RASSEGNA STAMPA DETTI E SCRITTI 16 SETTEMBRE 2021
A cura di Manlio Lo Presti
Esergo
Il moderno invecchia,; il vecchio ritorna di moda
LEO LONGANESI, La sua signora, Rizzoli, 1958, pag. 62
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SOMMARIO
Dall’11 Settembre, demolizione controllata dell’umanità
Rinaldi: la pericolosa transizione ecologica solo europea, ed il green pass
“Non si tratta di pro-vax e no-vax”: la discriminazione come metodo educativo e la retorica dell’inclusione
IL DIBATTITO SULLE PIATTAFORME AL FESTIVAL DEL CINEMA DI FRONTIERA
Aveva ragione Paolo Barnard: “HANNO VINTO!!!” – si sono presi le menti dei nostri figli
Cina: l’abolizione del CO2 “non ha basi scientifiche”
Covid, 11/9 e Guerra Eterna
L’AFGHANISTAN SPIEGATO IN POCHI MINUTI
Prezzi gas stellari: la Russia sta forzando la UE ad omologare subito Nord Stream 2
Il Generale Milley conferma i contatti coi militari cinesi e non nega gli atti di tradimento. Danno all’immagine USA
Trump: se le rivelazioni sono vere il Capo di Stato Maggiore dovrebbe essere processato per alto tradimento
Verso la guerra anglo alla Cina
LA MENTE DEI RUSSI IN LETTERATURA
Una “pandemia”, due messaggi
In ginocchio sui ceci perchè diffondi fake news
Il Nuovo Messia
In risposta a BUTAC
Il sipario è calato su Wuhan.
Draghi al Festival di Venezia con «le parole che non ti ho detto»
Quando la sinistra scambia le cure con un tampone, poi ti propone la tassa di successione
Crac Mps. L’autore è Draghi, ma lo paghiamo noi
La strategia di Draghi il banchiere
PAN-PENALIZZAZIONE: IL POLITICAMENTE CORRETTO SOSTANZIALE
Carcere, se si nega ancora la pericolosità del wireless 5G
Blade runner in Svizzera
I piani per il passaporto del vaccino in Inghilterra sono stati eliminati, afferma Sajid Javid
Perché l’Iran aderisce alla SCO?
I nomi dei 32 senatori che hanno votato contro il Green Pass
L’ombra ventennale dell’11 settembre: perché i funzionari statunitensi protessero i terroristi dell’11 settembre?
Vaccini Covid, l’Ema: 20.500 morti e 2 milioni di “feriti”
Correlazione tra 5G e Covid: oscurata ricerca scientifica
Clamoroso fuori onda: ” Non c’è giustificazione medica per il pass Covid”
Ormai lo ammette anche Burioni: è la vaccinazione a tappeto che…
Linee di sangue: dominano da 2000 anni, sempre loro
IN EVIDENZA
Dall’11 Settembre, demolizione controllata dell’umanità
Te la ricordi, quella vecchia storia? Gli aerei che picchiano contro i palazzi? L’America indifesa, il mondo attonito. L’inferno del fumo, le vittime, i soccorritori intossicati e sepolti dalla cenere. Quanto tempo è passato, da allora? Vent’anni. Cioè niente, in teoria, per i tempi della storia. In questo caso, invece, vent’anni sono tutto. Perché ci sono eventi che forgiano il presente, lo rifondano. Sono avvenimenti esiziali, rispetto ai quali esiste un dopo e un prima. Come si viveva, prima? Si era relativamente liberi, mediamente infelici oppure allegri, spensierati, ordinariamente annoiati o magari indignati dalla contabilità delle ingiustizie. La sensazione era che ogni avversità fosse comunque affrontabile, ogni opinione esprimibile e ogni soluzione discutibile, e che le conseguenze non fossero immediatamente globali. Buoni e cattivi recitavano insieme, nell’avanspettacolo della geopolitica, cioè ai piani bassi dove conta davvero il soldo, la paga del mercenario, il cospicuo fatturato occulto dei mandanti.
Tutto era già infinitamente corrotto, con il nostro tacito consenso. Il demiurgo era al lavoro, come sempre, ma al pubblico meno assonnato restava l’illusione della presenza di un sindacato dell’umanità, qualcuno o qualcosa che avesse ereditato l’impegno di una promessa. Poi c’è stato il crollo, l’infarto senza preavviso: il precipitare convulso in cui il tempo non esiste più, la terra ti manca sotto i piedi. Illustri cassandre non avevano lesinato avvertimenti: Giulietto Chiesa evocava la caduta dell’Impero Romano. L’impossibile, che diventa possibile. Frana tutto, cadono le colonne, avviene l’impensabile. Frana da un giorno all’altro, un maledetto martedì: sfogliando i petali della settimana, l’alba guerriera di Marte. Come per un mostruoso, sinistro rito propiziatorio. Un’orgia di terrore, perfettamente speculare all’altro 11 settembre, quello cileno, giusto per firmare in modo leggibile lo spaventoso replay, appositamente programmato in modo da sprofondare tutti nella paura.
Poi sarebbero venute anche le guerre asimmetriche, come da copione: la farsa spudorata dei vari casus belli, i barbari feroci e le loro armi inesistenti, le stragi di civili, il fosforo e l’uranio dei bombardamenti a tappeto. Sapeva, il demiurgo, che il grosso del pubblico non si sarebbe accorto della sua presenza, dietro le quinte: si sarebbe bevuto tutto, anche le frottole più spassose. Già dal preambolo, l’anno prima, si poteva immaginare come sarebbe finita, la faccenda: allestita dalla solita, sapiente regia. Qualcuno aveva taroccato le elezioni, in Florida, volendo insediare a tutti i costi l’omino della guerra: il tipo giusto per recitare la parte, scritta da altri e destinata – per la prima volta, forse – all’intera ecumene terrestre, appena uscita (con sollievo) dall’altra grande fiction, durata mezzo secolo: quella del pericolo rosso annidato nell’Est, con tutti i suoi missili. Morto un Papa, se ne fa un altro: non era più adatto, il pensionato Gorbaciov, per le stagioni che sarebbero venute, grandinando lutti.
Vent’anni in cui è finito quasi tutto: la politica, l’informazione. La giustizia: sparita anch’essa nel cimitero della verità trasformato in discarica, insieme a molta arte, molto cinema, molta letteratura, molta musica. La colonna sonora si è fatta monotona, piatta: come se il regista, sempre lui, avesse abbassato il volume del grande cuore che, da qualche parte, nel mondo deve pur battere ancora. Sembra pulsare persino oggi, vent’anni dopo, nel pianeta delle scimmie imbavagliate e traumatizzate dal panico televisivo, dalla lingua metallica e post-umana dei decreti che si vanno succedendo, tra obblighi e divieti, firmati dai tradizionali figuranti a cui ormai si è fatta l’abitudine. Vent’anni in cui si sono scoperchiati verminai, sono state portate alla luce le trame più subdole: il profilo criminale del grande show, del programma che qualcuno definisce zootecnico, squisitamente agroindustriale, concepito e condotto per allevare animali docili e dimentichi di sé, della loro antica dignità.
Riesce a vederlo, tutto questo, l’immenso vivaio delle cavie? Riesce a capire in mezzo a quale lordura è costretto a sopravvivere, oggi, nell’inferno burocratico delle deliranti prescrizioni quotidiane basate sulla falsificazione sistematica della realtà? Statistica: uno su tre, dicono gli ottimisti. Un essere umano su tre, persino nella sciaguratissima Italia – epicentro europeo della tragedia, avamposto del peggio – ormai afferra il senso profondamente fangoso di questa lunga stagione interminabile, inaugurata schiantando velivoli contro le altissime colonne del tempio civile di New York, l’amatissima capitale insonne del vecchio mondo, per cento anni vera e propria fabbrica di sogni. Il film, poi, lo si è visto: dove finiva New York, cominciava la polvere delle bombe. Un povero vecchio decrepito, oggi, ancora si domanda com’è che sia toccata proprio a lui la sciagurata sorte di finire a Washington, nell’anno in cui la Macchina stritolava tutto e spegneva impunemente qualsiasi voce non intonata al coro, compresa quella del presidente ancora in carica.
Non veniamo dalla Luna, ammettiamolo. Veniamo dai telegiornali, dal calcio, dalla malora indecente dei partiti italiani. Veniamo dagli annunci religiosi, uno sull’altro: gli stregoni dello spread e gli scienziati dell’Onu pagati per riscrivere il clima, le treccioline della bambina svedese, le flotte politiche che traghettano africani defraudati e derubati di tutto. E poi le barbe nere dei tagliagole sbucati da un medioevo immaginario, l’eterno sventolio di vesti bianche dalle parti di Roma, il silenzio tombale della segregazione domiciliare e del coprifuoco, la persecuzione dei medici ancora impegnati a fare i medici, fino all’ultimo, anche rischiando la pelle. E infine, il lasciapassare. E il siero universale destinato allo zoo, in cambio della libertà condizionata. La violenza del sopruso è tale da cancellare ogni possibile intermediazione dialettica: l’inglese e l’italiano, ormai, sembrano lingue morte. Stanno finendo di cadere proprio oggi, le Torri Gemelle. Stanno ancora crollando, non hanno mai smesso di crollare.
Noi siamo ancora qui, per il momento: assistiamo allo spettacolo. Uno su tre: qualcuno avrebbe contato i sopravvissuti, quelli cui spetterà – per forza di cose – la ricostruzione. Se e quando sarà possibile. Ma non più come prima, come ieri. C’è chi si arrovella su una possibile via d’uscita, azzerando (per decenza) l’ugola umanoide di chi ancora blatera di Pil, di Ripartenze e Resilienze, e di tutte le altre proiezioni aliene della nuovissima zootecnia ultradigitale al grafene, dipinta di verde e amministrata da remoto, governata dalle antenne e dai satelliti codificando e registrando ogni singolo respiro. Numeri: le cavie sono numeri. Vivono l’incubo soffrendo, ma con differenziati livelli di consapevolezza. Nulla sarà più come prima, dice il muezzin. E com’era, prima? In fondo, niente si ripete mai in modo identico. Il gregge rassegnato che attende l’assestarsi del regime, quello della nuova normalità, probabilmente non sospetta che gli altri – i dissonanti, i reprobi – avessero in uggia anche la vecchia normalità: quella che, nel sonno generale, fece crollare un giorno anche le torri più indistruttibili.
Per la loro eventuale demolizione controllata, il Comune di New York aveva ufficialmente previsto niente di meno che il ricorso all’atomica, attraverso mini-cariche da collocare nelle fondamenta. Per i burloni, invece, sarebbero bastati due aerei di linea: tutti cretini, gli ingegneri di New York? E’ più complicata, in effetti, la demolizione controllata dell’umanità. Si procede per gradi, alternando scossoni e lusinghe, violenti traumi e narrazioni consolatorie. L’intero tessuto decisionale va meticolosamente corrotto, oliato con denaro, abilmente scoraggiato laddove mostri sacche di resistenza, ampiamente prevedibili anche quelle. Voci neutralizzate con l’aiuto incessante delle redazioni, dei talk, della carta straccia che ancora arriva in edicola e che quasi più nessuno legge. E’ nudo, ormai, il supremo devastatore: è uscito allo scoperto, non si nasconde più. E sembra avere una gran fretta di finire il lavoro: come se lo muovesse una paura inconfessabile. Qualcosa all’improvviso potrebbe andargli storto? Non è uno scherzo, la demolizione controllata dell’umanità.
(Giorgio Cattaneo, 11 settembre 2021)
FONTE: https://www.libreidee.org/2021/09/dall11-settembre-demolizione-controllata-dellumanita/
Rinaldi: la pericolosa transizione ecologica solo europea, ed il green pass
Settembre 15, 2021 posted by Guido da Landriano
Intervento di Antonio Maria Rinaldi a Coffé Break su La 7. Primo tema: transizione verde. Tutti stanno affrontando costi energetici alti, fruttoi di una transizione ecologica che sarà anche giusta, ma che è stata mal preparata e scaricata completamente sulle spalle dei cittadini e dei consumatori europeo.
Tra l’altro queste norme si applicano solo in ambito occidentale, e ciò le rende completamente inutili.
Quindi un secondo tema: il Green pass. il governo italiano ne ha prorogato la validità a 12 mesi, ma la piattaforma di appoggio europea uscirà di scena molto prima. Dove andranno a finire i dati? chi li gestirà?
Vi auguriamo buon ascolto e ringraziamo Inriverente.
VIDEO QUI: https://youtu.be/790oGn4xjSk
FONTE: https://scenarieconomici.it/rinaldi-la-pericolosa-transizione-ecologica-solo-euriopea-ed-il-green-pass/
“Non si tratta di pro-vax e no-vax”: la discriminazione come metodo educativo e la retorica dell’inclusione
Vincenzo Costa – 06 Settembre 2021
ARTE MUSICA TEATRO CINEMA
IL DIBATTITO SULLE PIATTAFORME AL FESTIVAL DEL CINEMA DI FRONTIERA
Il Festival del Cinema di Frontiera ha avviato un rapporto di collaborazione con il magazine online MyMovies. La liaison si è resa necessaria a causa delle incertezze organizzative dovute alla situazione pandemica. Per queste ragioni, secondo Giancarlo Zappoli, direttore di MyMovies e presidente del Centro studi cinematografici, “le piattaforme online hanno salvato i festival, soprattutto quelli più piccoli. Ma adesso vogliamo rivedere le sale piene”. Il critico ha animato la tavola rotonda sul tema “Piattaforme, cinema, festival”. Un confronto a cui hanno preso parte anche Massimo Caminiti, presidente Cinit-Cineforum italiano; Ignazio Vasta, direttore del Festival del Film per Ragazzi di Giardini Naxos e Giuseppe Gambina, direttore artistico del Vittoria Peace Film Fest.
Il Festival del Cinema di Frontiera si tiene nello splendido borgo marinaro di Marzamemi, frazione del comune di Pachino, in provincia di Siracusa. La manifestazione è ideata e diretta da Nello Correale e organizzata dalla Associazione Turistica Pro Loco Marzamemi e Tipota Movie Movie Company, in collaborazione con l’associazione Cenaco. “Utilizzare le piattaforme online – ha detto Zappoli – fa bene a tutti. Grazie a MyMovies tante realtà hanno continuato ad esistere e parlare ad altri. L’online non deve sostituirsi ai festival e alle sale, ma essere solo uno stimolare a partecipare dal vivo. La sala è il luogo dedicato al cinema, mentre l’online deve essere inteso come una possibilità, non come la sola possibilità”. Il direttore di MyMovies stasera consegna il premio dedicato alla memoria dello storico del cinema Sebastiano Gesù, a cura del festival e del Centro nazionale studi cinematografici.
Il programma di oggi della kermesse siciliana del cinema d’autore prevede, alle 20,30 in Piazza Regina Margherita, la proiezione del corto fuori concorso Migrants di Paolo Pellegrin (video-director Paolo Freschi). Per il concorso dei lungometraggi è in programma Europa di Haider Rashid e Il matrimonio di Rosa di Icíar Bollaín. Ospiti delle “Chiacchiere sotto il fico”, alle 18.30 nel Cortile di Villadorata, sono gli autori Simona Lo Iacono, che presenta il suo ultimo libro, La tigre di Noto e il giornalista e scrittore Franco Zuccalà, autore di documentari. Per il ConCorto, il concorso dei cortometraggi curato dal giornalista Andrea Di Falco, a partire dalle 21, sempre al Cortile di Villadorata, vengono mostrati i film brevi del festival: il corto fuori concorso Captain t – la condanna della consuetudine di Andrea Walts e i corti in concorso Stephanie del belga Leonardo van Dijl, Goads della regista greca Iris Baglanea e Fighting souls di Stratos Cotugno.
Nel loggione della Tonnara alle 19 prende il via la sezione Cromosoma Sicilia TeatroFestival, in collaborazione con Rete Latitudini, con Astolfo sulla Luna, liberamente tratto dal canto XXXIV dell’Orlando Furioso di e con Filippo Luna, con Virginia Maiorana alla fisarmonica. Alle 20.30 segue la sezione Lampi sul Mediterraneo, con la proiezione dei documentari In prima linea di Matteo Balsamo e Francesco Del Grosso, L’abbraccio. Storia di Antonino e Stefano Saetta di Davide Lorenzano.
(*) Nella foto in alto, da sinistra, sono ritratti: Massimo Caminiti, Giancarlo Zappoli, Ignazio Vasta, Giuseppe Gambina e Nello Correale.
(**) Nella foto in basso, Gisella Calì intervista Nello Correale, nel corso della serata inaugurale del Festival del Cinema di Frontiera.
FONTE: http://opinione.it/cultura/2021/09/15/eugenio-de-bartolis_festival-del-cinema-di-frontiera-marzamemi-sicilia-lungoemtraggi-correale-zappoli-mymovies-di-falco-concorto/
ATTUALITÀ SOCIETÀ COSTUME
Aveva ragione Paolo Barnard: “HANNO VINTO!!!” – si sono presi le menti dei nostri figli
Di Megas Alexandros (alias Fabio Bonciani)
Purtroppo c’è chi ci arriva prima e chi dopo un pò!!!! l’amico Paolo Barnard ci aveva messi in guardia per tempo, sul fatto che il vero potere era ed è, anni luce avanti a noi. Ci aveva avvertiti che senza una “task force”, ovvero una squadra di “navy seals”, composta da una élite di super esperti e preparati in materia economica e finanziaria, non avremmo avuto alcuna possibilità di vincere contro chi ci comanda veramente.
Lo dico a quelli come me, che ancora lottano caratterizzati da una eterna forza della speranza che il bene vince sempre sul male, quelli cresciuti nella convinzione, che quando non c’era più niente da fare, la cavalleria sarebbe comparsa all’improvviso come nei migliori film americani. A quelli come me che tale forza e speranza gli viene automaticamente iniettata nelle vene dall’essere padre dei suoi splendidi figli e che il dovere e Dio li obbliga a dare loro un futuro migliore dell’attuale.
Ecco, oggi, questa mattina, da un episodio familiare banalissimo ho capito che il vero potere ha veramente vinto!!!!
I miei figli mi sottopongono il calcolo che vedete nella foto dell’articolo e mi chiedono il risultato. Rispondo di gettito ” fa 10″…. loro ridono e mi dicono: “ma tu babbo che sai tutto di economia, contabilità, finanza… come fai a sbagliare questo calcolo”….. “fa meno 80”, rispondono in coro.
A quel punto forte dell’ignoranza pragmatica di chi si è fatto da solo, chiedo spiegazioni ed il perché di tale risultato matematico. Mi rispondono: “è così… così ci hanno insegnato a scuola, le moltiplicazioni vengono prima”.
Chiedo loro la base scientifica e la logica dietro questa affermazione, mentre contemporaneamente mi chiedo, da ignorante e pragmatico, se tutto questo fosse vero. Interviene la mamma a conferma: “guarda che se non sanno queste cose, poi non passano gli esami”.
In un attimo, ripercorro a ritroso nella mia mente gli anni della scuola alla ricerca di tale insegnamento, niente il buio assoluto: “mai sentita questa roba!!!”. Basta, c’è qualcosa che non mi torna e chi mi conosce sa, che quando provo questo sentimento pur di raggiungere la verità sono in grado di spostare il mondo.
Scrivo immediatamente ad un amico fidato, matematico e statistico. Sottopongo a lui la questione, e mi conferma, a livello aritmetico, la bontà di quanto asserito dai miei figli, con parole ed uno scambio di considerazioni che non lasciano spazio all’interpretazione, e che vi riporto qua sotto:
Ecco dove la mia mente voleva arrivare, nell’ignoranza della mia generazione di uomo che si è istruito da solo nella palestra della vita, ho avuto la certezza dal mio stimato amico, che oggi l’istruzione dei nostri figli è finalizzata ad apprendere cose che mai serviranno loro nella vita reale.
Da qui ad arrivare a chiedermi se anche questo facesse parte del datato piano che ci vuole condurre al Great Reset, il passo è stato brevissimo – come istantanea è stata la risposta che mi sono dato: “SI”.
Ma certo di cosa mi stupisco, proprio io che ogni giorno, da anni ho a che fare con laureati in economia che ancora non riescono a capire che al surplus di un soggetto deve corrispondere sempre il deficit di un altro. Ingegneri che invece di pensare a far stare in piedi i ponti, non dormono la notte pensando all’arrivo dell’inflazione come fosse il giudizio universale. Funzionari pubblici che non sanno come fare a far quadrare i conti dello Stato per non lasciare ai nostri figli l’onere di dover ripagare il debito pubblico. Gente che da venti anni si alza la mattina ed invece di bersi il cappuccino si bevono la balla colossale dello “spread”, credendo ancora che i tassi li decidano i mercati finanziari.
Insomma, se questa è la realtà dell’ignoranza in cui viviamo un motivo ci dovrà pur essere e certamente la scuola non può chiamarsi fuori da questa grave responsabilità.
Se vogliamo continuare a vivere in uno Stato democratico moderno, è bene ricordarsi che il tema dell’istruzione, rientra tra quei settori (vedi, sanità, giustizia, trasporti, militare, ecc.), che hanno l’assoluta necessità di essere gestiti in maniera irreprensibile. Proprio perché hanno un effetto diretto e determinante sulle nostre vite. Quindi, è estremamente necessario che tale gestione avvenga per mezzo di un soggetto pubblico il cui fine esula dal principale obbiettivo del profitto, che è caratteristica del settore privato. Ovvero, quand’unque tale attività fosse demandata ad un soggetto privato, questa dovrebbe essere assolutamente svolta all’interno di chiare direttive di matrice pubblica e sottoposta ad uno stretto controllo da parte di quest’ultima.
Ora, per tornare alla risposta che mi sono dato sopra, in merito al fatto, se anche il settore dell’istruzione fosse oggetto delle attenzioni di coloro che stanno esautorando gli Stati di ogni frammento di democrazia e rendendo ogni individuo un cittadino universale, privo di origini, di diversità di pensiero ed allineato al pastore come un gregge di pecore – beh, vi chiedo, vi pare plausibile che l’élite che ci comanda, abbia lasciato nelle nostre mani i cervelli dei nostri figli!!!!
Non sto qui certo a ripetervi la risposta, anche perché posso benissimo capire i brividi che stanno percorrendo lungo la schiena di chi sta leggendo il mio pensiero con ancora un pò di sale in zucca.
Tagli all’istruzione, incentivazione delle scuole private e la colonizzazione del pensiero attraverso i media ed i professori allineati, sono stati e sono gli strumenti con cui i poteri forti hanno colonizzato i cervelli della massa. Altrimenti non si spiegherebbe come, ancora dopo oltre venti anni dall’avvento dell’euro e la conseguente devastazione economica e sociale che ha portato, la gente tema come il lupo, l’uscita da questa gabbia.
Sì, il vero potere è anni luce avanti, sta preparando i nostri figli a seguire regole senza ragionare, senza farsi domande, anche di fronte alla realtà della illogicità di quello che devono rispettare. Insegnano loro che quello che conta è il risultato, ovvero il superamento dell’esame, non il formarsi per la vita che dovranno affrontare. “se fai cosi sei promosso, altrimenti sei bocciato”….. il “perché” non esiste, come non esiste il “a che cosa mi serve” – “e’ una regola…. punto, finito”. Abituano le loro menti a non domandare e domandarsi, a rispondere in modo automatico usando in modo surrettizio la caratteristica principale che la matematica ha in sé, ovvero l’assenza del passaggio sentimentale. Questo è pericolosissimo, perché abituare le nostre menti alla forza dei numeri, ci rende “killer”, qualora dovessimo occupare ruoli di potere e saremmo chiamati a decidere sulle vite degli altri, soprattutto quelle dei più deboli.
Potremmo fare migliaia di esempi nella storia e nel mondo e tanto per rimanere più vicini alle nostre memorie ed al nostro habitat, come non dimenticare il cinismo con cui Mario Monti ed Elsa Fornero, hanno imposto gli inutili e sbagliati provvedimenti “lacrime e sangue” al popolo italiano, provvedimenti che oggi sappiamo furono dettati loro dai poteri che avevano lo scopo di distruggere la domanda interna nel nostro paese, attraverso una scellerata politica di deflazione salariale. I risultati e la devastazione li abbiamo davanti ai nostri occhi.
Come non dimenticare l’altrettanto cinismo con cui il nostro premier attuale Mario Draghi, quando a capo della BCE, privo di ogni passaggio sentimentale, non esitò neanche un attimo a chiudere i rubinetti alle banche greche per salvare il sistema-euro, fregandosene completamente della decisione democratica uscita dal referendum e della conseguente (già allora, nota alle sue competenze in materia), distruzione economico sociale che poi sarebbe scaturita dalla sua decisione.
Ed infine, l’esempio più eclatante lo abbiamo con l’avvento della pandemia e la conseguente campagna di vaccinazione ed obbligo del green-pass, dove l’odio scaturito dalla totale mancanza di orientamento all’interno del labirinto di una informazione che privilegia l’interesse del potere, sta compromettendo i nostri quotidiani rapporti personali e sta conducendo interi paesi verso derive autoritarie estremamente pericolose, che se non verranno fermate in tempo, porteranno a conseguenze sicuramente peggiori rispetto a quelle che stiamo affrontando con il problema della pandemia.
I media ogni giorno ci mostrano le atrocità del regime dei talebani in Afghanistan, ma, noi non siamo in grado di renderci conto che, in tema di scuola ed istruzione, oggi nel mondo occidentale, siamo quanto di più vicino possa esserci alla strategia psicologica su cui il regime talebano basa la formazione delle sue reclute. Pensate agli attentatori che si lanciarono contro le torri gemelle, erano fieri e felici di farlo perché la loro formazione culturale e religiosa li aveva convinti, che sarebbero andati incontro alla folle promessa di Allah, di godersi il paradiso con 72 vergini.
Cosa possiamo fare noi genitori per fronteggiare tutto questo – e faccio ammenda per primo, perché pur essendo totalmente presente nella vita dei miei figli, mi rendo conto che in tema di istruzione ho lasciato troppo correre. Ho creduto fosse intelligente, istruttivo e formativo per la vita che dovranno affrontare, lasciarli liberi nella gestione del loro principale impegno che è la scuola –MI SBAGLIAVO!!!!
Per capire cosa fare noi genitori, dobbiamo capire cosa è il nostro nemico. Il “Vero Potere” si sa, è come il mercurio: ogni goccia di potere tende a riunirsi in una goccia di potere più grande. Quindi tende a centralizzarsi, diventando un leviatano immenso e inarrivabile dal quale il singolo uomo finisce per sentirsi più minacciato che protetto. E ha ragione. Perché il potere non risponde che a due uniche esigenze: mantenersi ed espandersi. A scapito di tutto e tutti coloro che trova sulla sua strada. Non protegge nessuno, nemmeno chi lo detiene. Infatti, se chi lo detiene diventa scomodo, il potere, come se avesse una forza propria, se lo scrolla di dosso e trova un nuovo detentore, capace di mantenere il potere già accumulato e magari anche di espanderlo. Quasi come fosse un’entità indipendente dall’umanità e che serve da copertura di quelle famiglie che lo detengono realmente attraverso i secoli.
Stando così la faccenda, è chiaro che il nemico di ogni grande potere sia il potere più piccolo, quel piccolo potere che non risponde ad un potere più grande, quel ribelle piccolo ragnetto che tesse la sua tela altrove rispetto ai grandi giochi delle grandi ragnatele. Questo potere “più piccolo” in qualche forma lo hanno tutti gli uomini: tutti hanno il potere di crescere dei figli con dei principi o degli altri, tutti il potere di scegliere un mestiere od un altro, tutti il potere di comprare un prodotto od un altro e così via. Questo al vero, grande, unico Potere Centrale (oppure ai poteri centrali, perché il fatto che ne esista uno solo è molto discutibile ad oggi), ovviamente, resta estremamente antipatico. E – siccome può farlo – prende delle contromisure.
Ovviamente esistono molti tentativi di ribellione e realtà alternative, ma niente che il Potere Centrale non riesca – quanto meno – a tenere a bada facendo in modo che tutto questo possa nuocergli, forse, ma mai essergli mortale. Invece un nemico ben più difficile da tenere a bada è l’indipendenza dell’educazione genitoriale, ad esempio.
Per questo se vogliamo cominciare a ricreare i presupposti e le contromisure per poter schiacciare la testa al “Vero Potere”, riconquistare la scuola, quindi, diventa oggi un atto coraggioso, doveroso e vantaggioso per difendersi da un potere immenso e crescente che non fa comodo a nessuno, neppure a chi lo detiene, ma che nessuno ha il coraggio di disinnescare per paura di perdere quei pochi vantaggi che gli derivano dallo status quo, dalle cose come stanno ora. Come un coniglio che sta per essere schiacciato da un treno in corsa ma non si leva dalle rotaie perché lì si è incastrata la sua carota.
La scuola, però, non va solo riconquistata ma anche trasformata. Esistono meravigliosi esempi di scuole in cui si impara quello che serve. La nostra no, ha ancora i programmi ministeriali che servono a renderla il principale sistema di controllo ed omologazione del paese.
Pensate ai licei, che ancora oggi insegnano cose inutili ai più (latino, greco e chi più ne ha più ne metta) che sono materie interessantissime ma ormai diventate l’emblema di una cultura che si presenta come inutile. Di fronte al vanto dell’inutilità viene facilmente tagliata dai finanziamenti statali perché quando i politici vanno a dire alla gente “questa cultura è inutile” la cultura non solo non si difende e non cerca di dimostrare il contrario ma strombazza ai quattro venti la sua inutilità come se fosse una medaglia. Il greco e il latino aprono la mente perché sono lingue complesse? Bene. L’ungherese è la seconda lingua più difficile al mondo. Vogliamo studiarlo? No? Lo parla troppa poca gente e non serve a niente? Va bene, allora studiamo il cinese e l’arabo che sono due lingue difficilissime e fra le più parlate del mondo. Almeno i ragazzi che le studiano capiranno perché fanno tutta quella fatica, capiranno a cosa serve loro, e anche i cittadini saranno più battaglieri nel difendere qualcosa che è palesemente e potentemente utile.
Chi fa l’errore di pensare che la scuola non debba essere utile, cade nella trappola di uno dei sistemi più subdoli del Potere Centrale: la ridefinizione identitaria dell’avversario. Siccome il Potere Centrale ha molti messi e molti media non si preoccupa solo di formare chi lavora per lui ma cerca di formare anche chi lotterà contro di lui, e spesso ci riesce, dandogli una mentalità fatta apposta per fargli perdere ogni battaglia intrapresa.
