RASSEGNA STAMPA DETTI E SCRITTI 16 LUGLIO 2020
A cura di Manlio Lo Presti
Esergo
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ELVIO FACHINELLI, Grottesche, Ediz. Italo Svevo, 2019, pag. 90
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SOMMARIO
Atlantia, andata e ritorno
Fermi tutti. Al voto!
Come il centro-sinistra ha governato il Paese senza mai avere i voti del popolo
Deep web dell’orrore pagato con bitcoin: bambini abusati, torturati e uccisi
SAMUEL BECKETT E IL TEATRO DELL’ASSURDO
L’ascesa del femminismo neoliberista
La trappola infernale del voucher e della autodichiarazione, nell’interesse degli italiani
L’Occidente ha iniziato per primo
La determinazione della Francia a porre fine alla libertà di espressione
Da Londra accuse contro la Russia per ingerenza nelle elezioni tramite sito Reddit
USA: sbandata del razzismo egalitario
Hillary Clinton prepara gli USA a una contestazione delle elezioni presidenziali
Riunione BCE: cosa è successo nel meeting di luglio
Autostrade: un regalo ai Benetton mascherato da nazionalizzazione
Tutto il potere ai pm. Ecco cosa dice il nuovo testo sulle intercettazioni
Quell’assordante silenzio sulla condanna dei migranti della Nave Diciotti
Etats-Unis : George Soros va investir 220 millions de dollars pour défendre «l’égalité raciale»
Autostrade, ha vinto il modello Venezuela
Referendum su taglio parlamentari il 20 e 21 settembre con le suppletive
Svolta progressista, tandem Prodi-Draghi grazie al Papa?
Bill Gates prevede 700.000 vittime dalla vaccinazione per coronavirus: “Un danno accettabile”
DAL LIBRO DEL PROF. GIULIO TARRO “COVID19, IL VIRUS DELLA PAURA”
Il colonnello Di Petrillo: sulla questione Hyperion credo a Mario Moretti
EDITORIALE
Atlantia, andata e ritorno
Manlio Lo Presti – 16 luglio 2020
Sapremo in questi giorni, o forse – come nella migliore tradizione italia – non lo sapremo mai, quali sono state e vere dinamiche che hanno condotto alla conclusione di una operazione sollecitata senza sosta da un gruppo politico di maggioranza.
Ci sono poche certezze, come al solito, grazie ad una solerte e documentata azione informativa del generone giornalistico e “indipendente” italiano…
Sappiamo che la Società Autostrade è una gallina dalle uova di platino. Pompa miliardi, occupa 30.000 dipendenti, si estende su gran parte del territorio italiano con un potenziale distributivo non indifferente, anche per il settore delle telecomunicazioni, del controllo a distanza grazie alla rete di telecamere che può essere potenziato a dismisura ma non per la tutela dei cittadini di cui non importa una beata a nessuno, ma piuttosto per affinare ed estendere il controllo facciale a distanza.
Sappiamo che i miliardi (in euro) da consegnare ai proprietari, di cui non sappiamo la VERA IDENTITÀ in un Paese vessato e controllato per l’80% da prestanomi, saranno totalmente a carico dei contribuenti e non certo dei politici, sempre nell’interesse degli italiani, ovviamente!
Sappiamo che le dichiarazioni, fintamente svagate e fintamente cialtronesche, di alcuni esponenti politici hanno fatto balzare i titoli del 24% costituendo in tale guisa un indebito arricchimento alla gang proprietaria e quindi la concreta ipotesi di aggiotaggio. Aspettiamo di vedere la tempestiva azione punitiva, per l’aggiotaggio manifesto, degli organi di controllo all’uopo predisposti dal nostro Ordinamento a tutela degli interessi dei cittadini sulle cui misere spalle ricadrà il 150% di tutti costi: e di chi altrimenti???
Sappiamo che l’operazione è gestita dalla IRI 2.0 detta C.D.P- Cassa Depositi e Prestiti, con il silenzio imbarazzante:
- di Bankitalia,
- di Consob,
- dei Ministeri competenti,
- della Corte dei Conti
- dei Servizi segreti,
- della Presidenza del Consiglio,
- della Magistratura, speriamo con la stessa velocità con cui usa il MALLEUS MALEFICARUM ad orologeria contro i nemici della strategia post-togliattiana
- del ben noto quartetto di giornaloni vergognosamente ed acriticamente filo-governativi (che si deve fare per avere le cascate di milioni dalla ridetta Presidenza e da potentissimi gruppi di interesse mondiali???)
Sappiamo, infine, ma con la maggiore preoccupazione possibile, che si sono insinuate nella greppia autostradale alcuni gruppi finanziari mondiali aventi sigle impronunciabili, una delle quali inizia con il prefisso “black” che rammemora altre strutture terroristiche di diretta proprietà del finanziare finto filantropo ebraico antisionista guerrafondaio mondiale- che il Mossad vorrebbe da tempo assassinare- , a nome dei suoni mandanti. Anche lui – non dimentichiamolo – è un super prestanome di ben altri personaggi che sono nell’ombra…
Come disse qualcuno, “chi controlla l’Italia controlla il Mediterraneo” e possiamo immaginare chi può essere l’autore. Questa affermazione spiega il tallone di ferro sul collo della ex-italia da oltre due secoli. Prima i francesi, poi gli inglesi, poi gli angloamericani, adesso gli anglofrancotedeschiUSA. Insomma, non ci priviamo di nulla eccetto la libertà di autodeterminarci da soli! Un controllo costituito da una serie infinita di eliminazioni di politici, economisti, imprenditori, politici, Operazioni eseguite con precisione chirurgica da pretoriani esecutori del Patto Stato-Mafia.
TUTTO CIÒ PREMESSO
Un altro pezzo del nostro martoriato Paese andrà nelle mani di stranieri e alle peggiori condizioni negoziali, ovviamente! Adesso si comprende il finto pauperismo di facciata di un ben noto gruppo politico-telematico al governo: il motivo VERO (cioè il MANDATO CONFERITO DAI REGISTI) era quello svendere un pezzo buono della ex-italia.
PAUPERISMO MOTIVO BUONO, ECOLOGICO, UMANITARIO, svendita ESTERA dei beni italiani MOTIVO VERO!!!
GLI AFFARI SONO AFFARI!!!!!!!!!!
Tutto questo sarà eseguito servilmente da un Paese occupato e mal gestito da una gang politica quasi interamente corrotta, cocainomane al 90% dei suoi ranghi, ricattata frontalmente esecutivamente ed individualmente.
Nel frattempo la ex-italia viene massacrata da centinaia di sbarchi di c.d. immigrati tutti infetti (se la narrazione del COVID1984 è vera), molti dei quali appartengono a forze militari d’assalto che, ad un certo ordine dall’alto, dovranno seminare il terrore sparando nelle strade provocando migliaia di morti, come riportato da tre quotidiani inglesi e uno italiano. Tutte le altre centinaia di periodici e reti tv di terra di mare di aria e il web in Italia non hanno visto nulla indaffarati a perorare il terrorismo ANTIFA e l’estensione dell’impero quadrisex e il populismo fascista segregazionista demmerda degli italiani che non hanno votato “nel modo giusto”.
Nessuna iniziativa di concreto contenimento né soluzioni sono attuate per i cosiddetti immigrati in arrivo crescente, incontrollato volutamente caotico : sarebbe razzismo!!!
Come diceva il grandissimo filosofo Martin Heidegger: ORMAI SOLO UN DIO CI PUÒ SALVARE
IN EVIDENZA
Fermi tutti. Al voto!
| |La notizia del nuovo stile che ha preso piede a palazzo Chigi con sedute notturne fiume è troppo ghiotta. Di notte si sa, si lavora meglio, lo dicono in tanti, di vari mestieri… I fatti: il 14 luglio, dopo aver partecipato ai festeggiamenti a palazzo Farnese per la festa francese della presa della Bastiglia, i ministri si ritrovano in tardi serata, quando le persone normali si ritirano in camera da letto, per una riunione del Consiglio dei ministri. Inizio della seduta alle ore 22,54 precise. La riunione deve essere stata molto tribulata per la vicenda delle autostrade, con pausa caffè dalle ore 1,05 alle 3,39. Dopo di che è scivolata via liscia fino alle ore 5,16 del 15 luglio. All’uscita dal Palazzo alcuni ministri hanno incrociato i turnisti, quelli che prendono servizio al primo turno, con dimostrazione di perfetto sincronismo tra classe politica dirigente e classe lavoratrice. Quando una inizia a lavorare, l’altra inizia a riposare dalle fatiche decisionali. Cosa hanno deciso di tanto importante?
Di convocare il 20-21 settembre gli elettori per il referendum sulla riforma costituzionale di riduzione dei parlamentari. Un problema che sta molto a cuore agli Italiani, che infatti ne parlano e dibattono con compostezza meditativa. Alcuni non sono tanto d’accordo, come Giorgio Galli, Felice Besostri e il sottoscritto, per cui si chiedono perplessi come sia possibile avere così tanti problemi e errori concettuali in una legge che occupa una striminzita paginetta, con appena quattro articoli. Il Governo e i parlamentari M5S e PD invece ritengono che non tutto il male venga per nuocere e tirano dritto.
Sono i misteri della politica italiana o la dimostrazione che molti hanno smarrito il senso della vergogna. Avrebbero potuto fare un passo indietro, accantonare la pseudo riforma. Invece no, insistono oltre la decenza. Il 14 settembre riapriranno tutte scuole, da chiudere subito dopo per l’election day, allestimento e disinfestazione. I sacrifici per le famiglie e gli studenti non sono conteggiati. Per sapere di chi è l’idea è sufficiente leggere il comunicato stampa del Governo:
“INDIZIONE DEI COMIZI ELETTORALI: Il Consiglio dei Ministri, ha convenuto sulle date del 20 e 21 settembre 2020 per l’indizione, su proposta del Presidente Giuseppe Conte, del referendum popolare confermativo relativo all’approvazione del testo della legge costituzionale recante “Modifiche agli articoli 56, 57 e 59 della Costituzione in materia di riduzione del numero dei parlamentari” nonché, su proposta del Presidente Giuseppe Conte e del Ministro dell’interno Luciana Lamorgese, per lo svolgimento delle elezioni suppletive nei collegi uninominali 03 della Regione Sardegna e 09 della Regione Veneto del Senato della Repubblica.”
Da un punto di vista politico si aspetta si sapere cosa succederà con le altre elezioni che attendono da mesi: le Regionali in 7 regioni e le Comunali in oltre 1000 comuni. Verranno tutte accorpate il 20 settembre oppure rimandate? Il Veneto con altri, pare, abbiano deciso per il 20 settembre. In questo caso il Comitato del NO al Referendum ha protestato per l’indebita sovrapposizione. L’unica cosa certa è la spesa di queste elezioni, che supera di gran lunga i presunti risparmi che forse si potranno avere un domani.
Intanto si sono perse le traccie dei cosiddetti correttivi (ndr: il governo Conte 2° nasce con l’accordo da parte di PD e LEU di sostenere il taglio dei parlamentari M5S in cambio dell’introduzione di 3 correttivi), ovvero di comporre altre leggi costituzionali e una nuova legge elettorale per sorreggere una riforma storta.
Un esempio inquietante di politica autoreferenziale. L’economia e tutto il resto possono attendere.
FONTE:http://www.civica.one/fermi-tutti-al-voto/
Come il centro-sinistra ha governato il Paese senza mai avere i voti del popolo
Ecco tutti i dati degli ultimi 25 anni
Andiamo subito al sodo.
1994: si vota col Mattarellum. Vittoria elettorale del centrodestra. Dopo sette mesi di governo Berlusconi, la Lega stacca la spina. Con un ribaltone, dal gennaio 1995 all’aprile 1996 si insedia a Palazzo Chigi Lamberto Dini (ex ministro del governo Berlusconi) sostenuto in Parlamento da PDS, Lega e cespugli centristi. Di contro, Forza Italia e Alleanza Nazionale – che avevano vinto le elezioni – passano all’opposizione.
1996: si vota col Mattarellum. Vittoria elettorale del centrosinistra, ma il dato tradisce e va esaminato. Il centrodestra, composto due anni prima dalle tre liste che avevano vinto le elezioni del 1994, nel 96′ corre senza la Lega, che va da sola nei collegi uninominali. Ai punti, cioè nel computo complessivo dei voti a livello nazionale, il centrodestra – anche senza la Lega – ottiene circa due milioni e mezzo di voti in più rispetto al centrosinistra, ma per effetto dei meccanismi previsti dal Mattarellum – con il partito di Bossi che vince in tantissimi collegi uninominali del Nord NON in coalizione coi vecchi alleati -, il centrosinistra ottiene la maggioranza dei seggi in Senato. Alla Camera Prodi ha una maggioranza risicatissima, ma può godere sin da subito dell’appoggio esterno di Rifondazione Comunista grazie al patto di desistenza tra il professore e Bertinotti nei collegi uninominali alla Camera.
2006: si vota col Porcellum. Vittoria elettorale del centrosinistra alla Camera con appena 24.000 voti di scarto sul centrodestra, lo 0,08% di differenza. Al Senato il centrodestra conquista più seggi, ma Prodi ottiene comunque l’incarico di formare il governo perché gli vanno in soccorso i senatori eletti nella Circoscrizione Estero (5 su 6) e tutti i senatori a vita. A Palazzo Madama il governo Prodi II si regge su un solo voto in più rispetto alla maggioranza dei componenti.
2013: si vota col Porcellum. Non vince nessuno. Alla Camera il centrosinistra ottiene più voti (si fa per dire!) con appena il 29,55% dei consensi (cioè uno scarto dello 0,37% sul centrodestra), ma ottiene il premio di maggioranza previsto dalla legge elettorale (premio che attribuisce alla coalizione guidata da Bersani un balzo di seggi mai visto nella storia: dal 29,55% al 54%). Al Senato nessuno ottiene la maggioranza perché il premio è regionale, quindi dopo diversi mesi di trattative nasce il governo di coalizione centrosinistra-centrodestra guidato da Enrico Letta. A gennaio 2014 la Corte costituzionale dichiara l’incostituzionalità del Porcellum (anche nella parte in cui questo prevedeva l’assegnazione del premio di maggioranza senza prevedere una soglia minima di voti perché il premio potesse scattare), ma il centrosinistra governa ugualmente il Paese fino alle elezioni politiche del 2018, anche grazie alla spaccatura nel PdL, con Alfano e Lorenzin che abbandonano Berlusconi e vanno a sostenere i governi Renzi e Gentiloni. Alle elezioni politiche del 2013 primo partito del Paese è il M5S, che per cinque anni resta fuori dal governo.
2019: le elezioni politiche del 4 marzo 2018 (si vota col Rosatellum) le vince la coalizione di centrodestra (col 37% dei voti), ma non ottiene la maggioranza assoluta dei seggi in Parlamento, bensì quella relativa (circa il 42%). Il centrosinistra (con a capo il PD) arriva ultimo (circa il 22,8% dei voti), con un distacco di quasi 15 punti percentuali dal centrodestra. Il M5S è il primo partito col 32,7%. Dopo quindici mesi di governo giallo-verde (M5S-Lega), nasce un nuovo governo con lo stesso Presidente del Consiglio (Giuseppe Conte) ma con maggioranza opposta (giallo-rossa, cioè M5S-PD). Nessuna delle liste della coalizione che alle elezioni aveva invece ottenuto la maggioranza relativa dei voti e dei seggi (il centrodestra), fa parte dell’attuale governo. Nel 2013 l’allora Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, visto che la legge elettorale prevedeva anche le coalizioni tra liste, nella formazione dei governi favorì il dato delle coalizioni e non quello delle liste. Di contro, sia nel 2018 che nel 2019, nonostante anche l’attuale legge elettorale preveda le coalizioni tra liste, Sergio Mattarella ha invece favorito la formazione dei governi tenendo conto dei voti di lista e non delle coalizioni. Un peso, due misure? Eppure, se le coalizioni tra liste sono previste dalla legge elettorale, come può il Presidente della Repubblica non tenere conto del loro risultato elettorale? E non mi si venga a parlare di “forma di governo parlamentare”: è vero che le maggioranze si formano in Parlamento, questo è indubbio, ma nessun governo può tenere fuori dalla sua composizione chi ha ottenuto nelle urne la maggioranza relativa dei voti e dei seggi. Si chiama “principio democratico”. Oggi, come sopra evidenziato, nessuna delle liste della coalizione che aveva ottenuto più voti nelle urne fa parte dell’esecutivo.
