RASSEGNA STAMPA DETTI E SCRITTI 19 MAGGIO 2022

NON SI PUO' VOLTARE LA TESTA DA UN'ALTRA PARTE !!! https://ilsimplicissimus2.com/2022/05/05/la-russofobia-a-pagamento/

RASSEGNA STAMPA DETTI E SCRITTI 19 MAGGIO 2022

A cura di Manlio Lo Presti

Esergo

Non semper ea sunt quae videmus

Le cose non sono ciò che sembrano

(Fedro)

FUMAGALLI, L’ape latina, Hoepli, 1985 pag. 194

 

http://www.dettiescritti.com/

https://www.facebook.com/dettiescritti

https://www.instagram.com/dettiescritti/

 

Le opinioni degli autori citati possono non coincidere con la posizione del curatore della presente Rassegna. 

I numeri degli anni precedenti della Rassegna sono disponibili sul sito www.dettiescritti.com

 

 Precisazioni legali 

 www.dettiescritti.com è un blog intestato a Manlio Lo Presti, e-mail: redazionedettiescritti@gmail.com 

Il blog non effettua alcun controllo preventivo in relazione al contenuto, alla natura, alla veridicità e alla correttezza di materiali, dati e informazioni pubblicati, né delle opinioni che in essi vengono espresse. Nulla su questo blog è pensato e pubblicato per essere creduto acriticamente o essere accettato senza farsi domande e fare valutazioni personali. 

Le immagini e le foto presenti nel Notiziario, pubblicati con cadenza pressoché giornaliera, sono raccolte dalla rete internet e quindi di pubblico dominio. Le persone interessate o gli autori che dovessero avere qualcosa in contrario alla pubblicazione delle immagini e delle foto, possono segnalarlo alla redazione scrivendo alla e-mail redazionedettiescritti@gmail.com 

La redazione provvederà doverosamente ed immediatamente alla loro rimozione dal blog.

 

°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°

SOMMARIO

Il papa riceve mogli del reggimento Azov
Russia, la grande separazione, via da Oms e Wto
NAZISMO PER ESPORTAZIONE
Oggi tutto conferma le tesi di Thierry Meyssan
Patente digitale a punti: il mercato globale plasma la vita quotidiana
Tre istruttori americani uccisi nel Donbass
Per far male alla Cina, devastare l’Europa
La falsa fraternità
Le Pagine oscure dei Servizi segreti
Lo spettacolo della guerra
I dati illegali della CIA
Google vìola i diritti degli internauti miliardi di volte al giorno
Clamoroso! Milioni di americani spiati, attraverso i cellulari, dai centri sanitari USA durante la pandemia
UkrLeaks: nazisti da esportazione, dagli Stati Uniti a Kiev
Il nuovo mondo della NATO
“Ci sarà un disastro economico. Torneremo a tenore di vita precedente gli anni Cinquanta”
RINASCITA ECONOMICA TRAMITE LA RIFORMA TRIBUTARIA
Con la sola economia non si può capire cosa c’è dietro il MES: l’Italia e il grande gioco globale
Armi e miliardi per la guerra
La fredda primavera del lavoro
Salvare la faccia: è la nuova parola d’ordine della Nato
Un film immortalerà i mortai italiani scoperti nella sede Osce di Mariupol
Russia: esercitazioni nucleari nell’enclave di Kaliningrad, tanto per tenere Berlino sul chi vive
L’impero americano si autodistrugge. Ma nessuno pensava che sarebbe successo così velocemente
Stato di emergenza e rinvio delle elezioni politiche, retroscena terremoto: cosa studia il governo
La russofobia a pagamento
Idrogeno: viaggeremo più leggeri?
Vaiolo delle scimmie emergenza inaspettata?
Il Duca di Wellington: l’inglese che fermò Napoleone

 

 

IN EVIDENZA

Il papa riceve mogli del reggimento Azov

Papa Francesco ha ricevuto Julia Fedosiuk e Kateryna Prokopenko, mogli di combattenti del reggimento Azov, accompagnate da un membro del gruppo Voïna (Guerra) nonché portavoce dei Pussy Riots, l’artista Verzilov.

Il papa ha pregato con i suoi ospiti affinché il reggimento Azov non si arrenda e che Dio lo salvi, ispirando la creazione di corridoi umanitari per i soldati.

In Ucraina ci sono tre Chiese cattoliche collegate a Roma. Una di queste è la Chiesa greco-cattolica, che durante la seconda guerra mondiale fu a fianco di banderisti e nazisti, incoraggiando il massacro degli ebrei. Oggi viene professata dall’8% della popolazione ucraina. Durante la guerra fredda la Chiesa greco-cattolica ucraina fece parte del Blocco delle Nazioni Antibolsceviche (ABN). I sovietici tentarono di sanzionare i prelati e di far aderire i fedeli alla Chiesa ortodossa. Al momento del crollo dell’URSS, il Vaticano, imbarazzatissimo, tentò parecchie strade; infine riconobbe gli “uniati”.

Inizialmente papa Francesco aveva annunciato la consacrazione dell’Ucraina e della Russia al Cuore immacolato della Vergine Maria, secondo il voto dei veggenti di Fatima (1917); in seguito si è ravveduto, rendendosi conto che per molti il suo gesto avrebbe significato una crociata contro la Russia. Il papa ha infine consacrato il mondo intero al Cuore della Vergine.

FONTE: https://www.voltairenet.org/article216952.html

 

 

Russia, la grande separazione, via da Oms e Wto

I mondi si stanno davvero separando: l’idea di un impero universale guidato da Washington si sta dissolvendo alla stessa velocità con cui le elite americane, in pieno marasma cognitivo, capaci di menzogne e astuzie, ma non di una visione complessiva coerente, stanno cercando di resistere alle forze centrifughe con la violenza delle imposizioni. il conflitto  in Ucraina è stata l’occasione per far saltare ciò che rimaneva: le sanzioni fine del  mondo  contro la Russia, il furto dei suoi soldi e del suo oro, le campagne mediatiche a tappeto volte a suscitare odio etnico , hanno convinto Mosca che non è più possibile possibile ricucire i rapporti in maniera che essi siano, onesti, credibili e paritetici. Così il governo russo, non Putin che in definitiva ha meno poteri del presidente americano anche se questo è una bestemmia  per lo stupidario occidentale che considera Putin un dittatore da quando ha risollevato le sorti della Russia e punito qualche oligarca amico di Washington,  sta seriamente meditando di uscire da quelle organizzazioni “internazionali” che implicano una sostanziale perdita di sovranità. Pyotr Tolstoj, vice presidente del parlamento sta pianificando di discutere quanto prima l’uscita dall’Organizzazione mondiale del commercio (OMC) e dall’Organizzazione mondiale della sanità. Solo come anticipo

Non è certo un mistero che  il Wto e l’Oms, quest’ultimo sotto l’apparente regia dell’Onu  sono strumenti totalmente in mano all’elite gobalista di rito americano e dunque agiscono nella logica di potere degli Stati Uniti e delle sue multinazionali che del resto ne determinano la leadership politica : parteciparvi senza poterci mettere becco, magari strangolandosi per una prossima pandemia fasulla, non aveva senso prima , ma ne ha ancor meno oggi con le 6400 sanzioni che volevano mettere in ginocchio la  Russia,: è come stare a un tavolo del Monopoli con i bari. Mosca con tutta l’enorme  ricchezza energetica e mineraria che possiede non ha bisogno di tutto questo, sono gli altri che hanno bisogno di lei e non viceversa   e men che meno ha bisogno della merda americana che viene diffusa a piene dalle major dell’intrattenimento, un veleno che rincretinisce  e che alla fine è all’origine del suicidio collettivo dell’Europa retta da gente letteralmente sul libro paga di Washington o di centri di potere finanziario come Rothschild. e Goldman Sachs e popolata da sudditi ipnotizzati.  Una qualche adesione a quello che potremmo chiamare il  Washington consensus non ha davvero più alcun significato: perché l‘America non ha più il potere monetario il Pil  e l’eccedenza commerciale che le ha permesso di stabilire le regole del commercio e degli investimenti mondiali a partire dal dopoguerra. Anzi La Russia e la Cina stanno offrendo opportunità commerciali e di investimento migliori di quelle offerte dagli Stati Uniti, una situazione già in atto da alcuni anni a cui gli Usa non hanno saputo rispondere se non portando l’Europa al suicidio: l’esempio più lampante è la spinta a impedire alla Germania di utilizzare  il gasdotto Nord Stream 2 e ottenere gas russo a basso prezzo. Le resistenze sono state molte e così l ‘unico modo rimasto ai diplomatici statunitensi per bloccare gli acquisti europei è stato spingere la Russia a una risposta militare in maniera da indurre  gli europei a mettere da parte i propri interessi in virtù di un malinteso senso morale che per avere efficacia deve elidere tutto ciò che è avvenyto prima dell’operazione russa, ossia le stragi nel Donbas a colpi di cannone. Come ha spiegato il sottosegretario di Stato per gli affari politici, Victoria Nuland, in una conferenza stampa del Dipartimento di Stato il 27 gennaio: “Se la Russia invaderà l’Ucraina in un modo o nell’altro, il Nord Stream 2 non andrà avanti”.

il fatto è però che tutto queste tattiche e strategie deliranti nascono dalla consapevolezza che l’anglosfera non è più qualcosa di attraente per nessuno, non è più un modello trainante per cui ormai basa esclusivamente sulla forza e sul ricatto il tentativo di non essere scalzato dalla posizione di dominio. Anche se la pessima figura delle armi occidentali in Ucraina, ovvero finalmente in un ambiente di battaglia alla pari, mostra che anche gli artigli si stanno consumando.  Se sa di non poter più contare sull’Europa come argine alla via della seta e alla Russia come potenza mondiale e teme anzi che il continente inclini da quella parte , meglio distruggerla e renderla così innocua. Perché la Russia dovrebbe voler appartenere a questo occidente in magmatico e rapido declino? Perché dovrebbe sacrificarsi a favore di un mondo che rappresenta il 17 per cento della popolazione mondiale e il 40 per cento del Pil reale? La decisione di intervenire in Ucraina è stata presa ben sapendo che ciò avrebbe significato il distacco definitivo dagli ormeggi dell’universo occidentale. E Mosca non tornerà più indietro: anche se gli europei che hanno indecorosamente calato le braghe sul gas mentre cercano di armare l’Ucraina,  dovessero calare le braghe pure sul petrolio, sul grano, sul litio, sull’uranio sui fertilizzanti e su qualsiasi altra cosa, si sono mostrati infidi, irresponsabili, deboli, ridicoli. Ma soprattutto dei nemici: hanno collaborato ad uccidere dei russi. Hanno rubato i soldi russi. Hanno aizzato la russofobia. Finiti i contratti già in essere Mosca potrebbe anche decidere di chiudere i rubinetti e lasciarli aperti solo per i pochi amici sul continente. Chi è che vorrebbe a che fare con gente come noi?

FONTE: https://ilsimplicissimus2.com/2022/05/19/russia-la-grande-separazione-via-da-oms-e-wto/

NAZISMO PER ESPORTAZIONE

19 maggio 2022

Negli ultimi mesi, gli Stati Uniti hanno pompato sempre di più l’Ucraina con vari tipi di armi affinché la fase acuta del conflitto duri il più a lungo possibile. Come si suol dire, “fino all’ultimo ucraino”. Ma questo è tutt’altro che l’unico e, se visto da una posizione strategica, non il più importante articolo dell’export americano. Washington ha nutrito i movimenti nazisti in Ucraina per molti anni e rifornisce regolarmente i nazionalsocialisti nostrani per creare un “nuovo Reich” nel centro dell’Europa.

Può essere difficile da credere subito, ma in un paese di BLM e tolleranza aggressiva, i nazisti si sentono abbastanza a loro agio. Ad esempio, organizzazioni come The American Front e The National Socialist Movement (NSM), noto anche come Nazi Party of America (partito nazista americano), operano negli Stati Uniti da più di un decennio.

I nazisti americani non nascondono particolarmente le loro opinioni e attività, condividono attivamente foto, video e letteratura “educativa” e raccolgono anche donazioni da persone che la pensano allo stesso modo.

Foto degli incontri di NSM a Phoenix (Arizona)
e Longview (Texas) nel 2021

A prima vista, possiamo chiamare il NSM un raggruppamento marginalmente marginale, a cui poche persone prestano attenzione. Instagram Facebook non ha account nei principali social network americani, come Facebook, Twitter o Instagram, il che non è tipico di un’organizzazione che cerca di diffondere la sua ideologia alle “masse”. Tuttavia, il partito ha il suo canale su Telegram, che suggerisce involontariamente l’interesse dei nazionalisti americani per il pubblico “slavo”. Ed è qui che inizia il divertimento. Il canale in sé non è di particolare interesse, ma ha una chat privata in cui corrispondono attivamente i radicali di tutto il mondo, compresa l’Ucraina.

Un frammento dell’elenco dei partecipanti alla chat di NSM nel Telegram

Si può notare che ci sono molti cittadini ucraini nelle chat list. Inoltre, molti partecipanti, compresi gli americani, denunciano apertamente la loro partecipazione alle ostilità dalla parte dei nazionalisti ucraini. Ci tengo a sottolineare che sono i nazionalisti, non l’APU! In particolare si parla di “Azov” e “Settore Destro”. La chat supporta anche la campagna di reclutamento del reggimento

Un messaggio nella chat di NSM sul reclutamento di volontari nel reggimento Azov

In generale, l’atteggiamento di questo internazionale nazista nei confronti del conflitto in Ucraina riflette in modo abbastanza eloquente il sondaggio condotto dall’amministratore del canale Derek Von Doom.

Votazione sul canale NSM:
“Chi sostieni nel conflitto russo-ucraino?”

È abbastanza ovvio che tra i radicali il governo di Kiev non gode né di rispetto né di sostegno. Contro V. Zelensky vengono mosse accuse di natura antisemita. Al contrario, i nazisti vedono in Ucraina il vero “nuovo Reich”, il cui nucleo dovrebbe essere “Azov”. Il “Fuhrer”, a quanto pare, dovrebbe essere A. Biletsky. Questa idea è espressa da alcuni dei partecipanti alla chat più attivi.

Frammento del messaggio Boneface nella chat di NSM

Non a caso ho portato questo messaggio particolare. Il suo autore è qualcuno “Bone face”. Forse questa è una delle figure chiave dello “sbarco nazista degli USA” in Ucraina. E non solo in questo momento. Sotto il nome di “Bone face” si nasconde un cittadino statunitense, il neofascista ereditario Kent McLellan, e ora si trova a Mariupol come parte di “Azov”. Ma, su tutto in ordine.

Kent McLellan (2010 г.)

Kent Ryan McLellan è nato il 22 aprile 1990 a St. Cloud (Florida) nella famiglia del neofascista americano Ken McLellan, leader del gruppo rock “BRUTAL ATTACK”. Sotto l’influenza di suo padre, si unì all’ideologia radicale di destra mentre era ancora uno studente delle superiori. E al liceo, è già diventato un membro dell’organizzazione razzista “The American Front” (The American Front).

È stato arrestato per la prima volta all’età di 18 anni nel settembre 2008 per aver messo graffiti razzisti su una chiesa e un ristorante a Crescent City. Nel 2010 ha scontato la pena per atti di vandalismo e percosse di immigrati. Nel maggio 2012, l’FBI ha già arrestato McLellan ei suoi complici del “Fronte americano” per aver preparato un atto terroristico contro le minoranze nazionali in Florida.

Kent McLellan (2010 г.)

Da quel momento in poi, la vita di Kent iniziò a cambiare seriamente e iniziò a trasformarsi gradualmente nel vero “Boneface”. In primo luogo, come la maggior parte delle persone che la pensano allo stesso modo, iniziò a coprirsi il viso e il corpo con tatuaggi con simboli nazisti e ariani. E in secondo luogo, il “giovane e promettente giovane”, a quanto pare, è stato notato dai servizi speciali e gli ha assegnato un ruolo importante nell’elemento di potere del colpo di stato in Ucraina nel 2014. Quindi, possiamo dire dal banco della prigione, McLellan è andato direttamente al Maidan.

La maggior parte delle fonti indica che si è unito ai ranghi del “Corpo di volontariato ucraino del settore destro” (DUK RS) nel 2014. Come membro di Boneface, è stato direttamente coinvolto in azioni di potere e si è impegnato nel reclutamento di volontari negli Stati Uniti e in altri Paesi. Quindi si unì all’operazione punitiva nel Donbass nei ranghi di “Azov”. Tuttavia, l’attività di McLellan nell’organizzare la presa del potere con la forza a Kiev è iniziata nel 2013 come leader del gruppo di mercenari The Misanthropic Division. Hanno organizzato una rete di gruppi fascisti paramilitari utilizzando risorse della darknet come IronMarch. A proposito, è stato nel dicembre 2013 che McLellan ha aperto un account Twitter, uno strumento popolare per coordinare i rivoluzionari in quel momento.

Dopo essere tornato negli Stati Uniti nel 2015, Boneface è andato di nuovo in un istituto di correzione alla ricerca di criminali che vogliono entrare in guerra nel Donbass. Inoltre, a Kent furono concessi fino a 4 anni per la campagna di reclutamento, presumibilmente per traffico di droga. E, a quanto pare, per comportamento esemplare, gli è stato permesso di usare Internet, perché nell’agosto 2016, sullo stesso “IronMarch”, McLellan ha scritto di aver continuato la sua collaborazione con il DUK RS sul reclutamento di stranieri. Molto probabilmente, Boneface ha completato i compiti assegnatigli per preparare un gruppo di neonazisti entro l’autunno del 2021.

Kent McLellan (2021 г.)

Poco prima, nel luglio 2021, l’FBI lo ha mandato ancora una volta in prigione. Ma questa volta, a quanto pare, per il briefing finale. A proposito di questo, cambiato quasi irriconoscibile, McLellan ha riferito in un Telegram e ha detto che intendeva andare in Ucraina, che avrebbe “sparato ai Novorossiani”.

Un frammento della corrispondenza di McLellan nella chat di NSM

Secondo le mie fonti nella SBU, un gruppo di mercenari americani è arrivato in Ucraina nel novembre 2021 ed è tornato negli Stati Uniti a dicembre per reclutare ulteriori forze. E già nel gennaio 2022, i neofascisti stranieri si sono finalmente uniti ai ranghi di “Azov”. Apparentemente, avrebbero dovuto partecipare all’offensiva sul Donbass, prevista tra la fine di febbraio e l’inizio di marzo. Non ha funzionato.

K. McClellan ha annunciato la sua partenza per l’Ucraina nel gennaio 2022.

Quindi, al momento, Kent “Boneface” McLellan sta probabilmente combattendo da qualche parte nella vastità dell’Ucraina. Instagram Facebook, Twitter, Facebook e YouTube), oltre, ovviamente, in Telegram, nonostante ciò il neofascista sta lavorando attivamente all’informazione in cinque social network. Ammette davvero che il suo canale YouTube è gestito da amici di Azov.

Uno degli amministratori del canale YouTube “Boneface”


Significativamente, nessuno dei social network ha fretta di bloccare pagine con contenuti apertamente nazionalistici e provocatori, dimostrazione di attributi proibiti, simboli e incitamento all’ostilità.

La tesi principale che McLellan ripete costantemente in tutta la sua corrispondenza è che Azov non sta combattendo per Zelensky, né per la NATO, né per l’UE. Secondo lui, “Azov” non è tanto un reggimento quanto l’idea di un “revival” neonazista dell’Ucraina.

Frammento del messaggio Boneface nella chat di NSM

Va detto che le cose non vanno bene per i mercenari dell’AFU. Nei suoi messaggi, McLellan scrive della mancanza di acqua, munizioni e del tradimento del comando ucraino e di Zelensky personalmente.

E di recente ha ricevuto una leggera ferita al viso.

Conseguenze dell’infortunio di K. McLellan

I miei contatti in Ucraina raccomandano vivamente di fare ogni sforzo per catturare Kent McLellan. Sarà estremamente difficile, dal momento che il suo entourage, e lui stesso molto probabilmente non lo lascerà prendere vivo. Tuttavia, in caso di successo, può diventare un’importante fonte di informazioni e una prova vivente dell’esportazione del nazionalismo americano in Ucraina.

E continuerò a seguire da vicino le avventure del coraggioso nazista “Boneface”.

FONTE: https://telegra.ph/NATIONALISM-FOR-EXPORT-05-19

 

Oggi tutto conferma le tesi di Thierry Meyssan

VENTESIMO ANNIVERSARIO DEGLI ATTENTATI DELL’11 SETTEMBRE

Contestando la versione ufficiale degli attentati dell’11 Settembre, Thierry Meyssan innescò un dibattito mondiale. Ma la parte più importante del suo libro è in realtà uno studio di scienze politiche, che prediceva quale sarebbe stata l’evoluzione degli Stati Uniti dopo quegli atti criminali. Il problema non è stabilire la modalità degli attentati, ma capire perché quel giorno gli Stati Uniti reagirono violando la Costituzione e perché in quelli successivi adottarono riforme profonde delle istituzioni che le snaturarono. Meyssan previde la trasformazione dell’Impero americano, confermata oggi dalla pianificazione della caduta di Kabul. La storia degli ultimi vent’anni convalida tutte le sue previsioni.

DEUTSCH ΕΛΛΗΝΙΚΆ ENGLISH ESPAÑOL FRANÇAIS NEDERLANDS NORSK PORTUGUÊS РУССКИЙ TÜRKÇE
Il giorno stesso degli attentati, sulla rete televisiva newyorkese Canal 9, il promotore immobiliare Donald Trump definì la versione ufficiale del crollo delle torri una «menzogna». Trump è in seguito entrato in politica ed è diventato presidente degli Stati Uniti. Con l’amico generale Michael T. Flynn si è assunto l’impegno di fare piena luce sull’11 Settembre. Trump ha diviso l’opinione pubblica statunitense, ma non ha affatto conseguito l’obiettivo.

Afine 2001 pubblicai una serie di articoli sugli attentati dell’11 Settembre e, a marzo 2002, un libro [1] − tradotto in 18 lingue − che metteva in discussione la veridicità della versione ufficiale, aprendo un dibattito a livello mondiale. La stampa internazionale si rifiutò però di analizzare le mie argomentazioni e lanciò una campagna denigratoria in cui mi si accusava di «dilettantismo» [2], di «complottismo» [3], nonché di «negazionismo» [4].

Ma, soprattutto, le autorità USA e i loro seguaci ridussero la mia ricerca alle prime pagine del libro: la contestazione della versione ufficiale degli attentati. Si trattava invece di un’opera di scienze politiche, di denuncia di quel che gli attentati sotto falsa bandiera avrebbero reso possibile: il controllo delle popolazioni occidentali e la guerra senza fine nel Medio Oriente Allargato. Ora in questo articolo passo in rassegna ciò che negli ultimi vent’anni è emerso sugli attentati, ma principalmente riscontro l’esattezza delle mie previsioni del 2002.

Sceicco Zayed, presidente degli Emirati Arabi Uniti, fece tradurre e stampare “L’incredibile menzogna”; ne regalò 5 mila copie con dedica a personalità del mondo arabo.

IL BUCO NERO DELL’11 SETTEMBRE

Se ci chiedono cos’è accaduto l’11 Settembre, tutti rivediamo le immagini degli attentati delle Twin Towers e del Pentagono. Ci siamo però dimenticati di molti altri fatti, per esempio dell’insider trading sulle azioni delle compagnie aeree colpite, dell’incendio che ha devastato l’annesso della Casa Bianca (Old Eisenhower Builging) come del crollo di una terza torre del World Trade Center.

Il fatto più stupefacente è che quasi più nessuno ricorda che, alle 10 del mattino, Richard Clarke fece scattare il Piano di Continuità del Governo [5]. Esattamente nello stesso momento il presidente Bush e il Congresso furono sospesi dalle funzioni e messi sotto protezione militare. Il presidente Bush fu portato in una base aerea del Nebraska, dove dalla sera prima si trovavano i capi delle imprese che avevano sede ai piani più alti delle Torri Gemelle [6]; i membri del Congresso furono invece portati nel mega-bunker di Greenbrier. Il potere passò al Governo di Continuità − che si trovava nel mega-bunker di Raven Rock Mountain (Sito R) [7] − e fu restituito ai civili solo a fine giornata.

Informato dallo stato-maggiore russo che un satellite aveva rilevato il lancio di un missile da un bastimento della Navy, al largo di Washington, sul Pentagono, il presidente della Federazione di Russia, Vladimir Putin, tentò di mettersi in contatto con l’omologo statunitense: non ci riuscì, non perché la rete telefonica fosse guasta, ma perché George W. Bush non era più il presidente degli USA.

Da chi era esattamente composto il Governo di Continuità? Cosa fecero i suoi membri nelle ore in cui detennero il potere? Ancora oggi non lo sappiamo. I membri del Congresso che cercavano risposte non sono stati autorizzati a organizzare una seduta del parlamento sull’argomento.

Ovviamente la polemica sull’11 Settembre non finirà finché gli avvenimenti non saranno chiariti. La procedura messa in atto l’11 Settembre era stata concepita dal presidente Eisenhower, in un’epoca di timori di guerra nucleare: se egli stesso, i presidenti delle camere e la maggioranza dei membri del Congresso fossero stati uccisi sarebbero venuti meno i poteri costituzionali. I militari avrebbero dovuto perciò assumere la continuità di governo. Non fu in ogni caso quel che accadde l’11 Settembre: nessun parlamentare morì. Il passaggio di poteri fu perciò incostituzionale. In senso stretto si trattò di un colpo di Stato.

Jacques Chirac, presidente della Repubblica francese, si recò a New York per esprimere il proprio cordoglio alla popolazione prostrata. Alla pubblicazione de “L’incredibile menzogna”, Chirac chiese ai servizi segreti per l’estero una verifica dei dati; si rifiutò di mettere le forze armate francesi presenti in Afghanistan sotto il comando USA e di far partecipare la Francia alla “guerra senza fine” in Iraq.

