RASSEGNA STAMPA DETTI E SCRITTI
18 FEBBRAIO 2022
A cura di Manlio Lo Presti
Esergo
Affinché la passione non ci nuoccia, facciamo come se non ci rimanessero che otto giorni di vita.
BLAISE PASCAL, Pensieri, Einaudi Pléiade, 2004, pag.5
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SOMMARIO
Siamo lo zimbello del mondo: vogliono far esplodere l’Italia
IL RITORNO DELLO SPREAD
MALI, LA RITIRATA FRANCESE IN SALSA AMERICANA
Epica, politica e kolossal. La Cina dichiara guerra (cinematografica) agli Usa
Mangiare carne umana salverà il pianeta
ALCUNE PERSONE SEGUIRANNO L’AUTORITÀ – “LA SCIENZA” – FINO ALLA FINE
Meluzzi: accelerano, temono che la strage diventi vistosa
Dugin: povera Italia, sottomessa. Ma il “risveglio” vincerà
CURARE IL DISAGIO DA PANDEMIA: OK AL BONUS PSICOLOGICO
IL PENDOLO DEL POTERE SECONDO CASTELLANI
“Sassoli e Biscardi, due morti collegate. Ma la farsa è finita”
Letalità combattiva e cospirazioni anticospirazioniste
I dati illegali della CIA
La CIA sta nuovamente reclutando jihadisti contro la Siria
Beijing condivide l’analisi di Thierry Meyssan sulla crisi ucraina
Russiagate: la Fake che ha fatto impazzire il mondo inguaia la Clinton
“L’asilo colpito dai separatisti”. La spaventosa campagna di disinformazione dei media italiani
La crisi ucraina come simulazione di guerra per il gas
La finta indipendenza delle Banche centrali
LA TAUTOLOGICA RIFORMA COSTITUZIONALE SULL’AMBIENTE
La Francia se ne va dal Mali. E l’Italia rischia l’invasione
Ucraina: l’allarmismo Usa produce disastri. L’Onu, il grande assente
Le prospettive future della sicurezza e della difesa dell’Indo-Pacifico
Mar Nero, un fronte complesso che inquieta la Nato
Éric Zemmour: L’ultima possibilità di sopravvivenza della Francia?
The Politico: l’isteria sull’Ucraina ricorda i tempi dell’Iraq
Chi gestirà la prossima pandemia
Il transumanesimo, cioè il connubio uomo-macchina
La misteriosa morte del “Principe dimenticato”
IN EVIDENZA
Siamo lo zimbello del mondo: vogliono far esplodere l’Italia
Ve ne siete accorti? Ormai siamo diventati lo zimbello del mondo. Tutti stanno andando in una certa direzione, ogni Stato smantella un po’ alla volta queste restrizioni, e noi no. Il governo continua a fare Consigli dei Ministri per rafforzare e restringere: non si va più in Posta, in banca; e poi, un po’ alla volta, vedrete, ne faranno anche altre. E’ questo è tutto normale. Lo sappiamo: il nostro è un paese speciale, nel quale sta avvenendo – letteralmente – un esperimento sociale, in cui si vuol vedere fino a che punto l’umanità può sopportare le vessazioni (soprattutto l’umanità italiana, che è molto particolare: perché ha un enorme potere erotico inespresso). Chi ci amministra, dunque, sta spingendo: questi non mollano, e insistono. Noi abbiamo imparato a gestire quegli stimoli: non con delle reazioni, ma con delle interiorizzazioni. Il mio invito a “stare fermi” è costante, affinché avvenga una crescita, dentro di noi. Questo ci ha permesso di giungere sin qui, con 7 milioni di persone che sono rimaste integre.
Abbiamo preservato una qualità genetica: dentro, abbiamo ancora del sangue “solare”, mentre in altri corpi stanno scorrendo altre tipologie di sangue. Noi abbiamo conservato una nostra essenza naturale, oltre ad aver protetto una nostra integrità morale: siamo stati l’esempio di ciò che la parola “dignità” esprime. Da una parte, oggi, si sta delineando un contesto sociale dilaniato: mai, prima d’ora, la socialità individuale era stata così compromessa. Poi c’è la socialità collettiva: pensiamo alle grandi separazioni che sono avvenute all’interno delle famiglie, delle coppie, dei gruppi di amici; nelle aziende, nelle scuole. Tutto è difficoltoso, alterato: anche fare un acquisto in un negozio, o mangiare una pizza, o andare a pagare una bolletta. E il governo continua a premerci in quella direzione. Ebbene, tutto questo crea grosse lacerazioni: alcune persone sono convintissime che il Green Pass sia la soluzione di tutti i mali, la chiave d’accesso al paradiso, e non si fanno problemi a discriminare e perseguitare chi invece ha fatto una scelta diversa. Pensate, hanno persino educato i bambini a fare controlli sul pulmino, per vedere chi ha il Green Pass.
In tutto questo c’è una crisi economica mostruosa, che ora si farà sentire: le bollette aumenteranno del 50%, e un’intera area produttiva non potrà più lavorare. Stiamo andando incontro a una situazione che viene fatta peggiorare, di giorno in giorno, dai continui interventi da parte del governo. Non c’è un solo intervento che vada nella direzione di ridare libertà al popolo italiano. Ma il quadro non può peggiorare in eterno: la pazienza prima o poi finisce. E dato che il governo non intende recedere, a breve si arriverà inevitabilmente alla rottura di questo equilibrio. L’elastico teso non potrà resistere all’infinito: e la rottura potrà creare anche reazioni violente. Questi pseudo-governanti stanno portando la popolazione, letteralmente, ad uno scontro: lo intravedo entro la fine di questo mese. Si arriverà allo scontro perché una parte dei perseguitati non avranno più intenzione di continuare a essere seviziati in questo modo. Se ti spiegano che non potrai più andare in banca a prelevare i tuoi soldi, capisci che in questo non c’è più niente, di sanitario (non ce n’è mai stato, fin dall’inizio). E se ti guardi attorno, adesso scopri che tutti gli altri paesi stanno smantellando le restrizioni.
Alcuni paesi cominciano a portare in piazza una certa energia: abbiamo visto quello che sta succedendo in Canada, dove il premier è dovuto letteralmente scappare. Lo stesso sta accadendo in Olanda, dove si cominciano a creare manifestazioni differenti. Se chi governa non cambia atteggiamento, prima o poi allo scontro si arriva. E a me sembra che siano proprio loro, a volerlo: viceversa, solo una persona priva della capacità di intendere e volere potrebbe insistere nel molestare la gente all’infinito, pensando di non subire conseguenze. A un certo punto, capite, tutti possono sentirsi legittimati a “perdere la brocca”. Ecco, io la sento crescere fortemente, questa tensione. Sabato ero a Torino e ho visto la nostra piazza: così stabile e matura, così ferma, così già orientata a costruire il nuovo. Ma c’è una quota di umanità che necessita di fare altre esperienze. Chi non ha la nostra cultura della gestione energetica non elabora le esperienze come abbiamo fatto noi, è ancora nella fase reattiva. Un po’ come nel calcio: c’è chi sa tenere palla, e c’è l’attaccante che tocca un solo pallone ma fa goal.
Sta succedendo anche in Italia: una quota di umanità è diventata letteralmente una polveriera. Ci sono piazze stabili, come le nostre, e ci sono autentiche polveriere. Cosa racconti, a una persona che ha un’impresa e ora si trova a dover fallire, perché un po’ alla volta non circola più un quattrino nell’economia reale? Cosa gli racconti, che c’è ancora un’emergenza sanitaria? Noi, sì, abbiamo investito in altro: siamo quella parte di umanità che sta già costruendo il nuovo. Ma c’è una parte di umanità che invece è pronta a saltare per aria per far finire il vecchio, per raderlo al suolo. E nessuno ha il potere di fermarla, perché sono dinamiche più grosse dell’umanità e del singolo individuo. Quando scoppia – passatemi il termine – una rivoluzione, è perché esplodono dinamiche più forti delle persone. In Italia sto vedendo questo: una inesorabile, ineluttabile deriva verso uno scenario anche cruento. E allora penso alla mia parte, a chi è rimasto fermo.
Penso a noi 7 milioni, che abbiamo permesso alla magistratura di muoversi avendo le spalle un po’ più larghe. Penso ai nostri medici, ai nostri avvocati. Penso cioè a chi ha scelto di resistere, conservare l’umano e, parallelamente, costruire il nuovo. A tutti loro continuo a dire: stiamo fermi. Ovvero: continuiamo a sviluppare il nuovo tipo di società che stiamo creando. Sull’altra parte, invece, non ho potere. Non posso esortare nessuno a stare fermo. Non posso intervenire su chi ha una diversa struttura animica. Non posso oppormi a un flusso che è più grande di noi. Il governo sta continuando a togliere mattoni, quindi tra un po’ l’edificio crolla. E visto che non ha la minima intenzione di invertire la rotta, lo dico: questo governo è l’unico responsabile di tutto quello che potrebbe accadere. E badate: ci sono milioni di italiani che stanno facendo di tutto, per arrivare a questo scontro. Quando il titolare di un ristorante continua a tenere aperto, pur sapendo di esser stato preso in giro e pur sapendo che stanno facendo del male a tante persone, e però se ne frega altamente, be’, anche lui sta andando in quella direzione.
Migliaia di aziende hanno finto che non fossero mai stati calpestati alcuni diritti: non solo diritti dei lavoratori, anche diritti umani. E hanno sposato appieno questa situazione, che – anzi – a qualcuno ha fatto anche comodo. Ecco: quelle aziende sono pienamente compartecipi di quello che sta succedendo. O almeno, lo sono fino a un certo punto: perché il governo, se volesse, avrebbe sempre la capacità di smantellare le restrizioni e creare condizioni diverse. Ma dietro al governo ci sono intelligenze superiori, rispetto a quelle umane: non pensate che sia Speranza, a gestire la sanità italiana. Sicché, mi viene da pensare – ripeto – che siano proprio loro, a volerci portare a questo: in fondo, è un’esperienza che l’Italia non ha mai vissuto. Se qualcuno pensa che questa situazione si possa ancora risolvere con una discussione fatta a tavolino, si sbaglia di grosso.
Cosa pensare, quando vedi che gli studenti universitari vengono presi a bastonate? Non è lo scontro, che il governo cerca? Fino alla fine, io vi esorterò a portare le nostre energie nella costruzione del nuovo. Però posso mettere nero su bianco – qui, adesso – che, se loro continuano a mantenere queste restrizioni, e ad aumentarle (nonostante non vi sia più alcuna emergenza sanitaria, nonostante lo dica anche la scienza, nonostante il resto del mondo stia ormai facendo il contrario dell’Italia), allora temo che non si possa che andare a uno scontro molto violento: perché c’è una quota di umanità italiana che ha bisogno di vivere quel tipo di esperienza. Quindi prepariamoci un po’ a tutto, perché lo scenario mi sembra molto chiaro.
(Michele Giovagnoli, video-intervento su Facebook il 31 gennaio 2021).
FONTE: https://www.libreidee.org/2022/02/siamo-lo-zimbello-del-mondo-vogliono-far-esplodere-litalia/
IL RITORNO DELLO SPREAD
Nelle ultime settimane è ritornato prepotentemente all’ordine del giorno lo spettro dello “Spread”. A tal proposito, è opportuno analizzare le cause che lo generano e gli effetti sul Paese e sull’economia nazionale. Il problema parte dalle agenzie di rating internazionali. Le più influenti: Standard & Poor’s, Moody’s e Fitch Ratings, sono delle imprese private che con le loro valutazioni sono in grado di influenzare le decisioni degli investitori istituzionali (fondi pensione, fondi comuni d’investimento mobiliare, assicurazioni) con conseguenze dirette nei confronti di società quotate in borsa e sul debito di Stati sovrani.
Il termine inglese rating può essere tradotto in italiano “valutazione – voto” e nella fattispecie finanziaria significa “valutazione della solvibilità” e quindi il grado di affidabilità di Stati sovrani, società e imprese. Più è alta la valutazione della solvibilità del debitore, più basso sarà il tasso d’interesse che dovrà corrispondere il debitore per finanziarsi sul mercato dei capitali. Più bassa è la valutazione sull’affidabilità, maggiore sarà il tasso d’interesse che dovrà pagare il debitore al finanziatore. Il voto – rating – assegnato dalle agenzie di rating è espresso in lettere come è consuetudine del mondo anglosassone. La tripla A rappresenta il voto massimo fino alla D che indica il default (insolvenza). L’Italia solo verso la fine del governo Craxi ebbe le agognate tre AAA. Oggi la valutazione del debito sovrano italiano è BBB.
La conseguenza delle valutazioni delle agenzie di rating per un Paese come il nostro, che è fortemente indebitato e che ha perso l’autonomia monetaria con l’entrata in vigore della moneta unica, è il rischio Paese che si misura con lo Spread. Lo Spread, termine inglese, è traducibile in italiano “differenza – divario”. In Europa il paese che gode di una valutazione da tripla A è la Germania ed è il parametro (Benchmark) di riferimento per determinare il differenziale di tassi d’interesse pagati sul debito pubblico rispetto alla Germania. La comparazione, per calcolare lo spread, tra i titoli di Stato italiani e quelli tedeschi, viene fatto tra i nostri Btp – Buoni del tesoro pluriennali – e il Bund tedesco con scadenza decennale. Le ultime rilevazioni indicano un differenziale, negativo per l’Italia, intorno ai 160 punti base (1,6 per cento). In sostanza lo Stato italiano per finanziare, sul mercato dei capitali, il proprio debito pubblico con scadenza a dieci anni deve sostenere un onere superiore a quello tedesco.
Il paradosso è che paesi con un debito pubblico in rapporto al Pil – Prodotto interno lordo – di molto superiore a quello italiano (attualmente intorno al 152 per cento) come ad esempio il Giappone, che ha un indebitamento pubblico del 250 per cento rispetto al Pil, ha un rating internazionale migliore del nostro voto “A”.
Il Giappone ha il vantaggio oggettivo dell’autonomia monetaria (lo Yen) e una elevata propensione al risparmio dei giapponesi che però comprano il debito pubblico del loro Paese. L’Italia, anche se non gode dell’autonomia monetaria, vanta una elevata propensione al risparmio degli italiani, tra i primi del mondo occidentale, e disponibilità liquide sui conti correnti per oltre 1.100.000 miliardi di euro. Depositi che producono perdite in termini di capitale (spese bancarie) e perdite derivanti dalla riduzione del potere d’acquisto a causa dell’inflazione. Un altro paradosso è dato dal fatto che l’Italia è tra i paesi creditori netti in quanto le attività finanziarie detenute dagli italiani sono superiori alle passività finanziarie verso i paesi del resto del mondo.
Un maggiore nazionalismo (inteso come amor patrio) dei risparmiatori italiani verso il nostro debito pubblico realizzerebbe una minore esposizione allo Spread e a tutte le implicazioni che ne conseguono quali: maggiori interessi passivi che si traducono in un incremento del carico fiscale per imprese e cittadini, minore competitività per le nostre imprese e riduzione dei servizi. Nella storia economica, l’Italia ha sempre onorato il pagamento dei propri debiti. Forse, una maggiore fiducia dei risparmiatori italiani nei confronti del debito pubblico italiano limiterebbe il rischio legato allo spread. Non sempre il voto delle agenzie di rating rispecchia l’affidabilità finanziaria di un Paese.
FONTE: https://www.opinione.it/economia/2022/02/11/antonio-giuseppe-di-natale_spread-standard-poor-s-moody-s-fitch-ratings-governo-craxi-germania-giappone-btp-bund/
MALI, LA RITIRATA FRANCESE IN SALSA AMERICANA
La visita del presidente del Consiglio italiano a Parigi non era soltanto mirata ad agganciare le iniziative italiane sull’Ucraina con quelle franco-tedesche oa discutere dell’interscambio tra i due Paesi. Uno dei temi portanti dell’incontro è stato la situazione nel Sahel , in particolare del Mali , epicentro dell’avanzata jihadista nell’Africa nordoccidentale.
Come si sa, la Francia ha nel Sahel molti interessi economici (uranio, terre rare, idrocarburi) e commerciali, così da essere considerato una potenza neocoloniale, il che aiuta l’avanzata islamista e quella economica della Cina. Gli interessi geopolitici francesi hanno però importanza anche per l’Europa, e ciò ha giustificato l’intervento europeo in Mali di truppe armate e della missione Eutm della Unione, che consiste nel supporto e addestramento delle truppe maliane in funzione antiterrorista. L’Italia partecipa a Eutm dal 2013 , con un nucleo di istruttori dell’Esercito.
L’avanzata èlamista nel Mali e le stragi europee ha richiesto l’intervento di quattro missioni militari : quella francese Barkhane (terminata nel giugno 2021) quella Onu Minusma , Eutm e infine Takuba , che è un’interforze a guida francese che partecipa diversi corpi nelle aree di confine tra Mali, Niger e Burkina Faso, e che prevedeva speciali fino a una maggiore presenza italiana. Il gol militare del 2021, che ha segnato un altro dopo soli 12 mesi il punto di non ritorno per la presenza europea ed occidentale nel Mali. Il nuovo governo si è progressivamente segnato dalla tutela francese, e il 31 gennaio scorso i militari al potere hanno annunciato l’espulsione dell’ambasciatore francese.
Parigi ha da subito diffidato dei golpisti dello scorso anno. La cosa grave è che la politica ha aggravato – anziché ricucire – i rapporti. L’ultima l’ha combinata a gennaio il ministro degli Esteri, Jean-Yves Le Drian , il quale ha definito “illegittima” la giunta militare che governa a Bamako , la capitale che presto raggiungerà i tre milioni di abitanti. I militari hanno definito “ostili e oltraggiose” le dichiarazioni di Le Drian e hanno avviato la procedura di espulsione dell’ambasciatore francese.
A questo punto è partita la sindrome afghano-bideniana da Emmanuel Macron , alle prese con le elezioni presidenziali: meglio una parte ritirata che una sconfitta diplomatica (anche sul campo le missioni occidentali non hanno ottenuto molto). Si aggiunga Burkina Fa ha vissuto un enne golpe appena un mese fasimo e il quadro è abbastanza del chiaroso: gli africani della fascia Sahel non credono più che le forze a guida francese possono anche impedire l’avanzata islamista.
L’esempio lampante del cambio di partenariato da parte delle nazioni africane sta tutto nella decisione dei golpisti del Mali di sostituire i militari francesi-europei con i mercenari del gruppo Wagner realtà si tratta di un corpo “ibrido” legato ai Servizi segreti russi Gru). Il cambio di partner potrebbe riguardare anche altre nazioni come la Costa d’Avorio , il Togo e il Benin, dove comunque la Francia manterrà una presenza armata, come ha detto Emmanuel Macron in una dichiarazione dopo la cena di lavoro all’Eliseo cui ha partecipato il nostro premier Mario Draghi .
Macron comunque non fa una bella figura quando aggiunge: “Non possiamo essere più coinvolti militarmente con un governo de facto col quale strategia non condividiamo e obiettivi”. Era preferibile spiegare tutto il contesto, che non riguarda solo il Mali. In tutto il Sahel la Francia impiega circa 5mila uomini. L’arrivo di militari russi nel Mali (dopo la Libia ) sarà seguito dalla penetrazione economica e dal soft power geopolitico sino-russo? Ormai in tutto il mondo si gioca a Risiko : l’importante è conquistare e mantenere il maggior numero possibile di territori.
FONTE: https://www.opinione.it/esteri/2022/02/18/paolo-della-sala_mali-afghanistan-ritirata-francese-parigi-ucraina/
ARTE MUSICA TEATRO CINEMA
Epica, politica e kolossal. La Cina dichiara guerra (cinematografica) agli Usa
18 Febbraio 2022
Pechino vara un piano quinquennale a sostegno dell’autarchia nelle sale. A colpi di grandi nomi
ATTUALITÀ SOCIETÀ COSTUME
Mangiare carne umana salverà il pianeta
Lisa Stanton 6 09 2019
Cannibalismo: il professor dice che mangiare carne umana salverà il pianeta dal “cambiamento climatico”
Guarda sulla TV svedese qui:
Lo scienziato dice che mangiare carne umana salverà il pianeta dai cambiamenti climatici. Uno scienziato svedese suggerisce che potrebbe essere necessario ricorrere al cannibalismo e iniziare a mangiare carne umana per salvare il pianeta (dando un nuovo significato all’espressione mordimi) E NO questa storia non proviene da The Onion. Una conferenza sul cibo del futuro chiamato Gastro Summit che si terrà a Stoccolma, in Svezia, è stata presentata una presentazione di Magnus Söderlund in cui si afferma che dobbiamo abituarci all’idea di mangiare carne umana in futuro, come un modo per combattere gli effetti dei cambiamenti climatici.
Di: Marc Morano – Climate Depot 5 settembre 2019 7:11 con 0 commenti
https://lidblog.com/eating-human-flesh/
Lo scienziato dice che mangiare carne umana salverà il pianeta dai cambiamenti climatici
di Jeff Dunetz | 4 settembre 2019
Questi fanatici del riscaldamento globale sono pazzi. In primo luogo, vogliono privarci delle bistecche perché le mucche emettono gas, ma ora … questo oltrepassa la linea della decenza. Uno scienziato svedese suggerisce che potrebbe essere necessario ricorrere al cannibalismo e iniziare a mangiare carne umana per salvare il pianeta (dando un nuovo significato all’espressione mordimi) E NO questa storia non proviene da The Onion.
Una conferenza sul cibo del futuro chiamata Gastro Summit che si terrà a Stoccolma in Svezia ha illustrato una presentazione di Magnus Söderlund in cui si afferma che dobbiamo abituarci all’idea di mangiare carne umana in futuro, come modo per combattere gli effetti dei cambiamenti climatici.
Come riportato da Epoch Times:
In un discorso intitolato: “Riesci a immaginare di mangiare carne umana”, lo scienziato comportamentale e stratega del marketing Magnus Söderlund del “Handelshögskolan” (College of Commerce) sostiene che bisogna rompere gli antichi tabù contro la profanazione dei cadaveri, ed iniziare a mangiare carne umana.
Söderlund sostiene che coloro che non vogliono mangiare morti sono vecchi conservatori, che non fanno nulla per salvare il pianeta. Aggiunge che le persone possono essere convinte, attraverso la degustazione di carne umana.
Confondere la resistenza al mangiare carne umana con l’egoismo capitalista, i punti di discussione del seminario chiedono:
“Siamo umani troppo egoisti per vivere in modo sostenibile?
Egoismo capitalista? Solo un altro motivo per odiare il socialismo.
