RASSEGNA STAMPA DETTI E SCRITTI
20 MAGGIO 2021
A cura di Manlio Lo Presti
Esergo
Ad un bambino non si insegna a rispettare un gay,
gli insegna a rispettare TUTTI
Non gli si insegna a non picchiare una persona di colore,
gli si insegna a non picchiare NESSUNO
Non gli si insegna a non maltrattare una donna,
gli si insegna a non maltrattare NESSUNO
Cit.Paolo Pagani, Post di Facebook, 19 05 2021 da Mauro BRAGUTI
https://www.facebook.com/dettiescritti
https://www.instagram.com/dettiescritti/
Le opinioni degli autori citati possono non coincidere con la posizione del curatore della presente Rassegna.
I numeri degli anni precedenti della Rassegna sono disponibili sul sito www.dettiescritti.com
Precisazioni legali
www.dettiescritti.com è un blog intestato a Manlio Lo Presti, e-mail: redazionedettiescritti@gmail.com
Il blog non effettua alcun controllo preventivo in relazione al contenuto, alla natura, alla veridicità e alla correttezza di materiali, dati e informazioni pubblicati, né delle opinioni che in essi vengono espresse. Nulla su questo blog è pensato e pubblicato per essere creduto acriticamente o essere accettato senza farsi domande e fare valutazioni personali.
Le immagini e le foto presenti nel Notiziario, pubblicati con cadenza pressoché giornaliera, sono raccolte dalla rete internet e quindi di pubblico dominio. Le persone interessate o gli autori che dovessero avere qualcosa in contrario alla pubblicazione delle immagini e delle foto, possono segnalarlo alla redazione scrivendo alla e-mail redazionedettiescritti@gmail.com
La redazione provvederà doverosamente ed immediatamente alla loro rimozione dal blog.
°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°
SOMMARIO
IL GREEN SOSTENIBILE, IL PAUPERISMO E L’HELICOPTER MONEY
In arrivo la scarsità delle materie prime: la follia di un lockdown green
Russia 1918: il primo Grande Reset della storia
Caos gender nel Lazio. Salta la nota alle scuole dopo l’onda di proteste
Ma almeno Dante può entrare in casa
“Non ci sono riferimenti ad autori neri!”: censurato libro di storia americano
Svendere le imprese primarie italiane date in garanzia di un debito pubblico in crescita
Diteci la verità sul Mes e sulla sovranità
Il 2030 per il World Economic Forum: comunismo e intelligenza artificiale
“Connessioni” di Francesca Sifola
“LE COSTITUZIONI”: LE STELLE DELLA REPUBBLICA POPOLARE CINESE (VIDEO)
“Uragano Ratzinger”: il superfile che non deve girare troppo
Mario Draghi, Renato Brunetta a Minzolini: “Se non viene eletto al Quirinale, Italia in bancarotta il giorno dopo”
Quando il problema del debito pubblico esplose nella Venezia del ‘500
EDITORIALE
IL GREEN SOSTENIBILE, IL PAUPERISMO E L’HELICOPTER MONEY
Manlio Lo Presti – 20 maggio 2021
La lettura razziale di ogni evento sociale, di concerto con un “green” martellato colpi di slogan nel mesencefalo di miliardi beoti neuronicamente asfaltati, sta distruggendo gli assetti economici mondiali in favore di un pauperismo felice di massa. La frugalità ecologica, sempre “sostenibile”, è la foglia di fico che ha lo scopo di coprire l’operazione di blocco a livello zero dei tassi di prestito.
Il rialzo dei tassi di prestito conseguenti al piano credibile di rilancio degli investimenti strutturali e il rilancio della domanda effettiva farebbero abbassare le quotazioni di borsa delle centinaia di migliaia di miliardi di euro investiti nell’acquisto di strumenti finanziari Derivati. Tali strumenti sono nei bilanci dei fondi sovrani di Cina, USA, Gran Bretagna, Francia, Norvegia, dei conglomerati finanziari globali, nelle banche-ombra, nelle assicurazioni, nei centri di internazionali di riciclaggio e dirottamento di immense some a favore di legioni private impegnate nelle centinaia di conflitti regionali sparsi per il mondo.
Il tasso, quindi, deve ad ogni costo inchiodato sullo zero, con il correlato blocco economico, anche a costo di creare oltre 200.000.000 di disoccupati ai quali si aggiungeranno presto gli oltre 150.000.000 di espulsi dai cicli produttivi robotizzati. Questo accadrà perché i Piani Alti hanno capito che il costo totale del sussidio a 200/300 milioni di espulsi costerà meno del differenziale di ribasso totale dei derivati esistenti in giro.
Si comprende adesso la creazione a tavolino di alcuni partiti occidentali il cui preciso compito è quello di spingere ossessivamente per la erogazione di un reddito universale a determinate fasce basse di reddito. Si comprende adesso perché il superpretoriano ex Bankitalia, ex BCE, ex GOLDMAN SACHS è stato l’ideatore del gesto di buttare le banconote dal cielo (helicopter money) agli straccioni che si azzuffano per afferrarli in mezzo al fango e alla polvere a suon di bestemmie, di urla e di digrignare di denti: tutto è stato pianificato a tavolino.
Il pauperismo:
assieme al GREEN, assieme alla crescente scarsità delle risorse, assieme alle sempre più frequenti interruzioni nella erogazione di luce, gas, telefono, acqua, assieme alla scarsità delle risorse (acqua, grano, metalli, ecc.), assieme alla robotica, assieme alla automazione del lavoro, assieme alla digitalizzazione, assieme alla domotica, assieme al controllo facciale di massa, assieme al comportamento umano valutato a punti come quelli della patente, assieme al lavoro a distanza che scatenerà la diffusione rapidissima di un immenso caporalato elettronico planetario in Occidente, con la facile concorrenza dell’indiano o dell’asiatico che, per lo stesso lavoro a distanza, chiederà 200 euro al mese,
provocherà un crescendo di violenza che per ora è ancora verbale, ma si stanno vedendo all’orizzonte – per chi vuole vedere ed è capace di farlo – una sequenza strisciante di reazioni sempre più violente da parte delle forze di polizia in moltissimi Stati, con la contemporanea violazione e calpestamento dei diritti sociali e individuali, con la censura di tutto quello che non rientra nei canoni neomaccartisti della razzializzazione buonista e politicamente-corretta dell’universo mondo, con una vastissima e capillare opera di disinformazione di terra, di mare e di aria.
Adesso, queste fiammate sono accese alla periferia del Sacro occidentale impero Tecnotronico, ma stanno arrivando rapidamente dentro le città.
Nel frattempo, tutti – totalmente ipnotizzati dalla diffusione velocissima del primo psychovairuss telematico della storia – sono impegnati ad azzuffarsi in accese discussioni ermeneutico-trascendentali-tecnofarmacologiche ipotizzando se è meglio astra zeneca, moderna, johnson&johnson, pfizer… juve si, inter no…
Tutto questo salvo l’arrivo proditorio di varianti JK/KN.35 PER N CHE TENDE A ZERO VIRGOLA TRE, VERS. 165.54.13.1.0 … ovviamente.
TUTTO QUESTO PSICODRAMMA OSSESSIVO SI SVOLGE MENTRE LA NAVE DELL’OCCIDENTE-TITANIC PRESENTA UNA PENDENZA DELLO SCAFO DEL 45% CHE TUTTI FANNO FINTA DI NON VEDERE!
Siete stati avvisati!
IN EVIDENZA
In arrivo la scarsità delle materie prime: la follia di un lockdown green
Un certo numero di imprenditori del Nord riceve avvisi dai fornitori di questo tenore: “Gentile cliente, la supply chain mondiale, definita come flusso di approvvigionamento di materie prime e semilavorati, è piombata nelle ultime settimane in una crisi improvvisa, gravissima e inedita se rapportata agli ultimi decenni. Ciò principalmente a causa delle interruzioni dovute a lunghi periodi di lockdown dello scorso anno.
di Maurizio Blondet
La disponibilità di beni e servizi alle aziende industriali non è solo calata drasticamente, ma il loro prezzo ha subito aumenti improvvisi mai registrati per la materia prima, la cui disponibilità sul mercato è sempre più scarsa, ha subito nel nostro campo (metalli) rincari del 35-40%. Il trasporto su container e su nave ha subito aumenti del 400%, con la sostanziale irreperibilità del servizio. I materiali che giungono via mare hanno subito rincari del 15-25%”.
