A cura di Manlio Lo Presti
Esergo
Non sono io che amo la tv. È la tv che mi ama.
ELVIO FACHINELLI, Grottesche, ItaloSvevo edizioni, 2019, pag. 73
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Trastevere. Piazza Sidney Sonnino. Chiesa di San Crisogono, Roma. Pavimento cosmatesco del XII secolo
Foto Arch. Fabio Bugli
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SOMMARIO
“BUONA PAROLA A TUTTI”: LA FILOSOFIA GREEN COME ARMA POLITICA
Piano contro mercato
Gli hacker tentano di avvelenare l’acqua di una città in Florida
Sul Mar Nero intercettati aerei francesi dai caccia russi Su-27
La preghiera secondo il monaco trappista Thomas Merton
Il discorso di Draghi e Google Trend
COME MODIFICANO LA TUA PERCEZIONE ED IDENTITÀ CON LE TECNICHE DI MANIPOLAZIONE DI MASSA
Si sta meglio con la liretta o con l’eurone?
DIEGO FUSARO sbugiarda MARIO MONTI, che si infuria. Caos in studio a Rai3!
Dichiarazioni di inaudita gravità del Procuratore Gratteri: la Giunta UCPI scrive a CSM e ANM.
Tribunale dell’Aja: Revocate IMMEDIATAMENTE il coprifuoco – è “illegittimo”
L’INCOSTITUZIONALE PASSAPORTO SANITARIO DELLA REGIONE SARDEGNA
IL RICATTATORE
L’UE AFFIDA A BLACKROCK LA SVOLTA GREEN: ENNESIMO CONFLITTO DI INTERESSI?
Tra cospirazione e rivoluzione: cosa pensano i libici della caduta di Gheddafi dieci anni dopo
COSA HA DETTO DRAGHI – Nino Galloni LIVE #Byoblu24
Il discorso integrale del presidente del Consiglio, Mario Draghi
Perché Draghi?
Europeista e atlantista: Draghi detta la politica estera
STUDIO DELL’UNIVERSITÀ DI STANFORD: IL LOCKDOWN E LE MISURE RESTRITTIVE NON SERVONO
EDITORIALE
“BUONA PAROLA A TUTTI”: LA FILOSOFIA GREEN COME ARMA POLITICA
Ruggiero Capone conduce “Buona parola a tutti”, un format che tenta di scardinare le convinzioni della nostra società bombardata dai media del mainstream. Un format contro le omologazioni di sistema, supportato da idee e da esperienze di economisti, scienziati, creativi ed esperti di vari settori. Si mettono in discussione mode e pseudoculture. Come il reddito universale di cittadinanza, i nuovi obiettivi di sostenibilità economica, lo smart working.
Partiamo quindi dal reddito e dalla utopia della cosiddetta “povertà sostenibile” che accompagnerebbe la svolta ecologista. Lavorare fa male e inquina? Ne discutiamo con il dottor Manlio Lo Presti, ex vertice del sistema bancario, che affronta per noi il problema lavoro.
VIDEO QUI: https://youtu.be/RcfqEISIbnQ
FONTE: http://opinione.it/economia/2021/02/16/redazione_buona-parola-a-tutti-ruggiero-capone-intervista-manlio-lo-presti-green-economy-propaganda/
IN EVIDENZA
Piano contro mercato
di Carlo Formenti
Pensieri a margine di un libro di Pasquale Cicalese e di un post di Alessandro Visalli
Per uno studioso di economia che si ispira esplicitamente al marxismo e che – “difetto” ancora più grave – non appartiene alla corporazione degli economisti accademici, trovare una collocazione editoriale per i propri scritti è impresa al limite dell’impossibile. Pasquale Cicalese ci è riuscito grazie alla coraggiosa iniziativa degli amici del sito Lantidiplomatico https://www.lantidiplomatico.it/ i quali, dall’agosto 2020, hanno lanciato la L. A. D. Gruppo editoriale, una casa editrice che pubblica e.book e libri acquistabili online. Il suo libro Piano contro mercato. Per un salario sociale di classe raccoglie una serie di articoli pubblicati su diversi siti (Marx 21, Contropiano, Lantidiplomatico, Carmillaonline e La Contraddizione) in un arco temporale che va dal 2012 al 2020.
Nella “Prefazione” Guido Salerno Aletta – nome noto ai lettori di Milano Finanza – anticipa le ragioni di un titolo che evoca lo scontro fra i due modelli di sviluppo che oggi si fronteggiano a livello globale: da un lato, il dominio del Mercato che caratterizza il mondo occidentale, dall’altro il dominio della Politica che caratterizza la Cina, ovvero centralità dell’accumulazione finanziaria versus centralità del salario sociale. Mentre nelle prime righe della “Postfazione” Vladimiro Giacché dichiara senza mezzi termini di considerare Pasquale Cicalese “uno dei pochi economisti italiani che valga la pena di leggere”, e questo non tanto e non solo perché non è un economista accademico, quanto perché “poche categorie professionali sono uscite screditate come questa dalla Grande Recessione e, più in generale, dalle vicende economiche dell’ultimo decennio”. Provo a spiegare perché condivido questo giudizio.
Una premessa, prima di entrare nel merito: nel clima da guerra fredda che viene rapidamente montando, gli argomenti ai quali le nostre élite ricorrono per mobilitare l’opinione pubblica contro il “pericolo giallo” sono squisitamente ideologici. Non potendo negare i clamorosi successi economici che il sistema cinese ha ottenuto negli ultimi decenni, con una formidabile accelerazione proprio nel momento in cui l’Occidente conosce una sequenza di crisi drammatiche, l’attacco ruota attorno alle accuse di totalitarismo, violazione dei diritti civili ecc. Né le sinistre si limitano a fare coro: forniscono ulteriori argomenti per dissuadere le classi subalterne dal nutrire la tentazione di guardare a Oriente, negando che la Cina sia un Paese socialista, sia pure con caratteristiche inedite, dipingendola come un sistema capitalista sui generis, impegnato in uno scontro imperialista simmetrico con le potenze occidentali. Ergo: se le logiche di potere sono identiche, meglio optare per il campo che almeno garantisce regole democratiche al proprio interno.
Cicalese evita di lasciarsi catturare da questa querelle ideologico-propagandistica e, invece di impegnarsi in un dibattito astratto su quali credenziali debba possedere un Paese per meritare la definizione di socialista, da vero marxista ragiona sulle concrete scelte politico-economiche compiute dal regime di Pechino, dimostrando, attraverso un confronto serrato con le le strategie adottate dalle controparti occidentali, come esse abbiano costantemente avuto come bussola l’obiettivo prioritario di promuovere la crescita del salario sociale e del benessere popolare. E la democrazia? Consiglio a chi legge di studiarsi Il modello Cina. Meritocrazia politica e limiti della democrazia, del sociologo canadese Daniel A. Bell (Luiss, Roma) che vive e insegna in Cina da dodici anni. Così potrà rendersi conto del fatto che la schiacciante maggioranza del popolo cinese non ha alcuna fretta di “conquistare” una democrazia di tipo occidentale, mentre accorda il proprio consenso al governo in base alla sua reale capacità di migliorarne le condizioni di vita. Ma veniamo ai dati di fatto citati da Cicalese (segnalerò gli anni in cui sono usciti gli articoli che cito).
2013. Viene smantellato il sistema dello hukou, che discriminava i migranti interni che si trasferivano dalle campagne alle città, negando loro la possibilità usufruire del diritto all’istruzione, agli alloggi popolari alla sanità gratuita. Il provvedimento riguarda centinaia di milioni di lavoratori che a partire da allora hanno potuto godere del pieno accesso ai diritti sociali (in controtendenza rispetto allo smantellamento del welfare in atto nei Paesi a regime neoliberista). Nello stesso periodo, la Cina inizia a cogliere i frutti di decenni di giganteschi investimenti in istruzione e ricerca (l’elevata qualificazione della forza lavoro consente di ottenere un forte aumento del tasso di produttività totale). La ricchezza sociale generata da tali scelte, scrive Cicalese, è anche dovuta al fatto che il 72% del valore aggiunto è generato da colossi pubblici tassati alla fonte, per cui i bilanci statali restano in salute malgrado le massicce spese in investimenti.
2014-2015. Dopo avere affrontato la crisi del 2008 con misure opposte a quelle adottate in Occidente (da un lato, la filosofia ossimoricamente definita di “austerità espansiva”, dall’altro, politiche fiscali espansive, con piani infrastrutturali per 600 miliardi di dollari – ferrovie, autostrade, porti ecc. – finalizzati allo sviluppo della logistica e della produttività totale, e attraverso aumenti salariali del 12% in media), la Cina fronteggia una nuova fase di turbolenze finanziarie con quella che Cicalese chiama “dittatura finanziaria del proletariato”: la banca centrale e il governo intervengono a frenare il crollo acquistando partecipazioni azionarie e obbligando le aziende di Stato ad acquistare azioni proprie.
