RASSEGNA STAMPA DETTI E SCRITTI
15 OTTOBRE 2020
A cura di Manlio Lo Presti
Esergo
La tua saviezza si è tutta consumata in fiducia…
Calpurnia – Giulio Cesare, II
WILLIAM SHAKESPEARE, Giulio Cesare, Einaudi, 1974, pag. 212
https://www.facebook.com/manlio.presti
https://www.facebook.com/dettiescritti
Le opinioni degli autori citati possono non coincidere con la posizione del curatore della presente Rassegna.
Tutti i numeri della Rassegna sono disponibili sul sito www.dettiescritti.com
Precisazioni
www.dettiescritti.com è un blog intestato a Manlio Lo Presti, e-mail: redazionedettiescritti@gmail.com
Il blog non effettua alcun controllo preventivo in relazione al contenuto, alla natura, alla veridicità e alla correttezza di materiali, dati e informazioni pubblicati, né delle opinioni che in essi vengono espresse.
Nulla su questo blog è pensato e pubblicato per essere creduto acriticamente o essere accettato senza farsi domande e fare valutazioni personali.
Le immagini e le foto presenti nel Notiziario, pubblicati con cadenza pressoché giornaliera, sono raccolte dalla rete internet e quindi di pubblico dominio. Le persone interessate o gli autori che dovessero avere qualcosa in contrario alla pubblicazione delle immagini e delle foto, possono segnalarlo alla redazione scrivendo alla e-mail redazionedettiescritti@gmail.com
La redazione provvederà doverosamente ed immediatamente alla loro rimozione dal blog.
°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°
SOMMARIO
Dove sono i giornalisti d’inchiesta di una volta?
Sono stato interrogato
Notizie dal terrorismo pandemico
Venti medici rischiano la radiazione: la fine di chi non si china a Big pharma
Ma non hanno distrutto l’economia e posti di lavoro
Dalla “Shock Economy” alla “Rana Bollita
ARTE POVERA: UN ATTO DI RIBELLIONE QUOTIDIANA
MA CHI SONO I CONGIUNTI?
CHI E’ PIERO ANGELA?
Altro che Recovery: è sempre la solita austerità
La nave affonda, gli italiani si dividono. E gli egemoni ridono
Guerra (mondiale) contro di noi. L’ultimo ostacolo è Trump
Così la nuova dittatura soft costruisce l'”uomo corretto”
Riceve a casa l’esito del tampone del figlio morto un anno prima
Violenza sulle bambine: la situazione è allarmante anche in Italia
Addio, addio 209 miliardi
Vaccinarci (contro il capitalismo) salverà il mondo
SOMMERSO IN ITALIA, L’ECONOMIA ILLEGALE VALE 211 MILIARDI
L’ECONOMIA DEL CARNEFICE: UNA CRITICA DELLA PIANIFICAZIONE
TSO “strumento di controllo sociale mascherato da intervento medico”
Il domicilio è inviolabile, lo dice la Costituzione. Controlli e limitazioni sono illegittimi
distanziamento sociale
Evoluzione del lavoro
Geopolitica del diritto
Bill Gates l’opaco, l’inchiesta che inchioda fondazione e aziende collegate
Conte governa coi bollettini dei contagi, la politica è morta
Magaldi: per chi lavora Conte, e perché sfascia l’economia
EDITORIALE
Dove sono i giornalisti d’inchiesta di una volta?
Manlio Lo Presti – 15 ottobre 2020
L’Italia gestita a colpi di bollettini di guerra sparacchiati dai vetri rotti di un vecchio palazzo coperto di fumi di battaglia mediatica che dura da oltre un anno.
Il cittadino è completamente inerme senza la possibilità di verificare la veridicità delle notizie gettate a valanga sulla sua testa. La scelta delle notizie trasmesse e/o diffuse a mezzo stampa, tv o web non sono casuali. Sono SELEZIONATE ACCURATAMENTE da una redazione tenuta al rispetto rigoroso delle “LINEE GUIDA” comunicate loro giornalmente dai direttori dei periodici teleguidati dai loro finanziatori che a loro volta sono controllati dagli alti comandi che si trovano altrove.
La storia del giornalismo è costellata da influenze più o meno pesanti sulla guida politica del periodico di turno. Beninteso, tali inframmettenze esistono, in verità in tutti i settori merceologici e finanziari da sempre.
Nel caso italiano, l’informazione finanziata e quindi condizionata dalla presidenza del consiglio, non può dare garanzie di indipendenza. Sono scomparsi i giornalisti di inchiesta: una generazione di rompiscatole che andavano ad intrufolarsi nelle pieghe degli eventi per raccontarne la parte buia e più pericolosa.
Va detto, per rispetto della verità, che alcuni di questi sono stati assassinati più dai loro compagni di strada che dai loro bersagli professionali. Insomma, sono stati suicidati dal fuoco amico, eufemismo per definire i traditori e i corrotti incaricati di eseguire l’ignobile compito. Altri sono stati tacitati e messi ai margini e sopravvivono con incarichi di terza o decima fila.
Una chiave di lettura di questo rivolgimento è la riflessione per la quale
la notizia non deve informare,
ma deve colpire, minacciare e “avvertire”
la persona o le istituzioni che la leggono
I requisiti di:
- veridicità,
- di raccolta scrupolosa delle relative documentazioni utili per la elaborazione teorica che conduce alle opportune analisi
non sono più necessari poiché la notizia è scomparsa da decine di anni per fare spazio alla disinformazione, alla alterazione dei documenti, delle notizie.
Siamo di fronte alla eliminazione della gerarchia dei saperi!
Al fatto raccontato asciuttamente, con toni pacati ma con stile tagliente, come insegnato da prestigiose scuole di giornalismo, adesso abbiamo l’urlo permanente, la minaccia verbale o perfino fisica, il chiacchiericcio sterile di 20 trasmissioni televisive politiche irradiate in prima serata con regale generosità da tutte le reti televisive di terra, di mare, di aria, dalla rete, dalla carta stampata.
L’ordine diramato è:
- non essere mai d’accordo, facendo partire liti furibonde (er popolo vole er sangue dall’impero romano ad oggi),
- contraddirsi continuamente o dire le cose a metà,
- dire tutto e il contrario di tutto, tanto la gente non ricorda quanto affermato un mese prima (un giochino, questo, che riesce sempre meno grazie alle registrazioni dai cellulari che vengono inserite su youtube, vimeo, tv private, ecc.),
- insultare minacciare e soprattutto isolare i dissidenti e quelli che non sono facilmente manipolabili fino alla loro primo avvertimento e/o eliminazione con un “casuale incidente d’auto o di moto”.
Come dice uno studioso di diritto, Franceschetti: la gente non DEVE capirci nulla.
Il circo deve imbonire facendo leva sulla collera, sulla istintualità alimentata dalla mancanza di informazione affidabile.
Tutti sono chiamati da dare il loro giudizio con il pollice in su, con i cuoricini, ecc. su qualsiasi argomento, si fanno petizioni gestite da oscure strutture anglosassoni che hanno lo scopo di fare dossieraggio di masssa raccogliendo e vendendo i milioni di indirizzi di posta elettronica di coloro che cascano dentro la rete a strascito la cui esca sono:
- temi da libro Cuore,
- temi ecologici-sostenibili-green,
- temi di inclusione di decine di migliaia di cosiddetti migranti che approdano con i cellulari in mano, quando negli scafi viene rubata ogni cosa, perfino le otturazioni dentarie in oro. Ma ESSI hanno il cellulare con sé.
TUTTO CIÒ PREMESSO
La situazione disinformativa attuale – italiana e mondiale – ha la paura come tema conduttore.
La paura è un veleno paralizzante che colpisce il 99% della popolazione.
COLORO CHE NON CI CREDONO RICEVONO FORZATAMENTE UNA INIEZIONE LETALE, PREFERIBILMENTE DERVO LE QUATTRO DEL MATTINO …
Mentre nelle città gli umani dormono sognando di sopravvivere domani …………
IN EVIDENZA
Sono stato interrogato
Ieri sera, mercoledì 14 ottobre, alle 21.30, un tizio al telefono mi ha fatto una pseudo-intervista facendomi domande tendenziose su QAnon. Gli ho risposto in buona fede che ne so poco; da quel poco che ne so, che è un “campo virtuale” dove chiunque – ovviamente i servizi di ogni genere – può inserire informazioni e ipotesi, vere, semivere e false; che questo miscuglio inverificabile è una classica tecnica della disinformazione, e serve per lo più a screditare le notizie vere.
Il tizio (di cui ho nome e telefono) ha insistito a farmi domande nell’evidente scopo di associarmi a QAnon. Ad un certo punto mi ha domandato come mai, secondo me, QAnon ha tanto seguito anche fra i complottisti”In Europa”, e allora mi è stato tutto chiaro:
La tesi che QAnon abbia un seguito in Europa non è vera (il fenomeno è essenzialmente americano, per quanto so) ma è stata generata, promossa e strombazzata dal NewsGuard, l’organizzazione internazionale di controllo delle notizie web, incontrollabili dal potere
QAnon: le teorie del complotto del Deep State si fanno strada in Europa
In questo “rapporto speciale”, NewsGuard mi cita come primo colpevole, riportando un mio articolo del 2016 dove informavo del Pizzagate.
- Nel novembre 2016it, un sito italiano considerato inaffidabile da NewsGuard, ha pubblicato un articolo sul Pizzagate nel quale l’autore ha affermato: “Mi tocca parlarvi dunque dello scandalo pedofilo-satanico che viene in questi giorni represso e sepolto dai media americani, perché coinvolge l’entourage intimo di Hillary Clinton”.
Ora, è bene sapere che l’organizzazione internazionale NewsGuard , che sembra essere raccomandata da Microsoft, appare sostanzialmente finanziata da Publicis, gigantesca multinazionale francese della pubblicità e pubbliche relazioni, di cui wiki dice:
“Nel 2017, il direttore per 30 anni del gruppo, Maurice Lévy ha sostituito Elisabeth Badinter (figlia di Bleustein-Blanchet) come presidente del consiglio di sorveglianza ed è stato sostituito da Arthur Sadoun come CEO “. Questo Sadoun è della famiglia dei banchieri che hanno il Crédit immobilier de France .
Quindi NewsGuard
- ha potere assoluto sui media mainstream che hanno riportato pedissequamente, il loro “rapporto” come testo sacro, senza osare di cambiare una virgola. Qui Repubblica:
QAnon, il cospirazionismo americano sta mettendo radici in Italia
qui Il Foglio, che spiega anche perché la teoria dell’influenza di QAnon sui complottisti europei va rinnfrescata e riproposta:
https://www.pressreader.com/italy/il-foglio-quotidiano/20201015/281500753726482
- Che il sito NEwsGuard ha il potere internazionale di far riprendere la sua teoria (complottista) parola per parola in tutta Europa.
Les théories du complot QAnon sur un “État profond” se répandent en Europe
Par Chine Labbe, Virginia Padovese, Marie Richter et Anna-Sophie Harling
NewsGuard è pericoloso perché è agganciato al governo piddino e grillino, al quale segnala i siti inaffidabili secondo i suoi referenti italiani, suggerendone implicitamente la censura e il blocco
Si legge infatti a fondo pagina nel sito dell’AGCOM, Autorità (ossia non elettiva, di nomina governativa) per il controllo delle comunicazioni (doveva sorvegliare la RAI, quando fu fondata) che riporta
I fact-check delle principali 10 notizie false sull’emergenza epidemiologica da COVID-19
“Si ringrazia Newsguard (e in particolare i referenti italiani Giampiero Gramaglia e Virginia Padovese) per aver messo a disposizione dell’Autorità l’analisi effettuata da John Gregory e Kendrick McDonald del Centro di monitoraggio della disinformazione relativa al Coronavirus.
Per quanto rilevo, NewsGuard mi appare uno strumento di repressione e intimidazione della libertà d’opinione e soprattutto di informazione, organico ad un progetto repressivo palesemente globale, com’è globale la sua sigla; e in via di indurimento perché la gente diventa insofferente al nuovo lockdown, comincia ad ascoltare le voci critiche, e andrà disciplinata con metodi più efficienti…
Mi aspetto che il tizio che mi ha sottoposto ad interrogatorio su QAnon, poi pubblichi qualcosa di accusatorio. Sappia che ha la registrazione della nostra “intervista”.
Ovviamente, essere considerato inaffidabile da NewsGuard mi onora. Per il resto, mi protegga la Madre Immacolata.
FONTE: https://www.maurizioblondet.it/sono-stato-interrogato/?utm_medium=push&utm_source=onesignal&utm_campaign=push_friends
Notizie dal terrorismo pandemico
Dunque, sì, Pronti Soccorsi intasati. Moltissimi hanno il coronavirus.
Ne do atto.
Ma attenzione: è la prima volta nella storia della statistica che si fa uno screening totale della popolazione del Pronto Soccorso per un virus polmonare, anzi un virus qualsiasi, ergo non ho gli strumenti per un raffronto epidemiologico.
Fino a febbraio se andavi in Ps con febbre, tosse e rinite l’infermiere di triage ti metteva un bel codice verde chiaro, pensando che eri un coglione, a meno che non avessi più di 60 anni.
Il medico ti vedeva dopo 11 ore, pensando che eri un coglione, e ti mandava a casa con 2000 di tachipirina.
Il farmacista vedeva la ricetta dell’ospedale, pensava che eri un coglione che intasa a i Ps e te la dava. Nel pubblico.
Nel privato contrattualizzato col SSN ti ricoveravano per rubare i rimborsi alla regione, ma questo è un altro discorso, e ce lo spiegheranno i tifosi dell’inesistente opposizione leghista, che però qui in Lombardia governa da 25 anni.
Adesso, dopo 7 mesi di lavaggio del cervello, anche infermieri e medici se la fanno sotto, con giganteschi rischi di sovrapressione del SSN per il loro giusto diritto alla medicina difensiva (ti ricovero per non avere conseguenze legali o altro).
Nella mia esperienza in Croce Rossa almeno il 15% dei chiamanti non aveva un cazzo. Le chiamavamo “crisi prelipotimiche da schiacciocarenza”, trad “stava per svenire a causa della mancanza di sesso”.
La persona fragile psicologicamente, (la zia rincoglionita, cosa cazzo dovrebbe fare dopo 7 mesi che Myrta Merlino le dice che deve morire?) quella che con tosse e 38 di febbre chiama il medico, per capirci, adesso OVVIAMENTE va in pronto soccorso.
E quindi: zero possibilità di confronto statistico, bias statistico dovuto alla precarietà psicologica dell’utenza, bias statistico dovuto alla medicina difensiva, bias psicologico dovuto al terrorismo mediatico (le TI non sono sotto pressione e i pazienti vengono trattati) ed ecco fatta l’emergenza.
Hai voglia a spiegare che il confronto tra curva dei tamponi e curva dei positivi mostrano un pesante indebolimento del contagio.
Hai voglia a spiegare che la mortalità è crollata significativamente.
Hai voglia a spiegare che non si deve correre in Ponto Soccorso per uno starnuto.
In tutto questo media, governo, esperti televisivi non fanno altro che soffiare sul fuoco della paranoia.
E migliaia di amministratori territoriali e non fanno le preghierine affinché arrivi la Troia Europa a fare strozzinaggio con i soldi MES (sì, Mes, perché il Recovery Fund è già morto) per far cadere soldi a pioggia su amici della sanità privata convenzionata e manutengoli vari.
Come se ne esce? Non lo so.
Ma informatevi, ragionate, spegnete la televisione e tenete d’occhio i padroni del vapore. In particolare, il governo. Mai dai tempi di Caligola avevamo avuto tali incompetenti.
E chi propone la delazione, o usa la parola “negazionismo”, sputategli in faccia come si DEVE fare coi fascisti.
Firmato: Marco.
Il vostro amichevole Tecnico della Prevenzione di quartiere.
Stay tuned, e Statemi sani.
(qui sotto, dati dal sito ISTAT.)
Coronavirus: “I tamponi sono inaffidabili”. Medico di base accusa il Governo
Il dottor Mariano Amici presenta un esposto alla Procura di Repubblica di Roma. La bomba: “Le diagnosi di Covid-19 possono essere sbagliate”
CDC: Indossi la maschera, ti becchi il Covid.
Nei 14 giorni prima dell’insorgenza della malattia, il 71% dei pazienti e il 74% dei partecipanti al controllo hanno riferito di usare sempre coperture facciali in tessuto o altri tipi di maschere quando erano in pubblico”, afferma il rapporto.
Lo studio CDC rileva che la stragrande maggioranza delle persone che hanno contratto il coronavirus indossavano maschere
12 ottobre 2020 Di Jordan Davidson
Un rapporto del Centers for Disease Control pubblicato a settembre mostra che maschere e rivestimenti per il viso non sono efficaci nel prevenire la diffusione di COVID-19, anche per quelle persone che li indossano costantemente.
Uno studio condotto negli Stati Uniti a luglio ha rilevato che quando hanno confrontato 154 “casi-pazienti”, risultati positivi per COVID-19, con un gruppo di controllo di 160 partecipanti della stessa struttura sanitaria che erano sintomatici ma risultati negativi, oltre Il 70 per cento dei casi-pazienti è stato contaminato dal virus e si è ammalato nonostante indossasse “sempre” una maschera.
Inoltre, oltre il 14 per cento dei casi-pazienti ha dichiarato di indossare “spesso” una copertura per il viso ed essere ancora infettati dal virus. Lo studio dimostra anche che meno del 4% dei pazienti si è ammalato di virus anche se “non” hanno mai indossato una maschera o una copertura per il viso.
Nonostante oltre il 70 per cento degli sforzi dei pazienti partecipanti al caso di seguire le raccomandazioni del CDC, impegnandosi a indossare sempre coperture per il viso nelle “riunioni con ≤10 o> 10 persone in una casa; shopping; cenare in un ristorante; andare in ufficio, salone, palestra, bar / caffetteria o chiesa / riunione religiosa; o usando i mezzi pubblici “, hanno ancora contratto il virus.
L’OMS esorta i leader mondiali a smettere di usare il lockdown per combattere COVID
https://newspunch.com/who-urges-world-leaders-to-stop-using-lockdown-to-fight-covid/
L’inviato speciale dell’Organizzazione mondiale della sanitàsu COVID-19 ha esortato i leader mondiali a smettere di usare i lockdown come modo principale per fermare la diffusione del coronavirus.
In una dichiarazione sbalorditiva, David Nabarro ha detto a The Spectator che l’approccio autoritario è del tutto inutile:
“Noi dell’Organizzazione mondiale della sanità non sosteniamo i blocchi come mezzo principale di controllo di questo virus”, ha detto David Nabarro.
