RASSEGNA STAMPA DETTI E SCRITTI
22 MARZO 2019
A cura di Manlio Lo Presti
Esergo
L’unica cosa che di progressivo c’è in Italia è la paralisi
(Mino Maccari)
In Il libro aperto degli aforismi, Rubbettino, 2015, pag. 269
https://www.facebook.com/Detti-e-Scritti-958631984255522/
Le opinioni degli autori citati possono non coincidere con la posizione del curatore della presente Rassegna.
Tutti i numeri dell’anno 2018 della Rassegna sono disponibili sul sito www.dettiescritti.com
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SOMMARIO
Gli eterni e ipocriti silenzi della Repubblica Italiana
Galloni: Greta e i Gretini sono come la Corazzata Potemkin. 1
Il «partito americano» nelle istituzioni Ue. 1
Costretta a coprire Selmayr: così è morta Laura Pignataro. 1
La militarizzazione della Cina di Xi JnPing
Blackout in Venezuela: assaggi della prossima guerra. 1
Greta, l’ultima invenzione di chi ci impone sacrifici sociali 1
Operazione Greta
I VANTAGGI DI ESSERE IN GUERRA (invece che nell’euro) 1
Cosa deve fare un governo per risolvere
L’errore di Bruxelles ha fatto fallire Banca Etruria, CariChieti, CariFerrara e Banca Marche. 1
Mantra
Dalla parte dei Giubbotti Gialli: quello che i media occidentali non dicono. 1
Le menzogne del potere algerino. 1
ARRIVEDERCI, DOPO BELGRADO, IN LOMBARDIA PER VENEZUELA, SERBIA E TROIKA CONTRO IL SUD. 1
EDITORIALE
GLI ETERNI E IPOCRITI SILENZI DELLA REPUBBLICA ITALIANA
CHE NESSUN GOVERNO, NEMMENO L’ATTUALE RIESCE, O PEGGIO, NON VUOLE, CHIARIRE (PROPOSTA DI UN VERO PIANO DI GOVERNO)
Manlio Lo Presti – 22 marzo 2019
Il nostro martoriato Paese è ancora sotto la cappa dei misteri irrisolti, mediamente quarantennali. Ancora persiste una strategia di temporeggiamento endemico GESTITA DALLA CUPOLA EUROAMERICANA.
Ci sono tante dichiarazioni, comunicati, dibattiti, ecc., ma permane tristemente la scarsa volontà di mettere mano definitamente sulle questioni ancora aperte che ho elencate qui sotto.
Siamo e rimaniamo un paese mediorientale: diciamo di fare ma lo facciamo a metà, lo facciamo e non lo diciamo, diciamo tutto ma rinviamo continuamente, nella speranza che gli eventi maturino da sé.
Ancora persistono gli stessi ostacoli da decenni, ma il fronte che vuole rendere permanente la subalternità del nostro Paese si è esteso:
1) Germania e il suo servizio segreto,
2) Francia e il suo servizio segreto,
3) gli USA con i suoi vari servizi segreti e le 164 basi sul territorio nazionale,
4) Unione europea in tutte le sue labirintiche articolazioni,
5) tutti i commissari europei,
6) tutte le agenzie di rating residenti e pilotate dagli USA,
7) Draghi e la banca centrale europea,
8) tutte le banche tedesche,
9) tutte le banche svizzere
10) tutte le banche inglesi,
11) tutte le banche nordamericane,
12) tutte le banche internazionali.
TUTTO CIO PREMESSO
Persiste un pesantissimo:
SILENZIO SULL’ATLETA ITALIANA OSAKUE CHE DOVEVA SUBIRE 5 INTERVENTI OPERATORI ALL’OCCHIO DANNEGGIATO E SULLA SUA IMMEDIATA RAPIDISSIMA PRODITORIA MIRACOLOSA GUARIGIONE DOPO CHE SI È VENUTI A CONOSCENZA CHE I RAGAZZI LANCIATORI DI UOVA ERANO FIGLI DI ESPONENTI DEL PD. La tattica non cambia: prima si lancia lo scandalo con la vittima che viene invitata nelle 20/40 trasmissioni tv, giornali, web, ecc. Tutto viene prontamente silenziato se fra le persone coinvolte si scopre dopo che ci sono militanti dei partiti neomaccartisti antifa quadrisex.
SILENZIO SUL PROFESSORE CHE HA EMARGINATO L’ALUNNO IMMIGRATO – CON IL GENITORE CHE HA FATTO VIVACI RIMOSTRANZE E GIA’ PRONTAMENTE INVITATO DA FAZIO, DALLA GRUBER, DA 20/40 RUBRICHE POLITICHE, DA 160 GIORNALI, INSOMMA, DA TUTTO L’APPARATO DELLA TELECRAZIA BUONISTA. UN EVENTO MISERABILE SU CUI È CADUTO IL SILENZIO DOPO AVER SAPUTO CHE IL PROFESSORE È UN QUADRO MILITANTE DEL PD. La tattica segue i passaggi appena descritti.
SILENZIO SULL’ENNESIMO SBARCO DEI 49 C.D. IMMIGRATI L’ALTRO IERI, CAUSALMENTE PROPRIO IL GIORNO PRIMA DELLE VOTAZIONI CONTRO SALVINI PER LA VICENDA DELLA NAVE DICIOTTI.
SILENZIO SU PAMELA VIOLENTATA E POI MANGIATA DAI NIGERIANI. PAROLA D’ORDINE: MINIMIZZARE, SVIARE, OCCULTARE, SOTTACERE, NASCONDERE. LA STESSA OPERAZIONE CHE IL DEEP STATE DE’ NOANTRI STA FACENDO ADESSO CON L’AUTISTA GHANESE CHE HA INCENDIATO UN BUS CON 50 BAMBINI PERCHE’ “TRAUMATTIZATO DA SALVINI” – MA HA STATO ANCHE PUTIN! UN CASO DA MINIMIZZARE PER NON DANNEGGIARE I PIANI BUONISTICI IMMIGRAZIONISTI DEL PRECEDENTE GOVERNO E, FORSE, ANCHE DI FRANGE TRANSFUGHE EX PD DELL’ATTUALE GOVERNO!
SILENZIO SULLE MIGLIAIA DI SCARCERAZIONI ORDINATE DA UNA MAGISTRATURA CHE APPLICA MASSICCIAMENTE IL GARANTISMO: IL PROGETTO BUONISTA DEVE ANDARE AVANTI. POCO MALE SE I DANNI E I DISORDINI SOCIALI SONO A CARICO DELLA POPOLAZIONE. CI SONO OLTRE 3.000 UOMINI INTERFORZE CHE PRESIDIANO QUARTIERI DOVE RISIEDE L’ELITE ITALIANA, SEMPRE A SPESE DEGLI ITALIANI DEMMERDA, OVVIAMENTE!
SILENZIO SULLE MIGLIAIA DI SUICIDI ECONOMICI IN ITALIA.
SILENZIO SULLA EFFETTIVA DISOCCUPAZIONE, CHE NON COMPRENDE COLORO CHE HANNO SMESSO DI CERCARE UN LAVORO. INCLUDERE IL DATO DEGLI SFIDUCIATI FAREBBE SALIRE LA CIFRA AI LIVELLI DI UNA ECONOMIA SUDAMERICANA. CON 12.000.000 DI DISOCCUPATI, A COSA SERVE IMPORTARE C.D. IMMIGRATI SENZA UNA LORO PREVENTIVA COLLOCAZIONE PRIMA DEL LORO ARRIVO? DIETRO IL MOTIVO BUONISTICO-UMANITARIO-IMMIGRAZIONISTA, SI VUOLE IMPORTARE (MOTIVO VERO) MANODOPERA A TRE EURO AL GIORNO E RIPOPOLARE IL NOSTRO PAESE A MARCE FORZATE, DAL MOMENTO CHE LA FAMIGLIA COME ISTITUZIONE E/O LA COPPIA ETEROSESSUALE È TENACEMENTE E SCIENTIFICAMENTE COMBATTUTA DALLA CUPOLA QUADRISEX. UN PIANO EVERSIVO FAVORITO ANCHE DAL SILENZIO DELLA POMPOSA “COMMISSIONE PER LA FAMIGLIA” DEL VATICANO, MOLTO ATTIVO NELL’IMPICCIARSI E SVIARE LA VITA DEMOCRATICA ITALIANA!
SILENZIO SULLE CENTINAIA DI MIGLIAIA DI PICCOLE IMPRESE CHIUSE: L’ITALIA È UN PAESE DI ARTIGIANI E PICCOLI IMPRENDITORI RADICATI NEL TERRITORIO E SCHIACCIATI DAL MONOPOLIO DELLA GRANDE DISTRIBUZIONE DI PROVENIENZA STRANIERA, OVVIAMENTE.
SILENZIO SULLA PROGRESSIVA DEMOLIZIONE DELLO STATO SOCIALE, SOPRATTUTTO SANITARIO, PER SPOSTARE I FONDI PUBBLICI VERSO LE ASSICURAZIONI COPIANDO SEMPRE PIU’ IL MODELLO PRIVATISTICO “LIBERALE” USA DOVE SI SALVANO SOLO COLORO CHE HANNO I SOLDI. GLI ALTRI DEVONO MORIRE E ANCHE IN FRETTA PERCHE’ COSTANO E SI AMMALANO. GRAZIE ALLA PROPAGANDA DI GRUPPI SOCIALI E PARTITI, L’EUTANASIA DI MASSA AIUTERA’ SEMPRE PIU’ ALLO SCOPO! I FARMACI USATI SONO OVVIAMENTE, PRODOTTI DA COLOSSI FARMACEUTICI STRANIERI: LO STERMINIO SILENZIOSO EFFETTUATO NEGLI OSPEDALI, CASE DI CURA, OSPIZI CONSENTE AMPI RISPARMI PREVIDENZIALI. IL NAZISMO PRATICAVA QUESTA POLITICA DI SUICIDIO ANCHE AI PROPRI SOLDATI FERITI GRAVEMENTE CHE COSTAVA TROPPO CURARE! NENTE DI NUOVO SOLLO IL SOLE, QUINDI. SOLO CHE POI I “FASCISTI” SONO GLI ALTRI …
SILENZIO SULLA PERSISTENTE POLITICA PIANIFICATA DI DEMOLIZIONE DELLE FAMIGLIE TRADIZIONALI, CON IL TACITO BENEPLACITO DELLE GERARCHIE ECCLESIASTICHE CHE SI DOVREBBERO OPPORRE INVECE DI CONSENTIRE LA DISTRIBUZIONE DELL’ORMONE CHE FA CAMBIARE SESSO AI BAMBINI!!!!!!!!!!!!!
