RASSEGNA STAMPA DETTI E SCRITTI 19 AGOSTO 2020
A cura di Manlio Lo Presti
Esergo
Vuoi un consiglio? Evita la politica.
Abbi pure le tue preferenze e le tue divergenze, scegli pure quel che reputi il male minore, ma tieniti alla larga dalla politica e ancor più dai politici […]
è un modo brutto, insincero, di stampo mafioso, fondato sull’organizzazione della malafede e sull’oltraggio sistematico alla verità e alla qualità.
MARCELLO VENEZIANI, Dispera bene, Marsilio, 2020, pag. 49
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SOMMARIO
In margine ad un articolo di Limes del 2015
CLINESMITH: IL PRIMO CEDIMENTO DELLA DIGA OBAMAGATE?
Bufera sul Kosovo: traffico d’organi, 470 scomparsi
Massoneria e “pandemia”: la Libera Muratoria italiana è moralmente morta con il lockdown?
Francia, la bionda con il fucile: ecco Johanna, l’influencer della caccia
L’Italia “smembrata” nel gioco di potere tra Francia e Germania
BREAKING NEWS: Colpo di Stato in Mali.
Il conto alla rovescia per il Recovery Fund
JEFF BEZOS HA UN PIANO?
CONTE INDAGATO PER EPIDEMIA VOLONTARIA!
Così Papa Francesco ha cambiato per sempre la Chiesa
La “tredicesima chiave” di Trump
15 aforismi sul governo della paura e della colpa
La vera posta in gioco nel referendum costituzionale
Perchè voterò NO al referendum per la riduzione del numero dei parlamentari.
Ritorna Mario Monti
Quella doppia morale sul vaccino anti Covid
L’uomo artificiale
Transumanesimo e “Vaccini” obbligatori contro il COVID
EDITORIALE
In margine ad un articolo di Limes del 2015
Manlio Lo Presti – 19 agosto 2020
Un caro amico ha citato un interessante articolo di Limes (https://www.limesonline.com/cartaceo/extraeuropei-ed-ex-europei ) Il contenuto si sviluppa sul comodo filo accademico del “come dovrebbe essere”, dell’umanitarismo, dell’accoglienza doverosa senza limitazioni, PER LA SALVAZIONE DI MILIONI DI DISPERATI CHE FUGGONO DA CARESTIE, GUERRE, ECC. ECC. ECC.
Furbescamente e con fini colpevolizzanti, Limes si focalizza su teorizzazioni del razzismo come ipocrisia percettiva.
TUTTO CIO PREMESSO
Non può essere questo un approccio onesto e leale ad un problema più complesso e che va oltre la ragione lacrimevole, umana, condivisibile, ecc. ecc. ecc. La visione deve essere globale. Dobbiamo parlare di GEOPOLITICA.
Nessuna riflessione viene fatta se i numeri delle cosiddette migrazioni dovessero moltiplicarsi, come peraltro sta accadendo in questo periodo.
Nulla dice sul fatto che le normative nazionali ed europee sono ancora quelle che prevedevano il salvataggio occasionale di pochi naufraghi l’anno e, quindi, era crudele rifiutare i soccorsi.
Come la mettiamo quando la Nigeria demolita dal pianificato collasso del prezzo del petrolio, affonderà nella miseria e oltre 90.000.000 di nigeriani si incammineranno verso il sud Europa?
Come la mettiamo quando l’espansionismo turco spingerà circa 20.000.000 di profughi da GUERRE VERE verso i confini est europei cioè l’Italia dalla Puglia in poi?
Come la mettiamo se i cinesi cominciano a popolare le 22 città vuote ma perfettamente funzionanti ciascuna capace di accogliere 22.000.000 di abitanti per un totale di 440.000.000 di cinesi (cfr: https://www.jedanews.com/citta-fantasma-angola-africa-cina/)????? Un immenso ponte aereo di almeno quattro mesi provocherà un popolamento forzato che spingerà oltre 200.000.000 di africani verso l’Europa.
Questo bell’articolone ben confezionato non lo dice, pur essendo una rinomata rivista di geopolitica di cui però in questo caso non parla.
Se invece si procede ad una analisi delle migrazioni – che non si ferma artatamente solo sul piano “umano-volemose-bene-siamo-tutti-uguali-ecc. ecc. ecc. ecc. – allora la prospettiva si ribalta vertiginosamente!
Ipocrisia gravissima non sarebbe quindi la deformata percezione del razzismo-tout-court di cui parla l’autorevole rivista con studiatissima enfasi e abilissime alchimie semantiche.
Ipocrisia gravissima e in profonda malafede sarebbe – COME ADESSO ACCADE – non parlare con franchezza delle strategie difensive, anche cruente, che dovranno essere adottate per non essere travolti da una marea caotica, distruttiva, sterminatoria e titanica di oltre TRECENTOMILIONI DI C.D. IMMIGRATI che si abbatteranno in tempi brevi sull’Europa provocando la scomparsa totalitaria della civiltà occidentale.
Ipocrisia gravissima sarà quella di addossare cinicamente le colpe di queste migrazioni ai cittadini ITALIANI che tirano la difficile vita quotidiana come facciamo tutti noi, inoculando subdolamente in maniera delinquenziale UN DIFFUSO SENSO DI COLPA DEI BIANCHI PER IL COLONIALISMO ECC. ECC. ECC. ….. Mentre le colpe sono da addossare agli imperi di Francia, Inghilterra, Belgio e all’espansionismo pluridecennale terrorista e guerrafondaio degli USA fatto passare per battaglie per la LIBERTA’ DEL MONDO.
P.Q.M.
Che piaccia o no, il tema migrazioni va trattato ad un livello planetario analizzandone le implicazioni geopolitiche.
Il libro Cuore “buonista-politicamente-corretto-giusto-umano” è una furbesca melassa che ci martellano tutti i giorni attraverso una titanica planetaria megamacchina disinformativa orwellinana elargita da terra, da mare, da aria.
RIFLETTIAMO MOLTO MOLTO, MA MOLTO ATTENTAMENTE, SENZA FARE I FINTI TONTI …
IN EVIDENZA
CLINESMITH: IL PRIMO CEDIMENTO DELLA DIGA OBAMAGATE?
Chi è Kevin Clinesmith e perchè il fatto che stia parlando dopo un accordo con la Procura generale americana può essere l’elemento che fa partire una valanga di rivelazioni legate all’Obamagate e, magari, far partire finalmente la fase penale dello scandalo da molti tanto attesa.
Kevin Clinesmith è un funzionario della CIA, un personaggio di per se secondario, ma che ha avuto una sua piccola funzione nella creazione del famoso dossier russo, alla base delle indagini del procuratore Mueller e dell’Obamagate. Clinesmith aveva risposto ad una domanda specifica dell’FBI che aveva permesso di mettere sotto indagine un cittadino americano, Carter Page, che era anche un consigliere per la politica estera dell’allora candidato Donald Trump.
Clinesmith confessa al procuratore generale Barr ed al suo assistente Durham di aver detto il falso in un’e-mail della CIA all’FBI,nella quale quest’ultima chiedeva informazioni su Carter Page che, pur essendo laureato all’accademia navale USA, aveva passato lungo tempo in Russia . Il suo periodo all’estero aveva sollevato delle perplessità nella divisione del controspionaggio dell’FBI. Paige era un agente russo, o , al contrario, era un agente che collaborava con la CIA nella raccolta di informazioni in loco?
La risposta era importante perché l’FBI e il Dipartimento di Giustizia stavano preparando mandati per poter intercettare Page come agente straniero ostile. La CIA fornì loro una risposta chiara nell’agosto 2016, quando era pronto il primo mandato giudiziario: si diceva che Paige era un agente della CIA e questo fu comunicato ad un agente dell’FBI ancora sconosciuto.
Nel 2017, dopo che Clinesmith viene incaricato da Mueller di chiarire la posizione di Carter Page con l’intelligence USA. Clinesmith altera la risposta originale ed aggiunge una singola, importantissima, parola: NON. Quindi la risposta della CIA passa da “Paige è un agente della CIA” a “Paige NON è un agente della CIA”. Ora Clinesmith ha deliberatamente ammesso questa falsificazione.
Il documento è di per se secondario nel vasto repertorio di notizie più o meno false utilizzate prima nel dossier Steele e quindi nell’inchiesta Mueller, ma qui abbiamo qualcuno che ha confessato , in un accordo con la procura, di aver fatto un falso, ed un falso di cui Mueller doveva essere a conoscenza, visto che aveva una risposta precedente in cui si affermava il contrario….
Perchè questa confessione è importante , e deve preoccupare molti?
- Clinesmith ha firmato al confessione, ma di solito questi documenti sono “Concordati” con l’accusa che possono aver minacciato carichi penali ben peggiori ai quali hanno rinunciato in cambio di collaborazione ed una confessione secondaria. Tutti quelli che hanno autorizzato Clinesmith al falso, tutta la catena gerarchica a monte della CIA e quella dell’FBI, che accettò il documento sapendone la falsità potrebbero essere coinvolti a questo punto. Durham e Barr avranno più nomi da interrogare, più confessioni da ottenere, più personaggi da coinvolgere;
- Questa confessione conferma che tutto il dossier Mueller sul “Russiagate” era solo una colossale montatura, costruita su falsità e montature, di cui ora bisogna cercare i mandanti. Più o meno sappiamo tutti quali possano essere…..
Se Clinesmith ha fatto qualche nome lo vedremo presto. Tutte le valanghe partono da un sassolino….
FONTE: https://scenarieconomici.it/clinesmith-il-primo-cedimento-della-diga-obamagate/
Bufera sul Kosovo: traffico d’organi, 470 scomparsi
Predatori di organi, espiantati dal corpo di prigionieri serbi. L’accusa coinvolge l’attuale premier kosovaro Hashim Thaci, già leader dell’Uck, ora sospettato di essere un gangster travestito da politico. All’indomani delle prime elezioni legislative del Kosovo indipendente, divenuto area-rifugio per cartelli criminali, una bomba a orolgeria si infrange sulla già contestatissima vittoria del riconfermato Thaci, accusato dal dossier che il deputato svizzero Dick Marty presentarà al Consiglio d’Europa sul presunto traffico di organi a danno di quasi 500 prigionieri di guerra. Nell’estate 1999, terminato il conflitto serbo-kosovaro, l’Uck avrebbe fatto sparire prigionieri in una località segreta nel nord dell’Albania espiantandone gli organi, dopo averli sottoposti a «trattamenti inumani e degradanti».
Secondo il clamoroso dossier svizzero, «organi furono rimossi da alcuni prigionieri in una clinica su territorio albanese, nei pressi di Ushe Kruje, per essere condotti all’estero per trapianti». Marty cita «numerose concrete e convergenti informazioni», che accusano l’Uck – e quindi il suo capo di allora, l’attuale premier Thaci – di aver ucciso in questo modo «alcuni serbi e alcuni kosovari albanesi». E’ una tragica conferma alla denuncia contenuta nel libro-inchiesta “Lupi nella nebbia”, firmato da Peppe Ciulla e Vittorio Romano e pubblicato da Jacabook nella primavera 2010: «L’amministrazione Onu, che tentò di controllare l’ex provincia serba a maggioranza albanese – raccontano i due giornalisti italiani – è stata di fatto costretta a subire lo strapotere dell’Uck: giudici intimiditi e inchieste insabbiate, anche quelle sul sospetto traffico di organi».
«Il Kosovo, di cui è stata affrettata l’indipendenza – afferma lo scrittore Massimo Carlotto, esperto di strategie criminali – è ormai un “narco-Stato” nel cuore dell’Europa: nessuno lo dice, ma l’Europa è diventata la principale “lavanderia” mondiale di denaro sporco». Nello stesso libro di Ciulla e Romano, si accenna ai “misteri” della gigantesca base militare americana: secondo fonti russe, esiste una linea diretta fra Kabul e Pristina per lo smistamento “protetto” dell’eroina afghana sotto la copertura dei convogli militari della Nato, come dimostrato da una recente inchiesta della magistratura inglese. «L’Uck che oggi governa il Kosovo è in realtà un cartello di narcotrafficanti – continua Carlotto – che agisce in sintonia con la ‘ndrangheta, la mafia calabrese».
Oltre alla droga, nell’economia criminale del Kosovo si aggiungerebbe ora anche il traffico di organi, come segnalato già nel 2008 nel libro “La caccia” da Carla Del Ponte, ex procuratore capo del Tribunale penale internazionale dell’Aja. Un’accusa che il deputato elvetico Dick Marty, già noto per aver portato alla luce le prigioni segrete della Cia in Est Europa, si premura di circostanziare: secondo il suo rapporto al Consiglio d’Europa, l’espianto clandestino degli organi è proseguito «in alcune forme fino ad oggi», come dimostrano le indagini Eulex sulla clinica Medicus di Pristina. Un rapporto di 27 pagine, che descrive l’inquietante sorte che potrebbe essere toccata a mezzo migliaio di vittime.
Si tratterebbe infatti di almeno «470 persone», scomparse dopo l’arrivo in Kosovo delle truppe Nato, inquadrate nella missione Kfor scattata il 12 giugno 1999. Degli scomparsi, 95 erano «albanesi kosovari» e 375 «non-albanesi, principalmente serbi». Prigionieri di guerra, dunque, ma anche kosovari accusati di tradimento e collaborazionismo, trasferiti nei campi base Uck in Albania, quando «il confine tra Kosovo e Albania aveva effettivamente cessato di esistere», scrive il quotidiano “La Stampa”, illustrando il rapporto Marty, secondo il quale la regia di questo disegno criminale è attribuita al “Gruppo di Drenica”, la fazione Uck facente allora capo all’attuale premier Thaci.
Il capo del governo kosovaro sarebbe in realtà «un boss criminale», secondo i rapporti di intelligence citati da Marty, inclusi quelli del Sismi, il servizio segreto militare italiano, allineato con gli 007 di mezza di Europa, tra cui quelli del Bnd tedesco, dell’Mi6 di Londra e del servizio greco Eyp. Marty, continua “La Stampa”, fa nomi e cognomi dei membri del gruppo che «avrebbero dovuto essere condannati per gravi crimini», e invece «hanno consolidato la loro impuntià», riciclandosi come politici. Tra questi, spicca il chirugo Shaip Muja, nel 1999 comandante di una base medica dell’Uck in Albania e oggi «consigliere politico nell’ufficio del primo ministro, con resposabilità in materia di Sanità».