“Il cannibalismo è la soluzione alla sostenibilità alimentare in futuro? Generation Z ha le risposte alle nostre sfide alimentari? I consumatori possono essere indotti a prendere le giuste decisioni? A GastroSummit riceverai alcune risposte a queste domande, parteciperai anche alle ultime scoperte scientifiche e incontrerai i principali esperti. ”
Nel suo discorso, Söderlund chiede al pubblico quanti sarebbero aperti all’idea. Non molte mani si alzano. Si sente qualche gemito. Quando viene intervistato dopo il suo discorso, riferisce in modo brillante che l’8% dei partecipanti alla conferenza ha dichiarato di essere disponibile a provarlo. Quando gli viene chiesto se lui stesso ci proverebbe, risponde: “Mi sento un po ‘titubante ma per non sembrare eccessivamente conservatore … dovrei dire … Sarei aperto almeno ad assaggiarlo.
Che dire del fatto che la scienza ha dimostrato che mangiare altre persone può farti impazzire.
Una tribù chiamata Fore viveva isolata in Papua Nuova Guinea fino agli anni ’30. Credevano nel mangiare i loro morti piuttosto che permettere loro di essere consumati dai vermi. Ciò portò a un’epidemia di una malattia chiamata “kuru”, o “la morte ridente”, causata dall’ingestione di carne umana. Questa malattia non è stata causata da un agente patogeno, ma piuttosto da una “proteina contorta”, (secondo un rapporto NPR) che inganna “altre proteine del cervello a torcere tale, danneggiando il cervelletto del cervello. I ricercatori lo hanno confrontato con la trasformazione del Dr. Jekyll. L’ultima vittima di Kuru è morta nel 2009.
Il solo pensiero di mangiare carne umana mi fa impazzire e avere la nausea
È abbastanza grave che i fan dell’ipotesi del cambiamento climatico vogliano distruggere l’economia per la loro ridistribuzione in tutto il mondo del piano di reddito, ma questo è semplicemente troppo grossolano.
Vedi anche: http://shoebat.com/2019/09/04/swedish-professor-declares-on-swedish-television-that-cannibalism-is-the-only-way-to-save-the-planet/
Un professore svedese, Magnus Söderlund, ha dichiarato che per far sì che il pianeta sopravviva agli effetti dei “cambiamenti climatici”, gli esseri umani dovrebbero apportare cambiamenti radicali al loro modo di vivere, compresa la loro dieta. Tra le raccomandazioni vi sono la legalizzazione del cannibalismo, affermando che sarebbe limitato ai cadaveri:
Chiunque abbia guardato TV4 dopo le cinque di martedì potrebbe essere stato, a dir poco, sorpreso. Lì è stata presentata l’idea di iniziare a mangiare persone.
La caratteristica riguarda la fiera “Gastro Summit – sul futuro del cibo” a Stoccolma, dove lo scienziato comportamentale Magnus Söderlund tiene seminari sulla possibilità di mangiare carne umana – per “salvare il clima”.
– Cosa fa sì che la maggior parte di noi reagisca istintivamente con disgusto quando si parla di mangiare carne umana per salvare il clima ?, si chiedono Tilde de Paula.
Magnus Söderlund risponde:
– Prima di tutto, è che questa persona che deve essere mangiata deve essere morta.
Un problema potrebbe essere che i corpi morti nel complesso sono tabù. Inoltre, sorgono critiche contro la contaminazione di un cadavere. Un’altra spiegazione, afferma Söderlund, è che molti sono “leggermente conservatori” quando si tratta di mangiare qualcosa a cui non sono abituati, cioè altre persone.
La conclusione è che può essere difficile convincere gli svedesi a diventare cannibali per il bene del clima. Tuttavia, secondo il ricercatore, è importante dal punto di vista della sostenibilità discutere diverse opzioni per il futuro. (fonte, fonte)
Il professor Magnus Söderlund ha un background interessante. Non è uno “scienziato” nel modo in cui si potrebbe pensare quando si discute di ambientalismo o degli effetti del “cambiamento climatico” (nonostante il modo in cui il clima della Terra cambia nel corso della storia), ma piuttosto è uno scienziato sociale la cui specialità è nel marketing. In particolare, la sua area di ricerca riguarda le reazioni umane su un determinato argomento. Ha persino scritto un libro intitolato “Experiments with People”, come osserva la sua biografia in Wikipedia:
Söderlund tiene corsi di marketing per i consumatori e ha scritto diversi libri sull’argomento. Due di loro sono stati nominati “Libro di marketing dell’anno in Svezia”. La sua ricerca si trova nel campo del comportamento del consumatore (inglese: comportamento del consumatore, ricerca del consumatore), dove si studia come i consumatori acquisiscono, usano e smaltiscono i prodotti. La sua ricerca si concentra su come i consumatori reagiscono quando incontrano elementi di marketing, come un venditore in un negozio o un annuncio. Esempi di reazioni in questi studi sono la soddisfazione del cliente, la percezione dell’equità (inglese: giustizia percepita), emozioni, intenzioni e lealtà del cliente. Queste reazioni sono comuni nella ricerca sul comportamento del consumatore, che spesso riguarda reazioni psicologiche che si ritiene influenzino il comportamento del consumatore sotto forma di acquisti e riacquisti. Molti degli studi di Söderlund sono esperimenti, il che significa che i partecipanti vengono assegnati in modo casuale a gruppi diversi, che ricevono trattamenti diversi, e quindi le reazioni dei gruppi vengono confrontate dopo i trattamenti. Un’introduzione al metodo è data nel libro di Söderlund Experiments with people (Liber, 2010) (fonte, fonte)
Che cosa significa questo? Il professor Söderlund sta davvero sostenendo il cannibalismo nel vero senso?
È possibile. Tuttavia, osservando che la sua specialità è nelle reazioni pubbliche al marketing, potrebbe essere che questo professore sia stato pagato per fare questa affermazione per vedere come le persone avrebbero risposto?
A volte nelle notizie e nei media viene eseguita una cosa chiamata “palloncino di prova”. Questo è quando un’organizzazione fa una dichiarazione, di solito qualcosa che è esageratamente, al fine di vedere come il pubblico risponde. Questo di solito viene fatto perché una qualche forma dell’idea vuole essere legittimata, e si sta tentando di vedere (a) come le persone risponderanno, (b) quali argomenti o obiezioni hanno, e (c) come temperare il messaggio per il futuro in base alle condizioni attuali. È un modo di programmazione sociale.
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Link correlati:
La ricerca di Gore per diventare un finto miliardario della carne – Lobbies per politiche climatiche che limitano la carne mentre la sua azienda investe $ 200 milioni in sostituti della carne
“Food Police” – Guarda: Morano su Fox & Friends su UN Rapporto sulle carni: le Nazioni Unite cercano “un’espansione massiccia del potere regolatorio delle Nazioni Unite … controlli sullo stile di vita”
Mangia insetti? “Meat patch” per fermare l’appetito? Il nuovo rapporto delle Nazioni Unite mira a mangiare carne: le Nazioni Unite cercano di espandere l’agenda sul clima per regolare ciò che si mangia
FONTE: https://www.facebook.com/100011799936150/posts/788788661524458/
Cannibalism: Professor Says Eating Human Flesh Will Save Planet From ‘Climate Change’
Watch on Swedish TV here:
Scientist Says Eating Human Flesh Will Save Planet From Climate Change. A Swedish scientist suggests that it may be necessary to turn to cannibalism and start eating human flesh to save the planet (giving new meaning to the expression bite me) And NO this story is not from The Onion.A conference about the food of the future called Gastro Summit being held in Stockholm Sweden featured a presentation by Magnus Söderlund claiming that we must get used to the idea of eating human flesh in the future, as a way of combating the effects of climate change.
https://lidblog.com/eating-human-flesh/
These global warming people are crazy. First, they want to take away our juicy steaks because cows fart, but now…this crosses the line of decency. A Swedish scientist suggests that it may be necessary to turn to cannibalism and start eating human flesh to save the planet (giving new meaning to the expression bite me) And NO this story is not from The Onion.
A conference about the food of the future called Gastro Summit being held in Stockholm Sweden featured a presentation by Magnus Söderlund claiming that we must get used to the idea of eating human flesh in the future, as a way of combating the effects of climate change.
As reported by the Epoch Times:
Trending: Chicago Mayor Blames GOP For City’s Gun Crimes: Gets Schooled On Twitter
In a talk titled: “Can you Imagine Eating Human Flesh,” behavioral Scientist and Marketing Strategist Behavioral Scientist and Marketing Strategist Magnus Söderlund from “Handelshögskolan” (College of Commerce) argues for the breaking down of the ancient taboos against desecrating the human corpse and eating human flesh
Boy that makes me very happy I keep Kosher because humans don’t have split hooves and chew their cud, so I won’t be eating human flesh.
Söderlund refers to the taboos against it as “conservative.” Yep, he claims those who don’t want to eat your dead relatives are old fogys who don’t want to save the planet. He adds that people can be sold on the idea little by little, first by persuading people to just taste it. Tasting it? Over my dead body—-er maybe that’s not the correct phrase, but you get the idea.
Conflating resistance to eating human flesh with capitalist selfishness, the seminar’s talking points ask:
“Are we humans too selfish to live sustainably?
Capitalist selfishness? Just another reason to hate Socialism.
“Is Cannibalism the solution to food sustainability in the future? Does Generation Z have the answers to our food challenges? Can consumers be tricked into making the right decisions?At GastroSummit you will get some answers to these questions—and also partake in the latest scientific findings and get to meet the leading experts.”
In his talk, Söderlund asks the audience how many would be open to the idea. Not many hands go up. Some groaning is heard. When interviewed after his talk, he reports brightly that 8 percent of conference participants said they would be open to trying it. When asked if he himself would try it, he replies: “I feel somewhat hesitant but to not appear overly conservative…I’d have to say….I’d be open to at least tasting it.
What about the fact that science has proven that eating other people can make you crazy.
A tribe called the Fore lived isolated in Papua New Guinea until the 1930s. They believed in eating their dead rather than allowing them to be consumed by worms. This led to an epidemic of a disease called “kuru, or “the laughing death,” caused by ingestion of human meat. This disease was not caused by a pathogen, but rather, a “twisted protein,” (according to an NPR report) that tricks “other proteins in the brain to twist like it, damaging the brain’s cerebellum. Researchers compared it to Dr. Jekyll’s transformation. The last victim of kuru died in 2009.
Just thinking about eating human flesh makes me crazy and nauseous.
It’s bad enough that fans of the climate change hypothesis want to destroy the economy for their worldwide redistribution of income scheme, but this is just too gross.
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Also see:
A Swedish professor, Magnus Söderlund, declared that in order for the planet to survive the effects of “climate change,” human beings would need to make radical changes to their way of life, including their diets. Among the recommendations are the legalization of cannibalism, saying that it would be limited to dead bodies:
Anyone who watched TV4 After five on Tuesday may have been, to say the least, surprised. There, the idea was presented to start eating people.
The feature is about the fair “Gastro Summit – about the future of food” in Stockholm, where the behavioral scientist Magnus Söderlund holds seminars on the possibility of eating human flesh – to “save the climate”.
– What makes most of us react instinctively with disgust when talking about eating human flesh to save the climate ?, wonders host Tilde de Paula.
Magnus Söderlund answers:
– First of all, it is that this person who is to be eaten must be dead.
One problem could be that dead bodies overall are taboo. In addition, criticism arises against defiling a dead body. Another explanation, says Söderlund, is that many are “slightly conservative” when it comes to eating something they are not used to, ie other people.
The conclusion is that it can be difficult to get the Swedes to become cannibals for the sake of the climate. However, according to the researcher, it is important from a sustainability perspective to discuss different options for the future. (source, source)
Professor Magnus Söderlund has an interesting background. He is not a “scientist” in the way that one would think of when discussing environmentalism or the effects of “climate change” (despite how the Earth’s climate changes throughout history), but rather is a social scientist whose specialty is in marketing. Specifically, his area of research is into human reactions on a given topic. He has even written a book entitled “Experiments with People”, as his biography in Wikipedia notes:
Söderlund holds courses in consumer-related marketing and has written several books on the subject. Two of them have been named “Marketing Book of the Year in Sweden.” His research can be found in the field of consumer behavior ( English : consumer behavior, consumer research ), where you study how consumers acquire, use and dispose of products. His research focuses on how consumers react when they encounter marketing elements, such as a seller in a store or an ad. Examples of reactions in these studies is customer satisfaction , fairness perceptions ( English : perceived justice ), emotions, intentions andcustomer loyalty . These reactions are common in consumer behavior research , which is often about psychological reactions that are believed to influence consumer behavior in the form of purchases and repurchases. Many of Söderlund’s studies are experiments , which means that participants are randomly allocated to different groups, who receive different treatments, and then the groups’ reactions are compared after the treatments. An introduction to the method is given in Söderlund’s book Experiments with people (Liber, 2010) (source, source)
So what does this mean? Is Professor Söderlund really advocating for cannibalism in the true sense?
It is possible. However, noting that his specialty is in public reactions for marketing, could it be that this professor was paid to make this statement to see how people would respond?
Sometimes in news and media, something called a “trial balloon” is performed. This is when an organization makes a statement, usually something that is over-the-top, in order to see how the public responds. This is done usually because some form of the idea wants to be legitimized, and there is an attempt being made to see (a) how people will respond, (b) what arguments for or objections to they have, and (c) how to temper the message for the future based on the current conditions. It is a way of social programming.
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Related Links:
FONTE: https://www.climatedepot.com/2019/09/05/cannibalism-professor-says-eating-human-flesh-will-save-planet-from-climate-change/
ALCUNE PERSONE SEGUIRANNO L’AUTORITÀ – “LA SCIENZA” – FINO ALLA FINE
Daniel Nuccio – The Epoch Times – 12 febbraio 2022
Commento
Nelle settimane che precedono il Natale, Marian Keech, una casalinga del Midwest, si prepara alla fine del mondo. Da qualche tempo Marian si dilettava nella pratica della scrittura automatica, comunicando con esseri ultraterreni. Le raccontavano della vita su altri pianeti. L’avvertivano che sarebbero arrivati tempi di battaglie, pestilenze e devastazioni. Promettevano rivelazioni e felicità. Tutto ciò che Marian doveva fare era credere.
Anche se i membri della famiglia erano meno convinti delle profezie di Marian dall’aldilà, durante l’estate Marian ebbe un certo successo nel coinvolgere nella sua causa persone di mentalità più aperta, così come occasionali curiosi. Tra queste persone c’era un medico, il dottor Thomas Armstrong, che lavorava in un college locale e gestiva un piccolo gruppo di “Cercatori”. Entro novembre, Marian Keech aveva radunato un modesto seguito per il suo movimento, molti dei quali rischiarono la loro educazione, carriera e reputazione mentre si preparavano per il grande diluvio che sarebbe arrivato il 21 dicembre.
L’anno era il 1954.
Inutile dire che l’evento catastrofico che Marian e i suoi seguaci attendevano pazientemente non si verificò mai. Una spiegazione per l’apocalisse appena evitata fu che Marian Keech e il suo piccolo gruppo di seguaci avevano salvato il mondo attraverso la loro devozione alla causa. Un’altra era che in qualche modo avevano sbagliato la data e che la fine dei giorni doveva ancora arrivare. Un’altra spiegazione invece è che, tanto per cominciare, quei giorni non dovessero mai arrivare,.
Gli eventi che precedettero e seguirono quella fatidica notte del 21 dicembre 1954 furono fortunatamente ben documentati in una delle pubblicazioni cardine della psicologia sociale, “When Prophecy Fails“(Quando la profezia fallisce).
Leon Festinger, un professore di psicologia dell’Università del Minnesota, aveva reclutato diversi assistenti di ricerca per infiltrarsi nel gruppo di Marian Keech come parte di uno studio osservazionale che esaminava cosa succede quando un gruppo di individui con grande convinzione e impegno in un credo scopre che tale credo è stato inequivocabilmente confutato.
Anche se discutibile come vero e proprio esperimento scientifico nel vero senso del termine, “When Prophecy Fails” rimane un’opera di inestimabile intuizione sull’ascesa e la caduta di una religione nascente e il potere della fede, che a volte si legge come un romanzo di Kurt Vonnegut che abbonda di vagabondi alieni, uomini spaziali travestiti, divinità intergalattiche e medium litigiosi, o almeno persone che hanno visto tutte queste cose anche se queste cose non erano in realtà visibili.
La fine è l’inizio
Quasi 70 anni dopo, trovandoci nella sala del terzo piano dell’edificio di biologia della Northern Illinois University un pomeriggio degli ultimi giorni dei “bei tempi andati”, io e un collega laureato, un professore, scherzavamo sul nostro governatore incompetente e sui burocrati universitari sicofanti che cercavano affannosamente di essere tra i primi a eseguire gli ordini che il nostro governatore incompetente aveva dato alla nostra università.
Abbiamo riso di come i funzionari della sanità pubblica in competizione non riuscivano a decidere se dovevamo stare a un metro o a un metro e mezzo di distanza durante una conversazione informale. Ci siamo meravigliati della possibilità che i nostri amministratori troppo zelanti potessero iniziare a chiederci di partecipare alle riunioni con i colleghi in fondo al corridoio via Zoom quando avremmo potuto, sapete, semplicemente riunirci in una sala conferenze o andare nell’ufficio di un collega in fondo al corridoio.
Eravamo biologi, o almeno biologi in formazione. Trovavamo assurdo che così tante persone stessero reagendo in modo eccessivo a quello che, anche allora, sembrava un brutto caso di influenza che non rappresentava una minaccia per nessuno, tranne che per i molto vecchi o molto malati.
Poi i burocrati della nostra università hanno annunciato che avrebbero prolungato le vacanze di primavera di una settimana e che le lezioni sarebbero state temporaneamente tenute online una volta ricominciate. Eppure, ancora, pochissimi professori o studenti laureati che ho incontrato mentre mi aggiravo per i corridoi dell’edificio di biologia durante quell’ultima settimana o due di quasi-normalità hanno espresso un qualche disagio o disagio nell’intraprendere una conversazione informale di persona. Nessuno misurava la distanza tra sé e gli altri. Nessuno indossava una mascherina – molti di noi con un background nel campo della microbiologia avevano effettivamente lavorato con funghi potenzialmente patogeni o spore batteriche in passato e sapevano, per lo più, che la maggior parte delle mascherine risultava piuttosto inefficace nel fermare la diffusione di agenti patogeni respiratori.
Quando ho fatto presente ai miei vari supervisori dell’epoca che ero disposto a rimanere sul posto e continuare ad essere produttivo in qualsiasi circostanza, nessuno ha fatto troppe pressioni, almeno fino a quando non siamo stati tutti più o meno banditi dai nostri laboratori per decreto governativo.
Anche allora, però, sembrava permanere un leggero scetticismo sulla riorganizzazione della società che sembrava estendersi oltre me e la piccola cerchia di amici con cui rimanevo in contatto e di tanto in tanto rischiavo una malattia lieve o moderata e la possibile ira del vecchio Fauci avventurandomi fuori per un happy hour in presenza mentre la nostra scuola e lo stato avrebbero preferito che rimanessimo a casa.
Soltanto dopo che ci è stato più o meno permesso di tornare al campus, ho saputo che la maggior parte dei miei compagni e professori rimasti avevano abbracciato con tutto il cuore ciò che avevamo deriso solo pochi mesi prima.
Una dimensione non solo visiva e auditiva, ma anche mentale
La ragione del voltafaccia di cui sono stato testimone in così tanti miei ex colleghi era qualcosa su cui inizialmente rimasi perplesso per un bel po’. Con il passare del tempo, grazie al lavoro iniziale di ricercatori come l’epidemiologo di Stanford John Ioannidis, il Covid sembrava meno spaventoso. Inoltre, tutti noi presumibilmente abbiamo avuto l’estate per rispolverare i classici discorsi sulla pianificazione pandemica di quasi quindici anni prima, quando la possibilità di un’epidemia di influenza aviaria H5N1 pesava molto sulle menti di quelli del governo e della salute pubblica.
Gli scenari immaginati in un rapporto dopo l’altro di quel periodo cercavano rigorosamente di rispondere alla domanda su cosa avrebbero potuto fare i governi se un virus mortale senza vaccino, con trattamenti limitati e una diffusione rapida e a volte asintomatica avesse colpito il mondo. Il consenso allora non era molto.
Un gruppo del RAND Center for Domestic and International Health Security, un team del Center for Biosecurity dell’University of Pittsburgh Medical Center di Baltimora, Maryland, e un paio di valutazioni per interventi nazionali e internazionali da parte di rappresentanti dell’OMS, erano tutti ampiamente d’accordo nel sostenere misure come l’isolamento, le mascherine e il distanziamento sociale in assenza di evidenze.
Valutazioni simili pubblicate nel periodo tra l’allarme H5N1 e la pandemia Covid-19 in riviste quali Epidemics e Emerging Infectious Diseases erano state in gran parte coerenti con le opinioni di quei precedenti pianificatori di pandemie. Quest’ultima in realtà è uscita nel maggio del 2020.
Allo stesso modo, quando si parlava di modelli, i pianificatori di pandemie di un tempo tendevano ad essere altrettanto sprezzanti, relegandoli ad un ruolo secondario, citando che le loro previsioni potevano variare notevolmente e non potevano prevedere l’impatto di misure specifiche sul comportamento umano o le conseguenze sociali a posteriori. Tali previsioni dovevano anche essere ancora seriamente valutate in termini di accuratezza a lungo termine. Quando le valutazioni sono state finalmente fatte, i risultati sembravano indicare che tali modelli non erano davvero così predittivi al di là di due o tre settimane. Prima del marzo 2020, nessuno, tranne forse Neil Ferguson, sembrava troppo ansioso di chiudere la società a causa loro.
Sicuramente la mia piccola cerchia di colleghi dell’happy hour ed io non eravamo gli unici ad esserci presi la briga di leggere uno di questi articoli. Eravamo biologi, o almeno biologi in formazione. Sapevo per certo che c’erano persone in quell’edificio che, durante i “bei tempi andati”, si vantavano di aver trascorso un fine settimana a leggere pile di articoli di riviste veterinarie e di microbiologia nel tentativo di confermare che il loro veterinario aveva prescritto l’antibiotico corretto al loro gatto per un’infezione ricorrente tra gattini. Sicuramente alcune di queste persone si sono preoccupate di impegnarsi per confermare che il nostro governo e l’università avevano preso decisioni sensate sulle politiche che ora hanno un impatto su ogni aspetto della nostra vita.
Ma invece ciò che ho trovato tra questi biologi e biologi in formazione è stato proprio il contrario. Ho scoperto una profonda mancanza di curiosità nei riguardi della scienza dietro le regole che ora ci governano. Le conversazioni sui tassi di mortalità delle infezioni, sulle mascherine e sui modelli, nel migliore dei casi, avevano l’aria di un esperimento di Solomon Asch. Nel peggiore dei casi, tali discussioni venivano accolte con una certa ostilità, o almeno con condiscendenza verso l’idea che uno potesse volere delle prove per ciò che era stato proclamato da Papa Fauci, la Chiesa del CDC, o “La Scienza”.
A un certo punto, ogni volta che mettevo piede nel campus, mi aspettavo onestamente che Rod Serling stesse fumando una sigaretta in un qualche angolo in bianco e nero di uno dei nostri laboratori e che raccontasse una storia.
