RASSEGNA STAMPA DETTI E SCRITTI 2 GENNAIO 2024
A cura di Manlio Lo Presti
Esergo
La Verità è fatta su ordinazione;
le più utili verità sono create dai più abili mentitori.
Bengt Ekrerot, Il volto, Ingmar Bergman, Svezia, 1958
https://www.facebook.com/dettiescritti
https://www.instagram.com/dettiescritti/
Precisazioni legali
Le opinioni degli autori citati possono non coincidere con la posizione del curatore della presente Rassegna.
I numeri degli anni precedenti della Rassegna sono disponibili sul sito www.dettiescritti.com
www.dettiescritti.com è un blog intestato a Manlio Lo Presti, e-mail: redazionedettiescritti@gmail.com
Il blog non effettua alcun controllo preventivo in relazione al contenuto, alla natura, alla veridicità e alla correttezza di materiali, dati e informazioni pubblicati, né delle opinioni che in essi vengono espresse.
Questo sito offre informazioni fattuali e punti di vista che potrebbero essere utili per arrivare a una comprensione degli eventi del nostro tempo.
Riteniamo che le informazioni provengano da fonti affidabili, ma non possiamo garantire che le informazioni siano prive di errori e interpretazioni errate.
DETTIESCRITTI non ha una posizione ufficiale su alcuna questione e non avalla necessariamente le dichiarazioni di alcun contributore.
Nulla su questo blog è pensato e pubblicato per essere creduto acriticamente o essere accettato senza farsi domande e fare valutazioni personali.
Il materiale presente in questo sito (ove non ci siano avvisi particolari) può essere copiato e redistribuito, purché venga citata la fonte. www.dettiescritti.com non si assume alcuna responsabilità per gli articoli e il materiale ripubblicato.
Questo blog non rappresenta una testata giornalistica in quanto viene aggiornato senza alcuna periodicità. Non può pertanto considerarsi un prodotto editoriale ai sensi della legge n. 62 del 7.03.2001.
Le immagini e le foto presenti nel Notiziario, pubblicati con cadenza pressoché giornaliera, sono raccolte dalla rete internet e quindi di pubblico dominio. Le persone interessate o gli autori che dovessero avere qualcosa in contrario alla pubblicazione delle immagini e delle foto possono segnalarlo alla redazione scrivendo alla e-mail redazionedettiescritti@gmail.com
La redazione provvederà doverosamente ed immediatamente alla loro rimozione dal blog.
Detti e scritti porta all’attenzione le iniziative editoriali di terzi, nell’esclusivo interesse culturale e informativo del lettore, senza scopo di lucro.
°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°
SOMMARIO
Fenomenologia testuale dell’effervescente Avatar del Colle
Prove tecniche in Italia per un Consiglio di sicurezza nazionale
“L’emergenza climatica” è una bufala
“Sono i banchieri che hanno inventato il (finto) femminismo”
Scott Ritter – La narrazione distorta occidentale sull’operazione speciale della Russia e su Putin
Al Sud è allarme spopolamento: al 2080 oltre 8 milioni di residenti in meno
Israele pronta a finanziare altri insediamenti illegali dei coloni: l’ira di Borrell
Disperate grida di Borrell: “UE deve fare guerra totale alla Russia, altrimenti Putin ci invade”
IL RITORNO DELLA GUERRA ‘RISOLUTIVA’
LA FANTASMA DELL’OPERA…E L’IPOCRISIA DELLA EX-ITALIA
LAMPI DI TENEBRA NEL MONDO MODERNO
Tornato sano e vispo per andare all’Impostura Climatica
Tim nelle mani dell’ex capo della CIA
Il cardinale Müller afferma che l’immigrazione di massa viene utilizzata per distruggere le identità nazionali
Il “regalo” di Natale per gli agricoltori emiliani: paghiamo se non producete
Con le sue sanzioni-alla-Russia, la UE ci fa sparire i fertilizzanti
La pantomima del governo sul MES serve a nascondere la triste verità
L’ARGENTINA È UN LABORATORIO DI BIOPOLITICA
Diocesi Livorno, parroco scomunicato perché in contrasto con Bergoglio
La sopravvivenza del dominio di Washington sull’Onu
Immunità parlamentare: come una garanzia democratica è diventata impunità della casta
UNA TEORIA DELLA COSCIENZA
Il Nobel per la medicina assegnato a due scienziati farlocchi! La rivista Nature accusa la loro tecnica tossica e pericolosa
Radici del nazifascismo in Ucraina. Una genesi che viene da lontano.
EDITORIALE
Fenomenologia testuale dell’effervescente Avatar del Colle
Manlio Lo Presti (scrittore ed esperto di banche e finanza)
Il discorso dell’inquilino del Colle è un evento annuale fortemente segnaletico che suscita l’attenzione delle istituzioni nazionali ed internazionali. Viene notomizzato da Paesi amici e soprattutto dai nemici. Il Quirinale rilascia messaggi e comunica le linee tendenziali che interpretano il suo mandato. Alcuni hanno scritto righe eccellenti, altri hanno adottato uno stile involuto-diplomatico, molti si sono spesi con contenuti mediocri. L’effervescente avatar del Colle ha rilasciato a reti unificate di terra, di mare, di aria un intermezzo carico di banalità e di ipocrisie riportate nel sito del Quirinale: https://www.quirinale.it/elementi/61816.
Egli non si è sottratto al ruolo di megafono dei contenuti propagandistici in corso trattati acriticamente in melassa retorica. Se facciamo attenzione, anche la struttura sintattica e lessicale è volutamente dimessa. Il tono della voce e le posture del corpo esprimono il grigiore di quello che dichiara. Non parliamo dell’abbigliamento che deve essere protocollare ma che avrebbe potuto azzardare una cravatta rossa simbolo delle festività in corso. Nessun esperto di comunicazione potrebbe fare peggio. Solennità sì, autorità sì, ma grigiore da evitare. Cn una impostazione simile, il suo discorso perde totalmente di credibilità. Non trasmette coraggio né entusiasmo, la voglia di fare, di progettare il futuro, di disegnare un sogno comune verso cui tendere con intelligenza e capacità di progetto. Niente …
Egli ha iniziato il discorso con la solerte citazione della pandemia “In questi giorni ho ripercorso nel pensiero quello che insieme abbiamo vissuto in questi ultimi due anni: il tempo della pandemia che ha sconvolto il mondo e le nostre vite”. Ma non si è azzardato né ha voluto tentare di capirne le cause. Ha ringraziato “Dobbiamo ricordare, come patrimonio inestimabile di umanità, l’abnegazione dei medici, dei sanitari, dei volontari”. Ligio ai dettami della teologia farmaceutica ha detto: “I meriti di chi, fidandosi della scienza e delle istituzioni, ha adottato le precauzioni raccomandate e ha scelto di vaccinarsi: la quasi totalità degli italiani, che voglio, ancora una volta, ringraziare per la maturità e per il senso di responsabilità dimostrati”.
Silenzio totale sugli “effetti avversi” oramai ammessi anche dal sinedrio tecno-farmaceutico americano e quindi italiano in seconda battuta. Sui vaccini costui si è soffermato per ben trentasette su centoquarantadue righe dell’intero testo, cioè un ragguardevole ventisette percento. Un’ampiezza troppo sbilanciata che fa balenare l’ombra di una potentissima pressione della casta tecno-farmaceutica che continua a stritolare e a bloccare la vita democratica della penisola.
Egli ha speso solo cinque righe sul tema del terrorismo internazionale. Come avrebbe fatto Pilato, anche in questo caso, ha accennato senza dare un proprio parere sui mandanti internazionali, possibilmente non solo islamici, mentre, senza esitazioni, invece, afferma “Nel corso di questi anni la nostra Italia ha vissuto e subito altre gravi sofferenze. La minaccia del terrorismo internazionale di matrice islamista”. In questo modo, egli ha scelto la più oltranzista posizione atlantista decidendo di essere il rappresentante di una parte degli italiani e diventando il garante della repressione sistematica di coloro, moltissimi, che non si sono riconosciuti in queste scelte, grazie al determinante aiuto di tutti i mezzi di informazione attualmente operanti nella ex-italia.
Con lo spirito schierato apertamente su posizioni atlantiste, egli dichiara che: “La Costituzione affida al Capo dello Stato il compito di rappresentare l’unità nazionale”. Di fatto, Egli ha disatteso questa impostazione diventando sempre di più il bardo di una ben precisa parte della popolazione lasciando che la restante parte degli italiani, che era collocata con la forza dalla parte sbagliata, fosse perseguitata, minacciata, umiliata, intercettata censurata con l’uso scientifico e massiccio del braccio armato dei canali di comunicazione di rete a totale emanazione americana. Egli ne parla costretto leggendo qualche riga di prammatica: “Credo che ciascun Presidente della Repubblica, all’atto della sua elezione, avverta due esigenze di fondo: spogliarsi di ogni precedente appartenenza e farsi carico esclusivamente dell’interesse generale, del bene comune come bene di tutti e di ciascuno. E poi salvaguardare ruolo, poteri e prerogative dell’istituzione che riceve dal suo predecessore e che – esercitandoli pienamente fino all’ultimo giorno del suo mandato – deve trasmettere integri al suo successore”. Poi, con finta umiltà sacerdotale dichiara: “Credo che ciascun Presidente della Repubblica, all’atto della sua elezione, avverta due esigenze di fondo: spogliarsi di ogni precedente appartenenza e farsi carico esclusivamente dell’interesse generale, del bene comune come bene di tutti e di ciascuno. E poi salvaguardare ruolo, poteri e prerogative dell’istituzione che riceve dal suo predecessore e che – esercitandoli pienamente fino all’ultimo giorno del suo mandato – deve trasmettere integri al suo successore”.
Controcorrente rispetto alle analisi di istituti di ricerca di tutto il mondo, americani compresi, nonostante le analisi allarmistici della Banca d’Italia e di altre istituzioni angloamericane, della borsa, ecc., egli ha riportato il mito di un Paese che è in ricrescita: “Ma le condizioni economiche del Paese hanno visto un recupero oltre le aspettative e le speranze di un anno addietro. Un recupero che è stato accompagnato da una ripresa della vita sociale”. Sarebbe interessante conoscere le fonti che gli hanno fatto dire queste auguste riflessioni. Qualcuno dice il falso sapendo di mentire.
Il suo discorso diligente sancisce la ineluttabilità della scelta “ecologica” dichiarando acriticamente: “Le transizioni ecologica e digitale sono necessità ineludibili, e possono diventare anche un’occasione per migliorare il nostro modello sociale”. Nessun cenno che tale scelta seguita ossessivamente dall’Europa non è rispettata da Cina, Russia, India e molti Paesi in via di sviluppo contro i quali la bimbetta con le treccine non ha detto una parola che è una.
Inevitabile la solerte e servile volata al pontifex argentinus: “Desidero rivolgere un augurio affettuoso e un ringraziamento sincero a Papa Francesco per la forza del suo magistero, e per l’amore che esprime all’Italia e all’Europa”. Nessun commento sarebbe sufficiente per far notare che il focus del pontefice è orientato su altre questioni essenzialmente migratorie.
Ha chiesto la pace proprio lui che fu ministro della difesa durante i criminali bombardamenti in Serbia con bombe al fosforo. C’era costui durante la brutta vicenda delle famiglie italiane pagate e/o minacciate che hanno avuto figli uccisi o contaminati con l’uranio impoverito sui quali la stampa non ha denunciato quasi niente. Il silenzio assoluto.
Costui ha continuato ad elencare ovvietà su occupazione, parità e lavoro, dicendo molto poco o nulla sulle gravissime responsabilità del decennio governi precedenti, soprattutto tecnici. Dov’era costui quando c’erano i governi di gruppi ora all’opposizione che hanno avuto dieci anni per fare tutto quello di cui viene imputato ossessivamente l’attuale governo in carica da un anno?
Il soliloquio, quasi sottovoce, in piedi, dimesso e triste, si è chiuso con la solita retorica propagandistica su genderismo, violenza sulle donne, sulla superficiale versione dell’aggressione russa, ma ha taciuto sulle responsabilità dei genocidi di Gaza. Un accenno sfuggevole agli sbarchi… ma solo un cenno, per carità.
Impressionante la postura semieretta somigliante a quella del luciferino ma geniale Gobbo dalle capacità politiche fuori del comune.
Non ho mai visto una mediocrità simile!
Se la china è stata raggiunta, possiamo solo risalire… forse!
IN EVIDENZA
Prove tecniche in Italia per un Consiglio di sicurezza nazionale
Cosa è emerso dalla riunione del Consiglio Supremo di Difesa che si è svolto lo scorso 11 dicembre. Fatti, scenari e approfondimenti. L’analisi di Francesco D’Arrigo, direttore dell’Istituto Italiano di Studi Strategici “Niccolò Machiavelli”.
Lo scorso 11 dicembre il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha presieduto il Consiglio supremo di difesa, al quale hanno preso parte il presidente del Consiglio dei ministri – Giorgia Meloni, i ministri degli affari esteri e della cooperazione internazionale -Tajani, dell’interno – Piantedosi, della difesa – Crosetto, dell’economia e delle finanze – Giorgetti, ed il Capo di Stato maggiore della Difesa – Amm. Cavo Dragone. Erano altresì presenti il Sottosegretario di Stato alla presidenza del Consiglio dei ministri – Mantovano, il Segretario generale della presidenza della Repubblica – Zampetti ed il Consigliere del Presidente della Repubblica per gli Affari del Consiglio supremo di difesa e Segretario del Consiglio – Garofani.
Il Consiglio supremo di difesa è un organo di rilevanza costituzionale preposto all’esame dei problemi generali politici e tecnici attinenti alla sicurezza e alla difesa nazionale.
A seconda delle circostanze e della materia trattata, possono essere chiamati a prendere parte alle riunioni anche altri ministri, i Capi di stato maggiore di Forza armata, il comandante generale dell’Arma dei Carabinieri, il presidente del Consiglio di Stato, nonché ulteriori soggetti e personalità in possesso di particolari competenze in campo scientifico, industriale ed economico ed esperti in problemi militari.
Il Consiglio ha passato in rassegna tutte le situazioni di tensione in atto ed esaminato la situazione della guerra in Ucraina, ribadendo la ferma condanna dell’aggressione operata dalla Federazione Russa e pieno sostegno dell’Italia all’Ucraina nella sua difesa contro l’invasore. Ha condannato senza riserve le brutalità commesse da Hamas in Israele lo scorso 7 ottobre, con atti di terrorismo che hanno causato più di mille morti tra i civili e portato al rapimento di più di duecento persone tra i quali donne, bambini e anziani. Ha anche espresso preoccupazione per gli atti di antisemitismo perpetrati in molte parti del mondo e in Italia e per gli ostaggi detenuti da Hamas. Ha inoltre dedicato un particolare focus alla situazione nei Balcani Occidentali e le altre aree di crisi e instabilità in Africa, particolarmente quelle del Mediterraneo allargato e del Sahel.
LA RIFORMA DELL’INTELLIGENCE PORTERÀ ALLA COSTITUZIONE DI UN CONSIGLIO DI SICUREZZA NAZIONALE?
Il Consiglio supremo di difesa ha diffuso un comunicato che riassume il lavoro di “approfondimento svolto sui cambiamenti che le nuove tecnologie stanno introducendo nella competizione internazionale e quindi sui loro effetti nell’evoluzione dei moderni scenari strategici. Ritiene indispensabile sviluppare consapevolezza e capacità d’azione anche nei nuovi ambiti dell’interazione umana: i domini cibernetico, spaziale e subacqueo e la dimensione cognitiva. Una più efficace architettura di sicurezza e di governance nazionale è condizione per contrastare le nuove minacce nonché i rischi di uso offensivo delle tecnologie emergenti quali l’intelligenza artificiale. Considerata la trasversalità delle minacce ibride, è indispensabile uno sforzo congiunto del sistema Paese”.
In questa parte del comunicato ufficiale, diramato dalla presidenza della Repubblica a fine lavori, si possono intravedere gli orientamenti strategici del governo sulla annunciata riforma del Sistema di Informazione per la sicurezza della Repubblica?
SIAMO PIÙ VICINI ALLA COSTITUZIONE DI UN CONSIGLIO DI SICUREZZA NAZIONALE, SIMILE A QUELLI ESISTENTI NELLE ALTRE DEMOCRAZIE OCCIDENTALI?
L’Istituto Italiano di Studi Strategici, sin dalla sua fondazione ha evidenziato con analisi, pubblicazioni ed eventi l’assenza di un organismo dell’ordinamento italiano, incaricato di occuparsi stabilmente dei profili della sicurezza in modo da assistere il governo in questo delicato settore. Un organismo collegiale – previsto stabilmente in base alla legge e non conseguenza di determinazioni interne all’esecutivo come quelle sperimentate nella prassi – con attribuzioni di pianificazione, preparazione, consulenza e di raccordo con le diverse ripartizioni amministrative, con i centri di pianificazione e decisione di organizzazioni internazionali di sicurezza, in particolare con la Nato.
Oggi, il Consiglio supremo di difesa, principale strumento attraverso il quale il Capo dello Stato acquisisce circostanziate conoscenze degli orientamenti del Governo in materia di sicurezza e difesa, per poter svolgere adeguatamente il complesso ruolo di equilibrio e garanzia attribuitogli dalla Costituzione, è la sede istituzionale permanente per la discussione e l’approfondimento multidisciplinare delle problematiche relative alla sicurezza ed alla difesa.
In quest’ultima riunione di fine anno, approfondendo l’evoluzione dei moderni scenari strategici, il Consiglio enuncia la necessità di “una più efficace architettura di sicurezza e di governance nazionale quale condizione per contrastare le nuove minacce ibride”.
La nuova architettura potrebbe essere costituita da un Consiglio di Sicurezza Nazionale (CSN), un organo di governo che si occupa di questioni di sicurezza nazionale del Paese. Nelle democrazie occidentali in cui è stato istituito, il CSN coordina e gestisce le politiche di sicurezza a livello nazionale, elabora strategie per affrontare minacce esterne e interne, assume decisioni su operazioni concernenti la sicurezza nazionale, l’intelligence, la difesa e stabilisce le priorità di spesa.
Il CSN è generalmente presieduto dal Capo dello Stato o dal Capo del governo e coinvolge alti funzionari governativi, leader militari, servizi di intelligence e altri esperti. La sua composizione può variare a seconda del Paese e delle sfide specifiche che affronta.
Tra le responsabilità tipiche del CSN ci sono l’analisi dei rischi e delle minacce alla sicurezza nazionale, l’elaborazione di strategie e politiche di sicurezza, la supervisione dell’intelligence e della difesa, la gestione delle emergenze, la pianificazione di operazioni militari e la cooperazione con altri paesi o organizzazioni internazionali per affrontare minacce transnazionali.
Il CSN può avere poteri decisionali o consultivi e può lavorare in stretta collaborazione con altri organi governativi, come i ministeri della difesa, degli esteri e dell’interno, dell’economia e con le varie articolazioni dello Stato. La sua esistenza e funzionamento sono regolati da leggi o regolamenti specifici.
L’ITALIA È UNO STATO ALLO STESSO TEMPO CONTINENTALE E MARITTIMO, CHE HA UN RUOLO GEOSTRATEGICO
di primo piano in un contesto internazionale sempre più instabile e l’interconnessione tra il mare che la circonda e gli altri domini tende a rimuovere anche i confini tra politica interna, estera, di sicurezza, di difesa, rendendo il processo decisionale sempre più complesso e dipendente dalle informazioni. Una complessità che sta facendo emergere l’esigenza di trovare soluzioni che richiedono un approccio integrato in un contesto interministeriale e soprattutto internazionale, una pianificazione a lungo termine e l’elaborazione di una strategia di sicurezza nazionale omnicomprensiva.
Le nostre istituzioni stanno quotidianamente constatando che la politica di sicurezza nazionale così com’è stata concepita fino ad oggi non è più adeguata, perché non può più garantire la protezione della nazione dalle nuove minacce ibride che determinano una tipologia di rischi e potenziali conflitti senza regole e limiti, che estendono le loro conseguenze alle reti ed alle popolazioni civili. Dunque l’esigenza di evolvere verso un nuovo “paradigma di sicurezza nazionale” in grado di fronteggiare rischi, minacce, attacchi e conseguenze di eventi catastrofici, naturali e/o antropici, ormai interdipendenti e globali.
Lo Stato necessita di organismo connesso con lo sviluppo tecnologico e soprattutto con il “Sistema Paese”, in grado di garantire tutti gli ambiti inerenti alla sicurezza nazionale, alla strategia militare generale ed al concetto di difesa militare, che vanno dal monitoraggio delle minacce alla pianificazione di azioni preventive, dissuasive e reattive, con l’obiettivo di proteggere gli interessi nazionali e la popolazione. Il Consiglio di Sicurezza Nazionale può contribuire a raggiungere tali obiettivi strategici.
FONTE: https://www.startmag.it/mondo/prove-tecniche-in-italia-per-un-consiglio-di-sicurezza-nazionale/
“L’emergenza climatica” è una bufala
Più di 1.600 scienziati e professionisti, tra cui due premi Nobel, hanno firmato una dichiarazione in cui si afferma che “l’emergenza climatica non esiste”. Purtroppo, è improbabile che tale documento attiri l’attenzione dei media mainstream, ma è importante che la gente lo sappia: l’isteria climatica di massa e la distruzione dell’economia americana in nome del cambiamento climatico devono finire.
“La scienza del clima dovrebbe essere meno politica, mentre le politiche climatiche dovrebbero essere più scientifiche”, si legge nella dichiarazione firmata da 1.609 scienziati e professionisti, tra cui i premi Nobel per la fisica John F. Clauser (statunitense), e Ivar Giaever (statunitense di origine norvegese).
La dichiarazione aggiunge:
“Gli scienziati dovrebbero affrontare apertamente le incertezze e le esagerazioni nelle loro previsioni sul riscaldamento globale, mentre i politici dovrebbero prendere atto in modo imparziale dei costi reali così come dei presunti benefici delle loro misure politiche…
“L’archivio geologico rivela che il clima della Terra è variato da quando il pianeta esiste, con fasi naturali fredde e calde. La piccola era glaciale si è conclusa nel 1850. Pertanto, non sorprende che ora stiamo vivendo un periodo di riscaldamento.
“Il riscaldamento è molto più lento del previsto…
“Il divario tra il mondo reale e il mondo modellato ci dice che siamo lontani dal comprendere il cambiamento climatico.
“Il clima si basa su modelli inadeguati. I modelli climatici presentano molte carenze e non sono nemmeno lontanamente plausibili come strumenti politici. Non solo esagerano l’effetto dei gas serra, ma ignorano anche il fatto che arricchire l’atmosfera con CO 2 è benefico…
“Il riscaldamento globale non ha aumentato i disastri naturali. Non ci sono prove statistiche che il riscaldamento globale stia intensificando uragani, inondazioni, siccità e simili disastri naturali, o li stia rendendo più frequenti. Tuttavia, vi sono ampie prove che le misure di mitigazione della CO2 sono tanto dannose quanto costose.
“La politica climatica deve rispettare le realtà scientifiche ed economiche. Non c’è emergenza climatica. Pertanto, non vi è motivo di panico e allarme. Ci opponiamo fermamente alla politica nociva e irrealistica di zero emissioni di CO2, proposta per il 2050. Puntare sull’adattamento invece della mitigazione; l’adattamento funziona qualunque ne siano le cause”.
Il professor Steven Koonin, ex sottosegretario alla Scienza presso il Dipartimento statunitense dell’Energia sotto l’amministrazione Obama, attualmente titolare di una cattedra alla New York University e membro della Hoover Institution, è autore del bestseller del 2021, Unsettled: What Climate Science Tells Us, What It Doesn’t, and Why It Matters. In questo libro, Koonin afferma che ciò che dicono i resoconti scientifici, in gran parte illeggibili (per i profani) e complicati, sul cambiamento climatico viene completamente distorto quando i loro contenuti vengono filtrati attraverso una lunga serie di resoconti sommari delle ricerche condotte dai media e dai politici.
“Ci sono numerose opportunità di sbagliare, sia incidentalmente che intenzionalmente, poiché le informazioni passano attraverso un filtro dietro l’altro per essere confezionate per vari tipo di pubblico. (…) Non è solo la gente ad essere male informata su ciò che la scienza dice sul clima,,,”.
E Koonin aggiunge:
“I comunicati stampa e i resoconti del governo e delle Nazioni Unite non riflettono accuratamente i rapporti stessi. (…) Illustri esperti di clima (inclusi gli stessi autori del report) sono imbarazzati da alcune rappresentazioni della scienza da parte dei media”.
In una recente intervista, Koonin ha rilevato che i suoi colleghi hanno reagito alla pubblicazione del suo libro affermando che non avrebbe dovuto dire alla gente né ai politici la verità sul cambiamento climatico.
“Mi è stato insegnato che si dice tutta la verità [come scienziato]. E si lascia che siano i politici a esprimere giudizi di valore e sulle scelte economicamente efficaci e così via dicendo”, ha detto Koonin. Ha sottolineato anche l’immoralità di chiedere al mondo in via di sviluppo di ridurre le emissioni quando tanti non hanno nemmeno accesso all’elettricità, e l’immoralità di spaventare le generazioni più giovani: l’84 per cento degli adolescenti americani riteneva nel gennaio 2022 che, se non si farà fronte al cambiamento climatico, “sarà troppo tardi per le future generazioni, rendendo invisibili alcune parti del pianeta”.
Naturalmente sarebbe utile analizzare cosa si può fare per arginare i problemi causati dall’uomo, come il “buco nello strato di ozono“, che ora si sta chiudendo, ma il cambiamento climatico non è un’emergenza apocalittica e necessita di essere affrontato. senza portare devastazione alle centinaia di milioni di persone già in estrema povertà.
L’amministrazione Biden, tuttavia, non sembra preoccuparsi della povertà dilagante e delle stragi per fame che saranno causate dalla mancata disponibilità di energia affidabile e a basso costo nei Paesi sottosviluppati o dall’inflazione provocata dai prezzi alle stelle che stanno schiacciando gli americani “a malapena in grado di permettersi un pasto al giorno”.
Si tratta di problemi causati dall’uomo, creati dall’importazione di petrolio costoso (sempre vicino ai 100 dollari al barile) – e spesso più sporco – da Paesi avversari degli Stati Uniti, come Russia e Venezuela, invece di estrarlo a un prezzo meno esoso in patria. Inoltre, l’amministrazione Biden non sembra preoccupata del fatto che, fino a quando Cina e India continueranno a bruciare carbone, il Partito Comunista Cinese autorizzerà due nuove centrali a carbone a settimana, vanificando facilmente qualsiasi beneficio che gli Stati Uniti potrebbero offrire e a quanto riportato le emissioni cinesi di carbonio supereranno “quelle di tutte le nazioni sviluppate messe insieme”.
L’amministrazione Biden non sembra nemmeno preoccupata del fatto che l’installazione di turbine eoliche offshore lungo la costa atlantica stia uccidendo la fauna selvatica, la vita marina e l’industria della pesca o che l’imposizione di veicoli elettrici distruggerà, di fatto, i posti di lavoro nell’intero settore della manutenzione automobilistica (i veicoli elettrici non necessitano di manutenzione ordinaria), o che le batterie al litio non solo esplodono, ma costano migliaia di dollari per essere sostituite. L’amministrazione vuole addirittura che le apparecchiature militari, come i carri armati, siano elettriche, come se ci fossero stazioni di ricarica in mezzo ai deserti stranieri in caso di conflitti. Inoltre, secondo NBC News, i vulcani non impressionati dai decreti esecutivi, “arrestano lo sviluppo degli esseri umani per le emissioni di CO2“.