Ricordiamo che tale rottura è contemplata nella tabella di marcia del Gran Reset uscita dal Canada, solo un po’ più avanti:
Interruzioni della catena di approvvigionamento previste, carenza di scorte, grande instabilità economica. Previsto per la fine del secondo trimestre del 2021.)
La CNBC riporta il rincaro eccezionale dei containers e lo spiega così:
Ci sono alcuni fattori che derivano dalla pandemia che guida questo fenomeno. In primo luogo, la Cina sta inviando molte più esportazioni negli Stati Uniti e in Europa rispetto all’inverso. La sua economia si è ripresa più rapidamente poiché la situazione del virus all’interno dei suoi confini era praticamente sotto controllo nel secondo trimestre dello scorso anno. Di conseguenza, i container sono bloccati in Occidente quando sono veramente necessari in Asia.
Ci sono circa 180 milioni di container in tutto il mondo, ma “sono nel posto sbagliato”, ha affermato Yeager di Redwood Logistics”. Migliaia sono in California su navi che aspettano di entrare nei porti, mentre la Cina rivuole i “suoi”.
Ma il Baltic Dry Index, ossia il costo del trasporto per nave dei carichi secchi e rinfuse (metalli, carbone, grani, cotone…), non è aumentato che del 5-6%.
I containers sono un problema a parte: vi si trasportano merci finite di un certo prezzo, come i mobili Ikea made in Indonesia.
Come mai l’Occidente impone prezzi bassi sulle materie prime? “E te lo chiedi? Perché altrimenti i prezzi al consumo salgono qui, i consumatori si accorgerebbero che c’è stata inflazione, chiederebbero paghe più alte, eccetera”.
“Adesso sono giunte le interruzioni del Covid, assenze e rincari; ma le “normative” ecologiste, green e “umanitarie” della UE hanno aggravato tutto”.
In che senso? “Ho da importare un carico di caffè verde dal Kenia, e sono obbligato ad assicurarmi che viene da coltivazioni che non hanno danneggiato la foresta pluviale”. Ma non esiste la foresta pluviale in Kenya! E’ un altipiano; inoltre il caffè viene coltivato in montagna.
“Per lo stagno come per il cobalto”
rincara D’Orlando, “la Apple si è messa a denunciare che forse arrivano da miniere illegali – sfruttando il lavoro minorile. Un giornale italiano ha tirato fuori che il produttore sfrutta il lavoro minorile nella miniera. Servizio basato su una mamma che portava il figlio nel complesso minerario.
Adesso per l’import devo certificare che la ditta non sfrutta il lavoro minorile. Ma è un’azienda di Stato ha gli asili nido per i dipendenti! E tutto ciò mentre lo stagno, a forza di essere a basso prezzo, è diventato raro, non perché ce ne sia poco in natura, ma perché conviene ancora meno estrarlo oggi, con le costose certificazioni che impone l’Europa”. “Di stagno restano poche migliaia di tonnellate nel mondo – un prodotto essenziale per le saldature dell’elettronica”.
Scarsità! Sì come in Unione Sovietica: dove le merci costavano “poco” perché era lo Stato a stabilire il prezzo, troppo basso. Sicché costavano poco ma non si trovavano. I cittadini si mettevano in coda per la carta igienica, la cui fornitura finiva prima che finisse la fila”. Ricordo.
“Qui è lo stesso. Non esiste più il libero mercato. I prezzi sono manipolati tutti, a livello di finanza, derivati eccetera, indipendentemente dalla domanda e dall’offerta. I vaccini, mica sono “sul mercato”, sono commesse pubbliche miliardarie. E’ un mercato sovietico globale”, conclude D’Orlando. In fondo è quel che dice Schwab: alla quarta rivoluzione industriale occorre una dose di marxismo.
FONTE: http://www.elzeviro.eu/affari-di-palazzo/economia-e-finanza/arrivo-la-scarsita-delle-materie-prime-la-follia-un-lockdown-green.html
Russia 1918: il primo Grande Reset della storia
Nell’agosto 1918 venne deciso di istituire una vera e propria “dittatura alimentare”. Lo Stato ebbe il monopolio completo degli approvvigionamenti […] introdusse un sistema di tessere alimentari con cui decideva cosa e in quale misura ciascuno poteva mangiare. Noti scrittori, studiosi ed esponenti della società civile sgraditi ne furono vittime. […] Successivamente vennero proibite, senza eccezioni, tutte le attività economiche, perfino i più piccoli negozi di sarto, calzolaio o gelataio.
di Maurizio Blondet
Rispetto al 1913, tra il 1920 e il ’21 la produzione industriale era calata dell’82 per cento e la produzione di cereali del 40 per cento. Le città si svuotarono perché i loro abitanti scapparono in campagna alla disperata ricerca di cibo. La popolazione di Pietrogrado da quasi due milioni e mezzo di abitanti si ridusse a circa 740 mila, con un salto in meno pari ai due terzi della popolazione; nello stesso periodo Mosca perdette circa la metà dei suoi abitanti, mentre il totale della popolazione in Russia diminuì di circa un terzo” (statistiche di Krasnaia Gazeta 9 febbraio 1921).
Riprendo la magistrale prefazione di Paolo Sensini
al Il Terrore Rosso in Russia, 1918-1923 di Sergei Mel’gunov, il primo che documentò come fosse stato Lenin e non Stalin, a inaugurare il Terrore come metodo di governo – con la forte sensazione che questo passato sia il futuro che ci prepara il Gran Reset di Davos come da tabella di marcia esfiltrata dal Canada (rileggetela).
L’analogia fra il “comunismo di guerra” e la dittatura sanitaria con gulaghizzazione (lockdown) delle popolazioni superflue e inquinatrici, sono abbacinanti. Il nuovo lockdown decretato da Speranza con la firma di Draghi (in posizione di subalterno al primo) ci dice che non si fermeranno davanti a nulla, fino a che avranno raggiunto i loro scopi.
Lenin e il suo stato maggiore non si fecero fermare né convincere dalla palese distruzione non solo di vite umane, ma di un tragico arretramento economico che la loro ricetta aveva provocato – al punto da alienarsi la stessa classe sociale che pretendevano di favorire e mettere in pericolo il regime stesso: perché contrariamente alla nostra passività di oggi, “nei primi tre mesi del 1920 furono toccate dagli scioperi tre quarti delle fabbriche. A dispetto delle minacce di arresto e fucilazione gli operai sfilavano al grido di ‘Abbasso i commissari!”.
Avevano “la scienza”
“La loro intenzione era di fare del 25 ottobre 1917 la data di inizio di una nuova civiltà, il punto di ripartenza della storia del mondo”, hanno scritto i Medvedev. “Ripartenza” è letteralmente quello che intende il Forum di Davos per Grande Reset. Lenin e il Comitato Centrale bolscevico facevano proprio lo slogan dei globalisti miliardari ed ecologici: “build back better”, ricostruire meglio una società sbagliata.
Come Bill Gates e Schwab, Lenin credeva di applicare “una verità scientifica”. Lui gli insegnamenti del marx-leninismo: “arrogandosi la facoltà di conoscere le “specie” sociali, Lenin decise quali dovevano scomparire perché condannate dalla storia”.
Esattamente come i miliardari globali, e i loro servi politici messi al governo dovunque in occidente, hanno (con l’impostura della pandemia) abolito intere categorie sociali che ritengono dannose (gli occupati in turismo accoglienza e tempo libero, fino alle compagnie aeree low cost e agli attori) e smantellato interi servizi sociali destinati ai superflui, dalla Sanita Pubblica universale alla Pubblica Istruzione alla previdenza sociale.
