RASSEGNA STAMPA DETTI E SCRITTI
19 SETTEMBRE 2020
A cura di Manlio Lo Presti
Esergo
Allora, qual è la lezione numero tre?
Arrivare alla lezione numero quattro
A. HopkinS e A. Banderas in LA MASCHERA DI ZORRO
Suonala ancora Sam, Bompiani, 2001, pag. 168
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SOMMARIO
Adesso vogliono Gesù nero
Riparte il maccartismo: Putin ha avvelenato Navalny.
Zeffirelli, che visse con l’elmetto in testa e senza peli sulla lingua
Nicola Porro su Vasco Rossi: “Psicopatico e povero pirla? Forse ha bevuto troppo whisky”
Il test della verginità che divide la Francia
Amodeo: «Ora non ci sarà un nuovo lockdown, faranno di peggio»
Taiwan fa decollare i caccia: alta tensione con la Cina
Scetticismo. Quelli che vogliono cancellare il filosofo Hume, ma non sanno che senza di lui non esisterebbero
“Non nascondiamo i dati. Un quarto degli omicidi commessi dagli stranieri”
Navalny, Iran e altro: quando la narrazione è distruzione
THE SOCIAL DILEMMA, IL DOCUMENTARIO CHE DEMOLISCE I SOCIAL NETWORK
Cosa ci fa un bombardiere americano nei cieli davanti a Cipro?
Tremonti: la pandemia e la magia del dio denaro
Grenke, una nuova “Wirecard” per la Germania?
Docente rivela: “È boom di crimini degli immigrati irregolari: uccidono gli italiani”
Prete sgozzato, scrittrice di sinistra: “Dovevamo integrare il tunisino”
La Marina Francese diventa scafista e trasporta i migranti nel Regno Unito!!!
Francesco Sabatini. L`invasione degli anglicismi
Diego Fusaro: «Il discorso della Von Der Leyen distrugge l’etica e impoverisce il lavoro»
I due jolly di Trump per la riconferma
TRUMP STA FACENDO LA STORIA
Malan: «Nove cose da sapere sul referendum» l’ultima è da brividi
Cronache dalla democrazia sanitaria
Sinistra vuole punire giornalista Rai perché ha definito il tunisino “clandestino e violento”
IL FUTURO MAGICO DEL NOSTRO CERVELLO
Trotsky: un profilo storico-politico a ottant’anni dal suo assassinio.
IN EVIDENZA
Adesso vogliono Gesù nero
“È una triste situazione ecclesiale”. Vero. Ma non nel senso in cui lo afferma il portavoce della Pontificia Accademia per la vita, Fabrizio Mastrofini, titolare del virgolettato. Succede che la Pontificia Accademia per la vita ha postato una fotografia che ritrae la celeberrima Pietà michelangiolesca con il Cristo dipinto di nero: è un fotomontaggio contro il razzismo, spiegano.
Prima di loro, l’artista Fabio Viale era andato oltre, con l’esposizione di una versione rivista e corretta (verrebbe da dire: politicamente corretta) della Pietà di Michelangelo in occasione dell’inaugurazione della sede milanese in Foro Buonaparte della galleria d’arte toscana Poggiali & Forconi: gran ressa di aficionados quella sera, dentro e fuori il piccolo spazio espositivo chic, quando il mondo era senza Covid 19. Anche allora il pretesto era lo stesso, magari sulla falsariga dei canotti dei migranti piazzati da Ai Weiwei al posto delle finestre di Palazzo Strozzi a Firenze (e nel 2015 a Palazzo Vecchio Jeff Koons era stato l’autore di un altro orrore, una statua dorata che sbeffeggiava il Bernini). Tornando al fotomontaggio pontificio, ci verrebbe da dire che la Chiesa si trova in una situazione triste proprio perché si fa del male da sola: anziché indignarsi per i messaggi di protesta sul social (“Non toccate Michelangelo”, “Vade retro”), dovrebbe meditare meglio la sua propria comunicazione: non è inseguendo l’attualità dalla parte che va più di moda (Black Lives Matter), non è con l’autodafè artistico/moralistico che la Chiesa si rafforza, anzi. Tutti noi difendiamo strenuamente l’uguaglianza degli uomini e delle donne di fronte a Dio, al di là delle connotazioni etniche, filosofiche, culturali, comportamentali che caratterizzano l’universo umano. Chi di noi, sano di mente, potrebbe dirsi a favore del razzismo? Non servono questi messaggi alla Oliviero Toscani, che andavano forte negli anni 80 (allora sì potevano essere rivoluzionari). Ma la Chiesa oggi non solo tollera gli sberleffi (per usare un eufemismo) che in arte contemporanea la colpiscono da più parti (immagini del Redentore immerse nell’urina, crocifisso a un aereo o sostituito da un ranocchio, per non parlare di certi oltraggi arcobaleno che sono vere e proprie bestemmie), ma si autoinfligge dei colpi di grimaldello simbolici, un po’ scimmiottando le trovate degli artisti un po’ facendo da sè e mettendosi in scia nei discorsi sull’attualità, senza soffermarsi con un atteggiamento critico (non necessariamente oppositivo). Cosa accadrebbe se qui da noi, in nome dell’uguaglianza dei diritti uomo/donna nei Paesi di religione islamica, qualcuno raffigurasse Maometto affiancato da una giovane donna vestita all’occidentale ? O se qualcun altro riscrivesse il Corano (il Cristo ridipinto di nero) e lo pubblicasse (la mostra e il post pubblico)? O scrivesse un libro intitolato I versetti satanici? (l’autore, Salman Rushdie, subì la fatwa dell’ayatollah Khomeini, il traduttore giapponese del libro venne ucciso e quello italiano ferito). Forse la Chiesa cattolica dovrebbe apprezzare di più se stessa, per questo la situazione ecclesiale è triste.
FONTE: https://culturaidentita.it/adesso-vogliono-gesu-nero/
Riparte il maccartismo: Putin ha avvelenato Navalny…
Il maccartismo di ritorno, ancor più caricaturale di quello precedente, ha individuato il colpevole dell’avvelenamento di Alexey Navalny: Vladimir Putin. Nessuna inchiesta, processo rapido, praticamente istantaneo, e il reo è stato subito individuato e condannato all’infamia.
Alla giuria mediatica e politica d’Occidente, almeno a tanta di essa, nulla importa che i media russi abbiano subito pubblicato il video che ritrae Navalny all’aeroporto, dove a offrire la tazza di thé è stato un suo assistente (di thé avvelenato aveva parlato subito un altro suo assistente).
Nulla importa che Navalny era più utile a Putin da vivo che da morto. E ciò perché da vivo conta nulla, come dimostra una delle ultime manifestazioni da lui organizzata, nella quale ha “trascinato” in piazza 7mila persone.
Meno di una protesta della Coldiretti di Vigevano, peraltro in una città, Mosca, che pure conta più di 11 milioni di abitanti. Se poi erano 7mila, dato che a riferirlo è Repubblica, che simpatizza per il blogger anti-Putin e si sa che i numeri dei partecipanti alle manifestazioni son materia elastica.
Come avvelenatore, poi, Putin è una vera frana. L’accusa, infatti, stride col fatto che al povero Navalny hanno provato a salvargli la vita: atterraggio di emergenza dell’aereo e pronto ricovero in ospedale, dove sono state predisposte le cure del caso.
Se davvero i servizi segreti russi avessero avuto intenzione di uccidere il malcapitato avrebbero intimato al pilota di inventarsi un impedimento qualsiasi, tale da ritardare l’atterraggio. O suggerito ai medici di sbagliare medicine. Può capitare, e non solo in Russia.
Non solo, avendo la Germania chiesto di assisterlo, Mosca ha acconsentito al trasferimento, col rischio, anzi la sicurezza, che, una volta eventualmente guarito, il malcapitato punterà il dito contro il Cremlino (difficile se non impossibile dismettere certi panni, una volta indossati).
Insomma, il grande stratega Putin, così anche per i suoi detrattori, che sta tenendo sotto scacco l’Occidente, ne esce come un arraffone che non sa neanche mettere a tacere un avversario dalla caratura di un peso piuma. Tant’è.
Nulla importa ai padroni della narrazione, che ovviamente continueranno a propalare il verbo indiscusso. Resta da capire se anche Navalny aveva un ruolo in questo gioco di scacchi tra Putin e i suoi avversari. Ruolo scomodo, a volte, dato che negli scacchi è previsto anche il sacrificio di un pezzo in vista di un guadagno più grande.
Arraffone e anche sciocco, Putin, dato che avrebbe portato a segno un crimine odioso del quale sarebbe stato sicuramente accusato dall’Occidente, come dimostrano casi precedenti, distruggendo così la sua immagine proprio nel momento di maggior successo, avendo lo zar russo vinto la corsa mondiale al vaccino per il Covid-19.
Non solo, mettendo anche a repentaglio uno dei più importanti progetti geopolitici della sua lunga reggenza: la costruzione del North Stream 2, gasdotto che porterà il gas russo direttamente in Germania. E proprio adesso che manca l’ultimo, sospirato, tratto.
Progetto geopolitico, appunto, perché crea un filo diretto tra Mosca e Berlino, non solo energetico. Filo che gli Stati Uniti stanno tentando in tutti i modi di tagliare, minacciando e mettendo sanzioni e facendo altre e più oscure pressioni.
Tanto che la Merkel è stata costretta a dire che la vicenda Navalny, sulla quale ha chiesto chiarezza, non deve essere collegata al gasdotto (New York Times). Difesa postuma e previa che indica la posta in gioco di quanto sta avvenendo.
Non solo, in questi mesi Russia e Stati Uniti hanno ripreso a dialogare, seppur nel ristretto ambito degli accordi nucleari, in vista di un loro ripristino dopo la rescissione da parte di Washington.
L’infamia su Putin potrebbe tagliare anche questo filo di dialogo, lasciando il mondo privo di accordi sul tema e precipitandolo di nuovo nell’incubo della corsa all’atomica. Baratro che mette a rischio l’esistenza stessa dell’umanità. Un po’ di lucidità aiuterebbe, quella che il maccartismo dilagante finisce per offuscare.
FONTE: http://piccolenote.ilgiornale.it/46863/riparte-maccartismo-putin-avvelenato-navalny
ARTE MUSICA TEATRO CINEMA
Zeffirelli, che visse con l’elmetto in testa e senza peli sulla lingua
Franco Zeffirelli, che ci lasciava poco più di un anno fa, il 15 giugno 2019, aveva tutto per non piacere: sincero fino ad essere urticante nei giudizi, orgogliosamente cattolico e, forse per alcuni il peccato esiziale, fieramente anticomunista.
Di questo era consapevole e lo diceva apertamente, com’era suo costume: ”I comunisti mi odiavano perché non mi accodavo. Essere dei loro significava avere vita e carriera protetti. E io l’ho pagata cara. Per questo ho fatto carriera soprattutto all’estero. Contro di me negli anni ’70 prepararono perfino un attentato. Doveva sembrare un incidente d’auto. La scampai solo perché un amico mi avvertì in tempo”.
Naturalmente la morte funge sempre da lavacro e l’estate scorsa fu un coro unanime di elogi per il “venerato maestro” scomparso.
Di maestri Zeffirelli ne ebbe due, di cui uno realmente venerabile (per la Chiesa): il suo professore Giorgio La Pira, futuro sindaco di Firenze e Luchino Visconti, con il quale ebbe anche un profondo legame sentimentale.
Secondo lui il regista del Gattopardo, gattopardianamente, si adattava all’egemonia imperante della sinistra, pur disprezzandola.
Visconti, cercando sempre di dargli raccomandazioni per farlo accettare nel pantheon degli intellettuali, gli sconsigliò di girare quello che poi si sarebbe rivelato uno dei suoi capolavori: la trasposizione di Romeo e Giulietta, il cui successo valicò anche i confini italiani; una costante per lui quella di essere più apprezzato all’estero che in patria.
La storia rimase al centro della sua filmografia con pellicole del calibro di Fratello Sole e Sorella Luna, La bisbetica domata, con protagonista la coppia più celebre di Hollywood Richard Burton ed Elisabeth Taylor.
Memorabile anche il suo Gesù di Nazareth per la tv.
Naturalmente la critica non si unì agli applausi internazionali e del pubblico italiano.
Di Fratello Sole, Sorella Luna ad esempio, scrisse che era “inverosimile e fazioso”, nonostante i frati di Assisi, che qualcosa di più conoscevano in materia, lo avessero lodato.