L’amministrazione Biden non si preoccupa nemmeno di agire in base alle sue conclusioni sul cambiamento climatico: a marzo, la Casa Bianca ha pubblicato un rapporto sull’impatto del cambiamento climatico sull’economia statunitense, “Le sue conclusioni screditano qualsiasi affermazione di una crisi climatica in corso o di una catastrofe imminente”, ha scritto Koonin a luglio.
“Gli autori del report dovrebbero essere elogiati per aver inviato onestamente messaggi probabilmente sgraditi, anche se non ne hanno dato grande risonanza. Il resto dell’amministrazione Biden e i suoi alleati attivisti per il clima dovrebbero moderare la loro retorica apocalittica e annullare di conseguenza la crisi climatica. Esagerare l’entità, l’urgenza e la certezza della minaccia climatica incoraggia politiche sconsiderate che potrebbero essere più dirompenti e costose di qualsiasi effetto provocato dal cambiamento del clima stesso”.
Ma i fatti non impediranno all’amministrazione Biden di portare avanti le sue politiche radicali: “Non credo che nessuno possa più negare l’impatto della crisi climatica”, ha detto Biden ai giornalisti presenti alla Casa Bianca il 30 agosto commentando l’uragano Idalia. “Basta guardarsi intorno. Inondazioni storiche. Voglio dire, inondazioni storiche. Siccità più intense, caldo estremo e grandi incendi hanno causato danni significativi”.
Non importa che gran parte del cambiamento climatico sia apparentemente causato dalle eruzioni solari, contro le quali non possiamo fare nulla e che, a differenza delle industrie commerciali, non offrono sovvenzioni; o che i grandi incendi vengano, paradossalmente, esacerbati dagli “ambientalisti“, i quali si oppongono al taglio degli arbusti per timore che le creature siano disturbate se non da un incendio.
L’esperto di clima Bjørn Lomborg dichiara che i trilioni di dollari necessari per far fronte al cambiamento climatico potrebbero essere utilizzati meglio:
“Questa non è un’argomentazione per non fare nulla, ma solo per essere più intelligenti. Al fine di garantire la transizione dai combustibili fossili, dobbiamo intensificare la ricerca e lo sviluppo per innovare e abbassare il prezzo dell’energia rinnovabile. Dovremmo investire in tutte le opzioni, tra cui la fusione, la fissione, lo stoccaggio, i biocarburanti e altre fonti.
“Solo quando l’energia green sarà più economica dei combustibili fossili il mondo sarà in grado e disposto a compiere la transizione. Altrimenti, i prezzi attuali dell’energia sono soltanto un assaggio di quello che avverrà”.
Robert Williams è un ricercatore che vive negli Stati Uniti.
FONTE: https://it.gatestoneinstitute.org/20012/emergenza-climatica
ATTUALITÀ SOCIETÀ COSTUME
“Sono i banchieri che hanno inventato il (finto) femminismo”
Aaron Russo (14 febbraio 1943 – 24 agosto 2007) è stato un uomo d’affari americano, produttore, regista cinematografico e attivista politico. In questa intervista rilasciata ad Alex Jones nel 2006, rivela informazioni privilegiate fornitegli da un membro della famiglia Rockefeller.
L’America non è una democrazia, lo hanno fatto credere alla gente con un lavaggio del cervello, ma non è vero. Russo denuncia il sistema mafioso nella polizia, le estorsioni tributarie, un sistema bancario ricattatorio, la corruzione della Corte, la creazione di un governo mondiale diretto dal cartello bancario. Inoltre afferma che l’euro e l’Unione europea sono parte del piano che prevede anche un chip impiantato e che non ci siano più contanti.
Sono i banchieri che hanno inventato il (finto) femminismo affinché la donna lavorasse per pagare le tasse e fosse costretta a mandare i figli a scuola da piccolissimi per indottrinarli meglio. Questi sono gli scopi del movimento di liberazione della donna. L’élite ha progettato di fregarle per farle allontanare dagli uomini.
La FED è veleno per il Paese perché chi crea denaro fa le leggi. La classe dirigente è esente dal rispettare le leggi che fa per noi. Andiamo verso la guerra nucleare perché il sistema bancario vuole governare il mondo.”
FONTE: https://www.imolaoggi.it/2023/11/25/banchieri-hanno-inventato-finto-femminismo/
Scott Ritter – La narrazione distorta occidentale sull’operazione speciale della Russia e su Putin
19 Dicembre 2023
di Scott Ritter – Consortium News
Nel marzo scorso, ho avuto l’opportunità di partecipare a un forum online in cui un noto esperto russo forniva un briefing sulla “verità sul campo” come la vedeva da Mosca.
Dopo il briefing, è stata aperta la sessione per le domande. Avevo notato che il relatore, il moderatore e, in effetti, il pubblico facevano un uso ripetitivo del termine “invasione” per descrivere ciò che la Russia definiva come una “Operazione Militare Speciale”.
Ho sollevato la questione degli obiettivi limitati dello sforzo militare russo iniziale, ovvero l’obiettivo di costringere l’Ucraina a concordare un accordo negoziato, e ho chiesto se il termine “Operazione Militare Speciale” non fosse una descrizione più accurata della realtà.
L’esperto ha compreso la mia domanda e concordato sul fatto che il termine “Operazione Militare Speciale” portasse con sé una connotazione specifica che lo distingueva da una classica invasione militare. Tuttavia, nella chat di gruppo, dove i partecipanti potevano commentare gli sviluppi, un individuo ha offerto la seguente osservazione: “‘Operazione Militare Speciale?’ Cos’è quello? Non parlo Putin”.
Questo forum era pensato come un modo per informare meglio i partecipanti su una delle questioni più urgenti del giorno: il conflitto tra Russia e Ucraina, e per prepararli meglio a valutare le conseguenze di questo conflitto a livello globale.
Dato il fallimento dell’Occidente collettivo nel imporre la propria volontà alla Russia attraverso quello che è ampiamente considerato un conflitto proxy, si potrebbe pensare che una qualche forma di analisi retrospettiva sarebbe opportuna. Tuttavia, per impegnarsi in un’attività del genere in modo costruttivo, sarebbe necessario un lessico concordato per comunicare in modo efficace.
Dato che la Russia sta prevalendo nel conflitto, si potrebbe pensare anche che si dovrebbe dedicare un minimo di interesse a come la Russia definisce il conflitto. In breve, chiunque sia interessato a trarre insegnamenti dal fallimento dell’Occidente collettivo in Ucraina dovrebbe imparare “a parlare Putin”.
Pensiero logoro da guerra fredda
Il problema è che coloro nell’Occidente che dovrebbero preparare un lessico adeguato da cui il conflitto tra Russia e Ucraina potrebbe essere valutato in modo più accurato stanno invece operando con un lessico datato radicato nel linguaggio e nella mentalità di un periodo che non esiste più, nato da una mentalità da Guerra Fredda che impedisce qualsiasi analisi profonda e pertinente della vera situazione tra Russia e Occidente.
Sia gli Stati Uniti che la NATO hanno descritto il conflitto tra Russia e Ucraina come avente conseguenze esistenziali per l’Europa e il mondo, con il segretario generale della NATO, Jens Stoltenberg, arrivato al punto di dichiarare nell’ottobre 2022 che “la vittoria della Russia nella guerra contro l’Ucraina sarà una sconfitta della NATO”, aggiungendo in modo inquietante: “Questo non può essere permesso”.
Cattive notizie, signor Stoltenberg: la Russia ha vinto. Mentre l'”Operazione Militare Speciale” deve ancora concludersi, la Russia ha preso l’iniziativa strategica su tutti i fronti per quanto riguarda il conflitto con l’Ucraina, costringendo le forze armate ucraine a interrompere un contrattacco, su cui il governo dell’Ucraina e i suoi alleati della NATO avevano investito decine di miliardi di dollari in risorse militari e decine di migliaia di vite ucraine nella speranza di ottenere una vittoria decisiva sulla Russia sul campo di battaglia.
Oggi, l’Ucraina si trova con le sue forze armate decimate dai combattimenti e incapaci di mantenere una presenza militare coesa sul campo di battaglia. Gli Stati Uniti e la NATO si trovano altrettanto incapaci e/o non disposti a continuare a fornire all’Ucraina i fondi e gli armamenti necessari per mantenere una presenza militare efficace sul campo di battaglia.
La Russia sta passando da una postura di difesa flessibile e sta invece avviando operazioni offensive lungo l’intera linea di contatto progettate per sfruttare le opportunità presentate da un esercito ucraino sempre più mutilato e sconfitto.
Anche il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, ha sostenuto che una vittoria russa fosse inaccettabile.
“Non possiamo permettere a Putin di vincere”, ha dichiarato Biden all’inizio di questo mese per mettere pressione su un Congresso degli Stati Uniti che ha permesso che il conflitto ucraino venisse coinvolto nella politica interna nordamericana, con importanti esponenti repubblicani sia al Senato che alla Camera che rifiutano di sostenere una legge di finanziamento che raggruppa circa 60 miliardi di dollari di assistenza all’Ucraina insieme a fondi per Israele e riforma dell’immigrazione.
“Qualsiasi interruzione della nostra capacità di fornire aiuti all’Ucraina rafforza chiaramente la posizione di Putin”, ha concluso Biden.
L’articolazione del dilemma affrontato dalla sua amministrazione sottolinea quanto gli Stati Uniti e i loro alleati europei abbiano personalizzato il conflitto tra Russia e Ucraina. A loro occhi, questa è la guerra del presidente russo Vladimir Putin.
In effetti, la Russia stessa è stata ridotta a mera appendice del Presidente russo. In questo, Biden non è solo. Un’intera classe di ex “esperti” di Russia – tra cui personaggi del calibro dell’ex ambasciatore USA in Russia Michael McFaul, della storica vincitrice del premio Pulitzer Anne Applebaum e di una schiera di cosiddetti esperti di sicurezza nazionale, tra cui l’ex vice responsabile dell’intelligence nazionale per la Russia Andrea Kendall-Taylor e l’ex direttore per la Russia del Consiglio di sicurezza nazionale Fiona Hill – ha fatto del conflitto in corso tra Ucraina e Russia una questione di Putin.
In una recente intervista a Politico, Hill, coautrice di Mr. Putin: Operative in the Kremlin, pubblicato nel 2015, ha ripreso le dichiarazioni di Stoltenberg e Biden che hanno definito il conflitto tra Russia e Ucraina come una crisi esistenziale.
Kendall-Taylor, che nel 2022 è stato coautore di un articolo su Foreign Affairs intitolato “The Beginning of the End for Putin?”, vede il conflitto come un’estensione dei bisogni di Putin come individuo, più che dei bisogni della Russia come nazione.
“Putin”, ha detto Kendall-Taylor alla NPR nel gennaio 2022, prima dell’inizio dell’operazione militare speciale, “vuole davvero mantenere l’Ucraina nell’orbita della Russia. Dopo 20 anni di potere, sta pensando alla sua eredità e vuole essere il leader che ha riportato la Russia alla grandezza. Per farlo, deve ripristinare l’influenza russa in Ucraina.
E per lui, credo che sia una questione molto personale. Putin, nel corso dei suoi 20 anni – 22 anni al potere – ha tentato e fallito ripetutamente di riportare l’Ucraina all’ovile. E credo che senta che è arrivato il momento di occuparsi di questo affare incompiuto”.
Secondo Kendall-Taylor, un simile risultato è inaccettabile. “Non credo sia esagerato sottolineare quanto sia importante l’assistenza degli Stati Uniti”, ha recentemente dichiarato al New York Times. “Se l’assistenza non continua, la guerra assume una natura radicalmente diversa”.
A novembre la Applebaum ha scritto un articolo su The Atlantic intitolato “L’impero russo deve morire”, in cui sosteneva che “un futuro migliore richiede la sconfitta di Putin – e la fine delle aspirazioni imperiali”. Recentemente ha espresso la sua opinione sull’eredità di Putin all’indomani del conflitto in Ucraina.
“Non credo ci siano dubbi sul fatto che Putin sarà ricordato come l’uomo che ha davvero deciso di distruggere il proprio Paese”, ha dichiarato Applebaum a Radio Free Europe/Radio Liberty in un’intervista dello scorso agosto. Putin, ha dichiarato Applebaum, “è una persona che ha peggiorato il tenore di vita, la libertà e la cultura della Russia stessa. Non sembra che gli interessi il benessere o la prosperità dei russi comuni. Per lui sono solo carne da macello. Non gli interessano i successi russi nelle infrastrutture, nell’arte, nella letteratura e in tutto il resto. Ha impoverito i russi. E ha anche riportato in auge una forma di dittatura che credo la maggior parte dei russi pensasse di essersi lasciata alle spalle”.
Quello che il presidente russo sta facendo, ha affermato Applebaum, “è davvero distruggere la Russia moderna. E credo che per questo sarà ricordato nel complesso”.
“La Russia è il problema perché dà potere a Putin”
McFaul, l’ex ambasciatore degli Stati Uniti in Russia, ha scritto un libro di memorie, “Dalla Guerra Fredda alla Calda Pace: Un Ambasciatore Americano nella Russia di Putin”. In una recente intervista con Radio Free Europe/Radio Liberty, McFaul ha affermato: “Ho cambiato le mie opinioni a causa di questa guerra orribile e barbarica in Ucraina, perché Putin ha preso la decisione di invadere l’Ucraina”. McFaul sostiene ora che il problema è la Russia, perché la Russia ha dato potere a Putin.
McFaul supporta la sua valutazione con un po’ di storia revisionista.
Chiamando Putin “un leader completamente accidentale della Russia”, McFaul ha etichettato Putin come “una creatura del regime esistente” nominata da Boris Eltsin, il primo presidente della Russia, e priva di qualsiasi significativa base politica.
Putin, sostiene McFaul, “vuole creare questo mito che ‘c’era il caos degli anni ’90, e io sono venuto come l’eroe’. È un’assurdità totale e assoluta, afferma McFaul. “Non è la storia come è stata in tempo reale”.
Data la mancanza di pedigree politico di Putin, dice McFaul, “non sappiamo necessariamente se i russi lo sostengono. Come si fa a saperlo quando non ci sono vere elezioni libere ed eque, quando non ci sono veri media? Non si può sapere se è popolare o meno in queste condizioni”.
McFaul afferma che “ho cambiato opinione” sulla colpevolezza del popolo russo per Putin “come risultato di questa orribile e barbara guerra in Ucraina, perché Putin ha preso la decisione di invadere l’Ucraina. Non c’è stata alcuna votazione, non c’è stato alcun referendum. Non sappiamo cosa pensassero i russi di questa decisione. Ci sono sondaggi d’opinione precedenti che suggeriscono che i russi non volevano quella battaglia, anche da parte di organizzazioni indipendenti, persino occidentali.
Ma una volta entrato, c’è stato il sostegno – come di solito accade quando i Paesi entrano in guerra – e ora ci sono russi che violentano donne e bambini ucraini; ci sono russi che commettono atrocità di massa in Ucraina. Quindi Putin non può fare queste cose senza il sostegno dei russi. Quindi, questa scusa che i russi non sono colpevoli e non dovrebbero essere trattati male, e non dovrebbero essere sanzionati a causa dell’autocrazia, non mi trova d’accordo”. La guerra di Putin, conclude McFaul, è ora la guerra della Russia.
Le accuse infondate di McFaul sulle atrocità russe forniscono un quadro chiaro della base priva di fatti utilizzata dall’ex ambasciatore per plasmare la sua narrazione della Russia di Putin.
L’affermazione di McFaul sullo stupro è particolarmente grave, se si considera che, all’epoca della sua intervista – luglio 2023 – queste accuse erano state smentite dalla stessa Ucraina in seguito alle rivelazioni che Lyudmila Denisova, commissario per i diritti umani del Parlamento ucraino, aveva rilasciato dichiarazioni ufficiali utilizzando informazioni non verificate.
In una lettera al Parlamento, i giornalisti ucraini hanno affermato che i rapporti di Denisova erano dannosi per l’Ucraina, notando che le informazioni diffuse dall’ufficio di Denisova sono state considerate come reali dai media e sono state “poi utilizzate in articoli e discorsi di personaggi pubblici”.
Denisova è stata licenziata nel maggio del 2022, più di un anno prima che McFaul facesse eco alle sue screditate affermazioni, in una manifestazione vivente della cautela esposta dai giornalisti ucraini.
McFaul ha basato gran parte della visione alterata sulla co-responsabilità del popolo russo nel conflitto con l’Ucraina sulla sua comprensione degli eventi degli anni ’90 e su come questi eventi abbiano plasmato l’ascesa di Vladimir Putin alla prominente scena politica.
Curiosamente, McFaul afferma che l’idea degli anni ’90 come un periodo di “caos” per la Russia è un mito. Ciò che rende particolarmente curiosa questa affermazione è che McFaul stesso è stato personalmente coinvolto nella Russia degli anni ’90 e dovrebbe saperlo meglio.
McFaul è arrivato a Mosca nel 1990 come studioso ospite presso l’Università Statale di Mosca. Successivamente ha assunto un incarico come consulente presso l’Istituto Nazionale per la Democrazia (NDI), autodefinita come “un’organizzazione non profit, non partigiana, non governativa che ha sostenuto istituzioni e pratiche democratiche in ogni regione del mondo”, sfumando la linea tra accademico e attivista.
Il NDI è stato fondato nel 1983 per promuovere operazioni di “diplomazia pubblica” a sostegno degli interessi di sicurezza nazionale degli Stati Uniti. Come rappresentante del NDI a Mosca, McFaul ha sostenuto attivamente “Democratic Russia”, una coalizione di politici russi guidata da Eltsin, che McFaul ha successivamente definito il “catalizzatore della fine della Guerra Fredda”.
Nel suo libro del 2001, “La Rivoluzione Incompiuta della Russia: Cambiamento Politico da Gorbaciov a Putin”, McFaul sostenne apertamente il concetto di “democrazia” incarnato nella figura di Eltsin, anche se McFaul sapeva benissimo che Eltsin non era altro che il burattino scelto dagli Stati Uniti.
McFaul si è risentito per l’ascesa di Putin al potere, offrendo invece una realtà alternativa che avrebbe visto Eltsin, dimessosi dalla presidenza russa nella vigilia di Capodanno del 1999, nominare Boris Nemtsov (che McFaul descrive come l'”erede apparente”) al posto di Putin come suo successore.
McFaul non ha mai perdonato alla Russia il “peccato” della nomina di Putin: nel suo libro “La Rivoluzione Incompiuta della Russia”, dichiarò che l’ex ufficiale del KGB aveva “inflitto notevoli danni alle istituzioni democratiche” in Russia, un notevole esempio di pregiudizio personale, dato che Putin prese il potere nel 2000 e il libro di McFaul fu pubblicato nel 2001.
Inoltre, McFaul si è dedicato a una buona dose di revisionismo storico, considerato che non c’erano “istituzioni democratiche” in Russia sotto Eltsin: i carri armati russi che sparavano sul Parlamento russo nell’ottobre 1993 su ordine di Eltsin, uniti alla manipolazione aperta delle elezioni del 1996 con il sostegno degli Stati Uniti, erano una garanzia in tal senso.
McFaul ha avuto più che familiarità con questa storia: ha contribuito a plasmare le condizioni che l’hanno prodotta, rendendo sospetta la sua amnesia odierna.
(Traduzione de l’AntiDiplomatico)
FONTE: https://www.lantidiplomatico.it/dettnews-ramonet_intervista_maduro_i_brics_sono_il_futuro_dellumanit_traduzione_integrale_in_italiano/5694_52166/
BELPAESE DA SALVARE
Al Sud è allarme spopolamento: al 2080 oltre 8 milioni di residenti in meno
Al 2080 si stima una perdita di oltre 8 milioni di residenti nel Mezzogiorno, pari a poco meno dei due terzi del calo nazionale (–13 milioni). La popolazione del Sud, attualmente pari al 33,8% di quella italiana, si ridurrà ad appena il 25,8% nel 2080. Crescita 2023 dimezzata al Sud, crollano i redditi
di Andrea Carli
I punti chiave
- In 19 anni persi 1,1 milioni di residenti
- Nel post-Covid il Sud aggancia la ripresa ma senza industria
- La forte spinta dell’edilizia
- L’impatto dell’inflazione sui redditi delle famiglie e la contrazione dei salari reali
- Quasi quattro lavoratori su dieci hanno un’occupazione a termine
- Il disagio sociale
- I rischi dell’autonomia differenziata
- Fitto, torna il patto di stabilità, è un convitato di pietra
È una parte del paese in cui l’incognita del futuro è, se possibile, ancora più minacciosa. La diminuzione delle nascite e il progredire della speranza di vita hanno portato l’Italia tra i paesi europei più anziani. Le migrazioni interne e internazionali, mette in evidenza il rapporto Svimez sull’economia e la società del Mezzogiorno, presentato a Roma alla presenza del ministro per gli Affari europei Raffaele Fitto, hanno ampliato gli squilibri demografici Sud-Nord.
Se da un lato, le comunità immigrate si concentrano prevalentemente nel Settentrione “ringiovanendo” una popolazione sempre più anziana; dall’altro, il Mezzogiorno continua a perdere popolazione, soprattutto giovani qualificati. Sullo sfondo, un mercato del lavoro estremamente vulnerabile. Un dato su tutti: quasi quattro lavoratori su dieci hanno un impiego a termine. La precarietà è uno dei fattori che più influiscono sulla scelta di andarsene.
Il Pil del Mezzogiorno è stimato in aumento dello 0,4% nel 2023, con una crescita dimezzata rispetto al Centro-Nord (0,8%). Il dato nazionale è +0,7%. Si riapre così il divario di crescita tra i territori, dopo un biennio di allineamento, a causa del diverso andamento dei consumi. La contrazione del reddito disponibile delle famiglie meridionali (-2%), del resto, è doppia rispetto al Centro-Nord. La Svimez prevede che il Pil nel 2024 cresca dello 0,7% a livello nazionale ( +0,7 al Centro-Nord e +0,6 a Sud) e nel 2025 dell’1,2% (+1,3 al Centro Nord e +0.9% a Sud). La crescita è vincolata all’attuazione del Pnrr.
In 19 anni persi 1,1 milioni di residenti
Sul fronte dello spopolamento dei territori del Meridione, i numeri parlano chiaro. Dal 2002 al 2021 hanno lasciato il Mezzogiorno oltre 2,5 milioni di persone, in prevalenza verso il Centro-Nord (81%). Al netto dei rientri, il Mezzogiorno ha perso 1,1 milioni di residenti. Le migrazioni verso il Centro-Nord hanno interessato soprattutto i più giovani: tra il 2002 e il 2021 il Mezzogiorno ha subìto un deflusso netto di 808 mila under 35, di cui 263 mila laureati. Al 2080 si stima una perdita di oltre 8 milioni di residenti nel Mezzogiorno, pari a poco meno dei due terzi del calo nazionale (–13 milioni). La popolazione del Sud, attualmente pari al 33,8% di quella italiana, si ridurrà ad appena il 25,8% nel 2080.Il progressivo processo di invecchiamento del Paese non si arresterà nei prossimi decenni: tra il 2022 e il 2080, il Mezzogiorno dovrebbe perdere il 51% della popolazione più giovane (0–14 anni), pari a 1 milione e 276 mila unità, contro il –19,5% del Centro-Nord (–955 mila).La popolazione in età da lavoro si ridurrà nel Mezzogiorno di oltre la metà (–6,6 milioni), nel Centro-Nord di circa un quarto (–6,3 milioni di unità). Il Mezzogiorno diventerà quindi l’area più vecchia del Paese nel 2080, con un’età media di 51,9 anni rispetto ai 50,2 del Nord e ai 50,8 del Centro.
Nel post-Covid il Sud aggancia la ripresa ma senza industria
Per quanto riguarda invece lo stato di salute dell’economia del Sud, se è vero che la dinamica del Pil italiano nel biennio 2021-2022 si è mostrata uniforme su base territoriale, l’economia del Mezzogiorno è cresciuta del 10,7%, più che compensando la perdita del 2020 (–8,5%). Nel Centro-Nord, la crescita è stata leggermente superiore (+11%), ma ha fatto seguito a una maggiore flessione nel 2020 (–9,1%). La novità di una ripartenza allineata tra Sud e Nord sconta però l’eccezionalità del contesto post-Covid per il tenore straordinariamente espansivo delle politiche di bilancio e la diversa composizione settoriale della ripresa. Fatto 100 il dato di crescita cumulata del valore aggiunto extra-agricolo nel biennio, i servizi hanno contribuito per 71,1 punti nel Mezzogiorno e 63,6 nel Centro-Nord.
FONTE: https://www.ilsole24ore.com/art/al-sud-e-allarme-spopolamento-2080-oltre-8-milioni-meno-AFxlbJvB
CONFLITTI GEOPOLITICI
Israele pronta a finanziare altri insediamenti illegali dei coloni: l’ira di Borrell
Josep Borrell si dichiara “sconvolto dall’apprendere che nel mezzo di una guerra, il governo israeliano è pronto a stanziare nuovi fondi per costruire altri insediamenti illegali”.
Il governo di estrema destra israeliano continua con le sue provocazioni che allontanano la pace. E continua con le sue politiche illegali sicuro che la comunità internazionale lascerà fare.
Josep Borrell si dichiara “sconvolto dall’apprendere che nel mezzo di una guerra, il governo israeliano è pronto a stanziare nuovi fondi per costruire altri insediamenti illegali”. In un post su X, l’Alto rappresentante UE per gli affari esteri e la politica di sicurezza scrive che “questa non è legittima difesa e non renderà Israele più sicuro.
Gli insediamenti rappresentano una grave violazione del diritto internazionale umanitario e rappresentano la più grande responsabilità di Israele in termini di sicurezza”.
Borrell, reduce da una visita in Medio Oriente, ha pubblicato un articolo sul Financial Times dall’eloquente titolo: “Perché uno Stato palestinese è la migliore garanzia di sicurezza per Israele”.
L’Alto diplomatico europeo sostiene che “nel breve termine, dovremmo evitare di indebolire l`Autorità Palestinese”, poiché “i vuoti non possono persistere né nella natura né nella politica. Se né Hamas né Israele governassero Gaza, e nessuno dei due dovrebbe farlo, il vuoto di potere sarà rapidamente riempito da forze incontrollate che potrebbero trasformare Gaza in un territorio fallito e innescare un altro ciclo di violenza e terrorismo. Sappiamo dai tempi di Hobbes che una società senza un Leviatano, uno Stato, è condannata alla violenza e al caos”.
FONTE: https://www.globalist.it/world/2023/11/27/israele-pronta-a-finanziare-altri-insediamenti-illegali-dei-coloni-lira-di-borrell/
Disperate grida di Borrell: “UE deve fare guerra totale alla Russia, altrimenti Putin ci invade”
“Se noi (l’UE – ndr) non cambiamo rotta rapidamente, ciò permetterà a Putin di vincere la guerra in Ucraina” – ha detto Josep Borrell
L’Alto Rappresentante dell’Unione Europea per gli Affari Esteri e la Politica di Sicurezza ha affermato ieri che l’UE dovrebbe mobilitare le proprie risorse [quali?] per impedire alla Russia di vincere in Ucraina.