Analogamente, “il Partito e i suoi ingegneri delle anime umane non si sarebbero più fermati fino a quando gli individui sotto il suo imperio non si fossero trasformati in rotelle (vintiki) sostituibili di un “ingranaggio tecnico” oppure una sorta di robot umani.
Con queste premesse, stupirà apprendere che come i miliardari d’oggi puntano alla moneta digitale e al reddito universale di sussistenza digitale, anche i bolscevichi puntavano alla “completa abolizione della moneta”?
E come la Open Democracy di Soros proclama che approfittando del virus “è ora di abolire la famiglia”, così i rossi si adoperavano a “far esplodere il guscio della vita privata”, perché, come predicava la Krupskaia (la donna di Lenin) gli spazi privati al di fuori dello Stato erano “un pericoloso brodo di coltura per controrivoluzionari”?
Nel 2030 non possederai niente e sarai felice
proclama il Forum di Davos. I bolscevichi, “per costringere le masse russe sull’altare di una “società futura” che esse dovevano preparare ma non godere non c’era altro mezzo che il Terrore, ricetta che fu subito messa in opera sotto Lenin” (R. Mondolfo).
Da noi il terrore mediatico non basta, già si minacciano licenziamenti di medici e infermieri che cercano di sottrarsi al vaccino dagli imponenti effetti avversi; in Israele già non si possono fare acquisti al supermercato senza presentare la tessera di vaccinazione; l’obbligatorietà viene imposta sempre più duramente.
Anche l’iconoclastia dei Black Lives Matter ha il suo originale nel bolscevismo reale. “In nome del nostro domani metteremo al rogo Raffaello, distruggeremo i musei, schiacceremo i fiori dell’arte”, urlò il movimento Proletkul’t (Cultura proletaria).
Giustappunto la Krupskaia, nominata dal marito direttrice del Comitato generale per l’istruzione politica, epurò le biblioteche sovietiche di 94 autori, fra cui Platone, Dante, Cartesio, Jules Verne, Ernst Mach, Fedor Dostojevski, Kropotkin al pari di Solo’vev – e furono vietati il Requiem di Mozart, quasi tutto Bach, e i Vespri di Rachmaninov”.
Impoverirono anche le menti
A giudicare dalla monocorde uniformità propagandistica di giornali e tv, con la demonizzazione di ogni deviazione dal pensiero unico, non siamo lontani dal momento che viene così descritto: a forza di “demagogia, di coercizione e di repressione, il governo statizzò, monopolizzò tutto, assolutamente tutto, perfino la parola, perfino il pensiero. Esso divenne il solo detentore di tutte le verità, il solo proprietario di tutti i beni materiali e spirituali”.
Il successo del Gran Reset 1920 è testimoniato da queste cifre ufficiali:
[…] Secondo l’Ufficio centrale di Statistica, in seguito alla carestia del 1921-22, morirono 5.053.000 abitanti. A queste vanno aggiunte quelle della guerra civile: nel 1918-20 il Paese perse 10 milioni di persone. Dunque tra il 1918 e il ‘22 le perdite salirebbero a circa 15 milioni, il 10% della popolazione. Per confronto in Spagna le perdite durante la guerra civile (1936-39) rispetto all’insieme della popolazione furono l’1,8%, nella Guerra di Secessione in Usa, l’1,6.
Bill Gates si è lasciato sfuggire che a forza di vaccinare il mondo, si può ridurre la popolazione globale di un dieci per cento. Dati i mezzi più moderni, non dubitiamo che possa fare meglio di Lenin.
FONTE: http://www.elzeviro.eu/affari-di-palazzo/economia-e-finanza/russia-1918-primo-grande-reset-della-storia.html
BELPAESE DA SALVARE
Caos gender nel Lazio. Salta la nota alle scuole dopo l’onda di proteste
19 Maggio 2021
La Regione: bagni ad hoc e nomi scelti dagli adolescenti trans. La retromarcia in serata
Dura lo spazio di una giornata un documento choc della Regione Lazio sui gender. Si tratta di alcune linee guida inviate alle scuole con le quali si davano consigli su come trattare eventuali problematiche degli studenti relative al genere. Un papier che ha scatenato una bufera. Si parlava di modifica della carriera reale dello studente con l’assegnazione di una identità provvisoria, utilizzo di nomi scelti dallo studente (diversi da quelli di battesimo), uso di bagni e spogliatoi ad hoc per consentire agli «adolescenti transgender» di non utilizzare quelli divisi per genere. Un putiferio. Associazioni in difesa della famiglia in rivolta, bufera politica, indignazione. Risultato: il documento è stato ritirato, seppur con una motivazione tecnica e non di merito. Titolo del documento: «Strategie di intervento e promozione del benessere dei bambini e degli adolescenti con varianza di genere». Le indicazioni, contenute in un testo di 10 pagine, sono state inviate alle scuole di ogni ordine e grado della Regione Lazio, con i loghi dell’Azienda Ospedaliera S. Camillo Forlanini di Roma, che nel pomeriggio di ieri ha però preso le distanze. «È stato utilizzato, senza alcuna autorizzazione, il logo dell’Azienda». Ecco quindi l’appiglio per fare una retromarcia e ritirare il papier. Con la seguente motivazione: «Si apprende che l’istituto Metafora ha utilizzato, senza alcuna autorizzazione, il logo dell’Azienda abusando di un rapporto di convenzione in corso nella sua collaborazione con questo Ufficio scolastico regionale. La fiducia nel pedigree del documento non può che essere incrinata dal fatto di aver appreso che l’estensore avrebbe una affiliazione scientifica diversa da quella che era stata rappresentata a questo Ufficio».
Pure l’assessore alla Sanità della regione Lazio Alessio D’Amato sconfessa il plico: «Sono sorpreso su come sia stata possibile la diffusione alle scuole da parte dell’Ufficio scolastico regionale»
Il tema è quello del gender, delle teorie (molto controverse e dibattute) del «superamento del concetto di binarismo sessuale che prevede l’esistenza di solo due generi (maschile e femminile)» a favore di uno «spettro» o «identità di genere» più ampio. L’obiettivo delle linee guida è aiutare il personale scolastico a «gestire minori transgender» per «permettergli di seguire il percorso scolastico nel modo più sereno possibile». Ma anche di «creare, diffondere e preservare un ambiente di apprendimento sicuro, inclusivo e affermativo per tutti gli studenti». Nel documento, quindi, si indicano le «principali buone pratiche»: bagni ad hoc, l’eliminazione della casella maschio-femmina nella modulistica, uso di nomi indicati dall’adolescente.
Genitori e associazioni, sul piede di guerra, hanno chiesto al ministero dell’Istruzione «la sospensione dell’iniziativa prevista per l’inizio del prossimo anno scolastico».
A bocciare la proposta, Lega e Fratelli d’Italia del Lazio. Simona Baldassarre, medico, europarlamentare della Lega, ha chiesto l’immediato ritiro delle linee guida, perché «introducono la teoria gender nelle scuole indottrinando i bambini, sottraendo il primato dell’educazione alle famiglie».
L’iniziativa «potrebbe ledere in maniera quasi irrimediabile il percorso di crescita di qualsiasi adolescente alle prese con problematiche di questo genere», dice la consigliera regionale FdI, Chiara Colosimo. «La circolazione di queste Linee guida fa pensare ad una operazione di marketing culturale a basso costo», le fa eco la senatrice Udc, Paola Binetti. «Un’inaccettabile apertura sull’identità di genere», afferma Rossano Sasso, sottosegretario all’Istruzione.
Furiosi i genitori e le associazioni cattoliche prima della sospensione. «Invitiamo presidi e politica a fermare questa crociata nella scuola pubblica», afferma Chiara Iannarelli, vicepresidente dell’Associazione Articolo 26. Per Giusy D’amico, presidente dell’Associazione «Non si tocca la famiglia», «quello che è accaduto è di una gravità inaudita». Secondo il portavoce del Family Day Massimo Gandolfini è «un documento intriso di ideologia».