Come che sia, tutte le volte che negli ultimi 25 anni il centrosinistra è andato al governo del Paese, lo ha fatto sempre senza godere di un inequivocabile consenso elettorale. La maggioranza del popolo italiano ha sempre voluto una maggioranza parlamentare – e quindi un governo – che NON fosse di centrosinistra. Ma spesso la volontà popolare è stata tradita.
Questi i dati e i fatti.
Giuseppe Palma
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Consigli letterari:
di Paolo Becchi e Giuseppe Palma, “DEMOCRAZIA IN QUARANTENA. Come un virus ha travolto il Paese“, Historica edizioni.
Qui i link per l’acquisto:
http://www.historicaedizioni.com/libri/democrazia-in-quarantena/
https://www.libreriauniversitaria.it/democrazia-quarantena-virus-ha-travolto/libro/9788833371535
FONTE:https://scenarieconomici.it/come-il-centro-sinistra-ha-governato-il-paese-senza-mai-avere-i-voti-del-popolo-ecco-tutti-i-dati-degli-ultimi-25-anni-di-giuseppe-palma/
Deep web dell’orrore pagato con bitcoin: bambini abusati, torturati e uccisi
Scoperte nel deep web le stanze degli orrori dove vengono abusati, torturati e uccisi bambini in tenera età. I carabinieri hanno arrestato 25 persone tra cui 19 sono minorenni.
Il reparto investigativo dei Carabinieri di Siena l’hanno chiamata operazione ‘Delirio’, ed è quello che si è spalancato davanti ai loro occhi accedendo alle “red room” del deep web, il web profondo e nascosto dove si accede solo con particolari software criptati.
I carabinieri hanno così scoperto una organizzazione pedo-pornografica asiatica con ramificazioni globali che abusano di minori, li torturano e li uccidono.
Quanto raccontato dai giudici della Procura dei minori di Firenze è raccapricciante ed orrendo. Gli adulti pagavano per vedere spettacoli dal vivo in cui i bambini venivano torturati e abusati, gli stessi “spettatori” potevano interagire con chi stava materialmente compiendo i crimini disumani chiedendogli di fare questo o quello al bambino, spesso di pochi anni.
Gli spettacoli dell’orrore terminavano quasi sempre con l’uccisione del bambino.
Secondo gli investigatori gli spettacoli disumani venivano pagati a caro prezzo e in prevalenza utilizzando criptovalute come il bitcoin.
Sono 25 gli indagati in Italia, di cui 19 sono minorenni e 6 i maggiorenni residenti in 13 province italiane. In particolare due minori di 17 anni piemontesi, un ragazzo e una ragazza, raccontavano in chat riservate la loro esperienza nel deep web ed è lì che hanno raccontato quanto avveniva nelle “red room” degli orrori.
Perquisizioni e sequestri
L’attività investigativa è iniziata lo scorso ottobre 2019 e si è conclusa ora con le perquisizioni e il sequestro di materiale detenuto dagli indagati.
I 25 sono accusati di detenzione di materiale pedo-pornografico ed istigazione a delinquere.
FONTE:https://it.sputniknews.com/italia/202007159311721-deep-web-dellorrore-pagato-con-bitcoin-bambini-abusati-torturati-e-uccisi/
ARTE MUSICA TEATRO CINEMA
SAMUEL BECKETT E IL TEATRO DELL’ASSURDO
Poeta, drammaturgo, sceneggiatore, traduttore e scrittore, Samuel Beckett viene ricordato come uno degli intellettuali più influenti del XX secolo, nonché uno dei massimi esponenti del Teatro dell’assurdo. Allievo di James Joyce, con il suo talento Beckett introdusse nuove logiche e tecniche narrative nella scrittura sperimentale. La sua straordinaria capacità di sovvertire gli schemi tradizionali emerge soprattutto nella produzione teatrale, in opere come Aspettando Godot, L’ultimo nastro di Krapp e Giorni Felici.
Un’esistenza inquieta e tormentata
Samuel Beckett nacque a Dublino nel 1906 da una coppia di protestanti di ceto medio-alto, che limitò molto la sua infanzia, contribuendo ad accrescere la sua naturale introversione. A 17 anni si iscrisse alla facoltà di Lettere moderne del Trinity College, dove iniziò ad essere aggredito dal dubbio ossessivo che riguardava i rapporti interpersonali, se dipenderne o liberarsene. È esemplare in questo senso il rapporto che Beckett ebbe con la pubblicazione delle sue opere, egli infatti scriveva molto, ma pochissimo prendeva la forma di un’opera compiuta destinata alla pubblicazione.
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Si distinse come eccellente studioso della letteratura francese e all’inizio degli anni ’30 ottenne una borsa di studio di due anni a Parigi, dove entrò a far parte della cerchia di collaboratori di James Joyce. Rientrato a Dublino, cadde in una fase di depressione gravissima. Decise allora di allontanarsi dall’Irlanda, ribellandosi attivamente per la prima volta. La morte del padre nel 1934 lo fece precipitare in una nuova crisi ansioso-depressiva, che lo costrinse a seguire una terapia psicoanalitica a Londra, dalla quale trasse giovamento. Ebbe così inizio il suo periodo di maggiore creatività, quello compreso tra il 1945 e il 1955, in cui compose quella che diventerà una delle opere più importanti del Novecento: Aspettando Godot.
Tornato a Parigi, conobbe Suzanne Dechevaux-Dumesnil, colei che divenne sua moglie e gli resterà accanto per il resto della vita. Nel 1969 Samuel Beckett vinse il premio Nobel per la letteratura «per la sua scrittura, che nell’abbandono dell’uomo moderno acquista la sua altezza», che non ritirò mai. Morì il 22 dicembre 1989, nell’amata Parigi.
Fonte: www.flashbak.com
Teatro dell’assurdo: l’uomo contemporaneo in scena
Il termine «Teatro dell’assurdo» è stato coniato dal critico Martin Esslin, che ne fece il titolo di una sua pubblicazione del 1961: The Theatre of the Absurd. Il lavoro di questi autori consiste in una rappresentazione artistica del concetto filosofico di assurdità dell’esistenza, elaborato dagli esponenti dell’Esistenzialismo, tra cui il Jean-Paul Sartre degli anni ’30 e l’Albert Camus dei romanzi e della saggistica. Il teatro dell’assurdo abbandona completamente la costruzione razionale e il linguaggio logico-consequenziale delle opere, scardinando la struttura tradizionale. La trama degli eventi, i rapporti di causa-effetto e l’ordine cronologico della narrazione vengono sostituiti da un’alogica successione di eventi, apparentemente senza alcun significato. Ciò che caratterizza questo tipo di produzione infatti, è la presenza di dialoghi e azioni senza senso, ripetitivi e riempiti di lunghe pause e silenzi.
Il teatro dell’assurdo, operando nel secondo Dopoguerra, si preoccupa di mettere in scena l’alienazione dell’uomo contemporaneo e la sua crisi, l’angoscia, la solitudine, l’impossibilità di ogni comunicazione espressa attraverso situazioni e dialoghi surreali. La quotidianità viene distrutta e inserita in maniera inquietante e scomposta, per creare un effetto comico e tragico al tempo stesso.
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Samuel Beckett è ritenuto, insieme a Eugène Ionesco, il maggior esponente del teatro dell’assurdo, grazie all’impiego sapiente che egli fece del suo talento e della sua naturale predisposizione all’introversione e all’inquietudine. Egli ha sempre messo in scena un unico enorme dramma, quello del fallimento dell’uomo in tutta la sua concretezza, nella sua incapacità di generare rapporti in cui coesistano amore e libertà. Nelle opere della maturità è centrale il tema dell’impossibilità di vivere un presente felice, spendendo le forze per contemplare un passato di pienezza ormai concluso o logorandosi attendendo un futuro del tutto incerto.
«Waiting for Godot», la tragicommedia dell’attesa
Aspettando Godot è l’opera più nota di Samuel Beckett, ed è il capolavoro che sferrerà un colpo rivoluzionario al teatro contemporaneo. La trama è assolutamente elementare: due uomini, Vladimir e Estragon, dei quali non sappiamo quasi nulla, aspettano per un motivo sconosciuto l’arrivo di un terzo, Godot, che non arriverà mai.
«Una strada di campagna. Un albero. Sera», questa l’ambientazione del primo atto, durante il quale Estragon e Vladimir si trovano nel pieno della loro attesa, disturbata dall’ingresso in scena di altri tre personaggi: Pozzo con il suo schiavo Lucky e un ragazzo, il quale comunica che Godot non riuscirà ad arrivare ma che si presenterà senz’altro il giorno successivo. Il secondo atto si apre sulla stessa scena («Il giorno dopo. Stessa ora. Stesso posto», scrive Beckett) e tutto si ripete quasi allo stesso modo.
L’opera viene composta inizialmente in francese nel 1952 e due anni più tardi viene tradotta in inglese dall’autore stesso. Spesso è definita come una tragicommedia dell’attesa, elemento sul quale si basa la vita dei personaggi, persone sospese nel tempo ed incapaci di procedere, che esprimono un movimento mai attuato attraverso dialoghi assurdi.
Vladimir: Bene, andiamo?
Estragon: Sì, andiamo.
[Non si muovono]
Il linguaggio si riassume nei silenzi e nelle lunghe pause che intercorrono tra un breve dialogo e l’altro, che sono per Beckett il chiaro esempio dell’incapacità dell’uomo di comunicare con i suoi simili. La scenografia è molto spoglia, e invita lo spettatore a concentrare l’attenzione sulle situazioni surreali, in cui il silenzio diventa forma di comunicazione.
In Godot, che Beckett invita a non identificare con Dio, viene proiettata l’attesa del futuro, del destino, della fortuna e della morte. Godot però non verrà, per cui tutto è avvolto da un profondo senso di delusione, che spinge i protagonisti a pensare di ricorrere al suicidio più di una volta.
Quella che viene evocata è una mancanza, una perdita, avvenuta nel momento il cui il mondo è decaduto e tutto si è paralizzato. L’inutilità dell’esistenza viene messa in scena in maniera molto cruda, tra la precarietà della vita e la perdita dell’individualismo e della propria identità. L’alienazione e l’isolamento, il fallimento della comunicazione, l’assurdità e la fragilità dell’esistenza vanno a comporre quella perdita di spessore e senso dell’uomo che ha fatto dell’opera di Beckett una delle più vere e geniali del Novecento.
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FONTE:https://www.frammentirivista.it/samuel-beckett-teatro-assurdo/
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L’ascesa del femminismo neoliberista
Proponiamo un estratto dal libro L’ascesa del femminismo neoliberista di Catherine Rottenberg appena uscito per ombre corte, con la traduzione di Federica Martellino e una prefazione di Brunella Casalini. In questo saggio l’autrice sostiene che il femminismo neoliberista legittima lo sfruttamento della stragrande maggioranza delle donne mentre disarticola qualsiasi tipo di critica strutturale. Non sorprende, quindi, che questo nuovo discorso femminista converga con le forze conservatrici che, in nome della parità di genere e dei diritti delle donne, promuovono programmi razzisti e anti-immigrazione o giustificano gli interventi nei paesi a maggioranza musulmana. Rottenberg conclude quindi sollevando domande urgenti su come riorientare e rivendicare con successo il femminismo come movimento per la giustizia sociale.
Secondo molti progressisti americani, la campagna presidenziale di Hillary Clinton del 2016 e il forte sostegno che ha ricevuto dalle organizzazioni femministe, avrebbero segnato uno dei momenti clou della rinascita di un’agenda femminista negli Stati Uniti. Nei giorni precedenti alle elezioni vi era un’aspettativa sempre più intensa e quasi palpabile, tra un vastissimo numero di persone, circa la possibilità di inaugurare una nuova era in cui, per la prima volta nella storia degli Stati Uniti, a capo della nazione più potente del mondo, ci sarebbe stata una donna. Di conseguenza, al risveglio dell’inaspettata – e per molti scioccante – disfatta di Clinton, si è rivelato molto più difficile valutare la portata del fatto che una donna si stesse candidando alla presidenza sostenuta da un partito a favore delle donne e identificato come “femminista”.
Secondo numerosi opinionisti e critici, la vittoria di Donald Trump non è che una rabbiosa reazione proprio nei riguardi del femminismo e dei risultati da esso effettivamente conseguiti. La rapidità con la quale il presidente Trump ha tentato di trasformare in realtà l’agenda sessista e antiabortista della propria amministrazione sembra in effetti dar credito alla posizione secondo cui staremmo assistendo, per l’ennesima volta, all’ennesimo violento colpo di coda contro l’emancipazione delle donne. Ci sono pochi dubbi sul fatto che abbiamo fatto il nostro ingresso in un periodo particolarmente minaccioso della storia degli Stati Uniti, specialmente da quando la nuova amministrazione appare piuttosto determinata nell’erosione di molto di ciò che rimane delle istituzioni, delle agenzie e delle consuetudini del paese, per quanto imperfette potessero essere.
In un’intervista rilasciata non molto tempo dopo l’insediamento di Trump, Naomi Klein ha sostenuto che la vittoria di Donald Trump abbia condotto a un autentico “colpo di stato da parte delle imprese”, mentre Cornel West ha scritto un articolo per dire che gli Stati Uniti hanno fatto il loro ingresso in una sorta di neofascismo. Un assalto conclamato ai diritti delle donne e alla parità di genere, d’altronde, sembra essere dietro l’angolo. Il colpo dell’amministrazione statunitense contro i diritti riproduttivi è già stato sferrato, prima con l’ordine esecutivo di ristabilire il cosiddetto Global Gag Rule – che proibisce alle organizzazioni non statunitensi e non governative che ricevono fondi statunitensi di informare le donne sull’aborto, creando consapevolezza attorno alla questione ed eventualmente prendendola in carico – e poi legiferando il definanziamento di organizzazioni come Planned Parenthood. Brigitte Amiri, che scrive per l’American Civil Liberties Union (ACLU), ha scritto che “è fuori questione che Trump stia attivamente tentando di fermare il progresso verso la piena eguaglianza delle minoranze di genere e sessuali e il pieno accesso ai diritti riproduttivi”.
A prescindere da quanto possa trapelare di ciò succederà nella parte restante del mandato di Trump, sembra in ogni caso chiaro che ci troveremo di fronte a una quantità estrema di danni. Tuttavia, la gran parte di questo libro è stata scritta durante quello che, rispetto a oggi, sembrava essere un periodo molto diverso, un periodo nel quale determinate posizioni progressiste – come il tanto agognato riconoscimento dei pari diritti di lesbiche, gay, bisessuali, transgender, queers e questioning – sembravano muoversi finalmente dai margini verso il consenso istituzionale e popolare. Si pensi al Marriage Equality Act, o alla già citata decisione da parte di un grande partito nazionale di candidare per la prima volta alla presidenza degli Stati Uniti una donna, che peraltro si identifica come femminista. Molti a sinistra – inclusa la sottoscritta – nutrivano sentimenti ambivalenti nei confronti di questi “progressi”, in larga parte perché dichiararsi progressisti, nel senso comune mainstream, sembrava inevitabilmente fondarsi su una deliberata noncuranza della devastazione provocata dalle politiche neoliberiste – non ultimo sulla vita delle donne povere e non bianche –, oltre che sulla invisibilizzazione delle ingenti diseguaglianze strutturali e dell’oppressione agita invariabilmente su tantissimi altri fronti.