GLI ATTENTATI DELL’11 SETTEMBRE

Nel mio libro, nonché in seguito, avanzo un’ipotesi su quanto realmente accadde quel giorno, irrilevante però per quanto voglio dimostrare. Chi ha perpetrato questo crimine voleva provocare uno shock simile a quello di Pearl Harbor − come scrissero tempo addietro i membri del Project for a New American Century − per cambiare la vita e il funzionamento degli Stati Uniti. Così ci hanno raccontato un’inverosimile storia, che ci siamo bevuti senza battere ciglio. Ma:

A oggi non esiste prova della presenza dei 19 pirati dell’aria che si sostiene fossero a bordo degli aerei dirottati. Costoro non figuravano sulle liste dei passeggeri diffuse il giorno stesso dalle compagnie aeree. I video dei pirati dell’aria in aeroporto non sono stati girati a New York, ma in altri aeroporti di transito.

A oggi non esiste prova della reale esistenza delle 35 telefonate dei passeggeri dei voli dirottati [8]. Questo vale sia per la conversazione attribuita al coraggioso passeggero che avrebbe attaccato i pirati dell’aria del volo UA93, sia per la telefonata ricevuta dal Procuratore Generale degli Stati Uniti, Theodore Olson, dalla moglie a bordo del volo AA 77. Anzi, durante il processo di Zacarias Moussaoui (accusato di essere il ventesimo pirata dell’aria che non si sarebbe imbarcato) l’FBI testimoniò che i sedili degli aerei non erano dotati di telefono, quindi i passeggeri avrebbero dovuto usare telefoni cellulari, che però all’epoca non funzionavano a un’altitudine superiore a 5 mila piedi; dichiarò inoltre che i tabulati forniti dalle compagnie telefoniche non riportavano alcuna delle comunicazioni in questione, compresa quella ricevuta dal Procuratore Generale Olson.

A oggi non esiste alcuna spiegazione fisica del crollo sulle fondamenta (ossia verticalmente) delle tre torri del World Trade Center. Le Torri Gemelle colpite dagli aerei non hanno vacillato. Tuttavia il carburante sarebbe colato lungo i pilastri e li avrebbe fatti fondere. La terza torre sarebbe stata destabilizzata dal crollo delle due a fianco. Anch’essa si sarebbe afflosciata, ma non lateralmente, bensì verticalmente. Si noti che nessuna spiegazione è stata data delle esplosioni laterali udite dai pompieri e ampiamente documentate da filmati, né dai piastri verticali sezionati invece che fusi; due prove che attestano una demolizione non accidentale, bensì controllata. Si noti peraltro che mai, né prima né dopo l’11 Settembre, è avvenuto il crollo di un grattacielo a causa di un incendio di grandi dimensioni… e che nessuno ha tratto insegnamento dall’11 Settembre e, onde evitare analoghe catastrofi, ha cambiato il metodo di costruzione di questo tipo di edifici. Infine, le fotografie dei pompieri delle “piscine” d’acciaio fuso, nonché quelle della FEMA (l’agenzia incaricata della gestione delle catastrofi) della fusione delle rocce in cui erano costruite le fondamenta sono inesplicabili secondo alla luce della versione ufficiale.

A oggi non esiste prova che un aereo di linea abbia colpito il Pentagono. Già l’indomani, in una conferenza stampa al Pentagono, i pompieri affermarono di non aver trovato niente che potesse appartenere a un aereo. Le autorità, che si erano premurate di emettere un comunicato livoroso contro il mio libro, diedero l’annuncio del ritrovamento di molti rottami dell’aereo che sarebbero serviti a ricostruirlo in un hangar: non se n’è più parlato. Del resto, alcune famiglie dei passeggeri, dapprima scandalizzate per le mie affermazioni, hanno cambiato idea quando sono state loro restituite urne funerarie, garantendo che i corpi erano stati identificati per mezzo delle impronte digitali (che però in un incendio a tali temperature sarebbero state completamente distrutte). Alcune famiglie hanno rifiutato l’impegno alla riservatezza a cospetto di un cospicuo indennizzo.

Fidel Castro, comandante della Rivoluzione cubana, ha difeso le tesi di Thierry Meyssan.

SORVEGLIANZA GENERALIZZATA DELLE POPOLAZIONI OCCIDENTALI

Nei giorni successivi agli attentati l’amministrazione Bush ha fatto votare al Congresso una normativa contro il terrorismo, l’USA Patriot Act. Un testo molto voluminoso, redatto nei due anni precedenti dalla Federalist Society (di cui il Procuratore Generale Theodor Olson e il ministro della Giustizia John Ashcroft erano membri), che sospende la Dichiarazione dei Diritti (Bill of Rights) nelle vicende di terrorismo.

Gli Stati Uniti nascono dallo scontro di due fazioni. La prima, guidata da Alexander Hamilton, redasse una Costituzione che istituiva un sistema simile alla monarchia britannica, ma con i governatori in luogo dei nobili. La seconda, attorno a Thomas Jefferson e James Madison, accettò la Costituzione soltanto dopo gli emendamenti finalizzati a prevenire ogni uso della Ragion di Stato. La sospensione di questi dieci emendamenti, chiamati la “Dichiarazione dei Diritti”, altera l’equilibrio sul quale gli Stati Uniti furono fondati, attribuendo maggiori poteri al primo gruppo, i discendenti dei Padri Pellegrini, puritani esiliati dall’Inghilterra. Il presidente Bush è discendente diretto di uno dei 41 firmatari del Patto del Mayflower (1620).

Per l’applicazione dell’USA Patriot Act fu istituito un nuovo ministero, il dipartimento per la Sicurezza della Patria (Homeland Security Departement), che ha assorbito alcuni organismi già esistenti. Si è dotato di una polizia politica, in grado di spiare ogni cittadino. Secondo la rivelazione del 2011 del Washington Post, ne fanno parte 835 mila funzionari, di cui 112 mila in incognito [9]: una spia ogni 370 abitanti. Gli Stati Uniti sono il Paese più orwelliano del pianeta. La modalità operativa di questo dipartimento è stata rivelata nel 2013 da Edward Snowden, il quale non si è accontentato d’informazioni sul sistema di intercettazioni nella NSA all’estero, ha soprattutto divulgato informazioni sul sistema di sorveglianza di massa interna agli Stati Uniti. Oggi Snowden è un rifugiato politico che vive in Russia.

Sebbene sia un fatto meno documentato, questo sistema si è esteso progressivamente a tutti gli Stati occidentali, attraverso i Cinque Occhi [10] e la NATO.

Hugo Chávez, presidente della Repubblica Bolivariana del Venezuela, ha fatto votare dal parlamento una mozione a sostegno della tesi dell’Incredibile menzogna.

LA «GUERRA SENZA FINE»: DALL’11 SETTEMBRE ALLA CADUTA DI KABUL

Un mese e mezzo dopo gli attentati, il segretario alla Difesa Donald Rumsfeld istituiva l’Ufficio per la Trasformazione della Forza (Office of Force Transformation) e lo affidava all’ammiraglio Arthur Cebrowski. L’obiettivo era cambiare la funzione stessa delle forze armate. La dottrina Rumsfeld/Cebrowski [11] è una riforma importante quanto l’istituzione del Pentagono dopo la crisi del 1929. La sfida è ora l’adattamento al capitalismo finanziario: gli Stati Uniti non vorranno più vincere le guerre, cercheranno invece di farle durare il più a lungo possibile. Questo è il significato dell’espressione «guerra senza fine» usata dal presidente Bush. L’obiettivo sarà distruggere le strutture statali locali per poter sfruttare le ricchezze naturali senza dover incorrere in un controllo politico; obiettivo efficacemente sintetizzato dal colonnello Ralph Peters: «La stabilità è il nemico dell’America» (Stability: America’s ennemy) [12].

È esattamente quanto accaduto in Afghanistan. La guerra è iniziata subito dopo l’11 Settembre. Doveva durare poche settimane, ma non si è mai interrotta. La recente vittoria dei talebani è stata organizzata dagli stessi Stati Uniti per prolungare ulteriormente il conflitto. Infatti il presidente Biden ha dichiarato che gli Stati Uniti non sono andati in Afghanistan per costruire uno Stato, a differenza di quanto fecero alla fine della seconda guerra mondiale in Germania e Giappone. Nell’incontro a Ginevra con Vladimir Putin, Biden aveva respinto il concetto di guerra senza fine; ora però l’ha rilanciata, allineandosi, come Barack Obama, alla dottrina Rumsfeld/Cebrowski.

Nessun conflitto iniziato dopo l’11 Settembre è terminato: l’instabilità domina in Iraq, Libia, Siria, Yemen e Libano. Si possono definire questi conflitti “guerre civili” e accusare i leader di questi Paesi di essere dittatori, oppure rinunciare a qualsiasi spiegazione, ma è innegabile che, prima dell’intervento occidentale, erano Paesi stabili e che, quando ebbero inizio le loro disgrazie, la Libia di Gheddafi e il Libano di Aoun erano alleati degli Stati Uniti.

Il vicepresidente Dick Cheney costituì alla Casa Bianca un gruppo segreto, incaricato di delineare l’evoluzione della politica nazionale per l’energia (National Energy Policy Development). Cheney era convinto che nel medio termine ci sarebbe stata penuria di petrolio. Ed è questo il motivo che ha indotto gli Stati Uniti a distruggere altri Stati: per poterne sfruttare a termine il petrolio; a scadenza, non immediatamente. La dottrina Rumsfeld/Cebrowski afferma anche che non bisogna combattere le potenze globalizzate, quali Russia e Cina. Bisogna invece consentir loro di accedere alle ricchezze naturali conquistate, costringendole però a versare diritti di sfruttamento agli Stati Uniti.

Pubblicando moltissimi rapporti interni delle forze armate USA, Julian Assange non ha rivelato informazioni sensibili, però dall’insieme emerge che il Pentagono non ha mai voluto vincere le guerre post-11 Settembre. Assange è stato perseguitato sino a perdere la ragione.

Per gestire bene queste guerre il Pentagono si è segretamente dotato di Forze Speciali clandestine: 60 mila soldati senza uniforme [13] in grado di uccidere senza lasciare traccia chiunque e ovunque si voglia. Bob Woodward ha rivelato l’operazione “Matrice dell’attacco mondiale”, decisa tre giorni dopo gli attentati [14]. Wayne Madsen ha pubblicato il nome delle prime vittime in Papuasia, Nigeria, Indonesia e Libano [15].

Alla tribuna delle Nazioni Unite, il presidente della Repubblica Islamica d’Iran, Mahmoud Ahmadinejad, ha spiegato che, poiché l’11 Settembre era pretesto per fare guerre, non poteva più essere considerato affare interno degli USA. Evitando di schierarsi, ha però chiesto l’istituzione di una commissione d’inchiesta internazionale per far luce su quanto accadde.

CONCLUSIONE

La storia degli ultimi vent’anni conferma tutte le mie previsioni. Purtroppo sono rari coloro che hanno compreso l’evoluzione del mondo. La maggior parte delle persone rifiuta di collegare le singole rivelazioni e di prendere atto della responsabilità delle democrazie occidentali nei crimini compiuti nel Medio Oriente Allargato.

Il problema è sempre lo stesso: non vogliamo ammettere che il criminale sia così vicino a noi.

[1L’incredibile menzogna. Nessun aereo è caduto sul Pentagono, di Thierry Meyssan, Fandango Libri, 2002. Seconda edizione riveduta e corretta L’Effroyable imposture suivie de Le Pentagate con la prefazione del generale Leonid Ivashov, che l’11 settembre 2001 rivestiva la carica dicapo di stato maggiore ad interim delle forze armate russe l’11 settembre 2001, Demi-Lune, 2006.

[2Secondo i miei detrattori non mi sono recato sul luogo degli attentati, come avrebbe dovuto fare un vero giornalista. Ebbene, le tre scene del crimine furono immediatamente dichiarate “segreto militare”. Per anni nessun giornalista di nessun giornale fu autorizzato ad accedervi. L’epiteto di “dilettantismo” dovrebbe perciò valere non solo per me, ma per tutti coloro che esercitano la mia professione.

[3Il termine “complottismo” si riferisce a chi mette in discussione la teoria ufficiale del tiratore solitario che avrebbe ucciso il presidente Kennedy. Denunciano invece un complotto per eliminare il presidente.

[4Io nego in effetti la versione ufficiale. Ma il termine “negazionismo” si riferisce a una corrente di estrema destra, le cui idee non ho mai smesso di combattere, che nega la volontà dei nazisti di compiere il genocidio degli ebrei d’Europa.

[5Against All Enemies, Inside America’s War on Terror, Richard Clarke, Free Press, 2004.

[6Come ogni anno Warren Buffet (all’epoca l’uomo più ricco del pianeta) organizzava una cena di beneficienza in Nebraska. La cena, diversamente da quelle dei due anni precedenti, non si tenne in un grande hotel, ma in una base militare. I capi d’impresa invitati misero in congedo la maggioranza dei dipendenti di New York. Questo spiega il numero relativamente basso dei morti nel crollo delle prime due torri.

[7A Pretext for War: 9/11, Iraq and the abuse of America’s intelligence agencies, James Bamford, Anchor Books (2004).

[811/09, chi ha inventato le false telefonate dagli aerei?”, di Giulietto Chiesa, Megachip-Globalist (Italia) , Rete Voltaire, 23 luglio 2013.

[9Top Secret America : The Rise of the New American Security State, Dana Priest & William M. Arkin, Little, Brown and Company (2011).

[10I “Cinque Occhi” sono l’alleanza dei servizi d’intercettazione e di localizzazione di Australia, Canada, Stati Uniti, Nuova Zelanda e Regno Unito, creata nel 1941 dalla Carta Atlantica.

[11La dottrina Rumsfeld/Cebrowski”, di Thierry Meyssan, Traduzione Rachele Marmetti, Rete Voltaire, 25 maggio 2021.

[12“Stabiliy American’s Ennemy”, col. Ralph Peters, Parameters #31-4 (winter 2001).

[13“Exclusive : Inside the Military’s Secret Undercover Army”, William M. Arkin, Newsweek, May 17, 2021.

[14Saturday, September 15, At Camp David, Advise and Dissent, Bob Woodward & Dan Balz, Washington Post, January 31, 2002.

[15«J’accuse – Bush’s Death Squads», Wayne Madsen, Makingnews.com, January 31, 2002.

FONTE: https://www.voltairenet.org/article213885.html

 

 

ATTUALITÀ SOCIETÀ COSTUME

Patente digitale a punti: il mercato globale plasma la vita quotidiana

15 04 2022

Senza squilli di trombe, quasi in sordina, prende il via a Bologna e Roma la versione nostrana del credito sociale cinese. Procede in parallelo, ma i percorsi sono destinati a confluire, anche la digitalizzazione delle città che diventano smart e grazie al 5G vengono dotate di sensori, ripetitori, oggetti interconnessi (un milione per chilometro quadrato) e telecamere a riconoscimento facciale. Per il momento si parla di benefici concessi al cittadino che si dimostrerà virtuoso: con l’aumentare dei punti crescerà l’entità dei premi.

Patente digitale a punti: i premi

È proprio di premi che ha parlato Bugani, assessore 5stelle del Comune di Bologna, che – coincidenze! – ha lavorato al progetto di uno smart citizen wallet con l’amministrazione del sindaco Raggi (dal 2019 al 2021 è stato il suo capostaff) che nel 2017 portò a Roma la sperimentazione del 5G. Il cittadino in possesso di questo portafoglio – per ora si può ancora scegliere se aderire o no – che dimostrerà tramite una apposita app di conformarsi a comportamenti prestabiliti (fare la differenziata, non prendere multe dalla municipale, gestire bene l’energia etc.) avrà diritto a un corrispettivo, non ancora quantificato, in termini di scontistiche e incentivi.

La premialità ha però un suo opposto: la sanzione. Il sistema è ancora in rodaggio e i suoi promotori negherebbero con entusiasmo e malcelata malafede la più remota possibilità che si possa verificare un’inversione di rotta o un qualsiasi cambiamento in corso d’opera. La verità è che stiamo invece vivendo un mutamento societario epocale: il mercato, come scrive Lasch, ha la tendenza intrinseca di universalizzare se stesso e in quest’ottica anche il cittadino sarà valutato in base a parametrici economici quali efficienza, utilità e produttività.

L’individuo omologato, proprio come una merce, dovrà garantire standard predeterminati di qualità sempre aggiornati. Da questo punto di vista il green pass – sostituendo la coercizione con l’obbligo surrettizio – è stato un ottimo strumento introduttivo del controllo digitale basato sulla premialità: puoi esercitare il diritto al lavoro o accedere a certi luoghi solo se ti vaccini o dimostri a tue spese di essere sano.

Il sistema della patente digitale a punti, però, non è solo un’invenzione connessa al progresso tecnologico o una conseguenza della pandemia ma una naturale metamorfosi del mercato globalizzato che ha trovato un ulteriore sbocco di accumulazione per rinnovare se stesso e aprirsi un nuovo orizzonte di conquista: la vita quotidiana.

Il mercato globalizzato, sempre più pervasivo, negli anni ‘80 ha ampliato la sua sfera d’interesse grazie al new public management, un nuovo paradigma di gestione che ha traslato principi di gestione economica aziendale al settore pubblico e a enti no-profit come scuole e ospedali.
I comportamenti dei manager (un tempo presidi e primari di reparto) vennero legati a performance basate su parametri prestabiliti che gli consentivano di ottenere premi – sotto forma di incentivi, bonus, gratifiche – o scontare sanzioni in base al raggiungimento di obiettivi quantificabili.

Questo tipo di sistema standardizzato e omologante, connesso a una valutazione oggettiva, con la patente digitale a punti è penetrato anche nella quotidianità.

Ogni individuo dovrà garantire performance di cittadinanza misurabili; i parametri che determineranno i premi (e le sanzioni) saranno prestabiliti grazie all’elaborazione di indicatori gestiti dall’intelligenza artificiale; il mancato raggiungimento degli obiettivi comporterà conseguenze sul piano socio-economico.

Lo scopo è duplice: da un lato orientare i comportamenti e sostituire l’instabilità e l’incertezza con il determinismo sociale, dall’altro derubricare i diritti a concessioni temporanee e a scadenza in base all’obbedienza a parametri comportamentali prefissati.

Uomo-merce

I cittadini per essere monitorati ininterrottamente – così come le aziende e le persone giuridiche – saranno legati a un’identità digitale e dotati di un QR code che riporterà dati relativi a ogni aspetto della vita: fiscali, sociali, economici, sanitari.

Il mercato globale, per essere pienamente efficiente e continuare a espandersi, non può più limitarsi a penetrare ogni aspetto della vita di un potenziale consumatore ma deve trasformarlo in un oggetto-merce sempre sottoposto a un controllo algoritmico atto a esaminare e controllare costantemente le sue performance, perché siano sempre conformi a quei valori di facciata utili a dissimulare quelli di reale interesse.

Infatti, la patente digitale a punti viene ancorata a concetti-valori astratti e abbacinanti come etica, inclusività e sostenibilità che fungono invero da cavallo di Troia per sdoganare nella vita quotidiana valori economici misurabili cari al mercato. L’esistenza deve essere modellata su e scandita da efficienza, economicità e utilità. L’uomo-merce, per non finire ai margini, deve diventare parte integrante e funzionale di un flusso indistinto; non è più detentore del proprio spazio vitale e definito dalla propria unicità ma elemento indifferenziato di quella che Pentland definisce società alveare in cui il tutto (oggetti interconnessi e esseri umani concepiti come ibridazioni macchiniche) opera in maniera eterodiretta e confluente.

Chi non si adegua o, peggio ancora, prova a opporsi al sistema viene eliminato socialmente: abbiamo avuto un assaggio di questa maleodorante e indigeribile pietanza con il green pass. L’oggetto-uomo-merce funge anche da territorio di conquista per il mercato in quanto miniera inesauribile di dati psicometrici e comportamentali utili anche a predire e orientare i comportamenti: se prima, questi dati, venivano estratti dalle sole tracce disseminate online, ora, in una società iperconnessa grazie al 5G e monitorata in ogni suo aspetto, si possono ottenere da tutte le attività svolta nel mondo reale.

Da chi saranno gestiti questi dati?

Il 25 marzo scorso Stati Uniti e UE hanno firmato il Trans-Atlantic Data Privacy Framework – che attende ancora un testo definitivo – con lo scopo di facilitare il trasferimento e poi la gestione di dati dall’UE agli Stati Uniti.  L’idea alla base dell’accordo è quella di garantire una limitazione delle attività di sorveglianza da parte delle autorità statali che potranno intervenire solo per perseguire obiettivi di sicurezza nazionale.

Non è difficile immaginare quanto questi obiettivi possano mutare nel tempo in base a circostanze relative, essendo posti a tutela di una società mutevole in cui l’idea di giusto e bene comune è definita alla bisogna dalle élite politico-economiche che operano per rimuovere diritti sostanziali a loro antitetici promuovendo astrazioni formali, come il diritto di avere diritti civili utile a frammentare il tessuto sociale nell’ottica della guerra orizzontale di tutti contro tutti. È bene anche precisare che non esiste ancora una legge federale negli USA sulla protezione dei dati mentre ve ne sono differenti a livello locale.

I dati rappresentano una miniera d’oro e chi li possiede e li gestisce è il nuovo padrone del vapore. L’uomo-merce identificato da un QR code dovrà vivere e operare in un contesto artificiale – che rifletterà l’immagine speculare dalle élite economiche – creato per monitorarlo e controllarlo con lo scopo ultimo di omologarlo, atomizzarlo e livellarlo verso il basso, privandolo infine della sua identità e di ciò che resta della sua umanità, non ancora colonizzata dalle logiche del sistema-mercato globale.

(di Guido Del Giudice)

FONTE: https://oltrelalinea.news/2022/04/15/patente-digitale-a-punti-il-mercato-globale-plasma-la-vita-quotidiana/

 

 

 

CONFLITTI GEOPOLITICI 

Tre istruttori americani uccisi nel Donbass

La Repubblica popolare di Donestk ha annunciato di aver ucciso tre istruttori americani, il capitano Michael Hawker, il tenente Logan Shrum e il tenente Cruz Toblin, durante la battaglia di Marinka. È stato possibile identificarli cercando nei loro pacchetti.

Nel dicembre 2021, il Pentagono aveva inviato istruttori in Ucraina per insegnare “metodi di combattimento non tradizionali”. Ufficialmente li aveva ritirati all’inizio del conflitto.

FONTE: https://www.voltairenet.org/article216126.html

 

 

 

Per far male alla Cina, devastare l’Europa

E’ la ideologia di Mackinder

Una cosa diventa sempre più chiara: mentre Stati Uniti e NATO (e loro media), intensificano attraverso dichiarazioni politico-mediatiche e forniture di mezzi di guerra, il discorso della prossima “invasione” russa, il presidente ucraino Zelensky non si sente a suo agio.

Il poveretto ha moltiplicato dichiarazioni contro il bellicismo verbale americano, fino a definire “eccessive” e “premature” certe azioni Usa.

Ha avuto una conversazione telefonica con Biden in cui il presidente ucraino – un ex comico, ricordiamolo – ha cercato ingenuamente di far capire alla sua controparte americana che la Russia non avrebbe attaccato subito, che avremmo potuto calmarci. Poche ore dopo, gli USA fanno sapere urbi et orbi che sono orgogliosi di poter proclamare il rafforzamento del loro sostegno militare all’Ucraina, la cui “integrità territoriale” è così importante per loro. Mentre scrivevo questo articolo, “il  Pentagono ha diramato che c’è “Un piano di Mosca per invadere con un pretesto”, l‘operazione prevederebbe la diffusione di immagini di vittime civili, nel Donbass e lungo il confine russo, per suscitare sdegno dell’opinione pubblica contro il governo di Kiev. Zelenski e la elite che ha formalmente il potere capisce che il gioco sta andando troppo oltre, ma non un vero controllo sulle forze armate; non si sa se quegli ufficiali che vestono le mimetiche ucraine sul fronte del Donbass siano veramente ucraini. Secondo i russi, molti sono mercenari e ufficiali anglo-americani

Secondo analisti di cui non farò i nomi, il Deep State americano vuole davvero provocare una guerra : “devono” distruggere l’Europa per distruggere la Cina e la Russia.

Perché? Qui il Deep State globalista coniuga la dottrina talmudica (irresponsabilità verso il genere umano, animali parlanti – “La stabilità non è nell’interesse degli USA” – con l’ossessione della “Heartland” della Geopolitica di MacKinder, che è l’ideologia anglo per eccellenza.

heartland
“Il perno (pivot) geografico della storia” secondo Mackinder.

La superpotenza in declino vede avverarsi sotto i suoi occhi il timore di MacKinder: il fondersi – e fondarsi – della titanica “heartland”, l’immane continuità territoriale che giudica non solo invincibile, ma dominatrice del mondo: Cina-Russia ed Europa si integrano economicamente come “per destino manifesto”. L’Europa del resto è la vasta appendice occidentale della heartland;  ha 500 milioni di consumatori solventi di merci e tecnologia cinese, riceve dalla Russia metà dell’energia di cui ha bisogno. “Distruggere economicamente l’Europa significa uccidere un mercato con il quale la Russia ha realizzato il 40% delle sue esportazioni e il 35% delle sue importazioni”, mi dice un analista.

Quanto alla Cina, il Deep State ha visto che Pechino sta attuando un concreto “decoupling”, disaccoppiamento delle due economie Usa-Cina, di cui il Deep State ha parlato senza realizzarlo “Decouplingvuol dire, per gli Usa, rilocalizzare la produzione delle imprese tecnologiche americane fuori dalla Cina in settori ritenuti strategici”.  Sforzo più facile a formulare che a realizzare.

Ma invece è la Cina a farlo. Come? Fino ad oggi, il consumatore americano è il più grande acquirente di merci cinesi al mondo; lo ha fatto a debito, cosa che a molti sfugge. Pechino lo ha finanziato, comprando a quattro palmenti Buoni del Tesoro americano (“finanziamento al cliente” come si fa nelle vendite a rate), e accumulando questi pagherò in dollari. Oggi la Cina compra molti meno Treasuries, e si avvicina il tempo in cui non lo farà più, ciò che rischia di rivelare la vera natura del dollaro, riserva monetaria globale, come soldi di Monopoli.