“L’unica volta in cui crediamo che un blocco sia giustificato è farti guadagnare tempo per riorganizzare, riorganizzare, riequilibrare le tue risorse, proteggere i tuoi operatori sanitari che sono esausti, ma in generale, preferiremmo non farlo.”
Zerohedge.com riporta: Nabarro ha sottolineato i danni collaterali che i blocchi stanno avendo in tutto il mondo, specialmente tra le popolazioni più povere.
“Guarda cosa è successo all’industria del turismo, ad esempio nei Caraibi o nel Pacifico, perché le persone non si prendono le vacanze. Guarda cosa è successo ai piccoli agricoltori in tutto il mondo perché i loro mercati sono stati intaccati. Guarda cosa sta succedendo ai livelli di povertà. Sembra che potremmo raddoppiare la povertà mondiale entro il prossimo anno. Sembra che potremmo avere almeno un raddoppio della malnutrizione infantile perché i bambini non mangiano a scuola ei loro genitori, nelle famiglie povere, non possono permetterselo “, ha detto Nabarro.
“Questa è una terribile, orribile catastrofe globale in realtà”, ha aggiunto. “E quindi ci appelliamo davvero a tutti i leader mondiali: smetti di usare il blocco come metodo di controllo principale, sviluppa sistemi migliori per farlo, lavora insieme e impara gli uni dagli altri, ma ricorda: i blocchi hanno solo una conseguenza che non devi mai sminuire , e questo sta rendendo i poveri molto più poveri “.
Ursula con Melinda
Ricco scambio con
. Settore pubblico e filantropia uniscono le forze nella lotta globale contro # COVID19 . Abbiamo discusso di come prepararci per la distribuzione di futuri vaccini come bene comune globale, di come responsabilizzare le donne africane nella salute e del vertice globale sulla salute del prossimo anno.
Prossimo scandalo a Berlino:
Ottobre 2018: Spahn e il consigliere per la sicurezza statunitense Bolton hanno parlato di epidemie e bioterrorismo
Nel 2018, il ministro federale della sanità Jens Spahn è stato invitato alla Casa Bianca per parlare con l’allora consigliere per la sicurezza nazionale John Bolton su epidemie e bioterrorismo. “Abbiamo convenuto che dovevamo lavorare di più in queste aree per poter reagire più rapidamente in situazioni di crisi. Questo è importante anche per il lavoro del nostro Robert Koch Institute ”, disse Spahn all’epoca.
All’inizio di ottobre 2018, Jens Spahn ha visitato l’allora controverso consigliere per la sicurezza nazionale del presidente degli Stati Uniti, John Bolton, a Washington DC per parlargli di armi biologiche, terrorismo ed epidemie, riferisce il servizio in lingua inglese di Deutsche Welle (DW) .
“I ministri della salute europei normalmente non parlano con i consiglieri americani per la sicurezza nazionale”, ha detto James Kirchik della rivista americana ” Tablet “. La Frankfurter Rundschau letteralmente: “Sembra difficile immaginare che lo scambio di opinioni riguardasse solo la lotta contro l’Ebola e il bioterrorismo”.
Ambasciata tedesca non inclusa nelle riunioni
Der Spiegel ha riferito sull’incontro tra Bolton e Spahn : “Secondo le informazioni di SPIEGEL dopo la breve visita, i diplomatici di Berlino hanno affermato che il viaggio è servito più a profilare l’uomo della CDU che discussioni tecniche rilevanti (…) Ha avuto l’incontro alla Casa Bianca Spahn ha stretto amicizia con l’ambasciatore statunitense a Berlino, Richard Grenell. Contrariamente all’usanza, inizialmente l’ambasciata tedesca a Washington non fu inclusa. L’ambasciatore degli Stati Uniti ha annunciato Spahn come un aspirante conservatore, fedele amico dell’America e possibile futuro cancelliere “.
Il resto qui:
Venti medici rischiano la radiazione dopo che i loro Ordini di appartenenza hanno inviato una notifica con l’espulsione dall’albo professionale: l’accusa è reato d’opinione.
Fa molto pensare il fatto che nessuna testata nazionale abbia affrontato questo tema se non La Verità e Il Manifesto.
La vicenda è senza precedenti. La radiazione di un dottore dal proprio albo professionale è la massima pena che può infliggere l’Ordine.
Ma questi venti medici non hanno commesso errori in sala operatoria e neanche hanno tradito il giuramento d’Ippocrate.
L’unica loro colpa è aver esternato un’opinione critica sull’obbligatorietà dei vaccini stabilita dalla Legge Lorenzin nel 2017. Molti dei medici coinvolti hanno decenni di esperienza; alcuni sono già in pensione.
Li hanno definiti no vax eppure avevano solo espresso la contrarietà all’obbligo di un trattamento sanitario e l’importanza di informare il proprio assistito sui pro e i contro delle vaccinazioni. Tuttavia le loro idee sono state reputate antiscientifiche dagli Ordini.
I venti medici hanno fatto ricorso alla Commissione Centrale per gli Esercenti le Professioni Sanitarie (Ceeps). Il ricorso ha sospeso la radiazione e ha permesso ai medici di esercitare ancora la professione fino alla sentenza. L’ultima udienza del processo si terrà il 28 ottobre.
Tra questi anche il dottor Miedico, ottant’anni, che ha dichiarato a La Verità: «Se sarà confermata la radiazione non potrò più esercitare finché non si pronuncerà la Cassazione dove io farò sicuramente ricorso».
Il sostegno dei colleghi ai venti medici che rischiano la radiazione
Qualche giorno fa il dottor Luca Speciani, presidente di Ampas, un’associazione di oltre 800 medici, ha espresso solidarietà per i medici a processo.
Ha scritto: «Le “radiazioni d’opinione”, vero e proprio simbolo di dittatura, non ci troveranno mai silenti né consenzienti. Perché un medico che non può esprimere il suo parere scientifico, giusto o sbagliato che sia, non è più un medico. La medicina, come la scienza, è confronto continuo di idee, è critica e crescita, è dubbio e proposta. Il resto è regime».
Parole forti accompagnate da una critica nei confronti di «medici corrotti e virologi da salotto che ogni sera ci ammanniscono le loro verità stipendiate dalle multinazionali del farmaco».
Nella terza e ultima udienza conosceremo il destino dei venti medici e sapremo se il Ceeps confermerà o meno la radiazione già notificata dai vari Ordini.
Ma non hanno distrutto l’economia e posti di lavoro
“casi gravi sono stati 809, e 198 i morti”.
2019, idem:
Dalla “Shock Economy” alla “Rana Bollita” – Francesco Amodeo, Marcia della Liberazione, Roma
VIDEO QUI: https://youtu.be/eUBwJFqHR64
FONTE: https://comedonchisciotte.org/dalla-shock-economy-alla-rana-bollita-francesco-amodeo-marcia-della-liberazione-roma/
ARTE MUSICA TEATRO CINEMA
ARTE POVERA: UN ATTO DI RIBELLIONE QUOTIDIANA
Spesso sentiamo parlare di Arte Povera, senza però coglierne davvero il significato. Deduciamo dal nome che si tratti semplicemente di una corrente artistica dove, per antonomasia, regnava una povertà espressiva dei mezzi utilizzati per raggiungere il fine artistico ultimo, l’opera d’arte finita. Ma è impossibile dare una corretta definizione di questo movimento artistico senza inquadrarlo in un preciso momento storico, ovvero il 1966.
Germano Celant, forse il massimo teorico di definizione dei movimenti artistici a cavallo con il nuovo millennio, mutuò il termine Arte Povera dal teatro di Jerzy Grotowski, parlando di «riduzione ai minimi termini, impoverimento dei segni per ricondurli ai loro archetipi». L’articolo apparso su Flash Art che di fatto consacrò il movimento s’intitolava Arte Povera: Appunti per una guerriglia (1967) e questo ci dice già molto sull’origine del termine che coniò il movimento.
A suo dire, l’Arte Povera faceva riferimento ad «un’espressione così ampia da non significare niente. Non definisce un linguaggio pittorico, ma un’attitudine. La possibilità di usare quello che hai nel mondo animale». L’Arte Povera promuoveva quindi una filosofia di vita, una filosofia all’azione e alla ribellione.
Non solo infatti rifiutava i mezzi espressivi tradizionali e impiegava materiali non-artistici, come materiali poveri e organici oppure scarti industriali (legno, pietra, terra, fibre vegetali, stracchi, scampoli etc); ma nell’atteggiamento di negazione di cui si avvaleva era evidente una volontà o – per meglio dire – una necessità, legata indiscutibilmente ad un periodo storico che precede il ’68 e che voleva riappropriarsi dell’elemento naturale attraverso l’espressività artistica.
Si trattava dunque di un fine estremamente utopico che nasceva con una chiara connotazione sovversiva; un movimento che si dichiarava lontano dalle correnti politiche ed economiche dell’epoca, piuttosto indissolubilmente legato ad una ricerca di rinnovati valori (connessi al tempo, alla materia, all’assolutezza della vita umana così dipendente in quegli anni, come oggi, alle cose materiali).
Leggi anche:
Il consumo di opere d’arte: verso una maggiore inclusività
L’Arte Povera rifiutava ogni inserimento in una corrente politica e rifiutava di essere fruibile per le masse che, tuttavia, erano abituate all’angoscia legata ai temi del consumismo e dello scarto; si pensi alla tenacia e perseveranza della Pop art in quegli anni. Il fine era probabilmente similare, ma in questo caso il movimento fu un movimento dissacratore, dove gli oggetti erano pensati per essere deperiti, quasi come dei feticci. Quello che, nel caso dell’Arte Povera fece quindi la differenza, fu il fine con cui venivano impiegati i materiali poveri.
Leggi anche:
E fu così che Richard Hamilton creò la pop art
La consacrazione internazionale arriva nel ’69 con la mostra When Attitudes Become From a Berna, alla quale parteciparono alcuni di quelli che furono definiti i massimi esponenti di questo movimento, come Boetti, Calzolari, Kounellis, Merz, Pascali, Pistoletto, Prini, Anselmo e Icaro.
Emblematica fu l’esposizione di un mucchietto di cenere (opera di Reiner Ruthenbeck del 1968), che voleva mettere in luce la caducità dell’uomo e l’inconsapevole giustificazione a utilizzare materiali poveri per definire un messaggio chiaro.
Arte Povera: i suoi maggiori esponenti
Michelangelo Pistoletto (1933) viene considerato uno dei suoi massimi esponenti, anche se la sua adesione all’Arte Povera non durò più di qualche anno. Da sempre gioca con la figura archetipa dello specchio ed ebbe il merito di dare ancora più definizione al movimento con la sua famosa opera Venere degli stracci (1967), le cui immagini fecero il giro del mondo.
Pino Pascali (1935-1968) esplorò le radici della cultura mediterranea, come il mare, la terra e gli animali; ripercorrendo una dimensione ludica dell’arte – dove persino le armi diventavano giocattoli realizzati con materiali di recupero – e molti suoi lavori riprendevano in maniera dissacrante le icone della cultura di massa.
Jannis Kounellis (1936 – 2017) si rifece sempre alla funzione mitica dell’arte, legandola anche alle sue origini greche: le sue installazioni sono delle scenografie che prendono quasi vita, occupando intere sale. Lo spettatore è invitato a diventare così parte attiva, attore protagonista nello spazio dell’opera d’arte che, per definizione, inizia a cambiare.
Celebre fu la sua performance Cavalli del 1969 alle pareti della galleria L’Attico di Fabio Sargentini, dove natura e cultura si incontrano e il ruolo dell’artista è ridotto a mero esecutore del fatto che si compie.
Mario Mertz (1925 – 2003) connotava sempre le sue opere con la sequenza di Fibonacci (rappresentato attraverso il neon). La sua produzione artistica si concentrò nella figura dell’igloo, facendoci inesorabilmente riflettere tra l’uomo inteso come singolo e i suoi rapporti con la società. Merz si immerse totalmente nei materiali poveri come il ferro, la cera, la pietra e la terra, elementi che determinarono il totale abbandono della pittura tradizionale per una definitiva svolta materica.
Alighiero Boetti (1940 – 1994) si interrogò invece sul concetto del tempo, che dal caos riporta ai numeri e alle lettere. Utilizzò il concetto del tempo e dello spazio riportandolo in grandi arazzi, mettendo anche in discussione il ruolo tradizionale dell’artista (spesso si interroga anche sul tema della serialità dell’opera d’arte fine a sé stessa). Boetti guardava con una certa sfiducia il mondo della pittura, percependolo come un tradimento degli ideali esplosi nel ’68: la pittura a suo avviso portava all’estraneazione dal mondo, alla solitudine, mentre l’opera d’arte concettuale ti costringeva ad essere immerso nel presente, nell’odierno.
Ester Franzin
FONTE: https://www.frammentirivista.it/arte-povera-ribellione/
ATTUALITÁ SOCIETÀ COSTUME
MA CHI SONO I CONGIUNTI?
I provvedimenti normativi o amministrativi relativi alla situazione sanitaria creata dal Coronavirus fanno vieppiù riferimento ai “congiunti”. Ma nessuno sa chi esattamente siano o si debba ritenere che siano. Ci proviamo noi, a farlo, sottolineando – anzitutto – che davanti a un giudice (dove ci si può trovare per contestare, ad esempio, una sanzione amministrativa comminata da un provvedimento e applicata da qualche avente titolo) vale solo, con certezza, quanto stabilito da una legge o da un atto con forza di legge (non contano, dunque, se non esclusivamente in via interpretativa, le circolari, che sono vincolanti solo per i dipendenti della Pubblica amministrazione nell’ambito della quale la stessa è emanata, o quell’altro strumento dell’attuale paradigmatica decadenza normativa che sono le Faq (Frequently asked questions, le ‘domande poste frequentemente’), dinosauri inventati dalla burocrazia che compaiono sui siti ministeriali per rispondere a quesiti e che non sono tra l’altro firmate, per quanto risulta, da alcuno che se ne assuma la responsabilità quantomeno morale).
Oggi come oggi, i “congiunti” (anzi, i “prossimi congiunti”) sono considerati nell’art. 307, 3° comma, del codice penale ad indicare espressamente – come si faceva una volta – nel secondo capoverso, come anche modificato, “gli ascendenti, i discendenti, il coniuge, la parte di un’unione civile tra persone dello stesso sesso, i fratelli, le sorelle, gli affini nello stesso grado, gli zii e i nipoti” con precisazione che nella denominazione “non si comprendono gli affini, allorché sia morto il coniuge e non vi sia prole”. L’affinità, com’è noto, è “il vincolo tra un coniuge e i parenti dell’altro coniuge”, così come la parentela è “il vincolo tra le persone che discendono da uno stesso stipite”.
I “congiunti” sono poi citati come tali (ed è il virus linguistico che si è inserito nella normativa anti-virus sanitaria) nel Dpcm del 26 aprile 2020 per consentire gli spostamenti “per incontrare congiunti”, senza peraltro specificare quali siano i congiunti. Al proposito, va poi ricordato che nello stabilire i soggetti che hanno diritto ad un ristoro da danno non patrimoniale, la Cassazione (sentenza 10.11.2014, n. 46.351) ha ampliato il concetto di “prossimi congiunti” – anche richiamando la sentenza Cassazione Sez. Un. n. 26.972/‘08 – comprendendo sostanzialmente negli stessi i soggetti collegati “da saldo e duraturo legame”, non considerando come elemento necessario la convivenza e ciò in applicazione dell’articolo 2 della Costituzione che attribuisce rilevanza costituzionale “alla sfera redazionale della persona”.
In sostanza, continuità nel tempo e stabilità intesa come non occasionalità vengono considerati elementi portanti della definizione di congiunti e, quindi, come un insieme di persone caratterizzate “da duratura e significativa comunanza di vita e di affetti” (nel caso specifico, si trattava di una fidanzata della vittima).
In una delle precitate Faq si aggiunge poi che possono considerarsi inclusi – oltre che i soggetti del precitato art. 307 codice penale – i partner conviventi, i parenti fino al sesto grado (come, per esempio, i figli dei cugini tra loro) e gli affini fino al quarto grado (come, per esempio, i figli dei cugini tra loro). È da aggiungersi che il Dl n. 125 del 7 ottobre scorso fa dal canto suo riferimento solo alle “persone non conviventi”.
Una gran confusione – in sostanza – per cui al lato pratico occorre, volta per volta, farsi dire dal soggetto interessato quale sia l’interpretazione che lo stesso dà del termine di cui si è discorso. Che non avrà alcun valore davanti ad un giudice (tanto più se non esplicitato espressamente) ma servirà ad evitare perdite di tempo con richiami del momento.
(*) Presidente Centro studi Confedilizia
FONTE: http://opinione.it/societa/2020/10/14/corrado-sforza-fogliani_congiunti-coronavirus-dpcm-giudice-sanzione-legge-responsabilit%C3%A0-codice-penale/
CHI E’ PIERO ANGELA?
di Gianluca Marletta
Premessa: alcuni documentari degli Angela’s padre&figlio sono davvero carini. Ce n’é uno su Hiroshima che faccio sempre vedere in Terza Media.
DETTO QUESTO: vedo che molte persone sono rimaste basite dalle dichiarazioni del vecchio Piero sulla necessità di mandare l’Esercito per strada per controllare le mascherine. Qualcuno si é sentito quasi “tradito”, ed é comprensibile: per noi de na certa età, Piero é stato un po’ come la maestra unica della vecchia Scuola Elementare; e dalla Maestra certe cose non te aspetti.
Ma Piero Angela é stato molto di più che una bonaria maestra. Per capirlo meglio, dobbiamo tornare alle origini della Repubblica, nel dopoguerra, quando gli occupanti anglo-americani spartiscono il potere in Italia: i poteri “che contano” e che alla lunga controllano una nazione (finanza e cultura) vengono dati rispettivamente ai liberali e alla sinistra (non la sinistra della “rivoluzione proletaria”, sia chiaro, ma quella più gradita dai prog d’Oltreoceano). Alle bizzocche democristiane, viene dato il potere più esteriore, quello di inciuciare con le mafie di paese, di spartirsi appaltini e condoni edilizi.
Ecco: Piero Angela é stato un uomo di “quella sinistra”, quella che avrebbe conquistato la cultura e (quindi) tutto il paese. Con charme ed eleganza, per decenni, Piero é stato “l’uomo della scienza” (pur non avendo neanche una laurea, tranne le 12 “honoris causa” rimediate in seguito). Ci ha insegnato fin da piccoli una scienza minimale, quella delle scimmiette che si evolvono a botte di deretano e della vita che nasce dal brodino primordiale.
