RASSEGNA STAMPA DETTI E SCRITTI
18 MAGGIO 2021
A cura di Manlio Lo Presti
Esergo
Puoi svegliarti anche molto presto, ma il tuo destino
si è svegliato mezz’ora prima di te
(Proverbio africano)
In: ANRICO VANZINA, Una giornata di nebbia aMilano, HarperCollins, 2021, Pag. 54
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SOMMARIO
DENATALITÀ: CHI INCASSERÀ I BENEFICI PER INCENTIVARE IL RIPOPOLAMENTO?
Corso ALTA FORMAZIONE in PSYOPS
Psychological Operations
DDL Boldrini-Zan: fine corsa del vietato vietare…
Addio al maestro Franco Battiato
Una dottoressa del pronto soccorso infligge sofferenze ad un paziente con un fascio tatuato sul petto
L’intervista shock all’economista Nino Galloni
La verità nascosta delle “marocchinate”, saccheggi e stupri delle truppe francesi in mezza Italia
“Battiato era uno sciamano, un mistico amante della vita”.
Una commerciante, proprietaria di una torteria, circondata da un cordone di 50 agenti delle Forze dell’ordine
Altolà alle aziende. Dipendenti liberi di decidere in segreto
Consap: obbligo vaccinale è aperta violazione dei diritti costituzionali
NO ALL’OBBLIGO VACCINALE !
“L’Italia spieghi la condanna al Cav”. La Corte europea richiama le toghe
Interviste a cittadini che hanno perso il lavoro
Speranza (il ministro ebreo askenazita formato dalla McKinsey)
LE MAROCCHINATE
EDITORIALE
DENATALITÀ: CHI INCASSERÀ I BENEFICI PER INCENTIVARE IL RIPOPOLAMENTO?
Improvvisamente la denatalità italiana fa paura. Lo spettro dello spopolamento e della imminente estinzione della ex-Italia, se continua a questi ritmi, è da lungo tempo segnalato come materia di sicurezza nazionale dai nostri Servizi segreti e deliberatamente ignorato dai nostri governi. Un argomento palese e grave che non può avere detrattori. Sarebbe troppo sporca!
Nessuno, ripeto nessuno, ha avuto la determinazione di porre in stato d’accusa una intera classe politica e, paradossalmente, lo staterello ecclesiastico che doveva essere a favore della famiglia. Una “presenza” secolare, costante, ingombrante e limitativa della vita democratica del nostro Paese che ha promosso a parole la natalità. Uno staterello potentissimo che si è trasformato in una Ong orientando la sua attenzione (affaristica) all’accoglienza inclusiva/sostenibile/commovente gestita da gigantesche “comunità” che sono simili a Società per azioni.
Vorrei sottoporre all’attenzione di tutti alcune domande figlie del Dubbio che è la lanterna della consapevolezza critica.
Perché se ne parla adesso e con ritmo corale da parte della batteria di giornaloni ed emittenti TV e della rete? La prima mossa che ha aperto gli spartiti è stata quella dell’ex superpretoriano ex goldman sachs, ex bce, ex ragioniere generale dello Stato, generando un forte sospetto. Non va dimenticato mai che Costui appartiene ad una genia di predatori che si muove solo se percepisce odore di miliardi.
Perché se ne parla a martello senza specificare i criteri di erogazione dei benefici economici – ancora teorici – di tale “conversione ad U” della palude melmosa della catena di comando italica?
Queste due domande non avranno risposta se non a giochi fatti grazie ad operazioni parlamentari di bassa cucina e dietro le quinte, possibilmente d’estate, quando la scarsissima attenzione degli italiani scompare totalmente! Nel frattempo sorge più di un sospetto.
Primo sospetto: l’interesse esploso “adesso”, tutto insieme e non gradualmente sulla denatalità, ha il fetore della propaganda martellante a grappolo.
Secondo sospetto: considerato che il 70% dei nuovi nati proviene attualmente da immigrazioni forzate e le prossime a ondate bibliche (il Corriere ha parlato di 70.000 c.d. migranti a brevissimo), non sarà una colossale operazione per finanziare questi “arrivi”, dietro la regia delle ridette potentissime comunità dell’accoglienza inclusiva, sostenibile, ecc.?
Terzo sospetto: alla luce delle riflessioni appena scritte, ha una chiave di lettura “commerciale” la pressione del partito ex Pci per l’approvazione dello Ius Soli incondizionato!
Quarto sospetto: la pressione del “El Pampero” e della sua industria dell’accoglienza sul crollo delle nascite. Perché ne parla a gran voce adesso di una questione che esiste da anni?
La concatenazione sarebbe quindi: Ius Soli a martello, invasione di almeno 100.000 c.d.migranti, batteria contraerea dei centri informativi filogovernativi con messaggi inclusivi, buonistici da libro Cuore, ricatto brutale degli oppositori (il ricatto è il primo requisito per essere cooptazione ai vertici).
Corollario: l’oro non è tutto, c’è anche il platino!
FONTE: http://opinione.it/societa/2021/05/18/manlio-lo-presti_denatalit%C3%A0-italia-famiglia-immigrazione/
IN EVIDENZA
ECCO UNO DEI CENTRI DI FORMAZIONE DI UNITA’ DI TECNICI DELLA SOVVERSIONE SOCIALE E DEL TERRORE. QUI SOTTO UN BANDO REGOLARMENTE PUBBLICATO.
POSSIAMO IMMAGINARE QUANTI ALTRI CORSI DI QUESTO GENERE CI SONO IN GIRO E NOI NON NE SAPPIAMO NULLA!
VEDERE PER CREDERE! E POI DICONO CHE SIAMO COMPLOTTISTI!!!
Corso ALTA FORMAZIONE in PSYOPS – Psychological Operations – Psicologia Operativa
60 CFU – 1500 ORE
Il Corso Alta Formazione in PSYOPS – Psicologia Operativa si pone come obiettivo quello di formare esperti in grado di applicare la psicologia operativa in ambito di pace e sicurezza e gestire situazioni strategiche, in ambito militare, di sicurezza e civile.
Si tratta dell’unica Scuola di PsyOps in Italia e una delle poche in Europa, che si struttura nel Corso Alta Formazione in PSYOPS.
Il Corso Alta Formazione in ANTITERRORISMO OPERATIVO è aperto anche a non laureati con rilascio di crediti (CFU) riconosciuti dall’università italiana. Le Università statali e non statali riconoscono i CFU validi per abbreviare l’iscrizione alle lauree triennali (o magistrali in caso in cui si possieda la Laurea Triennale), previa verifica della corrispondenza e valutazione degli insegnamenti riconoscibili. Ogni valutazione, a norma di legge, è a discrezione della singola Università in base al percorso di studi a cui si fa riferimento.
Le indicazioni ONU e NATO dell’anno 2011 disegnano le linee guida per quanto riguarda gli anni a venire in riferimento alle situazioni di crisi e di pace. Le linee guida sono chiare e danno priorità all’utilizzo di mezzi non cruenti per la risoluzione dei conflitti e delle emergenze.
Le operazioni psicologiche e quindi l’uso di esperti per prevenire e gestire le situazioni di conflitto operativo sono il futuro per tutti gli Organismi preposti a gestire la pace e la sicurezza dei popoli e degli Stati. Tutti gli Stati facenti parte di questi Organismi si stanno adeguando o si dovranno adeguare alle disposizioni normative, aprendo quindi ampi spazi a figure lavorative quali quelle altamente specializzate in psicologia operativa-psyops.
La formazione specifica di esperti in questo settore consente a coloro che otterranno il titolo accademico un immediato posizionamento nel mondo del lavoro nel settore Istituzionale e nel settore privato.
Gli iscritti saranno in grado -in base alle analisi e alle indicazioni del decisore politico- di modificare le situazioni anche più complesse portandole a soluzione senza l’utilizzo di metodi cruenti; analizzare la comunicazione e le fonti, creare e gestire strategie complesse, produrre una adeguata gestione degli eventi, anticipare le mosse della controparte.
Le tematiche affrontate spaziano dall’analisi comportamentale del singolo e delle masse, alle tecniche di manipolazione mentale alla gestione della comunicazione strategica e della sicurezza, studiando ed acquisendo le basi scientifiche e neurobiopsicologiche degli strumenti operativi proposti, acquisendo dimestichezza delle tecnologie più innovative.
Il programma di studi si rivolge a personale civile, personale civile e militare già in servizio appartenente alla Pubblica Amministrazione (Forze dell’Ordine, Forze Armate, etc…), ed ad esperti e altre figure impiegate in attività di psyops, intelligence, comunicazione strategica, comunicazione pubblica e istituzionale, nonché a studenti che vogliano intraprendere e approfondire gli studi nel settore della psicologia operativa, intelligence operativa, neuroscienze applicate all’intelligence, comunicazione strategica. Per struttura ed obiettivi la Scuola PsyOps è particolarmente spendibile per militari e professionisti impegnati in scenari di crisi e scenari complessi.
Inizio: Novembre 2021 – Maggio 2022 [le iscrizioni sono aperte]
Modalità: lezioni in presenza in aula, un weekend al mese (sabato e domenica)
Sono previste lezioni con docenti provenienti da Intelligence, Forze di Polizia, Esercito europei e extra europei, con traduzione simultanea in lingua italiana.
Sede: Roma
Quota iscrizione: 1900,00€
Quota iscrizione in convenzione: 1600,00€ per studenti, studenti École Universitaire Internationale, studenti universitari e dottorandi, appartenenti FF.OO. – FF.AA – P.L. – P.M., impiegati presso P.A., operatori della sicurezza, professionisti del settore quali ad esempio psicologi, psichiatri, avvocati, magistrati, etc..
Note: possibilità di versare la quota iscrizione in tre rate, di cui la prima da versare all’atto dell’iscrizione.
Ammissione: l’ammissione avviene previa valutazione del C.V. del candidato. Possono iscriversi al Corso Alta Formazione in PSYOPS coloro che sono in possesso di diploma di scuola secondaria di II grado (liceo, istituto tecnico, etc..) o di Diploma di Laurea o di altro titolo di studio conseguito all’estero, riconosciuto idoneo; i cittadini europei ovunque residenti e i cittadini extraeuropei legalmente soggiornanti in Italia in possesso di titolo di studio certificato della rappresentanza diplomatica italiana nel paese in cui il titolo è stato conseguito; i laureati di tutte le discipline del nuovo e vecchio ordinamento.