Nemmeno nella sua passione per il calcio trovava pace. Viveva anche quella con l’elmetto in testa e senza peli sulla lingua. Da buon fiorentino non sopportava la Juventus e quello che rappresentava.
Si soffiò il naso con una sciarpa bianconera che l’incauto Mike Bongiorno gli aveva porto in segno di distensione, duellò con Giampiero Mughini, agli albori della sua carriera da opinionista tv, in una celebre puntata de L’appello del martedì, lo strampalato programma condotto da Maurizio Mosca.
Nonostante la sua dichiarata omosessualità non legò mai con il movimento gay, che, nemmeno a dirlo, non apprezzava e liquidò con queste parole: ”l’omosessuale non è uno che sculetta e si trucca. È la Grecia, è Roma. È una virilità creativa”
Grande amico di Berlusconi, che lo fece eleggere con Forza Italia a Palazzo Madama, trascorse gli ultimi anni in una casa di Silvio sull’Appia Antica. Dimora che ora il Cavaliere ha deciso di abitare in luogo del caotico Palazzo Grazioli, magari cercando quella pace che l’ultimo illustre inquilino non trovò quasi mai in vita.
ATTUALITÁ SOCIETÀ COSTUME
Nicola Porro su Vasco Rossi: “Psicopatico e povero pirla? Forse ha bevuto troppo whisky”
Non poteva mancare la replica divertita di Nicola Porro per gli insulti ricevuti da Vasco Rossi, rimasto malissimo per un articolo a firma di Max Del Papa che lo definiva un “virologo rock”, accusandolo di uno stile di vita da “rockstar vitellona” e per i “predicozzi gesuiti più insostenibili ancora dei dischi bolliti”. Vasco si è molto risentito e non le ha mandate a dire a Porro e Del Papa, con quest’ultimo che è stato definito “psicopatico povero pirla”. “Non si capisce più se imita le gaffe di Emilio Fede – è la risposta di Porro – o se è sotto effetto del whisky bevuto, come le star, al Roxy bar. Tutto sommato, comunque, meglio il Vasco che ci insulta a vanvera di quello pandemicamente corretto, che molla il bottiglione per dedicarsi, da bravo fighetto, agli infusi di bacche di gol alla Versiliana. Perché, esaurito il Vasco giovane promessa, che cantava della ‘tr***’ che era ‘andata via col n***’, ed escluso che il rocker sia il ‘solito stronzo’ – ha concluso Porro – rimane solo un tristissimo e ordinario ‘venerato maestro’”.
FONTE:https://www.liberoquotidiano.it/news/personaggi/24552975/nicola-porro-vasco-rossi-psicopatico-povero-pirla-bevuto-troppo-whisky.html
Il test della verginità che divide la Francia
Il governo decide di bandire la pratica per legge, ma un gruppo di medici e ginecologi si oppone: «Mette in pericolo le donne»
Una questione dal retrogusto reazionario divide e tormenta il paese dei Lumi. Si tratta dei cosiddetti “certificati di verginità”: la pratica medica, richiesta perlopiù nell’ambito della cultura islamica, che in Francia garantisce il sigillo di purezza alle giovani donne. Il 7 settembre il ministro dell’Interno, Gérald Darmanin, ha annunciato che il governo intende impedire questa prassi «sessista e retrograda» con una legge che riconosca la responsabilità penale dei medici che li rilasciano. Ma, con sorpresa di tutti, ad opporsi questa volta è la scienza: un gruppo di medici e ginecologi riuniti in un collettivo che raccoglie adesioni da tutto il paese, ha firmato un appello, pubblicato sul quotidiano francese Libération, in cui si spiega perché una simile decisione metterebbe in pericolo le ragazze che vivono in contesti di integralismo religioso.
I medici, senza entrare nel merito del più ampio dibattito su laicità e separatismo islamico, mettono in evidenza i rischi per la salute fisica e psicologica di queste donne che si troverebbero obbligate a ricorrere a pratiche clandestine. Il documento che certifica la verginità, infatti, in alcuni contesti familiari è considerato indispensabile per l’unione in matrimonio. Ed ecco il nodo spinoso: da un lato l’esigenza di tutelare la libertà delle donne e il loro diritto a disporre del proprio corpo; dall’altro la necessità di salvaguardare la loro sicurezza.
«Rispetto ogni individuo, la sua autonomia e la sua volontà, senza alcuna discriminazione di ordine sociale o religioso. Interverrò a difesa di coloro che saranno minacciati nella loro integrità e dignità», prescrive l’etica medica secondo il giuramento di Ippocrate. Rilasciare un certificato del genere, spiegano i medici, non significa «assecondare il gioco della cultura integralista che li esige, ma tutto il contrario»: attraverso il colloquio individuale che precede la visita, la paziente è messa in condizione di comprendere e affrancarsi da una certa cultura maschilista. «Ciò che dovrebbe scioccare l’opinione pubblica è il fatto che nel 2020 una simile pratica sia ancora richiesta», insistono i medici. La soluzione, insomma, secondo il collettivo, non può poggiare su una legge. Si tratta di una battaglia culturale:«Solo l’educazione – concludono nella lettera – permetterà a queste giovani donne di emanciparsi».
FONTE: https://www.ildubbio.news/2020/09/17/il-test-della-verginita-che-divide-la-francia/
BELPAESE DA SALVARE
Amodeo: «Ora non ci sarà un nuovo lockdown, faranno di peggio»
18 Settembre 2020
Lo scrittore e giornalista Francesco Amodeo prova a prevedere la prossima strategia del governo.
“Dopo aver utilizzato per mesi la shock economy, il governo si appresta a passare alla vera fase 2, ossia la strategia della rana bollita”.
Sono le parole pronunciate a Radio Radio da Francesco Amodeo, giornalista e autore di importanti libri d’inchiesta come Azzannate le iene, La Matrix Europea e 31 coincidenze.
Secondo lo scrittore “non ci sarà un nuovo lockdown perché i cittadini non devono accorgersi di quello che stanno facendo fino a quando non sarà troppo tardi per evitarlo”.
Per Amodeo un nuovo lockdown vorrebbe dire alzare la soglia di attenzione degli italiani e mettere il governo nelle condizioni di dover pagare cittadini e imprese costretti a rimanere a casa.
“In questa fase non gli conviene e non gli serve più. Possono agire in maniera diversa con chiusure a macchia di leopardo”.
Poi spiega quale potrebbe essere la nuova strategia del governo: “Il ragionamento che faranno adesso è questo: non sono io governo che ti costringo a stare in casa o che chiudo la tua azienda, e quindi sarei costretto a risarcirti. Sei tu cittadino che sei stato a contatto con un positivo, o che sei risultato positivo ma asintomatico al tampone, che finisci in quarantena senza prendere un euro”.
Francesco Amodeo: “Tutti a casa senza soldi e spaventati”
Secondo la sua teoria, questo è il motivo che giustificherebbe il fatto che gli asintomatici vengano trattati come malati e che non si possa ammettere che il virus abbia perso forza.
“Nelle prossime settimane accadrà che per un solo ragazzino risultato positivo a scuola, anche se asintomatico, si porterà in quarantena tutta la classe e tutti i genitori degli alunni di quella classe, compresi bidelli e professori. Lo stesso avverrà per ristoranti e aziende”.
Conclude: “Finiranno tutti a casa senza percepire nulla ma in totale stato confusionale, con la paura di dover interrompere nuovamente la propria attività senza essere risarciti. Questa è la nuova strategia del governo: la rana bollita”. Foto: YouTube
VIDEO QUI: https://youtu.be/NN7QIpGUCWM
FONTE: https://www.oltre.tv/amodeo-nuovo-lockdown-faranno-peggio-video/
CONFLITTI GEOPOLITICI
Taiwan fa decollare i caccia: alta tensione con la Cina
GUERRA /
Continua a salire la tensione tra Pechino e Taipei. E questa volta si poteva anche arrivare a un passo dallo scontro aereo; quando i vertici militari di Taiwan hanno deciso di far alzare in volo i caccia per rispondere a quella che è stata considerata una vera e proprio incursione di aerei militari cinesi nello spazio aereo dell’isola che Pechino continua a considerare una “provincia ribelle”.
Dopo l’incidente che ha visto coinvolto nelle scorse settimane un caccia cinese precipitare dopo aver sconfinato nello spazio aero di Taiwan – apparentemente per un guasto tecnico, ma si era temuto l’abbattimento – si è presentato l’ennesimo rischio di escalation in Estremo oriente. E proprio durante la visita del sottosegretario agli Affari economici Keith Krach, alto funzionario del governo statunitense. Quel governo che si è reso garante dell’autonomia di Taiwan, repubblica insulare e stato de facto che non riconosce la completa autorità di Pechino. Non appena una formazione di “18 aerei militari cinesi” ha “varcato la linea mediana dello spazio aereo dell’isola nelle parti nord-occidentale e sud-occidentale”, riferisce il ministero della Difesa di Taipei, è stato impartito l’ordine di far alzare immediatamente in volo i caccia per “rispondere alla minaccia“, e scortare gli intrusi fuori dallo spazio aereo dell’isola. Questo mentre la difesa antiaerea attivava la funzione di rilevamento dei sistema di difesa missilistica – di fatto il passo precedente a tracciare e agganciare un bersaglio. Gli intercettori taiwanesi hanno poi “trasmesso un messaggio di avvertimento ai mezzi militari cinesi” intimandogli di abbandonare l’aerea. Momenti conciati dunque, che hanno richiesto la massima professionalità dei piloti di entrambe le parti: un semplice errore, compiuto nel momento di massima tensione, avrebbe potuto scatenare un duello nei cieli con conseguenze inquietanti.quali condotti proprio da unità navali e aeree, non si tratterebbe in nessun modo di un’incursione. Il governo cinese ha infatti ribadito che le manovre messe in atto dalla sua aeronautica sarebbero state parte di esercitazioni “necessarie” alla luce dell’attuale “situazione” che si sta verificando nello Stretto di Taiwan. Esercitazioni che vogliono “salvaguardare la sovranità nazionale e l’integrità territoriale”. Questo almeno secondo le parole del colonnello Zhang Chunhui, portavoce del comando per la regione orientale dell’Esercito popolare di liberazione cinese. E in effetti le forze armate cinesi non di rado simulano attraverso le manovre militari l’invasione dell’isola di Taiwan – che sebbene non possa vantare relazioni diplomatiche formali con gli Stati Uniti, continua ad acquistare armi per mantenere delle relazioni con Washington, acquisendo di fatto un principio di deterrenza.
Non è un segreto infatti che uno degli obiettivi principali del presidente della Repubblica Popolare Cinese Xi Jinping sia quello di trovare una soluzione, diplomatica o meno, al “problema di Taiwan”. Un problema che potrebbe risolversi, secondo l’ala più “pragmatica” del direttorio di Pechino, attraverso un’invasione militare che, sovrastando le difese di Taiwan, porterebbe al semplice rovesciamento del governo autonomo di Taipei, presieduto da Tsai Ing-wen. Mettendo definitivamente fine alla storia della “provincia ribelle” della Cina. Un’incidente militare dunque, magari in seguito ad uno sconfinamento aereo che potrebbe obbligare le due parti all’ingaggio, si renderebbe il casus belli perfetto per innescare la reazione di Pechino. Reazione che troverebbe, neanche a dirlo, l’obiezione della comunità internazionale con Washington in prima linea.
FONTE: https://it.insideover.com/guerra/taiwan-fa-decollare-i-caccia-alta-tensione-con-la-cina.html
CULTURA
Scetticismo. Quelli che vogliono cancellare il filosofo Hume, ma non sanno che senza di lui non esisterebbero
17 Settembre 2020
Dopo le proteste e le petizioni del movimento Black Lives Matter e degli attivisti britannici per le minoranze, il nome dell’illustre pensatore illuminista è stato tolto da una Torre dell’Università di Edimburgo, in attesa che le autorità scozzesi prendano una decisione definitiva
«David Hume mi ha svegliato dal sonno dogmatico della ragione», scrisse Immanuel Kant. Bertrand Russell lo definì «un termine estremo: in quella direzione è impossibile andare oltre». Si riferiva a quell’idea secondo la quale non c’è in realtà una prova certa che gli oggetti al di fuori di noi esistano davvero o non siano piuttosto una mera proiezione della nostra mente. Voltaire, che pure di Hume era amico, per uscire da quel dilemma non trovò di meglio che cavarsela con una battuta: «dopo una battaglia, dovremmo dire che sembra che diecimila uomini siano stati uccisi».
