RASSEGNA STAMPA DETTI E SCRITTI
18 APRILE 2020
A cura di Manlio Lo Presti
Esergo
Quel che ha profondo significato,
proprio per questo non vale niente
GEORG W. F. HEGEL, Detti memorabili di un filosofo, Editori Riuniti, 2017, pag. 84
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SOMMARIO
Esiste un limite alla limitazione della libertà?
SMANTELLARE L’OMS E MANDARE A CASA I PROMOTORI DI VACCINI
LA BANDA DEI 17 DI VITTORIO COLAO
Sergio Fantoni: morto all’età di 89 anni l’attore, doppiatore di Marlon Brando
CORONAVIRUS E MASSONERIA
Centinaia di migliaia di euro per la quarantena dei migranti: accolti su nave con ristorante, cinema e giochi
Claudio Colosio, l’assassino di Ramelli nel comitato scientifico della Regione Lombardia
I BUONI, IL BRUTTO E IL CATTIVO
Un bel tacer non fu mai scritto
L’epidemia romanzata di Defoe che scuote ancora le nostre coscienze
Il Nobel Montagnier: “Virus sfuggito da laboratorio”. Gli scienziati: “Tesi fantasiosa”
LA CONSUETUDINE DEL GOVERNO CONTE A VIOLARE LA COSTITUZIONE ITALIANA E LE SUE GARANZIE
Sabino Cassese, Intollerabile l’abuso dei DPCM
IL WHISTLEBLOWING: UNO STRUMENTO ENDOGENO PER LA LOTTA ALLA CORRUZIONE E ALL’ILLEGALITÀ
BOOM, IMMIGRATI DIFFONDONO CONTAGIO E NESSUNO INDAGA
OPERAZIONE ‘BUCO NERO’: “TRA 50 ANNI SAREMO TUTTI AFRICANI”
COL PD AL GOVERNO PARLA IL BOSS DEGLI SCAFISTI: “PRONTO A RICOMINCIARE IL TRAFFICO”
Trump si schiera contro il lockdown: USA sempre più nel caos
UNA CONFESSIONE CHE FARA` TREMARE HOLLYWOOD (DAVID RODRIGUEZ)
LORETTA BOLGAN. IL VACCINO E’ INUTILE
IN EVIDENZA
Esiste un limite alla limitazione della libertà?
18 04 2020
Esiste un limite a ciò che il Potere può fare di noi? Saremmo tentati di rispondere sì, giusto? Certo che un limite esiste. Anzi, deve esistere. Dopotutto, siamo eredi dell’uguaglianza e della fraternità e della “libertà” della Rivoluzione Francese. E abbiamo infarcito la nostra Costituzione, del 1948, con una serie impressionante – addirittura avveniristica rispetto all’oggi – di diritti inviolabili. Così, a caso, e senza pretese di completezza: la libertà di dire, di fare, di discutere, di scrivere, di circolare, di lavorare, di curarsi, di dissentire, di rifiutare, di abitare il mondo, persino di “concorrere”, secondo le nostre “scelte”, al progresso “spirituale” della società (art. 4).
Forse non è mai stato messo nero su bianco, in tutta la storia umana, un documento così esteso contro le ingerenze del Potere Costituito. Eppure, ripeto, esiste davvero un limite a quanto il suddetto Potere può fare di noi? Magari, la risposta giusta è no. Magari al Potere basta solo premere il pulsante esatto nella tastiera della manipolazione per fare di noi un giulivo popolo di servi obbedienti. Quanti di voi avrebbero immaginato sessanta milioni di italiani confinati a domicilio, a guardare i telefilm o i cartoni animati, a pena di sanzioni criminali? E quanti avrebbero immaginato il proliferare di “agenzie” contro l’odio o la menzogna? O di censure, preventive o successive, verso gli “eretici” rispetto al nuovo “dogma” del totalitarismo medico-scientifico?
Eppure, è accaduto e sta accadendo, con buona pace della Rivoluzione francese e della Resistenza italiana. Quindi, la scoperta interessante di questi giorni è questa: le nostre libertà le abbiamo erroneamente date per scontate, ma non lo sono affatto. Basta una parolina magica per mandarle al tappeto. Nel Novecento, questa password si chiamava “Supremazia Razziale” oppure “Lotta di classe”. Ora si chiama, per esempio, “Salute”. In nome della “Salute” saremmo probabilmente disposti a farci calpestare come zerbini sull’uscio di casa. Il che potrebbe anche non essere sbagliato, mi direte. Se la “Salute” è il sommo valore della Repubblica, alla “Salute” si sacrifichino pure tutti gli altri valori.
D’accordo, ma c’è un limite? Pensiamo al caso dei greci. La Grecia per motivi non di “Salute”, ma di “Contabilità Pubblica” è stata letteralmente brutalizzata. Difficile sostenere che oggi esista ancora qualcosa di assimilabile a uno “Stato indipendente” in Grecia. Di nuovo, una parola magica (“Equilibrio Finanziario”) ha prodotto la magia. Con il consenso dei greci, beninteso, come Mario Monti ha avuto modo di constatare soddisfatto in qualche occasione. E ogniqualvolta ciò accade, i veri padroni, dietro le quinte della storia e della cronaca, si fregano le mani soddisfatti; perché hanno la risposta che desideravano al quesito di cui in apertura: non c’è alcun limite a ciò che il Potere può fare di noi.
Ora, sarà pur vero che (in questo preciso momento) i rischi stanno a zero, come sostiene la maggioranza: c’è davvero una emergenza in atto ed è gestita da un Governo “democratico”. Ma la domanda diviene: nel caso in cui, in futuro, una qualsiasi “istituzione” riuscisse a pronunciare la parola d’ordine “giusta” per un motivo “sbagliato”, diciamo pure per imporre uno stato dittatoriale di cose, quali sarebbero i nostri “contro-limiti”? In quale modo sapremmo accorgercene e troveremmo la forza per reagire? Nel Novecento, le vittime dei regimi avevano, se non altro, la opportunità di lottare contro un “male” evidente, con una ben precisa divisa. Ma quando il male si presenterà sotto le mentite spoglie del “bene”, cosa faremo?
Francesco Carraro
www.francescocarraro.com
FONTE:https://scenarieconomici.it/esiste-un-limite-alla-limitazione-della-liberta/
SMANTELLARE L’OMS E MANDARE A CASA I PROMOTORI DI VACCINI
COLLUSIONE ANTI-SALUTE TRA LE AGRO-CHIMICHE E LE FARMACEUTICHE
L’unica pandemia mondiale è rappresentata dalle patologie cronico-degenerati alimentate dall’industria agro-chimica e sfruttate dall’industria farmaceutica. Malattie che hanno portato conseguenze sociali impressionanti e indebitamento economico-sanitario. È necessario interrompere una volta per tutte questi drammatici conflitti d’interesse… prima che ci portino allo stermino nazista di massa …siamo ancora in tempo.
INCHIESTA DI FALÒ SULLE PANDEMIE PRECEDENTI E SULLE RELATIVE INUTILI VACCINAZIONI
VIDEO QUI: https://youtu.be/jS3Kqnpru94
SMANTELLAMENTO DI UN ENTE DANNOSO E INUTILE COME LA OMS
Bisogna Smantellare l’OMS, piena di conflitti d’interesse…Ha cambiato la definizione di Pandemia, rendendola indipendente dalla gravità delle patologie…Aviaria, Suina, Covid 19… Secondo l’OMS una volgare influenza può essere dichiarata pandemia… e fa scattare la prenotazione di vaccini.Contratti miliardari con gli stati che sollevano le industrie dalle responsabilità sui vaccini…La Polonia non prenota vaccini sulla suina… Gli Usa prenotano vaccini senza adiuvanti (un sacco di schifezze), mentre altri paesi li iniettano a poveri inconsapevoli a loro rischio…Medici ed esperti parlano apertamente…
TRUMP HA DECISO GIUSTAMENTE DI TOGLIERE I SOLDI A UN ENTE CORROTTO E VORACE
Ecco perché Trump gli ha tolto i soldi. Forse è necessario un tribunale popolare che giudichi questi crimini. Glaxo, Roche, Novartis… miliardi di utili…Fino all’imposizione di una chiusura Nazista dell’economia italiana…A Norimberga, nel dopoguerra, si stabilì che mai bisogna ubbidire ad Ordini in “Disonore”, uccidere e/o praticare imposizioni sanitarie…Intanto i militari italiani si rifiutano sindacalmente di sperimentare ulteriori vaccini…Buon segno.
Giuseppe Altieri (titoli e sottotitoli di VV)
FONTE:https://www.valdovaccaro.com/smantellare-loms-e-mandare-a-casa-i-promotori-di-vaccini/
LA BANDA DEI 17 DI VITTORIO COLAO
Ora che lo stellone di “Giuseppi” Conte si sta inesorabilmente appannando, è giusto noi tutti si porga più d’una domanda all’avvocato degli italiani. Soprattutto la gente vorrebbe sapere cosa ne ricaverà in futuro dall’essersi reso accondiscendente verso l’instaurazione del comitato abusivo e d’affari dei 17.
Che sembra proprio la ricetta Colao per liquidare gli ultimi scampoli d’Italia, per terminare quelle svendite e chiusure iniziate con la caduta di Bettino Craxi (ultimo presidente del Consiglio davvero italiano). Ma serve proprio una “task force” internazionale per questa Fase due del coronavirus? E Giuseppe Conte ha influito sulle nomine o le ha dovute in parte subire? Poi ci sono quei rumors, vari pettegolezzi, che accreditano il professor Guido Alpa (dove l’avvocato Conte s’è formato) in buoni rapporti con Vittorio Colao, pare consolidati dalla compravendita della Vodafone di De Benedetti a certi inglesi. Ma non scendiamo nel particolare, certi altarini prima o poi ci verranno narrati.
Resta il fatto che, il gruppo dei 17 è stato da qualcuno definito “Comitato d’affari dei 17”, perché decideranno in merito alle attività che avranno diritto o meno ad una ripresa lavorativa. Intanto Colao è già stato appellato “Caronte”, come il traghettatore infernale, sarà lui ad accompagnare l’Italia verso la “Fase 2 dell’emergenza pandemia”. E di traghettamenti Colao ne sa più di altri. Dopo aver lavorato presso la banca d’affari Morgan Stanley e poi in McKinsey & Company, nel 1996 assurgeva a direttore generale della Omnitel di De Benedetti: azienda telefonica poi traghettata (la fa vendere) agli inglesi. Nel 2004, dopo aver totalmente permesso la fuga di Vodafone sotto il sistema fiscale britannico, diventa amministratore di Rcs MediaGroup. Ma nel 2006 torna in Vodafone come amministratore delegato. Nel 2015 diventa amministratore dell’Unilever, la società globale di diritto olandese che ha acquistato più di quattrocento marchi nel campo alimentare, bevande ed igiene per la casa. L’Unilever ha sede a Rotterdam (Paesi Bassi, quindi Olanda) e poi a Londra: soprattutto è la multinazionale che ha acquistato i nostri Algida, Eldorado, Toseroni, Motta, Berolli, Calvé, Gradina, Foglia d’oro, Flora, Knorr, Findus, Milkana, i detersivi Omo, Coccolino, Svelto, Rexona, Dove, e poi i profumi Cerruti 1881, ed ancora la cosmesi Fissan. Insomma, la Unilever è l’azienda che dal 1992 ad oggi ha letteralmente razziato gli storici marchi italiani. Non ci sorprenderebbe se in queste manovre dei 17, tra aperture e chiusure, entrassero anche i licenziamenti totali in Whirlpool, Ilva, Conad… in modo da superare i fatidici 500mila disoccupati in più che, già prima della pandemia, venivano preventivati entro la primavera 2020 (calcolo che veniva fatto nel 2019): oggi vanno sommati anche i disoccupati della piccola e media impresa, ed il conto dovrebbe superare i dieci milioni.