Presentazione della domanda: è possibile iscriversi al Corso Alta Formazione in PSYOPS inviando il proprio C.V. e richiedendo l’apposito modulo iscrizione alla Segreteria studenti di École Universitaire Internationale: segreteria@ecoleuniversitaireinternationale.net
Iscrizione: l’iscrizione si completa inviando il modulo iscrizione ricevuto (insieme ai documenti richiesti) alla Segreteria.
Documenti richiesti: modulo iscrizione compilato e sottoscritto; fotocopia documento di riconoscimento valido; fotocopia tessera del codice fiscale e la copia dell’avvenuto pagamento dell’intera retta/prima rata.
Conseguimento del titolo: al termine del corso è prevista una prova finale per il conseguimento del titolo di Alta Formazione.
La prova finale consiste nella presentazione di un elaborato originale redatto individualmente da ciascuno studente iscritto, su un tema riguardante le materie del corso, e precedentemente concordato con il docente.
NOTE:
-Il titolo conseguito è valido per i concorsi presso la Pubblica Amministrazione.
-Il titolo conseguito può essere trascritto a matricola per gli appartenenti alla FF.AA. e FF.OO.
Aree didattiche e insegnamenti:
Sociologia del comportamento umano e delle devianze
Psicologia Operativa – Psyops
Analisi comportamentale
Psicologia etnica
Sistemi di percezione e comprensione umana
Teorie e pratiche della comunicazione strategica
Radiofrequenze e fisiologia
Tecniche di manipolazione mentale
Sistemi di influenza e modificazione
Psicologia del singolo e delle masse
Metodologie di organizzazione del consenso
Comunicazione globale e sicurezza
Gestione e contestualizzazione dell’evento
Black Operations
Individuazione e gestione delle fonti e delle informazioni
Stabilire contatti e costruire rapporti
Raccolta e decifrazione delle informazioni satellitari e aeree
Esercitazioni & simulazioni
Elaborato finale
Per ulteriori informazioni:
École Universitaire Internationale – Roma
Email: segreteria@ecoleuniversitaireinternationale.net – Telefono: 371.1836404
Web: http://ecoleuniversitaireinternationale.education/scuola-psyops/
FONTE: http://ecoleuniversitaireinternationale.education/scuola-psyops/
Psychological Operations
“Capture their minds and their hearts and souls will follow”
Psychological Operations (PSYOP) and Psychological Warfare (PSYWAR), these words generate thoughts of North Vietnam’s “Hanoi Hanna”, Japan’s “Tokyo Rose” and more recently the Iraq’s infamous “Baghdad Betty” of Desert Storm. To others the words psychological operations and psychological warfare conjure up images of our military playing mind games with the enemy. PSYOP is all this and much more, for you see there are essentially two great forces in warfare:-the physical and the moral. These two forces suggest two distinct approaches to warfare. One a “direct” approach, concentrating on the opponent’s physical forces, and the other an “indirect” approach, focusing on moral forces. Both of these approaches have been tried throughout history, with a noted lack of emphasis on the indirect approach until more recent times. This website will attempt to give new emphasis to the indirect approach by conveying a better appreciation for the application of psychological operations. So sit back and join me on a tour of the history of Psychological Operations, and what PSYOP is today.
http://www.psywarrior.com/mybio.html – The Life and Times of the “Psywarrior”
http://www.psywarrior.com/psyhist.html – A Brief History of Psychological Operations
http://www.psywarrior.com/links.html – Links on the use of psychological operations/warfare during World Wars I and II, Korean War, Vietnam, Grenada, Panama (Operation Just Cause) Gulf War (Operations Desert Shield and Desert Storm, Haiti (Operation Uphold Democracy), Somalia (Operation Restore Hope), Bosnia & Kosovo (Operation Allied Force), Afghanistan (Operation Enduring Freedom) and Iraq (Operation Iraqi Freedom). Also samples of leaflets and unusual PSYOP themes used by both sides in conflicts from World War I to the present, information on the 4th Psychological Operations Group, the Civil Affairs and Psychological Operations Command (USACAPOC), the Psychological Operations Veterans Association (POVA), the PSYWAR Society, a Gulf War Photo Gallery, the Son Tay POW Rescue Raid, plus stories about two of our nation’s heroes, and much more.
FONTE: http://www.psywarrior.com/
DDL Boldrini-Zan: fine corsa del vietato vietare…
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Nel 1968, al grido di il est interdit d’interdire, ebbe inizio l’era che molti descrivono di grande liberazione, altri come declino della civiltà. In alcuni campi, come quelli della sessualità, della procreazione e della famiglia, essa portò a confini che non dovrebbero essere superati. Sotto la spinta dell’intolleranza alla pacifica convivenza, l’Italia si lasciò trascinare nel ridicolo, ed emanò il nuovo articolo 604-bis cod. pen. che istituisce il reato di propaganda di idee fondate sulla superiorità o sull’odio razziale, o etnico, ovvero sull’istigazione a commettere atti di discriminazione per i suddetti motivi, con pena di reclusione da due a sei anni per incitamento che crei concreto pericolo di diffusione di crimini (inclusi, fuori contesto, il negazionismo1 e quelli previsti dallo Statuto di Roma, ratificato).
Incitamento all’odio è una categoria probabilmente non generalizzabile. “I know it when I see it” è la celebre frase, traducibile in italiano con “vedere è credere”, usata dal giudice Potter Stewart della Corte Suprema degli Stati Uniti in un caso di pornografia.2 Stewart spiegò che la Corte tentava di definire l’indefinibile e di descrivere il concetto di oscenità riferendosi ad argomenti elusivi inidonei ad assicurare una chiara distinzione fra la parola protetta e quella non protetta (dal I° Emendamento del Bill of Rights). È un ragionamento che si può estendere all’incitamento all’odio. Talvolta è semplice ravvisarlo, lo fu verosimilmente l’accusa di Biden lanciata contro il Presidente della Federazione Russa quando lo chiamò assassino, o l’incitamento di Trump all’assalto del Congresso da parte di teppaglia che tentò di impedire all’Assemblea Legislativa di svolgere le sue funzioni istituzionali. Al polo opposto si posizionano coloro che impongono la criminalizzazione di chi sostiene che l’unica unione naturale e indispensabile per la procreazione è quella tra uomo e donna, o esprimono il loro pensiero, sine ira et studio, sul fervore legislativo che viene deviato da funzioni più importanti e meritorie da minoranze combattive che sfogano reazioni irrazionali, che hanno per oggetto le loro idee di ciò che ritengono discriminazione. Sicché vengono arrestate persone che non costituiscono alcun pericolo per la società in base a leggi imposte da questi attivisti. Non è un fenomeno solo italiano, lo è su scala mondiale.
Va ricordato che nessuno può essere punito per un’azione od omissione preveduta dalla legge come reato se non l’ha commessa con coscienza e volontà. È concetto fondamentale dei codici penali delle nazioni civili. L’accusa che, chi esprime disapprovazione personale di un comportamento non naturale, descritto come tale da millenni, commetta il reato di discriminazione e violenza per motivi sessuali difficilmente potrà sopravvivere a scrutinio giudiziario se il Collegio giudicante non riuscirà a trovare l’elemento psicologico, pre-condizione per integrare la fattispecie delittuosa.
Governi e Parlamento italiani disattenti, poco coscienti delle loro responsabilità verso il popolo, hanno impostato l’agenda legislativa su stramberie sessuali e hanno trasformato la sfera del sesso in discorso fondamentale della nazione. Prima fu l’omosessualità a dominare le testate informative. Essa ha fervidi sostenitori e altrettanto fervidi oppositori, oltre a una larga maggioranza di indifferenti incapaci di trovare l’interesse nazionale in queste pratiche. Le persone perbene continuano a sostenere che il matrimonio debba essere riservato all’unione tra uomo e donna. Gli omosessuali sono determinati a estirpare questa nozione naturale, proclamata dalla Dichiarazione Universale dei Diritti Umani. Vogliono vedere dietro le sbarre chi la afferma.
Su iniziativa dei Deputati Boldrini e Speranza è stato presentato un Disegno di legge (designato DDL Zan) inteso a modificare l’art. 604-bis cod. pen. con l’introduzione di misure di prevenzione, contrasto e criminalizzazione della discriminazione e della violenza per motivi fondati sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale, sull’identità di genere e sulla disabilità”. Il sesso è affare privato, la maggioranza della popolazione italiana reagisce al tentativo di sopruso legislativo, afferma che ognuno deve potere educatamente esprimere, in una Repubblica democratica, le proprie convinzioni nel rispetto dei limiti del minimo etico racchiuso nelle norme penali e nell’ordine pubblico in generale. I promotori dicono che il disegno di legge dovrebbe promuovere la cultura del rispetto e dell’inclusione, contrastare pregiudizi e discriminazioni, utilizzare le scuole per inserire programmi di sensibilizzazione (indottrinamento) dei più giovani e vulnerabili. Nulla da obiettare riguardo alla non-discriminazione di pratiche sessuali inusuali, la non-discriminazione è sacrosanta, ma non serve una nuova legge, ci sono mezzi di educazione civica diversi dalla prigione per ottenere progresso.
Gli omosessuali avanzano sulla strada della caratterizzazione come reato di incitamento all’odio e alla violenza tout court di chi esprime sentimenti e opinioni contrari ai loro. Vogliono, per ordine della legge, fare ritirare dal campo normale della discussione argomenti di (possibile) interesse sociale. Coloro che vengono privati della libertà di pensiero ne escono vittime, coloro che impediscono la libertà, ne escono con il marchio del disonore di chi impone arroganza e prevaricazione. La società civile non deve permettere che la corretta e seriamente argomentata divergenza di idee e opinioni, nel reciproco rispetto, venga svilita.3 I non giuristi spiegano la portata del nuovo Disegno di legge sostenendo che “va perseguito chi dice che l’unica famiglia è tra uomo e donna, . . . perché crea infelicità negli esseri umani”.