SILENZIO SUL MARE A NORD DELLA SARDEGNA REGALATO AI FRANCESI – ACCORDO DI CAEN POI BLOCCATO DALLO SCANDALO CHE È ESPLOSO (1)
SILENZIO SULLA PROGRESSIVA DETERMINAZIONE A FRAZIONARE IL PAESE MEDIANTE UNA SERIE DI SECESSIONI TERRITORIALI PILOTATE E COPERTE DALLA CONCESSIONE DI AUTONOMIE PIU’ AMPIE POSSIBILE.FRAZIONARE IL PAESE È UN OBIETTIVO PER FARNE UNA BASE DI ACCOGLIENZA PER UNA PRIMA ONDATA DI 2.000.000.000 DI C.D. IMMIGRATI NORDAFRICANI. UNA ONDATA CHE RIAPRIREBBE IL FIUME DI SOLDI A FAVORE DI ONG, CASE FAMIGLIA, ORGANIZZAZIONI UMANITARIE, COOP, STATO TEOCRATICO INVASIVO, PARTITI DI OPPOSIZIONE, OTTO MAFIE E LA MAREA DI C.D. VOLONTARI CHE DOVREBBERO LAVORARE GRATIS INVECE DI PERCEPIRE UN TRATTAMENTO ECONOMICO,
SILENZIO SUI VERI COSTI MILITARI ITALIANI NEL MONDO – DOBBIAMO COMPRARE A CARISSIMO PREZZO GLI AEREI F35 CON MANUTENZIONE AMERICANA, GRAZIE ANCHE AL PARERE FAVOREVOLE DELL’EFFERVESCENTE INQUILINO DEL COLLE,
SILENZIO SULLA DEMOLIZIONE DEL SISTEMA BANCARIO NAZIONALE PER FAR SPOSTARE IL 200.000 MILIARDI DI EURO DI RISPARMI NELLE BANCHE TEDESCHE FRANCESI E SVIZZERE
SILENZIO SULLA PROBABILE PATRIMONIALE A CARICO DELLE PRIME CASE E ULTERIORE ABBASSAMENTO DEI SALARI PERCHE’ LA POPOLAZIONE NON SIA IN GRADO DI MANTENERLE E, MEDIANTE UN OCEANO DI PIGNORAMENTI, FARLE FINIRE NELLE MANI DI FINANZIARIE NORDEUROPEE: LA SPOLIAZIONE FINALE DI UN PAESE DA STERMINARE E SOTTOMETTERE,
SILENZIO SULLA INCREDIBILE STORIA DI DAVID ROSSI DEL MONTE DEI PASCHI DI SIENA E DEI CIRCA 15 MILIARDI CHE SONO STATI “INTERMEDIATI” CON UNA MAREA DI BONIFICI DA QUATTRO BANCHE USA CHE POI SONO MISTERIOSAMENTE FALLITE. QUESTI MILIARDI HANNO PRESO UNA DESTINAZIONE PRECISA FUORI DALL’ITALIA CHE DOVRA’ ESSERE CHIARITA. MOLTO DA RIVELARE ANCHE PER TUTTO IL SISTEMA CREDITIZIO ITALIANO DEMOLITO DA GIULIANO AMATO IN POI,
SILENZIO SULLO SPOSTAMENTO DELLA PROPRIETA’ DI IMPRESE ITALIANE NON ANCORA SVENDUTE PER COLPA DEL GOVERNO SALVINI DEMMERDA CHE HA BLOCCATO LA RAZZIA.
SILENZIO SULLE MIGLIAIA DI SBARCHI FANTASMA DI PICCOLE IMBARCAZIONI CON 5/6 C.D. IMMIGRATI CIASCUNA.
SILENZIO SULLE VERITA’ DELLE VACCINAZIONI IMPOSTE DAI COLOSSI FARMACEUTICI CHE NE DETENGONO IL MONOPOLIO.
SILENZIO SULLA VASTITA’ DELLE PANDEMIE OCCULTATE CHE HANNO RIPORTATO IL NOSTRO PAESE AI LIVELLI SANITARI DEGLI ANNI 50. TUTTO CONTINUA AD ESSERE COPERTO DA DEPISTAGGI, PARERI DI “TECNICI”, PRESSIONI DEI COLOSSI FARMACEUTICI, ECC. INSOMMA, LA SOLITA SARABANDA.
SILENZIO SULLA MANCATA RIMOZIONE DEI VERTICI RAI IN MANO AL PD E AI SUOI SODALI – TELECRAZIA IN MANO AI BUONISTI ANTIFA QUADRISEX NEOMACCARTISTI NONOSTANTE IL LORO PASSAGGIO ALL’OPPOSIZIONE!
SILENZIO SULLA MANCATA ELIMINAZIONE DEI FINANZIAMENTI DELLA PRESIDENZA DEL CONSIGLIO AI GIORNALI E AI PERIODICI.
SILENZIO SULLA CRESCENTE INGERENZA DELLO STATO TEOCRATICO ALBERGANTE IN ROMA CHE STA RAGGIUNGENDO LIVELLI DI INTOLLERABILITA’ E CHE CONTINUA AD OSTACOLARE IL PROCESSO DEMOCRATICO DEL NOSTRO PAESE.
SILENZIO SULLA VERA ENTITA’ DEL NUMERO DELLE BASI MILITARI USA IN ITALIA – ATTUALMENTE ELENCATI IN 164 INSEDIAMENTI – SI TRATTA DI UNA VERA E PROPRIA OCCUPAZIONE MILITARE DI UN PAESE OCCIDENTALE CON METODI SIMILI AD UNA NAZIONE DEL III E IV MONDO.
SILENZIO SULLE SCORRIBANDE LETALI DEI SERIVZI SEGRETI IN ITALIA, SPECIALMENTE QUELLI DI UN ARMATISSIMO PAESE MEDIORIENTALE CON AGGANCI MONDIALI, SPECIALMENTE NEGLI USA E IN SVIZZERA.
SILENZIO SULLA EFFETTIVA VASTITA’ DEI DISORDINI SOCIALI DA IMMIGRAZIONE: SPACCIO DI STUPEFACENTI, VIOLENZE CARNALI, FURTI, ASSALTI AI TRENI, DANNEGGIAMENTI AD INFRASTRUTTURE, OCCUPAZIONE DI ABITAZIONI POPOLARI, MONUMENTI DANNEGGIATI, MANCATO PAGAMENTO DEI BIGLIETTI SUI MEZZI PUBBLICI, ECC. – MIGRANTI CHE CHIEDONO SUSSIDI MA CHE NON SI SBRACCIANO PER CERCARE UN LAVORO.
SILENZIO SULLO STRAPOTERE DELLE 8 MAFIE DI CUI QUELLA NIGERIANA STA SUPERANDO LE ALTRE PER BARBARIE E FEROCIA ANTROPOFAGA E ASSASSINA.
SILENZIO SULLA OPPORTUNA ESISTENZA DI PATTI DI COOPERAZIONE E SULL’ATTIVITA’ FRA I SERVIZI ITALIANI E QUELLI AFRICANI PER GESTIRE LA VIOLENZA MONTANTE DEI C.D. IMMIGRATI SUL TERRITORIO ITALIANO.
SILENZIO SULLA INTEGRAZIONE CHE AGLI IMMIGRATI NON INTERESSA AFFATTO. CON BUONA PACE DEL FRONTE BUONISTA-ONG-SIAMO-UMANI-MEETOO-MAGLIETTE-ROSSE/ROLEX.
SILENZIO SULL’ATTEGGIAMENTO PARASSITARIO DEI C.D. IMMIGRATI CHE DICONO RIPETUTAMENTE: “DATECI I SOLDI DI DIMAIO”
SILENZIO SUGLI OLTRE 60.000 C.D. IMMIGRATI CHE PRENDONO LA PENSIONE E CHE SONO RITORNATI A CASA LORO.
SILENZIO SULLA RIFORMA DELLA GIUSTIZIA, SULLA DURATA ETERNA DEI PROCESSI, SULLA CERTEZZA DELLA PENA. TUTTE GARANZIE CHE FAREBBERO AFFLUIRE CAPITALI DI IMPRESE STRANIERE IN ITALIA.
SILENZIO O STUDIATA INERZIA DELL’EFFERVESCENTE INQUILINO DEL COLLE SU TUTTO QUESTO, PERCHE’ OCCUPATO A PARLARE DELLE BUONE AZIONI DEGLI IMMIGRATI E DEGLI SBARCHI
P.Q.M.
Diventa di vitale importanza intervenire al più presto sul triste e lungo elenco di “silenzi” perché
- l’Italia diventi un paese realmente democratico,
- abbia un ascensore sociale che funzioni,
- abbia politiche di limitazione delle diseguaglianze generatrici di conflitti e di collasso della tenuta sociale,
- sia possibile al più presto l’attuazione di politiche economiche keynesiane di sostegno della domanda effettiva e del rinnovo di infrastrutture e di tecnologie.
Nutro poche speranze che tutto ciò avvenga nei tempi brevi.
Nel frattempo, il Paese va in fiamme.
