RASSEGNA STAMPA DETTI E SCRITTI
22 OTTOBRE 2021
A cura di Manlio Lo Presti
Esergo
Tutto si tramuta. E tu pure incessantemente ti trasformi. Un processo in un certo senso di sissoluzione. E il mondo tutto quanto.
MARCO AURELIO ANTONINO, Ricordi, Rizzoli, 1993, pag. 153
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SOMMARIO
“LE COSTITUZIONI”: L’UNGHERIA (VIDEO)
Dai frutti li riconoscerete
Esperto: il traffico di bambini in Afghanistan sta rapidamente prendendo piede
IL GENERALE IMBROGLIO
Bonus fiscali casa: via libera alla proroga tranne quello per le facciate
Tamponi, ecco il nuovo business: come quintuplica il prezzo e chi ci guadagna
Questo green pass si rivela una vera pagliacciata
Russia e Iran preparano un nuovo accordo militare
La Gran Bretagna ha sostenuto il Pakistan
L’Iran celebra la Giornata Nazionale di Rumi, il più grande poeta mistico
L’India costruisce una base navale segreta a Mauritius per contrastare la Cina – Reports
Lo stato profondo ora vuole colonizzare i media indipendenti (Consortium News)
RES COGITANS E RES EXTENSA
Arriva la stangata: dal latte al pane, rincari fino a 1.500 euro per le famiglie
Anche in Francia l’attacco alla casa privata
Investimenti, la decorrelazione nell’era globalizzata
Mps-Unicredit: trattative in salita, arriva l’aut aut di Orcel
Jens Weidmann s’è dimesso. Subito dopo la Merkel. Il motivo c’è.
Trump annuncia il suo social network: si chiama Truth, ossia “verità”
La Russia rompe i rapporti con la NATO
A Kabul va in scena il valzer dell’ipocrisia internazionale.
Facebook vuole cambiare nome, atteso annuncio la prossima settimana
L’ultimo capitolo del rais
Aerei-spia, stazioni radar e solo spie. Come gli Stati Uniti spiarono l’URSS
EDITORIALE
“LE COSTITUZIONI”: L’UNGHERIA (VIDEO)
Nella nuova puntata de “Le Costituzioni” parliamo dell’Ungheria, nazione in cui la nuova Costituzione è entrata in vigore il 1 gennaio 2012. Il primo articolo cita: “Il nome della nostra Patria è Ungheria”.
VIDEO QUI: https://youtu.be/Q-SbSZQepsQ
FONTE: https://www.opinione.it/cultura/2021/10/22/manlio-lo-presti_le-costituzioni-ungheria-entrata-vigore-2012/
IN EVIDENZA
Dai frutti li riconoscerete
Questo articolo è stato pubblicato in versione leggermente rielaborata su La Verità di venerdì 8 ottobre 2021.
Dal prossimo 15 ottobre diventerà obbligatorio sottoporsi a un trattamento sanitario invasivo, un tampone faringeo o un’iniezione ripetuti nel tempo, per poter svolgere un lavoro nel nostro Paese. Ormai non fa quasi più effetto osservare che si tratta di una misura senza riscontri nella nostra storia, nel mondo, nella storia del mondo. È bastato infatti un anno e mezzo di deroghe continue alle consuetudini e alle leggi per fare dell’eccezione un’abitudine e dell’inconcepibile una norma. Se per molti la desiderabilità del fine enunciato, di frenare il diffondersi di una malattia, può motivare ogni mezzo, altri hanno invece contestato l’utilità e la liceità della decisione e, ancora una volta, i cittadini si sono divisi in un conflitto dove gli uni vanno all’attacco con tutto l’arsenale offerto dai potentati della politica e dell’informazione, gli altri si difendono alla disperata, come possono.
Nel polverone di questa guerra asimmetrica è difficile orientarsi, impossibile soffermarsi sull’analisi quando paura, interesse e rabbia gridano le loro ragioni e, oltretutto, il tenore tecnico del contendere riduce al minimo il margine del giudizio informato. Compromessa la possibilità di conoscere, occorre allora un criterio restaurativo della conoscenza possibile, un criterio gerarchicamente superiore e quindi epistemico. Se l’acqua è torbida, bisogna attingere alla fonte. Una definizione autorevole e antica di questo criterio si trova nel Vangelo di Matteo, quando il Maestro spiega ai discepoli come smascherare i «falsi profeti»:
Dai loro frutti li riconoscerete. Si raccoglie forse uva dalle spine, o fichi dai rovi? Così ogni albero buono produce frutti buoni e ogni albero cattivo produce frutti cattivi; un albero buono non può produrre frutti cattivi, né un albero cattivo produrre frutti buoni. Ogni albero che non produce frutti buoni viene tagliato e gettato nel fuoco. Dai loro frutti dunque li potrete riconoscere (Mt 7,15-20).
Su questa verità poggia ogni altra verità. Non ci è dato conoscere le cose nella loro essenza, ma solo riconoscerle risalendo a ritroso dai loro fenomeni. Definiamo i sostantivi dai loro predicati: i composti chimici da come reagiscono, gli oggetti da come ci appaiono, il pensiero da ciò che si dice e si fa ecc. Confezioniamo così modelli e tassonomie dell’inconoscibile «scatola nera» (Watzlawick, Pragmatica della comunicazione umana) in cui si nasconde la realtà «reale», e quindi anche le scienze, le cui leggi sono vere se i frutti dell’osservazione combaciano con l’albero delle ipotesi «e non con testi e nude autorità, perché i discorsi nostri hanno a essere intorno al mondo sensibile, non sopra un mondo di carta» (Galileo, Dialogo sopra i due massimi sistemi). Il sermone evangelico estende il principio anche al dominio morale affinché valga per giudicare le intenzioni degli uomini: siccome «tu solo [Dio] conosci il cuore di tutti i figli degli uomini» (I Re 8,39), ai mortali tocca indovinare l’albero del cuore considerando i frutti delle azioni. Chi vuole il bene non farà il male, da chi fa il male non verrà un bene.
La vicenda del passaporto verde e del suo intento sotteso, di «accelerare le vaccinazioni e farne fare di più» (così Paolo Mieli, tra i tanti), si presta molto bene alla prova evangelica perché il suo beneficio si declina nel tempo futuro della promessa, appunto di una «profezia» non ancora realizzata ma i cui frutti pendono già maturi dal ramo. Da questi ultimi si deve oggi riconoscere l’albero, se è buono o se va «tagliato e gettato nel fuoco». Proviamo a esaminarlo qui, ramo per ramo.
Primo ramo: la tutela della salute. Per l’Organizzazione Mondiale della Sanità la salute è «uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale e non semplice assenza di malattia» (Costituzione dell’OMS, 1946). Una discriminazione volta a limitare il godimento di alcuni diritti costituzionalmente ordinati, o una campagna denigratoria di vasta eco dove chi esprime una certa scelta diventa pubblicamente un «sorcio», un «pazzo» o un «criminale» sono evidentemente lesive del «benessere sociale», e quindi della salute. L’angoscia di chi ha perso o perderà il lavoro, lo stigma, la vergogna, il risentimento, l’emarginazione, il conflitto sono evidentemente lesivi del «benessere mentale», e quindi della salute. La mancanza di reddito e la crisi di alcuni settori economici sono evidentemente lesivi del «benessere fisico» se non proprio della sussistenza, e quindi della salute. La sospensione di migliaia di medici e di altri operatori sanitari mina proprio l’«assenza di malattia», e quindi la salute anche nella sua accezione più elementare. Quindi no, anche escludendo i danni più controversi, eventuali e specifici dei trattamenti prescritti, ciò che nuoce già così gravemente alla salute non la può tutelare.
Secondo ramo: ne vale la pena. Nei bollettini epidemiologici italiani si legge che da quando le coperture vaccinali hanno superato soglie significative, i decessi attribuiti alla malattia non sono diminuiti ma anzi aumentati rispetto allo stesso periodo del precedente anno «pandemico», pur caratterizzato da meno restrizioni e dall’assenza di vaccinazioni. Lo stesso nesso è stato osservato nella conta dei contagi su scala globale (cfr. l’ultimo studio di Subramanian e Kuman, European Journal of Epidemiology). Senza trarre altre conclusioni, previsioni o interpretazioni, osserviamo galileianamente che la robustezza dei frutti promessi «nel mondo di carta» è assai lontana da quella dei frutti osservati nel «mondo sensibile».
Terzo ramo: la libertà. Che i provvedimenti in parola servano a ripristinare le libertà perdute negli ultimi mesi è fattualmente falso in senso assoluto, perché al contrario introducono limiti al godimento dei diritti sociali e civili. Ma lo è anche in senso relativo, perché i nuovi limiti non escludono né sostituiscono i precedenti. In questa torsione che tanto sembra parafrasare un celebre motto orwelliano, ricorre la solita fallacia discronica dell’albero della profezia (saremo più liberi) che produce frutti a sé opposti (siamo meno liberi).
Quarto ramo: un «atto d’amore». Così Papa Francesco ha definito la nuova vaccinazione, caricandola di un’aura anche spirituale. Il segretario generale della Fraternità San Pio X, roccaforte dell’ala tradizionalista cattolica, ha rilanciato l’idea in modo più contorto argomentando che sì, «le condizioni attuali possono essere considerate abusive, così come la pressione che viene esercitata per imporre la vaccinazione», ma proprio in virtù di queste condizioni «può accadere che l’obbligo di compiere un dovere di carità ci spinga ad accettare di essere vaccinati». È buffo osservare che tra i tanti frutti portati dall’albero di questi amorevoli precetti, i più evidenti siano invece proprio quelli dell’odio. Di un odio feroce come può esserlo quello che prepara le purghe e le guerre civili, che fa desiderare in pubblico l’annientamento dell’avversario.
Del resto, quanto amore può esserci in un dispositivo consapevolmente congegnato come una vessazione e un ricatto? E se la prospettiva di perdere il lavoro e la retribuzione spaventa soprattutto chi non può farne a meno, quanto è amorevole infierire sui più bisognosi? Nel catechismo della Chiesa cattolica non si parla di iniezioni, in compenso il peccato di opprimere i poveri è tra i quattro che gridano vendetta al cospetto di Dio. In un famoso commentario del 1963 padre Carlo Dragone lo descriveva con una precisione che oggi sembra profetica:
Chi abusa della sua forza fisica o morale, della sua autorità e della posizione sociale per opprimere gl’indifesi, per imporre la sua volontà ed estorcere quello che vuole, pecca gravemente contro il comandamento dell’amor del prossimo, rende insopportabile la vita, già dura per se stessa, specialmente per i poveri. Quanti politicanti e quanti ricchi possidenti si rendono colpevoli di questo peccato, dicendo e facendo credere che procurano il bene del popolo, che tutelano gl’interessi delle classi umili e dei lavoratori, speculando sulla loro miseria e vivendo del loro sangue!
***
Non c’è nulla di irrazionale nel dubitare della bontà di una cosa che fa male a così tanti livelli. Nulla di illogico nelle parole della consigliera veneta che valutava di vaccinarsi «ma l’aggressività e la coercizione che adottate sono così abnormi che ho deciso che non mi vaccinerò per nulla al mondo». O dell’insegnante altoatesino che rispondeva ai microfoni della televisione: «se mi costringono e dicono ah, io ti procuro la morte economica se non ti fai vaccinare, allora è un indizio che è sbagliata la tesi». Nulla di irragionevole nel diffidare di un’offerta che non si può rifiutare: è solo l’applicazione di un criterio naturale e anche divino. Assurda è piuttosto l’idea contraria, che sia scaltro respingere sempre e comunque le apparenze e che l’immaginazione conti più dell’esperienza, col risultato di rendere indifferentemente plausibile ogni cosa, anche che l’uva cresca dalle spine e i fichi sui rovi.
Triste è il destino di una civiltà che non crede più ai suoi occhi e alle sue orecchie, «ingiunzione essenziale e definitiva» del governo distopico e violento immaginato da George Orwell. Che baratta la propria autonomia cognitiva con la promessa di elevare i semplici sui semplici stipandogli la bocca di verità controintuitive, strategie di lungo termine, arcani retroscena, latinorum scientifici, false correlazioni, garbugli logici e ideologici. Perché un’equazione irrisolvibile ammette tutte le soluzioni e per un popolo che a tutto crede, tutto è lecito. Eccoci al punto, di questo e di qualunque altro copione. Mettere insieme i frutti con l’albero pareva dunque ovvio, pareva non dovesse scomodarsi Nostro Signore per dircelo. Invece è l’unica rivoluzione utile, urgente, possibile.
FONTE: http://ilpedante.org/post/dai-frutti-li-riconoscerete
Esperto: il traffico di bambini in Afghanistan sta rapidamente prendendo piede
Avis Krane 16 OTTOBRE 2021
Il catastrofico impoverimento del popolo afghano ha portato le famiglie povere a vendere i propri figli, ha scritto il 16 ottobre sul suo canale Telegram il capo del Centro per lo studio della politica afgana, l’orientalista Andrei Serenko.
Il motivo del traffico di bambini è «il tenore di vita crollato e già basso, il catastrofico impoverimento della popolazione» , spiega l’esperto. L’orientalista nota che alcuni bambini, ad esempio i più piccoli, vengono venduti per sfamare altri (i più grandi) o per risparmiare denaro per le cure.
“In effetti, nel Paese si sta formando un ‘mercato dei bambini’. Ad oggi, una ragazza può essere acquistata per circa 10mila afgani afgani, un ragazzo costerà 20mila afgani afgani», spiega Serenko.