L’Italia sta ritornando al reato di opinione, vuole abolire il diritto alla libertà di espressione e di pensiero. Chiunque si oppone a questo nuovo disegno di legge è “bigotto, retrogrado, fascista”,4 anche se vi si oppongono persino le associazioni femministe, Arcilesbica, 161 esponenti dell’area di centro sinistra, Aurelio Mancuso, ex presidente dell’Arcigay, Francesca Izzo, politica e storica femminista.
Paul Coleman, Direttore esecutivo della Alliance Defending Freedom, International, osservò che questi atteggiamenti si stanno moltiplicando in tutta Europa e contribuiscono a creare “una cultura di paura e censura”. Un sacerdote cristiano inglese venne ammanettato e arrestato dalla polizia inglese dopo che un comune cittadino lo aveva denunciato alla polizia per commenti omofobici consistenti della frase, detta dal pastore, che il “matrimonio è per uomo e donna”. Stesso trattamento è stato minacciato alla Deputata al Parlamento finlandese, ex-Ministra agli interni, Päivi Räsänen. Paul Joseph Watson disse: “[Il movimento LGBT] si affida in numerosi Stati europei al potere statale per fare letteralmente imprigionare le persone che mettono in discussione la moralità di quanto la LGBT rappresenta. . . . Questo non è oppressione, questo significa essere l’oppressore”.
La “legge” Zan non sembra essere sufficiente per appagare i fanatici del sesso in Parlamento. Vogliono anche una legge (già presentata) sull’utero in affitto, che chiamano eufemisticamente gravidanza solidale e altruistica, ma che è sempre ‘surrogazione di maternità’, ‘mercificazione del corpo della donna’, ‘compravendita di bambini’”. Gli accordi di maternità surrogata contengono spesso la clausola (eugenetica) che il bambino commissionato debba essere “sano e in salute”, con la conseguenza che, se non lo fosse, potrebbe non essere preso in consegna e, nella maggioranza dei casi, la madre che lo dovrebbe partorire, lo sopprimerebbe con aborto selettivo (riduzione embrionaria). A questo dramma di carattere umano ed etico si aggiungono altre disgrazie: lo sfruttamento di donne povere che offrono l’utero contro denaro o vi vengono costrette da prosseneti, la crudeltà di non fare vedere e neppure lasciare abbracciare il neonato dalla madre naturale, la condizione innaturale del bambino come mero oggetto di desiderio utilitaristico, merce da acquisire per soddisfare impulsi di egoistica dissolutezza. La proposta di legge passa nel ridicolo con la modifica all’anagrafe: ogni bambino dovrà avere un genitore 1 e un genitore 2, senza riferimento al sesso e al ruolo di madre e di padre. Saranno figli di gravidanza sociale, “anonimato di gruppo”.
Finirà nell’infelicità di molti bambini divorziati dai genitori 1 o 2 o entrambi quando sarà passato l’interesse. Finirà con bambini che cresceranno frastornati nella diversità, che non avranno mai conosciuto l’amore di una madre, involontariamente evitati dai compagni di scuola per innato senso di avversione alla loro condizione. Finirà con l’utero in affitto ridotto a importante giro di affari. Prevarrà il cinismo e la prevaricazione di una minoranza ignorante, priva di scrupoli che, con arroganza e mala fede, vorrà imporre la propria volontà.
Finirà con la clonazione riproduttiva umana. Si chiederà agli scienziati di intervenire sul genoma per costruire bambini non più nell’utero della donna ma in laboratorio, in base a specifiche di commissione, figli su misura, con gli occhi azzurri, di costituzione alta e snella, atletici, con intelligenza predeterminata. Si costruiranno automi destinati alla fornitura di organi di ricambio e alla formazione di eserciti di individui tutti uguali e tutti indirizzabili ad agire secondo la volontà di oligarchie assetate di potenza. L’idea terrorizza per le sue incognite, i difetti di clonazione, i rischi psicologici e sociali. Questa evoluzione, che tocca l’essenza stessa della vita sul Pianeta, diventerà realtà se non si bloccano le sperimentazioni irresponsabili in corso. Siamo al finecorsa del vietato vietare.
Nicola Walter Palmieri
1 Norma inutile, l’olocausto è verità assolutamente accertata, chi lo nega, dà non solo prova di ignoranza di fatti storici ma anche di mala fede e maleducazione; e si rende ridicolo. Non c’è necessità di portare in campo la legge penale per impedire alla gente di rendersi ridicola.
2 Jacobellis v. Ohio, 378 U.S. 184, 197 (1964) (il caso trattava di pornografia in un film).
3 Il progetto di legge in Senato machiavellicamente fa salvi il pluralismo delle idee e la libertà delle scelte “legittime . . . purché non idonee a determinare il concreto pericolo del compimento di atti discriminatori o violenti”, articolo 4.
4 Gli italiani ricorderanno, dai libri di storia oramai, che era così non molto tempo fa durante il fascismo. Chi è fascista? Chi vuole esprimere liberamente la sua opinione o chi glielo vuole impedire?
FONTE: https://www.civica.one/ddl-boldrini-zan-fine-corsa-del-vietato-vietare/
ARTE MUSICA TEATRO CINEMA
Addio al maestro Franco Battiato
18 Maggio 2021 – 08:25
Franco Battiato, cantante e compositore di successo, autore di Cuccurucucù e Centro di gravità permanente, è morto oggi all’età di 76 anni
Con Cuccurucucù e Centro di gravità permanente ha fatto innamorare intere generazioni della sua inconfondibile musica. Franco Battiato, cantante, compositore e cantautore di successo, è morto oggi all’età di 76 anni.
Dalla Sicilia a Milano, gli esordi di Battiato
Battiato nasce nel 1943 a Jonia, in provincia di Catania in una famiglia umile ma la passione per la musica arriva sin da giovanissimo e, dopo la morte del padre, all’età di 19 anni, lascia la sua amata Sicilia per trasferirsi a Milano. “Allora – dirà molti anni dopo – era una città di nebbia, e mi sono trovato benissimo. Mettevo a frutto la mia poca conoscenza della chitarra in un cabaret, il Club 64, dove c’erano Paolo Poli, Enzo Jannacci, Lino Toffolo, Cochi Ponzoni e Renato Pozzetto, Felice Andreasi, Bruno Lauzi”. “Io – spiegherà – aprivo lo spettacolo con due o tre canzoni siciliane: musica pseudobarocca, fintoetnica. Nel pubblico c’era Giorgio Gaber che mi disse: vienimi a trovare. Andai il giorno dopo. Diventammo amici anche con Ombretta Colli, fui io a convincerla a cantare”. Nel 1965 pubblica la sua prima canzone, L’amore è partito, brano presentato quello stesso anno al Festival di Sanremo da Beppe Cardile e Anita Harris. “All’epoca facevo il chitarrista di Ombretta Colli in tour. Ma quella canzone non era mia, era una cover: mi disgustò”.
Gli anni ’60 e ’70: dalla musica elettronica al pop
Ma è grazie a Gaber se, a metà anni ’60, Battiato ottiene un contratto con la casa discografica Jolly ed esordisce in tivù, nel programma Diamoci del tu col suo primo singolo La torre. In quell’occasione Gaber consiglia a Battiato di cambiare nome da Francesco a Franco per non essere confuso con Guccini, anche lui presente in quella trasmissione. “Da quel giorno in poi tutti mi chiamarono Franco – ricorderà il musicista – persino mia madre”. Nel 1968 lascia la casa discografica Jolly per passare alla Philips e poter così abbandonare il genere delle canzoni di protesta e cimentarsi in brani più romantici. Ottiene un buon successo con È l’amore che vende oltre 100mila copie. L’anno dopo partecipa a un Disco per l’estate con Bella ragazza e alla Mostra Internazionale di Musica Leggera con la canzone brano Sembrava una serata come tante. Dai primi anni ’70 Battiato si dedica alla musica elettronica e sperimentale e fra il 1971 e il 1975 incide per l’etichetta Bla Bla brani dai titoli evocativi come Fetus, Pollution, Sulle corde di Aries, Clic e Madamoiselle le Gladiator. Nel 1979 lo ingaggia la Emi con cui incide l’album che segna il suo passaggio alla musica pop L’Era del Cinghiale Bianco, dove sono presenti vari riferimenti all’esoterismo. È in questo periodo che Battiato, affascinato dalla cultura araba, inizia anche a fare l’editore di libri esoterici, con la sua piccola casa editrice L’Ottava.
Il successo arriva con Cuccurucucù e Centro di gravità permanente
Nel 1980 esce Patriots ma il vero e proprio successo commerciale arriva l’anno seguente con l’album La voce del padrone, grazie ai brani “Cuccurucucù e Centro di gravità permanente. Quest’ultimo pezzo si ispirava alle teorie del filosofo Georges Ivanovič Gurdjieff che cambieranno radicalmente la vita di Battiato. “Da solo con un’esperienza da autodidatta avevo scoperto quella che in Occidente, si chiama meditazione trascendentale, ma nel pensiero di Gurdjieff vidi disegnato perfettamente un sistema che già avevo intuito e frequentato. Esistono tante vie, esiste Santa Teresa e San Francesco; quella di Gurdjieff mi era molto congeniale. Una specie di sufismo applicato all’Occidente, all’interno di una società consumistica”, spiegherà il cantante siciliano. Sempre negli anni ’80 escono i dischi L’arca di Noè (1982), Orizzonti perduti (1983), Mondi lontanissimi (1985), Echoes of sufi dances (1985) che, nonostante buone vendite, non ottengono lo stesso successo de La voce del padrone. Nel 1987 Battiato debutta al Teatro Regio di Parma con l’opera Genesi, mentre la Emi incide Nomades, Fisiognomica e il doppio album dal vivo Giubbe rosse.