Una svolta sarà concretamente possibile quando cambierà il sistema di reclutamento dei ranghi politici. Una selezione che non arruoli solo gente ricattabile che obbedisce e copre ogni nefandezza con il solo scopo di demolire quanto rimane di sano in Italia (2)
Nota
1) http://www.ilgiornale.it/news/politica/mare-ceduto-francia-fdi-denuncia-gentiloni-1506672.html
2) Il mio editoriale spiega in modo semiserio (ma non troppo) il processo di selezione e di reclutamento, che prevede la esclusiva cooptazione di personaggi ricattabili (perché non tradiscono, mentre amici, parenti ed esperti lo fanno) ai vertici di istituzioni e strutture chiave:
https://www.dettiescritti.com/editoriale/laformuladellacooptazionedivertimento/
Ne riparleremo, speriamo quando non sarà troppo tardi!
IN EVIDENZA
Galloni: Greta e i Gretini sono come la Corazzata Potemkin
Scritto il 21/3/19
Vi ricordate Fantozzi con la Corazzata Potemkin? Alla cinquantesima proiezione del noto film di Eisenstein al circolo dei nostalgici della Rivoluzione Russa ebbe il coraggio di urlare: è una boiata pazzesca! Con ciò nessuno voleva insultare né la rivoluzione né i bolscevichi, ma solo il culto, il rito che niente ha a che fare con lotte e rivendicazioni. Del pari, oggi, tutti abbiamo piena consapevolezza della centralità della questione ambientale; ma la piccola scienziata, che improvvisamente raggiunge l’attenzione di centinaia di televisioni e giornali, non l’ha bevuta quasi nessuno. O meglio, nessuno che abbia un minimo di esperienza in materia ignora che dietro c’è ben altro. Prima di cercare di capire cosa è questo ben altro, vediamo di fare il punto su due aspetti: la situazione ambientale e cosa potrebbe bollire nella pentola di chi controlla mass media e non solo. Allora: il surriscaldamento del pianeta c’è, ma varia notevolmente da zona a zona; inoltre, ciascuno sa che il pianeta stesso ha affrontato numerosissime volte surriscaldamenti e raffreddamenti estremi. Meno noto, ma non ignoto, è che l’anidride carbonica prodotta dall’azione dell’uomo (che è raddoppiata dalla rivoluzione industriale a oggi) rappresenta circa il 2% del totale dei gas serra, che con l’uomo c’entrano ben poco, ma senza i quali la vita sulla Terra non sarebbe possibile.
Il surriscaldamento, quindi, non attenta alla vita sulla Terra e non è causato dall’uomo, ma attenta alla vita dell’uomo perché la cosiddetta antropizzazione ha raggiunto livelli e intensità e caratteristiche che non si erano mai registrate in precedenza. Quindi non si tratterà di fermare il surriscaldamento (cosa impossibile) come dicono Greta e i suoi seguaci Gretini, ma di affrontarlo coordinando e predisponendo tutta la immensa strumentazione tecnologica disponibile senza farci perdere altro tempo, cosa che stanno facendo Greta, Gretini e vari pseudoscienziati candidati a qualche improbabile premio internazionale. Al contrario, è molto grave che latitino le iniziative contro l’invasione delle plastiche e l’inquinamento, così nocivo per la salute (speriamo che l’esempio della Puglia e di altri che stanno bandendo le plastiche sia seguito); né è accettabile che ancora si parli di rifiuti invece che di risorse, e che l’economia circolare sia guardata solo come una curiosità. Eppoi di che parliamo, se da decenni case e uffici vengono costruiti utilizzando materiali che si surriscaldano al primo raggio di sole e gelano al primo vento freddo? Non dico di tornare ai trulli e ai nuraghi, ma insomma…
E veniamo all’altro aspetto. Visto che a nessuno è sfuggita la concomitanza tra successo mediatico dell’operazione Greta e momento-prospettive di crisi del sistema economico finanziario (crisi che richiede cambi di paradigma che metterebbero all’angolo i poteri forti), perché non pensare che questi ultimi temano l’introduzione di tecniche che produrrebbero energia, cibo e quant’altro a costo zero? Anche l’ultimo velo della scarsità monetaria sta per saltare e, con esso, la supremazia dei potenti; allora risulta chiaro che il freno allo sviluppo appare un utile diversivo, per chi vuole contrastare un’evoluzione della dinamica storica che pone le basi per il superamento dei vecchi equilibri tra popoli sottomesssi e oligarchie dominanti.
(Nino Galloni, “Greta, Gretini e la Corazzata Potemkin”, da “Scenari Economici” del 16 marzo 2019).
- Ma Greta è antica come Malthus, l’infelice profeta dell’élite
- Greta, l’ultima invenzione di chi ci impone sacrifici sociali
- La fiaba della piccola Greta, un business che arriva al Nobel
- Test rischiosi: anche Russia e Cina manipolano la ionosfera
- Nessuno può sperare di fermare il cambiamento climatico
- Alterazione del clima: è in corso un esperimento planetario
http://www.libreidee.org/2019/03/galloni-greta-e-i-gretini-sono-come-la-corazzata-potemkin/
Il «partito americano» nelle istituzioni Ue
di Manlio Dinucci
Il parlamento europeo ha adottato una risoluzione che consente all’Unione di considerare la Russia non più un partner strategico, bensì un nemico dell’umanità. La Commissione mette in guardia anche contro la minaccia cinese. Tutto avviene come se gli Stati Uniti manovrassero l’Unione per inglobarla nella propria strategia suprematista.
RETE VOLTAIRE | ROMA (ITALIA) | 19 MARZO 2019
Ex ministro degli Esteri lettone ed ex commissario europeo per l’Agricoltura, Sandra Kalmiete, dall’indipendenza del proprio Paese, ha agito contro l’Unione Sovietica. È una degli autori della Dichiarazione di Praga (2008) di condanna dei crimini del comunismo. Attraverso il Reconciliation of European Histories Group, Kalmiete promuove l’idea che nazismo e comunismo vadano posti sullo stesso piano e ora prosegue la sua opera contro la Russia.
La Russia non può più essere considerata un partner strategico e l’Unione europea deve essere pronta a imporle ulteriori sanzioni se essa continua a violare il diritto internazionale»: così stabilisce la risoluzione approvata dal Parlamento europeo il 12 marzo con 402 voti a favore, 163 contro e 89 astensioni [1]. La risoluzione, presentata dalla parlamentare lettone Sandra Kalniete, nega anzitutto la legittimità delle elezioni presidenziali in Russia, definendole «non-democratiche», presentando così il presidente Putin come un usurpatore.
Accusa la Russia non solo di «violazione dell’integrità territoriale dell’Ucraina e della Georgia», ma dell’«intervento in Siria e dell’interferenza in paesi come la Libia», e, in Europa, di «interferenza mirante ad influenzare le elezioni e ad accrescere le tensioni». Accusa la Russia di «violazione degli accordi di controllo degli armamenti», attribuendole la responsabilità di aver affossato il Trattato Inf. La accusa inoltre di «estese violazioni dei diritti umani al suo interno, comprese torture ed esecuzioni extragiudiziali», e di «assassini compiuti da suoi agenti con armi chimiche sul suolo europeo». Al termine di queste e altre accuse, il Parlamento europeo dichiara che il Nord Stream 2, il gasdotto destinato a raddoppiare la fornitura di gas russo alla Germania attraverso il Mar Baltico, «deve essere fermato perché accresce la dipendenza della Ue dalle forniture russe di gas, minacciando il suo mercato interno e i suoi interessi strategici».
La risoluzione del Parlamento europeo ripete fedelmente, non solo nei contenuti ma nelle stesse parole, le accuse che Usa e Nato rivolgono alla Russia. E, cosa più importante, ripete fedelmente la richiesta di bloccare il Nord Stream 2: obiettivo della strategia di Washington mirante a ridurre le forniture energetiche russe all’Unione europea per sostituirle con quelle provenienti dagli Stati uniti o comunque da compagnie statunitensi. Nello stesso quadro rientra la comunicazione della Commissione europea ai paesi membri [2], tra cui l’Italia, intenzionati ad aderire alla iniziativa cinese della Nuova Via della Seta: la Commissione li avverte che la Cina è un partner ma anche un concorrente economico e, cosa della massima importanza, «un rivale sistemico che promuove modelli alternativi di governance», in altre parole modelli alternativi alla governance finora dominata dalle potenze occidentali.
La Commissione avverte che occorre anzitutto «salvaguardare le infrastrutture digitali critiche da minacce potenzialmente serie alla sicurezza», derivanti da reti 5G fornite da società cinesi come la Huawei messa al bando negli Stati uniti. La Commissione europea ripete fedelmente l’avvertimento degli Stati uniti agli alleati.
Il Comandante Supremo Alleato in Europa, il generale Usa Scaparrotti, ha avvertito che le reti mobili ultraveloci di quinta generazione svolgeranno un ruolo sempre più importante nelle capacità belliche della Nato, per cui non sono ammesse «leggerezze» da parte degli alleati.
Tutto ciò conferma quale sia l’influenza che esercita il «partito americano», potente schieramento trasversale che orienta le politiche dell’Unione lungo le linee strategiche Usa/Nato.
Costruendo la falsa immagine di una Russia e una Cina minacciose, le istituzioni Ue preparano l’opinione pubblica ad accettare ciò che gli Usa a guida Trump stanno preparando per «difendere» l’Europa: gli Stati uniti – ha dichiarato alla Cnn un portavoce del Pentagono – si preparano a testare missili balistici con base a terra (proibiti dal Trattato Inf affossato da Washington), cioè nuovi euromissili che faranno di nuovo dell’Europa la base e allo stesso tempo il bersaglio di una guerra nucleare.
NOTE
[1] « Résolution du Parlement européen du 12 mars 2019 sur l’état des relations politiques entre l’Union européenne et la Russie », Réseau Voltaire, 12 mars 2019.