Si difendono i promotori. «Prima di parlare a sproposito molti dovrebbero avere la bontà di leggerle», scrive l’Associazione famiglie GenderLens.
FONTE: https://www.ilgiornale.it/news/politica/caos-gender-nel-lazio-salta-nota-scuole-londa-proteste-1947664.html
CULTURA
Ma almeno Dante può entrare in casa
Intervista apparsa sul Giornale il 5 dicembre a cura di Alessandro Sansone.
FONTE: http://www.marcelloveneziani.com/lo-scrittore/interviste/ma-almeno-dante-puo-entrare-in-casa/
CYBERWAR SPIONAGGIO INFORMAZIONE DISINFORMAZIONE
“Non ci sono riferimenti ad autori neri!”: censurato libro di storia americano
Giorni fa parlavamo di come l’inclusione sia lo specchietto per le allodole grazie al quale la nuova classe dominante può permettersi di esercitare le più arbitrarie forme di esclusione e di censura.
di Filippo Nesi
Un libro di 700 pagine, costato quasi dieci anni di ricerca ed elaborazione allo scrittore inglese Richard Cohen, intitolato “The History Makers”, una sorta di “storia degli storici” o di “esplorazione epica di tutti quelli che hanno scritto sul passato e di come il bias di alcuni di loro continui a esercitare un’influenza sulle nostre idee attorno allo storia”, per usare le parole dell’autore.
Questo libro è stato censurato dalla casa editrice americana Random House in quanto conterrebbe “riferimenti insufficienti a storici, accademici e scrittori neri”. Inizialmente, la casa editrice ha richiesto a Cohen di aggiungere 18.000 parole per correggere questa lacuna.
Cohen ha, quindi, allargato il capitolo sulla guerra civile americana includendo la storia di Frederick Douglass, lo schiavo nero fuggito dalla piantagione e poi divenuto autore di cinque volumi di memorie. Ciò nonostante, la casa editrice ha deciso alla fine di rifiutare il libro di Cohen, che uscirà, invece, il 25 giugno in Gran Bretagna per Weidenfeld & Nicolson.
Va da sé che la decisione della casa editrice
non solo non cambierà la storia di soprusi e schiavizzazione subita dai neri, ma nemmeno cambierà di una virgola la condizione sociale ed economica di molti afroamericani. Per non parlare di quelli che vivono in Africa. In compenso, servirà a creare una corsia preferenziale per alcuni “inclusionisti” e lo farà, più precisamente, escludendo tutti coloro che non sono iscritti a quel club.
La politica delle quote e delle corsie preferenziali è quanto di meno egualitario e di più elitarista si possa concepire. Sostituisce il merito individuale con l’appartenenza a una nuova forma di casato. Quello che deve spaventarvi in questo clima non è tanto la censura diretta, bensì quella indiretta, che avviene quando l’artista o l’autore si autocensurano nella speranza di risultare graditi e pubblicabili.
Avremo così giornalisti che censurano notizie
solo perché non si possono raccontare, scienziati e ricercatori che non pubblicano studi che la rivista non ha interesse a divulgare, storici che si inventano interi capitoli e ne cancellano altri solo per compiacere l’editore, attori che si fingono omosessuali per ottenere una parte, politici che si inventano origini aborigene per poter dimostrare che difendono le minoranze.
Basta avere il bollino blu del casato ed è fatta.
Oddio, a pensarci bene, sta già accadendo.
FONTE: http://www.elzeviro.eu/lelzeviro/non-ci-riferimenti-ad-autori-neri-censurato-libro-storia-americano.html
ECONOMIA
Svendere le imprese primarie italiane date in garanzia di un debito pubblico in crescita
Carlo Alderighi – 19 05 2021
FONTE IMMAGINE: https://www.youreporter.it/video_ragione_e_liberta_2_-_governati_da_traditori/?refresh_ce-cp
Gli articoli prettamente scientifici possono dare, ai profani, il sentore di un problema, certamente non il sapere.
Tutti noi abbiamo letto numerosi articoli sulle case farmaceutiche, sui vaccini, sui medicamenti, profilassi ecc.. che ci hanno trasmesso un certo sentore di quella che può essere la situazione; nulla di più.
Le certezze le danno solamente i numeri, quelli veri; ottenuti, spesso, da fonti che non vogliono apparire, per ovvi motivi.
Credo sia la migliore strada percorribile, quella che parta dalla situazione economica per terminare alla situazione salute/farmacologia.
Il nostro debito ha fatto un balzo di 30 punti (credo non finirà qui) la disoccupazione è stata attenuata dalle norme antilicenziamento che termineranno entro breve; il reddito di cittadinanza ha mostrato i suoi limiti (limiti non è il termine giusto); se pur con un incremento, nell’ultimo anno, di quasi 170 miliardi, il risparmio degli italiani è in calo; ENEL, ENI sembra siano stati dati in garanzia dei nostri debiti, ma nessuno lo dice;
TELECOM fa riferimento a strutture oltreoceano;
FIAT non è da anni più italiana (comprese Ferrari, Maserati ed Alfa Romeo) ecc.
Questo quadro è disarmante e l’affare covid sta dando il colpo di grazia ad una nazione etero controllata che finirà completamente nelle tasche altrui.
Una prova? Avete mai sentito qualcuno fare un serio programma di risparmio della spesa pubblica? Se non lo si fa vuol dire che si intende agevolare e velocizzare il programma di cui sopra.
Ricordo che chiunque di noi, adoperando solamente il buon senso, potrebbe pianificare risparmi tra i 5 ed i 10 miliardi, senza cambiare alcuna legge.
Noi, però, siamo attenti al covid, mentre stiamo morendo lentamente.
CARLO ALDERIGHI – Dirigente industriale, economista, già dirigente dell’ ENI, e consulente internazionale
Diteci la verità sul Mes e sulla sovranità
Sul Mes vorrei dire un’eresia che magari vi sorprenderà. Mi piacerebbe tanto che qualcuno al governo, in Parlamento, ai vertici delle Istituzioni, nelle cattedre dei media, avesse lo schietto coraggio di dire: italiani, col nostro debito pubblico gigantesco, con la nostra incapacità di risolvere i problemi con le nostre risorse, con la tempesta del covid che ci ha ridotti sul lastrico, con la classe dirigente che abbiamo, non possiamo permetterci di appellarci alla sovranità e di respingere le interferenze sulla gestione del Paese. È inutile menarsela, l’Italia ha perduto da tempo la sua sovranità, ha svenduto da tempo i pezzi forti del Paese, ha perso la sua indipendenza non solo a causa del malgoverno ma anche a colpi di leggi suicide e perfino di modifiche costituzionali. Quindi ci tocca prendere i soldi dall’Europa e seguire zitti e ubbidienti le indicazioni annesse. Non abbiamo statisti in grado di affrontare la situazione, non abbiamo classi dirigenti adeguate e coriacee, e non abbiamo nemmeno un paese con una spina dorsale diritta; siamo sempre stati vigliacchetti e voltabandiera, soprattutto quando siamo in gruppo o in massa, e oggi più di ieri. Facciamo governi fondati sul tradimento e sul raggiro, ci facciamo guidare da gente che non ha alcun titolo per farlo ma una faccia reversibile col proprio posteriore, come mostrano i voltafaccia e la faccia tosta.