Nel 1991 esce Come un Cammello in una grondaia, album reso celebre dal brano Povera Patria e l’anno seguente debutta al Teatro dell’ Opera di Roma con Gilgamesh. Nel 1994 Battiato intraprende una proficua collaborazione col filosofo Manlio Sgalambro che scrive il libretto dell’opera teatrale Il cavaliere dell’Intelletto, mentre lui cura la regia de Gli Schopenhauer. Nel ’99, con l’album Fleurs, Battiato riceve la targa di Miglior Interprete all’edizione 2000 del Premio Tenco, mentre nel 2002 Fleurs3, è tra gli album più venduti. L’anno successivo Battiato scrive insieme a Sgalambro, la sceneggiatura di Perduto Amor, film col quale vince il Nastro d’argento come miglior regista italiano esordiente. Nel 2004 debutta in tivù con “Bitte Keine Reklame”, un programma prodotto per Rai Futura e nel 2005 gira il suo secondo film, Musikanten che partecipa nella sezione Orizzonti alla 62^ Mostra Internazionale del Cinema di Venezia. Due anni dopo esce Niente è come sembra, la sua terza pellicola presentata in anteprima al Festival del Cinema di Roma. Nel 2011 partecipa insieme a Luca Madonia alla 61esima edizione del Festival di Sanremo con il brano: L’Alieno. Nel 2012 esce Apriti Sesamo con cui Battiato si aggiudica il disco d’oro e nel 2016 il tour con Alice ottiene un sold out completo per tutte le date in programma.
Le idee e la vita privata di Battiato
Politicamente schierato a sinistra, dal novembre 2012 è stato assessore al Turismo della regione Sicilia nella giunta di Rosario Crocetta ma è stato costretto a lasciare nel marzo 2013 dopo aver offeso le eurodeputate:“Queste troie che si trovano in Parlamento farebbero qualsiasi cosa, dovrebbero aprire un casino”, disse. Ha sempre respinto l’accusa di essere di destra: “Non è vero. Se uno legge bene le mie cose sa da tempo che sono un proletario dello spirito. Sono sempre stato vicino a una certa sinistra; non certo quella sovietica; la sinistra dei diritti e delle libertà”. Abitudinario e vegetariano convinto, Battiato non ha mai dato adito a gossip e a chi ipotizzava che fosse omosessuale rispondeva: “Possono dire quello che vogliono. Il rapporto più lungo che ho avuto è stato con una donna sposata, quindi era molto comodo per me mantenere la segretezza. Omosessuale? Io sono al di là di questi schemi, di queste categorie. Ho superato certe definizioni”. Nel 2018 la prolungata assenza dalla vita pubblica a causa delle fratture di femore e bacino fa pensare al peggio, soprattutto dopo un tweet dell’amico Roberto Ferri che lasciava intendere che il cantautore siciliano avesse l’Alzheimer. Ipotesi immediatamente respinta dai familiari: “Franco è stato malato ma adesso migliora”.Franz Cattini, manager del cantante siciliano, in occasione della presentazione milanese del disco uscito nell’ottobre 2019, ha ribadito quanto era già apparso su un comunicato stampa, ossia che “Battiato non sta bene. Battiato si è ritirato dalle scene. Battiato non sta sufficientemente bene da stare qui oggi”. Album che, sempre secondo l’amico Ferri, era solo una trovata pubblicitaria fatta con lo scopo di “tenere in vita qualcosa che è già morto” dal momento che “Franco non lo sento più da un anno, perché purtroppo non riesce a capire quello che gli si dice”, dice intervistato da Fanpage.
FONTE: https://www.ilgiornale.it/news/politica/addio-cantautore-franco-battiato-1562548.html
Sold out= tutto esaurito in lingua italiana
ATTUALITÀ SOCIETÀ COSTUME
Una dottoressa del pronto soccorso infligge sofferenze ad un paziente con un fascio tatuato sul petto
Franco Nerozzi – 5 maggio 2021
BELPAESE DA SALVARE
L’intervista shock all’economista Nino Galloni
La Germania accettò l’Euro solo in cambio del fallimento dell’Italia! …all’epoca gli diedero del pazzo… Ed ora???
L’intervista shock all’economista Nino Galloni: la Germania accettò l’Euro solo in cambio del fallimento dell’Italia! …all’epoca gli diedero del pazzo… Ed ora???
LA GERMANIA ACCETTÒ L’EURO IN CAMBIO DEL FALLIMENTO DELL’ITALIA. INTERVISTA SHOCK
Se ascoltate questa intervista in video, vi renderete conto della mostruosità del progetto che ha demolito l’Italia (industriale) a partire dalla fine degli anni ’80.
In sintesi (poi voi potete vedervi con calma il video a riguardo), l’Italia voleva cambiare la sua economia in meglio, affinché fosse più competitiva e meno dipendente dall’Europa. Poi la Germania si è riunita, e Kohl fece un accordo con Mitterand. La Francia avrebbe appoggiato l’unificazione tedesca, ma in cambio la Germania avrebbe dovuto rinunciare al marco.
La Germania accettò, ma come contropartita ulteriore chiese alla Francia un progetto di deindustrializzazione dell’Italia, poiché se l’Italia si fosse mantenuta forte dal punto di vista produttivo-industriale, l’accordo tra Kohl e Mitterrand sarebbe rimasto lettera morta e la Germania avrebbe pagato pesantemente sia la rinuncia al marco che la sua riunificazione.
Da qui la svendita dei nostri gioielli alla fine degli anni ’80, sotto una duplice pressione: esterna (l’abbiamo letta) e interna, di quegli affaristi cioè che con la privatizzazione a prezzi di saldo avrebbero fatto un bel po’ di grassi affari alle spalle della collettività. Beh, che dire? Il funzionario ha confermato di fatto quanto già fu dichiarato da Visco e Prodi. Ci hanno letteralmente fregato e continuano a fotterci.
Infatti un’Italia fuori dall’euro, visto il nostro apparato industriale, poteva fare paura a molti, incluse Francia e Germania che temevano le nostre esportazioni prezzate in lire. Ma Berlino ha consapevolmente gestito la globalizzazione: le serviva un euro deprezzato, così oggi è in surplus nei confronti di tutti i paesi, tranne la Russia da cui compra l’energia. Era un disegno razionale, serviva l’Italia dentro la moneta unica proprio perché era debole. In cambio di questo vantaggio sull’export la Germania avrebbe dovuto pensare al bene della zona euro nel suo complesso,ma così non è stato,ci hanno distrutto e ora ci lasciano marcire in eurozona,dopo essere stati usati…
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ESTRATTO DAL MINUTO 19:05
Nel 1982/83 io ero funzionario del Ministero del Bilancio e feci uno studio. Lo feci vedere al Ministro, facendogli presente che questo sistema avrebbe rovinato il Paese perché il debito pubblico, nel giro di 5/6 anni, avrebbe superato il prodotto interno lordo, e la disoccupazione giovanile avrebbe superato il 50%. Ne parlai anche col Ministro del Tesoro, che era Beniamino Andreatta, e con alcuni dell’ufficio studi della Banca d’Italia. Tutti quanti concordarono sul fatto che la mia analisi era esagerata e che non era possibile che il debito pubblico superasse il PIL, perché allora il sistema sarebbe saltato. E io dissi: scusate, se il debito è un fondo e il PIL è un flusso, non c’è nessun problema. Se io oggi, per farvi un esempio, con 50mila euro di reddito della mia famiglia vado a chiedere un prestito di 200, 250mila euro alla banca, me lo danno. Quindi anche un rapporto di 4/5 volte rispetto al PIL è sostenibile. Se è sostenibile per una famiglia, che tutto sommato non ha la forza di uno Stato, perché uno Stato, se supera il 100% del PIL, dovrebbe vivere chissà quali catastrofi? Allora dissero che le preoccupazioni sulla disoccupazione giovanile erano esagerate… Insomma: litigammo, me ne andrai dall’amministrazione e andai a fare altri lavori.
Nel 1989 ebbi uno scambio con l’allora incaricato Presidente del Consiglio che era Giulio Andreotti, il quale mi disse: “Dobbiamo cambiare l’economia italiana perché così non può andare avanti, ci dia una mano”. Io mi misi a disposizione e mi fecero incontrare con il suo braccio destro il quale, come è noto, mi chiese “Che cosa devo fare per cambiare l’economia di questo Paese”? Dissi: “Guardi, lei si faccia nominare dal prossimo Governo al Ministero del Bilancio e mi metta in mano tutta la struttura. Al resto ci penso io”. Poi me ne andai, pensando insomma che non sarebbe successo niente. E invece mi chiamò, dopo qualche settimana, e mi disse: “Guardi, sono Ministro del Bilancio” e mi mise a capo di tutta la struttura. Per cui io, nell’autunno del 1989 cominciai a cambiare l’economia di questo Paese. Nel senso perlomeno di rallentare il processo dell’Europa. Poi io ho avuto la buona scuola di Federico Caffè.. non ero un euroscettico, però non ero neanche un euroestremista. Insomma, pensavo che l’Italia dovesse anche guardare all’Europa, ma con i suoi tempi, le sue caratteristiche, le sue peculiarità, per cercare di recuperare un po’ di sovranità monetaria etc.
In effetti io lì lavorai due o tre mesi e poi successe l’inferno. Arrivarono al Ministro del Tesoro, Giulio Carli, telefonate dalla Banca d’Italia, dalla Fondazione Agnelli, dalla Confindusitra e, nientedimeno, da un certo Helmut Kohl, il quale era venuto a sapere che c’era questo oscuro funzionario del Ministero del Bilancio che stava cambiando le carte degli accordi. Nel frattempo, però, lo stesso Andreotti stava cambiando idea. Quando mi chiamò, nell’estate dell’89, volevano cambiare. Non volevano fare quello che poi fu fatto. Lui stesso andava in giro dicendo che le rivendicazioni della Germania erano una sciocchezza. Dopo qualche mese ci fu l’accordo tra Kohl e Mitterrand in cui Kohl, in cambio dell’appoggio di Mitterrand per la riunificazione tedesca, rinunciava al marco e quindi accettava la prospettiva dell’euro, accettava cioè di arrivare a una moneta comune che proteggesse la Francia.
Ma quest’accordo prevedeva anche la deindustrializzazione dell’Italia. Perché se l’Italia si manteneva così forte dal punto di vista produttivo – industriale, quell’accordo tra Kohl e Mitterrand sarebbe rimasto un accordo così, per modo di dire. C’erano fondamentalmente, contro la spesa pubblica, contro la classe politica del tempo, contro la sovranità monetaria – per quello che comporta – due correnti. Una era interessata soprattutto ai grandi business delle privatizzazioni e delle liberalizzazioni. Hanno guadagnato distruggendo l’industria pubblica: c’erano aziende che venivano vendute al loro valore di magazzino, e quindi come andavano in borsa ovviamente alzavano la loro quotazione. Poi c’erano gli altri, che erano magari in buona fede, cioè avevano l’obiettivo di moralizzare il Paese. E hanno sbagliato. In entrambi i casi la contropartita è stata negativa: abbiamo perso quel’abbrivio strategico che avevamo nell’ambito della nostra industria. Quindi in sostanza la nostra classe dirigente ha accettato una prospettiva di deindustrializzazione del nostro Paese.