Un altro punto sensibile del rapporto è il ruolo degli «attori internazionali che scelsero di guardare con l’occhio bendato i crimini di guerra dell’Uck, offrendo invece un premio per raggiungere un certo grado di stabilità a breve termine». Dalla Nato alleata dell’Uck, alla missione Onu-Unmik «non all’altezza di gestire le indagini», a quella dell’Ue, Eulex, subentrata nel 2008, che ha «lasciato vane le aspettative di andare oltre gli “intoccabili”, dei quali un passato più che oscuro è comunemente noto». Non è certo onorevole il ritratto della Comunità internazionale in Kosovo, dipinto dal parlamentare svizzero.
Così, il Consiglio d’Europa ora raccomanderà all’Albania – che ha sempre negato l’autorizzazione a indagare nel proprio territorio – di «collaborare senza riserve con Eulex e le autorità serbe». Anche perché Marty, aggiunge “La Stampa”, sostiene di aver trovato «un numero di credibili e convergenti indicazioni che le componenti del traffico di organi post-conflitto descritte nel nostro rapporto siano strettamente legate al caso contemporaneo della clinica Medicus», di Pristina, che ha portato di recente a quattro arresti da parte di Eulex.
Impegnato in “prove tecniche di democrazia”, il nuovo Kosovo – alla cui indipendenza contribuì anche il governo italiano presiduto da Massimo D’Alema, che non esitò a impiegare la forza aerea nelle operazioni militari Nato contro la Serbia – sarebbe in realtà rimasto teatro di crimini indicibili, protrattisi per almeno un decennio, con il placet del suo riconfermato premier. «Illazioni calunniose, prive di fondamento», è la difesa d’ufficio del governo di Pristina dopo le prime anticipazioni del “Guardian”. Il Kosovo annuncia azioni legali e politiche contro il dossier Marty ed esorta il Consiglio d’Europa a respingerlo, come un tentativo di screditare il premier Hashim Thaci. A Belgrado, dove Thaci venne condannato in contumacia per terrorismo nel 1997, un portavoce dell’ufficio del procuratore per i crimini di guerra, Bruno Vekaric, ha dichiarato che il rapporto filtrato attraverso le anticipazioni è una «vittoria» per la Serbia.
Chi invece prende «molto seriamente» le accuse rivolte a Thaci è l’Unione Europea, aggiunge “La Stampa”. Per bocca della portavoce dell’Alto rappresentante Ue per la politica estera e di sicurezza Catherine Ashton, l’Ue invita Dick Marty a «presentare le prove» in suo possesso alle autorità competenti. L’Unione è presente sul terreno con la missione Eulex che, tra i suoi compiti, ha anche quello di indagare sul crimine organizzato e cooperare con le autorità dei Paesi balcanici interessati, anch’essi impegnati a combattere le attività criminali nel quadro del dialogo con l’Ue. «Stiamo cercando di ottenere tutte le informazioni e le prove possibili», ha detto la Ashton, lasciando capire che Bruxelles intende indagare a fondo (info: www.lastampa.it).
FONTE: https://www.libreidee.org/2010/12/bufera-sul-kosovo-traffico-dorgani-470-scomparsi/
ATTUALITÁ SOCIETÀ COSTUME
Massoneria e “pandemia”: la Libera Muratoria italiana è moralmente morta con il lockdown?
Francia, la bionda con il fucile: ecco Johanna, l’influencer della caccia
di Stefano Montefiori – 19 agosto 2020
Dal nostro corrispondente
PARIGI In una società francese sempre più polarizzata e divisa, come lamenta il nuovo ministro della Giustizia Eric Dupond-Moretti a sua volta scatenato contro gli «ayatollah dell’ecologia», si fa spazio l’influencer con il fucile. Nelle strade di Parigi e delle altre grandi città francesi stanno comparendo i manifesti pubblicitari di Johanna Clermont (è uno pseudonimo), 23enne studentessa universitaria di Perpignan e testimonial della nuova piattaforma streaming «Zone 300»: «Cacciate i vostri pregiudizi!», è lo slogan. Se il sito di film e documentari su caccia e pesca si è affidato alla giovane, seguita da 110 mila persone su Instagram, è perché la bionda col Winchester rompe con l’immagine tradizionale del cacciatore uomo, non giovane, sovrappeso, campagnolo e magari un po’ brillo fissata in uno celeberrimo (in Francia) sketch degli Inconnus.
La caccia e i suoi appassionati sono sempre più contestati, il Paese dall’identità rurale più radicata – e un candidato «caccia e pesca» sempre presente alle elezioni presidenziali – si sta allontanando da quelle tradizioni. Secondo i sondaggi l’80 per cento dei francesi sono ormai contrari alla caccia, che molti trattano come l’eredità imbarazzante e residuale di un’epoca barbara. Secondo i pregiudizi denunciati dallo slogan pubblicitario, gli abitanti istruiti e progressisti delle città non cacciano. Semmai sono vegani, o vorrebbero esserlo. E qui arriva Johanna Clermont, decisa a trasmettere un’immagine giovane, urbana e glamour della caccia. «Sono come qualsiasi altra influencer – dice -. Solo che invece di fare pubblicità a rossetti o vestiti, vendo armi e munizioni».
E’ un’attività nata per caso, in famiglia nessuno era mai andato a caccia. Al liceo a Prades, nei Pirenei, compagna di scuola della figlia del futuro premier Jean Castex, Johanna ha accettato l’invito di alcuni amici a partecipare a una prima battuta, senza sparare. Si è entusiasmata, è tornata a cacciare, ha postato su Facebook la foto del primo cinghiale prelevato (eufemismo per ucciso) e a quel punto è stata contattata dalla Browning che le ha proposto di usare i loro prodotti e di imparare a usare i social media per propagandarli.
Sono cominciati ad arrivare fucili, pistole, pallottole e accessori, anche di altri marchi, «era Natale tutti i giorni, ho capito che potevo vivere di questo». La ragazza posta su Instagram le sue foto nella libreria di casa, sul motoscafo, o in mimetica con fucile carico e sguardo ispirato in mezzo al verde, qualche volta accanto alle prede «ma con enorme rispetto e dopo avere reso loro omaggio, io amo la natura e gli animali».
Secondo le stime in Francia solo il 2 per cento di chi va a caccia è donna, ma non è chiaro se Johanna Clermont vada presa come una Diana cacciatrice, un’eroina femminista o come la risposta a una fantasia molto maschile (sesso e armi). L’influencer della caccia riceve decine di email di minacce al giorno, alcune molto dettagliate (da cui l’uso dello pseudonimo). Lei le segnala alla polizia e va avanti, «sono la prova che servo a qualcosa». Senza arrivare a questi eccessi criminali l’altra Francia, quella forse maggioritaria che si preoccupa in modo crescente della non violenza nel rapporto con la natura, sta organizzando un referendum «per cambiare la sorte di un miliardo di animali l’anno». Xavier Niel (patron dell’operatore telefonico Free e co-editore di Le Monde) ha unito le forze con gli imprenditori online Jacques-Antoine Granjon (Veepee) e Marc Simoncini (Meetic) per lanciare una grande consultazione popolare con questi obiettivi principali: divieto di esperimenti scientifici sugli animali quando esiste un’alternativa; divieto di allevamento nelle gabbie entro il 2025 e obbligo di accesso all’aperto entro il 2040; divieto di allevamento degli animali da pelliccia; messa al bando della caccia in branco e di alcuni tipi di caccia tradizionale (per esempio con la colla); divieto di spettacoli con animali nei circhi e nei parchi aquatici. In questo clima sociale e culturale, sarà interessante vedere quanti abbonamenti riuscirà a raccogliere la Netflix della caccia di Johanna Clermont.
BELPAESE DA SALVARE
L’Italia “smembrata” nel gioco di potere tra Francia e Germania
La locomotiva franco-tedesca che guida l’Europa – col Regno Unito ormai fuori causa – spinge sempre più per polarizzare i meccanismi interni dell’Unione in una sorta di “divisione dei compiti” tra Parigi e Berlino. Da un lato all’Eliseo si guarda alla possibilità, più che fattibile, che la Francia diventi la guida della politica estera e della Difesa dell’Ue, dall’altro lato, al Bundestag, si è ormai certi che la Germania guiderà la politica economica e finanziaria dei 27 Stati membri.
Ma alle due nazioni protagoniste di quella che sostanzialmente è una diarchia, servono dei partner per poter avere più peso politico in campo decisionale e non solo all’interno dell’Unione. In particolare la Francia sta cercando di sedurre l’Italia – essendo la Spagna già relativamente nell’orbita dell’asse franco-tedesco – anche per limitare lo strapotere finanziario, economico ed industriale della Germania.
Vi abbiamo già raccontato della “trappola” insita nel Recovery Fund, il finanziamento un po’ a fondo perduto un po’ a prestito per risollevare le economie di quei Paesi più colpiti dalla crisi pandemica, ed in particolare l’Italia: la vendita di assetti industriali o infrastrutture strategiche per ripianare 90,9 miliardi di euro di prestiti contratti dal nostro Paese. In questo scenario la Francia e la Germania potrebbero infatti approfittarne per mettere le mani sui gioielli della nostra industria, ovvero l’aerospazio, la cantieristica navale e quella ad alta tecnologia. In particolare Parigi vorrebbe, come già detto, diventare leader nel settore della Difesa, e quindi dettare l’agenda della politica estera, per poter contrastare la visione strategica tedesca in questo settore, sempre votata al neutralismo e ad un atteggiamento mercantilista accomodante che non giova alla “grandeur” francese ma nemmeno alla sua industria bellica che ha bisogno di vendere i propri prodotti.
Non è un caso che nel progetto, ora trinazionale, per il nuovo cacciabombardiere Scaf (o Fcas nel suo acronimo inglese), sia stata la Francia a imporre agli altri partecipanti le proprie linee guida e requisiti.
La Francia quindi, deve tenere lontano il nostro Paese dalle “sirene” anglosassoni rappresentate dal Regno Unito e dagli Stati Uniti, che hanno forti legami industriali di lunga data con l’Italia: il programma Tempest, a cui si è aggiunta anche la Svezia, è una sorta di riedizione di una fruttuosa collaborazione tra Roma e Londra che risale ai tempi del Tornado, per non parlare del caccia F-35, che viene costruito anche nel Faco di Cameri (Novara) e che rappresenta il gioiello della nostra industria aeronautica in quanto ha portato in Europa per la prima volta il know how per avere un caccia di quinta generazione.
In questo senso l’Italia è quindi molto utile alla Francia, che deve allontanarci da Regno Unito e Stati Uniti anche per la sua visione strategica sempre più insofferente alla Nato e a chi ne dirige la politica (Washington che è il suo membro più potente).
Allo stesso tempo l’Eliseo sa che il cuore industriale ed economico del nostro Paese, essenzialmente il Nord, è strettamente legato alla Germania per valore dei suoi volumi di traffico di esportazioni ed importazioni, con Berlino più interessata a mettere le mani sul tessuto produttivo intermedio, che poi è quello in cui nascono le piccole e medie imprese ad alta tecnologia che sono il fiore all’occhiello della nostra industria.
Per affermarsi come nazione guida, e sbilanciare la diarchia a suo vantaggio, la Francia ha quindi bisogno di noi, e sta cercando in tutti i modi di conquistarci. Per la verità i rapporti di cooperazione industriale tra Roma e Parigi ci sono già, e hanno anche funzionato. Esiste, ad esempio, un meccanismo di collaborazione europeo nel campo delle costruzioni militari, l’Occar, che ha visto la nascita di un programma fruttuoso voluto da Francia e Italia: le fregate Fremm che sono state volute anche dagli Stati Uniti e di cui un esemplare è stato ceduto all’Egitto da Roma generando non pochi mal di pancia in quel di Parigi.
Ma la cooperazione con i nostri cugini d’oltralpe non si limita a restare nell’ambito dei programmi europei: i cacciatorpediniere della classe Orizzonte, dopo l’abbandono del Regno Unito, sono frutto di una cooperazione esclusiva italo-francese. Una cooperazione, però, che a volte subisce battute di arresto quando si tratta di acquistare assetti strategici francesi: il caso dei cantieri Stx che dovevano essere acquistati da Fincantieri e sono stati “parzialmente nazionalizzati” dal governo francese è lì a dimostrare come Parigi mal tolleri l’acquisto di infrastrutture ritenute essenziali per l’economia, e la sicurezza, francesi.
Insomma, stante queste premesse, è bene che il nostro Paese non si lasci lusingare dalla Francia che potrebbe sfruttarci solo ed esclusivamente per il proprio tornaconto, se pur va considerato che i rapporti industriali, soprattutto nel campo della Difesa, possono e devono essere mantenuti ma da una posizione di forza, cosa che attualmente l’Italia non ha, e la vicenda Stx lo certifica una volta di più.
FONTE: https://it.insideover.com/economia/litalia-smembrata-nel-gioco-di-potere-tra-francia-e-germania.html
CONFLITTI GEOPOLITICI
BREAKING NEWS: Colpo di Stato in Mali.
Arrestato il Presidente. Ci sono soldati italiani nel Paese
Colpo di stato in Mali. Soldati ribelli hanno arrestato il presidente e il primo ministro del Mali oggi, martedì, dopo aver circondato una residenza e sparato in aria dopo diversi mesi di manifestazioni che chiedevano la cacciata del presidente Ibrahim Boubacar Keita.
I soldati si sono mossi senza opposizione per le strade di Bamako, la capitale, rendendo molto chiaro di avere il controllo della capitale.I soldati provengono dalla caserma di Kati da cui parti un precedente colpo di stato, circa otto anni fa. I militari hanno preso le armi, hanno arrestato gli ufficiali più alti in grado e quindi si sono diretti al palazzo presidenziale.