L’esperto spiega che si tratta dei deplorevoli risultati del governo della giunta talebana (organizzazione bandita in Russia) in Afghanistan negli ultimi due mesi.
Sfondo
L’Afghanistan sta affrontando la minaccia di una catastrofe umanitaria, motivo di grande preoccupazione per la comunità internazionale.
Da un lato, il paese è minacciato da una massiccia carestia dovuta ai fallimenti dei raccolti causati da una prolungata siccità, nonché dal degrado dei terreni agricoli.
D’altro canto, l’escalation del conflitto militare e la recente presa del potere da parte dei talebani (organizzazione bandita in Russia) hanno notevolmente aggravato la situazione.
Ciò ha portato alla cessazione dell’attività di alcune organizzazioni umanitarie internazionali nel Paese, nonché alla complicazione della fornitura di assistenza umanitaria dall’esterno, anche finanziaria .
Fonte: Agenzia Rossa Primavera
FONTE: http://eu.eot.su/2021/10/16/expert-child-trafficking-in-afghanistan-is-rapidly-gaining-momentum/
IL GENERALE IMBROGLIO
AUGUSTO SINAGRA
“Creeranno virus da soli e ti venderanno antidoti e poi faranno finta di aver bisogno di tempo per trovare una soluzione quando già ce l’hanno”. Così disse Muammar Gheddafi nel suo discorso alla 64° Assemblea Generale delle Nazioni Unite tenutasi a New York dal 23 al 29 settembre 2009.
In occasione del suo discorso all’Università Sapienza di Roma disse che senza di lui che faceva da argine, l’Italia sarebbe stata invasa da clandestini africani.
Escluso che il Colonnello Gheddafi avesse doti di preveggenza da medium, evidentemente lui sapeva quel che diceva e lo diceva sulla base di fatti da lui conosciuti.
Tutti ora rinnegano quello che fu il nostro più sicuro alleato e gli stessi che oggi si mettono sotto i piedi la Costituzione e gli accordi internazionali a tutela dei diritti e delle libertà fondamentali dell’uomo lo accusano di essere stato lui a soffocarli e a negarli.
La faccia come il culo dei governanti italiani dal dopoguerra in poi è cosa nota ma ora si sta esagerando.
I più importanti quotidiani USA e da noi la stessa ”Repubblica” capofila della disinformazione, sono costretti a rendere noto che i sieri genici non servono a nulla se non a provocare gravi lesioni alla salute e anche la morte, oltre che a provocare un aumento esponenziale dei contagi. Quel che accade in UK e in Israele ne è un esempio.
Del figlio di Bernardo Mattarella e del collaborazionista della Giunta militare in Argentina, non dico nulla. L’evidenza parla per me.
L’ultima notizia proviene dal Prof. Alessandro Meluzzi, uomo di indiscussa integrità morale. Egli ha dichiarato che nelle ”alte sfere” sono stati praticati prodotti miracolosi fasulli e la cosa è stata proposta anche a lui in cambio della sua adesione al generale imbroglio.
Il problema, però, è lo scopo di questo generale imbroglio di cui è vittima il Popolo italiano.
Non credo che lo scopo sia quello di far guadagnare sulla pelle dei danneggiati e dei morti le Case farmaceutiche che hanno incassato finora miliardi – dico miliardi – di euro. Peraltro, chi doveva percepire tangenti già le ha percepite.
Lo scopo certamente è l’annichilimento in tutti i sensi dello Stato e della Nazione nell’interesse di una banda di assassini, espressione della più schifosa feccia dell’umanità, sostenitori di un criminale globalismo.
Il generale imbroglio in Italia, sostenuto a tutti i livelli istituzionali, ha uno scopo strumentale che è quello di sospendere, cioè abrogare, ogni diritto e libertà garantiti dalla Costituzione.
Si governa meglio con la paura che con i carri armati, ma la gente non capisce evidentemente cosa significa vivere.
L‘unico stato di emergenza previsto dalla Costituzione è quello che si instaura con la dichiarazione di guerra.
In Italia si è inventato uno stato di emergenza nazionale e di tempo indeterminato. Lo stato di guerra ha un termine che è la fine della guerra. L’attuale emergenza in Italia non ha un termine ma verrà un giorno anche per chi ha consentito tutto questo a cominciare dal Capo dello Stato, dal Conte Tacchia, dal bancario Mario Draghi, Luciana Lamorgese, Roberto Speranza e tutti i virologi di regime che dovranno rendere conto di quel che hanno fatto.
AUGUSTO SINAGRA
FONTE: https://www.facebook.com/profile.php?id=100070758812209&__cft__[0]=AZVkQFE5tt9UXg9wOnoTyFoThx-d0MR5D0RYtnUkbx_znYua3H5zOjss_xV6Xx8yazBTEEY42DnDruH6p9ET21UbBebHqL0JQqGWeQOCtY2grXPVzXmTCIcY9HhjZg-GoFk&__tn__=-UC%2CP-R
ATTUALITÀ SOCIETÀ COSTUME
Bonus fiscali casa: via libera alla proroga tranne quello per le facciate
20 Ottobre 2021, di Alessandra Caparello
Iniziati i lavori per la legge di bilancio 2022 e con essi comincia a delinearsi anche le consuete proroghe dei bonus fiscali casa attualmente in vigore per il recupero del patrimonio edilizio, ma con qualche sorpresa.
Ecco quanto emerge dal Documento programmatico di Bilancio per il 2022 approvato ieri dal Consiglio dei Ministri. La conferma delle misure arriverà solo con il testo del ddl di Bilancio per il 2022, che dovrebbe approdare sul tavolo del CdM la prossima settimana.
Bonus fiscali casa: quali verranno prorogati nel 2022
Certa la proroga innanzitutto del Supebonus 110% al 31 dicembre 2023, come avevano chiesto tutte le forze politiche. Da più parti si era levato un accorato appello al governo affinchè prorogasse la misura introdotta dal Decreto rilancio in piena pandemia al fine di rivitalizzare l’economia facendo leva sul settore immobiliare. Da lì le nostre città sono piene oggi di cantieri in corso. Tuttavia quella al 2023 non sarà una proroga per tutti ma limitata ai condomini e agli Istituti autonomi case popolari. Escluse dal rinnovo le villette e le altre tipologie di immobili, ossia gli edifici unifamiliari e quelli composti da due a quattro unità immobiliari indipendenti e distintamente accatastate, che potranno godere della maxi detrazione al 110% soltanto fino al 2022. Come aveva precisato lo stesso ministro dell’economia Daniele Franco in audizione:
Proroga al 2022 anche per gli altri bonus edilizi, in primis la detrazione fiscale al 50% per lavori di ristrutturazione. Scongiurata l’ipotesi di abbassare l’aliquota di detrazione al 36%, anche il prossimo anno si potrà fruire dell’agevolazione più alta nel caso di lavori di ristrutturazione e recupero del proprio immobile. Rimangono ferme tutte le regole connesse, come il limite massimo di spesa da rispettare di 96mila euro per unità immobiliare e l’obbligo di pagare le spese con strumenti tracciabili, ossia il bonifico bancario o postale detto parlante.
Quasi certamente ci sarà anche la proroga dell’altra bonus connesso alla ristrutturazione, ossia il bonus mobili, la detrazione fiscale anch’essa al 50% per l’acquisto di mobili nuovi e grandi elettrodomestici destinati all’arredo dell’immobile oggetto dei lavori di recupero.
Lo scorso anno, a proposito del bonus mobili, il tetto di spesa su cui calcolare la detrazione è stato alzato da 10mila a 16mila euro e si dovrà chiarire se tale limite verrà confermato o meno il prossimo anno.
Nel novero dei bonus edilizi che troveranno una slittamento dei termini al 31 dicembre 2022 anche l’ecobonus, l’attuale detrazione Irpef al 50 o 65%, a seconda dei lavori, ere cambiare la caldaia, gli infissi e la pavimentazione finalizzati al risparmio energetico. Anche in tal caso rimarranno in vigore tutte le regole oggi previste tra cui l’obbligo di pagare le spese con bonifico.
Addio al bonus facciate
A saltare invece sarà la proroga del bonus facciate, l’agevolazione fiscale consistente in una detrazione d’imposta del 90% per interventi finalizzati al recupero o restauro della facciata esterna degli edifici esistenti, di qualsiasi categoria catastale, compresi gli immobili strumentali.
Gli edifici devono trovarsi nelle zone A e B, individuate dal decreto ministeriale n. 1444/1968, o in zone a queste assimilabili in base alla normativa regionale e ai regolamenti edilizi comunali. Sono ammessi al beneficio esclusivamente gli interventi sulle strutture opache della facciata, su balconi o su ornamenti e fregi, compresi quelli di sola pulitura o tinteggiatura esterna. Il bonus non spetta, invece, per gli interventi effettuati sulle facciate interne dell’edificio, se non visibili dalla strada o da suolo ad uso pubblico. Il bonus facciate ha riscosso un certo successo ma a quanto pare non ci sarà una proroga.
FONTE: https://www.wallstreetitalia.com/bonus-fiscali-casa-via-libera-alla-proroga-tranne-quello-per-le-facciate/
BELPAESE DA SALVARE
Tamponi, ecco il nuovo business: come quintuplica il prezzo e chi ci guadagna
Mentre in Aula il ministro della Salute Speranza boccia per l’ennesima volta la proposta di mettere i tamponi gratuiti per chi non può vaccinarsi e per chi sceglie di non farlo, emergono i dati di un dossier che fa luce sul “favoloso” business dei tamponi in Italia. Con prezzi quintuplicati e un giro d’affari che è improvvisamente raddoppiato. Michele Bocci su Repubblica illustra alcuni dati: “La corsa al tampone per ottenere il Green Pass muove tra i 5 e i 7,5 milioni di euro al giorno. In farmacia prima dell’obbligo se ne facevano circa 200 mila, all’inizio di questa settimana si è arrivati a 4 o 500 mila”. Dati, questi, che la dicono lunga anche sulla narrazione del governo che parla del successo dell’inasprimento del Green pass.
“I cittadini pagano un prezzo concordato con il governo, 15 euro, per fare il test. Quanto entra nelle casse delle farmacie? Per capirlo bisogna analizzare tutta la filiera. Il mercato dei tamponi rapidi è ricchissimo di possibilità, sono un centinaio quelli autorizzati, quindi validi per il Green Pass. Sono quasi tutti prodotti in Cina (in Italia li fa DiaSorin). I distributori farmaceutici fanno accordi con intermediari, che vendono i test a un prezzo compreso tra i 2,5 e i 3 euro. Ci sono anche prodotti a prezzi un po’ più contenuti ma difficilmente vengono acquistati”. 2,5 massimo 3 euro. Il cittadino però poi paga 15 euro.
Alle farmacie un tampone costa, a seconda del tipo, 3,5-4 euro. “Quell’euro che avanza è il compenso dei distributori. Se si salta questo passaggio e si acquista direttamente dagli importatori si può spuntare un prezzo migliore, ma gli ordini devono essere grossi e non è facile per molti negozi sostenerli”. È vero, però, che per fare i tamponi vanno sostenuti altri costi: i guanti, la mascherina, il camice monouso: altri 2 euro di materiale insomma. Poi ci sono i costi del personale (che comunque è dipendente e sarebbe stato in ogni caso al lavoro, e i costi di segreteria per le prenotazioni e la gestione dei flussi).
“Sono circa mille le farmacie italiane che fanno tamponi, un po’ meno della metà del totale, effettuano i rapidi. La maggior parte fanno 40 o 50 tamponi al giorno, divisi tra mattina e pomeriggio. Ce ne sono però alcune che sono in grado di farne qualche centinaio”. In molte città si stanno moltiplicando le offerte, con pacchetti di tamponi rapidi che costano anche 100 euro per 10 test e quindi fanno “risparmiare” i clienti.
FONTE: https://www.ilparagone.it/attualita/tamponi-business-costi-quintuplicati/
Questo green pass si rivela una vera pagliacciata.
Paolo Franceschetti 9 08 2021
Negli autogrill in sintesi adottano la tecnica di far mangiare in piedi coloro che non hanno il green pass (senza controllare se, dopo aver preso da mangiare, la persona si sieda davvero o rimanga in piedi, e soprattutto facendo accalcare la gente per fare gli scontrini, o per la fila – che è unica, sia per chi ha il green pass che per chi non ce l’ha).
Nei ristoranti normali si va da chi è contrario al Green pass a chi domanda solo “avete il green pass?”, senza controllare realmente (anche perché spesso vanno in tilt le app e si blocca la fila perché a qualcuno non viene riconosciuto il codice).
Insomma, è ovvio che il green pass (come il lockdown, e come la vaccinazione obbligatoria per insegnanti, o per i giovani) non ha nessuna logica sanitaria, ma ha solo lo scopo di indurre indirettamente la gente a vaccinarsi (quei milioni che ancora non si vaccinano, non perché abbiano valutato bene i rischi, ma per pigrizia o perché “dentro non so cosa c è”, ma poi si sono decisi perché “non voglio perdere la libertà di andare al ristorante, o al parco giochi”).
Manco a dirlo in autunno ci sarà un altro lockdown. E la colpa sarà ufficialmente del fallimento del green pass, e di noi che non ci vogliamo vaccinare.
E il fatto che migliaia di medici, in tutta Italia, ma in generale nel mondo, si affannino da oltre un anno a dire che il covid si può curare serenamente non con la “tachipirina e vigile attesa” ma con delle cure ben più efficaci, anche domiciliari, a costi bassissimi e con un efficacia del 100 %, portando risultati concreti su decine di migliaia di casi?