Pechino può farlo con tanta più facilità, in quanto può quasi “naturalmente” sostituire il mercato dei consumatori Usa con i consumi interni (la propria classe media è ormai valutata in 400 milioni) e quello dei 500 milioni di consumatori europei

“Hanno sviluppato il progetto Silk Roads: corridoi terrestri e marittimi costituiti da autostrade, ferrovie – che traversano la heartland – e che aggirano le rotte controllate dalla US Navy, e d’altra parte, accorciano i tempi di transito delle merci dalla Cina all’Europa”.

Per di più, oggi i due partner – Mosca e Pechino – lavorano a stretto contatto e le loro azioni e dichiarazioni sulla scena internazionale sono vistosamente coordinate, compresa la recente richiesta russa di garanzie di sicurezza scritte e vincolanti agli Stati Uniti, appoggiata completamente dalla Cina.

Il Deep State può fare poco contro Cina e Russia direttamente, anche se non risparmia sforzi di sovversione e destabilizzazione (come abbiamo visto in Kazakistan) solo sull’Europa i mezzi per influire per scongiurare la fusione e le classi dirigenti di servi che le occorrono per lo scopo.

I servi sono ben riconoscibili nella UE: sono quelli che alzano più acuto il grido “La Russi sta per invadere l’Ucraina! Mandiamo truppe!”con grande sgomento di Zelenski. Sono quelli che in Germania hanno bloccato il Nord Stream 2 . Ma l’osservatore ci dice di più:

Da diversi anni le élite europee perseguono politiche il cui effetto è quello di ridurre il potere d’acquisto delle popolazioni. A medio e lungo termine, ciò ha causato la distruzione della classe media europea. Il fenomeno è cresciuto con l’entrata dell’euro, moneta “strutturalmente deflazionista” sotto l’austerità tedesca, che ha avuto l’effetto di distruggere il tessuto industriale, o almeno ha coinciso con il massiccio trasferimento di posti di lavoro nell’industria. Ora l’adozione del progetto Grand Reset di Davos (“2030 non avrai niente e sarai felice) e dei lockdown pandemici ha accelerato questa distruzione delle classi media in Europa. Questo ricorda la dekulakizzazione, una politica di distruzione dei piccoli proprietari agricoltori da parte dei bolscevichi dopo la rivoluzione russa. Tale inesorabilità delle élite globaliste sulle proprie popolazioni, sia volontaria o no, collabora e combacia perfettamente col disegno dl Deep State USA: rovinare economicamente e socialmente l’Europa, renderla sempre più dipendente dall’impero americano sul piano militare, politico ed energetico : gli USA hanno chiesto al Qatar di fornire più gas – appena la UE eleverà contro la Russia “”sanzioni” che danneggeranno più l’Europa che la Russia.

A conferma di quanto ho scritto sopra, un titolo del DWN del 4 febbraio:

Cina e Russia firmano un accordo a lungo termine sul gas in euro

Cina e Russia hanno firmato venerdì un importante accordo trentennale nel settore del gas denominato in euro anziché in dollari.

 

FONTE: https://www.maurizioblondet.it/per-far-male-alla-cina-devastare-leuropa/

 

 

CULTURA

LA FALSA FRATERNITÀ

  1. R. Ottaviano 12 05 2022

Scrive Massimo Scaligero nel capitolo intitolato ” Fraternità e Socialità ” del suo fondamentale libro ” Manuale Pratico della Meditazione “:

 

“Tipicamente la fraternità è il segno della presenza dello Spirito nell’uomo: ma perciò la sua dialettica può esprimere sostanzialmente l’opposizione al contenuto originario.  In tutto il mondo oggi, per serie di esseri, la relazione della fraternità è decisa non dalla coscienza autonoma, bensì da un potere trascendente, che detiene il necessario sistema d’ informazione e di regolamentazione di essa: è decisa dallo spirito di gruppo che li accomuna: dalla prescrizione della chiesa o del partito o della razza che li unisce.  Dalla ideologia in sostanza vengono stabiliti i limiti dell’ impulso fraterno: mentre SOLTANTO OLTRE QUEI LIMITI ESSO POTREBBE REALMENTE OPERARE NEL MONDO. Da tali esseri incorporati o persuasi, o catechizzati, la fraternità viene decisa in base all’ informazione politica riguardo a coloro a cui intendono volgerla: essi includono nel cerchio della fraternità coloro riguardo ai quali l’ informazione è quella prescritta,  escludendo gli altri come avversari: una fraternità invero condizionata, che spiega l’ odio e l’ inesauribile guerra del mondo. A NESSUNO DEGLI INFORMATI VIENE IN TESTA DI CONTROLLARE L’ INFORMAZIONE. In effetto, la fraternità che si crede instaurare mediante la correlazione di gruppo e le sue prescrizioni, comincia soltanto là dove queste prescrizioni vengono superate, ossia la’ dove si è capaci di un atto libero,onde si riconosce l’ altro come identico spiritualmente oltre le indicazioni normative della divergenza. La fraternità, come relazione limitata all’ ambito di gruppo,  non è vera: è inevitabilmente finzione, sia pure inconscia: comincia a essere vera solo quando è capace di superare la cerchia dell’anima di gruppo, per manifestarsi verso gli esseri che appaiono fuori di tale cerchia. Fuori di questa soltanto la fraternità comincia a essere vera. Non v’ è merito ad amare coloro con i quali si è d’accordo: NÉ QUESTO ACCORDO PUÒ ESSERE VERO, SORGENDO IN FUNZIONE DELL’ AVVERSARIO.

Mi permetto, con la massima serenità, di far notare A TUTTI che tali affermazioni di Scaligero ( come del resto molte altre sue affermazioni già da me pubblicate in altre occasioni) sono in evidente contrasto con gli atteggiamenti, le affermazioni, le posture mentali, le iniziative, che da due anni a questa parte sono state assunte da buona parte del mondo antroposofico ” scaligeriani ” compresi! Si può, a buon diritto,  affermare e fare ciò che si vuole; è assolutamente lecito aderire alla visione del mondo di altri pensatori,  leader politici, giornalisti o filosofi che siano: si può esprimere liberamente ogni opinione: contro politici,  leggi, norme, enti, nazioni oppure a favore  di questo o di quel leader politico o a favore di iniziative di protesta e perfino di disobbedienza alle leggi ma quando si ha la presunzione di voler parlare in nome di Scaligero e di definirsi suoi ” discepoli ” bisognerebbe almeno avere avuto il buon senso di leggere i libri che ha scritto altrimenti ci si ricopre di ridicolo e soprattutto non si può pretendere che chi tali libri li ha letti bene e che applica rigorosamente gli insegnamenti del Maestro da quasi mezzo secolo se ne stia zitto!

 

FONTE: https://www.facebook.com/1580808038823690/posts/3225151564389321/

CYBERWAR SPIONAGGIO INFORMAZIONE DISINFORMAZIONE

Le Pagine oscure dei Servizi segreti

 | 

 

Da più parti si rafforza la convinzione che i russi abbiano sottovalutato la resistenza ucraina soprattutto per errori nella raccolta delle informazioni d’intelligence nei mesi precedenti all’invasione. Da ciò sarebbe derivata una sfiducia crescente di Putin nei confronti dell’FSB, il servizio segreto “civile” distino dal GRU, che è invece il servizio segreto militare.

Fin da metà aprile si era diffusa la voce che Putin avesse attuato una sorta di “purga” nelle file dell’FSB e in particolare nel cosiddetto Quinto Servizio, la divisione speciale, costituita nel 1998 dallo stesso Putin quando era capo dell’FSB, dedicata a operazioni nei paesi dell’ex-Unione Sovietica per tenerli legati alla sfera d’influenza di Mosca.

Fonti britanniche, nonché il giornalista Andrei Soldatov, sostenevano allora che fossero stati “licenziati 150 ufficiali dell’FSB, alcuni dei quali anche arrestati”, e che, in particolare, l’ex capo del Quinto Servizio, Sergei Beseda, sarebbe stato imprigionato nel carcere di Lefortovo, a Mosca, famigerato fin dai tempi di Stalin. Dopo alcune settimane di silenzio sugli assetti spionistici interni alla Russia, il 12 maggio il CEPA, Center for European Policy Analysis, ha pubblicato un rapporto a firma di Andrei Soldatov e Irina Borogan, che indica come Putin abbia deciso di affidare al GRU la raccolta e l’analisi d’informazioni dallo scacchiere di guerra, proprio perchè deluso dalle cantonate prese dall’FSB.

L’indizio più importante sarebbe la notizia data dalla tivù Tsargrad, vicina al Cremlino, che ha definito “massimo responsabile” dell’intelligence nel conflitto ucraino il primo vice direttore del GRU, generale Vladimir Alekseyev, che proviene dalle forze speciali Spetsnaz e che è già accusato in Occidente di aver interferito con le elezioni presidenziali americane del 2016 e aver attuato il controverso avvelenamento dell’ex-agente russo Sergej Skripal a Salisbury nel 2018.

Certo, il GRU, l’unico servizio segreto russo che non ha mai cambiato nome dai tempi di Lenin e Stalin, appare più indicato in operazioni di guerra convenzionale, tantopiù che l’FSB sarebbe specializzato più che altro alla sicurezza interna della Federazione Russa, mentre l’antico ramo estero del KGB è incarnato dall’SVR. Quanto a Beseda, non si sa se è stato rimesso in libertà, oppure, se addirittura non è mai andato in galera. Infatti un paio di settimane fa è stato visto in pubblico, come niente fosse, al funerale di un ex-generale del KGB, Nikolai Leonov, dove ha tenuto un discorso, presentato con la sua consueta carica di capo del Quinto Servizio, poi è stato visto nel suo ufficio nel palazzo della Lubjanka, riabilitato.

Non sono certo queste le sole trame che si dipanano in questi giorni attorno al conflitto russo-ucraino. Mentre si discute sempre sulla veridicità, o meno, delle stragi compiute dai militari di Mosca nel paese invaso, il Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite ha approvato una risoluzione che stabilisce un’inchiesta indipendente ONU sui presunti crimini di guerra russi.

La votazione si è tenuta il 12 maggio su richiesta dell’Ucraina e non vi ha partecipato la Russia. E’ passata col voto favorevole di 33 nazioni, 12 astensioni e i “no” solo di Cina ed Eritrea. L’ONU, tuttavia, cercando di essere imparziale, dà credito anche a denunce di crimini di guerra ucraini, il che non deve stupire dato che in tutte le guerre, rabbia e atrocità, non sono mai esclusiva solo di una parte. Il 10 maggio, infatti, la responsabile della Missione di monitoraggio dei diritti umani delle Nazioni Unite in Ucraina, Matilda Bogner ha parlato di “informazioni credibili” di torture su soldati russi da parte degli ucraini

“Abbiamo ricevuto informazioni credibili su torture, maltrattamenti e detenzione da parte delle forze armate ucraine di prigionieri di guerra appartenenti alle forze armate russe e ai gruppi armati affiliati. Un trattamento disumano si sta verificando tra i militari catturati di ambo le parti che sono costretti a rilasciare dichiarazioni, scuse e confessioni e subire altre forme di umiliazione”. Ciò potrebbe spiegare i casi di “interrogatori” o “confessioni” di prigionieri russi mostrati dalle telecamere ucraine, forse costretti con le minacce a diffondere false notizie o falso dissenso che screditino l’esercito russo.

Mosca, intanto, prosegue sulla “pista” dei presunti laboratori biologici installati in Ucraina dagli americani per esperimenti di guerra batteriologica lontano dal territorio statunitense, tanto da chiedere per il 13 maggio una riunione del Consiglio di Sicurezza dell’ONU sull’argomento.

Fra le novità portate dai russi sulla spinosa questione, che non possiamo bollare a priori come vera o falsa, prima di un’indagine indipendente, l’11 maggio il ministero della Difesa di Mosca ha sostenuto “di avere le prove” che il Pentagono avrebbe partecipato ad “esperimenti biologici su pazienti di ospedali psichiatrici vicino a Kharkiv”.

Negli esperimenti, sarebbero coinvolte anche Germania e Polonia, nonché, le compagnie Pfizer, Moderna e Merck, nomi che al grande pubblico richiamano senz’altro la rapidissima messa a punto di vaccini per cercare di arginare l’emergenza Covid che tartassa il mondo da ormai due anni abbondanti. A denunciare tutto ciò è, nello specifico, il generale Igor Kirillov, che comanda le forze di Difesa Chimica, Biologica e Radioattiva dell’esercito russo.

Secondo lui: “Le società farmaceutiche Pfizer, Moderna, Merck e Gilead, che collabora con l’esercito americano, sono coinvolte in questo schema. Gli ideologi dell’attività biologico-militare sul territorio ucraino sono gli esponenti del partito democratico USA”.

Per Kirillov “le agenzie governative ucraine nasconderebbero studi sul campo e prove cliniche fornendo i biomateriali necessari”. Definisce l’Ucraina “banco di prova per i paesi occidentali nel creare i componenti delle armi biologiche e testare i nuovi modelli dei prodotti farmaceutici”.

Il governo russo ha istituito un comitato investigativo che, fra le prime conclusioni, ritiene che “per nascondere la propria identità, i ricercatori statunitensi sarebbero arrivati in Ucraina attraverso Paesi terzi”. E’ ovvio che affermazioni del genere sono troppo sorprendenti per non dare adito a sospetti di montature propagandistiche, ma solo il tempo e inchieste internazionali potranno stabilire davvero il confine fra il vero e il falso.

Nel frattempo non si può che constatare come, al netto dell’autoritarismo della Russia di Putin, nemmeno l’Ucraina di Zelensky sia propriamente un campione di democrazia occidentale, se è vero che il 12 maggio è stato soppresso un partito politico perché “filorusso” che aveva un certo seguito popolare. E’ il movimento denominato Piattaforma di Opposizione per la Vita, guidato dal Viktor Medvedchuk, deputato già arrestato lo scorso 12 aprile dal servizio segreto ucraino SBU per tradimento. Il partito alle elezioni del 2019 aveva raccolto il 13,05% dei consensi, pari a 43 seggi nella Verkhovna Rada, il parlamento di Kiev, ma la sua attività politica, di fatto era stata bloccata già dal 20 marzo, come per una decina di altri partiti.

Frattanto, dietro le quinte, trema perfino il premier britannico Boris Johnson e tutti i suoi imbarazzati compagni del partito conservatore, poiché fanno capolino presunti finanziamenti russi alla suddetta formazione politica.

Il New York Times ha parlato di un documento bancario secondo cui Ehud Sheleg, miliardario israelo-britannico, mercante d’arte ed ex tesoriere del Partito Conservatore, avrebbe versato al partito 450.000 sterline poco prima delle elezioni del 2019. I soldi sarebbero arrivati da un conto in una banca di Londra, intestato a Sheleg presso la Barclay e che riceveva denaro a lui trasferiti da suo suocero Serghei Kopytov, padre della seconda moglie di Sheleg, sposata nel 2014. Questo Kopytov è descritto come “ex politico filo-russo d’origine ucraina titolare di proprietà e alberghi in territorio russo e in Crimea”.

Se ci sia una rete occulta che collega Johnson al Cremlino per vie finanziarie è certamente tutto da dimostrare, ma non ci sarebbe da stupirsi troppo, pensando che, per tragica ironia, nel 2011 il presidente francese Nicolas Sarkozy mosse guerra al colonnello libico Muhammar Gheddafi che tempo prima gli aveva in parte finanziato la campagna elettorale.

Mirko Molteni

L’articolo e tratto dal saggio:

Verso una “guerra per procura” in Ucraina? – Analisi Difesa

FONTE: https://www.civica.one/le-pagine-oscure-dei-servizi-segreti/

 

Lo spettacolo della guerra

Debord e McLuhan per capire dove siamo: ben oltre la propaganda, la costruzione di un mondo e di una nuova modalità di vita che dobbiamo consumare

“‘Seppellite il mio cuore a Wounded Knee’, che vuol dire? / Wounded Knee è dove morì il generale Custer con tutti i suoi. / Sì, ma che aveva combinato per finire così? / Beh, esattamente io... / Aveva trucidato migliaia di indiani. Quindi lei conosce il personaggio ma non ha una visione globale della vicenda. E sa perché? / Perché? / Per i film che ha visto. Ecco perché siamo qui. / Capisco. / Le faccio altri esempi: la bambina vietnamita; la V di vittoria; i cinque marines che innalzano la bandiera sul monte Suribachi. Fra cinquant’anni anni avrà scordato quelle guerre ma non quelle immagini. / Vero. / Guerra del Golfo: un missile intelligente si infila in un camino. 2.500 missioni al giorno per oltre 100 giorni: sono bastate le immagini di una sola bomba e gli americani hanno accettato quella guerra. La guerra è spettacolo. Ecco perché siamo qui.”
Wag the dog, regia di Barry Levinson, 1997
“Là dove il mondo reale si cambia in semplici immagini, le semplici immagini divengono degli esseri reali, e le motivazioni efficienti di un comportamento ipnotico.”
Guy Debord, La società dello spettacolo
“Il medium è il messaggio perché è il medium che controlla e plasma le proporzioni e la forma dell’associazione e dell’azione umana.”
Marshall McLuhan, Capire i media. Gli strumenti del comunicare

Raccontata dai principali media italiani (carta stampata, televisione e radio), la guerra in Ucraina è – fin dai primi giorni – massacri, pioggia incessante di bombe e stragi di civili; a margine, andando a cercare soprattutto in rete, si riescono a trovare analisi differenti. Il 22 marzo Newsweek – una testata che non può certo essere accusata di ‘simpatie putiniane’ – pubblica un articolo dai toni molto diversi (1).

“Dallo scorso fine settimana, in 24 giorni di conflitto, la Russia ha fatto circa 1.400 missioni di volo e lanciato quasi 1.000 missili (per contrasto, gli Stati Uniti hanno fatto più missioni e bombardato di più nel primo giorno della guerra in Iraq del 2003)” scrive William M.Arkin intervistando – sotto garanzia di anonimato – analisti della Defense Intelligence Agency (DIA) statunitense. “Una parte di questi attacchi ha danneggiato e distrutto strutture civili e ucciso e ferito civili innocenti, ma il livello di morte e distruzione è basso rispetto alla capacità della Russia” continua l’articolo. E ancora: “Il cuore di Kiev è stato appena toccato. E quasi tutti gli attacchi a lungo raggio sono stati mirati a obiettivi militari” afferma una fonte della Difesa USA, “le autorità cittadine di Kiev dicono che circa 55 edifici sono stati danneggiati e che 222 persone sono morte dal 24 febbraio. È una città di 2,8 milioni di persone”. “Se ci limitiamo a convincerci che la Russia sta bombardando indiscriminatamente, o che non riesce a infliggere più danni perché il suo personale non è all’altezza del compito o perché è tecnicamente inetto, allora non stiamo vedendo il vero conflitto”, conclude l’analista della DIA.

A novembre scorso l’Onu stima a 377 mila le vittime della guerra in Yemen, in sette anni: il 60% a causa di effetti indiretti del conflitto, come scarsità di acqua, cibo e cure. Sempre l’Onu, il 4 aprile, riporta 1.417 vittime civili in Ucraina in 40 giorni e 2.038 feriti (2). La guerra di invasione dell’Iraq del 2003, lanciata da Stati Uniti e Gran Bretagna sulla base di quella che la storia ci ha consegnato come una deliberata menzogna – la presenza di armi chimiche di distruzione di massa – ha prodotto 209 mila morti tra i civili (marzo 2003-febbraio 2017) secondo Iraq Body Count (3), e non rappresenta la stima più pessimistica. In occasione della “lotta al terrorismo”, dell’“esportazione della democrazia” e delle “missioni di pace”, le nostre coalizioni occidentali, nei loro vertici politici e militari, ci hanno redarguito sul fatto che un civile armato è un “insorto” ed equivale a un soldato e come tale i militari occidentali lo trattano, e che i cittadini che non rispettano il coprifuoco in una zona di guerra lo fanno a proprio rischio e pericolo. L’esperienza ci ha inoltre insegnato che un civile si può armare solo là dove c’è abbondanza di armi distribuite tra la popolazione: come è avvenuto in Ucraina fin dai primi giorni del conflitto.

La guerra è morte e distruzione. Non è un concetto complicato da recepire. E non si tratta di voler fare una ben macabra conta, di voler ‘pesare’ i morti; ma è proprio ciò che sta facendo l’informazione italiana dallo scoppio della guerra in Ucraina. Nessun conflitto ha monopolizzato le prime pagine, i telegiornali e i programmi televisivi per settimane, prima di oggi; nessuna guerra è stata raccontata, gestita politicamente e mediaticamente in questo modo. Probabile che non tutti i cittadini italiani sappiano dove sia lo Yemen, ma ora tutti sanno esattamente dov’è l’Ucraina. Cosa sta accadendo?

La società dello spettacolo

La realtà sorge nello spettacolo, e lo spettacolo è reale.”

Il 24 febbraio, poco dopo le 6 di mattina, Zelensky appare alla televisione ucraina: giacca e camicia bianca, dichiara che le forze militari russe sono entrate nel Paese. Alle 8:30 la CNN rilancia un nuovo video-messaggio nel quale il presidente ucraino, in giacca, camicia bianca e cravatta, chiama Mosca al dialogo: “Prima o poi la Russia dovrà parlare con noi per porre fine a questa operazione militare, a questa invasione, e prima inizia questo colloquio e minori saranno le perdite per la Russia stessa”. Nel giro di poche ore seguono diverse dichiarazioni di apertura all’avvio di un negoziato con Mosca e di disponibilità ucraina verso lo status neutrale del Paese, e la Russia risponde di essere pronta a inviare a Minsk una delegazione per trattare. Per due giorni il negoziato è sul tavolo. Nel frattempo Stati Uniti, Gran Bretagna e Paesi europei si scatenano: l’invasione è inaccettabile, Putin è un pazzo criminale da fermare, si devono avviare sanzioni economiche contro la Russia e l’Ucraina è da sostenere inviando armamenti. Inizia il giro di telefonate: Zelensky parla con Biden, con Boris Johnson e con esponenti politici europei. Nel tardo pomeriggio del 25 febbraio, pubblica sui social un video di appena 30 secondi: per strada, luce notturna, circondato da esponenti del governo, dichiara: “Siamo qui. Siamo a Kiev. Difendiamo l’Ucraina”. Indossa maglietta e felpa, entrambe verde militare. Il video diventa virale. L’indomani, alle 7 del mattino, l’Associated Press riporta che fonti dell’intelligence statunitense riferiscono che Zelensky ha rifiutato l’offerta americana di lasciare Kiev: “La battaglia è qui. Mi servono munizioni, non un passaggio”. Una frase a effetto che diventa anch’essa virale. Nasce l’immagine del presidente-resistente, eroico e coraggioso. La trattativa viene relegata ai margini, si combatte. Zelensky non lascerà più quella maglietta verde militare, diventerà il suo ‘costume di scena’: da quel momento, inizia lo ‘spettacolo’ della guerra.

Il testo di Guy Debord del 1967 è complesso e articolato: agganciandosi ad alcuni dei punti centrali del pensiero di Marx, tocca diversi aspetti, che qui tralasciamo perché fuori focus. Ciò che ci interessa è il concetto espresso nel titolo del saggio: La società dello spettacolo (4). Semplificando, possiamo dire che riprendendo i temi ‘valore d’uso/valore di scambio’, ‘alienazione’ e ‘carattere di feticcio della merce’, Debord amplia la riflessione marxiana slittando dalla sfera della produzione a quella del consumo. Nell’attuale società a capitalismo avanzato della produzione di massa, scrive il pensatore francese, i beni (e i servizi) vengono acquistati e consumati non per l’utilità del loro uso ma per il loro valore simbolico, astratto, feticistico: un valore che sta, di fatto, in un’immagine, la quale ci viene consegnata da uno ‘spettacolo’. Non si tratta solo dei media, ma dell’intera società: Debord non parla di una ‘società dell’apparire’ in cui lo spettacolo diventa merce, e nemmeno della ‘spettacolarizzazione’ di ogni cosa: va ben oltre. Parla di una società in cui la merce è uno spettacolo. L’altra faccia della produzione capitalistica è infatti il consumo, e dunque l’intera società diviene spettacolo, perché senza spettacolo la merce non acquisirebbe quel valore simbolico e feticistico per il quale viene acquistata: lo spettacolo rappresenta la struttura della società dei consumi. “Lo spettacolo è il capitale a un tal grado di accumulazione da divenire immagine” e “lo spettacolo è la principale produzione della società attuale” scrive Debord.

In tale realtà, l’alienazione si duplica: non è più solo nell’ambito della produzione ma anche in quello del consumo. L’Uomo è alienato, perduto a se stesso, estraniato dalla propria essenza, non solo in quanto lavoratore in un sistema capitalistico ma anche in quanto consumatore di merce: ossia di spettacolo. Vero/falso, bisogni (valore d’uso)/falsi bisogni (valore di scambio), coscienza vera/falsa coscienza: uno spettacolo totalizzante che si spaccia per realtà, o meglio: diviene la realtà. Scrive Debord nei successivi Commentari sulla società dello spettacolo del 1988: “[…] in definitiva il senso dello spettacolo integrato è che si è integrato nella realtà stessa man mano che ne parlava; e che la ricostruiva come ne parlava. Così adesso questa realtà non gli sta più di fronte come qualcosa di estraneo. […] Lo spettacolo si è mischiato a ogni realtà, irradiandola. […] il divenir-mondo della falsificazione era anche un divenir-falsificazione del mondo”. Da rappresentazione, lo spettacolo è divenuto reale; e in quanto reale, è vero. Lì, sta la Verità.

Potremmo derubricare a propaganda – più o meno ben fatta – il racconto di guerra che la classe dirigente – politica, economica e culturale – ci sta consegnando sul conflitto in Ucraina, ma sarebbe riduttivo. È molto di più. È la costruzione di un mondo, di un immaginario e di nuovi valori, di un’ideologia, di una nuova modalità di vita che dobbiamo consumare.