Lo ha detto in un’intervista al The Guardian. Secondo il politico l’UE dovrebbe prepararsi ad un conflitto ad alta intensità, poiché “Putin ha deciso di continuare la guerra fino alla completa sconfitta”.
Evidentemente avendo ricevuto l’ordine di vincere la “stanchezza” dei vassalli europei nel miliardi e mezzi militari (che sono finito), Borrell la spara ad ogni frasepiù grossa:
Borrel sostiene che il pres. Putin non si accontenterà di vincere in Ucraina ma vorrà estendere la Russia in Europa contro altri paesi.
La giusta risposta di un blogger:
A quale scopo Putin dovrebbe attaccare? Per acquisire il controllo di paesi in totale marcescenza sociale, economica, civile e morale? Perché dovrebbe sacrificare armi e soldati, al fine di distruggere ciò che sta già collassando da sé?
A questo proposito va segnalato che gli ebrei italioti pro-genocidio esprimono odio e paura Contro Giuseppe Conte, perché sta diventando egemone nella sinistra fucsia,cancellando Nulli Schlein ed essendosi stabilito su posizioni pacifista. Conte ha rotto la linea prescritta, per cui gli ebrei cercano velleitariamente di distruggerlo. Paolo Mieli ha ripreso integralmente il rabbioso siluro di Carlo DE Benedetti contro il capo dei 5 Stelle:
De Benedetti ha ammesso che il leader del M5S “è molto abile”, un “vero democristiano pugliese” che “ha fatto fuori tutti quelli che avevano contribuito al successo grillino” senza prendere mai “davvero posizione su quasi niente”. Un capolavoro politico. Ma non risolleverà la sinistra perché “è soltanto un uomo senza bandiere, un uomo senza ideali”. Si è “rifugiato nel pacifismo, che politicamente equivale a zero”. Inoltre non è mai stato in fabbrica, “non sa cosa sono i lavoratori”. Insomma: non solo non guiderà il centrosinistra ma “a me un po’ inquieta”. Tanto che se De Bendetti dovesse scegliere tra l’avvocato del popolo e Giorgia Meloni andrebbe su quest’ultima, anche se in lei vede “residui di destra fascista”. “Scelta comunque dolorosa, ma sceglierei Meloni. Di cui penso malissimo”. È peggio Conte perché “è un camaleonte capace di tutto”.
Sulla autodistruzione e volontaria dell’Europa, ecco le ultime notizie;
Bollettino EuroMOMO, Settimana 50, 2023 excess mortality rate +933 fascia 0-14 anni
Le stime aggregate EuroMOMO mostrano un elevato livello di mortalità nella fascia di età compresa tra 75 e 84 anni.
Le stime EuroMOMO aggregate di questa settimana sulla mortalità per tutte le cause per i paesi europei partecipanti mostrano un livello elevato di mortalità nella fascia di età compresa maggiore di 65 anni.
In questo periodo dell’anno precedente è stato osservato un aumento della mortalità.
Analisi aggregata di mortalità per tutte le cause.
Con quali uomini Borrell vorrebbe fare la guerra alla Russia?
FONTE: https://www.maurizioblondet.it/disperate-grida-di-borrell-ue-deve-fare-guerra-totale-alla-russia-altrimenti-putin-ci-invade/
IL RITORNO DELLA GUERRA ‘RISOLUTIVA’
La guerra di Corea è probabilmente l’ultima che gli Stati Uniti abbiano combattuto con l’intento strategico e la volontà di vincerla sul campo. Come sappiamo, è finita in un pareggio. Da quel momento in avanti, gli USA – che pure sono certamente il paese più guerrafondaio dell’era moderna – hanno fatto delle forze armate, e quindi della guerra, essenzialmente uno strumento di deterrenza, volto a contenere i nemici comunisti – URSS, Repubblica Popolare Cinese – nella loro espansione politico-ideologica oltre i confini (rispettivamente) dell’est europeo e della Cina continentale.
A partire dalla fine degli anni cinquanta del novecento, gli Stati Uniti non hanno mai preso seriamente in considerazione l’ipotesi di uno scontro diretto con una delle due potenze socialiste; hanno ovviamente ingaggiato un confronto per cercare di raggiungere la supremazia nucleare, ed altrettanto ovviamente hanno elaborato strategie e tattiche in funzione di un ipotetico scontro di tal genere, ma si è trattato di pure ipotesi di scuola. Sul piano concreto, questa possibilità non è mai stata veramente considerata possibile, né tantomeno desiderabile.
Fintanto che è esistita l’Unione Sovietica, questa ha anzi costituito uno dei pilastri su cui si è fondata l’egemonia americana sull’Europa occidentale. Fedele agli accordi spartitori di Yalta, Washington non è mai intervenuta direttamente contro Mosca, anche quando (Berlino ‘53, Budapest ‘56, Praga ‘68) ne avrebbe avuto un ottimo pretesto. E quando il confronto militare c’è stato, si è collocato in periferia, ed è sempre stato indiretto. Vietnam ed Afghanistan docet.
Se guardiamo alla storia dell’espansionismo militare statunitense, ed alla infinita serie di guerre e guerricciole che ha alimentato, dalla seconda metà del secolo scorso in avanti, ci rendiamo però conto di come le vittorie militari, quelle sul campo di battaglia e quelle strategiche, non solo non si sono quasi mai concretizzate, ma probabilmente non erano nemmeno messe in conto.
La grande strategia egemonica americana si è basata sulla deterrenza, piuttosto che sulla vittoria.
Tutti i paesi che, per una ragione o per un’altra, si sono trovati a dover confrontarsi militarmente con gli USA, hanno pagato un prezzo elevatissimo, che ha quasi sempre comportato la devastazione pressoché completa. E quanto più alta e duratura è stata la sfida all’egemone, tanto più è stato duro il prezzo da pagare.
Oltre ai già citati Vietnam ed Afghanistan, ricordiamo l’Iraq, la Siria, la Libia… Tutte guerre che, da un punto di vista strategico, possiamo considerare perdute. Ma che sono costate a quei paesi un prezzo tale che, a distanza di decenni, non ha consentito loro di riprendersi.
Questo è l’assioma su cui si è costruita la strategia imperialista americana: semplicemente, la deterrenza del potere distruttivo.
Nei confronti delle potenze avverse – Russia e Cina – la strategia prevedeva il contenimento (da qui l’enorme rete di basi militari lungo i confini di questi due paesi), nella convinzione che prima o poi sarebbe avvenuta la loro caduta per strangolamento, o che – nella peggiore delle ipotesi – sarebbero rimaste confinate nei propri spazi.
Ragione per cui le forze armate degli Stati Uniti non si sono mai veramente preparate a scontrarsi con le forze armate sovietiche o con quelle cinesi – men che meno con entrambe.
Il conflitto in Ucraina, da questo punto di vista, rappresenta un giro di boa. Gli Stati Uniti, e la loro armata imperiale allargata, la NATO, non si erano mai impegnati in questa misura in un confronto diretto con una delle potenze antagoniste. Non si erano mai impegnati in un conflitto che non fosse marcatamente asimmetrico. Non si erano mai impegnati in una guerra d’attrito prolungata.
E lo hanno fatto senza prima mettersi in condizione di condurre e sostenere un conflitto di tal genere.
Non erano pronti strategicamente (capacità di produzione bellica industriale, riserve di armi e munizioni), non erano pronti al combattimento (sistemi d’arma mai effettivamente testati sul campo, misconoscenza delle capacità del nemico), non erano pronti sotto il profilo dottrinario (strategie e tattiche, strutturazione delle forze armate, sostanzialmente identiche a quelle dei precedenti conflitti asimmetrici).
La battuta d’arresto era inevitabile.
Il conflitto russo-ucraino segna, per la prima volta dalla seconda guerra mondiale, il passaggio ad una fase in cui la deterrenza viene destrutturata, la devastazione si registra nel campo occidentale, e l’inadeguatezza della potenza imperiale si manifesta nella sua piena evidenza.
Questo passaggio, parzialmente oscurato dal difficile scontro politico interno nel paese egemone, richiede pertanto una radicale riconversione complessiva delle politiche imperiali, che deve necessariamente investire sia il piano logistico-strutturale che quello più squisitamente operativo militare. Un processo, questo, che non può chiaramente essere portato a termine in breve tempo, e che quindi apre ad una stagione di interludio, in cui la capacità dello strumento militare non è più in grado di esercitare la propria storica funzione deterrente, e non è ancora in grado di passare ad una in cui la deterrenza viene sostituita dalla capacità di sconfiggere il nemico sul campo.
Il mutamento del quadro geopolitico e strategico complessivo, di cui questa crisi militare statunitense è in parte il prodotto, ma che ne è al tempo stesso causa, finisce pertanto col determinare una estrema instabilità – di cui ciò che accade in Palestina è la manifestazione più evidente – che a sua volta va ad incidere sui tempi e sui modi con cui gli USA cercheranno di rispondere alla crisi.
Ciò che possiamo vedere già adesso, comunque, è la direzione di massima intrapresa. E che potremmo riassumere nel passaggio dalla guerra come deterrenza alla guerra come soluzione.
La prossima guerra Washington la deve vincere, deve sconfiggere il nemico e metterlo in ginocchio. E poiché non sarà un paese debole, ma una delle grandi potenze belliche del pianeta, e quindi tra l’altro dotato di armamenti nucleari tali da distruggere l’America, non sarà per niente facile.
Lo schema, con ogni probabilità, sarà lo stesso della seconda guerra mondiale. Il grosso delle truppe lo dovrà mettere l’Europa, e sarà questo il campo di battaglia.
FONTE: https://giubberosse.news/2023/12/29/il-ritorno-della-guerra-risolutiva/
CULTURA
LA FANTASMA DELL’OPERA…E L’IPOCRISIA DELLA EX-ITALIA
di Manlio Lo Presti (Scrittore esperto di banche e finanza)
Fonte immagine: https://www.cinemagia.ro/actori/anna-netrebko-57574/poze-hires/308326/
Il Teatro dell’Opera di Milano è un secolare ed indiscusso centro di cultura conosciuto in tutto il mondo. Il canto operistico è diventato patrimonio dell’umanità. Il Teatro dell’Opera è anche un centro generatore di polemiche, e di atteggiamenti provocatori dai quali nascono infinite conseguenze sul piano politico, sociale e, in modo sempre più censorio, sulla produzione culturale della ex-italia; gradualmente espropriata anche di questo suo importante patrimonio, come sta accadendo da anni con i beni culturali ed artistici devoluti progressivamente a potentissimi “fondi” di struttura inglese.
In questa situazione di totale dipendenza dalle decisioni del paese dei galeotti di oltre oceano, la scure censoria non si abbatte sui contenuti ma ha affinato i suoi bersagli. Il controllo alla fonte viene praticato sulle persone seguendo ben precisi schemi di “caccia all’uomo”. Tipico nemico, come bersaglio delle ideologie “progressiste” votate alla democratizzazione forzata del pianeta “per il bene dell’umanità”.
Ma questa volta, con buona pace delle femministe ad intermittenza, la caccia riguarda una donna che, avendo espresso le proprie simpatie per lo schieramento politico del vituperato Putin, può essere liberamente bersagliata, massacrata, trucidata, umiliata, offesa perché non merita le previste tutele anti-patriarcali progettate dalla santabarbara femminista, non-inclusiva, genderista, anticulturale, persecutoria, poliziesca: una donna che è putiniana, quindi non è più una donna da difendere.
Come ho percepito la nube tossica della censura? L’ho avvertita osservando, ammirato, le straordinarie acrobazie diversive di Milly Carlucci, Bruno Vespa e di Neri Marcoré impegnati durante le pause a concentrarsi per parlare del nulla, ad intervistare “esperti” su contenuti irrilevanti, prendendo tempo. Risi, sorrisi, ammiccamenti e trucchetti teatrali sfoderati abilmente dal vasto bagaglio del bravo Marcoré. Forse, il professionalissimo Neri avrebbe potuto declinare questo sgradevole arruolamento censorio, in osservanza dei buoni principi morali di un certo Bartleby. Avrebbe avuto la bella occasione di esercitare un atto di resistenza vera e non di resilienza (https://www.spiweb.it/cultura-e-societa/il-preferirei-di-no-di-bartleby1-m-balsamo/). Ma, peccato, non è andata così.
Comunque questa sciarada è stata allestita per non parlare del livello artistico dei cantanti che, solitamente è il primo tema scelto dai moderatori. Silenzio. Per non far capire che il bersaglio era uno e ben preciso, costoro non hanno parlato del canto: punto! L’obiettivo da tacitare, umiliare, offendere, minacciare, isolare era la soprano russa Anna Jur’evna Netrebko, la fantasma dell’opera… L’artista non si è fatta assolutamente intimidire per il solo fatto di aver espresso opinioni politiche, come del resto fanno ogni giorno tutti i protagonisti occidentali, ma nessuno li infila per punizione nella stanza delle scope. La soprano, quindi, è stata censurata per motivi politici. L’italietta servile non è nuova a vigliaccate simili. Mi riferisco al boicottaggio della conferenza del prof. Paolo Nori sul letterato Dostoewskij alla Bicocca di Torino a marzo 2022: https://www.iltempo.it/attualita/2022/03/02/news/universita-bicocca-fedor-dostoevskij-paolo-nori-corso-russia-annullato-lacrime-commozione-tensione-guerra-30669395/ Una decisione poi rientrata, credo per assoluta vergogna, una volta tanto.
Alla chiusura dello spettacolo, il trio ha commentato i livelli canori con diversa intensità per i vari cantanti e non ha potuto fare a meno di commentare – anche se di sfuggita – la bravura della soprano russa osannata dal pubblico: la vergogna ogni tanto segna limiti comportamentali troppo ignobili da sostenere oltre. Vorrei evidenziare che la rete televisiva di Stato si è servilmente allineata alla linea censoria anticulturale ed oscurantista, ma incassando il canone da tutti gli italiani e non solo da quelli che la pensano dem. E i livelli di controllo dell’azienda pubblica? Commissione parlamentare di Vigilanza, il Garante delle telecomunicazioni, il Ministero competente che cambia nome ogni anno, i servizi segreti, la stampa estera, l’attuale governo (che eccelle per la sua mediocrità culturale, anche sul sostegno e la difesa della lingua italiana tanto proclamate ma per nulla realizzate). Qualcosa, forse, uscirà fuori? Non facciamoci la bocca: non accadrà nulla.
La Psychological Operation (PSY OP) consumata ieri, 7 dicembre 2023, ha una caratteristica che difficilmente farà dimenticare la data. Erano assenti rispettivamente l’attuale Presidente della Repubblica e l’attuale Capo del governo. Evento mai accaduto dal dopoguerra ad oggi, assenti entrambe le cariche apicali. Mai successo.
Hanno fallito il loro compito intere squadre di esperti del cerimoniale del Quirinale e di Palazzo Chigi, oppure l’assenza era decisamente determinata? Quali impegni erano così importanti da oscurare quello che costituisce una delle massime espressioni culturali della ex-italia? I ridetti livelli repubblicani erano in piedi ed in piena salute, e solo un grave impedimento poteva giustificare tale assenza.
La prime pagine atlantiste di oggi, 8 dicembre 2023, pongono in evidenza il grido all’antifascismo ed inneggiano alla presenza di una signora che, forse, avrebbe preferito starsene in pace, e che invece viene trascinata dappertutto come una madonna laica. Come si dice oggi, un emblema “iconico”, e il gioco è fatto.
Rimango il solo a fare i complimenti alla bravura e alla solitaria determinazione dell’artista russa, che colpiranno fra qualche mese. Adesso sarebbe troppo sporca. Sono certo che la Dama è cosciente di questa ritorsione gesuitica prossima ventura e avrà già le valige pronte per andarsene senza nemmeno salutare.
Faccio notare che l’operazione è stata confezionata in stile Minculpop facendo tornare la ex-italia indietro di novanta anni. Prima, con il covid, ce-lo-chiedeva-la-scienza, adesso la censura “ce-la-chiede-l’alto comando-atlantico”. Cambiano i suonatori ma la musica è la stessa. Il nostro martoriato Paese non deve uscire dal tallone di ferro del Paese dei galeotti.
FONTE: https://www.lapekoranera.it/2023/12/08/anna-jurevna-netrebko-la-fantasma-dellopera-e-lipocrisia-della-ex-italia/
LAMPI DI TENEBRA NEL MONDO MODERNO
di Manlio Lo Presti (scrittore ed esperto di banche e finanza)
L’Autore è un esploratore che ha percorso con cognizione di causa numerose aree culturali. Il suo libro ha il dono di rendere comprensibile un cammino conoscitivo complesso. La sua lettura aiuta a percepire l’immenso panorama che si nasconde dietro quella che viene riconosciuta come “realtà”: un castello fuorviante costituito da mitologie, anche queste sovente travisate o raccontate a frammenti.
Senza facili misticismi, molte volte dettati e condizionati dalle effimere mode culturali, il suo libro, intitolato con l’ossimoro “Lampi di tenebra”, offre una lunga serie di segnali presenti nella civiltà contemporanea. Il libro è il risultato di una lunga ricerca articolata in piccoli saggi che trattano numerosi temi. Il sottotitolo del libro “Manifestazioni del Kali-Yuga nel mondo contemporaneo” è il punto di inizio del viaggio culturale e spirituale che si articola in ventidue paragrafi. Leggerlo con attenzione significa apprendere progressivamente la capacità di percepire le manifestazioni negative che ci circondano e, forse, riuscire a liberarsene almeno in parte.
Il testo inizia con una accurata descrizione del Kali-Yuga che, secondo la antichissima tradizione induista, costituisce la quarta parte del ciclo temporale dell’umanità. Durante il Kali Yuga, l’Autore scrive: “tutto diviene pesante e volgare, lontano dallo spirito; la Menzogna prevale sulla Verità, l’Ombra sulla Luce, la Materia sullo Spirito, il Caos sull’Ordine, Prevaricazione e l’Arbitrio sulla Giustizia, gli Interessi particolari di ognuno sull’idea di Servizio, la disarmonia sulla Bellezza”. Una suddivisione simile era presente nella civiltà greca che la definiva “Età del ferro”. Questa riflessione è il motivo di fondo che attraversa questa ricerca che è la risultante di un mirabile equilibrio fra la vastità del tema e la sua illustrazione sintetica ma non banale.
Ogni autore inizia con un tema che gli sta più a cuore. Orlandi apre la ricerca con il fenomeno del transumanesimo che rappresenta la massima fiducia nella strumentazione tecnotronica di cui si tenta di sviluppare ed ampliare sia l’ampiezza di operativa che le funzioni applicative. Lo scopo del gruppo di ricercatori presenti soprattutto in aree anglosassoni, cerca di realizzare il sogno di trasferire l’intera memoria di un cervello umano in dispositivi registranti che potrebbero assicurare l’eterna durata della coscienza umana. Un altro campo è la creazione di mondi paralleli chiamati “realtà aumentata” e “metaverso” con il supporto di procedure di routine definite nel loro complesso come “intelligenza artificiale”. L’Autore ne cerca le origini e le ragioni del suo sviluppo in Prometeo e in molti filosofi e pensatori nel corso del tempo, specialmente nel campo della filosofia degli Automi.
Il libro continua con l’esplorazione di territori dell’esoterismo, ermetismo e occultismo, della simbolica, di zoppi, di iniziati e di diavoli: personaggi che attraversano la Storia umana. Nel suo percorso narrativo l’Autore si domanda se il linguaggio arrivi prima del pensiero o viceversa. Ma con i linguaggi va oltre. Esplora le potenzialità della musica, del canto come ritmo, delle matematiche come modelli di interpretazione dell’orizzonte egli eventi, arrivando ad elaborare una profonda disamina sui viaggi nel Tempo. Per questo fa parlare una lunga galleria di pensatori che ne hanno lastricato un tortuoso percorso fino ad oggi. Altri temi ci portano ad un argomento che chiude il testo che è la Verità legata e condizionata dalla Memoria e dal suo opposto che è l’Oblio. Ne descrive le diverse sfaccettature filosofiche, matematiche, simboliche, dialettiche.
Con mirabile capacità di sintesi e chiarezza è redatta la nota sulla letteratura sacra indiana da consultare per avere strumenti di comprensione in argomenti di non facile fruibilità.
Il libro è uno scrigno pieno di lampi che definirei di “illuminazione” contro quella Tenebra che ci avvolge e che ancora pochi cercano di eliminare in quanto prigionieri di un ferreo materialismo acceso e perpetuato da una insana dilatazione del desiderio e del possesso.
Basta cominciare e non ci si ferma più.
Alessandro Orlandi, Lampi di tenebra. Manifestazioni del Kali-Yuga nel mondo moderno, Stamperia del Valentino, 2023, Pag. 263, €25,00
Un Paese che vinse la I Guerra mondiale ma fu trattato come se l’avesse platealmente persa al punto che qualcuno alla Conferenza di Parigi cominciò a vergognarsi e cedette “qualche concessione” nettamente inferiore a quelle spettanti.
Un Paese governato da una dinastia militare ricompensata dai francesi con la donazione dei territori della Savoia per i loro successi mercenari. Una dinastia che continuava innestata artificialmente, se pensate che i genitori dell’attuale Vittorio Emanuele hanno continuato a parlare francese e non la lingua italiana. Una dinastia che non ebbe mai l’intenzione di risolvere i problemi economici, culturali, linguistici del Paese ricevuto in carico dai francesi. Lo stesso accadde con i monarchi del regno unito Coburgo Gotha Hannover che dovettero cambiare nome con quello della palazzina Windsor per non farsi cacciare dal popolo inglese ferocemente antigermanico. Anche costoro parlavano tedesco.
Un Paese che ha un inno ridicolo che sembra una marcetta “de paese”, ignorando volutamente la titanica quantità di musica e di compositori italiani superiori in tutto il pianeta! Meglio sarebbe stato il coro del Nabucco. Ma qualcuno già da quell’epoca, non voleva un’Italia orgogliosa e ben vestita. Ci siamo capiti
Un Paese con 150 anni gettati nella cloaca a causa di una gang di politici selezionati solamente se corruttibili e quindi totalmente manovrabili dagli anglo francesi prima e dagli americani dopo.
Un Paese, la nostra Patria “si bella e perduta” che, con queste tragiche premesse, sarà destinato ad essere la sacca razziale di 50.000.000 di africani, come aveva previsto in più occasioni la Emma Bonino portavoce di Soros in Italia, che però aveva parlato della cifra di 18 milioni, forse per non creare allarme.
Un Paese distrutto, eterno sconfitto dalle clausole segrete dell’articolo 16 del Trattato di Parigi, per ordine scientifico ed ossessivo degli Alti Comandi che ci tengono in piedi solo per pagare gli interessi del debito, usando il metodo degli strozzini che non uccidono la gallina dalle uova d’oro.
Un Paese con una classe politica fra le più ciniche e spietate del mondo che non ci ha ancora uccisi tutti perché non è in grado di farlo e perché spera segretamente che “altri” lo facciano in sua vece.
Il dissolvimento imminente del paese di ex galeotti di oltre oceano potrà lasciare spazi di libertà e di realizzazione umana e sociale all’Italia.
Fino a quel momento, siamo brutalmente sotto un “tallone di ferro”, con la connivenza di una gang politica interamente corrotta e ricattata.
FONTE: https://www.lapekoranera.it/2023/12/11/lampi-di-tenebra-nel-mondo-moderno/
CYBERWAR SPIONAGGIO INFORMAZIONE DISINFORMAZIONE
Tornato sano e vispo per andare all’Impostura Climatica
Come avevamo previsto. Miracolo dopo la simulazione di malattia. Sempre agli ordini della Loggia Globale:
Il Papa: il clima minaccia la terra, vado alla Cop28 per chiedere di tutelarla
Nel dopo Angelus, Francesco parla del prossimo viaggio a Dubai per il vertice sul cambiamento climatico
Non ci sono solo i missili e le stragi orribili contro persone, inermi, i carri armati che avanzano e sparano negli spazi enormi dell’Ucraina o negli anfratti di un quartiere a Gaza. C’è “un altro grande pericolo”, il clima, che minaccia il mondo, che richiede massima attenzione e soprattutto impegno. Quello che il Papa si appresta a chiedere ai capi del pianeta il prossimo fine settimana, quando volerà a Dubai per intervenire alla COP28, il vertice Onu dedicato a questo tema. Il cambiamento climatico “mette a rischio la vita sulla Terra, specialmente le future generazioni”, ribadisce Francesco nel post Angelus [..]
Ricordiamo come lo scienziato climatico e credente Franco Prodi ha definito l’Impostura papale:
«Laudate Deum un suicidio, la Chiesa rischia un nuovo caso Galileo»
di Andrea Zambrano
«L’esortazione Laudate Deum è appiattita sulle truffe dell’IPCC». Parola di Franco Prodi, il fisico dell’atmosfera che alla Bussola dice: «Un’impostura attribuire per il 97% all’uomo le cause del riscaldamento, tanti scienziati si adeguano per non perdere i finanziamenti, mentre il Cnr mi ha sbattuto fuori. Il catastrofismo climatico è funzionale alla finanza globale per imporre la green economy».
Creato 16_11_2023
Franco Prodi è fisico dell’atmosfera, ha un curriculum da accademico di tutto rispetto. Carriera da autorità scientifica, fratello dell’ex premier Romano Prodi, ha diretto l’Istituto di Scienza dell’Atmosfera del Cnr (ISAC) e pubblicato diversi studi nel campo della meteorologia e della climatologia.
Eppure, nel mondo alla rovescia di oggi è un nuovo eretico. Paga la sua posizione di scienziato che non condivide le tesi sul catastrofismo climatico e il nuovo verbo del climatismo che vuole l’uomo come responsabile del riscaldamento climatico. E in questa intervista alla Bussola denuncia la cappa di oscurantismo del mondo accademico, mediatico ed ecclesiale che sta spingendo l’acceleratore sull’ideologia green alla vigilia della Cop 28 che sarà «l’ennesimo fallimento, vedrete».
Professore, assieme ad altri scienziati ha firmato l’appello di Clintel. Con alcuni colleghi italiani si è rivolto anche al presidente Mattarella. Che risposte avete avuto?
Non siamo stati degnati neanche di un riscontro. Il nostro tentativo era quello di ribadire che nel campo scientifico non c’è assolutamente l’unanimità di vedute che si vuole raccontare. Ma ormai la frase “lo dice la scienza” è diventato il verbo per imporre i report dell’IPCC che condizionano tutto.
Qual è il punto di crisi?
Il sesto report dell’IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change) dice che il riscaldamento climatico è causato per il 97% dall’uomo, le cosiddette cause antropiche e che quindi bisogna arrivare alle emissioni zero. Una follia, indimostrabile tra l’altro, soprattutto se teniamo conto che l’Europa è responsabile del 9% delle emissioni di co2 e l’Italia appena dell’1%. Mentre la Cina costruisce una centrale a carbone al giorno.
Chi la critica le contesta di occuparsi di nubi…
E chi dovrebbe parlare di fisica dell’atmosfera se non chi come me studia le nubi dal 1966?
Perché le nubi c’entrano col cambiamento climatico?
Eccome! Sono al centro del sistema climatico. ll cuore del sistema climatico è il bilanciamento tra i fotoni solari in arrivo e i fotoni terrestri che se ne vanno. Le nubi riflettono i fotoni solari. Chi mi critica non ha assolutamente competenza e mi fa oggetto di azioni diffamatorie come è successo per la vicenda Wikipedia.