Un funzionario regionale, che ha parlato in condizione di anonimato in quanto non autorizzato a parlare con i giornalisti, ha confermato gli arresti del vertice del governo. Il primo ministro Keita aveva cercato di mediale la situazione e di incontrare i rivoltosi prima che giungessero in città, ma non è servito a nulla.
Il Mali è sede di una lunghissima operazione militare di pacificazione francese, le operazioni Serval e Barkhane, quest’ultima ancora in corso, che ha visto impegnati migliaia di soldati francesi in lotta contro i terroristi, con molto poco successo in verità, visto che dopo 8 anni sono ancora li ed hanno anche subito perdite non secondarie. Inoltre è partita (o deve partire, dato che sulla cosa vige una grossa riservatezza) l’operazione Takuba, che vede coinvolte anche le nostre truppe speciali al confine fra Mali, Niger e Burkina Faso. La missione è già di per se confusa ed imprecisa, senza un obiettivo chiaro, e rischiamo un coinvolgimento scivoloso e pericoloso. Ora tutta la situazione diventa ancora più imprecisa ed incerta, ed i nostri soldati in pericolo vista la posizione filogovernativa europea.
FONTE: https://scenarieconomici.it/breaking-news-colpo-di-stato-in-mali-arrestato-il-presidente-ci-sono-soldati-italiani-nel-paese/
ECONOMIA
Il conto alla rovescia per il Recovery Fund
All’Italia resta sempre meno tempo per decidere la destinazione su cui orientare i fondi europei che, tra sovvenzioni e aiuti a fondo perduto, arriveranno in futuro da Next Generation Eu. Il Recovery Fund sarà realtà dal 2021, ma nel frattempo è già stabilita la traccia del percorso attraverso cui gli Stati dell’Unione Europea dovranno prepararsi a indicare obiettivi e strategie cui destinare i loro fondi per ottenere l’avvallo dei propri piani da parte della Commissione europea e della “zarina” del Recovery Fund, la francese Celine Gauer.
Ebbene, il termine per presentare la strategia di allocazione delle risorse si avvicina sempre di più e nel governo Conte e nei partiti che lo sostengono l’attenzione sembra essere rivolta completamente altrove. Al 15 ottobre, termine ultimo per la presentazione dei progetti volti a sbloccare la prima tranche di aiuti del 10%, mancano solo due mesi, ma non si sente nella politica italiana alcun tintinnar di sciabole
A parte una prima riunione esplorativa del Comitato Interministeriale per gli Affari Europei (Ciae) presieduto dal premier Giuseppe Conte, del tema non si è più parlato. Come se lo stesso premier e i suoi ministro avessero deciso di portare sotto traccia l’argomento dopo aver sbandierato come una vittoria epocale l’ottenimento di 207 miliardi di euro nel contesto del Recovery Fund. L’Unione Europea, però, chiede forti condizionalità e, soprattutto, strategie incisive per dare semaforo verde alla concessione dei fondi. E nella galassia giallorossa tutto ciò sembra latitare.
Movimento Cinque Stelle e Partito Democratico sono assorti dal tentativo di rilanciare la propria luna di miele politica, nessuno dei ministri ha più posto in evidenza la questione degli obiettivi politici concernenti l’impiego del Recovery Fund e lo stesso Conte non pare interessato a portare la questione oltre le porte di Palazzo Chigi. Nei prossimi sessanta giorni c’è la concreta possibilità che il premier prosegua nella strada iniziata con la convocazione degli Stati Generali a metà giugno, proseguendo con la strategia degli annunci e delle passerelle orchestrata dal suo spin doctor Rocco Casalino per non mollare la presa del dossier.
Due mesi sono pochi, considerato che i temi di cui discutere per scegliere a quali progetti dare priorità sono numerosi. Digitale, rivoluzione verde, infrastrutture, rilancio del Sud: tante questioni aperte su cui governo, partiti e parti sociali dovrebbero essere al lavoro in maniera serrata. Invece nel caldo agosto dell’anno della pandemia tutto langue, i furbetti del bonus o i destini politici di Virginia Raggi sembrano esser diventati problemi centrali rispetto alla necessità di rispondere a una crisi economica che si annuncia epocale.
Conte ha nominato gruppi di lavoro, task force e frotte di consulenti per ogni questione legata alla pandemia di coronavirus, elevato “tecnici” a ruoli più importanti di quelli di diversi ministri (come nel caso di Domenico Arcuri e Vittorio Colao) per poi vederli come figure problematiche o ingombranti, ma non ha mosso un dito laddove, forse, un’autorità regolatrice sarebbe fondamentale. Un equivalente italiano della Gauer sarebbe ideale per valutare la conformità dei piani politici sugli investimenti da finanziare col Recovery Fund con gli obiettivi del piano e, soprattutto, se il gioco dell’utilizzo dei fondi per la ripresa valga il rischio di scottarsi con la candela delle forti condizionalità richieste. Ovvero riforme teleguidate da Bruxelles su varie questioni (contrasto all’evasione fiscale, alla corruzione, al lavoro sommerso, taglio delle agevolazioni fiscali, snellimento dei tempi della giustizia, riforma del catasto) da indicare con precisione visto che, come ha scritto il Consiglio Europeo nel suo ultimo comunicato, “l’erogazione delle sovvenzioni avverrà solo se saranno raggiunti i traguardi e gli obiettivi concordati stabiliti nei piani di recupero e di resilienza”. Nulla di tutto ciò è avvenuto, nè i partiti sembrano esser consci della problematicità del primo punto e dei rischi insiti nelle valutazioni sul secondo. Districarsi in soli due mesi nel ginepraio economico, giuridico e politico del fondo sarà per il governo un grave problema.
Del resto, non presentare al Parlamento e al Paese un piano credibile può contribuire a generare situazioni di grande tensione politica. “A un certo punto, forse inizio settembre, il Parlamento verrà coinvolto”, fa notare l’Huffington Post. “Ma in assenza di un Piano nero su bianco, e in presenza di troppe chiacchiere, non si capisce che razza di contributo le Camere potranno dare. Dovranno contentarsi di qualche audizione. E quando l’assemblaggio delle proposte sarà stato completato, mancherà il tempo per discuterne a fondo. Così la grande scelta del domani verrà archiviata”. E a ciò va aggiunta la necessità di mediare con le grandi aspettative degli enti locali e dei sindacati di categoria (Ance, Confindustria, confederali del lavoro etc.): coinvolti nella passerella degli Stati Generali, potranno essi accettare di non essere chiamati in causa qualora si debba parlare dell’allocazione di miliardi reali? Quello del governo Conte è un balletto che rischia di concludersi in un gran pasticcio: il tempo stringe e per l’esecutivo c’è un serio rischio di mancare la deadline del 15 ottobre o di doppiarla con un programma insufficiente e non strutturato. L’autunno potrebbe far venire al pettine numerosi nodi dell’incoerente politica del governo, eccessivamente focalizzato sull’emissione di vuoti annunci.
FONTE: https://it.insideover.com/economia/il-conto-alla-rovescia-per-conte-e-il-recovery-fund.html
JEFF BEZOS HA UN PIANO?
Con il Covid 19 i soli grandi vincitori sono i giganti tecnologici, in particolare Amazon colosso del commercio elettronico e il suo proprietario Jeff Bezos di gran lunga l’uomo più ricco del mondo i cui profitti sono raddoppiati
Il mondo è fatto a scale: c’è chi sale e c’è chi scende anche al tempo del Coronavirus. In questi mesi, i grandi vincitori sono i giganti tecnologici, in particolare Amazon, colosso del commercio elettronico, e il suo proprietario, Jeff Bezos , di gran lunga l’uomo più ricco del mondo. In tempi di Covid 19, le vendite online, dopo un iniziale crollo dovuto alle difficoltà di approvvigionamento e al temporaneo allungamento dei tempi di consegna, hanno avuto un formidabile balzo, tanto che nel secondo semestre dell’anno i profitti di Amazon sono raddoppiati: oltre 75 miliardi di dollari.
Piange il piccolo e medio commercio, sono in crisi i centri commerciali, tra confinamento e difficoltà di spostamento, ma Jeff Bezos se la ride. E’ il pifferaio di Hamelin del secolo XXI: conduce i consumatori e l’intero commercio dove vuole, tutto ciò che tocca diventa oro come Creso. Non vende solo merci: la sua azienda di servizi Amazon Web Service è leader nella “nube”, il cloud, il sistema di servizi offerti attraverso la rete internet a partire da un insieme di risorse preesistenti, configurabili e disponibili in remoto da qualsiasi connessione. La nuvola gli ha fruttato oltre 32 miliardi di dollari da aprile a giugno del corrente anno, con un aumento del quaranta per cento.
Sono cifre note dopo che Bezos è comparso dinanzi al Congresso americano, in compagnia degli altri CEO delle multinazionali tecnologiche per difendersi dalle accuse di monopolio. Risulta umoristico accusare il “libero” mercato di far bene il suo sporco mestiere, ossia espellere dal campo tutti i concorrenti. Bezos sa assai bene che la pistola puntata delle istituzioni americane è scarica; si è limitato a osservare che il commercio digitale è solo uno dei canali a disposizione dei dettaglianti. Peccato che egli controlli oltre un terzo dell’intero mercato. E con ottimi risultati, poiché il suo fatturato trimestrale è stato di 139 miliardi di dollari (+ 33,5 per cento) mentre la previsione per il terzo trimestre sfiora i 152 miliardi. Amazon asserisce di aver speso oltre tre miliardi per migliorare la sicurezza dei dipendenti, ma è nel mirino di diversi Stati per le condizioni di lavoro che impone. Si vanta di aver creato 175.000 posti di lavoro nel periodo esaminato, omettendo di dire che si tratta in larga misura di impieghi sottopagati, spesso precari e soggetti a ritmi e condizioni che fino a pochi anni fa l’Occidente non avrebbe tollerato.
Bezos è un fanatico di Star Trek e il suo idolo è Jean-Luc Picard, comandante dell’astronave Enterprise. Dicono che si rada il cranio e faccia ginnastica con i pesi per assomigliargli!
La fortuna di Jeff Bezos è il doppio di quella del secondo super ricco, Bill Gates, il che fa di lui l’uomo più ricco della storia umana. Il pifferaio del commercio è ancora più potente al tempo della pandemia. Il guaio è che Jeff Bezos ha in testa un piano. Come è ovvio, riguarda tutti noi. Del resto, quando un uomo ha i suoi mezzi, non ha che due alternative: o costruisce un deposito come Zio Paperone e nuota felice nell’oro, o si lascia trascinare nell’onnipotenza conferita dal denaro, posseduto in una quantità difficile da esprimere in numero di zeri.
Da poco ha comprato un orologio a cucù molto speciale. Gli è costato 42 milioni di dollari, un’inezia: poche ore di ricavi dell’impero Amazon. L’orologio è disegnato per misurare il tempo con precisione assoluta per i prossimi diecimila anni. Fa “tic” una volta l’anno. Il braccio delle ore avanzerà con cadenza secolare e l’uccellino farà cucù una volta ogni mille anni. Il manufatto è enorme, alto sessanta metri; il proprietario lo ha fatto installare in un tunnel scavato nella Sierra del Diablo (!!!), nel suo immenso ranch del Texas. Si chiama Orologio del Grande Adesso (Big Now) e il proposito di Bezos è ricordare all’universo mondo una sua massima: solo pensando a lungo termine potremo ottenere cose che non avremmo in altra maniera. Magnifico programma di vita, che si scontra con la realtà e con le tragedie prodotte da ogni millenarismo salvifico apparso sulla scena del mondo.
Il lungo termine, nel caso di Jeffrey Preston Bezos , nato 57 anni fa nel Nuovo Messico, ha poco a vedere con la biologia umana. I suoi piani più ambiziosi escludono la sua presenza, giacché la carne, anche quella degli iperpadroni, continua ad essere mortale. Ma si stanno attrezzando, attraverso la cibernetica e al transumanesimo. Nel frattempo, il buon Jeff sa che non vivrà tanto da raccontare come l’umanità – cioè i super ricchi e potenti – colonizzerà altri pianeti, ma ce la sta mettendo tutta affinché questo accada. I mercati della Terra sono troppo piccoli per le sue ambizioni; d’altronde, ha costruito un impero senza precedenti nella storia del capitalismo, la sua ricchezza rimpicciolisce i pozzi di petrolio dei Rockefeller, l’oro e il predominio finanziario dei Rothschild.
Jeff Bezos è l’uomo più ricco della storia umana: un nuovo “Faraone”!
Amazon vale oggi – nella teorica capitalizzazione di Borsa- quanto il PIL annuale della Spagna. Il patrimonio personale di Bezos è di circa 190 miliardi di dollari, più o meno 164 miliardi di euro. Secondo un’indagine dell’università di Georgetown, gli americani hanno più fiducia in Amazon che in ogni altra impresa o istituzione, esercito nazionale compreso, il che spiega la mentalità corrente più di mille manuali di sociologia. Stando alle analisi di uno storico dell’economia, l’unico paragone possibile è con Mansa Musa, leggendario re di Timbuctù, padrone di favolose miniere d’oro nel XIV secolo. Il potere di Bezos, tuttavia, è incomparabile, la sua influenza sui consumatori e sull’intera filiera industriale e commerciale planetaria immensa.
Il suo grande gioco comincia solo adesso. Quello che gli passa per la testa non è una questione da poco: riguarda tutti. Ha le risorse e la volontà per realizzare i suoi sogni e imporli a miliardi di comuni mortali. In fondo, il suo piano più ordinario è diventare ancora più ricco, vendere a tutto il mondo. Altri piani sono più inquietanti: entrare in tutte le case con Alexa, l’assistente vocale che registra tutto, accede ai nostri dati più intimi, a partire da quelli sanitari. Alexa, premurosa, ci avvertirà quando sarà il momento di eseguire analisi o accertamenti, nonché al momento di prendere le pillole. Un altro piano del tycoon è mettere in orbita tremila satelliti perché ci sia un wi-fi universale che faciliti gli acquisti online. Ha 840 mila dipendenti nel mondo, le azioni di Amazon volano oltre i tremila dollari, il doppio rispetto all’inizio del Covid 19. Il colosso messo in piedi nel 1994 – solo un quarto di secolo fa – è più forte, esteso e strategico che mai.