I veri credenti
Oltre a viaggiare attraverso un portale verso una situazione intermedia tra luce e ombra, tuttavia, la seconda spiegazione più ragionevole per ciò a cui stavo assistendo era che questi biologi e biologi in formazione erano diventati come i veri credenti di Marian Keech, così come lo erano molte persone in tutto il paese al di fuori del mio piccolo angolo dell’Illinois settentrionale.
In generale, il modo in cui si partecipa, si percepisce e si impara è altamente influenzato da un quadro di riferimento personale. Si tratta di qualcosa che era abbastanza consolidato negli anni ‘40 e ‘50. Quando le informazioni sono confuse o inconcludenti, possono essere assimilate nelle opinioni correnti di persone con punti di vista opposti, come dimostrato da un classico studio del 1979 che riguardava il modo in cui le persone elaboravano le informazioni relative agli effetti deterrenti della pena di morte.
Inoltre, le persone sono tipicamente sensibili a questo tipo di errori cognitivi indipendentemente da intelligenza, conoscenza o istruzione, quindi essere un biologo o una biologa in formazione qui probabilmente non significa nulla. Ricerche più recenti hanno persino dimostrato che su questioni scientifiche, una comprensione generale della scienza non comporta nemmeno l’accettazione di informazioni scientifiche se sono in conflitto con l’identità religiosa o politica di un individuo.
Non per fare inutilmente politica, ma i democratici negli Stati Uniti si sono a lungo considerati i campioni della scienza e questo può essere sembrato ragionevole durante la seconda amministrazione Bush, quando i democratici erano quelli che di solito difendevano la biologia evolutiva contro il creazionismo e prendevano sul serio il cambiamento climatico (anche se i democratici hanno probabilmente perso parte della loro credibilità scientifica quando hanno iniziato a negare attivamente l’esistenza del sesso biologico, come Debra Soh e Colin Wright possono confermare).
Ciononostante, quando le istituzioni scientifiche e gli scienziati che agiscono come rappresentanti de facto della “Scienza” ancora una volta hanno cominciato ad apparire in conflitto con i loro vecchi nemici della destra sulla politica pandemica, questa volta guidata dal presidente Donald Trump, le linee della battaglia politica sono state tracciate in modo tale che o si stava dalla parte dei democratici e della “Scienza” o dalla parte dei repubblicani e di Trump.
Da lì in avanti, se essere un democratico, un anti-Trump, o qualcuno che crede nella scienza era parte della tua identità profonda, ora ti trovavi in una posizione in cui avresti dovuto difendere “La Scienza” e tutti i suoi leader, credenze e politiche correlate e farlo ad un livello molto intimo. Non importava se avevi seguito “La Scienza” in una Zona d’Ombra psicologica in cui l’impegno per la scienza era caratterizzato non dal pensiero critico e da un’attenta valutazione dei dati e delle prove, ma dall’obbedienza all’autorità e dalla difesa delle rappresentazioni simboliche di un’istituzione.
Quindi, molti biologi e biologi in formazione, una volta in apparenza ragionevoli, che conoscevo nei bei tempi andati, arrivarono a mostrare una profonda mancanza di curiosità, o ad esprimere ostilità e condiscendenza verso il suggerimento che si potessero volere prove per ciò che era stato proclamato da Papa Fauci, la Chiesa del CDC, o “La Scienza”. Per alcuni, mettere in dubbio ciò che era stato proclamato da “La Scienza” era diventato come mettere in dubbio ciò che era stato rivelato a Marian Keech.
I medici e i commentatori dei media, come gli UFO-watcher dilettanti del 1954, difendevano le previsioni del giorno del giudizio a lungo termine di vari modelli epidemiologici anche dopo che alcuni di essi, sebbene non del tutto inequivocabilmente smentiti, avevano dimostrato di funzionare piuttosto male nella previsione di eventi quali i decessi giornalieri per Covid-19 e l’utilizzo di letti in terapia intensiva.
Mentre ora entriamo nel terzo anno dell’era pandemica, i veri credenti continuano a sostenere che le azioni di coloro che “hanno seguito la scienza” hanno salvato il mondo, non importa quanto distruttive si siano rivelate in ultima analisi queste azioni.
E anche dopo che gli eventi più catastrofici predetti da “La Scienza” non si sono verificati, rimane un ristretto gruppo di veri credenti convinti che “La Scienza” abbia semplicemente sbagliato la data o la variante e che la fine dei giorni deve ancora arrivare, a meno che noi tutti non rimaniamo in guardia, sempre pronti a mascherarci e a rinchiuderci quando “La Scienza” dirà che è il momento di farlo.
FONTE: https://comedonchisciotte.org/alcune-persone-seguiranno-lautorita-la-scienza-fino-alla-fine/
BELPAESE DA SALVARE
Meluzzi: accelerano, temono che la strage diventi vistosa
Personaggi come Umberto Galimberti e Giuliano Cazzola criminalizzano e patologizzano il dissenso, come ai tempi della psichiatria di Stato introdotta da Stalin? Credo che ci sia una grande strumentalità, e una serie di vantaggi sociali ed economici che derivano da questa parte in commedia, questa commedia tragicomica e grottesca alla quale siamo sottoposti tutti i giorni dai media mainstream. E credo ci sia anche un atteggiamento screziato di paranoia, a fronte di una patologia che ha una letalità bassissima. Però ricordo, a questi vecchi malvissuti, che chi pensa di poter sacrificare la libertà alla sicurezza, alla fine, non avrà né l’una né l’altra. Non avrà la sicurezza (non avrà “l’immortalità”), mentre alla libertà ha già rinunciato da tempo. E, avendo rinunciato alla libertà, ha rinunciato anche alla dignità, al poter andare con la propria faccia di fronte ad uno specchio al mattino (e di fronte al Tribunale della Storia, in tempi – ritengo – medio-brevi).
“Wired”, mi segnalano, scriveva di come si possono “combattere razzismo e xenofobia con la scienza”. E l’“Huffington Post” citava una ricerca sulla “stimolazione cerebrale non invasiva” per correggere “pregiudizi e stereotipi sociali”. Zombizzare le masse, all’interno di una società apparentemente utopistica ma in realtà distopica? Una società pacificata, dove però le persone devono essere svuotate, sradicate, livellate? Io credo che Huxley, nel “Nuovo mondo”, nella divisione degli esseri umani tra alfa, beta, gamma, delta (ed epsilon, a cui è riservata solo la droga del “soma”, dell’appiattimento e dell’oblio), ancora più che in “1984” di Orwell, ci renda ragione di questo incubo collettivo. Un incubo che muove, fondamentalmente, da due motivazioni: il controllo di un’élite ristretta sulla maggioranza delle persone, e la spersonalizzazione degli individui (o addirittura la loro “de-personazione”) per farne dei robot controllati, dei dati algoritmici prevedibili.
In altre parole, l’obiettivo è eliminare quella libertà che caratterizza l’umano: come se ci fosse una presenza demoniaca che viene da un altrove, e che fa della specie umana una “variabile impazzita” della natura e del Creatore, che dev’essere cancellata e sostituita con un soggetto totalmente eterodiretto da una legge eterologa e da una una “eterotopia” che, appunto, Huxley ha descritto perfettamente, e che purtroppo sta entrando tragicamente fra noi; prima, attraverso forme di condizionamento legate alla dittatura del politically correct, poi attraverso tecnologie telematiche che non controllavano il gene, ma il “meme” della cultura (quindi lo smartphone, la dipendenza dalla Rete), e poi, alla fine, non più solo il “meme” della cultura, ma il gene del Dna, che dev’essere modificato eliminando la libertà dell’umano, riducendoci ad automi.
Questo è lo scenario che qualcuno ha consapevolmente concepito. Che gli riesca fino in fondo non è detto, perché esiste l’eterogenesi dei fini. E quindi, nonostante la pervasività di questo disegno, la sua efficacia e la sua efficienza, nonostante la sua spietatezza e la sua anti-umanità, nonostante il suo orrore, questa situazione ha prodotto dei livelli di elevata coscienza in una quantità di persone, su scala planetaria, come forse non mai. E’ questa, la “variabile impazzita” della questione. E quindi, quel Tribunale della Storia potrebbe innescarsi anche di fronte a una variabile – impazzita e relativamente prevedibile: cioè il fatto che queste misure, anche le terapie immunologiche, producano effetti letteralmente devastanti, sulla salute delle masse. Tanto da arrivare poi a un passaparola (media o non media, controinformazione o meno, Rete o non Rete, coscienza nei media o non-coscienza nei media).
Se in ogni pianerottolo, in ogni famiglia, in ogni parentado, in ogni circolo di amici c’è qualcuno che ci lascia le penne, avendo pensato di conquistare l’immortalità, questo potrebbe produrre un contraccolpo dagli effetti imprevedibili. Su questo – io temo, tragicamente – si giocherà la partita. Siccome però la riduzione della popolazione generale (soprattutto l’eliminazione della fertilità, partendo dai bambini), secondo la Fondazione Bill & Melinda Gates è una delle finalità generali di questo orrendo disegno, io credo che – se non si sbrigano – le grandi masse umane potrebbero accorgersene: è per questo che accelerano. Loro – ricordiamolo – hanno alcune finalità generali. Per esempio, la riduzione demografica: quindi una diminuzione della popolazione, partendo dai più giovani, anche attraverso progressive campagne di sterilizzazione. Lo diceva Bill Gates dieci anni fa: soltanto con una grande campagna vaccinale avremmo potuto abbassare l’incremento demografico.
In secondo luogo, hanno bisogno di un controllo algoritmico delle masse: quindi deve essere azzerata quella libertà dell’essere umano, che lo rende “simile a Dio”. Diceva Jacques Maritain: «Il Dio dei cristiani è stato così pazzo da voler essere amato da uomini come lui». E’ l’uomo che ha combinato sempre la dimensione dell’amore e del filantropismo. Bene: vogliono ridurci a una dimensione di consumi prevedibili, controllati, eterodiretti e “datizzati”. Per il momento, questo lo si fa con gli strumenti disponibili. Ma l’obiettivo finale – a detta dello stesso Bill Gates – è quello dell’innesto di un microchip transumano (o post-umano) per ridurre gli uomini a dei robot, possibilmente non-riproducentisi, non inquinanti, non autonomi, non-autogovernantisi, non imprevedibili. Questo pianeta, ridotto a una sorta di orrendo film di fantascienza, è lo scenario che si sta preparando (a detta degli stessi documenti di coloro che lo stanno attuando).
A non vederlo è soltanto la cecità di non vuole vedere, o di chi pensa che tutto questo abbia un contenuto filantropico, “verde”, come nel caso della follia dell’elettrificazione dell’automotive. Per caricare una batteria al litio, e poi smaltirla, si deve consumare molto più ossigeno, e liberare molta più anidride carbonica (e sostanze inquinanti) di quanto non accada con un motore diesel. Siamo quindi nella menzogna delle menzogne, laddove altre tecnologie veramente autonome – come l’idrogeno – vengono dilazionate e represse. Il problema fondamentale è il controllo, da parte di questa Cabala planetaria che, nella politica recente degli Usa – con l’efficienza del Deep State governato dalla setta “dem” – ha abbattuto Trump, che (con tutti i suoi difetti) aveva cercato di contrastare un disegno geopolitico nel quale tutta la manifattura dev’essere demandata alla Cina, e l’immensa plusvalenza prodotta dalla manifattura in Cina dev’essere investita in debito militare americano.
Questa doveva essere la divisione del lavoro, per il club dei Clinton e per gente che, come Obama, ha avuto il Nobel per la Pace scaricando poi nel mondo la maggior quantità di bombe dai tempi della Seconda Guerra Mondiale. Però le classi progressiste europee credono a queste balle: credono che Trump fosse cattivo, che Obama fosse buono, che lo “scorreggione” Biden (un fantoccio) e Kamala Harris fossero l’immagine del politically correct. L’unica speranza geopolitica che oggi abbiamo è che i repubblicani vincano le elezioni di mid-term e che Trump possa fare lo speaker del Congresso al posto di quella strega abortista di Nancy Pelosi. Questo potrebbe creare qualche problema anche all’élite di casa nostra. Altrimenti, saremo schiacciati come scarafaggi.
Questi equilibri si giocano a livelli che, purtroppo, non sono né quelli dell’Italia, né quelli dell’Europa. Sul “lockdown per i non vaccinati”, il governo frenerà finché lo riterrà conveniente. Io credo che di qui alla primavera, cioè alle elezioni americane del mid-term, vedremo forme di repressione inimmaginabili. Credo che non si fermeranno soltanto al “lockdown per i non vaccinati”: il loro sogno è quello delle retate nelle case per riempire i capannoni per l’isolamento che hanno preparato, in Italia come in Australia. Quello, probabilmente, sarà il momento della latitanza. Come difendersi dalla tirannide? Io ho il pessimismo della ragione, ma anche – gramscianamente – l’ottimismo della volontà. Quindi ritengo che la battaglia vada fatta, fino alla fine, e penso che ci sia anche l’eterogenesi dei fini, e quindi nessuno può prevederne gli esiti: la partita va giocata fino in fondo, senza paura e con grande determinazione.
La durezza della mia analisi è quella che faceva dire, ai classici romani, “si vis pacem, para bellum”. Se vuoi la pace preparati alla guerra, sapendo che sarà la più sanguinaria che ci sia mai stata. E lo scenario è feroce: di fronte a questo tipo di situazione bisogna essere allertati, predisposti e preparati. Ma i momenti feroci non sono mai mancati, nella storia. Credo che lo stesso grado di consapevolezza delle masse attuali ce l’avesse un ragazzo calabrese di vent’anni, trascinato nelle trincee dell’Isonzo nell’inverno del 1916. Credo che questa consapevolezza ce l’avessero coloro che subivano i bombardamenti nelle città italiane nel 1943-44. Penso che tutte le epoche abbiano avuto le loro Hiroshima, le loro Nagasaki, i loro Gulag, i loro campi di concentramento, i loro Buchenwald. La storia è sempre foriera di una dimensione che ha anche un aspetto tragico essenziale: e oggi, la tragedia si ammanta di salute, di buonsenso, di ecologismo, di protezione dalla malattia degli altri, di solidarismo.
Basta leggere le bestialità dette dall’“antipapa” Bergoglio, o da tanti altri che dovrebbero animare le agenzie della buona volontà, e invece rivelano questa visione veramente luciferina, nella sua finzione: un’esibizione di pubbliche virtù di fronte a orrendi vizi privati, nel quadro di un’orrendo disegno di base. Ciò detto, credo che le misure di autodifesa debbano essere la coscienza, la consapevolezza, il coraggio; la capacità di fare gruppo, di fare comunità, di avere relazioni protettive, affettive, di autenticità. E la capacità di amore, anche verso i propri nemici. Ho chiamato “vecchio malvissuto” il mio collega Galimberti. Ma, se proviamo a calarci empaticamente nei suoi panni, nelle sue fragilità, nella sua auto-valutazione, nella stima che ha di sé, nella paura per le sue condizioni (di vita e di carriera), allora comprendiamo anche perché dice le mostruosità che dice.
Non significa giustificarle, sia chiaro. Ma provare a guardare il mondo con gli occhi dell’altro, anche del proprio nemico, si chiama empatia. E per i cristiani diventa il grido di Gesù: «Padre, perdona loro, perché non sanno quello che fanno». E molti dei nostri persecutori – davvero – non sanno quello che fanno. Pensiamo anche che c’è un grande disegno, che gli orientali chiamano Dharma. E c’è una parola che Jung chiama “sincronicità”: è l’idea che, tra le cose che accadono, vi siano nessi che non sono né casuali né causali; misteriosamente, molte cose si collegano tra di loro in un disegno, generale e contemporaneamente personale, che i cristiani chiamano Provvidenza. Manzoni la descrive magistralmente, nella peste di Milano e nella narrazione dell’untore, parlando della Colonna Infame: esiste un grande disegno corale, che include anche gli altri, nel quale le nostre singole vite sono inserite: con un libero arbitrio, al quale non possiamo rinunciare mai, che ci fare dire “sì” o “no”, a qualsiasi cosa.
Noi abbiamo detto “no” a molte cose, a cui altri hanno detto “sì”. Non è un caso che siamo stati noi, a dirlo. Lo dico forse con un eccesso di provvidenzialismo giudaico-cristiano: ma forse chi ha detto “no” l’ha fatto perché è stato scelto, per farlo. Probabilmente, è stato scelto per testimoniare qualcosa che si rivelerà nella sua compiutezza solo quando questa pagina tragica e orribile della storia si sarà conclusa, cioè quando finalmente avremo capito per quale ragione – faticosamente, anche al prezzo della vita – abbiamo presidiato questa luce, nei confronti di un buio diabolico montante. Direi a tutti di formare un’eggregora di pensiero: quando le menti, le coscienze, le anime vibrano all’unisono, si mettono in connessione con i “cori angelici”, quelli che Dionigi l’Aeropagita, Dante, Tommaso d’Acquino o Papa Gregorio hanno descritto (il canto delle sfere celesti). E quindi ci mettono dentro una grande prospettiva di unione, di comunità, di forza, di speranza, di fede, e anche di amore.
Il diavolo, invece (dal greco “diabàllo”, dividere, che è il contrario di “sünbàllo”, mettere insieme) è colui che divide, che ci vuole isolati. Vuole dividere le persone dalle persone, l’uomo dalla donna, il maschio dalla femmina, il fratello dal fratello, il padre dal figlio e il figlio dal padre, le comunità dalle comunità, le nazioni dalle nazioni. L’idea di dividere è, paradossalmente, l’obiettivo fondamentale della globalizzazione: sembra fatta per unire, e invece è realizzata come con l’idea del costruttore della Torre di Babele. Io credo che la globalizzazione sarà schiacciata dalla confusione delle lingue: alla fine, il caos travolgerà chi pensava di poter ridurre tutto a un algoritmo governato da un computer. Il nostro principale alleato, in questo momento, è il caos creativo della realtà, insieme all’irriducibilità e all’imprevedibilità delle cose umane. Ed è questo caos creativo e libero, che noi dobbiamo cavalcare.
Nella Sacra Scrittura, questo caos è la pagina opposta a quella della Torre di Babele: la Pentecoste. Dopo esser stati terrorizzati dalla morte del loro maestro, dopo averne visto la resurrezione (ma senza averla capita), gli apostoli escono dal cenacolo e, illuminati dallo Spirito Santo, parlano, capendosi perfettamente, pur provenendo da ogni angolo del Medio Oriente. Per poter difendere la libertà bisogna essere pronti anche ad “abbracciare la croce”: soltanto chi accetterà di testimoniare fino in fondo sarà salvato. Come dice il Libro dell’Apocalisse: si salverà soltanto chi non accetterà il “segno della Bestia” (il 666 messo sottopelle, senza il quale non si potrà né comprare né vendere, che poi è esattamente quello che oggi ci stanno imponendo). Ma ripeto: il pessimismo realistico che esprimo è il modo per essere ottimisti.
Hobbes, che parla del Leviatano e dell’“homo homini lupus” (e che quindi sembra un pensatore feroce, nei confronti della natura umana) è il padre – nella filosofia politica – di tutti i pensieri liberali. Rousseau, che è un ottimista nei confronti della natura dell’uomo, è il generatore di tutti i modelli giacobini e totalitari della storia. Quindi, essere pessimisti sugli esiti della contingenza che si sta attraversando, probabilmente, è il modo migliore per essere più umani. Essere stupidamente ottimisti, come tanti imbecilli che popolano il mainstream, è il segno invece di una ferocia che può diventare pericolosissima, per sé e per gli altri. E quindi, con questo “sentimento tragico della vita”, come avrebbe detto Miguel de Unamuno, dobbiamo accettare la sfida: chi, come noi, ha raggiunto questo livello di consapevolezza, deve testimoniarla per poi donarla, con amore, agli altri. A qualunque prezzo, a qualsiasi costo.
(Alessandro Meluzzi, dichiarazioni rilasciate il 18 novembre 2021 nella trasmissione “Politicamente Scorretto”, con Enrica Perucchietti, Gianluca Lamberti e Adrian Fiorelli, sul canale YouTube “Facciamo finta che”.
Il professor Meluzzi è stato sospeso dall’esercizio della professione medica, come altri 250 sanitari di Torino, per essersi rifiutato di ricevere il siero genico sperimentale imposto come profilassi anti-Covid. Nella trasmissione è stato citato anche il valoroso dottor Riccardo Szumski, sindaco di Santa Lucia di Piave, appena radiato dall’Ordine dei Medici di Treviso per l’ostinazione dimostrata nel voler curare regolarmente da casa, e con pieno successo, i pazienti affetti da Covid).
FONTE: https://www.libreidee.org/2021/11/meluzzi-accelerano-temono-che-la-strage-diventi-vistosa/
Dugin: povera Italia, sottomessa. Ma il “risveglio” vincerà
Il Grande Reset è la reazione disperata dei globalisti che vedono come il mondo stia diventando multipolare. Questo progetto, nonostante la contrarietà della maggior parte dei popoli del globo, vuole arrivare al suo obiettivo puntando molto anche sulla pandemia. Il Grande Reset arriva dai primi anni 2000, quando i globalisti hanno cominciato a sentire la perdita della loro forza e dunque hanno cercato e cercano in tutti i modi di recuperare una situazione positiva per loro. Ad esempio, l’élite liberale ha imposto lo stato di emergenza per recuperare il potere sulla mente delle persone, in quanto sempre più esseri umani si stanno allontanando dal disegno globalista. L’élite liberale, nonostante si sia dimostrata incapace di gestire l’emergenza Covid, vuole comunque usare questa cosa (e lo stato di emergenza) per rimanere ai vertici. Tutto questo sembra piuttosto una “agonia liberale” e personalmente penso che il Grande Reset sia affogato.
Questo anche perché, se le restrizioni occidentali e lo stato di emergenza sono usate dall’élite liberale per mantenere il potere e per difendere il globalismo, la Russia e la Cina hanno dimostrato che delle giuste misure di contenimento del virus possono essere usate però solamente per i propri interessi sovrani (contrari al globalismo): misure simili ma con visioni diverse. L’Italia è stata la più sfortunata di tutti perché ha scelto il peggior presidente possibile. Non immagino nessuno peggio di Draghi. Quest’ultimo non porta nessuna promessa con sé, ma è uno che sta lì per garantire il puro status quo. E questa è la cosa più spaventosa: non cambiare niente – nelle tendenze di oggi – è il delitto più grave. Draghi incarna perfettamente l’élite liberale. Nonostante il Grande Reset sia sostanzialmente fallito, comunque, è chiaro che alcuni territori siano ancora sotto il controllo dell’élite liberale. Insieme ai monopoli tecnocratici che non si sottopongono a nessun potere politico, hanno usato l’emergenza coronavirus da un lato per mantenersi al potere e dall’altro per cercare di rafforzare la propria influenza e il loro dominio.