Conosciamo ormai tutti i trascorsi di Zelensky: produttore e attore della serie televisiva Servant of the people – andata in onda in Ucraina dal 2015 al 2019 – fonda nel 2018 un partito che prende il nome dalla fiction tv e nel 2019 diventa presidente del Paese, replicando nella realtà ciò che già era avvenuto nello spettacolo televisivo. Porta con sé, in politica, gran parte della squadra che ha così ben funzionato nella fiction: Yuriy Kostyuk su tutti, sceneggiatore della serie che oggi scrive i discorsi che Zelensky-presidente pronuncia nei video-messaggi in maglietta verde militare. Video-messaggi che rappresentano indubbiamente la novità comunicativa di questa guerra: si pongono infatti al centro dei media, che diffondendoli li contrassegnano con il bollino ‘Verità’, ma contemporaneamente li travalicano, occupando direttamente spazi politici – i Parlamenti dei diversi Paesi – e culturali – i Grammy, per esempio. Ogni discorso è un piccolo capolavoro di spettacolo emozionale: al Congresso USA richiama l’11 settembre, alla Camera britannica cita Churchill, al Bundestag il Muro di Berlino, alla Knesset l’olocausto – e qui fa il suo primo e per ora unico scivolone: gli ebrei, giustamente, trovano fuori luogo il parallelismo – ai Grammy tira fuori “i musicisti [ucraini che] mettono il giubbotto antiproiettile invece dello smoking, cantano per i feriti, negli ospedali…” per concludere: “Sulla nostra terra combattiamo la Russia che ha portato un orribile silenzio con le sue bombe, riempite il silenzio con la vostra musica”. E, puntuale, al video-messaggio segue lo spettacolo musicale, con artiste ucraine vestite con i colori della bandiera nazionale.

Urbano Cairo, editore del Corriere della Sera e dell’emittente La7, acquista i diritti della fiction di Zelesky e la manda in onda, in esclusiva per l’Italia, a partire dal 4 aprile: le prime tre puntate, a seguire Zelensky the story, un docufilm che la rete televisiva presenta, sul proprio sito, con queste parole: “Dai suoi inizi come attore di programmi tv alla sua campagna spettacolare, alla sua elezione e alla sua rivalità con il presidente della Russia… Ecco la storia di un viaggio incredibile e di un eroe indiscusso”. Mentre il Corsera, il 24 marzo, allega in omaggio al quotidiano la “spilla giallo-blu” della bandiera ucraina: la guerra diventa gadget per una ipotetica tifoseria, neanche fosse una partita di calcio. (5).

Lo spettacolo è in grado di costruire un mondo solo se è pervasivo e totalizzante: deve occupare l’intera società, non solo l’ambito dei media. Ed è ciò che sta accadendo. Con la fiction Servant of the people, i Grammy, il minuto di silenzio agli Oscar, ma anche con università che sospendono corsi sulla letteratura russa, social media che autorizzano post che incitano alla violenza nei confronti di Putin e dei russi, servizi finanziari che lanciano campagne di raccolta fondi “Dona per le attività di soccorso all’Ucraina”, catene di supermercati che stampano sullo scontrino “Sosteniamo la pace. Aggiungi un euro alla spesa per dare il tuo contributo alla Croce rossa italiana” (6); con il Parlamento che approva all’unanimità un emendamento a favore dell’acquisto di materiali di autodifesa per i giornalisti inviati sul campo in Ucraina – gli inviati nelle altre guerre, si arrangino un po’ come possono –; con il Consiglio di sicurezza nazionale statunitense e l’addetto stampa della Casa Bianca che chiamano a sé, in un incontro su Zoom, i trenta maggiori influencer di TikTok, per fornire loro informazioni sulla guerra e sugli obiettivi strategici degli Stati Uniti, di modo che possano diffonderli nel social e contrastare le fake news (!). Quest’ultima, fino a poco tempo fa, si sarebbe semplicemente chiamata ‘propaganda’. Il fatto che non sia percepita né denunciata come tale, mostra quanto il “divenir-falsificazione del mondo” si sia già compiuto. I TikToker, infatti, seguono allo spettacolo della guerra già prodotto dai governi e dai principali media: non percepiscono la propaganda perché per loro lo spettacolo è già divenuto realtà, e lì si situa la Verità. Perché per quanto sempre più pervasivi, la capacità di convertire lo spettacolo da prodotto mediatico a prodotto sociale non appartiene ai social, ma è ancora appannaggio dei media tradizionali: stampa, televisione, radio.

Dal 24 febbraio, le prime pagine dei quotidiani sono state monopolizzate dalla guerra in Ucraina. Fotografie cariche di pathos, nelle quali si alternano volti umani, cadaveri ed edifici distrutti (spesso la fotografia è la medesima su diverse testate occidentali, italiane e straniere); immagini dai colori elaborati grazie a un’abile post produzione (il francese Liberation ha una chiara predilezione per lo sfondo nero caravaggesco); titoli assertivi e drammatici, enfasi – Maruiopol è una “città martire” –, racconti epici che si susseguono a dipingere una resistenza eroica, iniziata con donne e bambini che preparano molotov e Lolite con leccalecca in bocca e fucile imbracciato (vedi box Titoli di prima pagina, quotidiani italiani, pag. 13). La televisione ha prodotto febbricitanti maratone h24, censurato le voci critiche, creato un telegiornale quotidiano “in lingua ucraina per i profughi ucraini” (RaiNews 24). La radio ha seguito a ruota. È l’informazione della paura, della lacrima, dei buoni e dei cattivi e una netta linea di demarcazione tracciata tra le due ‘categorie’. Scioccare, indignare e radicalizzare le parole d’ordine. Una ‘macchina da guerra’ – è il caso di dirlo – che non si è fatta rallentare nemmeno dalle fake news in cui è palesemente incappata, come la dichiarazione di Enrico Mentana sul battaglione Azov l’11 marzo, durante la sua quotidiana ‘maratona’ su La7 (7) o la fotografia in prima pagina de La Stampa il 16 marzo (8).

Tuttavia, non sono tanto le specifiche false notizie a segnare il passo, quanto l’aria che si respira: univoca, compatta, schierata. Al punto che un insieme di “Organizzazioni mediatiche ucraine, reporter, fotografi, manager dei media e professionisti della comunicazione” ritiene di poter consegnare all’informazione straniera una “lettera aperta” nella quale sono suggerite le parole da utilizzare e quelle da evitare nella narrazione della guerra (9).

Nella società dello spettacolo le immagini divengono degli esseri reali e le motivazioni efficienti di un comportamento ipnotico, scrive Debord: dall’apparire della maglietta verde di Zelensky il 25 febbraio, lo spettacolo della guerra è andato in scena e, invadendo ogni spazio sociale, ha manipolato coscienze e indotto reazioni collettive. “L’intenzione originaria del dominio spettacolare” scrive Debord nei Commentari, “era far sparire la conoscenza storica in generale; e in primo luogo quasi tutte le informazioni e tutti i commenti ragionevoli sul passato più recente. […] Lo spettacolo organizza magistralmente l’ignoranza di ciò che succede e, subito dopo, l’oblio di ciò che siamo riusciti ugualmente a sapere”.

Il medium è il messaggio

Gli effetti della tecnologia non si verificano al livello delle opinioni o dei concetti ma alterano costantemente, e senza incontrare resistenza, le reazioni sensoriali o le forme di percezione.”

Secondo Marshall McLuhan, tutti i media amplificano i nostri corpi e i nostri sensi: sono “semplici estensioni dei sensi umani” (10). Partendo da questo presupposto, “per quanto riguarda le sue conseguenze pratiche, il medium è il messaggio”, perché ciò che McLuhan intende esaminare sono le “conseguenze psichiche e sociali”: ogni media “non soltanto porta, ma traduce e trasforma il mittente, il ricevente e il messaggio”, ossia modifica la realtà individuale e collettiva, “la forma dell’associazione e dell’azione umana”. In questo senso il medium è il messaggio, perché “il messaggio di un medium o di una tecnologia è nel mutamento di proporzioni, di ritmo o di schemi che introduce nei rapporti umani […] indipendentemente dal carico, cioè dal contenuto, del medium”.

Anche in questo caso, il testo del 1964 di McLuhan è ben più articolato di quanto ne utilizziamo qui e tocca i media più svariati, dalla parola all’automobile. Agganciandosi al mito di Narciso, che associa all’etimo narcosis, che traduce con torpore, McLuhan afferma che gli esseri umani sono soggetti al fascino di ogni estensione di loro stessi, riprodotta in un materiale diverso da quello in cui sono fatti: dunque, nella sua analisi, sono soggetti al fascino dei media. Tuttavia, la sempre maggiore estensione, dovuta a nuove tecnologie, porta a uno “stress dell’accelerazione del ritmo o dell’aumento del carico”, che produce una reazione difensiva: “il sistema nervoso riesce a sopportarlo solo nel torpore o bloccando la percezione”. Lo stimolo dei media che accogliamo, insomma, perché ne siamo attratti, ci intorpidisce. “Per contemplare, utilizzare o percepire qualsiasi estensione di noi stessi in forma tecnologica è necessario riceverla. Ascoltare la radio o leggere la pagina stampata significa accogliere nel nostro sistema queste estensioni di noi stessi e subire quella ‘chiusura’ o spostamento della percezione che automaticamente ne consegue. È l’ininterrotta ricezione della nostra tecnologia nell’uso quotidiano che, nel rapporto con queste immagini di noi stessi, ci pone nella posizione narcisistica della coscienza subliminale e del torpore.”

Dal 24 febbraio, lo spettacolo della guerra in Ucraina ci invade da ogni media d’informazione: carta stampata, radio, televisione, social, podcast, internet. Lo consumiamo h24 grazie allo smartphone, estensione del nostro corpo e dei nostri sensi come nessun altro media fino a oggi. Il martellamento è incessante, registra “accelerazione del ritmo” nell’uso del medium e “aumento del carico” nel messaggio, sempre il medesimo: guerra, Putin, criminale, Ucraina, resistenza, eroi, armi. Innesca shock iniziale per poi lasciar spazio al terapeutico torpore. “Dobbiamo intorpidire il nostro sistema nervoso centrale ogni volta che viene esteso e scoperto; altrimenti moriremmo” scrive McLuhan. E nel nostro torpore, ci ritroviamo passivi: spossati, apatici, distratti, privi dell’energia di formulare un pensiero critico, assimiliamo; anche se annusiamo la propaganda, lo spettacolo entra in noi come sensazione e percezione, lo facciamo nostro. Perché non spegniamo lo smartphone, o la televisione, o non evitiamo la rassegna stampa alla radio? “La necessità di usare i sensi disponibili è persistente quanto il respiro,” riflette McLuhan (che non ha visto l’epoca dello smartphone) “ed è questo fatto che ci induce a tenere quasi continuamente in funzione radio e tv. Questo impulso a un uso continuo è abbastanza indipendente dal ‘contenuto’ dei programmi o dalla vita sensoriale dell’individuo, essendo piuttosto una testimonianza del fatto che la tecnologia è parte dei nostri corpi. […] Una volta che abbiamo consegnato i nostri sensi e i nostri sistemi nervosi alle manipolazioni di coloro che cercano di trarre profitti prendendo in affitto i nostri occhi, le orecchie e i nervi, in realtà non abbiamo più diritti”.

Verso dove?

“Sono frustrato dalla narrativa attuale” conclude una fonte dell’aviazione americana citata nell’articolo di Newsweek, “secondo la quale la Russia sta intenzionalmente prendendo di mira i civili, sta demolendo le città, e a Putin non importa. Una visione così distorta impedisce di trovare una fine prima che il vero disastro colpisca o che la guerra si estenda al resto d’Europa”.

Non occorre certo appoggiarsi a un analista della DIA per riconoscere la mancanza di volontà di far cessare questo conflitto: è evidente nell’accoppiata Biden-Zelensky – a cui Draghi fa da spalla entusiasta, battendo in zelo molti altri politici europei – che alza i toni appena la possibilità di un negoziato si palesa, lanciando accuse di utilizzo di armi chimiche e di stragi da parte dell’esercito russo prima che un’indagine un minimo indipendente possa accertare i fatti. Tuttavia la citazione mostra quanto all’interno dell’Amministrazione USA questa consapevolezza sia ben presente, accanto a ciò che comporta (11).

È evidente che Stati Uniti ed Europa stiano utilizzando il conflitto per cercare di disegnare un nuovo ordine globale, ripristinando la spaccatura occidente/oriente e rilanciando la corsa agli armamenti con l’aumento delle spese militari. Altrettanto chiaro quanto l’industria statunitense ed europea del settore Difesa festeggi – il titolo dell’italiana Leonardo ha per ora battuto il record: +43,9% ad azione dal 23 febbraio al 6 aprile – accanto a quella del gas liquefatto made in USA – che i Paesi europei pagheranno più del gas russo.

Siamo all’alba di un nuovo mondo. Politici e giornalisti da salotto sembrano pervasi da un febbricitante entusiasmo, come avessero finalmente trovato una missione in grado di assegnare loro un’identità. Non era stato così con il Covid, se non parzialmente, perché l’aleatorietà della situazione si prestava a troppe e continue contraddizioni da cercare faticosamente di sanare; la guerra, al contrario, può diventare un monolite, davanti al quale ergersi impettiti battendosi il petto e rivendicando la battaglia della democrazia contro la dittatura, dei valori occidentali contro la barbarie… e retoriche similari.

La società civile è esausta, ma nel complesso ancora tiene: non mancano le voci critiche, ma non riesce a crearsi un’opposizione significativa. Siamo transitati da un’emergenza (pandemia) all’altra (guerra) senza passare dal via, come si direbbe a Monopoli: nel giro di una notte. Dalla merce-pandemia alla merce-guerra, lo spettacolo sta chiaramente funzionando: onnipresenza, martellamento, delegittimazione delle voci critiche, creazione del ‘nemico’ e di capri espiatori, perno sulle emozioni, radicalizzazione. Sull’onda del nuovo mondo così creato, abbiamo modificato il nostro modo di vivere – distanziamento sociale, Green Pass, obbligo vaccinale, discriminazioni – e lo modificheremo nuovamente a breve – razionamento energetico, e vedremo cos’altro. Dobbiamo abbassare il riscaldamento “un po’ come tagliamo il consumo dell’acqua quando c’è la siccità, o esattamente come ci mettiamo una mascherina per poter fare fronte al virus” ha dichiarato il 9 marzo Josep Borrell, l’Alto rappresentante dell’Unione europea per gli Affari esteri: “Quello che abbiamo fatto contro il Covid-19 dobbiamo farlo in favore dell’Ucraina. Deve essere una mobilitazione degli spiriti, dei comportamenti individuali, con un impegno collettivo per cercare di fare fronte a un compito che sicuramente ha una portata storica”. Mobilitazione degli spiriti: a questo serve lo spettacolo. A creare quella che Marcuse chiama “falsa coscienza”, quel processo di mimesi che va ben oltre l’adattamento e porta l’individuo a una identificazione immediata con la sua società, che è quella del capitalismo avanzato e della produzione/consumo di massa. E tra convinzione o passività e apatia, a seconda che abbia preso il sopravvento la capacità di coinvolgimento dello spettacolo o il torpore causato dall’accelerazione del medium e del messaggio, la gran parte dei cittadini ha accolto il nuovo mondo.

McLuhan sottolinea come, in quest’epoca storica, “la massima parte dei trasporti consista nello spostamento di informazioni”, e Debord ci ricorda che alla base dello spettacolo c’è l’economia: c’è il sistema produttivo capitalistico. Con le sue crisi e le sue necessità, gli sviluppi tecnologici e i mercati delle materie prime fondamentali. È lì che dobbiamo andare a indagare per capire davvero cosa sta accadendo e quale realtà stanno progettando.

Titoli di prima pagina, quotidiani italiani 

La guerra nel cuore d’Europa (Il Messaggero, 25 febbraio) Putin sfodera l’atomica (Repubblica, 28 febbraio) Diluvio di fuoco sulle città (Repubblica, 1° marzo) Pioggia di missili sulle città (Corriere della sera, 2 marzo) Martirio ucraino (Repubblica, 2 marzo) Il massacro di Putin (Il Giorno, 2 marzo) La resistenza di un popolo (Repubblica, 3 marzo – fotografia di tre uomini che lanciano molotov, immagine pag. 14) Putin fa a pezzi la civiltà (La Stampa, 3 marzo) Guerra ai civili (il Manifesto, 3 marzo) Strage senza fine (La Stampa, 7 marzo) Bombe sui bambini (La Stampa, 10 marzo) La resistenza di Kiev (La Stampa, 13 marzo – fotografia di una adolescente con in bocca un leccalecca e in braccio un fucile, immagine pag. 16) La carneficina (La Stampa, 16 marzo) Armi contro il criminale di guerra (Il Foglio, 17 marzo) Orrore nel teatro di Mariupol (Corriere della sera, 17 marzo), Teatro di sangue (La Stampa, 17 marzo) Missili sui civili (Il Messaggero, 17 marzo) Le trattative con il criminale (Il Foglio, 18 marzo) Stallo di sangue (Repubblica, 18 marzo) Massacro continuo (La Stampa, 18 marzo) Il grande dittatore (La Stampa, 19 marzo) I missili della morte (La Stampa, 20 marzo) Occupazione spietata (la Repubblica, 21 marzo) L’Ucraina stuprata (Il Mattino, 21 marzo) 10 milioni di profughi (Repubblica, 22 marzo) Zelensky all’Italia: aiutateci (Corriere della sera, 23 marzo) Deportati duemila bambini (La Stampa, 23 marzo) Lo spettro delle armi chimiche (Corriere della sera, 24 marzo) Biden e la Ue: più armi a Kiev (Corriere della sera, 25 marzo) Uniti contro Putin (Repubblica, 25 marzo) “In gioco la democrazia” (La Stampa, 26 marzo) “Russi, cacciate il tiranno” (Repubblica, 27 marzo) Biden: “Putin macellaio” (La Stampa, 27 marzo) Fratelli d’Europa (Repubblica, 28 marzo) L’offensiva contro il macellaio (Il Foglio, 29 marzo) “Sostegno dall’Italia” (Il Messaggero, 29 marzo) Con Putin si parla con le armi (Il Foglio, 31 marzo) I dannati della terra (La Stampa, 1 aprile) Il terrore delle mine (Repubblica, 3 aprile) “Il peggio deve ancora venire” (Corriere della sera, 3 aprile) La grande resistenza al dittatore (Il Foglio, 3 aprile) Civili uccisi, orrore e condanna (Corriere della sera, 4 aprile) Fermiamo questo orrore (La Stampa, 4 aprile) Macelleria russa (Il Tempo, 4 aprile) Non possiamo restare indifferenti al genocidio (Domani, 4 aprile) Mattatoio Putin (Repubblica, 5 aprile) I martiri di Bucha (La Stampa, 5 aprile) Se questo è un uomo (Il Resto del carlino, 5 aprile) Stragi, torture: orrore senza fine (Corriere della sera, 6 aprile) “Bambini torturati” (La Stampa, 6 aprile).

1) William M.Arkin, Putin’s Bombers Could Devastate Ukraine But He’s Holding Back. Here’s Why, Newsweek, 22 marzo 2022, https://www.newsweek.com/putins-bombers-could-devastate-ukraine-hes-holding-back-heres-why-1690494

2) Cfr. https://unric.org/it/ucraina-aggiornamento-sulle-vittime-civili-4-aprile-2022/

3) Cfr. https://www.iraqbodycount.org/database/

4) I virgolettati contenuti nell’articolo sono tratti da Guy Debord, La società dello spettacolo, Baldini Castoldi Dalai Editore

5) D’altra parte, ricordiamoci che Cairo è quell’uomo che a marzo 2020, a pandemia appena esplosa, lockdown e ospedali in emergenza, sprigionava elettricità da ogni cellula spronando i venditori del suo gruppo editoriale: in un video-messaggio, in piedi – che solo i perditempo siedono, immaginiamo – snocciolava gli aumenti di centinaia di migliaia di euro di investimenti pubblicitari appena strappati agli inserzionisti, concludendo: “Abbiamo una grande opportunità: se tutti noi operiamo con questa energia vedrete che quest’anno faremo meglio dello scorso anno”. Il video qui https://www.youtube.com/watch?v=xo87Jevb4tI

6) Rispettivamente: l’Università Milano-Biccoca (poco importa se poi, sommersa da critiche, abbia fatto un passo indietro), Facebook e Instagram, Paypal, Conad

7) Mentana ha dichiarato: “Il battaglione Azov non è un battaglione neonazista, è una parte delle forze armate dell’Ucraina”. Due dati che non si escludono a vicenda: Azov è infatti parte dell’esercito ucraino, ed è dichiaratamente neonazista

8) La fotografia in prima pagina de La Stampa il 16 marzo rappresenta un uomo in strada che si copre il volto circondato da cadaveri, nessuna didascalia, titolo “La carneficina”, due articoli a lato su Leopoli e Kiev che richiamano un’inevitabile associazione con l’immagine, attribuendo dunque la strage all’esercito russo; la foto era invece stata scatta a Donetsk, nel Donbass. Espressione indignata, “i soliti miserabili del web che amplificano e lo considerano un caso di disinformazione: dov’è la disinformazione?” replicherà il direttore Massimo Giannini a Otto e mezzo, su La7, il giorno dopo (!). A margine, ricordiamo gli interessi degli Elkann, editori de La Stampa e del gruppo Gedi (Repubblica, Radio Deejay, Radio Capital e altre testate) nel settore degli armamenti, tramite la partecipazione in Iveco Defence Vehicle, Iveco Oto Melara (in collaborazione con Leonardo) e in Rolls-Royce

9) AdnKronos, 25 marzo 2022, qui https://www.adnkronos.com/resources/0273-14bfafedc502-308061b15aa3-1000/lettera_media_internazionali_25032022.pdf

10) Le citazioni contenute nell’articolo sono tratte da Marshall McLuhan, Capire i media. Gli strumenti del comunicare, Il Saggiatore

11) È fuori focus rispetto a questo articolo l’analisi delle motivazioni del conflitto, ma è chiaro che non si può ragionare escludendo il contesto nel quale è esploso, ossia l’allargamento della Nato nell’Est Europa e gli investimenti USA per armare l’Ucraina. Il 3 marzo il Dipartimento di Stato americano ha pubblicato i dati aggiornati: dal 2014 gli Stati Uniti hanno inviato 5,6 miliardi di dollari per armi, assistenza e attività di training, di cui 3 miliardi per equipaggiamenti e per rendere le forze armate ucraine interoperabili con la Nato. Secondo i dati Sipri, l’Ucraina ha progressivamente incrementato le spese militari, portandole dal 2,2% del Pil nel 2014 al 4,1% nel 2020. Volente o nolente, la geopolitica esiste così come gli equilibri mondiali: non viviamo nell’iperuranio di Platone

FONTE: https://rivistapaginauno.it/spettacolo-guerra/

 

 

 

I dati illegali della CIA

Il 13 aprile 2021 due componenti della Commissione senatoriale per l’intelligence (Senate Intelligence Committee), Ron Wyden (Democratico, Oregon) e Martin Heinrich (Democratico, Nuovo Messico) hanno scritto alla direttrice dell’intelligence e al direttore della CIA. A oggi non hanno ottenuto risposta.

Chiedevano la declassificazione di un rapporto sul programma segreto e illegale della CIA per raccogliere informazioni su tutti i cittadini statunitensi.

FONTE: https://www.voltairenet.org/article215654.html

Google vìola i diritti degli internauti miliardi di volte al giorno

Il Consiglio per le Libertà Civili dell’Irlanda (ICCL) afferma che ogni giorno Google consente l’accesso ai dati sui siti visitati dagli internauti e sulle geolocalizzazioni a 4.698 aziende, per almeno 294 miliardi di volte al giorno negli Stati Uniti, nonché 197 miliardi di volte al giorno in Europa.

Si tratta della più massiccia violazione della vita privata della storia.

FONTE: https://www.voltairenet.org/article216957.html

 

Clamoroso! Milioni di americani spiati, attraverso i cellulari, dai centri sanitari USA durante la pandemia

Maggio 5, 2022 posted by Guido da Landriano

I Centers for Disease Control (CDC), i centri  sanitari USA,  hanno spiato milioni di americani utilizzando i dati sulla posizione dei telefoni cellulari per tracciare i movimenti e monitorare se le persone stessero rispettando il coprifuoco durante la pandemia.

Secondo i documenti CDC del 2021 ottenuti da Motherboard tramite una richiesta del Freedom of Information Act (FOIA), il programma ha monitorato i modelli di persone che visitano le scuole K-12 e, in un caso, ha monitorato “l’efficacia della politica nella nazione Navajo”. I documenti rivelano che mentre il CDC ha utilizzato la pandemia per giustificare l’acquisto dei dati più rapidamente, in realtà intendeva utilizzarli per scopi generali dell’agenzia.

I documenti rivelano l’ampio progetto messo in atto  dal CDC che prevedeva di  utilizzare i dati di posizionamento  ottenuti da una fonte molto controversa, SafeGraph. Questa  società ha ottenuto dal  CDC  $ 420.000 per un anno di accesso ai dati, e tra i propri investitori ha Peter Thiel e l’ex capo dell’intelligence saudita . Google ha bandito l’azienda dal Play Store a giugno. –  Motherboard

I dati acquistati provengono da telefoni cellulari, il che significa che SafeGraph può tracciare dove una persona vive, lavora e dove è stata, e quindi vendere quei dati a varie entità. Tecnicamene il CDC ha comprato dati aggregati, progettati per seguire le tendenze generali nel modo in cui le persone si muovono, tuttavia i ricercatori hanno sollevato preoccupazioni sul fatto che questi dati possano essere de-anonimizzati, quindi ricollegati alle singole persone.

Secondo i documenti del CDC, i dati di SafeGraph “sono stati fondamentali per gli sforzi di risposta in corso, come il monitoraggio orario dell’attività nelle zone di coprifuoco o il conteggio dettagliato delle visite alle farmacie partecipanti per il monitoraggio dei vaccini”.

“Il CDC sembra aver creato di proposito un elenco aperto di casi d’uso, che includeva il monitoraggio del coprifuoco, le visite dei vicini di casa, le visite a chiese, scuole e farmacie, e anche una varietà di analisi con questi dati specificamente incentrati su “violenza, ‘”, ha affermato Zach Edwards, un ricercatore di sicurezza informatica che segue da vicino il mercato dei dati.