Ma, come ho detto, dal 20 gennaio 2017 il clima politico statunitense si è trasformato in modi che in pochi avevano previsto in questi termini. Nello Studio Ovale ora alberga un magnate senza scrupoli e sprovvisto di qualunque esperienza politica – un presidente che in realtà ha già perso il sostegno popolare di almeno tre milioni di voti. L’amministrazione Trump, inoltre, è carica di inquietanti, e palesemente inconciliabili, contraddizioni. Il suo vicepresidente è un cristiano-evangelico fortemente contrario all’aborto, mentre il capo dei servizi segreti è un indefesso suprematista bianco; al contempo, gli altri membri del governo – quelli che, almeno al momento, si trovano alla guida delle più importanti agenzie governative – incarnano letteralmente i principi neoliberisti nella loro forma più estrema, sostenendo in particolare l’intensificazione della deregolamentazione, della privatizzazione e del rafforzamento del capitale, nonché mostrando la più totale indifferenza nei riguardi degli ultimi scampoli della rete di sicurezza del New Deal, o delle urgenti e necessarie politiche ambientali. Ciò che colpisce maggiormente è come il neoliberismo, solitamente associato alla rimozione di ogni ostacolo al libero flusso transnazionale di capitali e di beni, possa essere diventato l’alleato di un fanatismo nazionalista e nativista, anche in ambito economico. Benché l’attuale congiuntura tra il neoliberismo e ciò che Cornel West ha definito “neofascismo” non costituisca forse nulla di troppo inedito per il panorama politico contemporaneo – dal momento che questo connubio si è già verificato in altri paesi – è tuttavia scioccante, per molte persone in tutto il pianeta, assistere a questa spaventosa fusione negli Stati Uniti. Le azioni messe in atto dall’amministrazione Trump, il suo turbinio di ordini esecutivi estremamente controversi, hanno già scatenato mobilitazioni di massa e forme di protesta come non se ne vedevano da decenni1. Forse, abbiamo fatto il nostro ingresso in un’epoca di rinnovata resistenza popolare di massa, in cui sarà data nuova vita a vecchi concetti quali quelli di giustizia sociale e di eguaglianza, ossia gli unici in grado di costituire un’alternativa sia alle tendenze neofasciste della nuova amministrazione, sia alla razionalità neoliberista del mercato che, ovunque, persiste nel proprio processo di colonizzazione del mondo. O questa, almeno, come tenterò di illustrare meglio nel libro, è la mia speranza.
Al netto di tali premesse, e come diventerà via via più chiaro, questo libro mira tuttavia a render conto di un fenomeno diverso, ossia di quel groviglio tra neoliberismo e femminismo che, da quando esiste, viene considerato come parte integrante della politica progressista. L’odissea di questa ricerca inizia nel 2012 quando, dopo un lungo periodo di latenza in cui ben poche donne – e specialmente quelle più potenti – volevano identificarsi pubblicamente come femministe, lo status quo inizia a cambiare tanto rapidamente quanto tragicamente. All’improvviso, molte donne di classe medio-alta, negli Stati Uniti, iniziano a proclamarsi a gran voce femministe, una dopo l’altra: l’ex direttrice del Policy Planning del Dipartimento di Stato americano Anne-Marie Slaughter, l’ex presidente del Barnard College Debora Spar e la direttrice operativa di Facebook Sheryl Sandberg, fino alla giovane star hollywoodiana Emma Watson, o a celebrità dell’industria musicale come Miley Cyrus e Beyoncé. Il femminismo diventa di colpo accettabile, molto popolare, e ciò avviene attraverso modalità che semplicemente non aveva mai conosciuto prima.
La prospettiva di una rinascita del discorso femminista appare da subito molto promettente, specialmente alla luce dei danni macinati dal “postfemminismo” – che Rosalind Gill descrive come un complesso “intreccio di idee femministe e antifemministe”2 –, il quale aveva precedentemente svolto a dovere il compito di arginare la necessità di un movimento di massa, e organizzato, delle donne. Ciononostante, molte attiviste di lungo corso e molte studiose femministe hanno mostrato una certa cautela nei riguardi di quella recente riemersione, innanzitutto perché sembrava avvenire all’insegna della completa assenza di parole-chiave che invece, dai discorsi e dai dibattiti femministi, sembravano indissociabili: eguaglianza, emancipazione, giustizia sociale. Altre sembravano le parole-chiave atte, testardamente, a rimpiazzarle: felicità, conciliazione famiglia-carriera, responsabilità, “farsi avanti” [lean in]. Così, incuriosita dall’ampia proliferazione – e dall’ampia accettazione – di un nuovo lessico femminista fondato sulla paradossale omissione di tanti concetti-chiave del femminismo stesso, ho iniziato a seguire l’effetto individualizzante, e di “anestetico” politico, di questa nuova variante di femminismo. La comparsa di questo nuovo lessico femminista mi ha spinta ad analizzare la nuova visibilità, del femminismo stesso, nei prodotti culturali mainstream: dai giornali agli articoli di riviste, alle serie tv, alle varie autobiografie di donne famose, alle guide femminili su “come avere successo”, fino ai blog dedicati alle neo-mamme. Volevo capire come mai questa nuova forma di femminismo fosse diventata pubblicamente accettabile, guadagnando una così ampia popolarità, e tentavo di indagare quali rapporti quel cambio di registro intrattenesse realmente con la presunta legittimità che il femminismo stava improvvisamente ricevendo dall’immaginazione popolare statunitense. L’interesse nutrito nei riguardi questo nuovo fenomeno culturale è poi culminato quando svariate personalità politiche conservatrici – dalla premier inglese Theresa May a Ivanka Trump negli Stati Uniti – si sono aggiunte alle fila di una già sorprendente lista di donne pubblicamente identificatesi come femministe.
È sempre difficile cogliere un particolare fenomeno culturale mentre esso stesso accade – quasi in tempo reale – e questo è senza dubbio più vero specialmente se gli eventi si susseguono così rapidamente. I capitoli che seguono registrano e, al contempo, analizzano l’ascesa di ciò che definisco “femminismo neoliberista”. Il libro prende le mosse dalla percezione di una crisi sempre più forte della concezione classica dello spazio della teoria liberale – ossia, la rigida distinzione tra pubblico e privato. Si tratta infatti di una crisi che ha sortito effetti molto significativi su tutto il pensiero femminista liberale, così come sulla sua agenda politica di trasformazione sociale. Benché tale crisi non sia particolarmente nuova, e le sue origini non siano univoche, essa però coinvolge le contraddizioni interne dello stesso liberalismo, soprattutto quella per cui lo spazio, nell’immaginario politico liberale, sia già da sempre segnato dalla linea del genere. Come sosterrò, le ragioni di questa acutizzazione sono da ricondurre a due ragioni: la prima è data dall’ingresso di un numero sempre crescente di donne del ceto medio nel mondo del lavoro professionalizzato; la seconda, invece, dall’accresciuta egemonia della razionalità neoliberista. Facendo riferimento ai lavori di Wendy Brown, di Michel Feher e di Wendy Larner, per “neoliberismo” non intendo semplicemente un sistema economico o un insieme di politiche fondate sulla privatizzazione e sulla deregolamentazione del mercato; piuttosto, intendo una razionalità politica, una normatività, che oscilla costantemente tra “pubblico” – l’amministrazione dello stato – e “privato” – i meccanismi psichici del soggetto –, plasmando gli individui come agenti di potenziamento del capitale. La conversione costante e incessante, a opera della razionalità neoliberista, di tutti gli aspetti del nostro mondo in “atomi” del capitale, inclusi gli stessi esseri umani, produce soggetti individualizzati, “imprenditori di se stessi”, costretti a investire su di sé, considerati peraltro gli unici responsabili della propria cura e del proprio benessere. È significativo – ancorché paradossale – notare che proprio nel momento in cui la razionalità del mercato ha acquisito maggior ascendenza, questo nuovo tipo di femminismo ha fatto eclissare il postfemminismo, che studiose come Angela McRobbie e Rosalind Gill avevano già definito come un prodotto stesso del neoliberismo3. Dopo aver corroso il femminismo liberale e partorito il postfemminismo, la razionalità neoliberista si cimenta ora nella produzione di una nuova forma di femminismo. Tutto ciò solleva una serie di domande: perché mai il neoliberismo avrebbe bisogno del femminismo? In quali inedite modalità, rispetto al postfemminismo, potrebbe operare il femminismo neoliberista, e quali risultati potrebbe conseguire? Che tipo di lavoro culturale questa variante di femminismo fa emergere in questo particolare momento storico? E, infine, quali sono esattamente le sue modalità di azione? Questo libro mira a fornire un’analisi accurata della logica sottesa al femminismo neoliberista, dei suoi complessi meccanismi, e di come esso agisce per conseguire una serie di obiettivi, su tutti la produzione di un nuovo soggetto femminista.
[…]
Una delle tesi centrali di questo libro, infatti, è che la razionalità neoliberista potrebbe ben necessitare del femminismo per risolvere – almeno temporaneamente – una delle sue contraddizioni interne, proprio in relazione al genere. In quanto ordine economico, il neoliberismo fa chiaramente affidamento sulla procreazione e sul lavoro di cura gratuito per garantire la riproduzione e il mantenimento del capitale umano. Per esempio, le donne lavoratrici (ma anche gli uomini) acquistano sempre più frequentemente, e dunque esternalizzano, servizi di cura nei riguardi di bambini e/o anziani. In quanto razionalità politica, tuttavia, il neoliberismo non conosce altro lessico al di fuori della riproduzione del valore e del lavoro di cura. Questo non solo perché gli individui sono stati sempre più convertiti in capitale umano generico (attraverso l’occultamento del genere), ma anche perché la divisione tra sfera pubblica e privata – che caratterizza il pensiero liberale e la tradizionale divisione sessuale del lavoro – è stata erosa dalla conversione di tutto in capitale, e attraverso l’infiltrazione di quella razionalità tipica del mercato in tutte le sfere della vita, incluse quelle private. In aperto contrasto con la teoria liberale, in altre parole, il neoliberismo non ha un immaginario politico all’infuori di quello del mercato e dei suoi parametri, e questo immaginario sta colonizzando tutti gli ambiti dell’esistenza, incluso l’ambito privato.
La premessa alla base di questo libro è che sia gli uomini sia le donne – e in particolare quei soggetti già provvisti di un certo capitale economico, sociale, culturale e simbolico – sono sempre più indotti a pensarsi come capitale umano generico, a seguito di un processo che li spoglia di ogni valore (o di qualunque marcatore identitario), a eccezione di quello economico. Tale ingiunzione contribuisce a creare soggetti governati da un sistema valoriale fondato sul calcolo costi-benefici e che, se vogliono vivere – figurarsi, poi, se vogliono farlo in buona salute –, devono organizzare in un certo modo le proprie vite, compiere investimenti intelligenti su se stessi nel presente per aumentare le aspettative di successo nel futuro.
Parallelamente a questa premessa, tuttavia, la tesi di questo libro è che il femminismo neoliberista debba essere inteso come una sorta di grande respingimento della totale conversione delle donne istruite e in carriera in capitale umano generico. In maniera paradossale e controintuitiva, dal momento che preserva la procreazione come parte della traiettoria normativa di vita delle donne “ambiziose”, e la conciliazione come suo frame normativo e come fine ultimo, il femminismo neoliberista contribuisce a risolvere una delle tensioni costitutive del neoliberismo, facendo sì che le donne in ascesa nel lavoro desiderino una “felice conciliazione tra la carriera e la famiglia” e che tutta la responsabilità per la riproduzione stia tutta sulle loro spalle.
NOTE
1. | ↩ | Si veda il sito creato da Jeremy Pressman e Erica Chenoweth, Crowd Counting Consortium, disponibile online: http://sites.google.com/view/crowdcountingconsortium/home – consultato il 26 maggio 2017. |
2. | ↩ | Rosalind Gill, Postfeminist Media Culture: Elements of a Sensibility, in “European Journal of Cultural Studies”, 10, 2, 2007, pp. 147-166. |
3. | ↩ | Cfr. Angela McRobbie, The Aftermath of Feminism: Gender, Culture, and Social Change, Sage, London 2009. |
FONTE:https://operavivamagazine.org/lascesa-del-femminismo-neoliberista/
BELPAESE DA SALVARE
La trappola infernale del voucher e della autodichiarazione, nell’interesse degli italiani
Manlio Lo Presti 16 luglio 22020
Mentre bevo pigramente un caffè in un bar della città, ascolto mio malgrado una conversazione maieutica-socratica che si sta svolgendo in un tavolino vicino (come da distanziamento sociale prescritto dai pretoriani di Badoglio 2.o).
La botta e risposta ha avuto questo surreale (ma mica tanto) svolgimento:
A: Ho scoperto la vera utilità dei voucher.
B: Spiegati meglio.
A: Come saprai, il voucher viene assegnato solamente a coloro che hanno precisi e numerosi requisiti. (perché fare le cose semplici?)
B: E allora?
A: Se i requisiti sono numerosi, è facile non riuscire ad averli tutti.
B: La stessa situazione per la quale se vieni fermato da una pattuglia in autostrada, possono farti SEMPRE una multa per il mancato rispetto di uno dei 250 adempimenti che il guidatore deve compiere alacremente, da “libero cittadino”.
A: Il paragone calza perfettamente e continuo. A causa della complicata procedura necessaria per avere l’assegnazione del voucher delle meraviglie, il cittadino fa ricorso alla professionalità dei centri assistenza fiscale et similia. Quindi, il bisognoso utilizza il voucher assegnato per acquisto di derrate alimentari presso esercenti vari. I ridetti voucher, che riportano ciascuno il nome dell’utilizzatore, affluiscono ad un centro di raccolta dove una rinomata rigorosa struttura di controllo fiscale territoriale procede alla elencazione dei miserabili sanculotti indegni fruitori…
B: Prosegui. Comincio a preoccuparmi
A: Infatti, devi preoccuparti. La succitata rigorosa struttura di controllo fiscale territoriale ordina la consegna delle domande ai centri assistenza fiscale e inizia un fittissimo setaccio delle richieste degli assegnatari del voucher dell’imperiale cifra di ben € 250 rilevando -come ovvio- che una cospicua parte degli assegnatari non è in regola per uno o due dei 30/40 requisiti richiesti …
B: Quindi?
A: Questi reprobi saranno colpiti da altrettante cartelle esattoriali da PAGARE IMMEDIATAMENTE. Costoro saranno costretti a difendersi con spese processuali ingenti e a rateizzare le salatissime multe, peggio, a fare ricorso ai volenterosi e salvifici alacri cravattari o strozzini che dir si voglia …
B: Avremo un’altra razzia legalizzata come accadde con le “cartelle pazze”?
A: Più o meno sarà così… Aspetta. Non finisce qui. Tale meccanismo ad orologeria sarà nuovamente utilizzato. perché fra un anno o due (adesso sarebbe troppo sporca), magari quando è in carica un governo ostile ai PIANI ALTI, faranno scoppiare la bomba contro tutti coloro che hanno sottoscritto le inveterate autodichiarazioni strappate con il terrore, la paura e l’ignoranza giuridica. Autodichiarazioni illegali nella parte riguardante lo stato di salute – ex art. 49 legge 445 del 2000. Saranno accusati di aver contravvenuto all’art. 645 del Codice Penale. La popolazione sarà costretta a difendersi con colossali spese legali. Il governo in carica (si, quello ostile ai poteri mondiali) vacillerà, il caos imperverserà, arriveranno le cavallette, la TROJKA, 30/40 ispettori del’ONU, lo spread salirà a 700 basis points, 6-700 girotondi in tutto il Paese, 60-70 trasmissioni politiche per trentasei ore al giorno, ecc. ecc. ecc. ecc. cc. ecc. ecc. ecc…
MA, FORSE, ERA UN FILM DI FANTASCIENZA STATALISTICO-FISCALE. Un incubo causato da un sole cocente e dall’arsura … come in una evanescente bolla di sapone …
CHISSÀ ….