Al Grande Reset, però, si oppone il Grande Risveglio. E questa fase, iniziata da poco, si sta sviluppando come una guerra tra due visioni contrapposte. In concreto, le popolazioni da un lato e l’élite liberale dall’altro. Questa non sarà una guerra tra nazioni, ma una guerra – in Europa ed in tutto il mondo – tra la popolazione che è per il Grande Risveglio, e le loro élite che sono per il Grande Reset. Se parliamo del ruolo della Russia in questa guerra civile, essa sarà dalla parte del Grande Risveglio, anche se i tentacoli del Grande Reset ce li abbiamo ancora dentro; ad esempio, il nostro Gref (Herman Gref, presidente di Sberbank, il principale gruppo bancario del paese, ndr) sarebbe come il vostro Draghi. La differenza fondamentale è che noi lo abbiamo lasciato dov’è, mentre voi l’avete messo a capo della Banca Centrale Europea e ora alla testa del governo italiano. L’influenza globalista dentro la Russia è molto forte ed è presente soprattutto nel potere economico: se l’anima della Russia è col Grande Risveglio, per le questioni più concrete non è interamente così. Quindi la Russia è in una posizione di “neutralità ostile” verso il Grande Reset e anche questo è già un buon segno.
Per noi ortodossi, il Grande Reset significa il progetto dell’Anticristo. Dunque, tutti quelli che sono davvero contro l’Anticristo sono dei santi. E la Russia di Putin ha quasi preso la posizione di leader in questo circolo dei santi che sono contro l’Anticristo. In generale, va sempre tenuto presente che nessuno può risolvere questo problema se non le persone stesse. Se un italiano o un francese non si rialzano contro il male globale che ha il volto di Draghi o di Macron, nessun altro lo farà per loro. Non importa se siano pro Le Pen o Mélenchon, ad esempio; l’importante è muoversi contro Macron. Questo vale anche per gli statunitensi: se non si rialzeranno e non difenderanno la loro identità, nessun altro lo farà per loro, nemmeno Putin. Questa è una lotta dell’umanità contro l’anti-umanità. Nonostante il mostro globalista stia affogando, ci serve – a maggior ragione – l’aiuto di tutti, perché venga definitivamente sconfitto. In questa lotta, pure una persona da sola (anche andando contro la famiglia o il fratello, come dice il Vangelo) potrà cambiare la bilancia del mondo. Anche un piccolo granello può fare la differenza.
I segni del fallimento dell’élite globalista li vediamo, ad esempio, nel frenetico ritiro degli Usa dall’Afghanistan, così come dalla Siria. I Talebani hanno dato un calcio in culo alle armate invincibili nordamericane che, ritirandosi, hanno lasciato il caos generale: ovunque esse vanno, infatti, non portano più ordine ma soltanto distruzione. Ad esempio, tutti quegli Stati post-sovietici ai quali gli Usa hanno promesso di dare assistenza, in cambio hanno perso la propria integrità territoriale. Gli americani non possono più essere i possessori del mondo e la loro politica è inadeguata sotto ogni aspetto. Questi sono i segnali più evidenti di questo fallimento. Dunque, anche se i globalisti riescono ancora a mantenersi al potere, essi non hanno nessuna idea seducente per le persone; possono usare la paura e spaventare tutti, possono introdurre il Green Pass e mettere le telecamere di sorveglianza ovunque, ma non offrono nessuna idea di futuro.
Ad esempio, se guardiamo i film americani incentrati sul nostro prossimo futuro, essi finiscono tutti male. Non c’è futuro, come in “Mad Max” ed altre pellicole. L’idea, infatti, è sempre la stessa: moriranno tutti o sopravviveranno in pochi ma in malo modo, magari come uomini-rettili totalmente disumanizzati. Quindi, come possiamo vedere chiaramente, i globalisti non hanno alcuna idea di futuro; e le civiltà senza un’idea di futuro sono civiltà in agonia, come sempre lo sono state. Essi cercano di rimanere al potere con i denti, stringendolo forte con le mani, ma il potere gli sta sfuggendo ugualmente. Un altro esempio è la Cina: la volevano sottomettere, ma è uscita dal loro controllo. Il Pcc (Partito Comunista Cinese) ha resistito e non è stato annullato. Anche Pechino cerca dunque di proteggere la propria identità. E Putin sta facendo lo stesso fin dall’arrivo al potere nel 1999, quando ha iniziato (ed è riuscito) a rimettere la Russia sulla propria strada: quella della sua identità. In conclusione, è possibile affermare che nel futuro emergeranno sempre più poli a livello mondiale; e dunque i globalisti stanno fallendo e ora sono in agonia.
(Alexandr Dugin, dichiarazioni rilasciate a Jacopo Brogi e Alessandro Fanetti per l’intervista “Il Grande Reset è fallito, è l’ora del Grande Risveglio”, pubblicata su “Come Don Chisciotte” il 27 gennaio 2022. Eminente filosofo, con idee politicamente tradizionaliste, Dugin è considerato un ideologo molto influente, nell’orbita del potere russo).
FONTE: https://www.libreidee.org/2022/02/dugin-povera-italia-sottomessa-ma-il-risveglio-vincera/
CURARE IL DISAGIO DA PANDEMIA: OK AL BONUS PSICOLOGICO
L’ok è arrivato nella notte. La misura del bonus psicologico è stata approvata e inserita nel decreto Milleproroghe: via libera, quindi, dalle commissioni Bilancio e Affari costituzionali. Complessivamente, sono stati stanziati 20 milioni di euro: metà serviranno per finanziare il bonus e metà per reclutare professionisti che forniranno il loro contributo per combattere il disagio mentale legato alle conseguenze relative al Covid.
Bonus psicologico
Nel dettaglio, il bonus ammonterà a 600 euro di voucher a persona. A oggi risulterebbero 18mila i soggetti interessati. La misura verrà parametrata tenendo conto dell’Isee, con il tetto massimo che è stato fissato a 50mila euro: l’obiettivo è favorire i redditi più bassi.
Il commento di Roberto Speranza
Roberto Speranza, ministro della Salute, aveva già detto: “Il grande tema della salute mentale è decisivo: un ambito è il bonus di assistenza psicologica, ci stiamo lavorando e già nel Milleproroghe daremo un primo segnale che va in questa direzione”.
FONTE: https://www.opinione.it/politica/2022/02/17/brigida-baracchi_disagio-pandemia-bonus-psicologico-milleproroghe/
CULTURA
IL PENDOLO DEL POTERE SECONDO CASTELLANI
Il profilo più interessante di tale saggio, è che, contrariamente a quanto di solito generalmente praticato (anche da studiosi), riconduce a concetti, categorie, intuizioni che sono patrimonio da secoli del pensiero politico, le vicende d’attualità. Così è per la pandemia. Il libro esordisce: “Il potere politico si fonda sulla paura. E il caso della pandemia non costituisce eccezione… La paura, scaturita dal rischio posto dalla pandemia, è stato il carburante di legittimità politica per far accettare scelte di governo, restrizioni e norme che altrimenti mai sarebbero state considerate ricevibili dalle popolazioni delle democrazie occidentali” (e naturalmente il riferimento è, in primis, a Hobbes) “per paura si deve intendere anzitutto l’insicurezza collettiva e per politica il controllo autoritario e assolutista di tale insicurezza”. Dato che “secondo Luhmann, il sistema politico-giuridico opera come una struttura normativa di selezione delle alternative. Diritto e potere politico tracciano dei confini per i comportamenti individuali e sociali costringendo le possibilità di scelta tra innumerevoli alternative”, onde “Il sistema di potere, in definitiva, definisce quali rischi coprire e quali lasciar correre, quali paure sopire e quali far circolare”.
L’inconveniente, noto, è che per farlo, necessita di potere/i enormemente superiore, nello Stato moderno, a quello necessario a forme politiche meno impegnative. Anche se esercitato attraverso un ordinamento amministrativo costituito da burocrazie professionali specializzate, il potere politico non rinuncia alla dinamica antichissima “dell’insondabilità e dell’inconoscibilità dei segreti su cui si fonda la decisione: “A certe istituzioni si obbedisce proprio perché non si possono comprendere le basi sulle quali poggiano le loro scelte”, comunque rimesse all’autorità di esperti, illuminati dal sapere. Anche in ciò nulla di nuovo: l’incremento del potere attraverso il mistero e l’inconoscibilità (ai più) è una costante da millenni. Kojéve la fa risalire alla teoria dell’autorità di Aristotele fondata sulla superiorità e sulla capacità di prevedere del superiore, e così (anche) dei dotti sugli inesperti (e ignoranti).
Ciò sarebbe anche conforme al pensiero istituzionale moderno, uno dei connotati del quale è la razionalizzazione, anche e soprattutto del potere politico (e lo Stato ne è il risultato).
Solo che data la complessità dell’essere umano e delle società “c’è sempre un’incrinatura” che si frappone nella saldatura tra tecnica e potere, perché “Non c’è razionalismo capace di trasformare una società umana in una macchina e la politica in ingegneria”. Da questa e da altre affermazioni del saggio deriva che, cambiando situazione e giustificazioni, la sostanza rimane – in larga parte – la stessa: a seguire Hauriou, le fond è il medesimo. Con la conseguenza che, dato il carattere prevalente e decisivo in politica della competizione e conservazione del potere, la pandemia è (e può esserlo ancora di più) la giustificazione dell’incremento dei poteri pubblici. I quali, nell’attualità possono avere due versioni; da una parte “c’è il tecno-autoritarismo cinese, nel quale le stesse tecnologie sono messe al servizio di un sistema esplicitamente totalitario, il cui aspetto più inquietante risiede nel fatto che differisce dal nostro soltanto per la sua intensità: una questione di misura più che di sostanza”. Mentre in occidente è il verde, le politiche green: “proposte dalla classe politica occidentale per gestire un altro stato di emergenza che subentrerà, o meglio appare già in compresenza a quello pandemico”.
Con la prospettiva di arrivare al Leviatano climatico: “lo stratagemma usato dall’alleanza tra capitalismo clientelare, finanza e politica per rilanciare lo sviluppo globale senza rinunciare a forme di centralismo economico, di moralismo pedagogico e di azioni disciplinanti sui singoli individui”. Castellani ne individua i connotati già nella nota profezia di Tocqueville sul dispotismo mite: un potere fondato su un controllo generalizzato, un potere assoluto, pervasivo, previdente e dolce, che fiacca la volontà e riduce la comunità a un gregge “di cui il governo è il pastore”. È il dispotismo mite quello peculiare alla decadenza occidentale “securitario e centralista, in cui lo spirito d’iniziativa individuale e collettivo, la società civile, i beni comuni, le libertà negative e positive vengano mortificati e sacrificati sull’altare di un nuovo dirigismo e della sua pianificazione”. A questo l’autore contrappone il recupero di “forme di azione riflessiva, decentrata e consensuale … ancora possibili invece di pensare a forme di delegittimazione ed esclusione dell’avversario. L’auctoritas prevarrebbe sull’imperium, l’amicizia sull’inimicizia, la rule of law sul potere di polizia… ci sarebbe invece un rifiuto della sorveglianza come idea-guida dell’organizzazione sociale”; perché “la politica sapiente è l’arte di rinvigorire la società, e non di alimentare burocrazie, e la libertà di tutti è un privilegio la cui difesa compete alla classe dirigente”. Ciò sarebbe sicuramente aspirazione largamente maggioritaria. Speriamo che sia pure largamente percepita; perché lo diventi, si consiglia la lettura di questo saggio.
Sotto scacco di Lorenzo Castellani, Liberilibri, Macerata 2022, 115 pagine, 14 euro
FONTE: https://www.opinione.it/cultura/2022/02/17/teodoro-klitsche-de-la-grange_sotto-scacco-lorenzo-castellani-liberilibri-macerata-2022-115-pagine-14-euro/
CYBERWAR SPIONAGGIO INFORMAZIONE DISINFORMAZIONE
“Sassoli e Biscardi, due morti collegate. Ma la farsa è finita”
Scritto il 14/2/22 • nella Categoria: segnalazioni
Pochi sanno che David Sassoli, che aveva un problema di leucemia, è stato un trapiantato: e aver subito un trapianto rientra tra le controindicazioni per qualsiasi vaccino. Era un uomo di Draghi, che l’aveva spinto nella posizione che occupava nelle istituzioni europee. Sassoli aveva ricevuto il siero C-19 ed era stato male. Al che, è stato contattato da Domenico Biscardi: i due si sono parlati, tra loro c’è stato uno scambio di informazioni importante. Dopodiché, Sassoli ha depositato 9 denunce, che erano delle bombe. Le ha depositate non solo all’Ema, non solo all’Aifa, ma anche più su. Quello che posso dire, ben consapevole dei rischi che corro, è che – dopo queste denunce – Sassoli è stato “spento”, diciamo così.
Esattamente come sembra sia accaduto all’amico Domenico Biscardi, che avevo intervistato pochi giorni prima del decesso. Credo che la sua morte sia strettamente collegata a quella di Sassoli, nonostante le problematiche di Biscardi (lo stress) e quelle di Sassoli (la leucemia).
Questo – tra i due – è un collegamento importante, di cui nessuno ha mai parlato: lo sto dicendo qui, per la prima volta. Come sono venuto a conoscenza di tutto questo? Be’, ad Aviano (dove Sassoli era ricoverato, ndr) ci sono tante persone: brave persone, coscienziose; ci sono tanti medici, che parlano tra di loro; e non soltanto medici. Ora, come sappiamo, è morto anche Luc Montagnier. Non appena ho appreso la notizia, ho chiamato immediatamente Ornella Mariani, per trent’anni sua collaboratrice in tanti progetti comuni. Ornella è anche molto amica della compagna di Montagnier e del suo entourage: le persone più strette non sanno spiegarsi l’accaduto. Che dire? C’è chi invoca un secondo Processo di Norimberga. Bene: posso dirvi che la prospettiva è molto più concreta di quanto si immagini. Con la persona che sta portando avanti questa causa internazionale, l’avvocato Reiner Fuellmich, il mio gruppo sta lavorando da anni.
L’avvocato Fuellmich, che incontrerò nei prossimi giorni, è una persona molto più introdotta di quanto possiate immaginare: un uomo di grande coraggio, veramente molto preparato, con agganci importantissimi. Quindi, ripeto: il discorso Norimberga-2 è estremamente realistico. Il cambiamento è dietro l’angolo: quando parliamo di Quantum Financial System, di Global Currency Reset e del nuovo sistema economico in arrivo, è importante che la gente capisca che c’è un apparato di professionisti, ad altissimo livello, che si sta muovendo – da anni – verso quella direzione. Poi è spuntata l’Operazione Corona: il “colpo di Stato globale” ha cercato di rallentare qualcosa che, in realtà, nessuno può fermare. Ormai i giochi sono fatti: e quando nomino certe persone, non le nomino a caso. Quello di cui parlo, da due anni, su “Database Italia”, non sono fantasie. E’ ovvio che non si può divulgare tutto, non posso mostrare certi documenti che riceviamo: è un’operazione finanziaria, di intelligence e militare.
Se non si è addentro, non si può comprendere quello che sta davvero succedendo: non si può capire perché la testa della piovra è stata recisa, anche se ancora muove i suoi tentacoli. In televisione i virologi parlano di “richiami” fino al 2030? Lasciate perdere tutte queste buffonate: ripeto, i giochi ormai sono stati fatti. Certo: essendo un cambio epocale, non può avvenire in due giorni. E’ una rivoluzione, che deve armonizzare tutto il mondo: non la puoi fare in due giorni, e neanche in dieci anni. Il quadro è molto complesso, in continua evoluzione, con accelerazioni molto importanti: qualcosa è visibile, qualcosa no. Abbiamo assistito al tentativo in corso, da parte di chi si sta opponendo a questo colpo di Stato globale, cercando di svegliare sempre più persone, anche se il risveglio purtroppo è lento. Molti eroi – medici, scienziati schieratisi al nostro fianco, anche i più in vista – spariscono, in un modo o nell’altro. Qualcosa si sa, ma alcune cose non si possono dire, perché il regime è ancora attivo.
La testa del serpente, ripeto, è comunque stata recisa: il corpo si muove ancora, per inerzia. In ogni caso, insisto: dietro le quinte, i giochi sono già fatti, positivamente parlando. Sono appena stato fuori Italia: a certi livelli ormai è tutto chiaro, la trasformazione è già in atto. E si sta accelerando, nonostante qualcuno cerchi ancora di rallentare. Certi meccanismi non si possono frenare: il cambiamento in arrivo è epocale, ed stato già accettato a tutti i livelli (e chi vi si è contrapposto non ha più il potere di aprir bocca). Ci troviamo davvero sulla soglia del più grande cambiamento, credo, dell’intera storia dell’umanità. E non dovremo aspettare tanto tempo, per vederlo: ci sarà un’accelerazione sempre più evidente, in positivo. Anche la narrativa cambierà: nei prossimi mesi vedremo un allentamento di queste norme insulse. Ci stiamo dirigendo verso una primavera intesa anche come un “risorgimento” dell’umanità. Ovv ero: verso la creazione di una nuova umanità, perché il solco che si è creato nella società è una ferita che non credo possa essere ricucita.
Le persone che sono rimaste illese, da questo bombardamento, hanno sempre di più la necessità di interagire con persone che vibrano alla loro stessa frequenza; altri invece continueranno a indossare la mascherina all’aperto, benché non sia più un obbligo. Quindi pensiamo alla nostra parte di società, che ha bisogno di socializzare e riappropriarsi della gioia di vivere, di condividere, e anche di impostare tanti nuovi progetti, che ora potremo portare avanti nel piccolo. Molto presto, però, con il cambio del sistema economico-finanziario, saranno progetti che verranno richiesti e finanziati. Il tessuto, comunque, lo dobbiamo creare da adesso. Cosa accadrà, nell’immediato, in Italia? Ci sarà un allentamento graduale: per maggio-giugno saremo usciti quasi del tutto, da questa situazione. Ma attenzione: il discorso Covid, pandemia e Green Pass è solo il 5% di quello che c’è dietro. E il cambiamento forte lo vedremo già in questo 2022.
La vera e propria “disclosure” è un altro discorso. Però, per i cambiamenti epocali – lo dico ancora una volta – i giochi sono fatti. E le cose si vanno definendo, man mano. A livello politico, gli equilibri cambieranno. Stiamo vedendo una marea di dimissioni, ovunque: Australia, Inghilterra, Canada. Ci sarà anche il “twist”, il colpo di scena, negli Stati Uniti. E probabilmente dovrà “venire giù” l’Europa. Tante persone spariranno: qualcuno si dimetterà, qualcuno si ammalerà di Covid, qualcuno verrà meno: è quello a cui assisteremo. La gente stenterà a capire quello che c’è dietro, ma questo è l’anno in cui i giochi si faranno: perché non è verosimile che, da una parte, ci sia un capovolgimento epocale, strutturale, finanziario, e dall’altra parte rimanga in piedi la buffonata dell’info-psico-pandemia, che è stata soltanto un tentativo di rallentare questo processo, che è inarrestabile.
(Luca La Bella, dichiarazioni rilasciare l’11 febbraio 2022 nella trasmissione “Gli ultimi retroscena”, con Gianluca Lamberti e Adrian Fiorelli, sul canale YouTube “Facciamo Finta Che”. Giornalista e blogger, La Bella è l’animatore di “Database Italia”, spesso fonte di notizie esclusive su ciò che si muove dietro le quinte del potere. Sassoli, presidente del Parlamento Europeo, si è spento l’11 gennaio 2022. A poche ore di distanza è stranamente morto anche Biscardi, farmacologo, autore di clamorose denunce sulla presenza di nano-chip che sarebbero contenuti nell’ossido di grafene rilevato nei sieri C-19).
FONTE: https://www.libreidee.org/2022/02/sassoli-e-biscardi-due-morti-collegate-ma-la-farsa-e-finita/
Letalità combattiva e cospirazioni anticospirazioniste
Questo è un post molto lungo. Non è necessario capire tutto, l'importante è cogliere l'atmosfera generale.
Ci saranno molte cospirazioni.
Ci siete?
I cospirazionisti sono quelli che sospettano che i ricchi e i potenti non siano scemi.
E che quindi siano capaci di coordinarsi tra di loro.
E che quindi il confine tra politica, economia, informazione, mondo militare e “clero” intellettuale (clerisy) sia a dir poco poroso.
Insomma, che spesso e volentieri cospirino, e che questo sia il principale motivo per cui sono appunto ricchi e potenti.
Gli anticospirazionisti sono quelli che si dedicano a salvare l’onore e la stupidità dei ricchi e dei potenti.
Gli anticospirazionisti usano sempre tre tattiche.
Uno, tirano fuori la Carta Matta.
Siccome ogni sospetto nei confronti di ricchi e potenti è in partenza criminale, nel mondo della clandestinità in cui i diffidenti sono rinchiusi, le constatazioni più ovvie si mescolano a buffi deliri e stranezze.
E quindi l’anticospirazionista può pescare facilmente su Facebook le fantasie dei rettiliani o di QAnon, e attribuirle a tutti i cospirazionisti.
Due, i loro segugi smascherano le cospirazioni dei cospirazionisti
L’anticospirazionista sa benissimo che i complotti nella vita reale esistono: Bill Gates e George Soros che secondo loro non complottano sono infatti nobili eccezioni.
E quindi la prima cosa che gli viene in mente a un anticospirazionista è come smascherare la rete segreta dei cospirazionisti.
Da una roba che si chiama Valigiablu, questa chicca di titolo:
Terzo, chiamano le guardie
Troviamo un magistrale esempio di tutte e tre le tecniche, in un articolo sul Giornale.
Partiamo dal titolo:
Ora, vado a vedere chi è Andrea Muratore, l’anticospirazionista che scrive l’articolo.
Scrive per il Giornale, ma non è un giornalista: il suo stipendio glielo passa qualcosa dal nome sfuggente di Osservatorio Globalizzazione, che raccoglie i giovani allievi del prof. Aldo Giannuli. Nome che sento da una vita, vado a vedere chi è – proviene dall’estrema sinistra, si è legato per un periodo al Movimento Cinque Stelle, e viene definito “tra i principali esperti italiani di servizie segreti e di storia dell’intelligence“.
Muratore è però anche uno degli “esperti”, si presume pagato, di Trends Research un ente diretto da questi signori:
Meno male che ci sono gli anticospirazionisti a ricordarci che questi individui non faranno mai gli interessi politico-economici di qualche ricco ma potente staterello mediorientale.
Muratore intervista un certo Andrea Molle,
“docente di Scienze Politiche alla Chapman University di Orange, California, ricercatore presso START InSight, tra i massimi esperti del complotto di QAnon nel panorama internazionale e recentemente tra gli autori di una pubblicazione sulle minacce economico-industriali legate al movimento No-Vax per l’Osservatorio per la Sicurezza del Sistema Industriale Strategico Nazionale (OSSISNa), branca del Centro Italiano Strategia e Intelligence (Cisint).”