Per quanto riguarda lo smascheramento delle persone, Edwards ha notato come i dati di SafeGraph possono essere utilizzati per individuare determinate persone.

“Secondo me, i dati di SafeGraph sono ben al di sotto di qualsiasi soglia di sicurezza [intorno all’anonimato]”, ha affermato, indicando un risultato nell’interfaccia utente di SafeGraph che mostrava i movimenti individuali verso uno specifico ambulatorio, evidenziando come fosse possibile identificare singolarmente le persone.

I documenti contengono un lungo elenco di ciò che il CDC descrive come 21 diversi “potenziali casi d’uso  dei dati”. Includono :

  • “Tracciare i modelli di comportamento di coloro che visitano le scuole primarie e secondarie della scuola e confrontali con il 2019; confrontare con l’epi metrica [Indice di prestazione ambientale], se possibile.”
  • “Esame della correlazione dei dati sui modelli di mobilità e dell’aumento dei casi di COVID-19 […] Restrizioni ai movimenti (chiusure delle frontiere, coprifuoco interregionali e vicino) per dimostrare il rispetto”.
  • “Esame dell’efficacia delle politiche pubbliche sulla [] nazione Navajo”.


I dati sulla posizione dei telefoni cellulari sono stati utilizzati durante la pandemia per vari scopi, anche dalle organizzazioni dei media per seguire i movimenti delle persone. Però nessuno si è mai spinto a monitorare una specifica popolazione, tra l’altro con una base etnica diversa, come la nazione Navajo. Siamo ben oltre quello che dovrebbe essere eticamente accettabile, ma questo parametro è stato profondamente stravolto dal covid.

FONTE: https://scenarieconomici.it/clamoroso-il-cdc-americano-ha-illegalmente-tracciato-migliaia-di-persone/

 

 

 

 

UkrLeaks: nazisti da esportazione, dagli Stati Uniti a Kiev

19 05 2022

A quanto pare gli Stati Uniti non esportano solamente armi in Ucraina nella guerra per procura contro la Russia. A Kiev vengono inviati anche direttamente sul campo di battaglia neonazisti statunitensi ben lieti di raggiungere un paese come l’Ucraina ormai divenuto punto di riferimento per la destra estrema a livello mondiale.

Questo è quanto emerge da un’inchiesta apparsa su UKR Leaks, portale che fa capo a Vasily Prozorov, ex agente segreto dell’SBU ucraino fino al 2018. Quindi una persona bene informata e con contatti diretti sul campo.

Ancora una volta vediamo confermata ala necessità di denazificare il regime ucraino, uno dei motivi che ha spinto la Russia ad avviare la propria operazione militare speciale lo scorso febbraio, ma che in occidente viene definita una motivazione risibile, pretestuosa e propagandistica. Infatti, nello stesso occidente si è giunti sino a negare il neonazismo di varie formazioni come il Battaglione Azov.

Scrive Prozorov su UKR Leaks: «Washington ha nutrito i movimenti nazisti in Ucraina per molti anni e rifornisce regolarmente i nazionalsocialisti nostrani per creare un “nuovo Reich” nel centro dell’Europa».

«Può essere difficile da credere subito, ma nel paese di BLM e tolleranza aggressiva, i nazisti si sentono abbastanza a loro agio. Ad esempio, organizzazioni come The American Front e The National Socialist Movement (NSM), noto anche come Nazi Party of America (partito nazista americano), operano negli Stati Uniti da più di un decennio.

I nazisti americani non nascondono particolarmente le loro opinioni e attività, condividono attivamente foto, video e letteratura “educativa” e raccolgono anche donazioni da persone che la pensano allo stesso modo.

A prima vista, possiamo definire il NSM un raggruppamento marginalmente marginale (…) Tuttavia, il partito ha il suo canale su Telegram, che suggerisce involontariamente l’interesse dei nazionalisti americani per il pubblico “slavo”. Ed è qui che inizia il divertimento. Il canale in sé non è di particolare interesse, ma ha una chat privata in cui partecipano attivamente i radicali di tutto il mondo, compresa l’Ucraina».

Effettivamente qui viene una parte molto interessante che comprende il reclutamento di volontari per l’Ucraina: «Si può notare che ci sono molti cittadini ucraini nelle chat list. Inoltre, molti partecipanti, compresi gli statunitensi, riferiscono apertamente la loro partecipazione alle ostilità dalla parte dei nazionalisti ucraini. Ci tengo a sottolineare che sono i nazionalisti, non l’APU (forze armate di Kiev)! In particolare parliamo di “Azov” e “Settore Destro”. La chat supporta anche la campagna di reclutamento del Battaglione».

Leggiamo poi nell’inchiesta: «È del tutto evidente che tra i radicali il governo di Kiev non gode né di rispetto né di appoggio. Contro V. Zelensky vengono mosse accuse di natura antisemita. Al contrario, i nazisti vedono in Ucraina il vero “nuovo Reich”, il cui nucleo dovrebbe essere “Azov”. Il “Fuhrer”, a quanto pare, dovrebbe essere A. Biletsky. Questa idea è espressa da alcuni dei partecipanti alla chat più attivi».

«Non a caso ho portato questo messaggio particolare. Il suo autore usa il nickname di ‘Bone face’. Forse questa è una delle figure chiave dello “sbarco nazista degli USA” in Ucraina. E non solo in questa fase. Sotto il nome di “Bone face” si nasconde un cittadino statunitense, il neofascista Kent McLellan, che ora si trova a Mariupol come parte di “Azov”.

Kent Ryan McLellan è nato il 22 aprile 1990 a St. Cloud (Florida) nella famiglia del neofascista nordamericano Ken McLellan, leader del gruppo rock “BRUTAL ATTACK”. Sotto l’influenza di suo padre, ha aderito all’ideologia radicale di destra mentre era ancora uno studente delle superiori. E al liceo, era già diventato un membro dell’organizzazione razzista “The American Front”.

È stato arrestato per la prima volta all’età di 18 anni nel settembre 2008 per graffiti razzisti su una chiesa e un ristorante a Crescent City. Nel 2010 ha scontato la pena per atti di vandalismo e percosse di immigrati. Nel maggio 2012, l’FBI arresta McLellan e i suoi complici del “Fronte americano” per aver preparato un atto terroristico contro le minoranze nazionali in Florida».

Avviene così la svolta criminale: «Nel maggio 2012, l’FBI ha già arrestato McLellan e i suoi complici del “Fronte americano” per aver preparato un atto terroristico contro le minoranze nazionali in Florida». Quindi il giovane nazista viene ‘attenzionato’ dai servizi speciali.

Prozorov riferisce che poi «McLellan è andato direttamente al Maidan».

Qui «la maggior parte delle fonti indica che si è unito ai ranghi del “Corpo di volontariato ucraino del settore destro” (Pravyj Sektor). Come membro di è stato direttamente coinvolto in azioni e si è impegnato nel reclutamento di volontari negli Stati Uniti e in altri Paesi. Quindi si unì all’operazione punitiva nel Donbass nei ranghi di “Azov”. Tuttavia, l’attività di McLellan nell’organizzazione della presa del potere a Kiev è iniziata nel 2013 come leader del gruppo di mercenari The Misanthropic Division. Hanno organizzato una rete di gruppi fascisti paramilitari utilizzando risorse della darknet come IronMarch. A proposito, è stato nel dicembre 2013 che McLellan ha aperto un account Twitter, uno strumento popolare per il coordinamento dei rivoluzionari in quel momento».

Ma non finisce qui perché ‘Bone Face’ «dopo essere tornato negli Stati Uniti nel 2015, è andato di nuovo in un istituto di correzione alla ricerca di criminali» da destinare alla guerra nel Donbass.

«Nel 2021, l’FBI lo ha mandato ancora una volta in prigione. Ma questa volta, a quanto pare, per il briefing finale. A proposito di questo, cambiato quasi irriconoscibile, McLellan ha riferito in un Telegram e ha detto che intendeva andare in Ucraina, che avrebbe “sparato ai Novorossiani”».

Prosegue poi l’ex agente dei servizi ucraini: «Secondo le mie fonti nella SBU, un gruppo di mercenari americani è arrivato in Ucraina nel novembre 2021 ed è tornato negli Stati Uniti a dicembre per reclutare ulteriori forze. E già nel gennaio 2022, i neofascisti stranieri si sono finalmente uniti ai ranghi di “Azov”. Apparentemente, avrebbero dovuto partecipare all’offensiva sul Donbass, prevista tra la fine di febbraio e l’inizio di marzo. Quindi, al momento, Kent “Boneface” McLellan sta probabilmente combattendo da qualche parte nella vastità dell’Ucraina. Ammette che il suo canale YouTube è gestito da amici di Azov.

Significativamente, nessuno dei social network ha fretta di bloccare pagine con contenuti apertamente nazionalistici e provocatori, dimostrazione di attributi proibiti, simboli e incitamento all’ostilità.

La tesi principale che McLellan ripete costantemente in tutta la sua corrispondenza è che Azov non sta combattendo per Zelensky, né per la NATO, né per l’UE. Secondo lui, “Azov” non è tanto un reggimento quanto l’idea di un “revival” neonazista dell’Ucraina.

Va detto che le cose non stanno andando bene per i mercenari AFU. Nei suoi messaggi, McLellan scrive della mancanza di acqua, munizioni e del tradimento del comando ucraino e di Zelensky personalmente.

I miei contatti in Ucraina raccomandano vivamente di fare ogni sforzo per catturare Kent McLellan. Sarà estremamente difficile, dal momento che il suo entourage, e lui stesso molto probabilmente non si lascerà catturare vivo. Tuttavia, in caso di successo, può diventare un’importante fonte di informazioni e prove viventi dell’esportazione del nazionalismo statunitense in Ucraina».

FONTE: https://www.lantidiplomatico.it/dettnews-ukrleaks_nazisti_da_esportazione_dagli_stati_uniti_a_kiev/45289_46330/

Il nuovo mondo della NATO

di Jorge Vilches per il blog Saker

La segretaria degli esteri del Regno Unito, Liz Truss, ha recentemente vissuto i suoi 15 minuti di gloria con un sfacciato discorso sulla politica di sproloquio a un banchetto presso la Mansion House di Londra. Ha ipotizzato che l’Occidente collettivo ora abbia bisogno di ” una NATO globale ” per perseguire nuovamente la geopolitica. Pubblicamente, la signora Liz Truss ha sfruttato la sua ben nota mentalità anglosassone anglosassone di Rule Britannia che ora richiederebbe un ” lebensraum ” molto più ampio. A proposito, il testo di Rule Britannia ” chiaramente chiaramente “ fa sapere al mondo che “… al comando del cielo … i britannici non saranno mai, mai, mai schiavi”. Assolutamente no, gli schiavi esisteranno, ma i britannici dovrebbero assicurarsi che sia il contrario, capisci? Quindi attenzione… Con un nucleo AUKUS, il concetto strategico è ” tutti per uno e uno per tutti ” proprio come “I tre moschettieri”, tranne per il fatto che il sostentamento del mondo è reale, non un romanzo. Nemmeno Liz Truss è un personaggio dei cartoni animati, è l’odierna ministro degli Esteri del Regno Unito.

Ucraina e petrolio + nazisti e russi

Lebensraum L’Ucraina sarebbe solo il punto di partenza, dice Truss, molto orgoglioso della storia coloniale britannica. In realtà dovrebbe essere anche molto più grande di quello che Adolf Hitler aveva originariamente previsto con il suo detto di politica estera nazista lasciato negli archivi nel ” Mein Kampf “. Incredibilmente, e secondo la stessa descrizione del Führer, tale lebensraum si trovava – oh coincidenza – ” in Ucraina e nelle terre intermedie dell’Europa orientale”… Intendiamoci lettori questa è una certezza storica, purtroppo non di finzione. Abbastanza curiosamente, la seconda guerra mondiale finì quando il dittatore tedesco sparò a se stesso e al suo amante nel tempio solo quattro anni dopo che la Wehrmacht aveva invaso l’Ucraina perseguendo il suo tanto necessario petrolio del Caucaso. Quindi parafrasando Mark Twain e mettendo in relazione i nazisti con l’Ucraina e il petrolio… con i russi che difendono e alla fine vincono… la storia non si ripete, ma sicuramente fa rima.

Rif. 1 https://www.britannica.com/topic/Lebensraum

Rif#2 https://www.rt.com/news/554646-liz-truss-nato-ukraine-taiwan/

Rif. 3 https://www.thenationalnews.com/world/uk-news/2022/04/27/britain-to-go-further-and-faster-in-supplying-ukraine-heavy-weapons/

NATO globale

Ma no signore, ciò che Adolf Hitler concepì oggi 90 anni fa non è affatto abbastanza grande per la NATO, mi dispiace. Per Liz Truss (ne parleremo più avanti) sarebbe una nuova ” Rete della Libertà ” lampeggiante ma di natura globale, capisci? Il tempo e il luogo di questa nuova impostazione della ” NATO globale ” dice la signora Truss è (1) in questo momento e (2) in tutto il mondo, ok?

guerra non commercio

Inoltre, nel frattempo e per non sprecare tempo e risorse preziose, Liz Truss esorta l’attuale (limitata) NATO “europea” a inviare più ” armi pesanti, carri armati e anche aeroplani” in Ucraina al più presto ” scavando in profondità nei nostri inventari e aumentare la produzione ”. Il suo ovvio obiettivo russo-eurofobico è quello di dividere l’Eurasia in frazioni secondo la collaudata filosofia “divide et impera  molto britannica . In realtà, la storia di Rule Britannia indica che più frazioni e pezzi, meglio è. E secondo il ministro degli Esteri del Regno Unito alla fine l’idea è quella di ricostruire l’area ” secondo le linee di un nuovo piano Super Marshall” praticamente come un’estensione dell’attuale ideologia del presidente Joe Biden print-print-print-and-then-print-some more “Build-Back-Better” … ma sicuramente in una scala molto molto più ampia. Naturalmente, tra i compiti di descrizione del lavoro inclusi nel ruolo del Regno Unito ci sono le comunicazioni pubbliche in tutto il mondo o una sorta di segretario stampa della NATO. Per completare la sua sciocchezza ignorante, la signora Truss ha affermato che “l’ Europa deve immediatamente tagliarsi completamente fuori dalle forniture energetiche russe di petrolio, gas e carbone “. Incredibile.

Indo-pacifico della NATO

Liz Truss ha aggiunto che la Cina dovrebbe affrontare lo stesso trattamento della Russia se non ” gioca secondo le regole”. Quali regole possiamo chiedere? Probabilmente intende con le regole AUKUS del 5% delle regole sul restante 95% che dovremmo indovinare. La guerra in Ucraina è “ la nostra guerra ”, dice perché la vittoria dell’Ucraina è un “ imperativo strategico per tutti noi ”. Sì, scommettiamo che lo è. Ma è abbastanza chiaro che le sue ambizioni dichiarate vanno oltre l’Europa, poiché la signora Truss ha denunciato la ” falsa scelta tra sicurezza euro-atlantica e sicurezza indo-pacifica “. ” Dobbiamo prevenire le minacce nell’Indo-Pacifico, collaborando con alleati come Giappone e Australia per garantire che il Pacifico sia protetto.”

“ Nel mondo moderno abbiamo bisogno di entrambi. Abbiamo bisogno di una NATO globale ”, ha affermato. “ E dobbiamo garantire che le democrazie come Taiwan siano in grado di difendersi ” avete sentito? Inoltre, c’è questa nuova strategia degli Stati Uniti che cerca di armare il Giappone contro la Cina, coerente anche con il 4 ° Reich della NATO. Rif. 4 https://www.rt.com/news/554925-missile-study-pacific-rand/

Lizzie divertente

Abbastanza divertente, dal momento che il ministro degli Esteri britannico Liz Truss dovrebbe in realtà essere molto esperto in diplomazia, storia e geografia. Ma, al contrario, è mal preparata e confonde molto facilmente i concetti del liceo. Ad esempio, ama spiegare i dettagli geografici di aree del mondo che ignora completamente, essendo già famosa in TV per aver fatto più gaffe sull’argomento. Prima ha scambiato il Baltico per il Mar Nero in una gloriosa intervista alla BBC che ha fornito intrattenimento intellettuale inaudito a un pubblico mondiale molto ampio, e poi si è innamorata di una domanda difficile insistendo sul fatto che Londra “non avrebbe mai riconosciuto la sovranità della Russia ” su Rostov e Voronezh, le regioni russe ha scambiato per le Repubbliche del Donbass di Donetsk e Lugansk.

corsa verso il basso

Voglio dire, il russo è una lingua complicata e non possiamo aspettarci che un occidentale raffinato come la signora Truss faccia molto meglio di così. Tuttavia, temo che i miei vecchi insegnanti di liceo l’avrebbero dichiarata “inadatta allo scopo” per evitare di chiamarla “una somaro”, immagino. Per lo meno Liz Truss compete fermamente con la vicepresidente degli Stati Uniti Kamala Harris per essere la politica occidentale meno intellettuale e più impreparata di sempre. Forse è un pareggio, chissà. Iniziando la sua carriera di gabinetto come sottosegretario per l’istruzione e l’assistenza all’infanzia nel 2012, Liz ha dimostrato di essere altamente versatile detenendo anche i portafogli Affari ambientali, Giustizia, Tesoro e Commercio internazionale. Quindi deve essere o una sfigata molto intelligente del Regno Unito o, possibilmente, una stronza molto intelligente.

nessuno è rimasto indietro

Truss ha inoltre sottolineato che l’Occidente “ deve garantire che, insieme all’Ucraina, i Balcani occidentali e paesi come la Moldova e la Georgia abbiano la resilienza e le capacità per mantenere la propria sovranità e libertà” . E secondo l’alto diplomatico britannico, la NATO dovrebbe integrare Finlandia e Svezia ” il prima possibile ” se le due nazioni nordiche scelgono di unirsi all’alleanza militare, cosa che entrambe sono decisamente spinte a fare. Aggiungendo la beffa al danno, mercoledì il ministro delle forze armate britanniche James Heappey ha detto a Thames Radio che sarebbe ” completamente legittimo ” per l’Ucraina utilizzare le armi fornite dal Regno Unito (ovviamente) per colpire in profondità il territorio russo. Non posso inventare questa roba gente. La signora Truss ha detto che era ” tempo di coraggio,non cautela ”, rendendo necessario che l’Occidente invii aerei da guerra a Kiev per sconfiggere Mosca, suonando molto simile all’ufficio londinese del Dipartimento di Stato americano. Inoltre, i legislatori tedeschi hanno votato a stragrande maggioranza per inviare “armi pesanti e complesse” in Ucraina, rendendo così la Germania il primo attacco più facile, più breve e più probabile nel caso in cui venga provocata una guerra termonucleare con la Russia. La Germania non avrebbe potuto scegliere un modo migliore per mettersi inutilmente in pericolo.

Rif. 5 https://www.zerohedge.com/geopolitical/german-lawmakers-vote-overwhelmingly-send-heavy-complex-weapons-ukraine

Contemporaneamente la Polonia ha annunciato massicce esercitazioni militari mentre il direttore dei servizi segreti esteri russi Sergey Naryshkin ha accusato Varsavia di prepararsi ad occupare la parte occidentale dell’Ucraina che la Polonia considera “storicamente appartenente” ad essa. Tale potenziale “riunificazione” avverrà fingendo di schierare una missione di “mantenimento della pace” nel paese con il pretesto di proteggere Kiev dall'”aggressione russa” mentre presumibilmente è complice degli Stati Uniti.

Rif. n. 6 https://www.rt.com/russia/554683-poland-major-military-drills/

guerre per procura in tutto il mondo

Quindi nessuno dovrebbe dubitare che la NATO stia essenzialmente entrando in guerra con la Russia attraverso guerre per procura, mentre sta attivamente armando i nemici della Russia come ha affermato lunedì scorso il suo ministro degli Esteri Sergey Lavrov. Quindi abbiamo già un USA globale che controlla il mondo… ma non è abbastanza. E poiché il Regno Unito ha perso la maggior parte delle sue colonie nel ventesimo secolo e gli Stati Uniti hanno esternalizzato la maggior parte della sua base manifatturiera, entrambi dovrebbero unire le forze e migliorare la NATO rendendola globale. E così il Regno Unito può finalmente rivendicare la sua influenza universale e giustificare la Brexit per ” riprendere il controllo ” e rinnovare il suo indiscutibile diritto di gestire “un impero su cui il sole non tramonta mai”. Ma poiché il Regno Unito non è affatto vicino a questo, e in realtà rischia di estinguersi senza un’Europa sana accanto ad esso, il Regno Unito gioca semplicemente il ruolo “anch’io” nel gioco mondiale degli Stati Uniti.

Per completare lo schema, l’Australia si impegna a mantenere la “relazione speciale” tra gli anglosassoni. Nasce così il 4 ° Reich della NATO globale guidato dall’AUKUS .

Rif#7 https://www.rt.com/news/554705-uk-europe-drills-ukraine/

Le truppe britanniche si stanno preparando per uno dei loro più grandi dispiegamenti in Europa dalla guerra fredda, ha affermato il Ministero della Difesa (MoD). Migliaia di soldati britannici saranno inviati nei prossimi mesi in paesi che vanno dalla Macedonia del Nord alla Finlandia per prendere parte a esercitazioni congiunte con le loro controparti della NATO, della Finlandia e della Svezia.

I soldati britannici si sono anche addestrati insieme alle forze statunitensi in Polonia, ha affermato il Ministero della Difesa. Ha anche annunciato che le truppe degli ussari reali della regina sono state appena schierate in Finlandia, che condivide un confine di 1.300 km con la Russia, per essere incorporate in una brigata corazzata. Convocato dal segretario alla Difesa statunitense Lloyd Austin e per volere dei capi di stato maggiore congiunti degli Stati Uniti, il generale Mark Milley, i rappresentanti di 40 paesi si sono riuniti martedì scorso alla base aerea di Ramstein per definire il piano di gioco con il resto del mondo come pedine.

Rif. n. 8 http://thesaker.is/queen-and-king-set-out-on-the-chessboard/

FONTE: http://thesaker.is/natos-new-world/

 

 

 

 

ECONOMIA

“Ci sarà un disastro economico. Torneremo a tenore di vita precedente gli anni Cinquanta”

Aumenteranno le divergenze tra i Paesi europei come mai prima d’ora e noi andiamo incontro a un disastro economico.

Antonio Pilati, saggista, esperto di comunicazione, già componente di AgCom e Antitrust, commenta l’analisi dell’economista Gustavo Piga («il governo ha deciso che l’Italia non deve crescere»). E fa uno scenario politico. I 5 Stelle non apriranno nessuna crisi, il loro anti-atlantismo è strumentale. Anzi: potrebbero perfino prestarsi ad una raffinata operazione di palazzo. Ad alcuni piani alti della nostra Repubblica, infatti, si pensa che più questa legislatura va avanti, meglio è.
Faccio due osservazioni. La prima: il mondo non è cominciato il 24 febbraio. Nel “mondo” precedente gli Usa e la Nato hanno creato i presupposti per contrastare e ridurre lo status di potenza della Russia. Tutto questo ha favorito in Putin la decisione di invadere l’Ucraina.

D’accordo. Ma perché dice questo?
Perché porta alla seconda osservazione. È evidente che gli interessi americani e quelli europei son profondamente diversi. Washington ha trovato il modo di contrastare la Russia usando gli ucraini. L’Europa si è coinvolta nel progetto americano, dotato di una straordinaria forza comunicativa e mediatica, ma lo fa danneggiando profondamente se stessa e le sue economie. In più – ed è un punto cruciale – questa differenza di interessi non emerge.

E l’Italia?
In Europa siamo il Paese con il più alto debito pubblico e quello che avrà i danni maggiori.

Ma è proprio questo il punto. Il governo di salvezza nazionale finirà per affondarci.
Non mi sembra che abbiamo molta libertà di scelta. L’inflazione in Europa sale all’8,1%, nell’aprile 2021 era all’1,6%, mentre la stessa Commissione abbassa le stime del nostro Pil per il 2022 dal 3,1% al 2,4%. Sono due cose che non possono andare insieme. La Bce dovrà intervenire, ma i suoi interventi per noi sono un grave problema, perché se la banca centrale alza i tassi, il debito pubblico ci costerà molto di più.

Quindi torniamo all’inizio. Alternative?
Prendere quello che ci danno. Lei mi dirà: ma si poteva negoziare? Non voglio fare l’avvocato d’ufficio, ma la debolezza politica nella quale ci mette il nostro debito pubblico esorbitante non comincia con Draghi. E quando c’è una guerra, i fattori di debolezza si accrescono.

Vale anche per i trattati europei: questi trattati sono un danno.
Lo sappiamo, i trattati sono stati scritti pensando soltanto a una congiuntura favorevole, quella sfavorevole non è prevista. È un limite dell’impianto europeo. Purtroppo, la congiuntura è negativa dal 2008. E la guerra l’ha trasformata in un dramma.

Cosa succederà?
Aumenteranno le divergenze tra i Paesi europei come mai prima d’ora.

Siamo destinati a impoverirci?
Andiamo incontro ad un disastro economico. Qualcuno ha detto che potremmo tornare ad un tenore di vita precedente al boom degli anni Cinquanta. Potrebbe non essere esagerato.

I partiti sono in stato di agitazione. Sui giornali si leggono strani articoli, come quelli di Cottarelli e Monti. C’è aria di fine anticipata della legislatura?
Bisogna distinguere. Sul piano della razionalità politica astratta, la cosa migliore sarebbe votare il prima possibile, e lo abbiamo già detto. Questo parlamento è debole e incerto, politicamente delegittimato.

Questo in teoria. E nella realtà?
Secondo me la legislatura potrebbe finire soltanto per gravi circostanze imprevedibili. Siamo in periodo pre-elettorale e in tempo pre-elettorale i partiti si fanno la guerra, sia tra loro che al loro interno. Un fatto quasi fisiologico. Nelle prossime Camere ci sarà un terzo di posti in meno, e questo aumenta la concorrenza interna nei partiti. In ogni caso il punto è: i vertici cui spettano le decisioni essenziali – il Quirinale e la Commissione europea – non hanno affatto interesse a sciogliere le Camere.