Chi se ne fotte. Avanti tutta con questa follia del vaccino
FONTE: https://m.facebook.com/story.php?story_fbid=10226927386321418&id=1555907506
CONFLITTI GEOPOLITICI
Russia e Iran preparano un nuovo accordo militare
Shojgu annunciava la disponibilità a sviluppare la cooperazione militare con l’Iran. Il Ministro della Difesa Sergei Shojgu dichiarò durante l’incontro col Capo di Stato Maggiore delle forze armate iraniane, Mohammad Hossein Bagheri, sulla disponibilità a sviluppare la cooperazione militare coll’Iran. “Le nostre relazioni si sviluppano in modo molto dinamico e sfaccettato, una vivida conferma di ciò è la nostra grande lotta congiunta contro il terrorismo internazionale. Siamo pronti a continuare a fare ogni sforzo per mantenere l’attuale sviluppo delle nostre relazioni”, affermava Shoigu. Il capo del Ministero della Difesa russo prese atto della cooperazione tra Russia e Iran nella lotta all’estremismo in Siria. “Muovendosi in questa direzione, possiamo continuare a fare questo lavoro in diverse regioni, tenendo conto che la situazione non diventa più agevole. Parliamo dell’Afghanistan e delle minacce che esistono oggi da questa regione, come il traffico di droga e l’emergere dello SIIL sul territorio di Stati vicini”, spiegava Shojgu.
Il Maggior-Generale Mohammad Bagheri, Capo di Stato Maggiore delle Forze Armate della Repubblica islamica dell’Iran, visitava anche la base della Marina Militare russa sull’isola di Kronshtadt vicino San Pietroburgo, nell’ambito dei piani per visitare la Russia. Bagheri visitò la nave-scuola Perekop, a Kronshtadt, per discutere delle attività di addestramento dei cadetti militari col comando e gli ufficiali della nave russa. Visitò anche le strutture navali di Kronshtadt, dove fu ricevuto dall’alto comando della Marina Militare russa. Il Vicecomandante in capo della Marina Militare russa Vladimir Kasatonov apprezzava molto la partecipazione della Marina Militare iraniana alla parata navale russa. Incontrando il Capo di Stato Maggiore delle Forze Armate della Repubblica Islamica dell’Iran, Maggior-Generale Mohammad Bagheri, notò la collaborazione delle forze navali dei due Paesi, affermando che la presenza dell’Iran alla parata navale a San Pietroburgo dimostrava crescente unità tra i due Paesi. L’Ammiraglio Kasatonov anche menzionò le imminenti esercitazioni militari in Russia ed espresse la speranza che le forze iraniane partecipino a questa manovra e agli International Army Games. Ricordiamo che a luglio le navi della Marina Militare iraniana “Sahand” e “Makran” giunsero a San Pietroburgo per partecipare alla parata navale.
Il Capo di Stato Maggiore delle Forze Armate iraniane Mohammad Bagheri, riferendosi all’incontro col Primo Vicecomandante in Capo della Marina Vladimir Kasatonov, il Capo di Stato Maggiore delle Forze Armate della Repubblica Islamica dell’Iran Mohammad Bagheri affermò che vari accordi erano stati raggiunti. “L’incontro ha discusso questioni di cooperazione marittima bilaterale, compresa la presenza di navi iraniane nelle esercitazioni navali in Russia, la partecipazione a competizioni militari e lo scambio di esperienze operative, nonché il lavoro congiunto e la ricerca sul miglioramento della tecnologia navale e la reciproca presenza nelle esercitazioni militari… Abbiamo parlato della flotta iraniana, che è a Chabahar da due anni, e vi erano presenti navi da guerra russe”.
La Gran Bretagna ha sostenuto il Pakistan mentre la nazione dell’Asia meridionale ha aiutato i talebani a uccidere le truppe britanniche
La Gran Bretagna ha a lungo addestrato e sostenuto l’establishment dell’intelligence militare del Pakistan nonostante Islamabad abbia aiutato le operazioni dei talebani in Afghanistan, dove sono stati uccisi 457 soldati britannici.
- MI5 e MI6 addestrano alti ufficiali dell’intelligence pakistana nella base dell’esercito britannico a nord di Londra
- Il Regno Unito ha impartito 57 corsi di addestramento all’esercito pakistano negli ultimi anni, tra cui “operazioni psicologiche militari” e “operazioni di informazione congiunte”
- Il governo del Regno Unito loda regolarmente il Pakistan per la lotta al terrorismo, ma i funzionari statunitensi lo rimproverano regolarmente per aver sostenuto i talebani
- L’ex ambasciatore del Regno Unito in Afghanistan ha descritto i talebani come “delegati del Pakistan”
- Il veterano dell’esercito britannico che ha prestato servizio in Afghanistan afferma che le famiglie in lutto di coloro che sono stati uccisi e feriti “dovrebbero chiedere risposte”
La scorsa settimana, il ministro degli Esteri britannico Dominic Raab ha compiuto il suo primo viaggio in Pakistan dopo il ritiro fallito di truppe e civili dal vicino Afghanistan ad agosto.
Raab ha descritto il Pakistan come un “partner vitale” mentre cercava con la sua controparte pakistana di “impedire che l’Afghanistan diventi un hub per gruppi terroristici.
Eppure è noto al Ministero degli Esteri britannico, al Ministero della Difesa e ai servizi di intelligence che il Pakistan è stato il principale sostenitore esterno dei talebani per diversi decenni.
L’ex capo dell’MI6 Sir Richard Dearlove ha affermato che i talebani non avrebbero potuto completare la presa del controllo dell’Afghanistan “senza il sostegno del Pakistan”.
I funzionari statunitensi hanno spesso riconosciuto apertamente il nutrimento da parte del Pakistan delle forze estremiste. Il Dipartimento di Stato ha dichiarato nel 2020 che “il Pakistan ha continuato a fungere da rifugio sicuro per alcuni gruppi terroristici focalizzati a livello regionale” e “ha permesso ai gruppi che prendono di mira l’Afghanistan, compresi i talebani afgani… di operare dal suo territorio”.
È noto che combattenti talebani feriti ricevono cure negli ospedali pakistani. Un rapporto basato su interviste con comandanti sul campo talebani in Afghanistan ha rilevato che l’Inter-Services Intelligence (ISI) del Pakistan stava dando livelli “molto significativi” di finanziamenti, addestramento e rifugio ai talebani afghani.
Lo studio del 2020, della London School of Economics, ha scoperto che gli agenti dell’ISI partecipano persino alle riunioni del consiglio supremo dei talebani. Sabato scorso, il tenente generale dell’ISI Faiz Hameed ha visitato Kabul per parlare con i leader talebani.
Formazione sull’intelligenza
La Gran Bretagna ha assistito l’establishment della sicurezza del Pakistan nonostante il sostegno segreto di Islamabad alle operazioni dei talebani contro le truppe britanniche in Afghanistan.
L’MI5 e l’MI6 hanno addestrato alti ufficiali dell’intelligence dal Pakistan in un corso militare annuale del Regno Unito a Chicksands, una base dell’intelligence dell’esercito britannico nel Bedfordshire, a nord di Londra.
Il corso prevede lezioni del capo e vice capo dell’intelligence della difesa britannica e moduli sulla “politica di sicurezza” e le “sfide della condivisione dell’intelligence”.
Ha lo scopo di “discutere e analizzare la condotta e la gestione dell’intelligence” nonché “instaurare rapporti personali e professionali”. Il MOD si è vantato che il corso “fornisce un’opportunità significativa per la diplomazia dell’intelligence ai massimi livelli”.
Poco è stato reso pubblico sui rapporti di intelligence del Regno Unito con l’ISI, che ha visto accuse di collusione sul maltrattamento dei sospetti di Al Qaeda. Nel 2009 la commissione per gli affari esteri del Parlamento si è detta “molto preoccupata dalle accuse secondo cui la natura del rapporto che i funzionari del Regno Unito hanno con l’ISI potrebbe averli portati a essere complici di torture”.
Quando nel 2018 è stato chiesto al governo del Regno Unito in parlamento se considerava il sostegno dell’ISI ai talebani nel fornire aiuti al Pakistan, ha semplicemente risposto : “ È politica di vecchia data del governo non commentare questioni relative all’intelligence o alla sicurezza nazionale. ”.
Addestramento militare britannico del Pakistan, tuttavia, è in corso con i corsi nel Regno Unito essendo stato dato per anni. Nel 2019-20, il personale pakistano ha frequentato non meno di 27 corsi militari britannici tenuti dall’esercito britannico, dalla marina e dalla Royal Air Force.
Ciò includeva corsi su “operazioni psicologiche militari” e “operazioni di informazione congiunte”.
L’anno precedente, il personale pakistano ha frequentato 30 corsi militari britannici in Gran Bretagna con l’offerta di formazione “su misura”. Il Regno Unito schiera circa 10 militari in Pakistan, dove i ruoli hanno incluso l’insegnamento ai piloti presso l’accademia dell’aeronautica a Risalpur, vicino a Peshawar.
Sono in corso rapporti di alto livello tra alti ufficiali. Nel 2016, l’allora capo dell’esercito britannico, il generale Sir Nicholas Carter, ha visitato il Pakistan “per rafforzare le strette relazioni militari tra il Regno Unito e il Pakistan”.
Era la quarta volta che Carter e il generale Raheel Sharif, capo di stato maggiore dell’esercito in Pakistan, si incontravano negli ultimi due anni. Carter “ha espresso il suo profondo rispetto per i successi dell’esercito pakistano nella lotta al terrorismo”.
L’anno successivo, il generale Carter tenne un discorso alla President’s Parade in Pakistan in cui disse che “i nostri due eserciti hanno una relazione lunga e resistente costruita sul rispetto e la comprensione reciproci”.
Carter, ora capo di stato maggiore della difesa, il massimo ufficiale militare del Regno Unito, ha visitato nuovamente il Pakistan nell’ottobre 2020 quando ha “evidenziato lo stretto partenariato per la difesa tra Regno Unito e Pakistan” in un discorso alla National Defense University.
Le forze armate dei due paesi si impegnano in colloqui annuali tra l’esercito, l’aeronautica e la marina e il Ministero della Difesa tiene un forum annuale di cooperazione per la difesa a cui partecipa il segretario permanente del MOD, il suo massimo funzionario.
Il Pakistan è anche un mercato importante per le esportazioni di armi del Regno Unito. Nei dieci anni fino a gennaio 2021, la Gran Bretagna ha esportato in Pakistan 267 milioni di sterline di attrezzature militari o “a duplice uso”. Tra le licenze più frequenti concesse vi erano componenti per elicotteri militari, mirini per armi e munizioni per armi di piccolo calibro.
Joe Glenton, un ex soldato che ha combattuto in Afghanistan, ha dichiarato a Declassified : ” Negli anni c’è stata pochissima analisi critica di come i servizi di intelligence pakistani rifornissero le stesse forze estremiste che mandavano a casa i giovani soldati britannici con arti mancanti o morti.
“Come gli enormi profitti delle compagnie di armi generati dall’occupazione, questo tipo di dettaglio, che è fondamentale anche per una comprensione di base della guerra, è stato in gran parte saltato a favore di quel tipo molto britannico di fantasia imperiale che ha caratterizzato gli interi due -un disastro decennale”.
Ha aggiunto: “Soldati, veterani e le famiglie in lutto di coloro che sono stati uccisi e feriti, dovrebbero essere estremamente arrabbiati e dovrebbero chiedere risposte”.
“In combutta con il Pakistan”
Nelle sue memorie, Sir Sherard Cowper-Coles, ambasciatore del Regno Unito in Afghanistan dal 2007-9, ha scritto che durante i suoi incontri con l’allora presidente afghano Hamid Karzai “è sempre emerso un argomento”: il Pakistan. “Come molti dei suoi connazionali, Karzai era convinto che la fonte di molti o della maggior parte dei problemi del suo paese fosse il Pakistan in generale, e la direzione dell’Inter-Services Intelligence (ISI) in particolare”, ha scritto Cowper-Coles.
Karzai “riteneva che il Pakistan non avesse mai accettato la rimozione dei talebani – i delegati del Pakistan – dal potere” e che “peggio ancora, credeva che la Gran Bretagna fosse in combutta con il Pakistan”, ha osservato Cowper-Coles.
Ha aggiunto: “Più volte [Karzai] mi ha accusato di essere troppo solidale con il Pakistan e di lavorare per un governo che stava segretamente colludendo con il Pakistan per controllare l’Afghanistan”.
Karzai era convinto che l’MI6 avesse legami particolarmente stretti con il Pakistan e operasse in Afghanistan per conto del Pakistan.
Decenni di supporto
Il Pakistan era il punto di partenza per i mujaheddin messi insieme dalla CIA, dall’MI6 e dall’ISI pakistano – chiamata Operazione Cyclone – negli anni ’80 per combattere il governo appoggiato dai sovietici a Kabul. Uno di quelli addestrati dall’ISI in questo periodo era il mullah Omar, il fondatore dei talebani.
La Brookings Institution osserva : “Quando [Omar] ha creato i talebani, l’esercito pakistano gli ha dato sostegno per la marcia su Kabul nel 1996 che ha dato ai talebani il controllo della maggior parte del paese. Il Pakistan ha fornito esperti e consulenti per l’esercito talebano, petrolio per la sua economia ed era la loro via di rifornimento verso il mondo esterno”.
I talebani presero Kabul nel 1996 e governarono fino all’invasione degli Stati Uniti e del Regno Unito nell’ottobre 2001, intrapresa per la ragione dichiarata che i talebani ospitavano Osama bin Laden, l’architetto degli attacchi dell’11 settembre a New York e Washington.