Bezos è la personificazione dei peggiori incubi di economisti come Thomas Piketty per la concentrazione della ricchezza. Ha avuto l’improntitudine di affermare, davanti al Congresso Usa, che “a differenza dell’industria, dove il vincitore si prende tutto, nella vendita online c’è spazio per molti vincitori “. E, va da sé, per milioni e milioni di perdenti. Spaventa la visione binaria degli iper ricchi e del capitalismo: vincitori e sconfitti, predatori e prede. Bezos ha un piano anche per questo: influire sull’informazione, entrare nel cervello della gente. Per questo ha comprato il quotidiano Washington Post, per questo Amazon Prime, il servizio di video on demand, ha 150 milioni di abbonati che generano venti miliardi di dollari. Amazon Prime ha speso una fortuna per trasformare Il signore degli anelli in una serie televisiva. Bisogna pur intrattenere l’umanità confinata, oltreché servirle il pranzo.
Da quando è nell’orbita di Amazon, il Washington Post ha aumentato il suo numero di lettori digitali per merito di un sistema di esclusive giornalistiche. Gli algoritmi di Amazon non riescono ancora a scrivere le sceneggiature per le serie televisive, ma captano al volo – o meglio sanno determinare – i gusti del pubblico.
La madre di Jeff Bezos, che allevò il piccolo da sola, lo iscrisse a una scuola per superdotati intellettuali, dove si appassionò alla fantascienza: Jules Verne, Isaac Asimov. C’è qualcosa di molto attrattivo nelle utopie, ha confessato. Il suo autore preferito, il fisico Gerard K. O’Neill è un grande sostenitore della corsa dell’umanità alla conquista dello spazio. Vivremo- questo è il piano – in urbanizzazioni costruite in atmosfera pressurizzata, con spiagge artificiali. Saranno, si entusiasma Bezos, come le isole Hawaii senza pioggia, tempeste, senza terremoti. L’Eden non più in terra, ma tra le nuvole, anzi nel “cloud” informatico. L’umanità crescerà senza limiti. “Ci saranno miliardi di umani distribuiti nell’intero sistema solare. Avremo migliaia di Mozart e di Einstein. Una civiltà incredibile”. Troppe utopie sono finite in tragedia, per fidarsi dei piani dell’ex studente di fisica che alla fine scelse l’informatica. Assistette ai seminari di O’ Neill a Princeton, dove sorse il germe di Blue Origin, la sua impresa di viaggi spaziali.
La fortuna di Jeff Bezos è il doppio di quella del secondo super ricco, Bill Gates, nella foto, il che fa di lui l’uomo più ricco della storia umana!
Secondo la prima fidanzata, si è impegnato a guadagnare tanto per poter viaggiare nello spazio. Una motivazione debole per l’uomo più ricco e potente del secolo XXI, presente tuttavia nella discorso di promozione di Blue Origin in cui descrisse la sua visione: “portare tutto il mondo fuori dalla Terra e trasformarla in un grande parco nazionale. “Dal genio alla follia non vi è che un passo; l’idea della Terra come parco “nazionale” (di quale nazione? Quella dei super ricchi?) toglie il sonno.
Bezos è un fanatico di Star Trek e il suo idolo è Jean-Luc Picard, comandante dell’astronave Enterprise. Dicono che si rada il cranio e faccia ginnastica con i pesi per assomigliargli. Ha piani per installare una colonia sulla luna per estrarvi acqua e minerali. Una distanza minima nel viaggio galattico di un’umanità nomade in cerca di una nuova casa tra le stelle. “Il mio obiettivo è mettere le basi affinché, quando arriverà il momento di vivere lassù, tutti gli strumenti siano pronti.” Vende ogni anno un miliardo di dollari di azioni Amazon per finanziare Blue Origin. La sua paura più grande è l’esaurimento delle risorse energetiche. Manifesta il suo pericoloso prometeismo affermando che “il pericolo non è l’estinzione, ma l’immobilismo. Dovremo smettere di crescere, e questa è una pessima prospettiva che può portare al razionamento e alla fame.”
Forse perciò immagina un futuro in cui vivremo in colonie spaziali cilindriche volanti con accesso illimitato all’’energia solare. Il suo concetto di organizzazione perfetta è un gruppo umano che può essere nutrito con due pizze formato famiglia. Una squadra più grande diventa burocrazia, la parola tabù. Proibito a fare presentazioni su Power Point, il software dedicato di Microsoft. Con lui, bisogna scrivere sei pagine per sviluppare ogni idea. La narrativa conta. Bezos apprezza il pensiero lineare che fluisce con la lettura e si sta perdendo. Per alcuni manager, preparare questi documenti è un incubo: Bezos sa essere molto sgradevole. Sei pigro o semplicemente incompetente? è una delle sue risposte più comuni. I colloqui di assunzione hanno qualcosa del dialogo socratico. Ci sono domande per le quali nessuno può essere preparato. Perché i tombini delle fogne sono rotondi? Bezos è convinto che se eleva il livello ad ogni assunzione, alla fine avrà i più brillanti dirigenti. La logica del darwinismo aziendale.
Tra i dirigenti c’è un ruolo speciale, il consulente tecnico. Per un anno, i candidati seguono Bezos come i discepoli con il messia. Sono i Jeff’s bots, i robot di Jeff, come sono chiamati con disprezzo, costruiti a immagine del modello. Al vertice, ventuno eletti trattano direttamente con il Capo. È l’ S-Team, quasi una fratellanza segreta, come i cavalieri della Tavola Rotonda (diciotto uomini, nessun nero e tre donne). Non esistono zone di ricreazione negli uffici. Il modello non è Google, i dipendenti pagano la mensa e il parcheggio. Bezos predica la frugalità.
Nell’epoca del gigantismo aziendale, del monopolio elevato a potere globale: Jeff Bezos ha la feroce volontà di essere il più grande di tutti, sulla pelle di tutti!
Il 90 per cento dei dipendenti non lavora in ufficio. Sono servi di magazzino che competono con droni e robot. Braccia forti e gambe giovani Qualificazione, il minimo. A Bezos non importa che abbiano speso tempo e denaro in titoli di studio e master. Nel pieno della pandemia, quando Amazon non riusciva a fare fronte agli ordini, hanno dovuto sopportare a denti stretti terribili condizioni di lavoro. Se non vado a lavorare, non posso pagare l’affitto. E se ci vado, posso ammalarmi e non lavorare mai più, perché perdo la vita, ha raccontato al New York Times un addetto alla distribuzione. Bezos ha aumentato di un paio di dollari la base salariale oraria, salvo ritirarla a giugno. Sono scoppiate le proteste: uno sciopero in Italia, la chiusura temporanea dei centri francesi per ordine di un giudice convinto che Amazon non facesse nulla contro le infezioni A Bezos i sindacati danno fastidio, anche se si considera un paladino della democrazia. Ma che cosa è la democrazia per Bezos, a parte sbarazzarsi di Trump, il che lo accomuna agli altri miliardari tecnologici? Nessuno lo sa, poiché nessuno lo ha mai sentito parlare di politica. Possiamo avere la democrazia o possiamo avere Amazon Prime, ma non possiamo avere entrambe le cose, ha concluso una giornalista.
Nell’epoca del gigantismo aziendale – il monopolio elevato a potere globale – Jeff Bezos ha la feroce volontà di essere il più grande di tutti. Dire che il suo piano è il dominio del pianeta è un malinteso: le sue ambizioni non sono soggette alla forza di gravità terrestre. Quello che sta tentando è gettare le basi per il futuro della specie fuori della Terra, in modo che la sua utopia possa mettere radici. Non corre anche a te un brivido freddo lungo la schiena?
FONTE: http://www.accademianuovaitalia.it/index.php/contro-informazione/le-grandi-menzogne-editoriali/9399-jeff-bezos-ha-un-piano
GIUSTIZIA E NORME
CONTE INDAGATO PER EPIDEMIA VOLONTARIA!
16.08.2020 Marco Della Luna
A quanto pubblicato da ANSA e diversi quotidiani, Conte assieme a 6 suoi ministri è indagato per l’articolo 438 del Codice Penale, ossia epidemia volontaria (Chiunque cagiona un’epidemia mediante la diffusione di germi patogeni è punito con l’ergastolo. Se dal fatto deriva la morte di più persone, (si applica la pena di morte)), e non per l’articolo 452, ossia epidemia colposa, punita con fino a 5 anni. Siccome è indagato anche per l’articolo 283 del Codice Penale, ossia attentato alla costituzione mediante violenza (Chiunque, con atti violenti, commette un fatto diretto e idoneo a mutare la Costituzione dello Stato o la forma di Governo, è punito con la reclusione non inferiore a cinque anni), si comprende che l’ipotesi è che Conte e i suoi ministri abbiano volutamente omesso misure preventive e contenitive dell’epidemia allo scopo di creare una tragedia con molti morti (questa è la violenza richiesta dall’art. 283 CP per la sussistenza del reato), che consentisse loro di sospendere la costituzione e assumere illegittimamente i pieni poteri, come effettivamente hanno fatto, col pretesto dell’emergenza (vedi il mio articolo “Non denunciate Conte”).
Questa interpretazione sarebbe confermata dal fatto che anche attualmente, mentre da un lato il governo denuncia la risalita dei contagi, dall’altro fa entrare in Italia moltissimi clandestini infetti e li distribuisce sul territorio nazionale in condizioni che consentono loro di evadere e diffondere il contagio; così i contagi salgono e il Governo può mantenere i pieni poteri.
L’avvocato professor Taormina aveva denunciato Conte per pandemia colposa, non dolosa, quindi qui non si tratta della denuncia presentata da lui, bensì di un’altra denuncia, per un delitto immensamente più grave, che in passato era punito con la pena di morte!
Il pubblico ministero presso il Tribunale di Roma, nel trasmettere gli atti al Tribunale dei Ministri, non aveva la facoltà di richiedere l’archiviazione, Eppure l’ha fatto. Si tratta quindi di una palese, pesante e indebita mossa politica a sostegno del governo, per la quale dovrebbe essere sanzionato.
Ora vedremo che cosa farà il Tribunale dei ministri. Per ristabilire la parità, dovrebbe dare ai denunciati la possibilità di conoscere gli atti e l’istanza di archiviazione, per replicare a questa. Se non lo farà e accoglierà la richiesta di archiviazione del Pubblico Ministero, sarà un ulteriore atto politico in favore del governo, di parte; ma questa volta compiuto da un giudice, quindi molto più forte e grave, compromettente per tutto lo Stato.
FONTE: https://marcodellaluna.info/sito/2020/08/16/conte-indagato-per-epidemia-volontaria/
PANORAMA INTERNAZIONALE
Così Papa Francesco ha cambiato per sempre la Chiesa
La Chiesa cattolica, dopo questo pontificato, non sarà più la stessa. Il “cambio di paradigma” interessa la dottrina, ma soprattutto la scelta degli uomini.
I “bergogliani” non sono solo una categoria di persone: si tratta di un gruppo più o meno omogeneo che abbraccia la linea del pontefice argentino. In qualche modo, si potrebbe parlare di un proprio blocco di consacrati che è stato incaricato da Jorge Mario Bergoglio. Una classe di ecclesiastici che è divenuta fondamentale per l’odierna gestione dell’Ecclesia, ma che giocoforza eserciterà un ruolo per l’avvenire. Può essere presentato anche il ragionamento inverso. Il successore di Benedetto XVI ha evitato, giusto per fare un esempio, di creare come cardinali alcune personalità provenienti da diocesi storiche: gli arcivescovi di Milano e di Parigi non sono porporati. Medesimo discorso vale per il patriarca di Venezia. Tradizionalmente parlando, le diocesi citate nella storia recente hanno quasi sempre espresso un cardinale. La sensazione è che quegli arcivescovi siano visti dal Santo Padre come conservatori o comunque come non in linea con gli accenti posti in questi sei anni e mezzo.
Detta così sembrerebbe quasi che l’ex arcivescovo di Buenos Aires abbia piazzato i “suoi” all’interno dei ruoli chiave: in parte è vero, ma la Chiesa cattolica non ragiona come un partito politico. Noto, però, è il caso di monsignor Luigi Negri: ratzingeriano doc, Negri, che è un conservatore, è stato sostituito nell’arcidiocesi di Ferrara-Comacchio con monsignor Perego, definito pure il “vescovo dei migranti”. Il cardinale Gherard Ludwig Mueller, un altro ratzingeriano, è stato sì nominato prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, ma poi non è stato confermato: l’attuale prefetto è monsignor Ladaria, un gesuita Di solito, un incarico di quel tipo dura almeno dieci anni, non cinque. Potrebbero essere elencate molte situazioni simili: in generale, i ratzingeriani oggi hanno un peso minore rispetto a qualche anno fa. Un pontificato può, e in qualche modo deve, modificare la linea della pastorale. Ma un papa non può – questa è la critica del “fronte tradizionale” – cambiare la dottrina.
La pastorale, però, non può non influire sul messaggio che un ente universale come la Chiesa cattolica inoltra al mondo intero. Studiando la pastorale di Francesco, si può comprendere il perché alcuni ecclesiastici siano stati elevati in delle posizioni chiave ed altri no. Il C9, il consiglio dei cardinali chiamato alla riforma strutturale della Curia romana, è composto da “bergogliani”. Il vertice è il cardinal Maradiaga, un sudamericano con cui Francesco è molto in sintonia. Il prefetto di Propaganda Fide è il cardinal Luis Antonio Tagle, un porporato asiatico che è considerato in posizione favorevole per la successione a Bergoglio. Quando papa Francesco ha deciso d’intervenire sulle finanze vaticane, ha optato per il cardinal Reinhard Marx, l’ex vertice della Conferenza episcopale tedesca che ha spinto per un “sinodo interno” della Chiesa teutonica che pare potenzialmente in grado di mutare alcune architravi decisive per la storia della dottrina cristiano-cattolica.