Più tardi, fonderà anche il CICAP: una sorta di setta devota al materialismo tardo-ottocentesco convinta che non bisogna credere a nulla oltre a ciò che é scritto sul Sussidiario di scienze della terza elementare. Lo stesso CICAP che ci regalerà negli anni capolavori come la “Sindone Garlaschelli” e un cerchietto nel grano stortignaccolo che potete ammirare facendo una veloce ricerca sul web.
Ecco chi é Piero Angela: un fedele e fidato “servo del potere” un custode della mediocrità culturale. Indimenticabili, più di recente, le sue marchette televisive alla lobby LGBT e la memorabile trasmissione sull’11 settembre…
FONTE: https://www.maurizioblondet.it/chi-e-piero-angela/
BELPAESE DA SALVARE
Altro che Recovery: è sempre la solita austerità
Con ogni probabilità, e per ancora molto tempo, il 2020 verrà ricordato come l’annus horribilis del nostro Paese. Una pandemia di dimensioni globali si è abbattuta su un tessuto economico e sociale già messo duramente alla prova da anni di austerità fiscale e salariale, che, oltre a ridurre a brandelli il sistema sanitario, hanno prodotto disoccupazione, precarietà e miseria. Come se non bastasse, l’economia italiana e quella europea nel suo complesso sono entrate in questo 2020 nel pieno di una fase di stagnazione, con tassi di disoccupazione prossimi alle due cifre e marcati livelli di disuguaglianza.
Da qualche settimana, tuttavia, i media ci stanno raccontando che il 2021 sarà, invece, l’anno della ripresa, in cui ci lasceremo alle spalle, una volta per sempre, tutti gli effetti disastrosi della pandemia da Coronavirus. A dirla tutta, ascoltando le parole del Ministro dell’Economia Gualtieri, la stagione della ripresa sarebbe già partita, con un rimbalzo del PIL che nel terzo trimestre dell’anno in corso si attesterebbe ben al di sopra delle stime. Ma a ben vedere, il 2021 potrebbe essere tutt’altro che l’annus mirabilis che ci viene in questi giorni dipinto da giornali e mestieranti della politica.
Partiamo dai numeri della Nota di Aggiornamento al Documento di Economia e Finanza, altresì conosciuta come NADEF. Si tratta di un documento che il Governo presenta annualmente, verso la fine di settembre, per aggiornare le previsioni economiche e di finanza pubblica fatte nel Documento di Economia e Finanza (DEF). In altre parole, la Nota di aggiornamento rivede, alla luce dei nuovi sviluppi dell’economia, le politiche economiche e finanziarie che il Governo inserisce nel DEF ad aprile. La NADEF è dunque un tassello fondamentale della politica economica del Governo, perché disegna gli scenari entro cui si inseriscono le riforme e le misure proposte dall’esecutivo.
Per l’anno in corso, la NADEF indica una caduta del PIL del 9%. Si tratta di una diminuzione più marcata di quella stimata ad aprile, a cui farà seguito, nel 2021, una ripresa di circa 5-6 punti percentuali. Qualora i dati reali ricalcassero queste stime, quindi, non torneremmo comunque sui livelli di attività pre-Covid. Brutte notizie anche sul fronte del lavoro: se per il 2020 la disoccupazione, ovvero il rapporto tra disoccupati e forza lavoro attiva (occupati + disoccupati) è stimata al 9.5%, nel 2021 dovrebbe attestarsi, stando alla NADEF, al 10.3%. Sono numeri che, peraltro, non rendono l’idea della perdita di lavoro in atto: a tutto il 2020 l’Italia registrerà una caduta dell’occupazione, intesa in valore assoluto come numero di occupati (in unità di lavoro standard), del 9.5%, cui farà seguito una modesta ripresa nel 2021 (+5.4%).
Dobbiamo ora chiederci come lo Stato possa limitare i danni causati dalla pandemia e dalle misure di contenimento del contagio, come ad esempio il lockdown. La stessa NADEF ci fornisce degli spunti su quale sarà l’atteggiamento del Governo per i prossimi anni in termini di deficit pubblico: nella NADEF rintracciamo infatti il quadro programmatico di finanza pubblica (entrate e uscite della pubblica amministrazione) per il periodo 2020-2023. Se per l’anno in corso viene stimato un deficit di quasi 11 punti di PIL, per il 2021 l’atteggiamento dello Stato risulta molto più prudente e l’indebitamento netto è previsto al 7%, ben al di sotto dello sforzo del 2020 che comunque non è stato sufficiente ad evitare la più grande crisi della storia repubblicana. A fronte di una gravissima crisi produttiva e occupazionale legata al crollo della domanda aggregata, infatti, non vi è altra via d’uscita che la ripresa della domanda stessa che non può che esser trainata dallo Stato attraverso la spesa in deficit.
Ma c’è di più: escludendo dalle spese statali l’onere del debito (la spesa per interessi non ha particolari effetti espansivi sull’economia), per il 2021 il disavanzo si ferma al 3,7% del PIL, per poi tornare programmaticamente in terreno positivo nel 2023. In altri termini, già nel 2023 lo Stato tornerà a sottrarre all’economia, tramite tasse e imposte, più risorse di quelle che vi inietta, tramite la spesa pubblica. Presto fatto: nonostante gli effetti nefasti della pandemia, nel giro di tre anni si tornerà a politiche di avanzo primario proseguendo in modo naturale lungo quei binari dell’austerità di matrice europea. Si tratta in verità di un sentiero mai abbandonato nemmeno di fronte all’emergenza, stante il fatto che i disavanzi primari del periodo 2020-2022 sono e saranno nell’essenziale legati al crollo delle entrate fiscali dovuto alla crisi, e non a scelte discontinue in merito al livello di spesa pubblica. Del resto, le intenzioni sono chiarissime nella parole dello stesso Ministro Gualtieri, il quale ha rimarcato reiteratamente che dal 2021 il rapporto debito/Pil dovrà rispettare un ‘meccanismo di discesa solido e sostenibile’.
Si verifica, inoltre, un’interessante contraddizione che resta sempre inspiegata: da un lato in questi mesi si è ammesso da più parti che la spesa in deficit è l’unica leva possibile per tamponare il momento più drammatico della crisi produttiva. Persino gli alfieri del liberismo e dell’austerità di matrice europea hanno incoraggiato, nei periodi più neri della crisi, i Governi a fare tutto il possibile, ricorrendo al malum necessarium della spesa in deficit e del debito. Non si spiega perché, allora, una volta ristabiliti i precedenti livelli di attività, pur sempre caratterizzati da elevata disoccupazione e sottoccupazione (occupazione precaria e discontinua), la stessa ricetta non dovrebbe continuare ad essere applicata per sanare quelle piaghe ormai sedimentate da anni. Evidentemente, milioni di disoccupati e precari della cosiddetta ‘normalità’ pre-pandemia vengono considerati un auspicabile successo delle economie di mercato.
In definitiva, l’affresco disegnato dalla NADEF per il 2021 e per gli anni immediatamente successivi è tutt’altro che roseo. Come se non bastasse, la stessa NADEF indica che qualora l’aggressività della pandemia tornasse su livelli ben più alti di quelli attuali, gli impatti del Coronavirus sull’economia italiana e internazionale sarebbero ben più marcati: in questo scenario, purtroppo probabile viste le tendenze più recenti, la crescita del PIL nel 2021 si fermerebbe all’1,8%. Pertanto, a queste condizioni, nemmeno l’augurato rimbalzo avrebbe luogo, e gli effetti sull’occupazione sarebbero ancora più devastanti. Analogamente, attenersi al sentiero di ‘sostenibilità fiscale’ evocato da Gualtieri significherebbe, per i prossimi anni, rendere ancora più aspre le misure di austerità.
Insomma, per il 2021 l’intervento del Governo nell’economia si limiterà ad avere un effetto espansivo molto limitato, stimato dallo stesso Governo allo 0,6% del Pil: quando ci sarebbe bisogno di spendere, di gettare le basi per la crescita e per la creazione di posti di lavoro, lo Stato si limita a timidi e pallidi interventi nell’economia.
A questo punto si potrebbe pensare che se lo Stato latita per fortuna c’è l’Europa, che da mesi afferma di essere pronta a inondare i Governi di liquidità utile ad affrontare la crisi. Anche su questo fronte, purtroppo, c’è ben poco da sorridere per il prossimo futuro. La stessa NADEF certifica che il Recovery Plan impatterà sul PIL italiano per lo 0,3% nel 2021, meno di quanto farà la politica economica nazionale. Anche i miliardi di sforzi millantanti della propaganda dell’Unione Europea si riveleranno essere solo uno zero-virgola. E questo non dipende dal fatto che per il 2021 il Governo ha programmato di usare solo 25 miliardi del tanto declamato Next Generation EU, su un totale di 205 miliardi disponibili per il periodo 2021-26. Se, infatti, è vero che l’impiego delle risorse europee dovrebbe progressivamente aumentare (fino ad un massimo di 43 miliardi annui nel 2023), in ogni caso l’impatto effettivo dell’uso dei fondi del Recovery Plan sarà rispettivamente dello 0,4 del PIL nel 2022 e dello 0,8 nel 2023. Nel 2023, tuttavia, a fare da contraltare al modesto contributo degli aiuti europei ci penserà la politica economica nazionale, con un avanzo primario che, dal canto suo, impatterà negativamente sul PIL italiano (-0,1).
Ancora una volta, con la NADEF del 2020 la politica certifica nero su bianco la permanenza lungo i binari dell’austerità. Non è bastata una pandemia che cambierà per sempre le nostre vite a rivedere in modo deciso il ruolo dello Stato nell’economia.
A condire questo quadro ci pensano per mezzo stampa i soliti commentatori del liberismo più oltranzista. Scrive l’Osservatorio sui Conti Pubblici che per i prossimi anni “la politica di bilancio sembra essere più espansiva di quanto sembrerebbe necessario in base alle tendenze previste per la ripresa economica”. Stando a queste parole, nonostante la flebile ripresa e i tassi di disoccupazione stimati nella NADEF su valori prossimi al 10%, il Governo starebbe facendo anche troppo. Non c’è mai fine al peggio.
L’unica via d’uscita civile dalla crisi innescata dalla pandemia è un massiccio intervento pubblico a presidio dei pilastri dello stato sociale, a partire dal sistema sanitario nazionale: l’economia di mercato subirà l’ennesimo terremoto, moltissimi settori sono già in crisi e solo lo Stato ha il potere di sostenere lavoro, redditi, diritti, istruzione e salute nei durissimi mesi che abbiamo davanti. Il ricorso alla spesa pubblica come argine alla crisi pandemica si scontra, però, con i vincoli europei che come tentacoli si stanno avvolgendo intorno alla nostra classe dirigente tramite i cosiddetti aiuti del Recovery Fund e la trappola del MES. La risposta alla crisi deve necessariamente muoversi fuori da questi vincoli per rimuovere i quali occorre mettere seriamente in discussione gli attuali assetti istituzionali che guidano le politiche economiche e i rapporti di forza che li sostengono.
FONTE: https://coniarerivolta.org/2020/10/13/altro-che-recovery/
La nave affonda, gli italiani si dividono. E gli egemoni ridono
Ogni egemone sogna di dividere le sue vittime, come i manzoniani “capponi di Renzo” che si beccano fino a un minuto prima di finire in padella. La manipolazione che l’umanità sta subendo non ha precedenti, nella storia, per i mezzi impiegati e la dimensione inevitabilmente mondiale del suo simultaneo dispiegarsi. Per la prima volta dalla fine della Seconda Guerra Mondiale, l’opinione pubblica occidentale è fortemente limitata nella sua libertà di espressione. Il sistema tende a imporre una verità unica, palesemente inaccettabile: non perché non sia virtualmente autentica, ma perché è proposta come l’unica possibile, e perché chi la rifiuta viene attivamente sanzionato, isolato, ridotto al silenzio. Gli opposti atteggiamenti esibiti dalla popolazione – paura o protesta – per ora danno vincente la prima inclinazione: si afferma l’obbedienza e soccombe (anche se cresce) la protesta. La maggioranza non crede che sia in atto una manipolazione, non la vede, addirittura la rifiuta: non ammette che possa esistere. Né si accorge, a quanto pare, della persecuzione cui sono sottoposti coloro (non pochi) che la denunciano. Tutti, però – allineati e dissenzienti – subiscono le medesime conseguenze. Nonostante ciò, anziché ricavarne motivo di unione, seguitano a dividersi.
L’aspetto più imbarazzante di questa voluttà polemica è il suo anacronismo, la miopia che appanna la vista e scatena la rabbia contro falsi obiettivi, cioè gli irrilevanti attori dello spettacolo politico, tutti clamorosamente scavalcati dagli eventi. Nell’Italiaterremotata dal Covid, con libertà sospese e catastrofe socio-economica ormai in atto, le opposte botteghe politiche si sono concentrate sulle elezioni regionali, come se da queste dipendessero i destini della nazione. Nonostante ciò, lo schema resiste: noi siamo i buoni, voi i cattivi; noi abbiamo capito tutto, voi niente. Il governo non ha ancora saputo rimediare al disastro economico inesorabilmente causato dal coprifuoco? Anche qui, ci si divide applicando lo schema: chi difende l’esecutivo (per lo più categorie che si credono protette, pensionati e lavoratori dipendenti, spesso pubblici) lo fa perché non ha ancora subito direttamente il terremoto. Chi contesta il governo, che non ha ancora pienamente corrisposto neppure la cassa integrazione (e non aiuta le banche a concedere credito, non assicurando affatto le garanzie promesse dal primo ministro), lo fa perché si è visto franare il mondo addosso, ha dovuto chiudere il negozio o svendere l’azienda, e davanti a sé vede solo il buio.
Eppure, il tenace schema tiene ancora banco: si attacca Conte perché è Conte, si attacca Salvini perché è Salvini. La nave affonda, Conte è al timone, Salvini non fa nulla di sostanziale per salvarla, ma i “capponi di Renzo” sembrano lasciarsi tentare soprattutto dalla rissa: l’animosità di clan – contro Conte, contro Salvini – viene prima dell’affondamento della nave. Tra gli stessi dissenzienti, le opinioni divergono: chi è convinto che che a monte sia stata ordita una cospirazione planetaria, e chi invece ritiene che il disastro a cui assistiamo – politico, sanitario, sociale, psicologico, economico – sia dovuto essenzialmente a incompetenza e incapacità, con anche l’attenuante oggettiva delle circostanze, inedite e allarmanti: una presunta pandemia di origine tuttora incerta, in grado – a marzo – di mettere in crisi i migliori medici. Oggi non si contano più i sanitari che affermano di saper affrontare il Covid, ma sono esclusi dal circuito televisivo che ha come fermato il tempo, proponendo la stessa paura di marzo-aprile e rimpiazzando il numero delle vittime, ormai vicino allo zero, con quello dei “contagiati”, per lo più asintomatici, ovviamente esploso decuplicando il numero dei test effettuati.
Questi purtroppo sono fatti, anche se vengono declassati al rango di opinioni e di versioni unilaterali e tendenziose. Insieme alla paura, la rabbia è l’altro alimento indispensabile nel menù infernale di chi volesse imporre un’egemonia autoritaria e mendace, fondata sulla superstizione. Sui social, si assiste a scambi imbarazzanti: a chi contesta il “terrorismo sanitario” e l’imposizione delle mascherine all’aperto, si danno risposte del tipo “dovevi fare un giro a marzo nei reparti Covid”. Se questa è la situazione, chi avesse progettato la catastrofe in cui siamo precipitati (tutti) non potrebbe che fregarsi le mani e ridere di noi. Beninteso: sempre ammesso che esista, un progettista, e che lo sfacelo sia stato deliberatamente provocato; si tratta di un’ipotesi seriamente argomentata e circostanziata, ma non ancora dimostrata in modo compiutamente incontrovertibile. Tuttavia: se stiamo soffrendo a causa di un gruppo di criminali, li stiamo certamente divertendo moltissimo: si può immaginare che siano un vero spasso, le nostre baruffe piene di stizza contro i nani e le ballerine della politica televisiva.
(Giorgio Cattaneo, “La nave affonda, ma gli italiani si dividono. E gli egemoni ridono”, dal blog del Movimento Roosevelt del 10 ottobre 2020).