2014 – 2018. Negli articoli usciti in questo lustro Cicalese segue passo dopo passo la proiezione della Cina sui mercati globali, evidenziando le caratteristiche che ne distinguono la logica da quella del processo di globalizzazione a trazione euroatlantica. L’ordine di partire alla conquista del mondo è impartito inizialmente a 500 imprese pubbliche con una media di 90.000 addetti l’una (Cicalese sottolinea il fatto che spesso sono guidate da generali dell’Esercito Popolare, il che evidenzia la natura non meramente economica del progetto). Tutte queste proiezioni internazionali, molte delle quali si aggregano attorno all’ambiziosissimo progetto della Via della Seta, hanno infatti una forte caratterizzazione politica e chiari obiettivi di medio lungo periodo. La rotta eurasiatica mira a promuovere nei Paesi coinvolti lo sviluppo di una classe media di un miliardo di persone, in grado di rimpiazzare gli Stati Uniti come mercato di sbocco dei prodotti made in China. I colossali investimenti diretti sul teatro europeo si propongono di sfidare le mire egemoniche degli Stati Uniti sul Vecchio Continente: da un lato, le mosse della Fed cercano di intercettare il surplus europeo per permettere agli Usa di continuare a crescere a debito, dall’altro i cinesi cercano di intrecciare i loro investimenti con quelli europei per creare collegamenti marittimi e terrestri fra Asia centrale, Medio Oriente ed Europa.
La Cina è tuttavia consapevole che le sue strategie sono destinate a incontrare forti resistenze, anche perché gli europei temono il connubio fra imprese pubbliche e private cinesi nei settori high tech, tanto da rassegnarsi a svolgere un ruolo subordinato a rimorchio degli Stati Uniti (vedi il fatto che si sono lasciati imporre da Washington scelte anti russe in contrasto con i loro stessi interessi). Quindi si destreggia con abilità, sfruttando le contraddizioni del gioco a quattro che la vede impegnata con Usa, Russia e Ue. In primo luogo (vedi articoli dal 2016 al 2019) stringe relazioni sempre più strette con la Russia: nel 2017 l’interscambio fra i due Paesi raggiunge gli 80 miliardi di dollari; viene inaugurato un secondo oleodotto dalla Siberia che consente di raddoppiare le forniture di greggio russo, cui seguirà nel 2019 un gasdotto che implica forniture per 400 miliardi di dollari. Infine nel 2019 viene raggiunto un accordo che prevede di estendere all’intero territorio russo la produzione di soia da esportare in Cina. Inoltre si muove con flessibilità tattica nelle trattative dirette con gli Stati Uniti. Per esempio: nel 2017 vengono tolte le restrizioni che impedivano alle finanziarie americane di detenere il 51% di imprese cinesi: apparentemente una sconfitta, se non fosse che, nel contempo, il governo cinese fa capire che gli organi del PCC dovranno avere più peso e voce nelle società estere e non solo in quelle cinesi.
In conclusione: negli ultimi decenni la Cina è riuscita 1) a crescere a ritmi impensabili per qualunque Paese capitalista occidentale; 2) a uscire indenne dalle crisi che hanno squassato l’economia globale in questo inizio secolo (ivi compresa quella del Covid19, anche se le cronache di Cicalese non arrivano fino allo scoppio della pandemia); 3) a eliminare la piaga della povertà aumentando considerevolmente il tenore di vita di centinaia di milioni di persone; 4) a implementare un salario sociale destinato a raggiungere i livelli di quello del “trentennio dorato” occidentale, le cui conquiste rischiano viceversa di venire riassorbite dalla controrivoluzione liberista; 5) a proiettare il suo modello di sviluppo verso molti Paesi di Asia Centrale, Medio Oriente, Africa e America Latina. Il tutto mantenendo saldamente nelle mani dello Stato-partito il controllo dell’economia. Non è “vero” socialismo? Può darsi, ma somiglia molto a quanto sognavano di realizzare le socialdemocrazie occidentali prima di convertirsi al liberismo.
Veniamo agli articoli che ripercorrono la storia dei guai di casa nostra. In un pezzo del 2016, Cicalese parla di un quadro economico frutto della risposta borghese alla sfida operaia di fine Sessanta inizio Settanta: decentramento produttivo ed esplosione del lavoro “indipendente”, scrive, non furono dettati da necessità economiche, bensì dalla volontà di porre fine a un ciclo decennale di lotte, ma né queste strategie né, tantomeno, lo smantellamento dell’economia pubblica sono bastate a fronteggiare la crisi. Al punto che la fotografia del panorama industriale del Paese che Cicalese scatta alla data dell’articolo in questione è la seguente: il 25% del capitale industriale è stato distrutto e la metà di ciò che rimane è fatto di piccole o piccolissime imprese che operano come subfornitori delle grandi imprese nostrane e delle multinazionali tedesche e francesi.
Già nel 2013 aveva scritto che, data l’incapacità della nostra classe imprenditoriale di sfruttare lo spazio liberato dagli oligopoli industriali pubblici smantellati da Draghi, Amato e Prodi, l’unica chance di rilancio sarebbe potuta arrivare solo da un rilancio dell’intervento pubblico in economia, ma ciò era reso impossibile da quei trattati europei che imponevano politiche economiche tutte indirizzate dal lato dell’offerta, della deflazione salariale e dell’export. In questo contesto, che nel 2017 appare immutato e anzi peggiorato, gli industriali italiani hanno un’unica opzione: strappare qualche margine di competitività rispetto ai tedeschi esasperandone gli orientamenti mercantilisti. La sola opportunità di sottrarsi a questa trappola sarebbe stata sfruttare l’interesse cinese a piazzare “teste di ponte” nel Mediterraneo per implementare il progetto della Via della Seta. Venendo incontro a questo interesse, l’Italia avrebbe avuto ottime chance di crescita economica e di emanciparsi dai vincoli di bilancio imposti dai trattati Ue. Nel 2019 Cicalese intravede un timido passo in questa direzione, con gli accordi che il primo governo Conte stipula con la Cina (che non a caso irritano i partner europei). Ma gli anni successivi, fino alla crisi del secondo governo Conte e all’insediamento del “proconsole imperiale” Mario Draghi (eventi successivi a quelli descritti nel libro), poseranno una pietra tombale su questa chance.
Ho rubato la metafora del proconsole imperiale ad Alessandro Visalli che ne fa uso in uno spiritoso post sul suo blog http://tempofertile.blogspot.com/2021/02/il-proconsole-imperiale-draghi-serpenti.html . Visalli si riferisce alla figura di Rutilio Namaziano e al suo tentativo di rianimare il boccheggiante Impero romano (siamo attorno al 417 a.C.) mobilitando l’élite senatoriale e chiamando tutti i “migliori” (vi ricorda qualcosa?) a impegnarsi per rianimare gli antichi fasti imperiali e a far fronte alla minaccia delle orde barbariche. E ora anche noi, scrive Visalli, siamo stati raggiunti da un proconsole “legittimato al governo in ogni provincia imperiale”, risplendente nella sua virtus e nel suo meritum. Il suo appello è di quelli che non si possono rifiutare e infatti nessuno ha il coraggio di sottrarsi. Ma perché questo drammatico appello, si chiede Visalli, visto che il sia pur debole governo Conte II “stava più o meno tenendo il campo, non tanto meglio né tanto peggio dei predecessori”. Le ragioni non vanno cercate nella crisi italiana, risponde, occorre piuttosto guardare “alla geopolitica del virus, alla crisi di potenza, ed allo sforzo disperato di riaffermarsi di un ordo che è disposizione ordinata, schiera militare, rango e ceto, quindi sistema, metodo, regolarità, norma. Ma anche rito, sacramento, benedizione. L’ordine di cui Draghi è eminente membro, clarissimus, attraversa l’intero occidente, si manifesta ovunque ci sia una longa manus della alta finanza di osservanza angloamericana, attraversa tutte le stanze ed i palazzi, è ascoltato sempre per primo e per ultimo, dispone del potere di morte”.
Eppure Draghi, che oggi la tremebonda falange delle sinistre tradizionali e populiste acclama come salvatore della patria, è pur sempre colui che, come ricorda Cicalese in molti articoli, è stato fra i massimi tessitori del declassamento dell’Italia nel concerto delle potenze industriali europee e mondiali, della sua cattura nella gabbia dei trattati Ue che gli riserva il ruolo di nazione subalterna e ossequiosa dei diktat della finanza internazionale, diktat accettati di buon grado, e anzi implorati, come scudo contro l’orda dei barbari interni (le lotte operaie) e che ora, più che ribadire l’imperium dell’Europa a trazione franco-tedesca (mai seriamente messa in discussione, come conferma l’altrettanto ossequioso omaggio della destra presunta sovranista), rispecchiano le condizioni del più potente dominus d’Oltreoceano. Avete notato l’insistenza con cui la collocazione atlantista viene ossessivamente ribadita prima di quella europeista? Il fatto è che oggi, a fare paura, non sono più i barbari interni, asfaltati da decenni di sconfitte e presumibilmente incapaci di reagire alle nuove amare medicine che dovranno ingoiare, ma quelli esterni, quel “pericolo giallo” che con la sua mera esistenza certifica che vi è un’alternativa concreta a questo sistema in disgregazione. Altro che accordi con il “nemico”: alle armi, alle armi!
FONTE: https://www.sinistrainrete.info/teoria/19802-carlo-formenti-piano-contro-mercato.html
CONFLITTI GEOPOLITICI
Gli hacker tentano di avvelenare l’acqua di una città in Florida
Una volta entrati nel sistema idrico di Oldsmar, dei cybercriminali hanno cercato di aumentare il livello di una sostanza usata nel trattamento dell’acqua
Mentre in America Latina venivano compiute le intrusioni alle centrali energetiche, negli Stati Uniti d’America è stato registrato nella cittadina di Oldsmar, a nord di Tampa, in Florida, un tentativo di avvelenamento dell’acqua potabile con la lisciva.