Sulla guerra in Ucraina e in particolare sulla fornitura di armi la maggioranza è divisa. Conte e i suoi possono mettere a rischio il governo?
Ne dubito, la loro mi pare una posizione strumentale. Sono i parlamentari che più rischiano di non essere rieletti. Quanto al loro anti-atlantismo, non avendo i 5 Stelle una fisionomia politica definita, la stanno cercando. E la posizione degli altri partiti li aiuta a differenziarsi.

Nel Pd, Letta è passato dall’atlantismo spinto al dire che l’Europa deve spingere Putin alla pace. Adesso ha una fronda interna sulla giustizia: lui è per il no a 5 referendum, Ceccanti, Morando e molti altri sono per il sì.
L’iper-atlantismo di Letta era tattico. In questa fase, comunque, le divisioni interne al Pd riguardano un po’ tutti i temi, sia di governo, sia di altra natura.

E il centrodestra? L’altro ieri il vertice di Arcore ha sancito la divisione tra Berlusconi-Salvini da una parte e Meloni dall’altra.
Il centrodestra è diviso per ragioni relative ai rapporti e al primato tra i partiti che lo compongono. La Lega è in maggioranza e pungola Draghi; mentre il partito più draghiano in questo momento è FdI che sta all’opposizione.

Paradossale.
Sì, non per Draghi ma per la Meloni. Sulla politica internazionale è più allineata a Draghi di tutti gli altri. O meglio: era.

In che senso?
Durante la visita di Stato in America, Draghi si è mostrato più aperto al negoziato di quanto lo fosse dieci giorni prima. Letta si era già riposizionato: l’iper-bellicismo dell’amministrazione americana lo ha indotto ad essere più europeista, mentre la Meloni è rimasta allineata a Biden.

FdI ha di fatto lanciato la sua campagna elettorale a Milano, capitale produttiva del Paese, ma sulle tasse non ha battuto ciglio, perché?
Perché è un partito romano. Essere contro l’aumento dell’imposizione fiscale viene meno facile che a Salvini.

A proposito di partiti romani. Pare che a Roma qualcuno sia tentato di usare la guerra in Ucraina e lo stato di emergenza per non votare nel 2023. Possibile?
Non possiamo saperlo. Però va detto che questo parlamento è in gran parte molto malleabile, soprattutto dai piani alti della presidenza della Repubblica, dove qualcuno è riuscito nel capolavoro di fare rieleggere Mattarella. Tra l’altro, non dimentichiamo neppure che a primavera 2023 ci sono un bel po’ di nomine da rinnovare. di Federico Ferraù – Il Sussidiario

FONTE: https://raffaelepalermonews.com/ci-sara-un-disastro-economico-torneremo-a-tenore-di-vita-precedente-gli-anni-cinquanta/

 

 

 

RINASCITA ECONOMICA TRAMITE LA RIFORMA TRIBUTARIA

Rinascita economica tramite la riforma tributariaSebbene il Gruppo della Banca mondiale abbia interrotto il progetto “Doing Business”, ossia la classificazione annuale del livello di attrattiva per gli investimenti economici esteri riguardo a ciascuna nazione mondiale e stia riformulando dei nuovi parametri per valutare lo stato di salute economico e imprenditoriale di ciascuna economia mondiale, definito Business Enabling Environment (Bee), la diegesi dello stato disagiato e strutturalmente compromesso nei sui aspetti macroeconomici dell’economia italiana è inconfutabile e verificabile nella vita reale da ciascun consociato italiano, a prescindere dalle classifiche della World Bank al riguardo.

Con questo sistema economico stagnante ai limiti della recessione, anche a causa delle restrizioni legiferate per fronteggiare la pandemia del Covid-19l’Italia ha l’improcrastinabile urgenza di risolvere i suoi annosi problemi di mala giustizia in ogni sua disciplina giuridica e processuale, da quella civile e amministrativa fino ad arrivare a quella penale, ma soprattutto ha bisogno di velocizzare e di risolvere in modo funzionale alla sua economia, il contenzioso tributario, disponendo una riforma radicale affinché esso diventi più celere e quindi meno costoso per i consociati e per lo Stato.

In virtù di quanto indicato dal Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), durante la riunione del Consiglio dei ministri, svolto lo scorso 17 maggio, è stato licenziato il Disegno di legge su giustizia e processo tributario, finalizzato a modificare il Decreto legislativo n. 546/1992. Secondo quanto stabilisce il Pnrr, il succitato disegno di legge prevede delle disposizioni oltre che in materia di giustizia in generale, anche per concretizzare una riforma del processo tributario in particolare, anche con la riduzione della pletora di ricorsi in Cassazione, affinché tale riforma possa contribuire a generare la rinnovata fiducia degli operatori economici. Di seguito riporto in modo schematico le principali novità del disegno di legge sulla riforma del contenzioso tributario:

1) Professionalizzazione dei magistrati tributari: con un concorso con prove scritte e orali verranno assunti a tempo pieno i giudici tributari, per sostituire progressivamente gli attuali giudici onorari.

2) L’organo di autogoverno della giustizia tributaria verrà rinforzata: ossia gli istituti del Consiglio della giustizia tributaria (Cpgt), come l’Ufficio ispettivo finalizzato alla tutela dell’esercizio corretto del giusto funzionamento degli organi della giustizia tributaria, nonché l’Ufficio del massimario nazionale finalizzato a garantire l’uniformità di giudizio per le fattispecie analoghe.

3) L’istituzione di una nuova e apposita banca dati predittiva: in cui verranno archiviate le massime giurisprudenziali, affinché gli operatori possano venire a conoscenza degli orientamenti e delle tendenze giurisprudenziali;

4) Il rafforzamento dell’organico amministrativo funzionale alla Giustizia tributaria: gli uffici professionalizzati saranno dotati di nuove professionalità amministrative.

5) Modifiche del processo tributario: la prova testimoniale verrà introdotta nel primo e nel secondo grado di giudizio, verrà aumentato il limite a 50mila euro per fruire dell’istituto della conciliazione ai fini deflattivi, invece per le controversie di un importo fino a 3mila euro verrà introdotto il giudice monocratico, inoltre verrà istituito “l’appello critico”, ossia limitato a determinate ipotesi di contenzioso.

6) L’introduzione di misure deflattive nel terzo grado di giudizio del processo tributario (Cassazione): il rinvio pregiudiziale e la pronuncia del principio di diritto in materia tributaria verranno disposti a tale finalità.

giureconsulti del diritto romano usavano affermare che dove c’è il diritto esiste una società, ovvero uno stato di diritto, di conseguenza la Giustizia è il perno principale della struttura portante di una Nazione, senza la quale non può esserci benessere e libertà economica e quindi libertà individuale. Lo stato comatoso in cui si trova il sistema giudiziario in ogni sua declinazione settoriale dimostra quanto esso sia causa di disinvestimenti e di crisi del sistema economico e produttivo italiano.

Nessuna impresa nazionale e soprattutto estera può prendere in considerazione qualsivoglia tipo d’investimento quando lo stato di diritto è latitante. Al postutto, l’unica nota dolente di questo disegno di legge è rappresentata dal fatto che per disporre la riforma della Giustizia e quindi anche la riforma del contenzioso tributario si è dovuto aspettare che esse ci venissero imposte dal Pnrr, ossia un piano generato per fruire di un prestito dell’Unione europea, i cui interessi e il cui onere risulteranno un prezzo sacrificale assai gravoso per i cittadini italiani e soprattutto per le loro generazioni future.

Ubi ius ibi societas

FONTE: http://www.opinione.it/politica/2022/05/19/fabrizio-valerio-bonanni-saraceno_banca-mondiale-doing-business-enabling-environment/

 

Con la sola economia non si può capire cosa c’è dietro il MES: l’Italia e il grande gioco globale

12 05 2022di Giuseppe Masala

Non è possibile comprendere ciò che sta accadendo in Italia, a partire dai suoi rapporti con una mera analisi di natura economicista. E’ assolutamente necessario allargare lo sguardo provando ad interpolare la mera tecnicalità economica con questioni di natura culturale, storica, diplomatica e militare, in una parola bisogna abbracciare il campo della geoeconomia per riuscire a comprendere ciò che sta accadendo. In altri termini è necessario capire che il Mes che i fratelli-coltelli europei vorrebbero somministrarci non è un fine, ma è un mezzo.

Ricapitolando quanto detto in altre circostanze, l’Italia vive una grave crisi economica esacerbata dal Lockdown dovuto alla crisi pandemica. Tutto ciò sta provocando un crollo del pil a due cifre che rende difficilmente sostenibile il suo debito pubblico nel quadro delle regole europee esistenti. Sia chiaro, fuori da queste regole europee tendenti a comprimere la spesa pubblica e il costo del lavoro rendono insostenibile ciò che con una moneta sovrana e il controllo dei movimenti dei capitali è sostenibilissimo: l’Italia è creditore netto verso l’Estero e ha un saldo delle Partite Correnti e una Bilancia Commerciale in attivo da anni.

E’ certamente vero che quelle regole europee che tanto ci penalizzano le abbiamo (sciaguratamente) accettate ma l’inflessibilità tedesca nella richiesta della loro pedissequa applicazione (tramite Mes) senza tener conto dei nostri conti con l’estero non è spiegabile con razionalmente con il luogo comune che i tedeschi rispetterebbero sempre le regole, sarebbero delle persone non flessibili. C’è dell’altro. Come ho detto prima il Mes non è un fine ma è un mezzo. Perchè allora i tedeschi avrebbero l’urgenza di commissariare l’Italia riducendone quasi a zero gli spazi di autonomia non solo finanziaria ma anche nell’utilizzo a suo vantaggio delle infrastrutture grazie ad un piano di privatizzazioni alla greca?

Per comprendere questo bisogna riuscire a valutare il quadro internazionale che si è creato:

  1. L’uscita della Gran Bretagna dalla UE toglie al blocco dei paesi centrali dell’area europea quello “sbocco ai mari del mondo” (parlo di mari in senso figurativo) che la Gran Bretagna è in grado di dare sia dal punto di vista diplomatico che storico. Le capacità europee di intrattenere rapporti diplomatici con i paesi del Commonwealth e con l’India si riducono quasi a zero;
  2. Le crescenti tensioni tra Cina e Usa pongono i “paesi centrali” di fronte alla necessità di una scelta tra i due grandi contendenti. Questa è una scelta dolorosa, soprattutto per la Germania che vede sia nella Cina che negli Usa due grandi clienti finali delle sue produzioni;
  3. A Est la penetrazione dell’Europa ha trovato in Putin un avversario irriducibile che non ha esitato a prendere le armi per evitare che l’Ucraina diventasse un protettorato europeo e soprattutto con la presa della Crimea ha reso insicuro il progetto europeo di corridoio commerciale che doveva aprire una rotta commerciale tra l’Europa e la Cina bypassando sia il Mediterraneo sia la Russia attraverso l’Asia Centrale (International transport corridor Caspian Sea-Black Sea ITC-CSBS) e quindi in pieno controllo geostrategico da parte dell’Europa e dei suoi padroni. Progetto, sia detto per inciso estremamente pericoloso, perchè prevede di fatto l’uscita del Kazakistan dalla sfera di influenza di Mosca per abbracciare il mondo occidentale “democratico”. Inutile sottolineare il gioco pericoloso e irresponsabile dell’Eu in questa partita che porterebbe a reazioni inimmaginabili da parte di Mosca. Lo dico per chi dice l’Eu ci ha dato “settanta anni di pace”. Le cose sono più complesse.

 

kern.jpg
 

In questo scenario geopolitico che si è venuto a creare con l’uscita della Gran Bretagna dalla UE ad Ovest e con il blocco russo in Ucraina e nel Mar Nero come si può capire la capacità di proiezione europea sono ridotte a zero mandando le cassetto, sine die, i sogni di grandezza del Ministro degli Esteri tedesco Heiko Maas che vedevano l’UE (e la Germania, che della UE è il paese egemone) giocare finalmente sul tavolo dei potenti del mondo.
Ora, cosa c’entra la situazione italiana con questa grande partita che si gioca nello scacchiere internazionale? Semplice, per non rimanere rinchiusi i paesi del nucleo centrale europeo hanno la necessità di assoggettare l’Italia e guadagnare quella capacità di proiezione in quello che si chiama “mediterraneo allargato”.
Innanzitutto bisogna chiarire che il Mediterraneo sta ridiventando centrale nello scacchiere mondiale. E’ il mare che unisce l’Africa, l’Europa e l’Asia in un unico crogiolo. Dopo decenni in cui la sponda nord e la sponda sud sono state separate da una cortina di fuoco fatta di guerre di aggressione e di rivoluzioni colorate si vedono spiragli promettenti sia dal punto di vista politico che dal punto di vista commerciale.

Partiamo dall’OvestMed, il Mediterraneo Occidentale:

  1. Dopo la sostituzione di Bouteflika in Algeria la nuova leadership apre agli investimenti internazionali anche europei. L’Italia che coltiva da sempre rapporti ottimi (mai dimenticare il ruolo svolto dall’ENI e dal Partito Comunista Italiano nella guerra di liberazione algerina dal giogo colonialista francese, noi forse l’abbiamo dimenticato, gli algerini no, per loro siamo un popolo amico e fraterno) è il primo partner commerciale dell’Algeria nella UE e ovviamente gli investimenti italiani nel paese hanno autostrade aperte.
  2. Sono partite le trattative tra Italia e Algeria per delimitare le Zone Economiche Esclusive (ZEE) nel Mediterraneo Ovest. Una trattativa attesa che non riguarda come forse molti pensano la pesca del tonno, ma la possibilità di esplorare i fondali del Mediterraneo alla ricerca di importanti giacimenti di gas.
  3. In Tunsia assistiamo anche ad un fenomeno interessante: ben 890 imprese italiane hanno trasferito in tutto o in parte le loro produzioni. Insomma si sta creando una interessante catena globale del valore con a capo aziende italiane. Inutile dire che i rapporti commerciali tra la Tunisia e l’Italia sono fiorenti, siamo il loro secondo partner commerciale.

Spostiamoci nell’EstMed, il Mediterraneo Orientale;

  1. I rapporti con l’Egitto sono ottimi nonostante i tentativi di sabotaggio che molti tentano strumentalizzando il Caso Regeni. Da rilevare che l’ENI ha scoperto e messo a produzione il più grande giacimento di gas del Mediterraneo che si trova in acque egiziane (giacimento denominato Zohr) e che farà dell’Egitto non solo un paese indipendente dal punto di vista energetico ma anche un esportatore netto.
  2. Inoltre sempre ENI ha scoperto un altro grande giacimento (denominato Noor) sempre in acque egiziane di dimensioni ciclopiche;
  3. L’Italia grazie ad Eni gioca un ruolo di primo piano in tutte le scoperte di gas fatte nell’est del Mediterraneo e nei gasdotti che ne permetteranno la commercializzazione e che avranno sbocco in Italia;
  4. L’Italia gioca anche un ruolo fondamentale nel mega cavo sottomarino che collegherà l’India all’Europa attraverso l’Oman, l’Arabia Saudita e Israele. La parte mediterranea del cavo sarà costruita dalla Telecom Italia e sboccherà naturalmente a Catania per poi proseguire fino a Genova. Di questa infrastruttura digitale di primaria importanza per l’economia del futuro ne ha parlato tutto il mondo, tranne ovviamente i giornali italiani, talmente provincialotti da raccogliere ogni alzata di sopracciglio dell’insignificante Dombrovskis ma incapace di vedere le vere partite.

Si potrebbero fare tanti altri esempi, ma ciò che importa è che si capisca la rinascita del Mediterraneo e il ruolo di leadership che ha l’Italia. Un ruolo invidiato dai nordeuropei che come ho scritto sopra si trovano senza la minima capacità di proiezione ne ad est né ad ovest e che guardano al Mediterraneo come uno sbocco naturale per non morire d’inedia. Basti pensare che la Germania sta tentando di inserirsi nella partita mediterranea ma come facilmente si capisce sempre attraverso l’Italia dovranno passare. Il problema è che loro non vogliono passare in Italia né da amici né da soci in affari, ma come loro solito da padroni. Ecco perchè per loro è fondamentale sottomettere l’Italia con qualsiasi strumento compreso quello del whaterbording finanziario attraverso il Mes che andrebbe a minare qualsiasi spazio di autonomia italiana e che trasformerebbe la penisola in una semplice piattaforma logistica ad uso e consumo della Kerneuropa o se preferite dei paesi centrali.

Ma la partita mediterranea è ancora più importante, e il ruolo dell’Italia ancora più strategica. Il Mediterraneo è la porta che apre all’Europa la strada verso il possibile nuovo eldorado: l’India.

Gli statunitensi vedono nell’India il contraltare sia militare che economico allo strapotere cinese in Asia, in Africa e in Europa e stanno provando a sostenerne la crescita in chiave anticinese. Una partita ghiotta che garantisce promettenti ritorni commerciali per chi saprà inserirsi basti pensare che solo oggi la Apple ha siglato in India un accordo da 40 miliardi di dollari per spostare le sue produzioni dalla Cina. Sia detto per inciso che il sostegno americano all’India in chiave anticinese sta bene anche alla Russia che al di là delle apparenze non vede di buon occhio l’egemonia cinese in Asia e ha soprattutto rapporti storici (anche di livello militare) con l’India.

 

Mediterraneo2.jpg
 

Il ruolo dell’Italia in questa partita è autoevidente a tutti tranne che agli italiani. L’Italia è la chiave per l’Europa per arrivare in India. E’ impossibile una via terrestre che colleghi i paesi centrali europei all’India è invece aperta la rotta mediterranea attraverso l’italia. Da non dimenticare che – non esattamente a caso – l’Italia presidia il Mar Rosso e l’Oceano indiano occidentale in partnership con gli Usa: abbiamo una base militare a Gibuti, abbiamo una missione militare in Somalia e abbiamo una missione di controllo marittimo “antipirateria” nell’Oceano Indiano. Chiunque, esclusi gli economisti, sa che non ci sono rapporti commerciali se non c’è sicurezza delle rotte commerciali. E anche nella rotta Europa-India siamo un paese chiave.
Insomma, abbiamo grosse opportunità per il futuro, indipendentemente da quelle che possono essere le difficoltà economiche presenti. Siamo un paese chiave nel Mediterraneo, siamo l’unica porta d’ingresso europea all’India e siamo l’unico stato d’Europa che può dare proiezione internazionale all’Europa stessa ormai ingabbiata a est e a ovest. Per questi molti nel Nord Europa bramano il nostro assoggettamento, la svendita degli assets nazionali e la riduzione a semplice piastra logistica nordeuropea.

FONTE: https://www.lantidiplomatico.it/dettnews-con_la_sola_economia_non_si_pu_capire_cosa_c_dietro_il_mes_litalia_e_il_grande_gioco_globale/29296_34890/

 

 

FINANZA BANCHE ASSICURAZIONI

Armi e miliardi per la guerra

Il campo di battaglia ucraino è il più sovvenzionato al mondo da Stati Uniti, Regno Unito e Unione Europea. Questo massiccio investimento mira a sostenere non gli ucraini, ma i banderisti, in totale contraddizione con gli obiettivi dell’Alleanza durante la seconda guerra mondiale. Questo denaro viene prelevato dai programmi sociali dei paesi donatori, cioè manca alle popolazioni povere occidentali.

Il presidente Joe Biden, ricevendo il primo ministro Mario Draghi alla Casa Bianca, ha dichiarato: “La cosa che apprezzo di più di te è lo sforzo fin dall’inizio di mettere in sintonia la NATO e l’UE nell'”aiuto all’Ucraina”. Complimenti meritati: mentre il Congresso Usa approva lo stanziamento di altri 40 miliardi di dollari per armare le forze di kyiv nella guerra contro la Russia, oltre ai 14 già stanziati a marzo, Draghi si è adoperato per aprire in Europa un analogo canale di finanziamento della guerra attraverso un “Fondo fiduciario di solidarietà dell’Unione europea per l’Ucraina” e un “pacchetto di resilienza” con un valore iniziale di 2 miliardi fornito a Kiev dalla Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo (BERD).

Allo stesso tempo Mario Draghi e gli altri leader del G7 (tra cui Germania, Canada, Stati Uniti, Francia, Italia, Giappone e Regno Unito) hanno stanziato 24 miliardi di dollari per sostenere l’Ucraina nella guerra contro la Russia. Importante è anche il ruolo di Draghi nel finanziamento a kyiv deciso dalla Banca Mondiale e dal Fondo Monetario Internazionale, pari inizialmente a circa 5 miliardi di dollari.

Grazie a questi fondi, nei mesi prima e dopo la guerra, gli Stati Uniti e i loro alleati hanno fornito alle forze di Kiev 85.000 missili, più di 50 milioni di munizioni di tutti i calibri, inclusi obici a lungo raggio, droni e altri sistemi d’arma avanzati. Le forze di Kiev, in particolare quelle del reggimento Azov e di altre formazioni neonaziste, non sono solo armate ma dirette dalla NATO.

La colossale spesa per la guerra contro la Russia, destinata ad aumentare ea diventare permanente, viene pagata dai cittadini europei attraverso tagli alla spesa sociale. A questi si aggiunge la spesa crescente derivante dalla direttiva Ue per accogliere e trattenere tutti gli ucraini che arrivano – senza bisogno di visto – in Italia e in altri paesi europei.

FONTE: https://www.voltairenet.org/article216943.html

 

 

 

LAVORO PENSIONI DIRITTI SOCIALI

La fredda primavera del lavoro

L’aprile che abbiamo vissuto non è di certo quello che sognavamo ad inizio anno, tra una guerra che non mostra segnali di arresto, una pandemia che ancora produce morte, e le bollette di gas e luce che continuano a galoppare. In questo quadro, tutt’altro che sereno, una notizia sembra riportare una ventata d’aria fresca per il mondo del lavoro: l’ISTAT ha appena calcolato che nel 2022 i salari nominali cresceranno dello 0.8% rispetto allo scorso anno. Per quanto sia una crescita flebile, verrebbe da tirare una boccata d’ossigeno, in quanto questo dato sembrerebbe indicare che i lavoratori, nonostante tutto, stiano preservando i propri standard di vita.

Purtroppo, non è così. Infatti, la crescita media delle buste paga non sarà sufficiente a compensare la crescita dei prezzi. A riprova di ciò, la stessa ISTAT stima per il 2022 un aumento del costo della vita (la temutissima inflazione) del circa il 6%: tradotto, se i salari nominali crescono di un non nulla, i prezzi dei beni e dei servizi comprati dai lavoratori crescono sensibilmente, sei volte tanto, con una conseguente perdita di potere d’acquisto di circa il 5%.

Si tratta di numeri puri e semplici che certificano il peggioramento delle condizioni materiali dei lavoratori, che, per l’effetto combinato di un aumento dei prezzi e dei salari pressoché stagnanti, vedono ridotta, in maniera significativa, la loro capacità di spesa e quindi il proprio livello di benessere. E c’è di peggio. I salari reali – ossia rapportati all’andamento dei prezzi – potrebbero ridursi ancora di più del 5% se la guerra dovesse prolungarsi fino alla fine dell’anno, poiché il prolungamento del conflitto proietterebbe l’inflazione in tutta Europa sopra la doppia cifra.

Nonostante questa chiara evidenza, le trombe del padronato non smettono di squillare. Ci ha pensato il presidente di Confindustia, Carlo Bonomi, a suonare la carica, definendo gli imprenditori italiani degli “eroi civili” che stanno facendo di tutto per contenere l’inflazione.

Il pensiero di Bonomi è riassumibile come segue. L’aumento dei costi dell’energia e delle materie prime iniziato nel 2021 è figlio innanzitutto del rallentamento della produzione causato dalle misure di contenimento della pandemia, a fronte del rapido recupero della domanda globale dell’anno passato.  Questi rincari sono stati in seguito esacerbati dalle recenti vicende belliche e geopolitiche, che hanno interessato due economie relativamente piccole su scala globale, ma molto importanti nell’approvvigionamento di materie prime strategiche (gas, grano, risorse minerarie), mettendo di fatto le imprese di fronte ad una scelta: da un lato, aumentare i prezzi di vendita (e quindi soffiare sul fuoco dell’inflazione) per preservare i propri utili; dall’altro, ridurre i propri margini di profitto per evitare che l’aumento dei costi dei materiali e dell’energia si traduca in incrementi dei prezzi dei beni e servizi finali, mettendo a repentaglio le proprie quote di mercato. Non è dato sapere quale sia la strada che effettivamente sia stata percorsa (secondo Bonomi, la seconda delle due): sta di fatto che nessuna delle due contempla (e chi l’avrebbe mai detto…) uno spazio per l’aumento dei salari dei lavoratori.

In altri termini, secondo Confindustria le imprese italiane, evitando che i salari crescano, starebbero facendo il possibile per contenere l’inflazione, ed in questo modo dando manforte alla ripresa dell’intera economia italiana. È vero tutto il contrario. Non solo Bonomi utilizza l’inflazione come una clava contro il lavoro, agitandola come uno spauracchio per erodere potere d’acquisto e quote di reddito ai lavoratori, ma questo approccio ha anche il piccolo difetto di comprimere ulteriormente i consumi e la domanda interna, finendo per essere deleterio anche per le prospettive di crescita. È la stessa Confindustria, del resto, ad essere in prima linea nella battaglia per evitare i rinnovi dei contratti collettivi, i quali implicherebbero aumenti salariali (lo stesso Bonomi ha definito ‘un ricatto’ la proposta del ministro Orlando di subordinare sussidi di Stato alle imprese a dei fantomatici aumenti salariali).

Pandemia e guerra, due piaghe di enorme rilevanza, non colpiscono tutti allo stesso modo. Nello specifico contesto del mercato del lavoro italiano, caratterizzato da rapporti di forza già fortemente squilibrati, un continuo processo di precarizzazione e la conseguente frenata delle retribuzioni reali, gli accadimenti degli ultimi anni stanno rappresentando una ghiotta occasione per spostare ulteriormente l’ago della bilancia dalla parte delle imprese.

