RASSEGNA STAMPA DETTI E SCRITTI
23 FEBBRAIO 2021
A cura di Manlio Lo Presti
Esergo
Alcuni hanno u grande sogno nella vita e mancano a quel sogno. Altri non hanno nella vita alcun sogno e mancano anche a quel sogno.
FERNANDO PESSOA, Il libro dell’inquietudine, Feltrinelli, 1986, pag. 102
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SOMMARIO
Che Draghi è il subalterno di Speranza…
La cattura del Campidoglio è stata un “lavoro interno” (investigatori)
Fulford: Pianificata la Campagna di Marzo Contro l’Idiocrazia Globale
Sindemia, ovvero l’altra (triste) faccia della pandemia
LA COMMOZIONE DI BEATRICE LORENZIN, I FARISEI E I GHOSTWRITER
DIEGO FUSARO: Incredibile! Due lapsus di Mario Draghi chiariscono molte cose in modo preoccupante …
L’inferno del Nord Kivu tra milizie etniche e jihadisti: chi c’è dietro l’attacco all’ambasciatore
Mosca accusa la Ue di ingerenza in affari interni per minaccia di nuove sanzioni antirusse
Biden e lo sfruttamento della manodopera cinese
La lotta geopolitica è stata globalizzata: unipolarismo-multipolarismo
Uomini di Biden responsabili delle distruzioni in Asia Occidentale e Nord Africa
Orwell, la lingua e la politica
REGENI: UN AGENTE SEGRETO MANDATO DA LONDRA?
Coronavirus, l’inchiesta del Guardian sull’Italia
“VIVIAMO DENTRO UNA DITTATURA: COME FATE A NON VEDERLO?”
Prestiti del recovery al green
Tu, lei, voi nella storia dell’italiano
Povertà lavorativa e disuguaglianze nella UE
Vaccino, migliaia di militari Usa lo rifiutano
Un bilancio degli anni del “populismo” (2016-2020)
Sul processore russo Elbrus
Artuzov: uno dei fondatori del controspionaggio sovietico
Il panasiatismo e la sinistra radicale giapponese del dopoguerra
Artuzov: uno dei fondatori del controspionaggio sovietico
IN EVIDENZA
Che Draghi è il subalterno di Speranza…
… ve ne siete accorti, vero?
E’ un paravento di prestigio messo lì per distrarvi e farvi sperare che lui ci darà la ”ripresa economica”, mentre il vero padrone delle nostre vite l’inamovibile, l’insostituibile, aggrava indisturbato la distruzione dell’economia e delle nostre vita decretata dal Forum di Davos. Come i media saturandovi di informazioni sui “contagi” e i “positivi” hanno anche avuto lo scopo di distrarvi dal fatto che milioni di voi e di vostri figli sono disoccupati, né ci saranno mai più posti di lavoro in interi settori. Fra cui il vostro. Ma se la tv non lo dice, voi non lo capite..
Ho ascoltato una seduta parlamentare. Decreto mille proroghe. Ho sentito parlamentari d Fratelli d’Italia proporre in buona fede emendamenti di buonsenso, in vista di uno sviluppo economico possibile – tutti bocciati uno dopo l’altro. Gli stessi parlamentari di FdI commentavano increduli ed esterrefatti. Si stanno battendo come possono, dall’opposizione. Ma non hanno ancora capito che Draghi è il subalterno, è inutile rivolgersi a lui, a comandare resta di Speranza. Non hanno letto il programma del Forum che comprende il sequestro della piccola proprietà immobiliare nel terzo trimestre, dopo l’allungamento e l’indurimento dei lockdown fino alla completa distruzione dei vostri redditi e risparmi.
FONTE: https://www.maurizioblondet.it/che-draghi-e-il-subalterno-di-speranza/
La cattura del Campidoglio è stata un “lavoro interno” (investigatori)
Il 15 febbraio 2021, la portavoce della Camera dei Rappresentanti Nancy Pelosi (Democratica, California) ha nominato il generale Russel L. Honore (nella foto) per guidare la squadra investigativa nella cattura del 6 gennaio del Campidoglio.
Questa personalità è nota per aver guidato le operazioni di soccorso durante l’uragano Katrina. È un repubblicano, vicino all’ex presidente George W. Bush e ferocemente contrario all’ex presidente Donald Trump. Durante diverse interviste radiofoniche e televisive ha indicato che, secondo la sua indagine, questo evento era un ” lavoro interno “, vale a dire che era stato organizzato dall’interno del Campidoglio.
Si dice che la polizia del Congresso sia composta dal 30 al 40 percento di sostenitori dell’ex presidente Trump. Secondo quanto riferito, ha lasciato entrare i manifestanti e non ha chiesto rinforzi.
I sostenitori del sig. Trump sottolinea che il generale Honoré si è opposto ai cosiddetti rinforzi durante l’attacco agli edifici ufficiali lo scorso anno a Portland, in Oregon. Sono anche sorpresi che sia stato in grado di esprimere un’accusa simile un mese prima della sua nomina.
Inoltre, ora un recinto temporaneo circonda gli edifici del Congresso. Potrebbe essere eretto in modo permanente.
FONTE: https://www.voltairenet.org/article212267.html
FONTE: https://www.facebook.com/lisa.stanton111/posts/3951061494912097
Fulford: Pianificata la Campagna di Marzo Contro l’Idiocrazia Globale
La Mafia Khazariana la Cabala che controlla l’Occidente e la Cina comunista sta rifiutando la richiesta degli gnostici Illuminati di arrendersi e sta per affrontare una massiccia campagna di marzo per sradicarli definitivamente, affermano molteplici agenzie e fonti della società segreta.
La Cabala è ora in preda al panico dopo aver pianificato di istituire l’idiocrazia globale con ridotta capacità mentale e riduzione della popolazione attraverso una serie di vaccini.
Questo perché è stata inviata la prova alle agenzie militari e di intelligence del mondo che l’intera epidemia di “Covid-19” è una frode progettata per indurre la popolazione mondiale a ricevere “vaccino DNA e vaccino mRNA” sperimentali per la terapia genica che altereranno il loro DNA al fine di schiavizzarli permanentemente.
Ad esempio, il rapporto scientifico peer-reviewed (Science, Public Health Policy and the Law Volume 2: 4 October 12,2020) inviatoci dall’intelligence britannica e francese afferma:
“Secondo i Centers for Disease Control and Prevention (CDC) il 23 agosto 2020, ‘Per il 6% dei decessi, COVID-19 era l’unica causa menzionata. Per i decessi con condizioni o cause oltre a COVID-19, in media, c’erano 2,6 condizioni o cause aggiuntive per morte. ‘”
Il rapporto prosegue dicendo che il CDC ha poi illegalmente contraddetto le proprie scoperte, che essenzialmente ammettono che il Covid-19 è al massimo un raffreddore o influenza stagionale, per chiudere illegalmente la società e imporre un’agenda per vaccinare le persone con la tecnologia CRISPR che altera i geni.
Ecco, ad esempio, un collegamento a un rapporto scientifico che ammette che CRISPR è utilizzato nei vaccini “Covid-19“.
https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC7469881/
Gli attori statali della Cabala sono ora sempre più attaccati per le loro attività criminali. Mercoledì scorso il governatore della Florida, Ron DeSantis , ha detto che il presidente fantoccio Biden si è spento dopo che China Joe gli aveva ordinato di chiudere lo stato a causa della falsa pandemia. Parlando con lo zar dei vaccini, il dottor Anthony Faustus DeSantis, ha chiesto: “Quanto guadagni da questi vaccini, dottor Fauci?” Ha poi aggiunto: “E, Joe, se continui con questa linea di condotta, autorizzerò la Guardia Nazionale di stato a proteggere il movimento dei Floridiani“. Quando Biden ha risposto: “Rivolgiti a me come Presidente o Presidente Biden“, DeSantis ha risposto “Non lo farò, e puoi andare a farti fottere“, prima di riattaccare.
https://realrawnews.com/2021/02/gov-desantis-tells-biden-go-fuck-yourself/
DeStantis ora ha bisogno di guardarsi le spalle dagli assassini e mobilitare la Guardia Nazionale della Florida per marciare su New York e altre roccaforti della mafia Khazariana.
Avrà sicuramente il sostegno del Texas e della Guardia Nazionale della maggior parte degli altri stati, così come i ranghi (fino al colonnello) del Pentagono se lo farà.
A proposito, il link all’articolo sopra mi è stato inviato su Telegram ma è apparso solo sul mio iPhone e non sul mio PC. Secondo fonti di CIA, MI6 e FSB Microsoft, Facebook, Twitter e Google sono ora controllati da criminali che censurano la verità.
Molte fonti del Pentagono affermano che Trump sta agendo e prestando servizio solo a parole ai sionisti e presto si rivolterà contro di loro. Tuttavia, le persone devono tenere a mente che è sempre stato un “firster israeliano” facendo cose come riconoscere l’annessione illegale di Israele della Striscia di Gaza e spostare l’ambasciata degli Stati Uniti a Gerusalemme. Ha anche attuato un palese nepotismo dando al suo genero membro di Chabad (di uccidere il 90% dell’umanità, schiavizzare il resto) Jared Kushner un potere eccessivo di negoziare accordi di pace in Medio Oriente per Israele.
In ogni caso, la United States Corporation è finita. Come mostrano questi grafici, ora è come Wiley Coyote sospeso a mezz’aria dopo essere scappato dalla scogliera.
La situazione sul campo è ora così disastrosa che, in un solo esempio, un nuovo sondaggio della NYC Hospitality Alliance rivela che il 92% dei ristoranti di New York non può permettersi di pagare l’affitto di dicembre.
https://thenycalliance.org/information/december-2020-rent-report
Anche i media di propaganda coporate stanno iniziando a ribellarsi contro le loro false narrazioni. Ad esempio, in un’apparizione su MSNBC , il consulente COVID della Casa Bianca Andy Slavitt ha affermato che il fatto che i modelli di infezione da Covid fossero identici in Florida senza lockdown e in California iper-lockdown era “un poco oltre la nostra spiegazione“.
La Cabala sta ora disperatamente riducendo la falsa pandemia poiché la realtà diventa impossibile per loro negare ulteriormente. Questo è il motivo per cui stanno segnalando un enorme calo dei casi “Covid” e articoli di propaganda ora dicono che l’intera “pandemia” potrebbe finire entro aprile.
http://www.battleforworld.com/2020/08/01/covid-19-where-does-it-end/#CovidCasesDrop
https://www.statista.com/chart/22067/daily-new-cases-by-world-region/
Naturalmente, non dobbiamo mai sottovalutare questi criminali perché hanno letteralmente migliaia di anni di esperienza nel radunare gli esseri umani come se fossero bestiame. L’attacco al Texas, che ha comportato la chiusura deliberata della rete elettrica nel bel mezzo di un’ondata di freddo, ne è un esempio. Ciò è avvenuto dopo che il membro del Congresso texano Ron Wright “è morto di Covid-19“, e come un’elezione per la sua sostituzione si profila, i media di propaganda corporate sono pieni di articoli che criticano l’establishment texano per “maltrattamento“, della sua rete energetica.
Ora, fonti della NSA ci dicono che la prossima cosa che il regime criminale sta pianificando è la carenza di cibo. La NSA osserva:
1) Chiusura di piccole aziende agricole in tutto il mondo.
2) Oltre 1.000 navi al largo delle nostre coste con cibo poiché la FDA le tiene fuori in mare; lasciando che il cibo marcisca,
3) La Cina sta superando tutti per il cibo in tutto il mondo poiché i loro raccolti falliscono,
4) Questo congelamento creato dalla NASA non consente spedizioni di cibo attraverso le nazioni; USA, Europa, ecc.
Inoltre, la NSA rileva che le ferrovie sono inattive, quindi i camion devono recuperare il rallentamento, il che significa che i costi di spedizione sono passati da $ 1.000 per container a $ 10.000 per container da Seattle a Chicago. Notano gli stessi problemi in Giappone poiché i porti necessitano di aggiornamenti costanti a causa delle scosse. Per finire, dicono che “Biden sta spedendo nuovamente le riserve di cereali USA in Cina“.
https://news.yahoo.com/world-pay-more-meat-food-050000496.html
La cabala ha anche abbattuto le sottostazioni elettriche negli Stati Uniti per anni “quindi un’interruzione di corrente di 3 ore diventa un’interruzione di corrente di 3 settimane”, notano le fonti. Dicono che quello che è successo in Texas è stato “solo un assaggio”.
https://www.revolver.news/2021/02/texass-power-grid-disaster-is-only-the-beginning/
Oltre al sabotaggio economico, la Cabala sta ora organizzando più false missioni spaziali per incamerare denaro.
Ora diamo un’occhiata a una recente istantanea di alcune delle politiche stupide che la Cabala sta cercando di imporre al mondo. Per prima cosa, continuano a insistere all’infinito sull’Iran e sulla sua cosiddetta “bomba nucleare“. Ecco, ad esempio, un commento di Debka collegato al Mossad che dice “il muro bianco raggiunto dalla politica del presidente Joe Biden per coinvolgere nuovamente l’Iran nella diplomazia nucleare è che i suoi consiglieri non potevano mettersi insieme su una strategia per bloccare il suo progresso verso una bomba“. Queste sono le stesse fandonie ripetute all’infinito da oltre 30 anni.
https://www.debka.com/are-bidens-moves-for-nuclear-diplomacy-with-iran-stuck-in-the-sand/
Ovviamente, se dai un’occhiata ai leader iraniani che indossano le loro mascherine da pecora, puoi dire che anche l’Iran è solo una colonia della cabala che gioca il loro ruolo nel cercare di farci uccidere a vicenda nella terza guerra mondiale.
In Israele, nel frattempo, le pecore viene ora dato il marchio dei certificati di vaccinazione della bestia che consentono loro di fare shopping, ecc.
E poi abbiamo il cancelliere tedesco Angela Hitler che dice: “la pandemia non sarà finita finché tutte le persone nel mondo non saranno state vaccinate“.
https://www.reuters.com/article/us-germany-politics-g7-merkel-idUSKBN2AJ1WG
Naturalmente, tutte le nazioni che si oppongono a questo sono “nazioni canaglia“, contrarie a un “ordine mondiale basato su regole“, motivo per cui il Segretario generale della NATO, Jens Stoltenberg, ha detto: “Cina e Russia stanno cercando di riscrivere le regole del strada per beneficiare i propri interessi “.
https://www.reuters.com/article/us-germany-security-nato-idUSKBN2AJ24G
Quanto sopra è solo un piccolo esempio delle molte ragioni per cui una massiccia offensiva per rimuovere questi criminali sta continuando e accelerando.
Secondo MI6:
“Le cose cominceranno a cambiare solo quando si parlerà apertamente della Mafia Khazariana – si basano su abietti segreti e ritorsioni attraverso tattiche mafiose, incluso il terrorismo nucleare e il ricatto come il recente debacle presidenziale degli Stati Uniti. Credo che siano in corso sforzi per spazzare il pianeta dai loro dispositivi [di ricatto nucleare], ma il cambio di regime è una cosa più militare e l’invasione e l’occupazione sarebbero l’unica soluzione. Essenzialmente Israele dovrà essere messo in amministrazione internazionale proprio come la Berlino del giorno “.