«La Storia dell’Inghilterra di David Hume è stato il manuale della mia adolescenza», raccontò Winston Churchill. E cosa è infatti quella famosa battuta dello stesso Churchill secondo cui «la democrazia è il peggior sistema di governo eccettuati tutti gli altri», se non una generalizzazione di quella definizione di Hume per cui l’Inghilterra forse «non godeva del migliore sistema di governo», ma perlomeno aveva «il più completo sistema di libertà mai visto dal genere umano»?
Eppure, il pensatore antidogmatico, scettico, radicale e difensore della libertà adesso è finito pure lui nel tritacarne del Black lives matter. Definito «razzista» e «schiavista», il suo nome è stato tolto da una Torre della Università di Edimburgo che gli era stato dedicata, e che serve da biblioteca. Misura temporanea, a dire il vero, in attesa che le autorità prendano una decisione definitiva. Per questo l’istituzione non è stata ribattezzata, e sarà provvisoriamente indicata con la semplice indicazione dello stradario: 40 George Square.
In 1700 hanno infatti firmato una petizione di studenti passata per Internet in cui si lanciava contro Hume un anatema: «ha scritto epiteti razzisti». Ex professore a Edimburgo ora passato a Oxford, Felix Waldman aveva definito Hume «sfacciatamente razzista» dopo la scoperta di una lettera in cui il filosofo dava il consiglio di investire in una piantagione con schiavi. «Nessuno sta esigendo che cancelliamo David Hume dalla storia», ha concesso la studentessa iniziatrice della campagna Elizabeth Lund. «Tuttavia non dovremmo stare promuovendo la figura di un uomo che ha difeso la supremazia bianca».
«Vergognatevi», è la risposta che il docente emerito di Edimburgo Sir Tom Devine ha dato: in particolare al rettore Peter Mathieson. Lo stesso Devine ha dato dei commenti a caldo che in effetti potrebbero essere applicati a tutta l’escalation di casi del genere che si è verificata dopo la morte di George Floyd: evento che secondo lo stesso ateneo è alla base della decisione. «Agli studenti di Storia si insegna a non cadere mai nel peccato intellettuale del giudizio anacronistico, cioè di imporre i valori di oggi a quelli del passato», ha ad esempio ricordato. Che sarebbe di per sé abbastanza definitivo. Ma ha anche aggiunto su Hume, «la mente filosofica più grande che mai abbia prodotto la Scozia»: «nell’anno della lettera di David Hume sulle piantagioni non c’è evidenza che nessun gruppo in Scozia si opponesse alla schiavitù nelle colonie». Insomma, «fu un uomo del suo tempo: né migliore e né peggiore di qualunque altro scozzese dell’epoca».
Ma in difesa di Hume è sceso anche Asanga Welikala: docente di diritto pubblico alla stessa Università di Edimburgo e copresidente del The Arthur Berriedale Keith Forum on Commonwealth Constitutionalism. Srilankese di origine, non solo si è detto «non d’accordo con la decisione», ma ha pure spiegato che è stato proprio il pensiero di David Hume a ispirarlo «in una carriera di 20 anni a lavorare per promuovere la democrazia costituzionale in Asia, Medio Oriente e Africa».
Ecco. Un punto su cui in questi ultimi mesi si è molto insistito è che un personaggio che ha fatto la storia del pensiero e della cultura dovrebbe essere giudicato per quel che ha apportato su quel campo. Senza tacere ovviamente sui particolari biografici imbarazzanti: ma Pier Paolo Pasolini resta un gigante anche se aveva con minorenni comportamenti tuttora considerati reato, Pablo Neruda anche se confessò di aver stuprato nello Sri Lanka una donna delle pulizie tamil, Paul Verlaine anche se sparò a Rimbaud e cercò di dare fuoco a sua moglie, Arthur Rimbaud anche se divenne mercante di armi e acquirente di schiavi, Benvenuto Cellini e François Villon anche se furono assassini confessi e Cellini pure ladro, e non ha senso cancellare nomi di biblioteche o abbattere statue per questi motivi.
Più ampio è il discorso che comunque un personaggio va riportato al contesto della sua epoca. Tornando ai personaggi citati, Pasolini, Neruda, Verlaine, Cellini e Villon in effetti violarono anche i codici penali del proprio tempo: infatti Pasolini ebbe vari problemi, Verlaine e Cellini finirono dentro, Villon sparì in modo misterioso; ma Rimbaud si prese come domestico uno schiavo in un contesto geografico e culturale in cui non c’erano altre possibilità di “assumerne” uno; Hume come Aristotele difese la schiavitù in un contesto dove era ammessa; e lo stesso Hume come Voltaire sostenne l’ineguaglianza delle razze in un momento dove più o meno tutti la pensavano allo stesso modo.
«Tutti gli uomini sono stati creati uguali» viene in realtà affermato per la prima volta con forza solo nella Dichiarazione di Indipendenza americana del 1776. Ma anche lì l’interpretazione di fatto è che la proposizione valga per i soli bianchi, tanto è vero che per la liberazione degli schiavi bisognerà aspettare 86 anni e una guerra civile; per la effettiva eguaglianza 190 anni e la stagione dei diritti civili.
«Gli uomini nascono e rimangono liberi e uguali nei diritti. Le distinzioni sociali non possono essere fondate che sull’utilità comune», proclama di nuovo la Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino francese il 26 agosto 1789. La discriminazione razziale fu però effettivamente abolita solo il 28 marzo del 1792, e per togliere di mezzo la schiavitù nelle colonie bisognò aspettare il 4 febbraio 1794. Però poi Napoleone la ristabilì, e l’abolizionismo definitivo parte con i voti del Parlamento britannico: lo Slave Trade Act che nel 1807 abolisce la tratta e lo Slavery Abolition Act che nel 1833 abolisce la schiavitù.
Attenzione che nella cultura africana la schiavitù esisteva, come esisteva nell’Islam e in tutte le culture del mondo. La schiavitù non fu una imposizione occidentale, ma piuttosto fu una imposizione occidentale la sua abolizione. Spesso, imposizione a cannonate. A volte l’abolizione della schiavitù fu addirittura pretesto per imprese coloniali: la stessa aggressione fascista all’Etiopia, che la canzone Faccetta Nera motivava con la volontà di liberare la «moretta che sei schiava tra gli schiavi». A volte l’opposizione all’abolizione della schiavitù imposta dagli occidentali fu addirittura bandiera di rivolte anticoloniali, come quella del Mahdi in Sudan.
Da dove era venuta questa idea che i neri potessero essere uguali ai bianchi? Esattamente dallo sviluppo delle idee illuministe che originarono le Rivoluzioni Americana e Francese e che motivarono il movimento antischiavista britannico. Anche se quasi tutti i promotori dell’illuminismo, in primo luogo appunto Hume e Voltaire, condividevano pregiudizi in contraddizione con la logica profonda del proprio pensiero. E infatti la contraddizione saltò. «La morale è una questione di fatto, non di scienza astratta», aveva in realtà teorizzato Hume, spiegando che non dipende dalla ragione ma dal sentimento della simpatia per il nostro prossimo. Ma aveva anche definito la fede come un sentimento irrazionale ed emotivo, che non insegna all’uomo a migliorarsi dal punto di vista morale e anzi spesso lo peggiora.
Terzo grande nome della triade empirista che inizia con Locke e Berkeley, Hume spiega però che neanche dalla esperienza possiamo ricavare alcuna certezza: «ogni cosa che è, può non essere». Una posizione di scetticismo teorico da confrontare con ciò che il futuro filosofo a 20 anni amava ripetere agli amici: «da un professore non c’è da imparare nulla che non si possa trovare nei libri». Insomma, uno scetticismo filosofico radicale che era chiaramente collegato a insofferenze altrettanto radicali, e che avrebbe portato in politica a posizioni libertarie ugualmente radicali. Se perfino la realtà oggettiva non doveva essere accettata supinamente, figuriamoci istituzioni storiche come la stessa schiavitù! Che era sempre esistita, ma poteva tranquillamente essere abolita se il nostro sentimento di simpatia per il prossimo lo suggeriva. Hume non lo disse e pensò mai: ma pose la premessa perché altri lo pensassero e dicessero.
Insomma, il Black lives matter contesta Hume, ma senza Hume neanche il Black lives matter esisterebbe. Un bel paradosso…
FONTE: https://www.linkiesta.it/2020/09/david-hume-black-lives-matter-filosofo-universita-di-edimburgo-scozzesi-minoranze-etniche-revisionismo/
CYBERWAR SPIONAGGIO INFORMAZIONE DISINFORMAZIONE
“Non nascondiamo i dati. Un quarto degli omicidi commessi dagli stranieri”
Il sociologo: costi e burocrazia frenano le espulsioni. Il peso degli irregolari nei delitti
Asher Colombo è sociologo delle migrazioni internazionali all’università di Bologna, presidente dell’Istituto Cattaneo e fa parte del comitato scientifico della fondazione Icsa, che si occupa di sicurezza, difesa e intelligence.
Cosa pensa dell’omicidio di don Roberto Malgesini a Como?
«L’omicidio di un sacerdote così impegnato nel sociale mi ha profondamente turbato. È stato ucciso da una persona per la quale aveva fatto solo del bene. Il grande tema che emerge è il contributo degli stranieri irregolari alla criminalità e reati gravi come l’omicidio».
Non pensa che derubricare l’omicidio compiuto dal tunisino irregolare ad un atto di follia e basta sia riduttivo?
«Il ruolo che hanno gli stranieri irregolari nei reati gravi si può evincere dai dati. Nonostante questo caso drammatico il totale degli omicidi compiuti anche dagli italiani è in forte calo (331 nel 2018 rispetto ai 627 del 2007). L’Italia è il paese con uno dei tassi più bassi di omicidi al mondo. Agli inizi degli anni novanta la percentuale degli stranieri che si sono macchiati di questo reato era attorno all’8%. Poi è cresciuta e dal 2007 al 2013 ha superato il 20% arrivando anche a punte del 30% per assestarsi al 25%. Vuole dire che fra 100 autori di omicidio identificati gli stranieri sono un quarto. Però la quota degli stranieri in Italia sulla popolazione è inferiore al 10%. Questo significa che la percentuale di stranieri che si sono macchiati di omicidio è superiore rispetto alla presenza totale in confronto alla popolazione. E più della metà degli omicidi perpetrati da stranieri sono compiuti da irregolari».
Gli irregolari sono soprattutto coinvolti nei reati minori come furto e spaccio?
«Degli stranieri coinvolti nella microcriminalità, il 70-80% sono irregolari. Questo significa che l’argine più importante per i reati minori è l’integrazione».
L’omicida di Como aveva più ordini di espulsione sulla spalle. Come è possibile che in molti come lui rimangano ancora in Italia?
«È un problema strutturale che il nostro paese si porta dietro da molto tempo. Periodicamente l’Italia accumula uno stock di irregolari, che dev’essere sanato. Abbiamo regolarizzato dalla seconda metà degli anni settanta 2 milioni di stranieri. Ed espulso poco più di 300mila. Negli ultimi anni sul totale degli irregolari rintracciati vengono rimpatriati fra il 20 e 25%».
Perché espelliamo così pochi irregolari?
«Le difficoltà sono di natura burocratica legate all’identificazione. E per identificarli è necessaria la collaborazione dei paesi di origine. Talvolta è difficile individuare il paese da dove arrivano realmente. Non hanno documenti e usano degli alias. E poi i rimpatri sono costosi. Per espellere una persona ci vogliono migliaia di euro. La Fondazione Moressa ha fatto un calcolo probabilmente sottostimato attorno ai 4-5mila euro».
Il caso del mancato espulso di Como è la punta dell’iceberg. Come mai riusciamo a rimpatriare, se va bene, solo 80 tunisini a settimana?
«Pure gli accordi prevedono procedure di identificazione e trasferimento non indifferenti. Se per i tunisini stiamo parlando di 80 alla settimana figuriamoci per gli altri. Riusciamo ad espellere gli albanesi e abbiamo degli accordi con Nigeria, Costa D’Avorio, anche Egitto e Marocco».
Quanti sono realmente gli irregolari in Italia?