QAnon non esiste, ma il CISINT evidentemente sì.
Del CISINT si parla sul sito di Osservatorio Globalizzazione, in un articolo firmato CISINT, per cui quantomeno i due Andrea devono essere in stretto rapporto tra di loro. Ma mica co-spirano.
Leggiamo:
“Oggi, 11 dicembre [2020], nel corso della conferenza scientifica internazionale sugli eventi CBRNe ”SICC 2020”, sarà presentato ufficialmente l’Osservatorio per la Sicurezza del Sistema Industriale Strategico Nazionale (OSSISNa).
OSSISNa è un progetto creato all’interno del Centro Italiano di Strategia e Intelligence (CISINT) ed è orientato all’approfondimento di tematiche riguardanti la sicurezza degli asset industriali strategici (imprese e filiere), fondamentali per lo Stato e per il benessere sociale, costantemente esposte a “minacce globali” per tipologie e settori di provenienza.
L’osservatorio è costituito da esperti a livello nazionale provenienti dal mondo istituzionale, industriale e accademico.”
Andiamo piano, perché mi sto perdendo anch’io.
Dunque, Osservatorio Globalizzazione è un ente privato, che promuove qualcosa che si chiama CISINT – Centro Italiano di Strategia e Intelligence – che organizza un evento chiamato SICC.
SICC sta per Scientific International Conference on CBRNe.
Ora, se avete un amico cospirazionista, NON gli fate sapere cosa significa la sigla CBRNe, perché potrebbe avere lo stesso successo in rete del Great Reset di Schwab.
L’Università di Tor Vergata a Roma organizza infatti un master in CBRNe :
“Chemical, Biological, Radiological, Nuclear and explosive Department of Industrial Engineering and School of Medicine and Surgery”
Cioè questi mettono insieme in unico calderone la chimica, la biologia, la radiologia, il nucleare, gli esplosivi, l’ingegneria industriale e la medicina. Mancano (per ora) i chip sottopelle.
Notate l’ideale estetico degli organizzatori:
L’evento di Roma vanta un platinum sponsor, la BMD SpA, che si occupa modestamento di “filtrazioni”, ma in un settore particolare:
“La BMD opera da oltre 25 anni sul mercato, facendo confluire al suo interno le competenze maturate dai suoi soci fondatori in aziende multinazionali operanti nel settore della filtrazione, degli apparati di sicurezza, e dell’integrazione di sistemi per il settore industriale, aeronautico e militare.“
La BMD, al master, ha presentato una relazione su un sistema di bioidentificazione in collaborazione con la fondazione americana Battelle, operante nel campo dell’agribusiness e della national security, con un’onorevole carriera che include aver curato il sistema di alimentazione dei primi sottomarini nucleari statunitensi.
Proprio la settimana scorsa, apprendiamo che:
COLUMBUS, Ohio, February 09, 2022–(BUSINESS WIRE)–Battelle ha annunciato oggi di aver vinto un appalto quinquennale dal valore di $17 milioni di dollari per aiutare le Forze Aeree a condurre una ricerca per promuovere la salute del combattente [warfighter] negli ambienti operativi attuali e del prossimo futuro”.
La collaborazione con la “711th Human Performance Wing mira a
“promuovere la prontezza, migliorare la letalità combattiva [enhancing combat lethality], e proteggere la salute delle forze che proiettano la forza aerea”.
Enhancing combat lethality apre un mondo. Per dire, esistono pure un Lethality Cross Functional Team e una Close Combat Lethality Task Force. Poi parlano male del coronavirus, che la sua letalità la deve improvvisare.
Il corso CBRNe di Roma gode del titolo di “NATO Selected” directly from the HQ in Norfolk“:
Ora, provate a mettervi nella testa di un cospirazionista, che scopre tutto questo ben di Dio.
Quello che sembra un giornalista di un quotidiano di destra di scarso rilievo, fa un articolo sul pericolo posto da quelli che credono alle cospirazioni, in particolare in campo biomedicale.
Si scopre che questo apparente giornalista è in realtà membro di un pensatoio che si occupa di "intelligence" (leggansi servizi segreti) e di un altro pensatoio diretto dal governo dello Stato di Abu Dhabi. E intervista un signore legato a un altro pensatoio (che però poi si scopre è lo stesso) che fa corsi accreditati direttamente dalla NATO, con i soldi di una società che collabora con una ditta biomedica che ha appena vinto un contratto per aumentare la "letalità" dei militari americani.
Ma non abbiamo mica finito con le peculiarità di questa intervista pubblicata sul Giornale.
Da questo giro di giovani laureati cooptati per condurre guerre biomediche e simili per conto della NATO, nasce una sotto-organizzazione, Osservatorio per la Sicurezza del Sistema Industriale Strategico Nazionale (OSSISNa), di cui fanno parte sia l’intervistato (Andrea Molle), sia l’intervistatore (Andrea Muratore): Muratore che ne è infatti il Responsabile Analisi.
Muratore linka nell’articolo un testo di Andrea Molle, Claudio Todaro e Vincenzo Iavarone. su Il fenomeno No-Vax e i rischi per il sistema industriale nazionale.
Da LinkedIn Claudio Todaro è uno specialista senior per i sistemi di gestione delle organizzazioni. Attualmente opera all’interno di programmi nazionali e internazionali per il settore Difesa. E' analista esperto per materie concernenti la Sicurezza Nazionale, con particolare riferimento alla Gestione della Sicurezza per Infrastrutture Critiche e Siti Sensibili (gestione dei rischi sicurezza antisabotaggio/antiterrorismo), ed è coordinatore delle attività di ricerca dell’Osservatorio per la Sicurezza del Sistema Industriale Strategico Nazionale (OSSISNa). Precedentemente è stato responsabile Qualità/Sicurezza/Ambiente per un'azienda nazionale operante in ambito Difesa/Aerospazio/Sicurezza (Elesia s.p.a.). In passato ha ricoperto incarichi di responsabilità presso aziende multinazionali (Magneti Marelli s.p.a. / Gruppo Fiat e Denso Corporation / Toyota Group), principalmente nell'area Assicurazione Qualità.
Elesia è specializzata nella rivendita di “prodotti elettronici high-tech per il mercato della difesa e della sicurezza”.
E sul suo sito, potete ammirare questa opera di arte che sembra uscita dall’incubo di qualche profeta di sventura:
Esperto dei Sistemi di Gestione della Sicurezza Fisica (SGSF) e delle Informazioni (SGSI), ha svolto presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri analisi sugli aspetti riguardanti la protezione di infrastrutture critiche e siti strategici per la Sicurezza Nazionale.
Il testo dei tre è scritto poi in collaborazione con “START Insight“, che vuol dire, Strategic Analyst and Research Team – ecco, “strategia” è all’incirca un sinonimo di complotto.
E c’è anche, REACT, “Osservatorio sul Radicalismo e il Contrasto al Terrorismo”, che è diretto da Claudio Bertolotti, già Capo Sezione Contro Intelligence e Sicurezza della Nato in Afghanistan.
"L’Osservatorio [REACT] è il risultato della sinergia tra soggetti pubblici e privati ai fini della sicurezza della Repubblica e dell’interesse nazionale."
E adesso arriviamo finalmente all’intervista sul Giornale.
Fatta dopo l’assurdo assalto alla sede della CGIL di Roma che ha avuto almeno il merito di togliere di mezzo Forza Nuova e i suoi tentativi di farsi pubblicità sulla pelle degli altri.
L’intervista la potete leggere da voi, mette in rilievo ovviamente le fole di QAnon.
Andrea Molle fa anche qualche apprezzamento interessante. Quando immancabilmente Muratore associa il cospirazionismo ai Protocolli e al nazismo, Molle precisa:
“Dall’altra [parte] però non va dimenticato che la dimensione esoterica del nazismo nasceva ed esisteva all’interno delle élite borghesi e aristocratiche europee. Mentre oggi siamo di fronte ad un movimento che si autodefinisce popolare e che, almeno a parole, non vuole avere nulla a che fare con quelle stesse élite. Non a caso l’esperienza nazista è associata dai cospiratori ai “poteri forti”, visti come una sua continuazione, e non certo a loro stessi o ai propri alleati.”
Ma dove tutti i nodi vengono al pettine è quando Molle dispensa un consiglio di moderazione:
“Parlando di gruppi che basano la propria ideologia e azione politica sull’idea di una cospirazione governativa, ogni tipo di intervento che venga percepito come una conferma dell’esistenza dei “poteri forti” avrebbe ovviamente l’effetto di radicalizzarne ulteriormente i membri.”
Cioè un tizio che fa parte di una rete di potere trasversale consiglia di andarci piano con le manganellate, se no quelli che dicono che esistono reti di potere trasversali si accorgeranno che esistono reti di potere trasversali.
Riassumendo.
Abbiamo esplorato un minuscolo frammento di realtà, solo con qualche ora di ricerca di roba disponibilissima su Internet.
Abbiamo trovato un groviglio inestricabile di piccoli lombrichi al lavoro, in un mondo dove non esiste confine tra giornalismo, politica, servizi segreti, ricerca accademica, apparati militari transnazionali, progetti di intelligenza artificiale, istituzioni pubbliche, interessi imprenditoriali, tecnici della letalità, biotecnologie, appalti pubblici.
Diciamo piccoli lombrichi, perché nell’immensa piramide del potere, questi ricercatori a caccia di fondi sono appena ai primi centimetri sopra il livello del suolo.
Ah, se pensavate che i cospiratori veri non indossano cappucci, vi sbagliate.
Nella lunga sfilata dei “partner” del CISINT, troviamo anche questo simpatico logo:
Insomma, i cospiratori somigliano in maniera sorprendentemente a come se li immaginano i cospirazionisti.
FONTE: https://kelebeklerblog.com/2022/02/13/letalita-combattiva-e-cospirazioni-anticospirazioniste/
I dati illegali della CIA
Il 13 aprile 2021 due componenti della Commissione senatoriale per l’intelligence (Senate Intelligence Committee), Ron Wyden (Democratico, Oregon) e Martin Heinrich (Democratico, Nuovo Messico) hanno scritto alla direttrice dell’intelligence e al direttore della CIA. A oggi non hanno ottenuto risposta.
Chiedevano la declassificazione di un rapporto sul programma segreto e illegale della CIA per raccogliere informazioni su tutti i cittadini statunitensi.
FONTE: https://www.voltairenet.org/article215654.html
La CIA sta nuovamente reclutando jihadisti contro la Siria
Secondo il SVR (Servizio russo di intelligence esterno, Служба внешней разведки), la CIA starebbe ripristinando i contatti con gli jihadisti del nord della Siria. Li starebbe reclutando per attaccare sporadicamente l’Esercito Arabo Siriano.
Al vertice di Ginevra di giugno 2021 il presidente Joe Biden aveva riconosciuto la sconfitta degli Stati Uniti in Siria e si era impegnato a cessare ogni intervento nel Paese. Aveva inoltre riconosciuto che la Siria è protetta dalla Russia. Oltre a ciò, aveva accettato la messa in funzione del gasdotto Nord Stream 2 a un prezzo del gas leggermente superiore a quello praticato abitualmente dalla Russia, a titolo d’indennizzo dei danni di guerra.
Nel contesto della proposta russa di un Trattato che garantisca la pace Washington sta ora considerando la possibilità di tagliare il gasdotto e di rilanciare le operazioni jihadiste.
L’eliminazione, il 3 febbraio a opera di un commando USA, del califfo di Daesh Abu Ibrahim al-Hashimi al-Qurashi ne ha permesso la sostituzione con un capo più docile.
Il 5 febbraio in Qatar si è tenuta una riunione presieduta dell’ex presidente del consiglio dei ministri siriano, Riad Hijab, cui hanno partecipato responsabili della Fratellanza Mussulmana. La riunone ha portato a una ripartizione dei compiti tra diversi gruppi jihadisti e think tank USA.
FONTE: https://www.voltairenet.org/article215691.html
Beijing condivide l’analisi di Thierry Meyssan sulla crisi ucraina
Le principali ambasciate a Kiev degli Stati membri della Nato hanno iniziato il rimpatrio dei propri concittadini.
L’ambasciata della Cina Popolare li ha invece contattati via WeChat spiegandogli che la Nato fa salire la tensione ma in realtà non vuole la guerra con la Russia. L’ambasciata condivide l’analisi di Thierry Meyssan secondo cui l’intera vicenda ha lo scopo di rafforzare la pressione USA non sulla Russia, ma sui propri membri.
FONTE: https://www.voltairenet.org/article215690.html
Russiagate: la Fake che ha fatto impazzire il mondo inguaia la Clinton
Nuovo colpo si scena nel Russiagate. Il consigliere speciale John Durham, che ha l’incarico di indagare sulla vicenda, ha depositato una nuova tranche della sua inchiesta, contenente rivelazioni ancor più esplosive delle precedenti.
In precedenza aveva letteralmente fatto a pezzi il Russiagate, lo scandalo che vedeva Trump colludere con i russi per vincere le presidenziali del 2016. Aveva infatti rivelato che il dossier Steele, che aveva “documentato” tale collusione, era una bufala confezionata da tal Michael Sussmann, che si era avvalso come fonte principale di “un emigrato russo che lavorava a Washington” senza arte né parte, ma soprattutto senza alcuna informazione del caso.
Le dichiarazioni dell’emigrato erano state spacciate come verità rivelata e come tali erano state presentate all’Fbi che aveva recepito il dossier come veritiero prima che venissero fuori i primi dubbi, dopo aver alimentato per anni la campagna anti-Trump.
La vicenda, ha scoperto Durham, nascondeva un altro deficit di fondo, cioè che Sussmann lavorava per la campagna elettorale della Clinton, particolare che quest’ultimo aveva omesso all’Fbi, al quale si era presentato come privato cittadino senza alcuno scopo politico.
La nuova tranche d’inchiesta di Durham ha rivelato un altro particolare della campagna pro Russiagate, cioè che Sussmann ha incaricato “Tech Executive-1”, guidata da Rodney Joffe, ex patron della Neustar Inc. di monitorare il traffico internet di Trump sia presso le sue residenze private, la Trump Tower e l’appartamento di Central Park West, che intrufolandosi nei server protetti della Casa Bianca.
Secondo Durham “l’obiettivo” del signor Joffe era quello di creare un “legame” e una “narrativa” riguardante Trump per “soddisfare alcune” persone importanti, sia dello studio legale internazionale Perkins Coie, al quale era associato Sussmann, che dell’entrourage della Clinton”.
Un bel quadretto, riferito da Wall Street Journal, ma obliato da altri media mainstream Usa, che prendono tempo in attesa, presumibilmente, di riferire la vicenda con l’elusività del caso, a causa del loro diuturno ingaggio nel Russiagate, la Fake News che ha dominato i media mondiali per anni.
Il gioco si fa duro, dal momento che a questo punto la Clinton rischia di essere chiamata a deporre, o in Tribunale o al Congresso, perché si tratta di un crimine piuttosto grave per la legge americana.
La signora, idolatrata dei media globali nonostante le numerose defaillance, ha ancora tanto potere e tante frecce al suo arco e potrebbe così eludere anche questo scoglio, ma la vicenda è da seguire per le sue implicazioni. Non ci sono in gioco solo le elezioni americane di midterm, ma il destino stesso dell’Impero.
FONTE: https://piccolenote.ilgiornale.it/54599/russiagate-la-fake-che-ha-fatto-impazzire-il-mondo-inguaia-la-clinton
“L’asilo colpito dai separatisti”. La spaventosa campagna di disinformazione dei media italiani (FACT-CHECKING)
Marinella Mondaini – 17 02 2022
Finto bombardamento dell’asilo nido nel Donbass
Riguardo la spaventosa campagna di disinformazione, di cui si sono fatti portavoce anche i maggiori media italiani, va resa nota la verità sul finto bombardamento di un asilo nido nel Donbass, situato nella zona del Donbass sotto il governo di Kiev, che sarebbe stato eseguito “dai russi e separatisti della rep. di Lugansk”
Riporto la dichiarazione di un corrispondente dal luogo che smonta la fake news:
Vladimir Orlov: “L’ho trovato questo asilo nido, è situato a Novaja Kondashevkaja , nemmeno le finestre si sono rotte per il cosiddetto “bombardamento”. Sottolineo anche il fatto che il buco, prodotto dal “bombardamento”, ha una formazione rigorosamente perpendicolare, ciò significa che è possibile far passare il vettore secondo una probabile direzione del cosiddetto “bombardamento”, come lo hanno definito i media occidentali e i centri d’informazione ucraini.
Perciò, se noi tracciamo una linea retta fino alla linea di contatto delle Forze Armate ucraine e le Milizie della Repubblica di Lugansk, vediamo che la distanza è di più di 8 km., cioè, nessun mortaio e tanto più nessun missile guidato anticarro, sarebbe stato in grado di raggiungere questo asilo nido. E ancora un altro fatto, non meno importante: se noi guardiamo in linea retta dal buco dell’asilo nido fino alla linea di contatto, vediamo che in mezzo c’è un agglomerato urbano molto denso, perciò il “bombardamento” di sicuro non sarebbe potuto passare e arrivare fin lì. Gli edifici, le case non sono trasparenti e i proiettili non vengono teletrasportati. Abbiamo a che fare con una grossolana contraffazione o, come si dice, un fake” diffuso dai media occidentali e ucraini. Vladimir Orlov. (Fonte: https://t.me/npo_dvina/2813 e relative foto)
Traduco qui di seguito il commento del rappresentante della Repubblica di Lugansk, Rodion Miroshnik:
Non solo l’Ucraina ha eseguito le sparatorie di provocazione, ma ha preparato anche i fake informativi delle “conseguenze di questi bombardamenti”
I principali indizi del perché le informazioni date dagli ucraini sul “bombardamento” dell’asilo nido a Novaja Kandrashevskaja, è una notizia falsa:
- L’arma con la quale è stato prodotto il buco nella parete dell’asilo nido, non è stata né misurata, né fissata dagli Osservatori;
- Nella parete c’è solo il buco, non ci sono le conseguenze dell’esplosione. Le finestre dell’edificio sono integre, significa che hanno sparato con un proiettile d’artiglieria a corpo solido, ma senza carica esplosiva in punta, e quasi a bruciapelo;
- L’asilo nido si trova troppo lontano dalla linea di contatto con la Repubblica di Lugansk, colpirlo da un mortaio non è possibile.
- L’analisi del bombardamento secondo le carte e foto, analizzate da Vladimir Orlov, dimostra che a sparare possono essere stati solo loro stessi, ossia l’esercito ucraino, con lo scopo di preparare la notizia falsa.
- I bombardamenti sono l’apporto di Kiev alla preparazione della seduta del Consiglio di Sicurezza dell’ONU, dedicato al NON adempimento degli Accordi di Minsk, prevista per oggi. Kiev non ha argomenti con cui spiegare perché si rifiutano di rispettare questi Accordi.
- Con “bombardamenti” e fake si può benissimo far saltare la seduta del Consiglio di Sicurezza dell’ONU, e trasformarla in un bailamme ucraino” – ha concluso Miroshnik.
Vorrei a questo punto contraddire anche quanto erroneamente scritto nell’articolo “Open” di Mentana in cui si sostiene che “la zona è soggetta da anni a diversi ripetuti scontri armati nel Donbass”, se per zona si intende quella dove sarebbe stato “bombardato”- dai “filorussi” e “russi” – l’asilo nido, ebbene tale zona è sotto il potere di Kiev, e non della Repubblica di Lugansk. Quindi qui non ci possono essere “scontri armati”, qui i miliziani del Donbass insorto? non hanno MAI bombardato. Ricordo che rispondono al fuoco ucraino solo da adesso che Kiev ha intensificato l’aggressione e non ha mai rispettato il “cessate il fuoco”. Rispondono “a casa propria”! Finora hanno sempre rispettato le misure contenute negli accordi di Minsk cioè il cessate il fuoco e non si sono mai spostati oltre la loro linea di demarcazione, al contrario di quello che fa l’esercito ucraino, tutte cose che l’Europa, l’Occidente non ha mai né visto, né denunciato.
Altra disinformazione è che ci sono “gruppi militari regolari appartenenti alle forze armate russe” NON ci sono soldati regolari russi, né Forze Armate Russe nel Donbass. Questo è stato sfatato persino da un militare di alto grado ucraino e NESSUNA prova o video è stata mai presentata in tutti questi anni.
Infine: “proprio il 15 febbraio 2022 la Russia ha riconosciuto la cosiddetta Repubblica di Lugansk e quella di Donetsk come Stati sovrani indipendenti dall’Ucraina”. Falso! La Russia non ha ancora riconosciuto niente. E’ stato solo presentato un appello al presidente Putin l’altro ieri dalla Duma di Stato, affinché riconosca le due repubbliche come Stati sovrani indipendenti, ma ancora non c’è nessuna decisione, quando Putin deciderà, lo si saprà ufficialmente.
Un’altra fake news di oggi è la dichiarazione del primo ministro britannico Boris Johnson che ha definito l’ “attacco” all’asilo nido una “falsa operazione, una provocazione per screditare l’esercito ucraino”. Non c’è da meravigliarsi, la Gran Bretagna è oramai diventata campione della disinformazione. E qui vorrei riportare le dichiarazioni di ieri di Maria Zakharova, portavoce del Ministero degli Esteri russo: “Il 15 febbraio 2022 entrerà nella storia come la giornata del fallimento della propaganda di guerra occidentale. Svergognati e distrutti senza nemmeno sparare un colpo” E continua la Zakharova: “La Truss ha dichiarato che crederà che la Russia non ha intenzione di invadere l’Ucraina solo dopo che Mosca avrà portato via tutti i suoi soldati dalle frontiere”. La Zakharova ha risposto: “Noi per esempio alle frontiere britanniche i soldati non li abbiamo portati, però siamo riusciti a invadere la Gran Bretagna nella zona delle guglie di Salisbury”.
La Russia vuole le scuse dal ministro degli esteri britannico. “La Truss – prosegue la Zakharova, – deve scusarsi per le sue dichiarazioni. La Truss è diventata il volto della campagna di disinformazione, per montare la tensione e diffondere ovunque il mito dell’ “invasione russa” in Ucraina. Tutta questa isteria serve anche a distogliere l’attenzione dal fatto che l’Ucraina non adempie agli accordi di Minsk, e a giustificare suoi tentativi di impossessarsi del Donbass con la forza. La Truss mente come respira!
Tutta questa isteria attorno all’Ucraina conviene prima di tutto a Washington e Londra, i loro mass media comandano, quelli europei riproducono le notizie dai loro “fratelli maggiori”.
Oggi il ministro russo Serghej Lavrov è stato molto esplicito: “alcuni partner che diffondono disinformazioni che alla fin fine sono calunnie, non so se provano vergogna o no, ma so solo che fanno terrorismo informatico! Penso che non si pentiranno mai per questo, ma bisogna smascherarli!”