Lo scorso venerdì 5 febbraio, come emerso successivamente, un malintenzionato ha fatto irruzione nel sistema informatico di un impianto di trattamento delle acque sfruttando un accesso remoto al programma utilizzato per regolare i prodotti chimici che trattano l’acqua potabile.
L’intruso ha modificato il livello di idrossido di sodio portandolo da 100 parti per milione a 11.100 ppm. L’idrossido di sodio, volgarmente noto come soda caustica, viene utilizzato in piccole quantità per trattare l’acidità dell’acqua e per rimuovere i metalli ma, qualora ingerito in grandi quantità, risulta altamente tossico per l’essere umano.
Il lunedì successivo lo sceriffo della contea di Pinellas, di cui fa parte Oldsmar, ha tenuto una conferenza stampa tranquillizzando la popolazione, sottolineando che in nessun momento si è verificato un effetto negativo significativo sull’acqua trattata e, per tale ragione, le persone non sono mai state effettivamente in pericolo.
Dalle ricostruzioni è emerso che il venerdì mattina un funzionario aveva notato l’accesso da remoto al computer utilizzato per il monitoraggio del processo di trattamento e gestione delle sostanze chimiche, ma non gli aveva dato troppa attenzione poiché soventemente tanto il suo supervisore quanto i suoi colleghi si collegano da casa per controllare i processi.
Più tardi ha notato però un ulteriore accesso in cui non solo veniva controllato il funzionamento del sistema, ma venivano anche modificati i parametri, innalzando nel giro di pochi minuti i livelli di idrossido di sodio ben oltre i normali valori di esercizio.
L’operatore ha immediatamente agito sul dispositivo, riportando la concentrazione di lisciva ai normali livelli pari a 100 ppm. Lo sceriffo ha chiarito che, anche qualora la variazione dannosa non fosse stata annullata, le altre procedure di routine nell’impianto avrebbero segnalato l’anomalia, prima che l’acqua diventasse disponibile per i residenti: l’acqua trattata raggiunge difatti il sistema di alimentazione tra le 24 e le 36 ore dopo esser uscita dall’impianto.
Sia l’FBI che i servizi segreti stanno indagando. Il dipartimento dello sceriffo ha avvertito i comuni limitrofi di quanto è accaduto, raccomandando loro di ispezionare i propri sistemi di trattamento delle acque e delle altre infrastrutture critiche alla ricerca di segni di effrazione fisica o virtuale.
Secondo quanto riferito da Christopher Krebs, ex capo della Cybersecurity and Infrastructure Security Agency, al comitato per la sicurezza interna della Camera dei Rappresentanti, la violazione molto probabilmente è stata opera di un impiegato, o ex impiegato, insoddisfatto.
Quel che deve far riflettere è il ricorso a sistemi di gestione da remoto, per giunta gratuiti, senza alcuna implementazione di sistemi di sicurezza: affidare la gestione delle utility a sistemi come Team Viewer, attraverso il quale, senza alcuna autentificazione a due fattori o autorizzazione dall’interno, si poteva facilmente intervenire sul sistema di gestione, lascia molto a desiderare.
Come appurato in seguito, i dipendenti della struttura Oldsmar per accedere in remoto ai controlli dell’impianto, attraverso il sistema SCADA – acronimo inglese di Controllo di Supervisione e Acquisizione Dati – hanno utilizzato un computer con la versione a 32 bit del sistema operativo Windows 7, il cui supporto esteso è terminato il 14 gennaio 2020 e, come se non bastasse, utilizzavano tutti la medesima password di TeamViewer ed il sistema era privo di firewall.
Le rivelazioni illustrano la mancanza di rigore nella predisposizione di modelli di sicurezza, fenomeno riscontrato all’interno di molte infrastrutture critiche. Sebbene il pericolo in questo caso sia stato minimo, giacché scoperto subito, occorrerebbe prendere atto che se gli intrusi possono manomettere a distanza un processo, allo stesso modo possono essere in grado di manomettere le ridondanze di sicurezza, causando spiacevoli inconvenienti.
Sul Mar Nero intercettati aerei francesi dai caccia russi Su-27
Oggi due caccia russi Su-27 hanno intercettato un gruppo di aerei militari francesi sul Mar Nero e li hanno scortati fino a quando non si sono allontanati dai confini nazionali, ha comunicato ai giornalisti il Centro di controllo di difesa della Russia.
Secondo il Centro, il 17 febbraio le stazioni radar russe hanno rilevato velivoli in avvicinamento verso i confini della Federazione Russa sopra le acque internazionali del Mar Nero.
“Per identificare gli obiettivi aerei e scongiurare la violazione dei confini russi, due caccia Su-27 sono stati fatti decollare dagli ufficiali delle forze di difesa aerea dell’Aviazione e della Marina del Distretto Militare Meridionale. L’aereo di rifornimento KS-135 e due aerei tattici Mirage-2000 sono stati scortati sul Mar Nero”, si legge nel comunicato.
Il centro ha aggiunto che una volta gli aerei militari francesi hanno invertito la rotta allontanandosi dal confine, i caccia russi hanno fatto ritorno alla base. “Sono stati evitati sconfinamenti”, hanno aggiunti i militari russi.
Il Centro ha osservato che il volo degli aerei russi è stato effettuato in stretta conformità con le norme internazionali per l’uso dello spazio aereo.
In precedenza nel Mar Nero erano entrate due navi militari americane.
FONTE: https://it.sputniknews.com/difesa/2021021710146112-sul-mar-nero-intercettati-aerei-francesi-dai-caccia-russi-su-27/
CULTURA
La preghiera secondo il monaco trappista Thomas Merton
L’autentica radice spirituale della preghiera. La lezione di fede del monaco e scrittore americano Thomas Merton
Qual è la più autentica radice spirituale della preghiera? Il monaco e scrittore statunitense Thomas Merton rispose così nella sua più celebre invocazione di fede. Ma chi fu davvero Thomas Merton? Un ribelle irrequieto, quasi un anarchico della fede. O un credente profondamente innamorato dell’esistenza?
Il Papa in preghiera
Conoscersi per pregare
“Signore mio Dio, non ho alcuna idea di dove sto andando. Non vedo la strada che mi è innanzi. Non posso sapere con certezza dove andrò finire. E non conosco neppure davvero me stesso. E il fatto che pensi di seguire la tua volontà non significa che lo stia davvero facendo- prega il monaco Usa-. Sono però convinto che il desiderio di compiacerti, in realtà ti compiace. E spero di averlo in tutte le cose. Spero di non far mai nulla senza un tal desiderio. E so che se agirò così la mia volontà mi condurrà per la giusta via. Quantunque possa non saperne nulla. Avrò però sempre fiducia in te. Per quanto mi possa sembrare di essere perduto e avvolto nell’ombra della morte. Non avrò paura, perché tu sei sempre con me e non mi lascerai mai solo di fronte ai pericoli.
Spiritualità monastica
Thomas Merton è uno dei più importanti scrittori americani cattolici del Novecento. Dopo alcuni incontri e durante il viaggio del monaco americano in estremo oriente nel 1968, il Dalai Lama elogiò pubblicamente Thomas Merton. Riguardo la sua ottima conoscenza del buddismo. Giudicata come la più completa e profonda rispetto ad ogni altro cristiano da lui precedentemente conosciuto.
Ispirazione
Thomas Merton (1915-1968), monaco trappista, poeta e scrittore dalla vocazione cosmopolita, ispira ancora singoli individui. E movimenti alla ricerca di una spiritualità autenticamente umana. Al di là dell’irrigidimento di forme e devozioni religiose. In cui talvolta la consuetudine rischia di prevalere sull’autenticità della relazione con Dio e con gli altri. Nella sua vasta opera di scrittore, saggista e poeta, a dispetto di una vita così breve, egli ha saputo anticipare la riflessione su temi ancor oggi di evidente attualità. E cioè la pace e la nonviolenza, l’ecumenismo, il dialogo fra le religioni, una vita piena e buona come traguardo etico per ciascun uomo, oltre ogni etichetta.
FONTE: https://www.interris.it/chiesa-cattolica/la-preghiera-secondo-il-monaco-americano-thomas-merton/
CYBERWAR SPIONAGGIO INFORMAZIONE DISINFORMAZIONE
Il discorso di Draghi e Google Trend
Picchi di ricerca per il “Coefficiente di Gini” e l’aggettivo “Farisaico”.
Questa mattina il Presidente del Consiglio, professor Mario Draghi si è presentato nell’aula del Senato di Palazzo Madama per tenere il tanto atteso discorso programmatico che precede il voto di fiducia al Governo.
Un discorso che è durato 55 minuti, nel corso dei quali sono state pronunciate oltre 5.000 parole, 5.604 per l’esattezza.
Tra queste, il Presidente del Consiglio ha citato il “Coefficiente di Gini” e l’aggettivo “Farisaico”.
“Carneade! Chi era costui?” sarà stata la domanda che molti si sono posti nell’esatto momento in cui il Professor Draghi ha citato lo statistico italiano Gini e dichiarato che “Una vera parità di genere non significa un farisaico rispetto di quote rosa richieste dalla legge…”.
Mosso dalla curiosità di come in molti si fossero dati una risposta, è bastato collegarsi ad una interessante funzione che offre il famoso motore di ricerca Google, ovvero Google Trends, e digitare i due termini per capire quale fosse stata la reazione di chi stesse ascoltando in quel momento il discorso al Senato.
