenti estrema pudicizia nell’uso del linguaggio, dato la parola “morti” non risulta mai mentovata, si parla sempre e solo genericamente di “effetti avversi”.
A questo punto occorre una sollevazione morale generalizzata, in vista dell’udienza della Corte Costituzionale del 29 novembre, perché va bene che ormai siamo tutti molto disinvolti e svezzati nel parlare di guerre e stragi; però che il Tribunale Supremo della Repubblica possa stabilire che la morte di persone innocenti sia un prezzo normale da pagare, per conseguire obiettivi squisitamente politici, è qualcosa che dobbiamo cercare davvero di prevenire (ma poi, se le dichiarazioni dell’OMS legittimerebbero l’obbligo vaccinale, come mai questo è oggi presente solo in una manciata di paesi nel mondo?).
FONTE: https://www.imolaoggi.it/2022/07/13/covid-ecco-come-vogliono-imporci-lobbligo-vaccinale/
Contrabbando di armi in Ucraina: l’allarme di NATO e UE
La Redazione de l’AntiDiplomatico 13 07 2022
Non era solo propaganda del Cremlino, quindi. Effettivamente, In tutti i conflitti dove c’è l’occidente che mette il suo zampino con l’invio di armi, facilmente finiscono sul mercato nero, a gruppi terroristici o alla criminalità organizzata.
Lo scrisse anni fa il reporter di guerra Robert Fisk quando l’allora Presidente Usa Barack Obama inviò 500 milioni di dollari di armi ai sedicenti “ribelli moderati” siriani. Queste armi furono vendute all’ISIS e alle varie diramazioni di al Qaeda.
Ora secondo il Financial Times, “Gli stati della Nato e dell’UE stanno spingendo per un maggiore monitoraggio delle armi inviate in Ucraina” e che i gruppi paramilitari “le stiano contrabbandando in un altro paese e nel mercato nero europeo.”
Inoltre, molti Stati membri della Nato stanno discutendo con Kiev un qualche tipo di sistema di monitoraggio o elenchi dettagliati di scorte di armi equipaggiate in Ucraina.”
“Tutte queste armi atterrano nel sud della Polonia, vengono spedite al confine, dopodiché vengono semplicemente suddivise in auto per l’attraversamento: furgoni, fuoristrada, automobili personali”, ha affermato uno dei tanti ufficiali occidentali citati dal media britannico. “E da quel momento andiamo puliti sulla loro posizione e non sappiamo dove vanno, dove sono usate o anche quando rimangono all’interno della nazione”.
Bonnie Denise Jenkins, sottosegretario statunitense per la gestione degli armamenti ha ricordato che il suo paese è in contatto con le autorità ucraine per il monitoraggio delle armi.
Nell’Unione europea è stata espressa la stessa preoccupazione. Drammatica e senza dubbio irresponsabile la risposta di Jana ?ernochová, il ministro della Difesa ceco: “È arduo tenersi lontano dalla tratta o dal contrabbando: non abbiamo ottenuto risultati nell’ex Jugoslavia e forse neanche in Ucraina”.
Chissà finiranno in mano ad un nuovo nemico spauracchio da combattere e da vendere come nemico della “democrazia” occidentale.
FONTE: https://www.lantidiplomatico.it/dettnews-contrabbando_di_armi_in_ucraina_lallarme_di_nato_e_ue/45289_46867/
ATTUALITÀ SOCIETÀ COSTUME
I Test Invalsi: la scuola Coloniale
11 07 2022
di Laura RU
Qualche giorno fa sono stati pubblicati i risultati dei test Invalsi in Italia. Lungi da me difendere questo strumento di valutazione, ma i dati pubblicati devono far riflettere.
Circa la metà degli studenti italiani non si sa esprimere correttamente nella propria lingua, non la sa neppure capire. In Italiano sono il 52% gli studenti che terminano le scuole superiori con competenze almeno sufficienti (livello 3), a fronte di un 48% di ragazzi con competenze al di sotto della sufficienza nell’uso e nella comprensione della propria lingua. Un dato paradossale se confrontato con le competenze superiori in lingua inglese dimostrate dagli alunni nello stesso grado di scuola.
Sembra paradossale ma solo in apparenza in quanto fa parte di un progetto preciso a cui lavorano da tempo le elite globaliste insieme al dipartimento di stato americano: indebolire le culture nazionali (accessibili attraverso la lingua materna) per rendere possibile la loro sostituzione con una pseudo-cultura globale da consumare attraverso la conoscenza (spesso solo superficiale) dell’inglese. Il soggetto coloniale si trova in una condizione di sudditanza non solo politica, economica e culturale, ma anche psicologica nei confronti del centro imperiale. Non ci si può dire anti-imperialisti senza riappropriarsi della propria sovranità in tutti questi ambiti.
FONTE: https://www.lantidiplomatico.it/dettnews-i_test_invalsi_la_scuola_coloniale/39130_46852/
Differenze tra essere di destra ed essere di sinistra
- – Quando un tipo di destra non è cacciatore e non gli piacciono le armi, semplicemente non va a caccia e non compra armi. Quello di sinistra invece chiede che sia proibita la caccia e la vendita di armi.
- – Quando un tipo di destra è vegetariano, semplicemente non mangia carne. Quello di sinistra invece fa una campagna contro gli alimenti di carne e gli piacerebbe che si proibisse di mangiare carne.
- – Quando un tipo di destra è omosessuale, fa una vita normale. Quello di sinistra invece fa apologia dell’omosessualità, va alle manifestazioni “gay pride” e accusa di “omofobia” tutti quelli che non la pensano come lui.
- – Quando un tipo di destra perde il lavoro, pensa a come uscire dalla situazione e fa di tutto per trovare un nuovo lavoro. Quello di sinistra invece va a lamentarsi col sindacato, spende fino all’ultimo giorno e va a tutte le manifestazioni e scioperi sia contro la destra e sia contro gli imprenditori.
- – Quando a un tipo di destra non piace un programma televisivo, cambia canale oppure spegne il televisore. Quello di sinistra invece se ne lamenta coi giornali, denunciandolo sui quotidiani, alle radio, alle televisioni, ai partiti politici di sinistra ed infine promuove un’associazione perché chiudano il canale televisivo che trasmette quel programma.
- – Quando un tipo di destra è ateo, semplicemente non va in Chiesa. Quello di sinistra invece perseguita tutti quelli che credono in Dio, denuncia la scuola che esponga un crocifisso, protesta contro ogni segno di identità religiosa, chiede che si esproprino i beni della Chiesa, che si proibisca la Settimana Santa e ogni processione o pellegrinaggio.
- – Quando un tipo di destra ha problemi economici, cerca il modo di guadagnare di più e tende a risparmiare. Quello di sinistra invece ne dà la colpa alla destra, agli imprenditori, alla borghesia, al capitalismo, ai neoconservatori ecc. ecc., poi si mette in un sindacato sperando di fare un salto in un partito politico.
- – Quando un tipo di destra legge questo scritto, ride e lo manda per email ai suoi Quello di sinistra invece si infuria e dà del fascista e del retrogrado a chi l’ha scritto e glielo ha mandato.
Io ho sorriso!”
FONTE: da vari rilanci sul canale Facebook
BELPAESE DA SALVARE
L’umiliazione imposta dal Sultano. La foto della vergogna (censurata dai giornali)
Giuseppe Masala 7 07 2022
Una foto che nessun giornale ha pubblicato. Quella dell’umiliazione inflitta dal Sultano della Sublime Porta Erdogan alla delegazione del Governo italiano capeggiata da Mario Draghi noto “il Migliore” (nessuno ha più memoria di Togliatti, ormai in questo paese un ragionieruncolo viene elevato a Migliore).
CONFLITTI GEOPOLITICI
Terza guerra mondiale per schemi
Di Gaius Baltar per il blog Saker
Alcune persone esperte, tra cui a quanto pare il Papa, stanno cominciando a sospettare che ci possa essere qualcosa di più in corso nel mondo oltre alla semplice guerra in Ucraina. Dicono che la terza guerra mondiale sia già iniziata e che d’ora in poi le cose peggioreranno. Questo può essere difficile da determinare mentre stiamo partecipando agli eventi in corso e non abbiamo il vantaggio della prospettiva storica. È dubbio che le persone nel 1939 si siano rese conto che stavano guardando l’inizio di un grande conflitto mondiale, anche se alcuni potrebbero averlo sospettato.
L’attuale situazione globale è per molti versi come un gigantesco puzzle in cui il pubblico in generale vede solo una piccola parte del quadro completo. La maggior parte non si rende nemmeno conto che potrebbero esserci più pezzi e non fa nemmeno queste semplici domande: perché sta accadendo tutto questo e perché sta accadendo ora?
Le cose sono più complicate di quanto la maggior parte delle persone realizzi. Quello che vedono è il mago malvagio Vladimir Saruman Putin che invade l’innocente Ucraina con il suo esercito di orchi, assolutamente senza motivo. Questa è una visione semplicistica, per non dire altro perché nulla accade senza una ragione. Mettiamo le cose in prospettiva e vediamo cosa sta realmente succedendo e perché il mondo sta impazzendo davanti ai nostri occhi. Vediamo di cosa tratta la terza guerra mondiale.
La pentola a pressione
L’Occidente (che qui possiamo definire gli USA e l’UE e pochi altri) ha esercitato pressioni sul mondo intero per decenni. Questo non si applica solo ai paesi al di fuori dell’Occidente, ma anche ai paesi occidentali che si sono allontanati dai diktat dei governanti occidentali. Questa pressione è stata ampiamente discussa e attribuita a tutti i tipi di motivazioni, incluso il neocolonialismo, l’egemonia finanziaria forzata e così via. Ciò che è interessante, in particolare negli ultimi 20 anni, è quali paesi hanno subito pressioni e cosa non hanno in comune.
Tra i paesi sotto pressione troviamo Russia, Cina, Cuba, Venezuela, Libia, Siria, Serbia, Thailandia e Iran per citarne alcuni. Ci sono state anche aggiunte recenti, tra cui India e Ungheria. Per capire perché hanno subito pressioni, dobbiamo scoprire cosa hanno in comune. Non è facile poiché sono estremamente diversi nella maggior parte dei modi. Ci sono democrazie e non democrazie, governi conservatori e comunisti, paesi cristiani, musulmani e buddisti, e così via. Tuttavia, molti di loro sono chiaramente alleati. Ci si deve chiedere perché paesi conservatori e religiosi come la Russia o l’Iran si sarebbero alleati con i comunisti senza Dio a Cuba e in Venezuela.
Ciò che tutti questi paesi hanno in comune è il loro desiderio di gestire i propri affari; essere paesi indipendenti. Questo è imperdonabile agli occhi dell’Occidente e deve essere affrontato con ogni mezzo necessario, comprese sanzioni economiche, rivoluzioni colorate e una vera e propria aggressione militare.
L’Occidente e il suo braccio militare della NATO avevano circondato la Russia di paesi e basi militari ostili, armato e manipolato l’Ucraina per essere usata come martello contro di essa, e impiegato sanzioni e minacce. La stessa cosa era e sta accadendo in Asia, dove la Cina è circondata da tutti i mezzi disponibili. Lo stesso vale per tutti gli Indipendenti sopra menzionati in una certa misura. Negli ultimi 10 anni o giù di lì la pressione è aumentata enormemente sugli Indipendenti e ha raggiunto quasi un culmine febbrile nell’anno prima dell’invasione russa dell’Ucraina.
Durante l’anno prima della guerra in Ucraina, gli Stati Uniti hanno inviato i loro diplomatici in tutto il mondo per aumentare la pressione. Erano come un circo itinerante o una rock band in tournée, ma invece dell’intrattenimento, lanciavano minacce: compralo da noi e fai quello che ti diciamo o ci saranno conseguenze. L’urgenza era assoluta e palpabile, ma poi è arrivata la guerra in Ucraina e la pressione è salita a 11. Durante il primo mese di guerra, l’intero corpo diplomatico occidentale è stato pienamente impegnato in minacce contro il “resto del mondo” per progettare il isolamento della Russia. Questo non ha funzionato, il che ha provocato il panico nei circoli politici e diplomatici negli Stati Uniti e in Europa.
Tutta questa pressione nel corso degli anni, e tutta la paura e il panico quando non ha funzionato, sono chiaramente collegati agli eventi in Ucraina. Fanno parte della stessa “sindrome” e hanno la stessa causa.
La dimensione del debito
Ci sono state molte spiegazioni per quello che sta succedendo e la più comune è la lotta tra due possibili futuri; un mondo multipolare in cui ci sono diversi centri di potere nel mondo e un mondo unipolare in cui l’Occidente governa il mondo. Questo è corretto per quanto possibile, ma c’è un’altra ragione che spiega perché questo sta accadendo ora e tutta l’urgenza e il panico in Occidente.
Di recente il guru della tecnologia neozelandese Kim Dotcom ha twittato un thread sulla situazione del debito negli Stati Uniti. Secondo lui, tutti i debiti e le passività non finanziate degli Stati Uniti superano il valore totale dell’intero paese, compresa la terra. Questa situazione non è unica negli Stati Uniti. La maggior parte dei paesi occidentali ha debiti che possono essere ripagati solo vendendo l’intero paese e tutto ciò che contiene. Inoltre, la maggior parte dei paesi non occidentali sono sepolti in debiti denominati in dollari e sono praticamente di proprietà degli stessi finanzieri che possiedono l’Occidente.
Negli ultimi decenni, l’economia degli Stati Uniti e dell’Europa è stata falsificata a un livello difficile da credere. In Occidente abbiamo vissuto ben al di là delle nostre possibilità e le nostre valute sono state enormemente sopravvalutate. Siamo stati in grado di farlo attraverso due meccanismi:
- Il primo è lo stato di riserva del dollaro e lo stato di semiriserva dell’euro che hanno consentito all’Occidente di esportare denaro digitale e ricevere beni in cambio. Ciò ha creato un enorme potere finanziario per l’Occidente e gli ha permesso di funzionare come un parassita dell’economia mondiale. Abbiamo ricevuto molte merci gratuitamente, per usare un eufemismo.
- Il secondo meccanismo di falsificazione è l’aumento del debito a un livello in cui abbiamo essenzialmente impegnato tutto ciò che possediamo, comprese le nostre case e terreni, per mantenere il nostro tenore di vita. Non possediamo nulla ora che il debito è stato sottratto. Il debito è diventato da tempo inutilizzabile – ben oltre la nostra capacità di pagare gli interessi – il che spiega perché i tassi di interesse in Occidente sono prossimi allo zero. Qualsiasi aumento renderebbe il debito inservibile e saremmo tutti formalmente falliti in un giorno.
Oltre a tutto questo, la falsificazione ha creato valute artificialmente forti in Occidente che ha aumentato il loro potere d’acquisto per beni con prezzi in valute non occidentali. Questi meccanismi hanno anche consentito all’Occidente di gestire economie di servizi gonfie e disfunzionali in cui le inefficienze sono oltre ogni immaginazione. Abbiamo gruppi giganti di persone nelle nostre economie che non solo non creano valore, ma distruggono sistematicamente il valore. Ciò che mantiene il tenore di vita dell’Occidente ora è una piccola minoranza di persone produttive, il costante aumento del debito e il parassitismo del resto del mondo.
Le persone che possiedono tutto questo debito in realtà possiedono tutto ciò che pensiamo di possedere. In Occidente non possediamo nulla a questo punto, pensiamo solo di averlo. Ma chi sono i nostri veri proprietari? Sappiamo più o meno chi sono perché si incontrano ogni anno al World Economic Forum di Davos insieme alle élite politiche occidentali di cui sono anche proprietari.
È chiaro che i nostri proprietari sono diventati sempre più preoccupati e le loro preoccupazioni sono aumentate in sincronia con la crescente pressione esercitata dall’Occidente sul resto del mondo, in particolare sugli Indipendenti. Durante l’ultimo incontro di Davos, l’atmosfera era cupa e allo stesso tempo in preda al panico, proprio come il panico tra le élite politiche occidentali quando l’isolamento della Russia è fallito.