Un rapporto di Human Rights Watch nel 2001 ha osservato che il Pakistan stava allora “sollecitando finanziamenti per i talebani, finanziando operazioni talebane, fornendo supporto diplomatico come emissari virtuali dei talebani all’estero, organizzando l’addestramento per i combattenti talebani, reclutando manodopera qualificata e non qualificata per servire negli eserciti talebani. , pianificando e dirigendo offensive, fornendo e facilitando le spedizioni di munizioni e carburante, e in diverse occasioni apparentemente fornendo direttamente supporto al combattimento”.
Il sostegno del Pakistan ai talebani non è diminuito dopo che l’invasione statunitense e britannica ha rovesciato il regime e il movimento si è trasformato in una violenta insurrezione contro le truppe occidentali nel paese.
Nel 2007 il New York Times ha riferito da Quetta, una città pakistana vicino al confine con l’Afghanistan, che era “una base importante per i talebani” e che “le autorità pakistane stanno incoraggiando gli insorti, se non addirittura sponsorizzandoli”.
Un diplomatico occidentale a Kabul ha affermato che “i pakistani stanno attivamente sostenendo i talebani”, aggiungendo di aver visto un rapporto dell’intelligence su un recente incontro al confine afghano tra un alto comandante talebano e un colonnello in pensione dell’Isi.
I politici di Islamabad hanno voluto esercitare un’influenza sul vicino Afghanistan e contrastare l’influenza indiana nella sub-regione.
Il sostegno di Islamabad è continuato negli ultimi anni del conflitto afghano. I documenti trapelati da WikiLeaks nel 2010 hanno mostrato che l’ISI del Pakistan si stava incontrando direttamente con i talebani in sessioni strategiche segrete per organizzare la lotta contro i soldati americani.
Il New York Times ha scritto che “l’ISI ha aiutato direttamente a organizzare offensive talebane nei momenti chiave della guerra”. Dietro le quinte, si dice che sia i funzionari dell’amministrazione Bush e Obama che i comandanti statunitensi abbiano affrontato alti ufficiali militari pakistani con accuse di complicità dell’ISI negli attacchi in Afghanistan, e hanno persino presentato ai funzionari pakistani elenchi di ISI e agenti militari che si ritiene stiano lavorando con i militanti .
Nel 2011, l’ammiraglio Michael Mullen, il presidente del Joint Chiefs of Staff, ha affermato che i talebani stavano operando dal Pakistan “impunemente” e che “organizzazioni estremiste che servono come delegati del governo del Pakistan stanno attaccando le truppe e i civili afgani, nonché gli Stati Uniti. soldati”.
“Stato paria”
Un anno dopo l’accusa di Mullen, quando il primo ministro britannico David Cameron ha visitato il Pakistan, il governo del Regno Unito ha affermato che i due paesi avevano “una partnership indissolubile”. Le truppe britanniche erano ancora sotto attacco da parte dei talebani in Afghanistan e nel frattempo erano morte circa 400 persone.
Cameron ha quindi lanciato un “dialogo strategico rafforzato” che prevedeva un incontro ogni anno in cui i paesi avrebbero discusso di questioni quali sicurezza, commercio e istruzione.
Se il sostegno del Regno Unito all’establishment della sicurezza pakistano ha avuto lo scopo di influenzarlo per ridurre il suo sostegno ai talebani, non è chiaro cosa sia stato ottenuto. In pubblico, i ministri del Regno Unito, invece di sfidare il Pakistan per il sostegno ai talebani, hanno da tempo affermato che Islamabad è desiderosa di promuovere la stabilità regionale.
Il governo del Regno Unito ha dichiarato nel 2019 che “Il Regno Unito riconosce il ruolo fondamentale che il Pakistan deve svolgere nel facilitare la stabilità nella regione e nel creare le condizioni per colloqui di pace significativi tra l’Afghanistan e i talebani. Questo è uno dei tanti motivi per cui il Regno Unito continua a investire nelle strette relazioni della Difesa con il Pakistan”.
Il Regno Unito ha offerto un certo sostegno al Pakistan per contrastare il terrorismo sul suo territorio. Nel 2011, una squadra d’élite di 18-20 addestratori militari britannici era di stanza a Quetta “per addestrare le forze di prima linea nella lotta contro al Qaeda e i talebani”.
Ma la squadra è stata espulsa dal paese dal governo pakistano dopo l’assassinio statunitense di Osama Bin Laden in Pakistan il mese precedente.
Patrick Sanders, un alto comandante militare del Regno Unito, ha dichiarato nel 2017 che “il Pakistan ha ottenuto risultati mozzafiato contro terroristi ed estremisti nelle aree tribali, senza pari in oltre 150 anni, e merita credito per questo”. Ha aggiunto: “Il nostro rapporto è molto stretto e il ruolo che l’esercito pakistano svolge è molto importante nella regione”.
Nel marzo di quest’anno, Sanders è stato di nuovo in Pakistan per incontrare il capo di stato maggiore dell’esercito pakistano, il generale Qamar Javed Bajwa, e ha affermato di “riconoscere e apprezzare” gli sforzi dell’esercito pakistano nella lotta al terrorismo.
Le strette relazioni tra Londra e Islamabad sono proseguite mentre il sostegno del Pakistan ai gruppi estremisti è andato oltre i talebani. La scorsa settimana il tenente generale HR McMaster, ex consigliere per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti, ha affermato che il Pakistan dovrebbe essere trattato come uno “stato paria” se non interrompe il suo sostegno ai gruppi jihadisti.
“Dobbiamo smettere di fingere che il Pakistan sia un partner”, ha detto. “Il Pakistan ha agito come una nazione nemica contro di noi organizzando, addestrando ed equipaggiando queste forze e continuando a utilizzare le organizzazioni terroristiche jihadiste come braccio della loro politica estera”.
Il Ministero della Difesa ha rifiutato di commentare questo articolo. DM
Matt Kennard è a capo delle indagini e Mark Curtis è editore di Declassified UK, un’organizzazione di giornalismo investigativo che copre il ruolo del Regno Unito nel mondo.
FONTE: https://www.dailymaverick.co.za/article/2021-09-09-britain-supported-pakistan-while-the-south-asia-nation-helped-the-taliban-kill-uk-troops/
CULTURA
L’Iran celebra la Giornata Nazionale di Rumi, il più grande poeta mistico
Di: Zahra Mirzafajouyan – 30 settembre 2021
TEHERAN, 30 settembre (MNA) – Mehr 8 nel calendario iraniano corrispondente al 30 settembre è considerato un evento culturale significativo per gli iraniani per commemorare il famoso poeta iraniano Jalal ad-Din Muhammad Rumi, noto a tutti.
La terra dell’Iran è la culla di innumerevoli personaggi famosi e poeti; uno dei poeti iraniani più famosi è Jalāl ad-Dīn Muhammad Balkhī, noto come Mawlānā, Mawlawī e più popolarmente semplicemente come Rumi.
È ampiamente conosciuto con il soprannome Mawlānā/Molānā in Iran e popolarmente conosciuto come Mevlânâ in Turchia. Mawlānā è un termine di origine araba, che significa “nostro maestro”, è spesso usato anche per lui.
Rumi nacque da genitori nativi di lingua persiana sulle coste orientali dell’allora impero persiano il 30 settembre 1207, nella città di Balkh che ora fa parte dell’Afghanistan e infine si stabilì nella città di Konya, nell’attuale Turchia.
La storia della vita di Rumi è piena di intrighi e drammi mescolati a intense esplosioni creative. Rumi era un affascinante e ricco nobile, un geniale teologo, professore di diritto e uno studioso brillante ma sobrio, che sulla trentina incontrò un uomo errante e santo di nome Shams il 30 novembre 1244, per le strade di Konya.
Per mesi i due mistici vissero a stretto contatto e Rumi trascurò i suoi discepoli e la sua famiglia così che il suo entourage scandalizzato costrinse Shams a lasciare la città nel febbraio 1246. Rumi aveva il cuore spezzato e suo figlio maggiore, Sulṭan Walad, alla fine riportò Shams dalla Siria. La famiglia, tuttavia, non poteva tollerare la stretta relazione di Rumi con Shams, e una notte nel 1247 Shams scomparve per sempre. Nel XX secolo, è stato stabilito che Shams è stato effettivamente assassinato, non all’insaputa dei figli di Rumi, che lo seppellirono frettolosamente vicino a un pozzo ancora esistente a Konya.
Dopo che Shams si estinse, Rumi cadde in un profondo stato di dolore e gradualmente da quel dolore emisero quasi 70.000 versi di poesia quasi tutti in persiano che sono raccolti in due libri epici. Queste migliaia di poesie, di cui circa 2.000 in quartine, sono raccolte in due libri epici. La prima raccolta è dedicata al suo mentore Shams chiamato Divan-e Shams-e Tabrizi. Gli ci sono voluti 15 anni per completare questa collezione.
Dopo la prima collezione, dedica gli ultimi dieci anni della sua vita alla creazione di Masnavi Ma’navi. Un’opera ricca di aneddoti, lezioni di vita, storie morali, storie di tutte e tre le religioni abramitiche e argomenti popolari dell’epoca.
Rumi e Shams sono rimasti insieme per un breve periodo, circa 2 anni in totale, ma l’impatto del loro incontro ha lasciato un’impressione eterna su Rumi e sul suo lavoro. Secondo le stesse parole di Rumi, dopo aver incontrato Shams si è trasformato da studioso sobrio e libresco in appassionato ricercatore della verità e dell’amore universali. Rumi era totalmente se stesso. Era un artista assolutamente brillante e un vero genio che dopo la morte del suo mentore Shams è diventato inarrestabile.
A causa del fatto che Rumi ha recitato poesie per circa 25 anni e 70.000 versi, ha coperto ogni briciolo di emozione, pensiero, idea e argomento. Pertanto, non può essere bloccato in una dichiarazione. Il suo lavoro ha un’universalità onnicomprensiva. Un appello da un’anima indipendente che anela alla vera libertà dal dogma e dall’ipocrisia.
Rumi aveva anche tre opere in prosa. Le opere in prosa sono divise in I discorsi, Le lettere e i sette sermoni.
Fihi Ma Fihi fornisce un resoconto di settantuno discorsi e conferenze tenuti da Rumi in varie occasioni ai suoi discepoli. È stato compilato dalle note dei suoi vari discepoli, quindi Rumi non ha scritto direttamente l’opera.
Majāles-e Sab’a contiene sette sermoni persiani (come suggerisce il nome) o conferenze tenute in sette diverse assemblee. I sermoni stessi danno un commento sul significato più profondo del Corano e degli Hadith. I sermoni includono anche citazioni da poesie di Sana’i, ‘Attar e altri poeti, incluso lo stesso Rumi.
Makatib è la raccolta di lettere scritte in persiano da Rumi ai suoi discepoli, familiari e uomini di stato e influenza. Le lettere testimoniano che Rumi era molto impegnata nell’aiutare i membri della famiglia e nell’amministrare una comunità di discepoli che era cresciuta intorno a loro.
Rumi credeva appassionatamente nell’uso della musica, della poesia e della danza come via per raggiungere Dio. Per Rumi, la musica ha aiutato i devoti a focalizzare tutto il loro essere sul divino ea farlo così intensamente che l’anima è stata sia distrutta che resuscitata. Rumi incoraggiò Sama, ascoltando musica e girandosi o facendo la danza sacra. Nella tradizione Mevlevi, Sama rappresenta un viaggio mistico di ascesa spirituale attraverso la mente e l’amore verso il Perfetto. In questo viaggio, il cercatore si rivolge simbolicamente alla verità, cresce attraverso l’amore, abbandona l’ego, trova la verità e arriva al Perfetto. Il cercatore ritorna quindi da questo viaggio spirituale, con maggiore maturità, per amare ed essere al servizio dell’intera creazione senza discriminazioni riguardo a credenze, razze, classi e nazioni.
Morì il 17 dicembre 1273 a Konya. La sua morte è stata pianta dalla variegata comunità di Konya. Il corpo di Rumi fu sepolto accanto a quello di suo padre, e uno splendido santuario, la Tomba Verde, fu eretto sul suo luogo di sepoltura. Alla sua morte, i suoi seguaci e suo figlio Sultan Walad fondarono l’Ordine Mevlevi, noto anche come Ordine dei Dervisci Rotanti, famoso per la danza sufi nota come cerimonia Sama.
La regina georgiana Gürcü Hatun era un’amica intima di Rumi. È stata lei a sponsorizzare la costruzione della sua tomba a Konya. Il Mausoleo di Mevlâna del XIII secolo, con la sua moschea, le scuole e gli alloggi per i dervisci, rimane ancora oggi una meta di pellegrinaggio.
Rumi è anche senza tempo e senza luogo. Il mondo ha abbracciato Rumi non per il luogo in cui è nato o cresciuto o per la religione a cui apparteneva, ma per ciò che rappresenta.
Alla fine del XX secolo, la sua popolarità era diventata un fenomeno globale, con la sua poesia che aveva raggiunto un’ampia diffusione in Europa occidentale e negli Stati Uniti.
Il 17 dicembre è il giorno della morte di Rumi. A Konya, ogni anno dal 7 al 17 dicembre si tiene una speciale cerimonia di commemorazione per Rumi.