Però non dimentico quando nell’anno 2005 affermai ad un congresso a Chicago davanti a oltre 5.000 persone:
«TUTTI SAREMO IMPUTATI PER ALMENO UN QUARTO D’ORA»
CONFLITTI GEOPOLITICI
L’Occidente ha iniziato per primo
Manlio Lo Presti – 16 luglio 2020
I bianchi hanno avuto la possibilità di iniziare per primi ad uccidete i neri, gli asiatici, gli indiani, ecc.
In questo quadro è comprensibile il comportamento degli inglesi che hanno eliminato 186 milioni di umani.
Lo hanno fatto per primi.
Si tratta quindi di supremazia tecnologica occidentale e non di razzismo. Come disse il filosofo Emanuele Severino in TECHNE, LE RADICI DELLA VIOLENZA, 1988, chi controlla la Téchne comanda il pianeta.
Per coprire questa verità spietata hanno coperto l’operazione sbandierando il razzismo nel corso di questo secolo. BERNAYS ha vinto ancora una volta !!!!!!!!!!!
Adesso QUALCUNO ha deciso che tocca ai neri sterminare i bianchi.
I BIANCHI DOVRANNO REAGIRE PER NON ESSERE ELIMINATI
È una questione di forza e di pura sopravvivenza.
Le teorie buoniste servono a coprire il genocidio al contrario facendo leva sul suicida senso di colpa dei bianchi!
La determinazione della Francia a porre fine alla libertà di espressione
- Le aziende private saranno ora obbligate ad agire come polizia del pensiero per conto dello Stato francese o incorreranno in pesanti sanzioni.
- “Con il pretesto di contrastare i contenuti ‘che incitano all’odio’ su Internet, [la legge Avia] crea un sistema di censura tanto efficace quanto pericoloso (…) ‘l’odio’ è il pretesto sistematicamente usato da coloro che vogliono mettere a tacere le opinioni discordanti. (….) Una democrazia degna del suo nome dovrebbe accettare la libertà di espressione.” – Guillaume Roquette, direttore editoriale di Le Figaro Magazine, 22 maggio 2020.
- “Cos’è l’odio? Si ha il diritto di non amare (…) si ha il diritto di amare, si ha il diritto di odiare. È un sentimento. (…) Non deve essere perseguito, non deve essere legiferato.” – Éric Zemmour, CNews, 13 maggio 2020.
- Chiedere alle aziende private – o al governo – di agire come polizia del pensiero è fuori luogo in uno Stato che afferma di rispettare lo Stato di diritto democratico. Purtroppo, la domanda da porsi non è se la Francia sarà l’ultimo Paese europeo a introdurre tali leggi sulla censura, ma quali altri Paesi saranno i prossimi a farlo.
Con una nuova legge, il governo francese ha deciso di delegare il compito della censura di Stato alle piattaforme online come Facebook, Google, Twitter, YouTube, Instangram e Snapchat. Le aziende private saranno ora obbligate ad agire come polizia del pensiero per conto dello Stato francese o incorreranno in pesanti sanzioni. (Fonte delle immagini: iStock) |
Il 13 maggio, il Parlamento francese ha approvato una legge che impone alle piattaforme online come Facebook, Google, Twitter, YouTube, Instagram e Snapchat[1] di rimuovere entro 24 ore i “contenuti che incitano all’odio” ed entro un’ora i “contenuti di matrice terroristica”. La mancata osservanza della norma comporterebbe multe esorbitanti fino a 1,25 milioni di euro, pari al 4 per cento del fatturato globale della piattaforma, in caso di reiterata inosservanza dell’obbligo di rimozione del contenuto.
L’ambito dei contenuti online ritenuti colpevoli di “incitare all’odio” ai sensi della cosiddetta “legge Avia” (dal nome della deputata che l’ha presentata in Parlamento) è, in linea con le normative europee sui discorsi di incitamento all’odio, ampiamente delimitato e include “l’incitamento all’odio o insulti a carattere discriminatorio per motivi di razza, religione, etnia, genere, orientamento sessuale o disabilità”.
La legge francese è stata direttamente ispirata dalla controversa legge tedesca sulla censura, nota come NetzDG, varata nell’ottobre del 2017, che è esplicitamente menzionata nell’introduzione della legge Avia.
“Questa proposta di legge mira a contrastare la diffusione su Internet dei discorsi di incitamento all’odio”, si afferma nell’introduzione della legge Avia.
“Nessuno può contestare l’esacerbazione dei discorsi di incitamento all’odio nella nostra società (…) gli attacchi compiuti contro terzi per quello che sono, a causa delle loro origini, della loro religione, del loro genere o del loro orientamento sessuale (…) sono qualcosa che ricordano le ore più buie della nostra storia (…) la lotta contro l’odio e l’antisemitismo su Internet è un obiettivo d’interesse pubblico che giustifica (…) disposizioni forti ed efficaci (…) questo strumento di apertura [Internet] sul mondo, di accesso alle informazioni, alla cultura, alla comunicazione può diventare un vero inferno per coloro che diventano bersaglio di ‘haters’ o di molestatori che si nascondono dietro schermi e pseudonimi. Secondo un sondaggio condotto nel maggio del 2016, il 58 per cento dei nostri concittadini ritiene che Internet sia il luogo principale dei discorsi di incitamento all’odio. Più del 70 per cento afferma di aver già dovuto far fronte a discorsi di incitamento all’odio sui social network. Per i più giovani, in particolare, le molestie informatiche possono essere devastanti. (…) Tuttavia (…) Vengono presentate poche denunce, poche indagini vengono concluse con successo, poche condanne vengono pronunciate: e questo crea un circolo vizioso.”
Avendo riconosciuto che “l’odio” online è difficile da perseguire in base alle leggi esistenti perché “vengono presentate poche denunce, poche indagini vengono concluse con successo, poche condanne vengono pronunciate”, ma avendo comunque stabilito che la censura è la panacea ai problemi rilevati, il governo francese ha deciso di delegare il compito della censura alle stesse piattaforme online. Le aziende private saranno ora obbligate ad agire come polizia del pensiero per conto dello Stato francese o incorreranno in pesanti sanzioni. Come in Germania, tale legislazione porterà le piattaforme online a mostrare eccesso di zelo nel rimuovere o bloccare qualsiasi cosa possa essere percepita come un “incitamento all’odio” per evitare di essere multate.
La ratio legis – lo scopo della legge – sembra essere duplice: non solo la normativa intende ottenere la reale censura dei discorsi di incitamento all’odio rimuovendo o bloccando i post online, ma è finalizzata anche a raggiungere effetti (inevitabilmente) agghiaccianti della censura sul dibattito online in generale. “Le persone ci penseranno due volte prima di oltrepassare la linea rossa se sapranno che c’è un’alta probabilità di essere ritenute responsabili”, ha affermato il ministro della Giustizia francese Nicole Belloubet, in una dichiarazione inquietante per un rappresentante del governo di un Paese che ancora sostiene di essere democratico.
Fin dall’inizio, quando il presidente francese Emmanuel Macron ha incaricato il gruppo guidato da Laetitia Avia di preparare la legge, la proposta ha ricevuto critiche da parte di numerosi gruppi e organizzazioni. La Commissione nazionale consultiva francese dei diritti dell’uomo ha criticato la proposta di legge perché aumenta il rischio di censura e La Quadrature du Net, un’organizzazione che opera contro la censura e la sorveglianza online, ha ammonito che “tempi rapidi di rimozione e multe salate per inosservanza incentivano ulteriormente le piattaforme a rimuovere eccessivamente i contenuti”. Article 19, l’organizzazione londinese che si batte per la libertà di espressione, ha commentato che la legge minaccia la libertà di parola in Francia. Secondo Gabrielle Guillemin, consigliere legale di Article 19:
“La legge Avia consentirà efficacemente allo Stato francese di delegare la censura online alle aziende informatiche dominanti, che dovranno agire da giudici e giurati nel determinare quali siano i contenuti ‘palesemente’ illegali. La legge copre un’ampia gamma di contenuti, pertanto, non sarà sempre una decisione semplice.
“Dati i tempi entro i quali le aziende devono rispondere, possiamo aspettarci che commettano errori in fatto di cautela, quando si tratta di decidere se i contenuti siano legali o meno. Dovranno anche ricorrere all’uso di filtri che porteranno inevitabilmente alla rimozione eccessiva dei contenuti.
“Il governo francese ha ignorato le preoccupazioni sollevate dai diritti digitali e dai gruppi che si battono per la libertà di parola, e il risultato sarà un effetto agghiacciante sulla libertà di espressione online in Francia”.
Anche la legge approvata è stata accolta con disapprovazione in Francia. Il 22 maggio, Guillaume Roquette, direttore editoriale di Le Figaro Magazine, ha scritto:
“Con il pretesto di contrastare i contenuti ‘che incitano all’odio’ su Internet, [la legge Avia] crea un sistema di censura tanto efficace quanto pericoloso (…) ‘l’odio’ è il pretesto sistematicamente usato da coloro che vogliono mettere a tacere le opinioni discordanti.
“Questo testo [legge] è pericoloso perché, secondo l’avvocato François Sureau, ‘introduce la punizione penale (…) della coscienza’. È pericoloso (…) perché delega la regolamentazione del dibattito pubblico (…) su Internet alle multinazionali americane. Una democrazia degna del suo nome dovrebbe accettare la libertà di espressione”.
Jean Yves Camus di Charlie Hebdo ha definito la legge “un placebo per combattere l’odio” e ha rilevato che “l’iper-focalizzazione sull’odio online” maschera il vero pericolo:
“Non è l’odio online che ha ucciso Ilan Halimi, Sarah Halimi, Mireille Knoll, le vittime del Bataclan, dell’Hyper Cacher e di Charlie; è un’ideologia chiamata antisemitismo e/o islamismo. (…) Chi stabilisce cos’è l’odio e la sua [differenza dalla] critica? Un vaso di Pandora è stato appena aperto. (…) C’è il rischio di una marcia lenta ma inesorabile verso un linguaggio digitale iper-normativizzato dalla correttezza politica, come definito dalle minoranze attive”.
“Cos’è l’odio?” si è chiesto retoricamente lo scrittore francese Éric Zemmour. “Non lo sappiamo! Si ha il diritto di non amare (…) si ha il diritto di amare, si ha il diritto di odiare. È un sentimento. (…) Non deve essere perseguito, non deve essere legiferato”.
Tuttavia, questo è ciò che fanno le leggi finalizzate a contrastare i discorsi di incitamento all’odio, sia nella sfera digitale sia in quella non digitale. Chiedere alle aziende private – o al governo – di agire come polizia del pensiero è fuori luogo in uno Stato che afferma di rispettare lo Stato di diritto democratico.
Purtroppo, la domanda da porsi non è se la Francia sarà l’ultimo Paese europeo a introdurre tali leggi sulla censura, ma quali altri Paesi saranno i prossimi a farlo.
Judith Bergman è avvocato, editorialista e analista politica. È Distinguished Senior Fellow presso il Gatestone Institute.
[1] Oltre ad altre piattaforme online e ai motori di ricerca che raggiungono una determinata soglia di attività in Francia (tale soglia sarà specificata con decreto in data successiva).
FONTE:https://it.gatestoneinstitute.org/16235/francia-liberta-espressione
Da Londra accuse contro la Russia per ingerenza nelle elezioni tramite sito Reddit
Le accuse britanniche arrivano poche ore dopo che la commissione parlamentare di intelligence e sicurezza ha promesso di pubblicare un rapporto sulla presunta ingerenza russa nel referendum sulla Brexit del 2016 e nelle elezioni generali del 2017.
Personaggi russi anonimi hanno quasi certamente tentato di immischiarsi nelle elezioni generali del dicembre 2019, ha annunciato oggi il ministro degli Esteri Dominic Raab, riferendosi ad “un’ampia analisi” sulla questione.
“È quasi certo che attori russi abbiano cercato di interferire nelle elezioni generali del 2019 attraverso l’amplificazione online di documenti governativi acquisiti e divulgati illegalmente”, ha detto Raab, intervenendo in parlamento e riferendosi a documenti trapelati sul controverso accordo di libero scambio tra Stati Uniti e Regno Unito.
“I documenti governativi sensibili relativi all’accordo di libero scambio tra Regno Unito e Stati Uniti sono stati acquisiti illegalmente prima delle elezioni generali del 2019 e diffusi online tramite la piattaforma Reddit”, ha aggiunto.
Allo stesso tempo Raab ha osservato che al momento non ci sono prove su un tentativo russo “ad ampio raggio” per interferire nel voto del 2019.
“Sebbene non vi siano prove di una campagna russa ad ampio raggio contro le elezioni generali, qualsiasi tentativo di interferire nel nostro processo democratico è assolutamente inaccettabile. È e sarà sempre una priorità assoluta difendere la nostra democrazia e le elezioni”, ha assicurato il ministro.
È in corso un’inchiesta della magistratura sulla vicenda, ha osservato Raab, affermando che sarebbe “inappropriato dire altro”, ad eccezione del fatto che Londra si riserva il diritto di reagire.
Nel novembre 2019 l’allora leader del Partito Laburista Jeremy Corbyn aveva rivelato i dettagli di un piano segreto di 451 pagine dei conservatori che, secondo il leader progressista, avrebbe effettivamente “venduto” il servizio sanitario nazionale agli Stati Uniti nell’ambito dei negoziati per un’intesa commerciale tra Regno Unito e Stati Uniti.
Nelle settimane successive Reddit aveva affermato che i documenti trapelati potrebbero essere stati “parte di una campagna che è stata segnalata come originaria della Russia”. Corbyn ha definito l’affermazione di Reddit “senza senso” e ha continuato a sostenere che i documenti “erano reali”, rifiutandosi allo stesso tempo di rilevare le sue fonti.
Funzionari e media britannici hanno ripetutamente accusato la Russia di interferire nel processo elettorale degli ultimi anni, sostenendo che i troll russi sui social media hanno cercato di realizzare campagne di “informazione armata” per influenzare i potenziali elettori. Mosca ha ripetutamente smentito le accuse, rilevando la mancanza di prove. L’anno scorso, dopo una lunga indagine, Facebook ha concluso che “non c’erano assolutamente prove” che la Russia avesse influenzato il voto sulla Brexit del 2016 usando il social network e nemmeno che avesse cercato di interferire in “modo significativo”.
FONTE:https://it.sputniknews.com/politica/202007169317177-da-londra-accuse-contro-la-russia-per-ingerenza-nelle-elezioni-tramite-sito-reddit/
USA: sbandata del razzismo egalitario
Le reazioni all’uccisione del nero George Floyd da parte di un poliziotto bianco non rimandano alla storia della schiavitù negli Stati Uniti, ma – come anche per la sistematica opposizione al presidente Trump – a un problema profondo della cultura anglosassone: il fanatismo puritano. Bisogna risalire alla violenza che scosse il Paese nelle due guerre civili, la guerra d’Indipendenza e la guerra di Secessione, per capire quel che sta accadendo e prevenirne la recrudescenza. Attenzione: negli Stati Uniti la classe politica oggi predica il razzismo egalitario. Tutti uguali, però separati.
- Potrebbe essere umoristico, purtroppo è uno slogan puritano da prendere alla lettera: «Gli uomini neri sono una specie in pericolo» (Black Men are an endangered species).
IPuritani anglosassoni
Circa 400 fedeli della Chiesa d’Inghilterra fuggirono il loro Paese che li considerava fanatici. Si rifugiarono a Leiden (Olanda), ove vissero secondo la tradizione calvinista, o più esattamente secondo l’interpretazione puritana del cristianesimo. Probabilmente su richiesta di re Giacomo I, mandarono nelle Americhe due gruppi per combattere l’Impero spagnolo. Il primo fondò il nucleo che sarebbe poi diventato gli Stati Uniti, il secondo si disperse in America Centrale.
