RASSEGNA STAMPA DETTI E SCRITTI
17 APRILE 2020
A cura di Manlio Lo Presti
Esergo
Gli esseri esistono per noi solo grazie all’idea che abbiamo di loro
P. VALDUGA, Breviario proustiano, Einaudi, 2011, pag. 87
https://www.facebook.com/manlio.presti
https://www.facebook.com/dettiescritti
Le opinioni degli autori citati possono non coincidere con la posizione del curatore della presente Rassegna.
Tutti i numeri dell’anno 2018 e 2019 della Rassegna sono disponibili sul sito
Precisazioni
www.dettiescritti.com è un blog intestato a Manlio Lo Presti, e-mail: redazionedettiescritti@gmail.com
Il blog non effettua alcun controllo preventivo in relazione al contenuto, alla natura, alla veridicità e alla correttezza di materiali, dati e informazioni pubblicati, né delle opinioni che in essi vengono espresse. Nulla su questo blog è pensato e pubblicato per essere creduto acriticamente o essere accettato senza farsi domande e fare valutazioni personali.
Le immagini e le foto presenti nel Notiziario, pubblicati con cadenza pressoché giornaliera, sono raccolte dalla rete internet e quindi di pubblico dominio. Le persone interessate o gli autori che dovessero avere qualcosa in contrario alla pubblicazione delle immagini e delle foto, possono segnalarlo alla redazione scrivendo alla e-mail redazionedettiescritti@gmail.com
La redazione provvederà doverosamente ed immediatamente alla loro rimozione dal blog.
°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°
SOMMARIO
È iniziata la titanica battaglia di Trump contro l’asse OMS/BILL GATES/CINA
Kennedy: strage di bambini, coi vaccini di Bill Gates e Oms
La denuncia di Robert F. Kennedy Jr. sul piano vaccinale globale di Bill Gates e la sua richiesta di immunità
Bomba di Trump sull’Oms: via i fondi all’oscura rete Covid
Ben-Israel: quarantena inutile, il virus sparisce in 70 giorni
5G, vaccini e “fake”: la post-verità, nell’Era del Coronavirus
Andrej Rublëv, il più grande pittore di icone
Netflix supera il valore della Disney grazie al Coronavirus
Facci: “Sì, sono evaso. E ora venitemi a prendere, cialtroni”
C’è del metodo in questa follia?
Donald Trump e Boris Johnson hanno iniziato una guerra nei confronti di Bill Gates?
Ancora sangue in Francia, ma l’Ue non cambia strada
#iostoacasa: come la paura e la mancanza di ragione uccidono la libertà e la democrazia
Gli Usa indagano sulla possibile origine del Covid-19 in laboratorio
COVID-19: l’app governativa, fra tracciamento, diritto d’autore e sicurezza
Vaccini: da Bill Gates maxi finanziamento all’Università di Siena
EUTANASIA PASSIVA CONSENSUALE E DISPOSIZIONI ANTICIPATE DI TRATTAMENTO (DAT)
Usa, Trump: “Siamo pronti ad arresti di massa e rimpatri di milioni di clandestini”
Ong tedesca trasferisce 146 migranti su nave italiana: poi lo sbarco
Coronavirus, 200 milioni stanno perdendo il lavoro
“Perché falsificate i dati sugli sbarchi?!”. Lo scontro Capezzone-Costamagna
Il “Manifesto contro il lavoro” venti anni dopo
THE DONALD CONTRO BILL GATES : PRIMA VITTORIA
Coronabond: in Europa la Lega ha votato contro e l’emendamento non è passato
Lega e Forza Italia hanno votato contro i coronabond al Parlamento europeo facendo così fallire la proposta. L’accaduto
Di Maio a France 24: ‘L’Italia non chiede a nessuno di pagare i suoi debiti’
Coronavirus, Vittorio Colao e la task force liberista fino al midollo
“Conte firma il Mes coi 5 Stelle, poi lascia a Colao o Draghi”
Ilmantello dell’invisibilità è l’ultima frontiera contro il riconoscimento facciale
L’etica delle macchine e la necessità del controllo umano
App anti-Covid, ecco le prime linee guida
Quando Merkel e Sarkozy affondarono gli Eurobond
EDITORIALE
È iniziata la titanica battaglia di Trump contro l’asse OMS/BILL GATES/CINA
Manlio Lo Presti – 17 aprile 2020
Sono giorni che in giro tira un’aria strana aggravata anche dalla desolazione da dopobomba delle città abbandonate a sé stesse dopo una ecatombe atomica.
Ci sono milioni di persone deportate nelle proprie abitazioni.
File artificiali per rendere sadicamente la vita dei cittadini
- più complicata,
- più sofferta,
- più frenata,
- più minacciata,
- più umiliante,
- più sottomessa,
- più solitaria
- più straziata da rare sirene di polizia e ambulanze che fano girare in ordine sparso lungo le strade deserte con lo scopo di rammemorare che esiste lo sterminio dietro l’angolo e quindi BISOGNA STARE A CASA!
- più massacrata da trasmissioni terroristiche redatte da oscuri tecnologi della sovversione sociale
Non a caso, da pochi giorni abbiamo la crescente diffusione di decessi di giovani. I vecchi fanno meno pena. In fondo, hanno fatto la loro vita. Ma sapere che muore un giovane colpisce e suscita compassione. Cosa vi ricorda questa COVERT OPERATION? Per impietosire e rendere plausibile la COVERT OPERATION immigrazionista furono tirate fuori dal cappello le morti di donne incinta, di bambini spiaggiati davanti alla riva in posizione innaturale rispetto alla direzione della risacca, ma pochi e per poco tempo ne parlò. Prima dello sbarco le Ong erano piene di bambini (tutti violentati a bordo dai loro stessi connazionali) e donne incinta Alla discesa, si vedevano in grandissima maggioranza ragazzoni di oltre due metri superpalestrati e con telefoni satellitari in mano. Conformemente al secolare atteggiamento servile e sottomesso italiano, nessuno e di NESSUN PARTITO ha sollevato la questione di quanti di costoro appartengano o meno a particolari forze speciali africane da far sbarcare in Italia in attesa di “ORDINI DALLA CUPOLA PER UCCIDERE MIGLIAIA DI ITALIANI PER LE STRADE“.
A chi gliene frega?
Tanto costoro sono al sicuro! Le eventuali sparatorie colpirebbero la plebaglia che- in caso di sollevazione popolare – potrebbe essere massacrata, sterminata, trucidata in massa e tenuta a bada nei recinti a loro riservati con l’utilizzo di questi elementi superaddestrati.
QUIEN SABE? Non posso che pensare il peggio possibile e sarà comunque per difetto!!!!!
Adesso abbiamo questa pseudo epidemia (1) CHE L’ASSE DISINFORMATIVO ITALIANO DEFINISCE FALSAMENTE pandemia, mentre l’OMS continua a NON definirla pandemia.
Su questo teorema dai presupposti falsi, l’attuale governo Badoglio 2.0 ha creato una produzione ANTICOSTITUZIONALE regolatoria repressiva costellata da una sequenza infernale di divieti per sottomettere ed umiliare la popolazione italiana CONTROLLATA DALL’ALTO CON STRATEGIE USATE DALLE TRUPPE AVIOTRASPORTATE USA CONTRO I NARCOS SUDAMERICANI:
DRONI,
MINACCE,
PEDINAMENTI,
URLA,
POSTI DI BLOCCO,
BOMBARDAMENTO MEDIATICO A RETI UNIFICATE
OVVIAMENTE, QUESTO TRATTAMENTO NON VIENE APPLICATO AI
MIGRANTI-PAGANTI-VOTANTI-RISORSE-INPS
perché sarebbe un COMPORTAMENTO RAZZISTA
Questo atteggiamento mondialista repressivo demofobico rientra nella migliore tradizione DEMOFOBICA delle compagini politiche cattocomuniste mondiali che odiano i propri cittadini (2) e amano le immigrazioni di massa … Una decretazione “urgente” che deve solamente definirsi
COLPO DI STATO
La pseudo “pandemia” risulta essere una operazione di facciata per coprire immensi interessi in gioco con la possibile vendita di vaccini in Europa con un ricavo netto che andrebbe oltre la modesta cifra di euro 25.000.000.000.000 –VENTICINQUEMILIARDI. I PRIMI SOSPETTATI a beneficiare di questa marea di miliardi sarebbero i POCHISSIMI COLOSSI FARMACEUTICI E LA FONDAZIONE GATES. Maestro concertatore della coreografia l’attivismo ossessivo della O.M.S. – Organizzazione Mondiale della Sanità sospettata di aver architettato COVERT OPERATIONS con la Cina. Un sospetto che è alimentato dalle numerose, troppe, zone d’ombra che caratterizzano lo sviluppo di questa brutta, strana e crudele storia.
Ebbene, Trump ha iniziato a colpire questa infernale e omicida concatenazione GATES-FARMACEUTICHE-OMS-CINA iniziando, per ora, con il blocco dei finanziamenti alla O.M.S.
Si tratta di un gesto per il quale il mondo paludoso di quadrisex antropofagi pedofili DEM tenterà con le sue oscure legioni infiltrate nell’esercito, nel mondo dello spettacolo, nella finanza, nell’esercito, nelle strutture federali di assassinare Trump.
Sarà una guerra fra titani che fa pensare a quella che avvenne fra spaventose schiere di giganti molte migliaia di anni fa nelle vallate mediorientali e raccontate dal Mahabbharatha…
Questo mondo crudele che violenta bambini li uccide, li smembra per mangiarli durante rituali satanici nascosti e protetti da legioni di mercenari privati che circondano le loro residenze di morte e di distruzione. PER FARE SAPERE AL MONDO QUESTO HORROR, SONO STATI ASSASSINATI BEN 192 GIORNALISTI DALLA CUPOLA DEFINITA “DEEP STATE” Ebbene, questo mondo horror deve finire al più presto. Andranno colpiti con durezza alleati insospettabili che prosperano in Italia e sono da tempo nelle dettagliatissime liste redatte dai nostri servizi segreti. Liste che nessuno intende utilizzare per fare piazza pulita –
FORSE PERCHÉ ANCHE IN ITALIA ABBIAMO LEGIONI DI STERMINATORI MANIACI PEDOFILI COCAINOMANI ANTROPOFAGI???
Che si agisca al più presto per dimostrare che da noi tale horror non esiste, o almeno, è circoscritto …
TUTTO CIÒ PREMESSO
Ho serissimi dubbi che avremo una ripulita per il fatto che il 95% della classe politica italiana è totalmente, direttamente, esecutivamente, frontalmente, individualmente, RICATTATA perché non sia in grado di reagire a tutto ciò che di peggio cadrà addosso al nostro Paese e soprattutto contro la popolazione italiana.
P.S. Nel frattempo, la ex-italia viene assediata per ridurla alla fame e rallentando l’insorgere di sommosse di piazza elargendo DALL’ALTO la mancetta ridicola di 600 euro!
La ex-italia deve capitolare per accettare con violenta sottomissione i finanziamenti capestro della TROIKA che trasformerà il nostro martoriato Paese in una landa desertica pronta a ricevere dai dieci ai quindi milioni di nordafricani inferociti e convinti di potersi prendere impunemente tutto come giusto bottino di conquista…
ORMAI SOLO UN DIO CI PUO’ SALVARE !!!
NOTE
1)CFR https://www.internazionale.it/notizie/debora-mackenzie/2020/02/27/oms-pandemia-coronavirus
2) Nella visione cattocomunista globalista meritocratica quadrisex antifa immigrazionista, coloro “che non ce l’hanno fatta ad avere successo” con master e scuole costose all’estero se la sono cercata e non meritano pietà. Gli immigrati invece devono essere accolti e soccorsi con dovizia di mezzi, soldi, strutture, ecc. ecc. ecc. Insomma, la solita sinfonia di odiatori di popoli e immigrazionisti seriali!
IN EVIDENZA
Kennedy: strage di bambini, coi vaccini di Bill Gates e Oms
I vaccini, per Bill Gates, sono un business filantropico strategico che alimenta la sua innumerevole serie di altre attività legate ai vaccini (tra cui l’ambizione di dominare attraverso la Microsoft l’industria globale di identificativi vaccinali digitali), e che gli conferisce un potere dittatoriale sulla politica sanitaria globale. L’ossessione di Gates per i vaccini sembra alimentata dalla sua convinzione di salvare il mondo tramite la tecnologia. Promettendo di eradicare la poliomielite, con la sua quota di 450 milioni su un capitale di 1,2 miliardi di dollari, Gates ha preso il controllo dell’indiano National Technical Advisory Group of Imunizatione (Ntagi) e ha imposto un esteso piano di vaccini antipolio attraverso programmi di immunizzazione successivi per tutti i bambini sotto i 5 anni. I medici indiani hanno incolpato la campagna di immunizzazione di Gates per la devastante epidemia di paralisi flaccida acuta non-polio (Npafp) che ha reso paralitici 496.000 bambini tra il 2000 e il 2017, molto oltre quelli che sono i dati normalmente attesi. Nel 2017, il governo indiano ha annullato il regime vaccinale di Gates ed estromesso Gates e i suoi programmi vaccinali dall’India. I tassi di paralisi da poliomielite sono diminuiti immediatamente.
Nel 2017, l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha ammesso con riluttanza che l’esplosione globale della poliomielite è prevalentemente causata dal ceppo vaccinale. Le epidemie più violente avvenute in Congo, nelle Filippine e in Afghanistan sono tutte legate ai vaccini. Nel 2018, il 70% dei casi globali di poliomielite sono stati causati dai vaccini. Nel 2014, la Fondazione Gates ha finanziato dei test di laboratorio per vaccini sperimentali per l’Hpv, sviluppati da Gsk e Merck, su 23.000 ragazze in remote province rurali indiane. Circa 1.200 di loro hanno riportato gravi effetti collaterali, tra cui malattie autoimmuni e infertilità. Sette ragazze sono morte. Dalle indagini del governo indiano è emerso che i ricercatori finanziati da Gates hanno commesso gravissime violazioni etiche: pressioni sulle vulnerabili ragazze dei villaggi perché aderissero alla sperimentazione, prepotenze verso i genitori, moduli per il consenso falsificati, e rifiuto di cure mediche alle ragazze danneggiate. Il caso è attualmente all’esame della Corte Suprema indiana.
Durante la campagna MenAfriVac di Gates del 2002 nell’Africa sub-sahariana, gli operatori di Gates hanno vaccinato forzatamente migliaia di bambini africani contro la meningite. Circa 50 dei 500 bambini vaccinati ha sviluppato paralisi. I media sudafricani hanno commentato: «Le cause farmaceutiche ci considerano cavie da laboratorio». L’ex dirigente economico di Nelson Mandela, il professor Patrick Bond, ha definito le pratiche “filantropiche” di Gates «spietate e immorali». Nel 2010, Gates ha messo a disposizione dell’Oms 10 miliardi di dollari, affermando: «Dobbiamo fare in modo che questo sia il decennio dei vaccini». Nel 2014, l’Associazione Medici Cattolici del Kenya ha accusato l’Oms di sterilizzare chimicamente contro la loro volontà milioni di donne keniote con una campagna vaccinale “antitetanica”. Laboratori indipendenti hanno rinvenuto agenti sterilizzanti in ciascuno dei vaccini testati. Accuse simili sono state mosse dalla Tanzania, dal Nicaragua, dal Messico e dalle Filippine.
Uno studio del 2017 (Morgensen et al. 2017) ha dimostrato che il famoso vaccino antidifterite-tetano-pertosse acellulare (Dtp) dell’Oms continua ad uccidere più bambini africani di quanti non ne uccida la stessa malattia che intende prevenire. Le bambine vaccinate hanno un tasso di mortalità 5 volte superiore rispetto a quello dei bambini non vaccinati. L’Oms ha rifiutato di ritirare il letale vaccino, che continua ad infliggere a milioni di bambini africani ogni anno. In tutto il mondo, esperti in salute pubblica accusano Gates di dirottare fondi dell’Oms dai progetti che hanno dimostrato di prevenire realmente le malattie infettive, quali acqua pulita, igiene, nutrizione e sviluppo economico. La Gates Foundation spende in queste aree solo circa 650 milioni dei suoi 5 miliardi di dollari di budget. Dicono che devia le risorse dell’agenzia al servizio della sua personale filosofia secondo la quale la salute si ottiene solo con una puntura. Oltre a usare la sua filantropia per controllare Oms, Unicef, Gavi e Path, Gates finanzia compagnie farmaceutiche private che producono vaccini e ha fatto una donazione di 50 milioni di dollari a 12 società farmaceutiche per accelerare lo sviluppo di un vaccino per il coronavirus. Nelle sue recenti apparizioni sui media, Gates si dimostra fiducioso del fatto che la crisi Covid-19 gli darà l’opportunità di imporre i suoi programmi vaccinali obbligatori anche sui bambini americani.
(Robert Kennedy Jr, “L’agenda vaccinale globale di Bill Gates: il trionfo di Big Pharma e dell’obbligo vaccinale”, dal sito “Children’s Health Defense” del 9 aprile 2020; post tradotto da Margherita Russo per “Voci dall’Estero“. Procuratore legale, nipote del presidente John Fitzgerald Kennedy e figlio del fratello Robert, Robert F. Kennedy Junior sta conducendo una dura battaglia contro la campagna vaccinale globale di Bill Gates. La sua posizione: solo la massima libertà di critica e di informazione ci può tutelare dal rischio che la salute della popolazione mondiale possa essere subordinata a interessi poco trasparenti. Kennedy denuncia i vari scandali che hanno caratterizzato i piani vaccinali di Bill Gates e dell’Oms nei paesi poveri del terzo mondo).
La denuncia di Robert F. Kennedy Jr. sul piano vaccinale globale di Bill Gates e la sua richiesta di immunità
Di Carmenthesister – 13 Aprile 2020
Robert F. Kennedy Junior, nipote del Presidente J.F. Kennedy e figlio del fratello Robert, sta conducendo una dura battaglia contro la campagna vaccinale globale di Bill Gates, battaglia che merita di avere spazio ed essere seguita con attenzione perché solo la massima libertà di critica e di informazione ci può tutelare dal rischio che la salute della popolazione mondiale possa essere subordinata a interessi poco trasparenti. Robert F. Kennedy Jr. denuncia nel primo articolo i vari scandali che hanno caratterizzato i piani vaccinali di Bill Gates e dell’OMS nei paesi poveri del terzo mondo, mentre nel secondo riferisce dei grossi rischi connessi alla accelerazione della ricerca per un vaccino contro il coronavirus, contro i quali non a caso Bill Gates si sta premunendo facendosi garantire l’immunità.
Traduzione di Margherita Russo
Il piano vaccinale globalista di Bill Gates: un’agenda win-win per l’industria farmaceutica e la vaccinazione obbligatoria
di Robert F. Kennedy Jr. su Childrenhealthdefence.org, 9 Aprile 2020
I vaccini, per Bill Gates, sono un business filantropico strategico che alimenta la sua innumerevole serie di altre attività legate ai vaccini (tra cui l’ambizione di dominare attraverso la Microsoft l’industria globale di identificativi vaccinali digitali), e che gli conferisce un potere dittatoriale sulla politica sanitaria globale.
L’ossessione di Gates per i vaccini sembra alimentata dalla sua convinzione di salvare il mondo tramite la tecnologia. Promettendo di eradicare la poliomielite, con la sua quota di 450 milioni su un capitale di 1,2 miliardi di dollari, Gates ha preso il controllo del National Technical Advisory Group of Imunizatione (NTAGI) Indiano e ha imposto un esteso piano di vaccini antipolio attraverso programmi di immunizzazione successivi per tutti i bambini sotto i 5 anni. I medici indiani hanno incolpato la campagna di immunizzazione di Gates per la devastante epidemia di paralisi flaccida acuta non-polio (NPAFP) che ha reso paralitici 496.000 bambini tra il 2000 e il 2017, molto oltre quelli che sono i dati normalmente attesi. Nel 2017, il governo indiano ha annullato il regime vaccinale di Gates ed estromesso Gates e i suoi programmi vaccinali dall’India. I tassi di paralisi da poliomielite sono diminuiti immediatamente
Nel 2017, l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha ammesso con riluttanza che l’esplosione globale della poliomielite è prevalentemente causata dal ceppo vaccinale. Le epidemie più violente avvenute in Congo, nelle Filippine e in Afghanistan sono tutte legate ai vaccini. Nel 2018, il 70% dei casi globali di poliomielite sono stati causati dai vaccini.
Nel 2014, la Fondazione Gates ha finanziato dei test di laboratorio per vaccini sperimentali per l’HPV, sviluppati da GSK e Merck, su 23.000 ragazze in remote province rurali indiane. Circa 1.200 di loro hanno riportato gravi effetti collaterali, tra cui malattie autoimmuni e infertilità. Sette ragazze sono morte. Dalle indagini del governo indiano è emerso che i ricercatori finanziati da Gates hanno commesso gravissime violazioni etiche: pressioni sulle vulnerabili ragazze dei villaggi perché aderissero alla sperimentazione, prepotenze verso i genitori, moduli per il consenso falsificati, e rifiuto di cure mediche alle ragazze danneggiate. Il caso è attualmente all’esame della Corte Suprema indiana.
Durante la campagna MenAfriVac di Gates del 2002 nell’Africa sub-sahariana, gli operatori di Gates hanno vaccinato forzatamente migliaia di bambini africani contro la meningite. Circa 50 dei 500 bambini vaccinati ha sviluppato paralisi. I media sudafricani hanno commentato: “le cause farmaceutiche ci considerano cavie da laboratorio”. L’ex dirigente economico di Nelson Mandela, il Professor Patrick Bond, ha definito le pratiche filantropiche di Gates “spietate ed immorali“.
Nel 2010, Gates ha messo a disposizione dell’OMS $ 10 miliardi affermando: “Dobbiamo fare in modo che questo sia il decennio dei vaccini.”
Nel 2014, l’Associazione Medici Cattolici del Kenya ha accusato l’OMS di sterilizzare chimicamente contro la loro volontà milioni di donne keniote con una campagna vaccinale “antitetanica”. Laboratori indipendenti hanno rinvenuto agenti sterilizzanti in ciascuno dei vaccini testati. Accuse simili sono state mosse dalla Tanzania, dal Nicaragua, dal Messico e dalle Filippine.
Uno studio del 2017 (Morgensen et al. 2017) ha dimostrato che il famoso vaccino antidifterite-tetano-pertosse acellulare (DTP) dell’OMS continua ad uccidere più bambini africani di quanti non ne uccida la stessa malattia che intende prevenire. Le bambine vaccinate hanno un tasso di mortalità 5 volte superiore rispetto a quello dei bambini non vaccinati.
L’OMS ha rifiutato di ritirare il letale vaccino, che continua ad infliggere a milioni di bambini africani ogni anno.
In tutto il mondo, esperti in salute pubblica accusano Gates di dirottare fondi dell’OMS dai progetti che hanno dimostrato di prevenire realmente le malattie infettive, quali acqua pulita, igiene, nutrizione e sviluppo economico. La Gates Foundation spende in queste aree solo circa 650 milioni dei suoi 5 miliardi di dollari di budget. Dicono che devia le risorse dell’agenzia al servizio della sua personale filosofia secondo la quale la salute si ottiene solo con una puntura.
Oltre a usare la sua filantropia per controllare OMS, UNICEF, Gavi e PATH, Gates finanzia compagnie farmaceutiche private che producono vaccini e ha fatto una donazione di 50 milioni di dollari a 12 società farmaceutiche per accelerare lo sviluppo di un vaccino per il coronavirus. Nelle sue recenti apparizioni sui media, Gates si dimostra fiducioso del fatto che la crisi Covid-19 gli darà l’opportunità di imporre i suoi programmi vaccinali obbligatori anche sui bambini americani.
Perché Bill Gates vuole la completa immunità?
di Robert F. Kennedy Jr. su Childrenhealthdefence.org, 11 Aprile 2020
Perché persino due medici come Paul Offit e Peter Hotez, che sono tra i più accaniti promotori di vaccini al mondo, stanno freneticamente lanciando l’allarme sugli inauditi e inquietanti rischi inerenti allo sviluppo di un vaccino per il coronavirus?