In altre parole, l’MI6 conferma che la falsa amministrazione Biden è stata messa in atto in risposta al ricatto nucleare israeliano.
Il Pentagono è d’accordo con il piano per occupare Israele e lo sono anche i russi. “La Russia è l’ultima isola della libertà”, ha detto recentemente il portavoce della Duma di Stato, Vyacheslav Volodin, aggiungendo: “Vedi cosa sta succedendo negli Stati Uniti d’America? Il paese sta morendo, tutto è stato cancellato “.
Diversi obiettivi sono stati delineati per l’offensiva di primavera contro la cabala. Oltre a Israele, qualsiasi leader mondiale che spinga per i vaccini Covid-19 deve essere rimosso al più presto. Questi includono Boris Johnson del Regno Unito, Justin Castro del Canada, Angela Hitler della Germania, Joe CG Biden degli Stati Uniti ecc.
La rimozione di Justin Castro in Canada è una priorità assoluta perché consentirà alle truppe canadesi di unirsi ai loro compatrioti in stati come il Texas e la Florida per combattere contro le roccaforti della mafia Khazariana come la California e New York.
Inoltre, Google e Facebook sono stati creati con il denaro dei contribuenti e poi dati a privati. Ora stanno prendendo il potere dai governi eletti e devono essere nazionalizzati. “La libertà di parola non è qualcosa che dovrebbero decidere i moderatori anonimi che lavorano per società private“, ha detto recentemente il vice ministro della Giustizia polacco, Sebastian Kaleta. “Invece, quello è per l’ente nazionale; funzionari debitamente eletti “, ha aggiunto.
https://www.zerohedge.com/political/biden-admin-working-directly-big-tech-crush-vaccine-dissent
Inoltre, come parte di questa offensiva, aziende come Pornhub si stanno preparando a sporgere denuncia contro Visa e Mastercard. I milioni di abbonati di Pornhub in tutto il mondo non sono stati in grado di pagare i loro abbonamenti utilizzando carte di credito perché sono stati pubblicati alcuni video illegali di quindicenni. Questo è un crimine che dovrebbe essere affrontato dalla polizia, non dalle società di carte di credito, Pornhub ha già adottato misure correttive ma inutilmente. Ora, la pornografia è diventata un nuovo incentivo per le persone a migrare verso criptovalute non controllate dalla cabala.
Le società delle carte di credito hanno scelto la pornografia infantile – un argomento che provoca repulsione tra molti – per stabilire il principio in base al quale il giudice e la giuria decidono su come possiamo spendere i nostri soldi. Successivamente saranno gli acquisti di droga e poi le armi. Presto saranno i libri di storia a insegnare la storia vera ma proibita. È come una strada in pendenza molto scivolosa. Questo fa parte di un colpo di stato contro la democrazia da parte delle famiglie del lignaggio o stirpe che controllano il sistema finanziario occidentale. Non commettere errori questo è il marchio della bestia.
Le persone hanno bisogno di capire quanto sia grande la posta in gioco in questa battaglia. Questi criminali stanno impedendo il progresso umano e frenando la nostra evoluzione. Mia nonna è nata nell’era delle carrozze trainate da cavalli e ha vissuto per vedere computer, jet e missioni spaziali. Le persone nate negli anni ’70 hanno potuto vedere cose come Twitter e Netflix ma non molto di più. I viaggi spaziali con equipaggio, ad esempio, hanno subito una battuta d’arresto.
L’idiocrazia dominante, nel tentativo di mantenere il potere, ha soppresso invenzioni che vanno dall’antigravità, all’energia virtualmente libera, all’immortalità. Stanno bloccando un futuro con un potenziale illimitato per l’umanità.
Il tentativo della cabala di utilizzare la tecnologia CRISPR per abbassare le capacità delle persone e trasformarle in schiavi permanenti è un buon esempio. Al contrario, la Russia propone un nuovo accordo internazionale per discutere la tecnologia CRISPR. Stanno proponendo che CRISPR dovrebbe essere usato solo per migliorare, non per sminuire. In teoria CRISPR potrebbe essere usato per renderci tutti sovrumani e immortali se lo vogliamo. Se non riusciamo ad agire, invece, CRISPR verrà utilizzato per renderci subumani.
È una guerra per il futuro dell’umanità, insieme la VINCIAMO.
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FONTE: https_www.sadefenza.org/?url=https%3A%2F%2Fwww.sadefenza.org%2F2021%2F02%2Ffulford-pianificata-la-campagna-di-marzo-contro-lidiocrazia-globale%2F
ARTE MUSICA TEATRO CINEMA
ATTUALITÀ SOCIETÀ COSTUME
Sindemia, ovvero l’altra (triste) faccia della pandemia
L’insieme di problemi di salute, ambientali, sociali ed economici comporta una sindemia senza precedenti, la preoccupazione degli esperti
DIEGO FUSARO: Incredibile! Due lapsus di Mario Draghi chiariscono molte cose in modo preoccupante…
CONFLITTI GEOPOLITICI
L’inferno del Nord Kivu tra milizie etniche e jihadisti: chi c’è dietro l’attacco all’ambasciatore
La provincia del Nord Kivu è tra le aree più pericolose del Congo per la presenza di decine di milizie armate in lotta fra loro e contro le autorità per il controllo del territorio e delle risorse agricole e minerarie. Tra loro si è infiltrato anche lo Stato Islamico*.
Milizie etniche in lotta fra loro, o con le autorità locali e le forze delle Nazioni Unite, per il controllo del territorio e delle risorse, bande di guerriglieri e gruppi islamisti. Il Nord Kivu è una delle aree di crisi più importanti della Repubblica Democratica del Congo. Un inferno di gruppi armati che si affrontano per imporre la propria agenda politica o per mettere le mani sulle risorse agricole e il traffico di oro, pietre preziose e minerali richiesti dalle grandi multinazionali occidentali, come il coltan e le terre rare.
L’attacco al convoglio
È qui, nel parco nazionale dei Virunga, che viaggiava il convoglio del World Food Programme con a bordo l’ambasciatore italiano, Luca Attanasio, e il carabiniere di scorta, Vittorio Iacovacci, assalito da un gruppo di uomini armati. Le auto erano partite dalla capitale provinciale Goma ed erano dirette in una scuola di Rutshuru, per una visita di monitoraggio del programma di alimentazione scolastica dell’agenzia dell’Onu.
Per ora l’ipotesi più probabile è quella di un tentativo di rapimento finito male. Dietro, secondo quanto dichiarato da fonti di intelligence all’Ankronos, potrebbero esserci le Forze democratiche per la liberazione del Ruanda (Fdlr-Foca), gruppo di etnia Hutu che dal 2009 sarebbe responsabile di una decina di attentati.
A far propendere per questa tesi sarebbe la testimonianza di uno dei sopravvissuti all’assalto, portato a segno da circa sei uomini, il quale avrebbe riferito che gli aggressori comunicavano fra loro in kinyarwanda e in swahili con gli ostaggi.
Ma non si esclude nessuna pista. “Non è la prima volta che il personale delle Nazioni Unite viene preso di mira dai miliziani in Congo, ma la cosa inedita è che mai fino ad ora era stato attaccato un convoglio con a bordo un personaggio così importante”, spiega a Sputnik Italia Marco Di Liddo, senior analist del Centro Studi Internazionali (CeSI) e responsabile del desk Africa.
“Le cose sono due – continua l’esperto – o chi ha colpito non sapeva di chi si trattasse, quindi hanno provato a rapirlo ed è finita male, oppure, al contrario si è voluta alzare la posta in gioco andando a colpire un personaggio importante con fini propagandistici”.
L’area in mano a milizie etniche e islamisti
Sono diverse le milizie che operano nell’area, dove, come ricorda l’agenzia Nova, solo negli ultimi tre anni sono state sequestrate almeno 170 persone. Comprese quelle che vantano legami con lo Stato Islamico. “I gruppi armati che si contendono il controllo del territorio si basano sull’appartenenza etnica, soprattutto Hutu e Tutsi, in lotta fra loro”, chiarisce Di Liddo. “Le milizie locali – prosegue – cercano di contrastare le forze armate governative e la missione di stabilizzazione delle Nazioni Unite, per poter controllare il territorio e le sue risorse”.
Non solo. A gettare benzina sul fuoco ci sono anche gli Stati confinanti, come Ruanda, Burundi e Uganda, che finanziano e sostengono logisticamente queste milizie. “L’obiettivo è quello di destabilizzare sempre di più la Rdc – va avanti l’analista – perché se il Paese si stabilizzasse potrebbe fagocitare tutti i suoi vicini e rendere difficili i traffici illeciti, con i quali si arricchiscono anche le forze armate corrotte dei Paesi confinanti”.
Il Burundi sostiene le milizie Hutu, il Ruanda quelle Tutsi, mentre l’Uganda appoggia l’Allied Democratic Forces (Adf). “Una forza islamista dalla quale, nel 2015 è nato lo Stato Islamico in Africa Occidentale”. Secondo l’esperto non è escluso che dietro l’agguato possa esserci il gruppo jihadista.
Giallo sulle misure di sicurezza
Intanto è giallo sulle misure di sicurezza a protezione del convoglio. Secondo la polizia del Nord Kivu non era stata predisposta alcuna scorta perché le autorità non sapevano della presenza di Attanasi, ma il Wfp in un comunicato ha fatto sapere che la strada era stata bonificata proprio per consentire il transito senza scorta.
“Se il Wfp ha deciso che poteva viaggiare così vuol dire che ha attuato un protocollo di sicurezza, e ha stabilito che c’erano i criteri di sicurezza per far viaggiare l’ambasciatore in condizioni ottimali”, commenta l’esperto del CeSI. “Certo, bisogna capire se i protocolli sono aggiornati o adatti alla situazione che c’è nel Nord del Kivu”.
Sicuramente, secondo Di Liddo, non era l’Italia che si voleva colpire con l’agguato, ma la delegazione delle Nazioni Unite in quanto tale. “È vero, il nostro Paese ha degli interessi legati al settore minerario e agli idrocarburi, ma la nostra presenza in Congo ha come obiettivo la stabilizzazione attraverso la diplomazia multilaterale”, spiega l’analista.
“È la Cina, semmai – conclude – il player più importante dal punto di vista delle risorse, con interessi strutturali, diffusi e capillari nella Rdc”.
*Lo Stato Islamico è un’organizzazione terroristica vietata in Russia e molti altri paesi
FONTE: https://it.sputniknews.com/intervista/2021022210167574-linferno-del-nord-kivu-tra-milizie-etniche-e-jihadisti-chi-ce-dietro-lattacco-allambasciatore/
Mosca accusa la Ue di ingerenza in affari interni per minaccia di nuove sanzioni antirusse
Oggi il capo della politica estera della Ue Josep Borrell ha annunciato che i ministri degli Esteri dell’Unione Europea hanno accettato di espandere le sanzioni contro la Russia per la situazione con il blogger e oppositore russo Alexey Navalny.
Il ministero degli Esteri russo, reagendo alla dichiarazione di lunedì del capo della politica estera dell’Ue, ha affermato che la decisione di imporre nuove sanzioni contro la Russia per la vicenda Navalny è “deludente”.
“Consideriamo categoricamente inaccettabili le richieste costantemente illegali e assurde per la liberazione di un cittadino della Federazione Russa che è stato condannato per reati economici da un tribunale russo sul territorio del nostro Paese in conformità con la legge russa”, afferma il dicastero diplomatico di Mosca.
È stato anche notato che nella prassi internazionale tali richieste sono catalogate come “ingerenza negli affari interni di uno Stato sovrano”.
La dichiarazione del ministero degli Esteri russo fa seguito alla precedente affermazione del capo della politica estera e di sicurezza della Ue Josep Borrell, secondo cui tutti i Paesi europei hanno accettato di espandere le sanzioni contro Mosca per la situazione del blogger e oppositore russo Alexey Navalny.
“In risposta agli eventi relativi alla situazione di Navalny, abbiamo raggiunto un accordo politico per imporre misure restrittive contro i responsabili del suo arresto, condanna e persecuzione”, ha detto Borrell durante una conferenza stampa dopo l’incontro con i ministri degli Esteri della Ue.
All’inizio di febbraio il tribunale di Mosca ha revocato per molteplici violazioni della libertà vigilata la sospensione condizionale della pena di Navalny per il caso di frode di Yves Rocher del 2014 e l’ha sostituita con 3 anni e mezzo di reclusione. Tenendo conto del tempo trascorso agli arresti domiciliari, Navalny dovrà trascorrere circa 2 anni e mezzo in prigione.
A metà gennaio Navalny è tornato in Russia dopo aver ricevuto cure in Germania a seguito di un presunto avvelenamento in Siberia. Berlino sostiene che i medici tedeschi hanno trovato tracce nell’organismo di Navalny di un agente nervino del gruppo Novichok. Allo stesso tempo l’OPCW ha affermato che il blogger d’opposizione russo è stato avvelenato con una tossina simile al Novichok, tuttavia non è nella sua lista di sostanze vietate. I medici russi hanno detto che nessuna di queste sostanze è stata trovata a Navalny mentre era ricoverato in Russia.
FONTE: https://it.sputniknews.com/politica/2021022210168889-mosca-accusa-la-ue-di-ingerenza-in-affari-interni-per-minaccia-di-nuove-sanzioni-antirusse/
Biden e lo sfruttamento della manodopera cinese
L’amministrazione Joe Biden è animata da un’ideologia fanatica, presa a prestito da gruppuscoli di credenti di sinistra. È sostenuta da due potenti lobby: il complesso militare-industriale e le multinazionali che producono in Cina. Thierry Meyssan si occupa di quest’ultima lobby, cui non viene attribuita la dovuta rilevanza.
- La Cina si è sviluppata grazie alla propensione dei dirigenti statunitensi per il denaro facile.
L’amministrazione Biden adotterà la strategia definitiva nei confronti del rivale cinese non prima di giugno, quando la commissione ad hoc del Pentagono presenterà le proprie proposte alla Casa Bianca.
Sotto l’autorità di Xi Jinping, la Cina ha iniziato a travalicare i propri confini. Ha già collocato tremila soldati nelle Forze delle Nazioni Unite e ha aperto una base a Gibuti. A rigor di logica, per proteggere gli scambi internazionali dovrebbe – come avvenne con la storica via della seta – installare presidi militari lungo le vie che sta costruendo. E, cosa non meno importante, si sta reinsediando sugli isolotti del Mar della Cina, abbandonati nel XIX secolo.
La Cina vuole innanzitutto recuperare lo spazio vitale di cui è stata spogliata dai coloni occidentali. È certa di averne pieno diritto e ritiene di poter usare qualsiasi mezzo per prendersi la rivincita.
Ma, come vuole la strategia esposta nel 1999 dal generale Qiao Liang e dal colonnello Wang Xiangsui [1], intende evitare ogni scontro diretto con gli Stati Uniti. Preferisce non affrontare direttamente l’avversario e s’impegna in guerre, non dichiarate, sul piano commerciale, economico, finanziario, psicologico, mediatico e altro ancora.