Cosa sta per succedere
Il panico dei nostri proprietari e dei loro politici è comprensibile perché siamo arrivati al capolinea. Non possiamo più mantenere il nostro tenore di vita con l’aumento del debito e il parassitismo. Il debito sta andando oltre ciò che possediamo come garanzia e le nostre valute stanno per diventare inutili. Non saremo più in grado di ottenere cose gratis dal resto del mondo, o di ripagare il nostro debito, per non parlare di pagare gli interessi. L’intero Occidente sta per andare in bancarotta e il nostro tenore di vita sta per scendere di una percentuale enorme. Questo è ciò che ha spaventato i nostri proprietari e vedono solo due scenari:
- Nel primo scenario la maggior parte dei paesi occidentali, e tutto e tutti al loro interno, dichiarano bancarotta e cancellano il debito per diktat, cosa che gli stati sovrani sono in grado di fare. Questo cancellerà anche la ricchezza e il potere politico dei nostri proprietari.
- Nel secondo scenario, i nostri proprietari rilevano la garanzia durante il fallimento. La garanzia siamo noi e tutto ciò che possediamo.
Non ci vuole un genio per capire quale scenario è stato scelto. Il piano per il secondo scenario è pronto e viene attuato mentre parliamo. Si chiama “The Great Reset” ed è stato costruito dalle persone dietro il World Economic Forum. Questo piano non è un segreto e può essere esaminato in una certa misura sul sito web del WEF.
Il Great Reset è un meccanismo per il sequestro di tutte le garanzie di debito che includono i tuoi beni, i beni della tua città o comune, i beni del tuo stato e la maggior parte dei beni aziendali non già detenuti dai nostri proprietari.
Questo meccanismo di sequestro dei beni ha diverse componenti, ma le più importanti sono le seguenti quattro:
- Abolizione della sovranità : un paese sovrano (indipendente) è un paese pericoloso perché può scegliere di insolvere sul proprio debito. La diminuzione della sovranità è stata una priorità per i nostri proprietari e sono stati tentati vari schemi come il partenariato transatlantico per il commercio e gli investimenti e il partenariato transpacifico. Lo schema di maggior successo è senza dubbio la stessa Unione Europea.
- Il down-tuning dell’economia:L’economia occidentale (e in effetti l’economia globale) deve subire un ridimensionamento di una percentuale molto significativa. Questo ridimensionamento è necessario perché l’economia occidentale è ora massicciamente falsificata e deve essere portata al suo livello reale – che può essere basso anche la metà di quello che è ora – o più. Il lento takedown ha anche lo scopo di evitare un crash improvviso che provocherebbe massicci disordini sociali che rappresenterebbero una minaccia per i nostri proprietari. Un takedown controllato è quindi preferibile a un crash incontrollato. Questo takedown controllato sta già avvenendo e va avanti da un po’ di tempo. Si possono citare molti esempi di questa rimozione, tra cui la politica energetica dell’UE e degli Stati Uniti, progettata per sabotare l’economia occidentale, e gli ovvi tentativi di distruzione della domanda durante e dopo l’epidemia,
- Raccolta di asset (non possiedi nulla e sarai ‘felice’ ): tutti i beni che possono essere considerati collaterali al nostro debito privato e collettivo/pubblico verranno rilevati. Questo è un obiettivo chiaramente dichiarato del Great Reset, ma è meno chiaro come ciò verrebbe realizzato. Per questo sembrerebbe necessario il controllo totale dei governi occidentali (e di tutti i governi). Questa precondizione è più vicina di quanto si possa pensare perché la maggior parte dei governi occidentali sembra essere in debito con Davos a questo punto. Il processo sarà venduto come una necessaria ristrutturazione sociale a causa di una crisi economica e del riscaldamento globale e si tradurrà in una massiccia diminuzione del tenore di vita per le persone normali, anche se non per le élite.
- Oppressione: a molte persone non piacerà e una rivolta è una risposta probabile, anche se la rimozione avviene gradualmente. Per evitare che ciò accada, viene implementato un meccanismo di controllo sociale che cancellerà la libertà personale, la libertà di parola e la privacy. Creerà anche l’assoluta dipendenza dell’individuo dallo stato. Questo deve essere fatto prima che il takedown economico possa essere completato o ci sarà una rivoluzione. Questo meccanismo è già stato implementato con entusiasmo in Occidente, come può vedere chiunque abbia occhi e orecchie.
Russia, Cina e altri indipendenti
In che modo la Russia e la Cina, e la guerra in Ucraina, incidono in tutto questo? Perché tutta la pressione dell’Occidente nel corso degli anni e perché tutto questo panico adesso? Parte del motivo della pressione sugli Indipendenti, in particolare Russia e Cina, è semplicemente che hanno resistito all’egemonia occidentale. Questo è abbastanza per entrare nella lista dei cattivi dell’Occidente. Ma perché l’aumento della pressione negli ultimi anni?
Il motivo è che la Russia e la Cina non possono essere soggiogate attraverso la bancarotta e i loro beni raccolti. Non hanno molti debiti nelle valute occidentali, il che significa che le persone che possiedono l’Occidente attraverso il debito non possiedono attualmente Russia e Cina (come possiedono l’Occidente e il “terzo mondo” indebitato) e non possono acquisirli attraverso il debito. L’unico modo per acquisirli è attraverso il cambio di regime. I loro governi devono essere indeboliti con ogni mezzo, comprese sanzioni economiche e mezzi militari se necessario, quindi l’uso dell’Ucraina come ariete per la Russia e Taiwan per la Cina.
Soggiogare Russia e Cina è una questione esistenziale per i nostri proprietari di Davos perché quando abbattono l’economia occidentale, anche tutto il resto deve crollare. Se l’economia occidentale viene abbattuta e un grosso blocco economico non partecipa alla caduta, sarà un disastro per l’Occidente. Il nuovo blocco otterrà un enorme potere economico e forse una sorta di egemonia unipolare, mentre l’Occidente scenderà in un’età oscura feudale e irrilevante. Perciò il mondo intero deve crollare perché il Grande Reset funzioni. Russia e Cina devono essere soggiogate con ogni mezzo, così come l’India e altre nazioni ostinate.
Questo è ciò che ha alimentato la situazione in cui ci troviamo ora e alimenterà la continuazione della terza guerra mondiale. Le élite proprietarie occidentali entreranno in guerra per mantenere la loro ricchezza e il loro potere. Tutti coloro che resistono devono essere soggiogati in modo che possano seguire l’Occidente nel pianificato Great Reset Dark Age.
La ragione dell’attuale panico tra le élite occidentali è che il progetto ucraino non sta andando come previsto. Invece di sanguinare la Russia sul campo di battaglia, sono l’Ucraina e l’Occidente a sanguinare. Invece del crollo dell’economia russa con la sostituzione di Putin con un leader compatibile con Davos, è l’economia occidentale a crollare. Invece di isolare la Russia, è l’Occidente ad essere sempre più isolato. Notare sta funzionando e, per finire, l’Europa ha fornito ai russi i mezzi e il motivo per distruggere l’economia europea chiudendo in parte la sua industria. Senza risorse russe non c’è industria europea e senza industria non ci sono tasse per pagare i sussidi di disoccupazione, le pensioni, tutti i rifugiati e praticamente tutto ciò che tiene unite le società europee. I russi ora hanno la capacità di progettare un incidente incontrollato in Europa che non è quello che Davos aveva pianificato. Un incidente incontrollato potrebbe vedere le teste di Davos rotolare, letteralmente, e questo sta causando paura e panico nei circoli d’élite. L’unica soluzione per loro è andare avanti con la terza guerra mondiale e sperare per il meglio.
Cosa fare
Il Grande Reset dell’economia mondiale è il direct cause of World War 3 – assuming that is what is going on. What can be done about this? From inside the West, little can be done. The only way is to somehow remove Davos from the equation, but that is most likely not going to happen for two reasons: The first one is that the Davos great resetters are too entwined in the western economy and politics. Davos is like an octopus with its arms and suckers inside every country’s elite circles, media, and government. They are too entrenched to be easily removed. The second reason is that the western population is too brainwashed and ignorant. The level of their brainwashing is such that a large part of them actually want to become poor – although they use the word ‘green’ for ‘poor’ because it sounds better. There are, however, some indications that there may be divisions within western elites. Some of them, particularly within the US, may be resisting the primarily Europe-designed Great Reset – but whether this opposition is real or effective remains to be seen.
Tuttavia, al di fuori dell’Occidente, ci sono alcune misure che possono essere prese e devono essere prese. Alcune di queste misure sono drastiche e alcune di esse vengono attuate mentre parliamo. Tra le misure ci sono le seguenti:
- Gli Indipendenti, guidati da Russia, Cina e India, devono creare un blocco per isolarsi dall’Occidente radioattivo. Questo isolamento non deve essere solo economico, ma anche politico e sociale. I loro sistemi economici devono essere separati dall’Occidente e resi autonomi. Le loro culture e la loro storia devono essere difese dalle influenze occidentali e dal revisionismo. Questo processo sembra essere in corso.
- Gli Indipendenti devono immediatamente bandire tutte le istituzioni e le ONG sponsorizzate dall’Occidente nei loro paesi, indipendentemente dal fatto che siano sponsorizzate da stati o individui occidentali. Inoltre, devono bandire tutti i media che ricevono la sponsorizzazione occidentale e spogliare ogni scuola e università della sponsorizzazione e dell’influenza occidentali.
- Devono lasciare tutte le istituzioni internazionali fino alle Nazioni Unite e possibilmente comprese, perché tutti gli organismi internazionali sono controllati dall’Occidente. Devono quindi sostituirli con nuove istituzioni all’interno del loro blocco.
- Devono, a un certo punto, dichiarare non grata il dollaro e l’euro . Ciò significa che dovrebbero dichiarare il default su tutti i debiti denominati in queste valute, ma non su altri debiti. Questo molto probabilmente arriverà in una fase successiva, ma è inevitabile.
Questo creerà una situazione in cui l’Occidente scenderà nell’oscurità senza trascinare gli altri con sé, se riusciamo a sfuggire all’incendio nucleare.
FONTE: https://thesaker.is/world-war-3-for-dummies/
L’Ucraina ha appiccato il fuoco ai campi di grano al confine con la regione di Kherson
13 07 2022
Le forze di sicurezza ucraine hanno iniziato a dare fuoco ai campi di grano al confine con la regione di Kherson. Lo denuncia a RIA Novosti il vice capo dell’amministrazione civile-militare regionale Kirill Stremousov.
“Gli elicotteri hanno sorvolato e dato fuoco ai campi di grano sulla linea di demarcazione”, ha accusato il funzionario, e sottolineato che le autorità di Kiev, che vivono “a spese delle sovvenzioni dell’Occidente collettivo”, mostrano scarso interesse per la gente comune.
Stremousov ha anche affermato che la scorsa notte i soldati ucraini hanno tentato di bombardare Kherson: almeno sei proiettili sono stati sparati contro la città, ma sono stati abbattuti da un sistema di difesa aerea.
In precedenza, il ministro degli Esteri ucraino Dmitry Kuleba ha riferito che Mosca e Kiev sono “a due passi” dal raggiungimento di un accordo sulle esportazioni di grano. Secondo il ministro, l’Ucraina è pronta ad esportare il suo grano sul mercato internazionale.
Il 20 giugno si è appurato che le esportazioni di grano dall’Ucraina nelle prime settimane di giugno sono diminuite della metà rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso, fino a 777 mila tonnellate.
Petr Ilyichev, direttore del Dipartimento delle organizzazioni internazionali del ministero degli Esteri russo, ha affermato che la Russia non impedisce l’esportazione di grano ucraino via mare ed è pronta a facilitarla. Una delle condizioni è l’ispezione delle navi per evitare il contrabbando di armi, ha affermato il diplomatico di Mosca.
FONTE: https://www.lantidiplomatico.it/dettnews-lucraina_ha_appiccato_il_fuoco_ai_campi_di_grano_al_confine_con_la_regione_di_kherson/45289_46868/
LUKASHENKO LANCIA L’ALLARME: L’OCCIDENTE PIANIFICA ATTACCO ALLA RUSSIA
Secondo il Presidente Lukashenko l’Occidente starebbe pianificando un attacco alla Russia tramite Ucraina e Bielorussia; lo ha dichiarato in occasione di una cerimonia in onore dei laureati delle università militari e degli alti ufficiali. “I moderni fascisti dei paesi della Nato non sono scomparsi, non sono morti” ha tuonato.
Lo sviluppo dei piani di un probabile attacco è stato discusso durante i colloqui recenti con il presidente russo Vladimir Putin.
Colloqui telefonici durante i quali avrebbero discusso dei progressi dell’operazione militare speciale della Russia, del divieto di transito della Lituania nella regione di Kaliningrad e affrontato anche questioni di difesa tra Bielorussia e Russia.
Secondo le parole di Lukashenko, l’errore più grande della politica occidentale è che essa ha tutta l’intenzione di portare avanti una guerra senza vincitori.
Come se la situazione non fosse già abbastanza tesa, alcuni alleati della Russia e della Bielorussia si trovano ora in una posizione di attesa.
Ad esprimersi è stato anche il capo della Direzione principale dell’intelligence bielorussa, Ruslan Kosygin, confermando i timori di Lukashenko, secondo cui Washington e Bruxelles si starebbero preparando ad un conflitto armato con Mosca e Minsk.
L’obiettivo degli Stati Uniti, sempre secondo Kosygin, è riuscire ad indebolire i due Stati slavi rendendoli delle appendici di materie prime e fornitori di risorse intellettuali e lavorative a basso costo. Ciò è possibile creando focolai di tensione che riescano a scatenare guerre locali nelle immediate vicinanze dei confini russi.
L’intervento di Alexander Lukashenko:
FONTE: https://comedonchisciotte.org/lukashenko-lancia-lallarme-loccidente-pianifica-attacco-alla-russia/
Biden: pronti a usare la forza contro l’Iran
WASHINGTON, 13 LUG – Gli Stati Uniti sarebbero disposti a utilizzare la forza contro l’Iran al fine di prevenire lo sviluppo di armi nucleare ma si tratterebbe “dell’ultima risorsa”. Lo ha detto, Joe Biden, in un’intervista ad una tv israeliana. Biden ha anche detto di essere determinato a lasciare le Guardie della rivoluzione islamica nella lista americana delle organizzazioni terroristiche anche se questo vuol dire seppellire l’accordo sul nucleare con Teheran. (ANSA).
FONTE: https://www.imolaoggi.it/2022/07/13/biden-pronti-a-usare-la-forza-contro-liran/
Tutte le sanzioni approvate finora contro la Russia
Dal congelamento dei beni della banca centrale russa, al divieto di vendita dei beni di lusso fino alle sanzioni per gli oligarchi russi. Ma per Zelensky le sanzioni sono arrivate in ritardo
Subito dopo l’inizio dell’attacco russo in Ucraina, a partire dai giorni successivi allo scorso 24 febbraio, l’Europa, gli Usa e i partner della Nato e, in un secondo momento, anche il Giappone, l’Australia e la Nuova Zelanda hanno, di comune accordo, mantenuto quanto preannunciato nelle settimane precedenti a titolo deterrente decidendo ondate successive e crescenti di pesanti sanzioni economiche contro Mosca e la leadership della Federazione russa.
Nel tentativo di rispondere alla guerra militare con una guerra economica che punta a mettere in ginocchio la Russia, Nato, G7 e Ue hanno intenzione di continuare ad aumentare questo tipo di pressione. L’Unione europea è pronta a decidere eventuali nuove “robuste” sanzioni contro Russia e Bielorussia. È quanto si legge nelle conclusioni del Consiglio europeo di ieri. Inoltre, invita tutti i Paesi “ad allinearsi alle sanzioni” contro la Russia e continua nella dichiarazione conclusiva del vertice, “eventuali tentativi di aggiramento delle sanzioni o di aiutare la Russia con altri mezzi devono essere fermati”.
Il presidente ucraino Zelensky, intervenuto al vertice, ha ringraziato i membri del Consiglio europeo per aver imposto sanzioni alla Russia, aggiungendo però che è stato fatto” un po’ tardi”. In un messaggio pubblicato su Facebook in tarda serata e riportato dalla Cnn, Zelensky ha affermato che se le sanzioni fossero state preventive ci sarebbe stata una possibilità che la Russia non entrasse in guerra. “Avete bloccato il Nord Stream 2. Ve ne siamo grati. Ma è stato fatto un po’ tardi. Perché se fosse stato fatto in tempo, la Russia non avrebbe creato una crisi del gas. Almeno ci sarebbe stata una possibilità”, ha detto il presidente ucraino.