Gli scienziati tentarono già la prima volta di sviluppare un vaccino per il coronavirus dopo l’epidemia di SARS-CoV del 2002 in Cina. Team di scienziati statunitensi e internazionali sperimentarono sugli animali con i quattro vaccini più promettenti. In un primo momento, l’esperimento sembrò avere successo, e tutti gli animali mostravano una robusta risposta anticorpale al coronavirus. Ma quando gli scienziati hanno esposto gli animali vaccinati al virus in natura, i risultati sono stati catastrofici. Gli animali vaccinati manifestavano risposte iper-immunitarie, che partendo da un’infiammazione diffusa in tutto il corpo portava ad infezioni polmonari letali. L’unico precedente in cui i ricercatori avevano visto una simile “risposta immunitaria potenziata” era stato negli anni ’60, con i test sugli esseri umani del vaccino RSV, che infatti furono per questo archiviati. Due bambini rimasero uccisi.
Offit, Hotez e persino Anthony Fauci (che se lo è lasciato scappare in un momento di distrazione), hanno avvertito che qualsiasi nuovo vaccino contro il coronavirus potrebbe innescare reazioni immunitarie letali quando le persone vaccinate entrano in contatto con il virus in natura. Eppure, invece di procedere con cautela, Fauci ha fatto la scelta spericolata di velocizzare le procedure per autorizzare il suo vaccino (finanziato in parte da Gates), saltando i test sugli animali (che potrebbero mettere precocemente in guardia su possibili risposte immunitarie incontrollate).
Lo stesso Gates è talmente preoccupato dei possibili rischi da aver dichiarato che non distribuirà i suoi vaccini finché tutti i governi mondiali non accetteranno di assicurarlo contro le eventuali cause legali. Il 4 febbraio scorso, quando negli Stati Uniti c’erano solo 11 casi positivi, gli Stati Uniti hanno silenziosamente spinto per l’approvazione di regolamenti federali che sollevino i produttori di vaccini per il coronavirus da qualsiasi responsabilità.
Qui lo studio del 2012 sul vaccino per la SARS che ha portato a infezioni polmonari letali
FONTE:http://vocidallestero.it/2020/04/13/la-denuncia-di-robert-f-kennedy-jr-sul-piano-vaccinale-globale-di-bill-gates-e-la-sua-richiesta-di-immunita/
Bomba di Trump sull’Oms: via i fondi all’oscura rete Covid
La prima, vera mossa politica contro il coronavirus arriva da Washington: il presidente Donald Trump annuncia il taglio dei fondi statunitensi all’Organizzazione Mondiale della Sanità. L’accusa, formale: l’Oms sarebbe troppo filo-cinese. «La ritorsione era nell’aria da tempo», scrive Federico Rampini su “Repubblica“, «dopo che tra l’agenzia sanitaria collegata all’Onu e la Casa Bianca si erano moltiplicate le tensioni». Trump ha accusato l’Oms di una gestione «disastrosa» della pandemia. In particolare, specifica Rampini, non ha perdonato all’agenzia multilaterale di averlo attaccato quando vietò l’ingresso di viaggiatori provenienti dalla Cina. «Tutti sanno quello che sta succedendo là dentro», ha detto, riferendosi all’Oms e in particolare alla «disastrosa decisione di opporsi alle restrizioni di viaggio dalla Cina». Sotto accusa per le sue “sottovalutazioni” iniziali sulla pandemia, nonché «criticato da molti governatori di Stati Usa per le promesse di aiuti federali che non arrivano», Trump si è sempre vantato di aver agito prima di altri nel vietare gli sbarchi di viaggiatori dalla Cina. Anche l’Italia – ricorda sempre Rampini – fu tra i primi paesi a varare quel genere di restrizioni, e inizialmente venne criticata dall’Oms.
I media americani, anche quelli più “progressisti” e critici nei confronti di Trump, non sono stati teneri nei confronti dell’Oms. «Più volte è stato sottolineato che l’organizzazione internazionale attese un mese prima di dichiarare una pandemia», annota “Repubblica”. E il suo direttore generale «si recò a Pechino ad omaggiare Xi Jinping, tacendo sui silenzi e le censure iniziali con cui il governo cinese nascose al mondo l’epidemia». E’ stato anche osservato come l’influenza cinese sia aumentata all’interno dell’Oms – e di altre agenzie Onu – benché gli Stati Uniti rimanessero il finanziatore numero uno. Tuttavia molti osservatori americani, per esempio il “filantropo” Bill Gates (ormai, fornitore di vaccini), sostengono che una delle lezioni di questa pandemia dovrebbe essere un rafforzamento della cooperazione internazionale. Già, ma a quali condizioni? Nel mirino di Trump è soprattutto il direttore dell’Oms, l’etiope Tedros Adhanom Ghebreyesus, passato «dal governo violento dell’Etiopia agli intrecci di favori con la Cina». Biologo e poi politico – ricorda Giusy Baioni, sul “Fatto Quotidiano” – il capo dell’Oms è stato «ministro del governo illiberale di Meles Zenawi». Poi la nomina all’Oms, quando presidente dell’Unione Africana – che lavorò per la sua elezione – era Robert Mugabe, dittatore dello Zimbabwe, che lo volle “ambasciatore di buona volontà”.
«Dallo scoppio della pandemia – aggiunge il “Fatto” – Ghebreyesus ha elogiato Pechino», in modo plateale. Motivo: Xi Jinping «gli ha promesso il raddoppio dei finanziamenti». Ma non è tutto: «Il suo paese e la Cina sono legati a doppio filo da progetti economici e infrastrutturali per milioni di dollari». Proprio l’Etiopia è infatti considerata una “porta” strategica, per la penetrazione cinese nel continente nero. Geopolitica, dunque: ecco perché Trump (su cui imcombono le presidenziali di novembre) ora cerca di ostacolare l’Oms, vista come longa manus delle ambizioni “imperiali” della Cina in Africa, in aperta concorrenza – simmetrica – con l’imperialismo finanziario e commerciale statunitense. Ma c’è dell’altro, evidentemente. Quello di Trump è il primo atto politico – fortemente simbolico – che segna una clamorosa rottura dell’unanimismo mondiale imposto dalla pandemia. Una situazione più che anomala, nella quale l’Oms si è ritagliata un ruolo probabilmente abnorme, imponendo la ricetta-Wuhan (quarantena e coprifuoco) a tutti i governi travolti dal Covid-19. «Dovremo entrare nelle vostre case e portare via i contagiati», si è spinto a dichiarare Michael Ryan, direttore esecutivo dell’Oms, facendo inorridire mezzo mondo.
La clamorosa rottura della “pax sanitaria”, imposta da Trump mettendo alla porta i tecnocrati dell’Oms, riaccende inevitabilmente i riflettori sui retroscena all’origine del disastro, con lo scambio di accuse tra Usa e Cina. Da una parte Pechino, che dipinge gli States come un possibile vettore del focolaio di Wuhan, grazie alla presenza (alle “olimpiadi militari” dello scorso autunno) di soldati Usa forse portatori inconsapevoli del virus. «Potrebbe essere stato l’esercito Usa ad aver portato l’epidemia a Wuhan», ha affermato il portavoce del ministero degli esteri cinese, Zhao Lijian, esibendo in video l’audizione al Congresso degli Stati Uniti in cui Robert Redfield, il direttore del Centro per il controllo e la prevenzione delle malattie (l’Istituto Superiore di Sanità americano) ha riconosciuto che alcune persone, decedute negli Usa già nel 2019 a causa di una strana e violenta polmonite, sarebbero morte in seguito a un’esplosione, non diagnosticata per tempo, di Covid-19.
In parallelo, pesano i sospetti (speculari) sul laboratorio cinese di Wuhan che gli Usa sospettano possa aver avuto un ruolo – forse accidentale, colposo – nella diffusione del nuovo coronavirus Sars-Cov-2. Laboratorio in realtà aperto con scienziati francesi e di altri paesi, tra cui gli Stati Uniti. Quanto alla possibile trasmissione del virus dal pipistrello all’uomo, è emerso uno studio prodotto con larghissimo anticipo dall’università californiana di Berkeley: studio finanziato dalla Darpa, l’agenzia del Pentagono che sviluppa armi sperimentali, anche biologiche e batteriologiche. Pur tra molte incertezze, la comunità scientifica sembra condividere una convinzione: se anche questo viurs è stato deliberatamente “ingegnerizzato” in laboratorio, modificando geneticamente l’Rna, è praticamente impossibile provarlo. In altre parole: se di crimine si trattasse, sarebbe un delitto perfetto. Ma ecco il punto: al di là dei singoli settori cinesi e occidentali coinvolti nella vicenda, dietro al velo rituale dei battibecchi diplomatici sembra emergere un possibile ruolo, proprio dell’Oms, attorno all’oscura origine del virus che può esplodere nella patologia Covid-19.
E’ questo, a quanto pare, il vero obiettivo di Trump: denunciare eventuali intrecci oscuri – non solo cinesi – dietro alla potente organizzazione sanitaria delle Nazioni Unite. Il laboratorio di Wuhan operava infatti sotto la supervisione dell’Oms, che di lì a poco ha quasi “preso il potere” quasi ovunque, installando i suoi uomini nei governi e pilotando la gestione dell’emerenza in modo severissimo, fino a mettere in pericolo la sopravvivenza di intere economie, come quella italiana, con il rischio di un collasso anche sociale. Finora, i maggiori paesi travolti dalla pandemia hanno subito il modello-Wuhan (applicato in modo letteralmente “cinese”, in Italia), limitandosi a giocare di rimessa per limitare i danni economici. Spettacolare, in questo caso, l’ipocrisia dell’Ue: incapace – grazie all’élite finanziaria tedesca, che utilizza l’egoismo dell’Olanda – di uscire davvero dalla psicopatologia del rigore, persino di fronte a una vera e propria catastrofe umanitaria. E mentre da noi la discussione di avvita sulle giravolte autoritarie dell’inedito “stato d’eccezione” varato da Conte (premier mai eletto da nessuno), è Trump a sparigliare le carte: verrà il giorno – sembra dire – in cui faremo davvero i conti, con l’Oms. E quel giorno, l’Oms dovrà spiegare cos’è davvero diventata, e quali forze hanno investito su di essa per farne il nuovo, potenziale governo-ombra del pianeta. Un quasi-regime, pronto a confiscare libertà e democrazia sotto la guida di una “polizia sanitaria” non trasparente e per nulla rassicurante, in grado di imporre la sua agenda. Non a tutti, però: non agli Usa. Sembra essere questo, il vero segnale di Trump.
Ben-Israel: quarantena inutile, il virus sparisce in 70 giorni
«Tutte le azioni di contenimento spinte del contagio sono pressoché inutili, in quanto non hanno un’effettiva influenza sulla diffusione del virus e sono dannose per l’economia: il Covid-19 raggiunge il suo picco in 40 giorni e in 70 sparisce». Parola di Isaac Ben-Israel, capo del programma di studi sulla sicurezza dell’università di Tel Aviv, presidente del Consiglio nazionale per la ricerca e lo sviluppo, nonché numero uno dell’Agenzia spaziale israeliana. Secondo questa teoria, dunque, il coronavirus ha i giorni contati: o per meglio dire – scrive Carlo Nicolato su “Libero” – ha in sé una specie di timer che lo disattiva in un determinato limite di tempo. «E se i calcoli sono giusti, in Italia dovrebbe attenuarsi gradualmente nei prossimi 15 giorni, fino a sparire del tutto a inizio maggio». Eccessivo ottimismo? Qualcuno potrà prenderlo come una bufala, visto che è un calcolo meramente matematico che non tiene conto della storia dei virus e in particolar modo di uno particolarmente contagioso come il Covid-19? «Va subito detto che Isaac Ben-Israel non è ovviamente un virologo, né un epidemiologo, né tantomeno un medico, e infatti la categoria non l’ha preso troppo sul serio, anzi – spiega Nicolato – lo ha stroncato, accusandolo di diffondere false speranze che possono rivelarsi controproducenti e dannose».
Allo stesso tempo, però, il professor Isaac Ben-Israel non è nemmeno l’ultimo arrivato: «Non è solo il numero uno della ricerca in Israele, è un fisico-matematico di fama ed esperienza, al quale il primo ministro Benjamin Netanyahu ha affidato le sorti del National Cyber Bureau in quanto lui stesso, anche negli Stati Uniti (vedi l’autorevole rivista “Forbes”) viene considerato il padre della sicurezza informatica del paese». Una cosa non da poco, per Israele, visto che proprio lo Stato ebraico esporta il 10% di tutto il mercato mondiale della sicurezza informatica, ricorda sempre Nicolato sul giornale di Vittorio Feltri. «Isaac Ben-Israel è dunque uno che ha una certa dimistichezza con i numeri e le statistiche, e il fatto che non sia un virologo o un epidemiologo, viste poi le contraddittorie indicazioni che ci arrivano da quel settore di esperti, potrebbe essere ininfluente». O almeno, ragiona “Libero”, il suo studio ci consente di immaginare «una soluzione che non sia semplicemente quella di stare in casa ad aspettare e sperare in non si sa cosa».
Crescono di giorno in giorno, infatti, le perplessità per la risposta adottata in Italia: chiudere tutto, sprangare in casa 60 milioni di cittadini e fermare l’economia, procurando una crisi che non ha precedenti nella storia. A scatenare la grande paura, due mesi fa, la consapevolezza delle gravissime falle nel nostro sistema ospedaliero disastrato dai tagli imposti da decenni di poltiche di rigore: solo 5.000 posti letto in terapia intensiva, contro i quasi 30.000 di Francia e Germania. «Al governo – afferma un osservatore critico come il saggista Gianfranco Carpeoro – andrebbe chiesto a che punto sono le forniture di Plaquenil, farmaco antimalarico dimostratosi efficace: lo stanno distribuendo in modo adeguato, agli ospedali?». Carpeoro è pessimista: «I numeri ancora alti confermano quello che temevo fin dall’inizio, e cioè che la quarantena non sarebbe servita a niente: se i contagi e i ricoveri caleranno sarà “merito” del governo che ci ha chiusi in casa, se invece resteranno elevati sarà “colpa” dei cittadini indisciplinati, non abbastanza ligi al coprifuoco, in realtà vessati da norme emergenziali che presentano diversi profili di incostituzionalità».
A proposito di numeri, la dottoressa Maria Rita Gismondo (virologa dell’ospedale Sacco di Milano) contesta le cifre fornite ogni giorno dalla Protezione civile: «I dati sono vecchi anche di 12 giorni, a causa del ritardo con cui vengono raccolti». Ed ecco che la fotografia quotidiana dell’emergenza, sempre molto allarmistica, risulterebbe sfocata: numeri inattendibili? Molti ossevatori spiegano anche così la discrepanza tra il bilancio quotidiano dei decessi (ancora troppi) e il calo ormai vistoso dei ricoveri. L’Istat ricorda che lo scorso anno, nel mese di marzo, sono morti di polmonite oltre 15.000 italiani, senza che i giornali ne parlassero (sono stati 12.000 quelli falciati il mese scorso dal Covid-19). Intanto, si accettano scommesse sulla reale entità dei contagiati, visto che il dato disponibile è relativo ai test, ancora pochi, effettutati a campione. C’è di parla di milioni di persone contagiate, e vari studi ipotizzano che il virus abbia infettato (in modo silenzioso, senza sintoni) almeno un italiano su tre. A favore della tesi del declino fisiologico dell’epidemia, dopo l’iniziale virulenza, ora si aggiunge anche la voce israeliana del professor Isaac Ben-Israel: non certo un dilettante.
FONTE:https://www.libreidee.org/2020/04/ben-israel-quarantena-inutile-il-virus-sparisce-in-70-giorni/
5G, vaccini e “fake”: la post-verità, nell’Era del Coronavirus
Vaccini e 5G sono di gran voga, in tempi di coronavirus, nella cosiddetta narrativa complottista. Ne parla anche Massimo Mazzucco, denunciando il “ministero della verità” allestito a Palazzo Chigi e la spettacolare, duplice manovra in atto da parte dell’establishment: da un lato si raccomanda la fruizione dei soli media ufficiali (spesso i primi a spacciare “fake news”) e dall’altro si criminalizzano le fonti alternative di informazione. Esemplare il caso del Patto per la Scienza di Burioni, che chiede addirittura ai magistrati di spegnere “ByoBlu”, reo di avere ospitato uno scienziato “eretico” come Stefano Montanari. L’allarme di Mazzucco è esplicito: c’è da temere che si approfitti del coprifuoco imposto dal coronavirus per poi magari limitare la nostra libertà di informazione anche domani, quando l’emergenza sarà finita. Motivo: social, video e blog vantano ormai milioni di visualizzazioni, dunque rappresentano una potenziale minaccia per chi volesse mentire agli italiani attraverso i canali ufficiali della comunicazione tradizionale.
Nella sua ricostruzione giornalistica, Mazzucco – autore di importanti documentari sull’11 Settembre, trasmessi anche da Canale 5 in prima serata – cita alcune clamorose “fake news” veicolate dai grandi network televisivi: dagli inesistenti “200bambini morti a Londra per il morbillo” (evocati da Beatrice Lorenzin negli studi di Vespa e Formigli) alle affermazioni di Rex Tillerson su Putin “criminale di guerra” (distorte da Giovanna Botteri). Il record – nella classifica di Mazzucco – spetta ad Andrea Purgatori, che su La7 ha spacciato le sequenze di un videogame per “le immagini dell’uccisione del generale Soleimani”. In studio ha assicurato: sembra un videogioco, ma non lo è. Smascherato, su Twitter ha ammesso: sì, è vero, quelle immagini erano di un videogame. E questi, si domanda Mazzucco, sarebbero i campioni dell’informazione seria, gli unici di cui dovremmo fidarci, come ripete lo spot che Mediaset sta trasmettendo a ciclo continuo?
Mazzucco, naturalmente, passa per complottista. La sua colpa? E’ stato il primo a realizzare un film che demolisce, prove alla mano, la versione ufficiale sull’11 Settembre. L’Oscar del Complottismo gli è stato tributato per il documentario “American Moon”. I suoi detrattori lo accusano di negare l’avvenuto sbarco sulla Luna del 1969. Se invece uno si prende la briga di visionare il filmato, scopre che Mazzucco – suffragato dal parere di alcuni tra i più importanti fotografi, da Peter Lindbergh a Oliviero Toscani – si limita, per così dire, a dimostrare che quelle storiche immagini sarebbero state realizzare in studio, sulla Terra (per quale motivo, non è dato saperlo). Comunque la si pensi, socraticamente, il contributo di Mazzucco invita a coltivare il dubbio: cosa che lo stesso giornalismo per primo dovrebbe sempre fare, come ricorda lo statunitense Seymour Hersh, secondo cui negli ultimi anni il mondo ha vissuto troppe guerre, con troppe vittime civili, anche a causa della reticenza della stampa, che secondo Hersh ha permesso ai decisori di avventurarsi nelle peggiori imprese manipolando l’opinione pubblica grazie alle “fake news” veicolate dai grandi media.
Sono proprio le “fake news ufficiali” a scatenare la degenerazione complottistica, che inonda il web di vere e proprie bufale: un regalo favoloso, per chi volesse spegnere (insieme a quelle dei “terrapiattisti”) anche le voci autorevoli, onestamente impegnate a cercare verità irrintracciabili nel mainstream. Il cospirazionismo appare perfettamente funzionale al peggior potere: incrementa la credulità dei più ingenui e, al tempo stesso, squalifica i ricercatori seri. Nella sua ottusità dogmatica, il complottismo è speculare al negazionismo: i complottisti pensano che qualsiasi evento sia sempre e solo il frutto di una bieca cospirazione, mentre i loro apparenti avversari negano, semplicemente, che i complotti esistano. E’ la stessa storia a insegnarci che i complotti si susseguono, da sempre, ma non è detto che poi vadano in porto. In una infinita scala di grigi, come si può pensare che tutto sia soltanto bianco o nero? Questo non-pensiero semplificato, automatico, fa sicuramente comodo a chi maneggia il consenso in modo spregiudicato, fabbricando nemici su misura per ogni stagione, con il relativo corollario di odio, paura e tifo calcistico.
Il problema, avverte Mazzucco, è che ora la situazione starebbe cambiando a vista d’occhio: sotto la fortissima pressione psicologica e sociale dell’emergenza da coronavirus, si annuncia un progressivo soffocamento, anche governativo, delle voci indipendenti. Il che – statistiche alla mano – potrebbe preludere a qualcosa di francamente inquietante: un futuro in cui, come già avviene in Cina, sia espressamente vietato far circolare idee eterodosse? Ovvero: siamo alla vigilia del peggior incubo distopico di matrice orwelliana, coi cittadini sorvegliati passo passo, elettronicamente? Domande che pesano, e che Mazzucco propone agli ascoltatori. Dato il coprifuoco imposto per via del Covid-19, non c’è bisogno di ricordare che, in guerra, la prima vittima è sempre la verità. Sul misteriosissimo coronavirus, finora, si è detto tutto e il contrario di tutto: medici e ricercatori stanno lottando, ogni giorno, per venirne a capo e trovare una cura risolutiva e rassicurante. Nel frattempo, il complottismo si scatena: il Covid-19 sarebbe il frutto di una cospirazione mondiale orchestrata allo scopo di imporre vaccinazioni di massa, e la virulenza del morbo sarebbe accentuata dalle microonde della rete 5G. In parallelo, specularmente: silenzio assoluto, dai grandi media, sia sulle problematiche da vaccino che sui potenziali rischi del wireless di quinta generazione.
In Italia, negli ultimi anni, la grande stampa ha regolarmente silenziato le notizie allarmanti via via emerse, da fonti autorevoli, riguardo alla somministrazione improvvisamente obbligatoria di vaccini polivalenti di ultima generazione. Sulla scorta di consulenze mediche, la commissione parlamentare guidata da Gian Piero Scanu additò alcuni vaccini come concausa di gravi patologie a danno dei nostri militari. La Regione Puglia – unica, ad aver istituito un monitoraggio speciale (farmacovigilanza attiva) dopo l’introduzione dell’obbligo vaccinale nel nostro paese – ha fornito le percentuali – altissime – delle reazioni avverse registrate dai bambini vaccinati. E il presidente dell’ordine dei biologi italiani, Vincenzo D’Anna, ha rilevato la presenza di vaccini “sporchi”, tra le dosi distribuite in Italia. Voci autorevoli e argomentazioni serie: non per negare l’utilità dei vaccini, ma per verificare meglio le condizioni particolari della loro attuale somministrazione obbligatoria. Se ne avessero parlato diffusamente, giornali e televisioni, magari avrebbero scoperto – come ricorda lo stesso Mazzucco – che negli Usa gli eventuali errori delle aziende produttrici di vaccini sono “depenalizzati” per legge: a indennizzare le vittime provvede lo Stato. E dagli anni ‘80, l’amministrazione Usa ha già dovuto sborsare 4 miliardi di dollari per risarcire persone che la giustizia ha riconosciuto vittime di “danni da vaccino”.
La parola magica – fake news – incombe anche su chi si azzardasse a menzionare il fantasma del 5G, cioè “l’Internet delle cose” appena bloccato da paesi come Svizzera e Slovenia, preoccupati per l’assenza di prove certe – per ora, almeno – sull’innocuità di questa nuovissima tecnologia, connessa con i satelliti appena messi in orbita, a migliaia, da Elon Musk. Fa male alla salute, il 5G? I complottisti ne sono certissimi. Gli scienziati invece sono divisi: alcuni escludono pericoli, altri temono che le frequenze del 5G possano nuocere alle nostre cellule. In molti esprimono dubbi: sostengono che siano necessari test più approfonditi, per giungere a conclusioni incontrovertibili, in un senso o nell’altro. Intanto, a mettere in relazione il 5G addirittura con il coronavirus è anche Gunter Pauli, consigliere economico di Giuseppe Conte. Ma la vera notizia, probabilmente, è un’altra: per i grandi media, il 5G è come se non esistesse. Semplicemente non ne parlano, anche se l’avvenimento pubblico di cui discuutere ci sarebbe: sono ormai quasi 200 i Comuni italiani che si sono opposti all’installazione delle antenne.