Il Video è stato cancellato dal canale Youtube
FONTE: https://ilfastidioso.myblog.it/2018/05/21/nino-galloni/
La verità nascosta delle “marocchinate”, saccheggi e stupri delle truppe francesi in mezza Italia
L’pisodio del remake porno del film di De Sica diventa l’occasione per parlare dopo 70 anni, documenti alla mano, dei diretti responsabili: tra cui lo stesso Charles De Gaulle
Il fatto che un regista italiano di film porno abbia potuto girare una pellicola hard su una delle pagine più mostruose vissute dalla nostra popolazione civile durante la Seconda guerra mondiale, offre la caratura di quanto questi misfatti siano stati rimossi dalla coscienza morale collettiva. L’episodio del remake porno de La Ciociara di Vittorio De Sica, che ha suscitato un’interrogazione parlamentare e una lettera pubblica al premier Gentiloni, offre piuttosto l’occasione di raccontare, documenti alla mano, tutta la verità relegata per oltre settant’anni nei sotterranei della storia, indicando i numeri reali, i colpevoli e i personaggi di primissimo piano – tra cui lo stesso Charles De Gaulle – che ne furono i diretti responsabili.
Il film “La ciociara”
“Marocchinate”: con questo termine si sono tramandati gli stupri di gruppo, le uccisioni, i saccheggi e le violenze di ogni genere perpetrate dalle truppe coloniali francesi (Cef), aggregate agli Alleati, ai danni della popolazione italiana, dei prigionieri di guerra e perfino di alcuni partigiani comunisti. La storiografia tradizionale, le poche volte che ne ha trattato, ha circoscritto questi orrori a qualche centinaio di episodi verificatisi nell’arco di un paio giorni nella zona del frusinate. Le proporzioni, tra numeri e gravità dei fatti, furono di gran lunga superiori. E a breve – lo annunciamo in esclusiva – sarà aperto un procedimento penale internazionale, ai danni della Francia, per iniziativa di un avvocato romano.
Soldati nordafricani del Cef
1 Cos’era il CEF
Nel 1942, gli americani sbarcano ad Algeri e le truppe coloniali francesi del Nord Africa, fino ad allora agli ordini della repubblica filonazista di Vichy, si arrendono senza sparare un colpo. Il generale Charles De Gaulle, fuggito dalla Francia occupata dai tedeschi e capo del governo francese in esilio “Francia libera”, allora, attinge a questo personale militare per creare il Cef: Corp Expeditionnaire Français, costituito per il 60% da marocchini, algerini e senegalesi e per il restante da francesi europei, per un totale di 111.380 uomini ripartiti in quattro divisioni. Vi erano però dei reparti esclusivamente marocchini di goumiers (dall’arabo qaum) i cui soldati provenivano dalle montagne del Riff ed erano raggruppati in reparti detti “tabor” in cui sussistevano vincoli tribali o di parentela diretta. Erano in tutto 7.833, indossavano il caratteristico burnus arabo, vestivano una tunica di lana verde a bande verticali multicolori (djellaba) e sandali di corda. Erano equipaggiati non solo con le armi alleate (mitra Thompson cal. 45 mm e mitragliatrice Browning 12.7 mm) ma anche con il tipico pugnale ricurvo (koumia) con il quale, secondo una loro antica usanza, tagliavano le orecchie ai nemici uccisi per farne collane e ornamenti (in particolar modo i tedeschi ne fecero le spese). Il loro comandante era l’ambizioso generale Alphonse Juin, nato in Algeria che, da collaborazionista dei nazisti, era passato alle dipendenze di De Gaulle.
2 Primi impieghi, prime violenze
Gli stupri delle truppe marocchine cominciano già nel luglio ’43, con lo sbarco alleato in Sicilia. Gli 832 magrebini del 4° tabor aggregato agli americani che sbarcano a Licata, compiono saccheggi e violentano donne e bambini presso il paese di Capizzi, vicino Troina. Come riporta lo storico Michelangelo Ingrassia, i siciliani reagirono uccidendone alcuni con doppiette e forconi.
Il 16 maggio 1944, a Polleca, De Gaulle, con il generale Juin, quarto da sinistra. In secondo piano, in borghese, il Ministro della Guerra
3 I marocchini aggirano Cassino risalendo i monti
Come noto, gli Alleati, risalendo l’Italia senza troppe difficoltà, si impantanarono a Cassino, sulla Linea Gustav, dove i tedeschi opponevano una tenacissima resistenza. Fu il generale Juin, sin dall’inizio, a proporre ai colleghi statunitensi Clark e Alexander l’aggiramento del caposaldo nemico. Dopo tre battaglie sanguinosissime e prive di risultato gli Alleati avallarono la proposta di Juin il quale aveva scoperto che il monte Petrella, a est di Cassino, era stato lasciato parzialmente sguarnito dai tedeschi. In quelle zone, solo le sue truppe marocchine di montagna avrebbero potuto farcela. Infatti, con l’operazione “Diadem” (l’ultimo assalto collettivo degli Alleati) i goumiers riuscirono a sfondare la Linea Gustav e, attraversando l’altipiano di Polleca, si lanciarono verso Pontecorvo.
Kesselring, comandante tedesco in Italia, per tamponare lo falla, inviò i suoi Panzegrenadieren insieme a reparti italiani della Rsi, (Gnr di Frosinone) i quali, dopo accaniti combattimenti, dovettero soccombere. E’ accertato che gli ultimi soldati tedeschi rimasti a Esperia si suicidarono gettandosi da un burrone per non finire decapitati come altri loro commilitoni catturati. Questo avveniva mentre i marocchini cominciavano a violentare moltitudini di donne, uomini e bambini sull’altopiano di Polleca.
Il generale Alphonse Juin
4 La popolazione non comprende il pericolo
Sebbene siano conosciuti i manifesti della propaganda fascista (alcuni disegnati da Gino Boccasile) che mettevano generalmente in guardia la popolazione dalle truppe di colore alleate, il partigiano e storico ciociaro Bruno D’Epiro racconta che già prima della battaglia di Esperia un ricognitore tedesco aveva lanciato sui monti Aurunci volantini che incitavano la popolazione a fuggire dalle prevedibili violenze delle truppe nordafricane. Molti bambini furono evacuati dalla Guardia Nazionale Repubblicana e inviati nelle colonie di Rimini, ma la maggior parte della popolazione ciociara, stanca della guerra, si limitò ad aspettare, con rassegnato distacco, il passaggio dei liberatori. Scriveva Renzo De Felice che “l’8 settembre aveva fatto perdere agli italiani qualsiasi volontà di partecipare attivamente alle vicende belliche”. Alberto Moravia, all’epoca sfollato nel frusinate, ne “La Ciociara”, descrive bene questo sentimento di rassegnata apatia facendo dire alla protagonista: ”Per noi bisogna che qualcuno vinca sul serio, così la guerra finisce”.
5 Comincia l’inferno
Alla ritirata dei nazifascisti, vari paesi della Ciociaria vennero occupati dai franco-coloniali del Cef. Questo fu l’inizio di un assurdo calvario. Ad Ausonia decine di donne furono violentate e uccise, e lo stesso capitò agli uomini che tentavano di difenderle. Dai verbali dell’Associazione Nazionale Vittime Civili di Guerra risulta che anche “due bambini di sei e nove anni subirono violenza”. A S. Andrea, i marocchini stuprarono 30 donne e due uomini; a Vallemaio due sorelle dovettero soddisfare un plotone di 200 goumiers; 300 di questi invece, abusarono di una sessantenne. A Esperia furono 700 le donne violate su una popolazione di 2.500 abitanti. Anche il parroco, don Alberto Terrilli, nel tentativo di difendere due ragazze, venne legato a un albero e stuprato per una notte intera. Morirà due anni dopo per le lacerazioni interne riportate. A Pico, una ragazza venne crocifissa con la sorella. Dopo la violenza di gruppo, verrà ammazzata. A Polleca si erano rifugiati circa diecimila sfollati, per lo più donne, vecchi e bambini in un campo provvisorio. Qui si toccò l’apice della bestialità. Luciano Garibaldi scrive che dai reparti marocchini del gen. Guillaume furono stuprate bambine e anziane; gli uomini che reagirono furono sodomizzati, uccisi a raffiche di mitra, evirati o impalati vivi. Una testimonianza, da un verbale dell’epoca, descrive la loro modalità tipica: “I soldati marocchini che avevano bussato alla porta e che non venne aperta, abbattuta la porta stessa, colpivano la Rocca con il calcio del moschetto alla testa facendola cadere a terra priva di sensi, quindi veniva trasportata di peso a circa 30 metri dalla casa e violentata mentre il padre, da altri militari, veniva trascinato, malmenato e legato a un albero. Gli astanti terrorizzati non potettero arrecare nessun aiuto alla ragazza e al genitore in quanto un soldato rimase di guardia con il moschetto puntato sugli stessi”. Riportiamo solo alcune di queste atrocità per fornire un’idea di massima.
Civili in Ciociaria
6 Malattie veneree, orfani e suicidi
I comuni coinvolti nel Lazio furono anche Pontecorvo, Campodimele, S. Oliva, Castro dei Volsci, Frosinone, Grottaferrata, Giuliano di Roma e Sabaudia. Migliaia furono le donne contagiate da sifilide, blenorragia e altre malattie veneree, e spesso contagiarono i loro legittimi mariti. Così come migliaia furono quelle ingravidate: il solo orfanotrofio di Veroli, accoglieva, dopo la guerra, circa 400 bambini nati da quelle unioni forzose. Molte delle donne “marocchinate” furono poi scansate dalla comunità, a causa dei pregiudizi di allora, ripudiate dalle famiglie e, a centinaia, finirono suicide o relegate ai margini della società. Una scia di sofferenze fisiche e psicologiche, quindi, che si trascinò per decenni.