In Inghilterra i puritani presero il potere con lord Cromwell. Decapitarono il re papista Carlo I, istaurarono una Repubblica egalitaria (Commonwealth) e colonizzarono l’Irlanda, massacrandovi in massa i cattolici. Un’esperienza sanguinaria di breve durata, ma che screditò a lungo il concetto di Interesse Generale (Res Publica) agli occhi degl’inglesi.
I 35 “padri pellegrini” (Pilgrim fathers) che partirono da Leiden fecero scalo in Inghilterra e poi traversarono l’oceano a bordo del Mayflower. Nel 1620 approdarono nell’America del Nord, ove intendevano praticare liberamente la loro religione. Durante il viaggio firmarono un Patto, in nome del quale giurarono di edificare una società modello (stretta osservanza della fede e del culto calvinista, vita comunitaria piena, disciplina sociale e morale rigide). Crearono la Colonia di Plymouth per potervi edificare la “Nuova Gerusalemme”, dopo aver fuggito il “Faraone” (Giacomo I) e aver attraversato il “Mar Rosso” (l’Atlantico). Trascorso un anno, resero grazie a Dio per l’epopea: una commemorazione che si rinnova ogni anno con il nome di Thanksgiving [1]. Fecero di Boston – 60 chilometri più a nord – la capitale. La comunità imponeva il velo alle donne, praticava la confessione pubblica e le punizioni corporali.
- Il logo della potentissima Pilgrim’s Society: il Padre pellegrino è raffigurato a fianco del leone britannico e dell’aquila statunitense.
Questi avvenimenti non sono soltanto miti che ogni statunitense deve conoscere; forgiano anche il sistema politico USA. Otto presidenti su 45 (tra cui i Bush) sono discendenti diretti dei 35 Padri Pellegrini. Nonostante l’arrivo di decine di milioni d’immigrati e le parvenze istituzionali, la loro ideologia è rimasta al potere per quattro secoli, ossia fino all’elezione di Donald Trump. Un club molto ristretto, la Pilgrim’s Society, raggruppa, sotto l’autorità del monarca inglese, personalità britanniche e statunitensi di altissimo rango e ha ideato la “relazione speciale” (Special Relationship) tra Londra e Washington; in particolare, ha fornito al presidente Obama molti segretari e consiglieri.
Molte cerimonie previste per il 400° anniversario del Mayflower sono state annullate per l’emergenza coronavirus, in particolare la conferenza che l’ex segretario per la Sicurezza Nazionale britannica avrebbe dovuto tenere alla Pilgrim’s Society. Le malelingue assicurano che, ove Donald Trump perdesse le elezioni presidenziali, l’epidemia sparirebbe il giorno successivo e i festeggiamenti avrebbero inizio.
Negli Stati Uniti, fra i cristiani esistono da sempre due culture contrapposte: calvinisti o puritani da un lato, cattolici, anglicani e luterani dall’altro. Sebbene alcune delle 800 chiese statunitensi si allineino risolutamente in uno dei due schieramenti, la maggior parte è percorsa da entrambe le correnti. Infatti il puritanesimo non ha un corpo teologico definito, è piuttosto una forma mentis.
La guerra d’Indipendenza iniziò nel 1773 con l’atto di rivolta del Boston Tea Party. Ne fu principale protagonista l’avvocato John Adams, discendente diretto di uno dei 35 Padri pellegrini, nonché secondo presidente degli Stati Uniti. L’appello all’indipendenza fu invece lanciato dal giornalista politico Thomas Paine, che, benché non credente, lo imperniò su argomentazioni di carattere religioso.
La guerra d’Indipendenza fu in un certo senso un prolungamento nelle Americhe della guerra civile britannica di Lord Cromwell (la Grande Ribellione). Un conflitto che con la guerra di Secessione riapparirà per la terza volta; una guerra che, è bene ricordarlo, non va messa affatto in relazione con la schiavitù: entrambe le fazioni la praticavano all’inizio della guerra e ambedue l’abrogarono durante il conflitto, per infoltire con gli ex-schiavi i loro eserciti.
In Inghilterra, con la Repubblica di Lord Cromwell, i Puritani persero, ma negli Stati Uniti vinsero ambo le guerre. Lo storico Kevin Phillips, consigliere elettorale del repubblicano Richard Nixon (discendente di un fratello di uno dei 35 Padri Pellegrini), ha studiato a lungo questo conflitto che attraversa secoli [2]. E, in funzione del risultato delle sue ricerche, ha impostato la strategia «Legge e Ordine» per fronteggiare il democratico segregazionista George Wallace nelle elezioni presidenziali del 1968; una strategia ripresa da Donald Trump per le elezioni 2020.
Questa premessa per dire che le apparenze ingannano. Le linee di divergenza non si trovano là dove il resto del mondo immagina siano.
I Puritani sostengono da sempre l’uguaglianza assoluta, ma soltanto fra cristiani. A lungo vietarono agli ebrei l’accesso alle funzioni pubbliche e massacrarono gli indiani, che tuttavia affermavano di amare. Durante la guerra di Secessione estesero l’egalitarismo ai neri (a differenza dei puritani dell’Africa australe, che difesero strenuamente l’apartheid), dando vita al fallace mito della lotta alla schiavitù. Oggi difendono il concetto di un’umanità divisa in razze, uguali ma separate. Sono tuttora riluttanti ad accettare quelli che chiamano matrimoni interraziali.
I puritani collocano la menzogna sul gradino più basso della loro scala di valori. Non ammettono che possa essere un’astuzia e la giudicano comunque il peggiore dei crimini, più grave persino del furto e dell’assassinio. Nel XVII secolo punivano con la frusta la menzogna a un pastore, qualsiasi ne fosse il motivo. Hanno redatto leggi che ancora oggi puniscono la menzogna a un funzionario federale, indipendentemente dalla motivazione che l’ha originata.
L’Evangelismo USA
Con il tempo, specialmente nel XIX secolo, in seno al cristianesimo americano nacque un’altra corrente di pensiero, l’evangelismo: cristiani di ogni appartenenza che tentano di avvicinarsi al cristianesimo originario, di cui però non sanno granché. Si affidano così ai testi sacri. Come i puritani, gli evangelici sono fondamentalisti: attribuiscono alle Scritture valore di parola divina e le interpretano rifiutando ogni contestualizzazione. Assumono su ogni cosa una posizione di principio, ma, di fronte a un problema, agiscono poi secondo coscienza, non secondo il regolamento della propria comunità.
È facile farsi beffe delle loro convinzioni, quasi grottesche, contro la teoria dell’evoluzione: poco importa giacché, quando necessario, gli evangelisti sanno abbandonare le proprie credenze. Molto più importante, ma malauguratamente assai più raro, è denunciare la concezione puritana di un’umanità divisa in razze distinte, uguali ma separate. Eppure si tratta di una convinzione che comporta quotidianamente conseguenze gravi.
I puritani furono padroni della politica statunitense fino al 1997, allorquando il presidente libertino Bill Clinton vietò per decreto ogni manifestazione di fede nelle istituzioni federali. Ne seguì il trasferimento della religione dall’ambito pubblico a quello privato. Tutte le grandi imprese consentirono gruppi di preghiera sul posto di lavoro. Il cambiamento favorì gli Evangelici a scapito dei Puritani.
- Durante le manifestazioni davanti alla Casa Bianca, il presidente Trump si è recato alla chiesa episcopale Saint-John, per mostrarsi, Bibbia alla mano, paladino delle convinzioni di ogni cristiano contro il fanatismo puritano.
La ricomparsa del fanatismo puritano
Il conflitto tra Puritani e resto della società sta riacquistando oggi un carattere radicale e religioso. Due mentalità si scontrano: quella idealista, egalitaria all’interno della propria comunità, nonché fanatica; l’altra, talora più stravagante, conciliante verso le diseguaglianze, però realista.
Dopo la sconfitta elettorale, la puritana Hillary Clinton è stata incerta se diventare pastore metodista [3]: dopo aver molto peccato (la relazione con Vince Foster) è stata punita da Dio (la relazione del marito con Monica Lewinsky), si è pentita (in seno alla Family del Pentagono [4]) ed è stata salvata. È certa di essere stata prescelta da Dio e s’inorgoglisce per la violenza usata contro i popoli non-cristiani. Sostiene tutte le guerre per combattere i “nemici dell’America” e spera di vedere il ritorno di Cristo.
Donald Trump invece non s’interessa affatto alla teologia, ha una conoscenza superficiale della Bibbia e la sua fede è approssimativa. Ha peccato quanto gli altri, ma, invece di pentirsi in pubblico, preferisce vantarsi di quel che è riuscito a fare. È insicuro e compensa il complesso d’inferiorità con un egotismo smisurato. Adora rivaleggiare con i nemici, ma non desidera annientarli. In ogni caso, incarna la volontà di restaurare la grandezza del Paese («Make America Great Again!») invece di continuare guerre, sempre e ovunque. Questo fa di Trump il campione degli evangelici contro i puritani. Rappresenta per i cristiani l’opportunità di riformarsi invece di convertire il mondo.
Durante la campagna elettorale del 2016 avevo sollevato l’interrogativo: «Gli Stati Uniti si riformeranno o si lacereranno?» [5]. Sostenevo che soltanto Trump avrebbe potuto consentire agli USA di continuare in quanto nazione, mentre Hillary Clinton avrebbe provocato una guerra civile e, probabilmente, una dissoluzione del Paese, analoga a quella dell’URSS. Quel che sta accadendo dopo la morte di George Floyd dimostra che non mi ero sbagliato.
- Hillary Clinton durante la campagna elettorale del 2016.
I partigiani di Hillary Clinton e del Partito Democratico vogliono imporre la propria ideologia. Lottano contro la menzogna e distruggono statue, come i loro antenati bruciavano le streghe di Salem. Alimentano un’assurda lettura della società, che nega i conflitti sociali e interpreta le diseguaglianze solo alla luce delle razze umane, che si pretendono distinte. Disarmano le polizie locali e costringono personalità “bianche” a scusarsi in pubblico per il fatto di beneficiare di un privilegio immateriale.
Nell’affare russo, la fine delle azioni giudiziarie contro l’ex consigliere per la Sicurezza Nazionale, Michael Flynn, e la grazia presidenziale all’ex consigliere di Donald Trump, Roger Stone, hanno provocato furiose reazioni tra i puritani. Eppure, nessuno dei due aveva causato danni ad alcuno: avevano soltanto osato mentire all’FBI perché stesse lontano dalla Casa Bianca.
Il sindaco di Minneapolis (la città di George Floyd) è stato pubblicamente umiliato perché si è rifiutato di sciogliere la polizia municipale “razzista”. Il consiglio municipale di Seattle ne ha invece dimezzato il budget. Scelte che non danno fastidio alle classi sociali superiori, che vivono in residenze private, ma negano sicurezza a chi non può pagarsi la vigilanza privata.
L’Associated Press, poi il New York Times, il Los Angeles Times, nonché quasi tutti i media hanno deciso che, quando “Nero” (Black) designa la “razza” (sic) vada scritto con l’iniziale maiuscola [6], non invece qualora bianco venga usato nello stesso senso: scrivere Bianco con la maiuscola è infatti segno distintivo del movimento per la supremazia dei bianchi [7].
Il Pentagono ha ipotizzato di rinominare le basi militari che portano il nome di personalità sudiste, accusate di essere state “razziste”; ha altresì inviato una mail al personale civile e militare dell’Esercito (US Army) per denunciare come di estrema destra l’affermazione, ritenuta menzognera, che esiste una sola e unica razza umana. Queste iniziative hanno suscitato la viva reazione dei GI’s trumpisti e sono state un fiasco, ma indicano comunque una pericolosissima escalation [8].
Scelte che rivelano una perdita collettiva di razionalità.
NOTE
[1] This Land Is Their Land: The Wampanoag Indians, Plymouth Colony, and the Troubled History of Thanksgiving, David J. Silverman, Bloomsbury Publishing (2019).
[2] The Cousins’ Wars: Religion, Politics and the Triumph of Anglo-America, Kevin Phillips, Basic Books (1999).
[3] “Hillary Wants to Preach”, Emma Green, The Atlantic, August 6, 2017.
[4] The Family: The Secret Fundamentalism at the Heart of American Power, Jeff Sharlet, Harper Perennial (2009).
[5] “Gli Stati Uniti si riformeranno o si lacereranno?”, di Thierry Meyssan, Traduzione Matzu Yagi, Megachip-Globalist (Italia) , Rete Voltaire, 26 ottobre 2016.
[6] “Razzismo e antirazzismo pure menzogne”, di Thierry Meyssan, Traduzione Rachele Marmetti, Rete Voltaire, 16 giugno 2020.
[7] Uppercasing ‘Black’, Dean Baquet and Phil Corbett, The New York Times, June 30, 2020.
[8] “L’U.S. Army contro Trump”, Traduzione Rachele Marmetti, Rete Voltaire, 12 luglio 2020.
FONTE:https://www.voltairenet.org/article210535.html
Hillary Clinton prepara gli USA a una contestazione delle elezioni presidenziali
Apparsa in collegamento il 13 luglio 2020 su Daily Show (Comedy Central), Hillary Clinton ha sostenuto il voto via internet. Secondo lei, vista la cattiva volontà dell’amministrazione di alcuni Stati, è il solo modo per permettere ai giovani, agli afro-americani e agli ispanici di votare. Ha respinto con un gesto della mano le obiezioni su un possibile hackeraggio del sito per il voto e garantito trattarsi di un mezzo affidabile.
Secondo Hillary Clinton, il voto via internet rende inesorabile la sconfitta di Donald Trump. Si è posta anche il problema di un possibile rifiuto di Trump di lasciare la Casa Bianca. Una possibilità che dobbiamo considerare, ha detto, e a cui «dobbiamo prepararci».
FONTE:https://www.voltairenet.org/article210553.html
ECONOMIA
Riunione BCE: cosa è successo nel meeting di luglio
16 Luglio 2020
La riunione BCE e la conferenza stampa di oggi, giovedì 16 luglio, sotto i riflettori. Aggiornamenti LIVE
L’istituto centrale non ha toccato i tassi di interesse e non ha comunicato novità di rilievo né sul QE né sul PEPP, esattamente come previsto dalla totalità degli osservatori.
La conferenza stampa però è ugualmente finita sotto i riflettori con l’obiettivo di scovare indizi sul futuro della politica monetaria di un blocco travolto dal coronavirus. Di seguito tutte le decisioni prese e i momenti salienti dell’intervento di Lagarde.
La conferenza stampa al via – Aggiornamenti LIVE
Di seguito i momenti salienti della conferenza stampa di Lagarde, iniziata alle ore 14:30 come da programma.
15:31 – Fine della conferenza |
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Arrivederci al prossimo meeting.
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Calendario riunioni BCE 2020: tutte le date
15:25 – Perché non parlate spesso di piena occupazione? |
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La BCE ha un mandato principale che è la stabilità dei prezzi, ecco perché Lagarde parla spesso di questo aspetto e meno di piena occupazione. L’istituto centrale è diverso dalla Fed. Se non c’è stabilità l’economia non può funzionare.
15:22 – I rischi di default e crisi bancaria |
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Dobbiamo monitorare attentamente la situazione. Le banche stanno capitalizzando molto meglio adesso comunque. Sono più forti.
15:19 – Un paragone con il 2008 |
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In questo caso le banche hanno trovato conforto nella politica monetaria della BCE. Le misure della BCE stanno dando supporto all’economia.
15:16 – L’efficacia delle misure introdotte |
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La BCE sta effettuando monitoraggi costanti ma bisogna ricordare che le misure di politica monetaria non hanno effetti immediati. Ci vuole tempo per vederli, ma abbiamo già iniziato ad osservarli. Le condizioni sono più “lente” rispetto ai mesi della crisi.