Ma torniamo al nostro Colao, che nel maggio 2018 annunciava le dimissioni da Vodafone: qui ci si perde, perché scopriamo che era contemporaneamente amministratore sia di Vodafone che di Unilever. Ma dove paga le tasse Colao? La leggenda narra che sia cittadino anglo-olandese. Una sorta d’olandese volante, che come l’omonimo vascello fantasma solca i mari mondiali degli affari. Dal 2018 il buio, si sa solo che viaggia scortatissimo, che è amico (tramite De Benedetti) di George Soros e che conosce il gotha del fondo di Hillary Clinton. Questi ultimi sono più che interessati ad usare il 5G cinese in funzione anti-Trump.
Per farla breve, il comitato dei 17 esperti vede concentrarsi gli interessi delle multinazionali che, da circa trent’anni, ricordano ai governi italiani l’impegno a svendere gli asset, il cosiddetto “Sistema Paese”. Un comitato che ha già mangiato e digerito il piccolo Conte, ormai vittima di questa struttura: i 17 condensano la forza di Troika, Trilateral e Bilderberg. Soprattutto godono il favore dei “poteri bancari europei”, ecco perché Germania e Olanda si sarebbero chetate contro i problemi economici dell’Italia.
Anche perché Colao è il vicepresidente della lobby europea (ben presente a Strasburgo e Bruxelles) “Round Table of Industrialists”: struttura che tutela gli interessi delle grandi multinazionali, e che da tempo preme che si passi alla fase due anche di Ceta e altri accordi, per permettere alle security delle multinazionali d’affiancare magistrature e polizie nelle indagini contro chi aggredisce con campagne stampa e manifestazioni gli interessi dei colossi capitalistici (valga per tutti l’esempio della Tap petrolifera a Lecce).
Infatti ci chiediamo cosa ci faccia anche Peter Sutherland (vertice della Goldman Sachs) nel Comitato dei 17: la Goldman Sachs è la banca che nel 2011 usava lo spread contro l’Italia e ne chiedeva il default, il fallimento. Soprattutto desta sconcerto la presenza del diplomatico belga Étienne Davignon (già presidente del Bilderberg, erede d’una dinastia massonica francese) è tra gli esperti graditi a Colao, lo conobbe grazie a De Benedetti, ed era l’uomo applaudito da Soros come europeo alla guida d’integrazione ed immigrazione. Non è certo un caso che i nomi citati siano nell’elenco dei consulenti graditi ad Ursula von der Leyen (presidente della Commissione europea), al belga Charles Michel (già presidente del Consiglio europeo) e, ciliegina sulla torta, a Christine Lagarde (governatore della Bce). Non è casuale nemmeno la presenza di Enrico Giovannini nel comitato, l’accademico è uno dei membri del “Club di Roma”, fondato dall’imprenditore Aurelio Peccei e dallo scienziato scozzese Alexander King (ma col gradimento di David Rockefeller, Giovanni Agnelli).
La domanda che dobbiamo porci: è perché l’ex amministratore delegato di Vodafone (Vittorio Colao), che per due anni ha studiato il 5G, viene ora posto a capo del gruppo di lavoro governativo? Non è affatto un caso che intendano utilizzare la tecnologia 5G per curare (spiare) la vita degli italiani. Infatti, molti sindaci starebbero già opzionando il 5G come tecnologia utile ad incrociare i dati di vita privata, movimenti e riconoscimento facciale di cittadini eventualmente sposti al contagio da “coronavirus”.
Del resto, Colao ha più volte parlato (come Vodafone Group) della futura sfida d’integrare l’intelligenza artificiale con quella umana, della simbiosi tra uomo e robot, e che tutto avrebbe un futuro grazie al 5G. “Ci sono dei requisiti da rispettare per governare il cambiamento – ha detto Vittorio Colao – Posti di lavoro che spariscono? Salari che potrebbero scendere? È questo quello di cui abbiamo bisogno per uscire dalla crisi. l’Italia è esempio di sperimentazione intelligente delle reti 5G di prossima generazione”. Allora ci domandiamo se l’alta tecnologia serva per farci superare la crisi o per controllare i cittadini fin nel proprio intimo? Di fatto il potere affidato a questo “Comitato dei 17” è totalmente abusivo. Fa parte del gioco golpistico che inghiottirà lo stesso Conte. Non è certo un mistero che le grandi banche d’affari ora vedano in Colao il successore di Conte, soprattutto in vista dei pignoramenti europei verso i beni degli italiani piccoli e medi e, poi, della svendita delle ultime grandi aziende. Come chiosa rammentiamo che una parte dei poteri italiani e dei vertici di forze armate e forze di polizia si sarebbero già messi a disposizione dei 17, mentre altri non vorrebbero mandar giù l’instaurazione di questo stato tecnologico di polizia.
Non vorremmo essere nei panni di Conte, perché lui stesso potrebbe finire stritolato dagli ingranaggi di sistema. E poi quei grillini, tanto antisistema da affidare le sorti dell’Italia a Vittorio Colao ed Étienne Davignon. La P2 a confronto era un gruppo di patrioti dilettanti.
FONTE:http://www.opinione.it/economia/2020/04/17/ruggiero-capone_colao-coronavirus-conte-economia-comitato-17-fase-due-vodafone-goldman-sachs/
ARTE MUSICA TEATRO CINEMA
Sergio Fantoni: morto all’età di 89 anni l’attore, doppiatore di Marlon Brando
Cinema, teatro, tv, radio… Con Sergio Fantoni va via un pezzo importante del cinema!
Addio a Sergio Fantoni, la voce di Marlon Brando
Si è spento a Roma il il 17 aprile 2020, all’età di 89 anni, l’attore, regista e doppiatore Sergio Fantoni, nato nella Capitale il 7 agosto 1930.
Figlio degli attori teatrali Cesare Fantoni e Afra Arrigoni ha mosso i primi passi nel mondo dello spettacolo nei primi anni ’50 occupandosi di teatro, cinema, radio (dove ha condotto il programma Voi ed io insieme a Diego Fabbri) e TV. Negli anni ’60 ha avuto modo anche di lavorare a Hollywood.
Noto per aver lavorato con registi come Luchino Visconti, Francesco Maselli, Giuliano Montaldo, ha anche ricoperto un ruolo TV nell’episodio La voce del violino in Il Commissario Montalbano. Tra i suoi film si annoverano anche Intrigo a Stoccolma di Mark Robson e Il Colonnello von Ryan, Papà, ma che cosa hai fatto in guerra? di Blake Edwards e Il ventre dell’architetto di Peter Greenaway.
Ha prestato la voce ha famosi attori, da Marlon Brando (in Apocalypse Now), a Henry Fonda, Rock Hudson e Ben Kingsley.
Insieme al drammaturgo e regista Ivo Chiesa e alla collega attrice Bianca Toccafondi ha ricevuto nel 2002 il Premio alla carriera intitolato a Ennio Flaiano.
La sua carriera, ricca di successi e soddisfazioni, si è interrotta nel 1997, quando venne operato di laringectomia. Impossibilitato a lavorare con la voce, virò allora verso la regia e la direzione artistica della Contemporanea, trasformata in società di produzione, con Fioravante Cozzaglio come direttore organizzativo.
FONTE:https://www.cinematographe.it/news/sergio-fantoni-morto-eta-film/
ATTUALITÀ
CORONAVIRUS E MASSONERIA
Due ordini di ragioni spingono in questa direzione, una profilattica e l’altra economica. La prima deriva dall’esperienza di questi giorni, l’emergenza sanitaria, che ci insegna che dovremo rassegnarci a convivere con il rischio del contagio, pur nell’adozione delle necessarie cautele, sino a quando non sarà scoperto e diffuso il vaccino.
Questo significa che bisognerà rispettare le distanze di sicurezza nelle riunioni, pratica impossibile per le tornate massoniche rituali che si effettuano nel tempio; significa che non ci si potrà scambiare più il triplice abbraccio fraterno, significa che non si potranno più celebrare alcuni riti, come quello della elevazione al grado di maestro, per esempio. Si dovrà andare avanti, quindi, con la soluzione burocratica, ma sarà un colpo al cuore per i puristi della ritualità, che vedranno oltraggiato il culto del loro amore, il rito.
Ancora più serio l’altro motivo della crisi prossima ventura, quello economico. L’esperienza claustrale di questi giorni ci ha insegnato l’importanza della pronta disponibilità di liquidità monetaria, senza la quale non si possono soddisfare nemmeno le necessità primarie di sopravvivenza; inoltre le campane a morto della nostra economia lasciano presagire un futuro durissimo per il lavoro e le famiglie. Le conseguenze pratiche si racchiudono in una sola parola: il risparmio. Come quello cui erano educate le nostre mamme nel dopoguerra. Già da ora si prefigura uno scenario sociale, totalmente diverso dal passato, che sarà ispirato a sobrietà e rigore. Con questa premessa viene da chiedersi quale posto occuperanno le spese per l’associazionismo massonico in una scala di priorità di un bilancio familiare. Soprattutto quando si pensa che l’80 per cento dei massoni italiani è rappresentato da Partite Iva, particolarmente stremate da questa congiuntura. C’è da chiedersi se saranno ancora possibili certi costi di adesione (da 400 a 1000 euro annuali) a beneficio di bilanci milionari di certe obbedienze, e soprattutto se saranno ancora moralmente e concretamente ammissibili gli emolumenti a cinque zeri goduti dai relativi gran maestri.
Probabilmente assisteremo a un nuovo mutamento genetico della massoneria italiana, la fine di un ciclo e l’inizio di un altro, più confacente ai tempi. Almeno sino al vaccino si limiteranno le riunioni fisiche a quei riti che consentano una sicurezza profilattica, ma per la parte dialettica, le discussioni tematiche, si dovrà ricorrere alle piattaforme telematiche, tipo Skype, migliorando la formazione culturale. Per l’aspetto economico, per non perire dovranno necessariamente calare certi appetiti di alcune comunità massoniche, che, sempre più fuori dalla realtà, si evidenziano in investimenti immobiliari e in esose sagre, che dirottassero invece a favore di un’azione di solidarietà nei confronti di quei massoni ridotti all’indigenza dallo tsunami economico e di una sobria amministrazione delle strutture, col minimo impegno contributivo degli aderenti.
Chissà che il coronavirus non risolva nell’arco di breve tempo alcuni atavici problemi della massoneria italiana.
FONTE:http://www.opinione.it/societa/2020/04/14/francesco-guida_coronavirus-pandemia-crisi-obbedienze-massoniche-rituali-riunioni-problema-economico/
BELPAESE DA SALVARE
Centinaia di migliaia di euro per la quarantena dei migranti: accolti su nave con ristorante, cinema e giochi
“Il ministro Paola De Micheli (Pd) non ha badato a spese per i 145 migranti della Alan Kurdi: il traghetto della Tirrenia “Raffaele Rubattino” è dotato di 289 cabine, ristorante, self service, due bar, negozio, infermeria, cinema, area giochi per bambini e solarium sul ponte 10″. Lo fa sapere Francesca Totolo su Twitter.
Lo conferma anche l’ex ministro degli Interni, Matteo Salvini, sui social: “La “Rubattino” è uno dei più grandi traghetti d’Italia, in grado di accogliere fino a 1.470 passeggeri, con 289 cabine e sala poltrone da 195 posti. È dotata di aria condizionata, ristorante, self service, due bar, negozio, infermeria, cinema, area giochi per bambini e solarium. In arrivo anche la nave Ong Aita Mari che ci porterà altri 40 immigrati. Avanti, c’è posto!”.