Che cosa è successo?
È stata alterata dopo un articolo del Domani scritto ad arte e ordinato da De Benedetti. Mi hanno affibbiato il termine “negazionista climatico” e da lì sono incominciati i miei guai.
Lei non si sente negazionista?
Altroché! Sono un “apostolo” della protezione del pianeta, il termine negazionista richiama tragici momenti della nostra storia. Di sicuro non ho mai portato avanti il negazionismo climatico.
Solo che…
Come potrei? In un pianeta con otto miliardi di persone anche la fisica delle nubi cambia, ma l’attività dell’uomo non può spiegare tutto.
Perché?
Perché le nubi sono un sistema molto complesso. Anzitutto hanno forma tridimensionale mentre nei modelli dell’IPCC questo non viene mai tenuto in conto; ci sono radiazioni a infrarossi e gas poliatomici e poi ci sono nubi che non vengono neanche rilevate, ma che incidono. Di conseguenza i modelli numerici che vengono imposti danno risultati inattendibili.
Quindi non nega il cambiamento climatico, ma non lo attribuisce all’uomo?
Nemmeno, una matrice antropica c’è.
Quale?
Anzitutto è bene dire che più che di cambiamento climatico la scienza parla di variazioni della composizione atmosferica.
D’accordo. Cosa causa le variazioni della composizione atmosferica?
Le cause sono di due tipi: naturali e antropiche. Le seconde sono appunto l’attività dell’uomo.
Cosa troviamo nelle cause naturali?
Le interazioni atmosfera-oceano, le interazioni atmosfera-biosfera, le eruzioni vulcaniche e il ciclo idrologico.
E nelle antropiche?
L’immissione di gas serra in atmosfera con i combustibili fossili, gli incendi e gli allevamenti, l’immissione di aerosols in atmosfera e lo sfruttamento del terreno, come ad esempio la riduzione delle foreste.
Il punto è capire le percentuali di responsabilità. L’IPCC sostiene che l’attività dell’uomo contribuisca per il 97%…
Balle, balle. È un dato indimostrabile, un’impostura. La quantificazione dell’attività antropica è impossibile da misurare per la scarsa conoscenza di importanti aspetti fisici.
Quali?
Ci sono tanti fattori che incidono. Oltre alle attività delle nubi, che sono essenziali, c’è il calore proveniente dalla terra che è un grosso punto interrogativo, anche l’attività dei vulcani, che emettono CO2 non è quantificabile, c’è il degassamento della crosta terrestre che è difficile da quantificare.
Quindi, se non è il 97%, quale sarebbe secondo lei la percentuale da attribuire all’uomo?
Per lo stesso motivo per cui le dico che il 97% è indimostrabile, non c’è modo di dare una percentuale attendibile. È semplicemente un dato irraggiungibile scientificamente. Ciò che è misurabile è altro.
Che cosa?
L’inquinamento. Gli accordi mondiali andrebbero fatti su questo perché sull’inquinamento abbiamo parametri scientifici dimostrabili e quantificabili. Invece perdiamo tempo su cose indimostrabili.
Lei è emiliano, recentemente ha preso posizione sull’alluvione.
Invocare il cambiamento climatico è stata una follia. La verità è che stato un problema di gestione.
In che senso?
Mancata gestione dell’emergenza con le conoscenze attuali di radar multi-parametrici. Con un monitoraggio adeguato a livello radar avremmo intercettato lo spostamento delle nubi e la quantità di acqua con ore di anticipo e avremmo salvato delle vite umane. L’ho detto in piazza a Faenza agli alluvionati, nessuno mi ha contestato.
I giornali l’hanno contestata…
I giornali cosiddetti mainstream, la dittatura dei giornali che io chiamo “giornalistura”. La mia titolarità scientifica è stata umiliata, i miei progetti come quello in Puglia chiamato RIVONA (rischi per il volo e nowcasting aeroportuale) schiacciati dalla politica mentre il Cnr mi ha letteralmente sbattuto fuori.
Ma lei è andato in pensione…
A tutti i direttori viene data la possibilità di rimanere associato per poter continuare a fare attività scientifica. A me è stata negata, la nuova direttrice dell’ISAC Cristina Facchini mi ha fatto fare gli scatoloni per liberare il mio ufficio seduta stante.
E il mondo accademico?
C’è un brutto clima. L’interazione tra politica e scienza è pericolosa. Ci sono ricercatori terrorizzati e omertosi che sposano le tesi dell’IPCC perché temono di perdere i loro finanziamenti o la loro posizione all’interno delle università. Con me si è applicato il metodo Mao: Colpirne uno per educarne cento.
Qual è la posta in gioco?
La finanza globale che supera l’economia reale ha bisogno di dare un profitto a una massa enorme di danaro e lo fa imponendo la Green economy. Non darà nessun effetto sulle emissioni, ma metterà in ginocchio intere economie reali.
Che cosa pensa dell’esortazione del Papa Laudate Deum?
È un suicidio per la Chiesa, lo dico da fedele e con grande dolore. Si sta rischiando di creare un nuovo caso Galileo.
Galileo?
È scritta sposando interamente le tesi dell’IPCC, ma quando emergerà che queste tesi sono state una delle più grandi truffe fatte all’umanità la Chiesa non ci farà una bella figura.
Chissà se chiederà scusa?
Nel leggerla sono saltato sulla sedia. Almeno con la Laudato Sì al capitolo 1 paragrafo 23, Francesco si prendeva qualche cautela alimentando il dubbio e dicendo che la scienza era divisa su certe posizioni, ma l’esortazione è interamente appiattita sul catastrofismo climatico. Io non so chi abbia consigliato il Papa, ma è stata sicuramente una pessima influenza.
Un esempio dell’Impostura :
La truffa verde: in che modo i veicoli elettrici danneggiano l’ambiente
Di Shuchita Jha , giornalista ambientale indipendente con sede a Bhopal, India.
Nel 2032, l’India avrà bisogno di un miliardo di tonnellate di carbone, in parte per ricaricare i veicoli elettrici nelle aree urbane attraverso l’energia generata dalle centrali termiche
Cinque città indiane, inclusa la capitale Nuova Delhi, si classificano costantemente tra le dieci città con l’aria più inquinata al mondo . Le emissioni dei veicoli contribuiscono in modo significativo; La sola Delhi conta circa quattro milioni di automobili: non c’è da stupirsi che il governo indiano stia promuovendo i veicoli elettrici (EV) su larga scala. Mentre l’obiettivo dell’India è una quota di mercato dei veicoli elettrici del 30% entro il 2030, attualmente la quota è solo dell’1,1%. Inoltre, esistono dubbi sul fatto che i veicoli elettrici possano rappresentare un’opzione ecologica nel caso in cui l’inquinamento venga trasferito dalle città alle campagne.
Secondo il portale “Vahan4” del Ministero delle strade, dei trasporti e delle autostrade, nel luglio 2023 circolavano sulle strade indiane circa 27,4 milioni di veicoli elettrici. Per raggiungere l’obiettivo dell’azzeramento delle emissioni nette entro il 2070 e ridurre le emissioni di gas serra (GHG), l’India sta espandendo il proprio mercato dei veicoli elettrici. La speranza a Nuova Delhi, ad esempio, è che l’aumento del numero di veicoli con targa verde possa annunciare un giorno in cui l’aria tornerà ad essere respirabile.
Tuttavia, i veicoli elettrici indiani dipendono solo dalle 8.738 stazioni di ricarica pubbliche (PCS) operative a partire da giugno 2023, secondo i dati del Bureau of Energy Efficiency (BEE), Ministero dell’Energia. Il numero di PCS deve aumentare fino a un minimo di 1,32 milioni, afferma la Confederazione dell’industria indiana (CII) su ” Infrastrutture di ricarica per veicoli elettrici “, per sostenere l’obiettivo della quota di mercato del 30%.
Ma i veicoli elettrici saranno davvero a emissioni zero?
Affinché un veicolo elettrico possa ottenere il massimo beneficio ambientale, l’elettricità utilizzata per la ricarica deve essere generata da fonti verdi o rinnovabili.
Tuttavia, gran parte dell’elettricità indiana dipende ancora dalle centrali termoelettriche a carbone, e il governo è in piena attività per mettere all’asta più miniere e rendere nuovamente operative le miniere non operative. La capacità termica totale installata in India è di 238,1 Gigawatt, oltre il 48,67% dell’energia termica (circa 116 GW) è ottenuta dal carbone e la domanda di elettricità aumenta del 4,7% annuo. Secondo il Piano elettrico nazionale (2022-2032), la domanda di picco di elettricità prevista per il 2026-27 sarà di 277,2 GW e per il 2031-32 sarà di 366,4 GW.
Nonostante gli sforzi per generare elettricità da fonti rinnovabili, secondo il NEP 2022-23, gran parte dell’elettricità dell’India proverrà ancora da impianti termici alimentati a carbone entro l’inizio degli anni ’30. La quota di capacità basata sul carbone sulla capacità installata totale per l’anno 2026-27 sarà probabilmente pari al 38,57% e al 28,83% per l’anno 2031-32, che saranno rispettivamente di circa 107 GW e 106 GW, entro il 2026-27 e 2031-32 – poca differenza rispetto allo scenario attuale.
“Tutte le proiezioni, comprese quelle dell’IEA (Agenzia internazionale per l’energia), prevedono che la produzione basata sul carbone probabilmente raggiungerà il picco intorno all’inizio degli anni ’30, dopodiché la produzione diminuirà e la produzione da fonti non fossili aumenterà”, Swati D ‘ Lo ha detto a RT Souza, un esperto energetico indipendente ed ex analista energetico dell’Istituto per l’economia energetica e l’analisi finanziaria .
Il rapporto ‘ Transition India’s Road Transport Sector: Realizing Climate and Air Quality Benefits‘ dell’IEA, in collaborazione con NITI Aayog, afferma che il settore dei trasporti contribuisce al 12% delle emissioni totali di gas serra in India. Ma mentre l’India cerca di soddisfare le esigenze di mobilità della sua popolazione in crescita, urbanizzata e in rapido sviluppo, la domanda di energia e le emissioni di CO₂ del settore potrebbero raddoppiare entro il 2050.
Un miliardo di tonnellate in un decennio
Le proiezioni NEP indicano una domanda sostanziale di carbone, con una stima di 831,5 milioni di tonnellate nel 2026-27 e 1.018,2 milioni di tonnellate nel 2031-32. Le centrali elettriche che dipendono dal carbone importeranno probabilmente circa 40 milioni di tonnellate per soddisfare la crescente domanda.
Ma VK Shrivastava, ex consulente per le raffinerie di petrolio, i prodotti petrolchimici e l’energia presso BEE, ha detto a RT che il governo centrale sta lanciando diversi programmi e incentivi per incoraggiare l’uso di energia verde per le stazioni di ricarica, il che farebbe molto per rendere Veicoli elettrici a emissioni zero, anche indirettamente.
Ha sottolineato l’accesso aperto all’energia rinnovabile, un modo per ottenere energia verde da fonti rinnovabili attraverso la rete elettrica; i consumatori scelgono la fonte che preferiscono e pagano solo per ciò che consumano senza possedere o gestire un impianto di generazione.
“Il percorso ad accesso aperto 2022 è un incentivo degno di nota per le società di distribuzione di energia (DISCOMS) in quanto fornisce uno sconto del 20% sui prezzi dell’elettricità quando forniscono energia verde ai punti di ricarica negli spazi pubblici durante il giorno. Inoltre, il limite delle transazioni ad accesso aperto ha stata ridotta da 1 MW a 100 kW per consentire ai piccoli consumatori di acquistare energia rinnovabile attraverso il libero accesso,” spiega.
I veicoli elettrici riusciranno a compensare le emissioni di gas serra dall’India urbana a quella rurale?
Le preoccupazioni relative all’aumento dell’inquinamento rurale portano a chiedersi se l’adozione dei veicoli elettrici compenserà l’inquinamento urbano nelle aree rurali con l’aumento della domanda di elettricità basata sul carbone.
Il dottor Jayanarayanan Kuttippurath, professore presso l’Indian Institute of Technology – Kharagpur (IIT-K), ha dichiarato a RT che la combustione dei rifiuti agricoli, il trasporto stradale, le centrali termoelettriche, le raffinerie e l’industria siderurgica contribuiscono per circa il 45% all’azoto totale. emissioni di biossido di carbonio (NO₂) nell’India rurale. Al contrario, le centrali termoelettriche rappresentano una fonte significativa di emissioni di CO₂.
“L’inquinamento da NO₂ è aumentato nelle aree rurali negli ultimi 20 anni“, afferma Kuttippurath, autore di ” Tendenze della qualità dell’aria nell’India rurale: analisi dell’inquinamento da NO2 utilizzando misurazioni satellitari” . “È anche importante notare che, mentre l’adozione dei veicoli elettrici potrebbe portare a una riduzione delle emissioni di CO₂ nelle aree metropolitane, questa riduzione potrebbe essere controbilanciata da un aumento delle attività minerarie o delle emissioni delle centrali termoelettriche.”
Un rapporto “ Decarbonizzazione dei trasporti: cosa significa per l’India ?” rilasciato dal Centro per la Scienza e l’Ambiente (CSE) nel marzo 2023, afferma che secondo il Fuel Institute, un think tank europeo, il 73% delle emissioni dei veicoli con motore a combustione interna (ICE) vengono rilasciate a causa del funzionamento dei veicoli mentre per Veicoli elettrici, il 72% delle emissioni provengono dal carburante bruciato per produrre elettricità che carica la batteria del veicolo elettrico.
Nel dicembre 2022, il database di riferimento della CO2 per il settore energetico indiano, pubblicato dalla Central Electricity Authority, ha mostrato che circa 0,968 tonnellate di emissioni di CO₂ vengono rilasciate per la generazione di un megawattora (MWh) di elettricità da parte di centrali termoelettriche in funzione sui combustibili fossili in India, che si trovano principalmente nelle aree rurali del paese.
Ottimismo sulle rinnovabili
Ma D’Souza spera che con l’aumento delle energie rinnovabili, l’India potrebbe non vedere un’impennata nella produzione di energia basata sul carbone oltre quanto già pianificato.
“Non sono sicuro del potenziale aumento perché molte miniere di carbone stanno effettivamente chiudendo in questo decennio, quindi potremmo non vedere un’impennata nella produzione di energia basata sul carbone e l’inquinamento nelle aree rurali può essere mitigato. Ma molto Occorre fare qualcosa per mitigare l’inquinamento esistente “, afferma.
Randheer Singh, ex direttore di NITI Aayog e attualmente amministratore delegato di ForeSee Advisors, fa eco alle opinioni di D’Souza. Ha detto a RT che il Ministero dell’Energia ha adottato diverse misure per la modernizzazione della rete, mentre la capacità di generazione di energia rinnovabile è aumentata molte volte negli ultimi cinque anni.
“Con l’introduzione della missione dell’idrogeno e dell’obbligo dell’energia verde, molti fattori di emissione vengono contrastati. Tuttavia, è necessario fare di più, inclusa l’introduzione di standard di emissione rigorosi e l’elettrificazione rurale attraverso le energie rinnovabili”, ha detto Singh a RT .
Un altro problema è la riduzione del carico nella maggior parte delle città e dei villaggi elettrificati. Secondo il NEP di settembre 2022, il picco del deficit energetico in India nel periodo 2021-2022 è stato solo dell’1,2%, ma un aumento della domanda di elettricità per le stazioni di ricarica e il conseguente deficit di fornitura potrebbero diventare problemi più grandi.
“Se guardiamo le proiezioni, entro il 2030 possiamo vedere che la quota di veicoli elettrici che probabilmente aumenterà sarà costituita principalmente da due e tre ruote che possono essere ricaricate a casa. Il PCS entra in gioco quando pensiamo ai veicoli elettrici a quattro ruote. Pertanto, qualunque previsto aumento della domanda di elettricità in quel periodo è stato preso in considerazione e non porterà a un deficit energetico”, aggiunge D’Souza.
Impatto ambientale dell’estrazione del litio in India
Nel 2021, il Ministero delle industrie pesanti ha lanciato il programma Production Linked Incentive (PLI) , con un budget stanziato di 259.380 milioni di rupie (3,1 miliardi di dollari) per l’industria automobilistica e dei componenti automobilistici, per incoraggiare e migliorare la produzione nazionale di prodotti con tecnologia automobilistica avanzata compresi i veicoli elettrici e i loro componenti.
Tuttavia, il 70% del fabbisogno indiano di celle agli ioni di litio per veicoli elettrici viene importato dalla Cina e da Hong Kong, un ostacolo nella fornitura di veicoli elettrici economici e prodotti a livello nazionale.
Nel febbraio 2023 sono stati scoperti depositi di litio in Jammu e Kashmir. Le stime iniziali del Geological Survey of India (GSI) suggeriscono una riserva di 5,9 miliardi di tonnellate di litio , posizionando l’India come potenziale produttore di litio. Potrebbe ridurre la sua dipendenza da altri paesi per le batterie dei veicoli elettrici.
Il governo centrale prevede di mettere all’asta i blocchi minerari appena scoperti entro dicembre. Tuttavia, il processo di estrazione sarà complesso e dispendioso in termini di risorse poiché i blocchi J&K hanno la forma di rocce dure, a differenza della salamoia trovata in Sud America, che avrà bisogno di più acqua ed elettricità. Inoltre, l’attività mineraria nel fragile ecosistema della regione avrà un forte impatto ambientale sulla biodiversità e sulle risorse naturali.
D’Souza afferma che in India, sebbene esistano leggi contro l’inquinamento ambientale dovuto alle attività minerarie, queste devono affrontare sfide nell’attuazione, e vi è una crescente preoccupazione per il potenziale indebolimento di queste leggi, come osservato nel caso dell’Environment Protection Act questo anno.
“Lo sviluppo e la produzione delle miniere di litio richiederanno almeno dieci anni, in modo che il governo abbia il tempo di rafforzare le leggi sulla protezione ambientale associate alle attività minerarie per affrontare le sfide ambientali poste dall’estrazione del litio in J&K“, afferma .
Shrivastav ritiene che, sebbene l’estrazione del litio avrà un impatto sull’ecosistema, sarà molto inferiore a quello delle miniere di carbone. Il riciclaggio delle batterie, ormai una tendenza globale, potrebbe fornire una tregua.
“La durata di vita di una batteria per veicoli elettrici, circa 8-9 anni, si estende fino a 20 anni attraverso il riutilizzo. Dopo aver raggiunto una capacità di carica inferiore al 40%, queste batterie, ritenute non adatte ai veicoli elettrici, rimangono idonee ad alimentare torri di comunicazione e circuiti di strumentazione, ” lui dice.
Il Papa: «Via casa e stipendio al cardinale Burke»
«Il cardinale Burke è un mio nemico, perciò gli tolgo l’appartamento e lo stipendio». È quanto avrebbe detto papa Francesco nella riunione con i Capi Dicastero della Curia Romana lo scorso 20 novembre e che una fonte vaticana ha rivelato alla Bussola. L’indiscrezione ci è stata poi confermata da altre fonti.
Egli, traboccante di bontà e carità e fraternità – e sinodalità…
Con il governo della “sovranista” Meloni continua la svendita di asset decisivi per l’economia e la sicurezza del nostro Paese. Ora è il turno della “Tim”, finita nelle mani di un gruppo con a capo l’ex capo della Cia Petraeus.
Il circo si chiude. Francesco Toscano ed Enrica Perucchietti ne parlano a “Dietro il Sipario” in compagnia di Fabio Dragoni, Guido Salerno Aletta e Giuseppe Modafferi
Video qui: https://www.youtube.com/watch?v=if7Hz6ELt-A
DIRITTI UMANI IMMIGRAZIONI
Il cardinale Müller afferma che l’immigrazione di massa viene utilizzata per distruggere le identità nazionali
Nota dell’editore: i giornalisti di LifeSiteNews Maike Hickson e Andreas Wailzer hanno condotto l’intervista con il cardinale Gerhard Müller in tedesco e hanno tradotto le sue parole in inglese.
(LifeSiteNews ) — Il cardinale Gerhard Müller ha affermato che i globalisti “autoproclamati” stanno utilizzando l’immigrazione di massa per distruggere l’identità nazionale dei paesi.
In un’intervista esclusiva con LifeSiteNews, Müller ha parlato delle ideologie dietro il globalismo e delle loro terribili conseguenze.
“L’immigrazione di massa non ha lo scopo di aiutare le persone ma di distruggere l’identità nazionale”, ha detto Müller. “Dicono che l’identità nazionale è il nazionalismo, che ha causato tutte le guerre, quindi dicono di essere contro il nazionalismo, ma in realtà sono contro la nazione”.
“Se il nazionalismo è la ragione delle guerre, dobbiamo chiederci chi finanzia le guerre e quali interessi ci sono dietro”.
“Vogliono che tutti siano completamente isolati e non legati da lingua, cultura, legami familiari o da una terra natale in cui ci si senta a casa”, ha continuato Müller.
“Vogliono distruggere tutto questo. Vogliono che tutti siano atomizzati, senza radici e identità culturali e religiose”, ha concluso.
Müller ritiene inoltre che le élite stiano commettendo un “genocidio” promuovendo l’aborto e l’eutanasia.
Il cardinale tedesco ha affermato che molti globalisti credono che ci siano “troppe” persone sulla Terra che stanno causando “danni climatici”.
Per combattere questa presunta “sovrappopolazione”, queste potenti élite stanno usando l’aborto e l’eutanasia come parte di un “programma di sterminio”, ha detto Müller a LifeSiteNews.
“E allo stesso tempo, chiunque critichi questo viene chiamato nazista da coloro che promuovono essi stessi l’ideologia nazista omicida del ‘potere fa bene’… Il genocidio che viene ora compiuto è protetto attraverso la propaganda equiparando i suoi critici al popolo che hanno commesso il genocidio in passato”, ha aggiunto il cardinale.
“La perversione della loro logica è quella di ritrarre le vittime come carnefici. Cos’è il programma di spopolamento se non un piano per ridurre le persone attraverso la violenza?”
Müller ha spiegato che l’accusa “nazista” è spesso usata come “strumento di potere” per reprimere il dissenso.
“A loro [i globalisti] non importa che i tassi di suicidio tra i giovani stiano crescendo in tutto il mondo. È giusto per loro.”
Questa scarsa considerazione per la vita umana deriva dalla posizione filosofica del materialismo che i globalisti sottoscrivono, ha detto Müller a LifeSiteNews. Secondo i materialisti “gli esseri umani non sono altro che materia, una massa di persone che può essere manipolata”, ha spiegato.
“Bisogna guardare al filosofo franco-romeno Emil Cioran, nel suo libro Le Mauvais demiurge , che propaga l’odio più spietato verso il creato e verso la bontà di Dio, vomitando il veleno di serpente del nichilismo di tutti i giacobini, comunisti, ‘élite’ fasciste e risvegliate degli ultimi due secoli”, ha detto Müller.
“Neanche loro [i globalisti] ne sentono nulla. Per loro le persone sono solo un numero… 10.000 in meno fanno bene alle statistiche!”
L’ex prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede (CDF) ha affermato che il sistema globalista è una miscela di capitalismo e comunismo. I globalisti occidentali sono capitalisti con una “mentalità socialista”, secondo Müller.
“In questo sistema, il totalitarismo si fonde con il materialismo”, ha affermato.
“E chi ha più soldi è al potere, controlla e paga i media”.
Müller ha affermato che è ben documentato da fonti attendibili che uno dei principali giornali tedeschi, Der Spiegel, è in parte finanziato dalla Fondazione Bill & Melinda Gates.
Müller ha anche detto a LifeSiteNews che il cambiamento climatico e il movimento “verde” vengono usati come “religione sostitutiva”, a cui molti aderiscono “invece di diffondere l’originale [cristianesimo]”.
“Il rispetto per la creatura deriva dalla fede nel buon creatore e non necessita di una visione del mondo catastrofica.”
Invece di preoccuparsi veramente dell’ambiente, i globalisti che volano migliaia di volte con i loro jet privati utilizzano l’agenda climatica per “guadagnare un sacco di soldi”, secondo l’ex capo della CDF.
Inoltre, ha sottolineato che i bambini vengono sessualizzati in tenera età per renderli dipendenti e arrendevoli.
“La sessualizzazione in generale e la sessualizzazione della prima infanzia in particolare vengono utilizzate per mantenere le persone tranquille”, ha detto Müller. “Usano la sessualità come una droga”.
Müller ha indicato diversi attributi come caratteristiche chiave del globalismo di oggi: “Materialismo, totalitarismo, disprezzo per l’umanità, sradicamento e distruzione dell’identità delle persone”.
Per l’agenda globalista, la Chiesa cattolica rappresenta un ostacolo e quindi deve essere allineata al globalismo, ha osservato Müller.
La Chiesa “non viene semplicemente investita, viene messa sottosopra”, ha detto. Affinché i globalisti abbiano successo, la Chiesa “deve correre nella stessa direzione [del globalismo]”, ha affermato Müller.
“Ma la Chiesa di Cristo è il sacramento della salvezza per il mondo e l’avanguardia contro l’autodistruzione dell’umanità da parte dei negativisti e dei nichilisti”, ha concluso.
FONTE: https://www.lifesitenews.com/news/exclusive-cardinal-muller-says-mass-migration-is-being-used-to-destroy-national-identities/
ECONOMIA
Il “regalo” di Natale per gli agricoltori emiliani: paghiamo se non producete
Dimenticate il chilometro zero. La tendenza della sinistra occidentale è ridurre le produzioni agricole nei Paesi sviluppati. Dai 500 ai 1500 euro a chi…
di Antonio Amorosi
Multinazionali e grandi gruppi si sfregano la mani. L’Agenda 2030 entra in Italia, dopo l’Olanda…
Dai 500 ai 1500 euro l’anno, per 20 anni, per ogni ettaro non coltivato, è questa l’offerta della Regione Emilia Romagna a chi non coltiva il proprio terreno.
A dicembre la Regione guidata da Stefano Bonaccini del Pd ha pubblicato un bando affinché di fatto gli agricoltori smettano di coltivare e produrre cibo sul territorio, e dà 500 euro a chi lo fa in collina e montagna, 1500 euro in pianura.
Eppure dagli stessi dati pubblicati dell’ente in altri report risulta che “negli ultimi 40 anni, la riduzione del numero di aziende agricole è andata accentuandosi. Nel 2020 le aziende sono 53.753, poco meno di un terzo delle oltre 170.000 del 1982. Parallelamente si è persa anche superficie agricola, sia totale che utilizzata (SAT e SAU): sempre rispetto al 1982, la prima è diminuita del 25%, la seconda del 19%. Ma, diversamente dalla contrazione numerica delle aziende, la perdita di superficie agricola è andata progressivamente attenuandosi”. Il processo accentuatosi, spiega l’ente, è invece la graduale riduzione delle imprese individuali a vantaggio delle società di persone e di capitali. Anche se nel 2020 quella delle aziende individuali o familiari rimane comunque la forma giuridica prevalente, l’83% del totale.