15:13 – Consiglio UE e Recovery Fund |
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Lagarde augura buona fortuna e spirito di collaborazione al Consiglio UE in dirittura d’arrivo. A Bruxelles ci vuole tempo, i negoziati consumano energie. Molti colleghi sono consapevoli della necessità di agire subito. Veloce, flessibile e ampio: così dovrà essere l’accordo secondo la governatrice.
15:10 – Strategy review |
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Tutto rimandato a settembre. Le discussioni finiranno nella seconda metà del 2021 più o meno.
15:06 – Si può deviare dal capital key? |
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Ciò che contraddistingue il PEPP è la sua flessibilità. I capital key sono dei benchmark ma nel nome della flessibilità la BCE può deviare e lo ha già fatto.
15:03 – Tightening già possibile? |
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La BCE non ne ha discusso.
15:00 – Ancora TLTRO |
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Le operazioni hanno avuto grande successo. Perché? Ha a che fare con le condizioni attraenti a cui i finanziamenti sono stati offerti. Non c’è stato alcuno stigma in merito. Con i TLTRO, ha dichiarato Lagarde, volevamo incoraggiare le banche, le famiglie e le aziende.
14:57 – Quanto sono stabili i mercati finanziari |
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Da quando è stato implementato il PEPP, ma soprattutto a partire da giugno, il sentiment è migliorato nonostante le condizioni finanziarie siano rimaste al di sotto dei livelli pre-crisi. Abbiamo avuto miglioramenti generali (si pensi solo all’azionario).
Allo stesso tempo però la crisi non è finita. I rendimenti obbligazionari sono ancora piuttosto alti in diversi Stati.
14:56 – Quali conseguenze dai contagi USA? |
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Lagarde ha parlato di preoccupazioni naturali, anche e sopratutto per la vita delle persone. In termini di impatto sulle previsioni europee certamente la BCE ha preso nota dei rischi potenziali di una seconda ondata. Lo scenario di base formulato a giugno già prevedeva questa ipotesi.
14:52 – Divergenza fra Stati membri |
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14:50 – Ritmo acquisti rallenta |
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Le condizioni sono certamente migliorate rispetto ai mesi scorsi, quelli in cui la crisi ha morso con maggiore violenza.
14:48 – Il PEPP era veramente necessario? |
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Lagarde ricorda la doppia funzione del programma che deve limitare i rischi di frammentazione del mercato e alleggerire la monetary policy stance della BCE, alle prese con il coronavirus. Si è già dimostrato utile per sostenere l’Eurozona e l’istituto continuerà ad usarlo in modo flessibile.
14:49 – Iniziano le domande |
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La parola passa ai giornalisti.
14:47 – Recovery Fund |
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La BCE accoglie con favore la proposta della Commissione UE da 750 miliardi di euro e sottolinea la necessità di trovare un accordo il più presto possibile. Il riferimento è al Consiglio UE del weekend in arrivo.
14:46 – Politiche fiscali |
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Una risposta coordinata è fondamentale.
14:47 – Politica accomodante è necessaria |
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Per raggiungere l’obiettivo di inflazione.
14:45 – Inflazione |
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Continuerà a scendere nei prossimi mesi, sia a causa del petrolio che del calo IVA tedesco.
14:43 – Torna la linea |
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Dopo un buco di qualche minuto la linea è tornata e la conferenza stampa è continuata.
14:42 – Problemi tecnici per la BCE |
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L’istituto centrale sta sperimentando qualche problema con la diretta.
14:40 – Il successo delle misure introdotte |
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Hanno garantito liquidità e aiutato a mantenere condizioni di finanziamento favorevoli in ogni giurisdizione e in tutti i settori.
14:35 – I tassi |
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Torneranno a salire solo alla fine del QE.
14:34 – QE |
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Sul fronte Quantitative Easing, Lagarde non ha fatto che confermare le cifre e gli acquisti già stabiliti.
14:32 – Tassi e PEPP |
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I tassi rimarranno a questi livelli fino a che l’inflazione non si avvicinerà al target. Il PEEP proseguirà a 1.35 trilioni di euro per limitare l’impatto del coronavirus. Gli acquisti continueranno in maniera flessibile il che permetterà di trasmettere al meglio la politica monetaria. Il Programma continuerà fino a giugno ma comunque fino a che il Consiglio non dirà che la crisi da coronavirus è finita.
14:30 – La lettura del comunicato |
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Permangono incertezze sull’andamento della pandemia e dell’economia, cosa che sta continuando a pesare sulla spesa dei consumatori.
14:28 – Si comincia |
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Con qualche minuto di anticipo Lagarde e colleghi si sono seduti al tavolo in attesa di iniziare la conferenza.
14:22 – Focus sull’EURUSD |
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Il cambio euro dollaro sta continuano a viaggiare sopra 1,14 senza performance di nota.
14:10 – Sale l’attesa |
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A meno di mezz’ora dall’intervento di Lagarde il mercato ha continuato a interrogarsi sui possibili indizi inerenti il futuro della politica monetaria dell’Eurozona.
Riunione BCE, tassi fermi: il comunicato di luglio
Come previsto dall’intero mercato la Banca Centrale Europea non ha toccato i tassi di interesse nel meeting di luglio. Se i tassi sui depositi sono rimasti a -0,5%, quelli sulle operazioni di rifinanziamento marginale e principale sono stati confermati rispettivamente a +0,25% e 0,0%.
Nessuna novità neanche sul fronte Quantitative Easing né dal punto di vista del Pandemic Emergency Purchase Programme (PEPP): entrambi i programmi sono rimasti invariati.
Come al solito però, la BCE si è riservata il diritto di modificarli ove necessario precisando:
“Il Consiglio Direttivo resta pronto ad adeguare tutti i suoi strumenti, ove opportuno, per assicurare che l’inflazione continui ad avvicinarsi stabilmente al livello perseguito, in linea con il suo impegno alla simmetria”.
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Il contenuto seguente è stato redatto prima delle decisioni del Consiglio Direttivo e ha riguardato le attese del mercato sull’odierna riunione BCE oltre che sulla conferenza stampa di Lagarde
Le previsioni
A rafforzare questa ipotesi una recente intervista rilasciata dalla governatrice al Financial Times, nella quale la donna ha definito improbabile l’annuncio di nuove misure di stimolo al momento.
“Abbiamo fatto così tanto che adesso abbiamo un po’ di tempo per valutare accuratamente i dati economici in arrivo.”
Al FT Lagarde ha dichiarato che le misure messe in campo per arginare il coronavirus hanno dimostrato la loro efficacia per cui al momento non ci sarà bisogno di fare altro.
Nella riunione BCE di oggi non si parlerà neanche di controllo della curva dei rendimenti, almeno volendo dare ascolto alle recenti dichiarazioni del chief economist Philip Lane che ha scansato con vigore questa ipotesi.
Molto probabilmente, dunque, nel meeting di luglio e nell’attesa conferenza stampa, Lagarde si limiterà a ribadire quanto già fatto fino a questo momento comunicando la sua view sul recupero economico dell’Eurozona.
Cosa ha fatto la BCE durante il coronavirus
A marzo Christine Lagarde ha introdotto accanto all’ormai famoso Quantitative Easing un nuovo programma di acquisto, il Pandemic Emergency Purchase Programme.
Poi a giugno questo stesso PEPP è stato rafforzato sia nella taglia (+600 miliardi di euro) sia nella durata (fino a giugno 2021). Misure piuttosto imponenti, che imporranno a Lagarde di prendersi una pausa nell’odierno meeting.
Come di consueto le decisioni dell’odierna riunione BCE saranno rese note alle ore 13:45 mentre alle 14:30 prenderà il via la conferenza stampa di Lagarde.
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Autostrade: un regalo ai Benetton mascherato da nazionalizzazione
Quanto incasseranno i Benetton dall’uscita dall’azionariato di Autostrade per l’Italia? Ancora non è chiaro – lo sapremo forse tra qualche mese – ma una cosa è certa: il fatto che il titolo della capogruppo Atlantia abbia nella giornata di ieri letteralmente preso il volo in borsa – con un clamoroso +26,65% alla chiusura di ieri – significa che la famiglia trevigiana non se ne andrà con un pugno di mosche in mano. “Chi muove i soldi ha capito che a vincere la partita ancora una volta sono stati i Benetton“, ha commentato causticamente il direttore de Il Tempo, Franco Bechis.
Il monopolio naturale per eccellenza
Che finalmente le autostrade – non tutte, attenzione: Aspi controlla la metà, quasi 3 mila km sui 6 mila attualmente dati in concessione – tornino in mano allo Stato è una buona notizia. Parliamo d’altronde del monopolio naturale per eccellenza (insieme alle ferrovie) per il quale l’affidamento a qualsiasi soggetto al di fuori del pubblico si traduce immancabilmente nella creazione di una profittevolissima rendita di posizione, accompagnata da un’ipertrofia burocratica che rende difficile se non impossibile districarsi fra gli estremi degli accordi siglati. Posto quindi che la gestione statale – la quale non dovrebbe tradursi nel “semplice” affidamento ad una società creata ad hoc a partecipazione pubblica, lasciata poi al suo destino senza alcuna visione d’insieme – è l’unica desiderabile, la nazionalizzazione non poteva che essere il naturale esito di un percorso successivo all’emergere di palesi mancanze da parte del soggetto privato, quello per intenderci che mentre portava gli utili alle stelle dimezzava gli investimenti sulla rete.
Perché la concessione non è stata revocata?
Parliamo ovviamente di quanto è emerso dalla tragedia del Ponte Morandi in avanti, data-simbolo a partire dalla quale il Movimento 5 Stelle, azionista di maggioranza di ben due governi consecutivi, ha continuato a chiedere a gran voce la revoca della concessione di Autostrade per l’Italia. Strada irta di difficoltà finita persino in un passaggio del decreto milleproroghe, tramite il quale si posero le basi per decurtare la penale da corrispondere ad Atlantia in caso di scioglimento anticipato del contratto: da 23 a 7 miliardi. La domanda è: li avremmo veramente dovuti pagare? La risposta non l’abbiamo, ma sembra che nemmeno nelle sedi competenti – in primis il ministero delle Infrastrutture e dei trasporti – si siano mai seriamente posti il quesito. Il tema è scivoloso, ma il titolare del dicastero – Danilo Toninelli del M5S prima, Paola de Micheli in quota Pd dopo – avrebbe quantomeno dovuto attivarsi per avere un quadro completo della situazione.
D’accordo che l’avvocatura dello Stato aveva evidenziato i profili di rischio della revoca, parere che però è arrivato (era febbraio di quest’anno) prima della sentenza con cui pochi giorni fa la Corte Costituzionale ha dato ragione al governo nella scelta di escludere Autostrade per l’Italia dalla ricostruzione del viadotto Polcevera, pur caricando sulle sue spalle i relativi costi: “La decisione del Legislatore di non affidare ad Autostrade la ricostruzione del Ponte – hanno scritto i giudici della Consulta – è stata determinata dalla eccezionale gravità della situazione che lo ha indotto, in via precauzionale, a non affidare i lavori alla società incaricata della manutenzione del Ponte stesso”. Non una certificazione delle (palesi, non siamo noi a dirlo) inadempienze, certo, comunque un precedente importante da spendere qualora si fosse tentata la via della revoca.
Un regalo ai Benetton
L’esecutivo ha invece giocato la carta dell’accordo transattivo. Stando ai dettagli circolati, la famiglia Benetton diluirà la propria partecipazione tramite un aumento di capitale cui parteciperà (a che prezzo? Qui vedremo quanto ci costerà la nazionalizzazione peggio gestita nella storia d’Italia) Cassa Depositi e Prestiti, traendo persino un profitto che si preannuncia discreto dalla cessione (a chi non è ancora dato saperlo: potrebbe anche essere un altro investitore pubblico o magari l’ennesimo investitore estero di cui non sentivamo il bisogno) di ulteriori quote che farebbero scendere Atlantia attorno al 10% del capitale, abbastanza per non esprimere più consiglieri d’amministrazione e non dover più farsi garante di qualche miliardo di debiti, ma parimenti sufficienti per continuare in futuro a partecipare alla spartizione dei dividendi. Senza più responsabilità dirette conseguenti agli ultimi vent’anni e oltre di malagestione.
FONTE:https://www.ilprimatonazionale.it/economia/autostrade-regalo-benetton-mascherato-nazionalizzazione-162870/
GIUSTIZIA E NORME
Tutto il potere ai pm. Ecco cosa dice il nuovo testo sulle intercettazioni
La legge voluta dai 5Stelle approvata anche alla Camera
Giovanni M.JacobazziMaggiori poteri ai pm, forte estensione dell’utilizzo dei “captatori informatici”, sanzioni pressoché simboliche per chi viola il divieto di pubblicazione fuori dai casi consentiti. In estrema sintesi, sono questi i punti centrali della riforma delle intercettazioni telefoniche che troverà applicazione per i procedimenti penali iscritti a partire dal prossimo mese di maggio. Per tutti i procedimenti in corso continuerà ad applicarsi la disciplina attuale.
La norma stravolge completamente la disciplina del 2017, voluta dall’allora ministro Andrea Orlando (Pd), e mai entrata in vigore in quanto oggetto di numerose proroghe.La novità più rilevante riguarda, come detto, l’incremento del poteri dei pm. Saranno loro, e non più la polizia giudiziaria come previsto nella riforma Orlando, a determinare e scegliere cosa è rilevante per le indagini e cosa non lo è. Sarà consentita, poi, la possibilità di usare i risultati delle intercettazioni in procedimenti penali diversi rispetto a quello nel quale l’intercettazione è stata autorizzata.
Oltre che per l’accertamento di delitti per i quali è obbligatorio l’arresto in flagranza, tale possibilità è prevista anche per l’accertamento dei reati indicati nell’art. 266 del cpp qualora le intercettazioni siano ritenute “indispensabili e rilevanti” per l’accertamento della responsabilità penale. Questo in dettaglio. Per quanto attiene l’esecuzione delle intercettazioni, il testo ripropone sostanzialmente la formulazione antecedente la riforma del 2017 per la trasmissione dei verbali delle intercettazioni, la comunicazione ai difensori (che avranno facoltà di esaminare gli atti e di ascoltare le registrazioni), il procedimento incidentale finalizzato alla cernita ed alla selezione del materiale probatorio nell’ambito di una apposita udienza.
Lo stralcio potrà riguardare, oltre alle registrazioni di cui è vietata l’utilizzazione, anche quelle che riguardano dati personali, sempre che non ne sia dimostrata la rilevanza.Vengono ripristinate le disposizioni relative alla possibilità che alle operazioni di stralcio partecipi il pm ed il difensore; quest’ultimo potrà estrarre copia delle trascrizioni integrali delle registrazioni disposte dal giudice e potrà far eseguire copia. Come in passato, il gip disporrà la trascrizione integrale delle registrazioni, o la stampa delle informazioni contenute nei flussi di comunicazioni informatiche o telematiche, da acquisire poi con le forme della perizia tecnica.I verbali e le registrazioni, e ogni altro, saranno conservati integralmente nell’apposito “archivio delle intercettazioni” gestito e tenuto sotto la direzione e la sorveglianza del procuratore della Repubblica. Non sarà, comunque, un archivio “riservato”.
Le attività di intercettazione ambientale mediante utilizzo dei cd virus Trojan, già consentite per i delitti dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione, saranno estese anche ai delitti degli incaricati di pubblico servizio. Sono esclusi i delitti contro la pubblica amministrazione da quelli per i quali sarà necessario indicare “i luoghi e il tempo, anche indirettamente determinati, in relazione ai quali è consentita l’attivazione del microfono”.Viene consentita l’utilizzabilità delle intercettazioni effettuate per mezzo del captatore anche per la prova dei reati diversi da quelli per i quali è stato emesso il decreto di autorizzazione, a condizione che si tratti di reati contro la pubblica amministrazione puniti con la reclusione non inferiore nel massimo a 5 anni o di delitti attribuiti alla competenza della procura distrettuale.