L’irredentismo cinese presuppone l’estromissione degli Occidentali, che da oltre un secolo e mezzo occupano l’Estremo Oriente. Non va confuso con la strategia di sviluppo economico, che è riuscita in pochi anni a far uscire dalla povertà centinaia di milioni di cinesi.
La strategia economica della Nuova Cina è iniziata nel 1978, sotto la direzione di Deng Xiaoping, ma ha cominciato a dare frutti soltanto nel 1994. All’epoca l’Unione Sovietica era scomparsa; l’esercito USA era stato in gran parte smobilitato; il presidente Bush aveva dichiarato che era tempo di far soldi e il successore, Bill Clinton, era stato indotto da alcune grandi compagnie ad aprire il mercato del lavoro cinese. Un operario cinese, ancorché non qualificato, costava circa 20 volte meno di un operaio USA.
Il presidente Clinton inizia allora a sganciare i negoziati sui Diritti dell’uomo (in senso anglosassone) dalle questioni commerciali. Poi fa entrare la Cina nell’Organizzazione Mondiale del Commercio (World Trade Organization, WTO). In pochi anni le grandi società trasferiscono le loro fabbriche sulla costa cinese, a vantaggio dei consumatori e a scapito degli operai statunitensi.
Vent’anni dopo gli statunitensi consumano in massa prodotti cinesi e le grandi imprese, diventate multinazionali, aumentano i guadagni in misura esponenziale. Ma contemporaneamente le fabbriche di beni di consumo negli Stati Uniti sono state delocalizzate o hanno chiuso, sicché la disoccupazione ha dilagato. La ripartizione della ricchezza è stata modificata in modo che ormai la classe media è pressoché sparita; per contro, ci sono soprattutto molti poveri e alcuni ultramiliardari.
Quando il fenomeno comincia a estendersi all’Europa, ecco che gli elettori statunitensi scelgono Donald Trump come presidente. Trump tenta dapprima di risolvere bonariamente la questione della bilancia dei pagamenti con la Cina (Border-adjustment tax), ma i Democratici e parte dei Repubblicani glielo impediscono. Non riuscendo a far adottare una chiusura parziale delle frontiere, si butta in una guerra delle tariffe doganali, su cui il Congresso non ha voce in capitolo.
Nel 2021 il presidente Biden succede ufficialmente a Trump. È sostenuto dalle multinazionali che traggono la loro immensa fortuna dalla globalizzazione economica. Biden dichiara subito di voler normalizzare le relazioni fra Stati Uniti e Cina. Chiama il presidente Xi Jinping per la situazione degli uiguri e di Hong Kong, ma si affretta a riconoscere che Tibet e Taiwan sono cinesi, realtà in parte contestata dal predecessore. Ma, soprattutto, in una conferenza stampa dichiara che ogni Paese ha «proprie norme» e che le posizioni politiche di Cina e Stati Uniti seguono ciascuna la propria peculiare logica. Così, una volta insediato alla Casa Bianca, ha potuto affermare di «comprendere» la repressione cinese del terrorismo uiguro, benché solo poche settimane prima accusasse la Cina di «genocidio» del popolo uiguro, travestendolo da repressione del terrorismo.
Nei prossimi quattro anni l’amministrazione Biden dovrebbe perciò continuare l’opera dei presidenti Clinton, Bush figlio e Obama: a massimo profitto dei multimiliardari e a scapito del popolo statunitense. Si appoggerà a una classe dirigente che dal sistema trarrà beneficio personale.
Per capire il meccanismo, ricapitoliamo le peculiarità delle otto principali personalità che sostengono l’alleanza fra Stati Uniti e Cina. Innanzitutto sul piano politico: una delle principali icone dei Democratici e il capo dei Repubblicani in senato; poi sul piano economico: i due principali distributori di beni di consumo; infine sul piano governativo: chi decide nell’amministrazione Biden.
I sostegni di parte
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Dianne Feinstein Sindaco di San Francisco dal 1978 al 1988; senatrice dal 1992. Partito Democratico. Quand’era sindaco di San Francisco, nel 1978 strinse legami con Jiang Zemin, che prese parte alla repressione della rivoluzione colorata di Tienanmen (1989) e in seguito successe a Deng Xiaoping. Grazie a questo contatto, la senatrice divenne un intermediario obbligato per le multinazionali USA che volevano impiantare industrie in Cina e fece la fortuna del terzo marito, il finanziere Richard C. Blum (Blum Partners). In cambio del silenzio sugli 80 mila prigionieri segreti della Navy in acque internazionali, la signora Feinstein ottenne la divulgazione delle informazioni sui 119 prigionieri della CIA – compresi quelli di Guantanamo – e sulle torture loro inflitte. Un fatto che la rese celebre. |
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Mitch McConnell Senatore dal 1984; attuale presidente della minoranza repubblicana del senato. Partito Repubblicano. In cambio del sostegno del Partito Repubblicano alla politica del presidente, è riuscito a imporre la moglie, Elaine Chao, segretaria ai Trasporti dell’amministrazione Trump. Il suocero, l’uomo d’affari James S.C. Chao, è un generoso donatore della facoltà di economia di Harvard. Ha potuto così esigere che l’università formasse una generazione di dirigenti cinesi. |
I sostegni dei grandi distributori
Walmart: famiglia Walton Proprietà familiare dei Walton. Finanzia il Partito Democratico. Hillary Clinton è stata membro del consiglio di amministrazione. È il primo distributore di beni di consumo negli Stati Uniti. Nel 2020 i Walton sono ritenuti la famiglia più ricca al mondo. |
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Amazon: Jeff Bezos Jeff Bezos, presidente-direttore generale di Amazon, Blue Origin e Washington Post. Donatore del movimento transumanista. Primo distributore di beni di consumo a domicilio in Occidente. Nel 2020 è ritenuto l’uomo più ricco al mondo. |
I sostegni dell’amministrazione Biden
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Ron Klain Capo di gabinetto del vicepresidente Al Gore, poi del vicepresidente Joe Biden (1999-2011); capo di gabinetto della Casa Bianca (ossia coordinatore dell’amministrazione Biden) dal 2021. Partito Democratico. La moglie, Monica Medina, lavorava per la Walton Family Foundation, ossia per Walmart. |
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Antony Blinken Consigliere per la Sicurezza Nazionale del vicepresidente Biden (2009-2013); vice consigliere per la Sicurezza Nazionale del presidente Obama (2013-2015); cofondatore di WestExec Advisors (2017-2021); segretario di Stato dal 2021. Neoconservatore. La sua società di lobbying, WestExec Advisors, è formata da membri dell’amministrazione Obama. Ha il compito di mettere in relazione le multinazionali USA sia con il dipartimento USA della Difesa sia con il governo cinese. |
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Avril Haines Vicedirettrice della CIA (2013-2015); vice consigliera per la Sicurezza Nazionale (2015-2017); lobbysta della WestExec Advisors (2018-2021); direttrice dell’intelligence nazionale dal 2021. Partito Democratico. Quando è stata alla WestExec Advisors, ha difeso gli interessi delle grandi società USA a trasferire le loro fabbriche in Cina. La signora Haines è soprannominata “regina dei droni” per aver concepito il programma mondiale di uccisioni mirate per mezzo di droni. Fu lei a negoziare con la signora Feinstein affinché non venissero resi pubblici i sequestri e le torture della Navy. |
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Neera Tanden Direttore del Center for American Progress; dal 2021 direttore dell’Ufficio per la gestione e il budget. Neoconservatrice. Amica personale di Hillary Clinton. Pur essendo direttrice del think-tank dei Democratici, Tanden era membro della China-United States Exchange Foundation (CUSEF), oggi sciolta. Era un’organizzazione incaricata dal governo cinese di neutralizzare le critiche negli Stati Uniti contro la politica delle multinazionali di delocalizzazione in Cina. |
Ricordiamo che durante la campagna elettorale è stato fatto di tutto per impedire che gli elettori venissero a conoscenza dell’inchiesta del New York Post sul figlio del presidente Biden, Hunter, che, tra l’altro, si è appropriato in Ucraina di un miliardo di dollari, con la complicità della CEFC China Energy, società in seguito sciolta.
La posizione cinese
L’elezione del presidente Biden è un colpo di fortuna per la Cina, che ancora non è completamente uscita dal sottosviluppo. Spera di sfruttare il gusto per i soldi facili degli ultramiliardari statunitensi al fine d’indurli a costruire, a loro spese, nuove fabbriche nel Paese.
La Cina sa che non può perdere l’occasione. Infatti, man mano che lo sviluppo progredisce, gli operai cinesi diventano maggiormente qualificati e diventano un costo sempre maggiore. Già adesso, quelli che vivono sulla costa del Mar della Cina hanno salari paragonabili a quelli degli operai statunitensi. Quindi non sono più appetibili per il mercato straniero e si rivolgono al mercato interno, ora solvibile.
Ovvio che la Cina abbia cominciato a proteggere la parte sviluppata del Paese da possibili delocalizzazioni. Costringe tutte le società occidentali a operare attraverso joint-venture, possedute per metà da cittadini cinesi. Impone inoltre la presenza di un rappresentante del Partito all’interno del consiglio di amministrazione di queste imprese, in modo d’assicurarsi che non possano adottare una strategia anti-nazionale.
A termine, la Cina s’appresta a dare il benservito agl’investitori stranieri e a inondare i loro stessi mercati. Questa volta però nel proprio primario interesse.
FONTE: https://www.voltairenet.org/article212288.html
La lotta geopolitica è stata globalizzata: unipolarismo-multipolarismo
Dalla caduta del muro di Berlino e dall’egemonismo degli USA, autoproclamatisi vincitori della Guerra Fredda, il mondo ha vissuto una situazione di tensione e conflitto in cui sono emersi nuovi attori che mettevano in discussione quella posizione. Dagli anni del duo neoliberista globale Reagan-Thatcher, gli scenari di conflitto, guerre commerciali, culturali, economiche e finanziarie si sono svolti in ambienti del terzo mondo, lontani dalla metropoli. Baghdad era lontana da Washington; Kiev, periferica all’Unione Europea; Filippine, tra Cina e 7a flotta statunitense. Damasco intrappolata tra Turchia e operazioni di CIA, Mossad e M16 britannico che armavano lo SIIL, insieme a Libia e Yemen, devastate per il petrolio e il controllo dello Stretto di Hormuz, e l’aggressione permanente all’Iran. L’America Latina navigava nel mondo multipolare, dal cambiamento geopolitico della regione, da Unasur e Celac che, attraverso i BRICS, aprirono le porte commerciali all’Est, fatto intollerabile per gli USA assetanti nel preservare il proprio “cortile di casa”, senza l’ingresso di nuovi attori, soprattutto Russia e Cina. Poi inizi la controffensiva col boicottaggio, golpe, licenziamento e blocco dei Paesi della nostra regione che osarono oltrepassare quei presunti limiti imposti dal colonialismo dell’Impero.
Ci sono stati oltre 2 milioni di morti nel mondo nel 2020 a causa della pandemia. Racconti macabri furono pubblicati quotidianamente sulle prime pagine di tutti i media. Queste vittime non raggiungono ancora i 2,5 milioni di morti degli ultimi 15 anni di guerre e distruzioni di città e monumenti storici. Molti create da aggressioni coloniali ai Paesi del terzo mondo, sempre in nome delle “libertà e democrazia”. Aggiungiamo 4,5 milioni di sfollati, indicati solo come poveri in fuga dalla miseria sul Mediterraneo, a causa dell’atteggiamento complice dei media egemonici che non spiegano mai le vere cause. Tale crisi di civiltà, messa a nudo dalla pandemia, cambia gli assi geopolitici mondiali riallineando le forze, dalle quali il mondo orientale emerge saldamente fuori dall’egemonia occidentale. E lo fa sia dal punto di vista economico e tecnologico, sia da quello militare. Si è concluso la visione occidentale della vita, del mondo e delle cose. La visione hegeliana della storia è crollata. La memoria vivente di 7000 anni di esperienza, sepolta dall’arroganza culturale del mondo occidentale nel stabilire una storia documentata di 2400 anni di imposizioni religiose e monarchiche, seguite da capitalismo e neoliberismo, viene ricostruita.
Potremmo chiederci se il mondo sarà migliore o peggiore dopo questa pandemia combinata con riscaldamento globale ed anticipazione di ulteriori pandemie, se noi esseri umani non possiamo recuperare l’Umanità come esperienza planetaria al servizio antropomorfico biocentrico e innamorarci di nuovo della cure della natura. La catastrofe ecologica si avvicina a passi da gigante e si presenta con segnali: in medicina la chiameremmo sintomi della rabbia di Madre Terra.
La Matria, sviluppata in pace dal pensiero meticcio, bruno, creolo profondo della nostra Patria Grande, ha sempre contribuito al rispetto della natura nonostante le aggressioni coloniali del Nord egemonico che invase 33 volte i Paesi della regione contro popoli e governi bloccati e sottomessi nei secoli XIX, XX e XXI, secondo la concezione imperiale anglosassone. L’immagine di un futuro modello di solidarietà sociale attiva tra i popoli dell’America Latina è oggi dimostrata da un Venezuela bloccato, che manda ossigeno a Manaus nel Brasile devastato; la produzione di vaccini in Argentina per 150 milioni di latinoamericani insieme al Messico; Gas boliviano nel nostro Paese; il recupero del Mercosur e presto di Unasur. È necessario aprirsi al mondo dalla nostra identità, senza capitolare, in nome di schemi macroeconomici e molto meno do colonizzazioni culturali, che tentano di cancellare la memoria dei popoli, come fa il neoliberismo dominante. Da ogni crisi nasce un’opportunità, e la pandemia ha permesso che ciò accadesse, rivelando la vera natura di un sistema invivibile, brutale e disumano naturalizzato e che erode le fondamenta dell’umanità così come l’abbiamo conosciuta. Se continuiamo a comportarci allo stesso modo, otterremo gli stessi risultati: Madre Terra ci avverte.
Uomini di Biden responsabili delle distruzioni in Asia Occidentale e Nord Africa
WASHINGTON – Diversi membri dell’attuale amministrazione Biden sono responsabili della distruzione, compreso l’attuale Segretario di Stato Antony Blinken.
Dieci anni fa questo mese, l’ Asia Occidentale (Medio Oriente) e il Nord Africa sono stati sconvolti da rivolte, intrighi e trame. La cosiddetta Primavera araba è generalmente considerata come una singola ondata di movimenti pro-democrazia che hanno investito la vasta regione.
Lungi da essere questo, tuttavia, gli eventi erano un miscuglio di avvenimenti in cui le potenze occidentali non erano dalla parte giusta della storia, come volevano rappresentare i media occidentali. In effetti, questi poteri hanno svolto un ruolo nefasto per garantire che la primavera araba fosse messa in ginocchio per paralizzare qualsiasi potenziale sforzo di progresso.
Gruppi terroristi sostenuti dall’Occidente, dalla NATO e dalla Turchia
Uno sguardo agli eventi contemporanei in Bahrein, Libia e Siria mostra il ruolo funesto che gli Stati Uniti, la Gran Bretagna e altre potenze europee della NATO hanno effettivamente svolto. La primavera araba ha certamente coinvolto molte più nazioni, ma gli eventi specifici in quei tre paesi arabi menzionati evidenziano l’agenda perniciosa delle potenze occidentali che ha lasciato un’eredità continua di miseria, fallimento, conflitto e terrorismo per l’intera regione del Medio Oriente e del Nord Africa .