7 Colpevoli anche i soldati francesi bianchi
Non solo truppe di colore. Da documenti dell’Archivio Centrale dello Stato, risulta che anche i francesi bianchi parteciparono alle violenze: a Pico furono, infatti, violentate 51 donne (di cui nove minorenni) da 181 franco-africani e da 45 francesi bianchi. Dato questo episodio e considerando che francesi europei costituivano il 40% di tutto il Cef, risulta limitativo addossare la responsabilità delle violenze ai soli goumiers marocchini. Anche gli americani sapevano di questi fatti: solo in un paio di casi tentarono debolmente di frenare i goumiers. Scrive Eric Morris in “La guerra inutile” che, ancora vicino a Pico, gli uomini di un battaglione del 351° fanteria americana provarono a fermare gli stupri, ma il loro comandante di compagnia intervenne e dichiarò che “erano lì per combattere i tedeschi, non i goumiers”.
8 I comandanti non intervengono, fino in Toscana
Massimo Lucioli, co-autore, insieme a Davide Sabatini, del primo completo studio sulle marocchinate “La ciociara e le altre” (1998), spiega: “Dato il coinvolgimento dei bianchi, non presenti nei reparti goumier, si può affermare che i violentatori si annidavano in tutte e quattro le divisioni del Cef. Forse anche per questo, gli ufficiali francesi non risposero ad alcuna sollecitazione da parte delle vittime e assistettero impassibili all’operato dei loro uomini. Come riportano le testimonianze, quando i civili si presentavano a denunciare le violenze, gli ufficiali si stringevano nelle spalle e li liquidavano con un sorrisetto”. Questo atteggiamento perdurò fino all’arrivo in Toscana del Cef. Qui ricominciarono le violenze a Siena, ad Abbadia S. Salvatore, Radicofani, Murlo, Strove, Poggibonsi, Elsa, S. Quirico d’Orcia, Colle Val d’Elsa. Perfino membri della Resistenza dovettero subire gli abusi. Come testimonia il partigiano rosso Enzo Nizza: ”Ad Abbadia contammo ben sessanta vittime di truci violenze, avvenute sotto gli occhi dei loro familiari. Una delle vittime fu la compagna Lidia, la nostra staffetta. Anche il compagno Paolo, avvicinato con una scusa, fu poi violentato da sette marocchini. I comandi francesi, alle nostre proteste, risposero che era tradizione delle loro truppe coloniali ricevere un simile premio dopo una difficile battaglia”.
9 50 ore? Il proclama di Juin
Infatti, un comunicato attribuito al generale Juin ai suoi uomini, recita: ““Soldati! Questa volta non è solo la libertà delle vostre terre che vi offro se vincerete questa battaglia. Alle spalle del nemico vi sono donne, case, c’è un vino tra i migliori del mondo, c’è dell’oro. Tutto ciò sarà vostro se vincerete. Dovrete uccidere i tedeschi fino all’ultimo uomo e passare ad ogni costo. Quello che vi ho detto è promesso e mantengo. Per cinquanta ore sarete i padroni assoluti di ciò che troverete al di là del nemico. Nessuno vi punirà per ciò che farete, nessuno vi chiederà conto di ciò che prenderete”. L’autenticità di questo proclama è stata spesso messa in dubbio, ma Juin, come si legge nei trattati giurisprudenziali dell’epoca, poteva riferirsi legittimamente a una antica norma del diritto internazionale di guerra che prevedeva il “diritto di preda bellica”, tra cui lo stupro. Tant’è che le vittime furono, in fretta e furia, dopo la guerra, risarcite con minimi compensi economici solo attraverso un procedimento amministrativo, invece che dopo un regolare processo penale. Gli indennizzi furono erogati prima dai francesi e poi dallo Stato italiano. Con ottime probabilità, il proclama di Juin è, quindi, da ritenersi autentico.
Secondo Lucioli, questo discorso fu poi diffuso ad arte per limitare nello spazio-tempo le violenze che, de facto, durarono ben più di 50 ore: dal luglio ’43 all’ottobre ’44 quando i franco-coloniali lasciarono l’Italia e si imbarcarono per la Provenza ancora occupata dai nazisti. Solo nell’imminenza del ritorno in Francia, alcuni dei violentatori furono puniti. Un partigiano della brigata rossa “Spartaco Lavagnini” ricorda: “Sei marocchini vennero fucilati sul posto perché avevano violentato una donna. Il capitano (francese n.d.r.) ebbe a dirmi: “Questa gente sa combattere benissimo, però meno ne riportiamo in Francia, meglio è”. Poco prima che i marocchini toccassero il suolo provenzale, i loro comandanti, quindi, avevano deciso di riportarli severamente all’ordine tanto che non si registrarono mai violenze ai danni di donne francesi. Una volta in Germania meridionale, invece, potranno dare nuovamente sfogo ai loro istinti sulle donne tedesche, come riportano alcuni recenti studi. Segno, quindi, che le efferatezze di queste truppe avrebbero potuto essere certamente controllate e disciplinate.
Un reparto di Goumiers marocchini
10 Le responsabilità di De Gaulle
Un fenomeno di queste dimensioni che si è protratto per dodici mesi, in mezza Italia, che ha interessato un numero elevatissimo di persone, non poteva essere sottaciuto o nascosto ai comandanti. “E’ evidente – continua Lucioli – che vi sono responsabilità a livello gerarchico-militare e politico mai indagate. Innanzitutto, i generali di divisione del CEF : Guillaume, Savez, de Monsabert, Brosset e Dody i quali, non solo non hanno impedito le violenze, ma le hanno incentivate: prima dell’attacco in Ciociaria, infatti, le truppe coloniali erano state tenute consegnate in recinti di filo spinato, lontano dai loro bordelli, evidentemente, per aumentarne l’aggressività. Ma il principale responsabile della barbarie è da ricercarsi, per un principio di responsabilità gerarchica, nel comandante in capo di Francia libera, Charles De Gaulle, che – è provato – durante il culmine delle violenze, si trovava, insieme al suo Ministro della Guerra André Diethelm, proprio a Polleca presso il casolare del barone Rosselli, eletto a quartier generale avanzato del Cef. Vi sono fotografie inoppugnabili e anche un suo discorso che tenne, in loco, in quei giorni. Le violenze accadevano, quindi, sotto ai suoi occhi”.
Va anche ricordato che, quando alcuni marocchini a Roma violarono due donne e le gettarono poi da un treno in corsa, uccidendole, l’”Osservatore romano” e “Il Popolo” aprirono una accesa polemica, denunciando chiaramente le violenze che si verificavano ovunque i marocchini si fossero accampati. A questi rispose il giornale delle truppe francesi in Italia “La Patrie”, minimizzando l’accaduto. Ancora una volta, quindi, De Gaulle non poteva non sapere. Impossibile pensare, anche, che i comandanti alleati ignorassero quegli eventi.
11 I numeri delle vittime
Emiliano Ciotti, presidente dell’Associazione Vittime delle Marocchinate, fornisce i numeri di questo massacro: “Nella seduta notturna della Camera del 7 aprile 1952 la deputata del PCI Maria Maddalena Rossi denunció che solo nella provincia di Frosinone vi erano state 60.000 violenze da parte delle truppe del generale Juin. Dalle numerose documentazioni raccolte oggi possiamo affermare che ci furono 20.000 casi accertati di violenze, numero del tutto sottostimato; diversi referti medici dell’epoca riferirono che un terzo delle donne violentate, che si erano fatte medicare, sia per vergogna o per pudore, preferì non denunciare. Facendo una valutazione complessiva delle violenze commesse dal Cef, iniziate in Sicilia e terminate alle porte di Firenze, possiamo quindi affermare con certezza che ci fu un minimo di 60.000 donne stuprate, ognuna, quasi sempre da più uomini. I soldati magrebini, ad esempio, mediamente violentavano in gruppi da due o tre, ma abbiamo raccolto testimonianze di donne violentate anche da 100, 200 e 300 uomini. Oltre alle violenze carnali , vi furono decine di migliaia di richieste per risarcimenti a danni materiali: furti, incendi, saccheggi e distruzioni”.
Mezzi tedeschi distrutti sulla strada di Esperia
12 La rimozione storica
Nonostante le pubblicazioni del professor Bruno D’Epiro, cittadino di Esperia che fu il primo, a livello locale, a interessarsi in maniera organica a questi misfatti, a parte qualche articolo successivo e qualche raro documentario, la storiografia nazionale ha lasciato pressoché unicamente al film di Vittorio De Sica “La Ciociara”, il difficile ruolo di trasferire al grande pubblico qualcosa sulle marocchinate. Fino agli anni ’90, poi, come scriveva al sindaco di Esperia lo storico belga Pierre Moreau, nulla del genere era mai apparso sulla letteratura storica in lingua inglese, francese e olandese. La memoria di queste aberrazioni è, tuttavia, ancora una ferita aperta nei luoghi che furono colpiti. Nel 1985, a Esperia, fu organizzata una manifestazione di riconciliazione tra tutti i reduci della guerra. Solo i francesi non furono invitati, in quanto espressamente “non graditi”. Il cimitero di guerra di Venafro, che ospita i caduti del Cef, sovente, ancor oggi, vede la propria insegna marmorea imbrattata di vernice da mani ignote.
13 Il prossimo procedimento legale ai danni della Francia
L’avvocato romano Luciano Randazzo, già noto per aver fatto riaprire casi riguardanti le Foibe e l’esecuzione di Mussolini, dichiara: “Anni fa assistetti una povera signora che, durante la guerra, era stata “marocchinata” ed ebbi modo di conoscere da vicino quei drammi: era tutta povera gente. Nel 2003, una tv francese mi intervistò, valutando se si potesse intraprendere un’azione legale verso l’Associazione d’arma dei goumiers “Koumia”. Fino ad oggi, cosa ha fatto lo Stato italiano per chiedere i giusti risarcimenti ai francesi? Nulla. Ecco perché, a breve presenterò un ricorso presso il Tribunale Militare di Roma e presso la Corte internazionale, ai danni della Francia”.
La storia delle marocchinate non è ancora chiusa.
FONTE: https://www.lastampa.it/cultura/2017/03/16/news/la-verita-nascosta-delle-marocchinate-saccheggi-e-stupri-delle-truppe-francesi-in-mezza-italia-1.34636405
CULTURA
“Battiato era uno sciamano, un mistico amante della vita”.