Ed ecco l’immediato responso: esattamente alle 10.33, su Google Trends si registrava il picco (100/100) delle richieste per capire cosa fosse il “Coefficiente di Gini” per poi passare alle 10.48 quando in molti, anche in questo caso è stato raggiunto il valore massimo pari a 100, hanno digitato sul motore di ricerca il termine “Farisaico”.
Sempre su Google Trends è possibile anche visualizzare le regioni di Italia e le città da dove sono partite le maggiori richieste su Google, peccato non si possa vedere il luogo esatto, ma questa è un’altra storia…
C’è stato anche un altro termine che proprio questa mattina ha raggiunto il numero massimo di ricerche rispetto agli ultimi sette giorni: “Fiducia”.
Ne abbiamo bisogno, incrociamo le dita.
FONTE: https://www.infosec.news/2021/02/17/wiki-wiki-news/il-discorso-di-draghi-e-google-trend/
COME MODIFICANO LA TUA PERCEZIONE ED IDENTITÀ CON LE TECNICHE DI MANIPOLAZIONE DI MASSA
Su Byoblu24 interviene lo scrittore e docente di metacomunicazione Stefano Re scrittore di numerosi libri fra questi il best seller “Mindfucking. Dai manuali segreti della CIA al marketing, le tecniche di condizionamento mentale”.
Esperto in criminologia applicata, dopo anni di studio e lavoro sul campo Stefano Re spiega dettagliatamente cosa accade in una situazione comunicativa: “Che sia un colloquio di lavoro, una discussione politica, un interrogatorio di polizia c’è sempre qualcuno che cercherà di manipolare l’altro”.
Partendo dall’analisi della parola “manipolazione” e la spiegazione di che cos’è la metacomunicazione, Stefano Re spiega come le tecniche di interrogatorio utilizzate dall’FBI, la CIA e il KGB si basino sul fatto di rendere le persone vulnerabili inducendo regressione. Le stesse tecniche sarebbero utilizzate oggi per modificare la percezione e l’identità dei cittadini.
FONTE: https://www.byoblu.com/2021/02/15/come-modificano-la-tua-percezione-ed-identita-con-le-tecniche-di-manipolazione-di-massa-stefano-re/
ECONOMIA
DIEGO FUSARO sbugiarda MARIO MONTI, che si infuria. Caos in studio a Rai3!
VIDEO QUI: https://www.youtube.com/watch?v=FAEVjD565aA
FONTE: https://www.youtube.com/watch?v=FAEVjD565aA
GIUSTIZIA E NORME
Le gravissime dichiarazioni del Procuratore Gratteri al Corriere della Sera forniscono una rappresentazione destinata a creare sconcerto tra i cittadini, perché di fatto attribuiscono annullamenti e riforme di provvedimenti giudiziari a ragioni diverse da quelle esposte nelle articolate motivazioni. Queste affermazioni – provenienti inoltre da un Procuratore capo – rappresentano un attacco di inaudita gravità all’autonomia e indipendenza dei giudici. L’Unione scrive al CSM per le sue opportune valutazioni, e ad ANM per conoscere quali iniziative intende porre in essere a tutela dei giudici che non hanno condiviso, o eventualmente non condivideranno, le ipotesi accusatorie a fondamento delle indagini del Dott. Gratteri. In allegato il documento della Giunta al CSM.
Il momento politico nel quale sono intervenuti la esecuzione di provvedimenti di custodia cautelare in carcere e le perquisizioni ed i sequestri disposti, anche nei confronti di rappresentanti delle istituzioni, da parte dell’autorità giudiziaria di Catanzaro, lascia obiettivamente il campo a considerazioni sulla strumentalità dei tempi, atteso che quei provvedimenti hanno comunque inciso sulla delicatissima situazione politica nazionale.
Nella intervista rilasciata dal Procuratore della Repubblica di Catanzaro a Giovanni Bianconi e apparsa oggi sulle pagine del Corriere della Sera, il Procuratore Gratteri esclude che vi sia stata – nella individuazione della data di esecuzione – una valutazione del quadro politico nazionale, mentre si è tenuto conto dei tempi delle elezioni in Calabria.
Apprendiamo così che il Pubblico Ministero ha svolto valutazioni in ordine alla opportunità del momento nel quale dare esecuzione ai provvedimenti. A tali affermazioni di per sé sconcertanti ne seguono altre che non possono non essere oggetto di attenta valutazione da parte dell’organo disciplinare dei magistrati. Non possono infatti sfuggire le implicazioni, sul piano deontologico, della seguente risposta, che il Dottor Gratteri offre alla domanda: «Ma perché le indagini della sua Procura con decine o centinaia di arresti, vengono spesso ridimensionate dal tribunale del riesame o nei diversi gradi di giudizio?».
«Noi facciamo richieste, sono i giudici delle indagini preliminari, sempre diversi, che ordinano gli arresti. Così è avvenuto anche in questo caso. Poi se altri giudici scarcerano nelle fasi successive non ci posso fare niente, ma credo che la storia spiegherà anche queste situazioni».
L’intervistatore coglie la portata dell’intervento del magistrato e chiede: «Che significa? Ci sono indagini in corso? Pentiti di ‘ndranghetisti che parlano anche di giudici?». «Su questo ovviamente non posso rispondere».
Le affermazioni del Procuratore della Repubblica di Catanzaro si rivelano di inaudita gravità. Non si tratta qui di discettare sulla fondatezza o meno di un quadro indiziario o di prospettare come la serialità di annullamenti da parte dei Giudici superiori, chiamati al controllo delle condizioni per l’applicazione della cautela, abbiano dato conto – quantomeno sul piano del metodo – della fragilità di quelle investigazioni. La considerazione del Dottor Gratteri propone al lettore l’idea che i provvedimenti dei Giudici, di censura dell’operato della sua Procura e delle valutazioni del GIP, siano ispirati da motivazioni estranee alle dinamiche processuali.
È una rappresentazione destinata a creare sconcerto tra i cittadini attribuendo di fatto annullamenti e riforme a ragioni diverse da quelle esposte nelle articolate motivazioni.
Ciò si segnala al Consiglio Superiore della Magistratura per le sue opportune valutazioni.
Roma, 22 gennaio 2021
La Giunta
FONTE: https://www.camerepenali.it/cat/10791/dichiarazioni_di_inaudita_gravit%C3%A0_del_procuratore_gratteri_la_giunta_ucpi_scrive_a_csm_e_anm_.html
Tribunale dell’Aja: Revocate IMMEDIATAMENTE il coprifuoco – è “illegittimo”
Il Tribunale dell’Aja impone al governo olandese di revocare IMMEDIATAMENTE il coprifuoco, perché “illegittimo“, questa decisione arriva dopo settimane di scontri di piazza dei cittadini olandesi con le Forze del disOrdine comandate dalle élite globaliste khazariane impongono i cosiddetti “vaccini eugenetici” il vaccino mRNA, perciò questa sentenza ha lo scopo di re-instaurare il diritto legittimo sovrano della persona leso dell’azione illegale del lockdown, sappiate che quanto esposto vale anche per noi in Italia perché la Corte Internazionale dell’Aja fa legge non solo in Olanda ma in tutto il mondo, anche in Italia, in quanto sostituisce il Tribunale di Norimberga.
Il governo olandese ha ricevuto dal Tribunale dell’Aja l’ordine perentorio di annullare il coprifuoco della pandemia di coronavirus dopo che l’Aja ha stabilito che non esisteva una base giuridica e l’ha definita una violazione dei diritti delle persone.
In una dichiarazione , l’Aja ha dichiarato che l’uso da parte del governo della legge sui poteri straordinari dell’autorità civile – un atto di emergenza che consente allo stato di aggirare il processo legislativo per imporre un coprifuoco in “circostanze molto urgenti ed eccezionali” – non era giustificato in questo caso durante la crisi del Covid-19.
“Il giudice del sollievo preliminare ha stabilito che l’introduzione del coprifuoco non comportava la particolare urgenza richiesta per poter utilizzare l ‘[atto]” , ha continuato l’Aja, osservando che il governo aveva avuto il tempo di discutere in anticipo di tale coprifuoco, prima di decidere che “l’uso di questa legge per imporre il coprifuoco non è legittimo”.
Il coprifuoco è una violazione di vasta portata del diritto alla libertà di movimento e alla privacy e limita (indirettamente), tra le altre cose, il diritto alla libertà di riunione e di manifestazione.
Il ministero della Giustizia del paese dice che sta studiando la sentenza.
Dopo che il governo olandese ha imposto il coprifuoco il 23 gennaio, i cittadini erano legalmente obbligati a rimanere a casa tra le 21:00 e le 4:30 a meno che non avessero una scusa valida per uscire, e sono stati avvertiti che avrebbero potuto incorrere in multe se si fossero rifiutati di farlo.
Valide scuse per uscire durante il coprifuoco includevano emergenze, lavoro essenziale, cercare assistenza medica e portare a spasso un cane al guinzaglio.
La decisione dell’Aja è stata presa dopo che un gruppo noto come Virus Truth Foundation ha intentato una causa sostenendo che il coprifuoco era una violazione dei diritti umani e della costituzione olandese.
I Paesi Bassi hanno vissuto diverse notti di disordini per il coprifuoco, che hanno provocato automobili bruciate, attività saccheggiate, scontri con la polizia e centinaia di arresti.