FONTE: https://www.libreidee.org/2020/10/la-nave-affonda-gli-italiani-si-dividono-e-gli-egemoni-ridono/
CONFLITTI GEOPOLITICI
Guerra (mondiale) contro di noi. L’ultimo ostacolo è Trump
Il discorso tenuto da Trump dall’ospedale militare Walter Reed verrà ricordato probabilmente come il più alto e profondo del suo mandato. Il presidente è riuscito a ricompattare le divisioni di un paese profondamente lacerato da mesi di disordini provocati dai gruppi terroristici degli Antifa e di Black Lives Matter, finanziati entrambi da George Soros, che hanno seminato un’ondata di violenza tale da portare l’America sull’orlo della guerra civile. La strategia del Deep State era ed è quella di destabilizzare l’America e l’amministrazione di Trump, ma il presidente annunciando di essersi preso il coronavirus è riuscito a stringere la nazione intorno a sé. Alcuni ambienti della sinistra radicale americana hanno avanzato il sospetto che Trump in qualche modo abbia inscenato un falso contagio per smontare la pericolosità del Covid, e dimostrare a tutti che questo agente patogeno non è il mostro che in realtà i media hanno descritto. A leggere le parole che il presidente ha consegnato a Rudolph Giuliani, ex sindaco di New York e suo consigliere già durante la sua prima campagna elettorale nel 2016, viene quasi da pensare che effettivamente possa essere così. Trump scrive a Giuliani: «Ho dovuto affrontare il virus, così che il popolo americano smettesse di averne paura e per poterlo trattare responsabilmente». Dunque se si è trattato di un contagio fittizio è stato a fin di bene, negli interessi dell’America e del mondo stesso. Se il sistema si è servito di starlette e politici al libro paga delle élite per gonfiare al massimo la pericolosità del Covid, Trump a sua volta non sta facendo altro che usare la stessa strategia del sistema contro di esso. Sun Tzu nella sua opera “L’arte della guerra” raccomandava di eludere il nemico quando questo dispone di armi troppo superiori all’avversario. Trump probabilmente deve aver letto quell’opera e ne sta applicando i suoi principi, dal momento che su Twitter nel 2012 ne citava esattamente i passi. L’operazione coronavirus ha praticamente interrotto il trascorrere del tempo. Il mondo si trova sospeso in un limbo dallo scorso marzo, quando i media incessantemente da allora non fanno altro che riportare bollettini di contagiati che sono al 94% persone sane senza sintomi. Occorreva dunque qualcosa in grado di scuotere il torpore e l’apatia nella quale è precipitata la popolazione mondiale che ormai è prigioniera della narrativa terroristica del regime. Trump nel suo discorso da convalescente lo ha fatto capire. Ciò che sta facendo lo sta facendo per l’America e per il mondo per dimostrare che esiste vita oltre il Covid. Il capolavoro del presidente dunque è stato quello di essersi preso la “croce” sulle spalle e di seguire la terapia basata sui farmaci prodotti dal cartello farmaceutico vicino a Bill Gates, che di certo non lo ama. In questo modo, nessuno potrà dire che Trump è guarito con i farmaci che lui stesso raccomandava e screditati da “scienziati” corrotti e senza scrupoli, ma proverà universalmente che un vaccino non è nemmeno così indispensabile, dal momento che è sufficiente ricorrere ai farmaci già in commercio per trattare questo virus. Se l’operazione di Trump riuscirà, il mondo probabilmente riuscirà a vedere che questo virus non è affatto letale e che si può tornare a vivere una esistenza normale senza girare con il volto coperto da una inutile e sporca garza che pregiudica una sana respirazione. Trump ha capito che era il momento di agire e di mettere a segno una mossa che potesse cogliere di sorpresa il mondialismo che ha già dato vita alla seconda parte di questa operazione terroristica, ovvero quella chiamata “seconda ondata”. Nei mesi scorsi gli esponenti della cabala mondialista l’avevano già annunciata a dimostrazione, ancora una volta, che quello di cui si sta parlando non è un fenomeno scientifico ma politico. Ad agosto, Bill Gates, sull’”Economist”, settimanale delle grandi famiglie globaliste degli Elkann e dei Rothschild, aveva persino detto che la “pandemia” non sarebbe finita prima della fine del 2021. Nessuno può sapere con certezza quando e come si manifesterà un virus né tantomeno quando esso sparirà, ma in questa storia è evidente che il virus si manifesta perchè è il sistema che ne ha bisogno per arrivare al suo obbiettivo finale. L’obbiettivo è l’instaurazione del Nuovo Ordine Mondiale voluto ad ogni costo dalla massoneria e dai massimi vertici delle élite mondialiste. Sarà un sistema nel quale l’uomo sarà ridotto alla condizione di una ameba, del tutto privo di pensiero critico e della facoltà di ragionare. Sarà un mondo nel quale paradossalmente ogni singolo pensiero dell’individuo sarà quello determinato dalla matrix alla quale saranno collegati tutti gli abitanti del pianeta. Elon Musk, imprenditore e fondatore di SpaceX, ha già brevettato un microchip cerebrale in grado di manipolare la volontà degli animali, e il prossimo obbiettivo sarà quello di creare un altro dispositivo di questo tipo per manipolare quella degli uomini. Sembrava impossibile fino a qualche decennio fa, ma la società tecnotronica profetizzata nel 1970 da Brzezinski, uomo vicinissimo ai Rockefeller, prevedeva appunto che le autorità tramite la tecnologia fossero in grado di instaurare il controllo della popolazione mondiale. Il controllo della popolazione mondiale è il mezzo attraverso il quale arrivare a instaurare il Nuovo Ordine Mondiale, un sistema politico dove le nazioni dovranno lasciare il posto ad un unico governo mondiale nelle mani di pochi eletti. E’ una forma di totalitarismo molto più insidiosa e pericolosa dei suoi predecessori del secolo scorso, perché questo non è ristretto ad una sola nazione ma piuttosto al pianeta intero. David Rockefeller in un discorso tenuto nel 1991 in occasione di una riunione del famigerato gruppo Bilderberg, uno dei consessi più importanti per le élite mondialiste del quale sono membri, tra gli altri, anche gli italiani Lilli Gruber e John Elkann, lo spiegò chiaramente. Il magnate americano disse allora che «il mondo era molto più sofisticato e preparato per marciare verso un governo mondiale», e aggiunse che «la sovranità sovranazionale di una élite intellettuale e dei banchieri mondiali è certamente preferibile all’autodeterminazione delle nazioni praticata nei secoli scorsi». Tre anni dopo, alle Nazioni Unite, lo stesso Rockefeller disse che l’unico modo per giungere a questo obbiettivo finale era quello di provocare una crisi così grande da poter finalmente compiere il tanto agognato Nuovo Ordine Mondiale. La madre di tutte le crisi sembra essere dunque arrivata. Il coronavirus ha aperto quella finestra di opportunità tanto desiderata dagli ambienti del globalismo. La seconda fase di questo enorme esperimento di ingegneria sociale è già iniziata. Il sistema che fino a pochi mesi fa certificava attraverso i suoi “esperti” l’inutilità dell’utilizzo delle mascherine per prevenire qualsivoglia forma di contagio, ora le impone all’aperto persino da soli. Allo stesso tempo, coloro che vogliono imporre queste direttive illegali e incostituzionali agli altri sono gli stessi che per primi non le seguono. Si assistono a scene paradossali di programmi televisivi dove gli appartenenti al mondo dello spettacolo, al soldo del regime, sono esonerati dall’indossare la mascherina al chiuso, mentre al comune mortale invece viene chiesto di indossarla all’aperto. E’ un anticipo della società a due velocità che porterà il mondialismo, dove una ristretta cerchia di “illuminati” sarà esonerata dai diktat generali mentre la massa sempre più povera e trattata alla stregua di bestiame sarà vittima, spesso consenziente, di ogni vessazione delle autorità. In Spagna, nella regione dell’Andalusia, si sta pensando persino di imporre la mascherina nelle case. In questo momento, le élite stanno testando le reazioni delle persone e il loro grado di sottomissione alle loro prevaricazioni. Stanno, in altre parole, preparando la popolazione mondiale al livello di obbedienza assoluta che sarà richiesto per entrare a far parte del Nuovo Ordine Mondiale. Non ci sarà infatti spazio per il dissenso. I dissidenti saranno messi al bando e trattati alla stregua di elementi indesiderati da eliminare. In questo senso, l’imposizione delle mascherine oltre a verificare il grado di sottomissione del popolo aiuta il regime a comprendere facilmente chi non si allinea alla dittatura. E’ un modo per poterli individuare rapidamente e vessarli con abusi e sanzioni illegali e incostituzionali. In questo modo, la dittatura cerca di spezzare anche la volontà di chi non vuole allinearsi avvertendolo del futuro che lo attende se non si adegua. Questa seconda fase, per quanto potrà sembrare difficile da credere, si annuncia persino più autoritaria di quella di marzo. I controlli che stanno per arrivare saranno non molto dissimili da quelli previsti per la legge marziale. Si inizia già a parlare dell’esercito per le strade per far rispettare le imposizioni della dittatura. Occorre che la popolazione venga “educata” e sottomessa completamente per poter procedere spediti verso il governo unico mondiale sognato dai Rockefeller. I governi nel mondo si stanno attenendo fedelmente all’agenda di questo piano. Nuove chiusure sono già state decise. A New York hanno già chiuso nove quartieri. Parigi sembra destinata a seguire la stessa strada. Il governo eversivo Pd-M5S sembra orientato a seguire la stessa strategia, stavolta servendosi delle Regioni per avviare delle chiusure locali che produrranno quasi lo stesso effetto di una chiusura generalizzata a livello nazionale. A quel punto, l’economia italiana e mondiale rischierà davvero di implodere. Solo per quello che riguarda l’Italia, quest’anno si attende un calo del Pil del 13%. A Roma hanno già chiuso 5.000 negozi e a Venezia è già partito lo shopping delle attività fallite da parte degli albanesi e dei capitali stranieri. Il porto di Taranto è finito in mani cinesi mentre quello di Trieste è stato comprato da una società tedesca. Il paese è stato messo all’asta e i danni delle precedenti chiusure sono stati già pesantissimi. Se si chiude nuovamente, si rischia di raggiungere crolli del Pil pari a quelli del 1944 dove questo indicatore scese del 18,7%. Il pane mancherà sulla tavola e le rivolte a questo punto si faranno sempre più inevitabili. Non ci sarà da sorprendersi se una volta giunti a questo scenario di disordini generali, la dittatura ricorrerà alle forze armate contro civili inermi. L’operazione Covid dunque sta per toccare un punto ancora più alto di destabilizzazione che servirà a generare il caos desiderato dal sistema per arrivare verso l’ordine mondiale autoritario voluto dalle élite. A questo punto, l’unico intralcio sui piani del mondialismo è rappresentato solamente dall’America. Solo la superpotenza di questa nazione può mettere un freno all’avanzare del nuovo autoritarismo globale. Senza gli Stati Uniti, è praticamente impossibile arrivare al compimento di un governo unico mondiale. In questo senso, Trump è stato l’elemento imprevisto e non calcolato dal sistema, che il Deep State vuole disperatamente togliere dalla scena. Il giornale di riferimento della sinistra progressista internazionale, il “Washington Post”, pochi giorni fa pubblicava un tweet nel quale scriveva di immaginare come sarebbe il mondo se non si dovesse più pensare a Trump. E’ questo ciò che vuole il sistema. Vuole togliere di mezzo l’ultimo grande ostacolo che separa il mondo dal Nuovo Ordine Mondiale, ovvero Donald Trump. Dopo resterebbe la sola Russia di Putin, che verrebbe attaccata come ha già fatto capire il candidato democratico Joe Biden. In America, il Deep State militare sta suggerendo apertamente di rovesciare il presidente con un colpo di Stato qualora non volesse lasciare spontaneamente la Casa Bianca anche in caso di una sua rielezione. Dipende tutto da questo, dunque. In queste ore si decide se si avrà ancora la possibilità di vivere in un mondo libero o sotto il giogo dell’autoritarismo globale. Quali saranno le sorti dell’umanità, dunque? Molti anni fa, nel 1983, Thomas Zimmer, un prete cattolico mistico predisse l’avvento di Donald Trump alla Casa Bianca, quando ancora questa ipotesi era praticamente impensabile. Padre Zimmer disse che il compito di Trump, una volta eletto presidente, sarebbe stato quello di riportare l’America a Dio. La prima parte di quella previsione si è avverata. Ora resta da capire se sarà così anche per la seconda parte. Più recentemente, monsignor Viganò si è espresso allo stesso modo osservando che a Trump è stato dato il compito di fermare il Nuovo Ordine Mondiale. E’ uno scontro che travalica i confini della politica per approdare in quelli della spiritualità, perché in gioco in questa guerra ci sono delle forze molto più grandi. Ora resta da capire se Trump davvero gode di quella protezione divina di cui hanno parlato sia padre Zimmer sia monsignor Viganò. L’autunno che cambierà la storia del mondo è appena iniziato e ora tutti attendono di conoscere il proprio destino.
(Cesare Sacchetti, “Trump positivo al Covid: la mossa per mettere fine all’operazione terroristica Covid e fermare il Nuovo Ordine Mondiale?”, dal blog “La Cruna dell’Ago” del 5 ottobre 2020).
FONTE: https://www.libreidee.org/2020/10/guerra-mondiale-contro-di-noi-lultimo-ostacolo-e-trump/
CULTURA
Così la nuova dittatura soft costruisce l'”uomo corretto”
Nel saggio di Giovanni Sallusti un’analisi dell’ideologia dominante e del suo potere di escludere ogni dissenso
Sul politicamente corretto, l’ideologia che oggi domina nel mondo intellettuale occidentale, ci sono buoni testi che affrontano il tema ad ampio spettro e in maniera esaustiva: da quello di Douglas Murray, che parla di «pazzia delle folle», all’altro, in Italia, di Eugenio Capozzi.
Cosa aggiunge ad essi il volume di Giovanni Sallusti, appena pubblicato, è presto detto: la capacità di spiegare a tutti, anche ai lettori veloci e distratti, questo fenomeno, e soprattutto i pericoli per la nostra civiltà che da esso derivano. Rischi evidenziati sin dal sottotitolo, che ha solo apparentemente il sapore dell’ossimoro e del paradosso: Politicamente corretto.
La dittatura democratica (Giubilei Regnani, pagg. 133, euro 13).
Anche se l’autore usa un registro giornalistico «di pancia», non disdegnando però l’ironia e il sarcasmo, e condisce di esempi concreti presi dalla cronaca recente il suo racconto, non si può non ammettere come il volume segua uno sviluppo logico e lineare e tocchi i principali aspetti teorici della faccenda. Partendo infatti dalla sua identità personale, di maschio, bianco, cristiano ed eterosessuale, Sallusti snocciola davanti ai nostri occhi quattro capitoli, che sono veri e propri «atti», come li chiama, di una tragedia che è quella dell’Occidente odierno. Il quale non è tanto semplicemente al «tramonto», o in «declino», ma ha sviluppato una strana «malattia»: quella di una civiltà che odia se stessa, la sua cultura, le sue tradizioni, la sua storia. E che vuole non migliorarsi ma autoannullarsi per costruirsi daccapo, su basi astratte in parte surreali e in parte pericolose.
La cultura che indirizza questa trasformazione in pochi anni ha preso il dominio delle menti più colte, e della più vasta opinione pubblica «riflessiva», vuoi per ribellione verso la cultura classica, cioè la vera cultura, vuoi per il naturale spirito gregario (la «morale del gregge» di nietzschiana memoria) che contraddistingue l’essere umano. La sua particolarità è di continuarsi a credere controccorrente e rivoluzionaria pur costituendo ormai, con tutta evidenza, il nuovo conformismo di massa, e anche di élite avendo attecchito nelle università, nei media, e in genere in tutti i sistemi di formazione e informazione. Ritornando all’identità di Sallusti, i quattro elementi di cui è composta costituiscono, per i nuovi conformisti, qualcosa di cui vergognarsi, sentirsi colpevole: qualcosa che bisogna assolutamente sradicare negli specifici ambiti in cui hanno corso. Essere maschio significa appartenere a una cultura fallocratica, cioè aggressiva e sopraffattrice a prescindere, che ci rende «colpevoli» anche se siamo le persone più miti che possano esserci. La «colpa» di essere bianchi è invece quella di non aver vissuto le esperienze piene di senso (presunto) che avrebbero quelle degli appartenenti ad altre razze. Quanto al cristianesimo, esso viene trattato alla stregua di una superstizione che va coltivata di nascosto per non offendere i fedeli di altre religioni, ai quali è però concesso di ostentare simboli e vestiario come forme di rispetto per la loro identità «altra». L’eterosessualità è invece una «colpa» per il semplice fatto che chi la pratica, rivolgendo la propria attenzione esclusivamente all’altro sesso, riduce i rapporti fra gli esseri umani ad una sola dimensione e per giunta quella biologica, mentre il gender è qualcosa di fluido e creativo che uno dovrebbe poter indossare e riporre poi nell’armadio come un qualsiasi vestito.
Sallusti, oltre a indicarci diversi cortocircuiti logici ed etici a cui va incontro il politicamente corretto, mostra con chiarezza come questa ideologia, nata per includere e riconoscere le diversità fra gli uomini, finisca per imporre una sorta di «pensiero unico» che esclude perché impedisce a priori ogni possibile messa in discussione dei suoi diktat. Il fatto che essa agisca in nome di buoni sentimenti, e con intenti democratici, non la fa essere diversa da una qualsiasi dittatura storica, di cui anzi rappresenta una evoluzione e radicalizzazione: il suo essere soft e «gentile» la fa raggiungere in modo pervasivo le mente, oltre ai corpi, degli individui. Chi pensa altrimenti, è delegittimato moralmente prima che intellettualmente. E a volte finisce per esserlo anche penalmente, come mostrano proposte di legge come quella che in Italia porta la firma dei deputati Zan e Scalfarotto contro la «omobitransfobia». Su di essa l’autore di questo libro si sofferma in pagine lucidissime, a conclusione del suo volume.
Ritornando invece all’operazione di reset e reengineering connessa al politicamente corretto, è evidente che si tratta di una malattia già presente, con diversi gradi e modalità di espressione, nei totalitarismi che hanno funestato la storia del Novecento, tutti protesi a creare l’«uomo nuovo», e in genere in buona parte della vicenda storica della sinistra. Soprattutto quella di più evidente derivazione illuministico-giacobina, elemento sempre in contraddizione nel marxismo storico con l’altro del realismo politico. Di fronte a questa tensione trasformatrice e palingenetica, che oggi assume le forme rarefatte delle utopie verdi e digitali, il liberalismo, sulle orme del cristianesimo, ha sempre tenuto in conto l’imperfezione dell’essere umano, il suo inestricabile mix di bene e male. E in verità, a ben vedere, è proprio la perdita di questo sentimento tragico dell’esistenza, la malattia più profonda che ci ha colto e di cui questa ideologia terminale è la più compiuta espressione.
FONTE: https://www.ilgiornale.it/news/spettacoli/cos-nuova-dittatura-soft-costruisce-l-uomo-corretto-1896125.html
CYBERWAR SPIONAGGIO INFORMAZIONE DISINFORMAZIONE
Riceve a casa l’esito del tampone del figlio morto un anno prima
“Mio figlio è morto 18 mesi fa, ma oggi l’Asl mi ha recapitato l’esito del suo tampone per Covid-19”: la storia di Lorenzo Vieri in esclusiva su Notizie.it.
Cento, centodieci, centoventi, centotrenta tamponi al giorno. Rispetto al mese di marzo, quando se ne processavano circa 30mila al giorno, oggi la capacità del Servizio sanitario nazionale supera i 100mila esami. E si viaggia su questi numeri da un mese a questa parte.
Tutte analisi pagate dallo Stato, naturalmente. Ma così come il numero di morti, di o per Coronavirus, rilasciati dal ministero della Salute e dalla Protezione civile, aveva fatto sorgere dubbi sulla loro veridicità, così anche il numero di tamponi eseguiti dalle varie Asl italiane e dai laboratori pubblici, lascia oggi perplessi, soprattutto perché non viene specificato mai quante di queste persone analizzate e risultate positive, abbiano poi i sintomi gravi della malattia, siano finite in ospedale, o peggio, in terapia intensiva.
Nulla di tutto questo viene spiegato dal Ministero, lasciando scivolare tutto nell’equivoco.
La prova di questi sospetti arriva, forte e chiara, da Firenze. A raccontarla a Notizie.it è un padre di 33 anni, Lorenzo Vieri, professione geometra, che 18 mesi fa ha perso il suo bambino di appena un mese, Guglielmo, per arresto cardiaco, come conseguenza di essere nato con una grave malformazione alla testa.