I risultati delle intercettazioni dovranno essere indispensabili per l’accertamento di tali delitti. Nulla, invece, viene specificato circa le società private che forniranno le dotazione tecnologiche alla Procure. Essendo la riforma a “costo zero”, non è prevista una gara per l’identificazione di un fornitore unico nazionale o la creazione di un albo a cui rivolgersi. Un tema, dunque, molto delicato, quella della tenuta dei dati sensibili appaltati ai privati, su cui non è stata fornita alcune risposta chiara. Anche le conversazioni fra l’avvocato e il suo assistito, pur restando inutilizzabili, potranno continuare ad essere ascoltate dal pm meno “corretti”, svelando di fatto la strategia difensiva. Sparisce definitivamente l’ipotesi di “carcere” per chi viola il divieto di pubblicazione delle intercettazione, rimanendo in vita le sanzioni dell’articolo 114 cpp.
FONTE:https://www.ildubbio.news/2020/02/26/tutto-il-potere-ai-pm-ecco-cosa-dice-il-nuovo-testo-sulle-intercettazioni/
IMMIGRAZIONI
Quell’assordante silenzio sulla condanna dei migranti della Nave Diciotti
La Corte d’Appello di Palermo ha condannato i due migranti dimostrando che la loro condotta non poteva configurare una legittima difesa
Il prossimo 24 luglio inizierà il processo a carico dei presunti scafisti egiziani che la sera del 16 agosto 2018 condussero un gommone al largo di Lampedusa con a bordo 177 migranti, soccorsi poi dalla nave della Guardia Costiera italiana ‘Diciotti’. Dal braccio di ferro che ne derivò tra Governo e magistratura per autorizzarne lo sbarco anche l’allora ministro dell’Interno Salvini finì sotto inchiesta.
Forse è per l’attesa di questo importante appuntamento che è stata completamente sottaciuta un’importante sentenza emessa in questi giorni avente ad oggetto sempre Nave Diciotti e che ha rigettato in modo radicale le decisioni dei giudici di primo grado.
È successo a Palermo al processo d’appello dei migranti che l’8 luglio 2018, dopo essere stati soccorsi nella zona SAR libica e presi a bordo dal rimorchiatore olandese Vos Thalassa, si erano ribellati alla decisione del comandante di riportarli in Libia. Il capitano fu costretto a chiamare la Guardia costiera asserendo che il proprio equipaggio era a rischio per le minacce da parte dei migranti e le autorità italiane inviarono sul posto Nave Diciotti che imbarcò tutti i 67 naufraghi per poi condurli al porto di Trapani non senza difficoltà.
Furono individuati i due maggiori responsabili della rivolta che andarono a processo accusati di violenza privata, resistenza a pubblico ufficiale e favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Il Tribunale di Trapani, con rito abbreviato, li assolse in quanto sostenne che il fatto non costituisce reato, avendo gli imputati agito per legittima difesa ad una minaccia data dal fatto di aver compreso che sarebbero stati riportati in Libia, ove avrebbero patito trattamenti disumani, così come comprovato anche dall’UNHCR.
Il giudice di primo grado eccepiva anche la natura dell’accordo italo-libico con cui le autorità di Tripoli avevano disposto che il rimorchiatore olandese riconducesse i migranti salvati in un loro porto. Infatti trattavasi di un memorandum d’intesa sottoscritto il 2 febbraio 2017 che non era stato ratificato dal Parlamento e, pertanto, non aveva forza di legge.
I giudici d’appello, valutando condotta ed evento da un punto di vista meramente penalistico e astenendosi da valutazioni di carattere socio-politico riguardanti uno Stato peraltro riconosciuto dal diritto internazionale, hanno ribaltato la sentenza di Trapani giudicando l’assoluzione dei migranti, definiti «clandestini», frutto di un’interpretazione molto azzardata della “legittima difesa applicata al diritto del mare”, che così finirebbe per “creare pericolose scorciatoie” nell’ammettere “condotte dotate di grande disvalore penale ai limiti dell’ammutinamento”: al punto che allora “chiunque potrebbe partire dalle coste libiche con un barcone e farsi trasbordare da una unità italiana, sicuro di potere minacciare impunemente l’equipaggio qualora esso dovesse disobbedire a un ordine impartito dalla Guardia Costiera di uno Stato, la Libia che, piaccia o no, è riconosciuto internazionalmente”.
La Corte d’Appello di Palermo condannando a 3 anni e 6 mesi i due capi rivolta per violenza privata, resistenza a pubblico ufficiale e favoreggiamento di immigrazione clandestina, hanno dimostrato che la condotta dei due migranti non poteva configurare una legittima difesa dal pericolo di un’offesa ingiusta perché “essi si posero in stato di pericolo volontariamente”, e “crearono artificiosamente una situazione di necessità (la partenza su un barcone di legno) atta a stimolare un soccorso che conducesse all’approdo in suolo italiano dei clandestini”.
Ma soprattutto i giudici di Palermo hanno dimostrato che la legge è uguale per tutti e hanno inflitto la stessa pena che si sarebbe meritato un marinaio italiano responsabile di analogo reato.
FONTE:https://www.infosec.news/2020/07/16/news/novita-normative/quellassordante-silenzio-sulla-condanna-dei-migranti-della-nave-diciotti/
PANORAMA INTERNAZIONALE
Le milliardaire George Soros. Le milliardaire américano-hongrois va investir massivement aux Etats-Unis pour «renforcer le pouvoir dans les communautés noires». Ce faisant, il entend aider les associations et les personnalités qui se battent contre le «racisme systémique». Le controversé milliardaire américano-hongrois George Soros, champion des causes progressistes, a annoncé une nouvelle série de financements. Alors que la mort de George Floyd, cet Afro-Américain tué par un policier blanc, a soulevé une vague d’indignation aux Etats-Unis, George Soros a annoncé qu’il allait investir 220 millions de dollars pour combattre le «racisme systémique». Dans un message posté sur Twitter, il a assuré que cet investissement viendrait «renforcer le pouvoir dans les communautés noires et les nouvelles politiques antiracistes» outre-Atlantique, et renvoyé vers un communiqué de son organisation Open Society pour davantage d’informations. Mettre fin au «maintien de l’ordre tel que nous le connaissons aujourd’hui» Dans celui-ci, l’ONG explique que la majeure partie de cet investissement, 150 millions de dollars, se fera via «des subventions sur cinq ans à des organisations dédiées à la justice dirigées par des Noirs qui ont contribué à créer et à maintenir l’effort vers l’égalité raciale». Parmi les organisations citées, «certaines se battent pour mettre au fin au maintien de l’ordre tel que nous le connaissons aujourd’hui», précise le communiqué. Lire aussi Soros, Bloomberg, Steyer: Trump accuse des «milliardaires gauchistes» d’influencer la présidentielle «Il est inspirant et puissant de vivre ce moment de transformation du mouvement de justice raciale», s’enthousiasme le président de l’Open Society Patrick Gaspard, soulignant que la lutte contre le «racisme systémique» doit se mener à tous les niveaux : «[le racisme systémique] existe depuis l’aube de la république jusqu’à aujourd’hui, et est ancré à tous les niveaux du gouvernement, ainsi que dans notre système pénal et judiciaire.» L’ONG explique qu’elle va en outre s’implanter dans le tissu politique et associatif local pour «faire progresser la justice raciale», puisque 70 millions de dollars seront consacrées à promouvoir des «stratégies audacieuses et prometteuse» pour ré-imaginer la sécurité publique dans les municipalités. Parmi les initiatives soutenues, des projets visant à «nourrir l’engagement civique des jeunes, dont beaucoup se sont engagés pour la première fois dans l’activisme en réponse à ce moment politique extraordinaire de l’histoire de notre pays», et un appui «aux efforts en cours pour lutter contre la répression et la désinformation des électeurs et garantir la sûreté et la sécurité des élections en pleine pandémie». Donald Trump, opposé de longue date à George Soros, estime que le financier cherche à déstabiliser sa présidence : il vient notamment de l’accuser – au même titre que deux autres «milliardaires gauchistes» Michael Bloomberg, et Tom Steyer – d’aider le camp démocrate à mettre en place des mesures visant à «truquer» l’élection, telles que la généralisation du vote par courrier ou le fait de pouvoir voter sans présenter de carte d’identité. Il y a quelques mois Donald Trump avait accusé le milliardaire de financer les manifestants contre la confirmation à la Cour suprême du juge Brett Kavanaugh. Dans le passé plusieurs associations partenaires et un des hauts responsables de la Women’s March contre le chef d’Etat avaient eu des liens financiers avec George Soros. LIRE AUSSI «Porte-drapeau d’une société ouverte»: George Soros nommé personnalité de l’année du Financial Times International
En savoir plus sur RT France : https://francais.rt.com/international/76902-etats-unis-george-soros-va-investir-220-millions-dollars-defendre-egalite-raciale
FONTE:https://francais.rt.com/international/76902-etats-unis-george-soros-va-investir-220-millions-dollars-defendre-egalite-raciale
POLITICA
Autostrade, ha vinto il modello Venezuela
16 luglio 2020
VIDEO QUI: https://youtu.be/zn3PuNawExo
00:00 Oggi tutti i titoli dei giornali riguardano ovviamente il caso Autostrade con molti che pensano che il governo abbia fatto un regalo alla famiglia Benetton.
06:55 Alfonso Bonafede festeggia la vittoria dello Stato su Autostrade mentre Luigi Di Maio annuncia il calo dei pedaggi…
08:15 Tutti i titoli dei giornali su Autostrade, ognuno interpreta la questione in modo diverso.
09:37 Carlo Cottarelli paragona l’entusiasmo di Conte a quello dell’annuncio dell’abolizione della povertà.
10:37 Sul Sole 24 Ore Domenico Arcuri e Mariana Mazzucato ci danno lezioni sul Covid. Chissà come saranno contenti gli industriali.
12:30 Le nomine dell’Agcom raccontate da Alessandro Da Rold sulla Verità.
12:48 Il tribunale europeo annulla la maxi multa dell’antitrust Ue nei confronti di Apple.
13:38 Cyberattacco a Twitter…
FONTE:https://www.nicolaporro.it/zuppa-di-porro/autostrade-ha-vinto-il-modello-venezuela/
Referendum su taglio parlamentari il 20 e 21 settembre con le suppletive
Il referendum popolare sulla diminuzione dei parlamentari e le elezioni suppletive in Veneto e Sardegna si svolgeranno nei giorni 20 e 21 settembre.
Il Consiglio dei ministri numero 56 riunitosi la scorsa notte, ha tra le altre cose deciso di accorpare il referendum costituzionale sul taglio dei parlamentari alle elezioni suppletive in Veneto e Sardegna, stabilendone lo svolgimento per i giorni 20 e 21 settembre prossimi.
Il referendum popolare confermativo riguarda le modifiche agli articoli 56, 57 e 59 della Costituzione italiana in materia di riduzione del numero dei parlamentari.
Su proposta del presidente Conte e del ministro dell’Interno Luciana Lamorgese, il Cdm ha approvato lo svolgimento delle elezioni suppletive nei collegi uninominali 03 della Regione Sardegna e 09 della Regione Veneto del Senato della Repubblica.
L’accorpamento è stato deciso sia per contenere la spesa pubblica, sia per tutelare la salute dei cittadini portandoli ai seggi elettorali una unica volta.
FONTE:https://it.sputniknews.com/italia/202007159311486-referendum-su-taglio-parlamentari-il-20-e-21-settembre-con-le-suppletive/
Svolta progressista, tandem Prodi-Draghi grazie al Papa?
Romano Prodi verso il Quirinale, con la benedizione del Vaticano e della massoneria progressista che vede in Mario Draghi un nuovo campione? Si profilano alleanze fino a ieri impensabili, per seppellire finalmente la stagione del rigore europeo? «Attenti a Papa Bergoglio: nominare Mario Draghi nella Pontificia Accademia delle Scienze Sociali significa invitare al dialogo il mondo massonico del laico Draghi e il mondo massonico del cattolico Prodi». Gioele Magaldi, presidente del Movimento Roosevelt e frontman italiano del circuito massonico progressista sovranazionale (Gran Maestro del Grande Oriente Democratico), saluta con estremo favore la recente mossa di Papa Francesco: «Dimostra un impegno preciso: propiziare il dialogo tra componenti decisive, che ieri hanno contribuito alla disastrosa austerity di cui ha fatto le spese l’Italia, ma che domani – sulla carta – potrebbero collaborare per superare questa pagina buia, di cui la crisi innescata dal coronavirus (con le sue conseguenze economico-finanziarie) non è che l’ultimo capitolo». In altre parole: proprio mentre l’Italia di Conte annaspa in modo allarmante, a corto di liquidità dopo il blocco imposto all’economia a causa del Covid, sta per crollare il “Muro di Bruxelles” che ha finora costretto il paese a indicibili sofferenze finanziarie?
Nel saggio “Massoni” (Chiarelettere, 2014), Magaldi ha messo a nudo il ruolo delle superlogge sovranazionali nel back-office del potere mondiale: tra i “cattivi” del passato recente, l’autore mette sia Draghi che Prodi, due super-privatizzatori in grembiulino. «I loro demeriti storici sono incancellabili: come direttore generale del Tesoro, Draghi ha agevolato le disastrose privatizzazioni all’italiana, e poi – una volta alla Bce – non ha fatto nulla per aiutare l’Italia durante la crisi dello spread che portò al tragico governo Monti». E Prodi? «Prima ha smantellato l’Iri, privando il paese di un fondamentale supporto economico, e poi ha dimezzato il potere d’acquisto degli italiani obbligando l’Italia ad accettare un cambio lira-euro più che svantaggioso». Poi, la più inattesa delle svolte: già nei mesi scorsi, lo stesso Magaldi aveva segnalato il clamoroso riposizionamento di Draghi, tornato – dopo decenni – all’impostazione keynesiana delle origini. Lo dimostrano svariate sortite pubbliche di Draghi, fino alla lettera-manifesto consegnata al “Financial Times” a fine marzo, in cui l’ex presidente della Bce esorta l’Ue ad abbandonare la linea del rigore, ricorrendo a massicci investimenti a fondo perduto per superare i contraccolpi della devastante crisi economica provocata dal coronavirus.
Non solo: il “fratello” Draghi – ha spiegato Magaldi – ha chiesto di essere accolto nelle fila della massoneria progressista, dopo aver abbandonato il circuito “neoaristocratico” in cui aveva militato, divenendo uno dei massimi architetti dell’euro-rigore. Da parte di Draghi, quindi, un’inversione di rotta davvero inequivocabile. «Non si può dire che Prodi abbia fatto altrettanto», precisa Magaldi, che però sottolinea le recenti aperture di Prodi nei confronti di Berlusconi: come se si preparasse a dialogare con tutti (accettando quindi anche i voti di Forza Italia in vista della sua possibile elezione al Quirinale, dopo Mattarella), nel segno di una prospettiva di unità nazionale che porti l’Italia fuori dal vicolo cieco in cui è finita, dopo il lockdowm imposto da Conte, senza alcun aiuto sostanziale da parte dell’Ue. Prodi al Quirinale, anziché Draghi? «A noi massoni progressisti non interessano i nomi, ma i programmi», chiarisce Magaldi. «Staremo a vedere se Prodi farà seguire impegni precisi». Intanto, aggiunge, la clamorosa “promozione” di Draghi, da parte del pontefice, indica un intento preciso: unire le forze, per uscire dalla crisi.