Difenderci dal carovita è possibile, a patto che le retribuzioni crescano almeno in linea con i prezzi, e ai padroni sia impedito di scaricare questi aumenti salariali su ulteriori aumenti dei prezzi. Solo in questo modo si contrasta l’inflazione e si difende il potere d’acquisto dei lavoratori. Ciò comporterebbe, ancor più inevitabilmente in un contesto di crescita dei costi delle materie prime, una riduzione dei margini di profitto. Ecco spiegato perché Bonomi continua a ripetere che l’aumento del costo del lavoro metterebbe “in grave difficoltà” le imprese. È attraverso queste lenti che dobbiamo leggere le parole dei rappresentati del mondo confindustriale, sempre al fronte quando si tratta di evitare che i profitti vengano erosi.

FONTE: https://coniarerivolta.org/2022/05/04/la-fredda-primavera-del-lavoro/

 

 

 

 

PANORAMA INTERNAZIONALE

Salvare la faccia: è la nuova parola d’ordine della Nato

Ma mano che i sotterranei dell’Azovstal vomitano i nazisti che i erano nascosti lì dentro assieme agli amici della Nato, man mano che le possibilità di ” narrare” una possibile vittoria ucraina e la “debolezza” della Russia vengono meno, i vigliacchi che hanno fatto dell’Ucraina carne da cannone cominciano a prendere le distanze. Tutto avviene come al solito nel mondo anglosassone, con una presa di posizione di qualche accademico che poi come un sasso gettato nello stagno comincia a formare onde concentriche che si diffondono nell’acqua stagnante dove le menzogne pian piano vanno incontro a un processo di putrefazione. Questa volta tocca a “Politico” aprire le danze pubblicando  un articolo scritto a più mani da Patrick Porter, professore all’Università di Birmingham, Benjamin Friedman, direttore degli affari politici del think tank americano Defence Priorities, e Justin Logan, ricercatore senior del Cato Institute: la loro tesi è che gli interessi di Washington  e di Kiev non sono identici e che il sostegno degli Stati Uniti all’Ucraina può dare alla parte ucraina “false speranze” e ritardare il processo di pace.

Certo quasi 100 miliardi di dollari in armamenti finora concessi o promessi a Kiev (praticamente il doppio della bilancio militare di un Paese come la Francia) non sono precisamente una falsa speranza, ma questo non frena gli autori dell’articolo dal dire che:  “Se Kiev crede che il supporto occidentale sia infinito o sia destinato a diventare più diretto, potrebbe finire per rifiutare l’accordo che gli è stato offerto e soffrirne quando il supporto su cui contava non c’è”. Insomma non è stato l’occidente complessivo che ha dato al governo di Kiev, peraltro un mero fantoccio nelle mani di Washington, l’idea di poter essere supportato pienamente dalla Nato nella strategia di assalire il Donbass, ovvero l’operazione concepita  proprio per provocare l’intervento russo e le successive sanzioni, ma è stata l’Ucraina ad illudersi, quasi che Zelensky abbia stonato nelle sue performances pianistiche con un solo dito, per così dire.  A dire la verità gli autori riconoscono che non c’era alcun accordo scritto che impegnasse l’occidente e che dunque gli ucraini siano stati in qualche modo ingannati, da ” assicurazioni allettanti, ma false”. che li ha resi più audaci nelle loro mosse  a tal punto da “prendere provvedimenti che hanno accelerato azioni decisive da parte della Russia”. Resta da capire cosa ci facessero tanti ufficiali Nato a Mariupol, avvero nella zona in cui avrebbe dovuto svilupparsi l’offensiva contro il Donbass. Ma lasciamo perdere la coerenza che non può essere richiesta ai narratori seriali: ciò che importa è che gli autori abbiano  sottolineato la divergenza di interessi tra l’Ucraina e la Nato e la necessità che Kiev cominci a trattare anche se non si capisce bene quali sarebbero questi accordi: è in sostanza il riconoscimento della sconfitta occidentale che si è illusa di poter colpire in maniera decisiva la Russia con le sanzioni  cosa che invece non è avvenuta e anzi ha avuto un terribile effetto boomerang.

Così mentre ‘amministrazione di Washington si ostina ancora a dire che la fornitura di armi all’Ucraina serve ad accelerare trattative di pace – una totale idiozia che viene spacciata per nascondere sotto un velo la sconfitta – in realtà si sta preparando il terreno per gli accordi pace. Come già detto in altra occasione però gli Usa non si fidano di Zelensky  e ipotizzano di sostituirlo con il presidente del Parlamento, uomo meno incline alla “neve”, e meno imprevedibile. Oltretutto questa mossa accrediterebbe la tesi dell’articolo di cui parliamo e cioè di una non comprensione da parte  del governo ucraino dei limiti che la Nato si era data , facendolo apparire come un errore di Ze che si sarebbe fatto trascinare troppo dai nazisti. Ora l’occidente vuole salvare la faccia e vuole avere il pretesto di sbaraccare alcune sanzioni e soprattutto impedire che Mosca faccia davvero cessare le sue forniture energetiche come reazione al continuo arrivo di armi, certo abbastanza inutili , ma moralmente impegnativo.  Nella loro follia gli occidentali non hanno affatto compreso che l’invio così massiccio di armamento,  la immediata conversione al nazismo, le russofobia obbligatoria hanno in qualche modo cambiato i piani di Mosca che ora andrà sino in fondo, sottraendo all’Ucraina tutti i territori russofoni, non potendosi fidare di governi fantoccio. E costringerà i decisori europei a spiegare alle popolazioni che governano non più con le leggi, ma con le siringhe il perché li abbiano esposti  a un drammatico impoverimento per una guerra persa un partenza.

FONTE: https://ilsimplicissimus2.com/2022/05/18/salvare-la-faccia-e-la-nuova-parola-dordine-della-nato/

 

Un film immortalerà i mortai italiani scoperti nella sede Osce di Mariupol

Mentre continua praticamente senza sosta l’uscita dei nazisti dai sotterranei dell’Azovstal  di Mariupol con grande rammarico del New York Times che non sa più che pesci pigliare per negare la realtà e continuare a dire che gli ukronazi resistono nelle catacombe, cominciano le scoperte, molto amare per quell’occidente collettivo che di solito riesce a lanciare il sasso e a nascondere la mano, ma che questa volte ne esce completamente sputtanato. Proprio nei dintorni dell’acciaieria, laddove la città di Mariupol lascia spazio al gigantesco complesso industriale,  sono state riprese per un video documentario sull’abominevole ruolo della sede di Mariupol dell’Osce, ovvero l’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in .Europa, che  una ricca documentazione lasciata negli archivi dimostra il fatto che  l’organismo  non svolgeva un compito di osservazione e magari di mediazione, come avrebbe dovuto il dovere istituzionale di fare, ma collaborava con i nazisti dell’Azov:  accanto agli uffici sono state rinvenute due postazioni di mortaio completamente attrezzate  direttamente nei pressi della sede amministrativa della missione. I mortai stessi e le relative munizioni sono di origine italiana, come si evince dalle marcature. Altro fatto degno di nota: l’ultima consegna di munizioni italiane è datata 11 marzo 2022. Gli italiani comuni di certo non sanno che il loro governo stava aiutando i terroristi dei battaglioni nazisti e di certo nessuno si aspettava che l’Osce fosse a tal punto in collusione con i fanatici dell’ Azov da consentire  ad essi di sparare anche contro i civili dalla sua stessa sede Così questa bella impresa dell’esimio signor Draghi sarà immortalata.

Ci si chiede comunque in che modo, dopo questi fatti, l’Osce sarà in grado di ritrovare una qualche reputazione. O forse la domanda migliore sarebbe: queste organizzazioni occidentali tengono ancora a un minimo di reputazione o gli basta ubbidire agli ordini? Il risultato è che ormai l’occidente non è più credibile agli occhi di nessuno  e così nonostante le pressioni le nazioni dell’Asean Vietnam, Indonesia, Cambogia, Laos, Malesia, Myanmar, Singapore, Thailandia e Filippine, ( parliamo di oltre seicento milioni di persone)   nonostante le enormi pressioni fatte dagli Usa non hanno voluto condannare l’operazione  russa, mentre ultima riunione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite sui laboratori biologici  Usa  in Ucraina, Washington  si rifiuta di spiegare il proprio  impegno in queste attività , sostenendo di fronte a tonnellate di documenti che si tratta di propaganda russa. Inoltre gli Usa si rifiutano di spiegare perché non vogliono un meccanismo di verifica internazionale efficace per le armi biologiche. Perché agire in questo modo se non si sta  cercando di nascondere qualcosa? Perché Washington si posiziona al di sopra del diritto internazionale? Possiamo assistere allo spettacolo dell’eccezionalismo americano al suo meglio e allo tempo al suo punto più basso, un groviglio di menzogne, evasività  e tracotanza. E’ chiaro a chiunque che l’operazione russa ha portato alla luce segreti inconfessabili e colpito un punto debole.

Ma del resto negli ultimi giorni tra distruzione di enormi quantità di armi provenienti dall’occidente – solo ieri le forze aeropsaziali russe, quelle tattiche dell’aviazione e l’artigileria hanno colpito un centinaio tra depositi di armi e centri di comando – diventa sempre più chiaro che la favola dell’Ucraina che resiste non è più davvero credibile nonostante gli sforzi di fantasia: Basterebbe leggere i bollettini per accorgersi che la situazione per l’Ucraina sta degradando e che i russi sono così forti che non hanno alcuna fretta e agiscono per aver il minor numero di caduti possibile. Fra un po’  bisognerà che l’occidente cominci a pensare in termini di pace per salvare almeno qualche scampolo  dignità: hanno perso una guerra e adesso sono costretti a cercare di non soccombere anche nella pace. Ma l’impressione è che non ne siano più capaci.

FONTE: https://ilsimplicissimus2.com/2022/05/18/un-film-immortalera-i-italiani-scoperti-nella-sede-osce-di-mariupol/

Russia: esercitazioni nucleari nell’enclave di Kaliningrad, tanto per tenere Berlino sul chi vive

Maggio 5, 2022 posted by Guido da Landriano

Secondo quanto riportato dal Welt, le forze russe a Kaliningrad hanno simulato attacchi con missili nucleari nel bel mezzo dell’offensiva in Ucraina. Nell’ambito di un’esercitazione, circa un centinaio di soldati hanno simulato il “lancio elettronico” di sistemi missilistici balistici mobili con armi nucleari di tipo Iskander, ha affermato mercoledì il ministero della Difesa russo.

Le forze armate hanno praticato attacchi contro obiettivi militari di un nemico immaginario e come rispondere a un contrattacco. Si tratta di un’esercitazione virtuale, di quelle che vengono condotte regolarmente per simulare la preparazione dei sistemi di risposta, ma è interessante il fatto che Mosca ci abbia tenuto a farlo conoscere in Occidente, mettendo in evidenza come, con missili strategici a breve raggio (Iskander ha una gittata di 400 km) possa in breve tempo colpire Berlino o altre capitali europee. Ecco il tipico convoglio di lancio dell’Iskander

Dall’inizio dell’operazione militare in Ucraina, il presidente russo Vladimir Putin ha dichiarato di essere pronto a utilizzare le armi nucleari tattiche russe. Alla fine di febbraio, la Russia ha messo in allerta le sue forze nucleari. Il capo del Cremlino ha anche avvertito di “rapide ritorsioni” se l’Occidente fosse intervenuto direttamente nel conflitto ucraino.-

Quindi siamo ad un livello di guerra psicologica fra Russia e Occidente che, di sicuro, non aiuta a rasserenare la situazione. Non ci sarebbe bisogno di mostrare i muscoli nucleari per ricordare quello che i tedeschi ricordano benissimo, cioè che nella ex Prussia vi è una ben attrezzata base russa. Al contrario questo tipo di dimostrazioni rischia di essere controproducente e di incrementare la decisione di riarmamento di Berlino.

FONTE: https://scenarieconomici.it/russia-esercitazioni-nucleari-nellenclave-di-kaliningrad-tanto-per-tenere-berlino-sul-chi-vive/

 

 

 

L’impero americano si autodistrugge. Ma nessuno pensava che sarebbe successo così velocemente

di Michael Hudson pubblicato su autorizzazione

Gli imperi seguono spesso il corso di una tragedia greca, provocando proprio il destino che cercavano di evitare. Questo è certamente il caso dell’Impero americano poiché si smantella da solo con un movimento non così lento.

Il presupposto di base delle previsioni economiche e diplomatiche è che ogni paese agirà nel proprio interesse. Tale ragionamento non è di alcun aiuto nel mondo di oggi. Gli osservatori di tutto lo spettro politico stanno usando frasi come “spararsi con i propri piedi” per descrivere il confronto diplomatico degli Stati Uniti con la Russia e gli alleati allo stesso modo. Ma nessuno pensava che l’impero americano si sarebbe autodistrutto così velocemente.

Per più di una generazione i più importanti diplomatici statunitensi hanno messo in guardia su quella che pensavano potesse rappresentare l’ultima minaccia esterna: un’alleanza di Russia e Cina che domina l’Eurasia. Le sanzioni economiche americane e il confronto militare hanno spinto questi due paesi a unirsi e stanno spingendo altri paesi nella loro emergente orbita eurasiatica.

Ci si aspettava che il potere economico e finanziario americano scongiurasse questo destino. Durante mezzo secolo da quando gli Stati Uniti hanno abbandonato l’oro nel 1971, le banche centrali mondiali hanno operato secondo il Dollar Standard, detenendo le proprie riserve monetarie internazionali sotto forma di titoli del Tesoro USA, depositi bancari statunitensi e azioni e obbligazioni statunitensi. Il risultante Treasury Bill Standard ha consentito all’America di finanziare le sue spese militari estere e l’acquisizione di investimenti di altri paesi semplicemente creando pagherò in dollari. I disavanzi della bilancia dei pagamenti degli Stati Uniti finiscono nelle banche centrali dei paesi in eccedenza nei pagamenti come loro riserve, mentre i debitori del Sud del mondo hanno bisogno di dollari per pagare i loro obbligazionisti e condurre il loro commercio estero.

Questo privilegio monetario – il signoraggio del dollaro – ha consentito alla diplomazia statunitense di imporre politiche neoliberiste al resto del mondo, senza dover usare molta forza militare propria se non per impossessarsi del petrolio del Vicino Oriente.

La recente escalation delle sanzioni statunitensi che bloccano l’Europa, l’Asia e altri paesi dal commercio e dagli investimenti con Russia, Iran e Cina ha imposto enormi costi di opportunità – il costo delle opportunità perse – agli alleati degli Stati Uniti. E la recente confisca dell’oro e delle riserve estere del Venezuela, dell’Afghanistan e ora della Russia, [1] insieme all’accaparramento mirato di conti bancari di ricchi stranieri (sperando di conquistare i loro cuori e le loro menti, allettati dalla speranza del ritorno dei loro conti sequestrati), ha messo fine all’idea che le partecipazioni in dollari – o ora anche le attività in sterline ed euro satelliti NATO del dollaro – siano un rifugio sicuro per gli investimenti quando le condizioni economiche mondiali diventano precarie.

Quindi sono un po’ dispiaciuto mentre osservo la velocità con cui questo sistema finanziarizzato incentrato sugli Stati Uniti si è de-dollarizzato nell’arco di un solo anno o due. Il tema di base del mio Super Imperialismo è stato come, negli ultimi cinquant’anni, lo standard dei buoni del Tesoro degli Stati Uniti ha incanalato i risparmi esteri verso i mercati finanziari e le banche statunitensi, dando alla Diplomazia del dollaro un giro gratuito. Ho pensato che la de-dollarizzazione sarebbe stata guidata da Cina e Russia che si sarebbero mosse per prendere il controllo delle loro economie per evitare il tipo di polarizzazione finanziaria che sta imponendo l’austerità agli Stati Uniti. [2] Ma i funzionari statunitensi stanno costringendo Russia, Cina e altre nazioni non bloccate nell’orbita degli Stati Uniti a vedere le scritte sul muro e superare qualsiasi esitazione abbiano dovuto de-dollarizzare.

Mi aspettavo che la fine dell’economia imperiale dollarizzata sarebbe avvenuta con la rottura di altri paesi. Ma non è quello che è successo. Gli stessi diplomatici statunitensi hanno scelto di porre fine alla dollarizzazione internazionale, aiutando la Russia a costruire i propri mezzi di produzione agricola e industriale autosufficiente. Questo processo di frattura globale in realtà va avanti da alcuni anni, a cominciare dalle sanzioni che hanno impedito agli alleati americani della NATO e ad altri satelliti economici di commerciare con la Russia. Per la Russia, queste sanzioni hanno avuto lo stesso effetto che avrebbero avuto le tariffe protettive.

La Russia era rimasta troppo affascinata dall’ideologia neoliberista del libero mercato per adottare misure per proteggere la propria agricoltura e industria. Gli Stati Uniti hanno fornito l’aiuto necessario imponendo alla Russia l’autosufficienza interna . Quando gli stati baltici hanno obbedito alle sanzioni americane e hanno perso il mercato russo per i loro formaggi e altri prodotti agricoli, la Russia ha rapidamente creato il proprio settore caseario e lattiero-caseario, diventando il principale esportatore mondiale di grano.

La Russia sta scoprendo (o è sul punto di scoprirlo) che non ha bisogno di dollari americani come supporto per il tasso di cambio del rublo. La sua banca centrale può creare i rubli necessari per pagare i salari interni e finanziare la formazione di capitale. Le confische statunitensi delle sue riserve in dollari e in euro potrebbero finalmente portare la Russia a porre fine alla sua adesione alla filosofia monetaria neoliberista, come sostiene da tempo Sergei Glaziev, a favore della Teoria Monetaria Moderna (MMT).

La stessa dinamica di sottoquotazione degli apparenti obiettivi statunitensi si è verificata con le sanzioni statunitensi contro i principali miliardari russi. La terapia d’urto neoliberista e le privatizzazioni degli anni ’90 hanno lasciato ai cleptocrati russi un solo modo per incassare i beni che avevano sottratto al pubblico dominio. Questo era per incorporare i loro incassi e vendere le loro azioni a Londra e New York. I risparmi interni erano stati spazzati via ei consulenti statunitensi hanno convinto la banca centrale russa a non creare la propria moneta in rubli.

Il risultato è stato che il patrimonio nazionale russo di petrolio, gas e minerali non è stato utilizzato per finanziare una razionalizzazione dell’industria e delle abitazioni russe. Invece di investire le entrate della privatizzazione per creare nuovi mezzi di protezione russi, sono state bruciate sui nuovi ricchiacquisizioni di immobili britannici di lusso, yacht e altri capitali di volo globali. Ma l’effetto delle sanzioni che hanno preso in ostaggio il dollaro, la sterlina e l’euro dei miliardari russi è stato quello di rendere la City di Londra un luogo troppo rischioso in cui detenere i loro beni – e per i ricchi di qualsiasi altra nazione potenzialmente soggetta alle sanzioni statunitensi. Imponendo sanzioni ai russi più ricchi più vicini a Putin, i funzionari statunitensi speravano di indurli a opporsi alla sua rottura con l’Occidente, e quindi a servire efficacemente come agenti di influenza della NATO. Ma per i miliardari russi, il loro paese inizia a sembrare più sicuro.

Da molti decenni ormai, la Federal Reserve e il Tesoro degli Stati Uniti hanno combattuto contro il recupero dell’oro nelle riserve internazionali. Ma come considereranno l’India e l’Arabia Saudita le loro partecipazioni in dollari mentre Biden e Blinken cercheranno di convincerli a seguire l'”ordine basato sulle regole” degli Stati Uniti invece del loro stesso interesse nazionale? I recenti dettami degli Stati Uniti hanno lasciato poche alternative se non quella di iniziare a proteggere la propria autonomia politica convertendo le disponibilità in dollari ed euro in oro come un bene libero dalla responsabilità politica di essere tenuto in ostaggio dalle richieste sempre più costose e dirompenti degli Stati Uniti.

La diplomazia statunitense ha stropicciato il naso all’Europa nella sua abietta sottomissione dicendo ai suoi governi di far scaricare dalle loro società i loro beni russi per pochi centesimi sul dollaro dopo che le riserve estere russe sono state bloccate e il tasso di cambio del rublo è precipitato. Blackstone, Goldman Sachs e altri investitori statunitensi si sono mossi rapidamente per acquistare ciò che Shell Oil e altre società straniere stavano scaricando.

Nessuno pensava che l’ordine mondiale del dopoguerra 1945-2020 avrebbe ceduto così velocemente. Sta emergendo un vero e proprio nuovo ordine economico internazionale, anche se non è ancora chiaro quale forma assumerà. Ma gli scontri risultanti dal “spingere l’Orso” con l’aggressione USA/NATO contro la Russia hanno superato il livello di massa critica. Non si tratta più solo dell’Ucraina. Questo è semplicemente l’innesco, un catalizzatore per allontanare gran parte del mondo dall’orbita USA/NATO.

La prossima resa dei conti potrebbe arrivare all’interno della stessa Europa mentre i politici nazionalisti cercano di guidare una rottura dalla presa di potere eccessiva degli Stati Uniti sui suoi alleati europei e di altri per mantenerli dipendenti dal commercio e dagli investimenti con sede negli Stati Uniti. Il prezzo della loro continua obbedienza è imporre l’inflazione dei costi alla loro industria subordinando la loro politica elettorale democratica ai proconsoli americani della NATO.

Queste conseguenze non possono davvero essere considerate “non intenzionali”. Troppi osservatori hanno sottolineato esattamente cosa accadrebbe, guidati dal presidente Putin e dal ministro degli Esteri Lavrov che spiegano quale sarebbe la loro risposta se la NATO insistesse nel metterli in un angolo mentre attacca i russi dell’Ucraina orientale e sposta armi pesanti al confine occidentale della Russia . Le conseguenze erano previste. Ai neocon che controllavano la politica estera degli Stati Uniti semplicemente non importava. Si riteneva che riconoscere le preoccupazioni russe rendesse uno un Putinversteher .

I funzionari europei non si sono sentiti a disagio nel raccontare al mondo le loro preoccupazioni sul fatto che Donald Trump fosse pazzo e sconvolgesse il carrello delle mele della diplomazia internazionale. Ma sembra che siano stati presi alla sprovvista dalla rinascita dell’odio viscerale contro la Russia da parte dell’amministrazione Biden attraverso il Segretario di Stato Blinken e Victoria Nuland-Kagan. Il modo di esprimersi e i manierismi di Trump potrebbero essere stati rozzi, ma la banda di neocon americani ha ossessioni di confronto molto più minacciose a livello globale. Per loro, era una questione di quale realtà sarebbe uscita vittoriosa: la “realtà” che credevano di poter realizzare, o la realtà economica al di fuori del controllo statunitense.

Ciò che i paesi stranieri non hanno fatto per se stessi per sostituire il FMI, la Banca Mondiale e altre armi forti della diplomazia statunitense, i politici americani li stanno costringendo a fare. Invece dei paesi europei, del Vicino Oriente e del Sud del mondo che si separano mentre calcolano i propri interessi economici a lungo termine, l’America li sta allontanando, come ha fatto con Russia e Cina. Sempre più politici cercano il sostegno degli elettori chiedendo se i loro paesi sarebbero meglio serviti da nuovi accordi monetari per sostituire il commercio, gli investimenti e persino il servizio del debito estero dollarizzati.

La compressione dei prezzi dell’energia e dei generi alimentari sta colpendo particolarmente duramente i paesi del Sud del mondo, in coincidenza con i loro problemi legati al Covid-19 e l’incombente servizio del debito in dollari che sta per scadere. Qualcosa deve dare. Per quanto tempo questi paesi imporranno l’austerità per pagare gli obbligazionisti stranieri?

Come affronteranno le economie statunitensi ed europee di fronte alle loro sanzioni contro le importazioni di gas e petrolio russi, cobalto, alluminio, palladio e altri materiali di base. I diplomatici americani hanno stilato un elenco di materie prime di cui la loro economia ha un disperato bisogno e che quindi sono esenti dalle sanzioni commerciali imposte. Ciò fornisce al signor Putin un pratico elenco di punti di pressione statunitensi da utilizzare per rimodellare la diplomazia mondiale e aiutare i paesi europei e di altri a rompere la cortina di ferro che l’America ha imposto per bloccare i suoi satelliti nella dipendenza dalle forniture statunitensi a caro prezzo?

L’inflazione di Biden

Ma la rottura definitiva dall’avventurismo della NATO deve provenire dagli stessi Stati Uniti. Con l’avvicinarsi delle elezioni di medio termine di quest’anno, i politici troveranno un terreno fertile nel mostrare agli elettori statunitensi che l’inflazione dei prezzi guidata dalla benzina e dall’energia è un sottoprodotto politico del blocco delle esportazioni russe di petrolio e gas da parte dell’amministrazione Biden. (Cattive notizie per i proprietari di grandi SUV che consumano gas!) Il gas è necessario non solo per il riscaldamento e la produzione di energia, ma per produrre fertilizzanti, di cui già c’è una carenza mondiale. Questa situazione è esacerbata dal blocco delle esportazioni di grano russe e ucraine verso gli Stati Uniti e l’Europa, provocando già un aumento dei prezzi dei generi alimentari.

C’è già una notevole disconnessione tra la visione della realtà del settore finanziario e quella promossa dai principali media della NATO. I mercati azionari europei sono crollati alla loro apertura lunedì 7 marzo, mentre il petrolio Brent è salito a 130 dollari al barile. Il telegiornale mattutino della BBC “Today” presentava il deputato conservatore Alan Duncan, un commerciante di petrolio, che avvertiva che il quasi raddoppio dei prezzi dei future sul gas naturale minacciava le società in bancarotta impegnate a fornire gas all’Europa ai vecchi tassi. Ma tornando alle notizie militari “Due minuti di odio”, la BBC ha continuato ad applaudire i coraggiosi combattenti ucraini e i politici della NATO che sollecitavano un maggiore sostegno militare. A New York, il Dow Jones Industrial Average è crollato di 650 punti e l’oro è balzato a oltre $ 2.000 l’oncia, riflettendo la visione del settore finanziario su come è probabile che si svilupperà il gioco statunitense.