Dalla possibilità di affidare alcuni compiti pastorali ai laici al commissariamento di alcune congregazioni “tradizionaliste”, passando per le selezione delle madri superiori e dei superiori genericamente intesi: quello di Bergoglio è, in qualche modo, una sorta di spoil system. Ma ogni pontefice ha disegnato una Chiesa a sua immagine e somiglianza. Il dato nuovo, al limite, è l’indebolimento delle voci contrarie: l’opposizione è sempre meno forte. E questo dipende strettamente pure da un fattore numerico: i conservatori pesano soltanto perché “tutelati” da alcune voci mediatiche.
Nel corso del pontificato di Benedetto XVI, all’opposizione è stato consentito di criticare con ampi margini d’interventismo. Probabile che queste persone siano destinate a continuare ad occupare quelle posizioni sino alla fine del pontificato e, stando alla fotografia “politica” inerente al Conclave, oltre. Bergoglio ha del resto scelto anche la “maggioranza” relativa dei porporati. La Chiesa, dopo Francesco, dovrebbe continuare ad essere “bergogliana”. O almeno questo è quello che raccontano gli equilibri odierni.
FONTE: https://it.insideover.com/religioni/cosi-papa-francesco-ha-cambiato-per-sempre-la-chiesa.html
La “tredicesima chiave” di Trump
Francesco Boezi
18 AGOSTO 2020
Tutto negli States suggerisce come Donald Trump vada incontro ad una sconfitta scontata. Le “13 chiavi” del professor Allan Lichtman non sbagliano mai la disamina sull’esito (o quasi): Joe Biden è il favorito. Anzi, il candidato dei Dem può dirsi in qualche modo certo di vincere le elezioni presidenziali di novembre. L’accademico statunitense ha elaborato nel corso degli anni un modello politologico. Trattasi di indici che vanno dal carisma – caratteristica che deriva dalla civiltà della Grecia antica e che non ha mai più abbandonato la politica – agli scandali interni alla Casa Bianca, passando per le condizioni economico-sociali del popolo americano e da altri dieci elementi, che comprendono i risultati in politica estera ed altro. Lichtam ha previsto il fatto che Trump potesse affermarsi nel voto popolare nel 2016. In realtà, è stata la Clinton a trionfare nel voto popolare, mentre Trump ha vinto nel complesso sistema dei “grandi elettori”, che derivano dalle proporzionalità statali. Il fatto che Lichtman abbia dato per possibile la vittoria di Trump quattro anni fa, però, rende il suo modello particolarmente credibile. Poi c’è il fatto che Lichtman abbia sbagliato davvero di rado la sua predizione.
C’è qualche però. In questa intervista rilasciata al Corriere della Sera, Lichtman ha affermato di avere due incubi. Quelli che, nel caso si concretizzassero, potrebbero ribaltare i pronostici: qualcosa di relativo alla “soppressione del voto”; un intervento esterno da parte della Russia di Vladimir Putin. Entrambi gli spauracchi possono essere interpretati alla stregua di ventilazioni propagandistiche: Lichtman è pur sempre un democratico. Il fatto che Trump voglia impedire alle minoranze di recarsi alle urne mediante qualche tipologia di meccanismo ostruzionistico è un argomento tipico dei progressisti americani. Un discorso identico vale per la questione del Russiagate che, com’è noto, è finita in un niente di fatto.
Quello che il professor Lichtman sembra temere, in realtà, è legato all’imprevedibilità di una rimonta che Trump ha già operato. Se non altro perché, checché ne dicessero i sondaggi, sono stati gli ultimi mesi di campagna elettorale a risultare decisivi quattro anni fa. L’espressione “october’s surprise”, ad esempio, è tipica del periodo elettorale che precede di poco la turnata presidenziale statunitense: ad ottobre, solitamente, accade sempre qualcosa di sorprendente. Un evento che può tendere allo sconvolgimento delle sentenza registrate dalle rilevazioni statistiche. Nel 2016, i media americani tornarono ad occuparsi del mailgate di Hillary Clinton. I sondaggi variarono di qualche punto, ma in maniera meno evidente di come poi sarebbero andate le cose. A questa argomentazione, di consueto, viene replicato così: il vantaggio di Biden è di gran lunga superiore a quello della Clinton del 2016. Può essere vero, ma non ostruisce l’ipotesi che Trump possa dare vita ad una rimonta ancora più convincente.
Il presidente degli Stati Uniti potrebbe aver rintracciato una chiave: l’edificazione di un asse tra Israele e Emirati Arabi Uniti è certamente il fiore all’occhiello della politica estera trumpiana. Anche perché le logiche geopolitiche fanno sì che sia l’America ad esercitare il ruolo guida di questa nuova alleanza. Votare Biden potrebbe comportare l’estromissione degli Usa da questa “triade”. La stessa che rischia di dominare la scena internazionale nel corso dei prossimi decenni. Preferire Biden a Trump, per gli elettori, potrebbe voler dire scansare un monolite geopolitico in costruzione, optando per l’abbraccio con il multilateralismo diplomatico. Non tutte le fasce elettorali approfondiranno questi aspetti, ma è lecito immaginare che alcuni grandi centri di potere ci riflettano eccome. Pure il quadro di polarizzazione che coinvolge gli Stati Uniti e la Cina può influire sul giudizio di chi si occupa magari di economia finanziaria o di dinamiche d’esportazione.
La tredicesima chiave, insomma, potrebbe essere il contesto internazionale: Trump ha destrutturato la narrazione bellica americana, concentrandosi sull’economia interna, ma questa storia dell’alleanza a doppio filo con Israele ed Emirati Arabi Uniti, con la conseguente pace in Medio Oriente, può interessare le imminenti sorti del mondo intero.
FONTE: https://it.insideover.com/politica/la-tredicesima-chiave-di-trump.html
POLITICA
15 aforismi sul governo della paura e della colpa
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1. La commedia della mascherina è una tragedia nazionale.
2. L’ho detto fin da febbraio (si dovrà pur tirar via un diario alla fine di questa brutta storia): non ho paura del virus, ho paura del governo. Autoritario senza autorevolezza, supponente senza sapienza, non garantisce ciò che deve e si rivale sui cittadini colpevolizzandoli i quali, a loro volta (una parte non irrilevante, almeno) sono disposti al turpe scambio tra Parigi e la messa, a barattare la libertà per la sicurezza, perdendo libertà, sicurezza e dignità. Il combinato disposto ideale di quell’individualismo statalista che è la radice dei nostri mali.
3. Ci vorrebbe la forza umana e la credibilità morale di Wojtyla che diceva il contrario di quanto dicono oggi dittatorelli e sceriffi per preoccuparvi e controllarvi: “Non abbiate paura”.
4. Quanto accade – 8 contagiati qua, 9 là, 6 lì… – è del tutto normale. Diventa emergenza perché non è stato ricostruito il sistema della sorveglianza attiva su tutto il territorio nazionale. Eppure, siamo in questa situazione da gennaio, sono stati spesi 100 miliardi in deficit (debiti), c’è una linea di credito europea di centinaia di miliardi e ci sono sempre i 36 miliardi del Mes subito spendibili per la sanità. La inadempienza di governo crea l’emergenza, non il contrario. E con il controllo sociale, quale surrogato della medicina di base e della inesistente sorveglianza, si creano i mostri degli inquisitori e degli inquisiti. Ogni tragedia italiana ha alla sua origine una commedia.
5. Però, questi giovani disobbedienti, scorretti, che sbagliano, non rispettano le regole. Ah, le regole: la forma più cretina di educazione che sia mai stata concepita.
6. Questi giovani così irresponsabili che non salvano né il mondo né i nonni. Sono gli stessi giovani che il ministro dell’istruzione invitò, nel nome delle regole, a scioperare contro la plastica e il riscaldamento globale. Al tempo erano così responsabili, corretti, sensibili, regolati.
7. Poi la Vita, come sempre accade, si è ripresa tutto: dolore e morte compresi. L’unica cosa che ha lasciato è l’idiozia delle regole come governo del mondo e della gioventù sbagliata da sempre.
8. Uno mi ha detto: “Il M5S è come gli altri partiti”.
Un altro è intervenuto: “È vero, son tutti uguali”.
Un terzo si è aggiunto: “Lo sapevo, son tutti della stessa pasta”.
Non ce l’ho fatta, son dovuto intervenire per difendere il M5S: “Ma no, che dite, il M5S è peggio, ma molto molto molto peggio”.
9. Cts: “Un metro di distanza tra i banchi scolastici o non si potrà riaprire la scuola”.
“Non è possibile, manca lo spazio”.
Cts: “Ah, allora non fa niente, mettete le mascherine”.
Il Cts è più comitato (praticamente comitiva) che scientifico.
10. Visto che il grande comitato tecnico scientifico ha fatto la rilevante scoperta scientifica della incompatibilità tra scuola e distanza e ha indicato la riapertura delle scuole con le mascherine, allora, una domanda si impone: perché sono state chiuse le scuole?
11. I governi italiani ormai si sono specializzati nell’orchestrazione della paura e del senso di colpa. La cosa più giusta è quella di istituire un ministero ad hoc: Ministero della Paura e della Colpa.
12. La mia nota definizione del Pd – partito del potere inutile – trova ulteriore e non necessaria conferma nell’alleanza stabile con il più grande movimento della disonestà politica che sia mai esistito: M5S.
13. A me l’avviso di garanzia a Conte e ai ministri non piace. È come quelli che accusano il governo perché non ha previsto il terremoto. La politica giustizialista e la giustizia politica sono marciume illiberale di cui si sono nutrite proprio le forze di governo. Tuttavia, è giusto dire che il governo e in particolare Conte hanno ricostruito i giorni caldi dell’epidemia in Lombardia e dintorni prendendo in giro giudici, contenti di esser presi in giro, e italiani. Questo è inaccettabile ed è accettato e diffuso dai giornalisti di regime e dai cialtroni.
FONTE: https://www.nicolaporro.it/15-aforismi-sul-governo-della-paura-e-della-colpa/
Ci sarebbe anche un referendum costituzionale del quale occuparsi in questi giorni d’agosto. Tra qualche settimana – durante l’election day del 20 e 21 settembre – gli italiani dovranno decidere se confermare o respingere il taglio di deputati (dagli attuali 630 a 400) e senatori (da 315 a 200) votato dal parlamento nell’ottobre del 2019 dopo un lungo e non sempre lineare iter politico e legislativo. Eppure, nella distrazione collettiva di questa strana estate, se ne sta discutendo – quando se ne discute – soltanto a rimorchio di altre questioni.
Ci si indigna per il bonus covid chiesto da alcuni parlamentari, e va bene. Ma inquietano certi toni che trascinano ogni cosa in un baratro di rabbia e recriminazioni, alimentando la recrudescenza di un clima antipolitico. E tutto ciò cammina in parallelo con il disinteresse che sembra accompagnare il paese verso il voto di settembre, quando potrebbe essere ridimensionato il parlamento non solo nei numeri ma anche nella sua capacità di rappresentare la volontà popolare.
Se infatti il taglio dei parlamentari fosse confermato, in Italia si passerebbe dai circa 96mila abitanti per deputato a circa 151mila per deputato, e il nostro paese finirebbe all’ultimo posto in Europa per quanto riguarda la rappresentatività della camera bassa, che in Italia è la camera dei deputati.
In mancanza di una riforma complessiva della rappresentanza, o almeno dei correttivi al taglio che facevano parte dell’accordo di governo tra M5S e Pd – che però, a partire dalla nuova legge elettorale, sono rimasti sinora lettera morta – il risultato sarebbe quello di sterilizzare in parte la capacità del parlamento di rappresentare il popolo. E il parlamento è l’unico organo dello stato che il popolo lo rappresenta direttamente poiché dal popolo è eletto. Se questo sia un bene o un male è uno dei temi sui quali si dovrebbe riflettere adesso. Ma ciò non accade.
La vittoria dei partiti
Così non si può non notare che, di fronte a una evidente e ormai quasi strutturale incapacità della politica di dare risposte alle questioni aperte nel paese, quella stessa politica invece di migliorare se stessa – per esempio scegliendo meglio chi mandare in parlamento – decida di smantellare parzialmente il parlamento stesso.
Ciò che insomma succede è che, di fronte a una propria carenza, la politica reagisce diminuendo la capacità dell’istituzione che rappresenta il popolo, garantendosi di fatto ancor più potere di oggi. E ciò accade paradossalmente sull’onda di un sentimento antipolitico che in molti – inclusa una parte della stampa più influente – hanno alimentato in questi ultimi due decenni. Così, se il taglio fosse confermato dal voto popolare, sarebbe davvero un successo per quella che in altri tempi si sarebbe detta partitocrazia.
Tutto ciò non accade adesso e dal nulla, ma trova la sua radice all’inizio degli anni novanta. Fu allora che i grandi partiti popolari vennero spazzati via, alcuni dalle inchieste sulla corruzione e altri invece dalla storia. Si affermò allora un genere di organizzazione politica più liquida e legata alla figura del leader, per la quale la comunicazione ha avuto un ruolo fondamentale e che alle idee ha sostituito l’appartenenza a vere e proprie consorterie. È lì, nella chiamata diretta del leader al popolo, senza più la mediazione dei partiti, che sta l’origine dell’ondata populista che negli anni successivi si è andata ingrossando. Non a caso, negli stessi anni la democrazia parlamentare venne di fatto “presidenzializzata”, anche se la costituzione non era cambiata.
Tutto ciò, insieme a molti altri elementi come la progressiva devoluzione di porzioni della propria funzione verso l’Europa o verso le regioni, contribuì alla costante erosione del ruolo del parlamento come legislatore e come luogo della politica. Lo dimostrano il ricorso sempre più massiccio ai decreti da parte del governo e l’intervento, anch’esso sempre più frequente, della magistratura come legislatore indiretto attraverso l’interpretazione della legge. La via giudiziaria ai diritti civili rientra, in questa prospettiva, nel grande racconto del malfunzionamento della politica; malfunzionamento della politica, appunto, e non del parlamento, che però alla fine è stato colpito da questo processo.