Insomma ci vorrebbe qualcuno che bruscamente ci dicesse: l’Italia non può permettersi il lusso di dire di no all’Europa, tradendo una lunga carriera di servitù e di brache calate. E se pure i prestiti saranno poi lacrime e sangue, rifiutarsi di seguire le istruzioni europee ci porterebbe comunque a versare lacrime e sangue. Dunque, smettetela di tergiversare, abbassate la testa; si prende tutto, soldi e buffi. Magari si negozia per mantenere un mezzo profilo di dignità nell’inginocchiarsi e per implorare umanità e comprensione nel trattamento; ma non più di tanto. L’Italia non è paese sovrano da quel dì, non raccontiamoci favole. Ed ha pure una storia che non depone a suo favore. Arriverei anche ad apprezzare qualche spirito impietoso che si spingesse a dire: ma pensate davvero che un governo guidato da italiani come quello attuale sia preferibile per noi a un governo europeo? Pensate davvero che un italianissimo governo Conte, con grilini e sinistra, sia meglio di un simil-governo Merkel? Se molti italiani sognano l’espatrio non può valere anche l’inverso, come faceva già Dante che invocava la discesa di imperatori germanici per raddrizzare l’Italia?
Anche un convinto e antico amante della sovranità italiana, dell’identità e della dignità nazionale, quale reputo di essere, riconoscerebbe in questo discorso un crudo ma leale realismo con cui sfidarsi ma senza alibi retorici e travestimenti, facili giochi delle parti e ipocrisie. Ci piacerebbe vivere in un paese in cui chi sostiene la sovranità italiana sia consapevole di assumersi una serie di responsabilità derivate, e abbia la schiettezza di proporre agli italiani una difficile, pericolosa navigazione. La sovranità non è mai gratuita, non è solo una declamazione o uno slogan; è un compito arduo, un impegno faticoso, una scelta storica, non propagandistica.
Viceversa, chi difende il Mes dovrebbe dire agli italiani, senza giri di parole, quanto costerà quel “dono” salvastati e schiacciapopoli, quali cose dovremo impegnare e quali altre dovremo sacrificare.
Invece, gli agenti nostrani del Mes si dividono in MEStatori e in MESchini: i MEStatori di sinistra fingono di rassicurare gli italiani che i soldi promessi non comporteranno nessun tipo di impegno oneroso e umiliante, solo routine; i MESchini sono i grillini che fino a ieri frignavano: levateci tutto ma non la battaglia sul Mes, è la nostra ultima bandiera identitaria, per non dichiarare il fallimento e la svendita totale. Ora, vanamente dissimulata, sta per cadere pure l’ultima foglia di fico a questa banda di quaquaraquà, che si aggrappa a tutto per tirare a campare. A entrambi preferiremmo i MESsi dominici del potere europeo, anche in livrea: il missus dominicus era il funzionario che l’imperatore inviava come suo rappresentante nelle periferie dell’Impero.
In realtà, ci sfugge il pozzo senza fondo da cui dovremo attingere per elargire bonus, ristori, sostegni, redditi e cassa integrazione. Con la pandemia si sono rotti gli argini, non ci sono più tetti e parametri da osservare rigorosamente, si investono somme ingenti per compensare gli effetti della pandemia, sforando in ogni campo. S’invoca il Mes come toccasana per affrontare l’emergenza sanitaria, anche per scaricare sul mancato ricorso al fondo europeo i ritardi sulla sanità.
Certo, è legittimo il dubbio: con una situazione ormai alterata e sfuggita di mano, fuori dal decorso di una normale democrazia, ha ancora senso complicarsi la vita col Mes? La girandola di investimenti annunciati, potenze di fuoco, Recovery fund e altre risorse emergenziali, ha completamente rotto gli argini, ha disorientato l’opinione pubblica e ha reso incombente e irrisolta la domanda elementare di fondo: ma da dove si attingeranno questi fondi straordinari, chi pagherà, chi presterà, chi renderà, e come, a che prezzo, con che aspettative? Quanto potrà reggere un sistema economico sociale fondato su provvidenze straordinarie, redditi universali, compensazioni e ristori, interventi eccezionali nella sanità, spostando sempre sul futuro e sulle generazioni che verranno un debito ormai insostenibile? In questo quadro apocalittico si inserisce il Mes, culmine o colpo di grazia. Fatelo o respingetelo ma senza sotterfugi; dicendo, in entrambi i casi, a cosa andiamo realmente incontro. La verità, vi prego, sull’onore.
FONTE: http://www.marcelloveneziani.com/articoli/diteci-la-verita-sul-mes-e-sulla-sovranita/
Il 2030 per il World Economic Forum: comunismo e intelligenza artificiale
La privacy non esiste e nessuno possiede niente. Automobili, case, elettrodomestici e vestiti vengono imprestati all’occorrenza; i lavoratori sono stati sostituiti da robot; un algoritmo ci suggerisce le scelte di tutti i giorni. Ecco il 2030 prospettato dal World Economic Forum: un comunismo ipertecnologizzato nell’era della quarta rivoluzione industriale.
In data odierna è più che opportuno soffermarsi su un articolo redatto da Ida Auken, parlamentare danese scelta dal WEF per diventare una giovane leader globale. Lo scritto è stato pubblicato dal World Economic Forum, organizzazione che da sempre si diletta nella previsione del futuro, a volte indirizzando anche con forza il corso degli eventi.
Per questo bisogna leggere l’articolo con molta attenzione, perché come sottolineato dall’autrice stessa: “questa non è una mia utopia o un sogno del futuro, è uno scenario che mostra dove siamo diretti – nel bene e nel male“.
L’articolo s’intitola “Ecco come potrebbe cambiare la vita nella mia città entro il 2030” ed è in pratica un inno al comunismo digitale. Il testo è strutturato come una lettera dal futuro e l’inizio è già emblematico: benvenuti nel 2030. Benvenuti nella mia città, o forse dovrei dire “la nostra città”.
Il nostro futuro
Nel 2030 prospettato dal World Economic Forum ogni prodotto è diventato un servizio. Trasporto, alloggio e cibo sono gratuiti, quindi non ha più nessun senso possedere qualcosa. Niente automobili, si usano le biciclette. Per la lunga percorrenza si può chiamare una macchina volante o un auto senza conducente.
Nella nostra città non paghiamo l’affitto, perché qualcun altro usa il nostro spazio libero ogni volta che non ne abbiamo bisogno. Il mio soggiorno viene utilizzato per riunioni di lavoro quando non ci sono. Di tanto in tanto, scelgo di cucinare da solo.
È facile: l’attrezzatura da cucina necessaria viene consegnata alla mia porta in pochi minuti. Perché tenere una macchina per la pasta e una cuoci crepes stipati nei nostri armadi? Possiamo ordinarli solo quando ne abbiamo bisogno.
Nel 2030 l’intelligenza artificiale e i robot hanno preso in carico la maggior parte dei lavori dell’uomo, che ora non ha nulla da fare. Non esiste neanche più la parola lavoro: si pensa, si mangia, si dorme. L’essere umano viene quasi svuotato di ogni suo scopo, lasciato solo a inventarsi come passare il tempo. Niente shopping però, tutti abbiamo le stesse cose, gratis.
Shopping? Non riesco davvero a ricordare cosa sia. Per la maggior parte di noi, si è trasformato nella scelta delle cose da usare. A volte lo trovo divertente, a volte voglio solo che l’algoritmo lo faccia per me. Conosce il mio gusto meglio di me.
Per il bene comune la privacy ovviamente non esiste, tutti sanno tutto di tutti. Questo consente maggiore sicurezza per le strade, quindi ovunque andrai e con chiunque parlerai sarai ripreso e registrato. Come se maggior controllo significasse maggiore civiltà.
Di tanto in tanto mi infastidisce di non avere una vera privacy. So che, da qualche parte, tutto ciò che faccio, penso e sogno è registrato. Spero solo che nessuno lo usi contro di me.
L’articolo si conclude parlando di chi vive fuori città. Inetti e sbarbatelli che non hanno accettato abbastanza velocemente il cambiamento. Gente che ha “perso la strada“. Vengono trattati come pecorelle smarrite, trogloditi che non vogliono o non sanno usare tutta questa magnifica tecnologia.