Lo conferma anche l’ex ministro degli Interni, Matteo Salvini, sui social: “La “Rubattino” è uno dei più grandi traghetti d’Italia, in grado di accogliere fino a 1.470 passeggeri, con 289 cabine e sala poltrone da 195 posti. È dotata di aria condizionata, ristorante, self service, due bar, negozio, infermeria, cinema, area giochi per bambini e solarium. In arrivo anche la nave Ong Aita Mari che ci porterà altri 40 immigrati. Avanti, c’è posto!”.
FONTE:https://stopcensura.org/centinaia-di-migliaia-di-euro-per-la-quarantena-dei-migranti-accolti-su-nave-con-ristorante-cinema-e-giochi/
Claudio Colosio, l’assassino di Ramelli nel comitato scientifico della Regione Lombardia
Roma, 17 apr – Claudio Colosio oggi è un medico responsabile di unità operativa ospedaliera di medicina del lavoro dell’ospedale San Paolo di Milano e fa parte del comitato scientifico della Regione Lombardia. Lo stesso Claudio Colosio, il 13 marzo 1975, prese parte al barbaro agguato omicida nei confronti di Sergio Ramelli. Aveva il compito di sorvegliare la zona dell’agguato ed eventualmente dare l’allarme.
Ramelli aveva 18 anni, era un militante del Fronte della Gioventù e fu aggredito nel capoluogo lombardo, in via Paladini, mentre si stava incamminando verso casa. Fu ammazzato a colpi di chiave inglese da un commando di Avanguardia Operaia e di quel commando faceva parte anche l’attuale membro del comitato scientifico della Regione Lombardia. A quel ragazzo di 18 anni, il commando di Avanguardia Operaia sfondò il cranio.
Ramelli morì dopo 47 giorni di agonia la mattina del 29 aprile 1975 e le forze dell’ordine a causa delle pressioni politiche, giusto per capire chi generava odio in quegli anni (e non solo), arrivarono a proibire il corteo funebre.
Il 16 maggio 1987, Colosio fu condannato dalla Corte d’assise di Milano a 15 anni di reclusione per omicidio preterintenzionale. Due anni dopo, il 2 marzo 1989, la II sezione della Corte d’assise d’appello, presieduta da Renato Cavazzoni, nonostante l’accusa nei confronti degli aggressori di Ramelli fosse mutata nel ben più grave omicidio volontario, riconobbe incredibilmente l’attenuante del concorso anomalo, riducendo le pene degli imputati.
A Colosio venne ridotta la condanna a 7 anni e 9 mesi. Condanna confermata poi nel 1990.
Gallera ne è a conoscenza?
Chi lo ha nominato nel comitato scientifico sapeva che Colosio è stato condannato per l’omicidio di Ramelli? L’assessore lombardo al Welfare, Giulio Gallera, è a conoscenza di questi fatti? Lo chiediamo proprio a Gallera perché lo scorso 10 aprile l’assessore ha firmato un decreto indicando i nomi dei 26 membri che sono andati a comporre il Comitato Tecnico Scientifico per affrontare l’emergenza coronavirus: tra questi membri c’è appunto Claudio Colosio. A questo punto cosa intende fare l’assessore Gallera? Rimuoverà prontamente dal prestigioso incarico uno degli assassini di Sergio Ramelli?
CasaPound: “La Regione faccia un passo indietro”
“Una gaffe vergognosa da parte di Regione Lombardia che dà bene l’idea di come un delitto atroce come quello di Sergio Ramelli sia stato rimosso dalle coscienze degli italiani e dei milanesi solo perché la vittima stava dalla parte ‘sbagliata’. Una rimozione così profonda che nemmeno una giunta di centrodestra è riuscita a risparmiarci questa ulteriore, incredibile ferita”. Così Simone Di Stefano, tra i leader di CasaPound, commenta la nomina di Claudio Colosimo, oggi docente di medicina del Lavoro alla Statale, nel 1990 condannato in via definitiva per l’omicidio Ramelli, nella task force creata dalla Regione Lombardia per guidare la fase 2 dell’uscita dall’epidemia.
“Ramelli, giovane militante del Fronte della Gioventù, è morto al termine di un mese di agonia nel 1975 a Milano, dopo essere stato ridotto in fin di vita a colpi di chiave inglese da alcuni studenti di medicina. Colosio, insieme ad altri due complici, ebbe in quel vigliacco blitz il compito di sorvegliare la zona dell’agguato con l’impegno di dare l’allarme in caso di pericolo. Confessò, e chiese perdono alla madre di Ramelli, un perdono che lei però non volle dargli mai. Cosa direbbe ora Anita Ramelli? Alla Regione Lombardia chiediamo un po’ di decenza e di rispetto per la memoria di Sergio e per il senso di giustizia di tutti gli italiani: su Colosio faccia un passo indietro”.
Eugenio Palazzini
FONTE:https://www.ilprimatonazionale.it/cronaca/claudio-colosio-assassino-ramelli-comitato-scientifico-regione-lombardia-153448/
CONFLITTI GEOPOLITICI
I BUONI, IL BRUTTO E IL CATTIVO
Pubblicato il 19 Gennaio 2020
Adn Kronos ha diffuso i dati dei finanziamenti della associazione Open Foundation di George Soros per il biennio 2017-2018. Trattasi della bellezza di ottomilionicinquecentoventisettemilanovecentoquarantotto dollari elargiti a una galassia di associazioni, movimenti, partiti. In ordine sparso, e senza pretesa di esaustività: l’Istituto Affari internazionali, Radicali italiani, l’associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione, e poi una caterva di organizzazioni non governative a vario titolo impegnate nel campo dell’assistenza a profughi, rifugiati, pendolari economici e via migrando.
Di fronte a un tale filantropo viene da chiedersi cosa abbiamo fatto per meritarcelo. Non ci sembra di essere all’altezza, capite. Ma dovrebbero chiederselo soprattutto i beneficiari di cotanta generosità. Perché Soros è così buono con loro? Sarà forse una dote innata, oppure una congiuntura favorevole del suo segno astrale, o ancora una vocazione samaritana maturata via via che i miliardi si accumulavano nei conti correnti del suo impero finanziario? Sia come sia, ogni discorso su di lui dovrebbe finire in gloria, perlomeno stando alle munifiche elargizioni di quella cornucopia universale rispondente al nome di Open Society, cioè “società aperta”.
Sennonché, specialmente i destinatari della sua bontà, non si interrogano affatto sulle motivazioni del loro mecenate. Del resto, nel mondo incantato di chi, in buona fede, si spende cristianamente per accogliere i migranti certe domande rischiano solo di sollevare scomodi esami di coscienza. I paladini delle frontiere spalancate, e dei muri abbattuti, in genere sono vittime di quella specie di “stupidità indotta” immortalata da Dostoevskij nel principe Myškin del capolavoro letterario “L’idiota”.
In effetti, il buono, troppo spesso, rischia di essere idiota. E molti tra i buoni dissetati dalla liberalità di Soros lo sono. Ma lui no. Lui non è affatto idiota. E tantomeno è buono. Come farlo capire alle alici (e alle sardine) del paese delle meraviglie? Basterebbe por mente all’autentica ossessione di Soros; che non è, beninteso, la beneficienza in senso lato. È una specifica forma di beneficienza, in senso stretto: quella destinata a inondare i paesi europei di orde di uomini sradicati, la gran parte dei quali non scappa né da guerre, né da carestie, né da inondazioni e non cerca né un lavoro, né l’integrazione, né la realizzazione economica. Più semplicemente, vuole un posto dove poter stare bene e meglio. Ambizione umanamente comprensibile a cui qualsiasi Stato degno di questo nome dovrebbe porre limiti rigorosi.
Ma Soros non è uno Stato. Anzi, egli sogna la dissoluzione definitiva delle tradizionali forme statuali. E anche la liquefazione di ogni aggregato civile cementato da comunanza di tradizioni, linguaggio, cultura, religione. Soros, e quelli come lui, vagheggiano un’umanità novella, forgiata su un meticciato non solo e non tanto etnico, quanto piuttosto sociale e di costume. Vogliono temprare l’uomo nuovo: senza identità, senza valori, senza radici. Il manovale perfetto, lo spaesato abitatore, agevolmente manipolato e sfruttato, della civiltà del futuro.
Francesco Carraro
www.francescocarraro.com
FONTE:https://www.francescocarraro.com/i-buoni-il-brutto-e-il-cattivo/
CULTURA
Un bel tacer non fu mai scritto
Theodore-Roussel-ragazza-che-legge
È un lavoro sporco, ma qualcuno lo deve pur fare. Covid-19, Orbàn e l’Ungheria, decreti, leggi e commi della costituzione, l’Europa e la BCE, tutte le modifiche dei DPCM, assetti politici e geopolitici. Sembra che questa forzata convalescenza ci stia facendo diventare tuttologi, alimentando quella competizione irrefrenabile a chi sa più dati, leggendo e rileggendo articoli online fino alle due di notte, con gli occhi rinsecchiti fissi sugli schermi di smartphone o laptop, per poter dimostrare poi con qualche commento su Facebook che la si sa più lunga di altri, perché “ci si è informati di più”. Il vero problema, ahinoi, non sta nell’essere semplicemente informati, bensì nell’essere formati per poter informarsi. Soluzioni “tappo” ad una nave che fa acqua da tutte le parti, come è quella di un task force che indica semplicemente dei contenuti e non mira a formare le coscienze sono, oltreché faziose, destinate a lasciare il tempo che trovano.
Di questi tempi, si riconosce sempre di più il valore della Filosofia e dell’argomentazione di qualità che solo questa permette di acquisire. La tanto vessata materia inutile, permette invece di orientarsi nel mare di melma d’informazione da cui ci troviamo sommersi, oggigiorno quadruplicata rispetto alla quotidianità pre-pandemia. La ricerca delle cause prime e delle cause ultime, le dodici categorie di Kant, la differenza tra forma e contenuto, l’elenchos, l’apagogia, la correlazione che non implica necessariamente la causazione. Questi sono strumenti concettuali che solo la Filosofia possiede, e che da essa sono state trasmesse al pensiero scientifico occidentale.
La Filosofia non serve, scrive da qualche parte Aristotele, proprio perché non è serva di niente. E tale purezza emerge proprio in situazioni come questa, dove ognuno vuole ergere il proprio sapere particolare a Verità, pretendendo di dire il senso del mondo attraverso gli strumenti offerti dal proprio sapere particolare. Ma questo è contraddittorio: la parte non può dire il senso del tutto, se non dalla sua visione di parte in quanto parte. La Filosofia ha questo di proprio: che indaga la struttura formale del senso del mondo in quanto tale, prescindendo da saperi specializzati. Ecco perché poi, nello specifico-tecnico essa risulta inutile, non serve, cioè, proprio nel senso che non si tecnicizza, altrimenti perderebbe la qualità e capacità fondamentale (Grundvermögen) purissima di tenere sempre in vista l’orizzonte di senso, come la vedetta di una nave è sempre vigile sull’orizzonte, che offre albe e tramonti spettacolari, sulla stella polare la notte e sugli ostacoli che il macchinista, pur essendo eccellente conoscitore del motore della nave, in sottocoperta, non può vedere.