«La stima più solida, che però risale ad un anno fa, è di mezzo milione di stranieri irregolari. Adesso vanno tolti un po’ più di 200mila dell’ultima sanatoria».
E quali sono le nazionalità?
«Nell’ultima sanatoria abbiamo registrato fra gli emersi un’alta percentuale di persone che arriva dall’Ucraina, il Bangladesh, ma anche dal Nord Africa, Sud America e Albania».
FONTE: https://www.ilgiornale.it/news/politica/non-nascondiamo-i-dati-quarto-degli-omicidi-commessi-dagli-1890557.html
15 settembre 2020
La farsa dell’avvelenamento di Navalny rischia di avere conseguenze enormi in Occidente. Ad accusare Putin è soprattutto la Germania, dove l’oppositore dello zar russo è ricoverato.
Tutto grida che Putin non c’entra nulla nella vicenda, a iniziare dal Novichok, che solo uno stupido utilizzerebbe per tale crimine, peraltro tanto letale da rendere impossibile la sopravvivenza del malcapitato (per fortuna salvo). Ma ne abbiamo scritto in altra nota e non interessa tornarci.
Il caso del laboratorio tedesco
Peraltro in queste ore sta avendo sviluppi un caso che apparentemente nulla c’entra, ma anche sì.
Nel 2012 un controllo antidoping sull’atleta italiano Alex Schwazer, già campione olimpico della 50 Km, risulta positivo. Uscito dal tunnel, Schwazer cambia tutto e diventa alfiere dell’antidoping, ma nel 2016, alla vigilia dei Giochi di Rio de Janeiro, risulta ancora positivo.
L’atleta contesta l’analisi, porta prove a discarico, ma non c’è nulla da fare. I controlli effettuati in un laboratorio tedesco lo inchiodano. È squalificato.
Ma nei lunghi anni, nuovi elementi: tra questi le e-mail di alcuni dirigenti dell’anti-doping che parlano esplicitamente di manipolazione e la nuova analisi da parte dei Ris di Parma, che concludono che il Dna delle urine contenute nella provetta incriminata non è umano. Nonostante tutto, sarà difficile acclarare la manipolazione: troppi coinvolti, ma vedremo.
Istruttivo, però, di come possono funzionare certi meccanismi se ci sono interessi in gioco. E nel caso Navalny di interessi ce ne sono tanti: stanno montando le pressioni sulla Merkel perché abbandoni il Nord Stream 2 che, portando gas russo direttamente alla Germania e realizzando così un asse, non solo energetico, Belino-Mosca, potrebbe cambiare il mondo.
Per dar forza alle accuse, il laboratorio tedesco ha chiamato in causa laboratori francesi e svedesi, che hanno corroborato. Conferma “indipendente”, caso chiuso.
Quella di non rilasciare alcun documento per dar prova delle accuse, ma di chiudere la vicenda con conferme “indipendenti”, è una tecnica usuale. Ne abbiamo scritto altrove, riferendo di un articolo di The Intercept sull’applicazione di tale tecnica alla narrazione mediatica.
Le mine giocattolo russe made in Usa
Va così da tempo, basti pensare alle mine giocattolo usate dall’Urss durante il loro intervento in Afghanistan, nel quale si trovarono a fronteggiare i mujaheddin (leggi al Qaeda) sponsorizzati dagli Stati Uniti.
Tali mine dovevano uccidere i bambini afghani, narrativa che ebbe vasta eco in Occidente. La storia è ripercorsa da Milt Bearden, alto dirigente Cia che allora gestiva il secondo sostegno dell’Agenzia ai mujaheddin, in un articolo per il National Interest.
Secondo Bearden la favola delle mine anti-bambino nacque da sé, in zona di guerra, e fu subito ripresa dal mondo, con varianti funamboliche.
“È stata un’operazione segreta meravigliosa – scrive Bearden – […] Il mondo intero si stava scagliando contro l’Impero del Male per i suoi brutali e sfrenati attacchi ai bambini afgani. Ha destabilizzato i sovietici in Afghanistan e nel mondo”.
“Ma era falso”.
Bearden racconta che spiegò al suo superiore che si trattava di usuali mine anti-uomo, peraltro un’imitazione di quelle usate dagli americani in Vietnam (riscontro che avrebbe potuto fare anche qualche giornalista dell’epoca… tant’é).
“Se c’è una morale alla storia delle bombe giocattolo – scrive Bearden -, è questa: tutti coloro che negli anni ’80 credevano che i sovietici usassero bombe giocattolo in Afghanistan probabilmente lo credono ancora oggi”.
Considerazione che vale per le operazioni più recenti, dal caso Litvinenko a tanto altro. La narrazione consolidata, a meno di un allentamento della stretta o di una perdita di interesse di certi ambiti, resta verità irrevocabile.
Tale dinamica, usata all’epoca anche dai sovietici, ora è più sfacciata, nulla importando della plausibilità di certe narrazioni.
E si dipana in un mondo squilibrato, nel senso tecnico del termine, cioè che manca di un equilibrio geopolitico stabile, prima assicurato dai due grandi poli, e nel senso patologico, dato che a ciò si associa un impazzimento di certi centri di potere. Così è tutto più pericoloso.
Dies Iran
Lo dimostra il nuovo caso iraniano: uno scoop di Politico basato su fonti anonime afferma che Teheran vorrebbe vendicare l’assassinio di Soleimani uccidendo l’ambasciatore Usa in Sud Africa.
Fola smentita da Teheran, che peraltro ha sempre detto che la vendetta starebbe tutta nel far ritirare gli Usa dal Medio oriente, ma l’amministrazione Usa ha minacciato sfracelli.
La fola arriva mentre gli Stati Uniti stanno esercitando un forcing feroce per impedire che l’Onu revochi l’embargo sull’acquisto delle armi imposto all’Iran, che scadrà a ottobre. E non sembra affatto scollegata da tale campagna, che vede gli Usa in netta difficoltà a convincere i recalcitranti membri del Consiglio di Sicurezza a seguirla.
Pur di impedire tale sviluppo, si è creato un casus belli al quale la politica deve adeguarsi, per non perdere consensi, come nel caso di Trump, o per assecondare l’operazione, come per il Segretario di Stato Pompeo, ferocemente anti-iraniano.
Nessuna verifica previa o successiva. I fatti non contano, basta uno scoop. E la guerra, e che guerra, bussa alle porte. Follia dilagante.
FONTE: http://piccolenote.ilgiornale.it/47135/navalny-iran-e-altro-quando-la-narrazione-e-distruzione
THE SOCIAL DILEMMA, IL DOCUMENTARIO CHE DEMOLISCE I SOCIAL NETWORK
Su Netflix il docu-film che analizza gli effetti devastanti di Facebook, Instagram, Twitter & co. sulla società contemporanea
C’è un motivo se The Social Dilemma, il documentario di Jeff Orlowski, a pochi giorni dalla sua uscita sta rapidamente scalando la classifica dei titoli più visti su Netflix (oggi è al numero quattro in Italia). E la ragione è che ci riguarda tutti. Non sentitevi esclusi: basta avere un account mail, un profilo social o passare il tempo guardando i video su YouTube.
Presentato al Sundance Festival, The Social Dilemma racconta il lato più oscuro dei social media attraverso le testimonianze di chi ha contribuito a rendere queste piattaforme quello che sono oggi: luoghi virtuali in grado di manipolare a livello inconscio chi li abita, senza destare nell’individuo il minimo sospetto.
Ex dirigenti di Facebook, Google, Pinterest, Instagram e Twitter, giovani menti della Silicon Valley che hanno contribuito a creare modelli di business, algoritmi e interfacce, spiegano cosa si nasconde dietro un like, un post, un commento e l’incessante bisogno di scrollare il proprio feed per ore: un algoritmo studiato alla perfezione per invogliarci a rimanere connessi per il maggiore tempo possibile. Più restiamo collegati a un social media, più gli introiti della piattaforma aumenteranno.
GENERAZIONE Z E FAKE NEWS
Un esempio? Il tag nelle foto: sarebbe bastato, spiega uno dei protagonisti, che la mail di notifica riportasse anche l’immagine di riferimento per placare la curiosità dell’utente e fornire così un vero servizio. E invece il messaggio contiene volutamente solo un link per far tornare chi lo ha ricevuto sulla piattaforma, dove poi lo si può incantare con contenuti pensati apposta per lui da un algoritmo che ha studiato alla perfezione le sue abitudini… E che lo conosce molto meglio di quanto lui conosca se stesso.
La persuasione al servizio della tecnologia, servita su un piatto d’argento dai big data, una raccolta capillare di informazioni su tutto quello che facciamo. Non importa se questa ossessione per l’interconnessione ha causato fake news, cyberbullismo, polarizzazione del pensiero e depressione, soprattutto nella Generazione Z, i nati dopo il 1995: negli Stati Uniti, da quando sono nati i social, i ricoveri per ferite autoinflitte e suicidi sono cresciuti esponenzialmente fra i giovanissimi. Come anche gli interventi di chirurgia plastica per somigliare a ideali di bellezza che esistono solo nei filtri dei social.
È una generazione, spiega The Social Dilemma, che ha perso il contatto con la realtà, che non prende più la patente perché non ricerca quel tipo di autonomia e non si avventura in serate romantiche per il timore di fallire; una generazione isolata nella propria bolla social dalla quale è oramai dipendente. Dice l’esperto di statistica statunitense Edward Tufte: “Ci sono solo due settori che chiamano il cliente user: le droghe illegali e i software”.
Cosa ci fa un bombardiere americano nei cieli davanti a Cipro?
Mentre stiamo scrivendo un bombardiere americano B-52H, molto probabilmente decollato dalla base inglese di Fairford, dove è giunta una sezione di sei velivoli di questo tipo lo scorso 23 agosto, è in volo sul Mare Mediterraneo pochi chilometri a sud di Cipro.
Il B-52H, che come sappiamo dal sito ItaMilRadar ha il nominativo radio Sang31, ha attraversato circa tre ore fa il Mare Adriatico giungendo poi nei cieli greci, dove, all’altezza dell’isola di Scarpanto, ha virato verso l’isola cipriota.
Il bombardiere, come si può vedere dal tracciato radar lasciato dal suo transponder, sta attualmente effettuando un volo “in circuito”in contemporanea con un pattugliatore dell’U.S. Navy P-8 Poseidon.
Non sappiamo la natura della missione del singolo bombardiere: al momento non è stata data nessuna comunicazione ufficiale dalla Nato o dall’Usafe (l’U.S. Air Force in Europe). Il tracciato del volo è però singolare ed il fatto che sia concomitante con uno simile effettuato dal pattugliatore marittimo potrebbe far ipotizzare che si tratti di una qualche sorta di esercitazione congiunta.
I B-52H sono giunti in Europa dalla base aerea di Minot (Nord Dakota) per prendere parte ad un importante rischieramento di questi velivoli da bombardamento atomico come non se ne vedeva da parecchio tempo.
Gli Stratofortress dell’Usaf, infatti, sono stati molto impegnati in queste settimane: a fine agosto, il 28, hanno effettuato un imponente sorvolo dei Paesi della Nato in una singola missione denominata “Allied Sky”. Durante la missione, che ha visto coinvolti anche più di 80 cacciabombardieri dei Paesi sorvolati, la difesa aerea russa è stata chiamata in causa alcune volte per intercettare e scortare i velivoli: sappiamo infatti che sia sul Mar Nero sia sul Baltico, dove poi un caccia Su-27 della Vks (l’Aeronautica Militare di Mosca) ha sconfinato nello spazio aereo danese, gli intercettori russi sono decollati su allarme.
Pochi giorni dopo, il 7 settembre, un altro volo a lungo raggio dei bombardieri ha coinvolto il Nord Africa permettendo ai partner della Nato di esercitarsi coi B-52 statunitensi.
Il 10 settembre, invece, è cominciata l’esercitazione Point Black 20-4 che per la prima volta ha visto la presenza contemporanea degli F-35B dei Marines, giunti in Inghilterra il 3 settembre, con gli Stratofortress.
D’altro canto esiste anche un’altra spiegazione che ha strettamente a che vedere con l’attuale situazione di tensione che intercorre tra Grecia e Turchia.