Coloro che si sono arrabbiati con il sistema politico e si sono rivoltati contro, vivono diversi tipi di vita fuori città. Alcuni hanno formato piccole comunità di autoapprovvigionamento. Altri sono rimasti nelle case vuote e abbandonate di piccoli villaggi del XIX secolo.
https://www.weforum.org/agenda/2016/11/how-life-could-change-2030/
La crisi da Coronavirus potrebbe anticipare la fatidica data del 2030?
La prospettiva descritta da questo articolo è agghiacciante e purtroppo straordinariamente vicina. La crisi causata dall’epidemia da Coronavirus ha fatto balzare in avanti molte tecnologie, realizzando la quarta rivoluzione industriale.
Costringere le persone in casa, riducendo al minimo i contatti, ha sviluppato la diffusione della tecnologia contactless. Sempre più rapidamente le tecnologie della trasformazione digitale stanno diventano quotidianità: conferenze online, realtà virtuale e realtà aumentata (VR e AR), robotica e intelligenza artificiale (AI), droni e guida automatizzata.
Il mondo è pronto a cambiare e la conseguenza sarà una disoccupazione di massa. I lavori manuali e quelli che dipendono dall’applicazione di conoscenze e giudizi professionali, verranno sostituiti dalla tecnologia. Niente più muratori, medici, fabbri, avvocati, idraulici, architetti, magazzinieri, commercialisti.
Presto arriverà il momento di scegliere: vivere in città con macchine volanti e algoritmi che scelgono come vestirti, oppure fuori città, con chi crede ancora nell’umanità e resiste?
FONTE: http://www.elzeviro.eu/affari-di-palazzo/economia-e-finanza/2030-secondo-word-economic-forum.html
EVENTO CULTURALE
“Connessioni” di Francesca Sifola
L’autrice Francesca Sifola
Nata tra i libri e tra le parole, da sempre cerca nel linguaggio quel potere di emozionare nella ricerca della realtà, intesa come svelamento di quella libertà che solo il linguaggio intellettualmente onesto sa dare. I suoi romanzi sono creature figli di questa convinzione e spaziano dal romanzo di formazione, al romanzo intimista a quello fantascientifico e al giallo psicologico. In essi confluiscono tutte le sue esperienze di vita, dagli studi umanistici, alle performances teatrali e radiofoniche, al suo modo di vivere che non lascia adito a fraintendimenti: Francesca Sifola è per la parola che sa emozionare e trascinare dentro sé stessa i pensieri più reconditi dell’essere umano.
Connessioni
L’amore, si sa, non segue percorsi prestabiliti e scontati. È talvolta bizzarro, folle, non dà tregua e la protagonista di questa storia non ha mai rinunciato a vivere e ad amare seguendo sentimenti totalizzanti. Dopo un lungo periodo di sguardi, sospensioni e incertezze si fa avanti un uomo che, mettendo da parte le sue paure riesce, abbandonandosi, a immergersi in una storia ricca di pathos e sensualità.
Ma il romanzo di Francesca è, soprattutto, lo svelamento di un percorso interiore di forte intensità emozionale che attraversa la vita unendo fili misteriosi, intessuti di casualità che lasciano pensare ad un deciso abbraccio del Destino.
Puoi acquistare Connessioni di Francesca Sifola qui:
https://www.europaedizioni.com/prodotti/connessioni-francesca-sifola/ ,
nelle principali librerie di città,
sui portali digitali, fra i quali:
https://www.amazon.it/Connessioni-Francesca-Sifola/dp/8855088246
https://www.hoepli.it/libro/connessioni/9788855088244.html
https://www.ibs.it/connessioni-libro-francesca-sifola/e/9788855088244
https://www.kobo.com/ebook/connessioni
PANORAMA INTERNAZIONALE
“LE COSTITUZIONI”: LE STELLE DELLA REPUBBLICA POPOLARE CINESE (VIDEO)
La stella grande della bandiera cinese rappresenta il Partito e la madrepatria.
Quelle più piccole, basandosi sulle teorie di Mao contenute nell’opera “Sulla dittatura democratica popolare”, rappresentavano le quattro classi sociali: la classe operaia, la classe contadina, la piccola borghesia urbana e la borghesia nazionale.
Buona visione con Manlio Lo Presti.
VIDEO QUI: https://youtu.be/ZdnLrOujbWI
FONTE: http://www.opinione.it/cultura/2021/05/19/redazione_le-costituzioni-manlio-lo-presti-repubblica-popolare-cinese/
“Uragano Ratzinger”: il superfile che non deve girare troppo
Un superdocumento che sicuramente non può dirsi completo ma che riesce a decostruire in radice sostanzialmente tutti i falsi miti generati attorno al ratzingerismo, per questo – riproponendone i contenuti – abbiamo voluto inserire nel titolo la parola “Uragano”, riferibile sia a ciò che ha investito la Chiesa negli ultimi decenni sia al modo in cui le prove che troverete investono l’autore di questi fatti. Insomma: si tratta della raccolta dei principali Errori e misfatti del (e nel) regno di Bendedetto XVI (e di J. Ratzinger in generale), recentemente inseriti e sistematizzati nella RS-Encyclopædia.
Uno schema utile che basandosi su atti, testi e dichiarazioni ripercorre molto del cammino teoligico e spirituale del Rev-Mons-Card. Ratzinger, del suo regno e del suo post-regno. Nessun giudizio in foro interno: Buona lettura!
- Colpa del ’68? Limiti del “j’accuse” di Ratzinger
- Quale religione per Ratzinger?
- Per il prof. Ratzinger la nascita di Gesù, Figlio di Dio e Redentore del mondo, era un “mito”?
- Eresia al potere, pastorale disastrosa, logica alle ortiche: Mons. Livi su Bergoglio, Ratzinger e Concilio
- Ratzinger loda Bergoglio? Per forza: per lui tutte le teologie fanno brodo
- Gli errori dottrinali di Ratzinger: 5 esempi, pronti via
- Modernismo: riflessioni di Mons. F. Spadafora su J. Ratzinger
- J. Ratzinger, i “falsi sviluppi” e il contro-Sillabo
- Lettera aperta a Joseph Ratzinger, per il bene di tutti
- ‘Ratzinger e Bergoglio, due facce della stessa medaglia (A. Gnocchi)
- Colpiti da Bergoglio sulla tomba di Ataturk? Lo aveva fatto anche Ratzinger!
- Magis est credendum Mariae veraci, quam modernistarum turbae fallaci
- J. Ratzinger: il Papa ha un primato di solo onore?
- J. Ratzinger: ci sono così tante vie per la salvezza?
- Il card. Ratzinger? Nei cosmi religiosi indiani ci sono anche forme molte alte e pure, marcate dall’idea dell’amore
- Il “giovane” J. Ratzinger: i protestanti devono rafforzarsi. No a certo confessionalismo. Grandezza del fervore spirituale di Lutero. Cambiare idea di conversione
- J. Ratzinger: fuori dalla Chiesa ci si salva in larga scala?
- J. Ratzinger: sentimenti di stima nei confronti dei musulmani e della civiltà islamica
- J. Ratzinger: affermazioni su modernismo, nuovo ordine mondiale, Ramadan
- J. Ratzinger: Cattolici e Musulmani, stesso Dio? Stima per i credenti musulmani?