Ebbene, il 9 ottobre 2020, come certifica il documento che pubblichiamo in esclusiva, il signor Vieri si è visto recapitare a casa una subdola busta dell’Asl Toscana Centro, presidio ospedaliero di Prato, con al suo interno un referto sorprendente: l’esito del tampone rinofaringeo per il virus Sars-Cov-2, a suo figlio Guglielmo, morto 18 mesi fa, con tanto di numero di richiesta e identificativo del paziente. Secondo questo foglio raccapricciante, il bambino, nato il 10 febbraio 2019 all’ospedale di Careggi di Firenze e, dopo interminabili giorni in terapia intensiva, morto il 22 marzo dello stesso anno all’ospedale pediatrico Meyer, avrebbe eseguito il tampone il 29 settembre 2020, alle 14,04.
Il richiedente sarebbe un non meglio specificato Istituto medico toscano e l’esito è singolare: “Non rilevato”.
Potremmo, dunque, pensare ad un caso di omonimia? Niente affatto, perché nel documento si specifica a chiare lettere il codice fiscale del bambino, l’età (1 anno) e l’esatta data di nascita, prove lampanti che l’Asl sapeva bene a chi indirizzasse quella ambigua busta.
Ad un bambino che purtroppo non c’è più e che, secondo loro, ad appena un anno avrebbe eseguito un tampone per il Covid-19. “Io dico solo una cosa – commenta il signor Vieri -, se questo è il modo in cui il Ministero riferisce ogni giorno i numeri sui tamponi eseguiti, siamo messi bene. Che attendibilità possono avere quei numeri se dentro hanno inserito anche quello di mio figlio morto 18 mesi fa? Immagino, inoltre, che lo Stato abbia pagato per quell’esame, per cui mi viene pure da pensare che qualcuno lucri sui tamponi falsi come questo”.
Intestatario del referto è il reparto di patologia clinica dell’ospedale di Prato diretto dal dottor Ismaele Fusco. “Ma io non conosco il dottor Fusco e non sono mai andato all’ospedale di Prato. Non capisco come abbiano fatto a redigere un referto tanto sconcertante”. Il padre di Guglielmo, bambino nato con una polimicrogiria, ovvero una malformazione della corteccia cerebrale, non diagnosticata durante le ecografie della gravidanza e nemmeno da una successiva risonanza magnetica al cervello, non si è ancora ripreso dal tremendo dolore per la perdita del suo bambino, che ha portato anche alla fine del suo matrimonio e, adesso, l’Asl infierisce su di lui pure con questo orribile referto medico, che riapre un’enorme ferita mai risarcita, non dando peraltro ulteriori spiegazioni. “Ma, se vogliamo, la cosa ancor più agghiacciante – continua Vieri – è che nel documento si dice che il referto originale è conservato presso il laboratorio di biologia molecolare dell’ospedale di Prato. Sarei curioso di sapere che cosa c’è scritto. Io non ho ancora chiamato l’Asl per chiedere spiegazioni ma ho già contattato il mio avvocato e mi riservo azioni legali nei loro confronti”.
- LEGGI ANCHE: Covid, quanto costano tamponi e test sierologici?
L’avvocato Luca Biagi di Firenze, che ha preso in carico questa storia, ha fortemente censurato il comportamento dell’Asl Toscana formulando, nell’interesse del padre di Guglielmo, un’espressa riserva di azione per i danni morali patiti dal proprio assistito: “Mai visto una cosa del genere. Di un cattivo gusto incredibile. Questo sarebbe il modo in cui ci tratta la nostra sanità che paghiamo profumatamente e il sistema falsato con cui conteggiano il numero di tamponi Covid giornalieri”, ha detto.
FONTE: https://www.notizie.it/cronaca/2020/10/14/tampone-figlio-morto-anno-prima/
DIRITTI UMANI
Violenza sulle bambine: la situazione è allarmante anche in Italia
Nel 2019 ben 5939 bambine sono state vittime di violenza e la pornografia minorile ha registrato un +26% rispetto al 2018. Cala la prostituzione minorile, dove la Lombardia detiene il triste primato.
C. ha sei anni. Tre mesi fa l’hanno portata via dalla sua famiglia perché il padre abusava di lei; la madre sapeva tutto, ma non aveva il coraggio di andare a denunciarlo. A salvarla dalla sua famiglia è stata la sua maestra, cui C.
durante un gioco aveva rivelato piangendo ciò che accadeva fra le mura domestiche.
T. invece di anni ne ha sette, ha iniziato a fare la baby modella quattro anni fa e vive in un mondo popolato da lustrini, shooting fotografici, mascara e ombretti: a scuola è una delle più invidiate, sogna da grande di fare la modella, o magari di riuscire a diventare attrice. La sua unica ambizione, adesso, è quella di essere magra.
“Perché chi è magro come la mamma è felice”, mi dice.
C. e T. sono due bambine italiane, che vivono a 200 chilometri di distanza. Le loro storie sono opposte, sottendono abusi e violenze del tutto differenti, eppure raccontano molto delle sofferenze e delle pressioni cui sono vittime le bimbe italiane.
Bimbe che l’11 ottobre dovrebbero festeggiare la loro giornata – perché da anni l’11 ottobre è la Giornata Mondiale delle Bambine – e che invece rimangono nell’ombra e nel dolore.
Se nel mondo ogni anno 12 milioni di ragazze sotto i 18 anni sono costrette a sposarsi, spesso con uomini molto più grandi di loro, e secondo una stima a ribasso nel solo 2020 ben 4,1 milioni di bambine verranno sottoposte a mutilazioni genitali, la situazione di violenza perpetuata sul corpo delle minori anche nel nostro Paese è allarmante.
A raccontarlo, come ogni anno, è il dossier InDifesa di Terre des Hommes – costruito elaborando i dati del Comando Interforze – che rivela come nel 2019 ben 5939 bambine siano state vittime di violenza.
I reati riguardano spesso il corpo: la pornografia minorile ha registrato un +26% rispetto al 2018, mentre è del 700% l’aumento in dieci anni del dato relativo alle vittime di detenzione di materiale pornografico.
Ai maltrattamenti in famiglia che continuano a crescere, si affiancano anche i reati della sfera sessuale aggravata, la corruzione di minorenne, e gli atti sessuali con minore. Fortunatamente cala la prostituzione minorile (-19% rispetto al 2018, -34% sui 10 anni).
E la Lombardia si rivela la regione italiana dove si registrano più casi (1.015 vittime), seguita da Sicilia (651), Emilia Romagna (644), Lazio (541), Veneto (433) e Campania (414). L’incremento più significativo si è verificato in Basilicata: nel 2018 le vittime erano 30, passate a 55 l’anno scorso.
L’omicidio volontario invece vede come primatista con cinque vittime la Campania. Impossibile non pensare a quello che qui successe sei anni fa, e che spezzò il cuore dell’Italia intera. Era il 24 giugno 2014 quando la piccola Fortuna Loffredo venne scaraventata dal terrazzo dell’ottavo piano del rione Parco verde di Caivano da Raimondo Caputo. L’uomo aveva provato ad abusare della bambina, e l’aveva ammazzata brutalmente quando questa aveva tentato di ribellarsi.
La vicenda rivelò un’Italia di squallore e miseria. E ha adesso ispirato il regista Nicolangelo Gelormini, che ne scrive con Massimiliano Virgilio nel film “Fortuna”. C’è grande attesa per questa opera prima, che sarà presentata alla Festa del Cinema di Roma nella sezione ufficiale e che annovera fra le attrici anche Valeria Golino. C’è grande attesa per comprendere la strada usata dai due autori per narrare il reale e accompagnare lo spettatore nei meandri di una violenza sottaciuta.
Eppure, oggi più che mai è fondamentale obbligare la narrazione a indagare la brutalità e l’accanimento sul corpo delle più piccole e sulle loro inermi storie, oltre pellicole strumentali quali “Cuties” – film su Netflix, che alla piattaforma è costata 9 milioni di euro fumati in borsa – oggetto di grande polemica per le oscene inquadrature sul corpo delle minori. È fondamentale riprendere e allargare la riflessione sull’ipersessualizzazione e la strumentalizzazione del corpo delle bambine, che saranno le donne di domani.
Albert Einstein diceva che “non esistono grandi scoperte, né reale progresso finché sulla terra esiste un bambino infelice”. Esistono molti modi in cui noi adulti sappiamo sottrarre l’infanzia e la gioia ai bambini. Alcuni sono più evidenti e hanno i confini dello sfruttamento e dell’abuso, altri sono più sottili come la manipolazione psicologica e la capacità di indirizzare in modo univoco i desideri. Tutti producono nei più piccoli dolori eterni, cicatrici dell’anima da cui difficilmente potranno guarire e affrancarsi nel corso della loro vita.
Se alle bambine di oggi dovremmo tornare a chiedere solo che siano e sappiano essere bambine, noi adulti – e soprattutto a noi donne adulte – dovremmo invece impegnarci per far sì che i corpi delle più piccole restino corpi di giochi spensierati, protetti dagli abusi e dalle strumentalizzazioni.
FONTE: https://www.notizie.it/cronaca/2020/10/11/violenza-bambine-situazione-italia/
ECONOMIA
Addio, addio 209 miliardi
Stato di diritto: violato in Polonia, e in Italia no?
Come noto, la UE vuol punire Polonia e Ungheria con sanzioni gravissime per “violazione dello stato di diritto”, per loro riforme intese a dar al potere esecutivo un certo controllo sul potere giudiziario. Dice Bruxelles: «il potere esecutivo e quello legislativo sono stati messi nella condizione di interferire sistematicamente in modo politico nella composizione, nei poteri, e nel funzionamento del potere giudiziario».
La prepotenza settario-ideologica di simili accuse è dimostrata dal fatto che Bruxelles ritiene lo stato di diritto funzionante e prospero in Italia, dove (vedi Palamara e suoi giudicanti) è “il potere giudiziario che si è messo nella condizione di interferire sistematicamente, in modo politico, sul potere esecutivo e legislativo”, in una lussuriosa commistione genetica, ormai irreversibile, fra i tre poteri – che dovrebbero essere separati per DNA – nelle complicità e omertà per cui, per esempio, alla Corte Costituzionale siede da secoli un volpone politico come Giuliano Amato: coronamento di un “Ordine” che è una ghenga che si accaparra poteri e posti e stipendioni, che se la canta e se la suona coi complici nei governi “amici” che ha creato incriminando governanti “nemici”. Fino ad assicurare la più losca impunità a Conte che governa con DCPM liberticidi, e all’immane magnazza di denaro pubblico messa in atto dai gestori del Covid.
Contro il governo amico italiota la UE nulla eccepisce.
Polonia: veto al Recovery Fund
Contro Varsavia e Budapest, Bruxelles (ossia la tedesca VDL) intende – con un inghippo la cui macchinosità è evidente già nella sola formulazione , “ tagliare gli aiuti finanziari dell’UE agli Stati membri se le violazioni dello Stato di diritto hanno un impatto sufficientemente diretto sulla gestione del bilancio e sugli interessi finanziari dell’Unione”, insomma far mancare i grassi finanziamenti di favore di la UE ha coperto i due paesi, senza altro motivo che renderli complici della “costruzione europea”. Ancor più grave è la minaccia di togliere ai due il diritto di voto nei consessi europei, misura in base a cui Bruxelles ha il potere di ridurre stati-membri allo stato di servi politici della gleba, inferiori senza voce in capitolo. Insomma la democracy
Democracy is freedom
IL punto è che i due governi-da-punire il diritto di voto ancora lo hanno; anzi, hanno anche il diritto di veto; e lo useranno per bloccare il Recovery Fund, quei fantomatici “209 miliardi” su cui il regime Conte-Gualtieri basano le loro mezze illusioni e la loro propaganda mediatica favoleggia. Miliardi che, come ha spiegato da mesi Bagnai, non ci sono, e che la Ue dovrà andare a cercare sui mercati, quand’anche vince le resistenze al piano, che vengono dal Nord (Spilorci) non meno che dall’Est.
Ora, il vice primo ministro polacco Jaroslaw Kaczynski (che di fatto è il vero capo) ha detto che sul Recovery Fund, per quanto riguarda la Polonia, “ci sarà un veto. Se le minacce e le estorsioni continuano, difenderemo duramente gli interessi vitali della Polonia “. Lo ha detto in una intervista alla Gazeta Polska Codziennie, martedì 13. «Difenderemo a tutti i costi la nostra identità, la nostra libertà e sovranità. Non permettiamo a noi stessi di essere terrorizzati con il denaro. La nostra risposta a tali azioni è chiaramente no ”, dichiarazione doppiamente interessante: concetti come “sovranità e identità” da noi sono termini proibiti, anzi crimini che ti escludono dal discorso pubblico se li pronunci, fanno di te un paria, e vieni pressantemente invitato a pentirti di averli pensati, perché altrimenti “in UE si è isolati”, il governo polacco non si vergogna di affermarli, e proprio in faccia alla UE.
Insomma il Recovery (o come nella neolingua della VDL “Next Generation” qualcosa fund, non essendo chiaro se sono due fud o uno solo) incontra un altro ostacolo maggiore. Poco male in fondo perché, come anticipa Giuseppe Liturri, “passeremo ad essere contributori netti per 50 miliardi anziché 37” .
E la UE stessa potrebbe essere avviata allo sgretolamento, indotto dalle sue paturnie ideologiche.
E rendere l’economia “verde” con punizioni distrugge la UE
Si prenda il caso del progetto “green” di cui la Von der Leyen ha fatto il suo cavallo di battaglia proprio in questo tempo di depressione gravissima: lo ha concepito essenzialmente come una formula punitiva delle industrie “marroni” (sic) che non passano al “green”: punizione che dovrebbe esere comminata attraverso la finanza, con tassi d’interesse più lievi per le attività “verdi” e più pesanti per le “marroni”.
Il mondo degli affari tedeschi (che ben conosce l’insipienza con cui la signori ha devastato le forze armate germaniche fino a renderle inutilizzabili, quando era alla Difesa) è insorto.
Le critiche si fanno più forti: l’UE schiaccia le PMI con il “mostro burocratico verde”
La Camera di Commercio e Industria di Monaco e dell’Alta Baviera ha rilevato che le specifiche previste da Bruxelles danneggiano le piccole- medie imprese. Poiché le piccole imprese si finanziano maggiormente attraverso il credito, hanno già sofferto molto di più a causa di requisiti di finanziamento più severi rispetto alle società con accesso diretto al mercato finanziario internazionale. Ciò preferirebbe impedire la trasformazione piuttosto che promuoverla.
Esiste la minaccia di un nuovo enorme mostro burocratico”, ha affermato il vicepresidente di IHK Johannes Winklhofer, settore auto. Infatti: la stessa Banca centrale europea ha perso le tracce di chi è ancora autorizzato a dare soldi in un’Europa verde e chi non è più autorizzato a farlo. Ha quindi invitato l’UE a redigere la “lista marrone” dei “peccatori ambientali”
Anche il vero pezzo da novanta testa pensante della teoria economica tedesca, il presidente dell’Ifo Clemens Fuest ha condannato l’ideona della Van der Leyen: “I problemi ambientali andrebbero affrontati attraverso misure di politica ambientale”. La classificazione in entità economiche “verdi” o “marroni” e le linee guida per dirigere i flussi di capitali in “verdi” ha come risultato “una doppia regolamentazione inefficiente”.
Clemens Fuest è anche quello che riconosce che all’Italia converrebbe lasciare l’euro, il che indica che l’irreversibilità della moneta unica non è data per scontata, negli ambienti che contano.
A ciò si aggiunga che la Federal Reserve, per bocca del suo nuovo governatore (a cui Trump ha storto il braccio), ha rigettato la teoria-base delle banche centrali, il dogma per cui il pieno impiego provoca inflazione.
Con ciò, “vediamo davanti ai nostri occhi lo sgretolamento accelerato del Washington Consensus”, commenta Sébastien Cochard, diplomatico dopo essere stato al Tesoro francese. “Ora, l’euro è l’incarnazione stessa del Washington Consensus: quindi collasserà”.
E noi non avremo niente da metterci, trovandoci con l’ultimo governo europeista rimasto senza UE.
FONTE: https://www.maurizioblondet.it/addio-addio-209-miliardi/
Vaccinarci (contro il capitalismo) salverà il mondo
8 OTTOBRE 2020
Ci siamo già soffermati sulla natura bestiale dei tagli alla sanità pubblica italiana e sugli effetti nefasti di tali tagli sulla vita delle persone. Abbiamo visto che dal 2009 al 2018, nel nostro Paese, c’è stata una riduzione, in termini reali, della spesa sanitaria di circa 26 miliardi: una diminuzione pari, all’incirca, al 12%. Se si considerano spesa corrente e investimenti nel settore sanitario, la riduzione della spesa pubblica, tra il 2009 e il 2018, è stata pari al 13%.
Le conseguenze di questi tagli si sono viste nel pieno dell’emergenza epidemiologica da Covid-19, quando il servizio sanitario nazionale ha rischiato di collassare (e, in alcune aree, quelle più colpite dall’epidemia, è crollato) sotto il peso dei ricoveri giornalieri e dei malati in terapia intensiva. Il tutto, in omaggio all’austerità e alla disciplina di bilancio: un sacrificio rituale collettivo per fornire linfa vitale al capitale.
La ricerca del profitto a tutti i costi, però, non contribuisce solo a rendere palesemente inadeguati i sistemi sanitari nazionali nell’affrontare eventi imprevisti come una pandemia, ma incide anche, a livello nazionale e globale, sulla capacità di prendere misure preventive e di profilassi. Il capitalismo ci mostra, ancora una volta, il suo volto avido e ingordo nella corsa al vaccino contro il Sars-CoV-2: persino quando si decide della vita o della morte delle persone, la logica resta quella del profitto.
Oxfam, una confederazione internazionale di organizzazioni non governative (ONG) che operano nel campo della lotta alla povertà, denuncia che oltre la metà della futura fornitura dei principali vaccini anti-Coronavirus, attualmente in fase di sviluppo, è già stata acquistata da un piccolo gruppo di Paesi ricchi. Si tratta, dal punto di vista della popolazione mondiale, di un club molto esclusivo, poiché i Paesi in questione ospitano appena il 13% della popolazione mondiale. In altri termini, ciò vuol dire che anche laddove tutti e cinque i vaccini attualmente allo studio dovessero rivelarsi efficaci, oltre il 60% della popolazione mondiale dovrà fare a meno del vaccino fino al 2022.
A prevalere, dunque, al di là di tutti i proclami solidaristici, non è la fratellanza internazionale, ma la legge del più forte. Nel sistema capitalistico, anche un vaccino salva-vita diventa una merce da vendere e da cui trarre profitto. Sarà nei Paesi più ricchi che si produrrà prima il vaccino e, in ogni caso, saranno questi i Paesi che potranno permettersi l’acquisto delle prime dosi.