Chiarissimo, per Magaldi, il messaggio di Bergoglio: tentare di costruire un dialogo tra “anime” massoniche distinte, chiamate a collaborare per salvare il paese dalla catastrofe incombente: «E’ ormai chiaro a tutti – dice il presidente “rooseveltiano” – che il tipo di lockdown imposto all’Italia è stato sproporzionato, rispetto al reale tenore della minaccia sanitaria. Misure così severe – aggiunge Magaldi- sono state imposte dalla gestione dell’emergenza ispirata dalla super-massoneria reazionaria, che ha fatto della Cina una sorta di “mostro” economico senza diritti, vero e proprio laboratorio per un ipotetico Occidente post-democratico». Ribadisce Magaldi: «Il popolo cinese ha sbalordito il mondo con i suoi spettacolari successi economici, ma la stessa élite politica di Pechino è “prigioniera” dell’oligarchia massonica incarnata da figure come Kissinger, che hanno voluto fare del colosso asiatico una specie di “Frankenstein”, senza diritti né democrazia: una “macchina da guerra”, capace di sfidare pericolosamente il mondo occidentale».
Proprio nell’opaca gestione del Covid, ispirata da Pechino con la supervisione dell’altrettanto opaca Oms, Magaldi vede un tentativo di ridurre gli spazi democratici. «Noi massoni progressisti – avverte – romperemo le corna, letteralmente, ai “terroristi” che insistono nello spaventare gli italiani evocando una “seconda ondata” del Covid, al solo scopo di imporre una “dittatura sanitaria” che serva a cancellare la nostra democrazia, riducendo l’Italia a una sorta di provincia cinese». Fino a ieri, Romano Prodi elogiava senza riserve il sistema-Cina. Ora le cose potrebbero cambiare? Magaldi è ottimista: «A livello mondiale, si moltiplicano i segnali di un cambio di rotta epocale: Donald Trump ha citato Martin Luther King nel suo discorso del 4 luglio dal Monte Rushmore, e il premier inglese Boris Johnson ha evocato esplicitamente il New Deal di Roosevelt come unico mezzo per risollevare l’economia, facendo suonare le campane a morto per la funesta egemonia del neoliberismo che ha prodotto la grande crisi europea fondata sul rigore». E ora, Bergoglio: «Nel valorizzare Draghi presso le istituzioni accademiche vaticane, si legge la volontà di favorire un dialogo tra forze che potrebbero coalizzarsi per porre fine all’intransigenza dell’Ue, che oggi nega all’Italia i fondi indispensabili per uscire dalla crisi, già gravissima e ora resa catastrofica dal lockdown».
Nella sostanza, lo stesso Prodi potrebbe imitare la recente “conversione” progressista di Draghi (e di Christine Lagarde), abbandonando la supermassoneria reazionaria, neoliberista e privatizzatrice? Segnali clamorosi, osserva Magaldi, in linea col “divorzio” della Gran Bretagna da Huawei (cavallo di Troia del regime cinese), dopo i dazi che Trump ha imposto, a muso duro, a Xi Jinping. Fino a ieri, Romano Prodi sembrava allineato alla massoneria “neoaristocratica” che domina il regime di Pechino, conclude Magaldi: «Ora, dopo Draghi e la Lagarde, altri grandi nomi dell’establishment italiano sembrano in procinto di “traslocare” finalmente nello schieramento progressista, con un obiettivo fondamentale: smantellare il dogma del rigore finanziario, che ha trasformato questa Unione Europea in una trappola, decretando la crisi infinita di economie come quella italiana». Da Bergoglio – che chiama a sé Draghi, nel mondo accademico vaticano – arriva dunque un assist clamoroso, per indurre i massimi “big” italiani a fare squadra? Possibile obiettivo: rimediare agli errori del passato e impegnarsi ad abbattere la camicia di forza dell’ordoliberismo, l’ideologia reazionaria di un potere supermassonico che, negli ultimi decenni, ha spedito l’Italia in zona retrocessione, rendendola sola e indifesa di fronte a un’emergenza economica come quella provocata dalla “malagestione” del Covid.
FONTE:https://www.libreidee.org/2020/07/svolta-progressista-tandem-prodi-draghi-grazie-al-papa/
SCIENZE TECNOLOGIE
Bill Gates prevede 700.000 vittime dalla vaccinazione per coronavirus: “Un danno accettabile”
Il miliardario americano Bill Gates è un attore importante nella crisi da Coronavirus e nel settore delle vaccinazioni in generale, finanzia in larga misura il programma di vaccinazione dell’OMS. Il suo sogno? vaccinare tutti i 7 miliardi di persone contro il COVID-19, compresi quelli già guariti. In un’intervista con la CNBC, Gates afferma che per ogni 10.000 persone si verificherebbe un danno da vaccinazione permanente e si aspetta 700.000 vittime.
Verso la fine della breve intervista della CNBC Bill Gates (1) afferma:
“Abbiamo … sai … uno su diecimila … ha … effetti collaterali. Ecco … sai … molto di più. Settecentomila … ah … sai … persone che ne soffriranno. Quindi, capisci davvero la sicurezza su scala gigantesca in tutte le fasce d’età – sai. È molto, molto difficile prendere quella decisione definitiva di dire, andiamo a dare questo vaccino a tutto il mondo’ … ah … i governi dovranno essere coinvolti perché ci saranno alcuni rischi e indennizzi necessari prima che … ah … possa essere deciso a livello sovranazionale.”
Si aspetta 700.000 vittime. Ed è lui che sta promuovendo in modo massiccio questa vaccinazione, per cui “promuovere” è estremamente eufemistico. Se il venditore dice che potrebbero esserci 700.000 vittime allora forse non è sbagliato pensare che saranno molte di più. Questi numeri sono molto più alti del numero effettivo di vittime causate dal virus corona, morti o con Corona o “altre vittime”. Indipendentemente dal fatto che si prendano i numeri aumentati dell’RKI o i numeri rappresentati da numerosi esperti (2). Secondo Gates il fine giustifica i mezzi. Cosa volete che siano quasi un milione di persone rispetto alla salvezza dal temibilissimo coronavirus per l’in?
La responsabilità e i costi del risarcimento (come se fosse così facile da compensare) per le campagne di vaccinazione dovrebbero essere sostenuti dagli Stati. Bill Gates ha ovviamente imparato a proteggersi bene (3-8). Ma Gates, multi miliardario, è probabilmente abbastanza sicuro di non poter essere ritenuto responsabile né dai media né dai politici.
VIDEO QUI: https://youtu.be/EjgbMib36do
Riferimenti:
(1) https://d33wjekvz3zs1a.cloudfront.net/wp-content/uploads/2020/05/Gates-700000-Dead.mp4?_=1
(2) https://www.rubikon.news/artikel/120-expertenstimmen-zu-corona
(3) http://blauerbote.com/2020/04/24/opfer-von-bill-gates-impf-experimenten-eine-halbe-million-gelaehmte-kinder-in-indien/
(4) https://www.aerzteblatt.de/archiv/134836/Schadensverdacht-nach-Schweinegrippe-Impfung-Ein-Piks-mit-finanziellen-Folgen
(5) https://www.rubikon.news/artikel/die-corona-korruption
(6) https://www.rubikon.news/artikel/krieg-gegen-einen-joker
(7) https://www.rubikon.news/artikel/die-neue-macht
(8) https://www.rubikon.news/artikel/auf-den-punkt
FONTE:https://www.databaseitalia.it/bill-gates-prevede-700-000-vittime-dalla-vaccinazione-per-coronavirus-un-danno-accettabile/
DAL LIBRO DEL PROF. GIULIO TARRO “COVID19, IL VIRUS DELLA PAURA”
INCOMPETENZA, ARROGANZA, IRRESPONSABILITA’
“Di epidemie in Italia ne ho viste davvero tante. Il colera a Napoli nel 1973, il ‘Male oscuro’ nel 1978, le innumerevoli epidemie influenzali che congestionavano l’Ospedale Cotugno, dove ero Primario. E tantissime ne ho viste all’estero. Ho visto panico, disorganizzazione, eroismi, infamie; ho conosciuto scienziati che preparavano armi biologiche e progettavano epidemie; giornalisti e dirigenti di blasonate organizzazioni che, verosimilmente, gonfiavano la minaccia di qualche virus per conto di aziende produttrici di vaccini, ricercatori che, pur di avere il loro momento di gloria, attestavano qualsiasi sciocchezza in Tv; politici che minimizzavano il contagio pur di non perdere il loro consenso… . Credevo, quindi, di aver visto di tutto”.
“Ma mai avrei immaginato di vedere tanta incompetenza, arroganza, superficialità, irresponsabilità, quelle con le quali si è tentato di affrontare il virus del Covid-19. Una emergenza che avrebbe potuto riproporre uno scenario non molto dissimile da quello di tante epidemie influenzali che, periodicamente, sferzano anche il nostro Paese e che, invece, per sciagurate scelte, ha comportato dapprima un numero elevatissimo di vittime e poi ha lasciato il nostro Paese in ginocchio”.
… “Se questa tragedia si è verificata, grande è la responsabilità di tanti ‘esperti’ che pur di troneggiare in Tv non hanno avuto remore (oltre a dichiarare tutto e, il giorno dopo, il suo contrario) ad assecondare dissennate scelte che, se non avessero avuto qualche ‘avallo’ scientifico, avrebbero scatenato le piazze”.
…
“Questo libro nasce proprio per questo. Dall’amarezza e dalla rabbia nel constatare l’opportunismo di tanti ‘esperti’ che ora, paventando un fantomatico catastrofico ritorno del Covid-19, servilmente, si dichiarano entusiasti delle vessatorie – e inutili – misure che saranno messe in atto, prima tra tutte l’obbligatorietà della già fallimentare vaccinazione antiinfluenzale”.
“Stessa amarezza e rabbia per tante persone trasformate dal terrore profuso in questa emergenza in ipocondriaci burattini animati dai suddetti ‘esperti’. Un asservimento reso totale da tanti canti patriottici cantati dai balconi contro il ‘nemico virus’. Un fenomeno illuminante sulla vulnerabilità della nostra società agli stravolgimenti della realtà imposti dal Potere”.
UNA MANIPOLAZIONE DEI DATI
“La cosa più penosa della faccenda è che i dati dei ‘contagiati’ (raccolti a casaccio dalle Regioni e che, quindi, non erano l’indice di alcunchè) rivestivano caratteri di ufficialità nella comunicazione istituzionale dove venivano affiancati al numero dei ‘deceduti’. La questione ‘morti per Covid-19’ invece che ‘morti con Covid-19’ (e cioè se questo virus sia stata la causa principale della morte e se era presente nell’organismo di persone in procinto, comunque, di morire per altre patologie o per vecchiaia), è stata oggetto di innumerevoli polemiche che, comunque, non hanno impedito al Governo di continuare a divulgare il numero di non meglio specificati ‘Deceduti’ seguito dalla farisaica dicitura ‘in attesa di conferma Istituto Superiore di Sanità’. In realtà già il 13 marzo il direttore dell’ISS annunciava che solo per due persone, tra le tante ascritte come ‘morte per Coronavirus’, si poteva – per l’assenza di gravi patologie pregresse e per l’età – confermare questa diagnosi. Il 17 marzo un verdetto ancor più inequivocabile: su 355 cartelle cliniche esaminate, solo 12 decessi possono essere ascritti come ‘morti per Coronavirus’”.
“In più, per valutare la letalità del virus, l’esatto numero dei morti, avrebbe dovuto essere rapportato non già ai pochi positivi a tampone presentati come ‘contagiati’, ma alle stime del numero degli infettati in Italia che venivano già pubblicate da autorevoli istituti di ricerca”.
… VACCINI? NON UNA SOLUZIONE: UN PROBLEMA
Un illuminate focus sulle aree di Bergamo e Brescia. Zone in cui “appare verosimile una ipotesi tutta da verificare ma già rigettata con sdegno, senza che sia stata fatta una sola indagine al riguardo. E cioè che possa essere stata la straordinaria campagna di vaccinazione anti-meningococco C – svoltasi nella provincia di Bergamo (21.331 vaccinati) e di Brescia (12.200 vaccinati) – e la periodica campagna vaccinale contro l’influenza (che avrebbe registrato nelle suddette province adesioni, a detta dei media, ‘superiori ad ogni aspettativa’) a determinare in molte persone un abbassamento delle difese immunitarie che le hanno rese particolarmente vulnerabili al Covid-19”.
FONTE:https://www.facebook.com/RiscossaItalia/posts/dal-libro-del-prof-giulio-tarro-covid19-il-virus-della-pauraincompetenza-arrogan/2733048713590269/
STORIA
Il colonnello Di Petrillo: sulla questione Hyperion credo a Mario Moretti
Nei giorni scorsi la pubblicazione della testimonianza di Mario Moretti sul trasporto di armi palestinesi in Italia ha ridato fiato alle vecchie trombe dell’orchestra rossa dell’Hyperion. Ci viene in soccorso nel mantenere il nostro scetticismo la competente testimonianza del colonnello Domenico Di Petrillo, a lungo responsabile dell’antiterrorismo dei Carabinieri a Roma. Ci ha offerto un diario, “il lungo assedio”, edito da Melampo, in cui ricostruisce dieci anni di attività di lotta al brigatismo rosso, nero e internazionale.
Pentiti vaghi e contraddittori
La scuola di lingue Hyperion, creata a Parigi nel 1976 per iniziativa di alcuni ex militanti italiani del superclan, preceduta da altre esperienze quali le associazioni culturali Agorà e Kiron, è stata ciclicamente accusata, da oltre 35 anni, e ancora adesso, sulla base di vaghe e talvolta contraddittorie dichiarazioni di alcuni pentiti, dalla stampa italiana e dalle commissioni parlamentare succedutesi in questi anni, di aver svolto un ruolo di “eterodirezione” dell Brigate rosse, e di aver costituito un punto di riferimento internazionale, se non addirittura – secondo le interpretazioni più fantasiose – di avere rappresentato un punto di contatto tra servizi segreti mondiali, tra cui Kgb e Cia, nonché una “camera di compensazione” per il mantenimento degli equilibri politico-militari sanciti dalla conferenza di Yalta.
Due proscioglimenti
Una prima inchiesta svolta nel 1979 dal servizio segreto francese non trovò alcun riscontro (…) Nel 1981, il caso fu oggetto di una nuova disputa politica tra Francia e Italia e, dopo una nuova inchiesta eseguita dalla stessa presidenza del Consiglio francese, la scuola di lingue Hyperion venne nuovamente scagionata dalle accuse sostenute dai magistrati Calogero e Mastelloni (…)
“Condivido le ammissioni di Moretti”
Personalmente, pur considerando lo spirito quantomeno non certamente “democristiano” che caratterizzava le persone e l’attività di Hyperion, ritengo condivisibili le ammissioni fatte al riguardo da Mario Moretti e riportate nel libro di Rossana Rossanda. Moretti affermò testualmente che
“dopo la conclusione dell’esperienza del CPM (settembre-ottobre 1970, nda) abbiamo interrotto ogni rapporto con Corrado Simioni (uno dei partecipanti all’esperienza Hyperion, nda), non lo vedemmo più … ho saputo dalla stampa della sua presenza a Parigi. Io mi mossi su Parigi dal 1978 al 1981. Avevamo in Francia dei compagni espatriati qualche anno prima (Antonio Bellavita nda) in grado di collegarci con tutti i movimenti rivoluzionari… Mi fermavo a Parigi 1 o 2 giorni, prendevo la mattina l’aereo da Roma e tornavo a Milano la sera … all’inizio andammo in tre (Carlo Brogi?, nda), poi ero accompagnato dalla sola Anna Laura Braghetti… In un secondo tempo prendemmo una casa in affitto”.
Un ambiguo compagno francese
Di Petrillo fornisce anche numerosi particolari sulla “sponda francese” delle Br, riservando particolare attenzione a una figura “ambigua”, un compagno francese amico di Bellavita che prima gestisce i rapporti con Moretti e poi con Senzani, al punto di diventare l’addestratore del Partito guerriglia nell’uso delle armi pesanti fornite dai palestinesi. Toccherà ritornarci sopra.
FONTE:https://www.ugomariatassinari.it/hyperion-dipetrillo-mario/
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