Allora, se avete seguito il ragionamento, le scuole devono tornare ad essere utili. Altrimenti diventano indifendibili e territorio del Vero Potere. E poche cose come le scuole ad oggi hanno l’assoluto bisogno di essere difese. Come centro di preparazione, apprendimento, ed auto-educazione. Perché l’informazione può venire dall’esterno, ma l’educazione deve sempre venire da dentro: è infatti ogni singolo individuo che deve essere lasciato libero di scegliere, una volta informato a fondo su com’è fatto il mondo, che persona vorrà scegliere di diventare.
Di Megas Alexandros (alias Fabio Bonciani)
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Pubblicato da Jacopo Brogi per ComeDonChisciotte.org
FONTE: https://comedonchisciotte.org/aveva-ragione-paolo-barnard-hanno-vinto-si-sono-presi-le-menti-dei-nostri-figli/
BELPAESE DA SALVARE
Cina: l’abolizione del CO2 “non ha basi scientifiche”
Secondo Ding Zhongli, il principale climatologo cinese e vicepresidente dell’Accademia cinese delle scienze, non ci sono prove scientifiche affidabili di un’interdipendenza tra l’aumento delle temperature e la concentrazione di CO2. La temperatura globale potrebbe essere determinata anche dal sole. Perché allora, si chiede Ding Zhongli, i paesi industrializzati hanno avanzato una tale “dubbia teoria scientifica”? E la impongono come verità totalitaria?
Al “Vertice sul clima” di metà aprile 2021, Cina, Russia e India si sono rifiutate di seguire pienamente gli obiettivi del “Grande Reset” e del “Green Deal”, il Patto Verde he è parte del Grand Reset.
In aprile, l presidente cinese Xi Jinping è stato il primo oratore ad annunciare : nessun cambiamento negli obiettivi della Cina per le emissioni di carbonio o l’uso del carbone e dell’energia nucleare. Piuttosto, ha sottolineato il principio che fa la differenza fondamentale per la “filosofia verde” in Occidente ponendo l’accento sull’aumento della produttività attraverso la scienza: “Proteggere l’ambiente significa proteggere la produttività e migliorare l’ambiente significa aumentare la produttività –
Il presidente russo Putin, nella stessa sede, ha sottolineato che la Russia ha dimezzato le emissioni di carbonio dagli anni ’90. Come la Cina, la Russia ha un serio problema di inquinamento reale che risolve con l’effetto collaterale di ridurre le emissioni. E come la Cina, vuole più centrali nucleari che “non producono quasi nessuna emissione di gas serra”. Ha concluso ricordando che dobbiamo combattere la povertà e colmare il divario tra ricchi e poveri. Sia Xi che Putin hanno anche sottolineato che la politica climatica, come tutte le questioni globali, dovrebbe essere discussa nel quadro delle Nazioni Unite, il che è in diretto contrasto con l’”ordine basato su regole” unilaterale propagato da Washington e Bruxelles e sostenuto dalla NATO. .
Ora interviene Ding Zhongli, il più importante climatologo cinese a riaffermare quello che i nostri lettori sanno: non ci sono prove scientifiche affidabili che l’aumento delle temperature dipenda dalla concentrazione di CO2. La temperatura globale potrebbe essere determinata anche dal sole. L’attività umana quindi non può essere l’unico fattore alla base dell’aumento della temperatura negli ultimi cento anni. Perché allora, si chiede Ding Zhongli, i paesi industrializzati hanno avanzato una tale “dubbia teoria scientifica”? Perché la loro vera intenzione non era limitare l’aumento della temperatura globale, ma limitare lo sviluppo economico dei paesi emergenti e in via di sviluppo! Poiché gran parte del vertice sul clima è stato dedicato al “Grande Reset”, un programma per demolire le industrie e ridurre la popolazione, questo sospetto non può essere respinto a priori”. Confronto Rispetto al folle programma di riduzione del CO2 che ci impone la UE e stroncherà le economie con rincari del 40% e più per l’energia, la posizione cinese è modello di razionalità e concretezza.
Perché le voci del buon senso devono arrivare dal regime cinese? Recentemente Xi ha vietato – vietato – ai giovani cinesi di consumare in videogiochi più di tre ore la settimana. I media occidentali hanno ghignato chiedendosi come farà Xi a controllare che i suoi ragazzi gli obbediscano. Ma la cosa più importante è che il capo abbia definito i videogiochi – un business multimiliardario, di cui la Cina ha una fetta grossa – “oppio spirituale” : frase che ha una risonanza speciale per i cinesi che hanno imparato a scuola cosa fu “la guerra dell’oppio” con cui l’impero britannico li asservì e indebolì.
In Italia, 2 milioni di giovani senza studio né lavoro
Va riconosciuto che almeno, il regime cinese dei suoi giovani si preoccupa e li vuole migliori e preparati ad affrontare la vita con dignità… Il regime di Draghi si infischia degli oltre 2 milioni di giovani da 15 ai 29 anni che “non studiano né lavorano”: dovrebbe essere u’emergenza nazionale: in Sicilia il 40% dei giovani sono in quella condizione, a Crotone il 48%, la metà. Due milioni senza formazione e senza qualifica, non occupati che stanno diventando in occupabili e formeranno – bisogna pour mangiare, sopravvivere – manovalanza per qualunque illegalità. In Italia si impongono le mascherine agli scolari, infischiandosi dei danni psicologici e relazionali – ben noti – che questi si porteranno addosso da adulti. La Cina riconosce che i videogiochi perturbano lo sviluppo socialeed educativo dei suoi giovani, e li sprona a diventare ambiziosi: studino per diventare capaci di lavorare nelle “migliori industrie di semi-comduttori, di intelligenza artificiale che la Cina deve darsi”. Il regime sta cancellando la “cultura delle celebrità” di tipo americano in cui i suoi miliardari diventano modelli di comportamento e di stile per la gioventù. Le gramdi imprese dei miliardari non rappresentano gli interessi della società nel loro insieme. E’ in corso una grande rivoluzione educativa contro l’individualismo egoista. Il motivo è chiarito dall’intervento cinese sul Clima: la feroce riduzione energetica che la UE, suicida, applica anzitutto a se stessa per delirio ideologico, è parte del Grand Reset, dello spopolamento programmato. La Cina non ci sta alla menzogna. Non partecipa alla de carbonizzazione ideologica. Non tollera milioni di giovani che non studiano né lavorano. Non considera i popoli superflui e inquinanti da ridurre, come i miliardari di Davos e i loro Draghi in ogni paese. La Dittatura Verde in corso in Europa, non l’approva.
FONTE: https://www.maurizioblondet.it/repubblica-lallarme-del-lazio-abbiamo-i-frigo-pieni-di-vaccini-rischiano-di-scadere-abbiamo-i-frigo-pieni-di-vaccini-rischiano-di-scadere/
CONFLITTI GEOPOLITICI
Covid, 11/9 e Guerra Eterna
Dalla guerra al terrorismo alla “pandemia,” l’élite costruisce false minacce per iniziare conflitti destinati a continuare per sempre.
Kit Knightly
off-guardian.org
La guerra non è fatta per essere vinta – è fatta per non finire mai
George Orwell, 1984
Quest’anno, nel suo 20° anniversario, la nostra copertura dell’11 settembre si è concentrata sull’analisi degli attacchi del 2001 attraverso la lente della “pandemia” Covid.
Questo non significa che la Covid-19 e l’11 settembre facciano necessariamente parte dello stesso grande piano, che siano stati eseguiti dalle stesse persone o che siano in qualche modo direttamente connessi. Sono collegati tematicamente, a livello di meta-livello.
Nascono dallo stesso desiderio collettivo da sempre nutrito da tutti i governanti e da tutti i governi e sono impiegati allo stesso fine.
Sono strumenti diversi progettati per raggiungere un medesimo obiettivo. Approcci diversi allo stesso problema. Stadi evolutivi differenti dello stesso animale. Un cambiamento pluridecennale degli scopi fondamentali della guerra e persino del significato stesso del termine “guerra”.
La guerra è sempre stata vitale per la conservazione degli apparati di governo. Le guerre rendono ricchi i governanti e spaventano il popolo. Uniscono le nazioni dietro i leader e distraggono dalle questioni politiche interne.
Però, man mano che le nazioni diventano più potenti, la tecnologia bellica più avanzata e il potere globale si concentra in gigantesche multinazionali piuttosto che in nazioni, la guerra – nel senso tradizionale – diventa più costosa, più pericolosa e, in gran parte, priva di significato.
Essenzialmente, le vecchie motivazioni per la guerra non si applicano più, ma i benefici interni accessori di una politica bellica rimangono.
Anche se lo stato e le multinazionali che lo sostengono non devono più combattere battaglie campali per conquistare i territori migliori, hanno ancora bisogno che i loro sudditi credano di essere sotto attacco.
In breve, per necessità, la “guerra,” dal classico conflitto interstatale per il controllo delle risorse è diventata uno strumento di manipolazione psicologica dall’elite nei confronti della popolazione.
E la prima tappa di questa evoluzione era stata l’11 settembre.
L’11 settembre e la guerra al terrorismo
L’11 settembre è stato un lavoro dall’interno. Qualsiasi esame obiettivo delle prove può solo portare a questa conclusione. (Non ho intenzione di discuterne qui, abbiamo decine di articoli che lo spiegano in dettaglio. Non è di questo che voglio parlare oggi).
Il governo degli Stati Uniti ha fatto saltare in aria i propri edifici, ha ucciso la propria popolazione civile, ha terrorizzato i suoi cittadini. La classe dirigente si è impegnata in quella che Orwell chiamava “la guerra contro i propri sudditi,” in senso assolutamente letterale.
Proprio come l’incendio del Reichstag nella Germania nazista, questo finto “attacco” è stato attuato per creare una mentalità di guerra. Per far credere alla gente di essere minacciata e servire come pretesto al governo per imporre per nuovi “poteri temporanei di emergenza.”
Ma l’11 settembre è andato oltre, perchè è servito come casus belli per una guerra: “la guerra al terrorismo.”
La guerra al terrorismo è stata un nuovo tipo di guerra, certo, è stata usata come punto di partenza per conflitti più tradizionali in Afghanistan e in Iraq e poi per guerre per procura in Siria, Libia e Yemen, ma il suo obiettivo principale era, in realtà, interno. Una psy-op bellica nazionale progettata per mantenere 350 milioni di persone in un semipermanente stato di paura.
Era il naturale passo successivo della ridefinizione orwelliana del concetto di “guerra.”
Se gli scopi principali della vostra guerra sono a) mantenere il controllo interno della vostra popolazione e b) incanalare il denaro dei contribuenti in contratti gonfiati per l’industria privata, avete davvero bisogno di dichiarare guerra ad un Paese straniero?
In altre parole, c’è proprio bisogno di una vera e propria “guerra” fisica? L’idea di una guerra non è altrettanto buona?
E, se tutto ciò di cui avete bisogno è l’idea di una guerra, quale modo migliore che dichiarare guerra ad un’idea? Perché non trasformare il vostro nemico in un concetto astratto?
Perché il bello di andare in guerra contro un concetto astratto è che non si può mai perdere e non si deve mai vincere. La guerra può continuare per sempre.
Questa idea era stata sperimentata per la prima volta con la “guerra alla droga.” Ma non aveva funzionato perché a) alla gente piace la droga e b) la droga è un flusso di reddito vitale per lo stato profondo. Quindi era fallita.
La guerra al terrore si è rivelata migliore. Dato che “terrore” è un sostantivo astratto, senza una solida realtà e può significare qualsiasi cosa si desideri. “La guerra al terrore” può essere interna o estera, politica o militare, palese o nascosta o entrambe le cose. Non può essere vinta, non può essere persa e finisce solo quando lo decidete voi
È perfetta.
Beh, quasi perfetta.
Ci sono ancora alcuni problemi.
Per esempio, è abbastanza difficile mantenere le persone spaventate da un concetto astratto. C’è bisogno di un contatto con il mondo reale. In pratica, perchè la guerra al terrorismo possa andare avanti, bisogna continuare a ricordare alla gente che il terrore esiste. E questo vuol dire che devono verificarsi atti di terrorismo. Il che significa o lasciarli accadere o farli accadere (nella stragrande maggioranza delle volte è la seconda delle due).
Se si vogliono inscenare degli attacchi terroristici, devono essere reali, con vittime vere e famiglie in lutto che fanno domande reali… o possono essere finti, recitati da attori professionisti. In entrambi i casi il tutto è logisticamente complicato, difficile da controllare e potenzialmente imbarazzante.
Poi c’è anche il problema dei terroristi stessi. Avete pubblicamente dichiarato guerra contro di loro… ma sono anche molto utili. C’è un motivo per cui li avete finanziati per decenni. Il risultato inevitabile è che ci si ritrova con “terroristi buoni” nel paese A e “terroristi cattivi” nel paese B. E, quando si scopre che sono essenzialmente gli stessi, beh, le cose si complicano.
Ma il problema più grande, in realtà, è che [la guerra al terrore] limita la vostra ambizione.
Potete aver scelto un concetto astratto come obiettivo della vostra guerra, ma quel concetto deve comunque assumere una forma umana. E qualsiasi nemico umano può essere spaventoso solo fino a un certo punto, e può fare solo una certa quantità di danni. In questo modo non è possibile spaventare tutti contemporaneamente.
Inoltre, scegliere un nemico umano – lungo linee razziali, nazionali, etniche o ideologiche – è inevitabilmente divisivo. Non potrete mai unire tutti dietro quella bandiera.
In breve, una guerra al terrorismo e ai terroristi va bene se si vuole governare un Paese, ma se si vuole governare un pianeta?
Beh, quello che vi serve allora è un nuovo nemico. Un nemico che possa essere dappertutto e in nessun posto e che non sia assolutamente umano.
La guerra alla Covid
La “pandemia” di Covid-19 era stata presentata al pubblico come una guerra, fin dall’inizio.
Già nel marzo 2020, il segretario generale dell’ONU aveva esortato le nazioni a “dichiarare guerra al virus” e aveva definito la Covid “la più grande minaccia dalla Seconda Guerra Mondiale.” Un concetto che i portavoce dell’Onu avevano ripetuto. In continuazione.
I leader nazionali erano stati altrettanto ansiosi di equiparare la Covid ad una nuova, grande causa, in linea con la lotta al fascismo.
Il primo ministro italiano aveva fatto riferimento all’“ora più buia” della nazione. Il premier del Nuovo Galles del Sud, Gladys Berejiklian, ha dichiarato alla stampa, proprio il mese scorso, che “questa è letteralmente una guerra.”
Nel Regno Unito, il governo ha fatto numerosi e trasparenti tentativi per instillare un’atmosfera churchilliana da “spirito del Blitz.” Continuando con gli spudorati paralleli con la Seconda Guerra Mondiale nella messaggistica Covid, la stessa Regina, nel suo stucchevole discorso pubblico, non si è vergognata di ripetere la frase “We’ll meet again.” [*]
In America, da sempre il centro delle metafore militari, Trump si era autodefinito un “presidente di guerra che combatte contro un nemico invisibile.” L’ex governatore di New York, Andrew Cuomo, aveva parlato degli operatori sanitari come di “soldati” nella battaglia contro la Covid.
In tutto il mondo, gli esperti paragonano spesso la Covid alla guerra al terrorismo e la Covid ai terroristi. La metafora bellica è onnipresente in discorsi, titoli e spot televisivi.
Il messaggio è chiaro e semplice: il virus è il nostro nemico. Siamo in guerra.
E questa guerra è davvero perfetta.
Ha tutti i vantaggi di una vera guerra e nessuno degli svantaggi. Tutta l’effimera malleabilità della “guerra al terrorismo” e nessuna delle sue possibili complicazioni.
Pensateci…
In nome della Covid abbiamo visto aumentare le tasse, la censura, la sorveglianza, il trasferimento di fondi statali al settore privato e gli stessi poteri dello stato. Questi sono tutti i cliché dei “poteri di emergenza” che lo stato cerca di attuare in tempo di guerra.
E ci sono riusciti con un semplice trucco in tre tempi.
Primo, prendete un virus, dategli un nome e attribuitegli gli stessi identici sintomi di tutti gli altri virus del raffreddore e dell’influenza. Avete appena creato una nuova malattia.
Secondo, prendete un test che possa “trovare qualsiasi cosa in chiunque,” eseguilo su tutti quelli che vengono ricoverati in ospedale (specialmente sui malati terminali) e cambiate la definizione legale di “causa di morte.” Avete appena creato i “decessi” per la vostra nuova malattia.
Terzo, iniziate a fare lo stesso test a tutti, più volte alla settimana. Avete appena creato milioni e milioni di “casi asintomatici.”
Combinateli tutti e tre e avrete creato una “pandemia.”
Hanno creato un nemico dal nulla, attraverso un’ondata di propaganda e di manipolazione statistica. La “Covid” non è altro che un filtro, una lente posta davanti all’occhio pubblico che distorce la realtà senza cambiare realmente nulla.
Proprio come nella “guerra al terrorismo,” la minaccia reale è quasi interamente immaginaria, ma, questa volta l’ottica, è decisamente migliore.
Invece di osannare le truppe, ora rendiamo omaggio agli “eroi della sanità,” ai “soldati in prima linea contro il virus.” Niente bombe, niente violenza, solo infermiere che ballano.
E cosa non può succedere con la Covid? Semplice, tutto ciò che non vogliono che accada. A causa della natura stessa di questa finta pandemia, hanno il controllo totale della narrativa.
Possono controllare i “casi” attraverso i test. Possono controllare i “decessi” attraverso la definizione di “causa di morte.” Possono modificare il significato di una parola qua e là, far impennare o bloccare la “pandemia” a piacimento. Possono rallentarne la “diffusione” o accelerarla. Introdurre un nuovo test o una nuova terapia o “curarla,” poi possono creare una nuova variante e farla ritornare.
Questa guerra, in realtà, non esiste, quindi non c’è la necessità di farla finire e, sicuramente, non è possibile perderla.
Nel frattempo, ogni nuova legge che passa espande il potere dello stato sui cittadini e, man mano che si va avanti, ci sono in palio sempre nuovi, pingui contratti per il settore privato. Test, app. per il tracciamento dei contatti e DPI. Vaccini, ventilatori polmonari e hotel di quarantena. Il denaro pubblico si sta riversando in mani private.
E la parte migliore? Viene fatto tutto per “aiutare la gente.”
Dopo l’11 settembre, il Patriot Act aveva autorizzato la sorveglianza di massa, la detenzione senza processo e flagranti violazioni dei diritti civili, perché chiunque avrebbe potuto essere un terrorista.
Ora, le presunte “misure di salute pubblica” anti-Covid permettono le stesse identiche cose… perché la gente potrebbe essere malata.
Lo stato si è trasformato. Quello che una volta era considerato paranoico e aggressivo, ora è semplicemente benefico e paternalistico.
Questa è la genialità della Guerra alla Covid.
La vera guerra eterna
Quindi… come sono collegati Covid e l’11 settembre?
L’una sfocia direttamente nell’altra. Formano un continuum di narrative di controllo progettate per spaventare la gente e far accettare limitazioni draconiane della loro libertà, giustificando al contempo una mentalità bellica permanente in tutta la società.
La “guerra al terrore” e la “guerra alla Covid” sono due operazioni psicologiche gemelle che documentano la trasformazione della politica “bellica” da estera ad esclusivamente interna.
Orwell l’aveva descritto perfettamente in 1984:
La guerra, come si vedrà, è ora un affare puramente interno. In passato, i gruppi dirigenti di tutti i Paesi, sebbene potessero riconoscere il loro interesse comune e quindi limitare la distruttività della guerra, combattevano l’uno contro l’altro e il vincitore saccheggiava sempre il vinto. Ai nostri giorni non si combattono più a vicenda. La guerra è condotta dai gruppi dirigenti contro i propri sudditi e l’obiettivo della guerra non è quello di fare o impedire conquiste territoriali, ma di mantenere intatta la struttura della società.
Negli ultimi due anni abbiamo potuto constatare la verità di tutto ciò. La Covid ci ha mostrato nazioni apparentemente nemiche che, improvvisamente, si sono messe d’accordo e hanno dimostrato un’unità di intenti quasi totale per diffondere una grande bugia.
I capitalisti egemonici globali non hanno più bisogno di conquistare territori o rubare risorse. Possiedono già tutto ciò che vale la pena possedere, tutto ciò di cui hanno bisogno ora è controllare quelli che lavorano per loro e preservare l’ineguaglianza che hanno creato.
Questa è la vera guerra che si combatte adesso. Non la ridicola guerra al terrorismo. E non la ridicola guerra alla Covid. No, la vera “guerra eterna” è quella che Niels Harrit chiama la guerra verticale, condotta dai vertici contro tutti quelli sotto di loro.
La Covid ne è l’espressione più recente e più evidente, ma, da anni ormai, i media corporativi sono il portavoce del cuore autoritario dello stato.
Ho scritto prima che stiamo entrando nell’era dello “statalismo progressivo.” Dove la tirannia è venduta come una spiacevole inevitabilità e i nostri leader sono ritratti come una nuova razza di riluttanti dittatori, costretti a perseguire politiche distopiche unicamente per necessità e solo con le più pure intenzioni.
Ci viene detto che i nostri premurosi padroni non sono tirannici o dittatoriali perché vogliono esserlo, ma perché devono esserlo, per il nostro bene.
Il “grande reset” non è una maligna “teoria della cospirazione,” sono solo i nostri gentili governanti che devono costruire un mondo a prova di bambino per proteggerci da noi stessi. Distruggendo la nostra società per poterla ricostruire meglio in un’utopia neo-feudale, dove nessuno possiederà nulla, dove tutti saranno felici e dove tutti faranno quello che verrà detto loro di fare… o sarà peggio per loro.
Questa “pandemia” è l’estremità affilata di un cuneo che si allarga rapidamente. I prossimi passi saranno l’influenza, l’obesità e il riscaldamento globale. Niente più carne. Niente più zucchero. Niente più vacanze. Fanno male a voi, al pianeta e agli orsi polari.
Vietata l’istruzione domestica, le proteste e la disinformazione. Bandito il genere sbagliato di libri, il modello sbagliato di discorso e il tipo sbagliato di pensiero.
Indossare la mascherina, farsi il vaccino, vivere in una capsula e mangiare insetti.
L’egemonia globale non si instaurerà con una guerra tradizionale o con una conquista imperiale, verrà creata da un conglomerato di restrizioni alla libertà individuale.
Questa è la guerra che collega l’11 settembre alla Covid. La vera guerra, e non è contro la droga o il terrorismo o anche la Covid… è contro di noi.
Kit Knightly
[*] “We’ll meet again” è una canzone scritta da Ross Parker e Hughie Charles nel 1939 e interpretata da Vera Lynn. Era diventata popolare durante gli anni della Seconda Guerra Mondiale, un vero e proprio simbolo di speranza per i soldati che speravano di riabbracciare presto le loro famiglie. N.D.T.
Fonte: off-guardian.org
Link: https://off-guardian.org/2021/09/13/covid-9-11-forever-war/
13.09.2021
Scelto e tradotto da Markus per comedonchisciotte.org
FONTE: https://comedonchisciotte.org/covid-9-11-e-guerra-eterna/
L’AFGHANISTAN SPIEGATO IN POCHI MINUTI
Nando Ferrari 18 08 2021
La situazione afgana sta generando un cortocircuito totale nel mondo della politica e dell’informazione. Molti si chiedono: “cosa ci siamo andati a fare in Afganistan?”. La risposta, disarmante, ma evidente, è di una semplicità unica: per fare, come sempre, i cagnolini scodinzolanti degli americani. Le presunte “missioni di pace”, come le definiscono in una sorta di coro gospel i pennivendoli di tutto il mondo, sono in realtà missioni di geopolitica mirata, che avvengono sotto la guida degli Stati Uniti e per i loro esclusivi interessi. I giornalisti che diffondono questo quadro mistificatorio sono poi, spesso, gli stessi che, tenendo un piede in due scarpe, ci raccontano che la causa di tutto è… il petrolio. Sono talmente stupidi ed ignoranti che molti si sono inventati perfino la presenza di petrolio in Afganistan, dove, notoriamente, non ce n’è proprio! Volete sapere perché gli USA considerano importante la loro presenza militare in quel paese di capre e montagne? Per la posizione strategica. L’Afganistan è incuneato tra Iran e Pakistan, ma, soprattutto, rappresenta una palese minaccia per il sud della Russia. A nord confina con 3 importanti ex-repubbliche sovietiche, Turkmenistan, Uzbekistan e Tajikistan, mentre poco più a nord abbiamo il Kazakistan ed il Mar Caspio. Stiamo parlando della zona dove viene prodotto circa il 35% del gas dell’intero pianeta. Da basi Afgane è possibile raggiungere, quindi, centinaia di potenziali obbiettivi strategici. Ecco perché il territorio afgano, poverissimo (è ricco solamente di ferro) è sempre stato così conteso.
Pare, però, che la storia non abbia insegnato nulla. Gli afgani sono un popolo fiero, tribale, pronto a morire con facilità per difendere la propria terra e le proprie antiche (e terribili!) usanze religiose e culturali. Nessuno è mai riuscito ad averne ragione, dai tempi di Alessandro Magno (che, ad un certo punto, capì che l’unico modo per sottomettere quel territorio era quello di massacrare tutti, agendo di conseguenza). Non ci riuscirono gli inglesi, al culmine della loro potenza coloniale. Furono penosamente sconfitti al passo di Khyber nel 1842, nonostante la loro schiacciante superiorità militare in armamenti e disciplina. Non ci riuscì la Russia comunista, nonostante un’invasione (1979-1989) effettuata con uno spaventoso dispiegamento di divisioni corazzate. Dopo quasi 10 anni i sovietici si ritirarono, lasciando sul campo quasi 15.000 morti.
Il patetico tentativo americano di mascherare l’intervento degli ultimi 20 anni come mera “operazione di pace” ha avuto lo stesso epilogo dei tentativi di sottomissione precedenti. Qualcuno dovrà prima o poi rassegnarsi al fatto che non è sempre possibile “esportare democrazia” con l’occupazione militare. In particolare non puoi farlo laddove la popolazione, nella stragrande maggioranza, non lo vuole. Perché è inutile fingere di non capirlo: i talebani hanno preso Kabul in pochi giorni, nonostante quello che proclamava quel pagliaccio di Biden, perché gli altri afgani non si sono opposti. Certamente, c’è una minoranza di gente impaurita, che non vorrebbe più avere a che fare con loro e che vorrebbe vivere in condizioni più moderne. Ma sono incapaci di rappresentare una sia pur minima forma di contrasto. L’unica loro opzione resta la fuga. Per costoro si aprano pure le porte dell’accoglienza. Sempre, sia ben chiaro, che non ci ritroviamo con donne che vengono qui e che poi pretendono di poter… indossare il burqa. Perché in questo caso potrebbero benissimo restare dove sono.
Anche l’Afganistan è destinato a diventare un protettorato cinese. Hanno già gettato le basi per farlo, forti del fatto che la loro dittatura, priva delle contraddizioni e dei limiti delle democrazie occidentali, gli consente di agire con spietata disinvoltura in politica estera. Gli altri (a parte la Russia) fuggono a gambe levate, con la coda tra le gambe. E vi dico, sinceramente, che nonostante io abbia sempre considerato il nostro intervento in Afganistan un inutile e becero atto di servilismo nei confronti degli americani, mi sarebbe tanto piaciuto se avessimo avuto, ora, nel momento più buio, il coraggio di restare, di mantenere issata la bandiera sulla nostra ambasciata. Unici tra tutti i miserabili europei. Certo, avremmo rischiato, ma sarebbe stato un gesto di potente orgoglio. Cosa che possiamo solo sognarci in un paese che ha un bibitaro come ministro degli esteri ed un commissario dell’alta finanza come presidente del consiglio.
FONTE: https://m.facebook.com/story.php?story_fbid=10222549263893324&id=1022795126
Prezzi gas stellari: la Russia sta forzando la UE ad omologare subito Nord Stream 2
Settembre 15, 2021 posted by Leoniero Dertona
“Chi agnello si fa, il lupo se lo mangia”, dice la saggezza popolare. In questo caso la politica energetica dell’Unione Europea, schiacciata da un ecologismo demagogico e da paesi che a malapena superano l’orizzonte mensile in politica, ha posto le basi affinché il lupo, o meglio l’orso, russo si pappasse l’intera Europa occidentale, vista fra l’altro come un avversario politico e militare.
Iniziamo: i prezzi dei future sul gas naturale sono al massimo di sempre con valori mai visti prima in UE:
Il livello del prezzo è da record, ed il motivo è presto detto: domanda elevata, o stabile, offerta in calo. Ecco quanto la Russia sta inviando tramite i propri gasdotti al nodo distributivo del gas naturale a Mallnow, in Germania:
Con questo calo verticale delle forniture i prezzi sono andati alle stelle, e non solo: non è possibile costituire le necessarie riserve per far fronte ai mesi invernali.
Questo risultato è il derivarsi del’incrocio di una serie di scelte sbagliate, una dopo l’altra, che stanno mettendo in ginocchio il Vecchio Continente e per le quali, alla fine, non pagherà nessuno dei responsabili politici, a Bruxelles o nelle varie capitali. L’Unione si è VOLONTARIAMENTE messa in mano ai russi, che non hanno dovuto che cogliere un frutto maturo. Infatti:
- la scelta di abbandonare le fonti energetiche dal carbonio senza nessun reale sostituto ha ridotto le risorse disponibili in territorio europeo. lLe riserve del Mare del Nord non sono esplorate, dopo la fine degli investimenti degli Olandesi della Shell nelle risorse non rinnovabili. Solo i norvegesi stanno fortemente spingendo in quel settore;
- a sud l’Algeria da tempo fa cartello con la Russia. La Libia, che prima era una fonte secondaria, ma sicura, è entrata nell’orbita russa con il generale Haftar e i suoi successori. Le forti riserve nel Mediterraneo orientale, ancora non completamente sfruttate, ricadono comunque in gran parte sotto controllo egiziano che entra ogni giorno di più nella sfera d’influenza russa.
Al di là di mantenere dei buoni rapporti e restare a guardare, la diplomazia di Mosca non ha dovuto fare molto: le è bastato restare a guardare gli errori di Parigi, Berlino e Roma. In un devastante mix di desideri imperiali fuori tempo, demagogia ecologista e franca stupidità ci si è messi in una situazione in cui i prossimi mesi saranno una spremitura dei cittadini europei come mai vista prima.
Ora si tratta di omologare il nuovo gasdotto Nord stream 2, e questa sarà l’ultima battaglia per Polonia ed ucraina per impedirne l’entrata in uso. La carenza di gas naturale in Europa spinge, invece in direzione opposta: se normalmente sono necessari circa 4 mesi per omologare un nuovo gasdotto c’è la buona possibilità che la Russia ottenga l’omologazione di Nord stream 2 in un tempo molto più breve, nell’illusione che i flussi di gas naturale possano aumentare tramite questo nuovo strumento. Intanto comunque arriveremo alla fine dell’autunno e all’inverno senza scorte sufficienti, con picchi di prezzo che peseranno sui nostri concittadini. Purtroppo questi governanti sono quello che offre il mercato politico attuale.