Scrive Hegel nella Scienza della Logica «Ogni finito ha questo di proprio, che sopprime sé medesimo»: ogni sapere finito che si pensa infinito, sapere ultimo, sapere che dice il senso del mondo, arriverà sempre ad un’autocontraddizione, a scoprirsi come finito, attraverso il travaglio della coscienza, direbbe il filosofo tedesco, attraverso il cammino della propria coscienza che è inevitabile e necessario, la «via del dubbio e della disperazione», la definisce. Chi sta nella convinzione di possedere un sapere autosufficiente ricorda molto la seconda figura descritta nella Phänomenologie des Geistes: si è nella parvenza che la conoscenza globale sia esattamente la propria conoscenza particolare relativa all’oggetto, al tema, alla nuda cosa. Ma la nuda cosa ammantata di un sapere particolare è niente. Servono proprietà universali. L’anima bella che crede di conoscere in toto come stanno le cose del mondo, la cosa in sé stessa (die Sache Selbst), perché ha letto articoli su articoli, o perché orgogliosamente conosce perfettamente il manuale di diritto privato sul quale ha ottenuto un bel 30 e lode all’università, rivolge lo sguardo nella ricerca del sapere sempre all’esterno con immediatezza, verso un oggetto ma in quanto tale è uno, e quel suo sapere è incapace di legare assieme, collegare, avere una visione totale, mossa dalla brama, attraverso il desiderio di “conoscere” di più di quel tipo che ha condiviso quel post su Facebook, così “ora gli faccio vedere io che le cose non stanno come x ma stanno come y”.
Questo è il risultato di una logica comunicativa usata dai mass media ma da cui, ancora una volta, la Filosofia può metterci in guardia. Ogni coscienza nel momento in cui manifesta una conoscenza ha un bisogno fortissimo di riconoscimento e approvazione. Così l’opinione è facilmente divisa in pro e contro relativamente ad una certa posizione, e quel pensiero che sa ricamare “a mano”, sottile, faticoso ma elegante è timbrato come “respinto”: la complessità è sempre più sinonimo di qualcosa di negativo, di astruso, di lungo e prolisso, qualcosa da evitare. È un richiamo per la coscienza, è quel cammino del dubbio e della disperazione che oggi nessuno vuole più fare, che sempre meno è permesso fare. Molto più facile leggere un articolo che “ti dà ragione”, che ti propone delle lenti colorate con cui guardare il mondo – magari assieme ad una montatura alla moda scontata se “clicchi subito” – piuttosto che leggere la Fenomenologia dello Spirito, mettere alla prova del nove la propria conoscenza attraverso il Tractatus di Wittgenstein o un saggio di Emanuele Severino. Queste pagine richiedono fatica, una fatica che non ha nulla a che fare con l’indottrinamento scolastico-universitario, non si trovano nozioni. Il senso del mondo non è una nozione.
Il primato della Filosofia si vede in casi come questi: essa non si lega a nessun sapere particolare, riconosce il grado di verità e l’essenza di ogni opinione. L’elemento tecnico è qualcosa di strumentale, necessario, fondamentale, ma delle cose conosce solo il senso che proviene dal suo essere tecnico, chiuso nel proprio ambito. In realtà, la Filosofia ha già fatto un’ammissione di colpa. Essa stessa negli ultimi due secoli ha offerto la testa della Verità su un vassoio d’argento alla Tecnicizzazione di ogni verità: Dio è stato ucciso, ogni verità è possibile, tutto e il contrario di tutto hanno lo stesso valore, la Filosofia ha aperto la porta allo spettro del Nichilismo, che ora è servo della Tecnica.
Ma la forza di questo Pensare, senz’altro colpevole storicamente per ciò che ha detto e talvolta per i propri silenzi, è l’autoconfutazione: intrinsecamente essa è un sapere processuale, a differenza di qualunque altra conoscenza tecnica e particolare. In sé ci sono le forze per volgere alla critica di se stessa e chiedersi quale possa essere la Verità di cui abbiamo di nuovo bisogno, visto che quella della tradizione si è rivelata inadeguata, visto che ha permesso la sua stessa uccisione.
Sembrerebbe però che, nonostante i vari sforzi per ribadirlo, nessuno voglia più fare la fatica di ascoltare cos’ha da dire la Filosofia, e quindi sorge spontaneo chiedersi: la Filosofia, così democratica e così vessata dalla stessa digital-democrazia, è davvero per tutti? La Filosofia, essendo la vedetta che sta urlando avvisandoci che stiamo andando a sbattere contro un iceberg, essendo la scacchiera su cui si sono da sempre giocate tutte le partite della storia e delle scienze, deve davvero consegnare il proprio sapere purissimo alla banalità di chi cerca immediatamente e ostinatamente la prassi per risolvere il problema, senza volgere la critica innanzitutto al proprio modo particolare di pensare?
Un consiglio non richiesto ma sentito davvero, almeno per una prassi filosofica (dove “filosofia” non significa banalmente “amore per il sapere” ma “mettere in luce”): chiediamoci di più “da cosa muovo quest’argomentazione? Da un sapere particolare?”. E in maniera più personale: “Da quanti anni mi occupo di questa materia? Che autorità e credibilità sociale ho io nel poter dire questo?”. L’illimitatezza e l’apertura vengono narrate come sinonimi di democrazia, ma la democrazia ateniese, se questo è l’ideale a cui ci rifacciamo quando pensiamo di poter esprimere qualunque sentenza, è bene ricordare che era basata su un criterio assiologico e per quanto innovativa, era pur sempre qualcosa di ristretto agli aristoi, ai migliori in quanto cittadini per ius sangunis (poco democratica per essere il modello dei giorni nostri, no?). Allora si capirà la debolezza e la vanità, di voler dire il senso ultimo e universale delle cose, in quanto mera opinione particellare. Che il particolarismo, invece, sia occasione di rinascita, di ripensamento, di autocritica prima ancora che di critica. Altrimenti, per la sola volontà di dire il senso del mondo in un commento su Facebook rimane valido un vecchio detto: un bel tacer non fu mai scritto.
FONTE:https://www.lintellettualedissidente.it/controcultura/filosofia/un-bel-tacer-non-fu-mai-scritto/
L’epidemia romanzata di Defoe che scuote ancora le nostre coscienze
Ai tempi del coronavirus il “Diario dell’anno della peste” dello scrittore britannico va a ruba. Sembrerebbe una deposizione affidabile. Ma le cose stanno diversamente
14 Aprile 2020
John Dunstall. “La rappresentazione della peste e delle sue conseguenze (1666 )
Per capirne di più bisogna volgere lo sguardo al 25 maggio del 1720, quando la Grand-Saint-Antoine, nave proveniente dalle coste della Siria, raggiunse il porto di Marsiglia carica di tessuti pregiati e balle di cotone. Un viaggio commerciale come tanti altri, se non fosse che il capitano Jean-Baptiste Chataud, ansioso di mostrare la sua merce alla rinomata fiera francese di Beaucaire, avesse sottostimato di proposito un segreto terribile: tra sbuffi e sete di gran valore viveva indisturbata la yersinia pestis, il batterio della peste. Prima dell’arrivo a Marsiglia la nave fece tappa a Livorno dove furono fatti sbarcare i cadaveri di otto membri dell’equipaggio rimasti contagiati. Il comandante temeva che la nave fosse sottoposta a quarantena immediata impedendogli così di arrivare in Francia in tempo per la fiera. Ma, per sua fortuna, la negligenza dei medici italiani e il rilascio della ‘patente nette’ (licenza chiara) permisero alla nave di ripartire in gran fretta verso Marsiglia. Senza dubbio si trattò di una decisione avventata, che provocò la diffusione incontrollabile del batterio pestifero nel sud della Francia, passato alla storia come Peste di Marsiglia che causò circa 126.000 vittime.
Le notizie sulla propagazione dell’epidemia in Provenza non tardarono a giungere alle orecchie dei londinesi i quali, fra la fine del 1664 e il 1666, avevano già perso oltre 75.000 persone per via della peste. Insomma, dopo appena 56 anni l’epidemia era tornata, gettando nel panico la popolazione. La domanda di tutti era: come evitare stavolta la circolazione della grande peste? Quesito legittimo, certo, a cui molti – troppi – provarono a rispondere. E così un’ondata di pubblicazioni di ogni genere investì l’Inghilterra: scientifiche, filosofiche, religiose, diari e manifesti di pubblicità progresso e no. In breve, il panico.
Inizialmente, l’obiettivo fu di suggerire al primo ministro inglese Robert Walpole e al re Giorgio I alcune misure di contenimento, prima che la peste raggiungesse di nuovo il territorio britannico. Richard Mead, rinomato medico inglese, pubblicò prontamente “A Short Discourse concerning Pestilential Contagion, and the Method to be used to prevent it”, uno studio d’importanza storica per la comprensione delle malattie contagiose. Ma ben presto prevalse la tentazione di speculare sull’emergenza. Vale la pena ricordare Richard Bradley, un botanico di scarso successo, che pur di accattivarsi la considerazione del pubblico inglese scelse un titolo spudoratamente – potremmo definirlo oggi – ‘acchiappa penny’: “The Plague of Marseilles. Also Observations taken from an original Manuscript of a graduate physician, who resided in London during the whole time of the late plague, anno 1665”. Insomma, tutto è già spiegato in prima pagina con il titolone a effetto, non disturbatevi ad approfondire la questione
A ogni modo, il fermento del dibattito intellettuale attorno alla peste contagiò anche la fantasia e il genio di Daniel Defoe che raccolse, con la meticolosità di un giornalista illuminista, documenti e testimonianze relative alla pestilenza del 1665, scrivendo uno dei diari sulla peste più letti nella storia della letteratura europea, considerato per anni una deposizione in prima persona, genuina e affidabile. Ma così non è. William Minto, uno dei biografi dello scrittore, sostiene che Defoe è stato forse uno dei più grandi bugiardi che sia mai vissuto. In effetti, quando l’autore pubblicò il diario nel 1722 non inserì il suo nome, bensì attribuì l’opera a H. F., narratore e protagonista, con la dicitura “scritto da un cittadino che rimase tutto il tempo a Londra”. Oltre a trattarsi di un mero escamotage per incrementare le vendite, portò i lettori a considerare l’opera un vero reportage. Fu soltanto nel 1780, quasi 50 anni dopo la sua morte, che il diario fu attribuito a Defoe, che non poteva essere il diretto e affidabile testimone dei fatti data la sua giovane età quando la grande peste travolse Londra – nel 1665 aveva solamente cinque anni.
Non è un caso se oggi, come riferisce Amazon, l’edizione inglese Penguin del Diaro sia andata a ruba e al momento non sia più disponibile. Nonostante l’espediente usato da Defoe, si tratta di un’opera capace di intrecciare realtà e verosimiglianza, di scuotere le coscienze rispetto agli orrori dell’epidemia, oltre che di rinfrescare la memoria collettiva passata e presente.
FONTE:https://www.ilfoglio.it/cultura/2020/04/14/news/l-epidemia-romanzata-di-defoe-che-scuote-ancora-le-nostre-coscienze-312983/
CYBERWAR SPIONAGGIO INFORMAZIONE DISINFORMAZIONE
Il Nobel Montagnier: “Virus sfuggito da laboratorio”. Gli scienziati: “Tesi fantasiosa”
La teoria del controverso medico francese: “Un lavoro da apprendisti stregoni. Iss: “Nessuna evidenza scientifica”. Istituto Pasteur: “Non ha senso”
GIUSTIZIA E NORME
LA CONSUETUDINE DEL GOVERNO CONTE A VIOLARE LA COSTITUZIONE ITALIANA E LE SUE GARANZIE
Fino all’otto marzo del 2020, quando fu emesso il primo dpcm di Conte, neanche il più fantasioso sceneggiatore cinematografico poteva immaginare che un Presidente del consiglio avrebbe potuto stravolgere la Costituzione italiana in questi termini e con tanta sfrontatezza, come Conte è riuscito ad attuare e continua a reiterare.