Intervista a Pietrangelo Buttafuoco
“Era spassosissimo, profondamente dionisiaco, allegro, brillante. Mistico? Il mistico vero è colui che afferra la vita, la ama e se ne fa carico”
lLinda Varlese – 18 05 2021
“Sapevamo che stava male, ma è un dolore, perché parafrasando Segnali di Vita è un pezzo di vita che se ne va con lui. Resta la fragranza, l’essenza, l’assenza che si fa presenza”. Raggiungiamo Pietrangelo Buttafuoco al telefono. Giornalista, scrittore, conterraneo, amico e grande estimatore di Franco Battiato, è in viaggio verso la sua terra, che è anche quella del grande cantautore scomparso questa mattina all’età di 76 anni, per salutarlo. “Preferisco parlare dell’artista, più che dell’amico”, ci dice subito, perché “certe personalità hanno un’impronta e una potenza tale d’arte da essere presente nella vita di un’epoca, di tante generazioni. Sarebbe come mettersi davanti a qualcun altro”.
Ci racconta, nel corso della lunga e commossa conversazione, del grande artista, della sua poetica, del suo rapporto con la religione, della sacralità della sua opera, dunque; ma l’emozione tradisce ben presto la promessa che ci eravamo fatti all’inizio. O forse a ben guardare non c’è modo, come ci dice Buttafuoco, di scindere e separare le sfaccettature del meraviglioso prisma che Battiato rappresentava. “Franco Battiato è un prisma le cui sfaccettature variano dalla erudizione, all’essoterico, all’esoterico, alla ricreazione, all’umorismo e a una straordinaria capacità dionisiaca. E’ molto bello arrivare a Battiato, ad esempio, tramite le parodia che ne fa Fiorello. Questa è la potenza del suo segno artistico. Lui entrava di diritto nelle stanze immacolate dei più specchiati conservatori, così come nelle automobili dei tassisti che si sganasciavano dalle risate ascoltando Fiorello che lo imitava. Gli euclidei affidati a Fiorello davano un esito dadaista. E Franco Battiato ha realizzato questo miracolo”.
Il miracolo di raggiungere tutti.
“Esattamente. Mentre attraverso la strada, guardo intorno a me gli apecar con carichi di frutta e penso che hanno famigliarità con Battiato. Allo stesso modo se va a Salisburgo, l’orchestra ha familiarità con Battiato. E’ il suo miracolo: mettere insieme mondi lontanissimi”.
Che artista è Battiato?
“Ha un’originalità rispetto ai tanti musicisti, ai tanti artisti, ai protagonisti del nostro immaginario: l’unico ad aver attraversato la nostra epoca ed aver proposto una dimensione profondamente religiosa, non confessionale. Il senso del trascendente in lui è stato da sempre una costante attraverso la quale ha dato possibilità a tanti di alzare gli occhi verso il cielo. La sua opera è stata molto più efficace e forte di mille prediche. Ha avuto la capacità di saper decifrare il lascito sapientale della storia dell’uomo in formule musicali semplici e immediate. In un certo senso ha avuto la funzione che nella tradizione dell’arte medioevale avevano le icone: aprire il cielo verso la terra”.
Quali canzoni meglio interpretano questo messaggio?
“Tantissime. Penso a E ti vengo a cercare: molte delle sue canzoni che a un orecchio distratto possono sembrare sentimentali in realtà sono preghiere. E ti vengo a cercare è un sentiero. O anche L’Ombra della Luce che è in assoluto la più bella delle preghiere. “Riportami nelle zone più alte, In uno dei tuoi regni di quiete”, recita. Ed è perfetta per lui, in questo suo transito, perché dice ”è tempo di lasciare questo ciclo di vite”. E poi c’è il senso dell’abbandono al misericordioso perché dice “non abbandonarmi mai, non mi abbandonare mai”. Una preghiera sublime, struggente, commovente perché si radica nel profondo affetto: “Dei più lievi aneliti del cuore. Sono solo l’ombra della luce”.
Battiato era profondamente legato alla Sicilia, alle sue origini
“Aveva un’idea dell’abitare che era una dimensione dell’universale. La Sicilia è il luogo universale per eccellenza, perché quando si viaggia, e questo lo insegnava lui, quando ci si trova a distanze incredibili, a Baghdad, come in Siberia, come nelle Americhe molto spesso le persone che incontriamo sono il nostro vicino, il nostro cugino, il nostro compare. Riconosciamo nei volti qualcosa che è profondamente famigliare. La sua non è mai stata una dimensione di cortile o provinciale, ma è stata sempre universale. Il calarsi nell’essenza della Sicilia non ha mai avuto una connotazione di paese, ma quel senso universale di stare nel mondo: sono radici che contemporaneamente diventano cielo”.
Come è arrivato a questa grandezza? A questa profonda conoscenza dell’altro? A questa poetica raffinata?
“Credo sia stato fondamentale per lui lo studio: ha saputo mettere in parallelo Karlheinz Stockhausen per quel che riguarda l’attraversare il pentagramma, le partiture e poi dall’altro lato l’incontro con personalità di grande spessore sconosciute ai più, il primo dei quali è Gurdjieff, autore tra le altre cose di “Incontri con uomini straordinari”.
Quale è stato l’apporto di queste conoscenze?
“Lo ha portato ad alzare lo sguardo. Poi non dimentichiamo che la ricerca di Franco Battiato si lascia alle spalle gli anni ’70. Lui ha vissuto profondamente Milano, ha avuto la possibilità di confrontarsi ed ascoltare i più straordinari esploratori dell’arte e della musica, i grandi gruppi quali erano gli Area. In quella Milano ci ha vissuto immerso totalmente. Ha avuto una compagnia eterogena, amicizie speciali quali sono state quelle con Ombretta Colli e Giorgio Gaber: una dimensione che ha acceso in lui la curiosità e capacità di assorbire i vari spunti. Accanto a questo c’è stato l’incontro con lo studio, la lettura. I grandi della Sapienza: sia quella a noi quasi contemporanea, sia quella dei grandi maestri. Le confraternite Sufi, Rumi, la grande tradizione presocratica che è quella greca. Se ci soffermiamo su moltissimi suoi testi troviamo riferimenti. Accanto a un platano (Scherzo in minore): sappiamo che il “platano” è Platone. Testi in cui riluce la lettura del Fedro, riluce Eraclito, riluce in lui tutto un mondo che non corrisponde poi a quello che è lo scientismo razionalista ottuso e chiuso, di una faciloneria conformista”.
La ricerca storica e filosofica a cui fa riferimento nei suoi testi, lo sfondo culturale di cui lei stesso ci sta parlando, probabilmente non è stato compreso da tutti quelli che lo amano. Eppure è arrivato al cuore di milioni di persone in egual modo. Come se lo spiega?
“Con la tecnica della paideia, della formazione dell’antica scuola: ci sono due livelli, uno esoterico e uno essoterico. Quello essoterico è quello della doxa, quello che arriva a tutti, e in “es un sentimento nuevo che mi tiene alta la vita” ha una freschezza che attraversa gli anni, può essere accolto oggi, come poteva essere ascoltato negli anni ’80 e ancora indietro. Poi ci sono degli spunti, segnali ben precisi dove lui apre degli squarci e quello è il livello esoterico. Non c’è niente di male: è un binario dove in parallelo camminano qualcosa che va al cuore di tutti nell’immediatezza e qualcosa che resta, nidifica e fruttifera qualcosa altro. In Franco Battiato c’è una dimensione che fa scuola perché lui è erede a se stesso”.
Dove lo possiamo iscrivere?
“Si avventura in ambiti delicatissimi, persino pericolosi nel confronto. Penso a certe sue incursioni nella grande canzone napoletana. Le rose di maggio devono avere una certa delicatezza, una certa fragranza che solo la grande tradizione della canzone napoletana può avere eppure lui sperimentando è riuscito senza far inorridire i palati raffinatissimi dei napoletani giustamente severi sul loro repertorio. Lo ha fatto anche facendo incursioni nell’Opera, nella Sinfonica, sempre con quella sua leggerezza bambina che gli consentiva di essere un punto di vista tutto suo da cui gli altri non possono che attingere”.
E’ stato un artista scomodo?
“Risultava odioso e antipatico a chi cercava di radicarsi in una sorta di chiesa occidentalista. Gli rinfacciavano tante cose. L’impronta sacrale, sacrissima, di religio, nel senso proprio di religione, è invisa a molti i quali ritengono tutto ciò una paccottiglia di superstizioni. Era inviso agli adoratori dello scontro di civiltà. Lui ha aperto alla consapevolezza dell’Islam molte persone: conosco moltissimi che tramite lui sono arrivati a questa consapevolezza. Se l’italiano medio sa chi sono i dervisci lo deve a Battiato. Era uno conoscitore della Sapienza, della Sacralità. E la Sapienza non ha una geografia”.
Quale era l’impronta religiosa a cui faceva riferimento?
Era incardinato in una visione sacra della vita. Non è confessionale, non c’è nessuna confessione a cui ricondursi in lui. In lui convivono Bernardo da Chiaravalle, come Rumi, come tutta la grande tradizione, il cosiddetto pensiero dell’origine. Ma è normale perché la tradizione sono raggi di una stessa luce.
Come si traduceva nella vita concreta questa sua visione sacrale?
Nel suo essere un artista. Un artista è sacerdote di per sé, è sciamano di per sé. Un artista è colui che riesce a farsi tramite del trascendente. Lo esprime attraverso i gioielli della sua opera. Se le capita di ascoltare Luna Indiana, percepisce perfettamente l’atmosfera dello schiudersi. E’ stata costruita sulla struttura di un celebre poema della tradizione persiana. Ossia la storia di un usignolo che incontra un bocciolo di rosa e se ne innamora. Gli vola intorno, con il suo canto celebra il desiderio, la passione, lo struggimento e il bocciolo ricambia schiudendosi sempre di più, facendosi rosa. E sempre di più Rosa, ebbra di questo canto, perde i petali fino a svanire. Tutti noi diremmo “il fiore è morto”. Invece l’usignolo ne è la fragranza, è l’essenza: questo in un certo senso è quello che ci ha lasciato adesso Franco Battiato, la fragranza, l’essenza, un’assenza che è diventata presenza.
Sappiamo molto dell’artista e poco dell’uomo. Che tipo era?