FONTE: https://scenarieconomici.it/prezzi-gas-stellari-la-russia-sta-forzando-la-ue-ad-omologare-subito-nord-stream-2/
Il Generale Milley conferma i contatti coi militari cinesi e non nega gli atti di tradimento. Danno all’immagine USA
Settembre 16, 2021 posted by Guido da Landriano
Il Capo degli stati maggiori congiunti Milley è stato accusato di essersi messo in contatto con le controparti cinesi per promettere di avvertirli in caso di attacco da parte degli USA, oltre ad aver cercato di sabotare il controllo sulle armi strategiche da parte del Presidente Trump. Una serie di accuse emerse da un recente libro dei reporter del Washington Post Woodward e Costa e che configura, se vero, il reato di tradimento.
Il Generale ha emesso un comunicato per cercare di limitare i danni con un comunicato che potete leggere qui, ma non sembra essergli andata bene. Ecco il comunicato.
Il capo degli stati maggiori congiunti comunica regolarmente con i capi della difesa in tutto il mondo, compresi Cina e Russia.
Queste conversazioni rimangono vitali per migliorare la comprensione reciproca degli interessi di sicurezza nazionale degli Stati Uniti, ridurre le tensioni, fornire chiarezza ed evitare conseguenze o conflitti imprevisti.
Le sue chiamate con i cinesi e altri in ottobre e gennaio erano in linea con questi doveri e responsabilità trasmettendo rassicurazione al fine di mantenere la stabilità strategica.
Tutte le chiamate del generle ai suoi omologhi, comprese quelle segnalate, sono strutturate, coordinate e comunicate con il Dipartimento della Difesa e l’Interagenzia.
Inoltre, in linea con le sue responsabilità di consigliere militare anziano del Presidente e del Segretario alla Difesa, il generale Milley tiene spesso incontri con i leader in uniforme dei Servizi per assicurarsi che tutti i leader siano a conoscenza delle questioni attuali.
L’incontro sui protocolli sulle armi nucleari doveva ricordare ai leader in uniforme del Pentagono le procedure consolidate e solide alla luce dei resoconti dei media sull’argomento.
Il generale Milley continua ad agire e consigliare nell’ambito della sua autorità nella tradizione legale del controllo civile dei militari e del suo giuramento alla Costituzione.
Il diavolo si nasconde nei particolari perché, come hanno notato molti, il generale non ha negato per niente le accuse di esseri offerto come informatore delle controparti cinesi fatte, e di aver sabotato il Presidente degli Stati Uniti, La mancata smentita diventa un’ammissione di colpevolezza.
Ovviamente Biden ha confermato la massima fiducia nel Generale i cui atti sono politicamente motivati a favore dei democratici. Ci si può chiedere quanto questo sia onorevole per l’amministrazione, ma, dopo quanto accaduto in Afganistan, sembra una azione inutile.
FONTE: https://scenarieconomici.it/il-generale-miley-conferma-i-contatti-coi-militari-cinesi-e-non-nega-gli-atti-di-tradimento-danno-allimmagine-usa/
Trump: se le rivelazioni sono vere il Capo di Stato Maggiore dovrebbe essere processato per alto tradimento
Settembre 15, 2021 posted by Guido da Landriano
Negli Stati Uniti sta scoppiando l’ennesimo scandalo che coinvolge i vertici militari, dopo il disastroso ritiro dall’Afganistan.
Spieghiamo con calma la vicenda: secondo un nuovo libro di Bob Woodword e Robert Costa del Washington Post il capo degli stati maggiori congiunti Mark Milley si era impegnato in una missione “top-secret” per sabotare la capacità del Presidente Trump di lanciare attacchi militari o nucleari dopo il 6 gennaio 2021. Praticamente diede indicazione di non accettare nessun ordine che non provenisse da lui, oggettivamente facendo saltare tutta la catena di comando e compiendo un piccolo colpo di stato. Come se non bastasse, secondo gli stessi Woodward e Costa, Miley chiamò il suo parigrado cinese, lo informò dell situazione e gli disse che lo avrebbe avvertito in caso di attacco americano.
Se non è un tradimento questo, non si capisce cosa lo possa essere. Quando la notizia sul contenuto del libro è stata diffusa dalla CNN ovviamente le risposte sono state sdegnate. Immaginate se il capo di stato maggiore tedesco che nel 1939 avesse mandato un messaggio simile al suo equivalente inglese, che fine avrebbe fatto. Oppure se un atto del genere fosse stato compiuto nei confronti dei sovietici durante la guerra fredda, dove sarebbe finito questo generale. Al contrario sembra normale che avvenga nel XXI secolo.
Trump ha preso la notizia quasi bene. Come potete vedere dal suo comunicato in apertura dell’articolo ha risposto con un tocco di ironia:
- Miley si è rivelato un incapace già per aver lasciato miliardi di dollari di armi ai talebani in Afganistan, e questo basterebbe per farne saltare la testa;
- Trump non crede che quello che dicono Woodward e Costa sia vero, tanto che ha negato loro un’intervista;
- ovviamente, se però fosse vero o verosimile, Miley dovrebbe essere processato per tradimento della nazione;
- comunque Trump non ha mai pensato di attaccare nessuno, Cina compresa.
Miley ormai è però ampiamente contestato nelle stesse fila dell’esercito USA. Queste voci di tradimento si aggiungono a quelle d’incapacità. Ci sono generali mandati a casa per molto meno, ma lui ha l’appoggio di Biden quindi resterà a far danni al suo posto. Tra l’altro, se domani i cinesi attaccassero Taiwan, da che parte starebbe?
FONTE: https://scenarieconomici.it/trump-se-le-rivelazioni-sono-vere-il-capo-di-stato-maggiore-dovrebbe-essere-processato-per-alto-tradimento/
Verso la guerra anglo alla Cina
Stati Uniti, la Gran Bretagna e l’Australia hanno annunciato mercoledì un’alleanza di sicurezza “storica” per rafforzare le capacità militari nel Pacifico, che condividerà tecnologie di difesa avanzate e fornirà alle forze australiane la tecnologia dei sottomarini nucleari estendendo ulteriormente la spinta di Washington per la cooperazione militare che ha irritato la Cina .
Il presidente Biden, il primo ministro britannico Boris Johnson e il primo ministro australiano Scott Morrison sono apparsi virtualmente insieme per annunciare la partnership. “Si tratta di investire nelle nostre maggiori fonti di forza, le nostre alleanze, e aggiornarle per affrontare meglio le minacce di oggi e di domani”, ha affermato Biden. “Si tratta di collegare gli alleati e i partner esistenti dell’America in modi nuovi e di amplificare la nostra capacità di collaborare”. Tutti e tre i leader hanno sottolineato che il nuovo sottomarino sarà a propulsione nucleare e non armato, in linea con le misure di non proliferazione nucleare. Nessuno di loro ha menzionato la Cina nelle sue osservazioni.
Il patto si basa sulla lunga alleanza tra i tre per condividere l’intelligence, approfondire la cooperazione e aiutare l’Australia man mano che l’influenza della Cina cresce. Il nuovo accordo, annunciato mercoledì dai leader dei tre paesi, è stato descritto dai funzionari dell’amministrazione come un modo per allineare interessi comuni nell’Asia del Pacifico.
La partnership si chiama AUKUS, acronimo di Australia, Regno Unito e Stati Uniti e avrà una serie di componenti, primo fra tutti lo sviluppo della capacità dei sottomarini nucleari per l’Australia. Altri includono la cooperazione per la sicurezza nel cyberspazio, l’intelligenza artificiale, le tecnologie quantistiche e le capacità sottomarine, hanno detto mercoledì funzionari dell’amministrazione.
Mentre i funzionari hanno rifiutato di dire che lo sforzo era inteso a contrastare la Cina, descrivendolo come uno sforzo per coinvolgere strategicamente tre alleati in una regione importante: lo sforzo è inteso a contrastare la Cina la cui risposta a questa nuova impresa sarà molto curiosa e certamente uno che non aiuterà ad alleviare l’ondata inflazionistica globale . L’annuncio arriva poco dopo il ritiro delle truppe dall’Afghanistan il mese scorso, che è stato descritto come parte di un più ampio sforzo dell’amministrazione Biden per concentrarsi sulle questioni nell’Indo-Pacifico, inclusa la Cina.
“Questa partnership non è mirata, né a un paese, ma riguarda il progresso dei nostri interessi strategici, il mantenimento dell’ordine basato sulle regole internazionali e la promozione della pace e della stabilità nell’Indo-Pacifico”, ha affermato un funzionario. “Si tratta di uno sforzo più ampio per sostenere il tessuto di impegno e deterrenza nell’Indo-Pacifico”.
Nel frattempo, un portavoce dell’ambasciata cinese a Washington ha esortato gli Stati Uniti e altri a “sbarazzarsi della mentalità della guerra fredda e dei pregiudizi ideologici”.
“Gli scambi e la cooperazione tra i paesi dovrebbero aiutare ad espandere la comprensione e la fiducia reciproche”, ha affermato il portavoce. “Non dovrebbero costruire blocchi di esclusione mirati o [danneggiare] gli interessi di terzi”.
Mentre gli Stati Uniti, il Regno Unito e l’Australia partecipano già ad accordi di sicurezza comuni e tutti e tre partecipano all’alleanza Five Eyes, un accordo di condivisione dell’intelligence che include anche Canada e Nuova Zelanda, la nuova struttura di sicurezza prevede la cooperazione tecnologica necessaria per condividere tecnologia sottomarina nucleare e altri sforzi comuni in una regione in cui la Cina pone crescenti problemi di sicurezza.
Gli Stati Uniti e il Regno Unito stanno iniziando un periodo di consultazione di 18 mesi per aiutare l’Australia a sviluppare la capacità dei sottomarini nucleari. Ciò alla fine consentirebbe a Canberra di condurre missioni sottomarine più veloci e più furtive di durata maggiore rispetto a quanto consentito dalla tecnologia sottomarina convenzionale.
Gli Stati Uniti hanno condiviso la loro tecnologia nello sviluppo di tale capacità solo con i funzionari della Casa Bianca del Regno Unito si sono rifiutati di dire quanto tempo impiegherebbe l’Australia per costruire un sottomarino nucleare, ma hanno affermato che i sottomarini convenzionali australiani non sono all’altezza della furtività, della portata, della velocità e della manovrabilità necessarie per confrontarsi con nazioni come la Cina.
* * *
. Citando fonti della Casa Bianca, Politico riferisce che gli Stati Uniti insieme agli alleati australiano e britannico sveleranno un nuovo patto di sicurezza fondamentale per la condivisione di tecnologie di difesa avanzate .
In particolare, la tecnologia dei sottomarini nucleari dovrebbe essere in cima alla lista per l’iniziativa di condivisione tecnologica. Come scrive Politico , “Il trio, che sarà conosciuto con l’acronimo AUUKUS, renderà più facile per i tre paesi condividere informazioni e know-how in aree tecnologiche chiave come intelligenza artificiale, cyber, sistemi subacquei e capacità di attacco a lungo raggio. .”
Altra sconfitta per Macron
Viene inoltre suggerito che il patto potrebbe portare l’Australia ad abbandonare un accordo sottomarino da 90 miliardi di dollari con la Francia, che era già da anni irto di tensioni per l’aumento dei costi e ritardi di produzione.
Secondo The Sydney Morning Herald, l’atteso “patto AUUKUS” è stato probabilmente oggetto di una chiamata dei ministri federali a un’urgente riunione “top secret” nella capitale australiana:
In Australia, mercoledì , i ministri del governo federale sono stati convocati per una riunione top-secret a Canberra prima dell’annuncio . Ad alcuni membri del governo sono state concesse esenzioni alle frontiere per volare urgentemente a Canberra per l’incontro organizzato in fretta, hanno detto fonti che hanno familiarità con lo sviluppo.
FONTE: https://www.maurizioblondet.it/verso-la-guerra-anglo-alla-cina/
CULTURA
LA MENTE DEI RUSSI IN LETTERATURA
I lettori italiani hanno un rapporto di amore e di rispetto nei confronti della vastissima letteratura russa. La quasi totalità dei libri conosciuti dal vasto pubblico si ferma ai soliti autori: Fedor Dostoevskij, Nikolaj Gogol, Lev Tolstoj, Aleksandr Puskin, Ivan Turgenev, Anton Čhekov. Con il lavoro paziente di traduzione accurata, lentamente si sono affacciati nelle librerie autori più recenti. Contrariamente alla letteratura nordamericana, ben inserita grazie al radicamento crescente delle lingue anglosassoni in Italia, il mondo russo è ancora chiuso. Il russo non parla, non si lamenta o lo fa con grande misura. Il russo non è avvezzo alle colossali e martellanti operazioni di marketing subdole stile Tavistock. Se vogliamo capire i russi dobbiamo andarli a cercare oppure sono conosciuti con la mediazione dei professori delle scuole superiori e/o nelle aule universitarie.
Il libro Repertorio dei matti della letteratura russa. Autori, personaggi e storie, coordinato dallo studioso, traduttore e slavista Paolo Nori è l’uovo di Colombo. Offre al lettore curioso e di qualità uno strumento di conoscenza di alto livello, ma con un piglio leggero e divertente. Il testo è il risultato della lettura di cinquantadue persone incaricate ciascuna di leggere quattro libri di autori russi. Ognuno dei lettori aveva il compito di selezionare frasi e riflessioni piuttosto originali che cogliessero lo spirito dell’uomo russo nella sua vita quotidiana. Questa opera collettiva, coordinata dal cinquantatreesimo (Paolo Nori), offre un panorama completo degli autori della letteratura russa. Ci fa conoscere scrittori poco noti ma sicuramente di livello interessante, considerata la levatura culturale del Curatore. Ma, in particolare, emerge un umorismo sottile e presente in gran parte dei testi. Il libro ha pertanto il pregio di smentire il pregiudizio che la letteratura russa sia sempre cupa e pesante. Si tratta di un umorismo non sfacciato, percepibile da menti pronte e da lettori attenti. Un umorismo che si rivela anche quando gli autori toccano il doloroso tema delle deportazioni e delle detenzioni disumane nell’Arcipelago Gulag.
Il libro non è suddiviso in capitoli, come nella migliore tradizione saggistica. Il volume di 317 pagine raccoglie 848 frasi, riflessioni e brani brevi. Tutti i pezzi sono collegati ad un numero che rimanda al libro da cui sono scelti. Il numero è riportato in un elenco bibliografico dettagliatissimo in fondo al testo. Fa da spiegazione un breve postfazione lunga una pagina e mezza dove sono riportati tutti i nomi di coloro che hanno fatto parte di questo progetto collettivo. Chiude il libro un indice con i titoli di tutti i brani selezionati. Per comprendere lo spirito di questo libro collettivo, si possono citare alcune frasi: “Un aspirante suicida aveva il terrore di morire d’infarto e di non fare in tempo a spararsi. Diceva che era necessario essere vivi per potersi sparare” (Nikolaj Erdman, Il suicida); “Uno diceva che la memoria somiglia ad una biblioteca in disordine alfabetico in cui non esiste l’opera omnia di nessuno” Josif Brodskji, Fuga da Bisanzio; “Uno in una colonia penale sull’isola di Sachalin, quando gli avevano chiesto quanti anni aveva, aveva risposto: “Trenta o forse cinquanta” – Čhecov, L’isola di Sachalin. Il lavoro collettivo, ben coordinato dall’Autore, fornisce un prezioso strumento da fruire a tre livelli: la lettura casuale dei brani; la scoperta di numerosi Autori russi, soprattutto quelli poco conosciuti; la conoscenza di un popolo dalla ironia caustica, sottile e piacevole. Un libro da regalarsi e da portare con sé in viaggio e da regalare agli altri che stimiamo di più.
Repertorio dei matti della letteratura russa. Autori, personaggi e storie di Paolo Nori, Salani Editore, 2021, 371 pagine, 16,90 euro
FONTE: http://opinione.it/cultura/2021/09/15/manlio-lo-presti_repertorio-dei-matti-della-letteratura-russa-autori-personaggi-e-storie-paolo-nori-salani-editore-2021-371-pagine-16-90-euro/
CYBERWAR SPIONAGGIO INFORMAZIONE DISINFORMAZIONE
Una “pandemia”, due messaggi
La “pandemia” ha diffuso fin dall’inizio un doppio messaggio.
Il messaggio 1 era quello sanitario, ed era rivolto alla gran parte della popolazione.
Il messaggio 2 era quello effettivo, nascosto ma non tanto, e traluceva ogni tanto dai discorsi.
La narrazione mostrava il messaggio 2 in diverse occasioni, e mirava a far capire la realtà di quello che stava accadendo. ‘Niente sarà più come prima’. Spesso contraddiceva il primo, ma tale contraddizione le era naturale, perché il messaggio 2 diceva che il messaggio 1 era falso e solo una copertura. Il messaggio 2 mirava a reclutare. Era, cioè, un messaggio che spiegando nella realtà quello che stava accadendo, faceva intendere che ci si doveva schierare dalla parte del nuovo mondo, e soltanto schierare. Che c’era un cambiamento sociale e politico, inarrestabile, e già deciso dall’alto. Il problema non era sanitario, ma soltanto sociale ed economico, ovvero tecnologico.
Alcuni medici non hanno capito inizialmente la presenza del secondo messaggio. E’ tipico dei medici, perché il messaggio 1, nei contenuti, era troppo indirizzato a loro, per non essere creduto quale unico messaggio. Quando hanno compreso, si sono schierati.
Qualunque cittadino, doveva fermarsi al messaggio 1, perché il messaggio 2 era rivolto solo alle persone che contavano, e dovevano essere reclutate: personaggi pubblici, giornalisti, politici.
I “negazionisti” sono solo persone che non hanno capito il loro ruolo, che non è quello di svelare il messaggio 2, ma di sostenere il messaggio 1 avendo compreso il messaggio 2, perché l’unico motivo di farti capire il messaggio 2 era di influenzare e condurre la popolazione verso gli obiettivi prefissati.
Il messaggio 1 era invece rivolto ai cittadini comuni, e doveva traghettarli nel nuovo ordine senza comprendere la realtà, pensando all’esistenza di una malattia da cui dover difendersi o proteggersi. Il messaggio 1 spesso era contradditorio e confuso, ai limiti del grottesco, al solo fine di far capire il suo carattere di ‘mascheratura’. C’erano ad esempio “esperti”, chi si divertivano a parlare di sessualità al tempo del covid. Venivano derisi, ma a ridere in realtà erano loro, che stavano lanciando messaggi di tipo 2. Era nell’agenda, che il messaggio 1 dovesse essere sostenuto, ma lasciando sempre più spazio, col tempo, al messaggio 2. Questo perché i cittadini si sarebbero dovuti abituare al nuovo ordine, al di là di una credenza o meno nella malattia, che sarebbe potuta anche passare.
Il green pass, è tipico esempio di messaggio 2. E’ un’opportunità che il nuovo ordine ha dato ai cittadini per capire meglio la realtà. Il vaccino serve a fare la spesa, viaggiare, lavorare. Niente di sanitario, quindi. Lo scopo del nuovo ordine, è piano piano far capire a tutti, che non c’era nulla di sanitario. Disvelare i veri obiettivi. I malumori di chi non vorrebbe farsi la terza dose, non sono accettabili, e il nuovo ordine sta cercando in tutti i modi di far capire ai vaccinati che il vaccino serve solo a fare cose, e non ha nulla di sanitario.
Alcuni sono rimasti al messaggio 1, e continuano a parlare in termini di ‘vaccini’, o di cure domiciliari. In questo il non vaccinato si può accostare a quelli che ancora camminano con guanti e doppia mascherina, cioè ancora a quelli che credono al solo livello 1, e sono completamente ciechi al livello 2.
Il messaggio 1 è solo una copertura. Il nuovo ordine ti dà la possibilità di capire questo, soltanto se aderisci al messaggio 2. Non, se lo contesti. I refrattari sono per loro un pericolo, semplicemente perché sono persone che hanno capito il gioco, ma non l’accettano. Hanno capito il bluff.
Il ricatto è onesto, gli si fa capire che se hanno capito, o accettano o se ne stanno fuori. E’ un invito a non sgarrare, e a prendere la posizione giusta. Che nel loro caso, è sottomettersi, in silenzio, e fare come tutti gli altri del livello 1.
Il muoversi costante tra questi due livelli, il rapporto di forza e l’accrescimento verso l’uno o l’altro, fa la narrazione pandemica.
All’inizio, era più importante il messaggio 1, perché si trattava di condurre milioni di persone, tutte insieme, convincendole di qualcosa che fosse necessario, per la loro stessa vita. Ora è più importante che si capisca il messaggio 2. E si facciano le scelte richieste.
FONTE: https://www.weltanschauung.info/2021/09/una-pandemia-due-messaggi.html
Ebbene sì, proprio come ci aspettavamo, dopo gli avvisi sono passati ai fatti. La pagina FB di ComeDonChisciotte.org è stata limitata per 24 ore, togliendo quindi agli amministratori la possibilità di ripubblicare i contenuti presenti sul sito.
Secondo Mark il Censore al “secondo strike” è importante far capire chi comanda e quindi mentre al “primo strike” era stato un annuncio ad informarci che stavamo violando i fantomatici Standard della Community, ora sono passati alle maniere forti. Probabilmente alla prossima violazione, la punizione sarà ancora più dura.
Tutto ciò è accaduto poiché il 6 settembre l’articolo Il Nuovo Messia – forse dall’immagine un po’ troppo poco politically correct – era stato addirittura additato come un post che avrebbe potuto “provocare violenza fisica”
mentre ieri è toccato all’articolo Vaccino anti Covid, nasce il servizio di segnalazione degli effetti avversi salire sul banco degli imputati ed essere censurato, in questo caso però senza specificare le motivazioni
La cosa più interessante però non è soltanto l’ennesimo atto di censura che questo social ha fatto nei confronti dell’informazione libera ed indipendente, noi non siamo gli unici ad averlo subito come redazione né saremo gli ultimi. Ciò che è sconcertante è che la misura afflittiva e limitativa non ha colpito soltanto la pagina di ComeDonChisciotte.org, ha colpito anche personalmente me, Massimo Cascone, che mi occupo di diffondere i contenuti del sito.
Ciò significa che anche come semplice utente, per 24 ore non ho la possibilità di condividere nulla sulla mia bacheca personale, nè posso addirittura eliminare qualcuno dai miei amici. Insomma sono in punizione in un angolo faccia al muro, non per aver scritto io personalmente sulla mia bacheca qualcosa di EVENTUALMENTE censurabile, ma perché mi sono permesso di gestire una pagina che secondo i loro standard diffonde fake news…della serie: stai attento a quel che fai!
FONTE: https://comedonchisciotte.org/in-ginocchio-sui-ceci-perche-diffondi-fake-news/
Di Giacomo Ferri
comedonchisciotte.org
Anno 2021, 25 dicembre, Natale. In Italia il messia è finalmente sceso tra di noi, scortato ancor meglio di un capo di Stato, preceduto e seguito da Polizia, Carabinieri, Guardia di Finanza e agenti delle polizie municipali. Nello stesso giorno, anche se a distanza di 2021 anni (seguendo la narrazione ufficiale), il tanto atteso messia è giunto, stavolta non in una grotta riscaldato da bue ed asinello ma conservato, per la sua salute, a -80 gradi centigradi all’interno di un furgoncino dei surgelati, circondato da ghiaccio secco.
Il suo nome è Vaccino Anti-covid19, ma come una divinità che si rispetti, ha molti nomi con il quale viene chiamato: Comirnaty (Pfizer), Spikevax (Moderna), Vaxzevria (AstraZeneca) e Janssen Ad26 (J&J), gli ortodossi lo chiamano Спу́тник V, ovvero, Sputnik V, gli ebrei di Israele hanno accettato unitamente Comirnaty come loro nuovo ed unico Elohim: “non avrai altro Elohim all’infuori di Pfizer”.
Anche in Oriente è apparso un messia, più di uno in realtà, ma è una questione millenaria quella del politeismo, si sa che loro non professano e non accettano i culti occidentali, infatti in India venerano il Covaxin ed il Covishield, anche se sono davvero molto poche le persone che hanno abbandonato le divinità storiche; lo stesso in Cina, non è dato sapere quanti si siano convertiti ai nuovi messia, ma sappiamo che li chiamano BBIBP-CorV e New Crown Covid-19 (Sinopharm) e CoronaVac (Sinovac Biotech).
D’altronde la fede è una cosa seria ed è giusto che ognuno veneri il proprio dio (o i propri dei) chiamandolo come più lo aggrada.
Pare che le prime parole dette dal nuovo messia, per bocca del suo profeta Penna di Corvo, siano state “andate e vaccinatevi tutti!” ed all’unisono, quasi facendo il controcanto, l’Imperatore Dragone, con un impeto gender fluid da telegramma ha aggiunto “non ti vaccini · ti ammali · contagi · lui/lei muore”.
Tra i capi religiosi è da notare come Papa Francesco abbia ricevuto entrambe le comunioni con Comirnaty, non a caso è arrivato in Italia il 25 dicembre, non poteva scegliere altrimenti!
Le sue parole sono state “vaccinarsi è un atto d’amore”.
Mentre il Dalai Lama, Tenzin Gyatso, ha preferito rinforzare la sua aurea, creando così uno scudo contro il male con l’indiano Covishield; si sa, da quando ha lasciato il Tibet con la Cina non vuole avere più niente a che fare, il suo buddismo tibetano fuori porta si è ricongiunto con quello indiano, d’altronde il Buddha trova i suoi natali proprio in India!
Le sue parole sono state “siate coraggiosi, vaccinatevi”.
Prima di queste odierne manifestazioni “divine” i credenti avevano fede cieca nei loro credi, nei loro dei e andavano in pellegrinaggio in luoghi spirituali per farsi guarire da malattie e traumi non reversibili, o si prostravano dinanzi a quei sacerdoti e santoni che promettevano loro una cura grazie al potere divino che defluiva attraverso il loro corpo.
Oggi vengono negate persino le estreme unzioni, figuriamoci le visite ai malati ed agli infermi, adesso la fede cieca è solo nella scienza, così personaggi mistici come Filippo Neri o Madre Teresa di Calcutta, per non parlare di Gesù Cristo, che frequentavano malati di ogni genere, non dimenticando i lebbrosi, sono diventati miti e leggende.
Così il Dio Vaccino, o Dio Vax, ha iniziato ad elargire miracoli ai popoli, a chiunque lo accettasse nel proprio corpo, inizialmente promettendo una protezione totale dal maligno, il Satan-Sars-Cov2, poi correggendo il tiro, dicendo che non esiste protezione totale dal maligno ed ha promesso protezione dai suoi effetti nefasti.
Però ci vuole fede, molta fede, anche perché i profeti del Dio Vax non sono stati molto chiari e si sono più volte contraddetti e tra le varie incoerenze c’è quella relativa al battesimo: prima sostenevano il bisogno di un solo battesimo; poi uno di andata ed uno di ritorno, una sorta di battesimo d’acqua e di fuoco; ora è già stato annunciato il terzo, per quelli duri di cuore, che non si immunizzano facilmente, sarà un battesimo d’aria?
Ultimamente, però, oltre alla fede c’è la coercizione, un po’ come quando andarono a “colonizzare” le Americhe, per il loro bene iniziarono ad obbligare i popoli nativi a battezzarsi, per mondarli dai loro peccati e dai loro credi fantasiosi; adesso si tenta di colonizzare i non credenti, prima promettendo la loro salvezza e poi accusandoli di infettare chi ha la protezione del Dio Vaccino.
Ma la fede è una cosa seria ed i seguaci del Dio Vax prendono di petto le loro posizioni divulgando il verbo, attraverso i mezzi a loro disposizione, la televisione ed i quotidiani, schernendo e sminuendo le posizioni dei pericolosi atei che, poveretti, mai vorrebbero limitare i credi altrui, figuriamoci quello dei Vacciniani, anzi, sostengono la libertà di scelta e rispettano quelle altrui e giustamente non vogliono imposizioni sulla loro.
Purtroppo i Vacciniani hanno le mani in pasta in tutti i vertici del potere e della comunicazione, quindi non consentono un equo dibattito delle parti e i loro araldi censurano, limitando e manipolando, le parole degli atei che vorrebbero dire la propria liberamente.
Nel frattempo si iniziano ad avere delle reazioni avverse alle guarigioni del Dio Vaccino, gente che sta male, che ha reazioni allergiche, reazioni fisiche molto forti ed anche la morte inaspettata, per problemi al cuore e trombosi cerebrali.
I Vacciniani respingono con forza queste accuse e quando non è più possibile girarsi dall’altra parte o fingere che non sia successo, tirano fuori il rosario ed iniziano a recitare un mantra con cui annullano le forze maligne degli atei: “non c’è correlazione, non c’è correlazione, non c’è correlazione…”.
Niente, neanche difronte alle evidenze, la fede vacilla e con la stessa forza d’animo con cui essi sostengono il loro Dio Vaccino, il loro salvatore, arrivano a minare le libertà degli atei.
Oltre un anno fa, a causa del Satan-Sars-Cov2, i profeti decisero di stabilire la Santa Quarantena, il tutto per voce del Vescovo Giuseppe che scandì le penitenze e la suddivisione liturgica delle Tempora di Quarantena, a seguire l’imposizione dei paramenti sacri a tutta la popolazione, come la mascherella benedetta ed il sanctum gel in sostituzione dell’acquasanta e poi, dopo l’estate, vennero istituite le Sacre Limitazioni Colorate stabilendo, inoltre, anche quali lavori fossero puri e quali no.
Con le continue ed incalzanti testimonianze che a breve sarebbe arrivato il messia, decisero anche di applicare un coprifuoco, per rendere migliori le persone, d’altronde si sa, la notte è da sempre rappresentazione di ciò che è male, il mistero che avvolge il buio e quindi le persone dovevano rientrare prima del tramonto o, al massimo, mentre era ancora sera!
Oggi, le voci insistenti degli atei instillano il dubbio nei credenti ed è necessaria, più che mai, una nuova iniziativa che protegga i Vacciniani e limiti maggiormente le azioni perfide degli atei, ma cosa?
Un attestato di fede e di appartenenza alla religione dell’unico pensiero, un lasciapassare, un lasciapassare verde. Il colore verde, preso a prestito dalla liturgia cattolica, è simbolo di speranza e di ascolto perseverante ed è il colore che accompagna il cammino quotidiano del fedele.