(Articolo scritto da Fabrizio Valerio Bonanni Saraceno)
Il modus agendi incostituzionale del Presidente del Consiglio è arrivato al livello surreale di creare in modo autonomo e arbitrario una nuova fonte del diritto, ossia una nuova forma di legge di delega di matrice autoritaria, senza alcun vincolo di tempo e senza alcun limite sostanziale.
Il Presidente del Consiglio ha inventato la Legge di delega governativa al Presidente del Consiglio dei Ministro, una Legge che ha rotto ogni equilibrio ed ogni garanzia costituzionale, surrogando la Legge di delega parlamentare al Governo, prevista, invece, dalla Costituzione, con precisi limiti sostanziali e temporali.
Conte continua imperterrito ed impunitamente a violare la Costituzione, senza che nessuna forza politica ed istituzione intervenga in modo deciso ed efficace, a cominciare dai due organi di garanzia costituzionale, Parlamento e Presidente della Repubblica, più diretti a controllare l’operato del Governo e quindi a tutelare lo Stato democratico e di diritto.
Il capo del Governo sta strumentalizzando l’emergenza, causata dal Covid-19, per esautorare le funzioni legislative del Parlamento, che ormai è ridotto ad una sorta di impotente spettatore.
Il Presidente del Consiglio ignora o finge di ignorare che la nostra Costituzione prevede che lo Stato italiano abbia una struttura democratica di Repubblica parlamentare, in cui il Parlamento ricopre un ruolo fondamentale per l’esercizio del potere legislativo, in quanto rappresentante del popolo, da cui viene eletto con elezioni democratiche.
Quindi è il Parlamento che delega al Governo i compiti e ne definisce sia i poteri e i modi d’esercizio e sia i loro limiti temporali e non il Presidente del Consiglio che in modo autonomo e quindi arbitrario si attribuisce tali poteri straordinari, per giunta senza alcun vincolo sostanziale e di tempo.
Un’ampia giurisprudenza della Corte Costituzionale ha stabilito in che modo possono essere esercitati i poteri di ordinanza per affrontare le contingenze imprevedibili ed urgenti, che richiedono degli interventi immediati.
Il nostro ordinamento giuridico e quindi il nostro Stato di diritto trae la sua origine da delle fonti legislative e la principale è proprio la nostra Costituzione, la quale stabilisce all’art.78 che << Le Camere deliberano lo stato di guerra e conferiscono al Governo i poteri assoluti>>.
Quindi la Costituzione prevede una sola ipotesi di stato di emergenza, ossia quella dovuta allo stato di guerra ed in seguito a tale decisione si applica il diritto interno di guerra, producendo di conseguenza alcune specifiche deroghe ai principi costituzionali
Il decreto del Presidente del Consiglio del 8 marzo del 2020 era illegittimo perché non fissava alcun termine e non specificava i poteri delegati, ma presentava solamente una vaga elencazione di poteri che nella mancanza di definizione della loro modalità di esercizio consentiva l’adozione di indeterminati atti.
Inoltre lo stato di guerra concerne soltanto l’ipotesi di guerra scoppiata fra Stati e non prevede l’ipotesi di guerra civile interna allo Stato, per la quale, invece, la Costituzione dispone la proclamazione dello stadio di assedio.
La questione più rilevante riguarda non solo che la Costituzione italiana prevede soltanto un’ipotesi di stato di emergenza (lo Stato di Guerra) e dispone che siano le Assemblee rappresentative a deciderlo, ma anche che, una volta decretato e poi dichiarato dal Presidente della Repubblica, è sempre il Parlamento a conferire al Governo i necessari poteri e ad estenderne le competenze in funzione della gestione dello stato di guerra.
Il Parlamento anche durante l’ipotetica emergenza bellica continuerà comunque ad esercitare il suo controllo costituzionale sul Governo, in particolare controllando le modalità con le quali il Governo attua i poteri che ad esso sono stati conferiti.
Inoltre, tutti quegli atti riguardo all’emergenza sanitaria causata dalla pandemia, secondo la legge del 1978 sul Servizio Sanitario Nazionale, dovevano essere emanati dal ministro della Salute e non dal Presidente del Consiglio e così facendo ne ha usurpato i poteri , accentrandoli “contra legem” nelle sue funzioni.
Inoltre, trovo alquanto sconcertante questa complicità della maggior parte degli organi di comunicazione nel reiterare il messaggio di compilare il modulo di autodichiarazione qualora si decidesse di uscire, come se la sua redazione fosse imposto dalla legge.
Quando nessuna legge, neanche i dpcm di Conte (infatti nessuno lo dispone, neanche l’ultimo dpcm emesso il 10 aprile) possono obbligare ad autocertificare alcunché, perché l’utilizzo dell’autodichiarazione, secondo la legge n. 445 del 28 dicembre 2000, risponde ad un diritto soggettivo e quindi non ad un obbligo, tanto più che l’art. 49 della stessa legge dispone che << I certificati medici, sanitari, veterinari, di origine, di conformità CE, di marchi o brevetti non possono essere sostituiti da altro documento, salvo diverse disposizioni della normativa di settore >>, escludendo la possibilità di ricorrere in questi casi all’autodichiarazione e qualora venisse chiesto dalle forze dell’ordine la sua compilazione, per certificare il motivo dello spostamento del cittadino che è sottoposto a controllo, sarebbe un atto doppiamente illegale.
Questo forzato messaggio subliminale di far compilare l’autodichiarazione forse nasconde l’intento da parte del Governo di indurre i cittadini, nell’elemento soggettivo di opinio legis ac necessitatis, che essa sia disposta dalla legge, con la conseguenza che il cittadino osservando la sua compilazione la renda una consuetudine e quindi una fonte del diritto, con il risultato che il Governo risulti estraneo a qualsiasi responsabilità di aver imposto un atto senza che non poteva essere disposto con un obbligo.
Questa condotta governativa determina delle gravi conseguenze giuridiche, prima fra tutte la possibile imputazione di attentato alla Costituzione a carico di Conte, un grave reato penale che a sua volta genera degli effetti giuridici di natura civilistica.
Secondo l’art. 283 del codice penale << Chiunque, con atti violenti, commette un fatto diretto e idoneo a mutare la Costituzione dello Stato o la forma di Governo, è punito con la reclusione non inferiore a cinque anni >>.
La norma in esame rispecchia infatti di per sé la ricostruzione del tentativo, disciplinando e punendo la commissione di atti violenti diretti ed idonei a mutare la Costituzione formale o la forma di Governo.
Quindi nella norma è assente la previsione di un evento di reato in senso naturalistico, prevedendosi la punibilità di atti che solamente siano idonei al raggiungimento dello scopo.
Per quanto riguarda l’altro elemento costitutivo del reato, ovvero la violenza, essa va suddivisa in propria ed impropria.
La violenza propria si riferisce all’impiego di energia fisica sulle persone o sulle cose, esercitata direttamente o per mezzo di uno strumento
La violenza impropria va considerata quando si utilizza un qualsiasi mezzo idoneo a coartare la volontà del soggetto passivo, annullandone la capacità di azione o determinazione.
Mentre la violenza impropria va considerata quando si utilizza un qualsiasi mezzo idoneo a coartare la volontà del soggetto passivo, annullandone la capacità di azione o determinazione e la condotta di Conte potrebbe configurare proprio questa fattispecie di reato.
Ad ogni modo, il requisito dell’idoneità implica un necessario accertamento da parte del giudice circa il pericolo concreto che la condotta ha causato nei confronti del bene giuridico, sicché il requisito dell’idoneità va valutato secondo il procedimento della prognosi postuma ex ante a base totale o parziale.
Detto ciò la lesione di diritti di rilevanza costituzionale determina la sanzione risarcitoria per i fatti in sé della lesione, il così detto “danno evento”, indipendentemente dalle eventuali ricadute patrimoniali che la stessa possa comportare (“danno conseguenza”).
Ciò perché l’art. 2043 c.c., riguardante la responsabilità extra contrattuale per il risarcimento per fatto illecito, risalente alla Lex Aquilia del Corpus Iuris Civilis Romanus, se viene correlato agli articoli 2 e seguenti della Costituzione, ricomprende nella sua estensione non solo i danni patrimoniali, come il danno derivante dalla riduzione della libertà economica ( ex art. 41 Cost.) che a sua volta causa ingenti perdite alle finanze dei lavoratori (primi fra tutti i lavoratori autonomi) e come il danno emergente ed il lucro cessante (ex art. 1223 c.c.), ma ricomprende anche tutti i danni che almeno potenzialmente ostacolano le attività realizzatrici della persona umana, come il danno morale derivante dalla riduzione delle libertà personali nel potersi muovere (ex art. 16 Cost.) e dal disagio psicologico e quindi esistenziale che tale stato di polizia, instaurato con i dpcm di Conte, ha generato a danno dei cittadini ( ex art. 2059 c.c.).
Per chi replica a tali mie considerazioni basate su dati giuridici oggettivi, che tale abuso di potere da parte di Conte, trae origine e giustificazione dalla presunta lacuna della Carta Costituzionale che non prevede uno stato di emergenza sanitaria ignora che la Costituzione ha volutamente preso in considerazione l’eventualità di porre dei limiti per soli casi di urgenza e di pericolo riferiti a ciascuna singola libertà, al fine di non avallare nessuna deriva arbitraria e autoritaria in cui si troverebbe l’Italia se avesse nella sua Costituzione l’art. 48 e seguenti della Costituzione Ungherese…..
In finale, sarebbe stato costituzionalmente corretto che fosse il Presidente della Repubblica ad emettere dei decreti presidenziali per prendere le decisioni più urgenti e più importanti per affrontare quest’emergenza, invece di consentire l’abuso di dpcm, peraltro incostituzionali.
FONTE:https://versoilfuturo.org/la-consuetudine-del-governo-di-conte-di-violare-la-costituzione-italiana-e-le-sue-garanzie
Sabino Cassese, Intollerabile l’abuso dei DPCM
17 04 2020
Sabino Cassese, Intollerabile l’abuso dei DPCM
IL WHISTLEBLOWING: UNO STRUMENTO ENDOGENO PER LA LOTTA ALLA CORRUZIONE E ALL’ILLEGALITÀ
Sommario: 1. Il principio della trasparenza amministrativa: significati ed evoluzioni. Brevi cenni – 2. Il whistleblowing come strumento per la lotta alla corruzione e all’illegalità. Definizione e ratio – 3. La tutela del dipendente pubblico che segnala illeciti: l’art. 54bis del D. Lgs. 30 marzo 2001, n. 165 – 4. Chiarimenti sull’applicazione della tutela dell’art. 54bis – 5. La determinazione n.6 del 28 aprile 2015 dell’Autorità Nazionale Anticorruzione sul significato di “condotta illecita”
1. Il principio della trasparenza amministrativa: significati ed evoluzioni. Brevi cenni.
L’attività delle pubbliche amministrazioni è orientata – tra i vari principi fondamentali che la reggono – anche dal principio della trasparenza che si traduce immediatamente nel rendere note all’esterno, in maniera chiara e comprensibile, le informazioni riferite proprio al modo in cui l’attività amministrativa viene gestita e posta in essere relativamente ai suoi atti e alla sua organizzazione. Rendere trasparenti le attività della pubblica amministrazione vuol dire maggior coinvolgimento del cittadino attraverso la conoscibilità delle stesse e – soprattutto – consentire il suo controllo successivo realizzabile attraverso molteplici istituti esplicativi proprio del principio di trasparenza (si pensi al fondamentale diritto di accesso [1] ai documenti amministrativi).