VIDEO QUI: https://youtu.be/bPHTJ8BWlF0
FONTE: https_www.sadefenza.org/?url=https%3A%2F%2Fwww.sadefenza.org%2F2021%2F02%2Ftribunale-dellaja-revocate-immediatamente-il-coprifuoco-e-illegittimo%2F
L’INCOSTITUZIONALE PASSAPORTO SANITARIO DELLA REGIONE SARDEGNA
Il presidente della Regione Sardegna, Christian Solinas, ha rilanciato la proposta di un passaporto sanitario per sbarcare sull’isola. In un’intervista all’Unione Sarda, ha detto: “Chi entra in Sardegna dovrà presentare un certificato di negatività al Covid o di avvenuta vaccinazione: il sistema dei controlli partirà prima dell’inizio dell’estate”.
Analizziamo dal punto di vista del merito e giuridico questa affermazione.
Cosa dice l’AIFA sui vaccini anti Covid?
Per quanto riguarda il vaccino, con riferimento a quelli prodotti da Moderna e dalla Pfizer, l’AIFA (l’Agenzia italiana del farmaco) comunica sul suo sito che: “È necessario più tempo per ottenere dati significativi per dimostrare se i vaccinati si possono infettare in modo asintomatico e contagiare altre persone”. Ciò significa che non sappiamo ancora se i vaccinati possono contagiare o meno, tanto è vero che Aifa aggiunge che “i vaccinati e le persone che sono in contatto con loro devono continuare ad adottare le misure di protezione anti COVID-19”.
Basterebbe questo per escludere la necessità di un passaporto vaccinale.
Come se non bastasse AIFA aggiunge in un altro punto che: “Non sappiamo in maniera definitiva se la vaccinazione impedisce solo la manifestazione della malattia o anche il trasmettersi dell’infezione. Ecco perché essere vaccinati non conferisce un certificato di libertà”.
Cosa ha detto Giorgio Palù sui test PCR?
Per quanto riguarda il certificato di negatività basato sul test PCR, cioè sui tamponi nasofaringei, anche Giorgio Palù, l’attuale presidente di AIFA, ha dichiarato che il test PCR non è affidabile perché è nato senza un gold standard, cioè senza l’esame che possa escludere ogni dubbio sulla sua validità diagnostica. Il gold standard è infatti stato creato solo successivamente.
Oltre ad essere dunque inattendibile, il test PCR è anche inaffidabile, poiché dà molti falsi risultati. Per questi motivi secondo alcuni scienziati intervenuti su Byoblu non dovrebbe essere utilizzato per fini diagnostici.
Perché la proposta di un passaporto sanitario è eversiva della Costituzione?
Dal punto di vista giuridico la proposta di un passaporto sanitario per circolare contrasta con diversi principi e diritti costituzionali:
Vìola l’articolo 3 della Costituzione che stabilisce che: “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”.
Si pone in contrasto con l’articolo 16 che stabilisce che: “Ogni cittadino può circolare e soggiornare liberamente in qualsiasi parte del territorio nazionale, salvo le limitazioni che la legge stabilisce in via generale per motivi di sanità o di sicurezza. Nessuna restrizione può essere determinata da ragioni politiche”. Ciò significa che soltanto una legge nazionale può limitare la libera circolazione sul territorio per motivi sanitari, non certo una legge regionale.
Infine l’articolo 32 della Costituzione stabilisce che nessuno può essere sottoposto a un determinato trattamento sanitario se la legge non lo stabilisce e aggiunge che la legge, qualora prevedesse un obbligo, dovrebbe comunque rispettare i diritti fondamentali della persona umana.
La proposta di Solinas farebbe bene al turismo?
In ultima analisi, ci chiediamo se queste misure restrittive non finiscano per scoraggiare i turisti a recarsi nei paesi o nelle regioni che le dovessero imporre e dunque avere effetti negativi per il turismo, uno delle principali fonti di ricchezza della Sardegna e del nostro Paese.
FONTE: https://www.byoblu.com/2021/02/17/lincostituzionale-passaporto-sanitario-della-regione-sardegna/
NOTIZIE DAI SOCIAL WEB
IL RICATTATORE
PANORAMA INTERNAZIONALE
L’UE AFFIDA A BLACKROCK LA SVOLTA GREEN: ENNESIMO CONFLITTO DI INTERESSI?
Esiste un fondo di investimenti che sarebbe pronto a mettere le mani sull’economia dell’eurozona. Si tratta di BlackRock, il fondo americano che vanta un patrimonio totale di 8 mila miliardi di dollari. Quattro volte superiore al PIL italiano, tre volte superiore al PIL tedesco. Una quantità immensa di soldi guadagnati attraverso operazioni di acquisizione e di vendita di attività economiche in sofferenza in tutto il mondo.
Perché BlackRock appoggia l’agenda green?
BlackRock è stata poi capace nel tempo di entrare nei consigli di amministrazione di alcune tra le principali banche del mondo, oltre ad offrire servizi di consulenza pressoché ovunque. E oggi questo grande fondo di investimenti sembra aver appoggiato in toto l’agenda green dell’Unione europea, come scusa per conquistare un’altra fetta di mercato.
“Subito un piano per azzerare le emissioni di CO2” ha recentemente dichiarato Larry Fink, Presidente e amministratore delegato di BlackRock, avvertendo le aziende di tutto il mondo circa l’imminente sconvolgimento del sistema economico mondiale.
Difficile però credere che un fondo di investimenti abbia improvvisamente scoperto la sua anima ambientalista. Più ragionevole pensare che BlackRock abbia fiutato una grande occasione di affari.
Perché dove c’è crisi, dove ci sono aziende che falliscono, un fondo di investimenti può guadagnare cifre colossali facendo facili operazioni di speculazione. In pratica il fondo arriva, compra ad un prezzo stracciato l’azienda in sofferenza e la rivende al primo operatore che intenderà riconvertire in chiave green la struttura.
La consulenza della Commissione UE affidata al fondo americano
Non è tuttavia solo a parole che BlackRock ha appoggiato la svolta green lanciata dall’Unione europea e che si concretizzerà con gli investimenti vincolati dal Recovery Fund. Nello scorso autunno infatti un gruppo di 80 europarlamentari aveva denunciato il legame tra il fondo americano e la Commissione europea.
In pratica la Commissione, dietro l’iniziativa della sua Presidente Ursula von Der Leyen, ha deciso di aggiudicare un appalto a BlackRock Investment Management per condurre uno studio sull’integrazione degli obiettivi ambientali, sociali e di governance. Una consulenza che potrebbe permettere a BlackRock di suggerire all’Unione europea scelte che alla fine potranno favorire gli interessi economici dello stesso fondo.
La Commissione avrebbe dovuto essere più rigorosa, verificando, secondo le regole, che la società non fosse soggetta a conflitti di interessi, il che potrebbe influire negativamente sulle sue capacità di eseguire il contratto.
aveva dichiarato Emily O’ Really Garante europeo sulle questioni relative ai conflitti di interesse. Nonostante la denuncia, la consulenza non è stata però revocata e l’incarico a BlackRock è rimasto. Così quella svolta green che viene sbandierata a reti unificate come priorità dell’agenda europea, alla fine scopriamo essere una mera opportunità di guadagno per un fondo americano.
Un regalo per BlackRock che ora sarà pronto a passeggiare in mezzo alle aziende europee in crisi come se fosse in un grande supermercato a cielo aperto.
FONTE: https://www.byoblu.com/2021/02/16/lue-affida-a-blackrock-la-svolta-green-ennesimo-conflitto-di-interessi/
Tra cospirazione e rivoluzione: cosa pensano i libici della caduta di Gheddafi dieci anni dopo
Dieci anni fa, il 15 febbraio 2011, in Libia sono iniziate le rivolte e le massicce proteste contro le autorità. Supportate dai Paesi della Nato, hanno portato alla caduta del regime di Muammar Gheddafi.
La società libica valuta i fatti accaduti in modi molto diversi: alcuni vedono questi eventi come una cospirazione internazionale per ridistribuire le sfere di influenza nella regione, altri come una rivoluzione che ha raggiunto i suoi obiettivi, altri invece preferiscono giudicare in base a quello che si è concretizzato oggi. Analisti hanno parlato con Sputnik di queste opinioni e valutazioni.
Cospirazione contro la Libia e i libici
Il portavoce del Movimento Popolare Nazionale Libico Naser Said ha osservato che dieci anni fa i libici sono stati privati dello Stato con l’inganno.
“Dieci anni fa i nemici della Libia, sia interni che esterni, indussero le persone a scendere in piazza, organizzare una “rivoluzione” e per questo hanno coinvolto i media. Alla fine ci hanno tolto il nostro Paese: abbiamo ricevuto 8 mesi di palese intervento militare della Nato. Dopo tutto è stata l’operazione militare più grande e più lunga dell’alleanza al di fuori dei suoi confini dopo la Seconda Guerra Mondiale. Ora non abbiamo né uno Stato né infrastrutture. Centinaia di migliaia di famiglie libiche sono state sfollate dalle loro case e le loro città e villaggi sono stati distrutti. Migliaia di libici sono stati uccisi a sangue freddo”, ha detto.
Secondo lui, negli ultimi dieci anni, la Libia si è trasformata in un covo di terroristi e in una piattaforma per i servizi segreti stranieri e non è chiaro quando questa situazione finirà.