Ebbene con questo lasciapassare i Vacciniani saranno liberi di muoversi, senza dover per forza incontrare i fastidiosi ed insolenti atei e rischiare di essere inquinati nel corpo e nello spirito; mentre per gli atei, che comunemente ormai vengono etichettati con il nomignolo No Vax, sostituendo definitivamente quello di anticristo, se vogliono essere liberi di socializzare ed andare a cena o sedersi a fare colazione al bar, dovranno adeguarsi e scegliere se diventare Vacciniani o farsi certificare come esenti dal maligno, con una sorta di esorcismo eseguito con l’inserimento di un’asticella attraverso il naso, qualcosa di simile alla preparazione egizia dei cadaveri, ma senza tirar giù il cervello dal narici.
Per coloro che si rifiutano di sottostare all’uno o all’altro rimedio, ovvero i più rancorosi ed aggressivi miscredenti, non ci sono alternative se non i marciapiedi o le panchine dove poter mangiare.
Nelle ultime notizie, tratte dai giornali dei fedeli, si legge che gli atei non dovrebbero neanche fare la spesa negli stessi luoghi dove vanno i Vacciniani e che dovrebbero creare dei posti solo per loro, stanno persino attrezzando, nelle città, dei container abitativi per casi, dicono loro, di disastri naturali, ma sembra di assistere alla realizzazione di veri e proprio centri di degenza per i potenziali untori che, come abbiamo capito, possono essere solo e soltanto gli atei. Si arriverà alla lapidazione degli atei? Non si sa, per adesso un po’ di aggressività e di insulti non costituiscono peccato tra i seguaci del Dio Vax.
La fede è una cosa seria, certo, ma dove stiamo arrivando per la cieca fede di alcuni?
Quando vedo le immagini dei treni usati per le deportazioni o quelle dei campi di lavoro e di concentramento, mi si stringe il cuore pensando che per una fede cieca milioni di persone hanno subito dei trattamenti atroci, disumani ed infine sono morte.
La fede cieca in un ideale, che oggi possiamo definire sbagliato, che allora era supportato da tesi scientifiche e sostenuto e fomentato da quella parte di popolazione definita come acculturata, formata da scienziati, professori, dottori, scrittori, filosofi e quant’altro e che per paura, costrizione o realmente per fede, hanno dato il via ad un capitolo oscuro della storia del nostro Paese e non solo. Le “leggi razziali”, da sempre definite come l’errore/orrore più grave commesso da Mussolini, se non avessero trovato riscontri e supporti da quella comunità di cui parlavo, probabilmente non sarebbero state adottate neanche dal popolo, passatemi il termine, più ignorante e si sarebbe arrivati ad una ribellione interna.
La scienza non ha dogmi ed è la libera espressione del pensiero e delle teorie elaborate dai pensatori, non la si può imbrigliare umanizzandola e sostenendo che “la scienza dice”, perché la scienza non dice niente, sono gli scienziati a parlare, talvolta in modo giusto e talvolta in modo sbagliato, talvolta facendo una scoperta e talvolta prendendo una cantonata.
Stephen Hawking è uno dei più egregi esempi di cosa significhi essere uno scienziato, teorizzando una cosa e poi mettersi in dubbio ed arrivare a teorizzare il suo contrario.
Non esiste un pensiero unico, neanche quando sono 10 scienziati a sostenerlo e dall’altra parte solo uno, perché la verità, se così vogliamo chiamarla, la può avere quel solitario e non il gruppo e viceversa.
Tutte le più importanti scoperte degli ultimi secoli sono state fatte da un singolo personaggio, non da un gruppo di scienziati, inventori o medici. Limitare il singolo per favorire una collettività non porta niente di buono, se non a ragionare in termini di gregge ed il gregge sappiamo benissimo essere sinonimo di controllo, assoggettamento, limitazione e paura.
Per tornare all’argomento iniziale ed alle restrizioni volute da un’élite, proprio in previsione di questo tipo di eventi sono state scritte certe leggi, al fine di evitare una deriva autoritaria, in questo caso di sapore oligarchico, che prendesse il sopravvento in modo irreparabile.
Noi in Italia abbiamo una lungimirante Costituzione, voluta e scritta dalla neonata Repubblica in virtù delle esperienze subite durante la Seconda Guerra Mondiale e, pertanto, troviamo articoli che tutelano la libertà individuale sia di movimento, di espressione, che di scelta ed in tal proposito un articolo, il 32, che ci garantisce una sanità pubblica e la possibilità di scegliere come e se essere curati. Alla Costituzione Italiana è da aggiungere la Convenzione di Oviedo (tutta), la Dichiarazione di Helsinki ed il Codice di Norimberga con i suoi dieci punti, in particolare il punto 1 che recita quanto segue:
“Il soggetto volontariamente dà il proprio consenso a essere sottoposto a un esperimento. Prima di dare il consenso, la persona deve conoscere: natura, durata e scopo della sperimentazione clinica, il metodo e i mezzi con cui sarà condotta, eventuali effetti sulla salute e sul benessere della persona, eventuali pericoli cui sarà sottoposta.”
In questi giorni abbiamo letto la notizia che la sperimentazione del farmaco di Pfizer, tramite dichiarazione dell’FDA, è terminata e questo porta a diversi problemi, in caso di obbligo, per chi sostiene la propria libertà in forza del succitato articolo.
La cosa strana, per continuare ad essere “atei”, è che sul sito governativo, sempre americano, ClinicalTrials.gov si può leggere che la sperimentazione del farmaco Comirnaty terminerà il 2 maggio 2023 e quindi che significa? La sperimentazione è finita o finirà nel 2023? Hanno dichiarato la fine della sperimentazione ma volevano intendere fine della Fase 2 (la Fase 1 è quella di laboratorio) ed inizia la non meglio specificata Fase 3, ma sempre di sperimentazione si tratta?
Io, nell’attesa di conoscere le risposte, continuo a ricercare e ad osservare gli eventi, quasi come l’antico astrologo che osservava gli astri ed i loro movimenti ricercando, proprio nelle stelle, le risposte ai suoi cruciali dilemmi.
Di Giacomo Ferri
Comedonchisciotte.org
Fonti citate e citate tra le righe
https://www.repubblica.it/cronaca/2020/12/25/news/vaccino_arrivato_in_italia_il_primo_furgone_con_i_vaccini-279823515/
https://www.fanpage.it/attualita/vaccini-figliuolo-presto-gli-over-55-poi-diremo-ai-trentenni-andate-vaccinatevi/
https://www.youtube.com/watch?v=kVLbh8k3wXY
https://www.ilfattoquotidiano.it/2021/01/13/papa-francesco-si-e-vaccinato-contro-il-covid-le-fiale-ricevute-dal-vaticano-basteranno-per-tutti-i-cittadini-e-i-dipendenti/6064426/
https://video.repubblica.it/dossier/coronavirus-wuhan-2020/coronavirus-il-dalai-lama-si-vaccina-and-8220siate-coraggiosi-fatelo-anche-voi-and-8221/377504/378114
http://www.vita.it/it/article/2020/03/17/fedeli-senza-confessione-una-soluzione-ce/154506/
https://www.ilgiorno.it/cronaca/lockdown-1.6111968
https://www.quotidiano.net/cronaca/terza-dose-vaccino-1.6727377
https://qds.it/green-pass-supermercato-stazioni/
https://www.senato.it/documenti/repository/istituzione/costituzione.pdf
https://www.uslcentro.toscana.it/images/ComEC/Convenzione_di_Oviedo.pdf
https://www.partecipasalute.it/cms/files/Dichiarazione%20di%20Helsinki.pdf
https://pmcomunicazione.com/il-codice-di-norimberga/
https://www.fda.gov/…/fda-approves-first-covid-19-vaccine
https://clinicaltrials.gov/ct2/show/NCT04368728
Pubblicato da Tommesh per Comedonchisciotte.org
FONTE: https://comedonchisciotte.org/il-nuovo-messia/
In risposta a BUTAC
Cari amici di Butac,
il vostro articolo ci ha piuttosto colpito perché non eravamo pienamente consapevoli di che genere di umori circolassero inespressi intorno a questa pagina. Ora percepiamo chiaramente il livore e la malignità che circonda noi e chi cerca di farsi delle domande; un tono emotivo tale da spingere chi scrive tra di voi, con ben poca prudenza, oltre la soglia della diffamazione.
Siccome l’accusa di neonazismo è pesante, vi chiederemmo di documentarla. In particolare, vorremmo sapere quando avremmo espresso tesi favorevoli al razzismo, all’antisemitismo, all’eugenetica, al darwinismo sociale, al culto hitleriano, al suprematismo bianco, insomma, a tutto ciò che è sensato e ragionevole considerare nazismo. Se non vi è traccia di queste idee in ciò che condividiamo (e non ve ne è traccia perché nessuna ci appartiene), quale pensiero che abbiamo espresso ritenete essere caratterizzante al punto da farci meritare tale etichetta? Si tratta di un processo alle intenzioni basato sul vostro termometro politico, o su qualche elemento di cui disponete e che possiamo discutere?
Per quanto riguarda i post che citate, sui primi due c’è ben poco da dire. Il primo non è di nostra redazione sebbene ne condividiamo i contenuti: lo stile non è chiaramente il nostro; spesso pubblichiamo materiale di terzi, vicini a noi come visione, senza firmarli (a meno che non lo richieda l’autore) come non firmiamo i nostri scritti, credendo che le idee meritino di essere ascoltate (o rigettate) a prescindere da chi le scrive o le esprime. Quando pubblichiamo questi post, non li ritocchiamo: è una nostra scelta. La nostra pagina non ha un nome o una faccia perché la sua faccia è quella di tutti coloro che vi si riconoscono. Se vi urta la scrittura (credo che non discuteste tanto i contenuti, piuttosto blandi, quanto lo stile) peccato: non tutti sono letterati; noi non lo siamo e non abbiamo il palato fine. Soprattutto, non siamo culturalmente classisti come ormai certe derive di sinistra: preferiamo testimonianze ed elaborazioni genuine alla scrittura impeccabile ma infida dei prezzolati del sistema. Questioni di scelte. I nostri lettori, in genere, lo considerano un valore aggiunto.
Il secondo post, invece, tratta del ben noto argomento secondo cui i “negazionisti” sarebbero dei potenziali malati di mente. Lo sostengono alcuni psichiatri e psicologi (sottolineo alcuni) ritenendo che chi non si allinea alla narrazione condivisa, starebbe rifiutando la realtà, in una sorta di rimozione che rasenta la schizofrenia. Lo consideriamo un argomento povero ed ideologico, nonché ingenuo: può benissimo essere rispedito al mittente, sostenendo che chi si allinea alla narrazione condivisa in modo acritico lo fa per paura di dover mettere in discussione quell’ordine che lo rassicura. Di certo conoscete l’esperimento di Asch. Di sicuro quello di Milgram sul conformismo sociale. Non ho dubbi sul fatto che siate al corrente dei rischi rappresentati da una società senza contraddittorio…
Il terzo post invece merita effettivamente una critica, e infatti è stato eliminato da noi stessi su segnalazione di un utente un giorno prima del vostro articolo.
Ci era stata riportata la notizia di un fatto di cronaca di Torino e ci avevano segnalato l’assurdità della situazione creatasi, ovvero il fatto che a una bambina con una pallottola in testa ricoverata d’urgenza venisse fatto preventivamente il tampone
Certo, nulla di illecito; è di fatto protocollo vigente, ma la nostra opinione è che si tratti di misure ingessanti che spesso causano ritardi e provocano danni (il caso della partoriente che aspettando il tampone è morta lo ricordate? Non è il solo purtroppo).
Noi per queste procedure abbiamo espresso più volte sdegno e riserve, e qui lo abbiamo ribadito.
Riguardo alla seconda parte, invece, un utente è intervenuto facendoci notare che l’autopsia veniva fatta per motivi diversi dalla verifica della malattia. A quel punto abbiamo ringraziato per la segnalazione ed abbiamo eliminato il post, nonostante fosse rimasto in sospeso il quesito relativo alla catalogazione del decesso (viste le prassi di questi mesi, vale la pena ricordare il caso del finanziere Grauso, in coma vegetativa per una pallottola e catalogato malato).
Ad ogni modo capita di essere imperfetti, noi ringraziamo sempre quelli che ci fanno notare eventuali errori di valutazione e correggiamo il tiro quando riteniamo le critiche sensate e condivisibili. In pratica, l’episodio che citate, piuttosto che manifestare la nostra malafede, dimostra invece che torniamo sui nostri passi se riceviamo argomentazioni pertinenti.
Terminiamo questa lettera informandovi che, nonostante riteniamo che siate stati scorretti e ingiusti nei nostri confronti, mai auspicheremmo che qualcuno vi chiudesse la bocca d’autorità. Crediamo che ognuno serva la verità che vede, e che non la scelga. Chi persegue la verità, per come la vediamo noi, è sempre portatore di un valore, sia anche in quanto testimone di un errore che può essere confutato, o di un limite che può essere oltrepassato. Quello che facciamo, lo facciamo in buona fede e in modo disinteressato; non so se valga altrettanto per voi, ma ve lo auguro. Ci è estraneo lo spirito squadrista che manifestate perché riteniamo che i vostri toni avviliscano tutti, noi e voi, manifestando uno scadere della qualità del dialogo e del confronto, sociale prima che politico, francamente desolante.
Invitiamo chi vi legge, se lo desidera, a confrontarsi con noi e i nostri lettori sulla nostra pagina, dove il pluralismo non è sospetto, non si discrimina a priori ed ideologicamente tra posizioni di destra e di sinistra, ma si cerca di guardare oltre verso un orizzonte critico comune e condiviso.
In fede,
Weltanschauung Italia.
FONTE: https://www.weltanschauung.info/2020/11/in-risposta-butac.html
Il sipario è calato su Wuhan.
Eleonora Renzi Moiso 13 09 2021
Il sipario è calato su Wuhan. Dalla misteriosa città cinese non trapela più nulla, quasi fosse svanita nella nebbia. Quasi fosse sprofondata nelle sabbie mobili del tempo e della memoria. Eppure tutto ebbe origine proprio da lì. Dai suoi mercati, stracolmi di enormi pipistrelli da degustare. Dai suoi laboratori, ricolmi di virus pronti ad infettare il mondo intero. Sembra passata un eternità dai soprannaturali svenimenti in strada, dalle fulminanti morti provocate dal terribile patogeno. Pare notizia del secolo scorso l’atterraggio della task force cinese in Italia per dettare le linee guida, la strategia bellica da seguire nella lotta al nemico invisibile. “Troppa gente in giro”, urlavano minacciosi al volgo disperso. Eppure non se ne parla più, come se nulla fosse mai accaduto. Come se a Chernobyl, dopo l’esplosione della centrale nucleare, le conseguenze si fossero viste ovunque tranne che nel disgraziato luogo dell’incidente.
Il sipario è calato sull’India. I cadaveri in strada, le cremazioni, le colonne di fumo, i bagni nel Gange. Sembrano i colori sbiaditi di un vecchio dipinto astratto, oramai riposto in una polverosa soffitta. Non succede più nulla in Svezia, dove il troppo laissez faire provocava vittime ogni qualvolta nella penisola Italica rimbalzasse la notizie del modo troppo rilassato di gestire la pandemia, del diverso approccio alla malattia. Noi, invece, nel bel Paese, siamo nel mezzo della commedia. Nuovi attori, nuove comparse, nuove varianti, nuovi antagonisti. Nulla sembra intaccare la sceneggiatura ad hoc creata. Atto dopo atto, questa storia fragile fatta di menzogne, contraddizioni, sotterfugi, violenza e discriminazione, va avanti senza giungere ad un acta est fabula.
Viviamo tempi oscuri. Giorni, mesi, anni di tenebre che mai avremmo immaginato di affrontare. Chi resiste, oggi, dimostra grande coraggio e forza d’animo. Più di quanto, egli stesso creda di possedere.
“Avrei tanto desiderato che tutto ciò non fosse accaduto ai miei giorni” esclamò Frodo.
“Anch’io” disse Gandalf “come d’altronde tutti coloro che vivono questi avvenimenti. Ma non tocca a noi scegliere. Tutto ciò che possiamo decidere è come disporre del tempo che ci è dato.” ( J.R.R. Tolkien)
FONTE: https://www.facebook.com/eleonora.renzi/posts/10159438375447937
ECONOMIA
Draghi al Festival di Venezia con «le parole che non ti ho detto»
Quando la sinistra scambia le cure con un tampone, poi ti propone la tassa di successione
EVENTO CULTURALE
FINANZA BANCHE ASSICURAZIONI
Crac Mps. L’autore è Draghi, ma lo paghiamo noi
Anna Lombroso per il Simplicissimus
Vi ricordo che nel marzo 2016 il Governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco, quello che era venuto meno al suo incarico di vigilare sul risparmio, si rivolse alle 130 mila famiglie truffate, prima da prodotti fraudolenti proposti da manager criminali, poi dal decreto salva-banche, dando loro degli analfabeti funzionali, che avevano meritato di essere puniti per l’avidità che li aveva fatti cascare nel tranello dell’evidente frode, tanto da farsi convincere dai piazzisti del racket a disfarsi dei titoli di Stato, sicuri ma poco redditizi, per acquistare tossici bond subordinati, quelli che nel corso del susseguirsi di crac bancari hanno bruciato oltre 113 miliardi di euro.
Vi ricordo che erano quegli analfabeti funzionali che animarono le piazze che hanno anticipato quelle di questo anno e mezzo, altrettanto denigrate, guardate con schizzinosa ripulsa, ridicolizzate perché erano fatte di pensionati e lavoratori che avevano accumulato un piccolo salvadanaio, ingannati da Banca d’Italia e dallo Stato, spinti al suicidio dal governo e dalle banche, trattati come delinquenti, e identificati e intimoriti dalla Digos in modo da dissuaderli a protestare sotto il Parlamento impegnato a offrire l’impunità a vertici bancari criminali.
Vi ricordo che dietro al collasso di Mps, oggi nuovamente al centro delle cronache esclusa quella nera che ha preferito sottrarsi agli obblighi del giornalismo investigativo nel caso ancora aperto di un suicidio eccellente, c’è la solita anima nera, Mario Draghi che autorizzò l’incauto acquisto “a debito” di Antonveneta da Banca Santander di Emilo Botìn, grazie a un acrobatico aumento di capitale di 6 miliardi di euro e l’emissione di strumenti ibridi e subordinati per complessivi 2 miliardi di euro e un finanziamento ponte per 1,95 miliardi da rimborsare, ben sapendo che si trattava di una operazione spericolata ad altissimo rischio, come dimostrato dall’esempio dello scoppio della bolla dei subprime avvelenati.
Vi ricordo che mentre Germania, Spagna, Francia impegnavano fondi pubblici ingenti per tutelare, con le banche, i correntisti, i cittadini e le imprese, un avvicendarsi bipartisan di ministri burattini dichiarava che il nostro sistema bancario restava solido e invulnerabile, quando negli anni almeno 6 banche sono fallite e quelle sistemiche sono in gravissima sofferenza grazie a un cumulo di crediti deteriorati e di debiti con istituti esteri.
Vi ricordo che il problema non risiede solo nella tradizione italiana non recente di concedere dei prestiti, dei fidi, dei castelletti, dei mutui, facendo dell’erogazione di denaro un affare clientelare, familistico, condizionato dallo scambio di favori, di voti, di assunzioni e protezioni, ma consiste anche e soprattutto nel ricorso malaffaristico alle alleanze e fusioni tra istituti di credito, di banche commerciali (quelle che dovrebbero custodire e far fruttare i nostri soldi) con banche di investimento (quelle che sarebbero dedicate a sviluppare il capitale dei finanziatori in Borsa), un abuso che ha ulteriormente incrementato la roulette bulimica dei fondi, dei derivati, dei prodotti velenosi della finanza creativa.
Vi ricordo che, anche se la vostra banca è differente, siete a rischio, come correntisti, a meno che non teniate il gruzzolo sotto il materasso, ma soprattutto come cittadini. L’operazione condotta da Unicredit (la seconda banca italiana) che ha manifestato l’intenzione di acquisire il Monte dei Paschi (la quarta banca italiana) dallo Stato, che ne detiene la quota di maggioranza, si sta svolgendo sotto l’ala protettrice del liquidatore fallimentare. E non stupisce: il generoso intervento “salvifico” è coerente con la strategia di aggregazione e centralizzazione che ispira il draghi-pensiero: Unicredit, dopo Mps, potrebbe aspirare a Banco Bpm o a Mediocredito o a Bper in aperta concorrenza con Intesa San Paolo.
Questo fa anche capire quanto Unicredit creda nella distruzione creativa cara al Presidente del Consiglio, quella ispirata alla promozione sempre più in alto di soggetti strutturati, già forti e che vanno ulteriormente potenziati con l’aiuto dello Stato, e alla cancellazione di quelli che non sanno cimentarsi con la competitività, deboli e destinati ad essere parassitari.
E difatti gli oltre mille “tecnici” di Unicredit impegnati nel negoziato hanno consigliato ai vertici di liberarsi dei pesi morti, i 6,2 miliardi di contenzioso legale, i 2-2,5 miliardi di crediti deteriorati (inesigibili) e l’1,5 miliardi di crediti ad alto rischio, di mantenere solo le filiali attive un migliaio, spazzando via i rami secchi del Centro-Sud, all’incirca 500, e di tagliare vigorosamente il personale in esubero, da 7000 a 10 mila unità.
Vi ricordo che quando chi comanda dice che non c‘è fretta, come in questo caso, da Letta a Salvini, è lecito diffidare. Perché se è vero che il termine ultimo per la cessione della quota del Mef in Mps scade a primavera 2022, e, come è stato sottolineato da molte parti, ben altri a livello internazionale potrebbero essere in lizza per l’acquisizione, non c’è nessuna garanzia che si tratti di appetiti tanto rispettosi dell’identità della più antica banca italiana, da non volerne fare uno spezzatino, tenendosi la ciccia e rifiutando gli scarti poco appetibili e in perdita che finirebbero in una “bad company” del Ministero dell’economia e delle finanze. Lo stesso dicastero cioè dove, nel 2008, quando lo Stato entrò in Mps in sofferenza aumentata dalla scriteriata acquisizione di Antonveneta avallata da Draghi e investita dalla crisi dei subprime sotto la regia di Draghi, comandava Pier Carlo Padoan, poi parlamentare Pd e ora, guarda caso, presidente del CdA di Unicredit.
E già è facile immaginare che se il matrimonio d’interesse andrà a buon fine, spetterà a lui negoziare l’ingresso del Mef in Unicredit a garanzia della micragnosa dote di Mps in modo che si rispetti la regola aurea che prevede che le perdite siano pubblicizzate e i profitti privatizzati.
Vi ricordo che è lecito sospettare quindi quando irruenti e ardimentosi manager e tecnici dimostrano inopinatamente di possedere la qualità della pazienza cauta e riflessiva davanti a una crisi – la banca senese in questi anni ha bruciato 23,5 miliardi di euro e il suo “rosso” del 2020 ammonta a 1,69 miliardi di euro – perché l’intento solito è quello di trasformare la sofferenza in emergenza, da governare sollecitando ancora di più il generoso ausilio pubblico in modo da invogliare aspiranti compratori, selezionati tra amici che hanno atteso nell’ombra o che hanno mostrato di avere le doverose virtù teologali; temperanza e prudenza in attesa della desiderata e profittevole rovina definitiva, con una svendita sottocosto in regime di discount.
E per finire vi ricordo di diffidare, dopo alcune recenti esperienze, da Autostrade a Ilva, delle ipotesi di convertire istituti in crisi in banche pubbliche salvate dal munifico salvagente dello Stato, cioè nostro e vostro, perché si tratta di una delle modalità immaginate dai cravattari imperiali per incentivare la miseria italiana, attraverso un indebitamento sempre maggiore fatto di partecipazioni dissennate, di liquidazioni concesse a criminali che non solo non pagano pegno ma vengono risarciti dei loro misfatti con buonuscite miliardarie, e della futura restituzione di elemosine erogate dall’usura europea in cambio della definitiva rinuncia a sovranità e dignità.
FONTE: https://ilsimplicissimus2.com/2021/09/14/crac-mps-lautore-e-draghi-ma-lo-paghiamo-noi/
La strategia di Draghi il banchiere
GIUSTIZIA E NORME
PAN-PENALIZZAZIONE: IL POLITICAMENTE CORRETTO SOSTANZIALE
Ogni decennio dovrebbe fare i conti con le proprie necessità dialettiche impellenti. Il nuovo decennio, figlio caotico di più decenni bisognosi ma incuranti, necessita di una riforma giudiziaria che rivaluti la giurisdizione, attribuendole dignità operativa, braccia intellettuali e certezze giuridiche sostanziali. Per capire le esigenze dell’oggi in prospettiva ostinata e volenterosa verso un migliore domani, in questo pezzo di mondo, al tempo attuale, non possiamo non ricordare gli sforzi evolutivi dei secoli scorsi, in cui ha preso brillantemente piede il liberalismo penale.
Il secolo XIX ha costituito una traversata della storia istituzionale, e in generale umana, in mezzo al magma dei princìpi figli della primula Rivoluzione francese, quella illuminata. L’Ottocento però è stato anche contenitore, artefice, testimone delle istanze reazionarie e conservatrici del cosiddetto periodo della Restaurazione, segnato nel suo convenzionale inizio dal Congresso di Vienna. Di quel Congresso, comunque, occorre rivalutarne positivamente il motto “conservare progredendo”.
La separazione dei poteri statuali, ma anche la separazione tra la giustizia civile e quella penale, la pubblicità delle procedure, il giudizio di sola legittimità in Cassazione, l’obbligo di motivazione delle sentenze, il doppio grado di giudizio, il divieto di tortura e la cosiddetta umanizzazione delle pene, a rigor del vero delle ricostruzioni storiche, erano – ed erano viste come – il portato della cultura tecnico-giuridica francese. Quest’ultima aveva ispirato, negli anni della Restaurazione, tutti i governi dell’Europa continentale nella loro opera di riforma del sistema giudiziario. L’importanza degli interventi di politica giudiziaria avvenuti in Francia, così, era stata riconosciuta anche in Italia, dove quei princìpi sistemici del diritto, sempre in condendo non appena condito, contribuirono a modernizzare la cultura giurisdizionale.
Un grande studioso penalista, autore di pregevoli opere giuridiche e filosofiche, un uomo che dell’Ottocento ha vissuto varie esperienze di battaglie progressiste in prima persona, e in prima linea, dall’adesione alle idee liberali, al contrasto dei Borboni, alla partecipazione alla primavera civica dei moti del 1848, Enrico Pessina, merita qui tutta la sentita ammirazione, oltre che la breve menzione di alcuni suoi peculiari passi, indici del suo pensiero, su cui sicuramente occorre riflettere. Il Professore Pessina, nel volume primo dei suoi “Elementi di diritto penale”, edizione del 1882, nella parte prima della “Introduzione” sottotitolata con la dizione “Nozioni preliminari sul diritto penale e sulla sua cognizione scientifica”, scriveva quanto segue: “Un fatto che, per la sua riproduzione in tutti i luoghi e in tutti i tempi che forman parte del dominio della storia, può dirsi una costante tradizione dell’umana famiglia si è quello della giustizia penale, per cui l’uomo, considerandosi come investito di un sacro mandato, ha sottoposto il suo simile alla efficacia di una punizione, quando il medesimo si è renduto autore di un qualche atto che egli ha considerato come trasgressione delle norme su cui poggiava la vita sociale”.
Dall’incipit dell’opera si apprende come l’Autore abbia concepito l’operatività del diritto penale, e la sua esistenza stessa sotto forma di “giustizia penale”, come un “fatto”: in consonanza con la qualificazione che la tradizione ha da sempre connesso alla ontologia dell’oggetto principe del diritto penale (il fatto), salutato, appunto, con la dictio di diritto del fatto. Una tale icastica definizione, seppur nel pressappochismo discernitivo in seno al quale è sorta, risulta comunque rappresentativa di una caratterizzazione in simbiosi con il principio di materialità, postulato dell’offensività, di quella parte dell’ordinamento giuridico che, già dallo stesso Pessina, veniva avvertita quale piattaforma “estrema” del sistema giuridico.
Una tendenza che oggi si tinge il volto di farisaico progressismo di maniera, è la tendenza a pan-penalizzare la società civile e – con il consenso facile di questa – la civiltà giuridica, la cultura mediatica. Il pan-penalismo quale misura non di estrema ragione ma di prima spiaggia dove piazzare gli ombrelloni problematici del vivere associato, a rigore, rappresenta la cifra statolatrica anti-personologica e anti-individualista dei sistemi di giustizia umana. La cultura che vuole pan-penalizzare la civiltà socio-giuridica è una cultura strutturalista tendenzialmente egemonizzatrice: essa rappresenta il vero problema del politicamente corretto nel punto in cui questo si sposa con il populismo giustizialista (non giustiziale), il quale a sua volta diviene populisticamente corretto da salotto. Populismo e politicamente corretto si sposano per paura di perdere colpi di fronte ad un aumento delle produzioni letterarie liberal-garantiste, nel mondo accademico e in quello dell’editoria culturale, tecnico-giuridica e sociologica.
D’altronde il politicamente corretto che rappresenta un problema per la civiltà di diritto non è il politicamente corretto verbale o formale, bensì quello sostanziale. Il politicamente corretto sostanziale non è la Lilli Gruber che augura una buona serata a tutte e tutti: quello è un modo un po’ militante d’altri recenti tempi che resta nello stile linguistico, ed emotivo, di una personalità libera di esprimersi nella sua importanza e intensità. Il politicamente corretto vero, in quanto tale pericoloso, è quello sostanziale, ossia quello delle pan-penalizzazioni che si fanno strumento di assorbimento della persona in carne e ossa entro le categorie funzionali a una retorica di massa, di volta in volta egemone. Il politicamente corretto vero è quello che sostituisce lo strumento dell’azione civilistica di risarcimento del danno ingiusto, di natura (per esempio) morale, con una sanzione penale. Il politicamente corretto corrompe la libertà espressiva delle opinioni, alcune delle quali andrebbero contrastate con altre opinioni, o al massimo con strumenti civilistici che non rischiano di sporcare la fedina penale in virtù di una brutta idea espressa in modo genericamente retrogrado. Se un concetto resta un’idea può essere contrastato con strumenti non penalistici, dato che il diritto penale liberal-costituzionale (nazionale e sovranazionale) è fondato sui princìpi di legalità, materialità ed offensività, inscindibilmente.
Ci sono strumenti culturali, anzitutto, per contrastare espressioni che potrebbero deprimere le libertà intellettuali degli io-personali, per eventuali “categorie” o più propriamente per individualità. Il legislatore ha inaugurato una tipologia di sanzione che è la sanzione pecuniaria civile, come è avvenuto per l’ingiuria che appunto è stata depenalizzata. Sarebbe contraddittorio un ordinamento giuridico che nel suo sistemico complesso da un lato depenalizza l’ingiuria, a cui è riservato un istituto sanzionatorio nuovo per la legalità italiana (ossia la sanzione pecuniaria civile), e dall’altro lato strizza l’occhio alla pan-penalizzazione su ogni fronte. Il sistema è per definizione coerente, non contraddittorio, tanto che nella teoria generale del diritto si studiano i criteri di risoluzione delle antinomie.