Le principali sanzioni approvate finora
Misure finanziarie
I paesi occidentali hanno congelato i beni della banca centrale russa, per impedirle di usare i suoi 630 miliardi di dollari di riserve in valuta estera. La Banca di Russia è stata in particolare sospesa dalla Banca dei Regolamenti internazionali, mentre individui e imprese non possono avere a che fare con l’istituto centrale di Mosca.
Alcune delle principali istituzioni finanziarie russe sono poi state escluse dal sistema di scambi finanziari internazionali Swift, necessario per i trasferimenti di denaro oltrefrontiera, causando i ritardi dei pagamenti da e per la Russia, in particolare nel settore dell’energia.
Il Regno Unito ha escluso le banche russe dal sistema finanziario britannico, congelando i loro beni e impedendo alle istituzioni britanniche di concedere prestiti o finanziamenti allo Stato o alle imprese russe.
Il quarto pacchetto Ue è stato adottato lo scorso 15 marzo e vieta tra l’altro tutte le operazioni con determinate imprese statali, la prestazione di servizi di rating del credito a qualsiasi persona o entità russa, i nuovi investimenti nel settore dell’energia della Russia. L’Ue punta così a colpire il 70% del sistema bancario russo e le principali imprese statali. L’Australia ha colpito con sanzioni analoghe la maggior parte del sistema bancario e finanziario russo così come la banca centrale, in tutto 33 società. Il Giappone ha sanzionato 7 banche e 12 enti fra pubblici e privati.
Petrolio e gas
Gli Stati Uniti hanno deciso di vietare tutte le importazioni di petrolio e gas russo e il Regno Unito eliminerà gradualmente il petrolio russo entro la fine del 2022: l’obiettivo, secondo quanto detto dal presidente Joe Biden, è di colpire “l’arteria principale dell’economia russa”.
Quanto all’Ue, che si rifornisce dalla Federazione per il 25% del petrolio e il 40% del gas, si renderà indipendente in modo necessariamente più graduale ma “molto prima del 2030“.
La Germania ha bloccato l’inizio dell’attività del gasdotto Nord Stream 2.
Beni di lusso
La vendita di beni di lusso alla Russia, fra i quali anche auto, aerei e imbarcazioni, i prodotti dell’alta moda e le opere d’arte, è vietata dal Regno Unito e dall’Unione europea. Il Regno Unito ha deciso di imporre una tassa del 35% su alcune importazioni dalla Russia, compresa la vodka. L’Ue ha introdotto inoltre restrizioni commerciali per i prodotti siderurgici e i beni di lusso.
Aziende russe Ue, Usa e Regno Unito hanno vietato le esportazioni di beni destinati alle aziende russe, fra cui anche i cosiddetti prodotti a “doppio uso” civile e militare, prodotti chimici e laser. Inoltre, Ue ha ampliato l’elenco delle persone collegate alla base industriale e di difesa della Russia, cui sono state imposte restrizioni più rigorose sulle esportazioni di beni a duplice uso e di beni e tecnologie in grado di contribuire al rafforzamento tecnologico del settore della difesa e della sicurezza della Russia.
L’Australia ha deciso di bloccare le esportazioni di alluminio, che rappresentano il 20% del fabbisogno russo.
Trasporto aereo
Tutti i voli delle compagnie aeree russe sono banditi dallo spazio aereo di USA, Regno Unito, UE e Canada. Il Regno Unito ha anche vietato i jet privati noleggiati dai russi. Il G7 toglierà alla Russia il suo statuto di “nazione più favorita”, il che significa che perderà molti benefici commerciali.
Individui, politici e oligarchi
Quanto ai singoli, l’UE, il Regno Unito e gli Stati Uniti hanno imposto sanzioni a centinaia di persone collegate al regime russo e ai ricchi imprenditori, i cosiddetti oligarchi, che sono considerati vicini al Cremlino.
Il Regno Unito, la cui capitale è stata scelta come sede da molti di questi imprenditori meritandosi il soprannome di Londongrad, ha anche introdotto divieti di viaggio e congelamento dei beni all’ex presidente russo Dmitry Medvedev, che in una intervista a Ria Novisti ha dichiarato che le “stupide sanzioni” imposte alla Russia per far rivoltare il popolo russo contro il governo ottengono la reazione contraria: consolidano la società, poiché i russi hanno una mentalità diversa. Lo stesso trattamento è stato dedicato al ministro della difesa Serghei Shoigu e al proprietario del Chelsea RC Roman Abramovich. Insieme a Ue e USA, ha anche imposto sanzioni a 386 membri del parlamento russo. I beni appartenenti al presidente russo Vladimir Putin e al suo ministro degli esteri Sergei Lavrov sono stati congelati anche negli Stati Uniti, nell’UE, nel Regno Unito e in Canada.
Anche l’Australia ha imposto un totale di 476 sanzioni su 443 individui, comprese figure del mondo degli affari vicine al presidente Vladimir Putin, mentre il Giappone ha colpito 76 persone. Alcuni oligarchi, come il miliardario Alisher Usmanov sostengono di avere alienato una parte delle proprietà “congelate”, e questo rende difficile l’applicazione delle sanzioni su beni come case o yacht.
Difesa e energia
Nel mirino del Regno Unito anche la società militare privata russa Wagner, che sarebbe stata incaricata di uccidere il presidente ucraino. L’ultima tornata britannica prevede 65 sanzioni. Fra le società colpite la maggior parte sono attive nel settore della difesa e dell’energia, oltre che finanziarie: il costruttore di droni Kronshtadt; Alrosa, la società mineraria russa di diamanti; la banca privata Alfa e altre cinque banche russe, e le ferrovie russe, ma anche il magnate del petrolio Eugene Shvidler, banchieri e altri dirigenti del settore dell’energia.
FONTE: https://www.rainews.it/articoli/2022/03/tutte-le-sanzioni-approvate-finora-contro-la-russia–87094922-3036-4253-924f-f83cf65c63d4.html
CULTURA
L’uomo-macchina, l’amicizia e il Covid: “siamo tutti in pericolo”
di Guy Van Stratten
Nomen amicitiae, sic, quatenus expedit, haeret
La parola amicizia solo se serve dura
Petronio, Satyricon
Una cosa è certa: gli strascichi sociali e psicologici dell’emergenza Covid hanno ‘macchinizzato’ ancora di più le persone. Già negli anni Sessanta, Herbert Marcuse, nel suo celebre saggio L’uomo a una dimensione, osservava come gli individui, nella società industriale avanzata, fossero ormai ridotti a degli ingranaggi, a delle macchine, sottoposti a una diffusa disumanizzazione e meccanizzazione. Pier Paolo Pasolini (il cui pensiero deve non poco a Marcuse e agli altri ‘francofortesi’) poco prima di essere ucciso, il 2 novembre del 1975, rilasciò un’intervista, poi pubblicata col titolo Siamo tutti in pericolo, in cui affermava: “La tragedia è che non ci sono più esseri umani, ci sono strane macchine che sbattono l’una contro l’altra” (Siamo tutti in pericolo, in “Tuttolibri”, I, 2, 8 novembre 1975 ora in P.P. Pasolini, Scritti sulla politica e sulla società, a cura di W. Siti e S. De Laude, Mondadori, Milano, 2016).
Queste “strane macchine che sbattono l’una contro l’altra” sono irretite in una fitta maglia di poteri. Un anno dopo l’intervista di Pasolini, nel 1976, Michel Foucault, in una conferenza pronunciata alla facoltà di filosofia dell’università di Bahia, così si esprimeva: “Una società non è un corpo unitario in cui si esercita soltanto un potere; in realtà, è una giustapposizione, un legame, una connessione, anche una gerarchia di differenti poteri, che però conservano la loro specificità” (ora in M. Foucault, Estetica dell’esistenza, etica, politica. Archivio Foucault 3. Interventi, colloqui, interviste. 1978-1985, Feltrinelli, Milano, 2020, p. 159). Sono poteri che si intersecano, che uniscono, avvicinano ed escludono.
Per ‘macchinizzazione’ degli individui si intende qui un processo di disumanizzazione. Come sappiamo, e come è stato riportato da dati statistici relativi ad analisi di tipo sociale, dopo la pandemia ci sono state rotture e divisioni fra amici, spaccature di gruppi amicali per il modo d’intendere l’emergenza, soprattutto in relazione al lockdown e al vaccino. Ora, qui, vorremmo osservare tutti questi fenomeni per mezzo di una distanza fredda e oggettiva, come se il nostro fosse lo sguardo distaccato dell’entomologo che osserva i suoi oggetti di studio. Da una parte, gruppi di amici anche stretti e intimi si sono spaccati perché sono stati isolati i cosiddetti ‘no vax’ (epiteto creato dalla stampa borghese e che qui utilizzo non senza un certo ribrezzo, giusto per farmi capire): allora, gli ‘amici’ che hanno rifiutato il vaccino sono stati immediatamente isolati e ghettizzati. Ma è vero anche il contrario: c’è anche chi è stato isolato dai suoi amici contrari al vaccino semplicemente perché si è fatto inoculare il siero. Perché, loro, alfieri della libertà e della resistenza, non riconoscono più il loro amico che è diventato schiavo del governo e del potere. Ma abbiamo appena capito, grazie a Foucault, che di potere non ce n’è uno solo: anche loro, isolandolo, hanno usato una forma di potere nella sua forma più estrema e brutale. Da entrambe le parti si è messo in atto il potere dell’esclusione, della ghettizzazione, della discriminazione. Gli esclusi, i ghettizzati, i discriminati non sono degli sconosciuti, ma degli amici che fino a poche ore prima condividevano una gran parte della loro vita con chi li ha esclusi (e il potere escludente diventa ancora più terribile e disumano se è stato introiettato e utilizzato da un gruppo contro un singolo).
Chi, in nome della sua presunta libertà, in nome della ribellione a una imposizione giunta dall’alto, giunge ad allontanare i propri amici a causa della loro scelta è il peggiore schiavo di tutti, è l’uomo-macchina perfetto. Con ciò, non intendo certo negare che da parte dei poteri ‘alti’, per mezzo della campagna di vaccinazione, non ci sia stata una coercitiva volontà di disciplinamento collettivo mai vista prima. Basta dare un’occhiata a tutti gli articoli che ho scritto su questo sito dalla primavera 2020 fino a tutto il 2021. Quello che invece vorrei porre in rilievo, in nome dell’intelligenza e della razionalità, è che la campagna di disciplinamento da parte dei piani alti ha funzionato perfettamente. Chi si crede libero avendo allontanato dalla propria vita un suo ‘ex amico’ perché non ha fatto il vaccino o perché lo ha fatto, ha obbedito in tutto e per tutto a ciò che avrebbero voluto quei fantomatici poteri ‘alti’. Si è disumanizzato, si è trasformato in una macchina. Come un perfetto consumatore che, in un centro commerciale, predilige alcuni oggetti rispetto ad altri. Dimenticando la sua essenza umana, ha scelto i propri amici in base a un diktat ideologico e non in base all’umanità, nello stesso identico modo in cui in un supermercato sceglie una merce piuttosto che un’altra. Le fitte maglie di poteri che agiscono nell’universo digitale dei social, in definitiva, stanno snaturando lo stesso concetto di ‘amicizia’. Certo, cosa volete che sia, è facile cancellare un amico da Facebook e così, sembra, anche nella vita reale. Miserevolmente, ci sentiamo eroi perché abbiamo resistito alle imposizioni del governo e abbiamo allontanato i nostri amici servi del governo. Vorrei essere chiaro: parlo in nome della razionalità e della lucidità perché odio e aborro qualsiasi tipo di fanatismo, e sono colto da conati di vomito quando sento la parola “eroe”.
Spesso, magari, questi gruppi di amici si sono sfaldati senza neanche più vedersi, soltanto parlandosi con i messaggi watsapp, telegram o messenger. È bastato un messaggio: “basta, non hai fatto (o hai fatto) il vaccino, non ti voglio più vedere!”. Infatti, come osserva David Lapoujade in un volume in cui rilegge in modo interessante il pensiero di Deleuze, “non siamo soltanto assoggettati alle macchine, siamo anche asserviti a esse, nel senso che, come l’asservimento dispotico integrava le popolazioni umane in una mega-macchina imperiale, le nuove tecnologie integrano le popolazioni umane in nuove macchine sotto forma di banche dati, di algoritmi, di flussi d’informazioni”. Lo studioso, poi, continua così: “Viviamo in un mondo-schermo, un mondo popolato esclusivamente d’immagini che sfilano senza posa e comunicano direttamente le loro informazioni a un cervello continuamente saturo. All’estremo, non c’è più un mondo esteriore in cui agire; non c’è altro che uno schermo o una tavola d’informazione con la quale interagire” (D. Lapoujade, Deleuze. I movimenti aberranti, a c. di C. D’Aurizio, Mimesis, Milano-Udine, 2020, pp. 258-259).
Il fatto che molte amicizie e molti gruppi sociali si siano fratturati e divisi dopo l’emergenza Covid, dimostra che viviamo ormai in una società completamente macchinizzata e digitalizzata, un mondo virtuale come quello che ha genialmente riscostruito Steven Spielberg in Ready Player One. Siamo davvero “tutti in pericolo”, al di là di qualsiasi metafora, perché le idee e i fanatismi emersi dal mondo-schermo che ci governa sono diventati più importanti dei rapporti sociali in carne e ossa, dei momenti condivisi, delle gioie e dei dolori vissuti insieme, dei sorrisi, degli abbracci passati, dei dolci irripetibili momenti. E chi non si è completamente disumanizzato, chissà, si ritroverà con le “energie disperse, a ricercare i visi che ti han dimenticato, vestendo abiti lisi, buoni a ogni esperienza”, come cantava Guccini, dopo aver finalmente gettato il suo smartphone in un mare profondo come la notte.
FONTE: https://www.sinistrainrete.info/articoli-brevi/23433-guy-van-stratten-l-uomo-macchina-l-amicizia-e-il-covid-siamo-tutti-in-pericolo.html
DIRITTI UMANI
Un nuovo ‘misterioso’ trattato pandemico e più poteri sugli Stati: a Ginevra il futuro dell’Oms
Nicoletta Dentico, che sta seguendo i lavori, spiega all’AGI i temi in discussione alla 75esima Assemblea con l’Europa in cerca di riscatto sul piano geopolitico e gli Usa che vorrebbero attribuire all’Oms facoltà molto più ampie in tema di dichiarazioni di emergenza
AGI – “Questa 75esima Assemblea dell’Oms prepara un nuovo scenario pandemico lanciando così il messaggio che il mondo è destinato a un altro fallimento”.
Nicoletta Dentico, responsabile del programma di salute globale della ‘Society for international development (SID)’, partecipa all’appuntamento tra i 194 Paesi chiamati a discutere su come affrontare future emergenze di sanità pubblica e mettere le basi del nuovo Trattato pandemico che dovrebbe essere pronto nel 2024.
Tra le proposte sul tavolo c’è anche quella di aumentare in modo considerevole i poteri dell’Organizzazione, erodendoli ai singoli Stati. Dentico fa parte di Who Watcht, un Osservatorio formato da Ong e movimenti per la salute di tutto il pianeta. “Dico che è già un’ammissione di fallimento – spiega all’AGI – perché la governance internazionale, i governi e le agenzie sanitarie dovrebbero evitare, attraverso la prevenzione e le procedure, che un focolaio diventi un’epidemia, com’è accaduto per il Covid. Invece sembra che questa sia ancora l’unica prospettiva possibile”.
Il nuovo Trattato “è anche una questione geopolitica”
L’idea di darsi nuove regole che sostituiscano quelle decise nel 1969 “arriva dal presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, ed è un’iniziativa a cui hanno dato una forte spinta la Francia e la Germania, due Stati che, durante la pandemia, hanno supportato molto l’Oms anche dal punto di vista finanziario e ora vogliono capitalizzare il loro impegno in termini geopolitici”. In questa visione, l’Europa cerca di recuperare un ruolo da protagonista: “Mentre la Cina porta avanti la sua agenda con accordi bilaterali sui vaccini e gli Usa si sono ringalluzziti per Pfizer e Moderna, l’Europa, che era la prima produttrice di vaccini prima del Covid, cerca di recuperare posizioni attraverso questo Trattato. L’idea è quella di salvare il multilateralismo”.