“Gli eventi accaduti hanno riportato la situazione all’interno del Paese a quella degli anni Cinquanta: non abbiamo più elettricità, medicine e soldi”.
Per Naser Said il febbraio 2011 è un “periodo oscuro” nella storia del popolo libico, che ora deve strappare l’indipendenza dalle mani di Stati stranieri e terroristi.
Una rivoluzione di successo
A sua volta il membro del Consiglio Supremo di Stato della Libia Adel Karmous ha osservato che il rovesciamento del regime di Gheddafi nel febbraio 2011 è stato il punto di partenza per la storia della nuova Libia.
“La rivoluzione ha certamente raggiunto i suoi obiettivi: il regime, che ha danneggiato i libici solo con la tirannia e l’oppressione per più di quarant’anni, è stato finalmente rovesciato. Pertanto dieci anni fa c’è stata una vera rivoluzione del popolo libico contro l’autoritarismo. La questione non dovrebbe nemmeno essere messa in discussione. Inoltre non è stata organizzata da terze parti, le proteste sono state spontanee”, ha detto.
Secondo il parlamentare, i problemi che hanno colpito il Paese dopo il rovesciamento di Gheddafi sono stati il risultato dell’assenza di un leader forte in grado di controllare questi processi.
Parlando della situazione attuale, ha aggiunto:
“I risultati del dialogo, come la situazione attuale, soddisfano la maggioranza dei libici. Occorre capire che la normalizzazione politica ha interrotto la strada alla militarizzazione del sistema politico solo con l’elezione del governo provvisorio. La strada della Libia è solo all’inizio”.
“Il periodo peggiore della storia”
Allo stesso tempo pochi negano che negli ultimi dieci anni i libici vivano un periodo di svolta nella storia del loro Paese. Lo scrittore libico Hussein Miftah ha definito gli ultimi dieci anni di vita dei libici il peggio di ciò che hanno dovuto sopportare nel periodo post-coloniale. “Il fatto è che la Libia ha vissuto in modo indipendente solo negli ultimi sessant’anni. Di questi quarant’anni sotto il governo di Muammar Gheddafi. E l’ultimo decennio si è rivelato molto peggiore persino di quegli anni in cui stava nascendo l’indipendenza della Libia. Il caos attuale è davvero senza precedenti”, ha detto.
Rispondendo alla domanda sul perché ciò è accaduto, lo scrittore ha sottolineato:
“Non c’è stata una rivoluzione. Il caos in cui viviamo è stato solo una conseguenza della ridistribuzione della regione da parte di pedine esterne. E’ chiaramente evidente se guardiamo quali forze sono presenti sul nostro territorio e per quale scopo”.
Secondo lui, in Libia sono gli islamisti l’unica forza che ha tratto benefici da questi eventi.
“Rami dei Fratelli Musulmani controllano parte del territorio libico. Naturalmente non potevano nemmeno sognarlo prima. Ora sono coperti dalla Turchia, che invia denaro o armi. Collaborano anche con altri movimenti estremisti dell’Islam politico in Nord Africa, pertanto per loro qui è un periodo di prosperità”, ha riassunto l’esperto.
Finora i libici sono stati in grado di fare solo il primo passo per superare il caos: è stato eletto un governo provvisorio che preparerà il Paese alle elezioni di dicembre.
FONTE: https://it.sputniknews.com/mondo/2021021510136996-tra-cospirazione-e-rivoluzione-cosa-pensano-i-libici-della-caduta-di-gheddafi-dieci-anni-dopo/
POLITICA
COSA HA DETTO DRAGHI – Nino Galloni LIVE #Byoblu24
17 02 2021
VIDEO QUI: https://www.youtube.com/watch?v=FJHZ2Tyt-Hc
FONTE: https://www.byoblu.com/2021/02/17/cosa-ha-detto-draghi-nino-galloni-live-byoblu24/
Il discorso integrale del presidente del Consiglio, Mario Draghi
Eccovi il discorso integrale del Presidente del Consiglio, Prof. Mario Draghi. Separatamente commenteremo.
Il primo pensiero che vorrei condividere, nel chiedere la vostra fiducia, riguarda la nostra responsabilità nazionale. Il principale dovere cui siamo chiamati, tutti, io per primo come presidente del Consiglio, è di combattere con ogni mezzo la pandemia e di salvaguardare le vite dei nostri concittadini. Una trincea dove combattiamo tutti insieme. Il virus è nemico di tutti. Ed è nel commosso ricordo di chi non c’è più che cresce il nostro impegno. Prima di illustrarvi il mio programma, vorrei rivolgere un altro pensiero, partecipato e solidale, a tutti coloro che soffrono per la crisi economica che la pandemia ha scatenato, a coloro che lavorano nelle attività più colpite o fermate per motivi sanitari. Conosciamo le loro ragioni, siamo consci del loro enorme sacrificio e li ringraziamo. Ci impegniamo a fare di tutto perché possano tornare, nel più breve tempo possibile, nel riconoscimento dei loro diritti, alla normalità delle loro occupazioni. Ci impegniamo a informare i cittadini di con sufficiente anticipo, per quanto compatibile con la rapida evoluzione della pandemia, di ogni cambiamento nelle regole.
Perché Draghi?
di L’Antieuropeista
La tragica Seconda Repubblica, iniziata con la firma del Trattato di Maastricht, è una spirale, un cerchio che si chiude e si riapre senza soluzione di continuità. Ogni nuovo giro inizia con un governo tecnico, che dovrebbe mondare le colpe dei precedenti esecutivi politici troppo attenti al consenso popolare per implementare con rapidità ed efficacia le necessarie riforme strutturali indicate con solerzia dalle istituzioni europee.
Il governo Ciampi, insediatosi nel 1993, ha lavato i peccati della classe politica primo-repubblicana appena travolta dall’evento mediatico di Tangentopoli; ma si trattava di un governo misto, in cui il Presidente del Consiglio, esterno ai partiti, doveva tenerne in considerazione almeno in parte le necessità. Il governo Dini, in carica dal 1995, ha proseguito il lavoro, configurandosi come il primo governo compiutamente tecnico della Repubblica italiana e trascinando il Paese verso l’ambito appuntamento dell’euro.
È seguito oltre un decennio di alternanza sul modello americano tra le due coalizioni neoliberali di centro-destra e di centro-sinistra, fino a che i nodi dell’Unione Europea, che avevano nel frattempo depresso crescita, occupazione e produttività, sono venuti al pettine accentuando in Europa, e in particolare in Italia, la crisi finanziaria globale del 2008. Dopo due anni di rimbalzo, i “sacrifici necessari” dovuti all’innalzamento automatico del deficit e del debito pubblico hanno condotto a furor di popolo e di stampa al terzo governo tecnico, anche in questo caso puro, vale a dire composto esclusivamente da ministri a-partitici.
Il governo Monti ha svolto egregiamente il lavoro per cui era stato concepito dall’allora Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano: rientro dal deficit commerciale attraverso la “distruzione della domanda interna”, aumento dell’imposizione fiscale su famiglie, partite iva e commercianti, disoccupazione di massa con conseguente stagnazione dei salari, blocco del turn over nella pubblica amministrazione e riforma regressiva delle pensioni. Ad un triennio di centro-sinistra, che ha dato continuità al lavoro di Monti allentando leggermente la presa anche in virtù di una più favorevole congiuntura internazionale, ha fatto seguito il necessario compromesso dei due governi Conte.
Il giro di vite degli anni precedenti, infatti, aveva dimezzato i consensi del Partito Democratico garantendo al MoVimento 5 Stelle e in misura minore ad una Lega sapientemente riverniciata per l’occasione, di sfondare alle elezioni del marzo 2018. Serviva dunque una figura esterna, un tecnico, che fosse in grado di normalizzare sapientemente gli istinti ribellistici e confusi del primo partito in Parlamento. Sarebbe stato sconveniente, nell’ottica del pilota automatico europeista, relegare il MoVimento 5 Stelle all’opposizione nonostante l’enormità dei consensi di cui godeva e la rapidità con cui li aveva raccolti. Giuseppe Conte, allora, è stato incaricato di interpretare la parentesi euroscettica servendosi a suo uso e consumo della Lega, ben salda nonostante le apparenze nelle mani del nucleo europeista del partito.
Dal balcone del modesto 2,4% di deficit sul quale il MoVimento raggiungeva il suo effimero apice politico, ha cominciato ad esercitarsi una lunga e sotterranea opposizione interna allo stesso governo, facente capo al Ministero dell’Economia presidiato da Mattarella con il soldatino Tria. L’inadeguatezza strutturale del MoVimento, privo di una classe dirigente attentamente selezionata, non ha tardato a palesarsi e si è arrivati rapidamente alla rottura, propiziata dal leghista Giorgetti (uno dei “saggi di Napolitano”), abile a muovere l’ampio schieramento nordista del partito contro la strategia nazional-populista di Salvini, la cui utilità iniziava a scemare. Ha così preso forma una seconda fase di transizione che doveva condurre alla definitiva normalizzazione del MoVimento attraverso l’alleanza via via più organica con il redivivo Partito Democratico.
Sul Conte II, tuttavia, si è abbattuta la tempesta inattesa del coronavirus, che ha rallentato il processo in atto garantendo al governo una insperata finestra emergenziale nella quale proporsi come punto di riferimento necessario. Le mire di Matteo Renzi, uscito nel frattempo dal Partito Democratico per dare vita ad un piccolo partito da cui il governo Conte dovesse dipendere in Parlamento, sono state solo rinviate.