Il singolo bombardiere strategico potrebbe essere un segnale da Washington, per via della rotta effettuata e della zona di operazioni fin qui osservata, che gli Stati Uniti osservano attentamente quanto sta accadendo in quel settore di Mediterraneo Orientale e, sostanzialmente, vogliono dimostrare a entrambe le parti che non intendono affatto soprassedere e anzi, continuano a impegnarsi per la stabilità e la sicurezza della regione e per l’armonia all’interno dell’Alleanza Atlantica.
Avvisaglie, forse anche più esplicite, si erano avuto tempo fa con la partecipazione della Marina e dell’Aeronautica Ellenica a importanti manovre insieme al Csg (Carrier Strike Group) della portaerei Uss Eisenhower (Cvn-69). Dal 24 al 28 luglio l’unità americana, di ritorno dal Mare Arabico dove è stata anche impegnata in operazioni insieme alla Uss Harry Truman (Cvn-75), ha effettuato manovre che includevano navigazione in formazione, esercitazioni tattiche e di comunicazione che hanno consentito alle forze partecipanti di testare e perfezionare i sistemi di comando e controllo tra le due marine.
Un mese dopo, a fine agosto, un cacciatorpediniere classe Arleigh Burke, l’Uss Winston Churchill (Ddg-81) ha svolto un’esercitazione congiunta con due fregate turche, la Burgazada (F-513) e la Barbaros (FF-244) dimostrando come la Casa Bianca non intenda “fare preferenze” nella diatriba, sebbene una serie di complesse esercitazioni aeronavali con una portaerei abbiano un peso, anche simbolico, diverso rispetto a manovre di interoperabilità tra cacciatorpediniere e fregate.
Washington, in merito alla diatriba, sembra quasi silente, e non è escluso che stia lavorando nell’ombra per evitare ulteriori tensioni. La Nato, invece, dopo un primo tentativo di mediazione fallimentare, è riuscita a portare al tavolo delle trattative Grecia e Turchia che a Bruxelles, martedì, hanno discusso per arrivare a un “meccanismo di prevenzione di possibili conflitti”.
Nei prossimi giorni, quando gli enti preposti forniranno qualche informazione in più, sapremo quale è stata la missione del singolo B-52H, ma data l’attuale situazione strategica, con la Francia sempre più coinvolta e schierata con Atene, non è così lontano dalla realtà che possa essere un segnale importante del coinvolgimento statunitense nella querelle internazionale tra gli alleati della Nato.
FONTE: https://it.insideover.com/guerra/cosa-ci-fa-un-bombardiere-americano-nei-cieli-davanti-a-cipro.html
ECONOMIA
Intervista di Giulio Tremonti sul Giornale in occasione del suo compleanno. Solita lucidità, solito realismo. Ripete quel che difficilmente viene detto altrove, cioè che la pandemia è un accidente della crisi in atto, che tutta deriva dalla follia dell’aver ceduto la sovranità, e tutta la sovranità, alla Grande Finanza.
La pandemia ha solo disvelato, come già la crisi del 2008, che la Tecnofinanza, o Turbo-finanza, come la definisce Giulio mettendo l’accento sulla sua irrefrenabilità (cioè senza freni o scatenata che sia), ha devastato il mondo, non solo l’ambito produttivo, ma anche la polis, consegnata all’esoterica magia del Dio denaro.
Mette in guardia, Giulio, dai sacerdoti di tale rito, che ha il suo credo (credito) e le sue leggi, tra cui l’impossibilità di rimettere i debiti, da cui l’indebitamento perpetuo di Stati e cittadini, non più cives, ma servi della moneta e dei cosiddetti mercati, luoghi virtuali dove fluisce il denaro virtuale dei nuovi oligarchi.
Tali sacerdoti, nulla importando i disastri dei quali si sono resi responsabili, rafforzati dal momento rivoluzionario prodotto dalla pandemia, ora offrono le proprie prospettive, ostendono le loro ricette per un futuro più roseo, nel quale si riservano di perpetuare la loro regalità e la loro anomia.
Per Giulio è possibile invece che il momento pandemico porti a un ripensamento, a un nuovo inizio che ponga un freno all’irrefrenabile turbo-capitalismo. Arduo, tanto il potere accumulato dalla Finanza, anche militare, e tanto il potere che è stato eroso alla polis, cioè alla comunità dei cives e ai loro legittimi rappresentanti.
Legittimi perché ne sono espressione, a differenza dell’oligarchia finanziaria che rappresenta se stessa e i suoi interessi, nel senso finanziario del termine.
La lotta è tutta qui. E come avvenne nel post 11 settembre, riecheggia spesso lo slogan “nulla sarà più come prima”. Vero: sia se vincerà la Finanza, che avrà così consolidato in perpetuo il suo potere (nel senso relativo del termine, data la possibilità del crollo sistemico ipotizzato da Giulio, tarlo insito nel sistema stesso); sia se vincerà la prospettiva altra, quella cioè di un ritorno della sovranità, o almeno di parte di essa, nelle mani della Politica, degli Stati e dei cittadini.
Rimandiamo all’intervista di Tremonti sul Giornale: cliccare qui.
FONTE: http://piccolenote.ilgiornale.it/46788/tremonti-dio-denaro
FINANZA BANCHE ASSICURAZIONI
Grenke, una nuova “Wirecard” per la Germania?
Lo scandalo che ha colpito negli scorsi mesi l’emittente di carte prepagate Wirecard Ag e nato dalla constatazione di un ammanco di oltre due miliardi di dollari dai conti aziendali aveva destato scalpore non soltanto in Germania ma in tutta l’Unione europea. E in modo particolare, aveva generato immense preoccupazioni a causa della possibilità che il metodo operativo della società con sede ad Asscheim potesse essere stato utilizzato anche da altre società della Germania.
Sino agli scorsi giorni, però, le paure di Berlino erano state tenute a bada, grazie all’assenza di casi speculari rilevati all’interno del comparto finanziario tedesco. Adesso, secondo quanto riportato dalla testata tedesca Der Spiegel, questa certezza potrebbe venir meno a causa di un’accusa rivolta nei confronti della società di leasing Grenke da parte dello stesso speculatore finanziario, Fraser Perring, che mesi addietro sottolineò le proprie perplessità su quanto stesse accadendo all’interno delle sedi di Wirecard Ag. E in questo scenario – tenendo in considerazione i precedenti – adesso la Germania teme di dover fare i conti con una crisi molto più ampia dell’immaginato.
La Bafin indaga su acquisizioni sospette, bilanci gonfiati e insider trading
Secondo quanto sottolineato da Fraser Perring – il quale ha depositato un’accusa formale nei confronti della società – nei bilanci societari comparirebbero acquisizioni sospette e dai valori gonfiati che sembrano emulare l’operatività della società Wirecard sotto la gestione Markus Braun. E in modo particolare, dietro alla questione sembrerebbe palesarsi la possibilità che anche l’obiettivo fosse di per sé il medesimo: rendere appetibile la società nei confronti degli investitori.
A seguito delle osservazioni e contrariamente allo scorso anno l’ente preposto alla sorveglianza delle società finanziarie in Germania, la Bafin, ha deciso di muoversi con anticipo per analizzare sino in fondo la vicenda; con l’obiettivo di verificare eventuali comportamenti illegali che nel caso di Wirecard erano invece passate sottotraccia. In modo particolare, la Bafin starebbe indagando riguardo alla possibilità che dietro ai bilanci gonfiati – come definiti dall’accusa – ci sia stato un tentativo di insider trading da parte dei proprietari e della dirigenza aziendale. In uno scenario che, se tutto ciò si rivelasse fondato, potrebbe vedere la nascita di uno scandalo molto simile a quello che in pochi giorni ha condannato la più grande emittente di carte prepagate europea.
La Germania ha un comparto finanziario tossico?
Stando gli scandali che si sono susseguiti negli ultimi anni ed alle nuove accuse che sono arrivate a Berlino, la sensazione è che il comparto finanziario tedesco tragga il proprio profitto più dalle operazioni illegali che dalla reale gestione d’esercizio. E soprattutto, questo atteggiamento sembrerebbe riguardare proprio quelle società a metà tra il finanziario ed il tecnologico che negli ultimi anni hanno reso la Germania avanguardia europea nel campo della finanza e cui azioni si sono rivelate essere, in men che non si dica, tossiche.
Con lo scandalo che ha colpito Wirecard AG e con le accuse che stanno piovendo sulla società di leasing Grenke, però, la stessa solidità del settore tedesco sembra essere messa decisamente in crisi. Ma non solo: la possibilità che più di una società abbia utilizzato lo stesso “metodo Braun” evidenzia come questa pratica possa essere molto più diffusa del previsto, rendendo di fatto quasi ogni società finanziaria della Germania una possibile “bomba ad orologeria”.
In questo scenario, dunque, la Germania ne esce forse più indebolita che mai, soprattutto a causa della sfiducia che, in questo modo, si ripercuote sugli investitori. E in un momento di crisi come quello che sta attraversando l’Unione europea a seguito della pandemia di coronavirus, purtroppo per Berlino, potrebbe essere la discriminante per un deciso rallentamento nella ripartenza dell’economia tedesca. In uno scenario che, sino a pochi mesi fa, sarebbe stato assolutamente impensabile.
FONTE: https://it.insideover.com/economia/grenke-una-nuova-wirecard-per-la-germania.html
GIUSTIZIA E NORME
Docente rivela: “È boom di crimini degli immigrati irregolari: uccidono gli italiani”
18 Set 2020
Asher Colombo è sociologo delle migrazioni internazionali all’Università di Bologna, presidente dell’Istituto Cattaneo. Esprime subito il suo pensiero su don Roberto Malgesini, il prete ammazzato a Como. “Il grande tema che emerge è il contributo degli stranieri irregolari alla criminalità e ai reati gravi come ad esempio l’omicidio. Il loro ruolo nei reati gravi si può evincere dai dati”.
“Nonostante questo caso drammatico il totale degli omicidi compiuti anche dagli italiani è in forte calo (331 nel 2018 rispetto ai 627 del 2007). Dagli ultimi dati in possesso: tra 100 autori di omicidio identificati gli stranieri sono un quarto. Però la quota degli stranieri in Italia sulla popolazione è inferiore al 10%. Questo significa che la percentuale di stranieri che si sono macchiati di omicidio è superiore rispetto alla presenza totale in confronto alla popolazione. E più della metà degli omicidi perpetrati da stranieri sono compiuti da immigrati irregolari, i cosiddetti clandestini”.
IMMIGRAZIONI
Prete sgozzato, scrittrice di sinistra: “Dovevamo integrare il tunisino”
VIDEO QUI: https://videos.files.wordpress.com/9uoOVjMS/trim.d54d76d1-9932-4595-bed1-7fb7e99b98c7_dvd.mp4
FONTE: https://stopcensura.org/prete-sgozzato-scrittrice-di-sinistra-dovevamo-integrare-il-tunisino/
La Marina Francese diventa scafista e trasporta i migranti nel Regno Unito!!!
Una notizia francamente scandalosa ed incredibile è successa nella Manica, fra Regno Unito e Francia. Come sicuramente saprete vi è un continuo traffico di immigranti irregolari che vuole passare dal lato europeo del canale e quello britannico, con un movimento di barchini e gommoni che non ha nulla da invidiare con quello che avviene tra Libia e Sicilia. Però questa volta è accaduto qualcosa che rischia di rompere le già fragili relazioni fra Regno Unito ed Unione Europea.
Un gommone molto precario parte dalle coste francesi e si avvicina alle acque territoriali britanniche. Qui inizia ad avere dei grossi problemi perchè si è levato un forte vento ed il gommone, completamente inadatto al mare aperto e con un piccolo motore commerciale Yamaha, inizia ad imbarcare acqua e ad essere in difficoltà. Per fortuna c’è la nave da pattugliamento e salvataggio della marina francese Aramis nella zona. Questa però, invece che salvare i migranti in pericolo e riportarli in Francia, mette in mare un piccolo battello e quindi mette il gommone dei migranti fra il proprio Zodiac e la nave stessa, sino alle acque territoriali britanniche!! In questo mare c’è solo un piccolo peschereccio britannico, che ha osservato tutta la scena, e che poi scriverà a The Telegraph, e viene avvertita la Guardia Costiera inglese , ma questa è lontana e non ci sono altre imbarcazioni. Quindi la vita dei migranti è in grave pericolo, il gommone sta per affondare, tanto che la barca da pesca inglese si avvicina per vedere se è il caso di trasbordare i migranti. Per fortuna arriva appena in tempo un pattugliatore inglese che salva tutti e li porta oltre Manica.