Il criterio della trasparenza è stato aggiunto all’art. 1,comma 1, della legge del 7 agosto 1990, n. 241(Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi), in tempi successivi grazie alla legge dell’ 11 febbraio 2005, n.15, (Modifiche ed integrazioni alla legge 7 agosto 1990, n. 241, concernenti norme generali sull’azione amministrativa) ex art.1, lett a). Ad oggi l’articolo infatti recita: “L’attività amministrativa persegue i fini determinati dalla legge ed è retta da criteri di economicità, di efficacia, di imparzialità, di pubblicità e di trasparenza secondo le modalità previste dalla presente legge e dalle altre disposizioni che disciplinano singoli procedimenti, nonché dai principi dell’ordinamento comunitario”. Il principio della trasparenza trova il suo fondamento nell’art. 97 della Costituzione e in particolare al comma 2, art. 97 Cost. si legge: “i pubblici uffici sono organizzati secondo le disposizioni di legge, in modo che siano assicurati il buon andamento e l’imparzialità dell’amministrazione” laddove – in modo assolutamente stringato – si può definire imparzialità come equidistanza della P.A rispetto ai soggetti che interagiscono con essa, e buon andamento come la doverosità degli amministratori di eseguire la propria attività nel modo più corretto e opportuno possibile cosi da realizzare il raggiungimento dell’interesse collettivo cui l’azione amministrativa è per l’appunto preordinata. Da questa prima e breve analisi è possibile riconoscere già al principio della trasparenza un primo e fondamentale significato: se l’imparzialità e il buon andamento sono i fari guida per gli amministratori nell’esercizio dell’attività amministrativa posta in essere è vero anche che questi obiettivi si realizzano solo attraverso comportamenti limpidi, conoscibili e valutabili ex post all’esterno e quindi è possibile immaginare – prima facie – la trasparenza come un mezzo di attuazione dei principi di imparzialità e buon andamento ovvero come il quomodo dell’agire degli amministratori.
Il D. Lgs. del 27 ottobre 2009, n. 150 – attuativo della L. del 4 marzo 2009, n. 15, in materia di ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico e di efficienza e trasparenza delle pubbliche amministrazioni – descriveva all’articolo 11 (oggi abrogato ex art. 53, co.1, lett. i, del D. Lgs. del 14 marzo 2013, n. 33 – Pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte della P.A) la trasparenza come “accessibilità totale, anche attraverso lo strumento della pubblicazione sui siti istituzionali delle amministrazioni pubbliche, delle informazioni concernenti ogni aspetto dell’organizzazione, degli indicatori relativi agli andamenti gestionali e all’utilizzo delle risorse per il perseguimento delle funzioni istituzionali, dei risultati dell’attività di misurazione e valutazione svolta dagli organi competenti, allo scopo di favorire forme diffuse di controllo del rispetto dei principi di buon andamento e imparzialità. Essa costituisce livello essenziale delle prestazioni erogate dalle amministrazioni pubbliche ai sensi dell’articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione”. Lo si era premesso: il modo di agire trasparente (come se fossimo in una “Casa di vetro” [2]) è invero uno strumento di tutela dell’amministrato. Gli amministrati hanno la possibilità di conoscere come viene gestita l’attività amministrativa e quindi il principio della trasparenza – id est – diventa terreno fertile per nuove connessioni indissolubilmente legate tra loro perché la trasparenza amministrativa può realizzarsi solo attraverso il principio di pubblicità – ergo la pubblicazione e la diffusione di quanto si realizza – e la possibilità di poter conoscere concretamente questi dati attraverso il diritto di accesso e altri istituti che vedano un’effettiva partecipazione dell’amministrato nei procedimenti amministrativi.
Un altro riflesso interessante di questo ciclo è che il principio della trasparenza – analizzato in termini di accessibilità e controllo – comporta una responsabilizzazione maggiore da parte delle PP.AA per “l’effetto di dover rispondere di qualcosa a qualcuno”. La responsabilizzazione della Pubblica amministrazione può essere analizzata almeno in altre due direttive: a) responsabilizzazione dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni in termini di condotta, di qualità dei servizi, rispetto dei doveri costituzionali di lealtà, diligenza, imparzialità e servizio esclusivo della nazione, ponendo in essere quindi un’attività amministrativa improntata ai criteri di efficacia, efficienza ed economicità volti all’assicurazione del buon andamento e dell’imparzialità dell’amministrazione. In quest’ottica il principio della trasparenza può essere individuato inoltre come specificazione dei principi di buon andamento e imparzialità e non solo come un mezzo di attuazione degli stessi. Una conferma in tal senso potrebbe essere data dalla lettura del comma 44, art.1. della L. 190/2012 modificativo dell’art. 54 del D. Lgs del 30 marzo 2001, n. 165 rubricato “Codice di comportamento”, nell’ambito dell’assetto delle disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell’illegalità nella pubblica amministrazione a cui poi è seguita l’adozione del D.P.R del 16 aprile 2013, n.62 ovvero il regolamento recante il codice di comportamento dei dipendenti pubblici; b) condotta trasparente come efficace strumento di prevenzione della corruzione all’interno della pubblica amministrazione e infatti: all’art. 1, comma 15 della legge del 6 novembre 2012, n.190 (Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell’illegalità nella Pubblica amministrazione) il legislatore ribadisce che la trasparenza dell’attività amministrativa costituisce livello essenziale delle prestazioni concernenti i diritti sociali e civili ai sensi dell’art. 117, comma 2, lett m) della Costituzione e che la stessa debba essere soddisfatta mediante la pubblicazione delle informazioni relative ai singoli procedimenti amministrativi nei siti web istituzionali delle pp.aa. ove verranno pubblicati inoltre anche i relativi bilanci, conti consuntivi nonché i costi unitari di realizzazione delle opere pubbliche e di produzione dei servizi erogati ai cittadini. Nell’ottica della effettiva realizzazione della trasparenza dell’attività della pubblica amministrazione, il legislatore si preoccupa in tal senso inoltre di renderne semplice la consultazione e il controllo da parte dell’utente e proprio per questo infatti la pubblicazione delle informazioni deve informarsi ai criteri di facile accessibilità, immediatezza nella comprensione, organicità e completezza nel rispetto della disciplina relativa al segreto di Stato, al segreto di ufficio e alla protezione dei dati personali (in questo senso anche i commi 29 e 30, art. 1, L. 190/2012); Al comma 35, art.1, L. 190/2012, si da delega al governo di adottare un decreto legislativo avente come obiettivo il riordino della disciplina relativa alla trasparenza e all’estensione delle informazioni da parte delle pp.aa agli amministrati e, di guisa, agli obblighi di pubblicità. Al comma 36, art. 1, L. 190/2012, si riafferma che le disposizioni di cui al comma 35 della citata legge costituiscono il livello essenziale delle prestazioni erogate dalle pubbliche amministrazioni ai fini della trasparenza e della maladministration ex art. 117, comma 2, lett. m), della Costituzione.
A proposito degli strumenti di prevenzione della corruzione all’interno della pubblica amministrazione viene inoltre introdotto, proprio grazie alla L. n. 190/2012 ex art. 1, comma 51, anche l’istituto del whistleblowing strumento mutuato dall’esperienza statunitense volto alla costituzione di un meccanismo interno alla stessa amministrazione attraverso la collaborazione proprio dei dipendenti pubblici che vi lavorano al suo interno.
In attuazione dell’art. 1, comma 35 della L.190/2012 viene successivamente adottato il D. Lgs. 14 marzo 2013, n.33 (Riordino della disciplina riguardante il diritto di accesso civico e gli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni) – il cd. Testo unico sulla trasparenza – che, pensato per la riorganizzazione della disciplina inerente proprio all’impianto normativo della trasparenza e della pubblicità, ha costituito in realtà un’occasione per il potenziamento dell’istituto del diritto di accesso che come si è scritto in precedenza costituisce lo strumento democratico principale per un controllo diffuso sull’attività amministrativa esercitata, e per l’introduzione dell’istituto dell’accesso civico (semplice e generalizzato ovvero FOIA, freedom of information act) la cui principale differenza rispetto al primo istituto richiamato – come è noto – è prevalentemente data dall’ampliamento della legittimazione soggettiva relativa alla richiesta di accesso ai dati e ai documenti detenuti dall’amministrazione.
2. Il whistleblowing come strumento per la lotta alla corruzione e all’illegalità: definizione e ratio
Come premesso il whistleblowing è un istituto recepito nell’ordinamento italiano dalla legge del 6 novembre 2012, n. 190, art.1,comma 51 [3], nell’ambito di un disegno molto più ampio volto alla prevenzione e alla repressione della corruzione e dell’illegalità nella pubblica amministrazione. L’idea del legislatore nell’introdurre questo istituto è stata quella di creare un meccanismo interno secondo cui i pubblici dipendenti potessero segnalare alle autorità ad hoc individuate le eventuali condotte illecite altrui verificatesi in occasione della prestazione di lavoro arrecando così un danno all’integrità della pubblica amministrazione. L’istituto in esame quindi ha come finalità quella di garantire il buon andamento della pubblica amministrazione assicurandone l’integrità e di fungere da efficace strumento interno preordinato allo scoraggiamento di possibili condotte illecite consumante al suo interno. Ovviamente nell’ideare un simile meccanismo si è dovuto tenere conto della possibile reticenza del whistleblower [4] nel denunciare eventuali comportamenti disonesti posti in essere da altri soggetti determinata, lapalissianamente, dal timore di possibili ritorsioni consequenziali alla sua segnalazione e quindi, a tal proposito, a colui che segnala condotte illeciti – ai soggetti debitamente preposti – è assicurata una rete di tutele volte a garantire prima di tutto l’anonimato del segnalante e in secondo luogo – ove fossero fuggite informazioni in tal senso – dal divieto assoluto di applicare misure aventi effetti negativi, diretti o indiretti, sulle sue condizioni di lavoro. Più nello specifico, per quanto concerne l’inquadramento normativo dell’istituto in esame, la disciplina di riferimento è indicata all’art. 54bis del D. lgs del 30 marzo 2001, n. 165, noto anche come Testo unico del pubblico impiego, introdotta per l’appunto dalla L. n.190/2012 e ss.mm.(l’ultima apportata dalla L. n. 179/2017). Per quanto concerne le fonti integrative, invece, di primaria importanza è la determinazione n.6 del 28 aprile 2015 dell’Autorità Nazionale Anticorruzione che introduce le linee guida in materia di tutela del dipendente pubblico che segnala illeciti.
3. La tutela del dipendente pubblico che segnala illeciti: l’art. 54bis del D. Lgs. 30 marzo 2001, n. 165
Il dipendente pubblico [5]che durante lo svolgimento della sua attività lavorativa apprenda di condotte illecite poste in essere da altri soggetti e che siano in grado di arrecare un danno all’integrità della pubblica amministrazione ha la facoltà di segnalarlo o al responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza o all’Autorità nazionale anticorruzione (ANAC) o, ancora, ha la possibilità di denunciare l’accaduto all’autorità giudiziaria ovvero quella contabile. Relativamente alle procedure di segnalazione, è affidata all’ANAC – sentito il Garante per la protezione dei dati personali – l’adozione delle linee guida aventi ad oggetto per l’appunto le modalità di presentazione e di gestione delle comunicazioni circa le attività illecite altrui apprese durante lo svolgimento della prestazione lavorativa.