E così si arriva all’oggi. Dopo una crisi politica a lungo attesa, l’ovvia e comprensibile pretesa di Renzi di concludere l’esperienza politica del suo concorrente moderato Giuseppe Conte, è stata sfruttata da chi vola più in alto per imprimere una nuova accelerazione all’agenda riformista in atto da un trentennio.
È il momento di un nuovo esecutivo tecnico, probabilmente nella forma di un governo misto che dia spazio nei ministeri a quasi tutti i partiti, così da giustificarne l’ammucchiata. A guidarlo sarà Mario Draghi, un profilo anche più autorevole dell’ex commissario europeo Monti, data la sua lunga esperienza ministeriale e tecnocratica (Ministero dell’Economia, Banca d’Italia, Banca Centrale Europea). Una figura che metterà d’accordo tutto l’arco parlamentare consentendo di superare la lentezza e le ambiguità del Conte II attraverso l’espulsione e la condanna all’irrilevanza della corrente eurocritica del MoVimento 5 Stelle. Se a ciò si aggiunge il probabile ingresso in blocco della stessa Lega nella nuova maggioranza, compresa la ridicola bolla social degli economisti Bagnai e Borghi, la parentesi sovranista, populista o che dir si voglia si può dire definitivamente conclusa.
La Seconda Repubblica è morta, viva la Seconda Repubblica…
Nelle precedenti righe abbiamo scritto del perché la Seconda Repubblica sia una spirale. Ogni ciclo si conclude con un governo tecnico che interviene laddove i partiti non si sono mostrati disposti ad arrivare.
Dunque: dove si è fermato il secondo governo Conte, e dove andrà il governo Draghi?
Lo sfondo è sempre il medesimo: il cosiddetto “pilota automatico” di cui l’ultimo arrivato a Palazzo Chigi, Mario Draghi, è un illustre teorico. Si tratta di quella selva di vincoli e regolamenti che, indipendentemente dalla composizione dell’esecutivo, impediscono agli Stati di centrare i principali obiettivi di politica economica: alti livelli occupazionali, tassi di crescita e di produttività soddisfacenti e un’inflazione stabile ma non nulla. Prima e oltre tutto ciò, per l’Unione Europea, viene il sacro rispetto della stabilità del bilancio pubblico, che deve tendere anno dopo anno al pareggio, spesa per interessi inclusa.
Tale cornice tende ad essere sospesa solo quando l’Unione è a rischio deflagrazione in virtù delle sue stesse regole. In seguito ad una grande crisi, come quella scatenata dal covid, serve un rimbalzo, perché l’equilibrio su cui si fonda la sopravvivenza dell’Unione è la stagnazione, non la recessione. Ecco dunque che, esattamente come dopo la grande crisi del 2008, nel 2020 si è aperta la parentesi del deficit pubblico e il Patto di Stabilità è stato congelato a tempo.
Qui si inserisce il secondo governo Conte, sostenuto da M5S e Pd, oltre a Leu e al partito usa e getta di Renzi.
Davanti ad un’economia che stava cadendo del 10% il governo ha sfruttato la parentesi del deficit senza strafare. Nel contesto europeo, già di per sé abulico, l’Italia si è posizionata nella seconda metà della classifica in quanto a intervento pubblico durante la pandemia, ben dietro la Germania e in media con gli Stati mediterranei, Francia inclusa.
Viene da chiedersi perché, vista la sospensione dei vincoli di bilancio e la parziale sospensione della stessa disciplina sugli aiuti di Stato. La risposta in fondo è semplice: al netto della retorica sull’Europa che cambia tutte le classi dirigenti nazionali sono consapevoli che il Patto di Stabilità tornerà, così com’è o dopo un’operazione di maquillage. Gli Stati che hanno vinto nel corso degli anni la competizione economica stimolata dai Trattati europei, Germania in testa, avevano gli spazi fiscali per spendere con relativa abbondanza e sostenere in modo significativo il tessuto produttivo, mentre gli altri, consci che dovranno tornare presto a ridurre deficit e debito pubblico, hanno deciso prudentemente di limitare la reazione, così da diluire per quanto possibile i sacrifici futuri e garantire la sostenibilità della finanza pubblica nel lungo periodo.
Eppure c’è modo e modo di gestire una crisi. La si può sfruttare per accelerare le riforme neoliberali, come richiedono Confindustria e le istituzioni europee, oppure si può provare a sopravvivere per mantenere livelli di consenso adeguati, alternando il bastone e la carota.
Nel contesto di un intervento espansivo del tutto insufficiente, date le dimensioni del crollo, il governo Conte ha provato non senza dissidi interni a percorrere la seconda strada: il blocco dei licenziamenti, per quanto incompleto, è stato prorogato più volte, e già si parlava di estenderlo in qualche misura a tutto il 2021, decine di miliardi sono stati spesi per la cassa integrazione, erogata senza distinzioni riguardo alla dimensione d’impresa, e queste ultime sono state finanziate a pioggia, con bonifici a fondo perduto. Pochi spiccioli ma a tutti.
Allo stesso tempo il governo Conte ha redatto un Recovery Plan ritenuto gravemente lacunoso da parte di Confindustria e della Commissione Europea, tanto da stimolare l’intervento in prima persona del commissario europeo Gentiloni. Evidentemente non bastavano i fondi dedicati alle imprese private e, oggettivamente, non si indicavano le riforme strutturali che l’Unione richiede in cambio dei pochi e maledetti fondi europei.
Se con questi argomenti, e con la prossima elezione del nuovo Presidente della Repubblica, si può spiegare la crisi del Conte II e la venuta di Mario Draghi, è facile intuire quale sarà l’indirizzo di politica economica del suo governo.
E d’altra parte basta leggere quanto ci dicono in faccia lo stesso Draghi, in un paper pubblicato di recente dal Group of Thirty che presiede, il Presidente della Repubblica Mattarella e il solito Mario Monti, il nostro nemico più sincero.
Nel paper intitolato Reviving and Restructuring the Corporate Sector Post-Covid si suddividono le imprese private in cinque categorie:
– le imprese economicamente redditizie, con basso indebitamento in rapporto all’attivo e che sono meritevoli di credito;
– le imprese dello stesso tipo ma che accedono più difficilmente al credito;
– le imprese potenzialmente redditizie ma troppo indebitate e illiquide;
– le imprese potenzialmente redditizie, ma troppo indebitate, illiquide e insolventi;
– le imprese non redditizie dato il modello d’affari.
Mentre per le prime quattro categorie si prevedono interventi differenziati, che vanno dal sostegno alla liquidità fino alla ristrutturazione, nella quinta categoria risiedono le future “aziende zombie” (sic), le quali “undergo necessary business adjustments or are closed”[1]. Tradotto: devono “subire” i necessari aggiustamenti o chiudere.
Già, ma chi decide se un’azienda sul lungo periodo non è redditizia? A leggere il Gruppo dei Trenta guidato dal nostro prossimo Presidente del Consiglio sembra quasi che a deciderlo sia una crisi economica di dimensioni spaventose della quale le singole imprese non hanno la minima responsabilità. Una crisi che peraltro segue un’altra grande crisi e un decennio di recessione e stagnazione. Chi nonostante tutto ha resistito all’urto ma è in grave difficoltà deve essere accompagnato alla chiusura, perché non è redditizio.
È il mercato, giusto? No, in effetti a pensarci è l’incuria di uno Stato stritolato da vincoli di finanza pubblica classisti, un vincolo esterno che seleziona poche grandi imprese in grado di piazzarsi sui mercati esteri e lascia morire lentamente tutte le altre.
Da tutto ciò si dovrebbe capire bene, a meno di allucinazioni “sovranare”, perché il partito di riferimento delle imprese esportatrici (la Lega, che presto tornerà Nord) appoggi con malcelato entusiasmo il governo di Mario Draghi.
Tutto si tiene. E se è d’accordo la Lega Nord non possono che essere sulla stessa linea d’onda anche gli altri due alfieri italiani dell’europeismo: il Presidente della Repubblica e Mario Monti.
Nel discorso in cui ha anticipato il mandato a Draghi, Sergio Mattarella ha toccato un altro punto importante della politica economica che verrà. Ecco il passaggio chiave:
“Sul versante sociale, tra l’altro, a fine marzo verrà meno il blocco dei licenziamenti e questa scadenza richiede decisioni e provvedimenti di tutela sociale adeguati e tempestivi, molto difficili da assumere da parte di un governo senza pienezza di funzioni, in piena campagna elettorale”[2].
In sintesi: lasciamo fallire le imprese, sblocchiamo i licenziamenti e rendiamoli socialmente meno esplosivi con qualche spicciolo di sopravvivenza.
Ancor prima, però, aveva racchiuso il tutto in poche parole il senatore a vita Monti, dalle colonne del Corriere della Sera:
“Diviene perciò importante porsi con urgenza il problema di quanto abbia senso continuare a «ristorare» con debito, cioè a spese degli italiani di domani, le perdite subite a causa del lockdown, quando per molte attività sarebbe meglio che lo Stato favorisse la ristrutturazione o la chiusura, con il necessario accompagnamento sociale, per destinare le risorse ad attività che si svilupperanno, invece che a quelle che purtroppo non avranno un domani”[3].
E quando parla Monti, non c’è altro da aggiungere.