Come riportato in un precedente commento, i governi americano e britannico hanno svolto un ruolo determinante nel sopprimere una rivoluzione popolare in Bahrain, iniziata il 14 febbraio 2011, contro una monarchia dispotica ma filo-occidentale – il regime di Khalifa – che è anche un surrogato per il regime più ricco e potente della Casa dei Saud nella vicina Arabia Saudita. I sauditi hanno ricevuto il via libera dagli americani e dagli inglesi per invadere l’isola del Golfo Persico il 14 marzo 2011, per reprimere brutalmente una rivolta di un mese da parte della maggioranza dei bahreiniti che chiedevano elezioni libere ed eque, diritti umani e indipendenza. norma di legge.
L’ironia è che Washington e Londra affermavano di sostenere questi stessi valori democratici in altri paesi arabi che stavano subendo disordini.
Il 15 marzo 2011, i governi ei media occidentali hanno salutato quello che hanno definito l’inizio di una rivolta “pro-democrazia” in Siria contro il governo del presidente Bashar al Assad. Poi, il 19 marzo, gli Stati Uniti, la Gran Bretagna e altre potenze della NATO hanno iniziato un intervento militare in Libia che si dice fosse nel nome della “protezione dei diritti umani” contro le forze armate sotto il controllo del capo di quello stato Muammar Gheddafi.
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L’intero articolo su https://www.controinformazione.info/
FONTE: https://parstoday.com/it/news/world-i240624-uomini_di_biden_responsabili_delle_distruzioni_in_asia_occidentale_e_nord_africa
CULTURA
Orwell, la lingua e la politica
Garzanti pubblica La neolingua della politica, un piccolo libro che raccoglie due testi di George Orwell, brevi ma densi: il saggio La politica e la lingua inglese e I principi della neolingua, l’appendice di 1984. Queste sono le prime pagine della mia prefazione.
Chi è cresciuto nell’Italia degli anni Settanta si è trovato esposto – attraverso manifesti, volantini, opuscoli, articoli di giornale, saggi accademici, discorsi di politici, sindacalisti, leader studenteschi – all’italiano di portare avanti il discorso e nella misura in cui, alla lingua di legno messa in ridicolo dal geniale Tubolario della Tecnogiocattoli Sebino: un cilindro composto da sette anelli rotanti su ognuno dei quali erano stampati dieci frammenti sintattici, liberamente componibili per formare frasi perfettamente grammaticali e completamente vuote di significato. Ecco due esempi (dei dieci milioni possibili):
Il nuovo soggetto sociale | auspica | la verifica critica degli obiettivi istituzionali | in una visione organica e ricondotta a unità | attivando e implementando | a monte e a valle della situazione contingente | la confluenza verso obiettivi comuni.
Il modello di sviluppo | estrinseca | un corretto rapporto fra struttura e sovrastruttura | al di là delle contraddizioni e difficoltà iniziali | non sottacendo ma anzi puntualizzando | con le dovute e imprescindibili sottolineature | un indispensabile salto di qualità.
Agli occhi di George Orwell, l’inglese del 1946 era avviato su un’analoga «cattiva strada». Il suo saggio La politica e la lingua inglese manifesta una preoccupazione (la lingua «diventa brutta e imprecisa perché i nostri pensieri sono stupidi, ma a sua volta la sciatteria della lingua ci rende più facili i pensieri stupidi») e insieme esprime la convinzione che il processo sia «reversibile». Del resto, l’analisi dei gerghi della politica (ma anche della critica letteraria e artistica, della psicologia, del giornalismo e della scrittura accademica in senso lato) non riguarda solo l’inglese. Quando Orwell condanna (se volessimo usare proprio la lingua che non gli piace potremmo dire «stigmatizza») la tendenza della prosa moderna ad «allontanarsi dalla concretezza», l’eliminazione di semplici verbi sostituiti da locuzioni con sostantivi astratti, l’abuso di verbi in -ize (-izzare), di doppie negazioni, di cliché, il continuo ricorso a formule vuote come A mio avviso non è un assunto ingiustificabile che al posto di Penso che, è naturale immaginare che stia parlando anche di noi, di quell’«antilingua» a cui nel 1965 Italo Calvino aveva dedicato un articolo sul «Giorno»:
Avvocati e funzionari, gabinetti ministeriali e consigli d’amministrazione, redazioni di giornali e di telegiornali scrivono parlano pensano nell’antilingua. Caratteristica principale dell’antilingua è quello che definirei il «terrore semantico», cioè la fuga di fronte a ogni vocabolo che abbia di per se stesso un significato […]. Chi parla l’antilingua ha sempre paura di mostrare familiarità e interesse per le cose di cui parla […]. La motivazione psicologica dell’antilingua è la mancanza d’un vero rapporto con la vita, ossia in fondo l’odio per se stessi.
L’articolo di Calvino – giustamente celebre e purtroppo sempre attuale – comincia con il verbale di una deposizione: un tizio racconta di aver trovato alcuni fiaschi di vino in cantina dietro la cesta del carbone, e il brigadiere gli fa dire di «essere casualmente incorso nel rinvenimento di un quantitativo di prodotti vinicoli, situati in posizione retrostante al recipiente adibito al contenimento del combustibile». È un’esagerazione parodica (proprio come, nel saggio di Orwell, la «traduzione» di un versetto dell’Ecclesiaste), ma nel 2020, in Italia, molti hanno dovuto firmare un’autocertificazione in cui dichiaravano «di essere a conoscenza delle misure di contenimento del contagio» e anche «delle sanzioni previste in caso di inottemperanza delle predette misure di contenimento», mentre chi ha la sventura di perdere la patente o un altro documento scopre sul modulo di essere stato «vittima di smarrimento in data sconosciuta in luogo sconosciuto. La refurtiva del fatto è costituita da patente di guida numero…». La burocrazia italiana obbedisce tuttora alle leggi della lingua moderna di Orwell e dell’antilingua di Calvino: niente verbi d’azione e nomi concreti (ho perso la patente) ma sostantivi astratti (vittima di smarrimento), spesso astrusi e con negazione incorporata (inottemperanza), usati oltre tutto in maniera impropria (la refurtiva del fatto nel modulo).
Se La politica e la lingua inglese è l’esame critico di una lingua vera parlata e scritta (l’inglese intorno al 1946 e, come abbiamo visto, una qualunque lingua moderna), il secondo testo presentato in questo volumetto è un abbozzo di grammatica di una lingua inventata. È infatti l’appendice del più celebre romanzo di Orwell, 1984 (uscito nel 1949): una finzione, seppur non narrativa, che delinea i principi della «neolingua» destinata a prendere il posto dell’inglese nello stato totalitario retto dal Grande Fratello.
Nel 1984 in cui è ambientato il romanzo, la neolingua è padroneggiata solo da una ristretta cerchia di specialisti (per esempio gli editorialisti del «Times»); secondo le previsioni, avrebbe definitivamente sostituito la lingua standard intorno al 2050. La neolingua ha due scopi precisi e collegati: fornire ai seguaci del Socing (il Socialismo inglese, l’ideologia ufficiale del Partito) «un mezzo espressivo adatto ai loro abiti mentali e alla loro visione del mondo» e «rendere qualsiasi altra forma di pensiero impossibile». Grazie alla neolingua e alla completa scomparsa della lingua tradizionale, «un pensiero eretico (ossia, un pensiero divergente dai principi del Socing) sarebbe diventato letteralmente impensabile, almeno nella misura in cui il pensiero dipende dalla parola».
Per questo, come spiega uno specialista in 1984, «la neolingua è l’unica lingua al mondo il cui vocabolario si riduce di anno in anno»: i neologismi più efficaci sono quelli che consentono di eliminare il maggior numero di vecchie parole, mentre quelle che resistono vengono spogliate di tutte le «accezioni devianti» e potenzialmente pericolose. Allo stesso modo si semplifica radicalmente la grammatica: vengono abolite le variazioni formali tra un nome e un verbo che derivano dalla stessa radice, anzi esistono solo nomi-verbi, tutti regolari (regolarizzati) nella coniugazione e nel plurale, e gli aggettivi e gli avverbi si formano aggiungendo un suffisso standard al nome-verbo.
Naturalmente la neolingua non esiste (possiamo dire che non esiste ancora ma anche, come vedremo, che non esiste più). Se 1984 è la rappresentazione di un incubo, l’appendice è l’utopia negativa di una lingua, la parodia di una lingua: concentrazionaria, soffocante, terroristica.
©2021, Garzanti s.r.l., Milano
Questo testo proviene da George Orwell, La neolingua della politica, a cura di Massimo Birattari, Garzanti 2021 (in libreria dal 14 gennaio).
CYBERWAR SPIONAGGIO INFORMAZIONE DISINFORMAZIONE
REGENI: UN AGENTE SEGRETO MANDATO DA LONDRA?
18 feb 2021 – Fulvio Grimaldi
VIDEO QUI: https://youtu.be/rHg47241Q-I
18/2/2021 Il giornalista e corrispondente storico di guerra Fulvio Grimaldi commenta la vicenda legata all’omicidio di Giulio Regeni. Finora la narrazione dominante ha sempre descritto Regeni come uno studente vittima della violenza di un regime repressivo, quello guidato dal Presidente egiziano Al Sisi. Secondo Grimaldi tutto questo sarebbe fuorviante rispetto ad una storia che avrebbe invece diverse zone d’ombra irrisolte. Come il ruolo mai chiarito dell’Università di Cambridge che aveva affidato a Regeni una tesi di dottorato decisamente controversa: uno studio sui sindacati dissidenti del Presidente Al Sisi. Dietro Regeni potrebbero quindi esserci interessi politici per arrivare ad un cambio di regime in Egitto, ma anche interessi economici di chi invidiava la posizione privilegiata dell’Italia nel Mediterraneo.
FONTE: https://www.youtube.com/watch?v=rHg47241Q-I
Coronavirus, l’inchiesta del Guardian sull’Italia “Ha mentito all’Oms”, nel mirino Speranza. Il report alla procura di Bergamo
Un’inchiesta del Guardian ha gettato ulteriori ombre su Roberto Speranza, già ampiamente criticato da una parte della politica e dell’opinione pubblica per essere stato riconfermato al ministero della Salute anche nel governo di Mario Draghi.
Dal report pubblicato dalla testa britannica emerge che l’Italia potrebbe aver mentito all’Organizzazione mondiale della sanità sulla sua preparazione ad affrontare una pandemia.
Il tutto sarebbe avvenuto a poco più di due settimane all’esplosione dell’emergenza sul suolo nazionale, dato che l’ultimo rapporto di autovalutazione compilato dall’Italia risaliva al 4 febbraio 2020.
Nella sezione C8, che chiede di valutare la preparazione complessiva a rispondere a una pandemia, veniva segnalato il livello 5. Quest’ultimo è il più alto e significa che il “meccanismo di coordinamento della risposta alle emergenze del settore sanitario e il sistema di gestione degli incidenti collegato a un centro operativo nazionale di emergenza sono stati testati e aggiornati regolarmente”. Invece niente di tutto ciò era valido per l’Italia, che non aggiornava il suo piano pandemico dal 2006, contravvenendo alle linee guida dell’Oms secondo cui andava fatto sia nel 2013 che nel 2018.
Di conseguenza l’Italia avrebbe mentito nell’autovalutazione di febbraio 2020, e ciò potrebbe aver causato almeno 10mila morti in più durante la prima ondata: non a caso questo è un elemento chiave nell’inchiesta della Procura di Bergamo sui presunti errori da parte delle autorità. Il documento di autovalutazione è stato consegnato come “ulteriore prova”: l’avvocato che rappresenta le famiglie delle vittime di Covid ha annunciato che scriverà a Mario Draghi per chiedere una legge sull’indennizzo per i parenti.
FONTE: https://www.liberoquotidiano.it/news/italia/26305756/coronavirus-inchiesta-guardian-italia-mentito-oms-roberto-speranza-procura-bergamo.html
“VIVIAMO DENTRO UNA DITTATURA: COME FATE A NON VEDERLO?”
Il presidente di Vox Italia, Francesco Toscano, insieme a Diego Fusaro e Mauro Scardovelli, ha lanciato l’iniziativa di un convegno costituente per costruire, in continuità con l’esperienza di Vox Italia, “una casa politica più grande e più accogliente, che sappia interpretare l’attuale momento storico e offrire una risposta ai milioni di cittadini italiani che ormai non sono più rappresentati dai partiti presenti attualmente in Parlamento”.
L’appuntamento è per sabato 27 febbraio a Roma, presso l’hotel Mercure di Viale Eroi di Cefalonia. “È solo un primo passo per dare avvio presto a un congresso politico”, precisa Toscano ai microfoni di #Byoblu24.
Il presidente di Vox Italia racconta quali sono gli obiettivi e le prospettive di questo partito, in cui il giurista e psicoterapeuta Mauro Scardovelli avrà un ruolo fondamentale nella formazione della classe politica dirigenziale.
“Come diceva Gramsci, dobbiamo costruire una egemonia culturale”, che sappia contrastare “il modello di potere neoliberista, che mostra ormai apertamente il suo volto dittatoriale”. “Per resistere agli attacchi che arriveranno da questo potere ci dobbiamo preparare non solo politicamente ma anche spiritualmente”.
FONTE: https://www.byoblu.com/2021/02/22/il-partito-che-vuole-uscire-dalla-gabbia-neoliberista-francesco-toscano/
ECONOMIA
FONTE: https://www.facebook.com/lisa.stanton111/posts/4007368232614756/
LA LINGUA SALVATA
Tu, lei, voi nella storia dell’italiano
Come ci si è rivolti agli interlocutori nei secoli della letteratura e della lingua italiana? Una carrellata di esempi per farsi un’idea generale sul tu, il voi, il lei e anche il loro.
Nel latino classico (come in greco) non c’erano forme di rispetto: tutti si davano del tu. Un’eco di quest’uso permane nella Commedia di Dante, che si rivolge con il tu a quasi tutti i personaggi che incontra, tranne i pochissimi ai quali, in segno di rispetto, tributa il voi: tra gli altri, Farinata degli Uberti, Brunetto Latini («Siete voi qui, ser Brunetto?»), Guido Guinizzelli. Nel Paradiso, quando incontra l’avo Cacciaguida, Dante passa al voi, e dice (Par., XVI, 10-12);
Dal `voi’ che prima a Roma s’offerie,
in che la sua famiglia men persevra,
ricominciaron le parole mie;
Dante credeva che il primo a ricevere il voi di rispetto fosse stato Cesare (in realtà, il voi onorifico comparve nel mondo romano solo nel III secolo d.C.); in più ci dice che ai suoi tempi i romani non usavano il voi, ma sempre il tu (lo stesso accade anche oggi in molti dialetti dell’Italia centrale).