In questo contesto, poi, i primi Paesi che saranno immunizzati dal virus potranno far ripartire più rapidamente le proprie economie, magari incrementando le esportazioni e attirando turisti. Ecco che il vaccino assume una valenza strategica e geopolitica, come se fosse una nuova tipologia di arma.
Questa vicenda si inserisce nella più ampia questione dei brevetti sui farmaci. Senza brevetti sarebbe possibile produrre medicine oggi costosissime a prezzo bassissimo in qualunque Paese del mondo, anche in quelli più poveri. Come è possibile? Il motivo è che il profitto delle case farmaceutiche, grazie alla protezione garantita dai brevetti, è altissimo su ogni medicina venduta. Venuto meno il profitto, il costo di produzione sarebbe spesso risibile (si pensi alle vicende legate ai farmaci anti AIDS o alla questione della produzione dei farmaci in India senza brevetto).
Alcuni sostengono, però, che se le case farmaceutiche non fossero spinte dal profitto, non investirebbero in ricerca e non avremmo nessuna medicina, né a caro né a basso prezzo. Tuttavia, vi sono due ordini di obiezioni a questa idea infondata. In primo luogo, data l’elevatissima profittabilità delle imprese farmaceutiche, lo Stato e le organizzazioni sovranazionali potrebbero adottare scelte politiche volte a favorire l’accesso di gran parte della popolazione mondiale ai farmaci e ai vaccini, senza per questo rendere il settore così poco profittevole da ridurre gli investimenti privati. Inoltre, a priori, finanziando la ricerca pubblica si potrebbe sostituire gran parte di quella privata, potendo raggiungere risultati rilevanti anche in settori non remunerativi, ma necessari per la salute degli esseri umani (come farmaci per patologie diffuse nei Paesi poveri, si pensi alla triste vicenda dell’epidemia di ebola in Africa).
La realtà, però, è ben diversa. Negli USA la sanità è privata, mentre l’Europa, fiaccata da decenni di tagli a istruzione e ricerca, spende sempre meno nella ricerca pubblica. Il risultato è che la ricerca farmaceutica mondiale è portata avanti da pochi gruppi interessati alla massimizzazione dei profitti anziché al benessere degli esseri umani. Ne consegue che anche la decisione delle linee di ricerca è dettata da quanto queste possano rivelarsi redditizie. E la redditività di una produzione dipende in maniera cruciale dal potere d’acquisto dei consumatori nei mercati di sbocco (e dalla differenza rispetto ai costi di produzione).
I Paesi ricchi spendono moltissimo per acquistare farmaci sempre più costosi (in Italia nel 2019 la spesa farmaceutica è stata di oltre 18,5 miliardi di euro), prodotti da multinazionali che vedono aumentare esponenzialmente i propri profitti. Nei Paesi poveri, invece, la possibilità di accedere a molte cure è del tutto esclusa – ad esempio, alcuni farmaci oncologici costano centinaia di migliaia di euro, ma esistono anche farmaci ben più cari. Le stesse forze che nelle economie avanzate impoveriscono i lavoratori tengono fuori interi Paesi dall’accesso ai farmaci.
Come ormai ben sappiamo, tutto ciò non avviene per errore, non è un inconveniente che si è manifestato lungo il percorso, ma una realtà connaturata al capitalismo. È una logica che muove tutto nella nostra società: aumentare il più possibile i profitti. Laddove ci sarebbe bisogno di uno sforzo congiunto di tutti i Paesi intorno alla ricerca scientifica, alla produzione e alla diffusione di un vaccino, si procede in ordine sparso, e le prime preziosissime dosi saranno riservate al miglior offerente. A farne i conti, come sempre, saranno i più poveri, mentre il capitale potrà continuare a prosperare: una iniquità che trova nella storia del vaccino anti-Coronavirus una parabola esplicativa di drammatica potenza.
FONTE: https://coniarerivolta.org/2020/10/07/vaccinarci-contro-il-capitalismo-salvera-il-mondo/
SOMMERSO IN ITALIA, L’ECONOMIA ILLEGALE VALE 211 MILIARDI
Un peso dell’11,9 per cento sul Pil, ma soprattutto 211 miliardi di euro: è questo il valore dell’economia sommersa ed economia illegale nel nostro Paese. Dati, questi, che sono relativi al 2018, come reso noto dall’ultimo rapporto dell’Istat. Facendo un confronto con il 2017, la riduzione è sui 3 miliardi.
Nel merito, viene spiegato che l’economia sommersa si avvicina ai 192 miliardi di euro. Attività illegali – con traffico di droga come capofila – ammontano a quasi 19 miliardi. Sempre per l’Istat, c’è una diminuzione delle unità di lavoro irregolari: nel 2018 toccano quota 3 milioni 652mila, con un calo di 48mila unità rispetto al 2017.
Capitolo lavoro irregolare: scende dell’1,3 per cento. La componente non regolare dipendente presenta un -1,4 per cento (meno 39mila unità). Quella indipendente ha -9mila unità, una riduzione cioè dello 0,9 per cento.
Altri numeri. Nel sommerso circa l’80 per cento viene riscontrato nel terziario, oltre il 40 per cento invece nel commercio. Secondo l’analisi dell’Istat, il sommerso è presente per circa due terzi in tre settori: commercio, alloggio e ristorazione, trasporti. Da segnalare come le attività di produzione di beni intermedi e di produzione di beni di investimento contribuiscono, in modo più ridotto, all’economia sommersa (rispettivamente 0,9 per cento e 2,2 per cento) che al valore aggiunto complessivo (5,9 per cento e 7,2 per cento).
Ultima curiosità: l’incidenza del lavoro irregolare presenta un calo in tutti i settori tranne che nell’agricoltura. Qui emerge una crescita dal 18,4 per cento del 2017 al 18,8 per cento del 2018.
FONTE: http://opinione.it/economia/2020/10/14/redazione_economia-sommersa-irregolare-pil-istat-italia-commercio-terziario-agricoltura/
L’ECONOMIA DEL CARNEFICE: UNA CRITICA DELLA PIANIFICAZIONE
L’articolo del sedicenne Piero Manzoni (L’economia del carnefice), ora ripubblicato da De Piante Editore, è un attacco feroce al socialismo, visto come la negazione della libertà; ma è anche un attacco all’idea della pianificazione, all’idea cioè di una società pianificata dall’alto. Nel testo di Manzoni, oltre alla pars destruens non manca la pars costruens: la difesa del mercato, visto in parallelo con la democrazia, dal momento che solo nel mercato le persone possono “votare” ogni giorno con le loro scelte. Con queste parole Carlo Lottieri (direttore del dipartimento di teoria politica dell’Istituto Bruno Leoni) ha introdotto il webinar di ieri: L’economia del carnefice. Il liceale Piero Manzoni contro il socialismo.
Oltre allo stesso Lottieri, all’incontro hanno partecipato Elena Manzoni di Chiosca (presidente della Fondazione Piero Manzoni), Luigi Mascheroni (giornalista del quotidiano Il Giornale), Guido Andrea Pautasso (critico e studioso delle avanguardie artistiche del Novecento) e Marco Romano (già professore ordinario di Estetica della città e saggista).
Nel suo intervento Guido Andrea Pautasso, curatore del libro, ha ricostruito il contesto all’interno del quale è nato questo testo: Manzoni è un giovane liceale dell’Istituto Leone XIII, fa volontariato e si interessa di politica. È membro dei G.P.S. (Gruppi di Preparazione Sociale), una sorta di movimento studentesco cattolico impegnato nel sociale. Ed è proprio sulla rivista dei G.P.S. che scrive il suo articolo sull’“economia del carnefice”.
Il testo è stato ora pubblicato da De Piante Editore che, come ha ricordato Luigi Mascheroni, è una casa editrice raffinata che si rivolge al lettore collezionista e bibliofilo. L’importanza dei testi pubblicati risiede anche nel loro valore documentale: d’ora in poi chi si occuperà di Piero Manzoni non potrà trascurare queste sue riflessioni formulate al tempo del liceo.
Marco Romano ha poi raccontato il periodo degli anni Cinquanta a Milano e la sua frequentazione di Manzoni, mentre Elena Manzoni di Chiosca, sorella di Piero, ha descritto il loro ambiente familiare, che sicuramente ha influito sul percorso fatto da Manzoni, caratterizzato dall’anticonformismo e dall’autonomia di pensiero: come dimostrato da giovanissimo con le sue prese di posizione “politiche” e poi negli anni successivi con la sua “rivoluzione” compiuta in ambito artistico.
VIDEO QUI: https://youtu.be/5VcODL-Ih74
FONTE: http://opinione.it/cultura/2020/10/13/istituto-bruno-leoni_webinar-piero-manzoni-economia-del-carnefice-de-piante-editore-socialismo/
GIUSTIZIA E NORME
TSO “strumento di controllo sociale mascherato da intervento medico”
La denuncia del Comitato dei Cittadini per i Diritti Umani, che auspica una “riforma in senso garantista: basta con la tecnica del Padrino”
Non passa giorno senza che i giornali non riferiscano episodi di Trattamento Sanitario Obbligatorio controversi, in cui non si capisce bene di quale “malattia” si stia parlando e, soprattutto, quale sarebbe la cura. Il CCDU, Comitato dei Cittadini per i Diritti Umani, riceve ogni anno centinaia di segnalazioni di abusi, e da questa casistica si direbbe che il nodo centrale del TSO non sia stato affatto risolto dalla riforma: uno strumento di controllo sociale mascherato da intervento medico. Lo stesso Franco Basaglia, infatti, non nascose le sue perplessità. In un’intervista, rilasciata al quotidiano La Stampa, ebbe modo di dire:
“Non si deve credere di aver trovato la panacea a tutti i problemi della malattia mentale con il suo inserimento negli ospedali. La nuova legge cerca di omologare psichiatria e medicina, cioè il comportamento umano al corpo. È come omologare cani e banane… Negli ospedali ci sarà sempre il pericolo dei reparti speciali, del perpetuarsi di una visione segregante ed emarginante.”
La montagna, come previsto, ha partorito un topolino: nei reparti psichiatrici si è meramente riprodotta la stessa logica manicomiale che fu oggetto di contestazione negli anni della riforma. Secondo un sondaggio che il CCDU ha commissionato a GPF, la maggioranza degli italiani ignora la mancanza di tutele giuridiche con cui vengono eseguiti i TSO e sarebbe favorevole a una riforma in senso garantista.
Se ne è parlato in una teleconferenza organizzata ieri sera dal CCDU. Presenti il presidente e il presidente onorario del CCDU, l’avvocato Enrico Del Core e il dottor Roberto Cestari; sono intervenuti l’avvocato Michele Capano – membro del direttivo radicale e dell’Associazione Diritti alla Follia – e l’avvocato Sofia Ciuffoletti, Ph.D e ricercatrice sul Diritto presso l’Università degli Studi di Firenze e direttrice dell’ Organizzazione di Volontariato “L’Altro Diritto”.
L’attuale procedura di TSO è stata descritta e poi confrontata con i fondamenti del diritto, con particolare riferimento alla nostra Costituzione e alle linee Guida internazionali definite dall’ONU e dai tribunali per i diritti umani. Ne emerge un quadro inquietante, perché i paletti previsti dal legislatore per impedire l’abuso routinario vengono quotidianamente aggirati tramite trucchetti di bassa lega:
la tecnica del Padrino (l’offerta che non si può rifiutare: se non accetti il trattamento volontario ti facciamo il TSO) e l’approvazione da parte di terzi (l’amministratore di sostegno che accetta il ricovero a nome del malcapitato, trasformandolo da obbligatorio a “volontario”).
In alcuni punti, però, la legge non è semplicemente violata, ma proprio sbagliata. La dottoressa Ciuffoletti ha citato l’esempio di una sentenza della Corte Europea per i Diritti dell’Uomo che, in seguito a informazioni accurate ricevute dal CTP (Comitato per la Prevenzione della Tortura) nel 2004 ha stabilito che
la consuetudine dei giudici tutelari di limitarsi a verificare la correttezza formale della richiesta di TSO costituisce un “grave errore” – i giudici dovrebbero ascoltare la persona interessata in un contraddittorio, anche recandosi in ospedale se necessario.
Sono passati sedici anni, ma questa sentenza è rimasta lettera morta. Un altro esempio viene dall’analisi dell’articolo 13 della Costituzione, dove recita:
“È punita ogni violenza fisica e morale sulle persone comunque sottoposte a restrizioni di libertà”
Si noti come i Padri della Repubblica abbiano saggiamente incluso la violenza morale oltre a quella fisica. Ne segue che la diffusissima pratica della contenzione (sia quella meccanica, che si attua tramite camicie di forza o lettini a cui legare il malcapitato, sia quella chimica con iniezione forzata di farmaci psicotropi) è – di fatto – anticostituzionale.
L’avvocato Capano ha poi illustrato le linee guida della proposta di riforma del TSO, incentrate su tre punti cardine: il diritto alla difesa PRIMA del ricovero come previsto dalla Corte Europea per i Diritti dell’Uomo, il diritto a comunicare liberamente (tramite telefonino o ricevendo visite di parenti e amici) l’obbligo di telecamere di sorveglianza e la revisione del ruolo dell’amministratore di sostegno.
Caro amico prima che caro lettore, Rec News ti ricorda che nella Costituzione sono regolati i Diritti inviolabili del cittadino. Essi riguardano il proprio domicilio, cioè il posto (inviolabile) dove si abita: è il padrone o la padrona di casa che decide chi vi può accedere e cosa si può fare al suo interno. Ogni cittadino può circolare liberamente all’interno del territorio nazionale (Art.16), circolare, riunirsi e manifestare in pubblico (Art. 17), professare la propria religione (Art.19) senza limitazioni (Art. 20). Diritto inviolabile è l’espressione del proprio pensiero in forma scritta o parlata (Art.21). Secondo l’Articolo 32 della Costituzione, nessuno può essere obbligato a un trattamento sanitario (tamponi, vaccini, test, utilizzo della mascherina ecc.) se non è previsto dalla legge – non dai Dpcm e dalle ordinanze – per gravi, documentati e passeggeri motivi. Allo stesso modo, ognuno può astenersi da un trattamento in forza delle sue convinzioni religiose o sociali. L’obiezione di coscienza è un diritto. Uno governo Democratico consente il confronto tra le varie forze politiche e include anche le forze d’opposizione. Un premier che agisce secondo principi democratici non fa le leggi da solo o con i tecnici, ma le sottopone al Parlamento.
FONTE: https://www.recnews.it/2020/10/08/tso-strumento-controllo-sociale-ccdu-riforma/
Il domicilio è inviolabile, lo dice la Costituzione. Controlli e limitazioni sono illegittimi
Libertà di domicilio, la Costituzione parla chiaro
Premesso che, prima di ogni valutazione di merito, é necessario leggere e studiare attentamente il testo del nuovo decreto del presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, due brevi osservazioni che non vogliono (e ci mancherebbe) avere alcuna pretesa di fornire una risposta alla questione: 1) la Costituzione repubblicana vigente, all’art. 14, comma 1, tutela la libertà di domicilio, definendola inviolabile. Il successivo comma 3 autorizza accertamenti o ispezioni per motivi di natura sanitaria, ma questi debbono essere regolati “da leggi speciali”. Ora, la puntualizzazione circa la specialità della fonte potrebbe essere intesa quale richiamo ad una riserva di legge formale: le limitazioni di cui sopra, proprio perché intervengono in un ambito intimo e privato, richiederebbero unicamente l’utilizzo della legge ordinaria dello Stato con esclusione, dunque, degli atti normativi aventi forza di legge tra i quali rientra il decreto-legge ex art. 77, comma 2, del Testo fondamentale; 2) Una disposizione di questo tenore, presenterebbe, a mio avviso, evidenti profili di illegittimità. Esso, infatti, troverebbe la sua base legale nel decreto-legge n. 19/2020, convertito con modificazioni nella legge 22 maggio 2020, n. 35, e nel recente decreto-legge 07 ottobre 2020, n. 125, ma non avrebbe una funzione attuativa bensì innovativa, in quanto stabilirebbe una nuova misura di contenimento non prevista nella fonte (il decreto-legge) attributiva del potere in capo al presidente del Consiglio dei Ministri.
Anche ritenendo che la riserva di legge di cui all’ art. 14, comma 3, Cost. sia assoluta, con possibilità cioè di intervento da parte dei provvedimenti provvisori aventi forza di legge, l’intera sua disciplina dovrebbe rinvenirsi nella fonte primaria e non in un atto amministrativo il quale, semmai, non potrebbe che assumere un carattere meramente esecutivo e fatti sempre salvi i dubbi già espressi sulla natura “differita” dei decreti-legge. Non ci dicevano di lasciare il virus fuori dalla porta e di restare a casa? Adesso lasceremo l’agente patogeno in casa e noi resteremo fuori dall’uscio domestico?
Daniele Trabucco – Costituzionalista
FONTE: https://www.ilprimatonazionale.it/politica/domicilio-inviolabile-costituzione-controlli-limitazioni-illegittimi-170622/
LA LINGUA SALVATA
distanziamento sociale
distanziamento sociale loc. s.le m. L’insieme delle misure ritenute necessarie a contenere la diffusione di un’epidemia o pandemia, come, per esempio, quarantena dei soggetti a rischio o positivi, isolamento domestico, divieto o limitazione degli assembramenti, chiusura delle scuole, ecc. ♦ Ci sono gli esperti del suo istituto [di Silvio Brusaferro, presidente dell’Istituto superiore di sanità], e quindi anche lui, dietro la decisione di mantenere le chiusure in Veneto, Lombardia ed Emilia-Romagna. «È stato necessario perché dove c’è una circolazione locale sostenuta del coronavirus bisogna creare misure di distanziamento sociale. Quindi vanno bloccati i momenti di aggregazione durante i quali le persone sono a stretto contatto. È un modo per rallentare la diffusione dell’infezione». (Michele Bocci, Repubblica, 2 marzo 2020, p. 8, Cronaca) • Le messe con i fedeli sono sospese in tutta Italia fino al 3 aprile. E con esse anche i funerali e i matrimoni in chiesa. Nessun problema per la tumulazione e la benedizione della salma, si faranno le preghiere al cimitero, badando però sempre alle misure di distanziamento sociale: niente baci, abbracci e strette di mano. (Fabrizio Caccia, Corriere della sera, 8 marzo 2020, p. 4, Primo piano) • Distanziamento sociale è un termine efficace perché identifica in modo preciso un concetto specifico e ben definito, è trasparente e si può apprendere facilmente. Quando è premesso da misure di diventa però molto lungo e questo lo rende poco adatto ai titoli sintetici dei media. Dubito anche che possa entrare nell’uso comune perché appare piuttosto formale, astratto e/o settoriale. (Licia Corbolante, Terminologia etc.it, 20 marzo 2020) • Un piano strategico in cinque punti, per l‘Italia, per uscire, «con grande gradualità e cautela», dall’emergenza sanitaria da Coronavirus. L’idea è del ministro della Salute Roberto Speranza e prevederà l’obbligo per tutti di mascherine, nuove regole sul distanziamento sociale, ospedali solo per patologie Covid su tutto il territorio nazionale, uno studio a campione per capire quanti sono i contagiati in Italia e un’app per verificare i contatti delle persone positive. (Giulia Marchina, Open.online, 5 aprile 2020, Politica) • Non si sa se si tornerà a scuola, e nel caso quando. Non si può sapere: saranno le curve del contagio a dire se alunni e studenti potranno rientrare nelle aule in condizioni di sicurezza per terminare l’anno scolastico. Ma al ministero di viale Trastevere non tira aria di ottimismo. Considerando l’affollamento medio delle classi e dunque anche lo scarso distanziamento sociale che consentono le aule della scuola italiana. (Daniela Preziosi, Manifesto.it, 7 aprile 2020, Politica).