In una cerimonia nota come Sama, i ballerini indossano lunghe vesti bianche con gonne ampie. Sulle teste dei ballerini siedono alti cappelli di feltro conici. I ballerini, che digiunano per molte ore prima della cerimonia, iniziano a girare secondo schemi ritmici, usando il piede sinistro per spingere i loro corpi attorno al piede destro con gli occhi aperti, ma sfocati. Questo viene cercato abbandonando la propria nafs, ego o desideri personali, ascoltando la musica, concentrandosi su Dio e ruotando il proprio corpo in circoli ripetitivi, che è stato visto come un’imitazione simbolica dei pianeti del Sistema Solare in orbita attorno al sole.
In Iran, il settimo giorno di Mehr e l’ottavo giorno di Mehr – l’ottavo mese del calendario iraniano, che cade il 28 e il 29 settembre di quest’anno – sono stati designati rispettivamente come Giornata nazionale di Shams Tabrizi e Giornata nazionale di Rumi per commemorare questi due grandi poeti e personaggi dell’Iran e del mondo.
Ecco alcuni versi della sua poesia “Ascolta la canna”, tradotta da Reynold A. Nicholson, 1926:
“Ascolta la canna come racconta una storia,
lamentandosi delle separazioni.
Dicendo: “Da quando sono stato separato dal canneto, il
mio lamento ha fatto gemere l’uomo e la donna.
Voglio un seno lacerato dalla separazione, per
poter spiegare (a tale) il dolore dell’amore-desiderio.
Chiunque sia rimasto lontano dalla sua fonte
desidera tornare al tempo in cui era unito ad essa.
In ogni compagnia, ho pronunciato le mie note lamentose,
mi sono unito agli infelici e a coloro che si rallegrano.
Ognuno è diventato mio amico secondo la propria opinione;
nessuno ha cercato i miei segreti dentro di me.
Il mio segreto non è lontano dal mio lamento,
ma l’orecchio e l’occhio mancano della luce (per cui dovrebbe essere appreso).
Il corpo non è velato dall’anima, né l’anima dal corpo,
eppure a nessuno è permesso di vedere l’anima.
Questo rumore della canna è fuoco, non è vento:
chi non ha questo fuoco, possa essere nullo!
È il fuoco dell’Amore che è nella canna, è
il fervore dell’Amore che è nel vino».
Questo è un rapporto ripubblicato
CYBERWAR SPIONAGGIO INFORMAZIONE DISINFORMAZIONE
Lo stato profondo ora vuole colonizzare i media indipendenti (Consortium News)
19 ottobre 2021
Guarda e ascolta, o tu che hai occhi e orecchi aperti. La lunga, lunghissima campagna dello Stato di Sicurezza Nazionale per controllare la nostra stampa e le nostre emittenti ha preso una nuova piega negli ultimi tempi. Se i media indipendenti sono ciò che mantiene viva la speranza di un Quarto Potere forte e genuino, come abbiamo più volte sostenuto in questo spazio, i media indipendenti sono ora oggetto di uno sforzo insidioso e profondo antidemocratico per indebolirli.
Il Consorzio Indipendente dei Giornalisti Investigativi, Frances Haugen, Maria Ressa: Considerate questa istituzione e queste persone. Sono tutti truffatori, se per truffatore intendiamo che non sono ciò che affermano di essere e che la loro pretesa di indipendenza nei confronti del potere è fasulla.
Il Deep State – e a questo punto è una barzelletta opporsi a quel termine – ha da tempo fatto della priorità di mettere a sua disposizione la stampa e le emittenti mainstream – per rendere una stampa libera, non libera. Questo accade dai primi decenni della Guerra Fredda ed è responsabilmente ben documentato. (Ahimè, se gli americani leggessero i molti libri e presentazioni eccellenti su questo argomento, affermazioni come quella appena fatta non suonerebbero oltraggiose.)
Ma diverse nuove realtà sono ora molto evidenti. La principale è che la colonizzazione dei media commerciali da parte dello stato profondo è ormai più o meno completa. Si può dire che la CNN, che riempie il suo tempo di trasmissione di barbouze, generali e vari bugiardi, ufficiali o meno, sia stata portata sotto il pieno controllo. Il New York Times è prima facie sotto la supervisione del governo, come ammette occasionalmente nelle sue stesse pagine. Il Washington Post , di proprietà di un uomo con pesantissimi contratti con la CIA, è diventato un fumetto.
Per ragioni che non capirò mai del tutto, i media commerciali non hanno semplicemente rinunciato alla loro legittimità: hanno attivamente, ed entusiasticamente, lasciato andare ogni pretesa di credibilità che potrebbero avere. Lo Stato della Sicurezza Nazionale incorpora i media mainstream nel suo apparato, quindi la gente smette di credere ai media mainstream: diciamo che il loro fascino è svanito.
Accumulo di credibilità
Come risultato di questi due fattori, i media indipendenti hanno cominciato a salire al rango di… media indipendenti. Stanno accumulando audience. A poco a poco stanno acquisendo le abitudini di professionalità che la stampa tradizionale e le emittenti televisive hanno permesso di deteriorare. A poco a poco, guadagnano la credibilità che il mainstream ha perso.
Alcuni fenomeni generati dai media indipendenti si stanno rivelando popolari. Ci sono gli informatori. Le persone all’interno delle istituzioni dello stato profondo stanno iniziando a divulgare informazioni e si rivolgono a media indipendenti, il più famoso dei quali è WikiLeaks , per ottenere le informazioni. Mentre i dipendenti di Deep State nei media mainstream tengono la testa bassa e la bocca chiusa mentre incassano i loro assegni, i media indipendenti assumono posizioni di principio a favore della libertà di parola e le persone ammirano quelle posizioni. . Sono, dopo tutto, ammirevoli.
Coloro che abitano il tentacolare apparato statale di sicurezza nazionale non sono stupidi. Capiscono la risposta logica a questi sviluppi così come chiunque altro. Il nuovo imperativo è ora davanti a noi: si tratta di colonizzare i media indipendenti come ha fatto per il mainstream nei decenni precedenti.
Ci sono alcuni casi irrimediabilmente imbarazzanti. Esorto tutti i miei colleghi a smetterla di sprecare il loro tempo con The Young Turks a qualsiasi titolo. Coloro che lo gestiscono, le creature di coloro che lo finanziano generosamente, sono semplicemente al di sotto di tutto. Come Matt Taibbi ha sottolineato questo fine settimana in un articolo meravigliosamente intitolato “Sì, Virginia, c’è uno stato profondo”, ora hanno un giullare di nome Ben Carollo che proclama che la CIA è una forza responsabile del bene, salvatore della democrazia – questo in un video che appare sotto il titolo “Rebel HQ”.
Come diceva un amico emigrato dall’Est Europa: “Ferma il tuo carro”.
Democrazia adesso! è un esempio più sottile di questa colonizzazione. L’ammirevole Amy Goodman, un tempo ammirevole, ha ingoiato la farsa del “Russiagate”, che ho interpretato come il primo segno di un intervento silenzioso, di un tipo o dell’altro. Poi ha ceduto all’ortodossia sulla truffa delle armi chimiche durante la crisi siriana, e ultimamente – c’è da crederci – Goodman ha iniziato a trasmettere i servizi “investigativi” della CNN con piena approvazione. .
Sembra che i donatori di Democracy Now! minacciato di differire i pagamenti.
I tre fenomeni recenti suggeriti sopra sono indicazioni delle ultime tattiche del Deep State nel suo assalto ai media indipendenti e alla cultura che ne deriva. Ci conviene capirlo.
Il Consorzio Internazionale dei Giornalisti Investigativi
Due settimane fa, l’International Consortium of Investigative Journalists ha pubblicato “The Pandora Papers”, una “fuga” di 12 milioni di documenti elettronici che rivelano le attività di evasione fiscale e occultamento di denaro di circa 300 personalità politiche in tutto il mondo. “The Pandora Papers” ha seguito la pubblicazione dei “Panama Papers” nel 2016 e dei “Paradise Papers” un anno dopo. Queste varie pubblicazioni contengono molte rivelazioni utili, ma non dobbiamo farci ingannare dalla natura del progetto.
Da dove l’ICIJ ha ottenuto i documenti “Pandora Papers” e come? Spiegare la provenienza, l’autenticità, ecc. è essenziale per qualsiasi sforzo investigativo, ma l’ICIJ non ha voce in capitolo in questa materia.
Perché, tra tutte le persone che “The Pandora Papers” denuncia, non c’è un solo americano nella sua lista? Come osserva Moon of Alabama in un’analisi , questa lista è una lista di “persone che non piacciono agli Stati Uniti”.
L’ICIJ insiste fortemente sulla sua indipendenza. Ma a ben guardare, si scopre che non è così, comunque si definisca il termine. Tra i suoi donatori ci sono la Ford Foundation , i cui legami di lunga data con la CIA sono ben documentati, e Open Society Foundations , l’operazione del famoso George Soros dedicata a promuovere colpi di stato in paesi che non rispettano le regole del neoliberismo.
Il gruppo è stato fondato nel 1997 come progetto del Center for Public Integrity , un’altra istituzione dedicata a “ispirare il cambiamento usando la cronaca investigativa”, come si descrive il centro. Tra i suoi sponsor ci sono ancora una volta Ford e il Democracy Fund, fondato da Pierre Omidyar, banchiere di The Intercept (un altro media “indipendente” compromesso). Omidyar è, come Soros, uno sponsor di operazioni di sovversione in altri paesi che si mascherano da progetti della “società civile”.
Gli altri sponsor dell’ICIJ (e in effetti quelli del Fondo per la democrazia) sono costituiti dagli stessi tipi di fondazioni che supportano NPR, PBS e altri media simili. Chiunque presuma che le istituzioni dei media che ricevono denaro da tali sponsor siano genuinamente indipendenti non riesce a capire che la filantropia è un canale consolidato attraverso il quale vengono applicate le ortodossie.
Cosa vediamo qui? Certamente non quello che ci viene chiesto di vedere. Tornerò su questo.
Maria Ressa
FONTE: https://www.legrandsoir.info/l-etat-profond-veut-maintenant-coloniser-les-medias-independants-consortium-news.html
RES COGITANS E RES EXTENSA
Filosofia della mente 1 12 2016
Molti filosofi e scienziati odierni considerano la metafisica di Spinoza un definitivo superamente di quella Cartesiana. Non è difficile trovare delle fonti dove questa superiorità venga argomentata, perciò non mi soffermerò a spiegarne i motivi. Vorrei invece fare un passo in dietro rispetto a quest’idea e, senza rivalutare le ipotesi di Cartesio, effettuare una critica al pensiero Spinoziano. Cartesio introdusse i concetti di res cogitans e res estensa come due sostanze separate, in grado di interagine l’una con l’altra ma di per se indipendenti. Spinoza invece affermò l’esistenza di un entità unica con queste due diverse manifestazioni. Ogni evento fisico corrisponde a un evento mentale e viceversa; Antonio Damasio, eminemente neuroscienziato, abbraccia almeno parzialmente questa metafisica e delinea quali secondo lui sono i processi neurali che rendono possibile l’esplicitarsi della res cogita (intesa come attributo spinoziano e con come sostanza cartesiana) nella coscienza, questo tentativo era stato compiuto solo marginalmente da spinoza, il quale era cosciente dell’ignoranza in campo biologico all’epoca. Possiamo rappresentare la metafisica di spinoza con la seguente analogia: immaginiamo che la realtà sia un oggetto che si muove in uno spazio illuminato, le lunghezze d’onda trasmesse dall’oggetto sono il mondo fisico, l’ombra creata dall’oggetto sono il mondo mentale. potremmo descrivere il movimento dell’oggetto usando come riferimento l’ombra o le frequenze d’onda emesse e ottenere gli stessi risultati. Sempre in analogia con il pensiero di Spinoza possiamo affermare che così come la mente e il corpo non hanno influenza l’una sull’altra le frequenze d’onda emesse dall’oggetto e la sua ombra non interagiscono tra di loro, ma semplicimente raffigurano la stessa realtà da due punti di vista. Nel pensiero di spinoza la metafisica non influisce sulla fisica: se ci trovassimo in una realtà dove l’attributo res cogita non esiste, l’andamento della res estensa rimarrebbe inalterato (semplicimente noi saremmo degli zombie chalmeriani, si veda David Chalmer). E proprio qui che a mio parere crolla la metafisica spinoziana, nel momento in cui pensiamo alla res cogita, nel nostro cervello ci sarà un corrispondente evento elettrofisiologico, che avverrà soltanto in corrispondenza del pensare alla res cogita. Se la res cogita non esistesse, come potrebbe il nostro cervello avere tale evento fisiologico? Da qui scaturisce una domanda ancora più importante, come fa il nostro cervello, che è una parte della res estensa, ad accorgersi dell’esistenza della res cogita, non potendo questa inviare dei segnali che permettano di identificarla?
FONTE: https://www.facebook.com/890688504363088/posts/1167401250025144/
ECONOMIA
Arriva la stangata: dal latte al pane, rincari fino a 1.500 euro per le famiglie
Con un mano, Mario Draghi si diverte a stracciare i diritti degli italiani, obbligando a sottostare a un obbligo di Green pass che non ha uguali in Europa. Con l’altra, il premier preferito dall’Ue prepara una lunga serie di rincari che si abbatteranno sulle famiglie italiane. A partire da quello dell’energia e delle materie prime che, a cascata, finirà per far impennare anche il costo di altri consumi. Con una spesa media per le famiglie italiane che, secondo il Codacons, in autunno potrebbe arrivare addirittura a 1.500 euro in più.
Anche in Francia l’attacco alla casa privata
(Presto anche in Italia con il PD vittorioso)
Traduco da un articolo di La Tribune, Francia:
“Il governo vuole finirla con la casa individuale: “Un non senso economico, ecologico e sociale”.