Daccapo: se un tema è dibattuto presso l’opinione pubblica, perché non affrontarlo con precisione e serenità? Se i timori legati all’eventuale abuso di alcuni vaccini fossero infondati, perché non smontarli – una volta per tutte – sulla base di prove inoppugnabili? Idem: se quelle sul fantomatico 5G sono soltanto bufale, perché non demolirle – in modo serio, scientifico – a reti unificate? Il silenzio, viceversa, alimenta inevitabilmente ogni tipo di illazioni. Ragiona Mazzucco: alle domande scomode si evita di rispondere, preferendo tacciare comodamente di complottismo chi osa rilanciarle, quelle domande. Attenzione: domande, non tesi dogmatiche. L’obiettivo non è propagandare verità prefabbricate, magari apocalittiche, ma raggiungere una verità ragionevolmente accertabile. E non è nemmeno questione di vaccinazioni e antenne: la vera posta in gioco è la trasparenza, su tutto. Dove finisce, la democrazia, se l’opinione pubblica non è innanzitutto informata dei fatti che la riguardano? Il lavoro dei tanti ricercatori che in questi anni hanno offerto analisi disponibili solo sul web, purtroppo, mina una volta di più il prestigio dell’informazione mainstream. E questa non è affatto una buona notizia.
Messi finalmente da parte complottismi e negazionismi, simmetriche deformazioni della conoscenza, una quota accettabile di verità dovrebbe emergere dal terreno intermedio della vera informazione, laica, onesta, in buona fede. Avvertiva Indro Montanelli: guardatevi da chi dichiara di diffondere notizie “oggettive”; fidatevi invece di chi si limita a fornire narrazioni sincere (magari anche erronee, ma sbagliando in proprio). Sbagliare fa parte del mestiere: la stessa scienza deve il suo progresso proprio all’ammissione dei suoi errori. Torna in mente l’immagine usata dal filosofo Bertrand Russell: più cresce il fascio di luce che rischiara il buio, più cresce la consapevolezza della vastità delle tenebre, cioè dell’ignoto. Di fronte all’ignoto che oggi minaccia di colpo miliardi di individui – la strana comparsa del Covid-19 – forse è bene concludere che non esistono risposte semplici, e che le testi preconcette (complottiste e negazioniste) non aiutano a risolvere il problema. Se poi i decisori mostrano apertamente di temere la proliferazione di voci incontrollate, forse c’è di che preoccuparsi. Quanta strada avrebbero fatto, i peggiori complotti, se l’opinione pubblica non fosse stata ipnotizzata dai suoi incantatori? Il pifferaio più celebre, Hitler, riuscì a far credere ai tedeschi che le loro disgrazie fossero imputabili agli ebrei. Il film “Il tamburo di latta”, di Volker Schlöndorff, tratto dall’omonimo romanzo di Günter Grass, si conclude con queste parole: credevamo di aver aperto la porta a Babbo Natale, e invece era l’uomo del gas.
(Giorgio Cattaneo, “5G, vaccini e Ministero della Verità: complottismo e negazionismo nell’Era del Coronavirus”, dal blog del Movimento Roosevelt del 14 aprile 2020).
ARTE MUSICA TEATRO CINEMA
Netflix supera il valore della Disney grazie al Coronavirus
L’emergenza Coronavirus ha fatto salire alle stelle il valore di mercato di Netflix che sorpassa anche la Disney, rimasta orfana dei suoi parchi a tema.
Il Coronavirus fa lo sgambetto alla Disney e permette a Netflix di raggiungere un valore di mercato da record
Il caos che sta caratterizzando questo periodo storico ha decisamente giovato a Netflix che, dati alla mano, al momento vale addirittura più della Disney. Che l’emergenza Coronavirus abbia cambiato lo stile di vita di milioni di persone è evidente ormai da settimane. E non ci riferiamo a chi, già prima della pandemia, trascorreva ore ed ore di fronte a pc, tablet o smart tv a visionare serie su serie o collezionare una quantità di film che una persona “normale” riuscirebbe a vedere soltanto nel giro di qualche mese.
Parliamo invece di chi, rimanendo a casa da lavoro senza la possibilità di uscire di casa, approfitta per recuperare quelle serie tv lasciate in sospeso da troppo tempo o per godersi qualche novità in streaming. Perché se è vero che il Covid-19 ha paralizzato tutte le produzioni cinematografiche nel mondo, è anche vero che le uscite sulle piattaforme on demand sono andate avanti senza alcun intoppo, a parte la mancanza del doppiaggio in italiano che, considerato il periodo, rappresenta sicuramente il male minore con cui dover fare i conti.
Coronavirus: da Westworld a Better Call Saul, ecco le serie rimaste senza doppiaggio
La crisi mondiale ha quindi fatto salire le azioni di Netflix ai massimi storici, facendo prosperare la società di Reed Hastings e Marc Randolph. Netflix ha così superato il valore della Disney, non solo del ramo streaming (Disney+) ma dell’intera casa di Topolino. Stando ai dati raccolti da Variety, nelle ultime settimane, la società ha raggiunto una capitalizzazione di mercato di 187,3 miliardi di dollari, contro i 186,6 miliardi della Disney.
Ricordiamo che la piattaforma streaming Disney+ ha esordito da poco tempo ma ha già spiccato il volo registrando ottimi risultati e superando i 50 milioni di abbonati nel mondo. Ma questa non rappresenta l’unica entrata della Disney che, al momento, deve far fronte anche alla chiusura dei suoi parchi a tema Walt Disney World e Disneyland e alla mancanza di sport da coprire con ESPN, conseguenze dirette dell’emergenza Coronavirus. Netflix, dal canto suo, ha in serbo un buon numero di nuove uscite da proporre in catalogo nelle prossime settimane, in barba agli stop di produzione registrati qua e là. Insomma, una sfida tra titani dell’intrattenimento che, al momento, registra il sorpasso di Netflix sulla sua diretta rivale.
FONTE:https://www.cinematographe.it/news/netflix-supera-valore-disney-grazie-coronavirus/
ATTUALITÀ SOCIETÀ COSTUME
Facci: “Sì, sono evaso. E ora venitemi a prendere, cialtroni”
Ieri è stato il mio primo giorno di annunciata «evasione» e riappropriazione delle mie libertà civili, ma assomigliava sin troppo a qualsiasi altro giorno di gennaio, all’inizio: i parcheggi attorno a casa erano vuoti come non vedevo da tempo, il traffico era scorrevole ma comunque era traffico – non solo furgoncini bianchi e autobus – e mai sono stato fermato e controllato, così come mai è accaduto dall’inizio della segregazione. Sembrava, insomma, un giorno di vecchio conio, come se i casi fossero stati due: o tutti avevano improbabilmente letto il mio articolo (quello in cui annunciavo che sarei uscito liberamente in spregio a un governo delegittimato e cialtrone) oppure non so, da ieri, forse, è come se fosse scattato qualcosa di diverso nella gente. Comunque ce n’era in giro molta di più. Almeno qui, in questa zona. Era mattina molto presto, avevo guanti e mascherina (non ho il coronavirus, ne sono certo) e in auto sono passato a prendere la mia colf come ho fatto quasi tutti i giorni, perché dei mezzi pubblici non c’è da fidarsi. Guanti a mascherina anche lei, poltrona posteriore. Due volte a settimana sono sempre e regolarmente andato a prendere e riportare anche i miei figli piccoli, che non vivono con me. Credo di aver sempre rispettato tutte le regole.
Ho portato a casa la colf e poi sono andato con una mia amica in un vicino cash&carry a fare un po’di spesa: non c’è mai fila e quindi basta entrare distanziati di qualche metro, per poi ritrovarsi «in più di un esponente per famiglia». Poi fuori, e dopo lo scarico-spesa ecco la partenza per gli stracazzi miei, violando ogni regola e però, secondo me, nessuna. Risorse pubbliche – Tangenziale, svincolo per la Valassina, direzione Lecco, sino al piazzale della funivia (chiusa) per i Piani d’Erna, una sessantina di chilometri, un’ora comoda per arrivare. Qui partiva la camminata verso il mitico Resegone partendo da circa 800 metri. Lungo il tragitto, ancora invernale perché più si sale e più la primavera si attarda, ho incontrato le stesse persone che ho sempre incontrato lungo quel sentiero nei giorni feriali: nessuna. Oppure vabbeh, qualche sciroccato di quelli che corrono in salita, nel primo tratto: ma ieri neanche quelli. La mascherina l’avevo tolta, i guanti li avevo sostituiti con altri con un po’ di grip. Fatica boia, perché non sono più allenato. Ecco i Piani d’Erna dopo un’ora e mezza o due, non so, non avevo l’orologio e non ho guardato sul telefono. Ecco, l’orologio, il telefono: spieghiamo bene. Mi diletto di alpinismo anche serio, o quasi, e per scelta personalissima non porto mai con me un gps per tracciare il percorso, o per poter indicare le coordinate in cui mi trovassi se avessi un incidente. Non ho neppure una delle app di geolocalizzazione per farsi ritrovare in caso di emergenza. Criticabile sinché volete: ma è una scelta di vita, un modo di misurarmi con me stesso e basta, come altre volte mi è pericolosamente capitato. Perché lo dico? Solo perché nessuno possa dire, per esempio, che in caso d’incidente io sottrarrei risorse alla sanità pubblica, tipo un elicottero, un’ambulanza. E questa, se volete, è una grezza metafora di quello che voglio dire: io rispetto le regole, soprattutto se il non farlo rischiasse di danneggiare altri; quindi continuerò a mettere guanti e mascherine e rispetterò le distanze come tutti i cittadini devono fare, e come dovranno fare per molto tempo. Ma non mi farò mettere una «app» sul telefono da questo governo di cialtroni incapaci, governo che è responsabile – lui sì – dell’inanità politica e dei ritardi che hanno portato a migliaia
di morti nel nostro paese. Figuratevi se allo stesso modo mi farò spiare da un drone: vivo in Occidente, imperniato sui diritti del singolo individuo: i governi imperniati sul diritti della collettività mi pare abbiano un altro nome.
Incostituzionale – Quindi, ripeto, rispetterò le regole serie che non ne violano altre, non affollerò autostrade per Pasqua e Pasquetta con in tasca dei giustificativi idioti, patirò le conseguenze delle mie azioni, mentre voi fate il cazzo che volete: ma io non mi farò (più) limitare le libertà personali da un governo sempre in ritardo su tutto, inetto con le sue burocrazie, le sue gare Consip, i suoi clientelismi, incapace di fare un decreto anziché tremila, incapace di fermare treni di untori, incapace di fare delle zone rosse vere là dove servono, salvo incolpare altri di non averle fatte (come se le regioni disponessero dell’esercito) e insomma, non mi farò ingabbiare in aeternum da chi giochicchia con la Costituzione e non ne è neppure degno, e permette, per dire, a milioni di cani di passeggiare coi loro padroni ma poi non lascia che un uomo possa restare in auto mezz’ora in più per poter camminare e scalare in solitudine una montagna. Il tempo è scaduto: il paese, le Regioni, il genoma italico dell’arrangiarsi hanno già fatto da soli: il governo è zavorra, incolto e buffonesco, illiberale come la noticella Agcom del 19 marzo che intima di «contrastare la diffusione in rete di informazioni false o non corrette, diffuse da fonti non scientificamente accreditate». Ma accreditate da chi?
Oppure quell’editto tipo sovietico che vieta ai medici di parlare con la stampa senza «l’autorizzazione delle autorità sanitarie»: ma che autorità? Quali? Se esiste un governo che in un periodo di vera emergenza possa limitare le mie libertà personali, beh, non è più questo, hanno scherzato col fuoco, ora basta. Stanno giocando a tempo indeterminato coi nostri diritti fondamentali – che non è solo il diritto alla salute – senza che aver dimostrato la tempra, la legittimità e soprattutto l’intelligenza per poterlo fare: e se è vero che siamo storicamente un gregge, vorrà dire che cominceremo a contarci tra pecore nere. Capisco, a qualcuno forse importerà anche solo svacanzare a Pasqua, altri penseranno che io stia dipingendo di neo-qualunquismo una trascurabile voglia di una passeggiata in montagna: forse è anche un po’così. Ma, per il resto, con soavità, non si sta comprendendo che il perdurare dello stato di emergenza e la normativa sul Coronavirus stanno mandando a farsi fottere la nostra Carta costituzionale. Si sta affermando un pensiero unico secondo il quale le cose possano stare in un certo modo e basta («polemizzare è follia») e sta risultando che il diritto alla salute sia il primo e assoluto diritto della persona, mentre ogni altro diritto, comprese la libertà personale ed economica, debbano cedere il passo. Ebbene, non c’è scritto niente del genere, nella Costituzione. Non ha mai osato sostenerlo nessun costituzionalista. Mai.
Il primo diritto costituzionale è proprio quello della libertà personale (l’articolo 13, nella famosa Parte Prima) mentre il diritto alla salute lo ritrovi all’articolo 32. Forza, amici più preparati, trovatemi un solo testo dove si dica che l’articolo 13 possa cedere all’articolo 32, peraltro con proroghe e riproroghe. Ora si parla del 3 maggio. Sicuri? E chi decide, i medici? Gli esperti? La politica, in pratica, si sta solo attenendo alle indicazioni di specialisti che per loro stessa ammissione non ci capiscono un cazzo, e ogni giorno ne sparano una diversa. Stato di emergenza – È questo il punto vero, non la passeggiata in montagna: ogni decisione dovrebbe spettare alla politica, ma qui non c’è più una politica, non ci sono più i politici, soprattutto non è un governo quella cosa che chiamiamo governo. Lo stato di emergenza non è lo stato di guerra. Se anche lo fosse, dovrebbe essere deliberato dal Parlamento e dichiarato dal presidente della Repubblica, non da un decretino legge fatto da un governicchio. Sono tutte cose che i nostri giuristi, un giorno, non tarderanno a rilevare con solennità. Forse spaventati, ora, minimizzano o ne fanno discussione privata. È il loro modo. Il mio, molto più modestamente, è un altro: io esco. Continuerò a farlo. Per tre ragioni: perché mi piace la montagna, perché ho studiato e perché preferisco che a requisirmi la libertà piuttosto sia un carabiniere, non Giuseppe Conte. Vengano a prendermi. Sono qui.
(Filippo Facci, “Sono evaso dai domiciliari e sono arrivato fino a Lecco”, da “Libero” del 15 aprile 2020).
BELPAESE DA SALVARE
C’è del metodo in questa follia?
Riceviamo e volentieri pubblichiamo da Davide Rossi*
17 APRILE 2020
Mi accorgo che anche chi si avventura a criticare il durissimo lockdown deciso da chi ci governa, non può evitare di far precedere le sue considerazioni dall’incipit: “vista l’emergenza sanitaria che stiamo vivendo, in ogni caso queste misure andavano prese”. Una sorta di mantra collettivo, un mettere le mani avanti nel timore di un rimprovero o di una scomunica conseguenti al non uniformarsi completamente al pensiero unico, alla religione del principio precauzionale assoluto. Invece la politica, così come il semplice governo delle nostre cose quotidiane, richiede la capacità di organizzare una strategia che soppesi e salvaguardi i vari interessi in campo. Che strategia è quella di mettere tutti sotto chiave in attesa di tempi migliori?
Certo noi tutti vorremmo che nessuno morisse o soffrisse a causa del coronavirus o di qualsiasi altra malattia o accidente ma ciò non è ragionevolmente possibile. Tanto più quando era evidente a tutti fin dall’inizio che questo problema non si sarebbe risolto in un mese o due. Fin dall’inizio chi ha la responsabilità di guidare il Paese avrebbe dovuto pensare ed attuare misure precauzionali, compatibili con il continuare a far proseguire almeno la maggior parte delle attività economiche. Al limite si poteva ipotizzare un breve stop per avere il tempo di organizzarle queste misure precauzionali. Invece tutte le forze politiche di maggioranza ed opposizione, per non parlare di governatori e sindaci, hanno fatto a gara a chi attuava o semplicemente invocava misure sempre più restrittive. Nel momento in cui si è compreso che la paura (ancora una volta) sarebbe stata la maggior leva del consenso, si è andati senza freni verso la competizione a chi chiudeva di più. E stiamo parlando degli stessi politici che, poche settimane prima, sponsorizzavano gli hashtag #noncifermiamo e simili, o ostentavano aperitivi consumati in mezzo alla folla per tranquillizzarci ed esorcizzare il rischio di chiusura. Che autorità morale ed intellettuale hanno costoro? Come possiamo ora accettare acriticamente le loro decisioni liberticide? Come possiamo essere certi che “agiscono per il nostro bene”?
E’ stato uno spettacolo davvero impressionante, per qualsiasi liberale autentico, vedere con quale velocità ed intensità gli italiani abbiano accettato la sospensione (speriamo solo di sospensione si tratti) delle più fondamentali, naturali e basilari libertà personali ed economiche. Questo scempio avviene attraverso lo strumento del Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, ossia diamo per accettabile che un sostanziale stato di polizia e di soppressione dei diritti costituzionalmente garantiti, sia instaurato (ad abundantiam, senza neppure un limite temporale certo ed inderogabile) attraverso non una legge ma semplici, reiterati atti amministrativi di un organo monocratico a Parlamento chiuso. Tali atti amministrativi si spingono a prevedere addirittura sanzioni penali per chi non ne rispetta i diktat. Quando diremo ad alta voce che, seppur in presenza di un’emergenza sanitaria, il limite è stato superato?
Non pretendo di avere ragione nel merito, ma quantomeno possiamo interrogarci ed inquietarci di fronte ad un’accettazione passiva ed acritica cosi vasta, non solo del popolo ma dell’intera classe dirigente nel suo complesso? E’ stato come affondare il coltello nel burro. Tutto ciò, coronavirus o no, non suscita inquietanti interrogativi sulla tenuta della nostra democrazia di fronte a qualsiasi ben attrezzato “imprenditore politico della paura”? E’ di tutta evidenza che la paura della morte è di gran lunga la più grande ma è altrettanto evidente che di fronte alla quotidiana ridda non verificabile di numeri di contagiati e morti, di immagini spaventose che le Tv ci trasmettono a getto continuo, così che si imprimano nel nostro inconscio, ed alla confusione di notizie e raccomandazioni spesso contrastanti fra loro, è evidente, dicevo, che sulla paura si sta agendo eccome, col risultato di incassare consensi prima inesistenti. Quegli stessi politici che gridavano contro i loro colleghi i quali speculavano su altre paure (in primis quella dell’immigrazione), oggi agiscono spregiudicatamente sulla paura sanitaria. Come giustificare diversamente le scene di elicotteri e droni che battono palmo a palmo le città a caccia del passeggiatore o di una famiglia che osa uscire tutta assieme? Davvero crediamo che queste siano misure condivisibili e ragionevoli per contenere la diffusione del virus? Un tale spettacolare spiegamento di forze risulterebbe appena proporzionato per fare la guerra alla mafia o al terrorismo (ed infatti non l’abbiamo mai vista impiegata a tali scopi).
Per concludere, i liberali non hanno nulla da eccepire sulla cosiddetta task force istituita presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri per monitorare la disinformazione? Da quando un liberale può accettare che sia il governo a stabilire cosa costituisca disinformazione e cosa no e, conseguentemente, a reprimerla? Si tratta di un vero e proprio embrione di Ufficio Censura teso a limitare la libertà di espressione. Tutti i totalitarismi hanno sempre cercato e trovato i pretesti per agire in tal modo, stavolta l’ha fatto quella che dovrebbe essere una democrazia liberale.
*Ex Assessore alla Cultura del Comune di Fano e della Provincia di Pesaro-Urbino
FONTE:https://www.leoniblog.it/2020/04/17/ce-del-metodo-in-questa-follia/#more-20978
CONFLITTI GEOPOLITICI
Donald Trump e Boris Johnson hanno iniziato una guerra nei confronti di Bill Gates?
Dopo la decisione di Donald Trump, di sospendere i finanziamenti all’Istituto Mondiale della Sanità, anche Boris Johnson sembrerebbe, secondo alcuni rumors, voler seguire il suo diretto alleato storico. Come mai questa scelta così impopolare in un momento di pandemia?
Non dimentichiamoci che gli Stati Uniti sono i principali sostenitori del Ministero della Sanità Mondiale, al primo posto per l’esattezza.
Ma forse non molti sanno che il secondo sostenitore dell’OMS, responsabile della decisione di avviare lo stato di Pandemia, è l’associazione Bill & Melinda Gates, la principale candidata a finanziare il progetto di un eventuale vaccino per il Coronavirus.
Coincidenze.
Il motivo dichiarato da Trump, è la completa mancanza di trasparenza dell’organizzazione nella comunicazione di informazioni e dati, ma soprattutto, sulla quasi certa manipolazione umana del Virus fatta in Cina, con molti ricercatori finanziati, molto probabilmente, dall’OMS stessa, mettendola in una situazione di imbarazzo davanti al mondo.
Inoltre, Trump sta per licenziare Anthony Fauci, consigliere della Casa Bianca, e uno dei più grandi esperti mondiali di virus ed epidemie, il dott. Burioni d’America, oltre che ad essere associato all’OMS. Perchè?
In molti credono che ci sia ancora molto di più che deve ancora uscire.
Negli Stati Uniti, da un po’ di tempo, c’è un vero e proprio assedio alle pagine web di Bill Gates, moltissimi cittadini lo ritengono essere troppo colluso con questa Pandemia, in quanto si prenderebbe il mondo in mano con il vaccino che sta realizzando, e diventerebbe la persona più ricca mai esistita, facendo felici ovviamente i suoi colleghi di Big Pharma.
Ma non solo Questi insulti sono apparsi sui suoi Social, molti riguardano satanismo e pedofilia.(Provate ad a fare un salto sulla sua pagina Instagram o Facebook)
Altre coincidenze.
FONTE:https://www.lanuovapadania.it/politica/donald-trump-e-boris-johnson-hanno-iniziato-una-guerra-nei-confronti-di-bill-gates/
Ancora sangue in Francia, ma l’Ue non cambia strada
(Mauro Faverzani) L’emergenza Coronavirus è stata un pretesto in più per occultare, totalmente o parzialmente, sulla grande stampa internazionale il pur grave attentato avvenuto in Francia. Ed i pochi che ne han parlato si son ben guardati anche solo dal formulare, soprattutto nei titoli, una pur prudente ipotesi di terrorismo di matrice islamica, benché gli ingredienti e gli indizi vi siano tutti, chiari e convergenti. Secondo alcuni testimoni, intervistati da una radio locale, l’aggressore avrebbe urlato «Allah akbar!», mentre si lanciava sulle vittime. Al momento dell’arresto, secondo gli agenti stava recitando una preghiera in arabo. Il vicesegretario nazionale del sindacato di Polizia, David Olivier Reverdy, ha pubblicamente dichiarato di ritenere che vi siano «tutti gli ingredienti», per considerare questo «un atto terroristico». E non a caso la Procura nazionale antiterrorismo si è fatta direttamente carico delle indagini ed ha recuperato, in casa dell’individuo arrestato, scritti in cui si lamenta di vivere in un Paese di infedeli, ad indicare come non si tratti di un semplice caso, per così dire, di “ordinaria” follia… Cos’è accaduto esattamente? A Romans-sur-Isère, una cittadina di 35 mila abitanti, lo scorso 4 aprile un 33enne, armato di coltello, ha ucciso due persone e ne ha ferite altre cinque, tre delle quali in modo grave. L’uomo prima ha aggredito il titolare di una tabaccheria e ferito anche sua moglie, intervenuta in sua difesa. Poi è entrato in una macelleria e si è impadronito di un altro coltello, con cui si è recato in pieno centro, nelle piazze Gailly e Jean-Jaurès. Entrato in una boutique, ha pugnalato un cliente, fuggendo subito dopo. Vani purtroppo i soccorsi prestati alla vittima.