Fino al Quattrocento, in italiano viene molto usato il semplice tu, e l’eventuale forma di rispetto è il voi. Nel Cinquecento, anche per l’influsso spagnolo (dato che erano gli spagnoli a dominare in Italia), prende piede la terza persona, che in origine è l’accordo richiesto da un titolo onorifico come Vostra Signoria, Vostra Altezza o (esagerando) Vostra Magnificenza. In questi esempi tratti da lettere di Niccolò Machiavelli a Francesco Guicciardini (1526), notiamo un’incertezza: se si comincia con Vostra Signoria, si deve proseguire con il lei o con il voi?
Signor Presidente. I’ credetti avere a incominciare questa mia lettera, in risposta all’ultima di Vostra Signoria, in allegrezza, et io la ho a cominciare in dolore, avendo voi avuto un nipote tanto da ciascuno desiderato, et essendosi poco appresso morta la madre.
Magnifico et onorando messer Francesco. Io ho tanto penato a scrivervi, che la S. V. è prevenuta [cioè: «mi ha prevenuto»].
In seguito l’uso diventa uniforme: a una Vostra Signoria ci si rivolge con il lei. Nel Dialogo sopra i due massimi sistemi, Galileo usa il lei nella dedica al granduca Ferdinando II de’ Medici, chiamato «Vostra Altezza»:
Con che pregandole prosperità, per crescer sempre in questa sua pia e magnanima usanza, le fo umilissima reverenza.
I personaggi del dialogo si danno invece del voi:
SIMPLICIO. Di grazia, signor Salviati, parlate con più rispetto d’Aristotile.
Fino all’Ottocento, dunque, esistono tre livelli: il lei (che è spesso Ella quando è soggetto) è il segno del massimo rispetto, tributato ad alte autorità o a interlocutori illustri, a cui magari ci si rivolge per la prima volta (ma talvolta spetta anche ai genitori); il voi, meno formale, indice di rispetto «fra pari» (o rivolto ai genitori, come si è continuato a fare in molte regioni italiane fino a un paio di generazioni fa); e il tu per amici, parenti e «inferiori». Nei Promessi sposi, per esempio, Perpetua dà del lei a don Abbondio, che le risponde con il voi; Lucia dà del voi alla madre Agnese; fra Cristoforo dà del tu a Renzo e del voi a Lucia; don Rodrigo dà del lei a fra Cristoforo (e notate la concordanza al femminile):
«Eh via! sappiamo che lei non è venuta al mondo col cappuccio in capo, e che il mondo l’ha conosciuto.»
Anche fra Cristoforo si rivolge con il lei a don Rodrigo, ma nel tempestoso dialogo del VI capitolo passa al voi, ricevendo in cambio un «Come parli, frate?…»
Se leggiamo le lettere di Leopardi notiamo la differenza d’uso fra lei e voi. Quando, nel 1817 (ha diciannove anni), Leopardi invia una sua traduzione al celebre poeta Vincenzo Monti, usa ella (minuscolo; ma il rispetto è altissimo):
Riceverà per mia parte dal sig. Stella, miserabilissimo dono, la mia traduzione del secondo libro della Eneide, anzi non dono, ma argomento di riso al traduttore della Iliade primo in Europa, e al grande emulo del grande Annibal Caro. Ed ella rida, ché il suo riso sarà di compassione, e la sua compassione più grata ed onorevole a me che l’invidia di mille altri.
Nella risposta di Monti c’è un analogo rispetto, ma il pronome usato è voi, dato che l’interlocutore è un giovane (seppur di genio):
Dico adunque, e il dico sinceramente, che la vostra versione del secondo dell’Eneide mi è piaciuta e mi piace sopra ogni credere. […] Siate contento, anzi superbo dei primi passi che avete fatto [in questa carriera]. E state sano. Vostro Obbligatissimo Servitore ed Amico,
VINCENZO MONTI
In generale, Leopardi può passare dal lei al voi quando con un corrispondente si stabilisce un legame di stima e consuetudine reciproche. Ma a un particolare corrispondente si rivolge sempre in terza persona, come in questa lettera del 1835, in cui notiamo che l’uso dell’affettuoso papà non implica una rinuncia al formalissimo (e costante) Ella:
Mio caro Papà. Spero ch’Ella sarà contenta dell’acclusa, ch’Ella suggellerà.
Nell’epistolario di Manzoni si nota, almeno nei primi decenni dell’Ottocento, lo stesso trapasso dal lei al voi quando i rapporti si stringono. Ma col passare degli anni (Manzoni muore nel 1873) ci accorgiamo che l’unica forma di rispetto impiegata è il lei, anche quando con l’interlocutore c’è una divertita confidenza. Leggete questo messaggio del 1868 a Emilio Broglio, a cui invia una lettera destinata al lessicografo Pietro Fanfani:
Veneratissimo Amico, con quella libertadascia a cui m’ha avvezzo, Le accludo questa lettera per il Sig.r Fanfani, non conoscendo il suo recapito, e sapendo che la fama di scrittore non basta sempre a guidare un portalettere. Mi scusi, mi voglia bene e mi creda
Tutto Suo
ALESSANDRO MANZONI
Come si vede, quest’uso è già quello moderno. La terza persona soppianta il voi. Nella battuta seguente, da Così è (se vi pare) di Pirandello, rappresentata nel 1917, viene usata in un dialogo fra vicini di casa: al plurale (come oggi non si fa più):
SIGNORA FROLA – Oh, ma per carità, non pensino male di lui! È un così bravo giovine! Buono, buono… Lor signori non possono immaginare quanto sia buono! Che affetto tenero e delicato, pieno di premure, abbia per me! E non dico l’amore e le cure che ha per la mia figliuola. Ah, credano, che non avrei potuto desiderare per lei un marito migliore!
Il voi resta idiomatico soprattutto a Napoli. E nel racconto Il «guappo», tratto dalla raccolta L’oro di Napoli (1947), Giuseppe Marotta può (anzi deve) scrivere in un dialogo:
«Dovevate dirmelo che foste derubato sul marciapiede sinistro di Via Soria e non sul destro!»
Questo brano proviene da Italiano. Corso di sopravvivenza, TEA 2015, pp. 131-134
FONTE: http://www.grammaland.it/tu-nella-storia-dellitaliano/
LAVORO PENSIONI DIRITTI SOCIALI
Povertà lavorativa e disuguaglianze nella UE
di Letizia Lanzi (CSEPI)
Il 10 febbraio il Parlamento Europeo ha adottato la Risoluzione 44/2021 riguardante le disuguaglianze con particolare attenzione alla povertà lavorativa.
Innanzitutto concediamoci una piccola digressione terminologica: “Risoluzione” potrebbe far intendere che il Parlamento Europeo abbia trovato una soluzione ad una questione posta, ma nel linguaggio burocratese dell’UE, questo termine altisonante altro non sta a rappresentare che una serie di inviti, osservazioni, sollecitazioni rivolti agli Stati Membri e alla Commissione Europa su un tema che problematico era e problematico resta.
La propaganda pro europeista ci ha abituati ad un’idea di Europa dei Popoli coesi, fraterni, dove vige la solidarietà tra gli Stati Membri e dove la libera circolazione di persone e beni è la panacea di tutti i mali conosciuti prima dell’unione.
Ora si potrebbe supporre che quanto seguirà possa essere una critica pregiudizievole, dettata da un’estrazione culturale anti-unionista ma, ironia della sorte, quanto si leggerà nel prosieguo è solo una sintetica ripresa del documento stesso del Parlamento Europeo che dipinge, in tutta la sua drammaticità, un quadro disastroso circa le disuguaglianze all’interno dell’UE e il loro accrescimento negli anni, invece della proclamata diminuzione. Il culmine della tragicità poi è dato dall’accento posto sulla povertà lavorativa, ossimoro straziante che defrauda il lavoro dal suo scopo fondamentale, ovvero garantire ai lavoratori, e alle rispettive famiglie, una vita dignitosa, consentendo loro di diventare economicamente indipendenti.
Come si suol dire “la strada per l’inferno è lastricata di buone intenzioni” ed è così che appaiono l’obiettivo di coesione stabilito dall’art. 3 del TUE, i principi 5 e 6 del Pilastro Europeo dei Diritti Sociali, la strategia Europa2020 e non per ultime le numerose Risoluzioni del Parlamento Europeo[1] che, dal 2008 ad oggi, hanno trattato dell’inclusione sociale, della tutela dei lavoratori, del ruolo del reddito minino nella lotta alla povertà, delle condizioni di lavoro in Europa, della prospettiva di genere, tutti concetti ripresi nelle premesse della Risoluzione 44/2021.
E sì, solo che di “buone intenzioni” si può trattare, considerando l’inferno descritto nella stessa Risoluzione. Ma non staremo esagerando? Andiamo dunque al dettaglio del testo emanato dal Parlamento e lasciamo al lettore il giudizio.
1. Aumento delle disuguaglianze e della povertà
L’UE promuove, come uno dei suoi punti di forza, il modello sociale, eppure i dati più recenti di Eurostat, che comunque risalgono al 2018, indicano che quasi il 10% dei lavoratori europei è a rischio povertà[2], dato destinato sicuramente a peggiorare nelle prossime rilevazioni, considerando gli effetti della pandemia, che tra l’altro provocherà l’aumento del divario di reddito tra coloro che guadagnano di più e coloro che guadagnano di meno. Nell’Unione Europea un lavoratore su sei percepisce un salario basso ovvero inferiore a due terzi della mediana nazionale, il che è fattore di accelerazione del fenomeno di esclusione ed ha un impatto particolare non solo sui lavoratori scarsamente qualificati, ma anche sulle persone diplomate che entrano nel mondo del lavoro. In molti Stati Membri i salari bassi sono stati adeguati ancora meno delle altre retribuzioni e ciò ha provocato un aumento delle disuguaglianze ed ha aggravato la povertà lavorativa, rendendo i lavorati a basso reddito incapaci di far fronte alle esigenze economiche proprie e della propria famiglia. Altro aspetto rilevante in tema di differenze e povertà è il divario retributivo di genere, mediamente le donne guadagnano negli Stati Membri il 15% in meno degli uomini[3], differenza che accumulata negli anni ha portato una variazione in ribasso dei redditi da pensione del 37% per le lavoratrici dell’Unione e un rischio povertà ed esclusione sociale del 23%, oltre 2 punti percentuali superiore a quello degli uomini.
Sempre nell’UE i giovani hanno difficoltà ad essere occupati in modo stabile e con contratti a tempo indeterminato, vivono situazioni di disoccupazione a lungo termine e alcuni Stati Membri consentono ai datori di lavoro di corrispondere retribuzioni più basse; spesso, inoltre, vengono impiegati in tirocini non retribuiti e senza prospettive di lavoro.
I dati Eurostat mostrano 95 milioni di persone a rischio povertà e altri 85 milioni già colpiti dalla povertà e dall’esclusione sociale dopo i trasferimenti sociali: ebbene, stiamo sempre parlando della terza maggiore area economica al mondo, l’Unione Europea appunto, dove una persona su cinque deve lottare per la sopravvivenza economica.
I cittadini dell’UE, su cui grava tale enorme disagio sociale legato all’occupazione, sono soggetti a condizioni lavorative inaccettabili come, ad esempio, quelle legate all’assenza di un contratto collettivo o alle violazioni dell’orario di lavoro[4], ai rischi professionali per la salute e la sicurezza, Conseguenza inevitabile di tutto ciò è la precarietà delle condizioni di vita, con ripercussioni economiche e sociali tra cui livelli inferiori di benessere mentale soggettivo, problemi relativi all’alloggio e al proprio ambiente di vita, relazioni carenti e sentimenti di esclusione sociale[5].
Circa il 10% della popolazione della UE, dati 2019, vive in condizioni di deprivazione materiale, cioè in uno stato di pressione economica definito come l’incapacità forzata di pagare spese impreviste, permettersi una vacanza annuale di una settimana, potersi nutrire con un pasto a base di carne o pesce ogni due giorni, avere un riscaldamento adeguato dell’abitazione e possedere beni durevoli come una lavatrice o un televisore a colori. La quota di popolazione soggetta a questo stato è inevitabilmente destinata a salire a causa della pandemia.
Nel 2019 le persone senzatetto erano circa 700 mila[6], con un aumento del 70% rispetto ai dieci anni precedenti[7].
2. Riduzione della copertura della contrattazione collettiva e aumento del lavoro atipico e precario
In almeno quattordici Stati Membri dell’UE il 50% dei dipendenti non è soggetto a contratto collettivo e solo in sette il tasso di copertura supera l’80% (in Italia è appunto l’80%)[8]. Ancora più preoccupante è la diminuzione della copertura della contrattazione collettiva nei paesi OCSE che, negli ultimi tre decenni è passata dal 46% al 32%, con un declino più rapido nei paesi oggetto di riforme strutturali che hanno preso di mira la contrattazione collettiva[9].
In Europa (sì, proprio “nell’emancipata” Europa!) tra il 2018 e il 2019 si è registrato l’aumento maggiore di paesi in cui ai lavoratori è stato impedito il diritto di aderire o istituire un sindacato, nella misura del 40%; nel 68% è stato violato il diritto di sciopero, mentre nel 50% è stato violato il diritto alla contrattazione collettiva[10].
Nell’UE i sistemi di retribuzione minima, qualora esistenti, variano notevolmente tra i vari Stati Membri sia in termini di portata che di copertura[11] e solo in tre paesi il salario minimo è sempre superiore alla soglia di povertà definita (60% del salario lordo mediano).
La crisi finanziaria del 2008 ha provocato anche nell’UE una contrazione dell’occupazione che ha avuto come conseguenza un aumento drastico e significativo del numero di persone impiegate nel lavoro atipico, lavori a breve termine e lavoro parziale involontario[12]. Questa condizione è spesso associata ad occupazione in settori di livello inferiore con maggiore esposizione al rischio di povertà lavorativa. Secondo le pubblicazioni Eurofound solo il 59% dei rapporti di lavoro totali nell’UE sono coperti da contratti standard a tempo pieno ed indeterminato, mentre il lavoro atipico, sempre più precario, è in continuo aumento[13].
Quanto sopra riportato, che ricordiamo è tratto dalla Risoluzione oggetto del presente articolo, descrive una realtà sociale preoccupante e profondamente distante sia dalla narrazione tutta rose e fiori alla quale siamo stati soggetti ed abituati per anni, sia dalle promesse di prosperità millantate nel progetto europeista.
Purtroppo la pandemia da Covid-19 sta già provocando un peggioramento delle condizioni di vita dei cittadini europei, non solo per motivi sanitari. Il 75% ritiene che la propria situazione finanziaria attuale sia peggiore di quanto non fosse prima della pandemia, il 68% afferma di essere in difficoltà ad arrivare a fine mese e il 16% ritiene che probabilmente perderà il lavoro nel prossimo futuro[14].
La crisi economica che è scaturita da questa emergenza sanitaria avrà ripercussioni gravi e durevoli sul mercato del lavoro, in particolare per i giovani e i lavoratori vulnerabili, che saranno costretti ad accettare lavori precari e atipici, cosa che peggiorerà notevolmente le condizioni di lavoro, aumenterà le disuguaglianze esistenti e aggraverà la povertà lavorativa.