Otto mesi dopo aver lanciato una concertazione su “abitare la città di domani” per ripensare la pianificazione dopo il Covid 219, il ministro della Casa Emanuelle Wargon vuole veder fiorire alloggi collettivi che facciano rivivere “l’intensità felice” e ha qualificato le case individuali “Un non senso ecologico, economico e sociale”. Tuttavia il mercato della casa individuale e resta l’ideale di vita di 75 francesi su cento”.
Come abbiamo più volte ricordato, per i miliardari l’esproprio della piccola proprietà immobiliare (non la loro proprietà, che immensa, ovviamente) fa parte del Grend Reset, del Build back better (Ricostruire meglio) e del programma “2030, non possiederai nulla e sarai felice”.
Ricordo che il discorso è stato aperto dall’Economist (posseduto dai Rotschild e Elkann) nel gennaio scorso: un numero speciale strillava
La proprietà della casa è il più grande errore di politica economica dell’Occidente. È un’ossessione [di noi piccolo borghesi e operai ancora in grado di fare un mutuo per la casa, ndr.] che mina la crescita, l’equità e la fede pubblica nel capitalismo…. perniciosa è la disfunzione strisciante che l’edilizia abitativa ha creato nel corso di decenni: città vibranti senza spazio per crescere; anziani proprietari abitanti in case semivuote desiderosi di proteggere la propria veduta dalla finestra; e una generazione di giovani che non possono permettersi facilmente di affittare o comprare e ritengono che il capitalismo li abbia traditi”-
Gli espropri saranno attuati attraverso l’indebitamento delle famiglie e degli individui ; il FMI si offrirà di condonare i nostri debiti, che avrà provveduto a ingigantire e rendere impagabili, in cambio della rinuncia alle nostre abitazioni di proprietà.
Non si dimentichi che Bergoglio, El Papa appena nominato “guida morale” (sic) della Fondazione Rotschild, già da un anno l’ha buttata lì : di punto in bianco si mette a parlare del tema caro all’Economist :
Il Papa: «Il diritto alla proprietà privata non è intoccabile
(24 Ore,20 novembre 2020)
Papa: condividere proprietà non è comunismo, è cristianesimo allo stato puro
Il diritto di proprietà è un diritto naturale secondario…
(Repubblica, 11 aprile 2012)
Invece l’attacco alla proprietà privata è proprio il nerbo del comunismo. Naturalmente, vediamo, anche del “comunismo” gestito dai miliardari di Davos nel loro interesse:
Secondo 8 previsioni formulate dal World Economic Forum (Wef), nel 2030 le persone non possederanno nulla e «tutti i prodotti saranno diventati servizi».
Ida Auken, parlamentare danese e Young Global Leader del Wef ha descritto in un suo articolo per il World Economic Forum ciò che ha appreso dal progetto di Davos: come sarà la vita nel 2030? «Non possiedo nulla. Non possiedo un’auto. Non possiedo una casa. Non possiedo né elettrodomestici né vestiti. Tutto ciò che era considerato un prodotto, ora è diventato un servizio». Da affittare e noleggiare.
E’ difficile immaginare una forma di schiavitù più totale di quella che progettano col loro “build back better”.
E’ esattamente quello che disse una delle veggenti delle apparizioni della Vergine avvenute a Garabandal fra il 1961 e il 1965: “Sembrerà come se il comunismo avesse invaso il mondo”. Non dubito che con la vittoria del PD alle elezioni locali, questo programma di esproprio delle abitazioni sarà attuato anche qui, in forma di patrimoniale. Comincia la fase più dura della dittatura mondiale.
Ma la dittatura sarà interrotta da un evento che le veggenti di Garabandal chiamano l’Avvertimento.
L’Avvertimento: viene direttamente da Dio per preparaci. Accadrà in ogni parte del mondo e sarà sentito da tutti, qualunque sia la loro condizione e conoscenza di Dio, esattamente nello stesso tempo. Sarà un’esperienza terribile, ma è per il bene delle nostre anime, perché vedremo dentro noi stessi, nella nostra coscienza, il bene e il male che abbiamo fatto.
Preghiamo perché ciò avvenga
FONTE: https://www.maurizioblondet.it/anche-in-francia-lattacco-alla-casa-privata/
FINANZA BANCHE ASSICURAZIONI
Investimenti, la decorrelazione nell’era globalizzata
20 Ottobre 2021, di Luca Losito
La diversificazione è forse il primo e imprescindibile mantra di ogni portafoglio che si rispetti. Concentrare i propri investimenti su un singolo asset o anche su una serie di asset strettamente collegati tra loro può infatti risultare deleterio per chi punta a massimizzare i propri rendimenti.
Per questo la decorrelazione è un tema di grande attualità, soprattutto nell’era globalizzata che stiamo vivendo, in cui le crisi dei singoli Paesi spesso poi si ripercuotono su tutti i mercati finanziari. Ne abbiamo parlato con un esperto come Paolo Legrenzi, professore emerito di scienze cognitive all’Università Ca’ Foscari di Venezia, il quale ci ha spiegato come il tempo sia la variabile più preziosa per ottimizzare i propri investimenti.
La teoria di base
Ma prima di addentrarci nell’intervista, facciamo un breve cenno teorico, indispensabile per inquadrare al meglio il tema trattato. In finanza, un investimento si dice direttamente correlato con un altro quando i loro rendimenti si muovono in modo omogeneo (entrambi al rialzo o entrambi al ribasso) o inversamente correlato quando, se il primo va al rialzo, il secondo va al ribasso – e viceversa -. Un investimento è invece detto decorrelato rispetto a un altro quando le variazioni dei rispettivi rendimenti non sono collegate. In un portafoglio, investimenti direttamente correlati aumentano il rischio complessivo, quelli decorrelati lo riducono. Per questo sono molto preziosi.
Creare la decorrelazione
La decorrelazione, oggi, tra mercati globalizzati e sempre più prossimi gli uni agli altri, bisogna crearla. È necessario fare una diversificazione nel tempo, anche se l’uomo è programmato per il breve termine. “Purtroppo, siamo fatti male – afferma Legrenzi – L’evoluzione della specie umana non ci ha preparati alla diversificazione nel tempo in campo finanziario. Siamo convinti che le previsioni a breve siano più sicure di quelle a medio e lungo termine. L’avversione al rischio e alle perdite, poi, fa il resto”.
L’attrazione per il breve termine
In quasi tutti i campi della vita umana è più facile prevedere a breve che a lungo termine. “Paradossalmente, solo in campo finanziario dovremmo badare alle previsioni che si rivelano con il passare del tempo – dice il professore – E quindi con lo scorrere dei trienni, dei lustri, dei decenni. Perché lì ci sono delle previsioni molto stabili. Il modo più semplice per capirlo è guardare i tassi americani che guidano tutti i tassi del mondo occidentale: se restano bassi, anche il costo del denaro resta basso e così i mercati continuano a restare alti”.
La view di lungo periodo
Dunque, il punto di partenza è che è facile fare previsioni a lungo termine in ambito finanziario. “Questo deve riflettersi nelle nostre scelte di investimento e non dobbiamo badare a quello che succede a breve termine – sostiene Legrenzi – Sui tempi lunghi, la Borsa americana fa meglio delle altre e sui titoli quelli tecnologici fanno meglio degli altri. In linea generale, le Borse fanno meglio di tutto il resto. Queste previsioni sono abbastanza stabili e affidabili, ma valgono solo sul lungo periodo. Quindi la diversificazione nel tempo funziona nelle scelte d’investimento in maniera opposta a tutto il resto della nostra vita”.
Il contrasto alla diversificazione
La diversificazione nel tempo è facilissima da dire e da spiegare, ma al tempo stesso difficilissima da attuare perché le persone sono avverse al rischio e temono le perdite. E siccome controllano i loro soldi spesso perché ci tengono, vedono le perdite. Questo fa sì che loro non investano sui mercati azionari, anche e soprattutto per questo in Italia ci sono 1.700 miliardi di liquidità parcheggiati sui conti correnti.
Il problema overconfidence (tr: eccesso di sicurezza)
Poi c’è un altro bias comportamentale che rema contro le scelte finanziarie più appropriate: “L’overconfidence, che potremmo definire come una sorta di presunzione e superbia – sottolinea il professore – Il settore degli investimenti funziona in maniera diversa dalle altre scelte della vita, quindi umilmente bisogna evitare di seguire il senso comune ma come nella scienza seguire ciò che è dimostrato dagli studi. Tutte le valutazioni vanno fatte ragionando su archi temporali lunghi, come per le cose importanti della vita”.
L’approccio giusto
Il parallelo offerto qui da Legrenzi è davvero interessante e può servire per chiarire a chiunque l’approccio giusto agli investimenti: “Se si pensa alle cose più significative dell’esistenza, un partner, i figli, il lavoro, queste hanno tutte un raggio temporale molto lungo. Quindi, a meno che non si pensi di mollare tutto entro tre mesi e fuggire da qualche altra parte nel mondo, unico caso reale in cui converrebbe optare per la liquidità, è su questo orizzonte temporale che bisogna calibrare i propri investimenti”.
Decorrelazione: l’importanza del consulente
Inoltre, un altro aspetto fondamentale è naturalmente affidare la gestione del patrimonio a chi ne ha le competenze. Fidarsi degli esperti, in questo campo i consulenti finanziari, fa una differenza enorme. Questo vale a maggior ragione nell’attualità, perché un esperto è in grado di soppesare nella maniera giusta quali cose sono cambiate e quali sono rimaste sostanzialmente le stesse. Il processo di globalizzazione è un cambiamento destinato a durare in eterno. I mercati saranno sempre più correlati perché le economie sono più interdipendenti.
I cambiamenti in atto
“I cambiamenti importanti non avvengono mai di colpo – evidenzia Legrenzi – c’è un’evoluzione nel tempo. Come si è potuto notare negli ultimi 50 anni sulla Borsa americana, tutte le società che trattano servizi e prodotti immateriali sono pian piano diventate più rilevanti di quelle che producono beni materiali. Adesso cinque aziende di immateriali compongono da sole il 20% della capitalizzazione Standard & Poor’s. Dunque c’è stata un’evoluzione tecnologica che ha portato al definitivo cambio di rapporto tra beni immateriali e materiali, ma queste sono variazioni destinate a restare e non si modificano nel breve termine”.
Tirando le somme, il consiglio è di puntare sull’azionario e farlo con un arco temporale lungo, per avere risposte gratificanti in termini di rendimento: “La liquidità, il breve termine e l’immobiliare sono gli investimenti preferiti dalla nostra mente – precisa il professore – ma i dati dimostrano che le azioni con ogni probabilità possono rendere in media il 4% più di tutto il resto. Questo se si applica a un investimento importante e duraturo nel tempo, si traduce in un ricavo notevole”.
Insomma, per chiunque abbia degli obiettivi e un orizzonte di vita che vada oltre il breve termine, ogni momento è quello giusto per cominciare a investire: “Magari prediligendo asset legati alla Borsa americana e alla tecnologia – afferma Legrenzi – e a patto che non si controlli l’andamento dei risparmi per almeno cinque anni. Oppure controllarli, sì, ma senza fare un bel nulla. Perché non bisogna disinvestire durante le fasi di ribasso dei mercati. Ad esempio un anno fa il NASDAQ è sceso del 30%, questo con un orizzonte temporale biennale sarebbe passato inosservato, perché dopo è risalito del 40%”. Guarda oltre il breve termine, significa guardare lontano.
L’articolo integrale è stato pubblicato sul numero di ottobre del magazine Wall Street Italia
FONTE: https://www.wallstreetitalia.com/investimenti-la-decorrelazione-nellera-globalizzata/
Mps-Unicredit: trattative in salita, arriva l’aut aut di Orcel
20 Ottobre 2021, di Mariangela Tessa
Tutte in salita le trattative tra Tesoro e Unicredit sul dossier Mps. Secondo indiscrezioni riportate dal Messaggero, l’a.d. di Unicredit Andrea Orcel avrebbe posto un aut-aut allo Stato, azionista della banca senese con il 64%: o si raggiunge un accordo quadro entro il 27 ottobre, giorno dell’approvazione della trimestrale, che sarà poi diramata ai mercati il giorno successivo, 28 ottobre, oppure la banca milanese potrebbe dire addio ai piani su Rocca Salimbeni.
Secondo il quotidiano romano, le discussioni tre le parti in campo si sarebbero complicate per le richieste di Orcel, che preferisce una soluzione spezzatino, e la difficoltà di trovare un compromesso.
La banca milanese procederebbe dunque alle nozze con Mps, ma senza le sue quattro partecipate, senza i suoi Npl e Utp mentre sarebbe disposta ad integrare la banca online Widiba e gli sportelli del Centro e Nord Italia. Il numero uno di UniCredit chiede anche “un adeguamento della copertura sui crediti, esuberi, Dta e 300 filiali in meno, quindi circa il 65% dell’attuale gruppo”.
Financial Times: difficile accordo entro il 28 ottobre
Che le cose non stiano andando nel verso giusto se ne è accorto anche il Financial Times: per il quotidiano britannico, ci sarebbe meno del 50% di possibilità che la trattativa vada in porto e, soprattutto, meno del 5% che questo succeda entro il 28 ottobre.
Già la lunga permanenza di Unicredit nella data room di Mps aveva fatto capire che qualcosa non stesse andando per il verso giusto. Secondo il FT, infatti, l’iniezione di capitale che lo Stato avrebbe deciso di accordare sarebbe stato nell’ordine dei 2-2,5 miliardi, mentre Orcel ne chiederebbe il doppio.