- J. Ratzinger: ‘Possibile che i Giudei non credano a Gesù genuinamente, a causa dell’oscurità dei testi’
- J. Ratzinger e la sua idea della ‘Chiesa di Cristo’
- J. Ratzinger e il Primato di Pietro
- Il “Papa emerito”, il “Vescovo di Roma” e il giudaismo
- J. Ratzinger, l’Eucaristia e il “racconto dell’istituzione”
- Ratzinger conferma i rapporti con Bergoglio e rivela: ‘Volevo farmi chiamare padre Benedetto’
- Il video in cui Benedetto XVI fuga ogni dubbio sulla sua rinuncia definitiva
- Ratzinger decapita la “fronda” e gli “scismi”: “C’è solo un Papa ed è Francesco”
- Conferme: Ratzinger riconosce Bergoglio come Papa
- Quando (sotto Ratzinger) c’era chi pregava Pachamama, “dea della natura”, dal “nome divino”
- Il falso problema della traduzione del Pater (inseriamo l’annoso tema della traduzione del Padre Nostro nella sezione “Ratzinger” in quanto per primo autorizzò, nel 2008, questa versione nella nuova Bibbia della CEI)
- San Tommaso ci spiega il “non ci indurre in tentazione”
- “Una cosa è essere indotto in tentazione e un’altra essere tentati” (S. Agostino)
FONTE: https://www.radiospada.org/2020/04/uragano-ratzinger-il-superfile-che-non-deve-girare-troppo/
POLITICA
Mario Draghi, Renato Brunetta a Minzolini: “Se non viene eletto al Quirinale, Italia in bancarotta il giorno dopo”
“Lo chiamano anno ‘anomalo’ ed è quello che precede ogni sette anni l’elezione del Capo dello Stato. In quell’anno ogni manovra politica, ogni uscita pubblica, ogni sentenza, ogni fatto di cronaca ha due letture nel Palazzo: quella fattuale e quella che va interpretata nella logica della corsa al Colle”, scrive Augusto Minzolini su il Giornale. È in questo contesto che il nome di Mario Draghi viene poi proposto da Matteo Salvini, secondo la convinzione che all’approdo del premier al Quirinale si aprirebbe la strada alle elezioni anticipate nel 2022. Al contrario, dice Minzolini, quando Enrico Letta prende tempo sulla decisione di chi prenderà il posto di Sergio Mattarella, lo fa perché non vuole correre il rischio che la legislatura non arrivi alla sua fine naturale nel 2023.
La scelta del Presidente della Repubblica è in pratica considerata uno strumento per raggiungere un obiettivo politico e non avviene sulle garanzie che offre un nome, per lo meno, non di solito. “Se questo Paese” commenta Renato Brunetta “non avrà Draghi come Capo dello Stato o come Premier andrà in bancarotta il giorno dopo. E, francamente, averlo al Colle per sette anni darebbe una garanzia ampia, il tempo necessario per tirare fuori il Paese dai guai”. Così l’ipotesi Draghi per il Quirinale, analizza Minzolini, forte sulla carta, si presenta fragile quando è calato nel concreto.
E l’ipotesi che si possa andare anticipatamente alle urne spaventa non poco sul nome di Draghi Pd, sinistra, Cinquestelle e compagnia cantante. “Ma quale deputato” si chiede il piddino Umberto Del Basso De Caro “voterebbe un Presidente che poi firmerebbe il decreto di scioglimento delle Camere? C’era un libro dal titolo Morire per Kabul. Appunto, perché morire per Draghi? Meglio la Cartabia”. Sintetizza il capogruppo di Liberi e uguali, Federico Fornaro: “Con Draghi si vota nel 2022 e, aggiungo, con l’attuale legge elettorale, il Rosatellum. Con un altro Presidente nel 2023 e, scommetto, con una legge elettorale proporzionale”.
FONTE: https://www.liberoquotidiano.it/news/italia/27278915/mario-draghi-renato-brunetta-non-viene-eletto-quirinale-italia-bancarotta-giorno-dopo.html
STORIA
Quando il problema del debito pubblico esplose nella Venezia del ‘500
Nel 1577 le casse della Repubblica di Venezia erano sempre più mal messe. La Serenissima veniva da anni di guerre contro i Turchi Ottomani, con la sconfitta nella guerra di Cipro (1570-1573), ed era appena uscita da una epidemia di peste (1575-1577) che aveva colpito quasi tutti i territori della Repubblica.
di Davide Gionco
Il nobile Zuan Francesco Priuli aveva ricevuto nell’ottobre del 1574 alla nomina di provveditore sopra i beni comunali e da qualche anno si industriava a far quadrare i conti del bilancio pubblico.
Nel 1577 Priuli decise di affrontare una volta per tutte l’annosa questione degli interessi sul debito pubblico, che nel 1577 avevano raggiunto la somma di 514’983 ducati annui per i depositi in zecca, e di quasi 200’000 ducati per il debito consolidato.
Al tempo il debito pubblico veneziano veniva denominato come “monte”. C’era i debito più antico, il “Monte Vecchio“, che andava avanti da secoli. C’erano anche il “Monte Nuovo“, il “Monte Novissimo” e “Monte Sussidio“. Oltre a questo c’erano i “Depositi di Zecca“, che erano il debito più cospicuo.
A conti fatti un terzo degli incassi fiscali
e delle rendite della Repubblica doveva essere utilizzato per pagare gli interessi ai creditori. Il Priuli, da esperto di finanze, concluse che questo problema doveva essere eliminato alla radice. Era peraltro scandaloso che la Repubblica, tramite questo meccanismo, contribuisse a far diventare i ricchi sempre più ricchi, a spese dei più poveri che pagavano le tasse.
I governanti di Venezia pensavano che fosse in gioco non solo la salute finanziaria della Repubblica, ma anche l’immagine del patriziato veneziano che per secoli aveva sempre garantito la separazione fra l’interesse pubblico e l’utile privato.
Zuan Francesco Priuli decise di affrontare prima di tutto il debito dei “Depositi di Zecca” (4 milioni di ducati): predispose un piano ventennale fatto di aumenti di imposte, recuperi di crediti d’imposta e di vendite di proprietà pubbliche (quello che fa l’Italia da 30 anni per ridurre il debito pubblico).
Il piano fu convintamente approvato dal “consiglio dei dieci” e messo in atto.
Le cose andarono molto meglio del previsto
il 15 giugno 1584 il Senato dichiarava che tutti i debiti aperti in Zecca (il debito pubblico) erano stati rimborsati. Successivamente, durante il programma di riduzione del debito della Zecca, nel 1579 Zuan Francesco Priuli aveva proposto un altro piano per attaccare anche i debiti dei “monti”.
In questo caso, però, il piano non venne approvato, in quanto troppi patrizi veneziani avevano protestato per la perduta possibilità di investire i propri denari in madre patria.
Secondo le previsioni del Priuli il pagamento del debito pubblico avrebbe dovuto consentire di ridurre le tasse, in quanto la Repubblica si sarebbe liberata dall’onere di pagare gli alti interessi.
Il Senato, però, decise che le entrate fiscali
che prima venivano usate per pagare gli interessi sul debito, fossero accantonate e depositate presso un “Deposito Grande“, che sarebbe servito come riserva finanziaria della Repubblica in caso di bisogno. Lo Stato veneziano aveva deciso, come ogni buon padre di famiglia, di “risparmiare”.
Successivamente, nel 1595, il patrizio Giacomo Foscarini, convinto sostenitore della linea del predecessore Priuli, fece nominare 3 nuovi provveditori per l’affrancazione dei Monti Novissimo (2,4 milioni di ducati) e Sussidio (1,2 milioni di ducati).
Anche in questo caso si diede fondo alla raccolta fiscale ed alle dismissioni di beni pubblici. Nell’anno 1600 si iniziò a ridurre, con gli stessi meccanismi, anche il “Monte Vecchio” (0,9 milioni di ducati).
Pare che intorno all’anno 1620 la restituzione di tutti i debiti fosse stata completata.
Fra il 1574 ed il 1620 Venezia aveva rimesso “sul mercato privato” circa 8,5 milioni di ducati.
Il sogno di tutti i governanti europei del XXI secolo
quello di pagare e di estinguere il debito pubblico, fu attuato concretamente per la prima ed unica volta nella storia proprio dalla Repubblica di Venezia.
Ma non sempre è tutto bene ciò che finisce bene.
I ricchi mercanti veneziani, che da secoli investivano i loro denari depositandoli in Zecca ad interessi (in sostanza acquistando dei titoli di stato, come diremmo oggi). Prima in Zecca affluivano i proventi dei commerci, ma anche le doti delle mogli. E vi venivano depositate le doti delle figlie per il futuro matrimonio.