[2] “EU-China – A strategic outlook”, Voltaire Network, 12 March 2019.
https://www.voltairenet.org/article205700.html
ATTUALITÀ SOCIETÀ COSTUME
20 Marzo 2019 di Roberto PECCHIOLI
Viviamo in un manicomio a cielo aperto con sentore di patibolo. Osservarlo lascia un retrogusto amaro, qualcosa tra il lupanare e il cimitero industriale.
L’otto marzo, attivisti/e umanitari/e difensori della libertà e del diritto di cambiare sesso sin da ragazzini hanno insudiciato con slogan postribolari diverse cattedrali europee, tra le quali quella di Santiago di Compostela, uno dei simboli della cristianità europea. Ne citiamo uno tra tutti, con le scuse di chi scrive, rivolto al maschio eteropatriarcale: “io non sono uscita da una tua costola, tu sei uscito dalla mia f…”. Una lirica in linea con la sottigliezza filosofica del movimento. In compenso, ad Ancona una violenza sessuale non è stata condannata in base a una prova conclusiva: la presunta vittima non è per nulla attraente.
Nell’oscurità in cui viviamo, confondiamo termini e categorie: vittime e carnefici, generosi ed egoisti, violenti e coraggiosi, libertà e capricci. Da tempo celebriamo i vantaggi del suicidio. In Olanda, da quando l’eutanasia è legge, anche per i minori, i casi sono triplicati. Un quarto di tutti i decessi derivano dalla pratica della cosiddetta dolce morte. Alcuni medici si ribellano al destino da boia, mentre si estende una modalità per così dire precauzionale: si chiede la morte in previsione di malattie future. Non esiste profilassi migliore: ci ammazziamo per evitare di morire. In Scandinavia, dove vivere soli è la regola, c’è chi lascia bene in vista per gli efficienti funzionari dello stato socialdemocratico i soldi per il funerale. Che meraviglioso civismo, non gravare sul bilancio pubblico per l’ultimo viaggio.
Oltre i profumi che aiutano la seduzione e completano il fascino caduco della bellezza fisica, si fa strada l’acre odore della morte, l’orrore di una civiltà terminale per sé stessa. In mezzo al pansessualismo di immagini sparate ovunque, si estende una grave astenia sessuale tra i giovani maschi, che hanno trovato nella pornografia una soluzione igienica priva di rischi per lo scarico quotidiano delle pulsioni e hanno rinunciato allo splendido ma rischioso esercizio della comunicazione e della conquista. Non è facile l’antico gioco della seduzione alle condizioni del contratto giuridico. Si rompe l’atmosfera suggestiva quando deve essere esplicito e diretto il consenso, con tanto di gesti permessi o vietati sotto pena di denuncia penale unita a richiesta di risarcimento civile.
In quelle condizioni, l’industria pornografica prospera, produce fiumi seminali, i più anziani non vogliono restare esclusi, investendo in preparati e pillole blu per restare performanti. Moltitudini silenziose sprecano così la vita, e si reclama un altro diritto, quello a servizi sessuali per i disabili. Qualche Stato- i più avanzati, ça va sans dire – organizzano l’assistenza e assumono il personale addetto. Chissà se occorre corrispondere un ticket, magari a seconda della prestazione fornita, con assoluto divieto di discriminazione per “orientamento sessuale”. I più giovani, dicono le statistiche, iniziano il consumo di mercanzia erotica verso gli 11 anni, alcuni, crescendo, soli e già debosciati, si astengono da ogni relazione reale. Solo sesso virtuale, prodotti provenienti dallo schermo. Pare che allo stesso ritmo con cui cresce l’industria pornografica, si ingrossi l’esercito dei senza sesso, per scelta, accumulo o sovraesposizione.
In altri ambiti, applausi ad alcune sentenze (il giudicato penale, oracolo di Delfi del diritto positivo, non si deve mai commentare negativamente!) che condannano vittime di furti e rapine a rifondere i malfattori feriti dalla reazione del derubato, screanzato villanzone che si permette di difendere la vita, il lavoro, la casa e la famiglia. Le prime sentenze divorzili sulla legge dei matrimoni omosessuali devono sbrogliare una delicata matassa: a chi spettano gli alimenti?
Il divieto di essere dalla parte della famiglia naturale – chiamata “tradizionale” con ostentato disprezzo progressista – impedisce al governo di dare patrocinio alla manifestazione profamiglia di Verona. Un fine intellettuale pervenuto alle più alte cariche a poco più di trent’anni, l’Alessandro Magno del Vesuvio Giggino Di Maio, ha definito “sfigati” i difensori della famiglia. Più fortunati gli invertiti, ovviamente, oltre a celibi e zitelle riconvertiti in “single”. Il Di Maio-pensiero, sempre in grado di attingere vette negate ai comuni mortali, rincara la dose, vietando ai militanti a 5 Stelle di partecipare al raduno degli sfigati, parlando di “festa del Medioevo”. Uno vale uno, anche nell’ignoranza e nel luogo comune. Ami la famiglia? Vivi nel medioevo, non sappiamo se da valvassino o servo della gleba. Ti difendi dai rapinatori? Vuoi fare dell’Italia il Far West, ma qui il copyright, la proprietà intellettuale, è della sinistra pacifista, illuminata e riflessiva.
La stampa internazionale informa di un’ulteriore fobia di quest’epoca folle; dicono che stia crescendo in Occidente il timore che una tempesta solare distrugga la “civiltà”. Poco male, direte voi biechi reazionari, guardandovi attorno. Riteniamo però che la vera paura sia di non poter assistere all’evento in diretta tramite carta prepagata, giacché questa anticiviltà sembra sostenersi su un’industria nichilista di distruzione produttiva.
L’uomo moderno, dice Nicolàs Gòmez Dàvila, distrugge più quando costruisce che quando distrugge. Questa strana costruzione distruttiva ha potuto finora alimentarsi della sostanza storica di una solida civiltà ereditata. Adesso siamo al finale per consumo di tutta la realtà storica nonché di tutte le idee e realizzazioni concrete ricevute. Nell’ultimo atto, cala il sipario e la civilizzazione muore grazie alla sua enorme capacità di autodigestione: ingoia tutto, non si muove più, un immenso corpaccione informe. Il grottesco timore della tempesta solare procede dal suo probabile effetto negativo su reti elettriche, satelliti, sistemi di comunicazione. Dà persino sollievo fantasticare su questa ecpirosi, la conflagrazione universale immaginata dalla filosofia degli Stoici come fine del ciclo evolutivo cosmico, in attesa di palingenesi, la rinascita. E’ un sogno dolcissimo, di questi tempi, immaginare la fine della gigantesca macchina tecnologica che ha prima annichilito, quindi sostituito la realtà, una distruzione che contiene una promessa di rigenerazione,
Che l’atmosfera sia irrespirabile non è una metafora, ogni anno muoiono in Europa 800mila persone per malattie associate alla contaminazione atmosferica. Eppure, nessuno sembra comprendere che i disastri ecologici sono un fenomeno derivato dalla rovina spirituale di cui non ci accorgiamo più. La chiesa dell’eutanasia (Church of Euthanasia), organizzazione con tanto di sito Internet, ha un proprio decalogo, i comandamenti della dissoluzione. Uno di essi impone di non procreare, thou shalt not procreate, espressione diretta dell’antiumanesimo postmoderno, non più impegnato nella costruzione dell’Uomo Nuovo comunista o dell’Oltreuomo di Nietzsche, ma esplicitamente diretto alla fine dell’uomo.
La fine dei tempi, ovviamente, sarà visibile in televisione o in streaming, la potremo commentare in diretta sulle reti sociali. Qualcuno creerà la piattaforma migliore per vivere in tempo reale le delizie della catastrofe in ogni punto del pianeta. Sarà scaricabile una applicazione, la magica App che permetterà di contemplare il progresso della rovina – che è la rovina del progresso – con ogni dettaglio e all’istante. Ci piacerebbe chiamarla App…ocalittica, un nome suggestivo di facile presa. Il mercato sarà in grado di soddisfare ogni esigenza per lo spettacolo finale. Ci saranno mille possibilità, incluso, per i più tecnologici, un pacchetto autolitico per la rapida distruzione delle cellule.
Fuori dall’amaro sarcasmo, apocalittica, con una o due P è lo stesso, è diventata la civiltà rovesciata nella sua fase convulsiva.
La Madonna di Fatima mise in guardia un secolo fa, allorché disse ai pastorelli che la battaglia finale tra Dio e Satana si sarebbe combattuta sulla famiglia. La gente semplice e buona lo sa per istinto. Talora lo scorda la Chiesa, ex madre, una volta maestra.
App…ocalittica.
https://www.maurizioblondet.it/appocalittica/
BELPAESE DA SALVARE
Maurizio Blondet 20 Marzo 2019
A furia di aizzare i migranti contro gli italiani prima o poi il fattaccio ci scappa. A San Donato Milanese un autista senegalese sequestra 51 bambini per “vendicare i morti in mare”. Speronato da 3 pattuglie negli attimi dell’arresto ha incendiato il bus.
Voleva uccidere.
SGOZZA ITALIANO, PROFUGO VUOLE ASSOLUZIONE PERCHÉ “TRAUMATIZZATO DA VIAGGIO IN BARCONE”
Khalid De Greata, 27 anni, profugo proveniente dalla Nigeria, è seminfermo di mente e il suo disturbo paranoide di base sarebbe stato amplificato dalle vicissitudini legate al suo vissuto di profugo.