Nel Donbass l’Ucraina continua a bombardare, ci sono feriti. All’ONU hanno definito la situazione odierna per gravità «paragonabile a quella del 2014», ed esorta «le parti a rispettare gli accordi di Minsk». Gli Stati Uniti hanno spostato ancora la data dell’ “invasione russa”, Biden ha dichiarato che “Putin invaderà l’Ucraina fra qualche giorno”. Mentre proprio adesso è atterrata a Kiev il ministro degli esteri britannico, Liz Truss, l’aggressiva pilota di carri armati. Sicuramente il suo arrivo in Ucraina è un brutto segnale, non è foriero di pace per il mondo.
ECONOMIA
La crisi ucraina come simulazione di guerra per il gas
di Alberto Negri
L’analisi. Grazie alla sprovveduta Ue gli Usa si propongono, con l’«invasione russa» – che non c’è – come i fornitori dell’Europa. Ma è un bluff: per i costi, la logistica surreale e i danni ecologici
Sulla crisi Ucraina e del gas ormai il bluff è generalizzato. Lo sa il presidente francese Macron, ieri a Mosca e oggi Kiev, lo sa ancora meglio il timido cancelliere tedesco Scholz, tirato per le orecchie a Washington perché esita a scontrarsi con Putin. Il bluff è accompagnato dal sospetto che a minacciare davvero l’Europa non sia Putin quanto Biden, che sulla questione dei rifornimenti energetici da Mosca non ha purtroppo una posizione diversa da quella di Donald Trump.
La posta n gioco è una simulazione di guerra sì, ma del gas. La verità che è che gli americani vogliono far saltare il gasdotto Russia-Germania, il Nord Stream 2, dove nel consiglio è entrato anche l’ex cancelliere Schroeder. La sua caratteristica principale, quella che non piace agli americani, è di bypassare completamente gli Stati Baltici, quelli di Visegrad, l’Ucraina e la Bielorussia, spazzando via così qualsiasi eventuale pretesa da parte di questi Paesi di fare pressione su Mosca. Questi Paesi, tranne ovviamente la Bielorussia, pedina manovrata da Mosca, sono in gran parte pedine manovrate, attraverso la Nato, dagli Usa.
CON LA DISPONIBILITÀ della sprovveduta Ursula von der Leyen, presidente della Commissione europea, gli americani vogliono far credere di potere essere loro, pronti al «soccorso», i fornitori dell’Europa. Questo è un bluff, dati alla mano, ancora più clamoroso dell’annunciata guerra in Ucraina. Senza dimenticare che la Commissione europea inserisce nella sua tassonomia verde addirittura il nucleare, non solo il gas – che, dice il governo rosso giallo verde tedesco che ha rinunciato al nucleare – pur ad ecologica e giusta scadenza ora serve per la transizione ecologica.
L’amico Davide Tabarelli, presidente di Nomisma Energia e tra le voci più autorevoli in Italia sul tema, è sempre stato chiaro su questo punto: «I costi di produzione in Russia sono più bassi di almeno un terzo», «È assurdo pensare che si scelga di affidare il sistema energetico europeo a importazioni così lontane, con costi di trasporto elevatissimi, tenendo in considerazione anche il dispendio di energia, le perdite di metano, i danni ecologici».
SIA CHIARO, GLI AMERICANI il gas ce l’hanno eccome, più di quanto prevedessero. Vent’anni fa stavano per diventare importatori di gas poi si sono accorti di aver sbagliato i conti e hanno convertito le strutture sull’Atlantico per esportare. Sono pieni di gas e cercano di venderlo ovunque. Il problema è che è lontano e costa più di quello della Russia che arriva con le pipeline. Il Gnl americano viene estratto e poi liquefatto, quindi deve essere stoccato e poi trasportato sulle navi. Una volta giunto sulla terra ferma finisce nei rigassificatori. Nell’impianto di stoccaggio viene riportato alla forma gassosa ed è pronto al consumo.
Per capire perché il Gnl non un è sostituto del gas che arriva con le pipeline basta guardare i rigassificatori: sono impianti sfruttati poco perché il gas via nave costa molto di più e ci vorrebbero migliaia di metaniere per sostituire quello di Mosca. In poche parole il gas Usa sarebbe scelta demenziale, giustificata solo in un caso: lo stato di guerra. In poche parole la ventilata guerra in Ucraina è una simulazione di una guerra per il gas. Russia e Cina in questa crisi elaborano piani strategici ed energetici per il futuro, noi paghiamo la bolletta.
CHE NON CONVENGA lo dicono le cifre di Nomisma. Il consumo in Europa di gas nel 2020 è stato di 380 miliardi di metri cubi: le importazioni di Gnl dagli Stati Uniti sono state di 23 miliardi di metri cubi, mentre quelle dalla Russia hanno toccato quota 145 miliardi. E le stesse proporzioni sono stimate per il 2021-22. È evidente che le operazioni sul gas americano hanno un carattere più politico che economico: non è in grado, a breve e medio termine, di competere con la Gazprom russa. Ecco il bluff.
CI SAREBBE POI DA riflettere sui fornitori alternativi. Il Tap dell’Azerbaijan, (tra gli azionista pure la russa Lukoil), può fornire al massimo 20 miliardi di metri cubi, il Nord Stream 2 almeno 55. Il Greenstream dalla Libia ha una portata teorica di 8 miliardi di metri cubi, ma per il caos libico – cominciato con la guerra Nato del 2011 con la Francia alla guida – ci sono continue interruzioni e per questo si è investito poco in un Paese con grandi risorse. Unica nota positiva è l’Algeria che sta pompando gas più del solito e a gennaio ha superato per un mese la Russia come maggiore fornitore.
POI CI SAREBBE L’IRAN, che ha la seconde riserve al mondo dopo Mosca, ma è sotto sanzioni e guarda sempre di più alla Cina. La guerra di Siria negli scorsi anni ha fatto saltare il progetto di portare il suo gas, via Iraq, sulle sponde del Mediterraneo, una pipeline che avrebbe ribaltato i rapporti energetici del Medio Oriente. Ecco uno dei motivi meno citati perché Bashar Assad, alleato storico di Teheran, è diventato a un certo punto il «nemico perfetto». I suoi nemici arabi, turchi e lo stesso Israele, oltre agli Stati uniti, non tolleravano che potesse avere risorse energetiche in proprio e di origine iraniana.
Ora gli Stati uniti – dopo essersi attivati da anni contro il Nord Stream 2 ma non riuscendo mai nell’impresa e alla fine dando con Biden un pur tacito consenso a Merkel perché «iniziativa privata» – , vorrebbero di fatto sanzionare al più presto anche il gas della Russia.
Insomma per gli americani l’Europa non deve avere gas a buon mercato: c’è il loro e costa molto di più. Non vi sembra un affare?
FONTE: https://www.sinistrainrete.info/articoli-brevi/22288-alberto-negri-la-crisi-ucraina-come-simulazione-di-guerra-per-il-gas.html
FINANZA BANCHE ASSICURAZIONI
La finta indipendenza delle Banche centrali
Gilberto Trombetta – 11 02 2022
GIUSTIZIA E NORME
LA TAUTOLOGICA RIFORMA COSTITUZIONALE SULL’AMBIENTE
Nella solita confusione mediatica e nell’approssimativa disinformazione, connotata dalla demagogica superficialità di slogan giornalistici o da politicanti, si sviluppa una narrazione dei fatti deformata e non corrispondente alla realtà, millantando un sedicente progresso che agli atti occulta surrettiziamente pericolosi interessi di lobby multinazionali e che, altresì, potrebbe generare delle azioni giudiziarie a danno dell’impresa e della tutela della proprietà privata, con uno Stato sempre più invadente riguardo ai nostri affari privati. Questo bieco e squallido modus agendi si è reiterato in modo apodittico nell’attuazione della revisione di legge costituzionale degli articoli 9 e 41 della Carta costituzionale, riguardo a una falsa tutela ambientale.
A volte sembra che gli italiani cadano in una sorta di oblio della memoria, sembra come se dimenticassero i contenuti della propria Costituzione, al punto da gioire quando gli viene raccontato che “finalmente” sono stati inseriti nella Carta dei principi innovativi e di progresso che fino a quel momento erano assenti. Per dimenticanza (volendo essere ottimisti) o per spregevole ignoranza (volendo essere realistici) gli italiani omettono completamente che quei principi già esistono e sono tutelati all’interno della Costituzione e sono addirittura sanciti tra i principi fondamentali che la compongono.
Nel merito della questione sottoposta all’attenzione, merita citare la fonte primaria da cui deriva la normativa vigente in Italia, mi riferisco nello specifico all’articolo 37 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, solennemente proclamata dal Parlamento europeo, dal Consiglio e dalla Commissione europei a Nizza il 7 dicembre del 2000 (per questo motivo detta “Carta di Nizza”) e pubblicata in Gazzetta ufficiale della Ue il 18 dicembre del 2000, la quale a sua volta è stata sostituita con la versione aggiornata del 2009, tramite l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona.
Il succitato articolo 37, con il titolo “Tutela dell’ambiente”, stabilisce “un livello elevato di tutela dell’ambiente e il miglioramento della sua qualità devono essere integrati nelle politiche dell’Unione europea e garantiti conformemente al principio dello sviluppo sostenibile” e a questo dettame hanno dovuto ispirarsi tutte le legislazioni dei Paesi membri. Da un’analisi attenta e approfondita della Costituzione italiana, si evince che questa sensibilità e tutela per l’ambiente sono già sedimentate e radicate nella sua struttura portante e nei suoi principi fondamentali. Non a caso, al secondo comma dell’articolo 9 già è affermato (prima di questa sedicente “innovativa” e tanto decantata riforma costituzionale) che la Repubblica italiana “tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione”.
In questo comma anzidetto, secondo una lettura più avanzata, per il legislatore, il significante “paesaggio”, oltre a intendere il complesso delle bellezze naturali di significativo valore estetico e culturale, si identifica con l’ambiente, ossia con “le parti del territorio i cui caratteri caratteristici derivano dalla natura, dalla storia e dalle reciproche interrelazioni” tra gli esseri umani. Dunque, anche in virtù dell’articolo 37 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea e della Convenzione europea sul Paesaggio, adottata dal Consiglio europeo con la sua sottoscrizione avvenuta il 20 ottobre del 2000, è sorta nel legislatore italiano una sensibilità ambientale che lo ha portato ad avere una visione dinamica del territorio, emanando un serie di leggi che disciplinano i singoli settori ambientali, concependo l’ambiente come un bene fondamentale e per questo meritevole di ricevere attenzione da un Governo consapevole e orientato ad armonizzare le trasformazioni derivanti dai processi di sviluppo sociale, economico e ambientale, proprio come previsto dalla Convenzione europea sul Paesaggio.
Questo cambiamento significativo nella tutela dell’ambiente ha portato il legislatore a emanare il decreto legislativo del 3 aprile del 2006 numero 152 (Codice dell’Ambiente), disciplinando tale tutela con l’istituzione di principi fondamentali in materia di prevenzione, sviluppo sostenibile e responsabilità diretta di coloro che inquinano l’ambiente. Perciò con questo comma si è voluto tutelare indistintamente ogni bene e valore rilevanti per la Costituzione nel rapporto uomo-natura.
A conferma di quanto finora esposto, molto spesso la stessa Consulta ha fatto riferimento al citato comma per costituzionalizzare il valore dell’ambiente, nel suo significato fondamentale di bene primario (sentenza 641 del 1986) e assoluto della Repubblica (sentenza 641 del 1987), a cui sono collegati sia interessi sanitari e naturalistici e sia interessi culturali, ricreativi ed educativi, proprio per palesare che l’ambiente non è considerata una semplice res, bensì una risorsa primaria. Dopo questa esposizione illustrativa si deduce che lo Stato di diritto italiano non ristagnava in una torbida e primitiva concezione di cinica indifferenza verso la tutela ambientale.
Nonostante quanto finora esposto, per usare un eufemismo, “l’ingenua” opinione pubblica, come incantata da una favola pari a quella di “Alice nel paese delle meraviglie”, si auto-suggestiona perché crede che, grazie all’approvazione alla Camera dei deputati da parte dei due terzi dei suoi componenti, in seconda deliberazione, del disegno di legge di riforma costituzionale, avvenuta l’8 febbraio del 2022, dopo che il Senato l’aveva già approvato con doppia deliberazione, in Italia finalmente per la prima volta si tutela costituzionalmente l’ambiente come se ciò non fosse già accaduto. La “grandiosa” e “innovativa”, nonché “illuminante” riforma costituzionale del Ddl in questione si declina in tre articoli: l’introduzione di un nuovo comma nell’articolo 9 della Costituzione, la modifica dell’articolo 41 della Costituzione e, in finale, l’introduzione di una clausola di salvaguardia per l’applicazione del principio di tutela degli animali.
Nel merito delle modifiche costituzionali, all’art 9 viene inserito il comma “tutela l’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni. La legge dello Stato disciplina i modi e le forme di tutela degli animali”. Per inciso, risulta alquanto esilarante che si faccia un esplicito riferimento all’interesse delle future generazioni, in una nazione, quale l’Italia, in cui il tasso di natalità è andato progressivamente scomparendo (meno di 400mila i nati nel 2021), forse allude ai futuri clandestini che insieme a quelli già presenti compenseranno il drammatico calo demografico italiano, grazie soprattutto alle “lungimiranti” politiche per la famiglia e per incentivare le nascite. Perciò, in questo comma costituzionale viene per la prima volta introdotto il riferimento esplicito e generico agli animali, prevedendo una riserva di legge per il legislatore, allo scopo di si definire le forme e i modi di tutela. Qui la domanda nasce spontanea, dal momento che il legislatore ha sentito l’esigenza di citare in modo esplicito, ma generico, la tutela degli animali: a quali si riferisce? Perché, nella sua genericità e vaghezza espositiva, nella categoria degli animali rientrano anche i moscerini, le zanzare, i topi, gli scarafaggi e quant’altro. Quindi chi in autostrada si troverà sul vetro della macchina dei moscerini schiacciati potrà incorrere in qualche illecito, d’estate potremmo incorrere nell’imputazione di “genocidio” utilizzando degli insetticidi contro le zanzare o le mosche?
La riforma costituzionale assume dei tratti inquietanti soprattutto in riferimento alla libertà dell’iniziativa economica privata, sancita nell’articolo 41 della Costituzione, dal momento che il legislatore ne ha modificato il secondo comma, il quale statuisce che la succitata iniziativa “non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana”, con l’aggiunta, nella posizione che precede i termini “alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana”, dei vocaboli “alla salute, all’ambiente”.
Inoltre, al terzo comma dello stesso articolo costituzionale, al dettame “la legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali” aggiunge l’espressione “e ambientali”. Se la Costituzione fosse un’opera letteraria o poetica, potrei comprendere la tautologica esplicazione di significanti il cui significato è già compreso in termini già citati, in funzione di arricchimento lessicale dell’eloquenza del testo, allora potrei comprenderne il senso, ma dal momento che parliamo della fonte primaria del nostro diritto, su cui si basa la conseguente legislazione, urge porsi delle domande su quali conseguenze giuridiche potrebbero determinare queste modifiche costituzionali.
Altresì, questa riforma aumenterà le istanze di tutela di innumerevoli specie di fauna (scarafaggi compresi), ma l’aspetto ancora più aberrante, determinerà un’ulteriore facilitazione per coloro che provengono da zone del mondo colpite da sconvolgimenti climatici, che di conseguenza potranno chiedere il riconoscimento di rifugiato, come se l’Italia non fosse già oberata per essere diventata una specie di zona franca per tutti gli immigrati clandestini, grazie alle politiche fallimentari di contenimento dei confini da parte dei nostri politicanti e grazie alla reiterata indifferenza della tanto “solidale” Unione europea.
Per di più, il legislatore, essendo titolare di una riserva di legge costituzionalmente sancita, potrà – con l’approvazione della maggioranza del Parlamento – intervenire in modo draconiano sulla gestione della nostra proprietà privata immobiliare, imponendo in modo invasivo degli adeguamenti strutturali per la sedicente tutela ambientale, costi che andrebbero a ripercuotersi sulla già provata e precaria stabilità economica delle famiglie e dei cittadini italiani, magari con il “ricatto” di prevedere delle sanzioni pecuniarie qualora questi adeguamenti non venissero eseguiti e magari inducendoli a vendere o peggio ancora a svendere a colossi di multinazionali immobiliari, sempre più fameliche e invadenti nella loro conquista del mercato immobiliare italiano.
La stessa riserva di legge costituzionale metterebbe il legislatore nelle condizioni di intervenire in modo invasivo nella gestione delle imprese private, ovviamente sempre a tutela dell’ambiente e dell’attuazione della transizione ecologica, a cui l’Ue ha vincolato l’erogazione dei fondi per il Pnrr, causando di conseguenza il loro fallimento, come abbiamo già potuto constatare con la legiferazione delle restrizioni incostituzionali governative a danno della libertà di circolazione ed economica e quindi d’impresa, attuate con la giustificazione della presenza della pandemia.
Le stesse politiche per attuare in modo repentino e forzatamente questa “salvifica” transizione ecologica stanno mettendo a repentaglio interi settori industriali e produttivi, minando la sopravvivenza di diverse imprese e di conseguenza di molteplici posti di lavoro, nonché di tutti gli indotti derivanti, oltre al fatto che sta portando verso una deriva esiziale numerose piccole e medie imprese, a vantaggio “stranamente” delle solite multinazionali.
Una Costituzione, per antonomasia, in un’accezione razionalista evoluzionista (ossia veramente liberale) e non costruttivista, dovrebbe prevedere norme astratte e generali e non particolari, altrimenti diventerebbe uno strumento per realizzare soprusi legislativi a danno delle libertà individuali. In una nazione in cui l’inflazione normativa ha determinato l’inefficienza dello Stato di diritto, si dovrebbe porre l’attenzione nel far rispettare i principi fondamentali e inviolabili già sanciti nella Costituzione, anziché preoccuparsi di appesantirla con ambigui cavilli, che possono diventare la fonte normativa di mostruose leggi illiberali.
“Impia sub dulci melle venena latent” (Ovidio,“Amores”)
FONTE: http://www.opinione.it/politica/2022/02/18/fabrizio-valerio-bonanni-saraceno_riforma-costituzionale-ambiente-disinformazione-propriet%C3%A0-privata/
IMMIGRAZIONI
La Francia se ne va dal Mali. E l’Italia rischia l’invasione
18 Febbraio 2022
È stato l’Afghanistan di Macron, i soldati europei ora spostati in Niger. Il pericolo: più sbarchi e terrorismo
FONTE: https://www.facebook.com/gian.micalessin/posts/10159893339322384
PANORAMA INTERNAZIONALE
Ucraina: l’allarmismo Usa produce disastri. L’Onu, il grande assente
La Russia si appresta a inviare una risposta scritta alla missiva americana riguardante la sicurezza internazionale. Così il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov, aggiungendo che renderanno pubblica la risposta, eludendo così la richiesta di riservatezza avanzata dagli Usa.
Una decisione che Lavrov spiega così: “Riteniamo che sia essenziale che la società civile dei nostri paesi, interessati alla vicenda, abbiano un’idea di ciò che sta accadendo. Altrimenti, se tutto viene tenuto segreto, come preferirebbero i nostri colleghi di Washington e Bruxelles, l’opinione pubblica verrà intasata dalle bugie e dall’aperta propaganda che già riempiono lo spazio delle informazioni” (Ria novosti).
D’altronde rischiava di fare la fine della pregressa missiva Usa, inviata nel segreto ma pubblicata poi sul Pais, con gli americani a dare la colpa ai russi (Reuters).
Si tratta di un ulteriore segnale di distensione da parte della Russia, dopo il ritiro di parte delle truppe stanziate presso l’Ucraina, un ritiro negato dalla controparte per limitare i danni d’immagine derivanti dall’ennesima pessima figura.
Già, perché dopo aver allarmato il mondo per un mese affermando che la Russia era prossima ad attaccare, gli Usa avevano anche dato una data precisa per l’evento: il 16 febbraio.
Una scadenza presa sul serio dai maggiori media occidentali, tanto che, come riporta il Guardian, “l’agenzia di stampa Reuters ha organizzato un live streaming da piazza Maidan a Kiev per documentare il potenziale attacco. Mercoledì mattina il video ha mostrato lo sparuto traffico della Khreshchatyk, la strada principale del centro, e lo stop-and-go delle auto agli incroci. I suoni della strada si mescolavano a un rilassante rumore di fondo. Più di 2.000 persone sono rimaste sintonizzate mentre un drone sorvolava la piazza sventolando una bandiera ucraina”.
L’attacco che non c’è stato è stato irriso (1) da tanti, da qui la decisione americana di non mollare la presa, dichiarando false le affermazioni russe.
È istruttivo ricordare quanto ha dichiarato in più occasioni David Arahamiya, leader della fazione politica “Il servo del popolo”, partito del presidente ucraino Volodimir Zelensky, non certo un fan di Mosca. Il 31 gennaio Arahamiya aveva dichiarato: “Gli Stati Uniti e altri stanno seminando panico sull’invasione dell’Ucraina; non è una cosa amichevole da fare”. aggiungendo che le prospettive di una guerra in piena regola tra Russia e Ucraina vengono “amplificate artificialmente” dai media occidentali (The New Voice of Uckraine).
Il 14 febbraio aveva rincarato la dose: “Ricordatevi che nel 2020 c’è stato un afflusso di truppe dalla Federazione Russa […] c’erano 220 mila soldati, allora, equipaggiamento militare e così via (220 mila – questa è una cifra sufficiente per l’offensiva). E ora, dicono che domani ci sarà un’invasione con 127 mila soldati. Non sono abbastanza per un attacco su larga scala! Pertanto, voglio che tutti si calmino, che tutti facciano la loro vita normale” (Lb.Ua).
“L’isteria occidentale costa al paese 2-3 miliardi di dollari al mese – ha aggiunto -. Penso che quando questa fase si concluderà. tra due-tre settimane, dovremmo fare un’analisi retrospettiva di come i principali mass media abbiano iniziato a diffondere informazioni anche peggiori di Skabeeva e Solovyov [due conduttori televisivi russi]”, snocciolando media come CNN, Bloomberg e il Wall Street Journal. “Dovremmo studiarlo perché sono elementi di guerra ibrida” (Guardian).
Peraltro, si può notare che già dal giorno prima dell’asserito attacco, e mentre tanti media d’Occidente lo davano per certo, il ministro della Difesa russo Sergey Shoigu si trovava in Siria: bizzarra location per coordinare un’invasione in Ucraina…
Ma l’America non può cedere. Anzitutto per la spinta dei falchi, la cui perseveranza sta fruttando al complesso militar-industriale miliardi di dollari (vedi Reuters) e consegnato all’America il primato globale nell’esportazione di gas e petrolio (Wall Street Journal).