Dove un tempo fiorivano progressismi plurimi, promuovendo risposte a geometrie variabili di fronte o nel bel mezzo delle problematiche, oggi si elevano monumenti alla retorica cambiamentista di massa, priva di effettivi cambiamenti risolutivi. Il politicamente corretto vero, ed in quanto tale dannoso, non è un mero stile, dato che ognuno è figlio delle proprie battaglie con le proprie sensibilità, tra equilibri e riequilibri civil-sociali da attraversare. Il politicamente corretto sostanziale è quello che nella retorica dell’ufficioso senso comune eleva il diritto penale a soluzione finale del male e delle insensibilità culturali dilaganti. Il politicamente corretto che esce dal vaso di Pandora del razionalismo empirico è quel panteismo penalistico a base giustizialista che si ciba della cultura del nemico da abbattere processualmente, di neo-giacobinismo, di culto per la strumentalizzazione della paura quale deterrenza senza rieducabilità.
Certamente non il neo-linguismo militante degli evoluzionisti sociali, ma la sola pan-penalizzazione della società rappresenta una minaccia per gli individui tutti e per la salute della civiltà liberaldemocratica. Solo la componente pan-penalistica e la Cancel culture rappresentano il politicamente corretto sostanziale, vero: l’unico elemento capace di farsi dittatura invisibile sulla pelle morale e civica dei cittadini. Solo quella pan-penalizzazione del politicamente corretto è l’unico elemento falsamente progressista da fronteggiare con un empiristico raziocinio legalitario, in un rinnovamento evolutivo nella costituzionalità dei diritti, e degli obblighi.
Tra civilizzazioni vuote e riflettori retorici accesi: che sia nero o rosso il colore del politicamente corretto pan-penale, il risultato batte sempre sullo stesso spento grigio, per tutte e tutti, appunto.
FONTE: http://opinione.it/politica/2021/09/15/luigi-trisolino_pan-penalizzazione-politicamente-corretto-sostanziale/
Carcere, se si nega ancora la pericolosità del wireless 5G
Osi negare che il wireless 5G possa essere dannoso, per l’organismo? Peggio per te: ti farai 6 mesi di carcere o, a scelta, sborserai 250.000 euro di multa. E’ la pena comminata in Germania, a inizio anno, a un noto propagandista del 5G: il professor Alexander Lerchl, biologo dell’università di Brema. «Da oltre un decennio – ricorda Maurizio Martucci su “Oasi Sana” – il docente continuava a negare sia il nesso causale dell’insorgenza cancerogena che la possibile rottura del Dna dovuta all’esposizione cronica da radiofrequenze non ionizzanti, le stesse del 5G e di tutti gli altri standard wireless». Per questo è stato condannato: pena replicabile, si legge nella sentenza, ad ogni eventuale reiterazione del reato. «Con questa storico e inedito pronunciamento – osserva Martucci – i giudici tedeschi hanno praticamente messo una pietra tombale sul “neagazionismo del danno”, spostando ora la questione della moratoria 5G: dal blando “principio di precauzione” al più evidente “principio di prevenzione”».
Naturalmente, in Italia, di 5G è praticamente vietato parlare: chi è vicino al potere si mette a ridere, appena qualcuno accenna alle diffuse preoccupazioni per il wireless di quinta generazione, che si è fatto strada in modo particolarmente subdolo. Proprio per agevolare l’installazione della rete 5G sarebbero stati rasi al suolo decine di migliaia di grandi alberi, nei centri abitati della penisola. E lo stesso governo inglese, come documentato da Massimo Mazzucco, ha ammesso la correlazione: le fronde degli alberi (ricche di acqua) frenano la trasmissione del segnale, assorbendo le onde. In una sconcertante intervista realizzata da Red Ronnie, un prestigioso medico come Massimo Melelli Roia ha ricordato che, durante il lockdown 2020, gli unici “lavori in corso” erano quelli – semi-clandestini, anche notturni – per l’installazione delle antenne 5G. Il dottor Roia è fra quanti temono danni incalcolabili, anche neurologici, da ogni tipo di rete wireless.
Vari scienziati – ricorda Melelli Roia – parlano addirittura del rischio di estinzione dell’umanità, nell’arco di sole 5 generazioni, a causa dell’infertilità maschile che potrebbe essere indotta dalle emissioni d’onda, capaci di manomettere il nostro assetto genetico. Se in Germania a finire nei guai è stato un personaggio come Lerchl, è la stessa autorità pubblica, in materia (l’Icnirp, un ente privato con sede a Monaco) a negare tuttora che il 5G possa rappresentare un pericolo. La corte di Brema ha condannato Lerchl anche per aver falsificato il materiale esibito, nel tentativo di dimostrare l’innocuità del nuovo wireless. Nulla che sfiori il governo italiano, dove è presente un super-tecnocrate come Vittorio Colao, massimo “profeta” del 5G nel Belpaese. Sul wireless di quinta generazione, del resto, si basano le proiezioni del Grande Reset di Davos, adottate dal Green New Deal dell’Unione Europea. Avanti tutta, verso quello che – insieme alla campagna “vaccinale” – ha l’aria di poter essere il peggior attentato alla salute pubblica nella nostra storia?
FONTE: https://www.libreidee.org/2021/09/carcere-se-si-nega-ancora-la-pericolosita-del-wireless-5g/
PANORAMA INTERNAZIONALE
Blade runner in Svizzera
12 09 2021
Un piccolo apologo pandemico per mandare a letto la domenica: se qualcuno volesse la prova dell’ipocrisia e della mistificazione che sta dietro il terrorismo sanitario basti pensare che domani scattano in Svizzera le misure di discriminazione dei non vaccinati per tentare di costringerli a farsi le iniezioni comandate da Big Pharma. Ma la polizia che dovrebbe far rispettare l’atto di disuguaglianza sociale non è per nulla tenuta a queste stesse regole: vale a dire i poliziotti non sono a loro volta costretti a presentare un qualunque attestato vaccinale o di test negativo o di superata malattia. Dunque gli agenti che controllano i certificati dei cittadini non hanno a loro volta alcun certificato e nessuno ovviamente ha la facoltà o la possibilità di chiederglielo. E tanto per rendere chiara la situazione meno di un terso dei poliziotti svizzeri è vaccinato. Ma obbligarli potrebbe significare la rivolta, mentre costringere i cittadini è molto più facile.
Ancora una volta siamo di fronte a un esempio di follia, ma i narratori di questa favola piena di strepito e di nulla hanno sempre una risorsa da mettere in campo, una cazzata per porre rimedio almeno alla vista dei gonzi e così per nascondere questo ennesimo paradosso i poliziotti indosseranno le mascherine che com’è ben noto per volontà politica proteggono da tutto, tranne che dalla stupidità. E così agenti mascherati e non vaccinati daranno la caccia ai non vaccinati come in una specie di blade runner elvetico.
Il ceto politico formato da replicanti dei poteri economici che disperatamente insiste con questa robaccia da banana states e spara cazzate senza fine sul pericolo del covid con dati manipolati quando non apertamente ridicoli, laddove il pericolo è semmai proprio nelle vaccinazioni, non ha ancora capito che se anche riescono a portare qualche persona in più sotto l’iniezione, aumentano però la determinazione di chi rifiuta di fare da cavia e di rifiuta di stare a un gioco che non ha nessun presupposto giuridico.
FONTE: https://ilsimplicissimus2.com/2021/09/12/blade-runne-in-svizzera154867/
I piani per il passaporto del vaccino in Inghilterra sono stati eliminati, afferma Sajid Javid
………..Parlando al The Andrew Marr [il giornalista che ha avuto il covid nonostante le vaccinazioni, nota mia] Show, Javid [ministro della sanità, nota mia] ha dichiarato: “Non dovremmo fare le cose per il gusto di farlo o perché lo fanno gli altri, e dovremmo considerare correttamente ogni possibile intervento”.
Ha detto che “non gli è mai piaciuta l’idea di dire alle persone che devi mostrare i tuoi documenti” per “fare ciò che è solo un’attività quotidiana”.
“L’abbiamo esaminato correttamente e, sebbene dovremmo tenerlo di riserva come potenziale opzione, sono lieto di dire che non andremo avanti con i piani per i passaporti dei vaccini”, ha aggiunto. …………
Qui l’articolo completo:
Perché l’Iran aderisce alla SCO?
Vladimir Platov, New Eastern Outlook 13.09.2021
l vertice della Shanghai Cooperation Organization (SCO), che si terrà dal 16 al 17 settembre in Tagikistan, è atteso l’annuncio ufficiale della procedura di ammissione dell’Iran. Sarà un summit per l’anniversario dell’organizzazione fondata 20 anni fa nel 2001 da sei Stati: i Cinque di Shanghai (Cina, Kazakistan, Kirghizistan, Russia e Tagikistan), formati nel 1996 e raggiunti dall’Uzbekistan. Oggi la SCO comprende otto Paesi: nel 2017, oltre ai già citati sei Stati, India e Pakistan aderirono all’organizzazione regionale che si occupa di sicurezza, cooperazione economica e umanitaria. Di conseguenza, l’area della SCO costituiva il 23% della massa continentale del pianeta e la popolazione dei suoi Paesi costituenti ha raggiunto il 45% della popolazione mondiale. Inoltre, la SCO ha altri quattro Paesi osservatori (Afghanistan, Bielorussia, Iran e Mongolia) e sei partner del dialogo (Armenia, Azerbaigian, Cambogia, Nepal, Sri Lanka e Turchia). Dato il prestigio internazionale in costante crescita della SCO negli ultimi anni, altri 12 Paesi interessati alla cooperazione rivendicano lo status di osservatore o partner: Bahrayn, Bangladesh, Egitto, Iraq, Israele, Maldive, Qatar, Arabia Saudita, Siria, Emirati Arabi Uniti, Ucraina e Vietnam. Pertanto, la SCO diventa una struttura centrale e di collegamento in Eurasia. L’espansione della SCO ne aumenta potere ed influenza. “Sugli aspetti economici, sono sicuro che dovremmo concentrarci sulla combinazione degli sforzi, sul coordinamento delle strategie nazionali e dei progetti multilaterali nello spazio della SCO”, affermò il Presidente Vladimir Putin . “L’obiettivo è combinare le potenzialità di EurAsEC, SCO, Association of Southeast Asian Nations, One Belt, One Road Initiative”, spiegò.
La Carta SCO sottolinea che e decisioni dell’organizzazione si basano esclusivamente sul principio del consenso. Pertanto, anche se qualche piccolo Stato si oppone condizionatamente, la decisione semplicemente non verrà presa. Inoltre, la SCO è caratterizzata dallo “Shanghai Spirit”, codice di condotta in cui i Paesi si impegnano a sviluppare una cooperazione basata sui principi di fiducia, rispetto reciproco e considerazione reciproca degli interessi. Dato che la SCO è una piattaforma per discutere un’ampia gamma di questioni regionali, durante la riunione del Consiglio dei Ministri degli Esteri degli Stati aderenti alla SCO tenutasi a Dushanbe a luglio, la Russia insisteva su una considerazione favorevole della domanda di adesione dell’Iran all’organizzazione. Dopotutto, l’Iran è anche uno Stato regionale. Deve discutere questi problemi su un piano di parità e cercare soluzioni comuni, in particolare per la situazione sull’Afghanistan. Pertanto, la piena adesione di Teheran alla SCO sottolinea ulteriormente l’Iran partecipare al dibattito sulla sicurezza regionale. Teheran ha ricevuto lo status di osservatore nella SCO nel 2005 e fece domanda di adesione a pieno titolo nel 2008. Tuttavia, a causa delle sanzioni internazionali contro l’Iran, non poté essere accettata nell’associazione fino al 2015 perché, secondo le regole della SCO, un Paese sotto sanzioni del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite non può aderire. Le sanzioni furono revocate nel 2015 dopo che Teheran accettò di ridurre il programma nucleare.
Tuttavia, il Tagikistan inaspettatamente bloccava la richiesta iraniana, accusando Teheran di sostenere il Partito del Rinascimento islamico del Tagikistan (vietato in Tagikistan e Russia) e di coinvolgimento indiretto nell’organizzazione di omicidi su commissione e attentati commessi alla fine degli anni ’90. Nel frattempo, secondo un’altra versione popolare in Iran, il conflitto tra i due Paesi era dovuto a ragioni finanziarie. Secondo i media iraniani, Dushanbe intendeva sottrarre denaro all’uomo d’affari iraniano Babak Zanjani, che lo teneva in banche tagike per eludere le sanzioni commerciando petrolio per conto delle autorità. Una terza versione delle possibili ragioni della spaccatura tra Dushanbe e Teheran fu la crescente influenza della vecchia ‘avversaria dell’Iran, l’Arabia Saudita, sulla politica del Tagikistan. Nel 2016, il leader tagiko Emomali Rahmon visitò Riyadh, descrivendo l’Arabia Saudita “partner importante” del suo Paese nel mondo arabo. Nella primavera 2017, i media riferirono che l’Arabia Saudita avrebbe pianificato la costruzione del complesso parlamentare a Dushanbe, richiedendo la demolizione di diversi edifici nel centro della città, tra cui l’Ambasciata dell’Iran (sebbene nel luglio 2017 le autorità tagike annunciarono di aver scelto un appaltatore cinese). Qualche tempo fa, il conflitto tra Tagikistan e Iran fu risolto, e anche il presidente iraniano Ebrahim Raisi aveva intenzione di volare personalmente a Dushanbe. E questo sarà il suo primo viaggio all’estero dall’elezione a presidente della Repubblica islamica a giugno. Ad aprile, Iran e Tagikistan decisero d’istituire un comitato congiunto per la difesa militare e le forze armate per facilitare un’ulteriore cooperazione in materia di sicurezza tra i due Paesi. Inoltre, non si può escludere che il sostegno del Tagikistan alla domanda iraniana sia anche dovuto alla necessità del Paese senza sbocco sul mare di accedere ai porti. I porti iraniani, come Chabahar nell’alto Mar Arabico, offrono opzioni di spedizione più economiche e brevi.
La trasformazione dello status di osservatore dell’Iran nella SCO in adesione a pieno titolo sarà senza dubbio un’importante vittoria geopolitica della Repubblica Islamica sul suo posizionamento in Eurasia, anche verso Turchia ed Arabia Saudita. Inoltre, confuta la propaganda occidentale secondo cui l’Iran è isolato internazionalmente e potrà essere un’altra spinta all’accordo di cooperazione sino-iraniano recentemente concluso. Sebbene, a differenza dell’accordo di cooperazione Iran-Cina di 25 anni che non implica vincoli di alcuna azione, tale schema non è possibile nella SCO. La partecipazione maggiore alle attività della SCO corrisponde all’adeguamento della politica estera da parte delle autorità iraniane. Ricordiamo che la Guida Suprema dell’Iran indicò la linea guida dell’attuale fase della politica estera del Paese e la rotta che Raisi dovrà seguire: rafforzare le relazioni coi Paesi non occidentali, come Cina e Russia. Durante la cerimonia di conferma di Raisi alla Presidenza da parte dell’Ayatollah Khamenei, Ali Akbar Velayati, consigliere del Leader Supremo negli affari internazionali, affermò che la priorità del governo Raisi sarà “orientata verso l’Oriente” e “la cooperazione e le relazioni strategiche con Cina, India e Russia”, che possono “aiutare la nostra economia a progredire”. Allo stesso tempo, l’Iran ricerca una partecipazione costruttiva nelle istituzioni economiche e di sicurezza eurasiatiche sperando di ridurre la pressione delle sanzioni occidentali e possibilmente di creare ulteriore leva nelle comunicazioni coll’occidente.
Vladimir Platov, esperto di Medio Oriente, in esclusiva per la rivista online “New Eastern Outlook”.
Traduzione di Alessandro Lattanzio
FONTE: http://aurorasito.altervista.org/?p=19761
POLITICA
I nomi dei 32 senatori che hanno votato contro il Green Pass
Ricordiamo questa data.
Il 15 settembre 2021 il Senato italiano ha approvato definitivamente con la FIDUCIA al governo Draghi, dopo aver impedito la discussione sugli emendamenti, il decreto n. 105 sul Green pass, varato dal Consiglio dei Ministri il 23 luglio, già licenziato dalla Camera il 9 settembre.
Il decreto proroga fino al 31 dicembre 2021 lo stato di emergenza nazionale e determina l’accesso con il Green pass ai ristoranti al chiuso, ai bar da seduti, agli spettacoli, alle competizioni sportive, ai musei e mostre, piscine e palestre, sagre e fiere, convegni e congressi, ai centri termali e culturali, ai parchi gioco tematici.
La validità del green pass passa da 9 a 12 mesi.
“I test salivari, si legge, “vengono equiparati ai tamponi e si estende fino al 30 novembre la misura dei tamponi a prezzi calmierati in farmacia (15 euro anziché 22 per gli adulti, 8 euro per gli under 18)”.
Peccato che nessuno chiarisca che solo ed esclusivamente i tamponi salivari molecolari saranno ammessi ai fini del lasciapassare e non quelli rapidi.
Questo significa che si dovranno aspettare circa 36 ore per ottenere il risultato di un tampone salivare che sarà valido solo per 48 ore dall’effettuazione del test.
Praticamente inutile.
E questa ulteriore difficoltà per chi vuole dimostrare di essere negativo al covid, evitando di doversi sottoporre a tamponi invasivi rinofaringei ogni 48 ore, conferma ulteriormente che la finalità del decreto non è il contenimento dei contagio o la salute dei cittadini.
I tamponi nasali a 15 euro ogni 48 ore non agevolano certamente un monitoraggio utile sia dei vaccinati sia dei guariti o dei non vaccinati.
Proprio oggi la Croce Rossa Italiana, a nostra specifica richiesta di informazioni, ha risposto che il servizio per i tamponi rapidi gratuiti nelle stazioni ferroviarie delle principali città italiane sarà chiuso a fine settembre, poiché la Comunità Europea non ha rifinanziato l’iniziativa a favore dei più indigenti.
Chi ha votato contro l’obbligo del green pass, che verosimilmente nel prossimo decreto bis sarà esteso a tutti i lavoratori pubblici e privati?
Non certo la Lega, che nelle piazze e sui media gioca al poliziotto buono.
Il Governo Draghi ha ottenuto 189 voti a favore, 32 contrari e 2 astensioni.
Vediamo chi ha veramente, alla prova dei fatti, votato contro.
1 Abate Rosa Silvana (ex M5S)
2 Angrisani Luisa (ex M5S LAlternativaCE)
3 Balboni Alberto
4 Calandrini Nicola
5 Ciampolillo Alfonso
6 Ciriani Luca
7 Corrado Margherita (ex M5S LAlternativaCE)
8 Crucioli Mattia (ex M5S LAlternativaCE)
9 De Bartoli Andrea
10 De Bonis Saverio (ex M5S)
11 De Carlo Luca
12 Dessí Emanuele (ex M5S)
13 Di Micco Fabio (ex M5S)
14 Drago Tiziana Carmela (ex M5S ora FdI)
15 Fazzolari Giovanbattista
16 Santanché Daniela
17 Granato Bianca Laura (ex M5S LAlternativaCE)
18 La Mura Virginia (ex M5S)
19 La Pietro Patrizio
29 Lannutti Elio (ex M5S)
21 Maffoni Giampietro
22 Malan Lucio
23 Martelli Carlo (ex M5S)
24 Moronese Wilma (ex M5S)
25 Nugnes Paola (ex M5S Sinistra Italiana)
26 Ortis Fabrizio (ex M5S)
27 Paragone Gianluigi (ex M5S)
28 Rauti Isabella
29 Ruspandini Massimo
30 Totaro Achille
31 Urso Adolfo
32 Zaffini Francesco
Si sono astenuti Barbara Lezzi e Nicola Morra, entrambi ex M5S.
L’ombra ventennale dell’11 settembre: perché i funzionari statunitensi protessero i terroristi dell’11 settembre?
Aaron Good, Ben Howard e Peter Dale Scott, CAQ 13 settembre 2021Tale fallimento è il risultato della protezione di FBI, CIA e NSA dei membri di al-Qauda collegati al complotto. Prima di esaminare i dettagli del complotto dell’11 settembre, va notato fino a che punto CIA, FBI e NSA agirono per proteggere al-Qaida. La storia più rilevante inizia con la fondazione nel 1987 dell’al-Qifah Refugee Center a Brooklyn, hub dei mujaheddin statunitensi che si recavano in Afghanistan e in Bosnia. [1] Era nato come ufficio del Maqtab al-Qidamat (MAK), un’organizzazione finanziata da Usama bin Ladin e fondata da Mustafa Shalabi, egiziano che aiutò bin Ladin a trasferirsi in Sudan nel 1991. [2] Il Centro sostenne l’organizzazione jihadista di Gulbuddin Hekmatyar, Hezb-I-Islami. [3] Lo “sceicco cieco” egiziano Umar Abdarahman era una delle figure chiave del MAK. Infine condannato per il ruolo nel complotto cruciale del 1993, Abdarahman aveva ottenuto diversi visti da agenti della CIA che prestavano servizio come funzionari consolari (presumibilmente sotto copertura ufficiale) nelle ambasciate statunitensi in Sudan ed Egitto. [4] C’è molto da dire sul Centro al-Qifah e sul sostegno agli obiettivi della politica estera nordamericana in Afghanistan e Bosnia. Per ora, ci concentreremo sul ruolo che figure del MAK ebbero negli attacchi terroristici e sulla protezione icevuta dal governo degli Stati Uniti.
Tre seguaci di Abdarahman affiliati al centro, come Sayid al-Nusayr, cospirarono per uccidere il capo della Jewish Defense League Meir Kahane a Brooklyn il 5 novembre 1990. [5] Questo fu, secondo la DHRA del Pentagono, “il primo attacco terroristico legato ad al-Qaida negli Stati Uniti”. [6] Il solo Nosayr fu accusato dell’omicidio dal capo degli investigatori della polizia di New York, Joseph R. Borelli. [7] Tuttavia, divenne subito chiaro che Nosayr faceva parte di una cellula. La perquisizione della casa portò il NYPD a una raccolta di manuali di addestramento dell’esercito degli Stati Uniti, oltre a filmati di discorsi tenuti da un tal Ali Muhamad al JFK Special Warfare Center a Fort Bragg. [8] Ali Muhamad era un egiziano con molti collegamenti con CIA e FBI. Dopo un breve periodo nei primi anni ’80 come agente a contratto della CIA, finito male, fu inserito in una lista di controllo del dipartimento di Stato, impedendogli di entrare negli Stati Uniti. Nonostante ciò, entrò negli Stati Uniti con un programma di visti sponsorizzato dalla CIA “progettato per proteggere beni di valore o chi svolse servizi importanti per il Paese”. [9] Mentre era di stanza a Fort Bragg, fece viaggi in Afghanistan (di cui almeno uno nel 1988) e trascorse i fine settimana nell’area metropolitana di New York City addestrando i membri del MAK, incluso Nosayr. [10] Nonostante i legami di Ali Muhamad con Nosayr, che sarebbe stato facile dedurre dai materiali trovati nella casa di Nosayr, o dal fatto che l’FBI lo seguì mentre addestrava Nosayr a sparare, nel 1989, [11] Ali Muhamad non fu mai arrestato. Continuò invece a vivere pacificamente in California dove si era trasferito. [12] Ciò fu dovuto al fatto che l’FBI tolse i materiali trovati nella casa dei Nosayr all’ufficiale investigativo capo della polizia di New York, Edward Norris, nonché dal procuratore distrettuale di Manhattan Robert Morgenthau. La detenzione di questi materiali non fu scoperta fino dopo l’attentato al World Trade Center del 1993. [13]
Sebbene Nosayr venisse assolto sull’omicidio di Kahane in un processo del 1991, [14] fu condannato per aggressione, coercizione e possesso di una pistola. [15] In seguito ammise il suo ruolo nell’omicidio e, nel 2005, nominò l’attentatore del World Trade Center del 1993 Muhamad Salameh come uno dei suoi cospiratori. [16] Nonostante i chiari legami tra Ali Muhamad e l’omicidio di Meir Kahane, fu lasciato dai servizi di sicurezza nordamericani e poté usare la sua influenza anche per sfuggire alla cattura dai governi stranieri. Nel 1993, non molto tempo prima dell’attentato al World Trade Center, fu brevemente trattenuto dalle autorità canadesi quando si recò dalla California all’aeroporto di Vancouver per prendere Isam Hafiz Marzuq. [17] Marzuq, stretto alleato di Ayman al-Zawahari e Usama bin Ladin, fu detenuto alla dogana per possesso di due passaporti falsi. Quando Muhamad chiese informazioni su Marzuq all’ufficio doganale, anche lui fu arrestato. [18] Dopo essere stato interrogato dall’RCMP, alla fine li convinse a chiamare il suo contatto all’FBI, John Zent. Dopo che Zent garantì per lui, Muhamad fu rilasciato. [19] La protezione che Muhamad ricevette nel 1990 e nel 1993 ebbe gravi ripercussioni. Per uno, Muhamad addestrò diversi membri della cellula responsabile dell’attentato al World Trade Center del 1993, e fu in comunicazione con loro prima dell’attacco. [20] Ma forse ancora più inquietante fu la presenza di un informatore dell’FBI, Imad Salam, nella cellula responsabile dell’attentato. [21] In effetti, Salam non era solo un informatore: sembra fosse l’elemento chiave del complotto. E secondo il New York Times “ostacolò i cospiratori sostituendo segretamente polvere innocua agli esplosivi”. Invece, il piano per neutralizzare le bombe “fu annullato da un supervisore dell’FBI”. L’attentato ebbe luogo, uccidendo sei persone, ferendone oltre 1000 e provocando danni per oltre mezzo miliardo di dollari. [22]
La protezione fornita ad Ali Muhamad ebbe ancora una volta conseguenze devastanti, poiché ebbe un ruolo centrale nell’attentato del 7 agosto 1998 all’ambasciata nordamericana in Kenya. Fu responsabile della creazione di una cellula di al-Qaida in Kenya e sorvegliò l’ambasciata degli Stati Uniti, mostrando le foto che aveva scattato a bin Ladin che poi “indicò dove poteva andare il camion dell’attentatore suicida”. [23] Muhamad era in contatto coll’FBI fino all’attentato, dicendo a un agente dell’FBI nel 1997 che “amava bin Ladin e credeva in lui”. [24] Inoltre, la NSA intercettava le chiamate di uno degli attentatori, Muhamad al-Uhali, che il 5, 6 e 7 agosto chiamò un importante centro operativo di al-Qaida in Yemen, poco prima dell’attacco. [25] L’NSA avrebbe dovuto riconoscere l’importanza del rifugio di al-Uhali a Nairobi, dato il numero di chiamate tra esso e l’hub dello Yemen, noto centro operativo di al-Qaida. A quel punto, l’agenzia monitorava l’hub yemenita da due anni. Devono sapere delle chiamate, eppure non dissero nulla a FBI o CIA. Né la NSA allertò il diretto bersaglio del complotto, il dipartimento di Stato degli Stati Uniti. Dopo gli attentati, quando al-Uhali accidentalmente sopravvisse e cercò di fuggire in Kenya, fece un certo numero di chiamate al centro dello Yemen, che a sua volta chiamò bin Ladin il 10 e 11 agosto. Tali chiamate indicavano chiaramente la presenza di un agente di al-Qaida nel Paese, eppure la NSA non informò mai l’FBI o altri. [26] Le informazioni su queste tali chiamate comparvero solo durante il processo per l’attentato all’ambasciata all’inizio del 2001. [27] È prudente chiedersi in questa fase se tali informazioni furono bloccate dalla “Chop Chain” della NSA, un gruppo interno della NSA composto dal direttore e da altro personale di alto livello della NSA. Secondo l’ex-direttore delle comunicazioni della NSA Tom Drake, il Counter-Terror Shop (CT) dell’NSA, un gruppo di una dozzina di giovani analisti, “pubblicava rapporti” su al-Qaeda, una delle loro aree di responsabilità, ma “nessuno li leggeva”. Questi rapporti presumibilmente includevano le telefonate di al-Uhali.
La Shop Chain di alti dirigenti della NSA era responsabile della lettura di questi rapporti e della decisione di cosa divulgare a FBI, CIA ed altre agenzie. [28] In questo caso, non diffusero i rapporti pertinenti e urgenti, che avrebbero potuto impedire l’attentato, ad alcuna agenzia. Contrariamente alla valutazione di Drake, sembra poco plausibile che la dirigenza della NSA non sapesse dei rapporti del CT Shop sulle telefonate al centro yemenita di al-Qaeda da un Paese in cui al-Qaida aveva appena diretto un grave attacco terroristico a personale statunitense. Sembra, quindi, che NSA, così come FBI, proteggesse la rete di al-Qaida dalle denunce.
Blee, Black e Tenet
Durante l’indagine del Congresso del 2002 sui fallimenti dell’intelligence pre-11 settembre, il rappresentante Richard Burr chiese a Tom Wilshire, vicecapo della Bin Laden Issue Station della CIA, perché non informavano l’FBI sulle attività chiave dei presunti dirottatori dell’11 settembre nel 18 mesi prima dell’attacco. Wilshire rispose che “qualcosa a quanto pare è stato tralasciato e non sappiamo dove”. [29] Nelle prime settimane di quello che sarebbe diventato un insabbiamento decennale, Wilshire tentò di proteggere se stesso e i suoi colleghi affermando che l’incompetenza, non la protezione di un’operazione congiunta CIA-saudita, fu responsabile dei fallimenti della CIA. Vedremo, tuttavia, che Wilshire non fu onesto. In effetti, nell’ultimo decennio, un certo numero di ricercatori identificò un modello di inganno e occultamento che coinvolge non solo Wilshire, ma anche il suo capo, Richard Blee, l’uomo al vertice della Bin Laden Issue (o Alec) Station. Mentre Blee fu oggetto di scrutinio almeno nell’ultimo decennio da ricercatori come Kevin Fenton, John Duffy e Ray Nowosielski, il direttore della CIA Tenet fu sospettato negli ultimi mesi per il suo ruolo nel proteggere almeno una persona coinvolta nell’attacco dell’ottobre 2000 all’USS Cole. Le azioni di Tenet per promuovere e proteggere Richard Blee vanno viste sotto una nuova luce data a) la storia delle telefonate trapelate di recente; e b) le rivelazioni sul ruolo della stazione Alec nella protezione dei sospettati dell’attentato all’USS Cole. Per valutare il grado in cui la CIA fu complice degli attacchi dell’11 settembre, vanno collocate le azioni di Tenet nel contesto del comportamento di Richard Blee.