Venendo al dunque, pertanto, di fronte ad uno scenario così drammatico tutto quello che può fare l’Assemblea degli eletti è una lista, sicuramente corposa e ben dettagliata (ben 111 punti), di buoni propositi e consigli, rivolti a chi, Commissione Europea in primis, avrebbe le possibilità di cambiare lo stato di fatto, ma non ne ha né l’obbligo, né la volontà, a dispetto degli orientamenti politici di Ursula von der Leyen citati nell’incipit della Risoluzione.
L’amara conclusione è che questo documento, come molti altri che lo hanno preceduto e che lo seguiranno, è la lapalissiana manifestazione di quanto sia inconcludente – se vogliamo anche inutile – l’azione parlamentare europea rispetto alle esigenze reali e concrete dei propri elettori; mettendo in luce altresì quanto sia utopistico un cambio di passo “dall’interno” di questa Unione, che considera i propri cittadini più valevoli per delle statistiche che non meritevoli di vere e proprie (Ri)soluzioni.
Letizia Lanzi
Note:
[1] Risoluzione del 9 ottobre 2008 sulla promozione dell’inclusione sociale e la lotta contro la povertà, inclusa la povertà infantile, nell’Unione europea GU C 9 E del 15.1.2010, pag. 11 – Risoluzione del 20 ottobre 2010 sul ruolo del reddito minimo nella lotta contro la povertà e la promozione di una società inclusiva in Europa GU C 70 E dell’8.3.2012, pag. 8 – Risoluzione del 19 giugno 2020 sulla tutela dei lavoratori frontalieri e stagionali nel contesto della crisi della COVID Testi approvati P9_TA(2020)0176-19 – Risoluzione del 24 novembre 2015 sulla riduzione delle disuguaglianze, con un’attenzione particolare alla povertà infantile GU C 366 del 27.10.2017, pag. 19 – Risoluzione del 14 gennaio 2014 sulle ispezioni sul lavoro efficaci come strategia per migliorare le condizioni di lavoro in Europa GU C 482 del 23.12.2016, pag. 31- Risoluzione del 26 maggio 2016 sulla povertà: una prospettiva di genere GU C 76 del 28.2.2018, pag. 93
[2] https://ec.europa.eu/eurostat/databrowser/view/sdg_01_41/default/table?lang=en.
[3] https://www.europarl.europa.eu/news/it/headlines/society/20200227STO73519/genderpay-gap-in-europe-facts-and-figures-infographic.
[4] Secondo la definizione contenuta nella direttiva sull’orario di lavoro, GU L 299 del 18.11.2003, pag. 9
[5] Eurofound “In-work poverty in EU” (Povertà lavorativa nell’UE), 5 settembre 2017
[6] https://www.europarl.europa.eu/news/en/agenda/briefing/2020-01-13/11/housingurgent-action-needed-to-address-homelessness-in-europe.
[7] https://www.feantsa.org/public/user/Resources/magazine/2019/Spring/Homeless_in_Europe_magazine_-_Spring_2019.pdf
[8] https://www.etuc.org/en/document/etuc-reply-first-phase-consultation-social-partnersunder-article-154-tfeu-possible-action, pag. 6, nr. 15.
[9] Eurofound, “Industrial relations: Developments 2015-2019” (Relazioni industriali: sviluppi nel periodo 2015-2019), 11 dicembre 2020.
[10] https://www.ituc-csi.org/IMG/pdf/2019-06-ituc-global-rights-index-2019-report-en2.pdf [11] https://ec.europa.eu/eurostat/statisticsexplained/index.php?title=Archive:Statistiche_sulle_retribuzioni_minime
[12] ETUI, Benchmarking Working Europe 2019 (Analisi comparativa del lavoro in Europa 2019), capitolo “Labour market and social developments” (Mercato del lavoro e sviluppi sociali), 2019.
[13] Eurofound “In-work poverty in EU” (Povertà lavorativa nell’UE), 5 settembre 2017 (https://www.eurofound.europa.eu/it/publications/report/2017/in-work-poverty-in-theeu).
[14] Eurofound, Living, Working and COVID-19 dataset (Dati su vita, lavoro e COVID-19), 28 settembre 2020 (http://eurofound.link/covid19data)
FONTE: https://comedonchisciotte.org/poverta-lavorativa-e-disuguaglianze-nella-ue/
PANORAMA INTERNAZIONALE
Vaccino, migliaia di militari Usa lo rifiutano
Destando preoccupazione tra i comandanti visto che spesso le truppe vivono e lavorano in ambienti dove è difficile mantenere il distanziamento sociale.
Washington- Le forze armate statunitensi poco inclini al vaccino anti-Covid. Infatti, migliaia di militari rifiutano di farsi vaccinare. In alcune unità dell’esercito solo un terzo dei soldati è disposto a farlo, destando preoccupazione tra i comandanti visto che spesso le truppe vivono e lavorano in ambienti dove è difficile mantenere il distanziamento sociale.
“Facciamo fatica a far arrivare il messaggio – ha detto il generale Edward Bailey, responsabile della salute pubblica a Army Forces Command e su come convincere le persone a farsi vaccinare”. Di fronte alla difficoltà di far vaccinare, alcuni vertici militari non escludono misure coercitive come ad esempio rendere il vaccino obbligatorio.
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FONTE: https://parstoday.com/it/news/world-i240238-vaccino_migliaia_di_militari_usa_lo_rifiutano
POLITICA
SCIENZE TECNOLOGIE
Sul processore russo Elbrus
Elektromozg, Stalker Zone, 21 febbraio 2021
Devo dire che la specifica politica pubblicitaria dell’ex-capo di MCST, Babajan, sotto forma di periodiche affermazioni di alto profilo che il nuovo processore Elbrus E2K sta per “rompere” con Intel, terminando definitivamente a zero, essendo zero dall’inizio, innalzava in me la sfiducia nei confronti di questa azienda dall’inizio degli anni 2000. Inoltre, quando Babajan con un team di importanti dipendenti partì per Intel nel 2004, pensavo che fosse decisamente troppo. E sì, la compagnia si zittiva e per tutti gli anni operò di nascosto coll’industria della difesa, quasi senza comunicare col mondo. Si ritirò in se stesso. Con lunghe interruzioni, pubblicò seccamente nuove versioni di processori sul suo sito Web:
2005 – Elbrus-2000, che si è rivelata una versione molto semplificata dell’E2K. Tecnologia del processore 130 nm, frequenza 300 MHz, 1 core.
2010 e 2011 – Elbrus-S e Elbrus-2C +. La tecnologia del processore è 90 nm, la frequenza è rispettivamente di 500 MHz, 1 e 2 core.
2014 – Elbrus-4C. Tecnologia del processore da 65 nm, frequenza 800 MHz, 4 core.
Tutto questo fu prodotto e finanziato per l’industria della Difesa, e quindi tutto sarebbe stato fiacco e sarebbe continuato, se non fosse stato per gli eventi del 2014. La caduta del cambio del rublo e le sanzioni del mondo occidentale portarono alla necessità avere proprie apparecchiature informatiche non solo nel settore militare, ma anche civile. Ma, va detto il governo Medvedev fu particolarmente lento. I movimenti sui processori Elbrus si intensificarono a valanga nel 2020, esattamente coll’arrivo del governo Mishustin. Probabilmente solo una coincidenza … In generale, è chiaro che il governo progetta qualcosa di grande, come confermato dalle risoluzioni inaudite del governo alla fine del 2020. Perché nei media è persino trapelato, in qualche modo lentamente, non è chiaro. I leader dei media non capiscono la portata di ciò che accade?
Inizierò col fatto che dal 1° gennaio 2022, al fine di ottenere apparecchiature russe e fornire prodotti alle strutture statali, è necessario utilizzare un processore o controller centrale russo nella composizione (paragrafo 2458 del 31.12.2020) . In precedenza, questo requisito era applicabile solo ai sistemi di archiviazione dati (paragrafo 719 del 17.07.2015). Tuttavia, il primo e riuscito tentativo di introdurre Elbrus nelle strutture statali civili comunque iniziò nel 2016, e da maggio 2017 fu introdotto il primo centro di elaborazione dati nel servizio passaporti e visti basato sui processori Elbrus-4C (allora circa 130 server, ora già 200) invece dei mainframe IBM, presenti dal 2006, il cui costo di manutenzione è improvvisamente aumentato. Pertanto, il costo di un anno di manutenzione dei mainframe IBM divenne effettivamente paragonabile all’acquisto di un data center basato sull’Elbrus.
Dal 1° gennaio 2022, il requisito per un processore o controller nazionale si applica a quasi tutti i dispositivi elettronici, inclusi bancomat, registratori di cassa (processore o parte ad valorem), dispositivi I/O, monitor, periferiche (ad esempio, stampanti) e “dispositivi a memoria a semiconduttore” (controller in unità a stato solido). È inoltre necessario prevedere quote (paragrafo 2013) per l’acquisto di apparecchiature radioelettroniche e numerosi altri standard e proposte che probabilmente diverranno standard nei prossimi mesi. Poiché il passaggio a un’architettura diversa del processore centrale nelle apparecchiature prodotte in Russia è spesso un processo piuttosto complesso, furono elaborate anche misure di sostegno statale per le aziende che sviluppano prodotti basati su processori russi (paragrafo 109 e paragrafo 529). Ad esempio, il Ministero dell’Industria e del Commercio concede sovvenzioni e sussidi per la creazione di apparecchiature con processore russo. Anche il Ministero delle Finanze può concedere sovvenzioni simili, e su questo si discute. Allo stesso modo, sono supportati lo sviluppo di sistemi di progettazione automatica (CAD) e lo sviluppo di componenti elettronici e chip. C’è un programma per sovvenzionare i consumatori. E a questo si aggiungono i vantaggi fiscali per le aziende IT!
La portata delle misure adottate indica la serietà delle intenzioni dello Stato di attuare una massiccia transizione dell’industria e delle strutture statali verso apparecchiature nazionali. Questo può essere trattato in diversi modi (ci saranno sempre degli avversari), ma al momento è ovvio che finalmente si adotta un chiaro corso pratico sulla sostituzione delle importazioni nell’elettronica, e accade! Da quanto sopra, ne consegue che ingegneri radioelettronici e programmatori dei software di sistema e applicativi hanno una nuova direttrice molto promettente, che va attivamente studiata, soprattutto perché diversi grandi progetti di successo sono già stati adottaati sulla base dei processori Elbrus: Inoltre, ad Elbrus è attualmente implementato un sistema ad altissimo potenza per il Ministero degli Interni (Centro per la registrazione automatizzata dei reati amministrativi), dove verranno condotte analisi video in tempo reale e saranno presenti database di grandi dimensioni. Il sistema dovrebbe essere completato entro il 2021. Penso che ora appariranno attivamente sempre più nuovi progetti di questo tipo.
Ora le aziende che sviluppavano schede madri e costruivano server e altre apparecchiature informatiche basate su processori x86 espandono attivamente le loro soluzioni basate sul processore Elbrus. Ce n’è già una dozzina e in futuro saranno centinaia. In relazione a tale attività penso che i processori Elbrus raggiungeranno presto Intel e AMD per prestazioni, e forse si avvicineranno anche a termini per costi grazie al volume nel batch e tenendo conto delle misure inedite di supporto statale. Penso che la nostra produzione non sia lontana. Dopotutto, in una delle bozze della “strategia per lo sviluppo dell’industria elettronica della Federazione Russa fino al 2030”, per il periodo 2022-2025 è previsto lo sviluppo di prodotti microelettronici a livello tecnologico da 28 nm e inferiore e lo sviluppo a livello di 14 nm e inferiore, sebbene il documento finale non contenga tali specifiche. Lì, con termini generali fino al 2030, sviluppo e sviluppo industriale di tecnologie al silicio per la produzione di componenti elettronici con standard topologici da 65-45 nm, 28 nm, 14-12 nm, 7-5 nm e successiva produzione di prodotti basati su di essi, nonché sviluppo di prodotti basati sulla tecnologia del silicio con norma topologica da 5 nm, seguita dalla produzione di prodotti basati su di essi presso fabbriche estere e trasferimento della produzione nella Federazione Russa. Si prevede di creare fabbriche di silicio che operino in modalità “fonderia” nella produzione di circuiti integrati digitali con standard topologici da 28 nm, 14-12 nm, 7-5 nm.
Mi chiedo se le norme da 5 nm saranno rilevanti tra 10 anni? Forse, poiché la scienza ha quasi raggiunto il limite fisico della microminiaturizzazione, e un’ulteriore riduzione delle dimensioni influenzerà la durata di tali prodotti. Forse la crescita della produttività prenderà una strada diversa.
FONTE: http://aurorasito.altervista.org/?p=15462
STORIA
Il panasiatismo e la sinistra radicale giapponese del dopoguerra
William Andrews, Throw Out Your Books 10 dicembre 2019
Quali tendenze asiatiche, o atteggiamenti verso l’Asia, sono visibili nella sinistra radicale giapponese del dopoguerra? Il panasiatico è un quadro utile per pensare gli aspetti dell’attivismo di sinistra del dopoguerra in Giappone? Attingendo a una serie di studi, tra cui un movimento di massa e diversi movimenti marginali, questo saggio esaminerà le aspirazioni alla solidarietà asiatica (e asiatista) della sinistra in Giappone, con particolare attenzione agli anni ’60 e ’70. Inizierò con una panoramica di alcuni discorsi del dopoguerra relativi all’Asia e all’Asiatismo prima di procedere all’esame della guerra del Vietnam e del Beheiren. Analizzerò quindi esempi della “svolta asiatica” nei movimenti di sinistra negli anni ’60, inaugurando un aumento d’interesse per la solidarietà asiatica e le minoranze etniche. In questo, prenderò in considerazione le aspirazioni internazionaliste della Nuova Sinistra così come le idee di Ryuu Outa e altri che guardavano al Lumpenproletariat asiatico in Giappone e oltre. La sezione finale tratterà delle realizzazioni concrete di queste ambizioni sotto forma di cineattivismo e attività dell’Armata Rossa giapponese. In questi esempi scorre un filo conduttore: tutti cercarono di impegnarsi con l’Asia o con la necessità della solidarietà asiatica nei rispettivi modi. Furono diversi movimenti (movimento di massa, studenteschi, cellule radicali, militanti, giornali) e adottarono prassi diverse (proteste e raduni di massa, discorso testuale, scambio, azione diretta non violenta, violenza). Inoltre, possedevano diversi concetti e visioni di “Asia” e del rapporto del Giappone con essa (il Giappone come vittima, il Giappone come vittima con altre nazioni asiatiche, il Giappone come carnefice dell’Asia, il Giappone come complice in Vietnam, espansione neocolonialista in Asia dall’industria giapponese, turismo sessuale giapponese contemporaneo, liberazione del Lumpenproletariat asiatico o dei popoli espropriati), che poi influenzarono ciò che si proponevano di fare. Credo che questa indagine sia necessaria perché ci fu poco esame dell’Asiatismo di sinistra del dopoguerra. Un’eccezione in tedesco è il lavoro di Till Knaudt (2016), che discusse molti movimenti, sebbene nel quadro della lotta transnazionale all’imperialismo. In effetti, il transnazionalismo è un campo di ricerca in crescita, in particolare col discorso “Global Sixties”. È mia speranza che questo modesto intervento possa contribuire al corpo in espansione di studi. [1]
Il panasiatico rimane probabilmente associato in primo luogo a militarismo e imperialismo in tempo di guerra. Nel Giappone del dopoguerra, attivisti e pensatori erano lacerati dalla necessità di esprimere solidarietà cogli eventi in Asia, in particolare in Vietnam, e affrontare anche colpa ed eredità del colonialismo giapponese. Il movimento contro la guerra ne fu una delle principali manifestazioni, mentre le attività più radicali furono relegate solo a circoli minori e pubblicazioni marginali. Per alcuni, i loro impulsi ideologici li portò oltre i confini convenzionali dell’Asia verso Pacifico e Medio Oriente. Pensare ad influenza o presenza di idee asiatiche tra i movimenti di sinistra ci permette di trascendere la struttura semplicistica del panasiatico come esclusivamente “fascista” o “imperialista”, intersecandosi anche con una serie di altri concetti.