Il problema, secondo l’esperta, è che “ci si avvicina a questo Trattato senza spiegare in cosa consista e perché non sarebbe stato meglio modificare il vecchio, il tutto senza passare da nessuna autocritica e col solo approccio di farmaci e vaccini, senza pensare alla prevenzione”.
“Non vengono rilevate questioni fondamentali – si legge in un articolo diffuso da Who Watch in queste ore – come le responsabilità dei Paesi nell’affrontare le emergenze. Non si parla per esempio del fatto che la struttura Covax, legata all’Oms, sarebbe responsabile di garantire un acceso equo ai vaccini ma non è riuscita ad assicurarlo e nemmeno si considerano le responsabilità dei singoli Stati”.
Le difficoltà dei delegati a capire cosa mettere nel Trattato
“Dopo 25 anni in cui i singoli Paesi hanno lavorato in modo ‘verticale’, gli uni separati dagli altri, non possiamo pensare che la soluzione sia solo un maggiore accesso ai vaccini e alle medicine” riflette Dentico. “Le zoonosi si ripetono, come stiamo vedendo ora col vaiolo delle scimmie e con la peste suina, perché il sistema della crescita e del modello economico com’è ora porta a intrusioni in ecosistemi che non andrebbero toccati. Dimostrano che, se irrompiamo in ecosistemi che senza il nostro intervento sono in grado di autoproteggersi, ci facciamo del male. L’Assemblea si è aperta col presidente del Kenya che ha parlato della lotta alla malaria e del fatto che c’è ancora gente che si ammala e muore nonostante i miliardi spesi negli ultimi anni. Questo accade perché la malaria è legata anche ai cambiamenti climatici, all’industria della gomma, alla soia, ad altre ‘intrusioni’ in quell’ecosistema”.
Nel corso dell’Assemblea ai Paesi si chiederà cosa debba contenere il Trattato. “Siamo in una fase di raccolta delle idee, dai governi e dalla società civile, ma sembra che manchi un obiettivo. Una fonte europea mi ha detto che anche i delegati hanno difficoltà a capire cosa mettere dentro questo trattato”.
“Gli Stati ribelli all’Oms devono giustificarsi”
Gli Stati Uniti si sono fatti promotori di una serie di emendamenti che allargherebbero i poteri dell’Oms. Tra questi, riferisce il sito ejiltalk.org, la possibilità di dichiarare un “allarme sanitario intermedio” tra quello dei singoli Paesi e quello mondiale, limitando “i diritti degli Stati sovrani a legiferare”. Se uno Stato dovesse rifiutare la richiesta di ‘assistenza’, è una delle innovazioni proposte – dovrà giustificarsi di fronte agli altri con potenziali sanzioni economiche e finanziarie. “E’ probabile che non si arrivi nemmeno a votare sugli emendamenti ai Regolamenti internazionali sanitari (IHR) perché non è chiaro il loro rapporto col futuro Trattato internazionale. Quello che posso dire è che sono d’accordo a dare più poteri all’Oms in quanto agenzia pubblica. Chi se non l’Oms?. Abbiamo visto con quanto ritardo l’allarme che diede sul Covid è stato raccolto. Questo purché non la si riduca a un organismo per le sole emergenze”.
Anche il caso Zambon – Guerra sul tavolo
L’Assemblea porterà alla rielezione del direttore generale Tedros Adhanom Ghebreyesus. “E’ l’unico candidato, la sua rielezione è stata proposta dalla Francia e gli altri le sono andati dietro. E’ una figura molto assertiva che ha aperto anche ai ‘privati’”.
Durante il suo mandato, è andato in scena lo scontro tra Francesco Zambon, il ricercatore di Venezia che coordinò il rapporto sulle lacune nella gestione italiana della prima ondata, e l’allora direttore vicario Ranieri Guerra, accusato di aver voluto rimuovere dal sito il report perché ritenuto imbarazzante per l’Italia poche ore dopo la sua pubblicazione nel maggio del 2020.
In una chat agli atti dell’inchiesta della Procura di Bergamo, Guerra scrisse al presidente dell’Istituto superiore della sanità, Silvio Brusaferro: “Sono stato brutale con gli scemi di Venezia. Ho mandato scuse profuse al Ministro. Alla fine sono andato su Tedros e fatto ritirare il documento”.
Sia Zambon che Guerra hanno lasciato l’Oms: il primo è stato assunto dalla Regione Veneto nell’azienda sanitaria di Treviso, il secondo ricopre un incarico nell’Accademia nazionale di medicina. Anche del loro caso dovrebbe parlarsi durante i lavori.
FONTE: https://www.agi.it/cronaca/news/2022-05-24/nuovo-misterioso-trattato-pandemico-poteri-stati-ginevra-futuro-oms-16836746/
“Io senza vaccino Covid non ho diritto a un trapianto di polmone”. Il caso di Gianni Tollardo arriva in Parlamento
Agata Iacono 8 07 2022
Un trapianto di polmoni che rappresenta il confine tra la vita e la morte certa.
ECONOMIA
La presa in giro dello spread
La faziosità dell’arma dello spread spiegata in poche parole
Due parole sullo spread, termine che sino a prima di Mario Monti nessuno aveva mai preso in considerazione.
Lo spettro dello spread ce l’hanno sventolato sotto il naso per quindici anni, per costringerci a fare sacrifici immensi sull’altare della stabilità dei bilanci statali.
Vorrei far notare alcune cose: lo spread si riferisce alla differenza tra i rendimenti dei bond tedeschi e quelli italiani con durata decennale.
La doverosa premessa è che ogni volta che Salvini mangia un arancino in spiaggia, lo spread si muove punendo l’Italia.
Ieri il sempre più ridicolo Conte ha fatto scoppiare un petardo in Parlamento e subito la finanza ha deciso di punire l’Italia con il rialzo dello spread, portandolo a 229 punti per un rendimento al 3,4%.
Significa che i bond italiani saranno costretti a pagare qualche punto di interessi in più su un lasso di tempo che arriva fino a dieci anni.
Tutto ciò non ha senso perchè chissà cosa potrebbe succedere nei prossimi dieci anni, gli scenari potrebbero cambiare mille volte nel frattempo, soprattutto nel caso italiano dove negli ultimi 75 anni abbiamo avuto 67 governi, quindi una media di 8,9 differenti governi ogni 10 anni.
Solo questo semplice fatto spiega la perfetta inutilità del parametro dello spread quando influenzato da fatti politici di cortissimo periodo, come le annunciate dimissioni di Draghi nella giornata di ieri.
Facciamo altri esempi: per quindici anni l’Europa è stata costretta a tirare la cinghia con effetti nefasti per la classe media, per poter rientrare nei dogmatici parametri di bilancio salvo poi vedere tutti gli sforzi fatti vanificarsi a causa prima del covid e poi della guerra in Ucraina.
Oggi sono tutti corsi a stampare denaro, i parametri di bilancio sono stati immediatamenti abbandonati e il tasso d’inflazione in Europa è quattro volte quello massimo consentito (ovunque, anche in Germania) mentre negli USA ha toccato il 9,1%.
Lo può capire anche uno stupido che sia assurdo che il fatto che lo spread su un titolo decennale si alzi oggi a causa dei fatti parlamentari di ieri, governando così il rendimento dei bond su un periodo di tempo così lungo che nessuno possa immaginarsi come vada il futuro.
Ma soprattutto non si capisce come lo spread tra i titoli tedeschi e quelli italiani si possa alzare a causa delle dimissioni di Draghi quando invece non fa fatto una singola piega in previsione del fatto che la dipendenza energetica dell’apparato produttivo tedesco dalla Russia sia notevolmente superiore a quella italiana.
Questo si che sarebbe un fatto assolutamente titolato a determinare l’eventuale differenza sul lungo periodo tra i titoli tedeschi e quelli italiani, ma a favore di quest’ultimi.
Eppure in questo caso la grande finanza ha visto bene di far finta di nulla.
Ed è per questo che la prossima persona che verrà a parlarmi dello spread verrà prestamente mandata a quel paese.
FONTE: https://www.infosec.news/2022/07/15/news/affari-e-finanza/la-presa-in-giro-dello-spread/
X-FILES: L’INCHIESTA DEL GUARDIAN CHE SCOPERCHIA UBER
Oltre 124 mila documenti confidenziali. Gli “Uber Files” svelano finalmente ciò che i tassisti di mezzo mondo hanno atteso per anni
The Guardian in questi giorni ha pubblicato l’importante inchiesta di Harry Davies, Simon Goodley, Felicity Lawrence, Paul Lewis e Lisa O’Carroll (1).
Una indagine giornalistica riguardante le attività illecite compiute dal colosso Uber: “azienda da 43mld di dollari, che effettua circa 19 milioni di viaggi al giorno” ed ora presente in 77 Paesi.
Pare che la multinazionale sia stata per cinque anni in accordo con esponenti politici di 40 Stati diversi: è accusata di lobbying. A provarlo oltre 124mila documenti non più segreti, che The Guardian ha prontamente condiviso con 180 giornalisti di 29 Paesi, oltre alla testimonianza di Mark MacGunn (2), capo lobbista per Uber su Europa, Medio Oriente ed Africa.
I dati mostrano come Uber abbia cercato di ottenere sostegno corteggiando con discrezione primi ministri, presidenti, miliardari, oligarchi e baroni dei media.
L’ 11 luglio scorso, The Guardian titolava:
“Uber infrange le leggi, inganna la polizia e fa lobbying coi governi, si rivela in perdita“.
Nel periodo tra il 2013 ed il 2017, ai tempi di Travis Kalanick, cofondatore insieme a Garrett Camp, la società con sede a San Francisco si era data alla vita da “pirata”, imponendosi di fatto come l’alternativa smart alla categoria dei tassisti.
Messaggi, e-mails e altri documenti svelerebbero gli accordi e i rapporti di forza tra Uber (azienda) e figure di rilievo (ma pur sempre figure) della politica internazionale.
Attività di lobbying con l’allora ministro delle finanze Emmanuel Macron, oggi (ri)presidente della Francia; tentativi anche con l’attuale cancelliere tedesco Olaf Scholz ai tempi sindaco di Amburgo e da sempre fermo oppositore di Uber; e ancora, col vice presidente di Barack Obama, ossìa l’attuale presidente USA Joe Biden (3). Non poteva mancare l’ex commissaria europea alla concorrenza (udite, udite) Neelie Kroes sotto indagine della Commissione Europea per possibili pressioni su politici olandesi.
Insomma, non proprio una rivelazione. Possiamo chiamare “Uber Files” il modo in cui un’azienda s’impadronisce di una fetta di mercato, non per merito o seguito, ma più semplicemente scaraventando all’aria ogni principio di giustizia, trasparenza e legittima concorrenza.
Coinvolti pure Renzi e De Benedetti, in questo che si presenta come un assicurato futuro d’innumerevoli io non c’ero.
Attualmente l’azienda dichiara che dal 2017 (dopo le dimissioni di Kalanick), con l’arrivo alla gestione di Dara Khosrowshahi, la situazione è stata completamente risanata.
Oggi vuole essere un’onesta società per azioni di proporzioni globali che ieri si prendeva quello che voleva, istigando le proteste dei tassisti, strumentalizzando persino i suoi stessi affiliati:
In uno scambio, Kalanick rassicurò gli altri dirigenti sul fatto che l’invio di conducenti Uber ad una protesta di tassisti in Francia li mettesse a rischio di violenza da parte di oppositori arrabbiati nell’industria dei taxi. “Penso che ne valga la pena”, rispose. “La violenza garantisce il successo”. (4)
Non ho ancora capito cosa intendesse suggerire con queste parole, probabilmente nulla di vitale importanza.
E ancora:
Nairi Hourdajian, ex direttore della comunicazione di Uber, lo ha espresso in modo ancora più schietto in un messaggio a un collega nel 2014, tra gli sforzi per chiudere l’azienda in Thailandia e in India: “A volte abbiamo problemi perché, beh, siamo solo fottutamente illegali.” Contattato dal Guardian, Hourdajian ha rifiutato di commentare.
Forse l’ha presa sul personale.
In questo contesto, Uber ha sviluppato metodi sofisticati per contrastare le forze dell’ordine. Uno era conosciuto internamente a Uber come un “kill switch”. Quando un ufficio di Uber veniva perquisito, i dirigenti dell’azienda inviavano freneticamente istruzioni al personale IT per interrompere l’accesso ai principali sistemi di dati dell’azienda, impedendo alle autorità di raccogliere prove.
I file trapelati suggeriscono che la tecnica approvata dagli avvocati di Uber, è stata utilizzata almeno 12 volte durante i raid in Francia, Paesi Bassi, Belgio, India, Ungheria e Romania.
Il portavoce di Uber ha affermato che, all’inizio, “le norme sul ridesharing non esistevano in nessuna parte del mondo” e le leggi sui trasporti erano obsolete per l’era degli smartphone.
Adesso che Uber è un’azienda ripulita, da 43mld di dollari, possiamo addirittura parlarne sui media mainstream!
12/07/2022
Verdiana Siddi per ComeDonChisciotte.org
FONTE: https://www.theguardian.com/news/2022/jul/10/uber-files-leak-reveals-global-lobbying-campaign
Note:
(1) Reporters: Harry Davies, Simon Goodley, Felicity Lawrence, Paul Lewis, Lisa O’Carroll, John Collingridge, Johana Bhuiyan, Sam Cutler, Rob Davies, Stephanie Kirchgaessner, Jennifer Rankin, Jon Henley, Rowena Mason, Andrew Roth, Pamela Duncan, Dan Milmo, Mike Safi, David Pegg and Ben Butler https://www.theguardian.com/news/2022/jul/10/uber-files-leak-reveals-global-lobbying-campaign
(2) https://www.icij.org/investigations/uber-files/uber-lobbyist-whistleblower-mark-macgann/
(3) “Quando Joe Biden, allora vice-presidente degli Stati Uniti, sostenitore di Uber al tempo, si presentò in ritardo ad un incontro con l’azienda al World Economic Forum a Davos, Kalanik mandò un messaggio ad un suo collega:
“Ho detto ai miei di fargli sapere che ogni minuto in cui lui è in ritardo, è un minuto in meno che ha con me”.
Dopo aver incontrato Kalanik, parrebbe che Biden avesse addirittura modificato il suo discorso preparato per Davos, riferendosi al CEO dell’azienda che ha dato a milioni di lavoratori “libertà di lavorare tante ore quante ne desiderano, organizzando la propria vita come desiderano”, https://www.theguardian.com/news/2022/jul/10/uber-files-leak-reveals-global-lobbying-campaign
(4) https://www.theguardian.com/news/2022/jul/10/violence-guarantees-success-how-uber-exploited-taxi-protests
FONTE: https://comedonchisciotte.org/x-files-linchiesta-del-guardian-che-scoperchia-uber/
Più verde di così, si muore
di Sandrine Aumercier & Frank Grohmann
Ormai sono anni che non passa giorno senza che i media parlino della crisi climatica. Temperature senza precedenti, stato di emergenza nel Nord Italia, incendi incontrollabili, siccità e problemi idrogeologici, agricoltura gravemente minacciata, aumento della fame nel mondo, ecc: infliggerci tutto il catalogo dei disastri è diventata una consuetudine, e gli scettici del cambiamento climatico ora si trovano esposti alla vendetta ufficiale. Ma per quanto tempo ancora continueremo ad accettare questa forma di terrore, in cui la distruzione delle basi della vita viene rappresentata come un fatto compiuto, allo stesso modo in cui viene considerato «ammissibile» che si possa vivere, senza tremare, sotto la minaccia dello scatenarsi di un conflitto nucleare? E questo nello stesso momento in cui tutti, a destra come a sinistra, si mostrano orgogliosi della loro «presa di coscienza climatica», e aggiungono volentieri la loro voce al coro di deplorazioni e di raccomandazioni. I boss francesi dell’energia esortano addirittura a una riduzione dei consumi privati, mentre altri ne denunciano i loro profitti e i governi fanno da mediatori.