Sono queste le conclusioni della seconda perizia psichiatrica effettuata sul nigeriano che il 15 ottobre 2017 ha ucciso Maurizio Gugliotta, 51 anni, di Settimo Torinese, accoltellandolo senza motivo mentre faceva un giro al mercato di libero scambio del Barattolo assieme a un amico, rimasto ferito
https://www.maurizioblondet.it/traumatizzato-da-salvini/
di Fabio Callori – 20 marzo 2019
La sopravvivenza delle farmacie rurali – situate nei territori di montagna – è messa a dura prova e, se non si interverrà quanto prima, la loro chiusura imminente e scontata. È l’ennesima difficoltà che coinvolge i territori nelle zone di montagna ed il “grido d’allarme” è da parte dei farmacisti che lamentano un notevole calo di vendite di medicinali imputato certamente a molteplici cause, ma sicuramente rilevante il continuo ed inarrestabile spopolamento dei piccoli borghi. In tale contesto non vi è garanzia di sopravvivenza per tali farmacie.
Le farmacie rurali rivestono un importantissimo ruolo sui territori e il rischio della loro chiusura penalizza ulteriormente e notevolmente gli abitanti di questi luoghi che già devono affrontare problemi considerevoli. Non servono soluzioni tampone, non è sufficiente occuparsene solo a parole, occorrono azioni concrete. Si rende indispensabile un piano straordinario per la montagna che possa prevedere defiscalizzazioni per le attività e detassazioni per la popolazione per sostenere e motivare commercianti e abitanti a non abbandonare le loro zone. Sono necessarie proposte e soluzioni che agevolino gli spostamenti, che migliorino la situazione ambientale e che permettano di ampliare i servizi esistenti.
Alla luce di quanto suesposto, in qualità di consigliere nazionale Anci, ho chiesto che l’associazione stessa si facesse portavoce presso l’assessorato regionale e il ministero competente affinché progetti e proposte per i territori di montagna diventino concreti e consentano di arrestare l’incessante processo di migrazione. Inoltre, nello specifico, sono necessari soluzioni di aiuto ed appoggio alle farmacie dei piccoli centri abitati per permettere di proseguire tale attività che risulta particolarmente importante nei piccoli contesti sociali.
Condivisi lo spirito e la sostanza di quanto richiesto da parte del presidente Anci Emilia-Romagna Michele De Pascale che rimarca sulla necessaria attenzione alle politiche per la montagna condividendo l’impegno per contrastare il dissesto idrogeologico, per rafforzare i servizi ai cittadini ed alle imprese e i collegamenti infrastrutturali assicurando il proprio contributo nei rapporti con la Regione.
CONFLITTI GEOPOLITICI
Costretta a coprire Selmayr: così è morta Laura Pignataro
Scritto il 20/3/19
Bruxelles, 17 dicembre 2018, ore 7.30: Laura Pignataro chiede a Lorenza, la ragazza di cui era ospite da alcuni giorni, di accompagnarle la figlia quattordicenne alla fermata dell’autobus. Non si sente bene, si giustifica. Appena le due donne se ne sono andate, Laura sale all’ultimo piano dell’edificio e si getta nel vuoto: morirà all’istante. Per la polizia belga è suicidio: l’ennesimo (sono tra i 140 e i 200 all’anno, i suicidi a Bruxelles). Perché questa donna italiana di 50 anni si sarebbe suicidata? Nessuno lo saprà mai per certo, scrive Jean Quatremer su “Libération”, visto che non avrebbe lasciato nessun messaggio d’addio. «Fine della storia? Non proprio. Perché Laura Pignataro era una persona che contava», nel club europeo. Il quotidiano francese la definisce «geniale giurista, figlia di un alto magistrato, formatasi in Italia, Stati Uniti, Francia e Spagna». Faceva parte del gotha degli alti funzionari della Commissione Ue. Dal 1995 era in forza al prestigioso Servizio giuridico (Sj), dove nel 2016 era stata promossa a capo del Dipartimento risorse umane. È questa la funzione che l’ha portata a svolgere un ruolo-chiave nella gestione del caso Martin Selmayr, l’ex capo dello staff tedesco di Jean-Claude Juncker, promosso segretario generale della Commissione il 21 febbraio 2018, «in violazione delle norme dello statuto della funzione pubblica europea».
Uno scandalo che non cessa di provocare ondate, scrive “Libération”: dopo aver denunciato un vero e proprio “colpo di Stato” nell’aprile 2018, il Parlamento Europeo il 13 dicembre ha chiesto le dimissioni di Selmayr a stragrande maggioranza (71% dei voti). Per Laura Pignataro, i guai sono cominciati il 28 febbraio 2018, quando la commissione per il controllo dei bilanci del Parlamento Europeo, di fronte alla portata mediatica dello scandalo, ha aperto un’indagine sul “Selmayrgate”, inviando una lista di 134 domande alla Commissione. «È stato il panico», confessa un eurocrate, che chiede di restare anonomo: il problema, aggiunge, è che il servizio legale (quello della Pignataro) è stato bypassato, «perché sapevano che si sarebbe opposto a questo inganno». E non sarebbe l’unico. Per esempio: com’è che Juncker e Selmayr hanno taciuto per più di due anni sul prepensionamento anticipato dal segretario generale uscente, l’olandese Alexander Italianer? E perché la sua pensione è stata annunciata solo il 21 febbraio 2018, durante il plenum dei 28 commissari, solo dopo la nomina di Martin Selmayr come vicesegretario generale?
Un incontro per tentare di redigere le risposte è stato convocato il 24 marzo 2018, ricorda “Libération”. Problemi: lo spagnolo Luis Romero, direttore generale del servizio legale, lasciò la stanza non appena vi entrò Selmayr. Laura Pignataro, presente, avrebbe voluto seguirlo (ma non osò farlo). Anche perché, spiega Jean Quatremer, ad andarsene avrebbe dovuto essere Selmayr, in flagrante conflitto d’interessi(si parlava di lui, dopotutto). E così, continua il giornalista di “Libération”, non sorprende che i deputati non si fossero assolutamente convinti della validità degli argomenti della Commissione. Così hanno preparato una seconda lista di questiti, 61 domande. Le risposte? Sono state preparate il 2 aprile 2018 dalla stessa squadra e, come la prima volta, alla presenza (inopportuna) di Selmayr. «Laura, uscendo da questi incontri, era in preda alla rabbia», rivela uno dei suoi amici: «Sapeva di esser stata coinvolta in un uso illegale di interessi. Da avvocato fedele all’istituzione, si era resa conto che la nomina di Selmayr non era stata legale». Fu quindi costretta a tentare di giustificare la violazione della legge?
A maggio, la mediatrice irlandese Emily O’Reilly iniziò la sua indagine in un’atmosfera di tensione. Chiese l’accesso al server della Commissione: permesso respinto. Richiese quindi la trasmissione di tutte le e-mail relative alla nomina di Selmayr: nuovo rifiuto. E qui, Laura Pignataro si sentì in dovere di collaborare. «Non ho potuto mentirle», ha detto Laura a un parente: «Ho dato tutti i file alla mediatrice». Dal canto suo, racconta “Libération”, Selmayr non ha saputo subito del “tradimento” della Pignataro, che considerava il suo scudo legale. Pubblicato il 4 settembre, il rapporto del mediatore europeo è stato travolgente: sembra che la nomina di Selmayr sia stata preparata già a gennaio 2018, e pare che il pupillo di Juncker non abbia mai dubitato dell’omertà dei funzionari, consapevoli fin dall’inizio della frode. A quel punto, Selmayr ha intuito che il suo “problema” si chiamava Laura Pignataro: non pteva che essere lei, la “gola profonda”. Al che, l’italiana dovette ricevere nuove istruzioni: la chiamarono nel cuore della notte per spiegarle come dovesse mentire alla O’Reilly. A dicembre, dopo quest’ultimo atto, Laura Pignataro confidò al suo entourage che la sua carriera a Bruxelles era praticamente finita. «Non puoi immaginare cosa sono stata costretta a fare nelle ultime settimane», disse a un amico, secondo il quale «sembrava terrorizzata dall’ostilità di Selmayr». Quattro giorni dopo, il tragico tuffo nel vuoto.
Luis Romero, il direttore del servizio legale in cui lavorava Laura, venne a conoscenza del presunto suicidio l’indomani mattina: non disse nulla e lasciò la riunione che aveva appena cominciato. Poi, affidò un messaggio riservato ai colleghi, sulla rete Intranet: «Luis Romero si rammarica di dover darvi la triste notizia della morte di Laura Pignataro». Aggiunge “Libération”: «Né Martin Selmayr né Günther Oettinger, commissario per l’amministrazione, né lo stesso Juncker ritennero opportuno inviare le loro condoglianze alla famiglia, né di partecipare o di essere rappresentati alla cremazione, tenutasi il 21 dicembre a Bruxelles». Quello stesso giorno, d’altra parte, «tutti i funzionari avevano ricevuto un messaggio di “buone feste” da parte di Selmayr». Cinismo teutonico? «Siamo rimasti tutti scioccati», dice a “Libération” uno degli amici di Laura Pignataro. Selmay era assente anche alla cerimonia del 31 gennaio, per commemorare Laura. Eppure, la conosceva bene, ci aveva collaborato direttamente per dieci mesi. «Umanamente, la Commissione è un posto orribile», dice al giornale francese un funzionario dell’istituzione. «La brutalità è parte integrante di questa casa», dichiarò lo stesso Selmayr nel 2017 sempre a “Libération”.
Uno dei suoi portavoce, Alexander Winterstein, fu tranciante: la morte della Pignataro? «Una questione interamente privata». Certo, Laura Pignataro «è stata un’eccellente e brillante giurista, una collega e molto apprezzata». Perché allora si sarebbe uccisa? «È difficile capire il suo gesto: era allegra, forte ed energica», la ricorda uno dei suoi ex capi, Giulano Marenco, vicedirettore generale del dipartimento legale, ora in pensione. «La sua situazione personale era complicata», ammette: «Suo marito, Michel Nolin, funzionario civile francese nel servizio legale, aveva combattuto per anni contro la Commissione perché sentiva di non avere avuto la carriera che meritava». Si era persino lamentato con la Corte di giustizia, perdendo però la vertenza. E c’è chi sospetta che la nomina di Laura in quella posizione – così delicata e scomoda – potrebbe aver a che fare con il caso del marito. «La relazione della coppia si era deteriorata così gravemente – scrive “Libération” – che Laura Pignataro si era rifugiata a casa della sua amica, con sua figlia», alcuni giorni prima del fatale volo dal tetto. Il bando per sostituire Laura Pignataro è stato pubblicata il 4 marzo, quasi tre mesi dopo la sua morte. Conclude Jean Quatremer: «Sappiamo già che Selmayr chiamerà un suo fedele, tedesco come lui».