Durante la folle corsa l’uomo se l’è presa coi passanti, di fronte ad una panetteria: «Chi ha avuto la sfortuna di trovarsi sulla sua strada, è stato aggredito», ha dichiarato il Sindaco, Marie-Hélène Thoraval. Poi ha ucciso il co-titolare del caffé-teatro La Charrette, celebre locale che la vittima co-gestiva assieme al fratello ed al padre. Il colpevole, di fronte alla Legge ancora presunto, è stato arrestato senza opporre la minima resistenza da una delle numerose pattuglie, incaricate di far rispettare l’isolamento per l’emergenza Coronavirus. Secondo fonti di Polizia, al momento del fermo, il killer, in ginocchio, stava «cantando una preghiera in arabo». Pare abbia subito chiesto agli agenti di ucciderlo, secondo quanto dichiarato all’emittente televisiva all news BfmTV da David Olivier Reverdy, vicesegretario del sindacato Alleanza di Polizia Nazionale. Che ha aggiunto: «Secondo noi ci sono tutti gli ingredienti, per considerarlo un atto di terrorismo».
Le condizioni di tutti i feriti sono state subito stabilizzate grazie all’intervento dei sanitari dell’ospedale Drôme-Ardèche, ma, di cinque, tre sono stati operati in condizioni critiche, il primo per una profonda ferita al sistema vascolare, il secondo per una ferita al torace ed all’apparato digerente, il terzo per una ferita al torace ed al fegato.
Secondo gli inquirenti, l’arrestato non è conosciuto dalle forze dell’ordine, almeno non con le generalità da lui declinate. Ha dichiarato di essere un rifugiato sudanese, come confermato dall’on. Emmanuelle Anthoine di Les Républicains, che a France Info ha precisato che questo è lo stato riconosciutogli nel giugno 2017 dall’Ofpra, l’Ufficio francese per la Protezione dei Rifugiati e degli Apolidi. Secondo alcuni testimoni, sentiti dalla radio France Bleu Drôme Ardèche, l’aggressore avrebbe urlato «Allah akbar!», mentre si lanciava sulle proprie vittime.
Il sindaco si è comunque affrettato a dire che ufficialmente «al momento si ignorano i motivi dell’attacco», benché la Procura nazionale antiterrorismo, come detto, si sia fatta direttamente carico delle indagini: a seguito di una perquisizione effettuata nell’abitazione dell’uomo, ha ritrovato scritti di suo pugno, in cui, oltre a contenuti di natura religiosa, l’autore si lamentava anche di vivere in un Paese di infedeli, a riprova di quanto, che lo si voglia ammettere o meno, tutti gli indizi conducano in una stessa direzione.
Oltre a lui, altri due uomini, sempre sudanesi, sono stati condotti in carcere: si tratta di un individuo presentato come «un suo conoscente», nella cui abitazione è stato trovato anche il terzo, finito in cella. Persino il ministro del’Interno, Christophe Castaner, ha già dichiarato esplicitamente: «Questa mattina un uomo ha intrapreso la strada del terrorismo, uccidendo due persone e ferendone altre cinque», salvo poi correggersi immediatamente, attribuendo alla magistratura il compito di pronunciarsi in merito. A fronte dell’accaduto, Marine Le Pen ha chiesto al governo tramite i social di «smetterla assolutamente di svuotare le prigioni ed i centri d’accoglienza per i richiedenti asilo».
Ma su questo punto, inspiegabilmente, non solo la Francia, bensì tutti i vertici dell’Unione Europea continuano a fare orecchie da mercante: nemmeno l’emergenza Coronavirus li induce in materia ad un serio ripensamento e l’opzione immigrazionista continua ad essere quella perseguita. Con una sentenza emessa lo scorso 2 aprile, infatti, la Corte di Giustizia europea ha aperto la strada per eventuali sanzioni pecuniarie contro Polonia, Ungheria e Repubblica Ceca, “colpevoli” a suo dire d’essersi rifiutate di accogliere una quota di rifugiati nel 2015. Rifiuto motivato dalla necessità di mantenere l’ordine pubblico e di salvaguardare la sicurezza interna. Fatti come quello di Romans-sur-Isère dimostrano, una volta di più, quanto fondate siano tali ragioni. Eppure, l’Ue continua a far finta di niente, anzi: aprendo lo scorso 24 marzo i negoziati per l’ingresso in Europa dell’Albania e della Macedonia del Nord ovvero di due Stati balcani a forte presenza musulmana, rischia di favorire ulteriormente una problematica invasione migratoria e, più specificamente, islamica in Occidente. Insomma, nemmeno il Covid-19 è riuscito ancora, nei fatti, a smontare le utopie ideologiche ed immigrazioniste di un’Unione Europea divisa su tutto meno che sul modo per farsi del male.
FONTE:https://www.corrispondenzaromana.it/ancora-sangue-in-francia-ma-lue-non-cambia-strada/
CULTURA
#iostoacasa: come la paura e la mancanza di ragione uccidono la libertà e la democrazia
La campagna del governo #iostoacasa sarà ricordata come un esempio da scuola di come in pochissimo tempo, ignoranza e paura possono cancellare il patto di mutua ragione tra cittadino e istituzioni. Di fronte alla minaccia del virus e il rischio del collasso del sistema sanitario, il governo ha proceduto, a partire dal 21 Marzo a una campagna di quarantena basata sull’hashtag #iostoacasa convincendo milioni di italiani che stare il più a lungo possibile nel chiuso delle loro abitazioni è l’unica strada possibile per fermare la avanzata del virus.
Questo è ovviamente falso. Altri hastag, molto più precisi e dettagliati, come #iostoatremetri o #iostodasolo, sarebbero stati molto più onesti e, nella misura in cui sarebbero stati più sostenibili, sarebbero stati anche molto più efficaci. Purtroppo, il governo ha invece scelto di fondare la sua campagna su un diktat approssimativo e dannoso.
È ovvio a chiunque voglia esercitare un po’ di buon senso come stare al chiuso con la famiglia non è sostenibile e richieda per lo meno l’accesso a supermercati e altri servizi essenziali. Di per sé rendendo vana la pretesa di una applicazione del diktat. Ma è altrettanto evidente che non si tratti nemmeno di una misura necessaria, perché basterebbe stare a distanza e seguire le norme previste dalla OMS (mascherine, lavaggio mani, etc).
Tuttavia, la richiesta ai cittadini di compiere un SACRIFICIO è stata ideologicamente efficace, soprattutto in un paese con le nostre radici storico-culturali. Stare a casa è diventato subito un gesto scaramantico, che si fa per motivi tra la superstizione e l’appartenenza alla comunità. Nessuno si interroga sui meccanismi di trasmissione del virus. Sono demandati agli esperti, come in passato era demandato ai preti di interpretare le sacre scritture e agli intellettuali di sinistra di fare l’analisi del momento storico. La popolazione è contenta di affidare ad altri, esperti o autorità che siano, il proprio destino contando nel principio antico che è più importante appartenere a una comunità, sia un gregge di pecore o una torma di Lemming, il proprio destino.
Ai virologi non vengono chiesti lumi circa i meccanismi di trasmissione del virus, ovvero un trasferimento di conoscenza che richiederebbe, da parte delle persone, un atteggiamento di comprensione critico-scientifica del problema, ma regole e direttive da applicare in modo fedele salvo eccezioni (“padre ho tanto peccato, mi dia l’assoluzione”).
La minaccia del virus, da problema concreto da affrontare con gli strumenti della ragione, è stata trasformata nella espressione delle colpe morali di una parte dei cittadini e ha legittimato molti altri nella presunta affermazione della propria superiorità morale. Atteggiamento paternalistico e moralistico in tutto e per tutti simile alla genuflessione superstiziosa di molte religioni. Non si salveranno dal virus i più accorti che faranno uso della propria intelligenza, ma i più giusti che sapranno sacrificarsi e, insieme agli altri giusti come lor pari (o appena meno), meritarsi un posto sull’arca galleggiante. O questo la gente crede.
Soltanto questa deriva salvifico-moralista può spiegare l’acredine e l’astio moralistico (l’onda di m…a con cui si sono affrontate le posizioni non allineate). Il dissenso è stato immediatamente associato con la indegnità morale del difensore. Chi sosteneva l’importanza dell’attività fisica è stato immediatamente deriso (la “corsetta”, “andare a spasso”) o associato a tratti moralmente inferiori (narciso, egoista, individualista, persona priva di rispetto), mentre l’abuso di carboidrati, tabacco e alcool che pure ha accompagnato la clausura domestica viene visto con indulgenza (tabacco) e generalmente con vera e propria simpatia (alcool e cibo). È ovviamente irrazionale pensare che chi corre manchi di rispetto mentre chi sforna torte e pizze sia un monaco penitente, ma è coerente con la cornice ideologica dove il virus deve essere sconfitto dal sacrificio e dalla sottomissione alla autorità e non dall’intelligenza e dalla tenacia.
Non si deve correre, andare al mare, passeggiare in montagna, non perché sia un’attività oggettivamente correlata con il virus, ma perché siamo indegni, incapaci di fiducia. Siamo cioè peccaminosi e dobbiamo mondarci dei nostri peccati, soffrendo tutti insieme. Magari spiando dalle tapparelle chi non si sottopone agli stessi riti. La giustificazione del divieto di stare all’aperti da soli è analoga a quella che viene data, in nazioni dove i costumi impongono la repressione sessuale, perché le donne si debbano coprire il corpo e il viso: perché se lo facessero tutte, i maschi essere tentati dal fare violenza. E quindi, poiché gli esseri umani sono indegni di fiducia, anche chi non ha colpa (le donne) devono vivere segregati. Non a caso, in questi paesi, casa e vestiti hanno un ruolo simile a quello della casa in questi giorni di quarantena, spazio privato sottratto al presunto pericolo esterno (che invece è solo interno).
In questa atmosfera irrazionale, resa possibile dalla tradizionale mancanza di cultura scientifica, l’applicazione del diktat diventa un articolo di credo, spesso imposto più dai fedeli (i solerti sceriffi da balconi) che dalle stesse autorità (vigili e polizia). Si chiudono parchi e aree balneari, si inviano i droni per individuare pericolosi camminatori solitari, si inviano elicotteri per stanare bagnanti e subacquei (non è una esagerazione). A nulla vale il fatto che, a detta della OMS, il virus non sopravvive all’aperto sotto l’effetto dei raggi del sole e che, anzi, basterebbe l’aria aperta per disperdere la carica virale sotto ogni soglia di pericolo. Contro ogni ragione, l’ambiente esterno è associato con la libertà di pensiero e di movimento in cui i cittadini impauriti da una propaganda martellante dei media non possono che credere. Come ha recentemente scritto Recalcati, “l’odio è non sopportare la libertà dell’altro”.
Come nel romanzo di Orwell le persone sono isolate le une dalle altre e soggette a una continua imposizione di notizie da parte di schermi installati nelle loro abitazioni. A differenza della distopia, nel nostro caso gli schermi sono pagati direttamente da noi.
Il runner solitario non mette a rischio la salute fisica dei cittadini, ma mette in discussione il valore salvifico della loro presunta moralità: “se io sto in casa a soffrire, perché non lo fa anche lui”. E così si deve stare in casa non per evitare il virus, ma per non mettere in discussione l’autorità del governo cui la società ha demandato la propria libertà. Perché il sacrificio della libertà di tutti sia efficace, deve essere condiviso – non si deve parlare in chiesa o mettere in discussione le parole del sacerdote (in questo caso l’esperto scelto dal governo), è un mancare di rispetto. Così si rivela il lato oscuro della irrazionalità: paura e ignoranza. È un meccanismo raccontato da tantissimi, da Chomsky a Benasayag, da Canetti a Foucalt, da Hobbes a Machiavelli. Non c’è bisogno di citarli.
L’ignoranza gonfia la paura che cerca nel sacrificio della libertà e nella sottomissione all’autorità una salvezza che viene applicata con la stupidità irrazionale propria della superstizione.
L’aspetto peggiore si è manifestato in tutte quelle forme di intolleranza e di miseria umana che trovano amplificazione nel razzismo da balcone. Si spiano le persone perché gli altri non sono più percepiti in quanto esseri umani, ma come un potenziale pericolo. L’applicazione rigida della legge diventa il pretesto per sfogare invidie, rivalità, complessi di inferiorità, asti campanilistici.
Felice Cimatti, in una recente intervista ha affermato “ci sono le ragioni della medicina, ma non ci sono solo le ragioni della medicina. […] Sostenere che non è tempo per discutere di filosofia e di libertà individuali, che ora è il tempo dell’emergenza, è esattamente il tipo di risposta che non promette nulla di buono.”
Quando la libertà individuale è sospettata di egoismo, quando si avvalla il principio etico-politico che la sola vera libertà è quella che esprime il bene universale (che poi non è mai universale, ma di qualche particolare che ha la forza per proporsi e, invero, imporsi, come universale), la persona è in pericolo, perché la persona è la sua libertà individuale, insindacabile, ingiudicabile, indominabile.
Certo, ogni società può proporre le sue regole di ingaggio, diciamo così, ma senza pretendere che il proprio bene (quello della società in gioco) diventi il bene universale o debba corrispondere al bene di ciascuno. La paura del virus ha spinto molti a rinunciare ai propri diritti individuali. La salvezza del corpo in cambio dell’anima – per tanti che come gli zombie di Romero (altra epidemia, altra allegoria) quell’anima non l’hanno in fondo mai avuta – è un baratto ragionevole.
Accettare il diktat dello stare a casa senza ragione non è solo un rischio sanitario (il danno che tanti avranno da questa inutile clausura domestica) ma soprattutto il fallimento del patto di ragione tra stato e cittadino. Allo stato non si chiede di spiegare le motivazioni razionali delle regole. Ai cittadini non si chiede di comportarsi responsabilmente. Ognuno viene meno ai suoi obblighi e ci si tratta con l’indulgenza tipica di persone immature. Il patto non è più basato sulla ragione e sul rispetto reciproco tra persona e istituzione, ma sull’interesse e la paura. E la superstizione ne è il naturale collante. #iostoacasa esprime il fallimento della libertà e della democrazia.
Riccardo Manzotti è professore di filosofia teoretica (Università IULM di Milano), psicologo e ingegnere. Dalla teoria che ha elaborato sulla coscienza ha tratto vari libri, tra cui il più recente The Spread Mind, tradotto ed edito in Italia da Il Saggiatore. https://www.riccardomanzotti.com/
FONTE:https://www.leoniblog.it/2020/04/08/iostoacasa-come-la-paura-e-la-mancanza-di-ragione-uccidono-la-liberta-e-la-democrazia/
CYBERWAR SPIONAGGIO INFORMAZIONE DISINFORMAZIONE
Gli Usa indagano sulla possibile origine del Covid-19 in laboratorio
Federico Giuliani – 16 APRILE 2020
L’ipotesi che il nuovo coronavirus possa esser nato in un laboratorio di Wuhan torna in primo piano. Gli Stati Uniti, il Paese più colpito dalla pandemia, hanno intenzione di andare a fondo e fare luce sull’origine di Covid-19. Certo, l’impresa non sarà affatto facile visto che le origini dell’agente patogeno inizialmente manifestatosi in Cina sono ancora avvolte nel mistero.
Secondo quanto riferito da alcune fonti interpellate dalla Cnn, l’intelligence americana non è stata sinora in grado di confermare la teoria della nascita del virus in laboratorio, ma si sta cercando di capire se qualcuno sia stato infettato in laboratorio a causa di un incidente o negligenze nella gestione dei materiali. Se così fosse, altre persone potrebbero poi essere state contagiate.
In ogni caso l’origine reale della pandemia, avvertono alcuni funzionari dell’intelligence, potrebbe comunque non essere mai accertata. Ieri Donald Trump ha confermato che è in corso un “esame molto approfondito di questa orribile situazione”. La notizia arriva dopo che due giorni fa il Washington Post scriveva di cablogrammi diplomatici che nel 2018 avevano già nero su bianco i timori per le misure di sicurezza e la gestione dell’Istituto di virologia di Wuhan.
Trump: ”In corso un esame approfondito”
In mezzo a tutto questo, la teoria che il virus sia nato in laboratorio è stata ripetutamente smentita dalla Cina e messa in dubbio da numerosi esperti. Poco importa, perché Donald Trump ha spiegato che il suo governo tenterà di determinare se il coronavirus responsabile della pandemia in atto sia originato dal laboratorio biochimico a Wuhan, in Cina.
Il segretario di Stato, Mike Pompeo, ha invece affermato che Pechino “deve essere chiara” su ciò che sa. L’emittente Fox News ha riferito ieri che il virus ha avuto origine in un laboratorio di Wuhan non come un’arma biologica, ma come parte degli sforzi della Cina per dimostrare che i suoi tentativi per identificare e combattere i virus sono uguali o maggiori di quelli degli Stati Uniti.
Questo rapporto e altri pubblicati dalla stampa internazionale suggeriscono che il laboratorio di Wuhan, già criticato in passato per l’inadeguatezza dei suoi protocolli di sicurezza, possa aver provocato la fuga dell’agente patogeno, poi diffusosi da un mercato ittico nella città cinese. Durante la conferenza stampa di ieri, Trump ha detto di essere a conoscenza delle indiscrezioni. “Stiamo eseguendo un esame molto approfondito di questa orribile situazione che è accaduta”, ha detto il presidente Usa.
Tra teorie e supposizioni. Da dove viene il virus?
Il generale Mark Milley, presidente dello stato maggiore congiunto delle Forze armate Usa, ha detto martedì che l’intelligence degli Stati Uniti indica che il coronavirus probabilmente abbia origine naturale, e non sia stato sintetizzato in un laboratorio. Questa è un’altra voce che si aggiunge a un dibattito che si fa sempre più confuso: tante supposizioni, poche certezze.
Pompeo, in una successiva intervista a Fox News Channel, è stato emblematico: “Sappiamo che questo virus ha avuto origine a Wuhan, in Cina, e che l‘Istituto di Virologia si trova a una manciata di miglia dal mercato ittico. Abbiamo davvero bisogno che il governo cinese si apra e aiuti a spiegare esattamente come si è diffuso questo virus”. Al momento ci sono dei punti accertati (il virus si è manifestato a Wuhan e sempre a Wuhan c’è un laboratorio) ma, da qui a fare dei collegamenti certi, la strada è ancora lunga.
FONTE:https://it.insideover.com/politica/gli-usa-indagano-sulla-possibile-origine-del-covid-19-in-laboratorio.html
COVID-19: l’app governativa, fra tracciamento, diritto d’autore e sicurezza
Il governo ha deciso la strada del monitoraggio per rilevare e segnalare contagi, attraverso un software concesso gratuitamente in licenza dalla società sviluppatrice
L’ordinanza 10/2020 del Commissario straordinario per l’attuazione e il coordinamento delle misure di contenimento e contrasto dell’emergenza epidemiologica COVID-19 scrive la parola fine al capitolo “Tracciamento si, tracciamento no” nel senso che, finalmente e nel bene o nel male, il governo ha deciso di imboccare la strada del monitoraggio delle persone per rilevare e segnalare contagi individuando un “app”osito software concesso gratuitamente in licenza dalla società che lo ha sviluppato al governo italiano. Nello stesso tempo, però, il provvedimento lascia “non dette” alcune cose relative, in particolare, alla sua sicurezza, che vista la criticità del momento avrebbero dovuto costituire un elemento centrale nella selezione del prodotto.
Partiamo da aspetti strettamente giuridici: la società che ha sviluppato il software di contact tracing, si legge nell’ordinanza, esclusivamente per spirito di solidarietà e, quindi, al solo scopo di fornire un proprio contributo, volontario e personale, utile per fronteggiare l’emergenza da COVID-19 in atto, ha manifestato la volontà di concedere in licenza d’uso aperta, gratuita e perpetua, al Commissario straordinario per l’attuazione e il coordinamento delle misure di contenimento e contrasto dell’emergenza epidemiologica COVID-19 e alla Presidenza del Consiglio dei ministri, il codice sorgente e tutte le componenti applicative facenti parte del sistema di contact tracing già sviluppate, nonché, per le medesime ragioni e motivazioni e sempre a titolo gratuito, ha manifestato la propria disponibilità a completare gli sviluppi informatici che si renderanno necessari per consentire la messa in esercizio del sistema nazionale di contact tracing digitale.
Punto zero: c’era veramente bisogno di specificare che lo sviluppatore concede in licenza il software “esclusivamente per spirito di solidarietà ecc.”? Dal punto di vista del diritto d’autore, certamente no, a meno che non sia il modo per attenuare (o eliminare) le responsabilità per danni derivanti da errata progettazione o da errato sviluppo del software. Come è noto, infatti, la “gratuità” di un software implica un regime di responsabilità meno afflittivo rispetto a chi si fa pagare per un pacchetto o un programma sviluppato ad hoc.
Punto primo: i licenziatari sono dunque il Commissario straordinario e la Presidenza del Consiglio i quali dovranno predisporre una sub-licenza da far accettare a chi utilizza questo software. Dato che la licenza concessa dallo sviluppatore implica anche l’accesso ai codici sorgenti – e dunque la possibilità di verificare qualità e sicurezza del software – tutte le responsabilità per mal-trattamento dei dati, errori, danni e circolazione non autorizzata di dati particolari ai sensi dell’articolo 9 del GDPR ricadono sui licenziatari (e dunque, sul Commissario e sul Presidente del Consiglio).
Punto secondo: l’ordinanza parla di licenza “aperta” ma non specifica se si tratta di GPL (l’unica che può effettivamente chiamarsi “libera”) oppure di una delle tante licenze che rientrano nella Open Source Initiative, o ancora un’altra forma “indipendente” di licenza d’uso. La differenza non è banale, perchè mentre la GPL obbliga alla redistribuzione del codice sorgente alla sua modifica, altre licenze “aperte” non consentono questa possibilità. Come oramai è pacificamente dimostrato, la disponibilità dei sorgenti migliora qualità e sicurezza del software quindi ci si aspetterebbe che il Governo si sia assicurato la possibillità di rendere pubblici gli “schemi tecnici” del software. Non è solo una questione di sicurezza, ma anche di democrazia: i cittadini hanno il diritto di sapere “cosa fa” e “come funziona” un oggetto dal quale dipende, letteralmente, la loro vita. Attenzione, la vita, non “la privacy”, perchè se questo software è scritto male o è vulnerabile può provocare danni anche irreversibili, al cui confronto la preoccupazione per “la privacy” è senz’altro marginale.
Punto terzo: nell’ordinanza non si parla nè dell’analisi nè dei commenti al codice sorgente, che sono gli elementi essenziali per capire come è fatto e cosa fa un software. Senza queste informazioni è difficile rivedere un codice che va compreso riga per riga senza nessun aiuto. Questo rende più difficile l’attività di debugging, sempre che sia consentita.
C’è da sperare che questi elementi (e diversi altri che per brevità non indico, relativi per esempio a chi dovrebbe essere responsabile delle analisi obbligatorie ai sensi degli articoli 25 – data protection by default e by design e 32 – Misure di sicurezza del GDPR) verranno presi in considerazione quando verrà stipulato il contratto fa le parti.
FONTE:https://www.infosec.news/2020/04/17/news/novita-normative/covid-19-lapp-governativa-fra-tracciamento-diritto-dautore-e-sicurezza/
ECONOMIA
Vaccini: da Bill Gates maxi finanziamento all’Università di Siena
15 APRILE 2020
La fondazione del magnate statunitense ha stanziato 1 milione seicentomila euro per due anni. Un sostegno per i medici dei Paesi in via di sviluppo
Un milione e 600mila euro per finanziare il master in Vaccinologia dell’Università di Siena. Un finanziamento che arriva dalla Fondazione Bill and Melinda Gates per le prossime due edizioni del master, per supportare medici e ricercatori provenienti dai Paesi in via di sviluppo che potranno così frequentare le lezioni a Siena per tre mesi, e completare poi la propria formazione on line e attraverso i tirocini in enti e aziende internazionali. I giovani medici potranno così specializzarsi in percorso di altissimo livello, con docenti internazionali, per diffondere la ricerca e la prevenzione in quei Paesi del mondo dove c’e’ ancora grande bisogno di programmi sostenibili di immunizzazione e accesso tempestivo a vaccini sicuri ed efficaci.