Cercare di costringere la Russia a rispondere militarmente e quindi fare brutta figura al resto del mondo si sta rivelando un’acrobazia mirata semplicemente a garantire che l’Europa contribuisca di più alla NATO, compri più hardware militare degli Stati Uniti e si chiuda più profondamente nel commercio e nella dipendenza monetaria dal Stati Uniti. L’instabilità che ciò ha causato si sta rivelando avere l’effetto di far sembrare gli Stati Uniti minacciosi come la Russia sostiene che sia la NATO occidentale.

  1. L’oro libico è scomparso anche dopo il rovesciamento della NATO di Muammar Gheddafi nel 2011. 
  2. Vedi più recentemente Radhika Desai e Michael Hudson (2021), “Beyond Dollar Creditocracy: A Geopolitical Economy”, Valdai Club Paper n. 116. Mosca: Valdai Club, 7 luglio, repr. in Real World Economic Review (97), https://rwer.wordpress.com/2021/09/23.

FONTE: http://thesaker.is/america-shoots-its-own-dollar-empire-in-economic-attack-on-russia/

 

 

 

POLITICA

Stato di emergenza e rinvio delle elezioni politiche, retroscena terremoto: cosa studia il governo

Finanziaria di guerra, razionamenti energetici e Draghi ancora a Palazzo Chigi in caso di escalation

Afronte di una nuova escalation militare in Ucraina il governo potrebbe varare un nuovo stato d’emergenza ad hoc per intervenire sull’economia e sul contingentamento energetico, ma anche per rinviare le elezioni politiche previste tra fine febbraio e inizio marzo 2023. L’esecutivo di Mario Draghi si starebbe preparando a tutti gli scenari, anche quelli peggiori, e secondo un retroscena di Affaritaliani studia il varo di una “Finanziaria di guerra” che prevederebbe uno “scostamento di bilancio da almeno 15, se non 20, miliardi di euro”. Se ne parlerebbe  dietro le quinte in Parlamento e nei ministeri e lo scenario contemplebbbe lo stop di Mosca all’invio di gas all’Italia come è accaduto con Polonia e Bulgaria.

Nel caso la Legge di Bilancio per il 2023 sarebbe anticipata a giugno o a luglio per finanziare nuovi interventi di emergenza per sostenere famiglie e imprese e i vari settori economici che si troverebbero a fronteggiare aumenti dei costi drammatici. “Come spiegano fonti politiche, Draghi potrebbe anche varare uno stato di emergenza strettamente legato alla guerra (diverso da quello per il Covid)”, si legge nel retroscena che parla di risparmio energetico su climatizzatori, illuminazione e riscaldamento e in tutti i settori, me si potrebbero toccare anche le pensioni.

Tra le ipotesi al vaglio anche quella di “rinviare di qualche mese le elezioni politiche”, come accaduto con quelle  amministrative per il Covid. “Qualcuno ipotizza un rinvio a fine 2023 o a inizio 2024” con Draghi che resterebbe a Palazzo Chigi fino a nuove consultazioni elettorali.

FONTE: https://www.iltempo.it/politica/2022/05/04/news/guerra-russia-ucraina-nuovo-stato-di-emergenza-rinvio-delle-elezioni-politiche-retroscena-governo-draghi-31454388/

 

 

 

La russofobia a pagamento

In mezzo alle salve di russofobia spicciola mi  ha colpito la somiglianza incredibile tra la dinamica politica di due Paesi che potrebbero essere agli antipodi ovvero Pakistan e Germania: in entrambi il rifiuto di colpire direttamente la Russia o di non mandare armamenti pesanti in Ucraina ha suscitato una crisi parlamentare inaspettata che ha provocato la caduta del premier Imran Khan e ha rischiato di far cadere il cancelliere Scholz che poi ha ceduto sull’invio di carri armati. Come è possibile che in situazioni così differenti e in culture diverse le linee di azione dell’impero siano così standardizzate? Tutto questo mi ha ricordato una sera lontana in Bassa California, era se non sbaglio il ’93,  e in un albergo da dove si sarebbero dovute vedere le balene incontrai casualmente un personaggio abbastanza noto del dipartimento di stato americano: passando  salutò il personaggio con cui stavo parlando un banchiere di Città del Messico che cercava di convincermi che la pizza napoletana era americana perché tutti la conoscevano attraverso l’America, un pensiero così orribilmente coloniale che mi mise di fronte alla prima dimostrazione di globalismo acefalo. Nelle more della discussione che si aprì e visto che c’era in ballo la questione della Bosnia chiesi quanto fosse complicato per l’amministrazione americana organizzare il consenso attorno a queste operazioni. Ma lui rispose che in realtà era semplicissimo e che funzionava dovunque:  in caso di emergenza bastava pagare, portare borse di denaro per ammorbidire i critici e per corrompere  parlamentari oppure promettere brillanti carriere accademiche, giornalistiche, politiche al di fuori delle capacità di queste persone. Questo certo era possibile se si disponeva di una rete di informazione e persuasione la cui creazione era comunque una questione di denaro.

A quel tempo non feci fatica a crederci visto che sulla scena politica italiana era scoppiato l’affaire Gladio. Ma mentre probabilmente a quel tempo  tutto era ancora  gestito direttamente sai servizi segreti, successivamente si sono create reti ad hoc per occuparsi di un singolo problema. Normalmente si tratta di reti silenti che si attivano al momento opportuno. Per esempio dietro la propaganda antirussa e la “produzione” in serie di russofobia uno dei principali protagonisti è un think tank  chiamato Institute for Statecraft  fondato in Gran Bretagna nel 2009 e  guidato da Christopher Donnelly, un veterano militare che, tra l’altro, è stato consigliere speciale dei segretari generali della Nato per 14 anni. Qualche anno dopo, nel 2015 l’istituto ha fondato l’Integrity Initiative come fondazione sussidiaria il cui  obiettivo ufficiale era la lotta contro la propaganda russa, la disinformazione e le fake news. Tuttavia la sua prima campagna, evidentemente preliminare alle successive azioni, fu la creazione di una campagna mediatica preordinata contro Jeremy Corbin, leader del partito laburista che i sondaggi davano come probabile vincitore delle elezioni. Il fatto che avrebbe dovuto creare scaldalo ed è invece passato sotto silenzio è che nel 2018 si è saputo che per affossare Corbyn tra l’altro con assurde accuse di antisemitismo Integrity Initiative era stata finanziata da vari soggettti come per esempio Facebook, dal Dipartimento di Stato degli Stati Uniti, dal ministero della difesa Britannico, ma principalmente dal Ministero degli Esteri: in parole povere, ciò significa che il governo britannico ha utilizzato il denaro delle tasse e il denaro di altri paesi della NATO per condurre una campagna diffamatoria contro un leader dell’opposizione, troppo critico nei confronti del sistema e dell’alleanza atlantica. Si tratta insomma di uno degli brogli elettorali preventivi di cui ho parlato in un post sulle presidenziali francesi.

Comunque il ruolo di questa fondazione è stato svelato solo perché nel novembre 2018 Anonymous  ha violato il server dell”Integrity Initiative, ha rubato documenti interni e li ha pubblicati a dicembre 2018 (vedi qui e qui ). L’autenticità dei documenti è stata confermata, ma il governo britannico non è stato troppo creativo, perché ha parlato (questo è di routine quando gli scandali diventano pubblici in Occidente) di un attacco hacker russo. I documenti hackerati hanno rivelato una rete internazionale di politici, giornalisti, accademici, ricercatori e militari, tutti impegnati in campagne di propaganda segreta contro la Russia dal British Foreign and Commonwealth Office (FCO), NATO, Facebook e istituzioni di sicurezza nazionale. I documenti pubblicati da Anonymous mostrano che  l’Integrity Initiative aveva, anzi ha il compito era formare gruppi di propagandisti anti-russi nei paesi dell’UE da poter mobilitare a seconda della necessità e che ci sono gruppi attivi in:  Francia, Grecia, Germania, Italia, Lituania, Paesi Bassi, Norvegia, Serbia e Spagna, mentre altri erano in formazione e presumibilmente già operano Austria, Bulgaria, Canada, Estonia, Georgia, Lettonia, Malta, Moldova, Montenegro, Polonia, Portogallo, Romania, Slovacchia, Svezia, Svizzera e Stati Uniti. Tutti hanno comunque il loro referente in agenti del MI6 nelle varia ambasciate di sua maestà. Naturalmente i nomi variano col tempo e finiscono per allargarsi: nel 2018 i nomi del gruppo o cluster italiano che comparivano nei documenti hackerati erano quelli di  Fabrizio Luciolli,  Vittorfranco Pisano, Jason Wiseman,  Beppe Severgnini,  Alvise Armellini, Jacopo Iacoboni.

E’ anche grazie all’opera di questi signori se abbiamo scartato le opzioni di pace, anzi non le abbiamo nemmeno prese in considerazione  e oggi siamo di fronte alla catastrofe.

FONTE: https://ilsimplicissimus2.com/2022/05/05/la-russofobia-a-pagamento/

 

 

 

SCIENZE TECNOLOGIE

Idrogeno: viaggeremo più leggeri?

Una decisa spinta verso la mobilità ad idrogeno. Quanto è credibile e realizzabile?

0

Pochi giorni fa il Ministro Cingolani ha firmato un decreto che finanzia con 450 milioni di euro la filiera dell’idrogeno “verde”, per perseguire uno degli obiettivi del PNRR destinato a far crescere l’industria nazionale dell’idrogeno pulito.

L’obiettivo è quello di affrancarsi dalla tecnologia straniera per la produzione autonoma di elettrolizzatori, necessari per ottenere, a regime entro il 2026, fino ad 1 GW di potenza elettrica annua da celle a combustibile.

Carta d’identità dell’idrogeno

L’idrogeno, gas incolore e inodore, è uno degli elementi più diffusi nell’universo, entrando nella composizione chimica di moltissimi elementi. Quasi il 75 per cento della materia è costituita da idrogeno: sono fatti di idrogeno le stelle e il Sole (gli atomi di idrogeno fondono insieme per produrre elio ed energia che viene irradiata sulla Terra), come pure in gran parte pianeti come Giove e Saturno.

Tuttavia, il suo sfruttamento per la produzione energetica richiede che sia “puro”, ovvero non legato ad altri elementi in composto. È abbondante in natura ma non è presente in forma “pura”: appena liberati, i suoi atomi trovano subito un altro elemento differente a cui associarsi, dando vita alla molecola. Per esempio, due atomi di idrogeno, legandosi a uno di ossigeno, formano l’acqua (H₂O); quattro atomi di idrogeno, aggregandosi a uno di carbonio, producono il metano (CH₄) e così via, per infinite combinazioni, fino alla formazione di molecole sempre più complesse.

Risulta, come abbiamo appena visto, molto abbondante legato ad altri elementi: innanzitutto nell’acqua (legato all’ossigeno), poi nei composti organici (legato a carbonio e ossigeno) ed ancora negli idrocarburi, in particolare nel metano (legato al carbonio).

Purtroppo, il processo chimico o elettrolitico per ricavarlo “estraendolo” da altri composti non è semplicissimo né economico, allo stato attuale della tecnologia e della disponibilità di processi.

Ancor più complesso, se vogliamo ottenere idrogeno “verde”.

I “colori” dell’idrogeno

Come ci ricordano vecchi ricordi di scuola, “in natura nulla si crea e nulla si distrugge, ma tutto si trasforma”: da qui (per colpa del fisico francese Antoine-Laurent Lavoisier che per primo, alla fine del XVIII secolo, formulò la Legge di conservazione della massa) l’evidente conseguenza che il tentativo di “strappare” l’idrogeno da altri composti, ci lascerà in eredità una sorta di “materiale di scarto” che in qualche modo va utilizzato o reimmesso nell’ambiente.

In più, per ottenere un qualsiasi movimento di atomi o elettroni da un composto ad un altro, è necessario applicare energia.

C’è solo un modo quindi per ottenere l’idrogeno “puro” H₂: staccarlo dalle molecole in cui si è combinato tramite una grande quantità di energia, e la fonte di produzione di tale energia incide sulla sostenibilità ambientale del processo.

Per praticità tassonomica, l’idrogeno ad uso energetico è stato quindi classificato con cinque “colori”, che caratterizzano la fonte necessaria alla produzione e l’eventuale destino dei “sottoprodotti” di tale processo.

– Nero: è il meno sostenibile perché ricavato dalla scissione della molecola dell’acqua tramite la corrente elettrica prodotta da una centrale elettrica a carbone o a petroli;

– Grigio: prodotto tramite l’estrazione di combustibili fossili, come il metano, o dallo scarto produttivo di una reazione chimica. Purtroppo ad oggi, ancora più del 95% dell’idrogeno utilizzato è “grigio”, e questo elemento viene principalmente destinato ad usi industriali;

– Blu: definito “blu” perché, sebbene sia estratto da idrocarburi fossili come l’idrogeno “grigio”, l’anidride carbonica prodotta nel processo non viene liberata nell’aria bensì viene catturata e immagazzinata. In questo modo, si può ottenere l’atomo di idrogeno senza generare anche emissioni dannose per il clima.

– Viola: è estratto dall’acqua usando la corrente prodotta da una centrale nucleare, cioè a zero emissioni di CO2. Però, se da un lato il nucleare garantisce l’assenza di emissioni nell’aria, dall’altro lato pone gli ampiamente dibattuti e controversi problemi riguardo alla gestione delle scorie di materiale fissile.

– Verde: viene estratto dall’acqua tramite il processo dell’elettrolisi ovvero grazie alla corrente prodotta da una centrale alimentata da energie rinnovabili, ossia idroelettrica, solare o fotovoltaica. L’elettricità in eccesso che non viene utilizzata alimenta celle elettrolitiche che producono idrogeno e ossigeno a partire dall’acqua.

Il piano nazionale

L’ultimo processo produttivo è totalmente green, caratteristica fondamentale per allineare ogni risorsa ai piani di decarbonizzazione che le varie istituzioni stanno mettendo in campo. L’Unione Europea, infatti già nel luglio 2020, ha pubblicato la tanto attesa strategia per l’idrogeno, A hydrogen strategy for a climate neutral Europe, come parte del Green Deal europeo (seguite l’hashtag #EUgreendeal), annunciando l’obiettivo di diventare carbon neutral traguardando il 2050.

Un obiettivo tanto nobile quanto ambizioso che prevede un investimento tra i 180 e i 470 miliardi di euro, e costituito da una serie complessa e variegata di inziative (più o meno coordinate tra gli Stati dell’UE) che vanno dagli obiettivi di eliminazione completa della produzione di vetture a motorizzazione endotermica (qui qualche prima osservazione sulle conseguenze) fino all’iniziativa Cingolani che abbiamo preso a pretesto per questo articolo.

Il decreto fa seguito ad un’altra iniziativa del MiTE che, a dicembre 2021, aveva pubblicato un Avviso Pubblico di manifestazione d’interesse rivolto agli Enti territoriali (Regioni e Province Autonome) che avessero la disponibilità al riuso di aree industrializzate dismesse e non utilizzate, al fine dalla redazione di progetti di riconversione dei siti per l’installazione di centri di produzione e distribuzione di idrogeno proveniente unicamente da rinnovabili (quindi, idrogeno “verde”), finanziati con 500 milioni di Euro.

Il nuovo decreto mira, nella sostanza, ad affrancarci dall’oligopolio dei produttori di elettrolizzatori industriali (ovviamente quelli cinesi stanno a loro volta minacciando le produzioni europee e statunitensi, con costi molto inferiori) con la costituzione di poli d’eccellenza per l’ingegnerizzazione dei componenti e degli impianti di produzione “autarchici”.

L’elettrolizzatore in sé non è nulla di nuovo, poiché l’estrazione per elettrolisi della molecola di idrogeno traendola dall’acqua è un processo ben consolidato. Il vantaggio è che la “materia prima” è largamente disponibile ed economica, e che il “prodotto di scarto” è l’ossigeno puro che può tranquillamente essere reimmesso nell’atmosfera senza remore ecologiste.

Il processo elettrolitico “perfetto” fa derivare da 9 kg di acqua circa 1 kg di idrogeno e 3,5 kg di ossigeno, con un’efficienza teorica del 75% circa, essendo necessari 44kWh per la produzione di questo benedetto chilogrammo di H₂.

Ovviamente non si tratta solo di un vascone con gli elettrodi immersi in acqua e alimentati da una batteria, ma di un impianto ben più complesso e per la cui operatività sono allo stato disponibili quattro principali alternative tecnologiche:

1. Cella elettrolitica alcalina (AEC): è oggi la più diffusa, opera a bassa temperatura, ha un basso costo di capitale ma è meno flessibile della PEM (vedi punto seguente); ha una catena di fornitura e capacità produttiva consolidate.

2. Membrana a scambio protonico (PEM): opera anche lei a bassa temperatura con i protoni che passano attraverso una speciale membrana; offre una risposta dinamica più rapida e intervalli di potenza di funzionamento più ampi rispetto all’AEC ma ha una durata dello stack inferiore; attualmente presenta costi di capitale più elevati rispetto all’AEC.

3. Anion Exchange Membrane (AEM): opera a bassa temperatura e offre un potenziale di sviluppo interessante. Il basso costo dei materiali utilizzati e il semplice bilanciamento del sistema consentono di costruire in modo efficiente un elettrolizzatore da 2,4 kW; l’obiettivo principale è impiegarlo in una produzione di idrogeno decentralizzata/distribuita con componenti standardizzati che possono essere addizionati a piacere.

4. Solid Oxide Electrolier Cell (SOEC): opera ad alta temperatura (700–800 °C) e offre un potenziale di sviluppo molto elevato, ma è tuttora in fase di sperimentazione con alcuni prototipi, sebbene si prevedano in futuro altissime efficienze.

Quindi, il rovescio della medaglia è il costo di produzione derivato dall’impegno economico per la costruzione dell’impianto (CAPEX) e soprattutto, dal costo dell’energia necessaria per il processo di scissione (OPEX), come ben delineato in questo interessante articolo su RivistaEnergia.it online.

I costi di produzione: davvero “conviene”?

Partiamo dall’idrogeno “grigio”. Il suo costo di produzione dipende dal prezzo del metano. Al prezzo del metano europeo pre-pandemia, il costo di produzione era circa 1 euro al chilogrammo. Con un prezzo del metano quasi raddoppiato (a 25 euro al megawattora), il costo sale a 1,5 euro al chilogrammo.

Dal grigio al “blu” occorre aggiungere i costi per la cattura ed il sequestro dell’anidride carbonica, che fanno aumentare il costo di impianto. Ai costi di impianto attuali, il costo di produzione dell’idrogeno blu è pari a quello dell’idrogeno grigio maggiorato di 0,5 euro al chilogrammo. Nel lungo periodo, la maggiorazione potrebbe scendere a 0,25 euro al chilogrammo.

Più articolato il calcolo del costo di produzione dell’idrogeno “verde”, che, come abbiamo già visto, dipende soprattutto dal costo degli elettrolizzatori e dal costo dell’energia elettrica rinnovabile che li alimenta.

In Italia, ad esempio, supponendo che l’impianto sia alimentato ad energia solare in un’area ad elevato irraggiamento, l’idrogeno verde costerebbe oggi da 6 a 8,7 euro al chilogrammo, a seconda della taglia dell’elettrolizzatore. Al 2030 potrebbe costare da 3,7 a 5,9 euro al chilogrammo e nel lungo periodo tra 2,1 e 4,4 euro al chilogrammo.

Per confronto, se l’elettrolizzatore fosse alimentato da un parco eolico offshore come accade oggi nel mar del Nord, l’idrogeno costerebbe da 4 a 5,2 euro al chilogrammo. Al 2030 da 3 a 3,9 euro al chilogrammo e nel lungo periodo tra 2 e 2,8 euro al chilogrammo.

Ovviamente ci asteniamo da considerazioni sull’idrogeno “viola” (quello prodotto con generazione da energia nucleare): sull’argomento ognuno ha le proprie convinzioni e, davanti alla decisione referendaria di 35 annni fa (poi in qualche modo “riconfermata” nel 2011), è una soluzione che sembra ricoperta da un definitivo sarcofago nazionale.

Lo stoccaggio e la distribuzione

L’idrogeno è l’elemento più leggero in natura. A pressione atmosferica, un chilogrammo di idrogeno occupa un volume di 12 metri cubi, mentre un chilogrammo di metano solo 1,6 metri cubi. Così, il contenuto energetico dell’idrogeno (cioè l’energia prodotta con la combustione) a parità di peso è più del doppio di quello del metano (a parità di volume è però meno di un terzo).

In altre parole: l’idrogeno è meno denso del metano, e ciò comporta una serie di difficoltà aggiuntive sia nel trasporto che nello stoccaggio. Sia per il trasporto che per lo stoccaggio sono in corso da tempo attività di ricerca e sviluppo di nuove tecnologie che potrebbero renderli più agevoli e meno costosi di quanto non siano oggi (tipologia delle condotte, necessità di basse temperature dei silos, ecc).

Tuttavia, sono stati effettuati interessanti esperimenti, utilizzando per il trasporto dell’idrogeno le stesse pipelines usate per il metano, con risultati soddisfacenti (anche SNAM, sulla scorta delle specifiche ANSI internazionali in materia – la ASME B31.12-2019 –  sta lavorando su questi aspetti). Potrebbe quindi essere la strada giusta per veicolare dalla produzione verso i punti di stoccaggio e utilizzo le preziose molecole.

Al momento infatti gli utilizzatori a vario titolo di idrogeno sono sullo stesso sito di produzione: gli impianti di elettroseparazione sono affiancati agli stabilimenti siderurgici, alle raffinerie, agli impianti chimici di produzione di ammoniaca, metanolo e concimi, quindi a “chilometri zero”.

Si, ma a cosa ci servirà tutto questo idrogeno?

Sempre ricordando Lavoisier, lo scopo finale è trasformare l’idrogeno in energia.

L’idrogeno, in effetti, non deve essere considerato una “fonte”, bensì solo un “vettore”: bruciando, produce calore liberando nell’atmosfera vapore acqueo, oppure può ricombinarsi con l’ossigeno “restituendo” chimicamente elettroni e, quindi, direttamente energia elettrica.

L’idea generale, per ottimizzare le risorse, è quella di costituire grandi centri di produzione utilizzando l’energia in eccesso del sistema di produzione eolico e fotovoltaico, per accumularla e poterla redistribuire nei momenti od orari “di magra” per l’impiego nelle celle a combustibile per la generazione o per la ricombinazione con l’anidride carbonica per la composizione di “metano sintetico” da impiegare nelle tradizionali forme di combustione, che a sua volta restituirebbe l’anidride carbonica che, immagazzinata, verrebbe reimpiegata per la successiva fase di ricombinazione con l’idrogeno, ad libitum, garantendo la carbon neutrality tanto agognata. Naturalmente siamo ancora molto lontani dalla maturità di questi processi per il loro approntamento “in produzione”.

Il principio della “restituzione degli elettroni” viene sfruttato sulle piattaforme (alcune anche in fase avanzata) di mobilità: a bordo dei mezzi ci sono serbatoi di idrogeno (vere e proprie “bombole”) per l’alimentazione di batterie accoppiate a fuel cells che ricombinano l’ossigeno, emettono acqua distillata e generano corrente elettrica per la trazione.

Vari marchi automobilistici (per il settore consumer, per esempio Toyota con la sua Mirai), alcune aziende aeronautiche e di cantieristica hanno già in commercio sistemi di propulsione ad idrogeno per aerei e navi.

Sebbene non vi siano grandi problemi legati alla sicurezza dei serbatoi a bordo dei veicoli (siamo su livelli di rischio inferiori al GPL ed al metano, anche a motivo del più elevato punto di accensione) e alla neutralità ambientale in caso di perdite (non è corrosivo né inquinante né tossico), è ad alta volatilità e a rapidissima combustione (evitando così fenomeni di propagazione).

Tuttavia, va posta cura nella manipolazione, soprattutto per la reazione violenta in caso di contatto con l’ossigeno (che è poi alla base del suo “funzionamento energetico”), e pone i consueti problemi riguardanti la rete di distribuzione al consumo.

Al momento, infatti, è in funzione un solo “distributore di idrogeno” in Italia, con solo altri sei punti di prelievo in progetto a breve scadenza. Chiaramente è prematuro munirsi di un’auto ad idrogeno, quantomeno in Italia.

Un altro problema è il peso delle fuel cells, soprattutto per le applicazioni in campo aeronautico: la gestione di una piattaforma deve fare i conti con il carico pagante (che non è infinito) per determinare il trade-off costi benefici per un vettore aereo propulso esclusivamente ad idrogeno. Chiaramente ci si sta orientando su sistemi di co-generazione mediante accoppiamento di motori da utilizzare in maniera differenziata nelle varie fasi del volo.

Concludendo?

La prospettiva è sicuramente interessante, la direzione sembra ineluttabile anche a causa della progressiva diminuzione delle risorse “tradizionali”.

La transizione green soffre certamente di instabilità determinate da “come gira il vento” per la produzione eolica, e da “come splende il sole” per il fotovoltaico, nonché dall’innegabile impatto ambientale e paesaggistico dei campi eolici e fotovoltaici. La ricerca poco può fare per questi aspetti, se non efficientare al massimo gli attuali impianti e tecnologie.

Speriamo di lasciare in eredità ai nostri figli e nipoti un’aria più pulita, almeno in città, con tutto l’idrogeno “che move il sole e l’altre stelle”.

FONTE: https://www.infosec.news/2022/05/05/news/trasporti-e-mobilita/idrogeno-viaggeremo-piu-leggeri/

 

 

 

 

 

 

STORIA

 posted by 

Il Duca di Wellington: l’inglese che fermò Napoleone

In Italia si è molto studiato Napoleone, ma si sono ignorati spesso quegli uomini, da Blucher a Kutuzov, che fermarono la carriera dell’Imperatore francese. Un personaggio poco conosciuto in Italia è quella del Duca di Wellington, Arthur Wellesley, il generale inglese che sconfisse Napoleone a Waterloo, ma che si era contraddistinto già in Spagna. Una carriera lunga, in mezzo mondo, legata alle guerre alla Francia, con alti e bassi, ma che terminò sul campo di battaglia con la sua nota vittoria. A questa seguì la notorietà e quindi la carriera politica.

Buon ascolto di questo video di God Save The Vintage

FONTE: https://scenarieconomici.it/il-duca-di-wellington-linglese-che-fermo-napoleone/

°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°