La pianura padana emiliano romagnola è il principale parco agricolo italiano, insieme alla Puglie. Forse il cibo dovrà produrlo solo il terzo mondo e le multinazionali? Quei soggetti che in fatto di tracciamento dei cibi presentano non poche incognite? Difficile rispondere. I motivi profondi della deliberazione, si può fare domanda entro il 15 marzo (e intanto la Regione impegna 211.600 euro ai quali seguiranno, immaginiamo, altre erogazioni per il raggiungimento dell’obiettivo), li spiega la Regione stessa. Il primo: “Contribuire alla mitigazione dei cambiamenti climatici e all’adattamento a essi, anche riducendo le emissioni di gas a effetto serra e rafforzando il sequestro del carbonio, come pure promuovendo l’energia sostenibile”. Il secondo: “Favorire lo sviluppo sostenibile e un’efficiente gestione delle risorse naturali come l’acqua, il suolo e l’aria, anche riducendo la dipendenza chimica”. Ed ecco il terzo obiettivo: “Contribuire ad arrestare e invertire la perdita di biodiversità, migliorare i servizi ecosistemici e preservare gli habitat e i paesaggi”.
Un trend, questo dell’Emilia Romagna, che segue quello olandese (ricordate le proteste di masse dei contadini dei Paesi Bassi?) e di altri Paesi occidentali.
I contenuti sembrano tanto la parte di sviluppo sostenibile elencata dall’Agenda 2030 dell’ONU che da un lato chiede il massimo di produzione per debellare la fame nel mondo e dall’altro sostiene “l’ insostenibilità dell’attuale modello di sviluppo”, come recitano i documenti dell’ente.
In attesa di una rigenerazione dei terreni emiliano romagnoli e della biosfera locale gli abitanti dovranno sempre di più dimenticare il chilometro zero, il buon senso e un equilibro delle comunità. Forse perché la terra la lavorano i poveri del terzo mondo, pagati a niente con tanti pesticidi, quelli che il parlamento europeo non vuole togliere dall’agricoltura del continente?
A quando il divieto di coltivare l’orto per non produrre CO2 e contrastare i “cambiamenti climatici”?
(per chi volesse approfondire – SRA26 – Ritiro seminativi dalla produzione; atto di approvazione: Delibera di Giunta regionale n. 2133 del 4 dicembre 2023)
FONTE: https://www.affaritaliani.it/economia/equita-group-accelera-nel-real-estate-acquisito-il-30-di-sensible-capital-893875.html
Con le sue sanzioni-alla-Russia, la UE ci fa sparire i fertilizzanti
Ovviamente lo fa apposta: la direttiva è eliminare la popolazione
Chiudono le fabbriche di fertilizzanti, Europa in panne dall’Emilia al Belgio (3 settembre 2022)
“L’industria dei fertilizzanti soffre infatti di una doppia dipendenza dal gas che alimenta il processo produttivo ma che è anche materia prima per la produzione dei fertilizzanti agricoli. Per questo gli incrementi medi del 300% dei prezzi del gas in pochi mesi stanno spingendo molte industrie europee del settore a ridurre, se non a bloccare, la produzione. […] L’azoto di sintesi rappresenta il 65-70% dei fertilizzanti utilizzati in agricoltura e proviene dall’ammoniaca, NH3 dalla quale utilizzando il gas si elimina il carbonio e si aggiunge azoto. Senza gas, o con il gas a questi prezzi, e senza tubazioni e rigassificatori per importarlo da Paesi diversi dalla Russia non ci sono molte alternative.”
La guerra in Ucraina fa volatilizzare i fertilizzanti: -70% (5 settembre 2022)
“La crisi ha la sua origine principalmente nelle sanzioni europee imposte a Russia e Bielorussia, che insieme rappresentano il 40% del potassio scambiato nel mondo, mentre la sola Russia è responsabile del 25% del commercio mondiale di azoto. […] L’associazione dei datori di lavoro Fertilizers Europe ha avvertito che la capacità di produzione europea è stata ridotta di oltre il 70% a causa dei prezzi record del gas naturale, che rappresentano il 90% dei costi variabili di tale produzione e impediscono ai produttori di competere sul mercato.
Questo impatto è dovuto al fatto che il gas naturale è la principale materia prima per la produzione di ammoniaca, considerata la base dell’industria dei fertilizzanti azotati.”
Tuttavia, come era avvenuto già per le tasse sulle emissioni di CO2 a causa dei programmi europei di “transizione ecologica”, anche nel caso dei fertilizzanti i prezzi avevano cominciato ad aumentare in maniera anomala già a fine 2021:
Urea da 350 a 850 euro/tn, fertilizzanti da +50% a + 130%. Dove va l’agricoltura? Intervista all’esperto Lorenzo Benanti (27 agosto 2022)
“Come evidenziano i dati reperibili dalle principali fonti di informazione il prezzo dei fertilizzanti ha subito importanti aumenti già nel 2021 (nell’autunno del 2021 i prezzi dei fertilizzanti avevano subito rincari superiori al 50% rispetto all’inizio dell’anno). Sostanzialmente dopo un periodo di stabilità che aveva visto innalzarsi i prezzi solo nel 2008. Le riviste economiche di inizio anno (2022) riferivano di prezzi andati alle stelle (l’urea è passata da 350 euro a 850 euro a tonnellata con un +143%). Il conflitto russo/ucraino non ha fatto che aumentare l’impennata dei prezzi per questi prodotti”
In Europa sono stati chiusi almeno 50 impianti di produzione di fertilizzanti. Lo afferma un rapporto del Mitsubishi UFJ Financial Group (un importante gruppo finanziario tra i primi dieci al mondo). La produzione di fertilizzanti nell’UE è diventata completamente non redditizia a causa dei prezzi del gas. Il 75% del costo del fertilizzante azotato è il costo del gas. Il rifiuto del gas a buon mercato dalla Russia e della potassa a buon mercato dalla Bielorussia sta costringendo l’UE a chiudere i suoi impianti di produzione, che in passato rifornivano tutta l’agricoltura europea. La produzione di fertilizzanti in Europa è quasi completamente interrotta, il che alla fine costringerà l’Europa ad acquistare fertilizzanti o cereali già nel 2024.
Il Potere lo dice apertamente
John Kerry, nominato da Biden alla transizione climatica: il settore agricolo deve essere distrutto per raggiungere Net Zero. “L’agricoltura contribuisce per circa il 33% a tutte le emissioni del mondo. E non possiamo arrivare a Net Zero – non riusciamo a portare a termine questo lavoro – a meno che l’agricoltura non sia in primo piano e al centro come parte della soluzione”. “Non è possibile continuare a riscaldare il pianeta e allo stesso tempo pretendere di nutrirlo. Non funziona. Quindi dobbiamo ridurre le emissioni del sistema alimentare.”
In Germania qualcuno osa dirlo:
Guerra economica contro la Germania
24 dicembre 2023 9:44
L’analista geopolitico e finanziario Folker Hellmeyer spiega in un’intervista con quali metodi gli Stati Uniti danneggiano l’economia tedesca e perché di fatto non c’è resistenza.
Il governo degli Stati Uniti sta conducendo una guerra economica segreta contro l’Europa continentale? (Foto: dpa)
Maggiori informazioni sull’argomento :
Economia mondiale > Transizione energetica > Germania > Politica > Economia tedesca > Crisi energetica > Geopolitica >
Notizie economiche tedesche: gli Stati Uniti stanno conducendo una guerra economica contro la Germania?
Folker Hellmeyer: Secondo me, gli Stati Uniti stanno conducendo una guerra economica segreta non solo contro la Germania, ma anche contro l’Europa continentale. Poiché la Germania è (ancora) la spina dorsale economica dell’Europa (in termini di dimensioni dell’economia, cluster economici, rifugio di “campioni nascosti”, politica di stabilità), la Germania è il fulcro degli Stati Uniti.
Gli Stati Uniti hanno una pretesa pubblicamente definita di potere globale che richiede la subordinazione di altri paesi, il che viola quindi l’articolo 2 della Carta delle Nazioni Unite (diritto internazionale) e ha di fatto caratteristiche totalitarie (applicazione asimmetrica del diritto internazionale). Il potere è definito dalla forza economica, dalla forza finanziaria e dal controllo delle risorse e dei paesi.
Guardiamo indietro. L’unificazione europea, iniziata con la Montanunion (1952) e successivamente con la Comunità economica europea (1957 – 1993, UE dal 1993), aveva come obiettivo l’unione politica sotto la guida del team de Gaulle/Adenauer. Durante il suo mandato, de Gaulle era consapevolmente contrario all’adesione al Regno Unito a causa della vicinanza politica del Regno Unito agli Stati Uniti (“Relazione speciale Regno Unito/USA” del 1944).
Dopo la morte di de Gaulle, il Regno Unito si unì a Pompidou. Ciò ha fornito una svolta. L’obiettivo si è poi spostato dall’unione politica all’unione economica. Ciò era nell’interesse degli Stati Uniti secondo il motto “divide et impera”. Se l’Europa continentale fosse politicamente unita, avrebbe dati strutturali significativamente migliori (debito nazionale, partite correnti, struttura economica) e quindi un potenziale di potere. Ciò ha rappresentato una sfida per gli Stati Uniti.
Le preoccupazioni degli Stati Uniti sono state chiaramente sostenute dalla Gran Bretagna dopo l’introduzione dell’euro (unione monetaria come base di una futura unione politica). Nell’ambito della crisi del deficit dell’euro, sia Washington che Londra (politica, media, mercati) si sono impegnate nel crollo dell’euro. Solo il “tutto il necessario” di Draghi ha posto fine a questa aggressione, che non avrebbe potuto avere luogo in questa forma senza il sostegno politico.
La continua espansione dell’UE non ci sta portando alcun bene. Ma è sicuramente correlato agli interessi geopolitici degli Stati Uniti. Dei 12 paesi, solo uno nell’ambito dell’allargamento ad est ha soddisfatto pienamente le condizioni per l’adesione. Chiunque livelli latentemente i propri standard alla fine non ha standard. I problemi che affrontiamo oggi nell’UE hanno proprio a che fare con questo. I paesi che possono essere facilmente manipolati o “acquistati” dagli Stati Uniti entrano in gioco e, in definitiva, lavorano contro l’omogeneizzazione del nostro spazio politico. A mio avviso, dal punto di vista degli Stati Uniti, questi sono “punti di rottura” che possono essere sfruttati, se necessario, per politiche di potenza (ad esempio l’ingresso della Grecia nell’Eurozona, il ruolo di Goldman Sachs).
La conclusione è che le relazioni degli Stati Uniti con l’Europa continentale sono dominate dagli interessi statunitensi. L’attuale programma dell’IRA , che non rispetta la legge (OMC), è diretto contro la Germania e contro l’Europa e fa parte della guerra economica. La risposta della Germania, ma purtroppo anche dell’Europa, a tutto questo a partire dalla cancelleria della Merkel è stata l’ingenuità conscia o inconscia o addirittura l’acquiescenza a scapito della sede, a scapito delle aziende e dei cittadini.
Notizie economiche tedesche: come stanno facendo gli Stati Uniti?
Folker Hellmeyer: Negli USA ci sono think tank che si occupano intensamente di questioni strategiche. Questi risultati vengono incorporati nella pianificazione a breve, medio e lungo termine degli Stati Uniti per mantenere i propri interessi e il proprio potere.
Gli Stati Uniti hanno costruito reti a lungo termine che utilizzano quando necessario. Come materiale da leggere, consiglio il libro dell’ex uomo della CIA Jonathan Perkins “Confessioni di un sicario economico ”. Mostra come gli Stati Uniti hanno organizzato le élite compiacenti in Sud America. Si tratta del fattore delle persone corrotte che agiscono contro gli interessi del proprio Paese e a favore degli Stati Uniti. Esistono solo in Sud America?
Un secondo modo era ed è quello di progettare o manipolare l’organigramma internazionale in modo tale che gli interessi statunitensi possano essere applicati senza conseguenze. Il caso attuale riguardava e riguarda l’Organizzazione mondiale del commercio, l’OMC, con sede a Ginevra. Già sotto la presidenza Obama i posti vacanti di giudici nei tribunali arbitrali non erano più stati coperti a causa del rifiuto degli Stati Uniti (espressione di una pianificazione a lungo termine).
Di conseguenza, la giurisprudenza dell’OMC si è fermata. La giurisprudenza serve anche a proteggere i paesi piccoli dai paesi grandi, in modo che non sia la “legge del più forte” ad essere applicata, ma la legge. È la struttura base dell’economia globalizzata, quasi indispensabile per il modello di business tedesco, ma che dal 2019 non è più operativa. Nell’ambito delle loro guerre economiche e finanziarie, ciò ha dato agli Stati Uniti l’opportunità di applicare le proprie politiche di sanzioni senza alcuna restrizione legale e senza conseguenze. Il programma IRA rivolto all’Europa e alla Germania rientra in questa politica statunitense.
La via della guerra economica contro la Germania passa anche attraverso l’Ucraina. L’UE/Germania sono state separate dal colosso delle materie prime, la Russia. Viviamo in un’era energica. Niente funziona senza energia. La nostra dipendenza energetica viene sfruttata dagli Stati Uniti. Il Giappone continua a importare dalla Russia nonostante le sanzioni. Giappone e Usa, energeticamente autosufficienti, crescono intorno al 2%, la Germania è l’unico Paese occidentale a registrare una contrazione.
Notizie economiche tedesche: quali sono le conseguenze concrete di questa guerra – finora?
Folker Hellmeyer: Le conseguenze si vedono negli attuali dati economici. Di conseguenza, la Germania non ha solo un problema economico, ma anche un problema strutturale, poiché gli investimenti non vengono effettuati a causa della mancanza di competitività mentre le aziende abbandonano la sede. La divisione del mondo imposta dagli Stati Uniti mette a dura prova le nostre attività di importazione ed esportazione. È il più grande problema economico strutturale della Germania dal 1949.
Notizie economiche tedesche: il governo tedesco o le istituzioni tedesche partecipano alla guerra economica contro il proprio paese?
Folker Hellmeyer: Lo spionaggio, ad esempio, è una forma di guerra economica. Sappiamo dalle rivelazioni di Edward Snowden del 2013 che gli Stati Uniti hanno condotto e probabilmente continueranno a condurre spionaggio economico in Germania. Ci sono anche diverse prove che il nostro governo lo sapeva ufficiosamente, ma ufficialmente lo ha negato : chiunque guardi i risultati della commissione investigativa può rendersi conto che non c’era una forte volontà di chiarire la questione . Sulla base delle informazioni a mia disposizione, non posso rispondere alla domanda né con “sì” né con “no”. Sarebbe tradimento. Sarebbe uno scandalo di proporzioni insondabili.
Notizie economiche tedesche: In questo contesto, come valuta la riluttanza del governo a chiarire gli autori dell’esplosione degli oleodotti Nordstream ?
Folker Hellmeyer: L’incidente ricorda il fatto che il comitato investigativo di Snowden prendeva tempo e lo nascondeva. Si tratta del più grande attacco alle infrastrutture europee dalla Seconda Guerra Mondiale. In segno di rispetto per il sovrano e per i valori che presumibilmente difendiamo, il governo deve fare tutto ciò che è in suo potere per risolvere il caso e ritenere responsabili gli autori di questo atto terroristico di stato. Questo è esattamente ciò che non accade, il che solleva questioni di lealtà. Inoltre, la Svezia non vuole condividere con noi i risultati in caso di dubbio e potrebbe quindi nascondere i terroristi di Stato. Quale potere al mondo può imporre un simile comportamento? hai una domanda?
Notizie economiche tedesche: quali conseguenze avranno per l’UE il declino economico e la deindustrializzazione della Germania?
Folker Hellmeyer: Se cade la Germania, cade anche l’UE. Il modello di business europeo si basa sulle importazioni, che vengono poi solitamente elaborate utilizzando metodi ad alto consumo energetico. Se questo modello di business fallisce, se i cluster economici vengono distrutti, non avremo solo problemi economici. Allora ci sarebbe una destabilizzazione socio-politica e politica che sarebbe enorme. Senza l’economia tutto è niente. La generazione che visse la crisi economica globale del 1929-1932 lo sapeva molto bene. L’episodio era del 1933!
Notizie economiche tedesche: cosa si dovrebbe fare ora per evitare il peggio?
Folker Hellmeyer: Abbiamo bisogno di un cambiamento politico su questo tema che garantisca una politica estera orientata agli interessi in forma incorruttibile per la Germania e l’Europa continentale. Dai tempi di Gerhard Schröder non è più così.
Notizie economiche tedesche: stai progettando un nuovo formato di talk show. Perché, cos’è e quando e dove i nostri lettori potranno vederlo?
È un formato Mission Money (Focus Money) progettato come un talk show con un pubblico. Philipp Vorndran ed io organizzeremo l’evento inaugurale. Si parlerà di politica, economia e mercati. Lo registreremo a fine novembre e poi lo pubblicheremo su YouTube. Sarà rinfrescante perché potrai sentire scuse perché si tratta di informazioni e potenziali soluzioni. La qualità sarà alta. Non vedo l’ora di farlo.
Il contenuto non viene visualizzato perché non hai accettato i cookie esterni. Modifica..
*****
Informazioni sulla persona: Folker Hellmeyer ricopre da aprile 2022 la carica di capo economista presso Netfonds AG. In precedenza è stato capo analista presso Solvecon Invest GmbH dal 2018 al 2021. Dal 2002 al 2017 ha ricoperto il ruolo di capo economista/capo analista presso la Bremer Landesbank. In precedenza, Hellmeyer ha lavorato per la Deutsche Bank ad Amburgo e Londra, tra gli altri, come senior dealer e capo analista presso la Landesbank Hessen-Thüringen. Come commentatore degli avvenimenti sui mercati finanziari internazionali lo si vede regolarmente su n-tv, Welt TV e altri canali. Con il suo libro “Finally Clear Text” dà uno sguardo al sistema finanziario statunitense e ai relativi dati economici.
FONTE: https://www.maurizioblondet.it/con-le-sue-sanzioni-alla-russia-la-ue-ci-fa-sparire-i-fertilizzanti/
La pantomima del governo sul MES serve a nascondere la triste verità
In realtà il governo ha ceduto sull’austerity. La sceneggiata di Meloni e Salvini è ridicola. Con il ripristino del patto di stabilità ritorneranno le vacche magre, cioè la riduzione della spesa, degli investimenti pubblici e degli aumenti salariali. Ma ritornerà anche quella vecchia situazione in cui i singoli stati negozieranno di volta in volta trattamenti speciali, come è stato per la Francia per molto tempo.
Noi invece siamo abituati a trattare alla rovescia. Lo scarso peso dell’Italia, la sua sudditanza politica e la complicità delle élites agli interessi non italiani, ha spesso portato all’adozione intransigente dell’austerità. Per molti versi l’UE ha infatti fornito, sotto forma di misure tecniche di necessità, gli strumenti per operare in Italia una lunga serie di privatizzazioni che per via democratica non sarebbero mai riuscite a passare. È stata inoltre il mezzo politico per soffocare qualsiasi conflitto sociale e per disinnescare la sinistra, oramai ridotta a compagnia di giro avida di strapuntini e di comparsate televisive. Piaccia o no, l’UE che abbiamo conosciuto è stata il grimaldello del neoliberismo attuato nella sua forma più violenta e fanatica.
Il giornalista Ignacio Ramonet, come ormai tradizione, ha realizzato una lunga intervista con il presidente venezuelano Nicolas Maduro in occasione del nuovo anno.
Mentre il mondo continua a essere sconvolto dai conflitti in Ucraina e a Gaza, in Venezuela le situazioni non si sono fermate. Al contrario. Le notizie hanno subito un’accelerazione e nelle ultime settimane si sono addirittura intensificate a Caracas, che è tornata a occupare le prime pagine dei principali media internazionali.
Dopo gli inattesi accordi tra il partito di governo e l’opposizione extraparlamentare alle Barbados dello scorso ottobre e la sospensione da parte di Washington di parte delle misure coercitive unilaterali contro il Venezuela, le tensioni con la Guyana si sono intensificate quando le autorità guyanesi, in alleanza con la ExxonMobil e la Marina statunitense, hanno intensificato le loro provocazioni nella regione – rivendicata dal Venezuela da due secoli – della Guyana Esequiba.
Il successo del referendum su questa rivendicazione territoriale del 3 dicembre scorso è stato seguito dagli accordi di Argyle firmati dai presidenti di Venezuela e Guyana. Ma il recente arrivo di una nave da guerra nelle acque della regione, in contraddizione con gli accordi di Argyle, ha riacceso drammaticamente tensioni e pericoli.
In mezzo a queste turbolenze, il 20 dicembre il Venezuela ha ottenuto un importante successo diplomatico con la liberazione di Alex Saab, ingiustamente rapito e tenuto in ostaggio dagli Stati Uniti per quasi quattro anni. Su tutto questo, e su molte altre questioni importanti, abbiamo discusso con il presidente Nicolás Maduro, che ancora una volta, con grande gentilezza, ha accettato di concederci questa ormai tradizionale intervista il primo gennaio.
Ignacio Ramonet (IR): Signor Presidente, buonasera. La ringrazio molto per aver accettato l’invito a questa intervista, che è già la settima o l’ottava che abbiamo realizzato come prima intervista dell’anno.
Presidente Nicolás Maduro (NM): Beh, questa intervista è molto bella perché serve sempre come bilancio riflessivo di tutti questi anni difficili, pieni di sforzi e sacrifici; serve come bilancio e anche come prospettiva per il futuro. Quindi sempre a tua disposizione, Ramonet.
IR: Grazie mille. L’obiettivo di questa intervista è fare un bilancio dell’anno. In particolare, per fare un bilancio delle conquiste, delle vittorie e dei progressi compiuti in Venezuela. E anche per definire alcune prospettive. Lo vedremo nel corso dell’intervista. Ma, se me lo permette, vorrei innanzitutto partire da un fatto un po’ fuori tema, ma che ha avuto un enorme impatto, soprattutto sui milioni di giovani fan del rapper venezuelano Canserbero. Qualche giorno fa abbiamo appreso che l'”enigma Canserbero” è stato risolto. Si pensava che Canserbero si fosse suicidato, ma la Procura venezuelana ha rivelato che in realtà è stato assassinato. Come può commentare questa notizia?
NM: Sì, è stato davvero un lavoro scientifico e professionale di ricostruzione degli eventi, dei fatti, che ha portato a una conclusione conclusiva e definitiva su chi siano gli autori intellettuali e materiali dell’omicidio di questo giovane artista, di questo creatore venezuelano che in così poco tempo di carriera musicale come compositore ha avuto un così grande impatto sui giovani. E continua ad avere un tale impatto, e più che sui giovani, Ramonet, mi impressiona… Noi, Cilia e io abbiamo nipoti di tutte le età, e i nostri nipoti di otto, nove, dieci, dodici, tredici, quattordici, quindici anni sono conoscitori e seguaci dell’arte, della musica, della composizione e dei testi di Canserbero. Sono molto sorpreso.
NM: Nove anni fa, ormai. E sono sorpreso perché, confesso, sono un uomo musicale, mi piace di più la salsa, il rock, anche se sono consapevole delle tendenze attuali… Nell’anno 2023, sono entrato su Spotify e ho una playlist molto popolare, molto frequentata, molto piena di musica di tutti i tipi. Ma io, fino a forse due anni fa, non sapevo chi fosse Canserbero…. E l’ho scoperto perché i miei nipoti me l’hanno spiegato, mi hanno fatto ascoltare canzone per canzone, l’abbiamo analizzato canzone per canzone. E da lì è nato l’interesse per l’arte di Canserbero. A un certo punto ho parlato con il Procuratore Generale, che era anche un ammiratore dell’arte di Canserbero, e dopo aver raccolto una serie di elementi che formavano una solida ipotesi su quello che era successo… Tutti i media e le reti avevano infangato il nome di Canserbero, avevano detto che era un assassino… Anche l’ex Procura della Repubblica lo ha accusato di omicidio dopo la sua morte.
Ho parlato con i suoi parenti il giorno in cui il procuratore generale Tarek William Saab ha dato i risultati, con le confessioni video dell’assassino e dell’assassina, dei due assassini, e ho parlato con la sua famiglia, e la sua famiglia ha sentito un senso di sollievo nell’anima. Suo padre Cheo, le sue sorelle, le sue nipoti. Li ho abbracciati al telefono. E ho detto loro: “È uno spirito forte, ovunque sia Canserbero, è uno spirito molto forte”. E ora il suo nome crescerà nella gioventù del Venezuela, dell’America Latina, dei Caraibi e ben oltre. Quindi giustizia è stata fatta, un fatto molto positivo per la Procura venezuelana.
IR: Questo è stato uno dei risultati degli ultimi giorni del 2023, ma come abbiamo detto, ce ne sono stati altri. Il 2023 è stato un anno simbolico perché è stato il decimo anno del suo governo. In particolare, vorrei sottolineare alcuni contatti internazionali che lei ha avuto, alcuni viaggi all’estero, incontri; in particolare diversi incontri con il presidente colombiano Gustavo Petro, che ha organizzato una conferenza sul Venezuela a Bogotà; un incontro con il presidente Lula, recentemente tornato al potere in Brasile, lei ha partecipato all’incontro organizzato da Lula sul Sud America; altri viaggi strategici, in particolare in Turchia e in Arabia Saudita, e soprattutto l’importantissimo viaggio in Cina, il suo incontro con il presidente Xi Jinping. Come si inseriscono questi contatti, questi viaggi, nella geopolitica tradizionale della diplomazia della rivoluzione bolivariana?
NM: C’è già una nuova era nel mondo. L’era degli imperi occidentali sta definitivamente passando e l’ultimo degli imperi occidentali, quello statunitense, è in un processo di declino storico strutturale, definitivo. Gli Stati Uniti saranno sempre una potenza se rimarranno uniti, se non diventeranno diversi Stati. Questa è una delle possibili, probabili tendenze che si prevedono tra qualche decennio. È come il Regno Unito, la Gran Bretagna era un super-impero militare, economico, commerciale, navale… Ebbene, è cessato, è caduto, è decaduto… Ma è ancora un Paese potente, importante.
Oggi è emerso un mondo di maggiore equilibrio, come sognava ‘el Libertador’ Simón Bolívar. A proposito, siamo nel luogo di nascita del nostro eroe, il nostro padre liberatore Simón Bolívar, che molto presto, nel XIX secolo, parlò della necessità di “costruire un universo di equilibrio”, un “mondo di equilibrio”; E fu allora che ‘el Libertador’ concepì la strategia che oggi potremmo chiamare “strategia di un mondo multipolare”, dove la nostra America, liberata dalla sua spada, dal suo esercito, dal nostro esercito, sarebbe stata uno dei grandi blocchi. Infatti, la Colombia la Grande, fondata sull’Orinoco il 17 dicembre 1819, è nata come potenza, atlantica, caraibica, pacifica (Oceano Pacifico), amazzonica, andina, comprendendo quelle che oggi sono Venezuela, Colombia, Panama e parte dell’America Centrale e dell’Ecuador. Nasce come potenza territoriale, demografica, militare ed economica.
NM: Sì, praticamente, e avendo anche due braccia, una sul Mar dei Caraibi e sull’Atlantico, e l’altra sul Pacifico, avendo tutta la Cordigliera delle Ande, avendo uno spazio gigantesco sul Rio delle Amazzoni.
E questo potere è stato chiamato – come ‘el Libertador’ ha cercato di fare al Congresso di Panama del 1826 – a costituire un potente blocco di nazioni, un’unione di repubbliche… Il tradimento ha prevalso, l’intrigo imperiale ha prevalso, e il progetto di Bolivar è stato pugnalato, tradito, infangato, dimenticato… E allora, da dove sarebbe dovuto nascere un blocco potente, rimasero dieci, quindici, venti “republiquitas”, potremmo dire tra virgolette, rispetto a tutte, ma proprio quindici “republiquitas”, tutte dominate.