Biografia di Blee
Per iniziare a svelare i dettagli delle azioni della CIA nei mesi e anni precedenti gli attacchi dell’11 settembre, va scavato nel passato di Richard Blee. Sebbene sia poco noto, sembra che entrò nell’Agenzia come sorta di eredità. Mark Rossini, agente dell’FBI che lavorò alla Alec Station mentre Blee ne era a capo, lo descrisse come uno che “veniva da una famiglia ereditaria dell’Agenzia, e chiaramente portava quella gravità”. [30] Suo padre, David Blee, era un agente leggendario nell’agenzia. Insieme al direttore della CIA William Colby, Blee il Vecchio fu responsabile della cacciata del leggendario e paranoico capo del controspionaggio James Angleton nel 1974. Tra i successi di Blee c’era anche la defezione della figlia di Josif Stalin, Svetlana Allilueva mentre Blee era capo della stazione di Nuova Delhi. Nel 1971, fu promosso a capo dell’Ufficio sovietico. Quando David Blee si ritirò nel 1985, svolgeva il lavoro di Angleton come capo del controspionaggio. [31] Le prime attività di Richard Blee nell’agenzia sono assenti dal registro pubblico. Sappiamo che a 26 anni era attivo nella Repubblica Centrafricana prima di essere inviato in Niger e poi in Algeria. A metà degli anni ’90, Blee fu assegnato a una task force che lavorava per destabilizzare il governo del leader iracheno Sadam Husayn. [32] Immediatamente prima di diventare capo della stazione Alec nel 1999, Blee era un “assistente esecutivo rapido del settimo piano”, posizione che Steve Coll descrive come “terreno fertile tradizionale della leadership della CIA”. [33] Secondo John Duffy e Ray Nowosielski, George Tenet portò Blee con sé al settimo piano quando fu nominato direttore della CIA. [34] Apparentemente Tenet continuava a trovare utile Blee. A metà 1999 l’aveva nominato capo della stazione Alec, formalmente conosciuta come Bin Ladin Issue Station, il fulcro dell’agenzia su tutto ciò che riguardava al-Qaida. [35] Mentre erano alla stazione di Alec, Blee e Tenet continuarono ad avere una stretta relazione; l’agente dell’FBI Mark Rossini descrisse Blee come “uno che aveva chiaramente comunicazione diretta con George”. [36]
Blee e Black alla stazione Alec
Al momento della nomina alla Alec Station nel 1999, Blee iniziò a interessarsi all’Asia centrale. Mentre le aziende statunitensi investivano miliardi negli idrocarburi dell’Asia centrale, la penetrazione militare e di intelligence degli Stati Uniti nella regione proseguiva a ritmo sostenuto. George Tenet incaricò Cofer Black di dirigere il Centro antiterrorismo della CIA nel periodo in cui Blee fu incaricato di dirigere la componente della Stazione Alec. [37] Insieme, Blee e Black lavorarono per creare accordi di collegamento segreti tra il governo dell’Uzbekistan e la CIA. [38] Questi furono successivamente ampliati includendo l’Alleanza del Nord in Afghanistan. [39] Blee sembrò piuttosto entusiasta di espandere le relazioni tra CIA ed Alleanza del Nord, guidata da Ahmed Shah Massoud. Nell’ottobre del 1999, Blee fece pressioni per una partnership allargata tra CIA e Alleanza del Nord, [40] e tornò a rivisitare la questione dopo l’attentato all’USS Cole nell’ottobre 2000. [41] Come notato da Peter Dale Scott e Aaron Good, l’opposizione di Massoud all’invasione statunitense potrebbe aver portato al suo omicidio due giorni prima degli attacchi dell’11 settembre. [42] All’indomani degli attacchi dell’11 settembre, l’ampliamento del coinvolgimento degli Stati Uniti in Asia centrale sembrò tutt’altro che scontato. Lo stesso Blee fu ricompensato per i suoi sforzi nel sostenere una maggiore attività della CIA nella regione divenendo capo della stazione di Kabul. [43] Ma prima di tornare sull’Asia centrale, Blee deviò finendo coinvolto negli sforzi di molti nella CIA e altre agenzie che, collettivamente, “consentirono gli attacchi dell’11 settembre”. [44]
Chi sapeva cosa e quando?
Descrivere in dettaglio le azioni sospette intraprese da Richard Blee e subordinati prima degli attacchi dell’11 settembre riempirebbe un libro, e infatti Kevin Fenton scrisse quel libro. In particolare, Fenton documenta una serie esplosiva di eventi che dimostra il ruolo di Blee nell’impedire che le attività dei cospiratori dell’11 settembre venissero scoperte dall’FBI o dalle amministrazioni Clinton e Bush. In particolare, le dichiarazioni di Blee a Condoleezza Rice e Richard Clarke sono così in contrasto con ciò che sapeva sulle attività di alcuni capi di al-Qaida all’epoca che, chiaramente, la conclusione più plausibile è che Blee intendesse fuorviarli. La storia iniziò nel gennaio 2000 con Qalid al-Mihdhar e Nawaf al-Hazmi a Dubai. Divennero famosi per il presunto ruolo nel far schiantare l’American 77 sul Pentagono, i due andavano a Kuala Lumpur, in Malaysia, per un vertice con altri membri di al-Qaida. A seguito di una soffiata della NSA, la CIA scoprì che il passaporto di al-Mihdhar aveva un visto statunitense che sarebbe scaduto entro pochi mesi e che non aveva ancora utilizzato. [45] Quando questa informazione fu trasmessa alla stazione Alec, Doug Miller, agente dell’FBI assegnato all’unità, ne comprese l’importanza. Redasse un cablogramma da inviare all’Ufficio di presidenza, avvertendo che al-Mihdhar potrebbe presto visitato gli Stati Uniti. Questo cablo fu bloccato dal vice di Blee, Tom Wilshire. Come osservò Fenton, se l’FBI avesse saputo che al-Mihdhar pensava di entrare negli Stati Uniti, sarebbe stato in grado di sorvegliarlo, anche perché visse con un informatore dell’FBI di nome Abdusatar Shayq, nel maggio del 2000. [46] Il 5 marzo 2000, la stazione della CIA di Bangkok, rispondendo a una richiesta della stazione della Malaysia sui viaggi di al-Mihdhar, inviò un cablogramma che indicava che al-Hazmi e al-Mihdhar si erano recati negli Stati Uniti [47] Nonostante le affermazioni contrarie del direttore della CIA Tenet, questo memo fu letto nell’agenzia, incluso dal vice di Blee, Tom Wilshire, il 15 maggio 2001. [48]
Nel maggio 2001, Blee iniziò a informare i membri della squadra di sicurezza nazionale dell’amministrazione Bush, tra cui la consigliera per la sicurezza nazionale Condoleezza Rice, lo zar dell’antiterrorismo Richard Clarke e altri. In un incontro del 28 giugno 2001, Blee disse a Rice e ad altri che “Usama bin Ladin lancerà un significativo attacco terroristico contro gli interessi degli Stati Uniti e/o israeliani nelle prossime settimane”. [49] Il 10 luglio, Blee pronunciò la frase per cui è forse famoso, dicendo a Rice e Tenet: “Ci saranno significativi attacchi terroristici contro gli Stati Uniti nelle prossime settimane o mesi. Gli attacchi saranno spettacolari”. [50] Poi, dal 5 luglio 2001, Wilshire inviò diversi cablogrammi che Richard Blee, tra gli altri, ricevette. In un cablogramma del 23 luglio, Wilshire spiegò che “Qalid Midhar [sic] dovrebbe essere [di] molto interesse comunque, dato il suo legame con il [censurato]”. In questa fase, Wilshire era certamente consapevole che al-Mihdhar e al-Hazmi erano probabilmente già negli Stati Uniti. Aveva bloccato un cablo che includeva queste informazioni nel gennaio 2000 e nel maggio 2001 lesse il cablo di Bangkok del 5 marzo 2000 che descriveva in dettaglio il viaggio di al-Hazmi e al-Mihdhar negli Stati Uniti [51] Tuttavia, chiese ai capi del Centro antiterrorismo della CIA, tra cui Blee, il permesso di trasmettere queste informazioni e relative informazioni all’FBI. Wilshire non ebbe questo permesso e non passò alcuna informazione a nessuno in grado di sorvegliare o detenere tali uomini. [52] Quando Blee ricevette queste informazioni che dettagliavano un noto sospettato di al-Qaida che i suoi subordinati sapevano già essere negli Stati Uniti, non prese alcuna misura per trasmetterle a Rice, FBI o chiunque altro in grado di arrestare o sorvegliare al -Mihdhar. Ad un certo punto, a fine luglio, Blee incontrò il direttore della CIA Tenet e suoi vice, comunicando che “Stanno venendo qui”. [53] Se lo disse, nascose ciò che sapeva bene: che “loro” erano, in effetti, già qui.
Cosa succede quando l’FBI tenta di sventare il complotto?
Avendo dettagliato in che misura Blee e i suoi subordinati alla Alec Station impedirono che alcuni fatti chiave venissero a conoscenza dell’FBI, va approfondito cosa successe quando l’FBI seppe conoscenza di un elemento del complotto terroristico. Il caso di Zacarias Mussaui è esemplificativo. Mussaui era noto all’intelligence britannica e francese alla fine degli anni ’90. Era sorvegliato dall’MI5 tramite un informatore ed indagato dal governo francese per possibili collegamenti con l’assassinio di funzionari consolari in Algeria. Fu inserito nella lista di controllo del terrorismo francese nel 1999. [54] Nonostante questo, Mussaaui non ebbe problemi ad entrare negli Stati Uniti. Prese lezioni di volo tra febbraio e maggio 2001, [55] e a luglio in Minnesota. Fu finanziato da Ramzi Binalshibh, [56] agente di al-Qaida che fu intermediario tra Qalid Shayq Muhamad e gli operativi negli Stati Uniti [57] Il 15 agosto 2001, l’FBI avviò un’indagine su Mussaui [58] sulla base di una soffiata dalla scuola di volo. [59] Gli agenti dell’FBI che indagavano si preoccuparono che fosse una minaccia imminente, [60] e così il 16 agosto fu arrestato dall’INS per il suo visto scaduto. [61] Il 24 agosto, agli agenti dell’FBI che indagavano su Mussaui ebbero informazioni dal servizio di intelligence francese che indicavano che Mussaui era un reclutatore di Ibn al-Qatab, capo mujahidin in Cecenia descritto da un agente dell’FBI come “amico intimo di Bin Ladin”. [62] In questa fase, secondo l’agente dell’FBI e informatore Coleen Rowley, gli agenti dell’FBI erano “disperati nel cercare il computer portatile preso da Mussaui”. [63] Tuttavia, l’Unità per la sicurezza nazionale dell’FBI nemmeno presentò domanda per un mandato d’intelligence alla FISA per perquisire il contenuto del portatile. Il rapporto della Commissione sull’11 settembre definì tale mancanza conseguenza di un “acceso dibattito tra l’ufficio di Minneapolis, il quartier generale dell’FBI e la CIA”. A seguito di detto “acceso dibattito”, il quartier generale dell’FBI decise che la connessione di Mussoui con al-Qattab, come indicato nel rapporto dell’intelligence francese, non era motivo per un mandato FISA perché al-Qattab non era collegabile a una organizzazione terroristica. Questo nonostante il fatto che l’FBI sapesse del legame di al-Qatab con al-Qaida, come indicato da un memorandum dell’aprile 2001 intitolato “Bin Laden/Ibn Khattab Threat Reporting”. [64]
Tuttavia, gli eventi successivi indicano che tale “dibattito vivace” fu un pretesto e distrazione che permise al quartier generale dell’FBI di impedire agli agenti sul campo di Minneapolis di richiedere il mandato di perquisizione. Ciò è confermato dal fatto che il mandato per il portatile di Mussaui, firmato da un giudice in seguito agli eventi dell’11 settembre, non faceva nemmeno riferimento alle informazioni dell’intelligence francese. Ciò che il personale del quartier generale dell’FBI voleva come probabile motivazione, la presunta mancanza di prove che Mussaui fosse una minaccia, fu evidentemente fornita dagli attacchi dell’11 settembre. [65] Come evidenziato dall’uso della scadenza del soggiorno come pretesto per quello che fu effettivamente un arresto preventivo, gli agenti dell’FBI sul campo apprezzarono la potenziale minaccia rappresentata da Moussaoui e credettero di avere un motivo sufficiente. Uno degli agenti a Minneapolis disse che “cercava di impedire a Mussaui di far schiantare un aereo contro il World Trade Center”. [66] Il quartier generale dell’FBI, d’altra parte, affermò di non apprezzare questa minaccia, con Michael Maltbie che disse agli agenti dell’FBI di Minneapolis: “hai un tizio interessato a questo tipo di aereo. Ed è tutto.” [67] Rita Flack, altro membro dello staff del quartier generale, approvò gli sforzi di Maltbie per bloccare il mandato, nonostante avesse letto il cosiddetto Phoenix Memo, in cui l’FBI di Phoenix disse al quartier generale dell’FBI che al-Qaida usava le scuole di volo per addestrarsi al volo per fini terroristici. [68] Dopo aver letto questo promemoria, erano certamente consapevoli che Mussaui rappresentasse una minaccia, eppure continuarono ad impedire agli agenti dell’FBI di Minneapolis di indagare su Mussaui. Gli sforzi per bloccare l’indagine furono così eclatanti per gli agenti dell’FBI a Minneapolis che, secondo Rowley, “furono effettivamente fatte battute sul fatto che il personale a capo dell’FBIHQ dovevano essere spie o talpe… sullo sforzo di Minneapolis”. [69]
Fenton documentò come anche Tom Wilshire, noto per il suo ruolo nella protezione degli associati di al-Qaida, fosse coinvolto nel caso Moussaoui. [70] Il 24 agosto, Wilshire inviò un telegramma a Dave Frasca, Michael Maltbie e Rita Flack, i tre membri dello staff del quartier generale dell’FBI che si occupavano del caso. Chiese agli agenti se avevano ottenuto informazioni biografiche su Mussaui, se avevano già ottenuto foto e se la CIA poteva ottenere le foto per fornirle alle risorse dell’agenzia sul campo. [71] Ciò indicava che sapeva degli sforzi del quartier generale per ottenere ulteriori informazioni su Mussaui e che in questo caso facilitò il trasferimento di informazioni dall’FBI alla CIA. Nel suo telegramma al quartier generale dell’FBI, Wilshire fece riferimento al caso Mussaui chiedendo a Dave Frasca “dove siamo rispetto alla gente del Minneapolis Airplane IV”. Non è chiaro se si riferisse a Mussaui o all’ufficio dell’FBI a Minneapolis. [72] Ciò che è chiaro è che, mentre gli agenti sul campo di Minneapolis “cercavano di impedire a Mussaui di far schiantare un aereo contro il World Trade Center” [73] e un agente della CIA indicò che il quartier generale dell’FBI era preoccupato che Mussaui “parlasse a un torre di controllo mentre mirava con un 747 alla Casa Bianca”, [74] Wilshire minimizzò la minaccia facendo una battuta sul film parodia catastrofico “Airplane!” Fenton spiegò che Tom Wilshire era “parte del gruppo del quartier generale dell’FBI che incatenò il caso… era un membro a capo di questo gruppo, e… fu l’autore dell’ostruzionismo o l’approvò e rafforzò minando le indagini dell’FBI”. [75]
Anche se abbiamo solo un cablo da Wilshire al quartier generale dell’FBI, ce ne sono sicuramente altri. La declassificazione e il rilascio di tali altri cablo getterebbero luce sulla dinamica tra Wilshire e altri membri dello staff del quartier generale dell’FBI. Come osserva Kevin Fenton, se l’indagine su Mussaui non fosse stata ostacolata dall’alto, FBI e CIA avrebbero probabilmente identificato almeno 11 dei 19 dirottatori. Questo perché, come discusso in precedenza, Mussaui fu finanziato da Binalshibh. Binalshibh era strettamente collegato a tre dei presunti dirottatori: Muhamad Atta, Ziad Jarah e Marwan al-Shahi. Quando Mussaui fu arrestato, aveva una lettera di Yazid Sufat, ospite del suddetto vertice del gennaio 2000 in Malausia. Inoltre, la CIA aveva anche osservato Sufat in compagnia di Qalid al-Mihdhar e Nawaf al-Hazmi. [76]
Da parte sua, anche George Tenet sapeva del caso Mussoui. Fu informato il 23 agosto da un documento intitolato “L’estremismo islamico impara a volare”. [77] Tuttavia, non disse a nessuno del caso, incluso il presidente. Tenet fu contatto con il presidente Bush tra il 31 agosto e il 10 settembre [78] e in un’intervista con Tim Russert affermò di non aver “nascosto nulla al presidente” durante quel periodo. [79] Tuttavia, durante quel periodo di segnalazioni di gravi minacce, quando Tenet sapeva che era probabile un attacco sul suolo nordamericano, non riferì al presidente Bush, o chiunque altro, di sapere che un “fondamentalista islamico” si era recato negli Stati Uniti per imparare a pilotare i 747. [80] Sostenne che, all’epoca, non aveva idea che il caso fosse collegato ad al-Qaida; pensava che se ne occupasse l’FBI, e quindi non ne parlò con nessuno. [81] Al momento dell’attacco, tuttavia, Tenet comprese molto bene l’importanza di Mussaui, tanto che la notizia degli attacchi dell’11 settembre lo portò a chiedersi se Mussaui avesse qualcosa a che farci. La mattina dell’11 settembre, mentre faceva colazione al St. Regis Hotel con l’ex-senatore dell’Oklahoma David Boren, ricevette una telefonata che lo informava dell’attacco al World Trade Center. Boren in seguito affermò che quando Tenet se ne andò si chiese: “Mi chiedo se questo abbia qualcosa a che fare col tizio che studiava la licenza di pilota?” [82] Così, nonostante le affermazioni contrarie, sembra che Tenet effettivamente nascose qualcosa dal presidente.
L’uomo di Tenet?
Come detto, Richard Blee sembra l’uomo del direttore della CIA George Tenet, o almeno uno di loro. Coll’assistenza di Tenet, divenne capo della stazione Alec a 41 anni, cinque anni più giovane del leggendario padre quando fu nominato capo della stazione. [83] In seguito al disastroso fallimento dell’Alec Station nell’impedire gli attacchi dell’11 settembre, Blee fu assegnato a Kabul come capo della stazione, probabilmente una promozione. Dato che l’agenzia espandeva massicciamente le attività nella regione dopo l’11 settembre, questa era certamente una posizione importante per un uomo con interessi sull’Asia centrale. [84] Quando i ricercatori scoprirono l’identità di Blee e il suo ruolo nelle azioni disastrose della dirigenza della Alec Station prima degli attacchi, Tenet tentò di proteggerlo. Nel 2011, John Duffy e Ray Nowosielski lavoravano a un podcast sulle azioni della CIA nei confronti di al-Mihdhar e al-Hazmi. Avevano intervistato l’ex-coordinatore nazionale dell’antiterrorismo Richard Clarke, che fece dichiarazioni che implicavano Blee in un complotto per nascondere informazioni all’FBI e allo stesso Clarke (alcune descritte in dettaglio in questo articolo). Duffy e Nowosielski inviarono un video dell’intervista a Tenet, che rispose con una dichiarazione congiunta rilasciata insieme a Cofer Black e Richard Blee. Tentarono di discolparsi, affermando “abbiamo testimoniato sotto giuramento su ciò che abbiamo fatto, ciò che sapevamo e ciò che non sapevamo. Confermiamo questa testimonianza”. [85] Sfortunatamente per Tenet, quella testimonianza includeva una serie di affermazioni che ora sappiamo essere false. Una falsa dichiarazione particolarmente intrigante riguarda il cruciale cablo della stazione di Bangkok del 5 marzo 2000 che descriveva in dettaglio al-Hazmi e un compare (al-Mihdhar) recatisi negli Stati Uniti [86]. Tenet testimoniò al Congresso che “so che nessuno ha letto quel cablogramma”. Ripeté che “nessuno ha letto quel cablo da marzo” e quando fu pressato dal senatore Levin, nuovamente affermò che “nessuno ha letto quell’informazione sul cablo”. Tuttavia, il rapporto dell’ispettore generale della CIA indica che “nel periodo da gennaio a marzo 2000, da 50 a 60 persone lessero uno o più dei sei cablogrammi dell’Agenzia contenenti informazioni sul viaggio di questi terroristi”. [87] Per Tenet insistere sul fatto che “nessuno lesse quel cablogramma”, quando sappiamo che Wilshire lo fece il 15 maggio 2001, suggerisce che potrebbe aver fatto parte degli sforzi della CIA di Black e Blee nel bloccare l’indagine dell’FBI sulle operazioni di al-Qaida. Più chiaramente, Tenet fece parte del tentativo di nascondere l’intero fiasco a un’inchiesta del Congresso.
Perché Wilshire era così preoccupato? Il caso per la sorveglianza GID dei presunti dirottatori dell’11 settembre
Analizzando il comportamento di Tom Wilshire, i cablogrammi che inviò tra 5 e 23 luglio sono piuttosto curiosi. Come notato, Wilshire impedì all’agente dell’FBI Doug Miller di passare all’FBI informazioni sul viaggio di Qalid al-Mihdhar e Nawaf al-Hazmi negli Stati Uniti nel gennaio 2000. Poi continuato a ignorare queste informazioni, senza informare l’FBI, anche dopo che ciò gli fu ricordato di nuovo il 15 maggio 2001, dopo aver letto un cablogramma del 5 marzo 2000 dalla stazione di Bangkok che descriveva in dettaglio il viaggio di al-Mihdhar e al-Hazmi negli Stati Uniti. Perché allora, nel luglio 2001, Wilshire inviò tre cablogrammi a Blee e ad altri del Centro antiterrorismo della CIA, nominando esplicitamente al-Mihdhar come minaccia alla sicurezza nazionale nordamericana? Come spiegato, Blee era certo di un imminente attacco di al-Qaida sul suolo nordamericano. Tenet disse alla Commissione 11 settembre che nell’estate 2001, “il sistema dava allarme rosso”. [88] Kevin Fenton sostenne che Wilshire, consapevole di tale minaccia, avrebbe tentato di avvisare Blee che al-Mihdhar e al-Hazmi, presunti dirottatori che stavano proteggendo, probabilmente erano coinvolti nell’attacco imminente. [89] Se è così, allora la curiosa coincidenza del cablogramma di Wilshire del 5 luglio e del rientro di al-Mihdhar negli Stati Uniti il 4 luglio assume nuovo significato. Se Wilshire sapeva che al-Mihdhar era rientrato negli Stati Uniti il 4 luglio, potrebbe averlo spinto a tentare di avvertire Blee del pericolo imminente. Wilshire e Blee avevano protetto al-Mihdhar per 18 mesi, e se fosse stato coinvolto in un attacco imminente, qualsiasi indagine su ciò che la CIA sapeva, come alla fine fu scoperto, avrebbe svelato questo fatto. Wilshire avrebbe agito per proteggere se stesso e Blee, o solo se stesso. Sebbene nulla nei registri pubblicamente disponibili della CIA indichi che l’agenzia sorvegliasse al-Mihdhar, forti prove circostanziali suggeriscono che elementi del governo dell’Arabia Saudita abbiano trasmesso queste informazioni alla CIA. Nel 2007, il principe Bandar, ambasciatore saudita negli Stati Uniti, commentò che “la sicurezza saudita ha seguito attivamente con precisione i movimenti della maggior parte dei terroristi” prima degli attacchi dell’11 settembre. [90]
Naturalmente, la pubblicazione del 2016 delle “28 pagine” a lungo classificate della Joint Congressional Inquiry diede indicazioni sul fatto che Bandar ne sapesse più di quanto lasciasse intendere. Queste pagine riservate furono tolte da un’indagine dell’FBI condotta dal team del manager Pat D’Amuro nelle settimane successive all’11 settembre. Le indagini dell’FBI si concentrarono su due uomini, Umar al-Bayumi e Usama Basnan. Sebbene i resoconti differiscano su come Bayumi incontrò al-Hazmi e al-Mihdhar, ciò che è chiaro è che fu vicino alla coppia. [91] Gli assicurò un appartamento a San Diego accanto al suo, fece da garante nel contratto di locazione e persino gli diede più di 1500 dollari per due mesi di affitto. Più significativamente, li aiutò a organizzare le lezioni nella scuola di volo. [92] Bayumi era impiegato della Dallah Avco, [93] società di servizi aeronautici saudita di proprietà dell’ormai caduto in disgrazia e presumibilmente imprigionato [94] miliardario saudita Salah Abdullah Qamal. [95] Quando Bayumi iniziò a lavorare, aveva uno stipendio di meno di 500 dollari al mese. Quando al-Hazmi e al-Mihdhar arrivarono a San Diego, la sua paga salì a 3700 dollari al mese. [96] Questo, nonostante una fonte dicesse all’FBI che Bayumi era un “impiegato fantasma” della Dallah Avco “pagato per non fare nulla”. [97] Bayoumi riceveva anche ingenti somme di denaro, per decine di migliaia di dollari, nientemeno che da Haifa bint Fyisal, la moglie del principe Bandar. [98] In un’occasione, Bayumi ricevette direttamente un assegno dal conto del principe Bandar. [99] Bayumi lasciò gli Stati Uniti nel luglio 2001, [100] ma non molto tempo dopo il suo buon amico Usama Basnan si trasferì nel suo condominio, che come noto ospitava anche al-Hazmi e al-Mihdhar. L’FBI ritenne che questo “indicasse che [Basnan] è succeduto a Umar al-Bayumi e potrebbe intraprendere attività per conto del governo dell’Arabia Saudita”. [101] Certamente Basnan sembrò simpatizzare coi presunti dirottatori: dopo l’11 settembre, secondo quanto riferito, Basnan “celebrò gli eroi dell’11 settembre” e disse “che giorno meraviglioso e glorioso era stato”. [102]
L’indagine dell’FBI rivelò che Basnan aveva ricevuto più di 74000 dollari in assegni circolari dalla moglie di Bandar tra febbraio 1999 e maggio 2002. In un’occasione, Basnan ha ricevuto 15000 dollari direttamente dal principe Bandar. [103] Nell’aprile 2002, Basnan incontrò uno sconosciuto “alto principe saudita che ha responsabilità sull’intelligence” [104] e che faceva parte di un entourage reale saudita arrivato in Texas per incontri con Bush, Cheney e Rumsfeld. Questo principe fornì a Basnan “una notevole quantità di denaro”. [105] Queste connessioni suggeriscono fortemente che Basnan fosse un agente dell’intelligence saudita.
Collettivamente, questi collegamenti tra gli agenti dell’intelligence saudita (GID), il principe Bandar e i presunti dirottatori dell’11 settembre sono fortemente indicativi di un ruolo del GID nella gestione dei dirottatori e danno credito all’affermazione di Bandar secondo cui il GID seguisse da vicino i movimenti dei dirottatori. Alla luce di tutto ciò, vanno scoperti i dettagli sulle informazioni che Bandar o altri funzionari dell’intelligence saudita avrebbero fornito a Tenet. Come riferì James Risen, Bandar e Tenet erano vicini, con Tenet che visitava mensilmente la tenuta di Bandar a McLean, in Virginia. Tenet e Bandar si scambiavano spesso informazioni, ma Tenet non le rivelava ad altri funzionari della CIA: l’agenzia scoprì solo ciò che fu discusso da fonti saudite, in genere molto tempo dopo i fatti. [106] Il rapporto di Tenet coi sauditi era così stretto che negli anni ’90 Tenet nominò uno dei suoi migliori aiutanti a capo della stazione di Riyadh. Questo capo della stazione comunicava spesso direttamente con Tenet, aggirando la catena di comando e quindi “[facendo impazzire] i baroni della [divisione del Vicino Oriente] e del [Centro antiterrorismo] perché non erano nel giro”. Infatti, secondo la fonte di Risen, “i massimi dirigenti della CIA erano intenti ad assicurarsi che la CIA non producesse informazioni politicamente scomode che causassero grattacapi alla Casa Bianca”. [107] La nomina da parte di Tenet di un assistente di primo piano a una posizione delicata a Riyadh rispecchiava la nomina di Tenet di Blee a una posizione delicata presso la stazione Alec. Tale stretta relazione tra Tenet e intelligence saudita, che tenne fuori dal giro la Divisione del Vicino Oriente e il Centro antiterrorismo, segue il modello allarmante e noto del post-Watergate di aggirare la burocrazia della CIA per consentire operazioni segrete ed evitare la responsabilità di fronte alla “interferenza congressuale”.
La rete Safari Club, di cui questa relazione Tenet/sauditi sembrò un pezzo, fu creata appositamente per collegare la leadership della CIA coi capi dell’Arabia Saudita e di altre agenzie di intelligence per evitare la responsabilità e mantenere le operazioni di intelligence segrete e non ostacolate dal Congresso. In tale contesto, lo stretto rapporto di Tenet con Bandar e altri nella comunità dell’intelligence saudita era preoccupante, poiché indica il desiderio di segretezza anche da alti funzionari della CIA, per non parlare degli organi del Congresso incaricati della supervisione dell’intelligence. Un altro luogo probabile della collaborazione GID-CIA fu il “comitato congiunto di intelligence” saudita-statunitense del 1997 istituito dal ministro della Difesa saudita, il principe Sultan bin Abdulaziz e presumibilmente suoi omologhi nella difesa ed intelligence statunitensi. Questo comitato fu istituito “per condividere informazioni sul terrorismo e bin Laden (e al-Qaida)”. [108] Peter Dale Scott scrisse che tale comitato faceva parte di un accordo di collegamento tra CIA e GID. La natura di tali accordi di collegamento, come spiega Scott, significa che “probabilmente avrebbe richiesto autorizzazioni di accesso speciali per chi sapesse dell’accordo e condividevano informazioni di collegamento”. Questo spiegherebbe alcune gravi anomalie.
In primo luogo, c’è l’ampia protezione fornita ad al-Hazmi e al-Mihdhar da Wilshire e altri della stazione Alec della CIA. In secondo luogo, ci sono prove che suggeriscono la trasmissione di informazioni tra elementi del GID che monitoravanoi al-Hazmi e al-Mihdhar e Wilshire.
Terzo, c’è il fatto che alcuni membri della Alec Station, come Doug Miller, furono deliberatamente tenuti fuori dal giro. [109] Un accordo di collegamento finora segreto che prevedeva il passaggio sicuro di al-Hazmi e al-Mihdhar negli Stati Uniti sembra la spiegazione più sensata per tutto questo.