Parallelamente a tutto questo, l’invasione russa dell’Ucraina ha posto la questione dell’«indipendenza energetica», mentre non passa giorno senza che anche questo tema occupi i titoli dei giornali, tra miracolose moralizzazioni delle forniture, annunci di grandi cambiamenti nella politica energetica e ipocriti incitamenti alla sobrietà. Così come avviene con le pubblicità dei gelati, che devono essere accompagnate dalla raccomandazione di mangiare «cinque frutti e verdure al giorno», non è lontano il giorno in cui ogni incentivo al consumo verrà accompagnato da un invito a rimanere sani.
Ad esempio, ogni azione dovrà soddisfare la condizione di «zero emissioni nette» di gas serra, che è solo un calcolo intelligente progettato per «compensare» le emissioni, non per eliminarle. Questa consacrazione dell’ingiunzione contraddittoria evidenzia in maniera netta il modo in cui viene trattata la contraddizione reale, facendo di tutto, non per uscire da questa assurda equazione, ma per perpetuarla.
«Bisogna salvare l’Ucraina», gioca pertanto lo stesso ruolo che ha il mantra «bisogna salvare il clima»: a quanto pare, quel che si deve fare è gridare due volte più forte la nostra incrollabile determinazione collettiva a far trionfare la «democrazia», lo «Stato di diritto», la «pace internazionale», la «transizione ecologica» e così via. Forse, quanto più lo gridiamo ai quattro venti, tanto più finiremo per crederci? Ahimè, il mondo precipita in una crisi energetica che è solamente una delle manifestazioni – e neppure la peggiore – della sua crisi strutturale. Per la Commissione europea, è colpa di Putin. Per il boss della Total, va responsabilizzato il consumo individuale. Per i cittadini, il governo non ha saputo garantire dei prezzi stabili e delle forniture sicure. Per gli ecologisti, la colpa è della mancanza di una volontà politica di attuare la tanto annunciata «transizione». Un meta-livello di analisi deve necessariamente saper evidenziare che il punto di vista degli interessi privati in concorrenza tra di essi, fa sì che ciascuno attribuisca questa crisi strutturale a qualcun altro da scegliere tra i difensori di interessi supposti in contrapposizione tra loro, senza mai saper riconoscere questa crisi per quello che è: l’eclatante impasse dovuta a una contraddizione di fondo che non si risolve dando addosso a questo o a quel titolare di carica, o rivedendo i bilanci contabili.
Tutte queste contraddittorie indicazioni corrispondono alla «contraddizione in processo» del capitale [*1], vale a dire, una «contraddizione immanente» [*2] alla produzione capitalistica. A partire da questo, Marx designa e si riferisce a una contraddizione in sé, o a un’autocontraddizione fondamentale, la quale non solo porta a crisi periodiche, ma che, di crisi in crisi, continua ad avanzare senza che vi sia alcuna via d’uscita rispetto alla situazione d’impasse di cui sopra, in quanto limite interno assoluto del modo di produzione capitalistico [*3], La contraddizione fondamentale del capitale, allo stesso tempo, richiede e cattura la forza lavoro e, simultaneamente, la esclude su scala globale. Nel mentre che da una parte promette partecipazione, dall’altra realizza superfluità. Promette la ricchezza sociale e allo stesso tempo realizza la rottamazione del mondo. Le diverse riflessioni su come trattare questa contraddizione, intrinsecamente senza speranza, sono la cosa al mondo meglio condivisa dai soggetti della merce.
In un simile contesto, la decisione presa dalla Commissione europea, e votata il 6 luglio 2022 dal Parlamento europeo, di includere a determinate condizioni – del tutto manipolabili – il gas naturale e l’energia nucleare nella cosiddetta «tassonomia verde», non fa che togliere la maschera a questa gigantesca farsa climatica, e all’altrettanto gigantesca farsa dell’indignazione antirussa che tiene l’Occidente con il fiato sospeso da oltre quattro mesi. Allo stesso tempo, il Presidente Macron intende nazionalizzare EDF per finanziare la costruzione di nuovi EPR, anche se quasi la metà delle centrali nucleari francesi sono ferme a causa di inspiegabili problemi di corrosione, per cui la siccità sempre più frequente minaccia i processi di raffreddamento, mentre il problema delle scorie nucleari non è affatto risolto. «È una follia», afferma François Chartier di Greenpeace. «Lo stesso giorno, Elisabeth Borne dichiara, nel suo discorso di politica generale, che la Francia ha intenzione di abbandonare i combustibili fossili, mentre allo stesso tempo i suoi deputati votano a favore del progetto di tassonomia per includere il gas tra le energie verdi, e poi il giorno successivo, il governo propone questo articolo a favore del GNL per essere inserito nel progetto di legge “pouvoir d’achat”. Se fossimo ingenui, potremmo dire che sguazza nella contraddizione, ma se si rimane lucidi, possiamo vedere che ci prende per il culo» [*4]. Il governo ci sta davvero prendendo in giro? O non è piuttosto che ci sta offendo esattamente quello che tutti si aspettano, cioè l’ennesimo tentativo di risolvere uno degli effetti ineludibili della contraddizione fondamentale? Chi è il folle in tutta questa storia? Questi scambi di battute dimostrano chiaramente che chi rimane sordo e cieco di fronte all’autocontraddizione interna del modo di produzione capitalistico – fondamento assoluto della crisi strutturale – non può nemmeno avere alcuna idea di quale potrebbe essere il modo di trattare la contraddizione (vedi sopra). In nessun altro luogo ciò si mostra in maniera più evidente di quanto appaia nella «politica come forma di azione sociale» – che ignora se stessa – «di trattamento permanente della contraddizione». Ma in realtà, questa contraddizione si mostra in tutte le sfere sociali, ed è accompagnata sia dalla crescente applicazione di «presupposti ontologici e antropologici fondamentali (ad esempio l’uomo in quanto soggetto astratto di interessi)», sia da una «ideologizzazione in generale di quella che è la relazione di feticcio, visto come bene comune» [*5]. In questo modo, le farse hanno sempre un nucleo tutt’altro che ridicolo, poiché è anche qui che si gioca la «riproduzione sotto il capitalismo», la quale «è pur sempre anche il trattamento della contraddizione, e interpretazione reale, in processo del mondo e di sé stessa; ma quindi è anche essa stessa una trasformazione permanente del mondo, cioè una trasformazione interpretativa. Ciò significa che le forme categoriali del capitalismo, come la relativa relazione di dissociazione, sono ontologicamente presupposte, e la trasformazione del mondo avviene in quanto interpretazione-reale, sviluppandosi storicamente “a partire da” e “dentro” questa relazione di forma» [*6]. Per cui alla fine non si fa altro che girare intorno a questa relazione di forma.
Sembra che non esista alcun limite nemmeno all’oscenità «verde». Se il gas naturale e l’energia nucleare possono essere «puliti», che dire ad esempio del metano? Dopo aver ricordato all’inizio del loro film che il metano ha, a breve termine, un potere riscaldante sul clima almeno venti volte superiore a quello dell’anidride carbonica, anche se la sua combustione rilascia circa la metà di CO2 rispetto al petrolio, i realizzatori di «Metano, sogno o incubo?» (Pascal Cuissot, Luc Riolon, Rachel Seddoh, 2013) hanno potuto concludere senza batter ciglio che: «I responsabili giapponesi sostengono che saranno necessari ancora alcuni anni, e progressi tecnologici, per poter arrivare allo sfruttamento industriale degli idrati di metano [cosa che richiede un rischioso sfruttamento dei fondali marini]. È stato appena compiuto un grande passo per renderla così una delle energie di transizione verso un futuro senza idrocarburi, un futuro di cui hanno tanto bisogno i terrestri e il clima del pianeta». Nella situazione attuale, scommettere sullo sfruttamento di un idrocarburo per costruire un futuro senza idrocarburi, non sembra nemmeno porre un problema logico o credibile; sarebbe un po’ come dire, senza arrossire, che mangiare un gelato fa dimagrire, a patto di mangiare una mela dopo…
Non dovremmo quindi chiederci a che cosa corrisponde – dal lato del soggetto – l’oggettiva «contraddizione in processo»? È proprio qui che si apre la questione del trattamento affermativo della contraddizione. Vista da questo punto di vista, la relazione di forma in questione è caratterizzata da una «lacerazione dell’io» [*7] (Freud). La relazione di forma è già una lacerazione che nasce dal tentativo di difendersi da una «imposizione del mondo esterno» [*8] che si riassume in «due atteggiamenti contrapposti indipendenti l’uno dall’altro», i quali «persistono per tutta la vita senza mai influenzarsi vicendevolmente» [*9]. Detto in altri termini, «simultaneamente, due presupposti contraddittori» che da un lato negano, e dall’altro riconoscono il fatto che esiste una percezione e una persistenza nel senso di «reazioni al conflitto» in quanto «nucleo» di una «scissione del sé» [*10].
Ed è proprio questo nucleo ad aprire la strada a un trattamento positivo della contraddizione. La cosa appare evidente, ad esempio, allorché Jens Kersten, professore di diritto pubblico e scienze amministrative all’Università di Monaco, nel suo «Appello per una legge ecologica di base» [*11] invita a «vedere la realtà» e a «sviluppare un nuovo senso della realtà». Anche in questo caso, il trattamento della contraddizione consiste nel fatto che, alla fine, il «cambiamento fondamentale dello stile di vita» che viene invocato, e che è indubbiamente necessario, viene rimandato indefinitamente: la proprietà e il mercato non devono certo essere toccati. Basterà dare loro una nuova mano di vernice «ecologicamente obbligatoria» o «conforme all’ecologia» (dixit l’autore)! Un futuro «patto di pace con la natura», come auspica Kersten, finisce per rendere superfluo il suo stesso monito affermativo: «O l’economia cresce ecologicamente, o non ci sarà economia e crescita, ma solo desolazione e miseria». Non potrebbe essere più chiaro: nel senso del trattamento della contraddizione,si tratta ancora una volta di scacciare il diavolo della devastazione e della miseria scatenandogli contro il Belzebù dell’economia e della crescita. Possiamo solo rallegrarci che stavolta quest’ultimo sia verde ed ecologico – ed è beninteso che questo viene ovviamente garantito dalla Costituzione! Il tentativo di difendersi da un’imposizione del mondo esterno, qui si realizza, anche in questo caso, secondo Freud, «a partire dalla negazione delle percezioni», le quali si confrontano con un’«esigenza di realtà». Tali negazioni non solo sono «assai frequenti», ma si rivelano sempre per essere delle «mezze misure, tentativi imperfetti di distaccarsi dalla realtà». L’aspetto decisivo qui è il lato unheimlich della cosa: «La negazione viene ogni volta completata grazie al riconoscimento [!], si stabiliscono sempre due atteggiamenti opposti e indipendenti l’uno dall’altro, i quali danno luogo allo stato di cose [Tatbestand] di una scissione del sé» [*12]. Questo «stato di cose» [Tatbestand] è sostenuto dalla contraddizione in processo e allo stesso tempo crea per esso l’«ontologia» per mantenerlo.
Chiunque disponga di un minimo di presenza di spirito dovrebbe perciò reagire all’inganno e scendere in piazza, non per rivendicare la salvaguardia del clima, ma per esigere che si ponga fina a quest’essere ostaggio di simili discorsi «double bind» che suonano come degli incessanti inviti a scendere a compromessi con l’impossibile. Ciò avrebbe naturalmente conseguenze sugli «stili di vita». L’elettricità dall’interruttore e il gasolio dalla pompa non vengono dal cielo, e chiunque pretenda di garantirli in eterno non può che essere un venditore di fumo e di inganni. Se è vergognoso che i detentori e i difensori del capitale diano la colpa alle «scelte» particolari del consumatore, è altrettanto fuori discussione scagionare l’individuo dalla responsabilità di essersi aggrappato esclusivamente al proprio potere d’acquisto e alle false garanzie per un’uscita dalla crisi che non avverrà mai nelle condizioni esistenti. Non sorprende per niente il fatto che la contraddizione non venga mediata, ma solamente «trattata». Un tale trattamento infatti non tocca la contraddizione o la sua ontologia. Dal momento che questa ontologia è fondata su una frattura che mantiene la propria contraddizione su un abisso, la necessaria «rottura ontologica» non ha, come dice Kurz, «alcun fondamento» [*13].
Note
[*1] – Karl Marx, Manoscritti del 1857-1858, conosciuti come “Grundrisse”.
[*2] – Karl Marx, Il Capitale, Libro I,
[*3] – Robert Kurz, “Grigio è l’albero della vita, verde è la teoria”, Crise & Critique, 2022, p. 41.
[*4] – Gaspard d’Allens, “En catimini, le gouvernement impose le gaz de schiste”, Reporterre, 7 luglio 2022.
Online: https://reporterre.net/En-catimini-le-gouvernement-impose-le-gaz-de-schiste
[*5] – Robert Kurz, “Grigio è l’albero della vita, verde è la teoria”, op. cit. p. 46.
[*6] – Ivi, p. 51.
[*7] – «che non guarirà mai più, ma crescerà con il tempo»; Sigmund Freud, “Le clivage du moi dans le processus de défense”, Résultats, idées, problèmes, PUF, p. 284.
[*8] – Sigmund Freud, Abrégé de psychanalyse, PUF, p. 80. Traduzione modificata da noi.
[*9] – Ivi, p. 79.
[*10] – Ivi, traduzione da noi modificata; e Sigmund Freud, “La scissione dell’Io”, op. cit. p. 284.
[*11] – Blätter für deutsche und internationale Politik, 6/22.
[*12] -Sigmund Freud, Abrégé…, op. cit. p. 80, corsivo aggiunto.
[*13] – Robert Kurz, “Tabula rasa”, in Raison sanglante, Albi, Crise & Critique, 2021, p. 184.
FONTE: https://www.sinistrainrete.info/ecologia-e-ambiente/23434-sandrine-aumercier-frank-grohmann-piu-verde-di-cosi-si-muore.html
FINANZA BANCHE ASSICURAZIONI
Chi sono gli incappucciati della finanza
19 Febbraio 2021, di Mariangela Tessa
“Lei è un incappucciato della finanza. Lei insiste a definire l’euro irreversibile. Anche per la DDR il muro lo era ma non aveva fatto i conti con la disperazione della gente” .
E ancora: “Lei è qui per chiudere quel processo di svendita cominciato con le privatizzazioni del Britannia… Lei è qui per consegnare gli italiani al mangiafuoco dei mercati. Si può togliere il cappuccio, ormai lei è il governatore dell’Italia”.
Così Gianluigi Paragone, ex M5S, ora senatore del gruppo Misto, rivolgendosi al premier Mario Draghi nell’Aula del Senato, poco prima del voto sulla fiducia al governo.
Un attacco, quello del senatore di Italexit, censurato dalla presidente del Senato Elisabetta Casellati:
“Occorre usare terminologie più adeguate al rispetto di quest’aula. Il nostro vocabolario è molto ricco, quindi lei può usare parole rispettose”, dice la presidente del Senato.
Incappucciati della finanza: chi sono
“Contro gli incappucciati della finanza” è il saggio dell’economista e accademico keynesiano Federico Caffé, mentore di Mario Draghi, dove sono raccolti gli articoli di Federico Caffè scritti per Il Messaggero e L’Ora tra gli anni Settanta e gli anni Ottanta, fino alla vigilia della sua scomparsa, nell’aprile del 1987.
PANORAMA INTERNAZIONALE
di Sandro Moiso
Il nemico non è, no non è
oltre la tua frontiera;
il nemico non è, no non è
al di là della tua trincea
(Il monumento – Enzo Jannacci, 1975)
Nonostante la versione patinata di stile hollywoodiano della guerra fornita dalla propaganda occidentale, che continua a parlare di vittoria di Kiev e della NATO, ballando una sguaiata rumba sia sulla pelle dell’orso russo (non ancora acquisita, però, come trofeo) che su quella delle vittime civili e militari di entrambi i fronti in guerra, i fatti degli ultimi giorni, se non delle ultime ore, rivelano uno scenario ben diverso da quello così superficialmente descritto. Soprattutto per quanto riguarda le alleanze economiche, politiche e militari che gravitano intorno agli Stati Uniti e all’Europa e che vanno man mano disfacendosi lungo i confini orientali di quest’ultima,
Un’immagine che potrebbe riassumere per tutte lo stato delle cose sul campo è quella della parziale resa e ritirata dall’acciaieria Azovstal di Mariupol dei buona parte dei difensori.