Composto dal s. m. distanziamento e dall’agg. sociale. La locuzione traduce l’ingl. social distancing.
FONTE: https://www.treccani.it/vocabolario/distanziamento-sociale_%28Neologismi%29/
LAVORO PENSIONI DIRITTI SOCIALI
Evoluzione del lavoro
I NUOVI SERVI DELLA GLEBA
di Maurizio Recchia
All’epoca dei Romani si usava conquistare dei popoli con la forza delle armi per appropriarsi delle risorse di nuovi territori e costringere in schiavitù i suoi abitanti recuperando così mano d’opera a costo zero e senza diritti. In quel caso non si poteva nemmeno parlare di rapporto di lavoro perché mancava un presupposto costitutivo quale la remunerazione. Caduto l’Impero romano nasce la nuova figura della servitù della gleba in cui un individuo metteva a disposizione del Feudatario i servizi della propria persona e dei propri familiari ricevendo in cambio un minimo di sussistenza e la protezione militare contro le incursioni e le razzie degli eserciti stranieri. Sempre nel medioevo si rafforza la figura delle corporazioni artigiane delle città, sempre più artefici del proprio destino economico, che prendono il sopravvento nei confronti del mondo rurale in cui la servitù della gleba continuerà a svolgere la sua funzione ancora per lungo tempo. Poi le scoperte scientifiche conducono alla cosiddetta rivoluzione industriale, che impone nella società la fattispecie del rapporto di lavoro salariato subordinato all’interno prima di piccoli opifici e poi di vere e proprie fabbriche, dove il proprietario remunerava la prestazione lavorativa degli operai contrattandone il valore da una posizione di potere. La vicinanza fisica tra gli operai nei luoghi di lavoro ha poi favorito il rafforzamento contrattuale degli stessi attraverso lo strumento dello sciopero sindacale e delle contrattazioni collettive. Questo tentativo di recuperare lo squilibrio nella distribuzione della ricchezza da parte dei subalterni verrà progressivamente indebolito in diverse fasi storiche. Il meccanismo automatico di indicizzazione dei salari all’inflazione (scala mobile o contingenza), considerato come unico fattore capace di innalzare l’inflazione fu abolito il 31 luglio del 1992, nello storico protocollo siglato a Palazzo Chigi tra il governo Amato e i tre maggiori Sindacati e la Confindustria. Poi un colpo alla tutela reale del potere d’acquisto dei salari fu inferto dalla cosiddetta globalizzazione. L’invenzione da parte delle multinazionali e delle banche, veicolata a livello istituzionale internazionale soprattutto dal Presidente degli U.S.A. Ronald Regan e dal Primo Ministro inglese Margareth Tatcher, di istituire le condizioni giuridiche per la libera circolazione dei capitali e delle merci ha completamente destrutturato i rapporti di forza tra prestatori e datori di lavoro. Questo processo ha consentito la delocalizzazione delle industrie in Paesi (Cina in primis) in cui vigevano tutele ambientali minime e salari fino a venti volte inferiori, impoverendo la struttura economica dei Paesi occidentali e depotenziando enormemente la forza contrattuale dei prestatori di lavoro. Col tempo si è constatato che ha subito un forte calo anche la forza economica dei datori di lavoro occidentali. Questi, nel bilanciamento del proprio potere contrattuale con quello dei lavoratori subordinati, si sono trovati comunque schiacciati dalla concorrenza sleale dei produttori orientali che speculavano su una maggiore capacità di sfruttamento della forza lavoro. Ciò è avvenuto ed avviene non soltanto all’interno dell’apparato produttivo, ma anche in quello dei servizi. Qui, per esempio, il settore del commercio è sottoposto al ricatto da parte dell’accordo tacito tra le multinazionali dell’ e-commerce e gli Stati (compreso quello Italiano) che sottopongono a tassazione in modo sproporzionatamente favorevole i redditi delle vendite on line rispetto a quelli dei commercianti tradizionali. Tutto ciò ricade ovviamente sul livello dei salari e dei diritti giuridici dei lavoratori. Le conseguenze da ultimo qui ricordate ricadono soprattutto sulle nuove generazioni, che trovano maggiori difficoltà ad immaginare di crearsi una famiglia con contratti di lavoro sempre più precari e con un potere d’acquisto in discesa. Ma non è finita perché lo sviluppo tecnologico sta mostrando ancora una volta la sua capacità di influenzare enormemente il mondo del lavoro. L’innalzamento della qualità della digitalizzazione rappresentata dall’intelligenza artificiale, ci mette di fronte non solo alla concorrenza sempre più drammatica tra il lavoro degli esseri umani e quello svolto dai software in grado non solo di svolgere delle funzioni ma di imparare dalle operazioni effettuate, incrementando autonomamente sia la capacità di calcolo che quella di prendere decisioni. Ciò porterà a breve a un drastico taglio dei posti di lavoro a livello mondiale. Oltretutto si intravedono già dei tentativi di modificare in modo irreparabile l’essenza stessa dell’essere umano trasformandolo in un cyborg attraverso l’impianto di un circuito elettronico nella scatola cranica delle persone, per aumentare l’intelligenza e le prestazioni umane attraverso il collegamento in tempo reale con l’intelligenza artificiale. E’ ormai noto che l’imprenditore Ilon Mask (proprietario di PayPal, Tesla e OpenAi) ha annunciato lo stato avanzato delle sperimentazioni sull’impianto di cip elettronici nel cervello umano da parte della sua nuova società Neuralink. Il pericolo di una deriva distopica non è più confinata nel mondo del lavoro, ma coinvolge tutti gli aspetti della vita sul nostro pianeta. Tutto questo ci dice che la drammaticità che già ora sperimentiamo potrebbe avere un’impennata nel prossimo futuro se non riusciremo ad immaginare una vera e propria rivoluzione nel modo di stare al mondo a livello globale. Una rivoluzione che non possiamo indagare nella brevità di questo articolo, e che richiederà l’impegno di molte persone di buona volontà ed alte competenze umane, spirituali e scientifiche.
FONTE: https://www.sovranitapopolare.org/2020/09/27/evoluzione-del-lavoro/
PANORAMA INTERNAZIONALE
Geopolitica del diritto
Editoriale del numero – Rivista italiana di intelligence 2/2020
Il tema della geopolitica del diritto, focus di attualità e novità, tanto da essere al centro di riflessioni negli ambienti sia specialistici sia politico – strategici, è il tema dominante in questo secondo numero di Gnosis 2020. In un’epoca di complessificazione e di interdipendenza, anche il diritto deve affrontare le sfide legate al cambiamento in atto, alle nuove logiche di potere globale e alle dinamiche economiche e finanziarie, spesso leva di iniziative di natura ibrida. La necessità di regolare rapporti e interessi sul piano globale ha esasperato, ma anche affinato, la competizione tra attori politico – strategici che, nella diversa declinazione del diritto, rinvengono nuovi strumenti utili a perseguire i propri fini. Travolti dall’esperienza pandemica e dal senso di afflizione che ha innalzato barriere e confini tra uomini e tra Stati e che, non senza qualche contraddizione, ci conferma la necessità di ricercare soluzioni comuni, queste riflessioni assumono un ulteriore significato, evidenziando opportunità e vulnerabilità delle relazioni globali e della loro non facile traduzione nella realtà per la resilienza di diversificati approcci e interessi economici, geopolitici, culturali, storico – identitari e sociali.
Apre il tradizionale Punto di vista di Sergio Romano, che dello spirito costitutivo degli organismi internazionali – Onu e Unione europea – traccia sinteticamente l’evoluzione, i sogni fondativi e le vulnerabilità presenti nella fase realizzativa. Sul tema centrale del Geodiritto, Ignazio Castellucci fissa le coordinate storico – dottrinarie e sottolinea l’importanza del dato giuridico, sia quale ottica per una più compiuta elaborazione analitica in ambito geostrategico sia per una maggiore capacità operativa, soprattutto in scenari di crisi e di confronto interstatuale, ma anche sotto l’aspetto della ricaduta interna del lawfare. A conferma di tale visione, Giuseppe Monateri valorizza la natura strategica dei sistemi giuridici, proponendone una mappatura e lumeggiando le dinamiche concorrenziali dei diversi modelli che orientano l’ordine giuridico mondiale. Proprio sul terreno del diritto, infatti, si colgono i semi del futuro: la pretesa egemonica americana, la necessità europea di rivendicare un ruolo più centrale del suo soft power e le mappe di una governance globale (Mauro Bussani) che si estende dalla soggettività statuale ai soggetti privati (transnational governance), questi ultimi pronti a rivendicare un ruolo competitivo e un potere finanziario, comunicazionale e operativo sempre più pervasivo e onnifago (Maria Rosa Ferrarese). Nei nuovi scenari del Potere, il ruolo dell’Africa induce a riflettere sugli effetti di quella colonizzazione tra Otto e Novecento, che tuttora produce significativi effetti: oggi quel Continente è un laboratorio per cogliere le tracce della contaminazione giuridica, inizialmente, tra la tradizione occidentale (romano – germanica e di common law) e quella variegata autoctona, successivamente, soprattutto dall’epoca post – coloniale, con l’ingresso di nuovi attori strategici nello scenario del potere, Cina, Turchia, India e Russia, quale nuova alternativa all’Ovest euro e americano – centrico (Salvatore Mancuso). D’altra parte, la crisi dello Stato moderno e l’affermazione della glocalità – globalizzazione e localismo – offre inediti spazi ad attori sub e sovrastatali che rischiano di feudalizzare il diritto internazionale e la geografia della governance, parcellizzare e privatizzare i nodi interdipendenti e trasversali delle nuove e multipolari dominanze verso una dimensione neo – medievale, tra Stato e mercato, ripetendo la diade Imperium e Sacerdotium (Davide Ragnolini). Nella comparazione giuridica è ancor più netto il sottofondo ideologizzato di certe narrazioni, sospese tra la pretesa neutralità epistemologica e l’evidenza empirica di un rapporto strettissimo tra il giuridico e il politico, che consente alla geopolitica del diritto di mediare e negoziare gli spazi di sovranità e d’influenza per tracciare e ‘mantenere’ i mutevoli equilibri di potenza (Ugo Mattei). Lo stesso ambito del diritto può divenire agone competitivo per l’egemonia culturale: già nella prima metà del secolo scorso si colgono embrionali sensibilità al tema del geodiritto, da una parte, nel confronto serrato tra la tradizione romana vantata dal sistema giuridico fascista e il nuovo ordine teutonico sotteso a quello nazista (Tommaso Beggio) e, dall’altra, nei contributi di studiosi dell’epoca, Carlo Costamagna e Sergio Panunzio, sull’Impero e sulla possibile centralità italiana rispetto agli «aggregati imperiali» dell’epoca (Enrico Silverio). Nello sviluppo dell’argomento giocano un ruolo significativo sia la talassocrazia, una nuova sensibilità verso il mare (Filippo Ruschi), sia il concetto di confine (Paolo Marchetti). In questi spazi che dividono – e al contempo uniscono – viene evocato il diritto internazionale quando gli accordi interstatuali falliscono e le pretese si rivolgono a una necessaria mediazione (Giuseppe Nesi). D’altra parte, la più sofisticata ingegneria diplomatica o la più solida vocazione nazionalista contengono a fatica l’urgenza ineludibile di una mobilità umana che ha ragioni complesse e su cui occorre riflettere (Veronica Arpaia). Il tema si estende con il riferimento di Federico Roggero al riconoscimento dei diritti civili dello straniero del codice civile italiano del 1865 e alla successiva e progressiva consapevolezza che nell’esercizio civilistico e commerciale si poteva rinvenire un’arma ben più letale di quelle convenzionali. Tale intuizione vale ancor più in ambito economico finanziario (Antonino Alì). A conclusione, Castellucci propone il Piccolo cronoideario geogiuridico, guida tra i segni del passato di quelle idee, dottrine e costruzioni normative che hanno costituito pietre miliari dell’evoluzione del geodiritto. Nel diverso ambito di storia dell’intelligence, Virgilio Ilari indica gli aspri sentieri della formazione dell’identità nazionale; Paolo Bertinetti racconta E.P. Oppenheim che, benché autore di spy story artisticamente non tra le migliori, ha contribuito alla formazione del cliché improbabile ma gradito della spia alla James Bond, e Stefano Pisu, sottolineando l’importanza delle ricerche accademiche negli ultimi decenni sulla genesi e lo sviluppo dei festival del cinema, ne coglie quegli aspetti che hanno attirato l’attenzione dei Servizi segreti e delle polizie, legati al significato politico e agli interessi spionistici a essi talvolta assegnati. Le tradizionali rubriche offrono bozzetti sul tema filatelico del «Cia inverted» (Domitilla D’Angelo); sulla pellicola Munich, capolavoro d’azione e d’introspezione di Steven Spielberg, centrato sul tema complesso della vendetta (Giancarlo Zappoli); sul fumetto, con L’ora della spia, illustrata da Francesco Ripoli e sceneggiatura di Giuseppe Pollicelli e, infine, dell’umorismo, con nuove avventure del Perfetto agente segreto narrate con la verve del solito Melanton. La Redazione esprime un sincero e sentito cordoglio per la recente scomparsa di tre figure del pensiero italiano che hanno contribuito alla realizzazione dei nostri progetti editoriali. Il filosofo Aldo Masullo, voce memorabile della cultura del nostro Paese, sempre disponibile a confrontarsi sui vari argomenti come occasione per un simposio vivace e stimolante. Il giornalista e scrittore Roberto Gervaso, che con la sua penna colta e ironica ha affrontato i più delicati temi della storia e della cronaca, condividendo con noi Aforismi sull’intelligence. Paolo
Fabbri, pioniere della ricerca semiologica, di cui resteranno nella memoria il raro acume e il fascino della sua divulgazione
FONTE: https://www.sicurezzanazionale.gov.it/sisr.nsf/archivio-notizie/19778.html
Bill Gates l’opaco, l’inchiesta che inchioda fondazione e aziende collegate
La vera mole dei recenti investimenti del magnate rimangono un segreto e la sua fondazione si rifiuta di dare ragguagli. Ma ora un lavoro di The Nation getta una nuova luce sulla figura del cosiddetto filantropo
Getty Images
Si può essere un “filantropo” o un buon consigliere delle Istituzioni se quello che si promuove ha a che fare con i prodotti delle proprie aziende e in ultima analisi con i propri ricavi? Una recentissima inchiesta di Tim Schwab di The Nation, oltre a presentare una serie di dati interessanti, instilla questo interrogativo potente e urgente. Il tema del discorrere è il “padrino della pandemia”, quel Bill Gates che grazie all’affaire coronavirus ha moltiplicato le sue fortune, messo sotto pressione i governi e ottenuto – in buona parte – quello che voleva. Paesi nel caos, messi in ginocchio dalla chiusure e da un telelavoro che presto si trasformerà in disoccupazione, in attesa del salvifico vaccino.
Non si tratta di teorie o di speculazioni. La fondazione Bill&Melinda Gates, racconta il giornalista indipendente Shwab, “ha recentemente riportato una partecipazione di 40 milioni di dollari in CureVac, una delle dozzine di investimenti che la fondazione riferisce di avere in società che lavorano su vaccini Covid, terapie, diagnostica o produzione”. Non solo. Stando ai dati forniti da The Nation, l’organismo tentacolare di Bill Gates si prepara a “fare leva su una parte del suo Fondo di investimento strategico da 2,5 miliardi di dollari” per portare avanti il suo lavoro su Covid”.
Investimenti (non regali o donazioni), chiosa il giornalista, che “mettono le fondamenta per trarre un potenziale vantaggio finanziario dalla pandemia”. Quello che si è già verificato, ma i numeri della ricchezza accumulata da William Gates III si preparano ad essere molto più elefantiaci e discutibili, perché in potenza basati soprattutto su un vaccino che a detta degli esperti sarebbe inutile (il virus muta), oltre che potenzialmente dannoso. Al netto di questo, l’esperienza catastrofica di Gates in India e in Africa e le rivolte sociali contro i suoi “progetti umanitari” di sterilizzazione e poliomielizzazione, continuano a non generare dubbi su amministratori più preoccupati di pompare i ricavi che di garantire la salute dei cittadini.
Tra di loro ci sono un po’ tutti, l’amico Giuseppi compreso ed eccezion fatta per Lukashenko, il presidente della Bielorussia che si è categoricamente rifiutato di inscenare un’epidemia e di scendere ad accordi compromettenti con organismi, aziende e fondazioni che intendono lucrare sulla cosiddetta emergenza. «Il solo investimento di Gates in CureVac – spiega Tim Shwab – potrebbe aver già consegnato decine di milioni di dollari in valore per gli azionisti della fondazione Gates “senza scopo di lucro”. Anche se l’offerta di Trump per CureVac è fallita, le azioni della società sono salite alle stelle del 400% solo due giorni dopo essere diventate pubbliche».
E rendere concrete ulteriori perplessità c’è la mancanza di trasparenza della fondazione e dei due coniugi impegnati, molto propensi a rilasciare dichiarazioni pubbliche e suggerimenti (che sanno un po’ di imposizioni) ma restii quando si tratta di fornire elementi sulle specifiche delle loro attività o sulle linee di guadagno. “Le rivelazioni sulla partecipazione finanziaria della Fondazione Gates in Covid-19 che Bill Gates non sembra aver divulgato pubblicamente in dozzine di recenti apparizioni sui media – ragiona Shwab – sollevano critiche ampie sulla mancanza di trasparenza e sul ruolo sempre più centrale della fondazione nella pandemia”.