Ma essi sperano possa fruttare di più: anzitutto la rescissione, da parte della Germania, del North Stream 2, obiettivo che si propongono come minimale rispetto ad altri vantaggi geopolitici pure sul tavolo, come una guerra a bassa intensità in Ucraina che veda la Russia dissanguarsi sul campo di battaglia come avvenne con l’intervento in Afghanistan.
Biden, in realtà, vorrebbe tirarsi fuori, dal momento che aveva solo intravisto nella crisi ucraina la possibilità di trattare con Mosca senza subire le critiche dei falchi – potendo presentare il negoziato come alternativa alla guerra atomica -, ma adesso è in gioco l’immagine della Casa Bianca e quando c’è di mezzo l’immagine son dolori.
Come disvelato già al tempo dei Pentagon Papers da Hannah Arendt, gli Stati Uniti hanno prolungato per anni la guerra in Vietnam, pur sapendo che era persa, solo per non ledere l’immagine degli Stati Uniti, che non potevano dichiarare chiuso il conflitto, ammettendo così la sconfitta.
E dopo il ritiro dall’Afghanistan, dipinto dai detrattori di Biden come una sconfitta, una nuova débacle per mano dell’odiato Putin, sarebbe un disastro per la Casa Bianca.
Ma Biden si è talmente incartato con la guerra “imminente” che è davvero difficile uscirne. Così la CNN: “All’interno di Washington, ci sono pochi che dubitano che il governo affermi che Putin è pronto a invadere in qualsiasi momento. Ma l’intensità degli avvertimenti statunitensi e il loro prolungarsi per settimane potrebbe presto sollevare la questione di quanto tempo Biden possa mantenere lo stato di allerta e se la continua assenza di tale invasione nonostante gli avvertimenti sempre più allarmanti possa aprire dei divari tra gli alleati della NATO e tra il governo statunitense e quello ucraino. Tali stress giocherebbero direttamente in favore degli obiettivi strategici a lungo termine di Putin”. Tale dilemma apre altri spazi di manovra ai falchi, perché una guerra risolverebbe l’imbarazzo.
Da capire il ruolo dell’Onu, silente nonostante sia nato per risolvere i conflitti. Non potrebbe inviare i suoi ispettori per verificare il ritiro russo? Ha i mezzi e Mosca non potrebbe certo rifiutare tale richiesta. Ma forse il gioco è troppo alto per tali banalità…
(1) anche l’ambasciata Russa ha dimostrato un certo umorismo.
FONTE: https://piccolenote.ilgiornale.it/54610/ucraina-lallarmismo-usa-produce-disastri-lonu-il-grande-assente
Le prospettive future della sicurezza e della difesa dell’Indo-Pacifico
Nell’Epifania del 2022, Australia e Giappone hanno firmato un Accordo di Accesso Reciproco volto a facilitare i rapporti e gli scambi militari tra i due. Sebbene non si possa formalmente definire un’alleanza, di certo rientra nell’elenco di iniziative che Tokyo ha posto in essere nell’ultimo decennio in ottica securitaria in parallelo rispetto al legame esistente con Washington. La firma è avvenuta poco più di anno dopo la sigla dell’accordo logistico tra Giappone e India. Che la NATO asiatica stia progressivamente diventando una possibilità concreta?
Cos’è l’Accordo di Accesso Reciproco e cosa comporta?
L’Accordo di Accesso Reciproco (AAR) tra Giappone e Australia va essenzialmente a semplificare le procedure previste per il reciproco scambio di forze militari, definendo lo status legale del personale in visita, inclusa la giurisdizione da applicare. In base a quanto concordato, i due paesi manterranno giurisdizione sulle proprie truppe, garantendo però al paese ospitante la possibilità di esercitare la propria giurisdizione nel caso in cui il personale in visita commetta reati quando fuori servizio. Il raggiungimento di un simile accordo è il risultato di una lunga serie di trattative cominciate nel 2014 e confermate nel 2020 sotto la leadership di Suga. Fino ad ora, ad ostacolare la conclusione del patto erano i disaccordi riguardo al sistema penale giapponese che ancora prevede la pena di morte. Vista la crescente influenza politica, economica e militare di Pechino nell’Indo-Pacifico, tuttavia, tali disaccordi sembrano essere stati parzialmente accantonati.
Di per sé, la definizione di simili procedure non è da considerarsi una novità. Sia Giappone che Australia hanno già simili accordi (lo Status of Forces Agreement) con il comune alleato, gli Stati Uniti. Tali accordi sono fondamentali per garantire che la cooperazione militare tra i partner proceda in maniera agevole e senza frizioni. A rendere un simile accordo decisivo, è però il fatto che l’Australia è l’unico paese, ad eccezione degli Stati Uniti con cui Tokyo mantiene simili procedure. L’accordo faciliterà pertanto il dispiegamento più veloce di truppe giapponesi e australiane in suolo reciproco, rafforzando l’interoperabilità delle forze e semplificando la logistica delle esercitazioni ed operazioni congiunte, incluso il trasporto di armi ed equipaggiamenti. Ciò sembra suggerire una sempre più progressiva formalizzazione della partnership strategica tra Tokyo e Canberra.
Si rafforza la quasi alleanza
Che i legami tra i due paesi dell’Indo-Pacifico in campo di difesa e sicurezza siano sempre più stretti non è però una sorpresa. Il rafforzamento di quella che è spesso definita una “quasi alleanza” ha avuto inizio nel 2007 con la firma della Dichiarazione Congiunta sulla Cooperazione di Sicurezza, una dichiarazione che pose le basi per la collaborazione tra i due partner e che Kishida e Morrison mirano ad aggiornare da qui in avanti. Successivamente, nel 2010, Tokyo e Canberra firmarono l’Accordo di acquisizione e di assistenza incrociata (aggiornato nel 2013 e 2017), un documento che definiva le procedure per la fornitura di rifornimenti e supporto logistico (simile all’accordo raggiunto con Nuova Delhi nel 2020). Nel 2013, è stata invece la volta dell’Accordo sulla sicurezza delle informazioni.
Questa sempre più stretta vicinanza tra i due paesi, li spinse nel 2014, ad elevare le proprie relazioni a livello di Partnership Strategica Speciale. Nello stesso anno, venne firmato un accordo per il trasferimento di equipaggiamenti e tecnologie di difesa, la cui realizzazione consentì a due importanti imprese del settore difensivo nipponico di partecipare alla gara d’appalto per la fornitura di sottomarini alla Royal Navy australiana, appalto vinto successivamente da Parigi. Nel 2016, inoltre, i due paesi concordarono una Strategia comune per la Cooperazione nel Pacifico. In linea con questi sviluppi, lo scorso anno, una nave delle Forze di Autodifesa giapponesi ha scortato, per la prima volta, una fregata australiana durante le esercitazioni congiunte al largo dello Shikoku.
La sovrapposizione tra AAR e Dialogo Quadrilaterale
L’accordo tra Giappone e Australia va ad integrare l’esistente rete di partnerships tra like-minded partners nella regione, ed ha quindi implicazioni di più ampio respiro. Le relazioni tra Tokyo e Canberra si vanno infatti ad intrecciare al Quad, di cui fanno parte anche Washington e Nuova Deli. Il Quad si è consolidato attraverso un processo lungo quasi due decenni, processo che, come ricorda il Prof. Giulio Pugliese in un’intervista concessa a Geopolitica.info, non ha seguito un percorso lineare, ma è stato più volte influenzato dai mutamenti istituzionali soprattutto americani e nipponici. Inoltre, il professore pone l’accento anche sul fatto che il Quad, come strumento della strategia nipponico-americana FOIP, rappresenta un unicum nella storia delle relazioni internazionali, in quanto gli Stati Uniti, per la prima volta, hanno assimilato una strategia elaborata da un Paese asiatico.
Nato come una serie di dialoghi informali relativi al coordinamento navale nella regione, nel periodo successivo alla crisi pandemica il Quad è diventato un organismo di coordinamento informale a 360°, dalla distribuzione dei vaccini, alla creazione di una supply chain tecnologica (principalmente terre rare e microchip) all’infuori della sfera di influenza di Pechino. L’allargamento dell’agenda del Dialogo è stato riconfermato nell’incontro online tra Biden e Kishida, i quali si sono assunti l’impegno di rafforzare i legami economici per un Indo-Pacifico libero e aperto, legami finalizzati al respingimento dell’assertività cinese nella regione.
AUKUS, ASEAN e Corea del Sud
Al di là del Quad, le questioni securitarie della regione hanno suscitato l’interesse di vari attori anche extra-regionali. Attualmente, solo il Regno Unito rappresenta un agente esterno coinvolto direttamente, nella forma di accordi tra Stati, sebbene sia la Francia che la Germania abbiano già inserito l’Indo-Pacifico all’interno dei propri documenti strategici. Lo Stato inglese, infatti, a settembre 2021 ha rilasciato una dichiarazione congiunta insieme all’Australia e agli Stati Uniti volta alla creazione di una “partnership trilaterale difensiva rafforzata”, denominata AUKUS. Il primo atto di questa quasi-alleanza è stato quello di sostenere l’acquisizione di sottomarini navali per la marina australiana, acquisizione che in realtà è costata le ire dell’Eliseo, dal momento che l’Australia ha, in questo modo, reso nullo il trattato firmato nel 2016 tra i due Stati.
Un articolo del mese di settembre 2021 del The Diplomat asserisce che l’AUKUS rappresenti la dimostrazione di come l’ASEAN stia molto difficilmente mantenendo l’ordine nella regione; tuttavia, i leader del patto trilaterale hanno rilasciato, successivamente alla dichiarazione congiunta di formazione del patto, un’altra nella quale rimarcavano la centralità dell’associazione del sudest asiatico nel mantenimento dell’ordine regionale, ma soprattutto si impegnavano a supportarla in questo arduo compito. Inoltre, lo stesso articolo riportava come non tutti i Paesi dell’Associazione salutassero la nascita dell’AUKUS allo stesso modo.
L’ASEAN rappresenta un’importante piattaforma multilaterale nell’Indo-Pacifico: le prime visite dell’ex Primo Ministro Yoshihide Suga sono state proprio nei Paesi dell’associazione, durante le quali ha sottolineato come la FOIP convergesse con il “ASEAN Outlook on the Indo-Pacific”; inoltre, la RCEP, l’Area di Libero Scambio che vede coinvolta ASEAN, Australia, Cina, Corea del Sud, Giappone e Nuova Zelanda, viene decantata come la vittoria dell’”ASEAN way”, sebbene il Prof. Gabusi ci ricorda, nella sua intervista a Geopolitica.info, come questo accordo presenti delle limitazioni da tenere in considerazione. Tuttavia, l’”ASEAN way”, se da una parte sembra essere funzionale per quel che concerne l’integrazione economica e commerciale, dal punto di vista securitario non ha portato i frutti sperati.
Per quel che concerne la Repubblica di Corea, infine, è stata presa in considerazione la possibilità che si unisse ai quattro Paesi del Dialogo nella forma di Quad+1, ma Seul ha rifiutato categoricamente l’ipotesi durante l’amministrazione Moon. Però, il Paese del Calmo Mattino ha firmato, il 13 dicembre 2021, un accordo dal valore di 930$ per la costruzione di una fabbrica di obici nello Stato australiano di Victoria; inoltre, si sono impegnati a stabilire uno scambio stabile di materie prime tra le due nazioni, tra cui litio, cobalto e terre rare. Se da una parte questo gesto necessariamente non può essere letto come una promessa di intenti da parte del Paese del Calmo Mattino, dall’altra certamente è coerente sia con l’apertura di una sussidiaria dell’Hanwa Group in Australia nel 2019, sia le dichiarazioni bipartisan sempre più frequenti dei candidati alla Casa Blu nelle elezioni di marzo verso un maggior sforzo securitario della Repubblica sudcoreana nella regione.
L’evoluzione dell’impalcatura securitaria
In conclusione, l’Accordo di Accesso Reciproco è quindi soltanto il più recente tassello di quella che è una partnership dai legami sempre più stretti e dagli scopi e raggio d’azione sempre più estesi. La firma dell’Accordo è di notevole importanza: a livello bilaterale, l’accordo va ad aggiungersi alla più ampia impalcatura legale e strategica volta a rafforzare la cooperazione tra i due partner, minimizzando il rischio di potenziali frizioni; in secondo luogo, il patto è stato concepito come un modello su cui fondare la cooperazione con ulteriori partner.
In particolare, il Primo Ministro giapponese Kishida sta già pensando a simili accordi con Francia e Regno Unito; il secondo, come abbiamo visto, attraverso l’AUKUS mira a diventare un attore importante nella sicurezza della regione, mentre il primo, sebbene abbia visto sfumare l’accordo con l’Australia, ha inserito l’area all’interno del proprio documento programmatico di difesa, cosa che in Europa è stata fatta solamente dalla Germania.
A livello regionale, invece, l’accordo va a segnalare il sempre più acceso interesse da parte degli attori regionali a istituire e consolidare un network di istituzioni e partnership nell’Indo-Pacifico volti a garantire la sicurezza regionale attraverso forme di cooperazione che vanno oltre ai soli rapporti con Washington. Come discusso nella sezione precedente, gli attori coinvolti nell’impalcatura securitaria della regione stanno allacciando relazioni sempre più strette.
Sebbene sia da escludersi, attualmente, la formazione di un’organizzazione analoga alla NATO nell’Indo-Pacifico, di certo questi Stati sentono la necessità di affinare gli strumenti difensivi che possano metterli al sicuro da una minaccia percepita in prossimità. È proprio in questo contesto che possiamo meglio comprendere le vaste implicazioni dell’Accordo di Accesso Reciproco per la regione.
FONTE: https://www.geopolitica.info/sicurezza-difesa-indo-pacifico/
Mar Nero, un fronte complesso che inquieta la Nato
Mentre l’attenzione della Nato è rivolta ai movimenti delle truppe russe lungo i confini terrestri dell’Ucraina, i riflettori tendono a dimenticare un altro potenziale fronte di guerra: il Mar Nero. La flotta russa ha messo in atto una serie di imponenti manovre militari anche in questo specchio d’acqua. E quello che appare sempre più evidente, specialmente in questa fase di tensione, è che l’eventualità di una escalation marittima sarebbe uno dei veri e proprio incubi strategici dell’Alleanza Atlantica.
Per Mosca e Kiev, la partita del Mar Nero è essenziale almeno quanto quella di altre frontiere. Il controllo di quest’area marittima, infatti, serve non solo all’Ucraina come garanzie per i traffici mercantili, ma anche alla Russia, il cui obiettivo è quello di proteggere la propria capacità di proiettarsi nei cosiddetti “mari caldi”. In questo senso, l’operazione con cui la Crimea è stata annessa alla Federazione è stato un chiaro simbolo dell’importanza che il Mar Nero riveste per i piani del Cremlino. Importanza che nasce non solo dalla posizione della penisola, che appare come una piattaforma protesa all’interno del mare, ma anche perché utile a garantire il controllo del Mar d’Azov e dello Stretto di Kerch e quindi a evitare che la Nato abbia un nuovo schermo agli interessi di Mosca e possa avvicinarsi al cuore della Federazione via mare.
L’Ucraina non possiede in alcun modo le capacità per contrastare un’eventuale operazione navale russa, quantomeno a livello di volume e potenza di fuoco. La Marina ucraina – con poche navi e in larga parte piccole – brama rinforzi dai partner europei, e fino a questo momento non è riuscita a ottenere quel supporto necessario. Inoltre, diverse aree costiere risultano russofone, con il malcelato dubbio sulla resistenza di alcune province.
È quindi chiaro che molti osservatori guardino al Mar Nero con sospetto. L’esercito russo continua a spostarsi lungo la frontiera terrestre e a esercitarsi anche in territorio bielorusso. Il pericolo di una nuova stagione di tensioni in Donbass e nel territorio di Luhanks è concreto. Ma quelle unità che navigano tra Mar Nero e Mediterraneo segnalano che ipotesi considerate abbastanza “scenografiche” potrebbero tradursi in un elemento ben più concreto. E non è un caso che in questi giorni decine di unità della flotta di Mosca si siano mosse per esercitarsi (formalmente) sulla difesa della Crimea.
Le manovre, che secondo le agenzie di stampa vedono coinvolte decine di navi e aerei, sono un avvertimento che non può essere sottostimato. Il traffico mercantile ne ha già risentito costringendo diversi convogli a modificare le rotte. E, come spiegato da alcuni analisti, il timore è che in caso di conflitto non solo quel fronte sia già perduto militarmente, ma sia anche una delle chiavi dell’eventuale successo russo, tra embargo e controllo totale delle rotte. Oleg Nivevsky, economista della Kiev School of Economics ha spiegato a Deutsche Welle che “i porti rappresentano fino al 60% delle esportazioni ucraine. Le perdite per l’economia ucraina in caso di blocco prolungato dei porti ammonteranno ad almeno 25 milioni di dollari al giorno”. E a tal proposito, anche i recenti aggiornamenti della dottrina strategica ucraina si stanno spostando sul capire come mettere in sicurezza il prima possibile i porti e le principali rotte commerciali sul Mar Nero.
Se il timore di un blocco commerciale è molto forte, si è spesso parlato anche dell’ipotesi che Mosca, qualora fosse intenzionata ad attivare un’operazione militare, lo farebbe partendo dal Mar Nero. Lo scenario finora è stato paventato da diversi analisti, che ne hanno tratto conclusioni abbastanza convergenti.
Da una parte si sottolinea come questo specchio d’acqua, già blindato dalla presa della Crimea, offra una sproporzione di forze che per il Cremlino sarebbe decisiva. Divario che non potrebbe essere colmato nemmeno da un’imponente operazione atlantica di supporto, visto che la convenzione di Montreux parla chiaro, la Turchia non appare il membro Nato più entusiasta a muoversi contro la Russia e la presenza militare nelle basi rumene è estremamente debole. Motivo per cui da Bucarest e Bruxelles sono stati mandati diversi messaggi per rafforzare quel settore dell’Europa orientale.
Dall’altra parte, si sottolineano comunque alcune difficoltà che incontrerebbe la flotta russa e che riguardando principalmente. Molti osservatori hanno pavento lo scenario di uno sbarco anfibio, ma questa eventualità, allo stato dell’arte abbastanza remota, poggia sul presupposto che questo avvenga in modo “indolore”. Cosa che non è affatto probabile. Le coste ucraine del Mar Nero sono insidiose e prive di ampi spazi di manovra. Potrebbe essere teatro di una incursione su scala minore, come sottolineato dalle esercitazioni svolte in Crimea nei mesi precedenti, ma non sarebbe il grosso delle forze. Inoltre, come scrive Naval News, tra sistemi antinave, scontri in aree urbanizzate e necessario supporto aereo, si andrebbe a creare uno scenario in cui le perdite per la Russia potrebbero comunque essere eccessive rispetto a quanto preventivato. Una guerra non è nei piani: ma se lo fosse, l’obiettivo sarebbe quello di ridurre il più possibile il rischio di perdite da una parte e dall’altra.
FONTE: https://it.insideover.com/guerra/mar-nero-un-fronte-complesso-che-inquieta-la-nato.html
Éric Zemmour: L’ultima possibilità di sopravvivenza della Francia?
POLITICA
The Politico: l’isteria sull’Ucraina ricorda i tempi dell’Iraq
L’attacco all’Ucraina è imminente, ci dicono da Washington. Un refrain che va avanti da quasi un mese. Secondo l’intelligence Usa la Russia attaccherebbe in questa settimana.
Una ovvia sciocchezza, dal momento che Putin non ha nessun interesse ad attaccare perché ha tanto da perdere e nulla da guadagnare, se non prendersi in carico uno Stato fallito a causa della rivoluzione di Maidan, che ha disintegrato una nazione già povera con il mandare al potere dei burattini che si muovono a comando dei burattinai d’oltreoceano, che sono poi i neocon.
Perché la Russia non vuole la guerra
Nulla ottenendo, la Russia invece perderebbe molto. Anzitutto incenerirebbe le residue speranze di attivare il North Stream 2, sul quale ha puntato tanto del suo rapporto con l’Europa; inoltre si prenderebbe sul groppone altre sanzioni, di certo non gradite; Infine lederebbe ancor più la sua immagine internazionale, facendone un paria.
A rendere il mantra dell’attacco russo ancor più infondato è la tempistica. Putin ha appena rafforzato l’alleanza russo-cinese, con quella Cina che ha riposto grandi aspettative nella riuscita delle Olimpiadi invernali che ospita.
Attaccare mentre sono in corso i Giochi li oscurerebbe ancor più di adesso (la crisi ucraina, infatti, li ha posti in un cono d’ombra, non certo a caso). Sarebbe un vero e proprio sgarbo verso l’alleato più importante di Mosca, sul quale peraltro essa punta per sopravvivere alle pressioni occidentali.
Insomma, le notizie provenienti dall’intelligence Usa sono del tutto infondate, anche se non per questo lo scenario descritto è impossibile, dal momento che proprio le ragioni elencate stanno spingendo i falchi Usa a cercare in tutti i modi di scatenare un conflitto, che le tensioni accumulate rendono possibile grazie a un incidente di percorso, magari provocato (dinamica alquanto abusata fin dall’incidente del golfo del Tonchino, la bufala che diede il “la” all’intervento americano in Vietnam).
Peraltro, anche un media serio e mainstream come Politico si interpella su questi reiterati allarmi riguardanti l’Ucraina, basati su asseriti rapporti di intelligence e notando come “la frequenza e la rapidità” con i quali essi sono rese pubblici siano affatto “insolite”.
Tanto che Calder Walton, storico dell’intelligence presso l’Università di Harvard, parla di un approccio dell’amministrazione Usa “‘ad alto rischio’, soprattutto se le informazioni verranno successivamente smentite. L’Iraq è un esempio ovvio, ma ci sono altri casi che hanno eroso la credibilità degli Stati Uniti“.
“La pubblicizzazione di informazioni su un nemico ha dei precedenti. – Commenta Politico – Il precedente più famoso è quello che ha visto l’amministrazione di George W. Bush far trapelare in maniera selettiva le accuse riguardanti la presenza di armi di distruzione di massa in Iraq per giustificare l’invasione del paese nel 2003. Le informazioni si sono rivelate false, ma sono state usate per innescare la guerra”.
Il giornale americano riporta anche un commento di un esponente del partito democratico non identificato, che afferma: “Mi chiedo anche se la vicenda del ritiro dall’Afghanistan possa aver reso l’amministrazione più sensibile alle critiche dei falchi e quindi più suscettibile ai loro cattivi consigli”. Il riferimento è alle accese critiche che si è attirato Biden ritirando le truppe dall’Afghanistan; un’iniziativa benemerita che, però, in effetti lo ha indebolito agli occhi dei critici interni.
La conversazione Putin-Biden
Nel frastuono dei tamburi di guerra, bisbigli di pace. Anzi si può registrare come durante questa crisi le varie iniziative distensive sono state accompagnate e seppellite dal rilancio di informazioni allarmistiche.