Simbolo dell’”eroismo” e della “resistenza” ucraina1 nel corso dei primi 82 giorni di una guerra destinata a durare ed allargarsi negli anni a venire, paradossalmente, è stato anche il primo contingente militare ucraino ad entrare, seppur parzialmente, in conflitto con Zelensky e il suo governo, proprio per il tentativo di quest’ultimo, molto simile a quello di Hitler con le truppe tedesche assediate a Stalingerado nell’inverno tra il 1942 e il 1943, di elevare i militari ad eroi destinati al martirio senza tentare di far alcunché, nemmeno sul piano delle trattative per cercare di salvarne almeno un certo numero.
Per cui, nonostante le ultime dichiarazioni rilasciate dal comandante del battaglione Azov, Denis Prokopenko, riferentisi alla necessità di obbedire agli ordini del comando supremo, e le divisioni intercorse tra gli stessi soldati sulla resa o meno, appare evidente che in realtà la trattativa per la resa e l’evacuazione dei feriti sia iniziata sul campo e in seguito alle proteste dei famigliari dei soldati del battaglione e dei marines ucraini ancora lì asserragliati, represse e disperse a Kiev nelle settimane precedenti, prima che a livello governativo e diplomatico.
Ora Zelenky deve far buon viso a cattivo gioco, ma è evidente che la completa soppressione dei combattenti del battaglione avrebbe permesso al governo ucraino di ottenere due piccioni con una fava ovvero trasformare i militari in eroici “martiri della Patria” e allo stesso tempo liberarsi dell’ingombrante bagaglio rappresentato, agli occhi dell’Europa più restia all’intervento, da una formazione militare ispirantesi all’iconografia e all’ideologia nazista.
Anche se tale resa è stata accompagnata dalle fotografie di unità ucraine giunte in qualche punto non meglio precisato del confine con la Russia, è chiaro che la situazione militare sul campo più che di stallo è ancora di lento ma progressivo avanzamento delle forze russe.
L’uso massiccio dell’artiglieria2 e le lente e costose, in termini di vite umane, avanzate delle fanterie, contraddistinguono da sempre, o almeno dalle campagne anti-napoleoniche in poi, le tattiche dell’esercito russo, imperiale un tempo poi staliniano e oggi putiniano.
Tattiche che in un momento in cui, come rilevano molti osservatori militari occidentali, la guerra si sta nuovamente trasformando in una guerra di trincea3, come quella del primo conflitto mondiale e del secondo sul fronte orientale, tornano a far pesare una tradizione militare che più che sulla velocità di azione conta sul territorio conquistato e solidamente fortificato per essere mantenuto nel tempo.
Mentre, al contrario, la guerra condotta con i droni danneggia gravemente il nemico, come le perdite russe in uomini e mezzi dimostrano, ma non permette di occupare o rioccupare saldamente i territori .
E’, in fin dei conti, il solito vecchio problema dei boots on the ground (scarponi sul terreno), che assilla soprattutto le forze armate USA successivamente alla guerra in Vietnam, il cui numero di vittime americane (70.000 morti e diverse centinaia di migliaia di soldati feriti o profondamente scossi sul piano psicologico) non potrebbe più essere sopportato dall’opinione pubblica di un paese sempre più diviso e impoverito. Lo stesso che, solo per fare un esempio, spinse il presidente Bill Clinton ad abbandonare la missione Restore Hope in Somalia, nel 1993, dopo poco più di due decine di caduti nella battaglia di Mogadiscio4.
Come ha affermato l’ex-generale Fabio Mini, sulle pagine del «Fatto Quotidiano»:
Ci viene detto che le forze russe sono state respinte a Kharkiv e la città è “liberata”. Non era mai stata occupata dai russi, bombardata sì ma occupata no. Come a Kiev, i carri armati russi se ne sono andati a fare altro e le forze ucraine in città sono rimaste esattamente dov’erano […] Sempre che Kharkiv sia un obiettivo che i russi vogliano veramente acquisire. E’ certamente un centro nevralgico delle comunicazioni tra Russia e Ucraina ed è una regione di confine parzialmente occupata dai russi fino a Izyum, dove da settimane risiede uno dei bracci della morsa sull’area di Kramatorsk […] Cosa facciano le forze armate ucraine in quest’area non è chiaro. Da un lato dichiarano che si riprenderanno anche la Crimea già annessa alla federazione russa, dall’altro si dedicano a lanci sporadici di missili sugli obiettivi navali individuati daglli americani (del Pentagono o della Raytheon) e all’uso maniacale delle sirene d’allarme aereo, come in tutto il resto del territorio ucraino. Una misura che ormai sembra più rivolta al controllo interno della popolazione attraverso la paura che protettiva […] La situazione tattica è quindi rallentata, ma non è di stallo e chi auspica una interruzione dei combattimenti o la loro escalation “una volta per tutte” dovrà pazientare5.
Se sul campo la situazione è quanto meno di stallo, non evolve certo in direzione favorevole all’Occidente, alla Nato e agli Usa neppure quella diplomatica e internazionale.
Basti pensare alla durissima presa di posizione di Erdogan e della Turchia rispetto all’ingresso nell’Alleanza Atlantica di Finlandia e Svezia. Con tale mossa il sultano di Istanbul opera sui tre fonti che lo vedono impegnato al rilancio di un nuovo impero ottomano: non allontanarsi troppo da Putin, favorendone le mosse senza rafforzarlo troppo; colpire sempre più duramente i curdi del Rojava per ottenere il controllo definitivo di buona parte della Siria e far pesare il ruolo politico, diplomatico e militare di un paese che è la seconda potenza militare della Nato dopo gli USA6.
Per autoritaria e reazionaria che sia la figura del capo di Stato turco, è evidente che, come si dice da tempo su queste pagine, la crescita esponenziale del ruolo della Turchia nel quadrante mediorientale e nordafricano e, in un futuro neppur troppo lontano, centro-asiatico rivela uno degli aspetti importanti di quel nuovo disordine mondiale, causato dalle disordinate e ingovernabili politiche di globalizzazione volute e dirette da Washington, che sta alla base del conflitto in corso.
Uno dei tanti aspetti da sempre poco sottolineati dai media mainstream e dai funzionari del capitalismo liberal e falsamente democratico, che avrebbe fatto dire a Fabrizio De Andrè: anche se non ve ne siete accorti, siete lo stesso coinvolti. Con buona pace di tutte le anime belle che ancora si interrogano se davvero sia già in corso una guerra tra Nato, Russia e, andrebbe ancora detto, tutti gli altri.
Una guerra che se da un lato rivela il sogno neo-imperiale di Putin, dall’altra vede gli USA cercare di ottenere diversi risultati, non tutti solo a scapito della Russia o della Cina, ma anche degli “alleati europei”. Una imposizione di politiche economiche e militari devastanti per l’economia delle principali nazioni europee, cui evidentemente Francia e Germania cercano di opporsi, seppure ancora con guanti di velluto.
Una politica che cerca di sostituire petrolio e gas russi con quelli estratti negli o dagli Stati Uniti, molto più costosi, nel tentativo di creare un’ulteriore dipendenza economica e strategica dell’Europa Unita in chiave americana. Scelta che sta frantumando non solo il fronte europeo, ma anche quello delle sanzioni e che in data 16 maggio ha visto, al momento dell’insediamento del nuovo governo Orban in Ungheria, una autentica, anche se interessata alla possibilità di ottenere una maggiore assegnazione di fondi (dai 2 miliardi di euro ai 15 richiesti), dichiarazione di alterità rispetto alle politiche e alle sanzioni messe in atto della UE, soprattutto nel settore delle importazioni di petrolio dalla Russia.
Occorre notare poi ancora come queste scelte politiche ed economiche già dividono l’Europa dei 27 tra Est e Ovest forse in maniera ancora maggiore che ai tempi della Guerra Fredda e della Cortina di Ferro, poiché penetrano in profondità negli interessi dei singoli paesi, frantumandone la coesione sociale e politica non soltanto, o almeno non ancora, sul piano della lotta di classe, ma soprattutto su quello degli interessi delle varie branche e settori produttivi oppure politico-elettoralistici.
Come, nell’italietta da sempre giolittiana, dimostrano gli altalenanti e preoccupati giudizi di una parte dei rappresentanti dell’industria7 e i mal di pancia elettorali di Conte, Salvini, Giorgetti e Berlusconi. Che hanno portato il 16 maggio alla mancanza, per ben tre volte, del numero legale in aula per l’approvazione del Dl Ucraina bis8.
E’ un’Europa che si sfalda in maniera evidente sotto gli occhi di tutti, al di là delle vuote frasi di principio di Ursula von der Leyen, Sergio Matterella, Enrico Letta o di qualunque altro illusionista di un’unità che, se c’è mai stata, oggi è sempre meno viva ed efficace. Sfaldatura e sbriciolamento che non può fare a meno di riflettersi pesantemente sull’euro, ovvero la moneta che avrebbe dovuto garantire l’unità politico-economica europea stessa e la sua indipendenza rispetto al “re dollaro”.
Re, quest’ultimo, la cui autorità viene oggi severamente messa in discussione non tanto da un euro esangue e sconfitto su tutti i piani, ma dalle stesse sanzioni che avrebbero dovuto indebolire gli avversari e rafforzare il ruolo degli USA e della loro moneta.
Se, infatti, nell’analisi della guerra fosse più frequentemente adottata una concezione materialistica accompagnata da un saldo riferimento all’inevitabile scontro tra le classi da un lato e a quello tra le nazioni e gli imperi dall’altro, più che porre l’attenzione su inutili disquisizioni sui diritti liberali o il diritto alla resistenza degli Stati, si coglierebbe tra gli elementi che hanno contribuito a scatenare il conflitto, con il suo corollario di morte e distruzione, quello dello scontro di carattere monetario ovvero dettato dalle necessità non soltanto di ordine geopolitico ed egemonico dal punto di vista militare, ma anche da quella di dar vita ad un nuovo ordine multipolare monetario destinato a sopravanzare e sostituire quello sorto a Bretton Woods nel 1944.
Con gli accordi siglati nella località statunitense, per la prima volta nella storia, si erano stabilite delle regole internazionali per i commerci e i rapporti finanziari fra le principali potenze economiche mondiali. Gli USA, che meno di dodici mesi dopo sarebbero usciti come assoluti vincitori dal conflitto mondiale, imposero al resto del mondo la loro valuta, il dollaro.
Venne infatti stabilito che il dollaro diventasse la valuta di riferimento per i commerci mondiali. Grazie a quegli accordi gli Stati Uniti imposero il dollaro, che era dipendente dalle decisioni prese dalla Federal Reserve e dal dipartimento del Tesoro Usa, al resto del mondo.
E’ chiaro che tale situazione, che favoriva l’utilizzo del dollaro per tutte le principali transazioni finanziarie internazionali riguardanti sia il mercato azionario che quello dei beni e delle materie prime, avrebbe nel tempo suscitato rivalità e tentativi di scalzare una supremazia della moneta americana che, contemporaneamente, favoriva sia una facilitazione per le transazioni economiche che il predominio degli USA sul mercato mondiale. Principalmente finanziario, ma non solo.
Prima dell’avvento dell’euro che, nel corso dei venti anni dalla sua adozione, si era ritagliato una quota del 20%, la percentuale degli scambi in dollari era ancora più alta, con lo yen giapponese, la sterlina inglese e il marco tedesco a giocare il ruolo di debolissimi comprimari. La nascita dello stesso aveva eliminato un concorrente nazionale, il marco tedesco, e fortemente ridimensionato il ruolo delle altre due monete.
Così, in realtà tale contrasto tra il dollaro e le altre valute scorre sotto gli occhi degli spettatori distratti da diversi anni a questa parte, almeno fin dall’entrata in vigore dell’euro. Valuta che fu creata, ancor prima che per unire monetariamente l’Europa, proprio per dare all’economia europea una moneta comune in grado di scalzare il potere del dollaro sul mercato mondiale. Motivo per cui, però, tardando ad affermarsi come moneta di scambio e di riserva, pari o di poco inferiore al ruolo svolto dalla moneta americana, ha per un certo periodo contribuito al mantenimento del ruolo centrale svolto da quest’ultima.
Non a caso, solo per fare un esempio, agli occhi americani si rivelò particolarmente perniciosa la proposta di Saddam Hussein di accettare il pagamento in euro del petrolio iracheno. Motivo che rese l’ex-alleato inviso agli Stati Uniti ben più delle sue presunte frequentazioni terroristiche e delle sue mai trovate armi di distruzione di massa.
La finanza, la weaponizing finance, è diventata così un’arma che al momento attuale sono principalmente gli Stati Uniti a voler utilizzare, contando sullo strapotere del dollaro nel sistema monetario internazionale. Applicata alla Russia, nel breve periodo e fino ad ora, non ha però ottenuto l’effetto devastante che ci si aspettava, anzi, come vedremo tra poco, ha danneggiato più i suoi utilizzatori, in termini di inflazione, aumento del valore delle materie prime e beni di prima necessità come il grano. Iniziando già a contribuire sia ad uno sviluppo delle contraddizioni tra le classi, come in Sri Lanka e Tunisia, sia tra gli interessi degli Stati presunti alleati, come l’impossibile accordo sul tetto al costo del petrolio e del gas e la posizione di diversi stati europei sulle sanzioni alla Russia cominciano a dimostrare ben al di là della semplice sfera economica.
Se per alcuni anni l’indebolimento dell’euro rispetto al dollaro è stato sfruttato in maniera concorrenziale dall’industria europea per favorire le proprie esportazioni, oggi con il cambio euro-dollaro giunto a 1,04 rispetto a quello di 1,20 di un anno fa o a quello di 1,45 di circa dieci/dodici anni fa, inizia a preoccupare seriamente gli investitori che prevedono che nel giro di qualche mese il ribasso potrebbe giungere ad una quasi parità tra moneta unica e dollaro (1,02 circa).
In altre parole, poco importa se l’inflazione nell’Eurozona sia schizzata al 7,5% in aprile, record storico da quando esiste l’euro. L’istituto non riesce ad alzare i tassi, perché teme che ciò provochi un innalzamento del costo del debito insostenibile per paesi come l’Italia. D’altra parte, la guerra in Ucraina sta colpendo direttamente il Vecchio Continente e per il momento non l’America. Dunque, la Federal Reserve sta alzando i tassi d’interesse e continuerà a farlo a passo veloce nei prossimi mesi per battere l’inflazione. La BCE ritiene di non poterselo permettere.
Per questo il cambio euro-dollaro sarebbe destinato a restare debole e a contrarsi maggiormente nei prossimi mesi. L’Eurozona rischia di entrare in recessione, per cui la BCE tentennerà sul rialzo dei tassi. Nel frattempo, la FED sarà pressata per battere l’inflazione, anche perché questo è diventato il capitolo più spinoso per l’economia americana prima delle elezioni di metà mandato a novembre. L’amministrazione Biden non può permettersi i lusso di lasciar correre ulteriormente i prezzi al consumo, altrimenti rischia una batosta storica in occasione del rinnovo del Congresso9.
Però il processo inflattivo acceleratosi a partire dall’inizio del conflitto ucraino ha fatto sì che la debolezza dell’euro si accompagnasse alla crescita dei prezzi del petrolio. Un anno fa, il Brent sui mercati internazionali era quotato meno di 68 dollari al barile. Allora, poi, il cambio euro-dollaro era di circa 1,21. E così un barile costava 56 euro. Ora le quotazioni salite, in aprile, sopra i 104 dollari e con il cambio euro-dollaro sceso a 1,06, un barile costa sui 98 euro, il 75% in più su base annua. Con tutte le conseguenze che si possono facilmente immaginare sia a livello di consumi privati, deprezzamento delle retribuzioni dei lavoratori e aumento generale del costo della vita accompagnato, in un prossimo futuro, da pesanti perdite, chiusure e licenziamenti in diversi settori industriali.