Il comportamento della nave da pattuglia Aramis è stato incredibilmente irresponsabile, sia verso le vite dei migranti, che dovevano essere salvate (se non ci fosse stata la barca da pesca inglese questi sarebbero probabilmente morti), sia perchè ha accompagnato dei migranti irregolari in territorio di un altro stato. Praticamente la marina francese si è trasformata in uno scafista. Legittimamente, se fosse stato presente una HMS (Her Majesty’s Ship, una nave di Sua Maestà) avrebbe potuto anche reagire militarmente a quello che è, a tutti gli effetti, un atto di aggressione ed arrestare l’equipaggio francese. Però l’Unione Europea si sente autorizzata ad operare in modo piratesco in base ad una sia personale missione di superiorità divina. Sembra di essere tornati ai tempi di Bonaparte o dell’operazione Leone Marino, solo che invece che truppe si pensa di invadere il Regno Unito coi migranti!
I francesi hanno risposto di “Aver tutelato le vite umane”, ma se veramente questo era il loro compito avrebbero dovuto fermare il precario gommone e riportare indietro i migranti. Evidentemente la politica viene prima delle vite umane
VIDEO QUI: https://youtu.be/gs5KR7U_-VA
FONTE: https://scenarieconomici.it/la-marina-francese-diventa-scafista-e-trasporta-i-migranti-nel-regno-unito/
LA LINGUA SALVATA
Francesco Sabatini. L`invasione degli anglicismi
Francesco Sabatini, intervistato in occasione delle Giornate della lingua italiana (Olimpiadi di Italiano), che si sono svolte a Firenze dal 26 al 28 marzo 2018, parla della differenza tra la nostra lingua e le altre lingue neolatine, come lo spagnolo e il francese, nella resistenza all’assimilazione degli anglicismi. La debolezza politica, che storicamente ha caratterizzato il nostro paese diventato indipendente solo nel 1861, si è tradotta in un provincialismo aggiunto, in una tendenza a sottoporci facilmente alle influenze straniere.
FONTE: http://www.raiscuola.rai.it/articoli/francesco-sabatini-linvasione-degli-anglicismi/42318/default.aspx
LAVORO PENSIONI DIRITTI SOCIALI
Diego Fusaro: «Il discorso della Von Der Leyen distrugge l’etica e impoverisce il lavoro»
Settembre 18, 2020 posted by Guido da Landriano
I diktat della Von Der Leyen nel suo “Stato dell’Unione” vengono a precorrere un futuro veramente triste e, francamente, intriso di una profonda malvagità.
dal punto di vista etico e famigliare si afferma il motto “Love is Love”, equivalente distruttivo del “Business is Business” o “à la guerre comme à la guerre”, per cui tutto è eticamente permesso purchè sia “amore” e , soprattutto venga a distruggere ogni possibile legame istituzionale e familiare. Inoltre la quasi cancelliera europea impone questo diktat ai paesi europei con la forza e violentando i diritti familiari dei singoli stati.
Quindi il cantico del Green Deal dell’economia verde, che comunque è, anzi lo è sempre di più, un’economia ipercapitalista di pochi ricchi contro molti poveri.
Poi l’accenno alle paghe minime: mentre per la Costituzione il lavoro è una questione anche, se non prima di tutto, di dignità della persona, al contrario per l’Unione è solo una merce. Ecco allora il discorso dei salari minimi, che non sono altro che la porta per arrivare al taglio ed all’abbassamento dei salati collettivi.
Buon ascolto
VIVDEO QUI: https://youtu.be/d5511jB2uYk
FONTE: https://scenarieconomici.it/diego-fusaro-il-discorso-della-von-der-leyen-distrugge-letica-e-impoverisce-il-lavoro/
PANORAMA INTERNAZIONALE
I due jolly di Trump per la riconferma
Un sondaggio inatteso, che per la prima volta lo vede in vantaggio sul suo avversario, e l’ipotesi di un vaccino anti Covid pronto per essere distribuito a ottobre. Cioè un mese prima delle fatidiche elezioni presidenziali 2020. Donald Trump ha pescato due jolly che potrebbero dare nuova linfa alla sua corsa verso la Casa Bianca. Già, perché fino a qualche mese fa il destino del tycoon sembrava scritto, tra la pandemia di coronavirus fuori controllo, le feroci proteste scaturite in seguito all’uccisione dell’afroamericano George Floyd per mano della polizia e le tensioni sociali alimentate da movimenti più o meno radicali, dagli anarchici all’estrema sinistra passando per il più “istituzionale” Black Lives Matter.
Joe Biden, in silenzio, ha surfato l’onda favorevole senza effettuare mosse azzardate. Anzi: nelle rare occasioni in cui il candidato democratico ha provato a rispondere agli attacchi lanciati da Trump, Biden ha collezionato più gaffe che applausi. E le gaffe sono aumentate a dismisura nelle ultime settimane quando, paradossalmente, l’ex braccio destro di Obama avrebbe potuto godere del vento favorevole e restare in silenzio.
Trump appariva in difficoltà, nonostante i segnali confortanti dell’economia e la volontà di ergersi a “uomo d’ordine”, l’unico capace di difendere gli Stati Uniti dalla furia dei teppisti “coccolati” dai sindaci democratici. Ma Biden, pensando di accelerare nei sondaggi, ha in realtà fatto di tutto per rimettere in pista il ruspante repubblicano.
Il sondaggio inaspettato
Dopo settimane intere in cui le rilevazioni mostravano Joe Biden saldamente in vantaggio su Donald Trump, ecco l’inedita svolta. In un sondaggio di Rasmussen l’attuale presidente americano è per la prima volta davanti al candidato democratico. La distanza, come detto, si è ridotta nelle ultime due settimane. Sette giorni fa Biden aveva due punti di vantaggio, ma quel sondaggio ha segnato anche la prima volta che Trump ha superato il 45 per cento negli ultimi due mesi e mezzo. Ricordiamo che prima di questa settimana, Biden ha battuto Trump in tutti i sondaggi settimanali da quando è iniziato White House Watch all’inizio di luglio.
Altri sondaggi nazionali mostrano come Biden sia ancora in testa, anche se il suo vantaggio si è notevolmente ridotto. Rasmussen è il primo a mostrare un vantaggio di Trump: “Il presidente Trump è ora in vantaggio di un punto sul candidato democratico Joe Biden nell’ultimo sondaggio settimanale di Rasmussen Reports sulla Casa Bianca. Anche se statisticamente insignificante, è la prima volta che Trump è in vantaggio”, ha detto l’analisi del sondaggio. Un sondaggio Reuters/Ipsos, invece, considera Biden in vantaggio di ben nove punti a livello nazionale su Trump. In ogni caso, per la prima volta Trump può sbandierare di essere in testa: un’arma potenzialmente micidiale in vista dello sprint finale.
Il vaccino a ottobre?
Ma il jolly più importante non riguarda tanto i sondaggi, bensì il vaccino anti covid. Donald Trump ha assicurato che gli Usa sono “più vicini di quanto si pensi” al raggiungimento dell’obiettivo e che la distribuzione inizierà “a ottobre“. Gli ha fatto eco la portavoce, Kayleigh McEnany, secondo la quale “l’obiettivo è avere oltre 100 milioni di dosi entro la fine dell’anno”.
Queste scadenze, per alcuni eccessivamente ottimiste, non sono state sconfessate dal direttore dei Cdc, Robert Redfield, che tuttavia ha sottolineato come per la fine dell’anno si spera in un vaccino ma in quantità limitate. Ci vorranno invece circa “dai sei ai nove mesi” per farlo assumere a tutti gli americani. Gli Stati Uniti dovrebbero avere un numero sufficiente di dosi di vaccino per consentire agli americani di tornare alla “vita normale” entro il terzo trimestre del 2021. La previsione dell’esperto è stata tuttavia smentita da Trump, secondo il quale Redfield, che parlava sotto giuramento al Congresso, “si è sbagliato”.
Per il virologo americano Anthony Fauci, Washington riuscirà ad arrivare a un vaccino sicuro ed efficace entro la fine dell’anno. “Scommetterei ancora i miei soldi su novembre/dicembre”, ha affermato, dopo che ieri il presidente Donald Trump aveva sostenuto che potrebbero mancare “3 o 4 settimane” per ottenerlo. The Donald non vede l’ora di poter mostrare agli americani il tanto atteso vaccino anti covid. Questo sì, un jolly potenzialmente decisivo per la riconferma alla Casa Bianca.
TRUMP STA FACENDO LA STORIA
ANCHE SE I SOLITI NOTI PROVANO A FAR FINTA DI NULLA
Recentemente, e in un lasso di tempo piuttosto breve, Donald Trump ha, per così dire, portato a casa una serie di risultati che non è esagerato considerare d’importanza cruciale e storica. Ebbene sì, proprio colui che è sembrato, all’inizio della propria carriera politica, come un personaggio troppo controverso ed eccentrico per guidare gli Stati Uniti, “unfit” come si dice oltreoceano, oltreché incapace di sconfiggere una veterana del sistema del calibro di Hillary Clinton, ha raggiunto determinati traguardi di portata storica, ritenuti quasi impossibili da conquistare solo fino a qualche tempo fa, che non solo rimarranno nella memoria collettiva, ma andranno a modificare le dinamiche politiche internazionali. In un mondo ancora concentrato perlopiù sulla pandemia, il presidente americano ha dimostrato che si può continuare a vivere, che è possibile fare altro e farlo bene, anche in presenza del Covid-19.
Il così battezzato Accordo di Abramo, siglato alla Casa Bianca da Israele, Emirati Arabi Uniti e Bahrain, e spinto naturalmente da Trump, non solo permetterà l’avvio di nuove relazioni e di una vera e propria distensione fra lo Stato ebraico e le due monarchie del Golfo, bensì ridisegnerà numerosi equilibri dell’area mediorientale. Altri attori della regione potrebbero aggiungersi ad Abu Dhabi e Manama con il medesimo obiettivo di una svolta profonda nei rapporti con Israele, e non è da escludere neppure un avvicinamento da parte dell’Arabia Saudita, che già non si è rivelata ostile all’Accordo di Abramo del 15 settembre scorso. Le monarchie sunnite del Golfo, già sostanzialmente vicine, pur con qualche contraddizione, all’Occidente, in particolare agli Usa per diverse ragioni, supererebbero così un importante ostacolo che le separa dalle democrazie occidentali, ovvero la questione dell’esistenza e del diritto alla sicurezza dello Stato d’Israele. L’Accordo di Abramo isola tutti coloro i quali non aspirano di fatto ad una vera pace in Medio Oriente, dall’Iran degli ayatollah ai terroristi di Hezbollah e Hamas, e passando per l’ambiguo ed inconcludente Abu Mazen, al quale tutto sommato conviene lo status quo per ragioni anche economiche, vista la corruzione e considerato il facile arricchimento da parte delle dirigenze dell’Anp e del partito Al-Fatah.
Da Teheran a Ramallah e Gaza è tutto un coro che all’unisono accusa di tradimento quegli arabi che intendono normalizzare le relazioni con Israele, e non mancheranno nuove minacce ed episodi di violenza, ma il clima generato dall’accordo voluto da Trump indebolisce chi persegue la distruzione dello Stato ebraico. Ma l’attivismo trumpiano delle ultime settimane ha prodotto effetti incoraggianti anche nel Vecchio Continente. Quasi contemporaneamente all’annuncio della svolta da parte degli Emirati e del Bahrain, Serbia e Kosovo hanno reso pubblica la decisione di aprire le loro rispettive ambasciate a Gerusalemme, e con questo di dare inizio ad un rapporto diverso e migliore con Israele.
Anche in questo caso non si tratta di un cambiamento banale e trascurabile perché la Serbia, com’è noto, si è sempre trovata soprattutto nell’orbita russa ed è un bene che Belgrado accetti anche qualche suggerimento proveniente da Washington, mentre il Kosovo, com’è altrettanto risaputo, è un Paese a maggioranza musulmana. L’informazione, in particolare quella in mano ai detrattori del presidente americano, attivi in America come in Europa, non ha volutamente attribuito un valore storico a questi importanti cambiamenti promossi da Donald Trump, perché l’ordine di scuderia è quello di sminuire o criticare a priori questo leader politicamente scorretto, ma, nonostante la faziosità liberal e radical-chic, l’America trumpiana ha già fatto e sta facendo la Storia. La candidatura per il Premio Nobel per la pace, proposta per il tycoon, appare sempre meno come una boutade estemporanea.