Il potere delle leadership è politicamente enorme. Diminuendo il numero dei parlamentari quel potere crescerebbe ancor di più
Se è così, allora a preoccupare sono anche alcune conseguenze di natura strettamente politica che un eventuale taglio dei parlamentari potrebbe avere. Già adesso, per esempio, il potere delle leadership è politicamente enorme. E, al di là della scarsa capacità di autonomia intellettuale che è da tempo molto evidente nella pancia dei partiti, diminuendo il numero dei parlamentari quel potere crescerebbe ancor di più. Si ridurrebbe così a poca cosa la libertà dei singoli parlamentari, rendendo anche più difficile l’affermazione di una dissidenza interna e di un pensiero non allineato.
In questo modo si finirebbe sempre più per trasferire indebitamente sul parlamento un rapporto di forza che, pur legittimo all’interno dei singoli partiti, non lo è più quando riguarda soggetti, come i parlamentari, che dovrebbero rappresentare ciascuno l’intero paese. In termini costituzionali significa che c’è il rischio di realizzare nella sostanza, o quanto meno si rischia di rendere più facile, una elusione del divieto del vincolo di mandato. Un risultato che probabilmente non dispiacerebbe ai leader politici che, in forme diverse, lo hanno cercato in passato, da Berlusconi a Renzi fino a Grillo.
In termini assoluti, ciò potrebbe finire per incidere negativamente perfino sull’equilibrio, già manomesso da tempo, tra i poteri dello stato. Basti pensare al rapporto tra governo e parlamento che, come prevede la costituzione, si regge sulla fiducia che il secondo accorda al primo. In futuro i parlamentari potrebbero trovarsi a dover rispondere con sempre meno possibilità di dissentire agli ordini del presidente del consiglio, che di norma è anche il capo del partito di maggioranza. Si finirebbe insomma per consolidare un parziale rovesciamento di quel rapporto, pericolosamente già in corso da tempo.
Non sembra esserci una contropartita sufficiente per giustificare tutto questo. Non c’è dal punto di vista funzionale e neanche da quello del risparmio economico. Il risparmio, infatti, sarebbe risibile sia in termini assoluti sia in rapporto a ciò che si rischia di compromettere sul piano politico e istituzionale.
Quel che resta sul tappeto, alla fine, è il tentativo di conseguire un risultato squisitamente politico da parte del Movimento 5 stelle, che ha voluto quel taglio come provvedimento da sbandierare. E quel risultato si manifesta sin dall’origine come un segnale esemplare che si vorrebbe dare alla politica e che però colpisce ancora una volta soprattutto il parlamento. Questo anche perché restano ancora aperte alcune questioni, come la nuova legge elettorale che avrebbe dovuto accompagnare il taglio dei parlamentari o il rischio piuttosto grave che la diminuzione di un terzo del numero degli eletti lasci alcune aree del territorio nazionale prive di rappresentanza parlamentare.
Nei primi tre passaggi alle camere il Partito democratico si era espresso contro il taglio. Poi, al quarto e ultimo voto parlamentare, ha dato il via libera in cambio della promessa strappata al M5s dell’introduzione di una serie di correttivi per mitigare le distorsioni causate dalla riforma. Ma di tutto ciò non si è mai avuta traccia nella realtà, nonostante il forzato ammorbidimento del Pd in questi mesi su molte questioni care ai cinquestelle.
Si è arrivati così al referendum, con un M5s pronto a festeggiare e un Pd che, alla ormai conclamata incapacità di elaborazione politica, ha mostrato anche una punta di ingenuità sconcertante. Non è un caso se anche Goffredo Bettini, uno dei sostenitori dell’accordo col M5s all’interno del Pd, ha dovuto ammettere che, stando così le cose, il taglio dei parlamentari “può essere perfino pericoloso per il regime democratico”.
Ecco, sarebbe stato meglio pensarci prima.
FONTE: https://www.internazionale.it/opinione/alessandro-calvi/2020/08/19/referendum-taglio-parlamentari
Perchè voterò NO al referendum per la riduzione del numero dei parlamentari.
VIDEO QUI: https://youtu.be/g7ZTi_Kj_Fw
FONTE: http://www.aldogiannuli.it/perche-votero-no-al-referendum-per-la-riduzione-del-numero-dei-parlamentari/
Ritorna Mario Monti
Adriano Tilgher Cultura
Pareva ce ne fossimo liberati definitivamente, che non lo avremmo avuto più come nostro incubo, che le tremende batoste elettorali che aveva avuto il suo partito personale, “Scelta Civica”, gli avessero fatto capire quanto il popolo italiano non volesse più avere rapporti con lui.
Invece riecco Mario Monti, nominato, dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), presidente della Commissione per la Salute e lo Sviluppo sostenibile per l’Europa.
Noi Italiani tutti sappiamo quanto sia competente in fatto di salute ed abbiamo provato sulla nostra pelle, quando è stato presidente del consiglio in Italia, quali siano le sue idee in merito ad uno sviluppo sostenibile.
Mario Monti, con la sua esperienza sviluppata ai vertici della Commissione Trilaterale e del Gruppo Bilderberg e la sua formazione liberista, è sicuramente il più indicato per affossare definitivamente lo stato sociale e aumentare il divario economico tra i singoli e tra i popoli; questa volta infatti, non lo farà solo in Italia ma in tutta Europa.
Questo, ovviamente, ci fa capire quanto sia un’enorme presa in giro la parola democrazia: il popolo italiano, che ha subito amaramente le sue cosiddette cure economiche che ci hanno sprofondato in una crisi tremenda, ha espresso in modo palese la condanna elettorale per questo nemico dell’Italia, ed ora ce lo troviamo in un ruolo di prestigio a parlare e suggerire sulla salute, lui che con i suoi provvedimenti di limitazione e smantellamento del comparto sanitario italiano ha contribuito notevolmente, oltre all’imperizia dei nostri governanti attuali, a farci trovare impreparati all’arrivo della pandemia da Coronavirus.
Certo, sapevamo che lo dovevamo sopportare a lungo come senatore a vita, regalo fattoci da un altro uomo della sua stessa risma, Giorgio Napolitano, ma pensavamo che non avrebbe più potuto farci del male.
Questo però la dice lunga su quale sia la vera cupola di potere in Italia e nel mondo, fatta dai nemici dei popoli ma soprattutto dai nemici dell’uomo; quelli che ritengono che l’essere umano sia un oggetto che è utile solo in quanto sta al mercato e sul mercato, sia come prodotto che come consumatore, al servizio di chi detiene le risorse e dei loro servitori.
Qualche sprazzo di lucidità l’hanno anche questi servitori sciocchi lautamente pagati, probabilmente residui spuri della nostra cultura millenaria; ma sono veramente disposti a sacrificare le loro brillanti carriere per questioni di principio?
Il sistema di potere vuole ridurre il genere umano ad un indifferenziato agglomerato di consumatori senza distinzione di genere, cultura, religione, un tutt’uno omogeneo ed amorfo capace di consumare, servire e, se necessario, produrre. Le differenze, grande ricchezza e gioia del genere umano, se riconosciute, diventano pericolose, potrebbero diventare un problema serio per loro.
Il nostro si è schierato apertamente contro uno dei capisaldi della costruzione di questo “agglomerato indifferenziato” rappresentato dal riconoscimento del matrimonio omosessuale e dall’adozione da parte di coppie omosessuali.
Non sappiamo se è stata questa la causa della sua momentanea scomparsa dalla scena pubblica italiana, né se, nel frattempo, gli hanno fatto cambiare opinione, ma certamente attendiamo con preoccupazione i suoi suggerimenti.
Almeno questa dovrebbe essere la sua funzione o, oggi, i suggerimenti dell’OMS, di cui uno dei principali finanziatori è la Fondazione Bill e Melinda Gates, diventano, come è stato durante la crisi per il Covid 19, degli ordini perentori?
Speriamo di no, anche se la consistenza servile della nostra classe dirigente ci lascia poche speranze.
FONTE: http://www.ilpensieroforte.it/cultura/3831-ritorna-mario-monti
SCIENZE TECNOLOGIE
Quella doppia morale sul vaccino anti Covid
Sono passati sette mesi dal fatidico giorno in cui a Wuhan, in Cina, iniziarono a verificarsi strani polmoniti. Da allora la scienza è riuscita per lo meno a capire come si diffonde il virus (per lo più tramite i droplet) e quali contromisure utilizzare per limitare la crescita spropositata dei contagi (distanziamento sociale, mascherine, lavaggio delle mani). Eppure non esistono ancora farmaci, trattamenti o vaccini in grado di stroncare una volta per tutte il misterioso agente patogeno che ha preso il suo nome dalle punte a forma di corona presenti sulla sua superficie.
Improvvisamente, nella mattinata del 14 agosto, dalla Russia è arrivato un annuncio destinato a dividere l’opinione pubblica in due schieramenti contrapposti. Prima di elencare le caratteristiche dei due fronti, soffermiamoci sull’informativa proveniente da Mosca. Tra lo stupore generale, Vladimir Putin aveva affermato che sì, il suo Paese era riuscito, per primo, a trovare un vaccino contro il coronavirus. Apriti cielo: anziché esultare per una possibile svolta planetaria, accanto agli entusiasti, non sono mancati gli accusatori. Questi ultimi, citando esperti e scienziati, hanno parlato di bluff e di mera propaganda russa.
Bluff e propaganda
Scendendo nel dettaglio, Putin aveva spiegato che Sputnik, questo il nome dato dai russi al vaccino, “funziona bene, crea un’immunità stabile e ha superato tutti i test necessari”. Il presunto antidoto, del quale Mosca ha già prodotto il primo lotto, è stato sviluppato dall’istituto Gamaleya di Mosca. Per convincere ulteriormente il pubblico dell’ottima scoperta russa, lo Zar ha perfino rivelato che una delle sue figlie ha preso parte alla sperimentazione, ottenendo risultati discreti e un abbassamento della febbre nel giro di poche ore.
Il ministro della Salute russo, Mikhail Murashko, ha inoltre dichiarato che il vaccino sarà prodotto nel già citato istituto di ricerca Gamaleya e in quello di Binnopharm. Alcuni Paesi stranieri, secondo quanto riferito dal ministro Murashko, avrebbero mostrato interesse ad acquistarlo. Al netto dei legittimi dubbi in merito a un vaccino sfornato in tempi rapidissimi, è impossibile non vedere l’evidente astio nei confronti di un leader, Putin, che potrebbe aver scavalcato l’intero Occidente nella corsa del secolo.
Come giustificare il fatto che un “autocrate” come lo Zar (così viene spesso definito Putin dai media occidentali) abbia potuto superare Europa e Stati Uniti in un tema così sensibile? Non sapendo quale risposta dare, molti, senza neppure avere prove sul vaccino, si sono limitati a bollare l’antidoto di Putin come preoccupante e pericoloso per la sicurezza della popolazione. Il motivo è semplice: non sarebbero state effettuate adeguate sperimentazioni su larga scala e non vi sarebbero certezze in merito a eventuali controindicazioni sanitarie.
In altre parole, secondo i detrattori di Putin, il presidente russo avrebbe usato un argomento sensibile come quello del vaccino per incrementare il soft power di Mosca. In che modo? Facendo credere al mondo che lui, e non i leader occidentali, sarebbe presto riuscito a risolvere il nodo coronavirus. Sempre secondo questa lettura, il vaccino, nella migliore delle ipotesi, non sarebbe altro che un antidoto mal testato e ricco di controindicazioni per la salute dei pazienti. Nella peggiore, invece, non esisterebbe nemmeno.
Doppia morale
Il problema è che gli stessi detrattori del vaccino russo, giusto per fare un paragone, hanno accolto con grida di giubilo annunci molto meno clamorosi. Quando Bill Gates o l’Unione europea sono usciti allo scoperto, sottolineando l’importanza di realizzare un vaccino il prima possibile e distribuirlo in fretta, anche a costo di evitare sperimentazioni che avrebbero allungato il processo, nessuno si è indignato.
Anzi: i più hanno gioito in silenzio di fronte a ipotetiche “autorizzazioni speciali” chieste per bypassare gli ostacoli tecnico-burocratici. Detto altrimenti, siamo di fronte a una doppia morale. Il vaccino russo, pur non avendo informazioni dettagliate, è per forza di cose un bluff figlio della propaganda di Mosca; quello dell’Ue o di Bill Gates, oltre a essere valido a priori, può essere somministrato sulla fiducia.
Non si capisce bene per quale motivo alcuni abbiano scelto di seguire questa strada. La sensazione è che governi, organizzazioni e scienziati dovrebbero invece collaborare insieme per far uscire il mondo dall’incubo. E non farsi la guerra l’un l’altro. In ogni caso, al momento, il vaccino di Putin è l’unico ad essere stato annunciato. Vedremo cosa sarà in grado di fare.
FONTE: https://it.insideover.com/societa/quella-doppia-morale-sul-vaccino-anti-covid.html
L’uomo artificiale
Questo articolo è stato pubblicato in versione ridotta su la Verità del 31 gennaio 2020 con il titolo “L’intelligenza artificiale non esiste ma serve a renderci come macchine”.
Non passa giorno senza che ci si imbatta nell’annuncio di nuove e vieppiù audaci applicazioni dell’intelligenza artificiale: quella all’indicativo futuro che guiderà le automobili, diagnosticherà le malattie, gestirà i risparmi, scriverà libri, dirimerà contenziosi, dimostrerà teoremi irrisolti. Che farà di tutto e lo farà meglio, sicché chi ne scrive immagina tempi prossimi in cui l’uomo diventerà «obsoleto» e sarà progressivamente sostituito dalle macchine, fino a proclamare con dissimulato orgasmo l’avvento di un apocalittico «governo dei robot». Questo parlare di cose nuove non è però nuovo. La proiezione fantatecnica incanta il pubblico da circa due secoli, da quando cioè «la religione della tecnicità» ha fatto sì che «ogni progresso tecnico [apparisse alle masse dell’Occidente industrializzato] come un perfezionamento dell’essere umano stesso» (Carl Schmitt, Die Einheit der Welt) e, nell’ancorare questo perfezionamento a ciò che umano non è, gli ha conferito l’illusione di un moto inarrestabile e glorioso. Come tutte le religioni, anche quella della «tecnicità» produce a corollario dei «testi sacri» degli officianti-tecnici un controcanto apocrifo di leggende popolari in cui si trasfigurano le speranze e le paure dell’assemblea dei devoti. Delle leggende non serve indagare la plausibilità, ma il significato.