Ma fin qui ci porremmo ancora e soltanto sul piano dei conti della serva o di un ragionier alla Mario Draghi, poiché la weaponizing finance ha ottenuto anche ben altri risultati sul piano monetario.
Alla fine di gennaio, la Russia deteneva riserve in valuta estera per un valore di 469 miliardi di dollari. Questo tesoro è nato dalla prudenza insegnata dal suo default del 1998 e, sperava Vladimir Putin, anche una garanzia della sua indipendenza finanziaria. Ma, quando è iniziata la sua “operazione militare speciale” in Ucraina, ha appreso che più della metà delle sue riserve erano congelate. Le valute dei suoi nemici hanno cessato di essere denaro utilizzabile. Questa azione non è significativa solo per la Russia. Una demonetizzazione mirata delle valute più globalizzate del mondo ha grandi implicazioni […] Un denaro globale – uno su cui le persone fanno affidamento nelle loro transazioni transfrontaliere e nelle decisioni di investimento – è un bene pubblico globale. Ma i fornitori di quel bene pubblico sono i governi nazionali. Anche sotto il vecchio gold exchange standard, era così. […] Nel terzo trimestre del 2021, il 59% delle riserve globali in valuta estera era denominato in dollari, un altro 20% in euro, il 6% in yen e il 5% in sterline. Il renminbi cinese costituiva ancora meno del 3% delle riserve globali. Oggi, i fondi globali sono emessi dagli Stati Uniti e dai loro alleati, compresi quelli piccoli. Questo non è il risultato di una trama. I fondi utili sono quelli delle economie aperte con mercati finanziari liquidi, stabilità monetaria e stato di diritto. Eppure l’armamento di quelle valute e dei sistemi finanziari che le gestiscono mina quelle proprietà per qualsiasi detentore che teme di essere preso di mira. Le sanzioni contro la banca centrale russa sono uno shock. Chi, si chiedono i governi, sarà il prossimo? Cosa significa per la nostra sovranità? Si può obiettare alle azioni dell’Occidente per motivi strettamente economici: l’armamento delle valute frammenterà l’economia mondiale e la renderà meno efficiente. Questo, si potrebbe rispondere, è vero, ma sempre più irrilevante in un mondo di gravi tensioni internazionali. Sì, è un’altra forza per la deglobalizzazione, ma molti si chiederanno “e allora?”. Un’obiezione più preoccupante per i politici occidentali è che l’uso di queste armi potrebbe danneggiarli. Il resto del mondo non si affretterà a trovare modi per effettuare transazioni e immagazzinare valore che aggira le valute e i mercati finanziari degli Stati Uniti e dei loro alleati? Non è questo che la Cina sta cercando di fare in questo momento? Lo è. In linea di principio, si potrebbero immaginare quattro sostituti delle odierne valute nazionali globalizzate: valute private (come bitcoin); moneta merce (come l’oro); una valuta globale (come i diritti speciali di prelievo del FMI); o un’altra valuta nazionale, più ovviamente quella cinese10.
Ma un opuscolo recente di Graham Allison, dell’Università di Harvard, su The Great Economic Rivalry conclude che la Cina è già un formidabile concorrente degli Stati Uniti. La storia suggerisce che la valuta di un’economia delle sue dimensioni, sofisticazione e integrazione diventerebbe un denaro globale. Finora, tuttavia, questo non è accaduto. Questo perché il sistema finanziario cinese è relativamente poco sviluppato, la sua valuta non è completamente convertibile e il paese manca di un vero stato di diritto. La Cina è molto lontana dal fornire ciò che la sterlina e il dollaro hanno fornito nel loro periodo di massimo splendore. Mentre i detentori del dollaro e di altre importanti valute occidentali potrebbero temere sanzioni, devono sicuramente essere consapevoli di ciò che il governo cinese potrebbe fare loro, se lo scontentassero. Altrettanto importante, lo stato cinese sa che una valuta internazionalizzata richiede mercati finanziari aperti, ma ciò indebolirebbe radicalmente il suo controllo sull’economia e sulla società cinese. Questa mancanza di un’alternativa veramente credibile suggerisce che il dollaro rimarrà la valuta dominante del mondo. Eppure c’è un argomento contro questa visione compiacente, esposta in Digital Currencies, un opuscolo stimolante della Hoover Institution. In sostanza, questo è che il sistema di pagamento interbancario transfrontaliero cinese (Cips – un’alternativa al sistema Swift) e la valuta digitale (l’e-CNY) potrebbero diventare un sistema di pagamento dominante e una valuta veicolo, rispettivamente, per il commercio tra la Cina e i suoi numerosi partner commerciali. A lungo termine, l’e-CNY potrebbe anche diventare una valuta di riserva significativa. Inoltre, sostiene l’opuscolo, ciò darebbe allo stato cinese una conoscenza dettagliata delle transazioni di ogni entità all’interno del suo sistema. Sarebbe un’ulteriore fonte di potere. Oggi, il dominio schiacciante degli Stati Uniti e dei loro alleati nella finanza globale […] conferisce alle loro valute una posizione dominante. Oggi non esiste un’alternativa credibile per la maggior parte delle funzioni monetarie globali. Oggi, è probabile che l’alta inflazione sia una minaccia maggiore per la fiducia nel dollaro rispetto alla sua militarizzazione contro gli stati canaglia. A lungo termine, tuttavia, la Cina potrebbe essere in grado di creare un giardino recintato per l’uso della sua valuta da parte di coloro che le sono più vicini. Anche così, coloro che desiderano effettuare transazioni con i paesi occidentali avranno ancora bisogno di valute occidentali. Ciò che potrebbe emergere sono due sistemi monetari – uno occidentale e uno cinese – che operano in modi diversi e si sovrappongono a disagio. Come per altri aspetti, il futuro promette non tanto un nuovo ordine globale costruito intorno alla Cina quanto più disordine. Gli storici futuri potrebbero vedere le sanzioni di oggi come un altro passo in quella direzione11.
Non soltanto le sanzioni nei confronti della Russia possono dunque contribuire allo sviluppo di un autentico avversario valutario con la crescita della Cina e del suo peso finanziario, oggi non ancora pari a quello produttivo, ma hanno già contribuito ad un rafforzamento dello stesso rublo che, dall’inizio della guerra, non soltanto ha raggiunto, nei confronti del dollaro, un valore di scambio precedentemente mai conseguito12, ma si è di fatto anche imposto come moneta per le transazioni riguardanti l’acquisto di petrolio e gas da parte dei paesi occidentali13.
Nonostante i balletti e le recite a soggetto messe in atto formalmente da Bruxelles, è chiaro e sotto gli occhi di tutti che, al momento attuale, i paesi europei, Germania e Italia in testa ma anche Austria, Ungheria e altri, non possono fare a meno del petrolio e del gas russo (che solo per l’Italia costituisce il 38% delle importazioni energetiche) e che per tali motivi sono disposti a pagare in rubli, pur facendo finta di niente. Oppure ricorrendo all’escamotage proposto loro dal governo russo e dal colosso Gazprom di poter indifferentemente accedere a due conti del gigante russo del gas, uno in rubli e uno in euro/dollari poi riconvertibili in rubli dalla stessa Gazprom.
Insomma dopo giorni e settimane e mesi di discussioni su sanzioni e pagamenti, alla fine ad uscirne rafforzata è stata la Russia che per la prima volta può ottenere il pagamento delle sue materie prime in rubli, prima ancora che in dollari. Se questa la si vuol chiamare sconfitta lo si faccia pure, magari in omaggio all’Eurovision Song Contest e alla società dello spettacolo che in tal modo vuole farci intendere il mondo, ma perché allora in un recente editoriale il direttore della «Stampa» si è dimostrato così preoccupato da scrivere quanto segue:
L’euro ha forgiato un nucleo duro di paesi. L’Unione monetaria ci ha illuso di poter far da traino a tutto il resto, dalla difesa al Welfare. E di poter diventare , addirittura, valuta di riserva su scala globale. Oggi naufraga anche quella illusione sotto i colpi dei missili Kalibr e delle bombe al fosforo di Mosca. C’è un altro conflitto che non stiamo vedendo […] è la guerra per l’egemonia valutaria, che potrebbe spazzar via il poco che resta del pur già instabile “ordine finanziario” nato dagli accordi di Bretton Woods del luglio del ’44, quando il mondo incoronò Re Dollaro come moneta di riferimento dei commerci internazionali […] Oggi quel Regno, già periclitante, è insidiato dagli stravolgimenti geo-politici innestati dalla guerra santa di Putin. E l’America, che attraverso il dollaro controlla il 90% degli scambi globali e il 59% delle riserve delle banche centrali del mondo, combatte a distanza al fianco di Zelensky anche per difendere il suo trono valutario.
[…] Per togliere ossigeno allo Zar e al suo esercito, Washington e Bruxelles hanno varato sanzioni che hanno colpito finora 5.500 obiettivi russi […] Putin ha risposto imponendo l’obbligo del pagamento in rubli su tutte le forniture di gas e petrolio. USA e UE, dopo un secco rifiuto iniziale, stanno gradualmente cedendo al ricatto […] Questa escalation sancisce già l’inizio della fine di un sistema monetario “aperto”. L’uso massiccio ed esteso delle sanzioni è un formidabile dissuasore non solo politico, ma anche finanziario e commerciale […] Ma ora il fenomeno si sta allargando ed elevando a sistema. Ma proprio perché elevate a sistema, le sanzioni contribuiscono a minare la fiducia nel dollaro e spingono a cercare soluzioni valutarie alternative o parallele. Sta già succedendo. La Cina ha avviato trattative con l’Arabia Saudita, per convincere Riad ad accettare renmimbi al posto dei dollari nel pagamento delle forniture petrolifere. Pechino ha anche avviato lo sviluppo dello “e-yuan”, la sua moneta digitale, e del “China Interbank Payment System”, piattaforma autonoma per i pagamenti internazionali, con l’obiettivo di staccarsi il prima possibile dal circuito occidentale Swift. A Erevan, a metà marzo, si è svolto il meeting “Nuova fase della cooperazione monetaria e finanziaria tra l’Unione Economica Euroasiatica e la Repubblica Popolare Cinese” […] L’idea di Eurasia è esattamente questa: costruire un sistema monetario e finanziario internazionale “post-americano” […] Secondo Mosca e il cartello euro-asiatico il congelamento delle riserve valutarie russe nei conti di deposito delle banche centrali occidentali , da parte degli Stati Uniti, dell’UE e del Regno Unito, ha incrinato lo status del dollaro, dell’euro e della sterlina come valute di riserva globale. Ed è questo che impone un’accelerazione verso lo smantellamento dell’ordine economico mondiale imperniato sul biglietto verde.
Ecco dunque l’altra posta in gioco della guerra ucraina, che fa convergere Putin e XiJinping. L’attacco all’egemonia americana attraverso il dollaro […] Ovviamente non è detto che riesca. Ma il tentativo è avviato. E come minimo produrrà una riaggregazione tra società “chiuse” e una de-globalizzazione per zone di interesse […] In questa terra incognita, va da sé, chi rischia di cadere e farsi male è ancora una volta l’Europa con la sua moneta zoppa. Nell’ultimo anno l’euro si è già deprezzato del 15%. Nelle ultima settimane è scivolato a quota 1,04 contro il dollaro […] Un disastro, visto che il grosso della nostra inflazione è importata e deriva soprattutto dai costi proibitivi delle risorse energetiche14.
Bene, dopo questa autentica “confessione” di un rappresentante dell’informazione mainstream, è giunto il momento di tirare alcune prime conclusioni.
La prima è che non vi possono essere più dubbi sulla gravità del conflitto militare in atto e sull’inevitabilità del suo allargamento su scala mondiale, visto che è destinato ridefinire ruoli e posizioni di comando all’interno del controllo dei mercati, delle ricchezze e delle risorse mondiali.
La seconda è costituita dal fatto che tutte le attuali alleanze, soprattutto in Occidente, sono destinate a sfaldarsi e a diventare motivo di conflitto più che di mantenimento di un ordine qualsiasi o della pace.
La terza è che l’Europa ancora una volta sarà al centro del conflitto, con tutte le conseguenze che da ciò deriveranno.
La quarta, e per ora ultima, è che i giovani, le donne, i lavoratori, i ceti medi impoveriti, le classi che non hanno mai neppure potuto intravedere una possibilità di miglioramento delle proprie condizioni economiche e sociali e gli stessi soldati non hanno e non avranno alcun interesse a schierarsi e a combattere per l’euro, il dollaro, la sterlina, il rublo o lo yuan.
Non avranno alcun interesse a schierarsi con sistemi che attraverso lo sfruttamento della forza lavoro e dei corpi, l’estrattivismo, la proprietà privata, il Dio denaro e l’accaparramento nelle mani di pochi delle ricchezze socialmente prodotte hanno creato le condizioni del conflitto militare e di quello di classe in ogni angolo del globo.
E proprio su quest’ultimo punto si giocherà la sopravvivenza dell’intera specie e il suo divenire.
il nemico è qui tra noi,
mangia come noi, parla come noi,
dorme come noi, pensa come noi
ma è diverso da noi.
Il nemico è chi sfrutta il lavoro
e la vita del suo fratello;
il nemico è chi ruba il pane
il pane e la fatica del suo compagno;
il nemico è colui che vuole il monumento
per le vittime da lui volute
e ruba il pane per fare altri cannoni
e non fa le scuole e non fa gli ospedali
e non fa le scuole per pagare i generali, quei generali
quei generali per un’altra guerra…
N. B.
La canzone “Il monumento” è firmata per il testo e la musica da Jannacci, ma una nota all’interno del disco in cui era pubblicata nel 1975, “Quelli che…” , dall’etichetta Ultima Spiaggia di Nanni Ricordi, segnalava che il testo antimilitarista, era tratto da un volantino trovato durante l’inaugurazione di un monumento ai caduti; nella realtà era invece tratta da una poesia di Bertolt Brecht (pubblicata tradotta in italiano nel settembre del 1965 nel numero 6 della rivista Nuovo Canzoniere Italiano a pagina 32).
(Fine prima parte )
- Sull’argomento si potrebbe rivelare utile la lettura di Domenico Quirico, Azov, gli eroi impossibili serviti per la propaganda di russi e ucraini, «La Stampa», 18 maggio 2022
-
“Kiev deve fronteggiare le operazioni a sud e a est, settori in cui l’artiglieria ha un ruolo predominante, per le caratteristiche del territorio e perché i russi l’hanno sempre considerata una specialità: la stanno usando infatti in modo massiccio per «arare» le posizioni della resistenza. Vogliono distruggere le trincee ben costruite, ma anche piegare il morale. L’artiglieria permette infatti di colpire da lontano, rallentando o distruggendo le forze nemiche e consentendo al tempo stesso a fanteria e blindati di avanzare. I russi sono dunque incessanti nei tiri, come loro stessi raccontano nei bollettini ufficiali: soltanto martedì sono stati colpiti 400 siti, sostiene la Difesa russa.
Dalla sua, Mosca ha l’esperienza, i numeri, la potenza: l’artiglieria è il cuore dell’esercito russo già dai tempi dell’Impero, nota l’Economist. Durante il precedente conflitto nel Donbass i suoi soldati erano in grado di agire nell’arco di 4 minuti dal momento in cui veniva identificato il target. Quell’operazione ha infatti avuto successo, anche grazie ad un arsenale vasto. Un suo lanciatore multiplo Smerch di progettazione sovietica può arrivare a 70 chilometri di stanza, un pezzo D-30 a 22, quindi i mortai pesanti trainati da mezzi (il Tyulpan) tra 9 e 20 chilometri, i veri semoventi corazzati capaci di arrivare fino a 30 chilometri. Le batterie inquadrano un’area, gli uomini sono assistiti dai droni e dalla ricognizione, quindi iniziano a martellare. Possono continuare per giorni, a patto di avere scorte a sufficienza, ma anche una rete logistica di livello: una singola «bomba» da 155 mm può pesare 50 chilogrammi”, da Andrea Marinelli e Guido Olimpio, La potenza russa contro gli aiuti esterni ucraini: il ruolo dell’artiglieria nella seconda fase della guerra, «Corriere della sera», 5 maggio 2022 - Si veda qui
- Si veda in proposito il sempre utile e dettagliato film di Ridley Scott, Black Hawk Down, del 2001
- Fabio Mini, Kharkiv né occupata né liberata. A Mariupol niente più resistenza, «il Fatto Quotidiano», 16 maggio 2022
- Si veda, a titolo di esempio, Steven A. Cook, Ukraine’s War Is Erdogan’s Opportunity. «Foreign Policy», 29 marzo 2022
- Si veda l’intervista a Paolo Agnelli, industriale leader nel settore dell’alluminio e presidente di Confimi Industria – associazione che raccoglie 45milaimprese e 650mila dipendenti – sulle pagine di «Verità & Affari» del 15 maggio 2022: Maurizio Cattaneo, «Draghi non faccia il ragioniere. Materie prime ed energia? Si rivede il baratto»
- qui
- Giuseppe Timpone, Cambio euro-dollaro sulla parità entro fine anno, ecco perché, «Investire oggi», 12 maggio 2022
- Martin Wolf, Un nuovo mondo di disordine valutario incombe, «Financial Times», 29 marzo 2022
- Martin Wolf, cit.