Si era premesso sin da subito che l’istituto in esame presenta un interessante riflesso psicologico costituito dal fatto che un soggetto possa scegliere di non denunciare per il timore di ritorsioni successive poste in un rapporto di sequenzialità relative alla sua antecedente segnalazione. Proprio per questo il legislatore si preoccupa di proteggere il soggetto che si espone rendendo nota la propria identità al momento della segnalazione garantendone l’anonimato e infatti al comma 3 dell’art. 54 si scrive: “l’identità del segnalante non può essere rilevata”. Questa garanzia costituisce sicuramente la principale forma di protezione del whistleblower considerata ovviamente anche in relazione ai diversi contesti in cui la situazione si verifica, e precisamente: a) nell’ambito del procedimento penale, l’identità del soggetto viene garantita nei modi e nei limiti previsti dall’art. 329 del codice di procedura penale; b) nell’ambito dei procedimenti svolti dinanzi alla Corte dei conti l’identità non può essere rivelata fino alla fine della fase istruttoria; c) nell’ambito del procedimento disciplinare il codice prende in considerazione due ipotesi distinte il cui discrimen è dato dal fondamento della contestazione dell’addebito e cioè: se la contestazione addebitata al soggetto segnalato sia fondata su accertamenti distinti e ulteriori (anche successivi) rispetto alla segnalazione del whistleblower allora l’identità di quest’ultimo non potrà essere rivelata, a contrariis se la contestazione dell’addebito dovesse fondarsi in tutto o in parte sulla segnalazione e se la conoscenza dell’identità del whistleblower fosse indispensabile per la difesa del soggetto segnalato, a quel punto verrebbe data in capo al segnalante una scelta circa la rivelazione della sua identità e in caso di negazione del consenso la segnalazione non sarebbe utilizzabile ai fini del procedimento.
Inoltre, a corroborare il sistema di tutela previsto dal codice, la segnalazione del whistleblower – ovviamente – viene sottratta alla disciplina relativa al diritto di accesso prevista dagli artt. 22 e ss. della legge del 7 agosto 1990, n. 24 e ss.mm.
L’art. 54bis – la cui ratio è traducibile nello scambio tra l’aiuto dato dal dipendente pubblico nella lotta alla prevenzione e alla repressione della corruzione e dell’illegalità nella pubblica amministrazione dall’interno e la della protezione garantita circa la sua identità –contempla la possibilità che l’anonimato possa venire meno e che possano porsi in essere delle misure ritorsive nei confronti del whistleblower e, proprio per questo, al primo comma si scrive: “ il dipendente pubblico […] non può essere sanzionato, demansionato, licenziato, trasferito, o sottoposto ad altra misura organizzativa avente effetti negativi, diretti o indiretti, sulle condizioni di lavoro determinata dalla segnalazione”. A tal proposito il legislatore stabilisce che il dipendente pubblico che ritenga di aver subito delle misure ritorsive in seguito alla segnalazione deve comunicarlo direttamente all’Autorità nazionale anticorruzione oppure potrà essere comunicato, sempre a quest’ultima, tramite le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative nell’amministrazione nella quale le stesse sono state poste in essere. L’ANAC, in seguito alla comunicazione, dovrà informare il Dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei ministri o gli altri organismi di garanzia o di disciplina per le attività e gli eventuali provvedimenti di competenza.
Quanto ai provvedimenti adottati dall’Autorità nazionale anticorruzione devono essere distinte diverse ipotesi: a) la prima previsione è quella che ha ad oggetto l’effettiva adozione di misure discriminatorie in capo al segnalante da parte di una delle pubbliche amministrazioni o di uno degli enti di cui al comma 2 e verificate dall’ANAC in seguito all’istruttoria. In questo caso la disposizione prevede che, fermi restando gli altri profili di responsabilità, l’ANAC potrà applicare inoltre al responsabile una sanzione amministrativa pecuniaria il cui ammontare potrà essere determinato da 5000 a 30.000 euro; b) in secondo luogo il codice prende in considerazione l’eventualità che venga accertata l’assenza proprio delle procedure relative all’inoltro e alla gestione delle segnalazioni ovvero che le procedure – seppur esistenti – non siano conformi rispetto a quelle descritte al comma 5 della stessa disposizione. In questo caso l’ANAC applicherà al responsabile una sanzione amministrativa pecuniaria il cui ammontare potrà essere determinato da 10.000 a 50.000 euro; c) in ultimo un’altra ipotesi è costituita dal mancato svolgimento delle attività di verifica e analisi delle segnalazioni ricevute da parte del responsabile. In questo caso l’ANAC applicherà a quest’ultimo una sanzione amministrativa pecuniaria il cui ammontare potrà essere determinato da 10.000 a 50.000 euro; in tutte le ipotesi prese in considerazione l’entità della sanzione determinata dall’ANAC sarà individuata tenuto conto delle dimensioni dell’amministrazione o dell’ente cui si riferisce la segnalazione. Inoltre l’onere della prova penderà in capo all’amministrazione pubblica o all’ente di cui al comma 2 e si dovrà dimostrare che le misure ritenute discriminatorie o ritorsive poste in essere nei confronti del whistleblowing siano state in realtà adottate per ragioni diverse ed estranee rispetto alla segnalazione stessa. Se verificati, gli atti discriminatori o ritorsivi sono nulli. Allo stesso modo il whistleblower, se licenziato in seguito alla segnalazione, verrà reintegrato nel posto di lavoro secondo quanto disposto dall’art. 2 del D. Lgs. 4 marzo 2015, n. 23.
Vi sono infine delle ipotesi che chiaramente non potrebbero rientrare nell’alveo delle tutele offerte dall’art. 54bis e che riferiscono ad esempio alle previsioni di reato di calunnia o diffamazione. Infatti, nei casi in cui fosse accertata – anche con sentenza di primo grado – la responsabilità penale del soggetto segnalante per i reati di calunnia o diffamazione o comunque per i reati commessi con la denuncia di cui al comma 1 ovvero la sua responsabilità civile, per lo stesso titolo, nei casi di dolo o colpa grave, le tutele trattate sarebbero del tutto escluse.
4. Chiarimenti sull’applicazione della tutela dell’art. 54bis
La disciplina descritta all’art. 54bis del D. Lgs n. 165/2001 è un tipo di tutela accordata solamente al dipendente pubblico che in occasione della prestazione lavorativa riferisca alle autorità le eventuali condotte illecite altrui ricevendo conseguentemente la riservatezza della sua identità onde evitare ogni tipo di ritorsione nei suoi confronti. Tanto preme sottolinearlo per evitare confusioni in relazione ad alcune situazioni che per certi versi potrebbero risultare simili. E’ un dato fondamentale – ai fini dell’applicazione della tutela ex 54bis – che l’identità del whistleblower sia nota alle autorità che raccolgono la segnalazione.
L’Autorità potrà poi decidere se prendere in considerazione anche le segnalazioni anonime che risultino particolarmente circostanziate, ma l’invio di queste e il conseguente trattamento non rientreranno nell’alveo della tutela dell’art. 54bis e quindi proseguiranno per altri canali.
Ancora: distinta dalla normativa in esame è quella relativa ai pubblici ufficiali (art. 357 c.p) e agli incaricati di pubblico servizio (358 c.p) la cui disciplina è ricavabile dal combinato disposto degli artt. 331 del c.p.p e 361 e 362 del c.p. In questo caso i pubblici ufficiali e gli incaricati di pubblico servizio che per la propria funzione o per il servizio svolto abbiano avuto conoscenza del reato – sia durante l’orario lavorativo che al di fuori dello stesso – hanno l’obbligo di presentare denuncia. Il discrimen tra le due fattispecie, e quindi l’inapplicabilità della tutela ex art. 54bis in questo caso, è costituito proprio dall’elemento soggettivo distintivo ovvero dal ruolo ricoperto dal pubblico ufficiale e incaricato i pubblico servizio.
5. La determinazione n.6 del 28 aprile 2015 dell’Autorità Nazionale Anticorruzione sul significato di “condotta illecita”
L’autorità Nazionale anticorruzione ha chiarito nella determinazione n. 6 del 2015 quali situazioni sia possibile ricomprendere nella definizione di “condotta illecita” e cosa poter escludere. Sono qualificabili come condotta illecita: tutti i delitti contro la pubblica amministrazioni di cui al Titolo II, Capo I del codice penale ovvero dei delitti dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione; quelle situazioni in cui – nel corso di un’attività amministrativa – possa essere ravvisabile un abuso da parte del soggetto a cui è stato affidato il potere per ottenere in cambio vantaggi privati; ipotesi in cui sia compromesso il buon andamento della pubblica amministrazione per il perseguimento di fini esclusivamente privati da parte dei soggetti preposti alle funzioni loro attribuite come ad esempio mancato rispetto dei tempi procedimentali, sprechi delle risorse,nepotismo, assunzioni non trasparenti etc.
Il whistleblower deve basare le proprie segnalazioni su fatti di cui sia venuto direttamente a conoscenza in ragione del rapporto di lavoro e non su segnalazioni altrui o indirette. Questo significa che per poter procedere con una segnalazione il fatto dichiarato, se non certo, deve essere almeno altamente probabile onde evitare delle indagini interne inutili e dispendiose e quindi il fatto indicato deve contenere degli elementi di base atti a circostanziare quanto segnalato. E’ inoltre possibile che il dipendente possa aver appreso di condotte illecite anche presso altre amministrazioni diversa da quella di appartenenza e questo chiaramente sarebbe possibile andando a considerare le ipotesi di distacco, comando, trasferimento etc.
L’ANAC chiarisce che anche in questo caso sarà possibile per il whistleblower inviare la segnalazione: l’amministrazione ricevente dovrà inoltrare la segnalazione all’amministrazione in cui si ritiene che si siano verificati i fatti descritti nella stessa oppure all’Autorità Nazionale Anticorruzione.
[1] Altre forme di interazione del cittadino con la P.A sono descritti nella L. del 7 agosto 1990, n. 241 rubricato “ Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi”. In questo senso nel rapporto tra amministratori e amministrati forme di dialogo sono date: dalla motivazione del provvedimento (art. 3), dall’introduzione della figura del Responsabile del procedimento (artt. 4, 5 e 6), dalla comunicazione di avvio del procedimento amministrativo (art. 7), dalla possibilità di intervento nel procedimento (art. 9), dal preavviso di rigetto ovvero dalla comunicazione dei motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza (art. 10bis).
[2] TURATI F., in ATTO PARLAMENTARE, CAMERA DEI DEPUTATI – Legis. XXII – 1° sessione – discussioni – 2° tornata del mercoledi 17 giugno 1908, DXXIX – impiegati civili (Discussione del disegno di legge), pagg. 22949 – 22963.
[3] Art, 1, comma 51, L.n. 190/2012: Dopo l’articolo 54 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e’ inserito il seguente: «Art. 54-bis. – (Tutela del dipendente pubblico che segnala illeciti). – 1. Fuori dei casi di responsabilita’ a titolo di calunnia o diffamazione, ovvero per lo stesso titolo ai sensi dell’articolo 2043 del codice civile, il pubblico dipendente che denuncia all’autorita’ giudiziaria o alla Corte dei conti, ovvero riferisce al proprio superiore gerarchico condotte illecite di cui sia venuto a conoscenza in ragione del rapporto di lavoro, non puo’ essere sanzionato, licenziato o sottoposto ad una misura discriminatoria, diretta o indiretta, avente effetti sulle condizioni di lavoro per motivi collegati direttamente o indirettamente alla denuncia. 2. Nell’ambito del procedimento disciplinare, l’identita’ del segnalante non puo’ essere rivelata, senza il suo consenso, sempre che la contestazione dell’addebito disciplinare sia fondata su accertamenti distinti e ulteriori rispetto alla segnalazione. Qualora la contestazione sia fondata, in tutto o in parte, sulla segnalazione, l’identita’ puo’ essere rivelata ove la sua conoscenza sia assolutamente indispensabile per la difesa dell’incolpato. 3. L’adozione di misure discriminatorie e’ segnalata al Dipartimento della funzione pubblica, per i provvedimenti di competenza, dall’interessato o dalle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative nell’amministrazione nella quale le stesse sono state poste in essere. 4. La denuncia e’ sottratta all’accesso previsto dagli articoli 22 e seguenti della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni».