Era spassosissimo, profondamente dionisiaco, allegro, brillante. Si divertiva un mondo su questo equivoco per cui il “mistico” è soprattutto un “mastico”. Il mistico vero è colui che afferra la vita, la ama, e se ne fa carico. Si divertiva, sperimentava su se stesso i segni, i linguaggi. Anche le contraddizioni: “Non suonerò mai più con una batteria alle spalle” e poi invece si incuriosiva ancora una volta delle percussioni. E poi aveva anche la generosità, che insegnava a tutti gli artisti siciliani che, infatti, hanno sempre avuto un rapporto corale e chiassoso, di complicità. Chi gioca in serie A ha un obbligo morale che è quello di avvicinarsi agli spalti, sollevare la rete e fare entrare tutti.
Importantissimi anche alcuni suoi storici sodalizi
Quello antico, forte è quello con Elisabetta Sgarbi: la rosa della Milanesiana è la rosa di Franco Battiato. Poi il sodalizio con Manlio Sgalambro, che è stato il nostro Eraclito, un filosofo presocratico a tutti gli effetti. Con Manlio Sgalambro sono nati veri capolavori. Era bellissimo vederli sul palcoscenico: quello più istrione era il Professore. Una coppia di una complicità straordinaria. Avevano i tempi comici di Totò e Peppino. Si divertivano come pazzi, erano due bambinoni nel recitare queste parti in commedia. Ricordo la gag di quando Sgalambro faceva una domanda e Battiato replicava dicendo “Manlio vuole dire…”, ma ripeteva la stessa cosa.
Ride di gusto…
Sì, perché erano spassosissimi. Battiato era poi il capocomico di musicisti, tecnici. Ogni tournèe era un caravanserraglio.
Ci racconta una persona molto lontana da quel che appariva: riservato, timido, quasi un eletto, difficile da avvicinare..
Deve considerare i due livelli. Era rimasto il ragazzo di paese, ma aveva questa qualità: era universale, conosceva il mondo, viaggiava. Poteva stare contemporaneamente in un bivacco nel deserto a prendere il the con i beduino, come poteva starsene accomodato a conversare in uno studio di registrazione ovunque nel mondo. Era uno sciamano. Tutte le energie le sapeva caricare su di sé e portarle agli altri.
Da quanto tempo non lo sentiva?
Da prima della pandemia. Ultimo ricordo vivido che ho sono alcune conversazioni sulla pittura. Anche lì aveva aperto alla ricerca e poi alla sperimentazione, fino ad arrivare alla realizzazione. Faceva così per tutto.
FONTE: https://www.huffingtonpost.it/entry/battiato-ero-uno-sciamano-un-mistico-amante-della-vita-intervista-a-pietrangelo-buttafuoco_it_60a37531e4b0daf2b5a5a49c
DIRITTI UMANI
Una commerciante, proprietaria di una torteria, circondata da un cordone di 50 agenti delle Forze dell’ordine
GIUSTIZIA E NORME
Altolà alle aziende. Dipendenti liberi di decidere in segreto
Ingrandire l’immagine per leggere la pagina che è un po sfocata.
FONTE: https://www.lastampa.it/topnews/primo-piano/2021/05/16/news/vaccini-l-altola-alle-aziende-dipendenti-liberi-di-decidere-in-segreto-1.40276087
Consap: obbligo vaccinale è aperta violazione dei diritti costituzionali
L’obbligo vaccinale introdotto per la categoria degli operatori sanitari è un’aperta violazione dei diritti costituzionali; in alcuni casi si è arrivati a RICATTARE di non far lavorare o “demansionare” chi non vuole farsi vaccinare di un vaccino sperimentale del quale non abbiamo certezza di efficacia. Lo comunica il Consap in una nota
Ci giungono numerose richieste di preoccupazione da parte del nostro personale sanitario, costretto suo malgrado a dover accettare una vaccinazione imposta della quale si pretende che il singolo si assuma la responsabilità di eventuali effetti collaterali derivanti dall’inoculazione del siero, ma il principio di responsabilità si basa sulla consapevolezza e l’arbitrarietà dell’atto compiuto:
“io sono responsabile dell’azione che faccio quando ho piena consapevolezza delle sue conseguenze e/o implicazioni, potendo quindi scegliere se agire o meno, non posso essere pertanto responsabile di un atto a cui sono obbligato e dei cui effetti collaterali non sono correttamente informato”, scrive il Consap.
Consap: personale costretto a vaccinarsi
Il consenso informato è infatti propedeutico ad una scelta e se io non posso scegliere, il responsabile è colui che mi obbliga. Ci giungono numerosi messaggi di preoccupazione da parte di uomini e donne del settore sanitario della Polizia di Stato che temono di essere costretti, loro malgrado, a dover accettare una vaccinazione imposta.
Il valore della Polizia la si vede da quante persone ha salvato e non sconfitto!
FONTE: https://www.imolaoggi.it/2021/05/01/consap-obbligo-vaccinale-violazione/
NO ALL’OBBLIGO VACCINALE !
“GIURO DI ESSERE FEDELE ALLA REPUBBLICA, DI OSSERVARE LEALMENTE LA COSTITUZIONE E LE SUE LEGGI” (#LACAREZZADELLAMADAMA)
NO ALL’OBBLIGO VACCINALE !
L’obbligo vaccinale introdotto per la categoria degli operatori sanitari è un’aperta violazione dei diritti costituzionali; in alcuni casi si è arrivati a RICATTARE di non far lavorare o “demansionare” chi non vuole farsi vaccinare di un vaccino sperimentale del quale non abbiamo certezza di efficacia. Ci giungono numerose richieste di preoccupazione da parte del nostro personale sanitario, costretto suo malgrado a dover accettare una vaccinazione imposta della quale si pretende che il singolo si assuma la responsabilità di eventuali effetti collaterali derivanti dall’inoculazione del siero, ma il principio di responsabilità si basa sulla consapevolezza e l’arbitrarietà dell’atto compiuto: “io sono responsabile dell’azione che faccio quando ho piena consapevolezza delle sue conseguenze e/o implicazioni, potendo quindi scegliere se agire o meno, non posso essere pertanto responsabile di un atto a cui sono obbligato e dei cui effetti collaterali non sono correttamente informato”. Il consenso informato è infatti propedeutico ad una scelta e se io non posso scegliere, il responsabile è colui che mi obbliga. Ci giungono numerosi messaggi di preoccupazione da parte di uomini e donne del settore sanitario della Polizia di Stato che temono di essere costretti, loro malgrado, a dover accettare una vaccinazione imposta.
Il valore della Polizia la si vede da quante persone ha salvato e non sconfitto!
Gianluca (Drago) Salvatori
Segretario Provinciale Generale Aggiunto di Roma
CONSAP – Confederazione Sindacale Autonoma di Polizia
FONTE: https://consaproma.org/2021/04/30/no-allobbligo-vaccinale-lacarezzadellamadama/
“L’Italia spieghi la condanna al Cav“. La Corte europea richiama le toghe
17 Maggio 2021
La Corte europea dei diritti dell’uomo interroga il nostro Paese dopo la condanna per frode fiscale: “Il Cav ha avuto un processo equo?”
A otto anni dalla sentenza della Cassazione che rese definitiva la condanna per frode fiscale che costò a Silvio Berlusconi la decadenza dalla carica di senatore, arriva la svolta della Corte europea dei diritti dell’uomo. Al governo italiano sono state rivolte 10 domande alle quali si attende risposta entro il prossimo 15 settembre. “Il ricorrente signor Silvio Berlusconi ha beneficiato di una procedura dinanzi a un tribunale indipendente, imparziale e costituito per legge? Ha avuto diritto a un processo equo? Ha disposto del tempo necessario alla preparazione della sua difesa?“, sono alcuni degli interrogativi posti nei confronti del nostro Paese.
Dunque i giudici hanno stabilito che l’esecutivo italiano dovrà rispondere in maniera scritta ai quesiti presentati. Ad esempio la Corte chiede se l’azione per la quale il Cav è stato condannato “costituiva reato secondo il diritto nazionale al momento in cui è stata commessa“. Ma anche se si è visto infliggere “una pena più grave rispetto a quella applicabile al momento in cui la violazione è stata commessa, in ragione della mancata applicazione delle circostanze attenuanti“. Tra le altre domande, riferisce il Corriere della Sera, si vuole far luce anche sul fatto che il ricorrente sia stato o meno “processato due volte per la stessa offesa sul territorio dello Stato“.
La risposta dell’Italia potrebbe essere “no”, considerando i magistrati che hanno emesso le sentenze e svolto accertamenti successivi (come l’archiviazione dell’indagine sulle ipotetiche irregolarità nell’assegnazione della causa alla sezione feriale della Cassazione). Alle osservazioni del governo italiano replicheranno poi i difensori di Berlusconi, leader di Forza Italia, in un contraddittorio scritto che infine porterà al verdetto finale i cui tempi risultano essere del tutto imprevedibili.
La mossa degli avvocati
Il fronte degli avvocati – composto da Andrea Saccucci, Franco Coppi, Niccolò Ghedini, Bruno Nascimbene, Keir Starmer e Steven Powles – ha presentato alla Corte la ricostruzione dei fatti per ripercorrere la vicenda giudiziaria culminata con la conferma della Cassazione dopo la dichiarazione di colpevolezza del Cav da parte del tribunale e della Corte d’appello di Milano nel 2012 e nel 2013. La cronologia è però corredata da diverse presunte violazioni dei diritti della difesa: si denunciano ad esempio i mancati riconoscimenti del legittimo impedimento di Berlusconi a partecipare a cinque udienze, il rigetto dell’istanza di trasferimento del processo ad altra sede e il drastico taglio dei testimoni richiesti dalla difesa. Gli avvocati hanno proseguito la loro battaglia a Strasburgo poiché ritengono che siano stati lesi alcuni principi sanciti dalla Convenzione europea sui diritti dell’uomo.
FONTE: https://www.ilgiornale.it/news/politica/svolta-corte-europea-litalia-spieghi-condanna-berlusconi-1947217.html
LAVORO PENSIONI DIRITTI SOCIALI
POLITICA
Speranza (il ministro ebreo askenazita formato dalla McKinsey)
Federica Francesconi – maggio 2021
STORIA
LE MAROCCHINATE
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