Restano dunque molti nodi da sciogliere. Tutto questo mentre al momento, di certo c’è la richiesta dell’Ue di un disimpegno del Tesoro da Siena entro il 31 dicembre.
Ricordiamo che a fine luglio, UniCredit ha comunicato le trattative esclusive col ministero dell’Economia su Mps per un’operazione ad impatto zero sui coefficienti patrimoniali e con una crescita di valore pari al 10% in termini di utili per azioni. In assenza di questi requisiti, la banca potrebbe guardare altrove, visto che non mancano opzioni.
Mps Unicredit: l’opinione degli analisti
Gli analisti di Equita SIM, commentato le indiscrezioni, scrivono in una nota:
“Sebbene vediamo ancora UniCredit come il principale interlocutore per Mps, riteniamo che un’eventuale interruzione delle trattative con il Mef possa rappresentare una notizia negativa nel breve termine per UniCredit. Allo stesso tempo però valuteremmo positivamente la disciplina del management nel non dover perseguire la trattativa a tutti i costi (aumentando il rischio di execution del deal e riducendo il potenziale di value-creation). In caso di fallimento dell’operazione UniCredit-Mps vediamo un read-across positivo per Banco BPM, in quanto crediamo possa aumentare l’appeal speculativo in relazione ad un eventuale M&A con UniCredit”.
FONTE: https://www.wallstreetitalia.com/mps-unicredit-trattative-in-salita-arriva-laut-aut-di-orcel/
Jens Weidmann s’è dimesso. Subito dopo la Merkel. Il motivo c’è.
Jens Weidmann si è dimesso dalla direzione della Bundesbank. E c’è qualche media che si è chiesto il perché. Il motivo è evidente, in quanto la dimissione segue strettamente la fine della Cancelliera Angela Merkel, la sua protettrice.
Ora scopriamo così che le politiche ottusamente austeritarie, dal Patto di Stabilità che ci obbliga a ritornare al debito al 60%, alla tirchieria monetaria, arrivata fino al punto di sabotare il necessario quantitative easing della BCE di Draghi accusandolo davanti alla Corte Costituzionale tedesca – erano le politiche volute da Angela Merkel. Era lei che lo copriva, capiamo adesso; o addirittura gliele suggeriva .
MA senza dirlo. Scelte poltiche che lei non ha mai dichiarato in quanto tali, si capisce: le faceva fare al suo finto “tecnico” dotato di “autonomia ” che, ora vediamo anche questo, era di nomina politica ed è un politico lui stesso, non l’ esecutore di atti oggettivamente necessari in base alla “scienza economica” di scelte politiche – rovinose.
E’ stato questo il tipico modo di comandare l’Europa della Merkel – come definirlo? Lo stile “pesce in barile” – imporre scelte politiche senza parere, facendo credere che non era lei a comandare. Uno stile infinitamente sleale, Angela si esimeva dall’obbligo anche di esprimere lealmente e pubblicamente le sue scelte altamente politiche, spesso politiciste , improvvisate e imperative a capocchia (si pensi alla Grecia distrutta per salvare i prestiti che le avevano fatto le banche tedesche, a quando ci fece accogliere milioni di immigrati, a quando ci ha fatto pagare 3 miliardi europei a Erdogan perché si tenesse gli immigrati in più). Le scelte politiche sono per essenza “discutibili”: nel senso che vanno discusse, in quel caso dagli altri stati e governi europei. Lei le ha sottratte alla discussione, e nello stesso tempo non se n’è assunta alcuna responsabilità politica di fronte ai paesi membri, riuscendo – con il suo stile pesce in barile – a far credere che lei non comandava, comandavano “le cose” i “tecnici” – alla Weidmann. Che appena lei se ne va si dimette, per non obbedire al politico socialdemocratico che diverrà cancelliere: bel tecnico, non c’è che dire. E la Ursula amica sua a capo della Commissione? Scelta sua ma facendo finta che non è stata lei a comandarlo…Ma peggio.
All’insuperabile metodo del “pesce in barile” dobbiamo l’atteggiamento ambiguissimo e schizofrenico della MErkel verso la Russia, la creazione del NordStream 2, portata avanti meetà di nascosto a dispetto di polacchi, baltici, ucraini e americani,, unita alla partecipazione ai gesti di più grave ostilità verso Putin e il suo governo, alle sanzioni per la presunta invasione della Crimea ucraina, fino ad accusarlo dell’accusa falsissima e inverosimile di aver cercato di uccidere Navalny per avvelenamento. Sicché oggi la politica della UE verso la Russia ce ne rende clienti per il gas fornito da Gazprom, di cui non possiamo fare a meno, e partecipi delle provocazioni ed atti di ostilità bellicisti, sempre più offensivi e roventi, della NATO americana contro il governo russo.
Questo è l’esempio preclaro del metodo con cui Merkel ha danneggiato la UE: scelte politiche non dichiarate, non vengono discusse, e restano a ingombrare pericolosamente la scena internazionale come mezze misure torbide: che politica abbiamo verso la Russia? Stupidamente aggressiva stile NATO e insieme imploranti che fornisca più gas perché ne abbiamo bisogno. Si può arrivare alla guerra NATO, e che sarà dei nostri contratti con Gazprom? Non ce lo si chiede, non si decide che la Russia è “Europa” cui ci unisce il destino manifesto. Pesce in barile.
Il Patto di Stabilità? Il pesce in barile sul tema autorizza ai nordici spilorci di asserire che deve tornare in vigore pieno entro il 2022, ossia che l’Italia deve tornare a un debito pubblico pari al 60% del Pil: si apre una battaglia in cui l’Italia, terzo stato per economia e popolazione, è la parte debole perché “nel torto” , non avendo la Merkel nemmeno lasciato capire con un cenno del capo to che questa clausola va cambiaat. Saranno guai.
In generale, la politica di pesce in barile, comandare senza dirlo, e senza responsabilità, ha reso l’Europa – avanguardia scientifica fino a lei – un retrobottega arretrato della Cina dedito fabbricare le BMW e VW, che deve importare i chip elettronici da Cina e Corea e Taiwan. Una volta li sapevamo fare. Ho sentito Draghi dire, nel discorso ultimo, che la UE ha deciso: il 20% dei chips che usiamo dovremo farli qui, in Europa. Dove è stato deciso? Da chi? Abbiamo le tecnologie ancora? Pesce in barile.
In fondo, anche la politica del sopruso di Draghi sul green pass è in stile pesce il barile. Non ha ordinato l’obbligo della vaccinazione per legge; la sta imponendo con coercizioni extra legali, come il togliere gli stipendi a milioni di lavoratori . Quindi non si assume alcuna responsabilità. Non lascia discutere della utilità del siero che chiamano vaccino, e della sua pericolosità ed effetti avversi; e se la pandemia sia finita come pare. Tutto avviene senza un “comando” esplicito, come se a dettarlo fossero “i tecnici” in base alla “scienza oggettiva”. Un vero stile di governo, più feroce e di ogni altra dittatura apparsa nella storia.
FONTE: https://www.maurizioblondet.it/jens-weidmann-se-dimesso-subito-dopo-la-merkel-il-motivo-ce/
PANORAMA INTERNAZIONALE
Trump annuncia il suo social network: si chiama Truth, ossia “verità”
22 Ottobre 2021, di Alberto Battaglia
Ormai da tempo sospeso dai principali social network, l’ex presidente Donald Trump è pronto a dare a se stesso e ai suoi ancora numerosi sostenitori un nuovo spazio di confronto online. Si chiamerà Truth Social e sarà una nuova piattaforma sociale a tutti gli effetti. La società cui farà a capo, la Trump Media & Technology Group (Tmtg) si quoterà in Borsa attraverso una fusione.
Truth potrebbe diventare il nuovo pulpito dal quale il tycoon condurrà la sua campagna comunicativa in vista delle presidenziali del 2024 – con un progetto di ricandidatura tutt’altro che escluso. La visibilità sui social network è sempre stata una caratteristica fondamentale della presidenza Trump, spesso canzonato dalla stampa avversa come Twitter-in-chief (anziché commander-in-chief, la carica di comandante in capo che compete al Presidente americano).
Truth viene descritta ufficialmente come “la piattaforma di social media ‘Big Tent’ dell’America che incoraggia una conversazione globale aperta, libera e onesta senza discriminare l’ideologia politica”. Implicitamente si afferma come la cacciata di Trump sarebbe stata dovuta a un pregiudizio ideologico da parte di Facebook e Twitter e non alle esternazioni che avrebbero incitato alla violenza in occasione dell’assalto al Congresso americano del 6 gennaio.
“Ho creato Truth Social e Tmtg per oppormi alla tirannia delle Big Tech”, ha detto Trump in una nota, “viviamo in un mondo in cui i talebani hanno una presenza enorme su Twitter, ma il vostro presidente americano preferito è stato messo a tacere. Questo è inaccettabile”.
A rendere possibile l’Ipo della Tmtg sarà la Spac Digital World Acquisition, di Patrick Orlando; l’accordo valuterà la società di Trump 875 milioni di dollari, cifra che potrebbe salire a 1,7 miliardi di dollari, a seconda della performance delle azioni.
La visibilità di Trump si è diradata dopo la sua sconfitta alle presidenziali, comparendo in pubblico per un comizio solo a fine giugno dopo circa sei mesi di assenza. Da allora la presenza dell’ex presidente si è fatta sentire nei Paesi chiave per le nomination presidenziali, con l’ultima apparizione questo ottobre in Iowa.
FONTE: https://www.wallstreetitalia.com/trump-annuncia-il-suo-social-network-si-chiama-truth-ossia-verita/
La Russia rompe i rapporti con la NATO
NEMMENO DURANTE LA GUERRA FREDDA…
Mentre in Italia precipitiamo in un incubo orwelliano, sul piano internazionale la Russia ha chiuso le relazioni diplomatiche con la NATO.
Dopo anni di provocazioni, l’Occidente è riuscito a creare un solco invalicabile con la Russia.
Il tempo della diplomazia, ormai ovunque, sembra dover lasciare spazio ad altri linguaggi…
FONTE: https://www.maurizioblondet.it/la-russia-rompe-i-rapporti-con-la-nato/
A Kabul va in scena il valzer dell’ipocrisia internazionale.
Tonio de Pascali 20 08 2021 RILETTURA
Le povere giornaliste televisive sono allontanate dalla tv di Stato ma, al contrario di quanto è sempre accaduto per le donne con l’estremismo islamico, anziché essere uccise e violentate , hanno tutto il tempo di andare con calma a casa e trasmettere un video su Fb con il quale raccontano, sempre con calma, l’accaduto.
Decine di migliaia di afgani continuano a recarsi, accalcandosi, presso l’aeroporto di Kabul senza che nessun talebano, dopo che hanno conquistato l’Afghanistan in 48 ore, tocchi loro un capello.
E poi, la domanda sorge spontanea: dove mangiano, bevono, e fanno pupù e pipì, le decine di migliaia di persone che da 3 giorni occupano le piste?
FONTE: https://m.facebook.com/story.php?story_fbid=1044212762782865&id=100015824534248
SCIENZE TECNOLOGIE
Facebook vuole cambiare nome, atteso annuncio la prossima settimana
20 Ottobre 2021, di Mariangela Tessa
Facebook vuole cambiare “nome”. Lo riferisce un report citato dal noto sito di tecnologia The Verge, secondo cui il social network fondato da Mark Zuckerberg, potrebbe annunciare un nuovo nome il 28 ottobre, in occasione della conferenza annuale Connect di Facebook o forse anche prima.
Facebook, cosa c’è dietro il cambio del nome
L’operazione, se confermata, risponderebbe alla volontà di costruire un’immagine della società incentrata sul progetto del metaverso , ovvero una nuova generazione di esperienze virtuali interconnesse che utilizzano tecnologie come la realtà virtuale e aumentata. Per trasformare il metaverso da un’idea futuristica a una realtà Facebook ha annunciato un piano per creare 10 mila nuovi posti di lavoro nell’Unione europea nei prossimi cinque anni.
Con un nuovo brand (tr: MARCHIO) la società guidata da Zuckerberg non sarebbe dunque più solo identificata come un’azienda che gestisce il social network, ma come il gruppo a cui fanno capo molteplici servizi tra cui Instagram, WhatsApp e Oculus.
Il rebranding di Facebook potrebbe inoltre contribuire anche a ripulire l’immagine dalla società madre, finita nell’occhio del ciclone per una serie di scandali. Ultimo, in ordine temporale, quello scaturito dalle accuse avanzate dall’ex dipendente Frances Haugen, sulle politiche interne alla società che avrebbero anteposto la ricerca del profitto al controllo dei contenuti, soprattutto quelli che incitano all’odio e alla violenza.
Per ora Facebook non ha commentato le indiscrezioni. Se tuttavia i rumors si confermassero corretti, il colosso americano non sarebbe certo il primo nel settore hi-tech a decidere di cambiare nome. Una decisione simile è stata presa nel 2015 da Google, quando decise di cambiare nome alla società che controlla i suoi servizi e di chiamarla Alphabet e usando il nome “Google” soltanto per il suo prodotto più famoso, il motore di ricerca.
In attesa della trimestrale, giudizi positivi dagli analisti
In attesa di conferme, quello di certo al momento c’è che la società annuncerà la sua terza trimestrale il 25 ottobre: le previsioni sugli utili scontano un calo rispetto ai precedenti due trimestri (3,18 dollari la stima Bloomberg dell’utile per azione contro i 3,61 del secondo trimestre e i 3,30 del primo).