FONTE: http://opinione.it/esteri/2020/09/18/roberto-penna_trump-accordo-di-abramo-casa-bianca-israele-emirati-arabi-uniti-bahrain-stato-ebraico-monarchie-del-golfo-area-mediorientale-gerusalemme/
POLITICA
Malan: «Nove cose da sapere sul referendum» l’ultima è da brividi
Il senatore Lucio Malan (FI) ha elencato nove cose da sapere sul Referendum Costituzionale del 20 e 21 settembre.
Domenica si voterà non soltanto per scegliere il futuro governatore di alcune regioni italiane ma anche per il taglio dei parlamentari.
Il dibattito è stato molto acceso e, a quanto pare, in queste ultime settimane la rimonta del No potrebbe regalare qualche brutta sorpresa ai sostenitori del Sì.
Tra i promotori del No c’è anche il senatore Lucio Malan che, in poco più di 3 minuti, ha elencato 9 cose da sapere sul Referendum Costituzionale.
Lucio Malan e le 9 cose da sapere sul Referendum Costituzionale
Al primo punto c’è la questione risparmio: 57 milioni. Una cifra importante? Non proprio. Equivarrebbe infatti – e qui passiamo al punto due – a quanto lo Stato spende ogni 32 minuti e 45 secondi.
Al terzo punto una questione molto discussa: l’adeguamento o meno agli standard europei. “L’Italia – dice il senatore – oggi è tra i 5 Paesi europei che ha meno parlamentari in rapporto alla popolazione”.
Con la riduzione dei parlamentari andremmo a finire all’ultimo posto insieme alla Germania, che però “ha molti più consiglieri regionali ed è uno Stato federale”.
Tutti o quasi i promotori del Sì hanno evidenziato il fatto che, avendo meno parlamentari, questi saranno certamente più efficienti.
E qui arriviamo al punto quattro. Malan spiega che l’efficienza non consiste nel fare tante leggi e male, come spesso avviene, ma piuttosto nel controllare che vengano fatte bene.
E non ci sarà nemmeno una riduzione equa (punto cinque). “I senatori del Trentino Alto Adige vengono ridotti del 14%, quelli della Basilicata e dell’Umbria del 57%. Il Trentino Alto Adige avrà un senatore ogni 170mila abitanti e le regioni ne avranno di media uno ogni 310mila”.
L’obiettivo finale
Al punto sei si parla dei senatori a vita che, da questa riforma non verranno ridotti per niente e anzi, in proporzione, peseranno di più.
Al punto sette un pò di storia: “L’Italia non ha mai avuto un numero di senatori e deputati così basso, nonostante sia molto più popolata che in passato”.
Benito Mussolini ridusse i parlamentari a 400 ma c’erano 40 milioni di italiani e un solo partito. Tra l’altro, puntualizza Malan, “i senatori erano più di oggi”.
Il punto otto riguarda una futura legge elettorale che potrebbe migliorare la rappresentanza che questa riforma andrebbe a diminuire.
“Non sappiamo chi la farà e come la farà. Ci potrebbe anzi essere una legge elettorale fortemente maggioritaria, dove anche solo col 40 – 45% dei voti, puoi ottenere più dei due terzi dei seggi. A quel punto chi avrà la maggioranza, e non sappiamo chi sarà, potrà cambiare la Costituzione”.
Nell’ultimo punto Malan spiega quello che secondo lui è l’obiettivo finale della riforma. “L’ha detto chiaro Davide Casaleggio: l’abolizione del Parlamento. Ha detto «la democrazia rappresentativa sarà un ricordo del passato». Non c’è un Paese al mondo libero e democratico senza Parlamento. Ecco perché dobbiamo votare NO”.
VIDEO QUI: https://www.facebook.com/44cc9eb7-124d-4c9d-8283-4bd76e820f87
FONTE: https://www.oltre.tv/malan-nove-cose-sapere-referendum-video/
Cronache dalla democrazia sanitaria
Invece, nel regno della libertà europea:
https://twitter.com/disincantox/status/1306181257303339008
Zio Iosif
@StalinZio
… La Spagna sta godendo della “legge marziale in tutto tranne che nel nome” , mentre anche l’Italia sta portando l’esercito.
In Francia, Macron ha “dichiarato guerra” al coronavirus, rinchiudendo sostanzialmente l’intero Paese nelle proprie case a meno che non abbiano “un buon motivo” per andarsene. Un motivo che deve essere presentato per iscritto alla polizia. Le riunioni pubbliche sono ovviamente severamente vietate. Le elezioni sono sospese.
In Gran Bretagna, si è prossimi all’approvazione del disegno di legge sul Coronavirus .
Innanzitutto, la polizia può trattenere una persona che sospetta sia contagiosa:
Pertanto, il disegno di legge consentirà alla polizia e agli agenti dell’immigrazione di trattenere, per un periodo limitato, una persona che è o potrebbe essere contagiosa e di portarli in un luogo adatto per consentire lo screening e la valutazione.
Ma non preoccuparti, è solo per un “periodo limitato” (che è legalmente privo di significato. Un “periodo limitato” può essere definito come qualsiasi tempo inferiore a per sempre.)
Rimuoveranno anche le “restrizioni” sulla vaccinazione:
rimuovere l’attuale restrizione nel modo in cui gli enti sanitari territoriali scozzesi possono fornire programmi di vaccinazione significherebbe che, quando un vaccino diventa disponibile, può raggiungere quante più persone possibile.
… e rinviare le elezioni:
posticipare le elezioni locali, del sindaco e del commissario per la polizia e la criminalità che avrebbero dovuto svolgersi in Inghilterra nel maggio di quest’anno fino a maggio 2021. Sarà inoltre previsto il rinvio di altri eventi elettorali nel corso dell’anno (come le elezioni suppletive)
… e concedere l’immunità legale alle persone coinvolte nel trattamento della malattia (di particolare rilevanza data la probabilità che i vaccini non testati vengano introdotti rapidamente nell’uso di massa):
fornire indennità per responsabilità di negligenza clinica derivanti dalle attività del SSN svolte allo scopo di affrontare, oa causa, l’epidemia di coronavirus,
È un affare di poteri vagamente formulati, spalancati all ‘”interpretazione”. È molto pericoloso. Ci sono persino indizi che Londra potrebbe essere messa in blocco totale .
I più bizzarri sono i regolamenti legali rilassati per la registrazione dei decessi (di cui discuteremo più in dettaglio qui ).
Tutto sommato, è una prospettiva terrificante per il futuro del paese.
Non è difficile immaginare un mondo in cui una persona possa essere “detenuta” per “sospetto di avere il virus” quando è perfettamente sana, e la sua famiglia ha tutti i suoi post sui social media rimossi per aver diffuso “disinformazione”.
Diavolo, le nuove regole renderebbero più facile coprire eventuali decessi in custodia facendo registrare ai direttori di pompe funebri privati che non richiedono una conferma secondaria. Un reclamo che questa persona è morta “durante il trattamento per Covid19″ renderebbe anche legalmente immuni tutti i soggetti coinvolti. Questo è un esempio estremo, ma c’è il pericolo di “poteri” vagamente formulati. Sono aperti agli abusi.
Ieri la Gran Bretagna ha visto il suo primo arresto in base a queste nuove regole, un giovane (che non si dice fosse affatto malato) è stato arrestato sull’isola di Man per essersi rifiutato di isolarsi. Ora rischia fino a 3 mesi di carcere o una multa di 10.000 sterline.
Anche annunciato ieri, Boris sta chiudendo tutte le attività di servizi. Club, bar, caffè, palestre, centri ricreativi, ristoranti, cinema. Tutto finito. Mettere potenzialmente milioni di persone senza lavoro, ma introducendo un nuovo vantaggio (uno che devi frequentare un Centro per l’impiego per rivendicare, dove è risaputo che non puoi prendere virus).
….
Il noto esperto di medicina Bill Gates ha fatto un AMA su Reddit (trascritto qui ), in cui inserisce casualmente alcune idee agghiaccianti nella conversazione:
Alla fine avremo alcuni certificati digitali per mostrare chi è guarito o è stato testato di recente o quando abbiamo un vaccino che lo ha ricevuto.
Tutto sommato, le nostre libertà vengono sommerse. Sia le grandi aziende che gli stati stanno ponendo limiti ai diritti individuali con un debole pretesto.
Abbiamo esaminato i numeri innumerevoli volte. Non tornano. L’agenda sta superando le statistiche. Il coronavirus, in termini puramente numerici, è un errore di arrotondamento sulla stagione influenzale annuale. La “pandemia” di influenza suina del 2009 è stata 10 volte più diffusa e centinaia di volte più fatale … è apparso qualcosa di questo porno di panico? Ha “cambiato il significato di normale”?
No, era solo un nuovo tipo di influenza. È passato, c’è stato clamore mediatico, ovviamente, ma il mondo è rimasto lo stesso.
Il tempo per discutere se il CFR è del 2% o del 3% è finito, perché anche se la malattia è così grave come stanno segnalando, niente di tutto ciò può giustificare l’incubo orwelliano che la Gran Bretagna (e gran parte del resto del mondo sviluppato ) si sta trasformando in.
Le persone con piattaforme devono concentrarsi su questo, senza cadere in trappole retoriche o storie di singhiozzi emotivamente manipolatori. Gli aneddoti sull’interesse umano sono privi di significato, e gli articoli positivi su “tirare insieme” o “non correre rischi” sono nel migliore dei casi panico negativo o nel peggiore dei casi favoriscono l’emergente fascismo.
Questo sarebbe il vero fascismo. Non il tipo finto su cui la “resistenza” anti-Trump ha litigato da circa tre anni.
Considera che: questa è la SITUAZIONE ESATTA che tutti, dal NYT alla CNN, avvertivano istericamente che Trump avrebbe introdotto da quando è stato eletto per la prima volta, e dove sono quelle persone adesso? Incoraggiandolo. A causa della “salute pubblica”.
Le stesse persone che si lamentano del fatto che Boris Johnson sia un razzista neonazista di estrema destra e non idoneo a cariche pubbliche prima di Natale, ora vogliono dare all’uomo l’autorità legale di arrestare chiunque abbia la tosse e inchioda i pensionati nelle loro case.
L’integrale qui ( vedrete che se ne sconsiglia la lettura):
Sinistra vuole punire giornalista Rai perché ha definito il tunisino “clandestino e violento”
IL FUTURO MAGICO DEL NOSTRO CERVELLO
Con i progetti Tesla e SpaceX, Elon Musk sta puntando a stabilire ciò che faremo noi esseri umani, con Neuralink sta ridefinendo ciò che saranno gli esseri umani futuri, ciò che saremo. Il nostro cervello ha tre membrane tutto intorno, sotto il cranio, all’esterno, c’è la dura mater, uno strato solido, robusto e impermeabile a filo del cranio – la dura madre è sensibile quasi quanto la pelle della faccia e la pressione o le contusioni su essa sono spesso responsabili dei forti mal di testa delle persone. Sotto c’è l’aracnoide mater ovvero la “madre ragno” che è uno strato di pelle dotato di fibre elastiche. Il cervello non fluttua cioè nel fluido nelle nostre teste, ma è stabilizzato e tenuto bene fermo da queste fibre in modo da non muoversi eccessivamente. Tali fibre agiscono da ammortizzatori quando la nostra testa viene sballottolata o colpita, quando urta qualcosa. Questa area è piena di liquido spinale, che ha una densità simile a quella dell’acqua. C’è infine la pia mater o “pia madre” vale a dire uno strato sottile e delicato di pelle che si fonde con l’esterno del cervello. I vasi sanguigni sono incorporati nella pia madre. Quindi c’è la pelle, poi due strati di cuoio capelluto, e poi il cranio, successivamente la dura madre, l’aracnoide e il cervello coperto dalla pia madre.