Così il concetto di “equilibrio dell’universo”, di “mondo multipolare”, che era il grande sogno del gigante, del nostro ‘Libertador’, vede oggi il suo emergere. E noi siamo attenti. Il comandante Hugo Chávez ha parlato di una “nuova geopolitica mondiale” e ha istituito la diplomazia bolivariana della pace. Il suo asse trasversale è la costruzione di una nuova geopolitica mondiale, di un nuovo asse di potere mondiale, e l’inserimento del Venezuela in tale asse.
Dall’America Latina in primo luogo, dal Sud America, dai Caraibi e dall’America Latina e dai Caraibi al mondo. Per questo motivo, quest’anno abbiamo reso la politica estera molto dinamica. Abbiamo partecipato al tentativo di Lula di ricostituire l’Unasur, che è molto importante e che sta avanzando passo dopo passo, ma non senza minacce e complotti imperiali per impedirne la realizzazione. Quest’anno abbiamo partecipato al consolidamento della Comunità degli Stati latinoamericani e caraibici, una solida Comunità degli Stati latinoamericani e caraibici (Celac). Abbiamo partecipato al Vertice di Palenque con il presidente messicano López Obrador per parlare dell’intera questione del cambiamento climatico, della migrazione, dello sviluppo e dell’indipendenza. Abbiamo ricevuto il sostegno di tutta l’America centrale e di parte del Sudamerica sulla questione delle sanzioni, per chiederne la revoca.
A livello globale, quest’anno abbiamo consolidato le nostre relazioni con molta forza, con la Turchia, con l’India, con la Russia, con la Cina. La nostra visita in Cina è stata monumentale. Sono stato in Cina sei, sette volte come ministro degli Esteri, accompagnando il comandante Chávez, e poi come presidente ci sono stato altre cinque, sei volte. E vi dico che il livello delle relazioni, degli accordi firmati e delle politiche definite tra il presidente Xi Jinping, tra la Cina e il Venezuela in questa visita di sei giorni, è senza precedenti, senza precedenti. Innanzitutto, abbiamo elevato la relazione a una relazione strategica di alto livello “a prova di tutto e per ogni tempo”.
IR: È questa l’espressione che compare nel documento?
NM: Sì, è questa l’espressione, è un concetto che, per la prima volta, la Cina attribuisce a una relazione congiunta, a un Paese dell’America Latina e dei Caraibi. Il che alza l’intero livello. Quindi direi che stiamo facendo progressi in mezzo all’assedio imperiale, in mezzo all’attacco permanente, stiamo facendo progressi nel tessere il nuovo mondo.
Il Venezuela, con umiltà, con modestia, ma con la grandezza del pensiero di Bolivar, con la grandezza della nuova geopolitica mondiale di Chavez, persevera nella costruzione di un mondo multipolare, un mondo di Paesi e di popoli veramente liberi.
IR: Signor Presidente, tra i successi del suo governo vorrei citarne tre recenti. Primo: gli accordi di Barbados di ottobre, che hanno permesso di raggiungere un accordo con l’opposizione extraparlamentare. Secondo: il referendum del 3 dicembre sulla Guyana Esequiba, che ha rappresentato una grande vittoria in termini di mobilitazione. E il recente rilascio del diplomatico Alex Saab.
Su quest’ultima questione – sulle altre due torneremo più avanti – vorrei che ci aggiornasse, perché ha già rilasciato una dichiarazione in merito, con alcuni dettagli su come e quanto sia stato difficile negoziare il rilascio di Alex Saab.
NM: Innanzitutto, come abbiamo detto: Alex Saab è un uomo d’affari di origine colombiana, che si è stabilito in Venezuela e ha iniziato a sviluppare una serie di investimenti molto importanti; a un certo punto, nel 2011, è stato coinvolto nei progetti di quella che sarebbe diventata la Gran Misión Vivienda Venezuela. Successivamente, durante la fase di cui mi sono occupato, è stato coinvolto nei piani sociali, ma soprattutto ha iniziato a svolgere un ruolo molto importante e crescente quando sono arrivate le sanzioni criminali.
IR: Dal 2016 in poi
NM: Sì, 16, 17, 18, perché è stato coinvolto… Ho iniziato a pensare… In primo luogo, è colombiano, ha sangue colombiano; in secondo luogo, ha sangue palestinese, ecco da dove viene quella vena ribelle. E ha iniziato a lavorare molto abilmente per superare le sanzioni che venivano imposte contro il Venezuela.
IR: Di sua iniziativa, per patriottismo?
NM: Di mia iniziativa e anche grazie a una serie di politiche che ho attuato, facendo appello al settore privato affinché, grazie al capitale, agli investimenti privati, potessimo andare avanti, visto che tutti i nostri conti bancari erano stati rubati, congelati, Ramonet. Dovete vedere un Paese che ha tutti i suoi conti bancari congelati, non solo congelati, ma che ha tutti i suoi soldi rubati, più di 21.000 milioni di dollari, che ha le sue proprietà all’estero congelate, che ha il divieto di vendere i suoi prodotti nel mondo, che ha la sua industria principale, l’industria petrolifera, perseguitata, che ci ha fatto perdere, lo dico sempre perché ci possono essere persone che non ascoltano, ci ha fatto perdere il 99% delle entrate del Paese, siamo passati da 54.000 milioni di dollari circa, un anno fa, abbiamo perso il 99% delle entrate del Paese. E l’obiettivo chiaro e diretto dell’imperialismo era quello di far collassare la società e procedere a un violento cambio di governo, quello che nei loro manuali strategici chiamano “cambio di regime”. E qui è bene, come diceva Fidel, Fidel ci diceva sempre: “Le crisi creano uomini”, “creano leadership”.
Direi che, in quella crisi, è emerso un uomo: Alex Saab, e ha iniziato con le importazioni realizzate con il suo capitale, ha iniziato a portare cibo, le casse del CLAP (Comitato di Approvvigionamento e Produzione Locale) nei tempi difficili del 2017, 2018. E per questo hanno sanzionato lui e tutta la sua famiglia, i suoi fratelli, sua sorella, suo padre, sua madre, li hanno sanzionati tutti. E poi hanno iniziato a perseguitarlo… E le aziende in cui lui, in Messico e in altri Paesi, produceva le casse CLAP, hanno iniziato a perseguitare anche loro, a minacciarle con diverse sanzioni.
Quando arrivarono il 2019 e soprattutto il 2020, egli svolse un ruolo importante in tre aree chiave, soprattutto nel 2020, quando arrivò la quarantena, la pandemia Covid. In primis, continuare a svolgere un ruolo molto importante nel garantire le CLAP, a quel tempo non stavamo ancora producendo le CLAP in Venezuela, come abbiamo fatto in seguito, fortunatamente… Grazie agli sforzi di migliaia di produttori agricoli, contadini, agricoltori, delle campagne venezuelane, oggi produciamo l’85% del cibo in Venezuela, un miracolo agricolo realizzato da chi? Dai lavoratori, dai produttori… Non all’epoca. Abbiamo importato il 90% delle casse CLAP dall’estero per servire 7 milioni di famiglie. E lui è stato un uomo chiave nell’articolazione di queste importazioni.
Ma anche, visto il blocco, avevamo la raffineria, le quattro raffinerie venezuelane ferme, non potevamo avere un pezzo di ricambio, non potevamo comprarlo, se l’avessimo avuto, per esempio, se avessimo avuto questo pezzo di ricambio in un tale Paese, non avevamo un conto bancario per pagarlo, a causa delle sanzioni… Poi abbiamo fatto delle triangolazioni per risolvere la questione e recuperare le quattro raffinerie in modo miracoloso ed eroico, grazie all’ingegneria e alle conoscenze dei lavoratori petroliferi venezuelani, e al sostegno dei nostri amici nel mondo; amici importanti nel mondo. E poi Alex Saab è stato l’uomo che ha iniziato a portare il carburante in Venezuela.
Inoltre, aveva creato le connessioni nel mondo per portare i farmaci per i pazienti più bisognosi, e in particolare i farmaci chiave per il problema della pandemia di coronavirus. A quell’epoca è stato rapito.
IR: A Capo Verde
NM: Sì, a Capo Verde. Due giorni prima avevano cercato di ucciderlo. Questo non è mai stato detto… Due giorni prima, un gruppo di criminali assoldati dal colombiano Iván Duque ha cercato di uccidere Alex Saab nella sua casa di Caracas… Lui si è miracolosamente salvato. E poi lui, con la sua grinta, perché è un uomo intraprendente, con grinta, iniziativa, direi temerario, direi che Alex Saab ha la temerarietà di un Che Guevara nell’affrontare rischi e pericoli. Se n’è andato, stava andando in Iran, e per cosa stava andando in Iran? Per garantire la benzina per un anno al Venezuela, 2020, 2021, mentre noi recuperavamo la raffineria. Per cosa andava in Iran? Per far triangolare i medicinali dall’Iran. E durante il tragitto è stato catturato, rapito senza alcuna prova.
IR: Senza nessun mandato
NM: No, innanzitutto non c’era alcun mandato d’arresto internazionale. In secondo luogo, aveva la protezione di un passaporto diplomatico, un funzionario diplomatico di un governo legittimo, riconosciuto dalle Nazioni Unite. Quando lo rapiscono, violano le convenzioni che proteggono l’immunità diplomatica nel mondo, una cosa molto grave. E poi, beh, tutto ciò che è già noto: la tortura…
La prima cosa che hanno tentato – come ha spiegato – è che, a luglio, nel bel mezzo della quarantena, gli hanno chiesto, con una telefonata, di fermare le navi di benzina; con una telefonata, di fermare le spedizioni di medicinali… C’è un medicinale chiave, Ramonet, che è il Remdesivir, che era appena uscito in quel periodo come il grande antivirale contro il coronavirus. E si cercava disperatamente di fermarlo. Con il Remdesivir, quando arrivò a Caracas, nel luglio 2020 e fino ad oggi, furono salvate migliaia di vite di pazienti molto gravi che erano intubati in tutto il Paese.
E volevano anche che Alex Saab fermasse le casse CLAP, per evitare che ci fosse cosa? La morte per mancanza di medicine, la carestia e la benzina zero, visto che eravamo sull’orlo del baratro… Infatti, posso dirvi che delle cinque navi che ha noleggiato – noi le abbiamo pagate ma lui le ha triangolate – delle cinque navi di benzina che sono arrivate, solo due sono riuscite ad arrivare nel giugno 2020… Indimenticabile! È stata una festa per il Venezuela… Le altre tre navi sono state rubate dagli Stati Uniti… Robaditos! Le hanno portate negli Stati Uniti… Pirati, corsari, ladri!
Poi c’è stata tutta la fase della tortura perché lui, diciamo, desse validità alle infamie, alle bugie che ancora girano… Perché i portali di spazzatura della fogna, come per esempio la fogna Semana della Colombia, che è una fogna dell’oligarchia colombiana del narcotraffico, la rivista Semana scrive ancora: “Alex, il prestanome di Maduro”. Non ho mai avuto un prestanome! Non ho mai avuto un conto bancario all’estero. Non ho mai avuto aziende, proprietà, né voglio averle nella mia vita, mai… I miei rapporti con gli imprenditori nazionali e internazionali sono stati e sono rapporti di lavoro per il Paese; e tanto che l’imperialismo non ha mai potuto mostrare, in tre anni e mezzo che lo teneva in ostaggio, non ha mai potuto mostrare una sola prova falsa, tra virgolette, un solo documento falso sui presunti prestanome, sugli affari sporchi e su tutto il marcio che inventano nella fogna della loro giustizia e nella fogna dei loro media.
Quindi non abbiamo mai lasciato indietro nessuno, non abbiamo mai abbandonato nessuno… Mai! Siamo sempre, siamo sempre stati al fianco della sua famiglia, di sua moglie Camila, una casalinga diventata leader di un movimento potente, il movimento Free Alex Saab; dei suoi figli, delle sue figlie, di tutta la sua famiglia, al fianco della sua famiglia; in modo amorevole… Soprattutto Cilia che praticamente parlava con Camilla ogni settimana. E come ho detto ad Alex quando è sceso dall’auto e l’ho aspettato lì alla porta dorata del Palazzo Miraflores: “Alex, sapevo che questo giorno sarebbe arrivato. Ed è arrivato. Un miracolo? Un miracolo come solo i rivoluzionari possono fare, noi che siamo fermi e che affrontiamo l’impero con la verità. Un miracolo.
IR: È stata una bella vittoria, Presidente. In tutto il mondo molte persone hanno gioito per questa liberazione, perché avevano fatto una campagna per denunciare tutte le falsità che erano state dette su Alex Saab.
NM: Ramonet, non posso dire… ma ho ricevuto parole di congratulazioni da persone che non potete nemmeno immaginare, che probabilmente stanno guardando questo, da tutto il mondo, non potete nemmeno immaginare. Persone che mi hanno mandato le congratulazioni. Da persone negli Stati Uniti d’America. Non dirò i nomi, da grandi artisti mondiali… Alcuni non li conosco nemmeno. E ho ricevuto messaggi qui, messaggi là. Che dicevano: è così che si tratta un uomo innocente. Abbiamo fatto uno scambio che è stato elaborato, come diceva José Martí: “Doveva essere fatto in silenzio”. Con la prudenza del caso, con la diplomazia del caso, siamo riusciti a liberare un uomo innocente in modo miracoloso. E nello scambio abbiamo consegnato un gruppo di terroristi condannati e rei confessi che avevano commesso crimini nel Paese, condannati e rei confessi. Questo è stato il prezzo che abbiamo pagato per il rapimento. Per la libertà del sequestrato. E credo che ne sia valsa la pena.
IR: Signor Presidente, proseguiamo con il bilancio dell’anno: lei ha definito otto linee di lavoro molto importanti per il 2023. E tra queste le linee dell’economia. Vorrei chiederle: che valutazione fa di questo approccio? Quali sono i principali risultati raggiunti in queste otto linee di lavoro?
NM: Guarda, penso che anche il 2023 sia un passo avanti. Abbiamo dieci trimestri di crescita economica continua iniziata alla fine del 2021. E siamo riusciti a mantenere la crescita in quella che ho definito l’Agenda Economica Bolivariana, 18 motori, i 18 motori vanno passo dopo passo; Questi 18 motori hanno bisogno di politiche pubbliche, incentivi, investimenti, mercato nazionale, mercato internazionale, buona gestione pubblica, buona gestione privata, buon coordinamento.
Credo che abbiamo raggiunto un perfetto coordinamento con tutti gli attori economici interni del paese, e credo che abbiamo un dialogo e una comprensione molto elevati con gli attori economici internazionali che arrivano con nuovi investimenti. È un grande traguardo di questi anni, che si consoliderà nel 2023. Ho qui alcuni numeri importanti.
IR: La crescita nel 2022 è stata del 12% circa
NM: Esatto.
IR: Nel 2023, quale crescita ha avuto il Venezuela?
NM: La Banca Centrale non ha ancora fornito cifre, anche se mi dicono che l’aspettativa della CEPAL del 4,5% potrebbe essere soddisfatta. Sono dieci i trimestri consecutivi di crescita. Ancora nel mezzo dell’assedio e con propri investimenti. Come dico io, con le viscere.
Una crescita del 5% nell’attività agricola. Abbiamo già cinque trimestri consecutivi di attività agricola in crescita di oltre cinque punti, che producono il nostro cibo. E addirittura esportando parte di quel cibo.
Una crescita sostenuta del 4% per dieci quarti di tutta l’attività manifatturiera privata del paese, in una ripresa sostenuta e sostenibile, ha ancora ampio spazio per far crescere l’intero settore manifatturiero.
Una crescita del 4% circa nell’attività commerciale fino al terzo trimestre. Il quarto trimestre che si è appena concluso a dicembre è a un livello molto più alto, c’è stata un’attività commerciale esasperante, con una forza impressionante.
La produzione manifatturiera di alimenti e bevande è cresciuta di oltre l’1,6%. Bene, qui ho altre informazioni. Non ti sommergerò con tutti i dati.
IR: Ma il trend è molto positivo…
NM: Sì, il trend è positivo. Nel pescato, nel recupero della capacità di pesca del Paese, quest’anno siamo cresciuti del 25%. Nell’attività dell’acquacoltura, che è anche un’attività alla quale abbiamo dedicato particolare attenzione, quest’anno siamo cresciuti del 20%. Solo nel settore dei gamberetti, che è un settore di esportazione, nel 2023 è cresciuto del 98%. Un aumento della produzione industriale e agroindustriale…
E l’arrivo di importanti ditte europee, nordamericane, cinesi, indiane, ecc. ecc., per investire nel petrolio, nel gas e nelle imprese di base.
Vuol dire che, nelle condizioni stabilite dalla nostra Costituzione e dalle nostre leggi, ci stiamo rialzando. La riscossione delle tasse quest’anno è cresciuta del 25,8 per cento, direi ancora, secondo le esigenze del Paese e le aspettative di quello che dovranno essere i nostri piani sociali per il risanamento dello Stato sociale, la riscossione delle tasse – Anche se è cresciuta parecchio quest’anno ha ancora molto terreno da guadagnare per garantire un reddito che ci permetta di migliorare il reddito dei lavoratori e gli investimenti sociali.
Quest’anno stiamo superando, fino al mese di novembre, la raccolta di 5.181 milioni. Vuol dire che c’è un insieme di elementi molto importanti, la stabilità dei cambi, la fine definitiva dell’iperinflazione, abbiamo fermato l’inflazione come male strutturale e centenario dell’economia, e con le politiche che stiamo portando avanti abbiamo serie prospettive di miglioramento di quell’elemento, di quella variabile nei mesi e negli anni a venire.
Il portafoglio crediti è aumentato del 91% rispetto al 2022. 91%. Sono cifre ancora modeste che si aggirano intorno ai millequattrocento milioni di dollari. Il Venezuela avrebbe bisogno di quattromila, seimila, otto miliardi di dollari di portafoglio crediti, o molto di più per gli investimenti; ma è qualcosa che è stato raggiunto in modo sostenuto e duraturo.
IR: E tutto questo nel contesto di un Paese bloccato e assediato
NM: È bello dirlo. Perché, nonostante i progressi compiuti negli Accordi delle Barbados di cui parleremo, e i colloqui con il governo degli Stati Uniti, il Venezuela oggi non ha conti all’estero, continua oggi ad essere un paese perseguitato e assediato. E tutto questo lo abbiamo ottenuto con i nostri sforzi, di noi venezuelani, ve lo posso dire, ve lo dico con orgoglio. Abbiamo raggiunto tutto questo da soli. Il settore privato, piccolo, medio, grande, con alcuni investimenti provenienti dall’estero, con politiche pubbliche consensuali, corrette, pertinenti, giuste, lo abbiamo raggiunto con i nostri sforzi, praticamente da soli in questo mondo.
IR: Senza investimenti esteri significativi?
NM: E affermando come il grande Ho Chi Min in Vietnam, pensare con la propria testa, camminare con i propri piedi e costruire con le proprie mani, senza dipendere da nessuno. Sai cosa si prova? Che siamo in una fase – e ve lo dico qui, nella casa dove è nato Bolívar, il gigante d’America – una fase in cui stiamo costruendo un nuovo modello economico diversificato che ci dia l’indipendenza assoluta dal mondo intero, se necessario. Un altro elemento per la tua analisi, e per l’analisi di tutti coloro che ci leggono nel mondo.
Nell’anno 2023, il Venezuela ha raggiunto il più alto livello di offerta interna nel suo mercato interno negli ultimi venticinque anni, il 97% dell’offerta essenzialmente con la propria produzione e con l’attività dei settori economici privati con importazioni complementari, una politica molto chiara su ciò che viene importato e quanto no, e la protezione del produttore nazionale.
Quindi penso che stiamo facendo alcuni passi. Dico sempre che ovviamente c’è ancora molta strada da fare, soprattutto per generare la ricchezza, il discorso di cui abbiamo bisogno per incidere sugli stipendi e sul reddito. Abbiamo fatto del nostro meglio per migliorare il reddito complessivo dei lavoratori, il reddito complessivo minimo dei lavoratori. E anche completare un circuito con le Grandi Missioni e Missioni per tutelare la salute pubblica, l’istruzione pubblica, la costruzione di 500.000 case all’anno per tutelare, con il CLAP e i programmi alimentari, il diritto all’alimentazione delle persone; e mettere l’essere umano al centro e proteggerlo in modo globale mentre recuperiamo la capacità, non solo di generare e produrre beni, prodotti, servizi, ma anche ricchezza liquida, che è verso cui è diretto il nostro sforzo principale, e so che ci riusciremo. Sono sicuro di questo.
IR: Signor Presidente, c’è un altro risultato importante che non ha menzionato, ovvero la sicurezza. Per molto tempo una delle critiche più sistematiche dei media internazionali, anche per criticare la rivoluzione bolivariana, è stata quella di dire che il Venezuela era un paese molto insicuro, molto pericoloso, che Caracas era una città dominata dalla criminalità, dalla delinquenza; Tutto ciò in una certa misura è cambiato. Oggi Caracas è una città sempre più pacifica, sempre più sicura, le notti di Caracas sono tornate a vivere, lo confermano turisti, viaggiatori e corrispondenti esteri; È un risultato enorme. Potrebbe spiegarci come si è arrivati a questo risultato che sembrava quasi impossibile?
NM: Ebbene, è stato fatto un lavoro straordinario basato su un concetto che è quello dei Quadranti della Pace. I quadranti della pace sono un concetto territoriale. Oggi abbiamo tremila quadranti di pace.
IR: In tutto il paese?
NM: Sì, in tutto il Paese. Il Quadrante della Pace chi comprende? Riunisce la polizia e le forze di sicurezza, riunisce il potere popolare, tutto il potere popolare nella sua diversità, e riunisce tutte le istituzioni che hanno a che fare con la sicurezza. I Quadranti della Pace hanno fornito un contributo per liberare i territori dove si registrava il più alto tasso di criminalità e per stabilire le regole di funzionamento delle comunità di pace; quadranti di pace, comunità di pace, penso che questo sia uno degli elementi.
L’altro elemento ha a che fare con il lavoro di intelligence per smantellare le bande criminali più pericolose, che sono come bande di nuova generazione, bande più armate, più organizzate, con molti soldi. E abbiamo svolto un lavoro di intelligence e attacchi chirurgici contro le bande in diverse città e luoghi del paese. Per esempio: a Caracas ricordiamo il colpo chirurgico che abbiamo dato alla banda di un quartiere conosciuto nel mondo, che era Cota 905. Ciò ha fatto sì che a Caracas si creasse un clima di convivenza, di tranquillità, di pace; perché c’era un focolaio, Cota 905, era un focolaio incredibile, legato alle bande criminali della Colombia ai tempi di Ivan Duque. Quando siamo entrati nella loro tana, la prima cosa che abbiamo trovato sono stati una ventina di paramilitari colombiani su una montagna, che si addestravano per una presunta “insurrezione popolare” a Caracas che avrebbero guidato; per dirti qualcosa.
E in terzo luogo, quest’anno 2023, sono stati compiuti progressi nello smantellamento delle mafie carcerarie, a partire da carceri molto emblematiche nel centro del paese, a ovest, nelle Ande, a est, nel sud del paese.
E penso che sia stato un colpo molto importante porre fine a quelle mafie carcerarie, togliere quel centro della criminalità. È una politica, la chiamiamo Operazione Gran Cacique Guaicaipuro, che sarà mantenuta.
Quindi, in questo senso, ho grande fiducia che continueremo ad avanzare in Venezuela come territorio di sicurezza, territorio di pace. E faccio sempre un appello alla gente, questo non dipende da un uomo, questo dipende dallo sforzo comune che facciamo nei Quadranti della Pace, è la formula.
L’ho detto anche ad alcuni governi dell’America Latina. Non dirò nomi. Ho detto ad alcuni governi latinoamericani: vorrei condividere con voi l’esperienza dei Quadranti della Pace affinché possiate vedere che la fusione e l’unione sul territorio delle forze dell’ordine, delle forze di polizia e dell’organizzazione sociale -nel caso del Venezuela del potere popolare – dà grandi risultati.
IR: Signor Presidente, un altro risultato importante, di cui abbiamo parlato prima, è il recente referendum sulla Guyana Esequiba, che è stato un successo perché abbiamo visto il sostegno che la popolazione ha dato a questa richiesta. Il successo di quel referendum ha costretto il Presidente della Guyana a incontrarsi con voi per parlare direttamente del destino della Guyana Esequiba. Ma da allora c’è stato l’invio di una nave da guerra britannica che voi avete denunciato. Quindi, in queste circostanze, come vede il futuro dei negoziati con la Guyana su Guayana Esequiba?
Allora cosa sta facendo il governo di Londra e cosa sta facendo il presidente della Guyana? Prendono in giro il presidente Lula, prendono in giro il presidente della Celac, Ralph Gonsalves, prendono in giro tutti i paesi della Caricom… Questo hanno fatto, prendono in giro. Hanno provocato minacciando il Venezuela con una nave militare. Hanno deriso e preso a calci l’Accordo di Argyle, lo hanno preso a calci.
In questo momento ci troviamo in una situazione di turbolenza. Che sappiamo affrontare. Perché non siamo nati nel giorno dei codardi. Hai sentito Ramonet? Non sono nato nel giorno dei codardi e so molto bene come capo di Stato e comandante in capo delle Forze Armate cosa devo fare per difendere la dignità del Venezuela. E qui nessuno verrà a minacciarci con le navi. Né oggi né mai. Questo non è il Venezuela del 1902. Non commettete errori sul Venezuela. Non sbagliate!
IR: Signor Presidente, dopo gli accordi delle Barbados, con l’opposizione extraparlamentare, l’amministrazione Biden è stata costretta a sospendere parte delle sanzioni contro il Venezuela. Quali prossimi passi prevede nel percorso verso la normalizzazione delle relazioni con gli Stati Uniti?
NM: Innanzitutto dobbiamo dire due cose. In primo luogo, ho promosso più di mille volte il dialogo con tutti i settori dell’opposizione. Questi dialoghi con il settore estremista ‘Guaidosista’ dell’opposizione di estrema destra, come la chiamo io, che è l’opposizione favorita e preferita dagli Stati Uniti, è l’opposizione filostatunitense, Pitiyanqui… Riunita nella Piattaforma Unitaria, la PUV. Io ho promosso questi colloqui e li manteniamo permanentemente, sempre e senza sosta. Questi sono i dialoghi pubblici che sono noti.
Ma in privato ho incontrati tutti. Nell’anno 2020, 2021. Mi hanno parlato male di Guaidó. Ho detto loro: agite, ma non hanno osato. E hanno cacciato Guaidó quando già era una putrida spazzatura. I gringos lo hanno portato fuori dal paese, a Miami, miliardario com’è, ha derubato mezzo mondo, ha derubato i gringos , ha derubato l’opposizione, ha derubato tutti; e lo hanno destituito perché il suo discredito per quel settore dell’opposizione era già insopportabile. Ma con loro abbiamo sempre dialogato. Anche se settori di quell’opposizione si siedono per parlare ma continuano a cospirare in, continuano sempre a cospirare dietro le quinte. Cercare di fare un colpo di Stato in Venezuela, cercare di uccidermi, eccetera, eccetera. Ma credo nel dialogo, in modo permanente.