Bruxelles, 17 dicembre 2018, ore 7.30: Laura Pignataro chiede a Lorenza, la ragazza di cui era ospite da alcuni giorni, di accompagnarle la figlia quattordicenne alla fermata dell’autobus. Non si sente bene, si giustifica. Appena le due donne se ne sono andate, Laura sale all’ultimo piano dell’edificio e si getta nel vuoto: morirà all’istante. Per la polizia belga è suicidio: l’ennesimo (sono tra i 140 e i 200 all’anno, i suicidi a Bruxelles).
Perché questa donna italiana di 50 anni si sarebbe suicidata? Nessuno lo saprà mai per certo, scrive Jean Quatremer su “Libération”, visto che non avrebbe lasciato nessun messaggio d’addio. «Fine della storia? Non proprio. Perché Laura Pignataro era una persona che contava», nel club europeo. Il quotidiano francese la definisce «geniale giurista, figlia di un alto magistrato, formatasi in Italia, Stati Uniti, Francia e Spagna». Faceva parte del gotha degli alti funzionari della Commissione Ue.
Dal 1995 era in forza al prestigioso Servizio giuridico (Sj), dove nel 2016 era stata promossa a capo del Dipartimento risorse umane. È questa la funzione che l’ha portata a svolgere un ruolo-chiave nella gestione del caso Martin Selmayr, l’ex capo dello staff tedesco di Jean-Claude Juncker, promosso segretario generale della Commissione il 21 febbraio 2018, «in violazione delle norme dello statuto della funzione pubblica europea».
Uno scandalo che non cessa di provocare ondate, scrive “Libération”: dopo aver denunciato un vero e proprio “colpo di Stato” nell’aprile 2018, il Parlamento Europeo il 13 dicembre ha chiesto le dimissioni di Selmayr a stragrande maggioranza (71% dei voti). Per Laura Pignataro, i guai sono cominciati il 28 febbraio 2018, quando la commissione per il controllo dei bilanci del Parlamento Europeo, di fronte alla portata mediatica dello scandalo, ha aperto un’indagine sul “Selmayrgate”, inviando una lista di 134 domande alla Commissione. «È stato il panico», confessa un eurocrate, che chiede di restare anonimo: il problema, aggiunge, è che il servizio legale (quello della Pignataro) è stato bypassato, «perché sapevano che si sarebbe opposto a questo inganno». E non sarebbe l’unico. Per esempio: com’è che Juncker e Selmayr hanno taciuto per più di due anni sul prepensionamento anticipato dal segretario generale uscente, l’olandese Alexander Italianer? E perché la sua pensione è stata annunciata solo il 21 febbraio 2018, durante il plenum dei 28 commissari, solo dopo la nomina di Martin Selmayr come vicesegretario generale?
Un incontro per tentare di redigere le risposte è stato convocato il 24 marzo 2018, ricorda “Libération”. Problemi: lo spagnolo Luis Romero, direttore generale del servizio legale, lasciò la stanza non appena vi entrò Selmayr. Laura Pignataro, presente, avrebbe voluto seguirlo (ma non osò farlo). Anche perché, spiega Jean Quatremer, ad andarsene avrebbe dovuto essere Selmayr, in flagrante conflitto d’interessi (si parlava di lui, dopotutto). E così, continua il giornalista di “Libération”, non sorprende che i deputati non si fossero assolutamente convinti della validità degli argomenti della Commissione. Così hanno preparato una seconda lista di questiti, 61 domande. Le risposte? Sono state preparate il 2 aprile 2018 dalla stessa squadra e, come la prima volta, alla presenza (inopportuna) di Selmayr. «Laura, uscendo da questi incontri, era in preda alla rabbia», rivela uno dei suoi amici: «Sapeva di esser stata coinvolta in un uso illegale di interessi. Da avvocato fedele all’istituzione, si era resa conto che la nomina di Selmayr non era stata legale». Fu quindi costretta a tentare di giustificare la violazione della legge?
A maggio, la mediatrice irlandese Emily O’Reilly iniziò la sua indagine in un’atmosfera di tensione. Chiese l’accesso al server della Commissione: permesso respinto. Richiese quindi la trasmissione di tutte le e-mail relative alla nomina di Selmayr: nuovo rifiuto. E qui, Laura Pignataro si sentì in dovere di collaborare. «Non ho potuto mentirle», ha detto Laura a un parente: «Ho dato tutti i file alla mediatrice». Dal canto suo, racconta “Libération”, Selmayr non ha saputo subito del “tradimento” della Pignataro, che considerava il suo scudo legale. Pubblicato il 4 settembre, il rapporto del mediatore europeo è stato travolgente: sembra che la nomina di Selmayr sia stata preparata già a gennaio 2018, e pare che il pupillo di Juncker non abbia mai dubitato dell’omertà dei funzionari, consapevoli fin dall’inizio della frode. A quel punto, Selmayr ha intuito che il suo “problema” si chiamava Laura Pignataro: non pteva che essere lei, la “gola profonda”. Al che, l’italiana dovette ricevere nuove istruzioni: la chiamarono nel cuore della notte per spiegarle come dovesse mentire alla O’Reilly. A dicembre, dopo quest’ultimo atto, Laura Pignataro confidò al suo entourage che la sua carriera a Bruxelles era praticamente finita. «Non puoi immaginare cosa sono stata costretta a fare nelle ultime settimane», disse a un amico, secondo il quale «sembrava terrorizzata dall’ostilità di Selmayr». Quattro giorni dopo, il tragico tuffo nel vuoto.
Luis Romero, il direttore del servizio legale in cui lavorava Laura, venne a conoscenza del presunto suicidio l’indomani mattina: non disse nulla e lasciò la riunione che aveva appena cominciato. Poi, affidò un messagio riservato al colleghi, sulla rete Intranet: «Luis Romero si rammarica di dover darvi la triste notizia della morte di Laura Pignataro». Aggiunge “Libération”: «Né Martin Selmayr né Günther Oettinger, commissario per l’amministrazione, né lo stesso Juncker ritennero opportuno inviare le loro condoglianze alla famiglia, né di partecipare o di essere rappresentati alla cremazione, tenutasi il 21 dicembre a Bruxelles». Quello stesso giorno, d’altra parte, «tutti i funzionari avevano ricevuto un messaggio di “buone feste” da parte di Selmayr». Cinismo teutonico? «Siamo rimasti tutti scioccati», dice a “Libération” uno degli amici di Laura Pignataro. Selmay era assente anche alla cerimonia del 31 gennaio, per commemorare Laura. Eppure la conosceva bene, ci aveva collaborato direttamente per dieci mesi. «Umanamente, la Commissione è un posto orribile», dice al giornale francese un funzionario dell’istituzione. «La brutalità è parte integrante di questa casa», dichiarò lo stesso Selmayr nel 2017 sempre a “Libération”.
Uno dei suoi portavoce, Alexander Winterstein, fu tranciante: la morte della Pignataro? «Una questione interamente privata». Certo, Laura Pignataro «è stata un’eccellente e brillante giurista, una collega e molto apprezzata». Perché allora si sarebbe uccisa? «È difficile capire il suo gesto: era allegra, forte ed energica», la ricorda uno dei suoi ex capi, Giulano Marenco, vicedirettore generale del dipartimento legale, ora in pensione. «La sua situazione personale era complicata», ammette: «Suo marito, Michel Nolin, funzionario civile francese nel servizio legale, aveva combattuto per anni contro la Commissione perché sentiva di non avere avuto la carriera che meritava». Si era persino lamentato con la Corte di giustizia, perdendo però la vertenza. E c’è chi sospetta che la nomina di Laura in quella posizione – così delicata e scomoda – potrebbe aver a che fare con il caso del marito. «La relazione della coppia si era deteriorata così gravemente – scrive “Libération” – che Laura Pignataro si era rifugiata a casa della sua amica, con sua figlia», alcuni giorni prima del fatale volo dal tetto. Il bando per sostituire Laura Pignataro è stato pubblicata il 4 marzo, quasi tre mesi dopo la sua morte. Conclude Jean Quatremer: «Sappiamo già che Selmayr chiamerà un suo fedele, tedesco come lui».
- Malvezzi: Juncker ubriaco, emblema di un’Europa che crolla
- Il bottino dei grandi ladri nel paradiso (fiscale) di Juncker
- Selmayr, l’ennesimo tedesco a capo dell’Ue (con un golpe)
- Juncker, Barroso, Draghi, Selmayr: l’opaca superlobby Ue
- Gladio, spie e oligarchi: chi è Juncker, il nuovo capo Ue
http://www.libreidee.org/2019/03/costretta-a-coprire-selmayr-cosi-e-morta-laura-pignataro/
La militarizzazione della Cina di Xi Jinping
“Recuperare” i territori mai governati
di Gordon G. Chang • 21 marzo 2019
- L’Esercito popolare di liberazione (Epl) si equipaggia rapidamente e questo è un segnale allarmante. Pechino ha sempre sostenuto che le proprie forze armate hanno una natura prettamente difensiva, ma nessun paese minaccia il territorio sotto il controllo della Cina. Pertanto, la corsa agli armamenti sembra essere un prodromo dell’aggressione.
- I dirigenti cinesi – e non solo Xi Jinping – credono che i loro territori dovrebbero essere molto più vasti di quanto non lo siano oggi. La preoccupazione è che, dando seguito alla loro retorica, utilizzeranno armi nuove di zecca per tentare di conquistare un territorio e occupare il suo spazio aereo e marittimo.