“Il master in Vaccinologia, che partirà nel prossimo mese di ottobre con la sua sesta edizione, ha già formato oltre 100 professionisti, provenienti per la gran parte dai Paesi in via di sviluppo, che già lavorano nel campo dei vaccini in piu’ di 30 Paesi diversi, e che in alcuni casi sono ai vertici delle istituzioni sanitarie internazionali e delle principali aziende farmaceutiche multinazionali” spiega il professor Emanuele Montomoli, coordinatore del master insieme alla professoressa Sue Ann Costa Clemens, visiting professor all’Università di Siena. Il master è una delle opportunità di formazione all’interno dell’Institute for Global Health, istituto promosso dall’Università di Siena impegnato nella formazione sui temi della salute pubblica a livello globale, che raccoglie l’eredità degli scienziati senesi nei campi dello studio delle malattie infettive e della produzione dei vaccini.
FONTE:https://www.lanazione.it/siena/cronaca/vaccini-bill-gates-master-universita-1.4543496
GIUSTIZIA E NORME
EUTANASIA PASSIVA CONSENSUALE E DISPOSIZIONI ANTICIPATE DI TRATTAMENTO (DAT)
Francesca Fumagalli – 17 04 2020
Il caso Englaro racchiude in sé l’eterno conflitto tra l’interesse pubblico alla difesa della vita ed il diritto soggettivo privato all’autodeterminazione terapeutica.
La Corte di Cassazione nella nota sentenza n. 21748 del 2007 su tale caso è pervenuta alla conclusione che “all’individuo che, prima di cadere nello stato di totale ed assoluta incoscienza, tipica dello stato vegetativo permanente, abbia manifestato, in forma espressa o anche attraverso i propri convincimenti, il proprio stile di vita e i valori di riferimento, l’inaccettabilità per sé dell’idea di un corpo destinato, grazie a terapie mediche, a sopravvivere alla morte, l’ordinamento dà la possibilità di far sentire la propria voce in merito alla disattivazione di quel trattamento attraverso il rappresentante legale”.
Il tutore è quindi tenuto a ricostruire la volontà del paziente incosciente, tenendo in considerazione i desideri espressi prima della perdita della coscienza.
A seguito di tale pronuncia, il legislatore è intervenuto con la L. n. 219 del 22 dicembre 2017 pubblicata nella G.U. n. 12 del 16 gennaio 2018 sulle disposizioni anticipate di trattamento (DAT) e consenso informato.
La legge stabilisce il diritto di ogni persona ad essere informata sulle proprie condizioni di salute in modo completo, aggiornato e comprensibile.
Il medico deve fornire al paziente precise informazioni su tutto ciò che riguarda i benefici, i rischi e le alternative ai trattamenti sanitari, nonché le conseguenze derivanti dalla sua rinuncia agli stessi, senza omettere di delineare al paziente il possibile evolversi della patologia in atto, prospettando le possibilità cliniche di intervento e le cure palliative disponibili.
Il paziente può rifiutare le informazioni e le cure e tale rifiuto deve essere acquisito in forma scritta o video registrato e conservato nella relativa cartella clinica.
Si parla, quindi, di eutanasia passiva consensuale laddove venga interrotto un trattamento medico e sia il paziente stesso a chiedere ed ottenere di porre fine alla propria vita.
L’eutanasia passiva consensuale può ritenersi lecita. La differente valutazione giuridica rispetto alle altre ipotesi di eutanasia attiva ed eutanasia passiva non consensuale, ritenute illecite nel nostro ordinamento, trae fondamento nell’art. 32 comma 2 della Costituzione, secondo il quale nessuno può essere obbligato ad un determinato trattamento sanitario, se non per disposizione di legge.
Da tale principio costituzionale, infatti, si deduce che la scelta di sottoporsi o meno alle cure è un diritto di libertà della persona, per cui non è possibile praticare una cura contro la volontà espressa del paziente, anche qualora l’omissione del trattamento o la sua sospensione portino alla morte.
In ogni caso, anche nell’ipotesi di rifiuto delle terapie proposte, il paziente non può essere abbandonato a sé stesso ed il medico è tenuto a garantirgli un’adeguata assistenza.
Il medico deve astenersi da accanimenti terapeutici inutili per pazienti con prognosi infausta a breve termine o imminenza di morte.
Inoltre, in presenza di sofferenze refrattarie ai trattamenti sanitari, il medico può ricorrere alla sedazione palliativa profonda continua in associazione con la terapia del dolore, con il consenso del paziente. La legge precisa che il ricorso alla sedazione palliativa profonda continua, o il rifiuto della stessa sono motivati ed annotati nella cartella clinica del fascicolo sanitario elettronico.
In considerazione di tale disciplina, si potrebbero prospettare casi al confine con la cosiddetta eutanasia pura (aiutare nel morire), poiché, pur essendo le ipotesi limitate ai casi di imminenza di morte o di prognosi infausta a breve termine, si legittima l’aiuto al paziente nel morire.
Allo stesso tempo, potrebbero prospettarsi casi riconducibili anche ad ipotesi di eutanasia attiva vera e propria (aiutare a morire), poiché spesso risulta molto difficile comprendere se le terapie siano o meno inutili e quindi se si sta aiutando solo un paziente morente con terapie antidolorifiche e senza inutile accanimento terapeutico, o se si sta assecondando una sua scelta di porre fine anticipatamente ad una vita priva di speranza e dignità, secondo la sua soggettiva valutazione.
L’utilizzo di termini generici che lasciano discrezionalità al medico ed al giudice rivelano l’estrema difficoltà di regolare giuridicamente in modo generale ed astratto una tematica umanamente delicata e complessa.
La legge de qua consente, altresì, ad ogni persona maggiorenne e capace di intendere e di volere, in previsione di un’eventuale futura incapacità di autodeterminarsi e dopo aver acquisito adeguate informazioni mediche sulle conseguenze delle proprie scelte, di esprimere attraverso le DAT le proprie volontà in materia di trattamenti sanitari, nonché il consenso o il rifiuto rispetto ad accertamenti diagnostici o a scelte terapeutiche.
Secondo la normativa in esame, è altresì consentita la nomina di un fiduciario, ossia una persona di fiducia, maggiorenne e capace di intendere e di volere, che effettui le scelte mediche in sostituzione del malato.
L’accettazione dell’incarico di fiduciario deve avvenire in forma scritta, con la sottoscrizione delle DAT o con atto successivo che deve essere poi alle stesse allegato.
Le DAT devono essere redatte per atto pubblico o per scrittura privata autenticata, ovvero per scrittura privata consegnata personalmente dal disponente presso l’ufficio dello stato civile del Comune di residenza di quest’ultimo, ovvero presso le strutture sanitarie qualora le condizioni del paziente non consentano tali formalità.
Nel caso in cui le DAT non contengano l’indicazione del fiduciario, o questi vi abbia rinunciato o sia deceduto o sia divenuto incapace, le DAT mantengono comunque efficacia in merito alle volontà del disponente.
In caso di necessità, il giudice tutelare provvede a nominare un amministratore di sostegno che sostituisca o coadiuvi il malato nelle relazioni terapeutiche con i medici.
Il medico è tenuto a rispettare le DAT, che possono essere disattese, in accordo con il fiduciario, allorquando esse appaiano incongrue rispetto alla condizione clinica attuale del paziente, ovvero siano sopraggiunte nuove e più efficaci terapie non prevedibili all’atto della sottoscrizione.
In tali casi, in ipotesi di conflitto tra il medico ed il fiduciario, entrambi possono ricorrere al giudice tutelare.
In conclusione, con l’introduzione delle DAT, il legislatore ha consentito che le disposizioni consensuali del proprio corpo abbiano effetto anche dopo la perdita della capacità della persona di autodeterminarsi, attribuendovi validità anche nei casi in cui il rifiuto della cura potrebbe condurre ad esiti infausti.
La normativa esaminata pone al centro la persona e la sua individualità in un fenomeno umano così drammatico e soggettivo come il rapporto tra l’uomo, la malattia, la vita e la morte.
FONTE:http://www.salvisjuribus.it/eutanasia-passiva-consensuale-e-disposizioni-anticipate-di-trattamento-dat/
IMMIGRAZIONI
Usa, Trump: “Siamo pronti ad arresti di massa e rimpatri di milioni di clandestini”
Ong tedesca trasferisce 146 migranti su nave italiana: poi lo sbarco
17 Apr 2020
Una nave della Compagnia Italiana di Navigazione pronta ad accogliere i 146 migranti prelevati dalla nave Alan Kurdi della Ong tedesca Sea Eye.
Il trasferimento, riporta una nota del governo, viene effettuato “nell’ambito della Convenzione del 18 luglio 2012” tra lo stesso ministero e la compagnia, “per finalità di interesse pubblico nel contesto emergenziale accertato dal provvedimento adottato dal Capo della Protezione civile e dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti”. La Protezione Civile si occuperà di fornire assistenza ai migranti. Lo scrive il Giornale.
I migranti resteranno in quarantena all’interno della nave messa a disposizione per almeno due settimane. Poi sbarcheranno sulla terraferma in Sicilia dove saranno ospitati in qualche struttura alberghiera, com’è accaduto in questi giorni per altri migranti approdati sulle coste siciliane.
Il sottosegretario alle Infrastrutture e ai Trasporti, Salvatore Margiotta, rispondendo ad un’interrogazione alla Camera, ha sottolineato “la determinazione del ministro De Micheli che, sulla base dei nostri principi di solidarietà, obbligo di soccorso e salvaguardia della vita umana, si è adoperata con impegno nel trovare una soluzione per assicurare la sorveglianza sanitaria delle persone soccorse in mare dalla nave Alan Kurdi”.
Il capo missione Jan Ribbeck, da qualche giorno è in contatto diretto con il sindaco, Leoluca Orlando, che ha sentito anche l’ambasciatore tedesco in Italia. Ieri gli attivisti della Ong avevano chiesto di accelerare le pratiche per lo sbarco
FONTE:https://stopcensura.org/ong-tedesca-trasferisce-146-migranti-su-nave-italiana-poi-lo-sbarco/
LAVORO PENSIONI DIRITTI SOCIALI
Coronavirus, 200 milioni stanno perdendo il lavoro
L’Ilo stima che 2,7 miliardi di lavoratori, l’81% della forza lavoro mondiale, sono toccati in tutto il globo dal blocco delle attività economiche. Nel secondo trimestre 2020 in 197 milioni perderanno il posto. E la storia conferma la lezione: in tempi di epidemia i lavoratori pagano il prezzo più alto.
I lavoratori nel mondo intero sono 3,3 miliardi. Quest’anno, ai primi di aprile, arriva un’osservazione che spaventa: la parte preponderante di uomini e donne che lavorano vive di lavori a rischio, per via del Covid-19. I conti sono fatti dall’Ilo e quel che l’Organizzazione internazionale del lavoro – un’istituzione dell’Onu che però è nata ancor prima di quello, avendo compiuto proprio l’anno scorso il secolo – mette in mostra è impressionante e molto attendibile: nel secondo trimestre del 2020 perderanno il lavoro 197 milioni di persone, per via della caduta dell’attività economica: si calcola siano il 6,7 per cento del totale. Tali dunque gli effetti del Covid-19 e ammesso che le cose migliorino e la pandemia si tiri da parte, sarà difficile e lungo recuperare. Non basterà il terzo trimestre e già un trimestre soltanto è sufficiente per morire di fame.
Lungo e difficile, difficile e lungo. Lo storico Walter Scheidel nel suo recente scritto sul New York Times ce ne dà qualche esempio che riassumeremo, per quanto sappiamo farlo, nella parte finale di questo scritto. Il fatto è che ogni persona dovrà ritrovare un lavoro, un salario, dovrà ripagare il proprio debito, i prestiti ricevuti, ritrovare casa se non ce l’ha più, recuperare gli oggetti che ha impegnato, nel caso migliore ricostituire i propri risparmi, dar da mangiare ai figli; e tutto questo in un sistema di concorrenza generale tra lavoratori rimasti da settimane e mesi senza entrate, in un mondo in cui città e province e stati cercano di superare le difficoltà offrendo il lavoro di cui dispongono al massimo ribasso.
Il blocco totale o parziale introdotto riguarda, osservando con maggiore precisione soltanto (soltanto!) 2,7 miliardi di lavoratori, quanto a dire l’81% della forza lavoro. Rientrano nel novero (è sempre l’Ilo a spiegare) l’87% dei lavoratori dei paesi a medio-alto reddito di lavoro in cui vige un blocco obbligatorio o consigliato delle attività lavorative e il 70% dei lavoratori in quelli a reddito alto – l’Europa affluente – in cui sono presenti i medesimi blocchi.
La decisione di chiusura totale del lavoro ha inizio il 25 gennaio 2020. L’avvio riguarda, in un colpo solo, il 20-22% della forza lavoro mondiale. Guardando la figura che l’Ilo fornisce, si ricorda la decisione cinese di chiudere tutto e naturalmente la sua forza politica e sociale nel farlo. Dal 24 febbraio si affiancano paesi di altri lavoratori che valgono per un altro 2-3% cui lo “stare a casa” (come ci si è abituati a dire in seguito) è però consigliato. Verso il 13 marzo e fino alla fine del mese il blocco – severo per tutti fino al giorno 25 e un po’ più blando in seguito per un 30% della forza lavoro mondiale complessiva – raggiunge ormai l’81% della forza lavoro mondiale.
Sappiamo tutti che otto ore di lavoro non riscuotono sempre la stessa paga; anzi quasi mai, per quanto i sindacati si diano da fare. Alcuni lavori sono pagati più di altri, alcune abilità, alcune esperienze tecniche, alcune conoscenze sono pagate ben più di altre. Sappiamo tutti che per pari lavoro le donne sono pagate meno degli uomini e al Sud la stessa ora vale meno che al Nord. L’età, molto più alta o molto più bassa – in miniera, in fornace – vale mezza paga per carichi altrettanto pesanti, per altrettanti mattoni o tappeti.
L’Ilo, questa volta, rivolge un po’ di attenzione anche al lavoro informale. Circa 2 miliardi di persone lavorano nel settore informale. “Con il termine di economia informale – spiega l’Ilo in una nota al testo – ci si riferisce a tutte le attività economiche dei lavoratori e alle unità economiche che sono – per legge o in pratica – non coperte o insufficientemente coperte da accordi formali. Ciò include lavoratori a salario senza protezione sociale o altro accordo formale in imprese tanto nel settore formale che informale, lavoratori in conto proprio come i venditori ambulanti e i lavoratori domestici”. Il testo dell’Ilo fa il caso dell’India con il 90 per cento o quasi dei lavoratori addetti al settore informale e poco meno di 400 milioni imprigionati nelle limitazioni del Covid-19, nessun lavoro di ambulante ormai possibile e dunque tutti spinti o costretti a trovare una fuga nei villaggi dai quali erano partiti per cercare fortuna in città.
Una riduzione della possibilità di lavorare, guadagnarsi la vita, per uomini e donne che complessivamente devono sopportare un taglio del 6,7% nel lavoro e nel guadagno mette a rischio vero la vita di un miliardo di persone per la durata del secondo trimestre dell’anno 2020, obbliga tutto il mondo dei politici a riflettere e trovare una soluzione. Il terzo trimestre sarà la prova di quello che governi, partiti, confindustrie, sindacati, banchieri, finanza, religioni, terzi settori, eserciti di tutte le latitudini sapranno inventare o fare. Il testo dell’Ilo, puntuale, offre a tutti i lettori l’occasione di saperne di più e di fare un ragionamento sulla storia del mondo; quella dei prossimi anni, del futuro insomma: di tutti insieme e anche – a ben vedere – la propria.
Se la storia del futuro è incandescente e misteriosa, possiamo rileggere alcuni episodi di quella del passato, la storia propriamente detta. Chiediamo a questo fine l’aiuto a uno storico vero, Walter Scheidel, austriaco che insegna alla Stanford University. La sua “opinione”, “The wealthy fear every pandemic” pubblicata in apertura di The New York Times (11-12 aprile 2020) ripercorre millecinquecento anni di storia con un carico pesante di pandemie e di epidemie. Il ragionamento muove dai topi partiti dall’Oriente che hanno portato a Venezia e di lì in Europa la peste detta anche della “Morte Nera”.
Il ricordo di Scheidel muove da una citazione di Boccaccio, meglio un elegante riassunto, che ci permettiamo di reintegrare: “…non bastando la terra sacra alle sepolture e massimamente volendo dare a ciascuno luogo proprio secondo l’antico costume si facevano per gli cimiteri delle chiese, poiché ogni parte era piena, fosse grandissime nelle quali a centinaia i mettevano i sopravvegnenti; e in quelle stivati, come si mettono le mercantie nelle navi a suolo a suolo, con poca terra si ricoprieno infino a tanto che della fossa al sommo si pervenia”.
Alla ripresa dell’attività precedente, a Firenze, oppure nei paesi arabi, secondo quanto tramanda Ibn Khaldun, oppure in Inghilterra negli stessi anni, conclusa la stessa peste, si poteva notare nella società, nelle città, nelle contee, nei regni, un prevalere dei ricchi o dei poveri? In altre parole, i lavoratori ottenevano per lo stesso lavoro, nelle costruzioni, nei campi, nelle botteghe, di più o di meno, oppure lo stesso salario, in moneta o in pane, di prima? L’epidemia che “decima”, nel senso che riduce a un decimo la popolazione vivente, è l’occasione di un aumento dei salari o una loro decurtazione?
Lo storico sa che qualcosa è avvenuta ogni volta. La pestilenza ha sopraffatto la popolazione? O la popolazione povera ha guadagnato qualcosa, tra tanti dolori? Lo storico “preferirebbe” segnalare l’avanzamento, la crescita inarrestabile della classe operaia, secondo l’insegnamento dei classici, ma sa che non è sempre così. Il punto è la forza, soprattutto la forza dei numeri. Se i braccianti sono troppi, il feudatario, il conte, il padrone insomma, può proclamare: “Posso scegliere chi voglio. Se ti va, bene. Se no va bene lo stesso”.
Scheidel ricorda anche gli schiavi e la conquista dell’America latina, dove gli europei hanno portato ogni malattia mortale e i residenti sono stati sterminati. È servito un secolo per restaurare in parte la popolazione originaria. All’inizio i viceré spagnoli hanno ottenuto che i nativi, pur se pochi a lavorare, non potessero ricevere salari bastevoli; occorsero cento e più anni per far sì che “il mercato del lavoro finalmente si aprisse e dopo il 1600 i salari reali nel Messico centrale triplicassero”.
In occasione del Covid-19, suggerisce lo storico, i ricchi si sono organizzati e sono pronti a riaprire, a rischiare le pandemie (dei vecchi, degli altri) pur di rimettersi subito a guadagnare. Sembra che temano – dicono di temere – soprattutto di essere sopraffatti dai loro concorrenti, più ricchi, più abili, meglio appoggiati dai rispettivi governi. Per questo chiedono legislazione di favore ai governi e pace sociale agli operai. Questi ultimi non si fidano, e fanno bene. Non hanno però una visione storica che li difenda e faccia loro ottenere salari più giusti. Il ricatto di fabbriche che “camminano” e vanno altrove, di altri operai, qui e subito, senza lavoro e disposti a salari ridotti, che offrono la via per moltiplicare i guadagni. Una grande alleanza di lavoratori è sempre possibile. Forse questa è la volta buona.
FONTE:https://sbilanciamoci.info/coronavirus-200-milioni-stanno-perdendo-il-lavoro/
“Perché falsificate i dati sugli sbarchi?!”. Lo scontro Capezzone-Costamagna
17 FEBBRAIO 2020
VIDEO QUI: https://www.nicolaporro.it/perche-falsificate-i-dati-sugli-sbarchi-lo-scontro-capezzone-costamagna/
Ieri sera durante la puntata di Quarta Repubblica si è parlato delle modifiche che il governo giallorosso farà sui decreti sicurezza dell’ex ministro Salvini.
In studio nasce una discussione tra Daniele Capezzone e Luisella Costamagna sul numero degli sbarchi nel periodo di Matteo Salvini al Viminale confrontati con quelli dell’attuale ministro Lamorgese.
FONTE:https://www.nicolaporro.it/perche-falsificate-i-dati-sugli-sbarchi-lo-scontro-capezzone-costamagna/
Il “Manifesto contro il lavoro” venti anni dopo
di Cybergodz
È uscita in Germania, nel 2019, la IV edizione del Manifesto contro il lavoro (I edizione in Germania nel 1999, tr. it.2003).1
Un’edizione particolarmente significativa poiché cade nel ventennale della prima uscita di questo importante e acuto libro che, provocatoriamente – nell’epoca della “disoccupazione” cronica e della litanía generalizzata implorante “lavoro, lavoro” -, attaccava (e attacca) frontalmente e “categorialmente” il paradigma lavorista, dimostrando come si tratti di un costruzione storica e non connaturata all’umano tantomeno eterna. Un paradigma, cioè, legato a doppio filo alla modernità capitalistica e di fatto in “scadenza” nell’epoca della terza rivoluzione industriale, quella caratterizzata dalla produzione guidata dalla microelettronica e capace di performances produttive impensabili già solo per il taylorismo-fordismo del boom economico del secondo dopoguerra.
Il Manifesto contro il lavoro, per essere più precisi, così come tutto il pensiero critico che si rifà alla Critica del Valore – corrente di pensiero di cui lo stesso Manifesto fa parte – non opera però una mera critica del “fare” tout court. Gli autori di questo intrigante Pamphlet2 sono stati spesso superficialmente accusati di essere niente più che un manipolo di intellettuali svogliati fannulloni sfaccendati e, naturalmente, parassiti (con tutta la connotazione anti-semita che questo tipo di accuse porta con sé),3 imputati di una sorta di “istigazione” al vagabondaggio. Anche se non ci sarebbe, in fondo, niente di particolarmente scandaloso se il messaggio di questo libro mirasse ad un mero rifiuto a priori del diktat lavorista capitalistico – come comunque anche fa – il Manifesto opera tuttavia una critica più articolata e profonda.
Questo testo, così come la Critica del Valore, vuole soprattutto mettere alla berlina il “lavoro astratto”, riprendendo esplicitamente una definizione marxiana con la quale Marx intende individuare la “forma storicamente specifica di attività della società capitalistica” cioè l’“attività che produce merci”.4 Il “lavoro astratto” è quella forma di attività, che noi conosciamo semplicemente come “lavoro”, che sfrutta e devasta mondo e persone al solo fine di produrre cose (merci) per generare accumulo di ricchezza monetaria da poter reinvestire, dunque capitalizzare, per ottenere lo stesso scopo ad infinitum, cioè fino alla fine dei tempi – o del mondo, che è la stessa cosa. “Fine” che, detto per inciso, contribuisce esso stesso a determinare.