Il panasiatismo come “ponte”
Per cominciare con qualcosa di basilare: cos’è il panasiatismo? Sebbene possiamo facilmente associarlo principalmente all’imperialismo giapponese nella terraferma asiatica, forse in modo più emblematico il Manchukuo e il motto “Cinque razze in una sola unione”, il panasiatico è in realtà un concetto scivoloso, camaleonte che significò cose diverse per i sostenitori nel corso dei decenni, ed allineatosi con le effettive politiche ufficiali giapponesi in Asia solo in fase relativamente avanzata. Saaler e Szpilman (2011: 14) notano che l’uso diffuso del termine “panasiatico” risale agli anni ’10, sebbene fosse emerso dopo decenni di discorsi da parte di pensatori che chiedevano la solidarietà asiatica in nome di varie agende. Questi cercarono di conferire alle nazioni asiatiche un’identità comune basata su geografia, unità culturale, interconnessione storica, parentela razziale, valori condivisi e spiritualità e mutuo destino. Il discorso generato da questi ideali tentò di definire l’Asia e il suo contributo globale; esortò gli asiatici a unirsi in solidarietà; e discusso il posto dell’Asia nelle relazioni internazionali (ibid.: 4, 34). Eric Hotta (2007: 7–8) delineò tre tipologie di panasiatico: un ramo “teaista” che amava la pace e cercava punti in comune; un filone sinico o “razza gialla” che voleva creare alleanze asiatiche, specialmente nell’Asia orientale; e il più distruttivo corso meishu, che affermò il ruolo del Giappone come “leader” dell’Asia. Il panasiatico fu sempre una chiesa ampia, e questo comprendeva persone che probabilmente classificheremmo di sinistra. I sostenitori originali del panasiatico dal periodo Meiji in poi erano piuttosto diversi, inclusi molti pionieri del liberalismo in Giappone. [2] Contrariamente alla sua reputazione, non fu originariamente appannaggio dell’estrema destra come avvenne nell’era militarista negli anni ’30 e ’40. In effetti, il panasiatismo sembrò quasi funzionare a volte come “ponte” flessibile tra pensatori sui vari lati dello spettro politico, consentendo persino di attraversarlo mentre le affiliazioni passano da sinistra a destra, o viceversa. Possiamo trovare diversi esempi di tenkou (ritorno ideologico), facilitato dal panasiatico, dalla carriera postbellica del marchese Yoshichika Tokugawa a sponsor del Partito socialista dopo una vita prebellica a destra, o il percorso di Hayashi Fusao da comunista prebellico ad ardente panasiatista nel dopoguerra cercando di “affermare” i successi del Giappone in periodo bellico. L’ideologo Oukawa Shuumei aveva in simpatia Lenin e i bolscevichi (Szpilman 1998), mentre vari altri panasiatici si dilettavano di marxismo e socialismo ad un certo punto. Masayoshi Miyazaki fu un critico del capitalismo ma anche un panasiatico. Allo stesso modo una figura come Hotsumi Ozaki si destreggiava tra designazione di comunista, internazionalista, nazionalista e panasiatico. Dai marxisti agli ultranazionalisti, liberali e anarchici, il panasiatismo sembrava offrire qualcosa a persone di tutte le sfumature ideologiche. Tutto ciò serve a dimostrare che l’ibridismo rientra nell’essenza dell’Asiatismo.
Discorso del dopoguerra
Come sostenne Orr (2001), l’identità del dopoguerra giapponese era imperniata sull’immagine di sé come amante della pace. La nazione aveva ormai rinunciato alla guerra e, sebbene in passato fossero state fatte cose terribili, la gente comune fu vittima inerme di un sistema corrotto. Questo paradigma del Giappone come vittima (higaisha ishiki) dominò la coscienza popolare. D’altra parte, il Partito socialista giapponese e il Partito comunista giapponese (PCG), insieme ai progressisti, attaccarono la dirigenza conservatrice per i legami col recente passato e il rilancio del militarismo riarmando il Giappone. Chiesero che il Giappone, compreso l’imperatore, accettasse la responsabilità bellica. Questa dicotomia tra colpa in guerra e Giappone vittima rimane irrisolta, ma a breve generò un forte movimento pacifista e antinucleare. Per la sinistra, il panasiatismo era “praticamente sinonimo di colonialismo e aggressione giapponese” (Saaler, Szilmann 2011: 29). Fu condannato come un’ideologia che legittimava guerra ed impero. Naturalmente, questo lo rese un concetto molto greve, se non addirittura un tabù, spiegando la rilevante assenza di “panasiatismo” ed anche di “Asia” dal discorso del primo dopoguerra. Un’eccezione che conferma la regola, per così dire, sarebbe l’affermazione di Masao Maruyama secondo cui il panasiatico era uno dei tre principi centrali dell’ultranazionalismo e del fascismo giapponesi (Saaler & Szpilman 2011: 28). Tuttavia, nel dopoguerra, gli intellettuali progressisti criticarono il PCG e la sinistra interna, in parte a causa delle prospettive asiatiche. La rivoluzione cinese del 1949 dimostrò la superiorità dell’Asia continentale sul Giappone come luogo in cui realizzare la rivoluzione socialista (Oguma 2006). Allo stesso modo i movimenti indipendentisti sviluppatisi in luoghi come l’India ispirarono gli intellettuali, alcuni che videro il dopoguerra come ripristino dello status del Giappone ad “asiatico”. A poco a poco si vide la rivendicazione del panasiatismo, il più noto fu da Yoshimi Takeuchi (1963) che, seguendo i suoi scritti negli anni Cinquanta che sottolineavano le connessioni e l’interazione culturale tra Cina e Giappone, promosse un nuovo concetto incontaminato di “asiatismo”. Più o meno nello stesso periodo, Fusao Hayashi (1963) sostenne l’affermazione della Grande Guerra dell’Asia Orientale, in base a cui il panasiatismo poteva collegare i movimenti d’indipendenza asiatici. Confrontò l’atteggiamento “difensivo” del Giappone coll’aggressione dell’occidente negli ultimi 100 anni. In questo modo, il Giappone e le altre nazioni asiatiche potevano godere della solidarietà come pari vittime dell’espansione occidentale. Questo non fu altro che un correttivo alle critiche massicce all’imperialismo giapponese. Hayashi voleva piuttosto rivendicare la posizione “cooperativa” di alcuni panasiatisti giapponesi in modo da avviare la ripresa spirituale del Giappone del dopoguerra. A sinistra, Bokurou Eguchi (1953) propose una nuova versione del panasiatismo non basata sulla versione prebellica. Eguchi era interessato al rapporto tra marxismo, Asia e storia moderna, e sperava in un nuovo sistema internazionale che potesse fermare la vittimizzazione dell’Asia, ma evitare l’imperialismo coloniale (capitalista o socialista). Scrivendo negli anni ’50, Eguchi era abbastanza avanzato nel presentare il minzoku (etnia o razza) come positivo se il nazionalismo culturale progressista collaborasse con un nuovo modello di cooperazione asiatica che evitava il dominio di una potenza. A livello statale, la Conferenza di Bandung del 1955 fu un evento fondamentale negli sforzi per costruire un movimento non allineato in Asia. Le nuove nazioni indipendenti dell’Asia e quelle ancora in lotta per l’indipendenza cercavano vie alternative per allearsi con le superpotenze globali. Questo movimento transnazionale fu una sorta di revival degli aspetti del panasiatismo legando le lotte anticoloniali dei popoli asiatici alla solidarietà oltre i confini arbitrari degli Stati-nazione. Notò i punti in comune dei partecipanti come popoli della stessa razza (e superiore, per esempio, all’Africa) e che suburono la soggezione occidentale (Dennehy 2011).
Proteste contro Anpo e Trattato di Corea
La partecipazione del Giappone a Bandung smentì la realtà: il Giappone non faceva categoricamente parte del movimento dei non allineati, ma era saldamente ancorato agli Stati Uniti nella Guerra Fredda, come ampiamente dimostrato dal trattato di mutua sicurezza (Anpo). Un’ondata di proteste negli anni ’50 contro le basi militari statunitensi in Giappone culminò nel movimento di massa contrario al rinnovamento dell’Anpo nel 1960. Sebbene ciò riguardasse apparentemente Giappone e USA, di fatto mise in discussione lo status geopolitico del Giappone nella regione. Il movimento Anpo coinvolse molti intellettuali, tra cui Takeuchi, che si ispirò alla protesta “asiatica” dello scrittore cinese Lu Xun (Olson 1981). Anche gli studenti, che costituivano una parte ampia e talvolta clamorosa delle proteste sull’Anpo, furono agitati dal successo degli studenti sudcoreani, che avevano contribuito a rovesciare il loro governo nell’aprile 1960. La solidarietà coi vicini del Giappone fu più palese nel successivo grande movimento di protesta dopo Anpo: l’opposizione al Trattato sulle relazioni di base tra Giappone e Repubblica di Corea, che normalizzò le relazioni tra le due nazioni quando fu firmato nel 1965. Sebbene fallì nell’ottenere qualcosa di simile alle proteste dell’Anpo, che attirarono a centinaia di migliaia al culmine nel 1960, le manifestazioni di massa criticavano il trattato come tentativo disonesto di riordinare l’eredità bellica comprando la Corea con aiuti economici, e questo nonostante il fatto che la leadership sudcoreana fosse una dittatura e che il Giappone fu coinvolto nella guerra di Corea a dispetto della sua supposta costituzione pacifista. Le proteste ispirarono un primissimo esempio di sinistra radicale nel Fronte di Azione di Tokyo (Toukyou Koudou Sensen), una piccola cellula anarchica il cui deposito di armi fu trovato dalla polizia in un raid prima che potesse essere utilizzato. Già in questa fase si scorgono i sentori del mix esplosivo di movimenti anti-sistema, militanti e preoccupazioni asiatiche.
La guerra del Vietnam e il Beheiren
Il Giappone fu implicato nella guerra del Vietnam da alleato degli Stati Uniti, il che significò concretamente che le basi nordamericane giocavano un ruolo vitale nel conflitto, soprattutto quelle di Okinawa. Il numero di militari in Giappone aumentò notevolmente, così come i vantaggi economici per il Giappone nella fornitura di parti, munizioni, cibo e così via. Il movimento contro la guerra prese ritmo durante la seconda metà degli anni ’60, intersecandosi con le proteste contro il rinnovamento dell’Anpo nel 1970, l’opposizione all’occupazione nordamericana di Okinawa e la costruzione dell’aeroporto di Narita, che la sinistra presumeva venisse utilizzata come infrastruttura dei trasporti degli Stati Uniti (come l’aeroporto di Haneda). L’opposizione in Giappone alla guerra del Vietnam attirò una vasta gamma di partecipanti, sebbene la forza trainante del movimento fosse senza dubbio il Beheiren, federazione di gruppi di cittadini del Paese fondata nel 1965 e attivo fino alla metà degli anni ’70. [4] La natura libera dell’organizzazione del Beheiren rende difficile definire l’appartenenza e le dimensioni esatte, sebbene attirò decine di migliaia nei raduni che organizzò direttamente, mentre le sue azioni organizzate congiuntamente coinvolsero centinaia di migliaia di persone. Nel corso della storia, mobilitò dimostrazioni regolari oltre a pubblicare copiosamente, tenendo lezioni e tour di oratori ospiti dall’estero e gestendo anche una rete clandestina che aiutava i disertori nordamericani. Era un movimento transnazionale e trans-Pacifico, invitando visitatori da tutto il mondo e inserendo annunci sui giornali negli USA. Ma questo non fu solo risultato naturale delle sue prassi; il suo transnazionalismo era anche concettuale in quanto conduceva una campagna a favore e in solidarietà dell’Asia contro l’imperialismo nordamericano. La sua figura di spicco, lo scrittore Makoto Oda, portavoce carismatico dalle visioni anti-americane e filo-asiatiche. Gli organizzatori centrali di Beheiren comprendevano in realtà molti importanti intellettuali dell’epoca, come quelli che partecipavano alla campagna Anpo. [5] In questo contesto, va evidenziato in particolare il coinvolgimento di Yoshiyuki Tsurumi, che scrisse in modo ampio e acuto dell’Asia e del rapporto del movimento con essa. [6] L’idea del “Vietnam interiore” o “Vietnam dentro” (uchi-naru betonamu) era un ritornello comune, riflesso dell’esistenzialismo generale del periodo, in cui gli individui (più simbolicamente gli studenti attivisti) cercavano una responsabilità oltre la nazione. [7] Cercare di capire il Beheiren, disse una volta Tsurumi, significa affrontare la domanda “Che cos’è il Vietnam per noi?” Sebbene Tsurumi non potesse dare una risposta (Oda 1969: 69), prese atto del diradare della parola “Vietnam” sul quotidiano Beheiren; il movimento diveniva uno generalmente contro la guerra. In quanto tale, nonostante i risultati, l’impegno del Beheiren col Vietnam fu rispettato solo in parte, come sarà valutato nelle conclusioni.
L’antimperialismo del Beheiren, affermò Koda (2017: 185), “era fondato su sentimenti irrisolti sul passato imperiale giapponese, piuttosto che su analisi teoriche di guerre e imperialismo”. In effetti, fu l’eredità della guerra e della passata aggressione giapponese in Asia che spinse la ricerca dell’anima e a motivare il movimento contro la guerra. Il giornalista Katsuichi Honda notoriamente riferì delle atrocità nordamericane in Vietnam alla fine degli anni ’60. Nel decennio successivo, ispirato da ciò accaduto in Vietnam, i suoi scritti contribuirono a rendere note le atrocità della sua nazione in Cina durante la guerra (Oguma 2006: 210). Così , il periodo della guerra del Vietnam portò i giapponesi a riscoprire e ricordare nuovamente la presenza della loro nazione in Asia, compresi gli aspetti negativi del passato e del presente. Il movimento deliberatamente contrastò il paradigma dominante del Giappone come vittima. In effetti, Oda era una delle figure più importanti che sostenevano la contro-narrativa di sinistra che sosteneva la coscienza del Giappone come carnefice (kagaisha ishiki). Lungi dal Giappone che soffrì, i vietnamiti e altri asiatici furono le vere vittime. E a meno che i giapponesi non accettassero e comprendessero l’eredità ignorata dell’aggressione, gli attivisti non potevano sfidare l’attuale complicità tra Giappone e USA in Vietnam (Tanaka 2007; Orr 2001: 3-4). Va sottolineato, tuttavia, che questa solidarietà e simpatia per i vietnamiti non fu una sollecitazione all’”unione”. Tsurumi, ad esempio, scrisse che il Sud-est asiatico e il Giappone erano aree eterogenee; il collegamento qui era universale (Tsurumi 2002: 58; Oda 1969: 80).