Viste le crescenti difficoltà dei commerci con l’Oriente, causate dagli ostacoli posti dall’Impero Ottomano, ma anche dalla concorrenza subita dai commerci con le Americhe gestiti da spagnoli, inglesi ed olandesi, sempre più veneziani avevano cercato rifugio negli investimenti senza rischi presso la Zecca pubblica.
Ma ora il servizio pubblico della Zecca non era più disponibile.
Pertanto i ricchi veneziani si videro obbligati ad investire diversamente le proprie ricchezze.
Il Priuli aveva previsto che quei soldi sarebbero stati investiti, come ai vecchi tempi, in attività commerciali. Ma si era sbagliato. Quei tempi stavano finendo.
I ricchi veneziani scelsero, invece, di dedicarsi ad investimenti immobiliari sulla terra ferma. Si cita l’esempio di un certo stampatore Lucantonio Giunti, dopo essersi per tutta la vita dedicato ad altre attività economiche, fra il 1585 e il 1601 investì nell’acquisto di almeno 225 campi e di immobili urbani, al punto da raddoppiare nel giro di soli 16 anni il patrimonio fondiario che aveva ereditato.
Altri fondi furono semplicemente investiti in altre attività finanziarie. Entrarono in contatto con i banchieri fiorentini e genovesi che lucravano nel mercato dei cambi e del credito “internazionale”, prestando denaro ai vari sovrani di tutta Europa. O semplicemente depositarono i propri denari presso le casse di altre città: Roma, Firenze, Genova, Milano, Napoli, Vienna. Oppure finirono a finanziare le attività del credito ad usura.
A soffrire maggiormente furono gli enti ecclesiastici
che non erano strutturati per diversificare gli investimenti in denaro, acquistando fondi immobiliari e affidando i loro fondi ad istituti finanziari di altre città.
Questi flussi di capitali al di fuori della Serenissima portarono alla riduzione della liquidità nelle casse dello stato, quindi alla riduzione degli investimenti pubblici e degli affari in città, quindi delle entrate fiscali. Per questo furono via via introdotte nuove tasse per far quadrare il bilancio.
Nessun vantaggio arrivò dall’estinzione del debito pubblico, né ai cittadini veneziani, né ai ricchi della classe patrizia.
Nel frattempo continuavano le pressioni dei ricchi investitori
affinché lo stato veneziano non fosse da meno dei “concorrenti” genovesi nel fare prestiti ai sovrani stranieri. Ad esempio negli anni 1616-1617 i soldi del “Deposito Grande” furono utilizzati per fare un prestito di 1,75 milioni di ducati al duca Carlo Emanuele I di Savoia per finanziare la sua guerra contro la Spagna.
L’attività si era rivelata piuttosto redditizia, per cui gli stessi ricchi veneziani chiedevano di poter versare i loro fondi nel “Deposito”, affinché venissero usati per fare prestiti ad interesse ai vari sovrani europei.
Per questi motivi, negli anni successivi al 1620, gradualmente, ma a grande richiesta, fu ripristinato il servizio pubblico del debito, che consentiva di mantenere sufficientemente bassa la tassazione e di offrire un servizio pubblico di risparmio apprezzato da molti.
Tuttavia il danno era stato fatto. I decenni di “politiche di austerità” (come le chiameremmo oggi) e le grosse perdite di capitali subite da Venezia lasciarono dei segni permanenti, contribuendo all’inevitabile declino della Repubblica che aveva prosperato come città più ricca d’Europa per 1000 anni.
L’esperto di finanze Zuan Francesco Priuli
ed il suo successore Giacomo Foscarini non avevano compreso la funzione del debito pubblico in uno stato. Lo stato non è una famiglia che deve rimborsare i debiti. Non è una famiglia che deve risparmiare per i tempi a venire.
Il “debito pubblico” non è altro che una cassa comune nella quale i risparmiatori versano i loro risparmi.
Da un lato i cittadini usufruiscono di un servizio pubblico di risparmio privo di rischi, utile per chi non fa l’investitore finanziario di mestiere. Dall’altro lato lo Stato dispone di un fondo cassa comune a cui attingere per finanziare le proprie attività a beneficio della collettività che consente di mantenere basso il carico fiscale.
Per comprendere il concetto è sufficiente guardare al bilancio dello Stato italiano
Nel 2021 la previsione è di incassare complessivamente 579’980 milioni di euro.
Le spese “utili al popolo”, che sono le spese correnti più le spese in conto capitale, sono pari a 580’095 + 111’860 = 691’956 milioni di euro.
E’ vero che il debito pubblico ci “costa” 81’507 milioni di interessi, ma se non ci fosse il debito pubblico, mancherebbero a bilancio 691’956 – 579’980 = 111’976 milioni di euro che ci arrivano dal “fondo cassa comune” del debito pubblico.
Se non avessimo il debito pubblico, gli italiani dovrebbero pagare 112 miliardi di euro in più di tasse. Se le entrate fiscali oggi sono di 505 miliardi di euro, significherebbe un aumento delle tasse del 22% rispetto ad oggi, sapendo che già l’Italia è fra i primi posti al mondo in termini di pressione fiscale.
Inoltre, se non ci fosse il debito pubblico
gli italiani non saprebbero dove fare investimenti sicuri e privi di rischi.
Se lo Stato Italiano, come lo fu la Repubblica di Venezia per secoli, è un fornitore di servizio pubblico di risparmio, allora la riduzione o la cancellazione del debito pubblico significherebbe la cancellazione del servizio pubblico di risparmio.
Come se tutte le banche presso le quale teniamo i nostri risparmi ce li restituissero dicendo “tenetevi indietro i vostri soldi, fatene cosa volete”. A quel punto i risparmiatori non potrebbero che rivolgersi a banche estere o a nazioni estere per richiedere un simile servizio di risparmio.
In una situazione del genere girerebbero molti meno soldi in Italia per gli investimenti privati supportati dalle banche e perderemmo, di conseguenza, anche tutti i benefici derivanti dalla realizzazione di quei beni e servizi, diventando più poveri.
Quindi chi propone di “ridurre il debito pubblico”
se non proprio di estinguerlo, dimostra di non avere capito che cosa è il debito pubblico, così come non lo aveva capito Zuan Francesco Priuli.
Chi, con nozione di causa, ha proposto ed ottenuto che nei trattati europei fosse prevista la riduzione del debito pubblico, lo ha fatto precisamente per spingere gli investitori a rivolgersi al settore del risparmio e degli investimenti privati ovvero verso le banche private, a tutto vantaggio dei gruppi finanziari che le possiedono.
Come già era avvenuto a Venezia, il risultato di 30 anni di politiche di riduzione del debito pubblico sono stati un progressivo aumento delle tasse, unito alla dismissione di beni pubblici, alla riduzione dei servizi pubblici ed all’aumento della liquidità circolante nella “finanza estera”.
Se agli inizi del 1600 la “finanza estera”
erano altre città rispetto a Venezia, oggi la “finanza estera” sono i mercati finanziari internazionali, i luoghi in cui gli investimenti rendono di più, che sono in genere i luoghi in cui gli investitori non pagano le tasse, non devono rispettare i diritti umani, non devono preoccuparsi di rispettare l’ambiente. Esattamente i fattori che consentono di massimizzare le rendite.
Se, invece, gli investimenti fossero centrati sulla finanza pubblica, avremmo la possibilità di indirizzarli secondo le finalità politiche di redistribuzione della ricchezza (che è lo scopo delle tasse), di rispetto dei diritti umani e dell’ambiente.
In conclusione il debito pubblico non è quella “cosa cattiva” di cui ci parlano ogni giorno su tv e giornali, ma è un prezioso strumento per la collettività, da salvaguardare e da gestire al meglio, magari con il supporto di una banca centrale pubblica, come lo era la Zecca della Serenissima.
FONTE: http://www.elzeviro.eu/affari-di-palazzo/economia-e-finanza/problema-del-debito-pubblico-esplose-nella-venezia-del-500.html
°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°