Per intelligenza artificiale (IA) si intendono le tecnologie in grado di simulare le abilità, il ragionamento e il comportamento degli esseri umani. Risulta dunque difficile capire da che punto in poi l’IA si distingua, ad esempio, da una piccola calcolatrice che svolge un’attività propria della mente umana (il calcolo, appunto), o da un personal computer che già simula molte abilità dell’uomo per via riduzionistica, scomponendole cioè in enti numerabili. Il concetto di IA sembra perciò essere più ottativo che tecnico. Non introduce alcuna rivoluzione ma identifica piuttosto, sotto un’etichetta accattivante e di dubbia solidità epistemica, lo sforzo e l’auspicio di sviluppare tecniche informatiche sempre più sofisticate e potenti. Che poi queste tecniche finiscano sempre per replicare, potenziandole, alcune funzioni della mente umana è ovvio in definizione, essendo state concepite e create proprio da quella mente e proprio con quell’obiettivo, fin dall’inizio.
Ciò che appassiona delle più recenti applicazioni dell’IA (cioè del computer) è la crescente capacità di elaborare input non rigidamente formalizzati, come ad esempio le riprese fotografiche, i tratti somatici, le basi di dati incoerenti e – soprattutto – il linguaggio. Quest’ultimo, espressione libera e creativa che si rigenera in continuazione (Noam Chomsky), rappresenta in effetti il banco di prova più importante. Per essere compiutamente decifrato esige non solo la corretta comprensione delle pur complesse norme sintattiche, ma anche quella dei sottotesti e contesti culturali, simbolici, emotivi (comprensione semantica). Ben più che uno strumento, il linguaggio è l’incarnazione dell’intelligenza che nel linguaggio si (ri)crea, traduce gli infiniti rivoli dell’esperienza individuale e sociale e si comunica agli altri. L’assalto cibernetico a questo impervio monte, che tanto ricorda l’impresa babelica finita proprio nel caos delle lingue, è solo ai suoi timidi inizi e sinora ha prodotto metafore matematiche più o meno promettenti per avvicinarsi ai misteri della mente. Ma per quanta strada si possa percorrere in questa direzione, resteremmo comunque ontologicamente lontani dall’obiettivo.
L’intelligenza non è solo funzionale, non si limita cioè a risolvere i problemi ma li pone, li formula e li dispone secondo gerarchie. In ciò è insieme condizionata e finalizzata dal soggetto che la esprime, ne è definita anche etimologicamente perché espressione indissolubile e diretta dei suoi fines, dei limiti che ne tracciano l’irripetibile e indivisibile identità: desideri, preferenze, paure, affetti, educazione, empatia e relazioni sociali, fede nella trascendenza, corporeità, morte e molto altro. Se la competenza logico-matematica è terreno comune a tutti gli uomini e a tutte le macchine, il suo esercizio è invece asservito alle gradazioni e alla mutevolezza della condizione di ciascuno. Una macchina non può ragionare come un uomo semplicemente perché non è un uomo, proprio come un bambino non ragiona come un adulto, un ricco come un povero, un sano come un ammalato, un ateo come un cristiano, un aborigeno come un europeo ecc. Occorre allora chiedersi il perché di questa finzione, di negare il naturale rapporto di complementarietà tra i due domini con la pretesa che possano, per qualcuno anzi debbano, sovrapporsi fino a confondersi e sostituirsi.
***
Qui azzardo due risposte. Se il soggetto intelligente guarda dentro (intŭs lĕgit) la propria condizione nel mondo per formulare gli obiettivi da sottoporre ai processi logici e computazionali eventualmente delegabili a un algoritmo, se opera cioè una «scelta preanalitica» (Mario Giampietro) che antecede e informa quei processi, resta scoperto il problema di chi detterebbe ex multis gli obiettivi alle macchine affinché le si possa chiamare «intelligenti». Come il «pilota automatico» di Mario Draghi, l’IA guiderà da sola e supererà brillantemente ogni ostacolo, ma verso quale meta? Escludendo l’ipotesi apocalittica (quella in cui se la darebbe da sola), sarà inevitabilmente la meta iscritta nel codice dai suoi committenti, che governando il codice godranno del privilegio di imporre i propri modelli etici, politici ed esistenziali a tutti, ovunque esista un processore e una scheda di rete. Dal groviglio delle sofisticazioni tecniche emergerebbe allora una più lineare dinamica di dominio dell’uomo sull’uomo, dove la citata finzione non sarebbe altro che una variante della pretesa tecnocratica, di incapsulare gli interessi e i moventi di una classe in una procedura sedicente asettica, inalterabile e necessaria, sottraendoli così alle resistenze delle altre forze sociali. Per chi si è lasciato mettere in ceppi dalle «ferree leggi» dell’economia (cioè dalle priorità di qualcuno, secondo le sue premesse e la sua visione del mondo) e da «lo dice la scienza» (idem), non sarà difficile accettare che la soluzione migliore sia quella partorita dai ventriloqui della marionetta cibernetica e «intelligente».
La seconda ipotesi chiama in causa il limite dell’uomo, cioè la sua definizione. Numerosi indizi fanno temere che, nel sentire comune, la riduzione del corredo soggettivo e plurale delle intelligenze umane in un sottogruppo acefalo di procedure erga omnes sia intesa non già come un impoverimento, ma come un salutare superamento della brulicante e imprevedibile complessità di pensieri, comportamenti e moventi del formicaio umano, e quindi dei «pericoli» che vi si anniderebbero. La macchina (si pensa) non «tiene famiglia» e non ha nulla da perdere né da guadagnare e quindi (si pensa) non può che fare «la cosa giusta» per tutti. Dalla tentazione così squisitamente adamitica e gnostica di separare anzitempo la zizzania dal grano scaturisce l’illusione di distillare processi cognitivi e decisionali infallibili – o comunque i migliori possibili – disattivando tutto ciò che può generare l’«errore»: fragilità, affetti, inclinazioni, dolo, ma anche e in ultima istanza l’incomputabile libero arbitrio, la libertà di ciascuno. Si è però visto che l’unità indissolubile di intelligenza e soggetto rende vana questa illusione, il cui solo risultato può essere quello di spostare l’arbitrio in poche mani potenti, omologando il resto. Ma poco importa. Più forte è il disgusto e la paura dell’indisciplinabile incognita uomo, il desiderio di spuntarle le armi incatenandola e negandola nella sua essenza distintiva, quella pensante. Questa brama del non vivente, di spegnere il coro dissonante delle intelligenze per ridurli alla monodia degli zombie, non si misura solo dai sogni – assurdi anche tecnicamente – di dare scacco matto a truffa e corruzione grazie alle transazioni elettroniche certificate, di «eliminare (sic) le mafie» con il denaro virtuale o i brogli con le macchinette per votare, ma in modo ancora più diretto dall’eugenetica morale di chi vorrebbe espungere «l’odio», «la paura» e altri sentimenti «cattivi» (partendo, ça va sans dire, dalla più tenerà età, nei casi estremi fino al sequestro ideologico o fisico dell’infanzia), ridurre al silenzio agli specialisti della salute, del clima e dell’economia che non ripetono a pappagallo una tesi o mettere in cima ai valori politici «l’onestà», cioè l’esecuzione demente, sicut ac machina, di una legge scritta, immaginando così di programmare gli umani.
Osserviamo la realtà. Nella pratica, quasi tutto ciò che oggi si fregia sui rotocalchi e nei parlamenti dell’etichetta di IA – cioè la digitalizzazione, in qualunque modo o misura la si applichi – è molto lontano dal requisito di portare la macchina nel modus cogitandi et operandi degli esseri umani per mettersi al loro servizio. All’opposto, le sue applicazioni implicano la necessità o persino l’obbligo che siano invece gli uomini ad adeguarsi alle procedure della macchina e a servirla. Ad esempio, se davvero avessimo a che fare con un’intelligenza umanoide di silicio che si integra con discrezione nella nostra struttura mentale, che bisogno avremmo di lamentarci della mancanza di «cultura digitale»? Non dovrebbe toccare al calcolatore l’onere di assorbire la nostra cultura? E a che pro insegnare il «coding», la lingua dei computer, a tutti i bambini? Di salutarlo (boom!) come «il nuovo latino»? Non dovevano essere i robot a parlare la nostra lingua? E perché addannarci con procedure telematiche, moduli online, assistenti telefonici, PEC, app, PIN, SPID, registri elettronici ecc. e stravolgere il nostro modo di lavorare e di pensare per servire al calcolatore la «pappa pronta» da digerire? Perché faticare il doppio per trasmettergli le nostre fatture nell’unico formato che riesce a comprendere, quando un mediocre studente di ragioneria sarebbe stato in grado di decifrarle in ogni variante formale? E perché spendere tempo, quattrini e salute nervosa per imparare tutte queste cose? Il «deep learning» non doveva essere una prerogativa dei nuovi algoritmi? Insomma, si ha l’impressione che la celebrata umanizzazione della macchina si stia risolvendo proprio nel suo contrario: in una macchinizzazione dell’uomo. Che l’impossibilità – lo ripetiamo: ontologica – di portare i circuiti nei nostri ranghi stia producendo il risultato inverso di fletterci, costi quel che costi, alla rigida cecità della loro legge.
Certo, possiamo raccontarci che questi sono solo paradossi transitori che servono a perfezionare e a istruire l’IA affinché spicchi presto il volo promesso. Ma la verità è un’altra ed è sotto gli occhi di tutti. È che l’IA è la nostra intelligenza, l’IA siamo noi. Non ci parla dei progressi dell’ingegneria e della scienza, ma di un auspicato progresso dell’uomo chiamato a spogliarsi dei suoi difetti – cioè di se stesso – per rivestirsi della stolta obbedienza, della prevedibilità e della governabilità dei dispositivi elettronici. Se nella prima fase questa transizione si è imposta con la seduzione dei suoi vantaggi, dal personal computer in ogni casa ai servizi internet gratuiti fino alla connettività mobile, in quella successiva deve forzare la mano magnificando i suoi benefici e rendendoli in ogni caso obbligatori con qualche pretesto penoso: la semplificazione, il risparmio, il progresso-che-non-si-può-fermare. È la fase in cui ci troviamno oggi: quella del 5G, degli elettrodomestici e delle automobili in rete, dei telefoni che non si spengono mai, della telematizzazione kafkiana dei servizi pubblici e, insieme, dei mal di pancia di chi si preoccupa, resiste e dubita, anche perché le promesse di miglioramento sociale che hanno accompagnato la precedente ondata sono state tutte miseramente disattese (che si parli di crisi proprio da quando si parla di «rivoluzione digitale» è un dettaglio che non tutti hanno trascurato di notare). Nel frattempo qualcuno, reso audace dallo Stato innovatore-coercitore, scopre le carte e prepara la terza e ultima fase in cui gli esseri umani dovranno accogliere le macchine anche nel proprio corpo e non più solo nei pensieri, con l’impianto di circuiti e processori collegati agli organi o direttamente al cervello. Con tanti saluti ai computer che diventano intelligenti, l’intelligenza diventerà un computer e l’uomo «sarà allora bardato di protesi prima di diventare egli stesso un artefatto, venduto in serie a consumatori diventati a loro volta artefatti. Poi, divenuto ormai inutile alle proprie creazioni, scomparirà» (Jacques Attali, Une brève histoire de l’avenir).
***
Questa riflessione non sarebbe completa senza chiedersi: perché? Qual è il senso di questo processo e del suo essere salutato come una mano santa, o almeno come una sfida a cui non ci si deve sottrarre? Indubbiamente a qualcuno non dispiacerà l’idea di tracciare, controllare e condizionare ogni azione o pensiero di ogni singolo individuo, ovunque e in qualunque momento. Né di assoggettare i popoli a processi e processori automatici che non lasciano scampo, privi di riflessione e di empatia e perciò inesorabilmente fedeli al mandato, fosse anche il più atroce. Ma anche questo sogno o incubo non sarebbe nuovo. La psicopatologia dell’onnipotenza e la volontà di dominio sono sempre esistite. Più triste è invece l’assenso delle cavie che si prestano a un siffatto esperimento di subumanesimo: dai politici che assecondano beoti le mode globali e le impongono ai cittadini, ai cittadini stessi che si immaginano pionieri di un’ubertosa età del silicio. C’è, evidentemente, un problema di percezione che non può essere solo effetto della propaganda. Una civiltà che desidera superare l’umano non può che essere profondamente scontenta di sé. È una civiltà delusa e intrappolata, incapace di raggiungere gli obiettivi che si è imposta ma altrettanto incapace di respingerli e di riconoscerli come ostili al proprio bisogno di prosperità e giustizia. Non riesce a immaginare un’alternativa e immagina allora che l’anello marcio della catena siano proprio i suoi membri: gli uomini deboli e irrazionali, indegni della meta. Umso schlimmer für die Menschen! Nasce da qui, dalla percezione strisciante di un fallimento epocale, l’illusione di salvarsi incatenando i passeggeri ai sedili e di sopprimerne le salvaguardie per espiare la «vergogna prometeica» (Günther Anders) di non essere all’altezza delle proprie creature, anche politiche. Per comprendere le radici di questa disperazione è quindi inutile interrogare gli ingegneri. Le tecnologie, intelligenti o meno, sono solo il pretesto di una fuga da sé che andrebbe affrontata almeno abbandonando la tentazione puerile di soluzioni «perfette» e perciò estranee al mistero irriducibile di un’umanità in cui «si mescolano polvere e divinità» (Fritjof Schuon), che vive nella quantità mentre aspira all’innumerabile e dissemina le sue verità provvisorie in miliardi di anime. Rimarrà il compromesso di una vita non certo geometrica e rassicurante come un videogioco, ma proprio per questo possibile, forse anche degna di essere vissuta.