- Si veda qui
- Vanessa Ricciardi, Putin sta vincendo almeno la guerra del gas. Anche l’Italia si piega, «Domani», 12 maggio 2022
- Massimo Giannini, L’Occidente prigioniero e il trono di Re Dollaro, «La Stampa», 15 maggio 2022
FONTE: https://www.carmillaonline.com/2022/05/18/il-nuovo-disordine-mondiale-15-follow-the-money/
POLITICA
Strategia Usa in Ucraina: i 2 fatti (madornali) necessari per creare una vera opposizione in Italia
7 07 2022
di Roberto Buffagni
In Italia, quando ci sarà (se ci sarà) un minimo sindacale di opposizione politica alla strategia USA in Ucraina? Conte, incoraggiato dal Vaticano, ha provato ad aprire timidamente bocca, è stato attenzionato e castigato (scissione Di Maio, sconfessione di Grillo). Ha dunque ritenuto che conviene fare (e perdere) lotta dura senza paura sul 110%, chi tocca l’Ucraina tocca i fili dell’alta tensione e se non muore stava sicuramente meglio prima.
SCIENZE TECNOLOGIE
Origini Covid. Le sorprendenti dichiarazioni di Jeffrey Sachs che in Italia non fanno notizia
Marinella Mondaini 3 07 2022
STORIA
di Sandro Moiso
Peter Hopkirk, Servizi segreti a oriente di Costantinopoli, Edizioni Settecolori, Milano 2022, pp. 566, 32 euro
Arriva in libreria l’unica opera fino ad ora non ancora tradotta in italiano dello storico e giornalista inglese Peter Hopkirk (1930-2014) e dedicata, come tutte le sue precedentemente pubblicate da Adelphi, Mimesis e la stessa Settecolori, al Grande gioco, ovvero al confronto tra grandi potenze e imperi per il controllo dei territori ad oriente della Turchia fino all’Asia Centrale e all’India, vero cuore pulsante dell’impero inglese fino alla seconda guerra mondiale.
Hopkirk, che ha sempre affermato di aver iniziato a scrivere sul Grande gioco a partire dalla lettura di Kim, il capolavoro letterario-avventuroso di Rudyard Kipling, ancora una volta non smentisce la sua abilità nel trattare la materia in esame sia dal punto di vista documentario che da quello letterario, dando vita ad una narrazione in cui storia politico-militare e avventura si fondono in pagine che sicuramente non permettono al lettore di separarsi facilmente dalle stesse.
In questo caso si tratta di analizzare e raccontare lo sforzo che la Germania guglielmina, sul fare e nel corso della Prima Guerra Mondiale, mise in atto per poter scalzare, con l’aiuto dell’allora ancor parzialmente vivo impero ottomano e il richiamo all’islamismo più intransigente, la presenza britannica dai territori del Vicino Oriente, andando però ben oltre i confini e i territori compresi nello stesso.
Organizzata da Berlino, ma scatenata da Costantinopoli, la Guerra Santa era una nuova e più sinistra versione del vecchio Grande Gioco. Combattuta tra i servizi segreti di Re, Kaiser, Sultano e Zar, doveva avere un camppo di battaglia che si estendeva da Costantinopoli a est fino a Kabul e Kashgar, fino alla Persia, al Caucaso e all’Asia centrale russa. Doveva poi allargarsi a tutta l’India britannica e alla Birmania, dove Berlino sperava, con l’aiuto di armi e fondi di contrabbando, di fomentare violente rivolte rivoluzionarie tra le popolazioni locali ribelli, fossero esse musulmane, sikh o indù. Ma i sinuosi tentacoli della cospirazione si protendevano ben oltre le frontiere dell’Asia. Il grande progetto di Berlino comprendeva trafficanti d’armi negli Stati Uniti, un’isola remota al largo della costa sull’Oceano Pacifico del Messico e un poligono di tiro nell’affollata Tottenham Court di Londra, da dove venivano pianificati (e provati) assassini politici. Avrebbe coinvolto golette cariche di una quantità di armi sufficiente a far scoppiare di nuovo la Rivolta Indiana1 e casse di letteratura rivoluzionaria contrabbandate in India con innocue false copertine di classici inglesi2.
Naturalmente gli agenti tedeschi destinati portare a termine un’operazione così ampia, ambiziosa e “rivoluzionaria” dovettero scontrarsi sul campo sia con la determinazione inglese a mantenere il proprio vantaggio, se non di ampliarlo ai danni dell’impero ottomano attraverso l’azione di agenti altrettanto determinati e ambiziosi, quali ad esempio il notissimo colonnello Lawrence meglio noto come Lawrence d’Arabia3, sia con un evento inaspettato come quello rappresentato dalla Rivoluzione russa e dalle sue conseguenze anche su quella parte del continente asiatico4 oltre che con la diffidenza del mondo musulmano per questa ennesima intrusione del mondo cristiano nelle aree in cui il primo era prevalente.
Quel desiderio imperiale dovette poi ancora fare i conti con l’opposizione armena ai desideri di espansione che i tedeschi alimentavano nell’impero ottomano e nei suoi rappresentanti come Enver Pascià, già a capo dei Giovani Turchi e in gran parte responsabile del genocidio armeno (perpetrato tra il 1915 e il 1916) oltre che di quello dei Greci del Ponto (tra il 1914 e il 1923), che suscitò tra la popolazione armena superstite e ancora ben presente in città come Baku la tendenza ad allearsi con i bolscevichi in funzione di difesa nazionale ancor prima che di sollevazione rivoluzionaria. Oppure facendo sì che desiderio di rivalsa e simpatia per il bolscevismo si fondessero in un’unica causa (come nel caso del bagno di sangue a Baku nel 1918, in cui fu distrutta la Divisione Selvaggia turca insieme agli alleati Tartari, ben descritto nel libro di Hopkirk). Motivo per cui lo stesso Ismail Enver, conosciuto anche come Enver Bey, finì i suoi giorni cadendo in combattimento contro il battaglione armeno dell’Armata Rossa bolscevica comandato da Hagop Melkumian il 4 agosto 1922 presso Baldžuan, nella Repubblica Sovietica Popolare di Bukhara (odierno Uzbekistan), durante la rivolta dei Basmachi.
E’ una storia dalle tinte forti, a tratti fosche, quella che ci narra ancora una volta Hopkirk attraverso le pagine di questo libro e, allo stesso tempo, di avventure e di uomini che sembrano usciti dalle pagine di movimentatissimi romanzi di spionaggio. Come lo stesso autore ci suggerisce citando un autore di genere come John Buchan che nel 1916, proprio intorno a quegli eventi, aveva intrecciato quello che è da considerarsi come un thriller immortale: Greenmantle, il secondo di cinque romanzi di John Buchan con protagonista Richard Hannay.
Richard Hannay è uno dei primi eroi seriali dello spionaggio, ben prima dell’esuberante 007 di Ian Fleming o del grigio George Smiley di John le Carré, e di solito si accompagna ad un collega di nome Ludovic “Sandy” Gustavus Arbuthnot che, ci rivela Hopkirk, sembra ritagliato sulla figura del Capitano Edward Noel, uno dei veri protagonisti dell’azione dei servizi segreti inglesi nella regione caucasica e transcaucasica. Che nel libro di Hopkirk è proprio al centro delle vicende che si svolgono a Baku, prima, durante e dopo il cosiddetto “bagno di sangue” cui si è accennato prima.
Così, nel libro di Buchan, Hannay è chiamato a indagare sulle voci di una rivolta nel mondo musulmano e intraprende un pericoloso viaggio attraverso il territorio nemico per incontrare il suo amico Sandy a Costantinopoli. Una volta lì, lui e i suoi amici devono contrastare i piani dei tedeschi di usare la religione per vincere la guerra. Sforzi che raggiungeranno il culmine nel corso dell’offensiva di Erzurum. Durante tale offensiva, portata avanti tra il 10 gennaio 1916 e il 16 febbraio dello stesso anno dall’esercito imperiale russo, le forze dell’Impero ottomano, sorprese nei quartieri invernali, subirono una serie di sconfitte che portarono ad una decisiva vittoria russa.
Il libro di Hopkirk è, ancora una volta, densissimo di fatti, riferimenti, personaggi e documenti; tali da impedire al recensore una narrazione completa degli eventi narrati senza togliere al lettore il piacere della lettura e della progressiva scoperta delle conseguenze di azioni portate avanti da individui che, da soli o in gruppo, attraversano deserti e lande desolate e selvagge a piedi, a cavallo, su sgangherati mezzi di trasporto a motore o a trazione animale o in treno. Oppure che agiscono tra palazzi, ambasciate, uffici dei servizi segreti o vie di città europee o orientali in cui il tradimento e il doppio gioco sono sempre all’ordine del giorno. Ma ciò che appare al recensore attuale particolarmente importante sono alcune riflessioni, direttamente o indirettamente, stimolate dalla lettura dello stesso.
La prima è data dal rapporto tra avventura e imperialismo e colonialismo. Giunti infatti al termine della serie di libri di Hopkirk dedicati al Grande Gioco in tutte le sue sfaccettature, che l’autore stesso dichiara di aver sviluppato a partire dalla lettura di Kim, diventa impossibile non rilevare come proprio il genere avventuroso, in letteratura prima e nel cinema o nelle serie televisive poi, oltre che nei fumetti, affondi le sue radici nell’avventura delle imprese coloniali e imperiali che l’uomo bianco, con la sua cultura, i suoi “nobili ideali” e gli enormi e insaziabili appetiti economici, portò a termine tra il XVIII e il XX secolo ai danni di altri uomini, diversamente colorati, di diversa religione, cultura e interessi economici o organizzazione sociale opposta. I quali, insieme alle loro etnie e società, quando queste non furono del tutto distrutte, ai loro governi, alle loro famiglie, tribù o clan vissero, e ricordano ancora oggi, gli stessi eventi senza l’aura dell’impresa eroica ma soltanto attraverso l’esperienza e il ricordo del sangue e della tragedia. Cosa di cui, oggi, l’occidente sta iniziando a pagare il conto sotto forma di guerre incontrollabili, rivolte sempre più ampie, migrazioni epocali e crisi del proprio sistema economico e politico su scala globale.
Rimanendo ancora per un attimo sul piano della letteratura è allora impossibile non ritornare con la mente a quanto già scrisse profeticamente Ugo Foscolo nel suo romanzo epistolare Ultime lettere di Jacopo Ortis, ancora all’alba del XIX secolo:
Oh quanto fumo di umani roghi ingombrò il Cielo della America, oh quanto sangue di innumerabili popoli che né timore né invidia recavano agli Europei, fu dall’Oceano portato a contaminare d’infamia le nostre spiagge! Ma quel sangue sarà un dì vendicato e si rovescierà su i figli degli Europei! Tutte le nazioni hanno la loro età. Oggi son tiranne, per maturare la propria schiavitù di domani: e quei che pagavano dianzi vilente il tributo, lo imporranno un giorno col ferro e col fuoco5.
Eppure, eppure…
A distanza di un secolo, oppure anche di secoli, nulla è cambiato.
Come cieche ruote dell’oriuolo gli ingranaggi dei servizi di intelligence (come si usa denominare oggi lo sporco lavoro degli agenti segreti) continuano a macinare intrighi, a programmare assassinii, a giocare sulle divisioni etniche, culturali e religiose per far guadagnare alle diverse potenze in campo qualche fonte di materie prime in più, qualche spostamento di baricentro del potere in Europa o negli altri continenti, a preparare rivolgimenti che, esattamente come un tempo, potrebbero avvenire con risultati ben diversi da quelli sperati.
Mentre i teorici del complotto e del super-imperialismo continuano a discettare della capacità statunitense di dirigere a proprio vantaggio gli affari economici e militari del pianeta, la Storia continua a dimostrare che dirigerla è impossibile, magari prevederla sì, utilizzando i giusti strumenti di analisi e riferimenti di classe, ma non determinarne il corso. E a far le spese di questo gioco incontrollabile sono proprio i presunti artefici dello stesso, in particolare i vari governi susseguitisi negli Stati Uniti dalla caduta del Muro in poi, ma anche prima.
In fragile equilibrio tra potenze emergenti sempre più aggressive e determinate, alcune delle quali ancora esattamente dislocate sui territori già in palio nel Grande Gioco, talvolta imprevedibili nelle scelte e scaltre nel destreggiarsi tra i differenti ruoli che sembrano essere stati assegnati loro da un croupier piuttosto distratto e disordinato (si pensi solo alla Turchia di Erdogan e ai paesi arabi, sempre apparentemente in bilico tra Occidente e Oriente ma sempre più determinati a seguire una propria politica di potenza), gli Stati Uniti sembrano condannati a ripetere non solo gli errori di un passato che ancora li preoccupa (ad esempio la guerra in Vietnam), ma anche quelli altrui.
Come, ad esempio, proprio con la scelta di scatenare una jihad islamica contro i russi, in Afghanistan, che poi si rivolse contro di loro (a partire dalle Torri Gemelle) e contro l’intero Occidente, fino alla catastrofica uscita e disordinata dalla ventennale guerra nello stesso paese, in cui, nel periodo “migliore” riuscirono a mettere al governo un individuo come Hamid Karzai, meglio noto, al di là delle ruberie e della corruzione che lo hanno contraddistinto, come “sindaco di Kabul” più che come presidente di uno stato riformato in chiave moderna. In una storia in cui a farla da padrone è stato l’avventurismo, più che l’avventura.
Ciechi ingranaggi che girano e girano, spesso a vuoto, ma altre volte macinando vite, sangue e risorse, determinati da elementi che vanno ben al di là della volontà dei singoli governi o dei singolo, per quanto spregiudicati, individui. Come anche Lawrence d’Arabia, insieme a molti personaggi di differente nazionalità riproposti da Hopkirk nelle sue ricerche, ebbe modo di scoprire.
Il suicidio dell’Occidente (imperiale e coloniale) passa da lì e la lettura di Hopkirk, anche se indirettamente, ci aiuta a comprenderlo meglio. A patto di saper leggere e studiare invece di vaneggiare di volontà individuale, libertà di scelta, complotti, difesa della patria e svariate altre amenità diversamente proposte dai media mainstream e dalla propaganda politico-ideologica di ogni, nefasto, colore. Soprattutto oggi, in occasione della guerra in Ucraina.
- Rivolta antibritannica scoppiata in India nel 1857 che vide protagonisti i cosiddetti sepoy della Bengal Army, ovvero i soldati di origine indiana arruolati nell’esercito inglese – Nota nel Testo. Si veda anche: William Dalrymple, L’assedio di Delhi, Rizzoli, Milano 2007
- Peter Hopkirk, Servizi segreti a oriente di Costantinopoli, Edizioni Settecolori, Milano 2022, p. 17
- Cui le edizioni Settecolori hanno già dedicato un libro (recensito qui)
- Si veda ancora qui
- Ugo Foscolo, Ultime lettere di Jacopo Ortis (edizione definitiva del 1817), (a cura di Mario Puppo), Mursia 1965, decima ristampa 1994, pp. 110-111
FONTE: https://www.carmillaonline.com/2022/07/06/il-nuovo-disordine-mondiale-ieri-una-jihad-imperialista/
°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°