Lo schema dei fatti qui presentato è circostanziale, ma supporta la conclusione che alcuni elementi della CIA, tra cui Wilshire e Blee, non solo sapevano dei movimenti di al-Hazmi e al-Mihdhar, ma attivamente proteggevano delle operazioni secondo un accordo di collegamento congiunto CIA-GID. Tale spiegazione tiene conto di una serie di fattori, vale a dire: il ruolo del GID nel gestire al-Hazmi e al-Mihdhar, il ruolo personale del principe Bandar nel finanziare i loro gestori Bayumi e Basnan, il rapporto stretto e segreto di Bandar con Tenet e il rapporto personale e diretto di Tenet con Blee. In tale contesto, la tempistica del cablogramma di Wilshire del 5 luglio che esprimeva allarme per il probabile ruolo di al-Mihdhar nell’imminente attacco terroristico e il rientro di al-Mihdhar negli Stati Uniti il 4 luglio non vanno liquidati come mera coincidenza.
Il coinvolgimento di Tenet nel pre-insabbiamento
Negli ultimi mesi, Tenet fu oggetto di ulteriori controlli per il suo ruolo nella protezione di capi di al-Qaeda. Come dettagliato da Alex Rubinstein, le telefonate trapelate tra Tenet e l’allora presidente yemenita Ali Abdullah Salah, pubblicate dal governo huthi dello Yemen, indicano che Tenet fece pressioni su Salah per rilasciare un prigioniero detenuto dal governo yemenita per l’attacco all’USS Cole. [110] In quel momento, i sospetti dell’attacco al Cole erano la massima priorità per Alec Station. In effetti, il cablo di Tom Wilshire del 23 luglio 2001 fu in risposta a un cablo del 13 luglio. In tale cablogramma, Wilshire discusse di Walid Muhamad bin Atash come attore chiave nell’attacco all’USS Cole e chiese ai capi el Centro antiterrorismo della CIA, tra cui Blee, se l’FBI poteva essere informato. Per ribadire, il permesso di ciò non era imminente. [111] Qalid al-Mihdhar, protetto da Blee, Wilshire e altri nella stazione Alec in numerose occasioni, era anche sospettato dell’attacco. L’allora primo ministro yemenita, Abdalqarim al-Iryani, dichiarò che al-Mihdhar “era uno degli autori del Cole, coinvolto nei preparativi”. [112] Sembra che Tenet fosse impegnato a garantire che l’FBI non fosse informato sugli attentati di al-Qaeda e del Cole. Quando il presidente Salah informò Tenet che l’FBI era in Yemen ad indagare sull’attentato e chiese se potevano venire a recuperare il prigioniero in questione, Tenet insistette sul fatto che “questo è un mio uomo, questo è un mio problema, il mio problema”. Salah e Tenet poi discussero i dettagli, per cui un agente della stazione della CIA nello Yemen avrebbe recuperato il prigioniero, invece dell’FBI. [113]
Il maggiore-generale Abdulqadir al-Shami, vicecapo del servizio di sicurezza e intelligence yemenita, dichiarò ai media huthi che l’identità del prigioniero non era altri che Anwar al-Awlaki. Al-Awlaki fu indagato dall’FBI nel 1999 e nel 2000 per il possibile ruolo di agente di approvvigionamento di Usama bin Ladin. [114] Il suo possibile ruolo come risorsa della CIA è particolarmente intrigante alla luce delle sue relazioni coi presunti dirottatori al-Hazmi e al-Mihdhar, gli uomini le cui attività furono nascoste da Blee e altri della stazione Alec. Come osserva il rapporto della Commissione sull’11 settembre, al-Awlaki ammise di aver incontrato al-Hazmi quando era imam nella moschea Rabat a San Diego. [115] In effetti, molti agenti dell’FBI sospettavano che al-Awlaki potesse aver effettivamente assicurato l’alloggio di al-Hazmi e al-Mihdhar quando andarono ad Alexandria, in Virginia, sospetto condiviso dai commissari. [116] Come rivelarono i documenti ottenuti da Judicial Watch con una richiesta FOIA del 2013, il 27 settembre 2001 l’FBI sapeva che al-Awlaki aveva acquistato biglietti aerei a luglio e agosto 2001 per i presunti dirottatori Atta, Suqami e al-Sheri. [117] La successiva presenza di al-Awlaki a una cena del Pentagono del 5 febbraio 2002 come “musulmano moderato” appare incongrua con l’assistenza ai presunti dirottatori dell’11 settembre. [118] In effetti, una squadra di sorveglianza dell’FBI seguì al-Awlaki nella cena, probabilmente perché il giorno prima lo avevano identificato come “membro di un’organizzazione terroristica”. [119] Ma mentre poteva essere stato solo un obiettivo della sorveglianza dell’FBI nel febbraio 2002, i suoi ripetuti arresti e rilasci negli Stati Uniti, nell’ottobre 2002, novembre 2006 e luglio 2007, dipingono il quadro di una risorsa dell’FBI. [120]
Una nota dell’FBI del 22 ottobre 2002, con oggetto “Anwar Nasser Aulaqi” e il titolo “Sinossi: Asset Reporting”, sembra confermarlo, [121] così come il fatto che solo 12 giorni prima che questo memo fosse scritto, fu trattenuto all’aeroporto JFK con mandato per frode del passaporto, ma fu rilasciato su indicazione di un agente dell’FBI. [122] L’apparente status di al-Awlaki a risorsa dell’FBI dopo l’11 settembre è preoccupante, data la sua relazione con Bayumi, gestore di al-Hazmi e al-Mihdhar a San Diego. Un articolo di Atlantic del 2011 descriveva al-Awlaki come uno dei frequenti “partner nelle discussioni” di Bayumi. Nel febbraio 2000, subito dopo che al-Hazmi e al-Mihdhar arrivarono a San Diego, usarono il cellulare di Bayumi per chiamare al-Awlaki in quattro occasioni. [123] Dato che al-Awlaki svolse lo stesso ruolo di Bayumi a San Diego nel garantire l’alloggio ad al-Hazmi e al-Mihdhar ad Alexandria, e che aveva uno stretto rapporto con la risorsa del GID Bayumi, sembra probabile che fosse soggetto all’Accordo di collegamento GID-CIA che riguardava al-Hazmi e al-Mihdhar, ed era certamente sotto sorveglianza del GID (via Bayumi), per lo meno. In entrambi i casi, gli elementi della CIA che sapevano dell’accordo di collegamento GID-CIA sarebbero stati a conoscenza di al-Awlaki e sue azioni, proprio come dei movimenti di al-Hazmi e al-Mihdhar. Supponendo che il maggiore-generale al-Shami avesse ragione e che il prigioniero da Tenet liberato fosse al-Awlaki, vanno esplorate le implicazioni di ciò. Come discusso, la relazione di Tenet con Bandar e l’accordo di collegamento GID-CIA significa che probabilmente sapesse della relazione di al-Awlaki con al-Hazmi e al-Mihdhar a San Diego, proprio come Wilshire della stazione Alec. Se Tenet non avesse assicurato il rilascio di al-Awlaki, e gli agenti dell’FBI potevano interrogarlo, si sarebbero trovati di fronte a un uomo già indagato dal Bureau nel 1999 e 2000. [124]
L’indagine sulle attività di al-Awlaki a San Diego ne avrebbero scoperto la connessione col frequente partner nelle discussioni e risorsa del GID Bayoumi, se non altro obiettivo invitante per l’FBI nell’ambito del controspionaggio. Sebbene i risultati di qualsiasi indagine controfattuale dell’FBI siano speculativi, se al-Awlaki fosse stato in custodia federale avrebbe certamente significato che non sarebbe stato ad Alexandria a garantire un alloggio ad al-Hazmi e al-Mihdhar prima dell’11 settembre. Che al-Awlaki, cittadino statunitense, sia stato ucciso da un attacco dei droni il 30 settembre 2011, meno di sei mesi dopo che il rappresentante Peter King (R-NY) aprisse una nuova indagine sui suoi collegamenti coi presunti dirottatori, potenzialmente comporta gravi implicazioni. [125]
L’FBI attivamente nascose al-Awlaki alla Commissione sull’11 settembre, “rifiutando di organizzare interviste tra la Commissione e al-Aulaqi [sic]”. Continuò ad ostacolare, anche dopo che un funzionario dell’Accademia dell’FBI ricevette un’e-mail il 23 ottobre 2003 da al-Awlaki in cui affermava di essere “in giro e disponibile” per un’intervista dalla Commissione, che era nello Yemen alla sua ricerca in quel momento. Alla fine, non fu mai intervistato dalla Commissione, e tutto ciò che sapeva su Bayumi, al-Hazmi o al-Mihdhar fu reso definitivamente inaccessibile con la sua morte. [126]
L’insabbiamento della CIA: illecito o errore?
Ormai è chiaro che, quando il vicecapo della stazione Alec, Tom Wilshire, riferì alla Joint Intelligence Inquiry sull’11 settembre che “qualcosa apparentemente era caduto e non sappiamo dove”, non era sincero. [127] In effetti, lui e i suoi collaboratori, compresi i superiori, il capo della stazione Alec Richard Blee e il direttore della CIA Tenet, erano impegnati nell’occultare ciò che sembravano operazioni CIA-GID. Questi funzionari della CIA fecero passi attivi per nascondere le operazioni all’FBI e alle amministrazioni Clinton e Bush. Tali operazioni coinvolsero alcuni di quelli che furono accusati di avere avuto un ruolo nell’11 settembre, e furono condotte in collaborazione con elementi del GID saudita. Tale protezione dei presunti dirottatori dell’11 settembre avrebbe avuto una spiegazione per le fasi precedenti, ad esempio, come tentativo di sorvegliare i “veri terroristi” delle cellule di al-Qaida. Ma in seguito al coinvolgimento di al-Mihdhar nell’attacco all’USS Cole, e in particolare dopo l’identificazione da Wilshire di al-Mihdhar come seria minaccia e la sua incapacità di agire su tale minaccia nel luglio 2001, tale innocente spiegazione è insostenibile. Kevin Fenton, nel suo libro Disconnecting the Dots, concluse che “entro l’estate del 2001, lo scopo dell’occultamento era permettere gli attentanti”. [128]
Non abbiamo prove sufficienti per sapere fino a che punto Blee, Wilshire e Tenet fossero al corrente della portata degli attacchi. Detto questo, i commenti di Blee secondo cui ci sarebbero stati “significativi attacchi terroristici contro gli Stati Uniti nelle prossime settimane o mesi” e che questi “attacchi saranno spettacolari” fornivano indizi su ciò che si aspettavano. [129] Risalente al 1999, il ruolo di Blee nel coltivare relazioni col governo dell’Uzbekistan e l’Alleanza del Nord anti-taliban indica anche che avrebbero potuto aspettarsi che il probabile esito di tali spettacolari attacchi sarebbe stata l’invasione dell’Afghanistan. In seguito agli eventi dell’11 settembre, Tenet si impegnò nell’insabbiamento, incluse false dichiarazioni sotto giuramento per proteggere Blee e Wilshire. Allo stesso tempo, premiò Blee con la promozione a capo della stazione di Kabul, dove Blee ebbe un ruolo nei piani NSPD-9 per l’invasione afgana, piani elaborati il 4 e 10 settembre 2001. Infine, le azioni di Tenet per proteggere un prigioniero trattenuto in connessione coll’attentato all’USS Cole sembrano smentire la narrativa “maldestra della CIA” avanzata da Wilshire nella sua testimonianza. Dato che questo prigioniero era chiaramente Anwar al-Awlaki, Tenet sembra essersi impegnato in una protezione analoga alle azioni di Wilshire e Blee nei confronti di al-Hazmi e al-Mihdhar. Dopotutto, al-Awlaki fu in contatto con quei due presunti dirottatori prima dell’attacco all’USS Cole, e dopo l’attacco acquistò biglietti aerei e diede alloggio a cinque presunti dirottatori. Le azioni di Tenet richiedono spiegazioni.
Mentre il lento flusso di informazioni nella stampa mainstream sul coinvolgimento saudita nell’11 settembre sembra avanzare una storia di copertura di ripiego “I sauditi l’hanno fatto”, gli argomenti sviluppati in questo articolo indicano la complicità della CIA in qualunque operazione dei servizi di sicurezza sauditi. La protezione della CIA dei presunti dirottatori al-Hazmi e al-Mihdhar era cruciale, poiché senza l’FBI li avrebbe probabilmente arrestato con molti altri presunti dirottatori. In effetti, senza la protezione di al-Hazmi e al-Mihdhar, l’apparente coinvolgimento di al-Qaida negli attacchi dell’11 settembre non sarebbe stato così evidente. Vale a dire che senza tale protezione, la dirigenza della politica estera statunitense sarebbe stata privata del pretesto di cui aveva bisogno per convincere l’opinione pubblica e i politici nordamericani, nonché alleanze e istituzioni internazionali come NATO e Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, della necessità di lanciare la Guerra Mondiale al Terrore. Attribuire la responsabilità esclusiva degli attacchi dell’11 settembre ad al-Qaida fu l’elemento più importante di tale pretesto. Le prove qui raccolte tardivamente rendono quel pretesto sostanzialmente insostenibile ora. È nostra speranza che nuove informazioni sul coinvolgimento saudita nell’11 settembre non distraggano dalla comprovata complicità della CIA e di altri della burocrazia della sicurezza nazionale.
Note:
1. Peter Dale Scott, “The Falsified War on Terror: How the US Has Protected Some of Its Enemies”, The Asia-Pacific Journal: Japan Focus 11, no. 40 (October 1, 2013).
2. Scott, “The Falsified War on Terror.”
3. Stephen Franklin, “Slain Muslim Had Link to Radical Cleric” Chicago Tribune, July 11, 1993.
4. Douglas Jehl, “C.I.A. Officers Played Role In Sheik Visas”, The New York Times, July 22, 1993.
5. Scott, “The Falsified War on Terror.”
6. “Ali Mohamed Case” (U.S. Department of Defense: Defense Human Resources Activity, n.d.).
7. John Kifner, “Police Think Kahane Slaying Suspect Acted Alone” The New York Times, November 8, 1990.
8. “Ali Mohamed Case.”
9. Lawrence Wright, The Looming Tower: Al-Qaeda and the Road to 9/11 (New York: Vintage Books, 2011), 180.
10. Wright, The Looming Tower, 181.
11. Peter Lance, 1000 Years for Revenge: International Terrorism and the FBI (New York: Regan Books, 2003), 30, 31, 32.
12. Wright, The Looming Tower, 181.
13. Scott, “The Falsified War on Terror.”
14. Selwyn Raab, “Jury Acquits Defendant in Kahane Trial” The New York Times, December 22, 1991.
15. Ronald Sullivan, “Judge Gives Maximum Term in Kahane Case” The New York Times, January 30, 1992.
16. Gil Stern and Stern Shefler, “‘Sharon Was Kahane Killer’s Target‘” Jerusalem Post, August 15, 2010.
17. Scott, “The Falsified War on Terror.”
18. Estanislao Oziewicz and Tu Thanh Ha, “Canada freed top al-Qaeda operative” The Globe and Mail, November 22, 2001.
19. Scott, “The Falsified War on Terror.”
20. “Ali Mohamed Case.”
21. Ralph Blumenthal, “Tapes in Bombing Plot Show Informer and F.B.I. at Odds” The New York Times, October 27, 1993.
22. Ralph Blumenthal, “Tapes Depict Proposal to Thwart Bomb Used in Trade Center Blast”, The New York Times, October 28, 1993.
23. Joseph Neffand and John Sullivan, “Al-Qaeda Terrorist Duped FBI, Army” The News & Observer, October 21, 2001.
24. Neffand and Sullivan, “Al-Qaeda Terrorist Duped FBI, Army.”
25. Kevin Fenton, Disconnecting the Dots: How CIA and FBI officials helped enable 9/11 and evaded government investigations (Walterville, OR: Trine Day, 2011), 13, 14.
26. Fenton, Disconnecting the Dots, 15.
27. Fenton, Disconnecting the Dots, 13.
28. John Duffy and Ray Nowosielski, The Watchdogs Didn’t Bark: The CIA, NSA, and the Crimes of the War on Terror (New York: Hot Books, 2018), 25, 26.
29. “Joint Inquiry into Intelligence Community Activities Before and After the Terrorist Attacks of September 11, 2001” (U.S. Government Printing Office, September 2002). Cf. Fenton, Disconnecting the Dots, 61.
30.Duffy and Nowosielski, The Watchdogs Didn’t Bark, 46.
31. James Risen, “David H. Blee, 83, C.I.A. Spy Who Revised Defector Policy” The New York Times, August 17, 2000.
32. Duffy and Nowosielski, The Watchdogs Didn’t Bark, 47.
33. Steve Coll, Ghost Wars: The Secret History of the CIA, Afghanistan, and Bin Laden, from the Soviet Invasion to September 10, 2001 [New York: Penguin Press, 2004), 451-452. Blee is known as “Rich” throughout this book.
34. Duffy and Nowosielski, The Watchdogs Didn’t Bark, 47.
35. Coll, Ghost Wars, 456.
36. Duffy and Nowosielski, The Watchdogs Didn’t Bark, 46.
37. Coll, Ghost Wars, 456.
38. Coll, Ghost Wars, 459.
39. Ned Zeman, et al., “The Path to 9/11: Lost Warnings and Fatal Errors,” Vanity Fair, December 19, 2004.
40. Coll, Ghost Wars, 461, 471, 472.
41. Coll, Ghost Wars, 539, 540.
42. Peter Dale Scott and Aaron Good, “Was the Now-Forgotten Murder of One Man on September 9, 2001 a Crucial Pre-condition for 9/11?” CovertAction Magazine, December 9, 2020.
43. Fenton, Disconnecting the Dots, 380.
44. Fenton, Disconnecting the Dots, 371.
45. Fenton, Disconnecting the Dots, 42.
46. Fenton, Disconnecting the Dots, 43, 44, 45.
47. Fenton, Disconnecting the Dots, 115, 116, 117.
48. Kean and Hamilton, “The 9/11 Commission Report,” 267. Wilshire is referred to by the pseudonym “John” throughout the report.
49. Fenton, Disconnecting the Dots, 284.
50. Chris Whipple, “‘The Attacks Will Be Spectacular’: An exclusive look at how the Bush administration ignored this warning from the CIA months before 9/11, along with others that were far more detailed than previously revealed,” Politico, November 12, 2015.
51. Kean and Hamilton, “The 9/11 Commission Report,” 267.
52. Fenton, Disconnecting the Dots, 270, 271, 272, 273.
53. Whipple, “‘The Attacks Will Be Spectacular.’”
54. Fenton, Disconnecting the Dots, 289, 290.
55. Kean and Hamilton, “The 9/11 Commission Report,” 246.
56. Kean and Hamilton, “The 9/11 Commission Report,” 247.
57. Kean and Hamilton, “The 9/11 Commission Report,” 225.
58. Kean and Hamilton, “The 9/11 Commission Report,” 273.
59. Harry Samit, “Short Notice Legat Checks” Email, August 15, 2001.
60. The 9/11 Commission Report, Justice Department OIG report, and an FBI agent in the Minneapolis Field Office, Coleen Rowley—all indicate that this arrest was done to prevent Moussaoui from becoming a possible imminent threat: Kean and Hamilton, “The 9/11 Commission Report,” 273; “The FBI’s Investigation of Zacarias Moussaoui,” in A Review of the FBI’s Handling of Intelligence Information Related to the September 11 Attacks (Office of the Inspector General, 2004).; Coleen Rowley, “Coleen Rowley’s Memo to FBI Director Robert Mueller: An Edited Version of the Agent’s 13-Page Letter” Time, May 21, 2002. Nonostante l’imminente pericolo visto dagli agenti dell’FBI sul campo, si ipotizzò che Mussaui non fosse coinvolto nell’11 settembre, e questo fu spesso ritenuto come difesa dell’inazione dell’FBI nel caso. Ma nonostante la presunta mente dell’11 settembre, Qalid Shayq Muhamad (KSM), insistesse sul fatto che Mussaui fosse addestrato per una “seconda ondata” di attacchi, che doveva seguire l’11 settembre, “The 9/11 Commission Report” indicò Mussaui probabilmente addestrato come pilota per il complotto dell’11 settembre. C’è una serie di ragioni per questo, incluso il fatto che Binalshibh ebbe ordine da KSM di dare soldi a Mussaui “nella struttura” del complotto dell’11 settembre, e che questi fondi venivano forniti in modo che Mussaui si pagasse l’addestramento al volo mentre KSM indicò che non pianificava un secondo attacco. Ciò indicherebbe che Mussaui doveva avere un ruolo nel complotto dell’11 settembre: Kean e Hamilton, “The 9/11 Commission Report”, 246-247.
61. Kean and Hamilton, “The 9/11 Commission Report,” 246.
62. Charles Frahm, “Re: Fwd: 199M-MP-60130(Zacarias Moussaoui)” Email, August 24, 2001.
63. Rowley, “Coleen Rowley’s Memo to FBI Director Robert Mueller: An Edited Version of the Agent’s 13-Page Letter.”
64. Kean and Hamilton, “The 9/11 Commission Report,” 274; Philip Shenon, “The Terrible Missed Chance,” Newsweek, September 4, 2001.
65. Rowley, “Coleen Rowley’s Memo to FBI Director Robert Mueller: An Edited Version of the Agent’s 13-Page Letter.”
66. “The FBI’s Investigation of Zacarias Moussaoui.”
67. Fenton, Disconnecting the Dots, 295.
68. Fenton, Disconnecting the Dots, 294.
69. Rowley, “Coleen Rowley’s Memo to FBI Director Robert Mueller: An Edited Version of the Agent’s 13-Page Letter.”
70. Fenton, Disconnecting the Dots, 296, 297.
71. Fenton, Disconnecting the Dots, 297.
72. Fenton, Disconnecting the Dots, 297, 298.
73. “The FBI’s Investigation of Zacarias Moussaoui.”
74. Fenton, Disconnecting the Dots, 296.
75. Fenton, Disconnecting the Dots, 299.
76. Fenton, Disconnecting the Dots, 291, 292.
77. “Islamic Extremist Learns to Fly” DCI Update: Terrorist Threat Review, August 23, 2001.
78. Kean and Hamilton, “The 9/11 Commission Report,” 262.
79. “‘Meet the Press’ Transcript for May 6, 2007” NBC News, May 6, 2007.
80. “Islamic Extremist Learns to Fly.”
81. Kean and Hamilton, “The 9/11 Commission Report,” 275.
82. Duffy and Nowosielski, The Watchdogs Didn’t Bark, 85.
83. Duffy and Nowosielski, The Watchdogs Didn’t Bark, 47.
84. Fenton, Disconnecting the Dots, 380.
85. Duffy and Nowosielski, The Watchdogs Didn’t Bark, 8, 9.
86. Fenton, Disconnecting the Dots, 120, 121.
87. Fenton, Disconnecting the Dots, 121, 122.
88. Kean and Hamilton, “The 9/11 Commission Report,” 277.
89. Fenton, Disconnecting the Dots, 276, 277.
90. Anthony Summers and Robbyn Swan, “The Kingdom and the Towers” Vanity Fair, June 30, 2011.
91. Michael Isikoff, “The Saudi Money Trail” Newsweek, December 1, 2001; Duffy and Nowosielski, The Watchdogs Didn’t Bark, 232, 233.
92. Isikoff, “The Saudi Money Trail.”
93. Duffy and Nowosielski, The Watchdogs Didn’t Bark, 111, 112.
94. Stephen Kalin and Reem Shamseddine, “Purge of Saudi Princes, Businessmen Widens, Travel Curbs Imposed” Reuters (Riyadh, Saudi Arabia, November 6, 2017).
95. “Dallah Al Baraka Group”, D&B Business Directory, n.d.
96. Duffy and Nowosielski, The Watchdogs Didn’t Bark, 111, 112.
97. Judicial Watch, “FBI Documents Raise Additional Questions About Saudi and al-Aulaqi Connections to 9/11 Attacks”, February 12, 2014:.
98. Isikoff, “The Saudi Money Trail.”
99. Duffy and Nowosielski, The Watchdogs Didn’t Bark, 154.
100. Isikoff, “The Saudi Money Trail.”
101. Duffy and Nowosielski, The Watchdogs Didn’t Bark, 112.
102. Isikoff, “The Saudi Money Trail.”
103. Duffy and Nowosielski, The Watchdogs Didn’t Bark, 154.
104. Isikoff, “The Saudi Money Trail.”
105. Duffy and Nowosielski, The Watchdogs Didn’t Bark, 150.
106. James Risen, State of War: The Secret History of the CIA and the Bush Administration (New York: Free Press, 2006), 186-187.
107. James Risen, State of War, 186-187.
108. Prince Turki al-Faisal, “Allied Against Terrorism”, The Washington Post, September 17, 2001.
109. Peter Dale Scott, “Launching the U.S. Terror War: the CIA, 9/11, Afghanistan, and Central Asia”, The Asia-Pacific Journal: Japan Focus 12, no. 3 (March 12, 2012).
110. Alex Rubinstein, “Did the CIA pressure Yemen to release al-Qaeda propagandist Anwar al-Awlaki?” Substack, March 22, 2021.
111. Fenton, Disconnecting the Dots, 270, 271, 272, 273.
112. Brian Whitaker, “Piecing Together the Terrorist Jigsaw,” The Guardian, October 15, 2001, Cf. Fenton, 186, 187
113. Rubinstein, “Did the CIA pressure Yemen to release al-Qaeda propagandist Anwar al-Awlaki?”
114. Rubinstein, “Did the CIA pressure Yemen to release al-Qaeda propagandist Anwar al-Awlaki?”
115. Kean and Hamilton, “The 9/11 Commission Report,” 221.
116. Kean and Hamilton, “The 9/11 Commission Report,” 230.
117. Judicial Watch, “Docs Indicate FBI Knew Terrorist Anwar al-Aulaqi Purchased Airline Tickets for 9/11 Hijackers” January 3, 2013.
118. Catherine Herridge, “Al Qaeda Leader Dined at the Pentagon Just Months After 9/11”, Fox News, October 10, 2010.
119. Judicial Watch, “New Docs Reveal FBI Surveillance Team Trailed Terrorist al-Aulaqi to Pentagon for His Luncheon Speech to DOD Brass” September 11, 2013.
120. Judicial Watch, “Docs Indicate FBI Knew Terrorist Anwar al-Aulaqi Purchased Airline Tickets for 9/11 Hijackers.”
121. Judicial Watch, “New Docs Reveal FBI Surveillance Team Trailed Terrorist al-Aulaqi to Pentagon for His Luncheon Speech to DOD Brass.”
122. Judicial Watch, “Docs Indicate FBI Knew Terrorist Anwar al-Aulaqi Purchased Airline Tickets for 9/11 Hijackers.”
123. J.M. Berger, “Anwar Al-Awlaki’s Links to the September 11 Hijackers” The Atlantic, September 9, 2011.
124. Kean and Hamilton, “The 9/11 Commission Report,” 221 (Endnote 33).
125. Jordy Yager, “Rep. Peter King investigating links between Anwar al-Awlaki, 9/11 hijackers” The Hill, August 16, 2011.
126. Judicial Watch, “New Documents Show FBI Kept Channels Open to Al-Aulaqi Despite Terrorist Designation”, September 30, 2014.
127. “Joint Inquiry into Intelligence Community Activities Before and After the Terrorist Attacks of September 11, 2001.” Cf. Fenton, Disconnecting the Dots, 61.
128. Fenton, Disconnecting the Dots, 372.
129. Whipple, “‘The Attacks Will Be Spectacular.’”
Traduzione di Alessandro Lattanzio
FONTE: http://aurorasito.altervista.org/?p=19738
SCIENZE TECNOLOGIE
Vaccini Covid, l’Ema: 20.500 morti e 2 milioni di “feriti”
Più che una statistica, un vero bollettino di guerra: oltre 20.000 morti e quasi due milioni di feriti. E’ il bilancio europeo della campagna “vaccinale” basata sull’inoculo dei farmaci genici sperimentali introdotti per contrastare il Covid e, nel frattempo, rivelatisi largamente inefficaci: non solo non frenano l’epidemia, visto che i “vaccinati” restano contagiosi, ma non proteggono nemmeno le persone che si sono sottoposte al trattamento.
Lo confermano ad esempio i dati di Israele e quelli diffusi dal ministero della sanità britannico: 9 contagiati su 10 erano stati “vaccinati”, mentre – tra i malati – hanno subito l’inoculo ben 4 ricoverati su 5. Tradotto: chi evita la dose ha meno probabilità di andare incontro agli effetti più critici della sindrome Covid? Se il dato inglese sfata la leggenda che circola anche in Italia, secondo cui il “vaccino” mitigherebbe i sintomi della patologia, a impressionare sono i numeri presentati il 31 luglio scorso dall’Ema, l’agenzia europea del farmaco, attraverso EudraVigilance, la sua piattaforma di farmacovigilanza. In pratica sarebbe in corso un’ecatombe: 20.595 morti sospette e 1.960.607 persone colpite da reazioni avverse, anche gravi.
Le cifre emergono dal monitoraggio che l’Ema ha effettuato nei 27 paesi membri dell’Unione Europea, sottolinea Carlo Domenico Cristofori su “Gospa News”, analizzando i rapporti ufficiali delle autorità sanitarie europee. Fino al 31 luglio scorso, le vittime sono state oltre ventimila. E dei quasi due milioni di “feriti”, il 50% (per la precisione, 968.870 persone “vaccinate”) hanno subito reazioni avverse gravi. Il conteggio è stato pubblicato dal portale “ProMemoria.info”, che ha elaborato i dati di EudraVigilance. A Pfizer sono attribuiti 9.868 morti e 767.225 feriti, a Moderna 5.460 morti e 212.474 feriti, ad AstraZeneca 4.534 morti e 923.749 feriti, a Johnson & Johnson 733 morti e 57.159 feriti. «Il riepilogo è da prendere con il beneficio del dubbio – spiega l’analista – perché i casi fatali possono essere riferiti a più patologie». Per contro, la farmacovigilanza è solo passiva, riferita alle segnalazioni dei pazienti; in caso di vigilanza attiva, con sondaggi quotidiani effettuati dai sanitari dopo l’inoculo, si presume infatti che il numero dei casi sarebbe ancora più elevato. Tra i primi posti nella classifica delle sospette reazioni avverse ai vaccini c’è sempre l’Italia, aggiunge Cristofori: «Risulta inspiegabile l’incidenza dei casi gravi: nei dati EudraVigilange risulta circa al 50%, mentre in Italia è soltanto al 12,8%».
L’Aifa parla infatti di 84.322 segnalazioni su un totale di quasi 66 milioni di dosi somministrate, pari a 128 ogni 100.000 dosi, di cui l’87,1% riferite a eventi non gravi (dolore in sede di iniezione, febbre, astenia e stanchezza, dolori muscolari). «Le segnalazioni gravi corrispondono al 12,8% del totale, con un tasso di 16 eventi gravi ogni 100.000 dosi somministrate». Indipendentemente dal vaccino, dalla dose e dalla tipologia di evento, «la reazione si è verificata nella maggior parte dei casi (80% circa) nella stessa giornata della vaccinazione o il giorno successivo, e solo più raramente oltre le 48 ore successive», dichiara sempre l’Aifa. La maggior parte delle segnalazioni sono relative al vaccino “Comirnaty” di Pfizer-Biontech (68%), finora il più utilizzato nella campagna vaccinale italiana (71% delle dosi somministrate). «Per tutti i vaccini – scrive Cristofori – gli eventi avversi più segnalati sono febbre, stanchezza, cefalea, dolori muscolari e articolari, dolore in sede di iniezione, brividi e nausea».