- Inoltre, negli anni Trenta, i media pubblicizzavano l’idea che il Giappone fosse circondato da potenze ostili che volevano impedirne l’espansione. Eri Hotta, autore di Japan 1941: Countdown to Infamy, scrive che i giapponesi “si erano convinti di essere vittime delle circostanze piuttosto che degli aggressori”. Questo è esattamente ciò che i cinesi stanno facendo in questo momento.
- Purtroppo, questo schema tragico è evidente oggi in una Pechino dove i cinesi, con i gradi sulle spallette, sembrano voler ripetere uno dei peggiori errori del secolo scorso.
Gran parte dell’equipaggiamento che l’Esercito popolare di liberazione (Epl) cinese sta acquisendo – portaerei, veicoli militari anfibi e bombardieri stealth – è destinato a dimostrare la propria potenza e non alla difesa della patria.
“Siate pronti al combattimento”. È così che il South China Morning Post, quotidiano di Hong Kong che riflette sempre più la linea del Partito comunista, , ha sintetizzato il primo ordine impartito quest’anno da Xi Jinping all’Esercito popolare di liberazione (Epl). Xi, nel suo discorso trasmesso dalla televisione nazionale, ha chiesto quanto segue: “Preparatevi a una lotta armata globale che sarà una nuova base di partenza”.
Da più mesi, il coraggioso leader cinese minaccia i paesi vicini e gli Stati Uniti. “Xi non solo sta scherzando con la guerra”, ha scritto Victor Mair della Università della Pennsylvania nella newsletter del mese di febbraio inviata alla mailing list del Fanell Red Star Rising. “Ne prepara una. È in uno stato mentale pericoloso”.
Davvero pericoloso. Da Washington a Nuova Delhi, i responsabili politici si chiedono se la Cina inizierà il prossimo grande conflitto della storia. Pechino ovviamente vuole “vincere senza combattere”, ma le misure che Xi Jinping sta prendendo potrebbero portare comunque allo scontro armato. Uno sviluppo particolarmente preoccupante a riguardo è l’acquisizione di potere da parte dell’esercito cinese negli ambienti politici di Pechino.
L’Epl, l’acronimo con cui è conosciuto l’esercito cinese, si equipaggia rapidamente e questo è un segnale allarmante. Pechino ha sempre sostenuto che le proprie forze armate hanno una natura prettamente difensiva, ma nessun paese minaccia il territorio sotto il controllo della Cina. Pertanto, la corsa agli armamenti sembra essere un prodromo dell’aggressione. Gran parte dell’equipaggiamento che l’Esercito popolare di liberazione (Epl) cinese sta acquisendo – portaerei, veicoli militari anfibi e bombardieri stealth – è destinato a dimostrare la propria potenza e non alla difesa della patria.
I dirigenti cinesi – e non solo Xi Jinping – credono che i loro territori dovrebbero essere molto più vasti di quanto non lo siano oggi. La preoccupazione è che, dando seguito alla loro retorica, utilizzeranno armi nuove di zecca per tentare di conquistare un territorio e occupare il suo spazio aereo e marittimo.
I cinesi – i leader, ma anche gli altri – costituiscono il peggiore caso al mondo di irredentismo, dal momento che cercano di “recuperare” luoghi che di fatto non hanno mai governato, ma non necessariamente prevedono la conquista militare come mezzo per acquisire vasti “territori perduti”. Credono di poter intimidire e costringere, per poi assumere il controllo senza usare la forza.
Il riarmo rapido ha anche altri obiettivi. Parlando della Cina, Arthur Waldron, dell’Università della Pennsylvania, ha detto al Gatestone Institute:
“Penso che il suo obiettivo sia quello di aumentare la sua grandiosità agli occhi della mondo, pertanto, la sua corsa agli armamenti è da intendersi come un tentativo di diventare abbastanza potente da far vacillare il sistema internazionale senza conseguenze”.
Nonostante la retorica, i cinesi conoscono i “fattori imponderabili” della guerra. Per secoli, non sono stati molto bravi, subendo sconfitte e invasioni.
Anche i loro trascorsi militari sotto la Repubblica popolare sono insignificanti. Sì, i cinesi hanno assunto il controllo delle isole Parcels e delle Spratly, situate nell’arcipelago del Mar cinese meridionale, in una serie di schermaglie con vari governi vietnamiti, ma si tratta di episodi di poco conto se paragonati alle sconfitte.
Nei primi anni Cinquanta, Mao Zedong perse forse 600mila soldati – tra cui suo figlio, Mao Anying – nella guerra di Corea, prima di iniziare la ritirata. Il suo successore, Deng Xiaoping, lanciò un’incursione nel 1979 “per dare una lezione al Vietnam” e invece subì una sconfitta umiliante per mano del suo piccolo vicino comunista.
Nonostante i mediocri precedenti, la Cina suscita vive preoccupazioni. Xi era già in obbligo verso i generali e gli ammiragli, che costituiscono il fulcro del suo sostegno politico negli ambienti del Partito comunista e sono diventati ancora più potenti quando la popolazione cinese è diventata più recalcitrante.
Come ha dichiarato di recente al Gatestone Willy Lam, dell’Università di Hong Kong, “la dirigenza è paranoica riguardo ai massicci disordini sociali” e così ha conferito all’esercito e alla polizia “un ulteriore potere di rafforzare la sicurezza interna (…) Xi sa molto bene che sono l’esercito e la polizia a tenere in vita il Partito”.
Il presidente cinese ha cercato di tenere sotto controllo l’esercito mediante tentativi “anti-corruzione” – che in realtà sono una serie di purghe politiche – e con “una profonda trasformazione dell’apparato militare”, come ha spiegato June Teufel Dreyer, dell’Università di Miami, al Gatestone.
Eppure, questi tentativi non hanno avuto pieno successo. Ecco perché Xi sta cercando, nelle parole di Waldron, di essere considerato un “‘imperatore marziale”. Conosce il potere dell’Epl di “incoronatore”, capace di sostenere e deporre i leader civili. “L’attuale attenzione cinese verso l’esercito ha senz’altro radici politiche interne e non è legata ai cambiamenti nelle condizioni di sicurezza”, ha affermato Waldron. Xi, per accattivarsi i favori dell’esercito, deve assecondare gli alti ufficiali.
Il fatto che il processo sia guidato internamente non lo rende meno pericoloso. Il leader cinese, ha promosso grosse spese militari e ha permesso ad alti ufficiali di avere un ruolo smisurato nella formulazione di provocatorie politiche esterne. La dichiarazione del novembre 2013 riguardo la zona di identificazione per la difesa area sul Mar cinese orientale, un audace tentativo di controllare i cieli al largo delle sue coste, è un chiaro esempio dell’influenza militare. Il sequestro dello Scarborough Shoal all’inizio del 2012, nonché la rivendicazione e la militarizzazione dell’arcipelago delle isole Spratly nel Mar cinese meridionale sono altri eventi destabilizzanti.
L’influenza dei militari nella capitale cinese implica anche un’ostilità permanente. A due riprese, nel dicembre scorso, alti ufficiali dell’Epl hanno pubblicamente minacciato la Marina degli Stati Uniti di attacchi ingiustificati. “Gli Stati Uniti hanno più paura di noi della morte”, ha dichiarato il contrammiraglio Luo Yuan nella seconda delle minacce.
“Ora abbiamo missili Dong Feng-21D e Dong Feng-26. Questi sono i cosiddetti ‘killer delle portaerei’. Noi possiamo attaccare e affondare una delle loro portaerei. Perderanno 5mila soldati. Se ne attaccassimo e ne affondassimo due, perderebbero 10mila uomini. Vediamo se gli Stati Uniti hanno paura o no?”
Il mondo intero, e non solo gli Stati Uniti, dovrebbe avere paura, anche a causa del parallelismo tra l’esercito cinese di oggi e quello del Giappone negli anni Trenta.
Negli anni Trenta, gli ufficiali dell’esercito giapponese “presero delle misure drastiche per costringere il governo a entrare in guerra, non esitando ad assassinare i leader politici nipponici contrari al bellicismo”, ha detto Dreyer al Gatestone.
All’epoca, l’esercito giapponese, come quello cinese di oggi, era incoraggiato dai propri successi e dal clima ultranazionalista. Allora, come adesso, i politici esercitavano un vago controllo sul più grande esercito dell’Asia. Allora, come oggi, il più grande esercito dell’Asia era sicuro di sé e bellicoso.
Inoltre, negli anni Trenta, i media pubblicizzavano l’idea che il Giappone fosse circondato da potenze ostili che volevano impedirne l’espansione. Eri Hotta, autore di Japan 1941: Countdown to Infamy, scrive che i giapponesi “si erano convinti di essere vittime delle circostanze piuttosto che degli aggressori”. Questo è esattamente ciò che i cinesi stanno facendo in questo momento.
Nel suo libro, Hotta cita Maruyama Masao, un eminente politologo del dopoguerra: “Alla domanda: ‘Volevano la guerra?’, la risposta è sì. E anche alla domanda: ‘Volevano evitare la guerra?’, la risposta è sì”. “Pur volendo la guerra, cercarono di evitarla; ma volendo evitarla, scelsero deliberatamente il percorso che condusse a essa”.
Purtroppo, questo schema tragico è evidente oggi in una Pechino dove i cinesi, con i gradi sulle spallette, sembrano voler ripetere uno dei peggiori errori del secolo scorso.