Così, dopo alcuni giorni di stallo, in concomitanza con la telefonata tra Biden e Putin, il nuovo e più angoscioso allarme. Poco o nulla si sa del contenuto della conversazione tra i due presidenti. Il bollettino della Casa Bianca riferisce solo che Biden ha ribadito al suo interlocutore che, se la Russia attacca l’Ucraina, ne verrebbe incenerita.
Maggiori dettagli nel resoconto russo. Nel riferire la conversazione, Yury Ushakov, il Consigliere più stretto di Putin, ha detto: “Biden ha anche parlato dell’esperienza dei suoi predecessori che hanno fatto ogni sforzo durante la Guerra Fredda per evitare la catastrofe di un grave conflitto militare tra le nostre due nazioni”.
“Ha detto che le nostre due grandi nazioni sono ancora rivali, ma che dobbiamo fare ogni sforzo per mantenere la stabilità e la sicurezza nel mondo. Ha anche sottolineato che è necessario compiere ogni sforzo per evitare lo scenario peggiore per quanto riguarda l’attuale situazione in Ucraina”.
“Ha affermato di essere un sostenitore della diplomazia e ha formulato un’intera serie di proposte che crede riflettano molte delle preoccupazioni e delle iniziative della Russia che abbiamo delineato e trasmesso agli Stati Uniti e alla NATO nella bozza di documenti sulle garanzie di sicurezza”.
“Voglio subito notare che il presidente russo ha risposto dicendo che la Russia avrebbe studiato attentamente le proposte del presidente Biden e le avrebbe sicuramente tenuto in debita considerazione” nella risposta che la Russia sta mettendo a punto alle precedenti missive della Nato e degli Stati Uniti contenenti proposte per raggiungere un’intesa stabilizzatrice.
Ma Putin ha aggiunto che finora le preoccupazioni essenziali della Russia riguardo la propria sicurezza, non avevano avuto risposta. Detto questo, i due hanno convenuto di mantenersi in contatto.
Nelle parole di Ushakov anche la grande preoccupazione per “l’isteria” di questi giorni, che risulta preoccupante. In effetti, non aiuta a risolvere problemi, semmai li aumenta al parossismo.
Lo ha fatto notare lo stesso presidente ucraino Zelensky, che sabato ha affermato: “Tutte queste informazioni che alimentano solo panico non ci aiutano” (ABC). Vedremo.
FONTE: https://piccolenote.ilgiornale.it/54579/the-politico-listeria-sullucraina-ricorda-i-tempi-delliraq
SCIENZE TECNOLOGIE
Chi gestirà la prossima pandemia
L’Oms negli ultimi due anni non ha certo guadagnato in credibilità. Donald Trump, quando era alla Casa Bianca, ne aveva anche paventato la chiusura minacciando il congelamento dei fondi destinati all’ente con sede a Ginevra. Un proposito poi non attuato, ma che ha dato il segno della sfiducia verso quell’istituto che avrebbe dovuto prevenire l’insorgere della pandemia da coronavirus. L’inizio del 2022 ha portato in dote la possibilità della fine dell’emergenza. Ma in molti hanno già iniziato a parlare della prossima pandemia. Il mondo scientifico ne è certo: la maggiore interconnessione globale e l’allargamento delle metropoli in zone dove la natura ospita animali selvatici determineranno le condizioni per una nuova emergenza sanitaria. La domanda quindi sorge spontanea: con l’Oms sempre meno credibile (e con sempre meno soldi) da chi sarà gestita la prossima pandemia?
Il mondo crederà al prossimo allarme?
Uno dei problemi che lascerà l’attuale pandemia ha a che fare con l’informazione. Il bombardamento di notizie degli ultimi due anni sta destando non poca sfiducia nell’opinione pubblica. In Italia di recente si è parlato della possibilità di non divulgare i bollettini quotidiani, in altri Paesi europei già da settimane sui tg non si trova traccia dei dati costantemente aggiornati. Questo perché, con un discreto ritardo, si è compreso il danno potenziale derivante dall’inondare i cittadini di notizie. Non solo ansie e paure ma, alla lunga, anche diffidenza e perplessità verso i mezzi di informazione sono da annotare tra gli elementi che la cosiddetta “infodemia” sta divulgando all’interno dell’opinione pubblica soprattutto occidentale. Se a questo si aggiunge la poca credibilità assunta agli occhi dei cittadini dall’Oms, ben si comprende come i futuri allarmi potrebbero non essere ascoltati. Del resto, occorre ricordare com’è iniziata l’attuale emergenza. Nonostante gli allarmi lanciati dalla comunità scientifica nel gennaio 2020, l’Oms soltanto il 30 gennaio di quell’anno ha lanciato l’allerta globale mentre, nei giorni precedenti, si è sostenuto che la situazione fosse sotto controllo.
Poi le informazioni contraddittorie sui comportamenti da adottare, sulle disposizioni da prendere da parte dei governi e sull’uso delle mascherine, hanno generato maggiore confusione. Da qui l’idea di Trump di togliere ogni finanziamento all’Oms e il pensiero di milioni di cittadini in tutto il mondo circa l’inutilità dell’ente. Se domani dovesse arrivare un allarme da parte dell’istituto la gente lo prenderebbe sul serio? Molto probabilmente no. E questo creerebbe un primo danno nella gestione di una futura pandemia. Ne sanno qualcosa in Canada, lì dove ha sede il Gphin, ossia il Global Public Health Intelligence Agency. Una sorta di servizio di intelligence sanitario, capace di intercettare i segnali di allarme pandemici da tutto il mondo. L’agenzia è stata istituita dopo l’epidemia di peste polmonare scoppiata in India nel 1995. L’obiettivo era proprio quello di saper cogliere possibili emergenze e prevenirle. Nel novembre 2002 è stata una segnalazione del Gphin a spingere l’Oms a chiedere spiegazioni alla Cina sulla comparsa dei primi casi della Sars. L’agenzia canadese ha chiuso i battenti nel maggio 2019, pochi mesi prima dell’esplosione del Sars Cov 2. Quando il giornalista Grant Robertson ha portato a galla la vicenda, in tanti a Ottawa non hanno avuto dubbi: un allarme del Gphin avrebbe potuto prevenire il disastro successivo. Per questo il governo del premier Trudeau ha deciso di riattivare il servizio. Da qui una preziosa lezione in chiave futura: lanciare l’allarme in tempo può prevenire il peggio.
L’Oms sempre più povero
Il problema però è che in tanti non crederebbero più né ai media e né all’Oms. Dunque occorrerà capire in futuro a chi “delegare” la funzione di avvisare il prima possibile dei pericoli. Ma anche nel momento in cui dovesse partire l’allarme, chi prenderà in carico la gestione dell’emergenza? L’Oms non solo deve affrontare una grave crisi di credibilità ma, al contempo, deve far fronte a un importante crisi economica. Il segretario Tedros Adhanom Ghebreyesus non ha usato mezzi termini nello scorso mese di gennaio per dire che l’ente è a rischio fallimento. Mancano circa 800 milioni di Euro per chiudere il bilancio 2022/2023 e stanziare le risorse necessarie per fronteggiare l’emergenza coronavirus. Da Ginevra sono stati chiesti ulteriori sforzi ai governi per mettere più soldi nelle casse e aumentare i propri contribuiti. Ma non sembra che le varie cancellerie internazionali siano realmente intenzionate ad assecondare simili richieste. Anche perché in una fase di perdita di credibilità dell’Oms, sotto il profilo politico giustificare maggiori fondi all’istituto non sarebbe molto conveniente.
L’organizzazione rischia quindi di presentarsi ancora più impreparata alla prossima pandemia. Con sempre meno soldi e sempre meno mezzi, farsi carico di un’emergenza potrebbe essere quasi impossibile. Nei prossimi anni la quota di finanziamento erogata dai privati potrebbe sforare il 50%. Vuol dire che l’Oms si muoverebbe più su input dei partner privati che degli Stati. Non è un caso che a parlare di una prossima pandemia sia stato nei giorni scorsi Bill Gates. Il fondatore della Microsoft ha annunciato anche un libro sulla questione. Il suo interessamento è anche figlio del potere assunto all’interno dell’Oms. Con la sua fondazione, Gates è il secondo contributore dell’organizzazione dietro soltanto al governo degli Stati Uniti. Il 10% dei cinque miliardi del bilancio 2019/2020 dell’Oms proveniva dai fondi della Bill&Melinda Gates Foundation. Se a Ginevra il peso dei privati dovesse aumentare ulteriormente, la capacità di risposta a una futura pandemia è tutta da verificare.
Come si muoveranno i governi
C’è quindi un dilemma sulle prossime emergenze. Occorrerà puntare ancora sull’Oms, pur se depotenziato? Oppure saranno scelte altre vie? Se si dovesse prendere in considerazione la prima ipotesi, allora i governi, prima ancora dei privati, dovranno provare a rilanciare l’istituto con sede a Ginevra. Sia a livello di immagine, ponendo in essere riforme dell’ente in modo da garantire una certa credibilità, sia a livello finanziario. Non sembra però questa la via che la comunità internazionale vuole intraprendere. Forse, è il sospetto che serpeggia in ambito diplomatico, l’Oms è stata condannata a un ruolo marginale. Una prossima pandemia si proverà a gestirla con altri enti già esistenti. Quali l’Fda negli Usa o l’Ema in Europa. “Ne abbiamo già di enti più scientifici dell’Oms – ha dichiarato nel novembre 2020 su InsideOver il virologo (e oggi presidente dell’Aifa) Giorgio Palù – C’è anche l’Ecdc di Stoccolma”. Il mondo scientifico, così come quello politico, hanno già abbandonato l’Oms al suo destino.
FONTE: https://it.insideover.com/scienza/chi-gestira-la-prossima-pandemia.html
STORIA
La misteriosa morte del “Principe dimenticato”
È rimasta avvolta da un velo di mistero la scomparsa di sua altezza reale George Edward Alexander Edmond, quartogenito di re Giorgio V, titolato Duca di Kent, ufficialmente morto nell’incidente che coinvolse l’idrovolante Short S.25 Sunderland sul quale viaggiava il 25 agosto del 1942 alla volta di Terranova.
Secondo la cronaca, era passato mezzogiorno quando il mastodontico idrovolante, da poco decollato dalle acque di Invergordon, si schiantò contro una verde collina della contea di Caithness lasciando un solo superstite tra l’equipaggio di una dozzina di uomini. Tra loro – si crede proprio ai comandi – era il “principe perduto” che la storia ricorderà come un simpatizzante filo-nazista invischiato in quei piani segreti che ambivano al raggiungimento di una pace separata con il nemico.
Il filo rosso che conduce al piano di Hess
Una missione così delicata doveva essere condotta nella massima segretezza, e non sarebbe stata dissimile da quella che avrebbe cercato di portare a termine un anno prima il gerarca Rudolf Hess. Braccio destro di Adolf Hitler, era decollato su di un cacciabombardiere Bf-110 (modificato con due serbatoi di carburante aggiuntivi, ndr) per raggiungere la Scozia dove lo attendeva il Duca di Hamilton – massone, anch’esso filonazista – per portare a termine un incontro segreto, e allearsi, come i nazisti speravano, contro i bolscevichi. Era il 10 maggio del 1941.
Con un passato ambiguo e un futuro insidioso, il principe George, fratello minore dell’erede al trono e dell’abdicatore Edoardo, Duca di Windsor, incline all’uso della cocaina, bigamo e di orientamento bisessuale, si sarebbe imposto come pilota dell’imponente nave volante della RAF – quadrimotore lungo 26 metri con peso a pieno carico di oltre 26 tonnellate. Ma la storia narra non avrebbe raggiunto la quota adeguata per superare le colline che circondavano la pista liquida da cui si era staccato a pieni motori. Forse la nebbia, che tutto intorno saturava il cielo e non consentiva di scorgere alcun ostacolo, fu complice del disastro. Non appena toccata terra con la chiglia, i serbatoi carichi di benzina esplosero fragorosamente, riducendo l’idrovolante a una palla di fuoco che cospargerà di detriti il picco di Eagle’s Rock.
Per il principe e gli altri membri dell’equipaggio, tra i quali erano il suo attendente, il tenente John Lowther, il nipote del primo visconte Ullswater, il pilota tenente Frank Goyene, e gli eventuali passeggeri “non registrati”, non ci sarà nulla da fare. Il sergente Andrew Jack, operatore wireless e mitragliere di coda, che verrà ricoverato con gravi ustioni, sarà l’unico supertiste. Sua altezza George diventerà così il primo reale a morire in “servizio attivo” da quando Giacomo IV di Scozia perì nella battaglia di Flodden, nel lontano 1513.
Incidente o sabotaggio?
Nessuno conosce o ha mai rivelato la natura della missione, e perché il quarto figlio di Giorgio V dovesse prendervi parte se mai ne fosse esistita una. La presenza di un reale nelle remote lande del regno poteva essere un’occasione per alzare il morale dei sudditi e delle truppe. Ma quella che rimane l’unica certezza è che il playboy al quale si attribuivano relazioni extraconiugali come con la ballerina Jessie Matthews, il rampollo che si dilettava con droghe pesanti e cattive amicizie (come Kiki Preston, detta “la ragazza con la siringa d’argento”), ma anche l’uomo selezionato come futuro reggente del Regno – perse la vita insieme a nove dei membri dell’equipaggio. L’unico superstite non rivelò mai nessuna informazione su quel giorno. E questo non fece che alimentare numerose teorie del complotto su quella che fu a tutti gli effetti una morte misteriosa.
Se si vuole dare conto alle diverse teorie del complotto, George non sarebbe rimasto vittima di una manovra errata, spinta dalla sua cocciutaggine nel voler pilotare l’enorme idrovolante in una giornata con condizioni meteorologiche sfavorevoli, bensì dalla sua scarsa propensione alla riservatezza. Secondo taluni infatti, venne assassinato dei servizi segreti britannici a causa delle sue amicizie pericolose, onde evitare che informazioni sensibili potessero finire nelle mani dell’Abwehr, il servizio segreto tedesco.
Secondo Charles Higham, autore di The Duchess of Windsor: The Secret Life, sarebbe stato lo Special Operations Executive (SOE) a sabotare l’idrovolante sul quale viaggiava il principe. Un modo per evitare che in una fase così delicata della guerra, una fonte di altissimo livello potesse mettere in pericolo la sicurezza nazionale con le sue “chiacchierate amichevoli”, o peggio, con i suoi “piani politici”. Ma non è tutto. Secondo ulteriori teorie, ancora più diffamanti per la reputazione del principe, George non mirava solo a trattare una pace separata con la Germania – cosa che avrebbe consentito al Reich di concentrare tutte le forze contro i sovietici – ma sarebbe stato una pedina in una cospirazione ai danni del primo ministro Winston Churchill. Secondo quanto riportato da Lynn Pickett, Clive Prince, Stephen Prior, John Harris e Richard Wilbourn nei libri Double Standards: The Rudolf Hess cover-up e War of the Windsors e Rudolf Hess: Treachery and Deception, al principe spettava il ruolo di pedina fondamentale nella ricerca della pace separata da trattare con i nazisti. Nelle intenzioni di Sua altezza reale però, c’era quella di lasciare alla famiglia Windsor ogni merito. Estromettendo il carismatico primo ministro, simbolo dell’Inghilterra che aveva saputo rialzarsi per combattere e vincere dopo la ritirata di Dunkerque.
Una pace, quella da trattare con Hitler e i suoi attaché, che Churchill non avrebbe mai accettato pur odiando i comunisti quanto i nazisti. Del resto, quando Hess si paracadutò in Scozia per combinare un incontro tra i vertici tedeschi e la famiglia reale, che in fondo discendeva dalla casata tedesca Sassonia-Coburgo e Gotha e dunque appartenente alla stessa “razza”, Churchill lo bollò come un folle da rinchiudere nella torre di Londra come Maria Stuarda, regina di Scozia.
Sempre secondo le fonti degli autori sopra citati, l’ambasciatore tedesco presso il Portogallo, Barone von Hoyningen-Huene, confidò al ministro degli Esteri del Reich Joachim von Ribbentrop come “la comunità britannica di Lisbona mormorasse riguardo il sabotaggio dell’idrovolante sul quale viaggiava il principe per evitare la pace con la Germania“. (Si tenga conto che Lisbona e il Portogallo in generale, tra il 1939 e il 1943 erano crocevia dello spionaggio internazionale, ndr).
Il Principe dimenticato
La tragica morte del principe George non ricevette la copertura mediatica adeguata alla figura di un’altezza reale. Il SOE, benché possa apparire una forzatura citarlo in questi termini, era un’organizzazione di sabotatori concepita proprio da Churchill dopo la disfatta di Dunkerque. L’eliminazione di una figura di alto rilievo come un membro della famiglia reale necessitava il suo ordine diretto, senza dubbio l’esistenza di lunghi dossier (mai trovati) sulla personalità e le sue eventuali amicizie.
Il principe George sembrò condividere più che spesso la compagnia del Duca di Hamilton, da sempre considerato il collegamento di Hess sul suolo britannico (o spia scelta dall’MI5 per attirare Hess in una trappola, ndr). I primi soccorritori che giunsero sul posto quel giorno di agosto rinvennero tra i rottami indumenti e calzature femminili da attribuire probabilmente a passeggeri non dichiarati. Nessun documento ufficiale, o ufficioso, venne mai in possesso di alcun ricercatore, né al tempo, né negli ultimi settant’anni. Nulla dunque ha suffragato la tesi di una cospirazione sedata da Churchill in persona per mano di agenti dell’intelligence.
Per quanto ne sappiamo, l’idrovolante Short Sunderland sul quale volava il principe non riuscì a guadagnare quota e velocità sufficienti per oltrepassare la sommità della collina dopo il decollo. A causa del peso del pieno carico, di una rincorsa troppo breve e della ridotta visibilità che impedì di individuare il rilievo, l’aereo si schiantò. Le tesi di una cospirazione, alimentate dal silenzio dell’unico superstite che non rilasciò mai dichiarazioni riguardanti l’accaduto, rimangono sospese. George Edward Alexander Edmond, duca di Kent, uno degli uomini più eleganti e chiacchierati della Famiglia Reale, invece, resta un principe “dimenticato” dagli inglesi e ricordato solo dai cacciatori di segreti.
FONTE: https://www.msn.com/it-it/notizie/other/la-misteriosa-morte-del-principe-dimenticato/
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«Ti spiezzo in due». Ricordate la celebre frase di Ivan Drago, il pugile capitano dell’Armata Rossa con la medaglia di Eroe dell’Unione Sovietica che, in Rocky IV, era convinto di sconfiggere Rocky Balboa? Eravamo alla fine della Guerra fredda, correva l’anno 1985, e gli Stati Uniti ancora comandavano, anche al cinema, per cui alla fine Sylvester Stallone vinceva sul gigante russo.
Oggi invece, sul fronte comunista, a comandare è la Cina che dal 2020 è diventato anche il primo mercato cinematografico al mondo, sconfiggendo, neanche tanto simbolicamente, quello storico statunitense. E, come a sottolineare questa supremazia, ha iniziato anche a produrre film che cercano di riscrivere la storia, con i cattivi che indossano sempre la divisa a stelle e strisce. Tutto è iniziato esattamente quattro mesi fa con l’uscita in Cina del film di propaganda bellica The Battle at Lake Changjin, diretto a sei mani dagli specialisti Chen Kaige, Tsui Hark e Dante Lam, che, con più di 900 milioni di dollari, è diventato il maggior incasso al box office cinese di tutti i tempi, nonostante il periodo pandemico, e il secondo al mondo del 2021 dopo lo statunitense Spider-Man: No Way Home. Il film racconta l’epica storia della Battaglia del bacino di Chosin quando, nelle due settimane a cavallo di novembre/dicembre del 1950, la Repubblica popolare cinese decise di entrare nella Guerra di Corea cogliendo di sorpresa il X Corpo statunitense.
Il film, in due ore e 56 minuti, mette in scena l’eroismo dei Volontari del popolo cinese con grandi scene di combattimento, frutto in particolare dell’esperienza di Tsui Hark, prendendosi il merito di aver ricacciato gli americani e le forze delle Nazioni unite a Sud del 38° parallelo. Gli Stati Uniti, dal canto loro, hanno sempre sottolineato come siano riusciti a salvare il X Corpo dalla distruzione, grazie alla più grande evacuazione della loro storia militare. I numeri parlano di circa 50mila morti da parte cinese e di 18mila da parte statunitense. Un’ecatombe.
Ora in Cina, a tempo di record, è da poco uscito il sequel, intitolato Watergate Bridge, sempre diretto dai tre Re Mida del cinema cinese e interpretato da grandi star come Wu Jing e Jackson Yee, che ha già raggiunto un incasso di mezzo miliardo di dollari. Il secondo capitolo di The Battle at Lake Changjin ruota sempre attorno ai soldati dei Volontari del popolo cinese, ora attestati su un ponte cruciale sulla rotta della ritirata delle truppe statunitensi. I cattivi sono sempre i soldati a stelle e strisce mentre gli eroi, manco a dirlo, i cinesi.
Più di 70 anni dopo la storia viene riproposta in chiave nazionalistica e di propaganda dal Partito comunista che ha voluto fortemente il film, approvando pure un nuovo piano cinematografico quinquennale che prevede la produzione di dieci film popolari l’anno sul modello di The Battle at Lake Changjin, l’espansione degli schermi che, entro il 2025, dagli attuali 77mila passeranno a più di 100mila e il contenimento del cinema straniero in chiave autarchica. Non è un caso che in Cina non siano usciti blockbuster come Black Widow, Eternals, Shang-Chi e la leggenda dei Dieci Anelli, Space Jam 2, Venom 2 e Spider-Man: No Way Home.
E infatti, sempre sulla Guerra di Corea, l’1 febbraio è uscito Sharpshooter diretto, insieme alla figlia Zhang Mo, da Zhang Yimou, il regista del celebre Lanterne rosse e del bellissimo One Second, ancora nelle sale italiane (ma anche della recente cerimonia di apertura dei Giochi Olimpici Invernali di Pechino), incentrato sulla storia del cecchino ventiduenne Zhang Dagong che ha ucciso o ferito 214 soldati americani in 32 giorni usando 432 colpi. A modo suo un (triste) record.
Sembrerebbe dunque che ancora oggi la cinematografia sia l’arma (di propaganda) più forte, come amava ripetere Mussolini. Così chi di film ferisce – come in American Sniper di Clint Eastwood dove è un cecchino statunitense a dare la caccia a uno iracheno – di film perisce, in questa versione di propaganda comunista piena di effetti digitali con i proiettili del cecchino cinese seguiti passo passo al rallentatore finché non centrano, sempre esattamente in mezzo alla fronte, il povero malcapitato soldato statunitense di turno. La sensazione è che la Cina ci stia proprio prendendo gusto a bullizzare gli Stati Uniti.
FONTE: https://www.ilgiornale.it/news/spettacoli/epica-politica-e-kolossal-cina-dichiara-guerra-2011308.html