Lo scopo “astratto” di questo lavoro, dunque, è l’aumento continuo di una “ricchezza” fine a se stessa, calcolata in termini monetari. Niente viene prodotto semplicemente per il suo “valore d’uso” (per usare una terminologia comunque criticabile e compromessa), ma per la possibilità che, attraverso la produzione, si crei ulteriore ricchezza monetaria da reinvestire in un nuovo circolo, decisamente poco virtuoso, di creazione di valore. Un tavolo non viene costruito per essere utilizzato come mensa; una sedia non viene costruita per sedersi; un bicchiere non viene costruito per bere, e via di seguito. Tutti questi sono quasi “effetti collaterali”, o comunque valori d’uso subordinati al valore di scambio, che impera. Dal punto di vista capitalistico attività concrete, difficilmente recuperabili e assoggettabili tout court alla logica del “lavoro astratto”, come la cura degli anziani o dei bambini, le attività domestiche, ma anche le pratiche artistiche o culturali, quelle legate alla salute, all’istruzione etc., sono generalmente improduttive (anche se possono essere talvolta rese “produttive”, quindi anch’esse “lavoro astratto”, ma con difficoltà ed entro certi limiti). Esse rappresentano soprattutto un costo, benché servano alla vita comune e alla felicità delle persone certo molto di più della costruzione forsennata di mine antiuomo o auto cabriolet in serie, le quali invece possono essere considerate attività “produttive”, sempre capitalisticamente parlando, perché sostengono il ciclo infernale dell’accumulo di capitale. Non si produce, insomma, per qualche scopo razionale,5 per esempio il benessere comune o la salvaguardia dell’ambiente, ma solo per il fine in sé irrazionale della valorizzazione del valore. L’importante è la crescita infinita del capitale, tutto il resto non conta, e questa avviene attraverso la messa a valore di un lavoro privo di contenuto e indifferente rispetto a tutto ciò che non conduca all’accumulo di denaro, da reinvestire in un nuovo ciclo di valorizzazione. Questo lavoro “astratto” (che è la “sostanza” del capitale) – comunque in estinzione, secondo la Critica del Valore, nell’epoca della III rivoluzione industriale – è dunque l’unico “produttivo” in senso capitalistico, ed è ciò che viene preso di mira e aspramente criticato nel Manifesto.
La IV edizione è corredata da una nuova introduzione, a cura di Norbert Trenkle ,6 la quale propone un approfondimento interpretativo rispetto alle edizioni precedenti.
Trenkle sottolinea qui come all’epoca della prima apparizione del Manifesto non fosse forse ancora abbastanza chiara la dimensione e l’importanza di ciò che, con Marx, viene definito “capitale fittizio”, ovvero quel capitale sorto non dalla realizzazione di valore sui mercati, ma dalla creazione “ex-novo” di valore virtuale sganciato dall’economia reale e che in qualche modo tiene in vita il sistema nonostante la crisi irreversibile del “lavoro astratto”, il quale è – ripetiamo ancora una volta – il fondamento vero e proprio dell’economia capitalistica. Questo “capitale fittizio”, che dovrebbe in linea teorica essere solo valore che si realizzerà in futuro, che verrebbe temporaneamente anticipato per finanziare le attività imprenditoriali o tenere in vita il sistema nei momenti di crisi, non potrà però in realtà mai realizzarsi nell’economia reale alle condizioni della III rivoluzione industriale – sostiene la Critica del Valore – proprio a causa del crollo dell’efficacia del “lavoro astratto”. Il valore “fittizio” di questo accumulo di capitale, che rimane di fatto “virtuale”, è all’origine di tutte le bolle finanziarie, compresa quella terribile del 2008 da cui non siamo ancora usciti (e nemmeno usciremo, perché non si tratta, sempre per seguire il pensiero degli autori del Manifesto, di una crisi “ciclica” ma appunto strutturale, dalla quale non si esce all’interno delle coordinate del sistema capitalistico).
Il capitale fittizio però, secondo gli autori all’epoca del primo Manifesto, non avrebbe avuto lunga durata, e sarebbe imploso in tempi brevi generando una crisi devastante e irrecuperabile. Ma questo, in realtà, non è accaduto, nonostante la caduta comunque verticale e repentina dell’economia mondiale a partire dal 2008.
Che cosa è accaduto? Che cosa ha salvato il sistema?
Dice Trenkle, nella introduzione menzionata:
“Anche se nel Manifesto avevamo già affrontato la questione del rinvio della crisi attraverso il capitale fittizio, a posteriori va detto che non ne avevamo allora compreso a sufficienza le dinamiche interne e la logica di movimento e quindi ne abbiamo giudicato male le dimensioni e l’orizzonte temporale”.
Questa maggior “longevità” non “salva” il capitale, ma al massimo ne ritarda la dinamica auto-distruttiva. Infatti, il capitalismo, per quanto possa farsi “virtuale”, non può fare a meno, presto o tardi, di una realizzazione di valore nell’economia reale. Ma questa, ripetiamo, non può più darsi, per cui al sistema resta come unica speranza di sopravvivenza l’ancora di salvataggio permanente della finanziarizzazione legata alla crescita di capitale fittizio. Ma, dice sempre Trenkle nell’introduzione:
“più dura l’epoca del capitale fittizio, più difficile è aprire questi nuovi campi di speranza per l’economia reale, mentre allo stesso tempo le rivendicazioni di valore futuro, che in realtà non possono più essere riscattate, continuano ad accumularsi sempre di più. Si trova qui il limite interno del capitalismo sostenuto dall’accumulazione industriale finanziaria”.
Questo accumulo senza “sfogo” è destinato a gonfiare bolle speculative che, prima o poi, dovranno esplodere, con conseguenze purtroppo devastanti, soprattutto per gli “esclusi”.
Quanto sopra non deve però scoraggiare né rallentare percorsi di liberazione. Piuttosto, si tratta qui di provare a cercare la massima chiarezza nell’analisi e lo sguardo quanto più possibile lucido, aspetti che non devono indurre allo sconforto, ma preparare il terreno in direzione di un’autentica emancipazione dai lacci e lacciuoli del sistema del capitale. In questo senso è determinante rompere con la presunta ontologia del lavoro che, ribadiamo, fa tutt’uno con la nascita del capitalismo, e con le illusorie convinzioni per le quali sarebbe sufficiente difendere il “lavoro onesto” per dichiararsi ed essere fuori dalle coordinate del sistema, se non addirittura “contro” di esse. Ancora Trenkle nell’introduzione:
“L’estrema polarizzazione della distribuzione globale della ricchezza, che negli ultimi decenni ha assunto proporzioni quasi oscene, viene qui tematizzata come se ‘il popolo’ (o come viene spesso chiamato: ‘il 99 per cento’) fosse in qualche modo esterno al capitalismo e fosse solo esternamente oppresso, dominato e sfruttato da una minoranza globale ma potente (l’1 %). Con ciò si rimuove completamente il fatto che la difficoltà maggiore dell’emancipazione sociale sta proprio nel rompere la ‘formattazione’ capitalistica dei soggetti e nel superare lo stile di vita della società della merce a cui sono costretti. La critica al lavoro è ancora centrale per questo, perché è diretta sia contro la forma feticcio della società produttrice di merci che contro le identità che su di essa si fondano; non solo dunque contro l’identità del lavoro in quanto tale, ma anche contro l’identità del ‘lavoratore’ e del ‘performer’ (che, a prezzo della sua distruzione, trasforma il mondo a sua immagine e somiglianza), e contro le identità nazionali, da sempre legate alla chimera del ‘lavoro onesto’. La critica del lavoro mira alla creazione di una società in cui le persone possano disporre liberamente delle proprie relazioni sociali invece di essere dominate da esse sotto forma di vincoli oggettivi. Una società in cui le persone non siano più costrette a lavorare solo per partecipare alla ricchezza sociale, ma in cui ognuno possa operare secondo le proprie esigenze e capacità. In altre parole, mira all’appropriazione del contesto sociale da parte di individui liberamente associati sotto forma di auto-organizzazione sociale generale. In questo senso, il Manifesto contro il lavoro è ancora attuale come lo era vent’anni fa”.
Se il Manifesto, come afferma Trenkle, resta comunque attuale, ed anzi lo è forse più oggi di quando è apparso la prima volta, vale allora forse la pena, per finire, ripercorrerne velocemente i “temi” salienti. Probabilmente in un futuro non troppo lontano saranno all’ordine del giorno in modo stringente,7 e non è male provare fin da ora a sgomberare il campo da derive poco auspicabili ed inopportuni equivoci che possano letteralmente ribaltare il senso del messaggio “liberatorio” che proviene dalla Critica del Valore.
Le “linee guida” del Manifesto (e, di fatto, della teoria critica del valore), possono dunque essere così sintetizzate:8
– la produttività guidata dalla microelettronica, propria della III rivoluzione industriale, rende il lavoro obsoleto. L’ossessione per il lavoro ad ogni costo, già di per sé irrazionale, diventa un vero e proprio stato patologico di una società malata.
– “Chi non lavora non mangia” è la ricetta di base della società capitalistica. Nell’epoca della crisi fondamentale del capitalismo, questa formula di per sé folle diventa ancora più assurda e paradossale. Il lavoro (astratto) è ciò che per il capitalismo è produttivo di valore. Quando però questo lavoro perde di senso e di importanza, ma resta comunque il perno del sistema, chiunque non si sottometta, anche non volendo, a questo idola è destinato a perire miseramente. “Come se fosse la cosa più ovvia del mondo, tutte le risorse del pianeta sono usurpate dalla macchina autoreferenziale del capitalismo. Se poi non sono più mobilizzabili con profitto, devono rimanere inutilizzate, anche se vicino a queste risorse intere popolazioni sono ridotte alla fame”. (p.8)
– Tutto ciò genera una società dell’“apartheid” diffuso. Gli esclusi e i “rifiuti” del sistema possono avere una speranza di ospitalità “solo se fanno la riverenza e si comportano bene, oltre naturalmente ad essere inoffensivi al cento per cento”. (p.11)
– Il lavoro deve restare, costi quel che costi, il principio fondamentale di questa società. Ma non è sempre stato così, anzi l’imposizione del lavoro come elemento costitutivo dell’esistenza è una invenzione piuttosto recente. Senza tessere l’elogio dei tempi antichi, anch’essi pieni di contraddizioni, “non è invece scontato che la semplice attività umana, il puro ‘dispendio di forza-lavoro’, di cui non si tiene in alcuna considerazione il contenuto, e che è totalmente indipendente dai bisogni e dalla volontà degli interessati, venga elevata a un principio astratto che domina le relazioni sociali. Nelle antiche società agrarie esistevano molteplici forme di dominio e di dipendenza personale, ma non la dittatura dell’astrazione ‘lavoro’”. (p.17)
– Capitale e lavoro sono due facce della stessa medaglia. Nonostante spesso si creda, e si predichi, il contrario (soprattutto da parte della “sinistra”) il lavoro è l’anima stessa del capitale, senza la quale non può sopravvivere. Nel lavoro, inteso capitalisticamente (e, ripetiamo, secondo i nostri autori non c’è un’altra maniera di intenderlo), “Non è in gioco la determinazione comune del senso e del fine del proprio fare … Che cosa si produce, a quale scopo e con quali conseguenze, è in fin dei conti altrettanto indifferente per il venditore del bene forza-lavoro quanto per il suo acquirente. I lavoratori delle centrali nucleari e degli impianti chimici protestano più di tutti gli altri quando si vogliono disinnescare le loro bombe a orologeria”. (p.20)
– La sfera “lavoro”, intesa come attività produttiva di capitale, non può però, come già accennato, riassumere ogni attività dell’esistenza. Ci sono cose di importanza vitale che non possono essere mai completamente “valorizzate” in senso capitalistico. Insieme al capitale come ambito separato dell’esistenza, nasce così per necessario contrasto l’ambito della cura socio-psichica dell’umano, ambito che viene definito come “femminile”. “Senza lo spazio sociale separato delle attività ‘femminili’, la società del lavoro non avrebbe mai potuto funzionare. Questo spazio è il suo silenzioso presupposto e nello stesso tempo il suo risultato specifico”.9 (p.23)
– Anche “etimologicamente” la parola lavoro, praticamente in tutte le lingue, indica una condizione di schiavitù e minorità.10 “Il ‘lavoro’ non è affatto, come dimostra l’etimologia della parola, sinonimo di un’attività autodeterminata, ma rinvia a un destino sociale infelice. È l’attività di chi ha perso la propria libertà”. (p.25) Ma questo aspetto non viene più riconosciuto socialmente, come invece accadeva all’epoca iniziale dell’imposizione del lavoro.11 Adesso la “muta costrizione” (Kurz) è penetrata fin nell’intimità, riducendo gli individui a monadi da competizione, e il dispositivo “lavoro” non viene più messo in discussione ma considerato come un “presupposto ontologico” dell’esistenza.
– Questa “ontologizzazione” del lavoro ha un decorso storico, ed è in realtà un fenomeno piuttosto recente. Per gli “antichi” sarebbe stata un assurdo logico, ed una contraddizione in termini. Come descrive con passione e partecipazione Marx ne Il capitale, l’imposizione del lavoro (e quindi del capitalismo) è avvenuta solo grazie ad un’estrema e cruenta violenza, contro tutte le narrazioni che descrivono questo percorso come un “progresso” grazie al “buon commercio” e alla fine della “chiusa mentalità” del medioevo, con il passaggio cioè dal “mondo chiuso all’universo infinito”, per riprendere il titolo di un famoso testo. “La storia della modernità è storia dell’imposizione del lavoro”. (p.26)
– Lo stesso movimento operaio, una volta introiettata l’etica del lavoro e la sua necessità, ha svolto prevalentemente un’opera di “perfezionamento” del sistema, invece di metterne in discussione i presupposti. “La democrazia della società del lavoro è il più perfido sistema di dominio della storia: un sistema di autorepressione”. (p.33)
– Il capitalismo, tuttavia, a causa dell’aumento di produttività, causato principalmente dalla competizione fra capitalisti, rende, all’interno di una dinamica autodistruttiva, il “lavoro astratto” obsoleto (sempre nei termini di rendimento capitalistico), e questo è proprio ciò che è avvenuto e avviene con la III rivoluzione industriale, quella a guida tecnologico-informatica. Il sistema del capitale, dunque, raggiunge il suo limite, oltre il quale non riesce più a riprodursi convenientemente (se non con la cura palliativa della finanziarizzazione). La “compensazione tramite l’espansione” (p.36) che ha salvato il sistema nelle crisi precedenti, adesso non è più possibile, perché i mercati non sono più in grado di assorbire, al livello di valorizzazione necessario, i risultati della produttività attuale, e non c’è modo di aprirne di nuovi capaci di farlo.
– La politica, intesa come gestione amministrativo-repressiva dello spazio capitalistico (lo Stato, essenzialmente), entra in crisi insieme al al lavoro astratto. Se infatti quest’ultimo è la “chiave segreta” di ogni sviluppo capitalistico, il suo infiacchimento non può che coincidere con la crisi della politica, che ha bisogno e si nutre della valorizzazione del valore. Infatti “poiché lo Stato non è un’unità autonoma di valorizzazione e perciò non può trasformare da solo lavoro in denaro, deve prelevare denaro dal reale processo di valorizzazione, per finanziare le sue attività. Se si esaurisce la valorizzazione, si esauriscono anche le finanze dello Stato”. (p.38)
– Tuttavia, il capitale non molla la presa tanto facilmente, e supplisce alla carenza di valorizzazione nell’economia reale con la già discussa “finanziarizzazione”. Quest’ultima dunque, lungi dall’essere la causa della situazione critica che sta attraversando il sistema, ne è una conseguenza e al tempo stesso l’àncora di salvezza, sia pur precaria. Ma “il denaro, che sembra circolare in quantità apparentemente inesauribili, non è più da tempo, perfino in senso capitalistico, denaro ‘buono’, ma soltanto ‘aria calda’, con cui è stata gonfiata la bolla speculativa”. (p.44) “La simulazione è la caratteristica principale del capitalismo in crisi”. (p.41)
– Per uscire dal girone dantesco capitalistico, è importante anche essere capaci di prefigurare una società “altra”, costruita su principi radicalmente diversi rispetto a quelli capitalistici. Ma “dopo secoli di ammaestramento, l’uomo moderno non è più in grado, puramente e semplicemente, d’immaginarsi una vita al di là del lavoro”, (p.45) perno ed architrave dell’infernale meccanismo capitalistico. Invece “c’è bisogno di un nuovo spazio di libertà mentale, affinché l’impensabile possa diventare pensabile”. (p.54)
– La stessa “lotta di classe” tra lavoro e capitale segna il passo nel contesto di crisi capitalistica. Questa “lotta fra opposti interessi”, che si è sempre svolta all’interno di un contesto comune dato per eterno ed immutabile, viene meno, ed anzi i due presunti antichi nemici spesso collaborano per salvare questo sistema comune di riferimento, senza il quale entrambi non possono sopravvivere. Questo non significa che, all’interno dello stesso orizzonte, non ci siano interessi più forti di altri, e che non ci sia una “classe” di vincitori che sicuramente ha più interesse di un’altra (gli “esclusi”) a mantenere il sistema in vita e che non abbandonerà facilmente la propria postazione di privilegio. Ma lo scontro da queste due “posizioni” non potrà più avvenire all’interno del classico “conflitto di classe”, perché esse saranno inconciliabili e non ricomponibili “dialetticamente” in qualche sintesi che tenga comunque a galla il sistema.12
– Si tratta piuttosto, ora, all’interno dell’orizzonte di crisi fondamentale entro cui ci troviamo, di inaugurare un nuovo tipo di scontro, su un livello diverso. Uno scontro che non può essere locale, ma deve coinvolgere il mondo intero. Questo scontro è innanzitutto uno scontro contro la forma-Stato. Lo Stato, infatti, è ciò che assicura “la sottomissione obbligatoria di ogni potenzialità sociale ai comandamenti della valorizzazione”. (p.63) Non si tratta quindi di “prendere lo Stato”, come tanto marxismo e tanta sinistra hanno sempre predicato, ma al contrario di rendere questo ente nullo e inservibile. “Gli avversari del lavoro non vogliono occupare i centri nevralgici del potere, bensì metterli fuori uso”. (p.64) In questo senso, “la loro battaglia non è politica ma anti-politica”. (p.64)
Note:
1. Entrambi i testi sono disponibili on-line, quello tedesco qui: http://www.krisis.org/1999/manifest-gegen-die-arbeit/, quello italiano qui: http://www.krisis.org/1999/manifesto-contro-il-lavoro/
2. Ed in questo consiste, forse, il suo più grande “difetto”, che ha dato luogo a fraintendimenti ed equivoci, ovvero nel suo stile “pamphlettistico” e quindi più “sintetico” e “sbrigativo” rispetto ad altri testi partoriti dagli autori dello stesso gruppo, testi più articolati e completi e per questo probabilmente più “illuminanti”.
3. Qui “anti-semita” va inteso soprattutto nel senso di quell’“antisemitismo strutturale” a cui fa riferimento Kurz in molti suoi scritti. Con “antisemitismo strutturale” Kurz prova a delineare i contorni di un approccio mentale (ma anche fattuale) che individua in un soggetto “altro” la causa dei problemi di fondo del sistema, invece che nel sistema stesso. All’interno di questo concetto rientra l’antisemitismo in senso stretto così come il razzismo, il sessismo così come l’accusa alla finanziarizzazione di essere il “male” dell’epoca, e via dicendo. Per capire quanto Kurz lo considerasse fondamentale ai fini di una chiarificazione della critica al capitalismo, basti dire che dedica a questo concetto un intero capitolo in uno dei suoi libri più importanti, Das Weltkapital, ed Tiamat, 2005 (it.“Il capitale mondo”, traduzione italiana in corso).
4. Cf. presentazione all’intro di Norbert Trenke alla nuova edizione: https://anatradivaucanson.it/introduzioni/il-manifesto-contro-il-lavoro-venti-anni-dopo
5. Intendendo qui “razionale” come “ragionevole”, “sensato” dal punto di vista umano, dove cioè si produca per uno scopo legato alla costruzione di una “vita buona” per tutti e anche per il mondo, inteso sia come “ambiente” che come “psiche collettiva” – se ci passate il termine. È bene precisare quanto sopra perché da un punto di vista “razionale” in senso stretto anche il capitale è “razionale”, cioè agisce seguendo una sua “razionalità” (sia pur, potremmo aggiungere, “folle” poiché distruttiva anche nei confronti di se stesso) che è quella di operare al fine di raggiungere un sempre maggior accumulo di valore, che rappresenta la sua linfa vitale e l’unica possibilità di sopravvivenza. Robert Kurz, nei sui scritti, usa spesso l’aggettivo “razionale” per indicare una produzione o comunque un concetto che si confaccia al benessere dell’umano e del mondo, e “irrazionale” per sottolineare la follia del sistema del capitale e del suo operare. A questa distinzione ci rifacciamo qui.
6. E prontamente tradotta in italiano sull’“Anatra di Vaucaunson”, sito che si occupa in modo particolare della diffusione ed eleborazione della Critica del Valore. L’introduzione è leggibile e scaricabile al link già menzionato: https://anatradivaucanson.it/introduzioni/il-manifesto-contro-il-lavoro-venti-anni-dopo
7. Già lo sono, ma non riconosciuti né purtroppo efficaci “politicamente”, intendendo qui “politica” non come la mera gestione tecnico-amministrativo-repressiva del sistema del capitale (che ora si dà come gestione della crisi, quindi con una faccia ancora più feroce), ma come presa d’atto collettiva cosciente della necessità di rompere con il folle sistema del capitale e come tentativo di costruire, sempre collettivamente, una società radicalmente “altra” fondata su principi molto diversi. Per usare il linguaggio del Manifesto, più che politica, questo tipo di azione collettiva dovrebbe cioè essere “anti-politica” (cf. Manifesto contro il lavoro, pp.62-64).
8. Le citazioni provengono dall’edizione italiana già menzionata, uscita – dopo lunga e faticosa gestazione – nel 2003 per i tipi di DeriveApprodi, con traduzione di Giancarlo Rossi e post-fazione di Anselm Jappe. Per i brani che seguono verrà menzionata fra parentesi solo la pagina di quella edizione.
9. su questi temi, cf. anche l’importante e bellissimo libro di Silvia Federici, Calibano e la strega, Mimesis, 2015. Per una introduzione alle tematiche principali di questo magnifico testo, cf. https://anatradivaucanson.it/recensioni/laccumulazione-e-la-donna-storie-di-genere-e-di-oppressione-una-lettura-di-calibano-e-la-strega-di-silvia-federici
10. Cf. a questo proposito il bell’articolo di Paolo Lago pubblicato su Streifzüge, una rivista austriaca che fa parte a pieno titolo del Krisis-Kreis, cioè del circolo di persone che riflettono sulla teoria critica del valore e ne elaborano i presupposti. L’articolo è leggibile e scaricabile on-line qui: https://www.streifzuege.org/2002/il-significato-di-labor/
11. Come nel caso delle rivolte medievali contadini (leggendarie quelle capitanate da Thomas Müntzer) o dell’epopea dei cosiddetti Luddisti (riguardo a quesi ultimi, cf. per un sintetico approfondimento: https://www.streifzuege.org/2009/ribelli-al-futuro/, articolo pubblicato anch’esso da Streifzüge)
12. Meglio forse qui precisare che anche il gruppo Krisis non disconosce l’importanza della lotta dei lavoratori per i diritti e per un trattamento migliore. Spesso nei loro testi viene sottolineato quanto il lavoro di sindacati e movimenti sia stato determinante per innalzare il tenore di vita della classe lavoratrice e non solo (anche se, per dirla tutta, spesso quello che è stato guadagnato in una parte del mondo, generalmente il cosiddetto “primo”, e’ stato fatto pagare a caro prezzo in un’altra, e qui la famosa “solidarietà” fra lavoratori non ha funzionato proprio benissimo, specie sul piano internazionale) . Tuttavia, una volta che il sistema del capitale, con tutto il suo apparato che potremmo quasi definire “metafisico” – sia pur “reale” – , si è imposto e ha contaminato ogni ambito dell’esistenza, la “lotta di classe” ha di fatto agito al suo interno e non ha mai veramente messo in discussione i presupposti del “soggetto automatico” (un altro nome con cui Marx indicava il meccanismo autoreferenziale della valorizzazione del valore propria del sistema capitalistico). Piuttosto, li ha sempre dati per scontati in modo acritico, finendo per dimenticare la possibilità stessa di un “al di là” dal mondo dominato dal capitalismo e spesso, anzi, portando un aiuto sostanziale al sistema in direzione di un suo “perfezionamento”. In questo senso, specie nell’epoca della “crisi fondamentale” del valore, la lotta di classe non rappresenta un riferimento per percorsi di liberazione che adesso non possono più cercare soluzioni all’interno del sistema, ma che devono invece assolutamente tornare ad essere capaci di immaginare un “di fuori” che appare “inaudito” nella tristezza del presente.