Note
[1] https://www.oliverwyman.com/content/dam/oliver-wyman/v2/publications/2020/dec/G30_Reviving_and_Restructuring_the_Corporate_Sector_Post_Covid.pdf, pag.21
[2] https://www.quirinale.it/elementi/51994
[3] https://www.corriere.it/editoriali/21_gennaio_16/condizioni-la-fiducia-6c77e5a2-583f-11eb-ae23-b4c117d7c032.shtml
FONTE: https://www.sinistrainrete.info/politica-italiana/19801-l-antieuropeista-perche-draghi.html
Europeista e atlantista: Draghi detta la politica estera
Un governo europeista e atlantista. Con queste parole Mario Draghi definisce la politica estera del suo governo e invia un messaggio rivolto non solo agli alleati di governo, ma anche a quelli esterni all’Italia. C’è un Paese che per Draghi deve confermare le linee guida che per decenni hanno caratterizzato la diplomazia di Roma. E Draghi rispetta le aspettative di un esecutivo che è chiaramente nato anche con la benedizione di Washington e di Berlino (e di Bruxelles). Le due capitali dell’Occidente politico, quella dell’America e quella dell’Europa, guardano con molta attenzione a quanto sta avvenendo a Palazzo Chigi, consapevoli che l’Italia è un Paese che nessuno può né vuole perdere. Gli Stati Uniti per questioni strategiche, la Germania per motivazioni economiche e quindi politiche.
In questi ultimi anni, l’Italia è apparsa molto ondivaga su temi chiave della propria politica estera. Non è per forza di cose un difetto, ma non è neanche un pregio. Molto spesso si scambia l’essere ambigui come una forma di politica non allineata completamente a un sistema: come segno di indipendenza. Tuttavia, quello che appare come un richiamo a una diplomazia di stampo “primorepubblicano” nascondeva molto spesso l’incapacità di seguire una strada certa e che portasse a benefici netti. Giuseppe Conte, cambiando maggioranza, ha certamente impresso una sterzata profonda anche al suo modo di fare politica estera: ma questo non è bastato a dare garanzie alle potenze che fanno da garanti all’Italia nel consesso internazionale. Una questione che pesa come un macigno nella politica di un governo già minato da questioni interne.
Draghi arriva a Palazzo Chigi con un background preciso. E le linee che detta marcano ancora di più il favore con cui è tornato a Roma. L’asse tra Palazzo Chigi e Quirinale, che ha plasmato questo esecutivo nato sulle ceneri di quello giallo-rosso, si fonda su una linea programmatica che ha le sue radici in due elementi cardine: Nato e Unione europea e idea di un Paese che rappresenta questi blocchi come pilastro mediterraneo. Le parole del premier confermano questa linea con una frase che non lascia dubbi: “Nei nostri rapporti internazionali questo governo sarà convintamente europeista e atlantista, in linea con gli ancoraggi storici dell’Italia: Unione europea, Alleanza Atlantica, Nazioni Unite”.
Sul fronte europeo, è chiaro che il governo Draghi nasca in un sistema profondamente legato alla visione unitaria dell’Europa. Il curriculum di Draghi, in questo senso, non può certo esser sottovalutato visto che presidente della Banca centrale europea ha salvato l’euro da una crisi potenzialmente esplosiva e ha ribadito, nel suo discorso, di considerare l’euro irreversibile. Queste linee guida economiche e finanziarie vanno di pari passo anche con una politica estera in seno all’Ue che appare da subito molto precisa, ma che non deve essere sottovalutata. L’idea di affermare che Francia e Germania sono referenti primari all’interno del continente, distinguendo nettamente Parigi e Berlino rispetto agli altri governi mediterranei (espressamente Spagna, Malta e Grecia e Cipro) costruisce un confine ben definito della rete strategica italiana. Con Francia e Germania l’impressione è che si volgiano creare canali sicuri e diretti che implicano un graduale ingresso dell’Italia nelle scelte comunitarie, cosa che ha anche ricordato il politologo Alain Minc, consigliere di Macron, nella sua intervista su Repubblica. Anzi, Minc ha anche lanciato una battuta non scontata sul disappunto spagnolo per l’arrivo di Draghi, dal momento che Madrid ha come obiettivo quello di scalzare Roma come terza capitale dell’Ue.
Questi pilastri europei, uniti a quelli atlantici, rappresentano la trincea diplomatica del governo varato in queste ultime settimane. Linee rosse che aprono la porta a uno scenario di riposizionamento molto marcato anche per quanto riguarda la Cina, mai citata nel testo nemmeno come partner fondamentale del Paese – cosa che invece è stata fatta per la Russia e per la Turchia – se non una volta ma per rimarcare le tensioni intorno a essa e in Asia centrale. Una scelta che non può essere solo dialettica: per Draghi l’Italia ha una sola appartenenza, che è quella atlantica ed europea. La Cina è un partner commerciale inevitabile, ma evitando di definirlo nel suo discorso programmatico, fa capire anche che non abbia un valore strategico come possono averlo America, Unione europea e Paesi con cui l’Italia intrattiene profondi rapporti economici, politici, di intelligence e per il controllo del Mediterraneo. Se quindi è chiaro che per Roma il rapporto con Berlino e Parigi resta imprescindibile per rafforzare un piano europeo che coinvolga anche il nostro governo evitando che Aquisgrana detti totalmente la linea sui cambiamenti in Europa, l’Italia guarda anche al Mediterraneo, visto che il presidente del Consiglio ha sostenuto in Senato di voler “consolidare la collaborazione con Stati con i quali siamo accomunati da una specifica sensibilità mediterranea”.
La questione è particolarmente importante perché aiuta anche a comprendere come si stia sviluppando la geopolitica italiana in un periodo così complesso di transizione in atto nell’area euromediterranea. Per Stati Uniti e Unione europea, il Mediterraneo rappresenta una faglia che divide un mondo occidentale indebolito dalla crisi e un’area di caos (Limes in particolare la definisce Caoslandia) che include grandi parti il Nord Africa e il Medio Oriente e dove incidono diverse potenze medie e grandi. L’Italia si trova al centro, ultimo lembo di un blocco alla ricerca della sua nuova vocazione dopo il crollo dell’Urss e con un’America che cerca di spostare il focus sulla Cina evitando di abbandonare il teatro europeo e mediorientale. Questa condizione implica che Roma debba scegliere con molta cura i suoi migliori alleati, perché è chiaro che in questa partita non esistono pareggi: c’è chi vince e c’è chi perde, o dentro o fuori. L’asse europeista e atlantista definito da Draghi indirizza l’Italia nel solco di chi la considera come trincea di questo confine in fiamme dell’ordine liberale internazionale. E questo chiaramente implica anche un ruolo preciso incorniciato in questo schema: a partire dallo stesso Mediterraneo allargato. Libia, Levante, Balcani sono aree verso cui l’Italia non può fare finta di nulla. E in attesa di mosse precise dell’amministrazione Biden, che ha già fatto capire di apprezzare molto il nuovo corso italiano, l’impressione è che ora Palazzo Chigi, Quirinale e Farnesina (che di fatto è “commissariata” dalla linea Draghi-Mattarella) abbiano un orizzonte in linea con le mosse di Nato e Ue.
FONTE: https://it.insideover.com/politica/europeista-e-atlantista-draghi-detta-la-politica-estera.html
SCIENZE TECNOLOGIE
STUDIO DELL’UNIVERSITÀ DI STANFORD: IL LOCKDOWN E LE MISURE RESTRITTIVE NON SERVONO
Per lunghi mesi l’Italia e numerosi paesi europei sono stati sottoposti al lockdown.
Si tratta di una misura estrema messa in atto dai governi per cercare di ridurre i contagi da Covid19. In alcune nazioni, come i Paesi Bassi, il lockdown e il coprifuoco non si vedevano dalla fine della II guerra mondiale.
Ora arriva uno studio dell’Università di Stanford a decretare che il lockdown non funziona. Confrontando i dati di diversi Paesi, lo studio non ha rilevato “alcun effetto benefico significativo” dai confinamenti in casa e dalla chiusura delle attività commerciali.
La ricerca è stata pubblicata il 5 gennaio scorso sull’European Journal of Clinical Investigation, che nel dettaglio ha esaminato le misure di Inghilterra, Francia, Germania, Iran, Italia, Paesi Bassi, Spagna, Stati Uniti, Corea del Sud e Svezia.
Nel caso dell’Inghilterra, Francia, Germania e Italia si è trattato di misure fortemente restrittive, mentre la Svezia ha deciso di perseguire una politica completamente diversa, rinunciando alle misure draconiane degli altri paesi.
“Sebbene non si possano escludere vantaggi di piccola entità, non troviamo benefici significativi nell’utilizzo di misure restrittive come i lockdown. La riduzione dei casi di contagio può essere ottenuta con interventi meno restrittivi” – scrivono i ricercatori nella conclusione dello studio.
In Italia il lockdown è stato richiesto a gran voce da Walter Ricciardi, Massimo Galli, Andrea Crisanti e Fabrizio Pregliasco. Il risultato di questo tipo di misure è stata la messa in crisi di interi settori dell’economia, nonché le proteste scoppiate in tutte le maggiori città italiane ed europee.
Ora arriva lo studio dell’Università di Stanford a mettere in dubbio un modello di gestione della crisi sanitaria che ha portato più danni che benefici.
FONTE: https://www.byoblu.com/2021/02/17/studio-delluniversita-di-stanford-il-lockdown-e-le-misure-restrittive-non-servono/
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