E in secondo luogo con gli Stati Uniti. Il comandante Chávez ha sempre cercato e mi ha insegnato a cercare il dialogo, la comprensione e la convivenza con gli Stati Uniti d’America. Ed è quello che abbiamo sempre fatto. Cosa ha fatto il comandante con Bill Clinton. Con George W. Bush due volte, anche se Bush ha realizzato un colpo di Stato qui l’11, 12, 13 aprile 2002; Questo è ciò che si cercava con Barack Obama, il primo Obama. Il secondo Obama è stato il mio turno, e quel secondo Obama è quello che ha adottato il decreto che dichiara il Venezuela “nemico degli Stati Uniti”. Faccia a faccia, Obama mi ha detto: “Maduro, è stato un errore, lo correggerò”. Non lo ha corretto. Gli ho detto: “Obama, il problema non sei tu, il problema è chi verrà dopo di te, chi potrà usare quel decreto per minacciarci, sanzionarci o invaderci”. E questo è quello che è successo.
Con Donald Trump abbiamo avuto il rapporto che tutti conoscono. Sono state adottate 930 misure sanzionatorie contro il Venezuela. Hanno messo una taglia sulla mia testa, su questa testolina che vedi qui, ci hanno messo una taglia. Hanno tentato di uccidermi nel 2018, il 4 agosto, dalla Casa Bianca hanno tentato di uccidermi. Il giorno dell’attacco dei droni erano alla Casa Bianca, oggi si sa la verità, in attesa dell’esito dell’attacco. Hanno tentato più volte di invaderci, hanno preparato mercenari dalla Colombia. Eppure abbiamo sempre cercato il dialogo e abbiamo avuto legami di dialogo con il governo Trump, tanto che avevamo quasi pronto uno scambio per liberare Alex Saab in quegli ultimi giorni di Trump, prima delle elezioni. Quindi anche quando è arrivato Biden. Abbiamo sempre desiderato un dialogo. Spero che progredisca. Fiduciosamente.
Abbiamo fatto del nostro meglio per stabilire una nuova era nelle relazioni con gli Stati Uniti.
IR: C’è una tabella di marcia?
NM: Ci sono idee comuni, c’è un percorso, una tabella di marcia consolidata. Ma non possiamo dire, Ramonet, che gli Stati Uniti abbiano revocato le sanzioni contro il Venezuela. Al contrario, le sanzioni sono in vigore. Ciò che gli Stati Uniti hanno concesso sono licenze come se il Venezuela fosse una colonia statunitense. Alcune licenze, come ai tempi della Compagnia Guipuzcoana, che aveva il controllo completo di questo paese e concedeva licenze di esportazione e importazione, giusto? A quel tempo dei cosiddetti creoli bianchi, finché i creoli bianchi si stancarono della Compagnia di Guipuzco e dichiararono l’indipendenza di tutta l’America. Più o meno qualcosa del genere. Il modello che gli Stati Uniti intendono applicare è quello della Compagnia Guipuzcoana contro il Venezuela. Dare licenza.
Ma siamo molto fermi. E lo diciamo a tutti i governi dell’America Latina, della Celac e del mondo: il Venezuela esige la revoca totale e permanente di tutte le sanzioni illegali, immorali e criminali contro l’economia e la società. Tutto. E questo sarà il nostro obiettivo.
E non ci fermeremo, persevereremo come sempre finché non raggiungeremo questo obiettivo.
IR: Presidente, oggi è il primo gennaio e da oggi i BRICS, quell’organizzazione formata da Brasile, Russia, India, Cina e Sud Africa che hanno costituito una sorta di nuova potenza o contropotere, un po’ sulla falsariga di quello che lei ha citato prima, di questa nuova geopolitica multipolare. Ad oggi, sei nuovi paesi hanno aderito o dovevano aderire. Ne vengono infatti incorporati cinque nello specifico: Iran, Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Egitto ed Etiopia. Perché l’Argentina doveva aderire ma il nuovo presidente Javier Milei ha fermato l’ingresso. Da un lato vorrei che ci deste la vostra opinione sull’importanza dei BRICS. E d’altra parte, se il Venezuela può unirsi a questi nuovi BRICS allargati?
NM: I Brics sono il futuro dell’umanità, i Brics sono già una potenza economica definitiva, hanno una banca potente, ero nella sede della banca a Shanghai con la sua presidente Dilma Rousseff, abbiamo buoni rapporti con la Banca dei Brics. Purtroppo non ho potuto andare al Summit del Sud Africa a causa di una brutta infezione all’orecchio. Al vertice del Sud Africa, il Venezuela è stato accettato come partner. E spero che al prossimo vertice della Russia, con il favore di Dio, sempre Dio avanti, il Venezuela si unisca ai Brics+ come membro permanente.
Scommettiamo sui Brics come parte di quel nuovo mondo, del nuovo equilibrio, come parte del concetto geopolitico bolivariano di un mondo di equilibrio, un mondo di eguali. E anche come parte del futuro dell’umanità per lo sviluppo degli investimenti dei Brics in Venezuela, per lo sviluppo di grandi mercati per i prodotti venezuelani, per lo sviluppo di relazioni a livello culturale, politico, istituzionale, sociale. Sono grandi civiltà, la civiltà cinese, russa, indiana, nostra sorella Brasile, nostra sorella Sud Africa, Africa! I cinque paesi sono grandi civiltà e noi facciamo parte della civiltà meticcia del Sud America, dei Caraibi e dell’America Latina. Così i ‘Bricsnos’ riempiono di emozione.
Quindi aspiro, più prima che poi, a passare dall’essere un membro dei Brics all’essere un membro a pieno titolo dei Brics.
IR: Signor Presidente, il mondo oggi è colpito da due grandi conflitti: Ucraina e Gaza. Per quanto riguarda l’Ucraina, fin dal primo momento, il Venezuela ha deciso di non schierarsi, difendendo un progetto diplomatico di ricerca di una soluzione negoziata. E per quanto riguarda il conflitto israelo-palestinese, dal 2009 Caracas ha interrotto i rapporti con Israele. Ritiene che il Venezuela, in entrambi i casi, abbia preso la decisione giusta? Poi, come vede l’evoluzione di questi due conflitti?
NM: Penso che queste due guerre siano legate dai grandi affari dell’apparato militare nordamericano e dell’apparato militare israeliano, che sono totalmente collegati. I grandi proprietari dell’apparato militare statunitense sono investitori israeliani. E credo che queste due guerre abbiano portato benefici ai produttori di sangue, morte e armi.
Una guerra è una minaccia contro la Russia… Per due interi decenni, la Russia ha messo in guardia contro la minaccia dell’intrappolamento strategico che stavano cercando di imporle da parte dell’Ucraina e dei paesi dell’Europa orientale, e semplicemente dall’atteggiamento dei fantocci, i Milei dell’Ucraina, i fantocci dell’Ucraina, e l’intero gruppo neonazista… Sono neonazisti e lo ammettono, quindi, l’intero gruppo che ha preso il potere a Kiev nel 2014, cosa hanno fatto si sono messi al servizio della strategia di provocazione contro la Russia.
Tutte le guerre, diciamo, dovrebbero essere evitate e nel caso della guerra in Ucraina si dovrebbe cercare una soluzione di pace, ma loro non vogliono cercarla, vogliono mettere in ginocchio la Russia e umiliarla. E arrivati a questo punto, la Russia sta vincendo la guerra contro l’intera NATO, nonostante tutte le sue spese militari. Nel bel mezzo di uno sforzo enorme perché è stata sanzionata economicamente, ha recentemente affermato il presidente Vladimir Putin, la Russia ha vinto la guerra economica contro le sanzioni, e oggi la Russia ha indicatori economici di crescita, stabilità economica e prosperità economica migliori di tutta l’Europa. anche degli Stati Uniti. Il che indica la grande forza interna della Russia come nazione potente, come nazione produttiva, della sua economia. E l’Occidente è semplicemente ossessionato dalla russofobia, dall’idea di distruggere la Russia. C’è solo una strada: sedersi e dialogare con Putin, con la Russia, sulla base del rispetto e raggiungere un accordo che soddisfi la necessità di garantire sicurezza e pace alla Russia e all’intera regione.
Nel caso del conflitto in Palestina non ci sono più dubbi. È un genocidio contro un popolo. Un genocidio che dura da più di settantacinque anni. Che è ormai palese, brutale. E non c’è praticamente niente e nessuno che alza la voce. La cosa peggiore del genocidio è il silenzio complice che esiste con questo genocidio. Il silenzio complice delle élite europee. L’attività complice delle élite statunitensi che producono armi, armi e armi per bombardare e uccidere palestinesi innocenti. Più di 21.000 palestinesi uccisi, 11.000 dei quali bambini. Sembra che inseguissero i bambini, per sterminarli. Più di 6.000 donne.
In verità, ciò che viene commesso in Palestina non ha nome, è solo paragonabile all’Olocausto ebraico stesso che il popolo ebraico visse ai tempi di Hitler, nell’era nazista. La giustizia internazionale dovrebbe agire. Ma semplicemente non vediamo il volto della giustizia internazionale. Un genocidio in pieno giorno trasmesso in diretta e in diretta sui social network. E non succede nulla.
Vedremo… perché tutti questi genocidi, tutte queste brutalità forse non si pagano adesso, forse saranno pagate in futuro. E il mondo che sta emergendo un giorno giudicherà tutti coloro che oggi hanno promosso questo genocidio. Siamo solidali. Soprattutto durante tutto questo periodo natalizio. Pensiamo ai ragazzi e alle ragazze della Palestina. Là dove è nato il bambino Gesù, il Natale non è stato risparmiato, Ramonet, il 24 dicembre tutti i luoghi di Betlemme hanno chiuso. E la mangiatoia con il Bambino Gesù circondata da tank. Quello è il simbolo: il bambino massacrato, ancora Erode. Ma vedremo cosa ci riserva il futuro nella lotta e nella resistenza del popolo palestinese, e nella lotta e nella resistenza del nostro popolo.
IR: Signor Presidente, per concludere vorrei farle una domanda che esula dalla politica. Tra i presidenti che conosco, lei è quello che ha riflettuto di più sul rapporto con i media. Ha un programma televisivo di grande successo che ha lanciato di recente ‘Con Maduro mas’, ed è molto presente sulle reti. Com’è il suo rapporto con i media? Quali obiettivi persegue? E che rapporto pensa che dovrebbe avere un leader oggi con i media?
NM: È fondamentale saper comunicare. E come spieghi tu stesso, l’ho sentito da te: siamo in una nuova era della comunicazione. Lo spieghi tu stesso, io l’ho preso come esempio e l’ho spiegato alla nostra gente. Ci sono stati cinque grandi momenti di comunicazione nell’umanità.
La prima quando l’umanità, l’homo sapiens, cominciò a parlare e a comunicare attraverso le parole, in tutti i luoghi in cui esisteva l’homo sapiens sul pianeta Terra.
La seconda, quando l’Homo Sapiens cominciò a scrivere. E cominciò a comunicare attraverso la scrittura. Prima dei simboli e poi della scrittura, in Cina, in India, ecc.
Terzo, quando arrivò la stampa e allora fu possibile scrivere, e uscirono libri e giornali e un giornale poté circolare da un continente all’altro.
In quarto luogo, un momento di comunicazione strettamente legato al XX secolo, l’emergere del cinema, della radio e della televisione, che hanno dominato praticamente per tutto il XX secolo e parte del XXI secolo. Il nostro comandante Chávez è stato un maestro nella gestione dei media tradizionali ed è stato l’iniziatore dell’era di Twitter, maestro con @chavezcandanga, nel primo grande social network che è stato Twitter.
E siamo in un quinto momento comunicativo, decisivo, totale, dominante: quello dei social network. Oggi, quello che è Instagram, Facebook, TikTok e quello che oggi si chiama X in misura minore, e YouTube sono i social network dominanti. Dove le persone interagiscono per ore, dove si informano e dove comunicano. Qualunque essere umano nel quartiere più remoto di Caracas, di Shanghai, di Città del Messico, di New York, a quest’ora in cui stiamo parlando, prende il suo Instagram, prende il suo TikTok, prende il suo Facebook e manda un messaggio. E tante volte capita che quel messaggio diventi virale. A volte diventa virale a causa del contenuto, della natura sorprendente di ciò che pubblica. Altre volte diventa virale per colpa degli algoritmi dei proprietari stessi, di cui sono proprietari invisibili.
Prima tu sapevi chi possedeva Venevisión qui in Venezuela, chi possedeva Televen, chi possedeva non so quale stazione radio, il proprietario di “El Nacional”, Miguel Otero Silva, il tuo amico. Adesso non sai dove vive, né chi è il proprietario, chi è il capo di TikTok in Venezuela. Dove? Dimmi. Se ho una denuncia, se TikTok ha fatto questo, questo e questo contro la mia famiglia, dove vado? Quale legge lo regola? Questo è un argomento che deve essere studiato.
Ecco perché dico che dobbiamo costruire un nuovo sistema. Ho detto al popolo venezuelano: dobbiamo costruire un nuovo sistema di comunicazione, di influenza permanente. E l’ho chiamato il sistema RCMP – Redes, Calles, Medios y Paredes (Reti, strade, media e muri). Lo lascerò lì per te. E faccio il mio sforzo, do il mio contributo per mantenere TikTok vivo, attivo, attraente con cose per mantenere gli altri miei social network, per mantenere una voce diversa in quelle reti dominate dai poteri transnazionali e per comunicare sulle reti. Ma non possiamo fermarci qui, dobbiamo continuare a comunicare nelle strade, e nei media tradizionali, e sui muri, affinché anche i muri parlino.
Quindi è una questione vitale della nuova era che non deve essere trascurata, è una priorità. Chi vince la battaglia nelle reti, nelle strade, nei media e sui muri, vincerà la battaglia delle idee, come diceva Fidel, vincerà la battaglia politica, vincerà la guerra culturale. È decisivo.
IR: Signor Presidente, ultima domanda: il 2024 sarà un anno elettorale eccezionale a livello mondiale. Ci saranno elezioni in quasi settantacinque paesi. Per le elezioni si mobiliteranno più di 4 miliardi di persone. Elezioni negli Stati Uniti, in Russia, in India, in Ucraina. In America Latina ci saranno elezioni in Messico, in Uruguay, a Panama, in El Salvador, nella Repubblica Dominicana… e anche in Venezuela. Sembra che l’opposizione abbia già nominato circa nove candidati. E gli analisti danno per scontata la tua candidatura… Quindi vorrei chiederti se sarai davvero il candidato del chavismo per le elezioni presidenziali del 2024?
NM: Quello che posso dirti è che è ancora prematuro. L’anno è appena iniziato. Solo Dio lo sa… No Diosdado, Dio. Speriamo che siano definiti gli scenari elettorali per il processo che si svolgerà quest’anno e sono sicuro che, con la benedizione di Dio, prenderemo la decisione migliore.
Sono presidente non perché ho un ego, e un giorno ho detto: “Voglio essere presidente”. O perché ho il sangue blu. O il mio cognome Maduro, sangue blu, ‘amos del valle’, oppure sono nato per essere presidente, come questi ciarlatani politici della rancida oligarchia, che credono di essere predestinati a essere presidenti perché hanno sangue blu e un cognome. Sono un uomo coerente, nella vita ho trovato il modo di difendere un’idea, una causa, un progetto. E su quel cammino abbiamo incontrato il più grande maestro, il maestro dei maestri, l’indimenticabile nostro amato comandante Hugo Chávez, nostro padre, un padre per tutti, che ha costruito un progetto, ha riportato Bolívar, Bolívar, Bolívar ancora. Ha portato Bolívar nel XXI secolo e lo ha trasformato in un progetto di Patria Grande, in un progetto per il Paese, lo ha trasformato nella coscienza della gente.
Noi, o almeno io, dico noi perché faccio parte di un collettivo, faccio parte di una causa storica. Io non sono io, faccio parte di una causa storica, faccio parte di un progetto nazionale, faccio parte di un potente movimento popolare di milioni di uomini e donne. Faccio parte di una squadra: l’Alto Comando Politico Militare della Rivoluzione. Non mi impongo, non impongo un ego, una predestinazione. No. Perché sono presidente? Ebbene, perché il comandante Chávez, in un dato momento, ha dovuto prendere una decisione a causa di una malattia molto grave… E così è stato, e il popolo l’ha ratificata in elezioni eroiche, il 14 aprile 2013. E poi mi sono sottoposto alle prove di una guerra brutale, e quando è arrivato il 2017 – ricordate le guarimbas, quattro mesi di violenza, tentativi di colpo di Stato, tentativi di uccidermi – abbiamo realizzato l’Assemblea Costituente. La pace è stata imposta con la Costituzione in mano. E poi abbiamo vinto le elezioni governative consecutive. Abbiamo dato quella che in Venezuela viene chiamata “pela” a tutta l’opposizione unita. Erano incoraggiati. Ricordo Ramos Allup (del partito di Azione Democratica): “Su ventitré governatorati ne vinceremo venticinque”, affermava Ramos Allup.
Su 23 ne abbiamo vinti 19… Gli Stati più grandi e importanti del Paese… Miracolo popolare, miracolo chavista. E poi il 10 dicembre di quell’anno vincemmo le amministrative, ottenemmo l’80 per cento dei sindaci. E nel 2018, all’inizio del 2018, abbiamo tenuto un dibattito nel movimento popolare venezuelano, nel potere popolare, nel Grande Polo Patriottico, nel glorioso Partito Socialista Unito del Venezuela, e per questo mi sono candidato nuovamente. Perché lo hanno deciso loro, non perché io abbia detto “sono predestinato”, “ho il sangue blu”, “sono più figo”, “sono indispensabile”.
Quindi, in questa decisione sulla mia eventuale candidatura nel 2024, né le ambizioni personalistiche né le ambizioni individualistiche, né l’ego, né il sangue blu, verranno mai prima degli interessi del Paese. E quando verrà presa la decisione, qualunque essa sia, partiremo tutti alla conquista… Quello che posso dirvi oggi, quello che posso dirvi oggi, è che quest’anno 2024, il popolo del Venezuela darà una nuova lezione agli imperi del mondo, alla destra oligarchica, agli estremisti, che non dimenticheranno per decenni.
Il movimento popolare, le forze popolari e tutto il nostro Paese si preparano ad una grande vittoria elettorale e ad una nuova era di rivoluzione che verrà con il Piano Nazionale Simón Bolívar e con i progetti storici che ci ha lasciato il Comandante Hugo Chávez. Ve lo posso assicurare: il 2024 sarà un anno di grandi trionfi che aprirà le porte a grandi traguardi futuri per il 2025 e oltre.
IR: Bene, grazie mille, signor Presidente. Le auguro solo un felice anno nuovo e il meglio per lei, per la sua famiglia, per il suo Paese. Spero in una nuova intervista l’anno prossimo.
N.M.: Certo. Ci rivedremo. Buon Anno.
(Traduzione de l’AntiDiplomatico)
FONTE: https://www.lantidiplomatico.it/dettnews-ramonet_intervista_maduro_i_brics_sono_il_futuro_dellumanit_traduzione_integrale_in_italiano/5694_52166/
PANORAMA INTERNAZIONALE
L’ARGENTINA È UN LABORATORIO DI BIOPOLITICA
Entra in vigore il mega decreto sulla rivoluzione anarcocapitalista dell’economia. Ma una delle caratteristiche più innovative (nonostante nessuno ne parli) è la creazione di un ministero del capitale umano, il quale può rivelarsi un grande strumento di controllo sociale
Di Matteo Parigi per ComeDonChisciotte.org
Enjoy capitalism. Questa la scritta che capeggia sovrana sul proiettore durante una delle conferenze TEDx del neoeletto presidente argentino Javier Milei. Tuttavia, avrebbe avuto più senso l’espressione “Enjoy biopolitics”, goditi la biopolitica. In questi giorni, infatti, è stato approvato il mega decreto di necessità ed urgenza (Dnu) attraverso il quale è stata deregolamentata gran parte dell’economia, ma soprattutto sono stati eliminati ben undici ministeri.
Ad una prima impressione potrebbe sembrare l’ennesimo mega taglio ad opera del solito governo ultraliberista. Il solito taglio della spesa imposto dal nuovo favorito di Washington e Tel Aviv – convertito immediatamente all’ebraismo – per ragioni di risparmio ed “efficienza”. In parte lo è: anche i muri ormai conoscono il “pensiero” di Milei, ossia l’apoteosi dell’anarcocapitalismo più sfrenato, tanto da voler liberalizzare addirittura la vendita degli organi. Smembramento dello stato e iper-deregolamentazione: fin qui nulla di nuovo. Ma si tratta di una ragione parziale, che non tiene conto della ratio immanente alla vera filosofia che si è affermata in Argentina. Non è un caso, infatti, che Milei abbia fortemente voluto fondare il ministero del capitale umano (Ministerio de Capital Humano).
Il capitale umano, infatti, come già il filosofo Michel Foucault osservava, è un concetto pensato ed elaborato all’interno delle dottrine neoliberiste, in particolare quella americana, per cui il lavoro, l’attività lavorativa impiegata nella produzione, non deve più essere pensata in termini di tempo, ossia come un impiego indifferenziato di forza-lavoro. Si tratta, secondo i teorici del neoliberismo quali G.Becker, T.Schultz, J.Mincer, L.Robbins, di una visione classica obsoleta. I neoliberisti hanno iniziato a concepire il lavoro non come un fattore di produzione astratto (insieme al capitale e alla terra), bensì come un’altra forma dell’impresa economica. Più precisamente, ciascun individuo è una impresa in sé che vive secondo logiche di investimento e profitto. Analogamente ad una azienda, ognuno è una impresa produttrice di soddisfazione (utilità), che viene perseguita attraverso l’impiego di investimenti di vario genere: emotivi, lavorativi, energetici, sociali, mentali ecc. L’individuo nell’analisi economica smette di essere un fattore di produzione per diventare capitale umano: per se stesso un nucleo di risorse, innate ed acquisite, che deve investire e allocare razionalmente affinché ne ricavi la maggior utilità possibile; per la collettività o le aziende un contenitore di energie, forze, saperi, meccanismi utili all’economia, ma più strettamente al mercato.
Da una parte si tratta di osservazioni già elaborate da Max Weber, per il quale la razionalità dell’investimento è esattamente il cuore dell’etica capitalistica. Ma dall’altra i neoliberisti se ne differenziano nel momento in cui il ruolo affidato alle innovazini esogene viene spostato sull’individuo come capitale. Una delle novità introdotte dal neoliberismo americano consiste nell’inserimento dell’analisi tecnico-economica in tutti gli aspetti che fino a quel momento erano trascurati: le forze biologiche inerenti al lavoro, le quali non consistono nella forza newtoniana impiegata nell’atto lavorativo. L’essere umano è invece il prodotto di un’educazione, formazione psicologica, sentimentale; cresce o decresce nel tempo, quindi influenza le aspettative di produzione a seconda dell’età, sesso, mentalità, sapere ecc. Inoltre, dipende fortemente dall’ambiente in cui vive o è nato, che sia in termini di bio o antroposfera. Il capitale umano è composto due categorie di elementi:
- Innati = fattori biologici ereditari
- Acquisiti = elementi dell’individuo dovuti a fattori esogeni (educazione, istruzione, relazioni sociali ecc.)
In sintesi, la biopolitica neoliberale tratta gli esseri umani come un coacervo di capitali ed è la ragione per cui viviamo nell’epoca delle risorse umane ormai in tutte le grandi aziende. Implementando le tecniche economiche ed econometriche su tali elementi il neoliberismo scopre il vaso di pandora e rende ciascun fattore umano misurabile su scale quantitative; li categorizza, li rende controllabili ed è quindi possibile intervenire sulla genetica. Ecco che si scopre la matrice tacitamente razzista ed eugenetica e ciò in riferimento agli elementi innati degli individui. Per quanto riguarda gli elementi acquisiti, l’apparato neoliberista (e qui ritorna lo stato etico a servizio della società liberale) è un grande demiurgo che deve forgiare un sistema sociale, un’educazione, una formazione professionale idonei alla formazione di risorse umane, adatte al buon andamento del mercato.
Il grande fenomeno che il capitalismo deve scongiurare è la tendenza naturale alla caduta del saggio di profitto. Vi sono principalmente due strade da percorrere per riattivare la crescita, una ambientale e l’altra umana:
- Cercare o suscitare innovazioni (come già anticipato sopra). Seguendo la teoria di Schumpeter vi sono cinque modi:
- Produzione di un nuovo bene
- Introduzione di un nuovo metodo di produzione
- Apertura di un nuovo mercato
- Nuove fonti di materie prime
- Nuovo metodo di organizzazione della produzione
- Intervenire direttamente sul capitale umano
Ecco che il nuovo mondo neoliberale, non potendo scoprire nuove terre ed essendo diventato più complesso conquistare nuovi mercati, ha avuto l’dea di intervenire direttamente sugli uomini per innovarli, affinché la crescita economica trovi rinnovata spinta e il mercato possa così prosperare incessantemente. Al momento del prestigio, ecco che l’illusionista tira fuori dl cilindro il corvo del totalitarismo. Neoliberismo e biopolitica sono sicuramente fratelli, figli della grande ideologia atea e materialista liberale. Nessun valore sacro ha l’uomo che non possa venire messa sul mercato della tecnica economica in nome del dio “mano invisibile”. Il corpo fisico, l’età, le forze biologiche, i rapporti sociali e soprattutto le condizioni sanitarie e mediche della popolazione sono oggetto di intervento privilegiato di un neoliberismo lasciato a sé stesso affinché sia possibile superare l’umanità troppo umana e ricreare risorse transumane più efficienti per il mercato.
Ed è così che ci troviamo sistemi che tagliano lo stato nella sanità, nelle opere pubbliche, nel sociale; tagliano le ore di istruzione, le scuole; riducono gli ospedali, perché tutto ciò deve essere messo in vendita sul mercato, il quale a sua volta ci induce all’utilizzo di smartwatch che ci monitorano tutti i processi fisiologici, ci vuole smart nel cellulare che detiene tutti i nostri dati, finché non verrà inserito direttamente sotto pelle; nell’intrattenimento elargito da pochi oligarchi dell’indottrinamento e della censura che ci stanno togliendo la libertà di informare, essere informati e usufruire di arte libera, gratuita (ormai è tutto on demand previo abbonamento). La sanità biopolitica ha scatenato tutta sé stessa negli ultimi tre anni, per cui siamo diventati tutti malati salvo prova contraria e risorse da controllare, modificare geneticamente tramite inoculazioni, farmaci e biotecnologie. La mano invisibile ci sta spingendo, col necessario sostegno della politica e dei governi, verso la distopia digitale, dove tutto è panopticamente controllabile dai detentori di Big Data.
Il governo Milei in Argentina ha così deciso di palesare l’intrinseca unione tra biopolitica e neoliberismo, affidando a Sandra Pettovello il mastodontico ministero del capitale umano, il quale ha accorpato in sé ben cinque settori: lavoro, educazione, cultura, sviluppo sociale, questioni di genere. Va notato (ed è rivelatorio) che il piano originario prevedeva l’inclusione del ministero della sanità. Inoltre vi è anche la moglie di un ex ministro di Pinochet nell’equipe di transizione, a conferma del carattere ultradestrorso neoliberale del nuovo governo. Non che le amministrazioni di izquierda precedenti siano state da meno, tutt’altro. Gli argentini sono da molti anni al centro degli esperimenti dell’elìte globalista.