FONTE:https://www.sinistrainrete.info/lavoro-e-sindacato/17502-cybergodz-il-manifesto-contro-il-lavoro-venti-anni-dopo.html
PANORAMA INTERNAZIONALE
THE DONALD CONTRO BILL GATES : PRIMA VITTORIA
Il generale Jerry Adams, surgeon general , massima autorità sanitaria delle forze armate Usa, ha fatto un annuncio bomba: la task force americana sul coronavirus ha abbandonato i modelli “predittivi” sull’epidemia dell’OMS dominata da Bill Gates e raccomandati da Anthony Fauci, e adotta invece dati reali basati sui test effettivamente fatti. Ciò perché “in quei modelli gonfiati e “basati sulla paura”, sono state propagandate le morti di milioni in tutto il mondo e centinaia di migliaia in America. Questi sono stati usati come base per quella che molti esperti hanno definito una ” risposta gravemente sproporzionata“.
E’ un siluro diretto a Bill Gates e al suo complice Fauci che freneticamente stanno girando tutte le tv in un tour mediatico “ minacciando il pubblico che le aziende potrebbero non riaprire per sei mesi o un anno, o fino a quando i governi non acquistano la loro vaccinazione convenientemente brevettata per grandi prodotti farmaceutici”.
E siccome già nelle poche settimane di quarantena 22 milioni di americani hanno fatto richiesta del sussidio di disoccupazione, si può capire come la prospettiva viene vista dai rednecks che hanno votato Trump perché lotti contro il Deep State.
Adesso, in base ai dati reali e non gonfiati, ha detto il Surgeon General, “sono fiducioso che alcuni posti inizieranno a riaprire a maggio e giugno. Altri posti non lo faranno; sarà pezzo per pezzo, bit per bit, ma sarà guidato dai dati “.
Il braccio di ferro di Bill Gates contro Donald Trump dietro la pandemia sembra essere concluso, per il momento, con la sconfitta del miliardario. Una guerra paradossale che ha diviso i politici e l’opinione pubblica su uno scontro farmaceutico – farla breve, clorochina contro vaccini – essendo inteso che chi è per la clorochina è per Trump, quindi “di destra”, mentre chi è per i vaccini sta per Gates ed è progressista.
Il punto è che l’incolpevole ed apolitica idrossiclorochina è stata indicata da Trump, il 19 marzo, come un farmaco utile contro il Cov-19. Tutti – ma proprio tutti – i media televisivi sono saltati alla gola del presidente: ignorante! Rozzo! Cosa ne sai!, ascoltiamo invece il prof. dott Anthony Fauci che è competente! Sono state organizzate trasmissioni per dimostrare che Trump difendeva la clorochina perché detentore di azioni Sanofi, la presunta casa produttrice. Per poi scoprire che Donald ha azioni della Sanofi per 435 $. Nessuno scandalo ha suscitato il fatto che il numero 2 dell’OMS, Bruce Aylward, abbia rumorosamente raccomandato il Redemsivir (il 24 febbraio), senza attendere i risultati dei test, prendendo apertamente le parti per la Gilead che aveva giustappunto brevettato il farmaco. Nessuna curiosità sulla mazzetta probabilmente percepita dall’esperto?
FONTE:https://www.maurizioblondet.it/the-donald-contro-bill-gates-prima-vittoria/
Coronabond: in Europa la Lega ha votato contro e l’emendamento non è passato
17 Aprile 2020
Ancor peggiore è la posizione come “esperto” di Anthony Fauci, direttore dell’Istituto Nazionale delle Malattie Infettive e fautore della quarantena senza limiti “finché non arriva il vaccino”. Lungi dall’essere “Lo scienziato oggettivo”, ha lavorato a fianco di Bill Gates al Global Vaccine Action Plan, partenariato pubblico-privato fra l’OMS, Unicef e ….la Bill & Melinda Gates Foundation.
Di fatto il Global Vaccine Action Plan è – come dice il suo nome – l’organo con cui Bill Gates spinge per applicare a tutti, cominciando dal Terzo Mondo, il suo tatuaggio quantico con le informazioni sulle vaccinazioni che la persona ha subito,e quelle che le mancano ancora. L’invenzione, annunciata in pompa magna dal MIT nel dicembre 2019, era stata finanziata da Gates … attraverso Jeffrey Epstein, il pedofilo ucciso, che come si ricorderà ad un certo punto della sua berve vita aveva sviluppato un improvviso interesse filantropico per LaScienza, alla quale aveva dedicato donazioni e inviti di celebri scienziati nella sua isola delle femmine (di cui Gates è stato frequente ospite, ça va sans dire).
Ora diventa chiaro perché Anthony Fauci si sia battuto nei talk show contro la clorochina, esagerandone gli effetti collaterali e ripetendo che per dimostrare la sua utilità nel Cov-19 bisognava attendere studi e test. E ad aggravare la sua posizione, è saltato fuori un rapporto ufficiale del NIH (National Institute of Health, ministero della Sanità) risalente al 2005, che a proposito della epidemia SARS , in cui si legge: “La clorochina è un potente inibitoredella diffusione del coronavirus SARS”. Quindi l’utilità del farmaco era ben nota, anche a Fauci. (qui il rapporto NIH del 2005
https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC1232869/
Così si scopre che Donald ha tutte le ragioni di smettere di finanziare l’OMS con denaro pubblico. L’organo transnazionale è completamente sotto l’influenza di Bill Gates, secondo contributore dopo gli Usa, e ne esegue gli scopi strategici, anche attraverso la Global Alliance for Vaccine and Immunization – Alleanza Globale per i Vaccini e l’immunizzazione, organo di cui Bill Gates è il quarto donatore, dopo il Regno Unito. Del resto dal 2016 il network europeo Arte ha mandato in onda un’inchiesta dal titolo “L’Organizzazione Mondiale della Sanità nelle grinfie dei lobbisti”dei giornalisti Juttat Pinzler e Tatjana Mischke.
Gates può contare sui governi europei. Specie italiano.
Se Trump ha vinto una battaglia,non è detto che vinca la guerra. Il 6 aprile un vaccino fabbricato in gran fretta è già stato iniettato a volontari; esso è stato concepito dalla Inovio Pharmaceutical, società finanziata (indovinate?) da Bill Gates, che ha annunciato di poter offrire ai governi un milione di dosi per la fine dell’anno. Poco prima, a marzo, un altro vaccino è stato annunciato dalla Moderna, società finanziata nel 22016 con 20 milioni di dollari dal solito Bill Gates.
I governi europei soprattutto, coi loro comitati scientifici mandarini, sono ancora sotto la narrativa “aspettate il vaccino per tornare a lavorare” che Trump ha sgominato. E peggio. Ora si scopre che Conte si è infischiato degli avvertimenti americani, ha lasciato passare settimane preziose senza preparazione (apposta?) e di fatto si è schierato con la terroristica narrativa-Gates…
https://twitter.com/ImolaOggi/status/1250866687483805697
Ma certo qui si constata – se si vuole prenderne atto – che è meglio che il potere esecutivo sia in mano ad un ignorante eletto dal popolo, che ha solo il buonsenso del pater familias e il bisogno di far tornare al lavoro i 20 milioni di suoi elettori disoccupati, che agli “scienziati” e tecnocrati. Ed appare in piena luce – se la si vuol vedere – non solo l’incompetenza di questi scienziati, esperti e tecnocrati, ma peggio: la profonda disonestà morale, la loro permeabilità alla corruzione; e la crudeltà con cui consigliano di lasciar crollare l’economia e gettare sul lastrico milioni di uomini sani, per combattere una epidemia trattabile, di cui hanno nascosto il farmaco che la tratta.
Ci sarebbe da aprire un discorso sulla scelta che il popolo fa nella democrazia quando è vera: basata su qualcosa che è “la competenza morale del popolo”, come scrisse il sociologo Raymond Boudon. Il popolo non sa di clorochina né di eparina, ma è competente morale, e ha capito al volo che Fauci era un corrotto, come La Scienza che proclama dai talk show.
L’intervista da ascoltare perché spiega tutto il trucco globale:
La lotta Gates-Trump ha esteso il conflitto anche in Francia: dove il microbiologo Didier Raoult, per aver detto che lui ha guarito dei malati con la clorochina, come del resto notoriamente in uso in Cina e Corea, è stato aggredito dal Comitato Scientifico allestito da Macron contro l’epidemia: apparentemente perché non ha l’habitus del “grande mandarino della Scienza” e disturbava la narrativa precostituita: solo il vaccino ci consentirà di tornare liberi. Il fenomeno dei mandarini scientifici l’abbiamo visto anche nelle tv italiane.
Ma negli Stati Uniti la lotta è stata senza esclusione di colpi bassi e tragicomici, ma anche epicamente americani. I governatori del Michigan e del Nevada, democratici quindi anti-Trump, hanno preso misure per limitare l’uso della clorochina e prolungato le quarantene; come risposta, la gente del Michigan, operai, ceto popolare, con l’incubo della disoccupazione – hanno inscenato una colossale manifestazione con le loro auto, Suv e camion in sostegno a Trump, e alla clorochina, per tornare al lavoro e al salario – e contro il governatore Whitman.
Ancor peggiore è la posizione come “esperto” di Anthony Fauci, direttore dell’Istituto Nazionale delle Malattie Infettive e fautore della quarantena senza limiti “finché non arriva il vaccino”. Lungi dall’essere “Lo scienziato oggettivo”, ha lavorato a fianco di Bill Gates al Global Vaccine Action Plan, partenariato pubblico-privato fra l’OMS, Unicef e ….la Bill & Melinda Gates Foundation.
Di fatto il Global Vaccine Action Plan è – come dice il suo nome – l’organo con cui Bill Gates spinge per applicare a tutti, cominciando dal Terzo Mondo, il suo tatuaggio quantico con le informazioni sulle vaccinazioni che la persona ha subito,e quelle che le mancano ancora. L’invenzione, annunciata in pompa magna dal MIT nel dicembre 2019, era stata finanziata da Gates … attraverso Jeffrey Epstein, il pedofilo ucciso, che come si ricorderà ad un certo punto della sua berve vita aveva sviluppato un improvviso interesse filantropico per LaScienza, alla quale aveva dedicato donazioni e inviti di celebri scienziati nella sua isola delle femmine (di cui Gates è stato frequente ospite, ça va sans dire).
Ora diventa chiaro perché Anthony Fauci si sia battuto nei talk show contro la clorochina, esagerandone gli effetti collaterali e ripetendo che per dimostrare la sua utilità nel Cov-19 bisognava attendere studi e test. E ad aggravare la sua posizione, è saltato fuori un rapporto ufficiale del NIH (National Institute of Health, ministero della Sanità) risalente al 2005, che a proposito della epidemia SARS , in cui si legge: “La clorochina è un potente inibitoredella diffusione del coronavirus SARS”. Quindi l’utilità del farmaco era ben nota, anche a Fauci. (qui il rapporto NIH del 2005
https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC1232869/
Così si scopre che Donald ha tutte le ragioni di smettere di finanziare l’OMS con denaro pubblico. L’organo transnazionale è completamente sotto l’influenza di Bill Gates, secondo contributore dopo gli Usa, e ne esegue gli scopi strategici, anche attraverso la Global Alliance for Vaccine and Immunization – Alleanza Globale per i Vaccini e l’immunizzazione, organo di cui Bill Gates è il quarto donatore, dopo il Regno Unito. Del resto dal 2016 il network europeo Arte ha mandato in onda un’inchiesta dal titolo “L’Organizzazione Mondiale della Sanità nelle grinfie dei lobbisti”dei giornalisti Juttat Pinzler e Tatjana Mischke.
Gates può contare sui governi europei. Specie italiano.
Se Trump ha vinto una battaglia,non è detto che vinca la guerra. Il 6 aprile un vaccino fabbricato in gran fretta è già stato iniettato a volontari; esso è stato concepito dalla Inovio Pharmaceutical, società finanziata (indovinate?) da Bill Gates, che ha annunciato di poter offrire ai governi un milione di dosi per la fine dell’anno. Poco prima, a marzo, un altro vaccino è stato annunciato dalla Moderna, società finanziata nel 22016 con 20 milioni di dollari dal solito Bill Gates.
I governi europei soprattutto, coi loro comitati scientifici mandarini, sono ancora sotto la narrativa “aspettate il vaccino per tornare a lavorare” che Trump ha sgominato. E peggio. Ora si scopre che Conte si è infischiato degli avvertimenti americani, ha lasciato passare settimane preziose senza preparazione (apposta?) e di fatto si è schierato con la terroristica narrativa-Gates…
https://twitter.com/ImolaOggi/status/1250866687483805697
Ma certo qui si constata – se si vuole prenderne atto – che è meglio che il potere esecutivo sia in mano ad un ignorante eletto dal popolo, che ha solo il buonsenso del pater familias e il bisogno di far tornare al lavoro i 20 milioni di suoi elettori disoccupati, che agli “scienziati” e tecnocrati. Ed appare in piena luce – se la si vuol vedere – non solo l’incompetenza di questi scienziati, esperti e tecnocrati, ma peggio: la profonda disonestà morale, la loro permeabilità alla corruzione; e la crudeltà con cui consigliano di lasciar crollare l’economia e gettare sul lastrico milioni di uomini sani, per combattere una epidemia trattabile, di cui hanno nascosto il farmaco che la tratta.
Ci sarebbe da aprire un discorso sulla scelta che il popolo fa nella democrazia quando è vera: basata su qualcosa che è “la competenza morale del popolo”, come scrisse il sociologo Raymond Boudon. Il popolo non sa di clorochina né di eparina, ma è competente morale, e ha capito al volo che Fauci era un corrotto, come La Scienza che proclama dai talk show.
L’intervista da ascoltare perché spiega tutto il trucco globale:
https://youtu.be/RsoG7pZifTw
FONTE:https://www.maurizioblondet.it/the-donald-contro-bill-gates-prima-vittoria/
Lega e Forza Italia hanno votato contro i coronabond al Parlamento europeo facendo così fallire la proposta. L’accaduto
La Lega e Forza Italia contro i coronabond.
I due partiti hanno chiuso le porte in faccia all’emendamento proposto dai Verdi al Parlamento UE, volto alla creazione di uno strumento di debito comune.
Una novità particolarmente curiosa, soprattutto alla luce dei recenti attacchi e delle recenti discussioni sul MES e sugli altri strumenti volti ad arginare l’impatto del coronavirus. Il voto sfavorevole di Forza Italia e Lega sui coronabond ha determinato la bocciatura dell’emendamento e dunque l’accantonamento della proposta.
FI e Lega contro coronabond: il voto in UE
Come anticipato, in sede di Parlamento europeo il gruppo dei Verdi ha proposto di creare uno strumento di condivisione del debito tra i 27 Stati membri con l’obiettivo di fronteggiare al meglio l’impatto economico del coronavirus, come confermato dal testo dell’emendamento:
“Per preservare la coesione dell’UE e l’integrità della sua unione monetaria, una quota sostanziale del debito che sarà emesso per combattere le conseguenze della crisi del COVID-19 dovrà essere mutualizzato a livello UE”.
In pratica, i Verdi hanno proposto l’introduzione degli ormai noti coronabond e le delegazioni dei partiti italiani si sono così schierate:
- Lega: contro
- Forza Italia: contro
- M5S: a favore
- PD: a favore
- Italia Viva: astenuta
La proposta ha ricevuto 282 voti favorevoli, 326 voti contrari e 74 voti di astenuti. Per dirla in altre parole, se Forza Italia e Lega non avessero votato contro i coronabond l’emendamento sarebbe passato.
FONTE:https://www.money.it/coronabond-lega-e-forza-italia-votano-contro-in-UE
Di Maio a France 24: ‘L’Italia non chiede a nessuno di pagare i suoi debiti’
Luigi Di Maio intervistato dall’emittente francese France 24, ribadisce che l’Italia non chiede a nessuno di pagare i suoi debiti e sottolinea che il Paese è virtuoso e rispetta gli impegni.
“L’Italia non chiede a nessuno di pagare i propri debiti. Non è questo l’obiettivo”, ha detto il ministro degli Esteri Luigi Di Maio intervistato da France 24.
L’Italia chiede una cosa ben diversa dice Di Maio.
“Noi stiamo chiedendo di creare, insieme a tutti gli altri Stati membri, delle condizioni dal punto di vista di mercato, che consentano a ogni Stato di spendere i soldi che servono per aiutare i propri imprenditori, i propri lavoratori, i propri disoccupati, i giovani, i meno giovani.”
Perché ciò sia possibile in Europa, afferma il ministro, bisogna trovare insieme “degli strumenti” e questo potrà avvenire nel prossimo Consiglio europeo.
“Stiamo andando nella direzione giusta, facciamo che il 23 aprile si possa avviare un nuovo corso storico per l’Unione Europea.”
Ma perché ciò avvenga, aggiunge Di Maio, “l’Ue dovrà essere all’altezza di questa sfida, una sfida storica”.
Sulla questione degli eurobond
Di Maio precisa che ciò su cui si è d’accordo in Europa è che “dobbiamo affrontare una crisi senza precedenti”, ma c’è anche una “differenza di vedute su come va affrontata questa crisi”.
L’Italia chiede “di trovare degli strumenti, non necessariamente con il nome ‘coronabond’, ‘eurobond’, – prosegue Di Maio – che ci consentano di creare delle condizioni di mercato favorevoli a tutti gli Stati membri. Così che ogni Stato possa spendere i soldi che servono ad aiutare i propri concittadini. Non chiediamo ad altri Paesi di pagare i nostri debiti. Siamo sempre stati un Paese che ha rispettato gli impegni.”
Italia virtuosa
E sugli impegni mantenuti, Di Maio fa notare che le previsioni di spesa dell’Italia prevedevano un deficit del 2,2% nel 2019 e invece il bilancio è stato chiuso con un deficit dell’1,6% lo scorso anno: “Siamo stati più virtuosi delle nostre stesse previsioni”.
Situazione inedita
L’Italia vuole però affermare in Europa, che “non si può affrontare una situazione inedita con strumenti del passato”, aggiunge Di Maio.
E sull’uscita dall’Ue dell’Italia
Di Maio precisa che una Ue “senza l’Italia, o senza la Francia,” non è più Unione Europea.
“Noi come governo – prosegue Di Maio – non vogliamo fare il gioco di chi pensa che qualcuno possa uscire dalla famiglia europea. Noi facciamo parte della famiglia europea. Abbiamo fondato l’Unione Europea e crediamo nei principi fondativi, tra cui la solidarietà. Ed è quella solidarietà che deve vincere”.
Intervista Luigi Di Maio a France 24 – Video
VIDEO: blob:https://www.facebook.com/bc28e4e1-4423-49b2-aac1-dd14d7206ade
FONTE:https://it.sputniknews.com/politica/202004178982198-di-maio-a-france-24-litalia-non-chiede-a-nessuno-di-pagare-i-suoi-debiti/
POLITICA
Coronavirus, Vittorio Colao e la task force liberista fino al midollo
Lunedì, 13 aprile 2020 – Diego Fusaro
«La gestione della crisi greca, la gestione della crisi italiana del 2011… dimostrano che dobbiamo essere contenti di come strutturalmente questo meccanismo europeo gestisce le crisi». Sono parole di Vittorio Colao, il top manager scelto da Conte per la task force per la ripartenza economica del Paese. Chiara l’impostazione? Altro che tecnici super partes, sono liberisti fino al midollo. Il governo affida il “rilancio economico del paese” a una task force “tecnica” capeggiata da un tal Vittorio Colao. Chi era costui? Così domanderebbe il Don Abbondio di turno. Ve lo spieghiamo subito, senza perifrasi: il signor Vittorio Colao esordì lavorando presso la banca d’affari Morgan Stanley e presso la società di consulenza McKinsey. Lo troviamo, poi, presso la multinazionale britannica Vodafone. E nel 2018 è invitato al Bilderberg a Torino, giusto per chiudere il cerchio. Ebbene, voi che esaltate l’avvocato e il governo, pensando che sia per il bene del Paese e che sia pure “de sinistra” (come direbbe Bagnai), siete degli inguaribili creduloni, incapaci di vedere al di là del vostro naso. O siete in cattiva fede, e qualcuno senz’altro lo sarà. Siete davvero così sciocchi e “babbioni” (avrebbe detto il maestro Preve) da ritenere che uno con il cursus honorum del signor Colao sia solo un tecnico super partes e non incarni una ben chiara visione ideologico-politica? È passato invano Marx? Pensate davvero che la visione di Colao e del suo gruppo di lavoro sia quella incardinata sulla trinità lavoro, diritti sociali, interesse nazionale? Pensate davvero che questo “comitato tecnico-scientifico” farà l’interesse del popolo italiano? Se lo pensate, auguri. E buona permanenza nella caverna.
Diego Fusaro (Torino 1983) insegna storia della filosofia presso lo IASSP di Milano (Istituto Alti Studi Strategici e Politici) ed è fondatore dell’associazione Interesse Nazionale (www.interessenazionale.net). Tra i suoi libri più fortunati, “Bentornato Marx!” (Bompiani 2009), “Il futuro è nostro” (Bompiani 2009), “Pensare altrimenti” (Einaudi 2017).
FONTE:https://www.affaritaliani.it/blog/lampi-del-pensiero/coronavirus-vittorio-colao-e-la-task-force-liberista-fino-al-midollo-665691.html?ref=ig
“Conte firma il Mes coi 5 Stelle, poi lascia a Colao o Draghi”
Conte firmerà il Mes insieme al M5S e probabilmente a Forza Italia e Pd. Certo, i fatti dicono che qualcosa nel governo si è rotto. E’ fuor di dubbio. La ricomposizione tentata da Conte parla chiaro: il Pd si è stancato di Conte. Un presidente del Consiglio che si lancia in un discorso come quello del 10 aprile, in cui ha attaccato con nomi e cognomi Salvini e Meloni, dà segni di cedimento, è fuori controllo. Io sono saltato sulla sedia. Proviamo ad immaginare la Merkel fare una cosa simile. Nessuno ci riesce. Anche perché la Merkel in questi 2 mesi ha fatto solo due discorsi alla nazione in orario di punta, Conte ne ha già fatti 11. L’ultimo, poi, è stato una sortita estranea al mondo politico occidentale. Il suo addetto stampa Casalino gli ha fatto fare un simile attacco a freddo perché ha capito che il problema non sono Salvini e Meloni, ma i 5 Stelle, che sono contro il Mes e non si fidano di Conte. L’attacco al nemico è una manovra classica: agitare il nemico esterno Salvini-Meloni per ricompattare quel che resta del Movimento dietro Conte. E possibilmente vincolarlo. Perché i 5 Stelle non si fidano? Perché sanno che prima o poi sarà costretto ad accettare il Mes.
Infatti Conte ha detto che occorre aspettare, “valutare se questa nuova linea di credito pone condizioni, quali condizioni pone, e solo allora potremo discutere se quel regolamento è conforme al nostro interesse nazionale”. Un’apertura di credito apprezzata dal Pd. Avverrà come sulla Tav e sul Tap. Prima i grillini fanno le barricate, come adesso, e poi accettano, trovando il modo di presentarlo come il minore dei mali. Crimi però sul “Fatto Quotidiano” è stato netto: «L’Italia non farà mai ricorso al Mes, noi Cinque Stelle non potremo mai accettarlo». Il vero nodo non sono le “condizionalità” del Mes, ma ciò che consente ai 5 Stelle di mantenere la poltrona: il loro vero obiettivo è sopravvivere il più possibile, e per farlo devono portare a termine la legislatura. Una ventina di 5 Stelle potrebbero anche votare contro, ma sarebbero immediatamente sostituiti da Forza Italia e altri parlamentari di rimpiazzo. Come mi spiego questa corsa trasversale verso il Mes, da Berlusconi a Zingaretti e Bersani, passando per Renzi? Aggiungerei anche Conte e il M5S. Semplicemente perché c’è disperata fame di soldi, e 36 miliardi a interessi bassissimi possono essere ossigeno indispensabile per le casse pubbliche. Tra qualche settimana crollerà il gettito fiscale e lo Stato potrebbe non avere più soldi per pagare i dipendenti pubblici.