FONTE: http://ilpedante.org/post/l-uomo-artificiale
Transumanesimo e “Vaccini” obbligatori contro il COVID
Sfida alla legge marziale sanitaria (NAZISMO, CODICE DI NORIMBERGA E “ELENCO DEGLI OBIETTORI”)
The Vermont Independent – pubblicato da 2ndvtrepublic il 6 luglio 2020
Nota dell’editore: mentre i farma-gangster di CDC e OMS, la B&MGF e i loro collaboratori di Big Pharma “si affrettano” a fornire al mondo un vaccino contro il COVID-19, l’avvocato ambientalista Robert F. Kennedy ci ricorda cosa c’è in gioco, mentre il giornalista statunitense Stephen Lendman richiama alla memoria la storia che regola le pratiche di libertà di cura e di consenso informato.
Non illudetevi, spingere le vaccinazioni obbligatorie per tutti i cittadini è “merda nazista”, in violazione del codice di Norimberga del dopo seconda guerra mondiale, approvato dopo che gli orrori della sperimentazione medica nazista su vittime non consenzienti furono rivelati al mondo.
Alla fine di questo post, trovate un elenco esaustivo di professionisti del settore medico che si interrogano sull’importanza del consenso informato e sulla libertà di cura.
(Nota del traduttore: ho eliminato questo lungo elenco di medici, che contiene i link alle loro dichiarazioni. Lo metterò eventualmente a disposizione se richiesto.)
Di seguito quanto dichiarato da Kennedy:
“Quasi nessuno capisce cosa c’è in gioco: Big Pharma ha 80 vaccini COVID in preparazione, ma Gates e Fauci hanno spinto il “vaccino Frankenstein” di Moderna in prima linea. Scienziati ed esperti di etica stanno dando l’allarme.
Questo vaccino utilizza una nuova tecnologia sperimentale RNA, non testata e molto controversa, che Gates promuove da oltre un decennio. Invece di iniettare un antigene e un adiuvante come nei vaccini tradizionali, Moderna inserisce un frammento di codice genetico del coronavirus nelle cellule umane, alterando il DNA in tutto il corpo umano e riprogrammando le nostre cellule per produrre anticorpi in grado di combattere il virus. I vaccini mRNA sono una forma di ingegneria genetica chiamata “modificazione della linea genetica ereditaria“.
Le alterazioni genetiche del vaccino di Moderna vengono trasmesse alle generazioni future.
A gennaio, nella Dichiarazione di Ginevra, i maggiori esperti di etica e scienziati del mondo hanno chiesto la cessazione di questo tipo di sperimentazione. Moderna non ha mai immesso un prodotto sul mercato, non ha mai proceduto a sperimentazioni cliniche, né ha mai fatto approvare un vaccino dalla FDA.
Nonostante gli investimenti di Gates, prima del COVID l’azienda stava fallendo con un debito di 1,5 miliardi di dollari…
Il supporto di Fauci ha assicurato a Moderna uno sbalorditivo investimento di 483 milioni di dollari in fondi federali per accelerare lo sviluppo. Il Dr. Joseph Bolen, ex capo della Ricerca e Sviluppo di Moderna, ha espresso il suo stupore in merito alla scommessa di Fauci. “Non so cosa pensassero”, ha detto alla CNN, “Quando l’ho letto, sono rimasto piuttosto stupito”.
Moderna e Fauci hanno avviato a Seattle il 3 marzo scorso, esperimenti su umani finanziati con fondi federali. Il dottor Peter Hotez avverte sulle conseguenze potenzialmente fatali derivanti dall’aver omesso gli studi sugli animali. “Se [non] c’è un miglioramento della risposta immunitaria (*) negli animali, la sperimentazione termina qui”. Il dottor Suhab Siddiqi, ex direttore chimico di Moderna, ha dichiarato alla CNN: “Non permetterei che [il vaccino] mi venisse inoculato. Pretenderei di sapere: dove sono i dati sulla tossicità?” L’ex scienziata del NIH, la dottoressa Judy Mikovits, afferma che è criminale testare i vaccini mRNA sull’uomo. “L’mRNA può causare tumori e altri gravi danni a distanza di anni”.
Come precauzione, Moderna ha ordinato ai partecipanti alla sperimentazione di evitare sesso non protetto o donazioni di sperma e Fauci ha ordinato che tutti i vaccini COVID siano protetti da immunità (legale, N.d.T.) totale. Gates spera di vendere la sua tecnologia sperimentale per l’alterazione genetica a tutti i 7 miliardi di esseri umani e di trasformare la nostra specie in OGM”.
Siete pronti per questo?”
Di seguito il giornalista Lendman:
Discutendo le pratiche mediche consentite, il Codice [di Norimberga] impone il consenso e proibisce la coercizione, seguendo il principio del Giuramento di Ippocrate “Primum, non nocere” (ἐπὶ δηλήσει δὲ καὶ ἀδικίῃ εἴρξειν). Seguono, ulteriori informazioni su questo argomento.
I vaccini minacciano la salute umana, in particolare quando il relativo sviluppo è affrettato come in questo momento.
Invece di fornire protezione come sostenuto, i vaccini causano di volta in volta le malattie che dovrebbero prevenire.
Sono in corso circa 120 progetti di sviluppo di vaccini contro il COVID-19.
Sia negli studi pre-clinici che in quelli umani, le aziende Big Pharma e le loro controparti straniere stanno gareggiando per sviluppare e commercializzare ciò che nessuno dovrebbe mai “toccare” quando saranno disponibili uno o più vaccini, forse nel corso di quest’anno o all’inizio del 2021.
Tutti i vaccini, senza eccezioni, contengono una miscela tossica di sostanze nocive per la salute umana.
In condizioni normali, lo sviluppo e la sperimentazione del vaccino richiedono anni.
Affrettarsi ad immetterne sul mercato uno o più, significa voler incassare una grossa somma di denaro con un profitto enorme, potenzialmente pari a miliardi di dollari, a prescindere dal rischio inaccettabile per la salute umana.
L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) spinge gli interessi di Big Pharma. Insiste spudoratamente sulla Grande Menzogna che i vaccini COVID-19 proteggeranno la salute e la sicurezza pubblica. Promuove lo sviluppo affrettato del vaccino COVID-19 per renderlo disponibile il più presto possibile, il che rischia di peggiorare una situazione già di per sé difficile.
Il suo obiettivo è quello di raggiungere una vaccinazione di massa di circa due miliardi di persone entro la fine del 2021.
In precedenza ha alterato la realtà, sostenendo falsamente che “non c’è attualmente alcuna prova che indossare una mascherina da parte di persone sane nel contesto più ampio della comunità, compreso il mascheramento universale della comunità, possa prevenire l’infezione da virus respiratori, compreso il COVID-19”.
Indossare una mascherina in pubblico riduce al minimo il rischio di infezione da COVID-19, insieme al corretto lavaggio delle mani, evitando grandi riunioni e in generale un corretto stile di vita che include una dieta sana e l’esercizio fisico quotidiano.
Gli studi dimostrano che circa la metà degli americani non si lascerà vaccinare per il COVID-19 mentre un altro 25% è riluttante a farlo.
Anthony Fauci e altri funzionari della sanità pubblica degli Stati Uniti promuovono gli interessi di Big Pharma – per questo motivo fidarsi dei loro consigli è pericoloso per la salute umana, soprattutto per quanto riguarda i vaccini pericolosi per la salute, in particolare per il COVID-19, quando disponibili.
Il film documentario del 2016 “Vaxxed: From Cover-Up to Catastrophe” parla del legame tra il vaccino MMR (morbillo, parotite, rosolia) e l’autismo. Il film denuncia la corruzione e la frode del CDC in ossequio al profitto dell’industria privata – perché dovrebbe essere chiamata industria della malattia e non della salute.
L’esperto di salute e nutrizione Gary Null e l’ex analista senior di ricerca sulle biotecnologie e le industrie genomiche Richard Gale hanno avvertito che i vaccini “non sono sicuri in qualsiasi dosaggio“. Quando lo sviluppo è affrettato, come sta succedendo ora per rendere disponibili i vaccini COVID-19 quanto prima, saranno particolarmente dannosi per la salute umana.
Nessuno, ripeto nessuno, dovrebbe permettere a se stesso e ai suoi familiari di far parte di un diabolico esperimento umano che è tutto incentrato sulla massimizzazione dei profitti di Big Pharma.
Le affermazioni sulla sicurezza e l’efficacia da parte dell’industria e del CDC non sono supportate dalla scienza medica.
Esiste invece una correlazione allarmante tra la vaccinazione infantile di massa e le malattie che colpiscono i bambini, così come le malattie autoimmuni negli adulti.
L’affermazione del CDC che i vaccini sono “inevitabilmente sicuri” non è supportata da prove scientifiche (**).
Nessun vaccino sviluppato e commercializzato era sicuro come sostenuto. I vaccini COVID-19, quando disponibili, saranno virtualmente estremamente tossici e potenzialmente dannosi per la salute umana.
Per questi motivi è essenziale dire semplicemente NO quando tutta l’industria e gli sforzi del governo spingono la gente a farsi vaccinare.
Il Codice di Norimberga comprende 10 punti:
- Consenso volontario su questioni relative alla salute umana.
- Procedure che producano risultati positivi a beneficio degli individui e della società.
- Procedure basate su risultati positivi della sperimentazione.
- Sofferenze fisiche e mentali vietate.
- Vietato tutto ciò che comporta rischio di morte o invalidità.
- I rischi assunti non devono mai superare i benefici desiderati.
- La preparazione adeguata in strutture idonee deve precedere le procedure seguite.
- Solo persone scientificamente qualificate devono condurre le sperimentazioni.
- Le persone possono annullare il trattamento in qualsiasi momento a propria discrezione.
- Qualora esista un rischio eccessivo per la salute umana, le persone scientificamente qualificate devono interrompere le procedure di trattamento.
Se imposta (la vaccinazione) negli Stati Uniti o altrove, in combutta con i giganti del farmaco, sarà una flagrante violazione del Codice di Norimberga.
Il probabile danno irreversibile per gli individui vaccinati supererà di gran lunga i benefici dichiarati che non sono supportati da prove scientifiche.
ELENCO DEI MEDICI OBIETTORI: omesso, vedi nota iniziale.
Centinaia di altri medici che testimoniano che i vaccini non sono sicuri o efficaci, in questi documentari…
- Vaccinazione – L’epidemia silenziosa – http://bit.ly/1vvQJ2W
- Il bene superiore – http://bit.ly/1icxh8j
- Spari nel buio – http://bit.ly/1ObtC8h
- Vaccinazione La verità nascosta – http://bit.ly/KEYDUh
- Nazione del vaccino – http://bit.ly/1iKNvpU
- Vaccinazione – La verità sui vaccini – http://bit.ly/1vlpwvU
- Iniezione letale – http://bit.ly/1URN7BJ
- Acquistato – http://bit.ly/1M7YSlr
- Immunità mortale – http://bit.ly/1KUg64Z
- Autismo – Made in USA – http://bit.ly/1J8WQN5
- Oltre il tradimento – http://bit.ly/1B7kmvt
- Segui il denaro – http://bit.ly/1vAH3Hv
- Perché non ci vacciniamo – http://bit.ly/1KbXhuf
Studio: Autismo e cancro correlati al DNA fetale umano nei vaccini.
Studio: Per 1 bambino su 168, i vaccini causano effetti collaterali così gravi da richiedere una visita al pronto soccorso.
https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC3236196/
Studio: I ragazzi vaccinati contro l’epatite B alla nascita hanno 3 volte più probabilità di sviluppare l’autismo.
http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/21058170
Analisi: SID e tassi di mortalità infantile regrediscono rispetto al numero di dosi di vaccino regolarmente somministrato, “alta correlazione statisticamente significativa tra l’aumento del numero di dosi di vaccino e l’aumento dei tassi di mortalità infantile…”.
http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC3170075/
Caso di studio: Rara morte infantile improvvisa simultanea (SID) di gemelli identici 2 giorni dopo la vaccinazione.
https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/17654772
Studio: Rotavirus collegato a un disturbo intestinale mortale in 1 neonato ogni 4670. “C’è stato anche un aumento del rischio di intussuscezione dopo la seconda dose del vaccino… La forte associazione tra vaccinazione con RRV-TV e intussuscezione tra i neonati altrimenti sani sostiene l’esistenza di una relazione causale“.
https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC1773072/
Studio: “Evidenze epidemiologiche a sostegno di un’associazione tra… vaccini per l’infanzia contenenti Thimerosal e il conseguente rischio di una diagnosi di autismo.”
http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC3878266/
Studio: “Più alta era la percentuale di bambini che venivano sottoposti a vaccinazioni raccomandate, più alta era la prevalenza di autismo (AUT) o disturbi della parola e/o del linguaggio (SLI). Un aumento dell’1% delle vaccinazioni è stato associato ad altri 680 bambini con AUT o SLI. Né il comportamento dei genitori né l’accesso alle cure hanno influito sui risultati, poiché le proporzioni delle vaccinazioni non erano significativamente correlate (statisticamente) a qualsiasi altra disabilità o al numero di pediatri in uno stato americano. I risultati suggeriscono che anche se il mercurio è stato rimosso da molti vaccini, altri cause possono collegare i vaccini all’autismo“.
http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/21623535
(*) N.d.T. – Il testo riporta letteralmente: “If there is immune enhancement in animals, that’s a show-stopper”. Ma, almeno ai miei occhi, la frase non avrebbe senso logico. Lascio comunque giudicare ai lettori.
(**) N.d.T. – Di più: una sentenza della Corte Suprema americana, di ottobre 2010, ha comunque confermato il concetto che “i vaccini sono inevitabilmente pericolosi”.
Scelto e tradotto da Cinthia Nardelli per ComeDonChisciotte
FONTE: https://comedonchisciotte.org/transumanesimo-e-vaccini-obbligatori-contro-il-covid-sfida-alla-legge-marziale-sanitaria-nazismo-codice-di-norimberga-e-elenco-degli-obiettori/
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