È quindi probabile che vedremo un’Argentina in cui le scuole sopravvivranno alla deregolamentazione non perché luoghi di crescita e sviluppo culturale, ma in base a quanti lavoratori utili per l’industria sforneranno. Gli ospedali seguiranno logiche di profitto, non di cura reale e giusta. L’economia verrà dominata da pochi monopolisti effettivi lasciati liberi di spolpare fino all’ultima piccola impresa “inefficiente”. E gli uomini subiranno sulla loro pelle tutto il totalitarismo che il Dio mercato richiede, soprattutto la vendita di sé stessi e l’ottenimento di quelle poche briciole di sussidi rimasti affinché accettino i programmi totalitari del potere vigente. Insomma, senza voler fare la sfera di cristallo, potrebbe darsi che l’Argentina diventi il primo grande laboratorio biopolitico apertamente dichiarato (e sottolineo dichiarato, perché “tacitamente” ci siamo dentro tutti in varia misura) del nuovo millennio.
Di Matteo Parigi per ComeDonChisciotte.org
31/12/2023
FONTE: https://comedonchisciotte.org/largentina-e-un-laboratorio-di-biopolitica/
Diocesi Livorno, parroco scomunicato perché in contrasto con Bergoglio
La chiesa di San Ranieri (Guasticce – Collesalvetti) perde il suo sacerdote. Il vescovo di Livorno, Simone Giusti, infatti ha scomunicato Don Ramon Guidetti, in carica dal 2017, a causa di quanto pronunciato durante l’omelia del 31 dicembre 2023 “in contrasto con papa Francesco e con la Chiesa” come riportato nel quotidiano della diocesi livornese LasettimanaLivorno. Durante la celebrazione della messa, come è possibile vedere nel video postato sulla sua pagina Youtube dal giornalista Andrea Cionci, autore del libro “Codice Ratzinger”, Don Guidetti non riconoscerebbe la figura di Papa Francesco poiché “Benedetto XVI non ha mai ceduto quel famoso munus petrino”.
Sempre la Diocesi fa sapere che il vescovo di Livorno aveva incontrato prima di Natale l’ex parroco di San Ranieri per “capire questo suo dissenso. Successivamente però ha dovuto procedere alla scomunica ufficiale con un atto da lui stesso firmato e redatto dal cancelliere”.
Guasticce, la lettera di scomunica a Don Ramon Guidetti
Di seguito riportiamo integralmente la lettera.
Cari confratelli, cari fedeli,
si comunica che Don Ramon Guidetti, Presbitero della Diocesi di Livorno e Parroco della Parrocchia di San Ranieri in Guasticce, in data 31 dicembre 2023, durante la Celebrazione eucaristica, ha pubblicamente compiuto un atto di natura scismatica, rifiutando la sottomissione al Sommo Pontefice e la comunione con i membri della Chiesa a lui soggetti (can. 751 CIC).
Mons. Simone Giusti, Vescovo della Diocesi di Livorno, in data odierna, ha emesso un Decreto (Prot. N. 1/24/VD), con il quale, a norma del can. 1364 § 1 del Codex Iuris Canonici, dichiara che Don Ramon Guidetti è incorso ipso facto nella scomunica latae sententiae.
Il suddetto sacerdote è, dalla data odierna, sospeso a divinis e rimosso dall’ufficio di Parroco della Parrocchia di San Ranieri in Guasticce, a norma dei cann. 1333 § 1 e 1336 § 1 del Codex Iuris Canonici.
Si ammoniscono i sacerdoti e i fedeli a non partecipare a eventuali sue celebrazioni o ad altre pratiche di culto, perché essi incorrerebbero ipso facto nella gravissima pena della scomunica.
Livorno, dalla Curia Vescovile 01 gennaio 2024
Don Matteo Giavazzi, Cancelliere vescovile
FONTE: https://www.imolaoggi.it/2024/01/02/diocesi-livorno-parroco-scomunicato/
La sopravvivenza del dominio di Washington sull’Onu
Al momento della loro istituzione le Nazioni Unite erano portatrici di un ideale di uguaglianza dei popoli e delle nazioni. Tuttavia, sin dai primi mesi di attività, Washington e Londra cominciarono a sostenere Israele contro il popolo palestinese. Indi Washington snaturò il Consiglio di sicurezza facendovi entrare Formosa al posto della Cina, provocando il boicottaggio dell’Unione Sovietica. Oggi il dominio degli Stati Uniti sull’Onu è denunciato da una larga maggioranza di Stati membri. Mentre i BRICS si stanno schierando in ordine di battaglia per costringere l’Onu a tornare al Diritto internazionale.
In un anno l’assemblea generale delle Nazioni unite si è profondamente modificata: a ottobre 2022, 143 Stati guidati da Washington condannavano le «annessioni illegali» della Russia in Ucraina; a dicembre 2023, 153 Stati chiedono un cessate-il-fuoco umanitario immediato a Gaza, nonostante il parere contrario di Washington.
In passato Washington poteva minacciare molti Stati per costringerli a conformarsi al suo volere e ad adottare le sue regole. Oggi gli Stati Uniti fanno meno paura:
• Certamente il Comando delle operazioni speciali degli Stati Uniti (USSOCom) può in ogni momento compiere azioni militari segrete in un qualsiasi Paese del mondo e uccidere dirigenti a suo piacimento, ma imprese di questo tipo sembrano diventare sempre più improbabili in grandi Paesi.
• Certamente il dipartimento del Tesoro può impedire relazioni commerciali con determinati Stati recalcitranti per farne crollare l’economia, al punto da affamarne la popolazione. Ma ormai la Russia e la Cina offrono mezzi per rompere l’isolamento economico.
• Certamente la gigantesca macchina d’intercettazioni dei Cinque Occhi (Australia, Canada, Stati Uniti, Nuova Zelanda e Regno Unito) è in grado di rilevare e diffondere nefandezze della classe dirigente di qualunque Paese recalcitrante, ma ci sono anche politici onesti che non possono essere ricattati per danneggiare la popolazione.
Da questo punto di vista, l’elenco degli Stati che hanno votato contro il cessate-il-fuoco a Gaza è illuminante: oltre a Stati Uniti e Israele, ci sono regimi di natura sorprendente:
• Austria
Karl Nehammer è formatore in comunicazione politica. Eccelle talmente in questo campo che riuscirebbe a fare accettare qualunque cosa. Militare di carriera, ha lavorato con Washington nella formazione degli ufficiali dell’intelligence. Oggi è cancelliere di uno Stato che un tempo era neutrale.
• Guatemala
Il presidente italo-guatemalteco Alejandro Giammattei rappresenta un piccolo gruppo di capitalisti. Lotta accanitamente contro coloro che lottano contro la corruzione: incarcera procuratori, leader di associazioni di Diritti umani, nonché giornalisti troppo curiosi. Fedele alleato degli Stati Uniti, è l’unico capo di Stato latinoamericano a essersi recato a Kiev e a Taiwan.
• Liberia
Presidente della Liberia è tuttora il calciatore e cantante George Weah. Il presidente neoeletto, Joseph Boakai, non è ancora entrato in carica. Senz’alcuna esperienza politica, Weah ha scelto come vicepresidente Jewel Taylor, moglie del criminale contro l’umanità Charles Taylor.
• Micronesia
La Micronesia è stata occupata dagli Stati Uniti fino a quando il presidente Ronald Reagan ne ha accettato l’indipendenza.
Oggi è comunque uno Stato sotto tutela, alla cui difesa provvede il Pentagono.
• Nauru
Piccolo Paese di nemmeno diecimila abitanti, Nauru è diventato indipendente dall’impero britannico solo nel 1968. Alle Nazioni unite tutti sanno che il “presidente” David Adeang è opportunista e corrotto. Il voto di questo Stato è sempre a disposizione del migliore offerente.
• Papua-Nuova Guinea
La Papua-Nuova Guinea è indipendente dall’impero britannico dal 1975. Sette mesi fa, l’attuale primo ministro, James Marape, ha firmato un accordo che autorizza gli Stati Uniti a usare il territorio del Paese come base avanzata nel Pacifico. Washington ha libero accesso a tutti i porti e aeroporti, in cambio di investimenti. Quando ha spostato l’ambasciata da Tel Aviv a Gerusalemme, Marape ha dichiarato: «Per noi che ci professiamo cristiani, rispettare pienamente Dio presuppone necessariamente riconoscere che Gerusalemme è la capitale universale del popolo e della nazione di Israele».
• Paraguay
L’attuale presidente, Santiago Peña, tenta di rinnovare le istituzioni del Paese tessendo le lodi della dittatura anticomunista del generale Alfredo Stroessner.
• Cechia
Probabilmente vi stupirete di trovare nell’elenco un altro membro dell’Unione europea. È perché vi siete persi l’elezione del nuovo presidente della Cechia, il generale Petr Pavel, amico personale dell’ambasciatore statunitense a Praga. Si è formato negli USA e nel Regno Unito ed è diventato presidente del comitato militare della Nato. Ex collaboratore dell’occupante sovietico, ha completamente riscritto la propria biografia, trasformandosi in moderno occidentale e usando il suo potere per allineare il Paese a Washington.
I 23 Stati che si sono astenuti sono alleati di Washington, ma non sono marionette come i Paesi che hanno votato contro. Comunque sia, gli Occidentali non hanno più la maggioranza (97 voti). Il G7 non è più un punto di riferimento.
A questo proposito non si può ignorare la situazione attuale del Giappone, dove un’inchiesta giudiziaria ha portato alla luce la corruzione generalizzata della classe politica. Dal 2018 al 2022 almeno 500 milioni di dollari sono stati versati a 99 parlamentari del Partito liberal-democratico, al potere senza soluzione di continuità da 67 anni (a parte due interruzioni durate in totale quattro anni). Questo Paese, presentato come una «grande democrazia», in realtà è una messinscena che maschera un sistema mafioso.
Come può il G7 pretendere d’incarnare e difendere nobili valori?
I Brics, dove i nuovi Paesi membri siederanno dal 1° gennaio 2024, ormai rappresentano oltre la metà dell’umanità. Lavorano per un mondo multipolare. Il loro intento, contrariamente alle ossessioni degli occidentali (la trappola di Tucidide), non è sostituire gli Stati Uniti con il duopolio Cina-Russia, ma abbandonare le regole occidentali per tornare al Diritto internazionale. Se non capite di cosa parlo, leggete il mio articolo sull’argomento: «Quale ordine internazionale?» [1]. Gran parte della pubblica opinione ignora che i membri della “comunità internazionale” (Washington e i suoi vassalli) non rispettano più la propria firma e non onorano più gli impegni assunti, a cominciare dalla risoluzione 181 [2], che prevedeva la creazione di uno stato palestinese, o, più recentemente, la risoluzione 2202, finalizzata a prevenire la guerra in Ucraina. E sono molti quelli che ignorano che le cosiddette «sanzioni» degli Occidentali sono in realtà armi da guerra e violano i principi della Carta delle Nazioni unite.
Per come è evoluta, l’assemblea generale delle Nazioni unite (Onu) si trova nella stessa situazione della Società delle nazioni (SDN) nel 1939. All’epoca, il presidente degli Stati Uniti, Woodrow Wilson, modificò in profondità il progetto originario della SDN respingendo il principio dell’uguaglianza tra i popoli; l’Onu invece, pur riconoscendolo nei testi, vi contravviene di fatto, come dimostra la questione palestinese. In entrambi i casi la finalità è salvaguardare il dominio anglosassone sul mondo: dall’esterno, nel caso della SDN, dato che Washington, dopo averne modificato lo statuto, si rifiutò di aderirvi; dall’interno, nel caso dell’Onu, cui Washington ha aderito ma di cui non ha mai rispettato lo statuto. È quindi ovvio chiedersi se i BRICS riusciranno a riformare l’Onu e a costringerlo al rispetto dei principi da esso stesso enunciati o se falliranno nel tentativo di salvaguardare la pace.
In quest’ottica, l’assemblea generale non si è limitata a esigere un cessate-il-fuoco umanitario immediato a Gaza [3], ma ha preliminarmente adottato una serie di risoluzioni che pretendono l’applicazione della risoluzione 181, il cui mancato rispetto è all’origine dell’attuale disordine. In particolare essa pretende che Israele indennizzi i palestinesi per i beni che persero quando vennero espulsi 75 anni fa [4].
NOTE
[1] “Quale ordine internazionale?”, di Thierry Meyssan, Traduzione Rachele Marmetti, Rete Voltaire, 7 novembre 2023.
[2] « Résolution 181 (II) de l’Assemblée générale des Nations Unies », ONU (Assemblée générale) , Réseau Voltaire, 29 novembre 1947.
[3] « Protection des civils et respect des obligations juridiques et humanitaires à Gaza », Réseau Voltaire, 12 décembre 2023.
[4] « Biens appartenant à des réfugiés de Palestine et produit de ces biens », Réseau Voltaire, 7 décembre 2023.
FONTE: https://www.voltairenet.org/article220191.html
POLITICA
Immunità parlamentare: come una garanzia democratica è diventata impunità della casta
L’origine è seria. Poi, però, nel corso degli anni una garanzia è diventata un privilegio. L’immunità parlamentare, infatti, è un principio fondamentale in molte democrazie
L’origine è seria. Poi, però, nel corso degli anni una garanzia è diventata un privilegio. L’immunità parlamentare, infatti, è un principio fondamentale in molte democrazie che mira a proteggere i membri del parlamento dall’arresto o dalla persecuzione legale per le loro opinioni politiche o per le azioni compiute nel corso del loro mandato parlamentare.
Questo principio ha una storia lunga e complessa che affonda le radici nel desiderio di garantire l’indipendenza del potere legislativo rispetto a quello esecutivo e giudiziario, così come nel tentativo di preservare la libertà di espressione e il dibattito politico.
Gia nell’antica Roma e nell’antica Grecia c’erano meccanismi e pratiche che offrivano una certa forma di protezione per i membri dell’assemblea o dei consigli decisionali.
Nelle poleis come Atene, gli strateghi (comandanti militari) e alcuni altri funzionari pubblici potevano godere di un certo grado di inviolabilità durante il loro mandato. Questo privilegio era principalmente finalizzato a garantire che potessero agire senza interferenze o rappresaglie politiche durante la loro gestione.
In Italia le cose cambiarono con l’avvento del fascismo. E Antonio Gramsci, ad esempio, il 27 novembre fu arrestato dalla polizia fascista e condannato a 20 anni di carcere dal Tribunale speciale per la difesa dello Stato in piena violazione dell’immunità parlamentare in quanto deputato. Quindi Mussolini non rispettò l’immunità per disfarsi degli oppositori politici,
Su volontà di Erdogan il 20 maggio 2016, il Parlamento turco approvò un emendamento costituzionale che rimuoveva l’immunità parlamentare per i deputati sotto inchiesta per reati di terrorismo. L’emendamento fu proposto dal partito di governo Akp del presidente Recep Tayyip Erdogan e fu approvato con una maggioranza superiore ai 2/3 dei seggi.
L’emendamento era stato fortemente criticato dall’opposizione, che lo vedeva come un tentativo di Erdogan di silenziare i suoi oppositori politici. L’Hdp, il principale partito di opposizione in Turchia, aveva 59 deputati sotto inchiesta per reati di terrorismo. L’emendamento apriva la strada all’arresto di questi deputati, tra cui il leader dell’Hdp, Selahattin Demirtas.
Quindi, come detto, l’immunità parlamentare prevista dall’ordinamento italiano all’articolo 68 della Costituzione come forma di garantia e tutela della libertà politica.
Poi i tempi sono cambiati e per qualcuno l’immunità parlamentare è diventata impunità parlamentare. Non senza atteggiamenti da casta che tanto indeboliscono la democrazia e rafforzano il populismo che, in quanto populismo, è sempre reazionario.
L’immunità nasce per poter fare liberamente e senza interferenze l’attività parlamentare. Finisce per proteggersi da reati comuni. Altro che Gramsci.
FONTE: https://www.globalist.it/culture/2024/01/02/immunita-parlamentare-come-una-garanzia-democratica-e-diventata-impunita-della-casta/
SCIENZE TECNOLOGIE
UNA TEORIA DELLA COSCIENZA
Il pensiero è la capacità di espressione di un individuo correlato alla sua appartenenza ambientale, è una elaborazione direzionata di input sensibili e dialogici che permette la comprensione. È la ragione per cui un essere viene definito tale. Si pensi a Cartesio e al suo cogito ergo sum, che esplica come dal pensiero si possa inferire la stessa essenza, il fatto di esistere. La mente, invece, è la culla del pensiero, è la sorgente primigenia da cui derivano tutti i pensieri, sorgente produttiva di moltitudini di forme, immagini e parole che permettono all’individuo di muoversi attraverso sé stesso e il mondo. Non è un caso che sia oggetto di studio da sempre, e che il logos permei la metafisica e a volte l’esoterismo. La fonte fisica del pensiero è il cervello, computer biochimico.
Tutt’altra ragione di analisi sono la psiche, la coscienza. Cosa è veramente la coscienza? La coscienza in quanto presenza e spazio mentale preesistente a ogni forma di pensiero è oggetto attuale di studi. Lo è sempre stata, dalla scienza ma anche dalle moltitudini di religioni rivelate che hanno provato a darne un senso in chiave di appartenenza al divino, ragioni d’esistenza altre rispetto alla normale osservazione, che è il moto conduttore della scienza da Galileo in poi. Attualmente, alcuni autori di grosso rilievo nel panorama scientifico stanno provando a dare corpo a uno studio reale e metodico della coscienza. Da Roger Penrose a Federico Faggin (che da fisico visionario vola da Isola Vicentina a Palo Alto per progettare il primo microprocessore commerciale), la risposta sembrerebbe trovarsi nei reami della fisica quantistica, dove le variabili causali che governano il mondo fisico cessano di esistere come tali. Nel mondo quantistico le possibilità aumentano di gran lunga; non è un caso, se si vuole stabilire la possibilità di libero arbitrio, o almeno una porzione. La coscienza potrebbe non essere fisica, ma bensì un campo e secondo Federico Faggin, come spiega nel suo libro Irriducibile, questo campo permea l’universo come variabile fondamentale, da cui si formano le coscienze relative che non sono altro che punti d’osservazione diversi, unità che derivano e appartengono a un’unica fonte originale.
Dall’uno, le moltitudini. È una metafora dell’universo: dal Big bang, un unico evento, si genera un universo in cui le entità e oggetti sono praticamente infinite, da quelli osservabili a quelli non. In pratica, l’universo stesso ha coscienza e questa coscienza siamo noi. L’universo ha una mente che osserva sé stessa, fa introspezione, si comprende e assume consapevolezza delle sue strutture e del suo funzionamento. Ad oggi, non ci sono definitive teorie accreditate dalla comunità scientifica sulla coscienza in quanto tale, ma la strada sembra essere oramai delineata. Una scienza della coscienza, la risposta definitiva a chi siamo veramente.
FONTE: https://opinione.it/cultura/2023/11/28/simone-fragasso-teoria-coscienza-universo-cartesio-penrose-faggin/
Il Nobel per la medicina assegnato a due scienziati farlocchi! La rivista Nature accusa la loro tecnica tossica e pericolosa
tratto dalla pagina Facebook del Professore Ordinario di Uni Insubria Marco Cosentino
Quest’anno il nobel per la medicina è stato dato agli inventori della tecnica di modificazione dell’RNA tramite inserzione di pseudouridine, che è stata impiegata nella messa a punto dei vaccini covid impiegati nel mondo occidentale. Ora, uno studio pubblicato su Nature documenta come questa modifica possa portare a errori di traduzione dell’RNA che, per dirla con le parole degli autori, “potrebbero ridurre l’efficacia o aumentare la tossicità“. Le persone dunque pare siano state costrette a volare su un aereo non solo ancora in fase di assemblaggio, bensì assemblato con nastro adesivo e domopak.
Dopo le affermazioni di Janine Small, presidente della sezione della Pfizer dedicata allo sviluppo dei mercati internazionali, rilasciate in audizione presso l’Europarlamento, è la volta di quelle di Kathrin Jansen, responsabile della ricerca e sviluppo dei vaccini presso Pfizer, e recentemente andata in pensione. Le dichiarazioni di Jensen sono state raccolte in una intervista a lei fatta da parte della rivista Nature e danno, una volta di più, il senso di come la politica emergenziale pandemica sia stata sorretta da una narrazione politico-mediatica non aderente alla realtà dei fatti. «Abbiamo pilotato l’aereo mentre lo stavamo ancora costruendo», sono state alcune delle affermazioni di Jansen.
Vaccini, ricercatrice Pfizer: “Abbiamo pilotato l’aereo mentre lo stavamo costruendo”
tratto da L’Indipendente
Kathrin Jansen ha lavorato più di trent’anni per l’industria del farmaco, in particolare nel campo dei vaccini, per industrie come Merk e Pfizer. Mentre lavorava alla Merck ha guidato lo sviluppo del vaccino contro il papillomavirus umano Gardasil, per cui numerose cause sono in corso negli Stati Uniti. Più tardi, in Pfizer, ha abbracciato la tecnologia coniugata proteina-polisaccaride che ha portato ai vaccini polivalenti Prevnar per la malattia da pneumococco, i quali, solo lo scorso anno, hanno generato una vendita per un valore di circa 5,3 miliardi di dollari.
Quando l’emergenza da Sars-Cov2 si è affermata nel 2020, Pfizer stava già collaborando con BioNTech sui vaccini mRNA per l’influenza ma, come dice Jansen nell’intervista a Nature, «il COVID ha cambiato tutto in termini di come affrontare il concetto di ricerca e sviluppo del vaccino end-to-end, guidato dall’enorme urgenza». La ricercatrice ha poi spiegato come, nel marzo 2020, il CEO di Pfizer, Alber Bourla, abbia chiesto che il vaccino fosse pronto entro la fine di quello stesso anno e che la sua reazione è stata quella di dire che ciò fosse «pazzesco». Jansen prosegue però dicendo che «il denaro non era un problema e, quindi, puoi fare cose incredibili in una quantità incredibile di tempo». Infatti, i soldi non erano un problema perché gli Stati hanno lautamente finanziato il processo di ricerca e di produzione da parte delle aziende, salvo poi dover pagare profumatamente anche i vaccini prodotti grazie agli stessi fondi pubblici. Secondo i dati raccoltati dal portale The Knowledge Network on Innovation and Access to Medicines del Global Health Center, fino a marzo 2021, dei 5,9 miliardi di dollari di investimenti in ricerca e sviluppo sui vaccini Covid-19, il 98,1% proveniva da finanziamenti pubblici.
In merito quindi all’urgenza richiesta, sia da parte dell’azienda che da parte degli Stati, Jansen prosegue con delle affermazioni inequivocabili circa la sperimentazione del prodotto e la produzione: «Siamo diventati creativi: non potevamo aspettare i dati, dovevamo fare così tanto a rischio. Abbiamo pilotato l’aereo mentre lo stavamo ancora costruendo». Non solo. Se qualcuno avesse ancora dei dubbi, la ricercatrice continua dicendo: «Tutta la burocrazia è caduta. Stavamo facendo le cose in parallelo, guardando i dati e facendo la produzione. Di solito, la produzione non viene coinvolta fino a distanza di anni in un programma». Ma c’è di più. Proseguendo, Jansen ricorda, oltre le intere e convulse giornate a lavorare, le telefonate con i colleghi di ricerca e produzione in cui diceva: «Abbiamo quattro costrutti diversi, preparateli tutti e quattro»; e continua dicendo che «Col passare del tempo e della produzione, poi più tardi l’abbiamo ristretto. Abbiamo buttato via molto che non funzionava, ma avevamo sempre altre cose già su larga scala da portare avanti». In altre parole, sperimentazione e produzione hanno proceduto sullo stesso binario e senza soluzione di continuità, in continuo aggiornamento mentre milioni e miliardi di dosi di prodotto venivano vendute e inoculate.
Nell’agosto scorso Pfizer e BioNTech hanno chiesto alla Food and Drug Administration (FDA) – l’organo statunitense che regola i prodotti farmaceutici – di autorizzare, nei confronti degli individui dai 12 anni in su, l’uso emergenziale di una dose addizionale di un vaccino anti-Covid bivalente adattato alla variante Omicron BA.4/BA.5. La richiesta all’ente regolatore arrivò però senza alcuno studio clinico ancora effettuato e senza quindi nessun dato in supporto. Mentre nell’ottobre scorso la Procura europea ha aperto un’indagine sugli acquisti di vaccini anti-Covid 19 da parte dell’UE – con tutta la questione annessa dei rapporti tra Ursula von der Leyen e l’amministratore delegato di Pfizer, Albert Bourla – questo mese, a quasi due anni dall’inizio della campagna vaccinale, Pfizer e Moderna hanno annunciato l’avvio di alcuni studi clinici con l’intento di fare luce sugli effetti avversi a lungo termine che potrebbero manifestarsi nei giovani che hanno riscontrato problemi cardiaci in seguito alla somministrazione del vaccino anti-Covid.
FONTE: https://www.dcnews.it/2023/12/07/il-nobel-per-la-medicina-assegnato-a-due-scienziati-farlocchi-la-rivista-nature-accusa-la-loro-tecnica-tossica-e-pericolosa/
STORIA
Radici del nazifascismo in Ucraina. Una genesi che viene da lontano.
FINO al 1945 ( II °parte) – a cura di Enrico Vigna, maggio 2022
Klara Vinokur Semyonovna una sopravvissuta miracolosamente scampata al massacro ha dichiarato: “…è importante non solo perpetuare la memoria di coloro che sono morti a Babi Yar, ma anche evidenziare le radici di quella tragedia. La cosa principale è impedire l’ipocrisia e la frode storica. I nazionalisti ucraini furono i più zelanti in quelle esecuzioni insieme ai nazisti: tra i 1.500 punitori a Babi Yar, 1.200 provenivano dall’OUN. Oggi in Ucraina i loro eredi ideologici glorificano Bandera e tutti gli altri nazionalisti e oltraggiano i Veterani della Grande Guerra Patriottica…”.
In Bielorussia nel marzo 1943 ci fu il massacro di Khatyn, dove il 118° battaglione punitivo, formato dai nazionalisti ucraini bruciò 149 civili in un fienile, metà dei quali erano bambini. Dalle testimonianze al processo del’ex poliziotto Vasily Meleshko la verità è emersa brutalmente: gli stessi punitori del 118° battaglione, diventati famosi per il massacro a Babi Yar, dove furono particolarmente atroci, dopo il sanguinoso lavoro di “alta qualità” a Kiev, divennero una garanzia di tetra scrupolosità per l’invio del 118esimo battaglione punitivo della polizia nazionalista ucraina a Kathin.
I battaglioni ucraini parteciparono al controllo di 50 ghetti ebraici e 150 grandi lager creati dai nazisti in Ucraina, si occuparono anche della deportazione degli ebrei dal ghetto di Varsavia nel luglio 1942. La polizia dell’OUN ha partecipato anche alle stragi della popolazione a Chudnov (500 persone, 16 ottobre 1941), a Radomyshl e Belaya Tserkov. A Dubno , il 5 ottobre 1942, la polizia ausiliaria ucraina sparò a 5.000 ebrei e sovietici.
FONTE: https://donetskrussia.wordpress.com/2022/06/25/radici-del-nazifascismo-in-ucraina-una-genesi-che-viene-da-lontano-5/
°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°