Cosa penso dell’operazione Colao? È un ottimo manager, non è detto che riesca anche a fare il presidente del Consiglio. Non per capacità personali, sia chiaro, ma perché quello della politica potrebbe non essere il suo mondo. Gli hanno affibbiato in commissione 16 persone, quando le commissioni vere si fanno al massimo in 5 o 6. Alla prima riunione hanno partecipato anche i capi gabinetto di ogni ministero. Conosco Colao: è un capo-azienda, deve poter decidere senza interferenze. Chi è stato a volerlo? Quello che si dice, che cioè sia un’operazione avallata da Pd e Quirinale per propiziare il dopo-Conte, è verosimile. Il problema rimane lo stesso di Draghi. Per fare arrivare Colao o qualcun altro super-partes al governo serve un’operazione di unità nazionale. Davvero pensiamo che Draghi si metterebbe alla mercé del Parlamento attuale, dove il M5S ha la maggioranza relativa? Dunque mancano i presupposti: a meno che non si faccia come nel 1993, quando Ciampi andò a Palazzo Chigi dopo il disastro del ’92, forse già con l’ipotesi di salire poi al Colle. Prima però dovette sporcarsi le mani come ministro del Tesoro di Prodi. Draghi Capo dello Stato? Sicuramente il presidente sarà lui. Con Draghi al Quirinale, Salvini potrebbe anche guidare il governo. L’incognita è come riempire il vuoto da qui ad allora. Se fa il premier, Draghi può rischiare la fine di Monti. Quanto al destino del governo Conte, era già condannato senza coronavirus.
Dopo le regionali di maggio avrebbe quasi certamente ceduto il posto ad altri. Al posto delle regionali, ci sono le inchieste sulla sanità lombarda. Perché adesso? Per oscurare il disastro del governo Conte e della Protezione civile nazionale. Trovi due pm di sinistra, apri un’inchiesta e sei a posto. Almeno, fino ad oggi è stato così. Stavolta gli accusati finiranno tutti assolti (non adesso, ovviamente, ma tra dieci anni). L’epidemia ha allungato la vita politica di Conte, ma per poco. Adesso i nodi vengono al pettine. È un avvocato e un bravo negoziatore. Si salverebbe se riuscisse a convincere la Merkel a dargli 100 miliardi sotto forma di “recovery bond”. Ma non andrà così. Il governo tedesco e i suoi satelliti sentono il fiato sul collo dei sovranisti tedeschi e olandesi. Se si chiede ai loro paesi di condividere il debito italiano, schizzano al 30 per cento. Dunque addio governo M5S-Pd: come cadrà? Con la solita manovra di palazzo, probabilmente. Ma cadrà soprattutto Conte. Se invece Conte e Gualtieri accetteranno il Mes, la maggioranza forse sarà salva, ma spesi i 36 miliardi toccherà alle pesanti “condizionalità” europee. A quel punto, unità nazionale e governo Colao o Draghi. O qualche altro personaggio super-partes trovato da Mattarella.
(Mauro Suttora, dichiarazioni rilasciate a Federico Ferraù per l’intervista “Scenario Mes: Conte e M5S pronti a firmarlo, poi arrivano Colao o Draghi”, pubblicata dal “Sussidiario” il 16 aprile 2020. Giornalista, Suttora è stato a lungo corrispondente dagli Usa per varie testate).
FONTE:https://www.libreidee.org/2020/04/conte-firma-il-mes-coi-5-stelle-poi-lascia-a-colao-o-draghi/
SCIENZE TECNOLOGIE
Ilmantello dell’invisibilità è l’ultima frontiera contro il riconoscimento facciale
Gli scienziati stanno lavorando per rendere reale un oggetto di fantascienza non per scopi ludici, ma per rispondere ad un’esigenza di privacy che sarà sempre più forte in futuro
I lettori di Harry Potter e gli amanti dell’omonima saga cinematografica, hanno amato tanti degli oggetti magici che compaiono nel corso della storia. Il mantello dell’invisibilità è sicuramente tra questi, ed è stato spesso determinante per il buon esito delle avventure del mago della scuola di magia e stregoneria di Hogwards.
Chi non ha mai desiderato nella propria vita di possedere questa abilità? Ebbene, per voi sognatori c’è una buona notizia: ci stanno lavorando. Facciamo prima un passo indietro per capire quali siano le ragioni che spingono solo ora diversi studiosi a ragionare di siffatti strumenti.
Il mondo è ormai densamente popolato da milioni di occhi digitali che ci osservano, raccolgono dati e sono capaci di ricostruire un’intera giornata da quando usciamo di casa fino a quando non ne facciamo ritorno. Varcata la soglia della nostra abitazione veniamo inquadrati dalla telecamera del vicino che controlla il proprio ingresso e lo stesso fa la telecamera di sicurezza del palazzo prima che sia chiuso il portone alle nostre spalle. Prendendo l’auto siamo oggetto del controllo delle telecamere di sicurezza comunali e degli autovelox. Se sprovvisti di un’auto potremmo essere costretti a prendere bus o metro, anch’esse ampiamente presidiate da telecamere. Se invece il luogo di lavoro o di studio ce lo consentono, possiamo andare a piedi, inquadrati dalle telecamere comunali e da quelle dei negozi. Una volta arrivati all’università o sul luogo di lavoro, telecamere di sicurezza interna si assicurano che tutto proceda per il meglio e che i nostri spostamenti dei nostri comportamenti siano regolari.
Gli algoritmi di intelligenza artificiale stanno facendo passi da gigante nel riconoscimento facciale tramite i filmati delle telecamere di sicurezza. È necessario chiarire sin da subito che fortunatamente lo sviluppo dell’occhio umano, passato per migliaia di anni di evoluzione, non è stato ancora battuto dall’occhio digitale. L’uomo è ancora molto più abile della macchina a riconoscere i propri simili, identificandoli per particolari caratteristiche.
Ancor più importante, gli esseri umani sono in grado di riconoscere una persona anche se questa cambia taglio di capelli o si veste in modo particolare o si trucca. Questi sono tutti fattori che invece danno fastidio ad un algoritmo di riconoscimento facciale, abituato a vederci in una particolare veste, con determinate condizioni al contorno. È proprio su questi fattori che molti studiosi stanno lavorando per cercare di ottenere la ricetta per l’invisibilità fisica in ambito digitale, il cosiddetto mantello dell’invisibilità.
Tutto nasce dalla necessità di validare l’abilità di riconoscimento delle telecamere, come spiega il professor Tom Goldstein dell’Università del Maryland, in un’intervista rilasciata ad Ars. L’obiettivo – si legge nell’intervista – è riuscire a ingannare gli algoritmi che sono alla base dei sistemi di riconoscimento, facendogli credere che stanno guardando altro da ciò che sta realmente accadendo.
La ricerca è certamente ancora agli inizi, uno dei più grossi problemi per ottenere la completa invisibilità è che per ingannare telecamere diverse, progettate con tecnologie e algoritmi eterogenei, sarebbe necessario trovare un mezzo universalmente valido tale da rendere il riconoscimento facciale non processabile. D’altra parte, come si accennava in precedenza, anche la face detection è in pieno progresso, e ha già affrontato con successo problemi che fino a poco tempo fa sembravano insormontabili: in occasione dell’esplosione della pandemia di COVID-19 in Cina i sistemi di riconoscimento facciale sono stati allenati a identificare persone con indosso mascherine.
La pressione dell’opinione pubblica nel lungo periodo porterà i regolatori a porre un freno a questa indiscriminata raccolta di dati personali tuttavia, nell’attesa del mantello dell’invisibilità, dovremo convivere nel breve periodo col dubbio se sia possibile uscire di casa senza essere visti, senza che nessuno possa chiedere conto del perché ci si trovasse in quel determinato luogo in quel particolare orario e, ancor più importante, senza dover subire obtorto collo un processo di identificazione facciale.
FONTE:https://www.infosec.news/2020/04/15/news/videosorveglianza-intercettazione/il-mantello-dellinvisibilita-e-lultima-frontiera-contro-il-riconoscimento-facciale/
L’etica delle macchine e la necessità del controllo umano
di FRANCESCO SUMAN*
In un momento in cui la società chiede soluzioni alla tecnologia, un editoriale su Science accende i riflettori sulla necessità di controllare le decisioni prese dai sistemi di intelligenza artificiale. Quali responsabilità possono essere delegate alle macchine? Lo abbiamo chiesto a Guglielmo Tamburrini, che ha di recente pubblicato per Carocci “Etica delle macchine”.
In questi giorni di emergenza pandemica assistiamo a un’accelerazione che in Italia forse non ci saremmo mai aspettati verso il ricorso a soluzioni tecnologiche che includono il tracciamento dei contatti e l’analisi dei dati sul nostro comportamento e i nostri spostamenti. Ormai è chiaro che l’epidemia non si combatte solo negli ospedali, ma anche nelle strade e nei centri di elaborazione dati, con le immagini delle telecamere di video sorveglianza e i movimenti delle carte di credito, con il geolocalizzatore dello smartphone e i comportamenti degli utenti online e sui social. Alla società è richiesto da un giorno all’altro di rendersi trasparente per stanare il virus. La sfida interessa naturalmente la il diritto alla privacy, ma a un livello più alto anche la tutela dei diritti umani.
Un editoriale su Science a firma di Edward Santow, commmissario del centro per i diritti umani australiano, accende i riflettori sula necessità di controllo delle decisioni prodotte dall’intelligenza artificiale in un momento in cui le soluzioni digitali ai problemi sociali vengono invocate in ogni società che sia tecnologicamente avanzata a sufficienza.
Sono diversi ormai i Paesi che consentono alle proprie forze dell’ordine di ricorrere a sistemi di riconoscimento facciale per le loro indagini. Gli algoritmi incrociano i big data e le immagini prelevati dai social media e provenienti da più di 3 miliardi di account da tutto il mondo, per individuare i sospetti. Di recente, scrive Santow, la polizia metropolitana di Londra con questa tecnologia ha individuato 104 sospetti, 102 dei quali sono risultati però errori sistematici di calcolo.
Nei Paesi occidentali per di più queste macchine capaci di apprendere sono allenate con dati che contengono un bias di campionamento, ovvero che non rappresentano fedelmente la composizione etnica della società. In altre parole sono ben addestrate a riconoscere facce di uomini bianchi ma sbagliano molto più di frequente le loro previsioni con le minoranze etniche.
Ecco spiegato perché l’impiego di sistemi di intelligenza artificiale per la gestione della sicurezza pubblica fa alzare le antenne a un esperto di diritti umani: una persona può trovarsi ad affrontare un procedimento giudiziario per l’errore di valutazione di un algoritmo.
Guglielmo Tamburrini, professore di filosofia della scienza al dipartimento di ingegneria elettrica e tecnologie dell’informazione dell’università Federico II di Napoli, ha pubblicato a fine febbraio un libro per Carocci, Etica delle macchine – dilemmi morali per la robotica e l’intelligenza artificiale, che esplora i dilemmi morali che si accompagnano allo sviluppo delle nuove tecnologie intelligenti. Tra gli altri, vengono approfonditi i casi delle auto a guida autonoma e delle armi autonome, cui viene assegnata la capacità di decidere sulla vita di altre persone. Gli abbiamo chiesto se questa e altre responsabilità possano essere o meno cedute a un dispositivo, ancorché tecnologicamente avanzato.
Per certi ambiti di applicazione non sono da escludere le moratorie, secondo Santow, che in Australia ne ha chiesta una per l’utilizzo del riconoscimento facciale, fintanto che non ne verrà dimostrata l’affidabilità e la sicurezza. Ad oggi però non esiste ancora un modo per rendere del tutto trasparente e comprensibile il processo decisionale dei sistemi di intelligenza artificiale. Occorre pertanto puntare su altre soluzioni, commenta Tamburrini: “in tanti ambiti le intelligenze artificiali hanno un’accuratezza e una precisione maggiore di quella degli esseri umani. Talvolta però incorrono in errori madornali in cui un essere umano non incorrerebbe mai, anche di tipo percettivo. Questi errori, per quanto rari, possono portare a un vero disastro dell’intelligenza artificiale, cosa che temono gli stessi ricercatori. Per cui è importante che ci sia sempre in situazioni moralmente sensibili un essere umano accanto o dietro la macchina. In Europa l’approfondimento del dibattito è forse più avanti che altrove. Il Gdpr (General data protection regulation) che è in vigore in Europa prevede la possibilità, da parte di qualcuno che sia stato sottoposto a una decisione automatica, di poter contestare una tale decisione. Questo è molto importante perché introduce la richiesta del controllo umano, una richiesta che si sta facendo strada in molti Paesi e per molte applicazioni: finanziarie, per le armi autonome, per decisioni che riguardano l’assunzione, la carriera, il rilascio di un prestito”.
Su queste tematiche ci aveva già messo in guardia la matematica e informatica statunitense Cathy O’neil, nel suo libro del 2016 Weapons of math destruction (Armi di distruzione matematica). Nella nostra società esistono già disuguaglianze di genere e discriminazioni nei confronti delle minoranze etniche. È necessario che i sistemi di intelligenza artificiale guidati da un algoritmo troppo rigido nell’applicare ciò che ha appreso non ne introducano di ulteriori. Occorre promuovere una discussione etica più ampia possibile e riconoscerne l’importanza, scrive Santow. Esiste un sito del governo australiano dove è possibile avanzare proposte che verranno valutate da una commissione etica in vista della redazione di un documento sull’etica dell’intelligenza artificiale previsto per fine anno.
Santow specifica che la cornice legislativa deve venire applicata in maniera più rigorosa nel contesto tecnologico per proteggere i cittadini. I sistemi di intelligenza artificiale che analizzano i dati dei comportamenti, onilne e offline, si dice rendano trasparente la cittadinanza, ne rivelano le abitudini e i desideri inconsci. Ebbene un appello deve andare nella direzione opposta, quella di rendere i sistemi di elaborazione dati trasparenti all’uomo: le decisioni delle macchine non devono e non possono venire prese in una scatola nera di circuiti e bit, inaccessibile al controllo umano. Il processo decisionale deve essere comprensibile e spiegabile, altrimenti sarebbe come affidare le nostre sorti a un impenetrabile oracolo.
Guarda l’intervista completa a Guglielmo Tamburrini, professore di filosofia della scienza all’università di Napoli, autore di “Etica delle macchiine”. Montaggio di Elisa Speronello
* da https://ilbolive.unipd.it
(10 aprile 2020)
FONTE:http://lameladinewton-micromega.blogautore.espresso.repubblica.it/2020/04/10/l%e2%80%99etica-delle-macchine-e-la-necessita-del-controllo-umano/
App anti-Covid, ecco le prime linee guida
Applicazioni contro la diffusione del virus, ma che garantiscano la privacy dei cittadini. Il Comitato europeo per la protezione dati scrive alla Commissione europea
Il Comitato europeo per la protezione dati (EDPB) ha tracciato le prime linee guida riguardanti il corretto sviluppo delle app per il contrasto della diffusione del Coronavirus, all’interno di una lettera indirizzata alla Commissione europea che indica alcuni punti fondamentali da seguire per definire un modello europeo. L’obiettivo che viene prospettato è la garanzia di un livello coerente ed elevato di protezione dei dati personali al fine di consentire il rafforzamento tanto dell’efficacia di ogni iniziativa e strategia per affrontare l’emergenza pandemica quanto della capacità adattiva di un modello unico europeo nei confronti dei differenti contesti in cui si troverà ad operare.
L’EDPB ribadisce che la finalità esclusiva di tali app è permettere alle autorità a tutela della sanità pubblica di identificare i soggetti che entrano in contatto con altri soggetti infetti da COVID-19, comunicando agli stessi le misure di quarantena da adottare ed acquisendo quanto più rapidamente l’esito dei test relativi allo sviluppo dei sintomi. Per tale motivo, dunque, è di particolare importanza evitare che l’impatto nei confronti degli interessati conduca ad uno stigma sociale o, ancor peggio, a un diffuso allarmismo, nonché essere in grado di garantire la qualità del dato ed una trasmissione efficace e sicura delle informazioni.
L’elemento cardine è lo sviluppo responsabile di tali app, attraverso lo svolgimento di analisi in concreto dei fattori che impattano sulle persone, nonché la documentazione dei processi di valutazione preliminare d’impatto e di implementazione dei principi di privacy by design e privacy by default. Vengono inoltre indicati alcuni principali elementi di spunto da considerare, ovverosia:
- che la pubblica disponibilità del codice sorgente per consentire l’esercizio di un maggiore controllo da parte della comunità scientifica e continui interventi di miglioramento;
- che qualsiasi variazione di impiego dell’app o mancanza di interoperabilità siano fattori in grado di creare delle esternalità negative e ridurne l’efficacia di impiego.
Le funzioni che devono essere prioritariamente oggetto di analisi e bilanciamento con l’interesse di salute pubblica persegiuito sono il contact tracing e l’allerta, in quanto comportano la maggiore interferenza nei confronti della vita privata degli utenti. Dal momento che la massima efficienza possibile derivante dall’impiego di tale applicazione per il contrasto alla pandemia è nel suo utilizzo da parte del più ampio volume possibile di popolazione, sarà bene dunque considerare che il sistema di adozione volontaria deve essere collegato ad un innalzamento collettivo della fiducia. Tale obiettivo è raggiungibile sia curando una comunicazione che promuova un utilizzo consapevole e corretto dello strumento indicandone i benefici, sia riducendo i rischi correlati alla privacy e alla sicurezza. A tal fine l’EDPB indica la necessità di verifica degli algoritmi di funzionamento ed evitare falsi risultati, così come di garantire un intervento umano e non lasciare che una decisione così rilevante sia adottata soltanto attraverso un processo automatizzato.
La stretta correlazione delle finalità conseguite e dei dati raccolti è uno dei principali fattori che rafforza la fiducia da parte dell’utente, e dunque ad esempio non può essere consentita l’acquisizione continua e massiva delle singole posizioni in quanto la principale funzione dell’app è segnalare un’allerta in caso di contatto con persone positive, che è un evento probabile e la cui definizione e rilevanza è rimessa ad un giudizio prognostico di tipo scientifico, per cui non è necessario tracciare ogni singolo movimento. Con specifico riguardo all’archiviazione degli eventi rilevanti, invece, il principio di minimizzazione rende più prospettabile l’ipotesi di archiviazione locale ma una soluzione centralizzata può comunque essere adottata pur nel rispetto delle garanzie di sicurezza. Facendo invece riferimento alla funzione di allerta, la possibilità di identificazione indiretta degli interessati deve essere esclusa attraverso tecniche di attribuzione di pseudonimi progettate a tale scopo.
Quale che siano le strategie e gli strumenti tecnologici che saranno adottate dall’azione europea di contrasto alla pandemia, è di chiara evidenza che la corretta applicazione della disciplina in materia di protezione dei dati personali non può in alcun caso rappresentare un elemento di ostacolo ma, al contrario, ne rafforza l’efficacia.
FONTE:https://www.infosec.news/2020/04/17/news/tecnologie-e-salute/app-anti-covid-ecco-le-prime-linee-guida/
STORIA
Quando Merkel e Sarkozy affondarono gli Eurobond
Andrea Muratore – 15 APRILE 2020
Negli ultimi giorni la polemica politica italiana si è incentrata sul tema di chi fu, effettivamente, il promotore del Meccanismo europeo di stabilità (Mes). Il premier Giuseppe Conte ha accusato i leader dell’opposizione, Matteo Salvini e Giorgia Meloni, di aver sostenuto il governo che avviò la negoziazione del Mes. La quale è stata effettivamente portata avanti dal governo Berlusconi IV, in carica fino alla famosa tempesta dello spread del novembre 2011. Conte ha detto una mezza verità, però: il Mes nella sua forma attuale è stato infatti approvato e ratificato dal governo Monti succeduto alla guida dell’esecutivo tecnico insediatosi a Palazzo Chigi dopo l’uscita del Cavaliere.
La polemica ha coinvolto lo stesso Monti e l’ex ministro dell’Economia di Silvio Berlusconi, Giulio Tremonti. Il navigato politico ed accademico valtellinese, in particolare, si è dovuto difendere da una serie crescente di accuse decisamente ingenerose circa il suo effettivo ruolo nella promozione del Mes nella sua forma attuale. Vale, tra tutti, un articolo de Il Foglio in cui Tremonti è indicato come “firmatario” del Mes stesso. Nel contesto odierno Internet e la possibilità di compiere una rapida operazione di open source intelligence su fonti di prima mano aiutano a chiarire la questione al di là di ogni polemica faziosa.
In primo luogo, Tremonti firmò effettivamente una bozza del Mes. Pensata però per essere radicalmente diversa da quella poi approvata dal governo Monti, come del resto ricordato in sede parlamentare dagli allora ministri degli Esteri (Giulio Terzi di Sant’Agata) e degli Affari Europei (Enzo Moavero Milanesi) del governo tecnico. Nella relazione dei due ministri sul disegno di legge di ratifica del Mes si legge infatti che “Il Trattato che istituisce un Meccanismo europeo di stabilita` (Mes) è stato sottoscritto dai 17 Paesi dell’eurozona il 2 febbraio 2012, in una nuova versione che supera quella sottoscritta l’11 luglio 2011 (che non e` stata avviata a ratifica in nessun paese dell’eurozona)”. La versione sottoscritta nel luglio 2011 è quella a cui lavorò Tremonti, come ricordato dall’ex ministro nella risposta a Il Foglio.
In secondo luogo, è bene ricordare che nell’intenzione di Tremonti il Mes era inteso come il fondo destinato ad emettere gli Eurobond da lui proposti assieme a Jean-Claude Juncker nel 2010 con un editoriale sul Financial Times. Eurobond che avranno in continuazione di fronte la sfida della cancelliera tedesca Angela Merkel, il cui il ministro dell’Economia, Philipp Roesler, espresse con forza la contrarietà del suo esecutvo: “La Germania verrebbe punita nonostante la sua buona politica economica”. Alleato dell’Italia avrebbe potuto essere, in altre condizioni, la Francia. Ma Nicolas Sarkozy, ambiguo verso l’Italia e desideroso di parlare alla Merkel da parigrado, finì per accodarsi alle sue posizioni cedendo sul terreno della rinegoziazione del Mes nella forma attuale. A governo Berlusconi già caduto, Sarkozy capitolò il 5 dicembre 2011 dichiarando: “Gli eurobond non sono la soluzione, non possiamo rischiare una divergenza tanto grande tra le due economie più grandi d’Europa”.
Infine, ad avere scheletri nell’armadio è lo stesso Monti. Lo spread fu il movente politico con cui Berlusconi venne disarcionato ma, al tempo stesso, per mesi rimase la pistola alla tempia del governo tecnico, costretto a agire in assenza completa di linee guida in Europa e nel mondo. Quello che firmò il Mes nella sua forma attuale era un governo che, nonostante tutti i proclami, si trovava di fronte uno spread coi Bund tedeschi superiore ai 500 punti e che, se da un lato aveva tutto l’interesse per il Paese a sostenere gli Eurobond, dall’altro era dipendente dal consenso comunitario per la sua sopravvivenza. I dati economici insegnano che un “effetto Monti” sulla stabilità italiana non è mai esistito, e che la differenza tra l’era Berlusconi e il governo dell’ex rettore della Bocconi fu data unicamente dall’avvicendamento tra Trichet e Mario Draghi alla Bce, con conseguente svolta politica.
La polemica attorno alla condotta di Tremonti nel 2011 è dunque fuorviante e rappresenta un attacco politico a freddo: i documenti e le fonti diretti del periodo insegnano che il Mes firmato da Tremonti e quello ratificato dal governo Monti sono due trattati differenti, e che il punto di caduta fu la scelta di Monti di non insistere più sulla richiesta di strumenti di mutualizzazione del debito. Fonte dell’instabilità dell’Italia negli anni del suo esecutivo.
FONTE:https://it.insideover.com/politica/quando-merkel-e-sarkozy-affondarono-gli-eurobond.html
°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°