Gordon G. Chang è l’autore di “The Coming Collapse of China” e Distinguished Senior Fellow presso il Gatestone Institute.
https://it.gatestoneinstitute.org/13935/cina-militarizzazione
Blackout in Venezuela: assaggi della prossima guerra
20 Marzo 2019da Federico Dezzani
Nel quadro delle manovre atlantiche per rovesciare il presidente Nicolas Maduro, il Venezuela è stato oggetto di un attacco informatico che, paralizzando la rete di distribuzione elettrica, ha inflitto pesanti danni al Paese. Le autorità venezuelane hanno esplicitamente parlato di attacco cibernetico, poi confermato dalle autorità cinesi che hanno prestato il loro aiuto per il ripristino della rete. Si tratta di un tipico esempio di “guerra ibrida”, anticipazione del prossimo conflitto tra grandi potenze: ogni contendente cercherà di annichilire l’apparato produttivo dell’avversario con sabotaggi informatici ma, come nel caso dei bombardamenti aerei, difficilmente questo tipo di operazioni sarà risolutivo per la sconfitta del nemico.
Attacchi cibernetici: falsa rivoluzione militare
Chi avesse avuto il piacere di leggere il nostro ultimo lavoro, “Terra contro Mare; dalla rivoluzione inglese a quella russa”, ricorderà come già alla fine della Grande Guerra del 1914-1918 si stessero aggiungendo due nuove dimensioni alla tradizionale dicotomia terra-mare: l’aria, con lo sviluppo dell’aviazione militare, e l’etere, con il controllo e la trasmissione dei dati. Queste nuove dimensioni, scrivevamo (e, ovviamente, confermiamo!) non alteravano però la tradizionale geopolitica basata sulla contrapposizione tra potenze marittime e potenze continentali: aria e etere sono solo “nuovi campi di battaglia” tra gli angloamericani ed i colossi euroasiatici. I recentissimi sviluppi in Venezuela confermano le nostre fortunate intuizioni: nel Paese sudamericano, infatti, si stata assistendo ad un braccio di ferro tra Cina e Russia da un lato, Usa ed Inghilterra dall’altro, anche col ricorso alla guerra cibernetica.
Riepiloghiamo rapidamente i fatti. L’amministrazione Obama prima (colpo di Stato giudiziario in Brasile del 2016) e quella Trump dopo, hanno stabilito la reintroduzione della dottrina Monroe nel continente americano, per fermare l’influenza cinese e russa in forte espansione: la dottrina Monroe, datata 1823, è una dichiarazione politica molto “elastica”, che consente agli USA di intervenire ovunque avvertano i loro interessi minacciati, in primis in Centro e Sud America. Disarcionata Dilma Rousseff e traghettato il Brasile nell’orbita nazionalista-atlantica, l’attenzione angloamericana si è spostata sul Venezuela.
Spesso, a nostro avviso, si dà troppo importanza al petrolio, certamente non in cima ai pensieri degli strateghi angloamericani, considerata anche l’attuale sovrabbondanza di oro nero. A Washington e Londra preme la caduta del governo bolivariano di Nicolas Maduro per ristabilire la completa egemonia in Sud America ed indebolire la già difficile posizione di Cuba. Un Venezuela “terzomondista” significa, infatti, la possibilità per Russia e Cina di disporre di una “piattaforma” distante 4.500 km dagli Stati Uniti, ideale per il dispiegamento di forze aeronavali o missili nucleari tattici. Le manovre per rovesciare Maduro sono iniziate con le proteste del 21 gennaio scorso, sono proseguite con la proclamazione di un capo di Stato, Juan Guaidò, spalleggiato dall’Occidente e non riconosciuto da Caracas e hanno fatto ricorso al solito armamentario dei cambi di regime: congelamento dei fondi all’estero, sanzioni economiche, corruzione di ambasciatori e attaché militari all’estero, etc. etc.
Fin qui niente di nuovo, niente di risolutivo e niente, pertanto, che valesse la nostra attenzione. La situazione si è però fatta interessante il 7 marzo, quando un blackout ha paralizzato per circa una settimana la rete elettrica venezuelana, infliggendo gravi danni al Paese in termini economici e sociali: industria estrattiva paralizzata, aeroporti e ospedali in panne, acquedotti fermi, linee telefoniche fuori servizio, frigoriferi industriali e domestici inservibili, etc. La città di Maracaibo, la seconda più grande del Paese, è stata anche oggetto di violenze e saccheggi senza precedenti sull’onda del blackout1. Secondo una stima del governo venezuelano, i danni per i sette giorni di malfunzionamento della linea elettrica ammonterebbero a 870 milioni di dollaro2. Il blackout, in particolare, sarebbe stato causato dall’interruzione del flusso di energia elettrica prodotta dalla diga di Guri che, completata negli anni ‘70, fornisce tuttora circa i tre quarti del fabbisogno elettrico venezualano3.
Fin dalle prime ore, chiunque avesse dimestichezza con la moderna guerra ibrida, ha subito pensato ad un attacco cibernetico condotto dagli Stati Uniti contro il Venezuela, col tentativo di accelerarne l’implosione politica. A distanza di circa una settimana, quando il guasto è stato riparato e la corrente elettrica ripristinata, lo stesso Maduro ha accusato esplicitamente gli USA di aver sferrato l’assalto alla rete elettrica venezuelana, usando come basi le città americane di Houston e Chicago; un autorevole conferma della natura dolosa del blackout è venuta dal portavoce del ministro degli Esteri cinese, Lu Kang, che ha pubblicamente parlato di attacco hacker, volto a destabilizzare l’ordine sociale: i cinesi possono avanzare accuse su solide basi, considerato che hanno fornito l’assistenza tecnica per neutralizzare l’attacco cibernetico e ripristinare la distribuzione elettrica.
L’episodio merita senza dubbio di essere analizzato, in quanto costituisce un “assaggio” della prossima guerra tra grandi potenze, cioè del prossimo scontro tra Terra e Mare.
Si può dire, innanzitutto, che il progresso della tecnologia tenda ad allontanare sempre di più gli schieramenti avversari. Dall’introduzione della polvere a sparo all’introduzione dei missili intercontinentali, lo spazio che separa i due contendenti è letteralmente esploso: nel caso dell’attacco alla rete elettrica venezuelana, i tecnici americani sedevano a circa 5.000 chilometri di distanza dal Venezuela, eppure erano in grado di recare danno alle sue infrastrutture come una nave cannoniera avrebbe potuto fare, a inizio Novecento, solo se dislocata davanti alle coste venezuelane. Tende poi a sparire qualsiasi differenza residua tra militari e civili, aumentando l’imbarbarimento di un’attività che, per quanto cruenta, era un tempo soggetta ad un diritto universalmente riconosciuto dai popoli civilizzati: che fine ha fatto, ad esempio, la dichiarazione di guerra? Maggiore sicurezza, quindi, per chi attacca. Maggiore cinismo, anche. Ma anche altrettanta efficacia?
Il caso venezuelano dimostra che anche la paralisi della rete di distribuzione elettrica, protratta per una settimana, non è di per sé sufficiente a piegare l’avversario. Viene così spontaneo un parallelismo con il perfezionamento, circa un secolo fa, dell’arma aerea. L’introduzione di velivoli sempre più potenti e capaci di imbarcare (e sganciare) un peso crescente di bombe, aveva indotto l’italiano Giulio Douhet (1869-1930), il “Mahan dell’aria”, a ritenere che l’aereo ed il dominio dei cieli sarebbero stati decisivi nei successivi conflitti: ne “Il dominio dell’aria” del 1921, Douhet introduce il concetto di bombardamento strategico, volto ad annientare la capacità industriale dell’avversario e atterrire la popolazione, poi adottato dalle aviazioni angloamericane nei successivi conflitti: dalla Seconda Guerra Mondiale all’invasione dell’Iraq. In nessuno dei conflitti combattuti dagli Stati Uniti negli ultimi 70 anni, l’arma aerea è però mai stata risolutiva, o di per sé sufficiente a sconfiggere l’avversario.
Partendo dalla massima del prussiano von Clausewitz, secondo cui la guerra “è un atto di violenza per imporre all’avversario la nostra volontà”, è ormai assodato che i bombardamenti aerei non siano di per sé sufficienti a imporre la propria volontà al nemico. Lo stesso si può dire degli attacchi cibernetici che, pur costando relativamente poco e infliggendo danni relativamente gravi alle infrastrutture del nemico, sicuramente non annientano la sua capacità offensiva, né azzerano il suo morale. Il Venezuela, dopo sette giorni di blackout, è ancora in piedi.
La guerra cibernetica è quindi uno strumento necessario, ma non sufficiente per piegare l’avversario, specialmente se strutturato, industrializzato e disciplinato come una potenza euroasiatica: resta l’eterno problema di “imporre la volontà”, risultato che non si può ancora ottenere senza il confronto fisico tra forze armate avversarie. La guerra cibernetica può rallentare la capacità dell’avversario di proiettarsi all’estero, ma prima o poi uno scontro sul campo di battaglia è inevitabile: forse il blackout venezuelano sarebbe stato risolutivo se abbinato ad un fulmineo blitz delle forze aeronavali americane. Ma siamo sicuri che anche questo attacco combinato avrebbe infine indotto il regime di Maduro alla resa? O sarebbe servito il vecchio sbarco dei marines?
Immaginiamo ora il prossimo conflitto tra grandi potenze, ognuna delle quali sta costruendo le sue unità di guerra cibernetica. All’apertura delle ostilità, ciascuno cercherà di piegare l’avversario, menomandone le capacità di resistenza/offesa: fabbriche, ferrovie, aeroporti, dighe, acquedotti, linee telefoniche, niente sarà risparmiato. Dopo qualche settimana, ciascuno avrà subito e inflitto danni, ma avrà anche imparato a neutralizzare gli attacchi avversari: statisticamente, infatti, le capacità militari tra potenze industrialmente avanzate si distribuiscono in maniera piuttosto simile. Per piegare l’avversario, non resterà quindi che ricorrere all’armamentario classico: marina, aviazione, esercito e deterrente nucleare. Anche in questo caso, però, è facile che si crei in fretta un equilibrio in termini qualitatitivi. Chi vincerà, quindi, la guerra? Non chi padroneggia meglio gli attacchi cibernetici ma chi, già all’apertura delle ostilità, avrà costruito la coalizione più forte. L’eterna superiorità della geopolitica.
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