Il nostro cervello, apparentemente considerato da taluni “disgustoso”, rappresenta e costituisce l’oggetto conosciuto più complesso che esista nell’universo. Sole tre libbre di una delle materie più dense di informazioni, strutturate e auto-strutturantesi mai conosciute al mondo. Esso “funziona” con soli venti watt di potenza, mentre un computer altrettanto potente funzionerebbe con almeno ventiquattro milioni di watt. Al Mit Polina Anikeeva lo ha definito un “budino morbido che potresti raccogliere con un cucchiaio”. La sua consistenza è stata definita tra il budino e la gelatina. Se infatti poggiassimo un cervello su un tavolo, la gravità gli farebbe perdere la sua forma e si appiattirebbe, un po’ come una medusa. È sospeso, ben ancorato, nell’acqua. Noi tutti, guardandoci allo specchio, vediamo il nostro corpo, la faccia, i capelli: sono solo la macchina che guidiamo. Noi tutti siamo, in sostanza, una straordinaria “palla di gelatina”. Il cervello dei rettili aveva il tronco cerebrale e il cervelletto, la parte più antica del nostro cervello: mesencefalo, ponte, cervelletto e midollo allungato. Compresa la loro funzione, sappiamo ciò che fanno e possono fare rane e lucertole, eccetera. Il midollo allungato controlla “solo” che non si muoia. Controlla cioè le funzioni involontarie quali il battito cardiaco, la respirazione e la pressione sanguigna, anche a farti vomitare quando tu sia stato o sia avvelenato. Il ponte controlla la deglutizione, la vescica, le espressioni facciali, la masticazione, la saliva, le lacrime e la postura. Il mesencefalo si occupa della vista, dell’udito, del controllo motorio, del rimanere vigile, della temperatura e di molte altre parti del cervello che lavorano per noi. Il ponte e il mesencefalo controllano il movimento volontario degli occhi. Il cervelletto assicura l’equilibrio, la coordinazione ed i normali movimenti.
Sopra il tronco cerebrale c’è il sistema limbico, che costituisce un vero e proprio sistema di sopravvivenza. Ogni volta che facciamo qualcosa che potrebbe fare anche il nostro cane – come mangiare, bere, fare sesso, litigare, nascondersi o scappare da qualcosa di pauroso – il nostro sistema limbico è in azione. Ci poniamo in una primitiva modalità di sopravvivenza. Il sistema limbico è anche il luogo in cui vivono le nostre emozioni ed esse stesse riguardano la nostra sopravvivenza. Si tratta dei nostri meccanismi di sopravvivenza più avanzati, necessari a noi animali per vivere nella società, che è una struttura molto complessa. Parte del sistema limbico è l’amigdala che si occupa della nostra ansia, della tristezza e delle risposte che diamo alla paura. Ci sono due amigdala e, scientificamente quanto stranamente, quella a sinistra ha dimostrato di essere più equilibrata, produce cioè più sentimenti felici oltre ai soliti angoscianti ed ansiosi, a differenza di quella a destra che è tecnicamente sempre “di cattivo umore”. L’ippocampo – in greco “cavalluccio marino” perché gli assomiglia – codifica la memoria.
Il talamo occupa la posizione centrale nel cervello, e funge da intermediario sensoriale che riceve informazioni dagli organi sensoriali e le invia alla corteccia per la loro elaborazione. Mentre dormiamo, il talamo “dorme “con noi, l’intermediario sensoriale si mette in “fuori servizio”. Ecco perché durante il sonno profondo, le suoni ed i luci o anche i movimenti sensoriali non ci svegliano. Se si vuole svegliare qualcuno dal sonno profondo, bisogna essere molto aggressivi, od almeno a sufficienza per svegliare il suo talamo. Fa eccezione l’olfatto, l’unico senso che riesce ad “aggirare” il talamo. Ecco quindi il perché dei sali profumati che vengono utilizzati per risvegliare le persone svenute. L’olfatto è il nostro senso più antico e, a differenza di tutti gli altri, si trova nelle profondità del sistema limbico, dove lavora a stretto contatto con l’ippocampo e l’amigdala, per cui l’olfatto è strettamente legato alla memoria e alle emozioni.
Infine la corteccia cerebrale: neocorteccia, cervello e pallio. È la parte esterna di molti organi, non solo del cervello. L’esterno del cervelletto è la corteccia cerebellare. E l’esterno del cervello è la corteccia cerebrale. Solo i mammiferi hanno cortecce cerebrali. La parte equivalente del cervello nei rettili è il pallio. La corteccia è responsabile praticamente di tutto: elabora ciò che vediamo e sentiamo, insieme al linguaggio, al movimento, al pensiero, alla pianificazione e alla nostra personalità. Ci sono quattro lobi: semplificando al massimo, il lobo frontale gestisce la nostra personalità, insieme a molto di ciò che definiamo il nostro “pensiero”, come il ragionamento, la pianificazione e l’esecuzione.
Gran parte del nostro pensiero si svolge nella parte anteriore del lobo frontale, che è anche responsabile del movimento del nostro corpo. Il lobo parietale controlla il tatto, in particolare nella corteccia somatosensoriale primaria, la striscia proprio accanto alla corteccia motoria primaria. Le cortecce motorie e somatosensoriali sono molto ben definite, e mappate. I neuroscienziati sanno esattamente quale parte di ogni striscia si collega a ciascuna parte del nostro corpo – si pensi all’omuncolo del neurochirurgo Wilder Penfield che ha mostrato visivamente come vengono mappate le cortecce motorie e somatosensoriali: più grande è la parte del corpo del l’omuncolo, più la corteccia è dedicata al suo movimento o al senso del tatto.
Il lobo temporale è dove si trova gran parte della nostra memoria, ed essendo proprio accanto alle orecchie, è anche la sede della nostra corteccia uditiva. Nella parte posteriore della testa c’è il lobo occipitale, che ospita la corteccia visiva ed è quasi del tutto dedicato alla vista. La corteccia costituisce solo i due millimetri esterni del cervello – lo spessore di un nichel –. I nostri cervelli sono “rugosi” perché l’evoluzione è avvenuta aggiungendo funzionalità sempre nuove e più elaborate. In pratica la corteccia sottilissima si è ridimensionata via via aumentando la sua superficie, cioè creando molte pieghe. In tal modo ha di fatto triplicato l’area della sua superficie senza aumentare troppo il volume. Nell’utero la corteccia è liscia, le pieghe si formano solo negli ultimi due mesi di gravidanza.
Se si potesse staccare la corteccia dal cervello, ci ritroveremmo con un foglio di due millimetri di spessore con un’area di duemila-duemilaquattrocento centimetri, circa le dimensioni di un quadrato di 48 cm x 48 cm (19 pollici x 19 pollici): in pratica, un tovagliolo. E questo tovagliolo è il luogo in cui avviene la maggior parte delle azioni nel nostro cervello, grazie a cui pensiamo, ci muoviamo, sentiamo, vediamo, ascoltiamo, ricordiamo, parliamo e comprendono i linguaggi. Il noi a cui pensiamo quando pensiamo a noi stessi, è la nostra corteccia, vale a dire che il noi, che altro non è che un tovagliolo. Anche se non in modo perfetto, la scienza moderna ha raggiunto una notevole conoscenza del cervello. Già molto tempo fa abbiamo capito che il cervello è la sede della nostra intelligenza, ma solo di recente la scienza ha capito di che cosa è fatto il cervello. Sapevamo che il corpo è fatto di cellule, ma solo alla fine del diciannovesimo secolo, il medico italiano Camillo Golgi ha capito come utilizzare un semplice metodo di colorazione per vedere davvero che aspetto hanno le cellule del cervello. Il risultato è stato sorprendente: Golgi aveva scoperto il neurone.
Il neurone è l’unità centrale della vasta rete di comunicazione che costituisce il cervello e il sistema nervoso di quasi tutti noi animali. E solo negli anni cinquanta del millenovecento gli scienziati hanno scoperto come i neuroni comunichino tra loro. L’assone, ovvero il lungo filamento del neurone, il quale trasporta informazioni – ha un diametro microscopico – esprime ed esplica il cosiddetto “potenziale d’azione”. Sono stati gli scienziati Alan Hodgkin e Andrew Huxley ad avere definitivamente capito come i neuroni inviino le informazioni, e ciò hanno fatto servendosi dell’assone gigantesco del calamaro. Attraverso il potenziale d’azione le informazioni si muovono dentro il sistema nervoso. Le informazioni chimiche inviate tra i neuroni attivano le informazioni elettriche che passano attraverso il neurone, molto velocemente, da neurone a neurone, elettricamente. I potenziali d’azione si muovono tra uno e cento metri al secondo. Ripeto, tra uno e cento metri al secondo.
Una cellula – cosiddetta di Schwann – avvolge costantemente alcuni tipi di assoni in una sorta di strati di coperte di grasso chiamata “guaina mielinica”, ed oltre ai vantaggi di protezione e di isolamento, tale guaina mielinica costituisce e determina un fattore rilevante ai fini del “ritmo” della comunicazione, cioè i potenziali d’azione viaggiano molto più velocemente attraverso gli assoni quando coperti dalla guaina mielinica. Sono complessivamente circa cento miliardi i neuroni che nel cervello compongono questa rete inimmaginabilmente per noi vasta, simile al numero di stelle dentro la via lattea, od oltre dieci volte minimo il numero complessivo di persone che esistono nel mondo. Circa quindici-venti miliardi di questi neuroni si trovano nella corteccia e il resto nelle altre parti del cervello – sorprendentemente, il cervelletto ha più del triplo di neuroni della corteccia. In questo stesso momento in cui si sta leggendo i nostri occhi stanno facendo una serie specifica di movimenti orizzontali che ci permettono di leggere questo testo. Sono i neuroni del cervello che stanno trasmettendo informazioni a una macchina – i nostri occhi – e la macchina che le riceve, recepisce il comando e risponde. E mentre i nostri occhi si muovono nel modo che serve, i fotoni entrano nelle nostre retine e stimolano i neuroni nel lobo occipitale della corteccia in un modo che consente all’immagine delle parole di entrare nell’occhio della nostra mente. L’immagine stimola i neuroni in un’altra parte del cervello che ci consente di elaborare le informazioni incorporate nell’immagine e di assorbire il significato della frase.
L’immissione e la trasmissione di informazioni è ciò che fanno i neuroni del cervello. Ecco il punto in cui si intersecano le nostre conoscenze e il lavoro, l’opera di Elon Musk. Proprio qui. Tutto ciò che l’industria dell’interazione cervello-computer vuole fare è entrare in azione proprio in questo punto. È un compito difficile reso facile dal punto cui è arrivata la nostra conoscenza ed Elon Musk. Il cervello è una palla di gelatina e la corteccia – la parte del cervello in cui si svolge la maggior parte della nostra registrazione e stimolazione – è un tovagliolo, situato convenientemente proprio all’esterno del cervello dove cioè è per noi facilmente accessibile.
All’interno della corteccia ci sono circa venti miliardi di neuroni attivi, cioè venti miliardi di piccoli transistor con i quali possiamo imparare a lavorare, per raggiungere un “livello” completamente nuovo di sviluppo e svolgimento sulla e della nostra vita, sulla nostra salute e sull’intero universo. I neuroni, è vero, sono piccoli, ma sappiamo come dividere un atomo ed il diametro di un neurone è circa centomila più grande di quello di un atomo. Siamo in grado cioè e possiamo fare fronte e “gestire” il micro mondo neurale. La nostra comprensione del cervello e l’hardware degli elettrodi che gli scienziati geni hanno fino qui costruito sono piuttosto primitivi. Oggi gli sforzi sono concentrati sulla costruzione di interfacce semplici da utilizzare con le aree del cervello che sono stare meglio comprese come la corteccia motoria e quella visiva. L’interfaccia cervello-macchina è solo un inizio dello straordinario processo e progresso che ci attende.
FONTE: http://opinione.it/hi-tech/2020/09/17/francesca-romana-fantetti_tesla-spacex-elon-musk-neuralink-fibre-mit-polina-anikeeva-tronco-cerebrale-l-ippocampo-mammiferi-talamo-wilder-penfield/
STORIA
Trotsky: un profilo storico-politico a ottant’anni dal suo assassinio.
Il 21 agosto 1940, esattamente 80 anni fa, morì a Città del Messico, Leon Trotsky.
In questo video mi soffermerò sul profilo di questo importante personaggio politico del ‘900, cercando di trovare la giusta distanza tra la mia passione giovanile trotzkista ed il mio ruolo di storico, che negli anni mi ha portato a sviluppare una critica verso il suo pensiero, pur rimanendo orgoglioso della mia esperienza.
Entriamo nel merito. Buona lezione.
VIDEO QUI: https://youtu.be/rFEctgg4TnI
FONTE: http://www.aldogiannuli.it/trotsky-un-profilo-storico-politico-a-ottantanni-dal-suo-assassinio/
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