[4] Il whistleblower è identificabile come colui che – in occasione dello svolgimento di un’attività lavorativa all’interno del complesso pubblico in cui è inserito – segnali un’attività altrui illecita ovvero fraudolenta di cui sia venuto a conoscenza.
[5] La disposizione in esame chiarisce al comma 2 l’ambito soggettivo cui la stessa si riferisce ovvero per dipendente pubblico si intende il dipendente delle pubbliche amministrazioni di cui all’art 1 comma 2, ivi compreso il dipendente di cui all’art. 3 e quindi “per amministrazioni pubbliche si intendono tutte le amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunita’ montane, e loro consorzi e associazioni, le istituzioni universitarie, gli Istituti autonomi case popolari, le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni, tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale l’Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN) e le Agenzie di cui al decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300” e “in deroga all’articolo 2, commi 2 e 3, rimangono disciplinati dai rispettivi ordinamenti: i magistrati ordinari, amministrativi e contabili, gli avvocati e procuratori dello Stato, il personale militare e delle Forze di polizia di Stato, il personale della carriera diplomatica e della carriera prefettizia nonche’ i dipendenti degli enti che svolgono la loro attivita’ nelle materie contemplate dall’articolo 1 del decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 17 luglio 1947, n.691, e dalle leggi 4 giugno 1985, n.281, e successive modificazioni ed integrazioni, e 10 ottobre 1990, n.287. 1-bis. In deroga all’articolo 2, commi 2 e 3, il rapporto di impiego del personale, anche di livello dirigenziale, del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, esclusi il personale volontario previsto dal regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 2 novembre 2000, n. 362, e il personale volontario di leva, e’ disciplinato in regime di diritto pubblico secondo autonome disposizioni ordinamentali. 1-ter. In deroga all’articolo 2, commi 2 e 3, il personale della carriera dirigenziale penitenziaria e’ disciplinato dal rispettivo ordinamento. 2. Il rapporto di impiego dei professori e dei ricercatori universitari ((, a tempo indeterminato o determinato,)) resta disciplinato dalle disposizioni rispettivamente vigenti, in attesa della specifica disciplina che la regoli in modo organico ed in conformita’ ai principi della autonomia universitaria di cui all’articolo 33 della Costituzione ed agli articoli 6 e seguenti della legge 9 maggio 1989, n.168, e successive modificazioni ed integrazioni, tenuto conto dei principi di cui all’articolo 2, comma 1, della legge 23 ottobre 1992. n. 421”.
La norma di cui all’art. 54bis include inoltre il dipendente di un ente pubblico ovvero il dipendente di un ente di diritto provato sottoposto a controllo pubblico ex art, 2359 c.c e i lavoratori e collaboratori delle imprese fornitrici di beni o servizi e che realizzano opere in favore dell’amministrazione pubblica.
FONTE:http://www.salvisjuribus.it/il-whistleblowing-uno-strumento-endogeno-per-la-lotta-alla-corruzione-e-allillegalita/
IMMIGRAZIONI
BOOM, IMMIGRATI DIFFONDONO CONTAGIO E NESSUNO INDAGA
FONTE:https://voxnews.info/2020/04/18/boom-immigrati-diffondono-contagio-e-nessuno-indaga/
OPERAZIONE ‘BUCO NERO’: “TRA 50 ANNI SAREMO TUTTI AFRICANI”
Chiamatela operazione “buco nero”. E’ il tentativo di africanizzare l’Europa. Per anni sono andati a prenderli praticamente a Tripoli. Poi hanno aggiunto anche i ‘corridoi umanitari’ via aerea da Libano e Marocco. Ora, addirittura, vogliono regolarizzare 600mila clandestini perché c’è il cornavirus. Consequenzialità degna di un’altra dimensione.
Come se, tra l’altro, i regolari fossero una risorsa e non, quello che sono: un peso. Gli immigrati regolari ci costano più di 10 miliardi l’anno. E sono dati parziali:
E non includono i clandestini e i cosiddetti profughi. Perché li teniamo in Italia se sono un peso? Solo perché qualcuno specula pagandoli la metà di un lavoratore italiano.
Ah, ai dati dell’Ocse mancano anche le rimesse:
I media, continuano a definirli ‘disperati’, disperati con il satellitare. Un gadget da circa mille euro. Questi ‘disperati’, non solo pagano qualche migliaia di euro per farsi traghettare a casa nostra, ma hanno anche il denaro per fare telefonate satellitari.
Del resto ‘ammortizzeranno’ le spese una volta sbarcati, spacciando. Oltre ad essere mantenuti con una spesa che era il doppio di quello che prende un pensionato italiano in media.
Quando pagate le tasse, sappiate che le state pagando per pagare i bagordi di africani appena sbarcati. Per pagare l’assistenza sanitaria di loro, delle loro mogli incinte e dei loro figli. Quei figli che un giorno – come ogni testa pensante dovrebbe capire in anticipo – distruggeranno le vite dei vostri figli.
Quei figli che già oggi vediamo all’opera nelle periferie delle grandi città europee: bruciano auto, attaccano poliziotti. Quei figli che spacciano agli angoli delle nostre strade, nelle nostre scuole. Quando va bene e non stuprano. O uccidano. Cosa che accade ormai quotidianamente.
Figli, che i cosiddetti ‘profughi’ utilizzano come scudi umani per impietosire i mentalmente deboli condizionati dalla propaganda dei media di distrazione di massa che insozza la programmazione televisiva ad ogni ora del giorno, con particolare attenzione ai programmi di svago, quelli coi quali è più facile ‘riprogrammare’ i poco abili.
Perché tutti quelli che sbarcano, finiscono per intraprendere due strade: quella del vivere a spese nostre, o quella del crimine.
Perché se non ve ne foste accorti, orde di africani si stanno prendendo la nostra terra. E lo stanno facendo grazie alla collaborazione di uno Stato che è ormai soggetto attivo della sostituzione etnica del popolo italiano, uno Stato verso il quale è giusta, non solo la ‘disobbedienza’, ma anche una vera e propria rivoluzione. Questo Stato deve essere rovesciato.
Ma questa invasione ha successo soprattutto ‘grazie’ alla ignavia dei molti. Coloro che voltano le spalle alla resistenza, coloro che ‘non hanno tempo’ per difendere la loro terra e da stupidi, si accorgeranno dell’invasione, solo quando l’avranno alle porte di casa propria. E sarà troppo tardi.
Con chi si oppone, si usano le armi note dei regimi: derisione, minacce e isolamento mediatico. Perché parafrasando Swift, quando un vero patriota appare nella Nazione, tutte le puttane fanno congrega tra loro. Oggi, in Italia, le puttane sono nei media e in ampi settori della magistratura.
Sradicarle dai loro postriboli è la lotta che abbiamo scelto.
E queste puttane odiano l’Italia e il suo popolo, e stanno facendo di tutto per eliminarne radici e identità. E queste puttane hanno ossequiosi servitori, come i marinai della Guardia Costiera. Servitori che non si rendono conto che, con i loro servigi, stanno distruggendo il paese che li ha visti crescere. Stanno distruggendo non solo, il futuro di estranei, ma anche quello dei propri figli.
Perché non viviamo nel paese della cornucopia, dove le risorse non hanno fine. Ogni risorsa destinata ai ‘migranti’, è una risorsa tolta a noi e a chi ci è caro. Ogni assegno che stacchiamo al ‘profugo’, è un taglio alle pensioni dei nostri nonni e dei nostri padri. Ogni figlio di immigrato che sbarca, è un posto in meno negli asili per i vostri figli e nipoti. O capite questo, o non capirete mai nulla.
E’ “l’operazione buco nero”, con la quale una minoranza fanatica vuole sovvertire l’identità etnica del popolo italiano, attraverso il massiccio afflusso di immigrati africani poi parcheggiati in hotel.
Chi non ci sta, si unisca alla resistenza.
FONTE:https://voxnews.info/2020/04/18/operazione-buco-nero-tra-50-anni-saremo-tutti-africani/
COL PD AL GOVERNO PARLA IL BOSS DEGLI SCAFISTI: “PRONTO A RICOMINCIARE IL TRAFFICO”
PANORAMA INTERNAZIONALE
Trump si schiera contro il lockdown: USA sempre più nel caos
18 Aprile 2020 – 10:18
Donald Trump sempre più sofferente nel blocco imposto contro il coronavirus. Il presidente USA si è schierato a favore delle proteste contro il lockdown in alcuni Stati. C’è sempre più caos nella nazione americana
Lo scontro politico si fa sempre più acceso negli Stati Uniti. Dopo aver presentato le linee guida per l’allentamento delle misure restrittive in tre fasi, Trump non è riuscito a mantenere una posizione istituzionale, chiara, equilibrata sull’emergenza coronavirus nel suo Paese.
E, soprattutto, è tornato a mostrare grande fastidio per le misure restrittive che stanno bloccando la nazione, dove intanto si contano oltre 700.000 contagi e più di 37.000 decessi.
Il suo appoggio alle proteste in strada in alcuni Stati contro il lockdown è solo l’ultima dimostrazione della confusione del presidente in questo momento di crisi.
Trump appoggia il movimento anti-lockdown: strategia elettorale?
Ohio, Kentucky, North Carolina, Utah, Virginia, Minnesota, Michigan: in tutti questi Stati si stanno organizzando dei veri e propri movimenti anti-lockdown.
Il loro scopo è diffondere il grido di rabbia contro il blocco e le misure restrittive imposte dai governatori per arginare i contagi e i decessi da COVID-19. I cittadini sono già scesi in strada mercoledì 15 aprile, armati di pistole e fucili, nelle più classiche immagini degli statunitensi.
Non si è fatta attendere la reazione positiva ed esaltata di Donald Trump, il più sofferente – e da sempre – contro la chiusura della più grande economia del mondo. Il presidente ha voluto esprimere la solidarietà ai gruppi di protesta con messaggi tweet molto espliciti:
“liberate il Minnesota, liberate il Michigan, liberate la Virginia. E salvate il vostro grande Secondo Emendamento. È sotto assedio”.
Un appunto, quest’ultimo, riferito alla decisione del governatore democratico della Virgina di firmare un provvedimento per il controllo del possesso delle armi.
Trump ha difeso il suo appoggio al movimento anti-lockdown anche quando gli è stato fatto notare che le persone hanno violato il distanziamento sociale e messo in pericolo la salute delle persone. “Mi sono sembrati responsabili”, è stata la risposta presidenziale.
Quest’ultimo episodio non fa che accertare la strategia del presidente: rafforzare la sua immagine e il consenso nei suoi riguardi in vista delle presidenziali di novembre. Non a caso, Trump sta sostenendo proteste contro governatori democratici e in Stati importanti a livello elettorale.
Di nuovo, l’allerta sanitaria per il coronavirus sta passando in secondo piano nella strategia della Casa Bianca. Il presidente è tornato a diffondere ottimismo, prevedendo soltanto 65.000 morti, molti meno delle stime.
FONTE:https://www.money.it/trump-schiera-contro-lockdown-usa-nel-caos-coronavirus
UNA CONFESSIONE CHE FARA` TREMARE HOLLYWOOD (DAVID RODRIGUEZ)
VIDEO QUI:https://www.youtube.com/watch?v=anqxkjj6lZ0&feature=youtu.be
POLITICA
La Babele delle cabine (senza regia)
Per ogni problema c’è un comitato. Anche sulle Regioni. Mai una decisione. Siamo di fronte a una progressione pandemica della confusione istituzionale che, a differenza dell’altra, quella virale, non rallenta
SCIENZE TECNOLOGIE
LORETTA BOLGAN. IL VACCINO E’ INUTILE
VIDEO QUI:https://youtu.be/jzuNDBnwE3w
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