La versione dell’Aifa, aggiunge lo stesso Cristofori, «avvalora il sospetto che queste forme patologiche possano essere in qualche modo correlate al Covid-19 che ha contagiato anche migliaia di persone già vaccinate, causando almeno 745 casi fatali fino al luglio scorso». Da segnalare la notizia giunta dagli Usa: i Cdc americani (Centers of Disease Control and Prevention) hanno annunciato il ritiro dell’autorizzazione per i tamponi Pcr a partire dal 31 dicembre 2021, in quanto ritenuti non affidabili nel distinguere il virus Sars-Cov-2 dalla comune influenza stagionale. Inutile aggiungere che proprio sui tamponi (business lucrosissimo, molto più di quello dei “vaccini”) si è finora giocata la partita dell’emergenza. Regime tuttora pienamente in vigore, in Italia, con il governo Draghi-Speranza e il perdurante sistema di restrizioni basato sulla “colorazione” delle Regioni, largamente dovuto ai test Pcr la cui inattendibilità è stata appena confermata dai tecnici sanitari statunitensi. Se ne esce solo subendo la coercizione del Green Pass, tramite un “non-vaccino” che sta già dimostrando la sua totale, disastrosa inefficacia.
FONTE: https://www.libreidee.org/2021/09/vaccini-covid-lema-20-500-morti-e-2-milioni-di-feriti/
Correlazione tra 5G e Covid: oscurata ricerca scientifica
Chi ha paura della possibile correlazione tra la comparsa del coronavirus e il 5G? «Le onde millimetriche del 5G potrebbero essere utilizzate per la costruzione di strutture simili a virus come i coronavirus (Covid-19) all’interno delle cellule». Appena nove giorni di visibilità, poi la ricerca è stata ritirata dalla piattaforma che l’aveva pubblicata, cioè “PubMed”, che è oggi la più grande banca dati biomedica e di ricerca scientifica disponibile in Rete. “PubMed” – scrive “Oasi Sana” – ha infatti rimosso il clamoroso studio pubblicato il 16 luglio 2020, dal titolo “Tecnologia 5G e induzione del coronavirus nelle cellule della pelle”. Sul portale non c’è più traccia del test, condotto da sette ricercatori di Italia, Russia e Stati Uniti. Oltre a Massimo Fioranelli, dell’università Guglielmo Marconi di Roma, comparivano i nomi di vari colleghi delle università del Michigan e di Mosca. L’analisi, spiega sempre “Oasi Sana”, è stata censurata anche dal sito dell’editore scientifico “Biolife”. In questa ricerca, aggiunge il newsmagazine curato da Maurizio Martucci, si dimostra come le onde millimetriche del 5G possano essere assorbite dalle cellule del derma, che fungono da antenne, per poi essere trasferite ad altre cellule e svolgere un ruolo decisivo nella produzione di coronavirus dentro le nostre cellule.
«Il Dna è costituito da elettroni e atomi carichi, e ha una struttura simile a quella di un induttore. Questa struttura – si legge nella ricerca, recuperata integralmente da “Tanker Enemy” e pubblicata da “Oasi Sana” in formato Pdf – potrebbe essere divisa in induttori lineari, toroidali e rotondi. Gli induttori interagiscono con le onde elettromagnetiche esterne, si muovono e producono alcune onde extra all’interno delle cellule». Le forme di queste onde «sono simili alle forme delle basi esagonali e pentagonali della loro fonte di Dna». Queste onde «producono alcuni fori nei liquidi all’interno del nucleo». Per riempire questi buchi, prosegue la ricerca, vengono prodotte alcune basi esagonali e pentagonali extra. «Queste basi potrebbero unirsi l’una all’altra e formare strutture simili a virus come il coronavirus». Ancora: «Per produrre questi virus all’interno di una cellula, è necessario che la lunghezza d’onda delle onde esterne sia più corta della dimensione della cellula. Così, le onde millimetriche del 5G potrebbero essere utilizzate per la costruzione di strutture simili a virus come i coronavirus (Covid-19) all’interno delle nostre cellule».
Finora, le voci sulla possibile correlazione tra 5G e coronavirus – subito diffusesi sul web – sono state sistematicamente derubricate come “sciocchezze complottistiche”, nonostante il fatto che questa tesi sia stata sottolineata persino da un personaggio come Gunter Pauli, consigliere economico di Giuseppe Conte. I media mainstream hanno letteralmente massacrato un medico come Martin Pall, tra i primi a denunciare la correlazione tra Covid e wireless di quinta generazione. Massimo impegno, da parte dell’establihment, nel filtrare ogni informazione potenzialmente destabilizzante, fino al caso (ridicolo) dello studio di “The Lancet” contro l’idrossiclorochina, poi ritrattato dagli stessi autori. Sempre in campo medico, ha fatto scalpore l’approvazione dell’Oms per una relazione dei sanitari inglesi, colpiti dall’efficacia (contro il Covid) di un semplice cortisoide: la scoperta risaliva a due mesi prima, ma i medici – italiani – che per primi avevano provato l’efficacia del cortisone erano stati ignorati dal ministro della sanità, Speranza, al quale si erano tempestivamente rivolti.
Tabù assoluto, invece, il caso del 5G: l’ultimo progetto di decreto governativo (ispirato da Vittorio Colao, già manager Vodafone e grande sponsor del 5G) prevede che l’Italia tolga ai Comuni la possibilità di opporsi all’installazione delle antenne, e i Comuni italiani contrari al 5G sono oltre 300. I grandi media hanno completamente ignorato la grande manifestazione svoltasi a Firenze, contro il wireless di quinta generazione, che ha radunato una folla di 12.000 attivisti. Ora, si è arrivati al giallo: il primo studio che certifica una relazione tra 5G e Covid viene ritirato pochi giorni dopo esser stato presentato pubblicamente da 7 scienziati. Di nuovo, si segnala il silenzio dei grandi media, che in Italia si attengono alle prescrizioni dell’imbarazzante “Ministero della Verità” istituito a Palazzo Chigi e coordinato da Andrea Martella (Pd), con la funzione di filtrare le notizie sul coronavirus. Da quando il comitato “orwelliano” è entrato in funzione, non si contano gli episodi di “shadow banning” anche sui social: video e contenuti che menzionano il 5G vengono rimossi da Facebook e da YouTube.
FONTE: https://www.libreidee.org/2020/07/correlazione-tra-5g-e-covid-oscurata-ricerca-scientifica/
Clamoroso fuori onda: ” Non c’è giustificazione medica per il pass Covid”
14 Settembre 2021
Prima o poi doveva accadere che qualcuno di loro fosse colto in fallo: in un clamoroso fuori onda il ministro della salute israeliano ha detto a un collega che lo scopo del sistema del passaporto vaccinale è soltanto quello di fare pressione sui cittadini affinché si vaccinino. Le parole sono state registrate dall’emittente televisiva israeliana Channel 12 News in una conversazione aperta tra il ministro della Sanità Nitzan Horowitz e il ministro degli Interni Ayelet Shaked poco prima di una riunione settimanale del governo israeliano del 12 settembre.
Horowitz e Shaked non si erano accorti che i fonici stavano già registrando e l’emittente stava già trasmettendo la loro conversazione e così Il ministro della salute (a destra nell’inquadratura del video ) ha detto al ministro degli interni (a sinistra): “Non c’è giustificazione medica o epidemiologica per il pass Covid, deve solo fare pressione sui non vaccinati per indurli a vaccinarsi”. Poi nella parte ufficialmente registrata i due ministri fanno una incredibile pantomima sul fatto che sia o meno conveniente dal punto di vista sanitario tenere o togliere il pass per i ristoranti all’ aperto oppure per le piscine ( Shaked ha detto a Horowitz: “Penso anche che tu possa sbarazzarti del Green Pass per i ristoranti all’aperto” e Horowitz ha concordato e valutato l’idea come “epidemiologicamente corretta” ma ha aggiunto che a suo avviso l’obbligo del passaporto dovrebbe essere abolito anche per le piscine) . E i due sono stati d’accordo nel lamentarsi che la popolazione araba sia meno ligia nel seguire le regole e meno disposta a vaccinarsi ( ed è forse questo che ha una mortalità inferiore) o che la mancanza di vaccinazione abbia riempito gli ospedali. Insomma hanno fatto il giro rituale delle solite cazzate senza senso e delle note menzogne sugli ospedali che scoppiano le quali sono adottate in tutto l’occidente come fossero dentro il canovaccio di un film, ma sanno benissimo che il problema è solo quello di vaccinare, ovvero pompare soldi dentro un progetto che di sanitario ha soltanto la buccia e togliere libertà ai cittadini e persino la sovranità sul loro corpo.
Per cambiare idea basterebbe che essi ascoltassero ciò che ha detto tre settimane fa ll direttore medico dell’Herzog Hospital di Gerusalemme, il terzo ospedale più grande della città, che è anche o almeno così sostiene il personale sanitario, il principale centro israeliano per l’assistenza, il trattamento e la ricerca geriatrica e respiratoria. Egli ha dichiarato che il che il 95 percento dei pazienti gravi sintomatici Covid in ospedale sono stati vaccinati e che l’85-90 percento di tutti i ricoveri ospedalieri riguarda persone vaccinate. Eppure si continua senza posa in questa menzogna: il governo infatti vuole considerare il passaporto vaccinale della durata di massimo sei mesi dopo l’ultima iniezione che sia la seconda, la terza, la quarta, la quinta in una grottesca esclalation che per loro stessa ammissione non ha alcuna ragione medica.
Ma la prova che la faccenda dei vaccini stia degenerando in pura propaganda non si applica solo a Israele. Negli Stati Uniti, i dirigenti di un ospedale della Carolina del Nord sono stati colti in castagna questa volta ta attraverso una conversazione su Zoom fortunosamente trapelata : infatti li si bede e li si sente discutere su come manipolare i dati covid per stimolare l’accettazione del vaccino attraverso la paura. Il 10 settembre, National File ha rilasciato una copia del video ottenuto da una fonte sconosciuta, che mostra un medico, Mary Rudyk, il direttore del marketing Carolyn Fisher e il presidente del New Hanover Regional Medical Center (NHRMC) di Novant Heath , Shelbourn Stevens, che parlano di gonfiaggio delle statistiche covid includendo i pazienti guariti. bisogna rendersi conto che questa è ormai la sanità nell’occidente: una ben oliata macchina da soldi che della vita e della salute umana se ne frega altamente o nel migliore dei casi finge di farlo convincendosi di ogni tipo di assurdità.
FONTE: https://ilsimplicissimus2.com/2021/09/14/non-ce-giustificazione-per-il-green-pass/
Ormai lo ammette anche Burioni: è la vaccinazione a tappeto che…
LA PRIMA CLASSE (meglio nido) dell’anno è in LOCKDOWN.
La causa è un’educatrice vaccinata, e con green pass regolare, contagiata con sintomi
Un caso di contagio: chiusa la sezione di un nido comunale
«Il sogno di tutela della salute e del contagio nei posti di lavoro chiamato green pass si è già infranto», sottolinea con una nota Maria Teresa Turretta del sindacato Cub.
FONTE: https://www.maurizioblondet.it/ormai-lo-ammette-anche-burioni-e-la-vaccinazione-a-tappeto-che/
STORIA
Linee di sangue: dominano da 2000 anni, sempre loro
Finì nelle mani dell’“odinico” Ataulfo, cognato di Alarico e sposato con una donna di origine giudaica, il tesoro che il romanizzato capo dei Visigoti aveva sottratto ai forzieri di Roma? E in quell’immane bottino (tonnellate di oro di argento, ufficialmente sparite nel nulla) c’era anche il tesoro del Tempio di Gerusalemme, che l’ebreo Giuseppe Flavio aveva ceduto a Vespasiano? E in cambio di cosa? Di un ruolo di leadership nell’impero che, più tardi, sarebbe diventato cristiano per volere di Costantino e di Teodosio, a loro volta imparentati con le “famiglie farisee” che avevano fondato a tavolino la nuova religione basata sul peccato originale, quindi sul senso di colpa, a scopo di sottomissione. Quello che pochi raccontano – rivela Nicola Bizzi – è la comune origine delle dinastie reali europee: normanni e scandinavi, inglesi e russi, casati come gli Asburgo e i Lorena, e prima ancora Merovingi e Carolingi. «Hanno retto il potere per secoli, vantando la loro discendenza (vera o presunta) con la famiglia di Cristo. E questi signori sono al timone ancora oggi».
«Cosa lega tanti personaggi che tuttora reggono le redini del pianeta? Sono poche famiglie, sempre le stesse, da secoli. Sono unite da legami di sangue, ed esercitano il potere sostenendo di discendere direttamente da Gesù Cristo, o comunque dalla stirpe davidica. Ne emerge una realtà insospettabile, imbarazzante. Ne hanno trattato autori come Diego Marin e Riccardo Tristano Tuis, cogliendo alcuni aspetti essenziali. E ne ha parlato anche Paolo Rumor nel libro “L’altra Europa”, scritto con Giorgio Galli e Loris Bagnara. Secondo un dossier rimasto segreto per decenni, un’unica entità di potere – la Struttura – reggerebbe il mondo da qualcosa come 12.000 anni, attraverso imperi, Stati e religioni. La data non è casuale: corrisponde alle recenti acquisizioni della geofisica, secondo cui la Terra sarebbe stata sconvolta da una “pioggia cometaria” attorno al 10800 avanti Cristo; la seconda ondata, nel 9600, avrebbe provocato immani cataclismi e l’innalzamento degli oceani di 150 metri, fino a ridisegnare la geografia terrestre.
L’importanza delle civiltà preesistenti viene regolarmente omessa, nella storiografia ufficiale, ormai messa in crisi da scoperte archeologiche come quella di Göbekli Tepe, in Turchia: un enorme complesso cerimoniale, prediluviano, interrato in prossimità della catastrofe, il Grande Diluvio. E’ lecito supporre che fu proprio l’immane calamità a spingere i pochissimi sopravvissuti a riunirsi: e i primi a farlo devono esser stati i Re-Sacerdoti, depositari della vera conoscenza, ereditata dal sistema precedente. Da loro sono convinto che derivi il ruolo delle fratellanze esoteriche, comprese quelle giunte fino ai giorni nostri, tutte riconducibili alle antiche confraternite prediluviane. Un sapere da mettere in cassaforte, all’ombra del potere che poi sarebbe stato esercitato da certe grandi famiglie? Sempre le medesime, peraltro: e tutte convinte delle loro origini giudaiche (vere o presunte). Ma quelle famiglie sono sempre state segretamente contrastate, lungo i millenni, da altre famiglie, a loro volta provenienti da un’ascendenza altrettanto antica: per esempio quella eleusina, cioè titanico-atlantidea.
Si tratta di famiglie rivali, rispetto a quelle al potere. Famiglie di cui nessuno parla mai. Sono convinte di discendere dalle 8 tribù sacerdotali di Eleusi, che la tradizione descrive come investite direttamente dalla dea Demetra, di origine titanica, comparsa a Eleusi (alle porte di Atene) nel 1216 avanti Cristo. Da lì sarebbero nate le origini di molte nobili famiglie dell’aristocrazia europea, che hanno conteso il potere (e continuano a farlo tutt’oggi) alle linee di sangue dominanti. Intendiamoci: non si capisce una cosa se non si conosce l’altra, visto che si tratta di due aspetti complementari. Certo, gli antagonisti vengono regolarmente oscurati: perché considerati molto scomodi. Ma, tralasciando per il momento Eleusi e quindi la filiera antagonista, rispetto alle famiglie al potere negli ultimi due millenni, è proprio di quelle che parla Diego Marin in libri come “Il segreto degli illuminati” e “Il sangue degli illuminati”. Sintetizzando molto, il ricercatore cita le famiglie Odiniche, Olvunghe, Pseudo-Despósine, Farisaiche, Machiriche e Chionite. In altre parole: tutti i regnanti europei saliti al trono dalla fine dell’Impero Romano a oggi, più le famiglie di potere collaterali che hanno nominato Papi e cardinali, tenendo le redini economico-politiche di tutte le nazioni europee.
Le Famiglie Farisaiche, in particolare, sarebbero originarie dell’area siro-palestinese (Giudea, Galilea): un ceppo arrivò a Roma al tempo delle guerre giudaiche, sotto Nerone. Le Famiglie Odiniche – in parte, secondo una loro diramazione – sarebbero riconducibili al sacerdozio del dio nordico Odino; una linea parallela le collegherebbe anche al Vicino Oriente: sta lì, infatti, la chiave di comprensione della maggior parte del problema. Erano “odinici” i Visigoti, e anche gli anglosassoni (di cui non c’è bisogno di sottolineare l’importanza). In maniera un po’ mitologica, gli alberi genealogici “odinici” vengono fatti convergere su un certo Rohes, che alcuni testi identificano come un Re-Sacerdote di Odino che sarebbe vissuto in Danimarca nel IV secolo dopo Cristo. All’epoca l’Impero Romano era in crisi terminale, tra le feroci persecuzioni che i cristiani infliggevano ai seguaci degli altri culti. Rohes era il padre di Cattarico, a sua volta padre del condottiero Marcomero.
Attenzione al ramo femminile: la compagna di Marcomero sarebbe stata Frothmund, figlia di Fridholin. E soprattutto: Frothmund sarebbe stata discendente di quel personaggio passato alla storia come Giacomo il Giusto, fratello di Gesù Cristo. Vero o no? Questo è relativo: perché, proprio fregiandosi di questa genealogia (vera o presunta), queste famiglie – poi convertitesi formalmente al cristianesimo – hanno esercitato il loro dominio. Della storicità di Cristo parlano alcune pagine di Giuseppe Flavio, ma probabilmente sono interpolazioni, semplici aggiunte operate da monaci cristiani nel V-VI secolo per tentare di dimostrare la consistenza storica di una figura che, se è esistita, era probabilmente molto diversa da come è poi stata presentata dalla religione costruita a tavolino da personaggi come San Paolo, Giuseppe Flavio e il filosofo Seneca. Quello che conta è che quelle famiglie dominanti hanno costruito il loro potere sulla presunta discendenza dalla famiglia del Cristo o dalla Stirpe di Davide.
C’è poi un altro ramo: Diego Marin le chiama Famiglie Olvunghe (a cui avrebbe appartenuto, per esempio, Guglielmo il Conquistatore). Sarebbero una diramazione delle Famiglie Odiniche, fiorita quando si proclamò Re dei Visigoti il celebre Ataulfo (letteralmente “Nobile Lupo”: proveniva da un clan totemico). Ataulfo originario delle steppe degli Unni. Era cognato di quel criminale di Alarico, autore del sacco di Roma e dalla distruzione di Eleusi. Proprio in Alarico sta la chiave del potere di certe famiglie, assimilate agli Olvunghi di Ataulfo. Di nuovo, attenzione al ramo femminile: la moglie di Ataulfo, Maria degli Elkasaiti, vantava una discendenza diretta dalla casa reale di David (Giudea). Secondo l’umanista Giusto Giuseppe Scaligero (vissuto nel 5-’600), gli Elkasaiti non sarebbero altro che i discendenti diretti di Cristo e della Maddalena.
Su questo mito della discendenza di Cristo e della Maddalena (non vedo come altrimenti classificarlo) si è fondata buona parte della storia medievale europea. Da lì nacquero importantissimi ordini religiosi. In parte vi affondava anche l’ideologia dei Catari. Su quel mito nacquero gli stessi Templari. E nasce il cristianesimo “giovannita”, a lungo contrapposto al cristianesimo “paolino” (romano, vaticano). Sempre su questo mito sono state combattute le peggiori guerre, sia visibili – fra eserciti – sia sotterranee, clandestine, fra ordini iniziatici, che non hanno certo fatto meno vittime delle prime. Ora, gli Elkasaiti vengono chiamati anche Despósini: a farlo è lo stesso storico Sesto Giulio Africano. Per intenderci: sono i personaggi della storia narrataci da Dan Brown nei suoi romanzi.
Cristo e la Maddalena? Lo sbarco in Provenza è solo leggendario, senza nessuna prova a supporto. Ma il mito interseca anche la figura della dea Iside: le tante Madonne nere presenti in Francia sono riconducibili a un antico culto isiaco, anche se ufficialmente vengono ricondotte alla Maddalena. Maria di Magdala, peraltro, doveva essere una sacerdotessa di alto rango, appartenente a una nobile famiglia, forse di sangue addirittura regale. In ogni caso, per secoli, in Europa il potere politico, militare ed economico è stato fondato proprio sulla presunta discendenza dalla linea di sangue del Cristo, che sarebbe sbarcata in Europa attraverso il sud della Francia. Nella realtà, invece, il cristianesimo divenne addirittura obbligatorio nel 380, con l’Editto di Tessalonica firmato da Teodosio: la più grande aberrazione giuridica che la storia ricordi, visto che l’85% della popolazione non era cristiana e, da un giorno all’altro, di vide privare di ogni diritto civile, se non si fosse forzatamente convertita.
Teodosio – ancora oggi incredibilmente celebrato come “il Grande” – fece uccidere decine di migliaia di persone. Il suo editto fu emanato proprio a Salonicco (Tessalonica), città che non lo amava affatto. L’imperatore offrì alla popolazione giochi circensi, poi fece circondare l’area dai soldati e fece e sterminare tutti gli spettatori. L’altro spietato devastatore dell’epoca, Alarico, era in combutta coi vescovi e al soldo di Teodosio. Compì il famoso sacco di Roma: dai forzieri dell’impero fece sparire tonnellate d’oro e centinaia di tonnellate d’argento (incluso probabilmente il tesoro del Tempio di Gerusalemme, quello che era stato sottratto da Vespasiano). Secondo la leggenda Alarico poi puntò verso il Nordafrica, ma in Calabria (nei pressi di Cosenza) fu colpito da febbri, forse malariche, e morì. Ufficialmente, quell’immenso tesoro non è mai più stato trovato. Ebbene: proprio questa storia poi si interseca con quella dei Templari. O meglio: con la storia di alcuni monaci calabresi (di un monastero nei pressi della presunta sepoltura di Alarico) che sarebbero stati all’origine della vera fondazione dei Templari.
Le tracce di quelle strane presenze (i Visigoti e le donne di origine palestinese) non si esaurisce certo in Calabria, e neppure con la moglie di Ataulfo, di nascita giudaica. Nel VI secolo, con la caduta dell’Impero Romano d’Occidente, l’ascendenza davidica viene utilizzata – sempre per legittimare il potere dalla principessa danese Burghilde e dal sovrano burgundo Sigismondo, trisnipote di Ataulfo. Da quel matrimonio scaturisce una genealogia sbalorditiva, nell’arco di appena 5 secoli, che include tutte le famiglie reali dei maggiori paesi europei: Danimarca, Norvegia, Svezia, Russia, Inghilterra, Normandia e Italia meridionale. Tutte famiglie di origine normanna, che si glorificano della diretta discendenza da questa stirpe, la quale – a sua volta – si fregiava di una sua ipotetica discendenza dalla presunta linea di sangue del Cristo.
I Normanni regnarono su Sicilia, Campania e Calabria. In Scandinavia le dinastie reali sono ancora lì: sempre gli stessi. In Russia il potere della famiglia imperiale è stato interrotto dalla Rivoluzione d’Ottobre, ma in realtà prosegue sotto altre forme, con i suoi eredi. Poi c’è quella che, per secoli, è stata la stirpe regnante sul trono inglese. E oltre alle Famiglie Olvunghe (o Despósine), emerge un sottogruppo altrettanto importante: le famiglie che vengono definite pseudo-Despósine: cioè i Merovingi, a lungo regnanti in Francia (poi sostituiti dai Carolingi, loro maggiordomi di palazzo), nonché potentati di rango continentale come quelli degli Asburgo e dei Lorena, e i loro rami collatarali, alcuni dei quali divenuti potentissimi nel Rinascimento.
Tutte famiglie, quelle, ricondotte alla figura di Meroveo, terzo re dei Franchi (popolo di ceppo germanico), poi inglobati e federati all’ecumene di Roma. I Merovingi avevano sempre vantato la loro discendenza diretta da Cristo, quindi dalla casa reale di Davide: si consideravano della stessa stirpe di sangue. Il capostipite Meroveo aveva sangue romano, perché suo padre era il senatore noto come Quintus Tarus. Ma pare che Quintus Tarus fosse un giudeo: vantava una vera e propria discendenza da Giuda di Gamala, che secondo le Scritture era il prozio del Cristo, nonché fratello di Giacobbe (il padre di Giuseppe il carpentiere, quello che la tradizione indica come il padre putativo di Gesù). Nel 6-7 dopo Cristo, proprio Giuda di Gamala aveva organizzato a più riprese imponenti rivolte anti-romane. Lo stesso Giuseppe non era “falegname”: se è esistito era probabilmente un costruttore, detentore di segrete conoscenze costruttorie, muratorie: e su questa presunta discendenza alcune fratellanze iniziatiche hanno fondato il loro potere.
La stessa famiglia di Giuseppe, quindi, a sua volta viene fatta discendere dalla casa reale di Giudea. E tutte le famiglie, anche quelle poi chiamate Olvunghe-Despósine (più le pseudo-Despósine, più quella di Guisa) si sono sempre richiamate, nella loro mitologia familiare, alla Stirpe di David, linea di sangue che riconduce al mitico Re David. E’ vero, tutto questo? Non è vero? Poco importa: quel che conta è che ci credono. E in nome di questa convinzione hanno sempre dominato il mondo allora conosciuto, cioè l’Europa, e continuano tuttora a farlo. Poi ci sono altri ceppi, ad esse intersecati: per esempio le Famiglie Farisaiche. Il loro arrivo in Europa risale a Giuseppe Flavio, nato Josef Ben Matityahu. Era un sacerdote ebraico di altissimo rango, nonché comandante militare nelle guerre giudaiche scatenate da Nerone per tentare di sedare le continue sommosse in Palestina. Nerone si illudeva di risolvere la cosa in pochi anni, coi soldati: invece venne ucciso nell’ambito di congiure relative a quelle guerre, poi vinte da un generale, Tito Flavio Vespasiano, futuro imperatore (appartenente alla Gens Flavia).
Alla fine, Vespasiano riuscì a conquistare Gerusalemme, distruggendo il Tempio e portandone il tesoro a Roma. In una delle ultime roccaforti ebraiche resisteva Josef Ben Matityahu (non ancora ribattezzato Giuseppe Flavio), che chiese di conferire a porte chiuse con il generale Tito-Vespasiano. Giuseppe Flavio si arrese a Roma e venne inspiegabilmente adottato dalla Gens Flavia: venne adottato da Vespasiano come un figlio. In cambio di cosa? Di un enorme quantitativo di oro, probabilmente una parte del tesoro di Gerusalemme (messa in salvo da alcuni sacerdoti prima dell’irruzione dei romani). A Vespasiano, l’oro interessava per comprarsi l’elezione a imperatore: si trattava di ottenere non solo i favori delle legioni, ma anche quello del Senato, che avrebbe legittimato il suo avvento al soglio imperiale. Così, insieme a Giuseppe Flavio arrivarono a Roma altre famiglie sacerdotali, sempre provenienti dalla Giudea.
Questi leader ebraici facevano parte dell’accordo: non solo si garantirono la salvezza (dal carcere, dalla crocifissione), ma si guadagnarono anche la fiducia della casa imperiale, l’adozione da parte del casato dei Flavii e la concessione di grandi ricchezze (ville, enormi poderi). Ebbero anche una discendenza: assunsero nomi romani, da cui poi discesero personaggi come Costantino e Teodosio. Si erano fatti adottare con una precisa missione politica: mettere le mani sull’Impero Romano. E lo hanno fatto. Come? Creando a tavolino la nuova religione. Lo fecero con la complicità di una rete molto estesa, che poi si riconduce alla Struttura citata da Paolo Rumor. Diego Marin riporta per esteso la lista completa dei documenti di Rumor. E dimostra che il personaggio che i testi storici identificano come il padre di Paolo di Tarso è indicato come appartenente alla Struttura.
Cittadino romano di religione ebraica, proveniente da Tarsus in Cilicia (Anatolia), poi convertitosi ufficialmente al cristianesimo, Paolo creò quello che poi divenne il cristianesimo politico. Era molto diverso dal cristianesimo delle origini, giovannita, che si riconduce al Catari, ai Templari, a quelle linee di sangue. Ebbene, le Famiglie Farisaiche svilupparono proprio il cristianesimo “paolino”. Si badi: Paolo agiva in sintonia con Giuseppe Flavio. Quando Paolo (vero nome, Saulo) venne arrestato dai romani, chiese di essere processato a Roma: gli spettava di diritto, essendo cittadino imperiale. Così, chiese udienza all’imperatore. Giuseppe Flavio (che era già stato adottato, ma in quel momento si trovava in Palestina) tornò immediatamente a Roma per perorare la causa dell’amico Paolo di Tarso. E riuscì a farlo liberare, prosciolto da ogni accusa.
Paolo era anche in combutta con il filosofo Seneca: tra i due esiste un carteggio, che incredibilmente gli storici considerano apocrifo. Dimostra come Seneca e Paolo fossero in piena sintonia, da anni, per pianificare una religione finalizzata al dominio delle masse, quindi fondata sul peccato originale (dunque sull’asservimento, sul senso di colpa). Di fatto, la nuova religione ha decretato la fine dell’Impero Romano d’Occidente e il controllo, per un altro millennio, del Medio Oriente. E’ il vettore che ha portato all’affermazione diretta delle linee di sangue che discendono dai Flavii. Gli stessi Carolingi, regnanti dopo la morte di Dagoberto II, ultimo dei Merovingi, vengono ricondotti alle Famiglie Farisaiche, discendenti di quel ramo della Gens Flavia originato da Giuseppe Flavio. Infine, si segnalano le Famiglie Machiriche e Chionite, da cui discendono direttamente i Rockefeller e i Rothschild. In sostanza: tutto il potere al comando in Europa, dall’Impero Romano fino ad oggi, è basato su un esiguo ceppo di famiglie che hanno sempre vantato una discendenza diretta dalla ipotetica linea di sangue del Cristo o comunque dalla stirpe reale di Davide».
(Nicola Bizzi, estratti dalla trasmissione “Il Sentiero di Atlantide”, dal 5 settembre 2021 disponibile sul canale YouTube “Facciamo Finta Che”, di Gianluca Lamberti).
FONTE: https://www.libreidee.org/2021/09/linee-di-sangue-dominano-da-2000-anni-sempre-loro/
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