«E le priorità di Gates nello sviluppo e nella distribuzione di un vaccino Covid, dice Elder, sono sempre più le priorità del mondo, poiché istituzioni multilaterali come l’Organizzazione mondiale della sanità hanno ceduto la leadership a un gruppo di partnership pubblico-privato in cui Gates fornisce finanziamenti chiave. Queste organizzazioni, la Coalition for Epidemic Preparedness Innovations e Gavi, la Vaccine Alliance, stanno lavorando con l’OMS per sviluppare il portafoglio di vaccini Covid-19 più ampio e diversificato del mondo”, che sperano possa fornire miliardi di dosi di vaccino nell’anno a venire, anche in molti paesi poveri».
Anche l’Italia di Conte e Speranza è invischiata nella rete del magnate e impegnata nella controversa Gavi Alliance, e una linea si può tracciare anche se si considerano i vaccini su cui il ministro della Salute italiano ha concentrato la sua attenzione, da AstraZeneca ai ritrovati in fase di studio a Oxford e Pomezia.” Love e altri critici – riassume il giornalista di The Nation – affermano che un ruolo chiave che Gates ha svolto nella pandemia è stato quello di elevare l’industria farmaceutica, ad esempio spingendo l’Università di Oxford a consegnare la sua principale piattaforma di vaccini Covid-19 nelle mani di Big Pharma. La risultante partnership con AstraZeneca ha avuto un altro effetto, cambiando il modello di distribuzione dell’università da una piattaforma a licenza aperta, progettata per rendere il suo vaccino liberamente disponibile per qualsiasi produttore, a una licenza esclusiva controllata da AstraZeneca” che potrebbe portare a un prodotto dal basso costo (ma comunque a pagamento, magari puntando più sui guadagni generati dalla quantità delle centinaia di milioni di dosi da imporre ai governi) che nella peggiore delle ipotesi i novelli dittatori di tutta Europa potrebbero addirittura rendere obbligatorio.
The Nation, come già Forbes, ha giustamente pensato bene di rifare i conti in tasca a uno dei paperoni che con la “pandemia” ci hanno guadagnato. Mentre gli altri chiudevano, subivano internamenti e domiciliari ingiustificati o salutavano l’ufficio per imparare a “lavorare” a casa, Gates, Bezos e gli altri salutavano il coronavirus come la manna dal cielo. “Come riferisce Bloomberg – è il resto dell’analisi dell’inchiesta che stiamo citando – Gates ha avuto la forza di spingere l’università, perché la fondazione è uno dei fondatori e maggiori finanziatori della Coalition for Epidemic Preparedness Innovations, che a sua volta finanzia lo sviluppo del vaccino dell’Università di Oxford per un importo di circa 384 milioni di dollari. La Gates Foundation ha anche donato direttamente centinaia di milioni di dollari all’università attraverso sovvenzioni di beneficenza per una serie di progetti, compresi i precedenti finanziamenti al Jenner Institute, che sta sviluppando il vaccino Covid di Oxford”.
Lo stesso Gates descrive la sua fondazione come intimamente coinvolta nella partnership tra AstraZeneca e l’Università di Oxford. “Ogni settimana parliamo con AstraZeneca di cosa sta succedendo in India, cosa sta succedendo in Cina, e in modo che possiamo ottenere quello che vogliamo, supponendo che i dati della Fase Due e alla fine i dati della Fase Tre siano promettenti e che siamo pronti a farlo”. Così parlava Gates a giugno nel corso di una conferenza stampa. Un linguaggio, il suo, che abbiamo imparato a conoscere da Conte, Speranza, Colao e da chi tra governo e Cts è più esposto. Le “fasi” e poi, ovviamente, la ricetta per guarire l’unico male rimasto al mondo (il solo considerato) che non può che coincidere con uno dei preparati che il magnanimo Gates ha fatto preparare dai suoi esecutori materiali.
E qui spunta forse uno degli aspetti più inquietanti di tutta la faccenda. “Le norme giornalistiche – avverte il collega di The Nation – richiedono la divulgazione dei conflitti di interesse. Così vogliono anche le regole prevalenti nella scienza. Ma quando Gates entra nel discorso scientifico, per esempio nel commento che ha scritto sul New England Journal of Medicine, prescrivendo ciò che secondo lui i leader del governo dovrebbero fare per affrontare il Covid, non rivela il dettagli dei suoi legami finanziari. Gates ha compilato il modulo di conflitto di interessi richiesto dalla rivista, ma ha semplicemente elencato i suoi conflitti come “numerosi“, non dando ai lettori alcun senso delle dimensioni, della portata o del tipo della sua partecipazione finanziaria nella pandemia”.
“Gates non ha menzionato vaccini specifici nel suo articolo di giornale, ma altrove sembra scegliere vincitori e vinti. In una lunga intervista al The Daily Show di aprile, Bill Gates sembrava dire che la sua fondazione avrebbe speso miliardi di dollari per sostenere la produzione di sette dei suoi costrutti di vaccini preferiti. Se Gates seguisse le regole di divulgazione – ragiona l’autore del contributo – avremmo trasparenza non solo sulla dotazione di 47 miliardi di dollari della Fondazione Gates, ma anche su dove si trova la fortuna personale di Bill e Melinda Gates“.
Secondo le stime di Forbes , la ricchezza privata di Bill Gates, stimata in circa 115 miliardi, è aumentata di oltre 10 miliardi di dollari durante la pandemia, cioè di quasi un decimo. Una cifra considerevole, ma tuttora non è dato sapere se i coniugi della pandemia abbiano investimenti esclusivamente personali su aziende che lavorano sul Covid. The Nation ha tentato di scavare, ma lo spettro di analisi si è dovuto fermare per forza di cose al 2018. “Allo stato attuale – spiegano dalla testata – non siamo in grado di vedere tutti gli investimenti attuali di Gates fino alla fine del 2021, quando la fondazione pubblicherà i suoi moduli fiscali per il 2020. Abbiamo presentato richieste di informazioni finanziarie e moduli aggiornati alla fondazione e alla famiglia Gates, ma non hanno risposto”.
“La comprensione pubblica delle finanze di Gates è limitata anche dal labirinto di investimenti imperscrutabili della fondazione, con la sua quota dichiarata di 100 milioni di dollari in GTI 8 Institutional Investors, un fondo privato domiciliato nelle Isole Cayman, giurisdizione rinomata per il suo segreto finanziario. La società responsabile del fondo, Global Forest Partners, ha affermato che le partecipazioni specifiche del fondo non sono pubbliche. Sebbene la Gates Foundation sia un’organizzazione senza scopo di lucro, la sua dotazione genera ancora miliardi di dollari di reddito, più denaro negli ultimi cinque anni di quanto la fondazione abbia donato in donazioni di beneficenza”, senza contare il peso (e potere) politico che Gates va acquisendo, spesso a discapito degli stessi leader di governo.
Caro amico prima che caro lettore, Rec News ti ricorda che nella Costituzione sono regolati i Diritti inviolabili del cittadino. Essi riguardano il proprio domicilio, cioè il posto (inviolabile) dove si abita: è il padrone o la padrona di casa che decide chi vi può accedere e cosa si può fare al suo interno. Ogni cittadino può circolare liberamente all’interno del territorio nazionale (Art.16), circolare, riunirsi e manifestare in pubblico (Art. 17), professare la propria religione (Art.19) senza limitazioni (Art. 20). Diritto inviolabile è l’espressione del proprio pensiero in forma scritta o parlata (Art.21). Secondo l’Articolo 32 della Costituzione, nessuno può essere obbligato a un trattamento sanitario (tamponi, vaccini, test, utilizzo della mascherina ecc.) se non è previsto dalla legge – non dai Dpcm e dalle ordinanze – per gravi, documentati e passeggeri motivi. Allo stesso modo, ognuno può astenersi da un trattamento in forza delle sue convinzioni religiose o sociali. L’obiezione di coscienza è un diritto. Uno governo Democratico consente il confronto tra le varie forze politiche e include anche le forze d’opposizione. Un premier che agisce secondo principi democratici non fa le leggi da solo o con i tecnici, ma le sottopone al Parlamento.
FONTE: https://www.recnews.it/2020/10/09/bill-gates-inchiesta-fondazione-vaccini-tim-schwab-the-nation/
POLITICA
Conte governa coi bollettini dei contagi, la politica è morta
Può il bollettino dei contagi sostituire il Parlamento? Se lo domanda Gianluigi Da Rold sul “Sussidiario“, dopo la decisione di Conte di prorogare lo stato d’emergenza a causa del Covid–19 fino al 31 gennaio 2021. «Praticamente, l’Italia resterà in questa condizione per un anno intero, unico paese in Europa». Il 1° ottobre, il numero dei tamponi eseguiti ha battuto ogni record: oltre 115.000. Ma terapie intensive, decessi e ricoveri restano pressoché in linea con il numero dei giorni precedenti. Siamo “schiavi del bollettino”? La verità è che «ognuno dice la sua, e Conte decide prima ancora di consultare il Parlamento». Anche se non si tratta di un lockdown generale, scrive Da Rold, lo stato d’emergenza «mette maggiore ansia in un paese che è angosciato da altre prove che lo attendono, non solo in campo sanitario», e inserisce un nuovo motivo di polemica «proprio mentre ci si dovrebbe unire in uno sforzo comune sia per affrontare la pandemia, sia per affrontare quella che ormai sembra una crisi di sistema». Da anni, ormai, la democrazia parlamentare «sembra più preoccupata di garantire un libero mercato che abbia poche regole, piuttosto che la coesione sociale e i diritti di tutti i cittadini».
In questo modo «si sono accentuate le differenze sociali, si sono ridotte le funzione dei Parlamenti e si è creata confusione fra i tre classici poteri». L’eco dello scontro, «ai limiti della decenza», tra Donald Trump e Joe Biden nel primo dibattito televisivo per le presidenziali americane «ha lasciato un po’ tutti stupefatti, ma è sembrato un segnale allarmante per come si presenti oggi la democrazia americana, quella che è stata – insieme alla Gran Bretagna, pur con tutti i suoi limiti – uno dei maggiori riferimenti per i democratici di tutto il mondo». Quanto all’Italia, sembra che il nostro paese sia «veramente sull’orlo di una vera e propria crisi di sistema». Tanto per cominciare, «c’è un governo che è composto principalmente da due forze che, al momento, hanno più motivi di divisione che di coesione». Divisi su tutto, Pd e Movimento 5 Stelle sono separati anche sul fronte costituzionale: contrariando Zingaretti, Grillo ha detto che non crede più nella democrazia rappresentativa. Ruolo della magistratura, Mes e Recovery Fund: non c’è intesa su niente. Senza contare che adesso «diventa inquietante» il ritardo con cui arriverebbero gli aiuti europei.
Scontato, in fondo, per un governo-disastro nato al solo scopo di escludere la Lega? Di certo, il trasformismo “acrobatico” di Conte, passato dal governo con Salvini a quello contro Salvini, «ha di fatto indebolito tutta la politica nel suo complesso, non riuscendo tra l’altro a creare un’unità necessaria per superare una crisi di sistema». Non ci sono solo le critiche di Sabino Cassese sulla ridotta funzione del Parlamento, sul taglio lineare dei parlamentari avvenuto cancellando due articoli della Costituzione, con un referendum che ha esaltato solo Luigi Di Maio. Il problema è che, guardando ai risultati delle elezioni regionali, vedendo le proiezioni nazionali e i sondaggi – aggiunge Da Rold – non esiste solo un governo che è in minoranzanumerica nel paese, ma paradossalmente maggioranza in Parlamento. Tra partiti e movimenti, «non esiste più un punto di riferimento, un autentico partito di maggioranza relativa intorno a cui sviluppare una linea politica di coalizione». Non solo: «Il proporzionale è destinato ad aumentare ancor più la confusione».
Se la Lega perde voti e non raggiunge il 24%, e il Pd è inchiodato al 20%, i 5 Stelle – attualmente, partito di maggioranza relativa in Parlamento – stanno scivolando al quarto posto della classifica, forse prossimi al 10%. Cresce la Meloni, ma Forza Italia è in via di estinzione: «C’è qualcuno che può spiegare quale tipo di maggioranza funzionante, coesa, può uscire da un simile panorama politico?». Ed ecco delinearsi «una crisi di sistema veramente grave», peggiorata da quella che Da Rold definisce «l’invadenza delle magistratura nella politica», e l’atavica elefantiasi di una burocrazia «borbonica». Servirebbe «un governo che almeno assomigli a un esecutivo di unità nazionale», in grado di affrontare «la situazione sanitaria, occupazionale, economica, scolastica». E invece, si scivola verso il baratro.
FONTE: https://www.libreidee.org/2020/10/conte-governa-coi-bollettini-dei-contagi-la-politica-e-morta/
Magaldi: per chi lavora Conte, e perché sfascia l’economia
Tutto sembra spingere verso nuovi lockdown, anche se i numeri ormai sono solo quelli dei contagi, e le terapie intensive non sono certo affollate? Io spero di contrarre il coronavirus, perché il Covid di oggi ha una bassa carica virale: contraendolo adesso, probabilmente, ci si immunizza. Al governo Conte dico di stare molto attento, a quello che farà in termini di ulteriori restrizioni delle libertà, perché – in giro per l’Italia, per l’Europa e per il mondo – ci sono forze contrapposte che si studiano e compiono passi: nessuno sottovaluta più la gravità di un passo e le conseguenze che può avere. Verrà risposto colpo su colpo, a tutti gli strappi che saranno fatti da questa grande filiera “cinese”. Bisognerà fare luce sul perché siamo arrivati a una situazione nella quale, nel mondo, tutti sono in crisi, e la Cina riprende invece di buona lena una proiezione esportatrice, dimostrando una salute economica che aveva perso proprio alla vigilia dell’esplosione del Covid. Ci sono cose molto gravi, che coinvolgono l’Organizzazione Mondiale della Sanità. E ci sono cose altrettanto gravi, che coinvolgono i terminali del “partito cinese”, sovranazionale, in tutto il mondo. Ci sono persone che sono “attenzionate” per le nefandezze che hanno compiuto e per quelle che si apprestano a compiere.
E quindi, passi lunghi e ben distesi: c’è molta cautela, perché un colpo piazzato può significare riceverne tre. E non tutti sono cuor di leone, disposti a pagare per le conseguenze delle loro azioni. Distruggere l’economia? Intendiamoci: l’economia è un mezzo. Il fine, invece, è sempre quello: costruire in Occidente una società post-democratica. Basta svuotare di sostanza il funzionamento stesso della democrazia. Da un lato, si lavora sull’immaginario e su prescrizioni che abituino i cittadini ad obbedire più di quanto sia giusto, sulla base di norme che limitano la libertà (quello di questi mesi è stato un grande test, e altri ne verranno). Dall’altro, l’idea è che se tu devasti l’economia, e rendi le persone deboli, fragili e insicure, le puoi asservire a manipolare, arruolandole nella schiera dei servi. Per Hegel, in fondo, il servo è colui il quale ha rinunciato a rischiare la vita, anteponendo la salute e la sicurezza alla libertà. Questa è la dimensione antropologica in cui oggi ci troviamo: ci viene proposto un modello di asservimento, di limitazione della libertà, in nome di una presunta sicurezza sanitaria.
Noi, poi, siamo governati da mentecatti. Lo affermo pubblicamente: abbiamo dei governanti mentecatti, e degli esecutori burocratici ancora più mentecatti. Siamo nelle mani di questa gente. Detto ciò, c’è qualcuno che vuole nuovi lockdown. Ci sono forze, gruppi di potere, a cui non importa nulla, dell’economia che va a ramengo. Sono gli stessi che hanno distrutto intere filiere produttive, durante l’espandersi di questa globalizzazione taroccata, utile al “partito cinese” (trasversale, tra Oriente e Occidente), che propone modelli post-democratici, nell’immaginario politico collettivo. Ci sono persone che, con la dottrina dell’austerity, hanno distrutto interi segmenti dell’economia, mortificato la classe media e aumentato a dismisura le disuguaglianze. Oggi, queste stesse forze vorrebbero reiterati lockdown per distruggere ancora di più l’economia, ma senza quegli indennizzi immediati sui conti correnti di cui ha parlato Mario Draghi, felicemente “scappato” dal fronte dei massoni neoaristocratici, che poi sono quelli che ora fomentano questa devastazione sociale ed economica.
Il progetto, che oggi utilizza strumentalmente l’emergenza Covid, è invariato: consiste nell’utilizzare l’economia – come è stato in decenni di neoliberismo imperante – per aumentare le disuguaglianze, distruggere la classe media e ri-proletarizzare ampi settori della popolazione, mettendoli in condizione servile di precariato. Si pensa così di avere facilmente presa su tutta quella gente che non ha nemmeno il tempo di occuparsi di politica. E’ quell’idea dell’apatia del popolo mirabilmente vergata in “The Crisis of Democracy”, pamphlet pubblicato dalla paramassonica Trilateral Commission, filiazione della superloggia “Three Eyes”. Cioè: se io ti distruggo l’economia, creerò ampie fasce di popolazione apatica. La domanda però è un’altra: quanti, invece, oggi hanno aperto gli occhi? Quanta gente, anziché avvilirsi e diventare apatica, oggi vorrà “prendere i forconi” per fare protesta nonviolenta, gandhiana ma dura? La distruzione economica dell’Italia, che è in corso e che costoro vogliono prolungare, produrrà più cittadini apatici e depressi o invece gente incazzata, disposta a protestare in modo vibrante e resiliente fino a quando le cose non cambieranno? Su questa domanda, a qualcuno cominciano a venire dubbi: e ci sono, perciò, anche defezioni, sul fronte neoaristocratico. Rischiamo un nuovo lockdown? Facciano, io mi divertirò molto. Facciano, osino pure: li invito a imporre l’obbligo di circolare con la mascherina ovunque, in tutta Italia, e li invito anche a proclamare nuovi lockdown. E la rivoluzione sarà più vicina.
(Gioele Magaldi, dichiarazioni rilasciare a Fabio Frabetti di “Border Nights” nella diretta web-streaming “Gioele Magaldi Racconta”, su YouTube il 28 settembre 2020).
FONTE: https://www.libreidee.org/2020/10/magaldi-per-chi-lavora-conte-e-perche-sfascia-leconomia/
°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°