Nonostante gli scandali, che hanno causato una presa di benefici nell’ultimo mese, le azioni di Facebook sono aumentate di circa il 25% da inizio anno. E i giudizi delle principali banche d’affari sono tutti molto positivi, con target price superiori anche di molto ai 400 dollari.
FONTE: https://www.wallstreetitalia.com/facebook-vuole-cambiare-nome-atteso-annuncio-la-prossima-settimana/
STORIA
L’ultimo capitolo del rais
STORIA /
Una chiamata con un satellitare per provare un’ultima disperata fuga, poi l’arrivo dei ribelli e la sua brutale esecuzione ripresa e filmata da decine di telefonini. Il 20 ottobre 2011 è il giorno della morte di Muammar Gheddafi, leader libico al potere da 42 anni. Per molti storici è questa la data della fine dei suoi tanti decenni di “regno”. Ma in realtà la sua Libia, quella della Jamahiriya e del Libro Verde, è al capolinea già da mesi ed esisteva oramai soltanto nella sua Sirte. Per la verità quindi a terminare in quel fatidico giorno di dieci anni fa è la parabola umana del rais, l’ultimo capitolo di una vita passata quasi interamente sotto i riflettori della politica.
La disperata fuga da Sirte
Il 20 ottobre la Libia è un Paese in guerra da mesi. A febbraio le prime manifestazioni contro il rais mettono a ferro e fuoco la Cirenaica. Quando poi Gheddafi sembra sul punto di riprendere tutto il territorio perso, Francia e Inghilterra intervengono a sostegno dei cosiddetti “ribelli”. Gruppi che, già dopo poche settimane, mostrano la loro eterogeneità e l’incapacità di guidare il Paese. A marzo, su input di Parigi e Londra, iniziano i primi bombardamenti per una “no fly zone“, poi la missione è posta sotto l’ombrello della Nato e ne prende parte anche l’Italia. Da allora ogni tentativo di resistenza di Gheddafi risulta vano. Misurata, Sebah, Tripoli cadono una dopo l’altra. Ad agosto il rais e la sua famiglia devono lasciare la capitale. Molte le speculazioni sulla sorte di chi da 42 anni è al potere. C’è chi azzarda su una fuga all’estero, chi invece pensa a un fortificato nascondiglio nel deserto. In realtà Gheddafi, assieme agli ultimi fedelissimi e al figlio Mutassim, si trova a Sirte. Lì dove 69 anni prima era nato.
La sua città ancora non è caduta. Membri della sua tribù e gerarchi a lui più vicini riescono a resistere per settimane, asserragliati in un territorio che conoscono molto bene. Ma la mattina del 20 ottobre l’assedio dei ribelli, coperto dall’aiuto dal cielo delle forze Nato, non è più contrastabile. Gheddafi, come raccontato da Fausto Biloslavo su IlGiornale.it, a quel punto accende un telefono satellitare per chiamare qualcuno a Damasco. Forse è quello il primo momento dall’inizio della guerra in cui il rais capisce di non avere scampo, di aver perso e di non poter più organizzare una controffensiva. Un istante, un momento di lucida rassegnazione che probabilmente gli costa la vita. Perché grazie a quella chiamata Gheddafi viene localizzato. L’ultimo capitolo della sua esistenza inizia così. Dopo aver posato il satellitare, il leader libico si mette in fuga con un convoglio composto da almeno 75 mezzi. Gli aerei e i droni della Nato hanno vita facile nel rintracciare la lunga fila di pickup che provano a uscire da una Sirte prossima alla capitolazione. Il convoglio viene bersagliato dai bombardamenti e Gheddafi deve trovare rifugio in un canale di scolo alla periferia della città. Il resto è una storia raccontata dalle drammatiche immagini del linciaggio del rais da parte dei ribelli e degli ultimi istanti di vita del rais e del figlio Mutassim.
Una morte ancora attuale
Quanto accaduto con certezza dieci anni fa ancora è in parte un mistero. Forse, è l’ipotesi più accreditata, Gheddafi viene ucciso a bruciapelo da alcuni infiltrati all’interno del gruppo di ribelli che lo cattura. Possibile una “mano” francese nell’esecuzione, per mettere a tacere per sempre quella che sarebbe potuta essere una voce ingombrante da prigioniero. Fatto sta che dopo un decennio quanto accaduto a Sirte è ancora molto attuale. In primo luogo perché la Libia è ancora in guerra. In dieci anni il Paese nordafricano non è riuscito a trovare una sua concreta stabilità. Il territorio è diviso e controllato da una miriade di fazioni, gruppi e tribù incapaci di ridare vita a un vero e proprio Stato. In secondo luogo perché, anche a causa dell’instabilità, il nome di Gheddafi è piuttosto pesante. Il figlio, Saif Al Islam Gheddafi, potrebbe candidarsi nelle elezioni previste a dicembre e porterebbe in dote molti voti e un importante sostegno popolare.
Nessuno in Libia ha dimenticato quanto accaduto, nessuno ha scordato quel drammatico giorno. Il 20 ottobre 2011 è un’importante e cruciale data della storia, ma è anche un momento in grado oggi di far discutere e di riempire pagine della cronaca attuale. Dieci anni fa si è chiuso l’ultimo capitolo della storia umana di Muammar Gheddafi, ma non invece la parabole politica di un rais capace di far discutere anche da morto.
FONTE: https://it.insideover.com/storia/l-ultimo-capitolo-del-rais.html
Aerei-spia, stazioni radar e solo spie. Come gli Stati Uniti spiarono l’URSS
Nel 1955, Eisenhower, in un incontro col Presidente del Consiglio dei Ministri dell’URSS Nikolaj Bulganin, propose di concordare lo svolgimento dei voli di osservazione sul territorio di Stati Uniti ed URSS. Mosca respinse l’iniziativa nordamericana e poi Washington decise di agire unilateralmente.
Cattura il “dragone”. Come fu abbattuta una spia nordamericana presso Sverdlovsk
Fu creato il distaccamento speciale “10-10” per monitorare il territorio sovietico. Ufficialmente, l’unità fu nominata “Seconda divisione meteorologica”. Era equipaggiato con nuovissimi aerei da ricognizione U-2. La loro particolarità era che volavano ad un’altitudine inaccessibile ai caccia sovietici (19-21 km). Pertanto, anche se le nostre unità avessero individuato l’aereo da ricognizione nordamericano sul proprio territorio, all’inizio non avrebbero potuto farci nulla. Il primo volo sul territorio sovietico dell’U-2 fu effettuato il giorno dopo l’approvazione ufficiale del piano da parte di Eisenhower. Sorvolò Mosca e Leningrado. Dopo 6 giorni, il governo sovietico emise una protesta ufficiale, ma le autorità statunitensi sospesero i voli per soli sei mesi. Dal 1956 al 1960 gli aerei nordamericani effettuarono almeno 20 voli di ricognizione sull’URSS. Ma il 1 maggio 1960, la difesa aerea sovietica mise finalmente fine alla violazione dall’aeronautica nordamericana del confine aereo dell’URSS. L’aereo pilotato da Francis Powers fu abbattuto dal sistema di difesa aerea S-75 presso Sverdlovsk. Il pilota si lanciò col paracadute e fu arrestato dai residenti del villaggio di Kosulino, vicino cui cadde l’aereo.
Il caso del pilota Powers; come l’Unione Sovietica svergognò il presidente degli Stati Uniti
In una dichiarazione ufficiale del dipartimento di Stato fu affermato che l’U-2 prelevava campioni d’aria nell’alta atmosfera al confine sovietico-turco e, a causa di un malfunzionamento dell’impianto per l’ossigeno al pilota, andò fuori rotta. Tali dichiarazioni non fecero alcuna impressione sull’URSS. Di conseguenza, Powers fu condannato a 10 anni di carcere. Due anni dopo, a Berlino, le autorità nordamericane lo scambiarono coll’ agente dei servizi segreti sovietici William Fischer, noto come Rudolf Abel. È interessante notare come il momento dello scambio di due spie sia mostrato nel film di Steven Spielberg il “Ponte delle Spia”. Secondo la versione di Spielberg, i nordamericani accolsero Powers da eroe, mentre le autorità sovietiche stavano quasi per fucilare Abel per tradimento. Nella realtà, andò esattamente all’opposto. In URSS, Abel fu coperto di decorazioni, dopo riposo e cure tornò a lavorare nell’apparato di intelligence centrale e s’impegnò nella formazione degli ufficiali dell’intelligence. E Powers, al ritorno, fu accusato di non essere riuscito a distruggere l’aereo. Nonostante non venisse mai processato per ciò, lo sfortunato pilota fu espulso dai servizi segreti. Fino alla morte, fu perseguitato da accuse di tradimento, poiché gli esperti nordamericani credevano che abbassò deliberatamente l’altitudine ed esporre il prezioso aereo all’attacco della difesa aerea sovietica.
Tecnologia al posto delle persone
Molto degli archivi della CIA, che raccontano il lavoro dei servizi speciali durante la Guerra Fredda, è ancora classificata. Molto probabilmente, ciò è dovuto al fatto che tali documenti possono raccontare i principi del lavoro nordamericano in URSS, usati anche oggi. D’altra parte, furono scoperti molti dati sull’attrezzatura che i nordamericani usavano per monitorare il territorio dell’URSS. Questo è logico, perché gli attuali strumenti di tracciamento hanno fatto molta strada dalla Guerra Fredda. La tecnologia di tracciamento non era limitata agli aerei. Alla fine degli anni ’50, i nordamericani iniziarono a costruire stazioni radar e postazioni di ascolto vicino al confine sovietico, principalmente in Turchia e Iran. All’inizio degli anni Sessanta, i satelliti da ricognizione iniziarono ad entrare in servizio. È vero, i primi dispositivi nordamericani tipo Discoverer o non fornivano alcuna informazione a causa di malfunzionamenti, oppure lo facevano in forma eccessivamente distorta. Il primo satellite da ricognizione riuscito fu Discoverer-14, lanciato il 18 agosto 1960. Scattò le prime fotografie accettabili del territorio sovietico. È vero, i nordamericani semplicemente non avevano l’opportunità di ricevere dati di buona qualità dall’orbita. Pertanto, il satellite inviò le immagini a terra in speciali capsule. Qui furono presi da aerei con una rete speciale o in mare da navi della Marina degli Stati Uniti. Per inciso, la Marina degli Stati Uniti fu attiva nella supervisione del programma spaziale sovietico. Il compito della marina nordamericana era raccogliere i resti dei satelliti sovietici e parti di missili che mettevano in orbita l’equipaggiamento sovietico. Negli anni successivi, il sistema di monitoraggio dell’URSS, stabilito negli anni Sessanta, fu integrato e sviluppato. Ai confini dei Paesi del blocco di Varsavia, il numero dei centri di intercettazione radio crebbe e i satelliti furono migliorati. Inoltre, furono lanciati molti altri programmi di volo per aerei da ricognizione.
Studio delle armi
L’URSS, insieme agli Stati Uniti, era uno dei principali fornitori mondiali di armi. Perciò (e su richiesta del Pentagono, che voleva sapere con cosa avrebbe dovuto fare i conti in caso di terza guerra mondiale), fu creata un’unità speciale nella CIA per studiare il complesso militare-industriale sovietico. In tale unità c’erano molti gruppi, ognuno impegnato nel proprio segmento di armi: aerei, carri armati, armi leggere, missili, equipaggiamento. Solo nel 1960 furono inviati per lo studio 423 campioni di tecnologia sovietica. Una delle operazioni più famose di tale reparto fu svolta agli albori della sua attività, nel 1951. Durante la guerra di Corea, i nordamericani avevano bisogno di studiare i caccia MiG-15 sovietici. La difficoltà era che questi aerei non sorvolavano il territorio occupato dalle forze nordamericane. Ma nell’agosto 1951, un gruppo speciale nordamericano riuscì a catturare i resti di un aereo precipitato al largo della costa occidentale della Corea del Nord. Furono mandati per studio negli Stati Uniti. I nordamericani ricevettero la maggior parte delle altre armi durante i conflitti del ventesimo secolo. Ad esempio, nel 1966, armi sovietiche furono trasferite a Washington per essere studiate dalle autorità del Ghana, che al tempo combattevano i ribelli comunisti. Un anno dopo, gli esperti nordamericani si ritrovarono con l’equipaggiamento sovietico dei Paesi arabi che avevano partecipato alla guerra dei sei giorni contro Israele.
Fattore umano
Naturalmente, anche le spie “classiche” che operavano sul territorio dell’URSS ebbero un ruolo enorme. Questi non erano solo i dipendenti dell’ambasciata nordamericana che lavoravano in posti diplomatici sotto copertura, ma anche “aborigeni” da essi reclutati. Tra i più famosi agenti della CIA c’era un impiegato dell’Istituto di ricerca dell’industria radiofonica Adolf Tolkachev, che trasmise ai nordamericani dati sugli sviluppi militari segreti sovietici nel campo delle comunicazioni, e il tenente-colonnello della Prima direzione principale del KGB Leonid Poleshuk, che a metà degli anni Ottanta consegnò alla CIA i dati su agenti esteri dell’URSS in diversi Paesi. Entrambi furono scoperti, condannati e fucilati. Il disertore più noto va considerato il colonnello del PSU-KGB Oleg Gordievskij, che trasmise informazioni sugli agenti illegali sovietici al MI-6. Fu detenuto dal controspionaggio sovietico nel 1985, ma negò le accuse e fu rilasciato, riuscendo a fuggire all’estero.
Traduzione di Alessandro Lattanzio
FONTE: http://aurorasito.altervista.org/?p=20438
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