Una delle attività più intriganti del Beheiren si ebbe alla fine del movimento, quando organizzò la Conferenza dei popoli asiatici nel 1974 e 1975 (se si cercano consapevolmente echi asiatici, forse anche il nome dell’evento ha un misterioso suono da anni ’40, come l’Assemblea delle grandi nazioni dell’Asia orientale). Col conflitto in Vietnam alla fine, l’obiettivo della conferenza era combattere l’invasione del capitalismo giapponese nel sud-est asiatico: a questo punto, le preoccupazioni della sinistra giapponese per l’Asia erano strettamente intrecciate non solo coi sentimenti contro la guerra, ma anche ambientalismo e anticolonialismo (investimenti ed aiuti economici spesso significavano, in realtà, sfruttamento dell’”esportazione” dell’inquinamento e importazione di materiali a basso costo). [8] Nell’agosto 1974 furono invitati circa 40 ospiti da Corea del Sud, Thailandia, Malaysia, Singapore, Filippine e Vietnam, raggiunti da partecipanti locali giapponesi e osservatori provenienti da Europa e USA, dove trascorsero insieme diversi giorni visitando le fabbriche e le proteste contro l’aeroporto di Narita. Un raduno finale a Tokyo vide la partecipazione di circa 1000 persone, dove furono proposte azioni comuni. Ciò fu ricambiato con una conferenza nel 1975 in Thailandia. [9] A parte le operazioni segrete per aiutare i disertori, le attività del Beheiren erano legali e rigorosamente non violente. Le sette studentesche radicali, tuttavia, erano tutt’altro e direttamente impegnate contro la polizia antisommossa in scontri di strada su larga scala nella “Giornata internazionale contro la guerra” nell’ottobre del 1968 e del 1969, dove centinaia furono arrestati e intere aree di Tokyo distrutte. Queste erano solo due delle rivolte e degli scontri più drammatici durante lo straordinario grande ciclo di proteste dal 1967 al 1971. I gruppi della Nuova Sinistra divennero più militanti. Uno dei primi casi fu il Comitato di Azione Diretta Contro la Guerra del Vietnam (Betonamu Hansen Chokusetsu Koudou Iinkai, o Behani), che si sviluppò partire dall’abortito Fronte di Azione di Tokyo e condusse una breve campagna di sabotaggio contro le fabbriche. Nella sua dichiarazione del 1966, collegava direttamente la Sfera di Co-Prosperità della Grande Asia Orientale col capitalismo giapponese e l’oppressione dei vietnamiti (Betonamu Hansen Chokusetsu K?d? Iinkai 2014: 27-28).
La svolta asiatica
Durante questo periodo, la sinistra si occupò di questioni relative ad asiatici ed etnie, anche se con risultati contrastanti. Gli immigrati in sciopero della fame potevano ritrovarsi nelle iconiche manifestazioni di “guerriglia popolare” del cancella Ovest della stazione di Shinjuku nella primavera-estate 1969, avviate dai musicisti-attivisti del Beheiren. Allo stesso modo, Beheiren aiutò i disertori dell’esercito sudcoreano e sostene gli studenti di scambio sudvietnamiti in Giappone che si rifiutavano di tornare a casa. Altri migranti, come il problema del visto di Liu Caipin, nato a Taiwan, divennero casi celebri. Anche singoli asiatici in cerca di riparazioni della guerra furono assistiti in Giappone da attivisti di sinistra. Più sostenuto fu lo zainichi, la questione etnica coreana negli anni ’60 e ’70 che attrasse un ampio spettro di figure culturali, intellettuali, progressisti ed etnici coreani che si battevano contro la discriminazione. [10] Il periodo vide diversi movimenti efficaci a sostegno della democratizzazione della Corea del Sud negli anni ’70 e ’80, coll’etnia coreana in testa (Lee 2014). Un incrocio notevole fu col movimento di liberazione delle donne. L’Associazione delle donne asiatiche fu costituita per protestare contro lo sfruttamento e l’invasione economica sullo sfondo del turismo sessuale dei giapponesi, in particolare verso la Corea del Sud. In un altro esempio di come le questioni contemporanee relative a Giappone ed Asia riflettessero l’eredità della guerra, il bollettino dell’associazione si concentrò sui crimini di guerra contro le donne, come le donne di conforto. [11]
Tuttavia, il minzoku era ancora in gran parte un tabù per la sinistra, che voleva allontanarsi da tali idee “razziste”, e gli interventi della Nuova Sinistra erano a volte goffi al riguardo. Nel 1970, un gruppo di migranti cinesi ebbe un famigerato scontro con una delle principali fazioni della Nuova Sinistra, danneggiando gravemente la reputazione dei radicali accusati di nutrire il nazionalismo sotto la patina di slogan rivoluzionari (Andrews 2016: 192). Questo conflitto fu inquadrato come importante svolta nella Nuova Sinistra, per cui il movimento iniziò ad abbracciare ed includere le cause delle minoranze (Suga 2006: 157 passim). Parti della Nuova Sinistra iniziarono a preoccuparsi sempre più delle minoranze come ulteriori esempi di soggetto rivoluzionario “interno” (uchi-naru), siano altri asiatici, okinawesi, lavoratori delle baraccopoli, coreani, Buraku o Ainu. [12] Ignorando l’avvertimento di Eguchi (1953: 8) che è “sconsiderato” per il Giappone affermare di parlare a nome degli asiatici, alcuni attivisti, come vedremo, successivamente presunsero che il loro ruolo in questi movimenti fosse una leadership meishu. Gli scioperi e le occupazioni del campus si erano per lo più esauriti nel 1970, i gruppi radicali si rivolsero a previsioni e tattiche ambiziose, e questo spesso comportò un maggiore internazionalismo (e maggiore violenza). Fondata nel 1969, la Fazione Armata Rossa (Sekigun-ha) agì per la rivolta armata che avrebbe visto il Giappone partecipare a una serie di rivoluzioni nel mondo. Anche se i primi tentativi di attaccare le stazioni di polizia fallirono e un giro di vite delle autorità lo costrinse alla clandestinità, gli sforzi vacillanti del gruppo raggiunsero comunque sorprendenti livelli di transnazionalismo: il primo dirottamento di un aereo di linea giapponese nel 1970, destinato a raggiungere Cuba, ma alla fine giunto in Corea democratica: interscambio con Cuba, Studenti per una società democratica e Black Panther Party;e pubblicazioni che diffusero informazioni sul Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina (FPLP) e altri movimenti globali. Tuttavia, tali aspirazioni pionieristiche furono sviate da un evento traumatico, quando la divisione paramilitare della FAR si fuse con un altro gruppo della Nuova Sinistra per formare l’Armata Rossa Unita (Rengou Sekigun), provocando l’orribile epurazione interna scoperta nel 1972 segnando un cambiamento importante per la sinistra, ma in particolare portò a un intenso dibattito tra i sopravvissuti della FAR. Uno dei frutti di ciò fu un intervento straordinario del membro della FAR Tsuneo Umenai, pubblicato nel 1972 poco dopo che l’epurazione fu denunciata, proponendo l’allontanamento radicale del gruppo e della Nuova Sinistra. Piuttosto che la dialettica marxista convenzionale che traccia la lotta di classe, Umenai esaminò la storia dalla struttura del colonialismo evidenziando i gruppi oppressi trascurati dal pensiero tradizionale di sinistra come degni rivoluzionari. Al contrario il diminzoku sottolinea l’importanza di politicizzare i kyuumin (i miserabili, gli indigenti): vale a dire, gli Ainu (popolo indigeno nel nord del Giappone), i lavoratori delle baraccopoli, i Buraku (una casta inferiore), gli abitanti di Okinawa, il mondo in via di sviluppo e così via. Come afferma Umenai, la predazione imperialista dei beni e la riduzione in schiavitù dei popoli continua oggi sotto forma di neo-colonialismo, compreso quello giapponese, che deve essere l’obiettivo della lotta. [13] L’idea di Umenai non apparve dal nulla e fa esplicito riferimento alla sua influenza: il Kyuumin kakumei di Ryuu Outa, o rivoluzione dei diseredati. Outa rifiutava il radicalismo occidentale del leninismo e del marxismo, e persino l’internazionalismo di Trotskij (con cui Outa iniziò la carriera politica nel primo dopoguerra). Invece, propose una rivoluzione del Lumpenproletariat guidata dagli ordini inferiori della società, tipicamente disprezzata dalla sinistra marxista in quanto disorganizzata e apolitica. [14] Questo tentacolare discorso sul Kyuumin kakumei generò, dal 1967 alla metà degli anni ’70, una lunga serie di scritti di Outa e Takenaka Rou/Tsutomu (che scrisse anche col pseudonimo Kyoutarou Yumeno), Masaaki Hiraoka, Shuuji Funamoto, Masakuni Outa (nessuna relazione) e Wakamiya Masanori. Con chiare influenze fanoniane, il Kyuumin kakumei è una teoria postcoloniale in quanto inquadra capitalismo e lotta contro di esso sulle colonie (Outa 1971: 7). [15]
Outa sostenne il concetto di “rounin della rivoluzione mondiale” (Sekai kakumei rounin) o nomade “Guevarista”. Il viaggio e la migrazione erano al centro della sua visione, sebbene, come molti movimenti pan-nazionalisti, questo racchiudeva una contraddizione: il minzoku non era più un tabù in questo movimento anticolonialista e la sua promozione di popoli, razze ed etnie poteva portare allo sciovinismo. Contrariamente agli approcci leninisti, Outa scrisse della necessità di costruire prima una nazione, prima del partito e dell’esercito. In concreto, questo movimento si manifestò come discorso (specialmente nelle riviste Eiga hihyou [Critica cinematografica] e Sekai kakumei undou jouhou [Notizie del Movimento Rivoluzionario Mondiale]) e un certo attivismo limitato, come gli sforzi di Funamoto e Wakamiya negli slum urbani. Il prolifico Takenaka scrisse una serie di articoli “Asia è Una” (un titolo, ovviamente, che si riferiva coscientemente a Okakura Tenshin) in Eiga hihyou dall’agosto 1972 in poi, prima di partire per un viaggio in Asia per cercare solidarietà cogli attivisti locali. Sembra significativo che si sentisse in grado di usare liberamente il termine “Pan-Asia”. Ma era davvero asiatico ciò? Outa, Umenai e gli altri membri del movimento posero una grande attenzione sulla “colonia interna” dei gruppi minoritari in Giappone, che include sia non giapponesi che giapponesi. Questi sono collegati dall’identità asiatica quanto dallo status di kyuumin. Gli associati del movimento erano legati ai movimenti indipendentisti (Micronesia, Taiwan, Okinawa), ricordando il sostegno ai movimenti indipendentisti asiatici da parte dei panasiatisti nel periodo prebellico. Allo stesso modo, le baraccopoli di Kamagasaki e Sanya erano un crogiolo multietnico di asiatici dell’arcipelago giapponese e delle sue ex-colonie. Sebbene Outa abbia certamente usato esempi asiatici nei suoi scritti, il discorso non si limitava alla regione, ma anche guardava lontano (Masakuni Outa, in particolare, all’America Latina).
Mobilitare e liberare gli Ainu in Hokkaido fu una causa chiave per Ryuu Outa, che nacque a Sakhalin, ma attirò anche una miriade di altre figure mentre i locali cominciavano ad organizzarsi in modo assertivo. Negli anni ’70, il movimento per i diritti degli Ainu si sviluppò in una serie di incidenti terroristici ed estremisti, quasi interamente compiuti da wajin (giapponesi Yamato) per conto degli Ainu. I giapponesi avevano effettivamente dirottato il movimento per liberare gli Ainu, assumendo il ruolo di leadership meishu in nome delle vittime effettive. [16] Questo si manifestò in modo distruttivo nel Fronte armato anti-giapponese dell’Asia orientale (Higashi Ajia Hannichi Busou Sensen) che, nonostante il nome, comprendeva solo wajin. Compì diversi attentati contro obiettivi legati alla colonizzazione dell’Hokkaido e all’imperialismo in tempo di guerra. Ciò culminò nella letale campagna di attentati tra il 1974 e il 1975 contro le aziende complici del lavoro forzato durante il colonialismo giapponese in Asia, e continuò le iniquità cogli investimenti industriali neocoloniali. Questo era Kagaisha ishiki e le idee di Outa portate all’estremo. [17] Nel suo trattato provocatorio Hara Hara Tokei (L’orologgio che ticchetta), il gruppo citò specificamente Taiwan, Cina, Sud-est asiatico, Corea del Sud e colonie interne (Zainichi, Ainu, Okinawesi), nonché cause come turismo sessuale in Corea del Sud e solidarietà a boicottaggio thailandese dei prodotti giapponesi. Pensava alla storicizzazione dell’aggressione e dell’imperialismo giapponese in tempo di guerra; la campagna di “guerriglia urbana” fu un tentativo di vendetta. Ma il gruppo (e il successivo terrorismo imitatore nei tardi anni ’70) rivela i problemi dell’interpretazione asiatista, dato che era contemporaneamente interno, obiettivi anche l’imperatore e il Shinto, mentre guardava ai vicini asiatici del Giappone. Forse non sorprende che per un movimento “anti-giapponese” così problematico, le sue azioni si rivelarono esplosive ma effimere. [18]
Andare oltre l’Asia
Le tendenze asiatiste della sinistra in Giappone non erano limitate agli attivisti; anche gli artisti si impegnarono a questa idea attraverso le loro opere, e forse nessuno in modo più rappresentativo dei registi. Negli anni ’60 e ’70, il cineattivismo (o ciné-activism) forgiò una presenza significativa nel cinema underground e indipendente giapponese, cercando solidarietà politica con realizzazione e proiezione dei film. [19] Molto di questo avvenne in Giappone, ma diversi esempi degni di nota andarono fuori esplorando l’Asia e anche oltre. L’Asia è una è il titolo di un documentario del 1973 realizzato dal collettivo Nihon Documentarist Union (NDU). Nonostante il parallelo col classico testo asiatico di Okakura Tenshin del 1903, il gruppo affermò di non conoscere l’originale quando realizzarono il documentario indagando sull’eredità del colonialismo giapponese chiedendo ai migranti asiatici di raccontare le loro esperienze a Okinawa lavorando nelle miniere di carbone. Sebbene l’ignoranza di Okakura possa sembrare sorprendente, rivela molto sulla distanza della generazione dell’NDU dal panasiatico prebellico; in un certo senso, NDU rivendica ed echeggia la visione screditata di Okakura nella riflessione su migrazione e colonialismo costruendo un ritratto di Okinawa come luogo instabile e fluido che accomuna popoli e culture. Come affermava lo studioso di cinema Alexander Zahlten (2018: 115), la prassi dell’NDU incarna approcci “arcipelagici” “che enfatizzano flussi, interazioni e ibridazione oltre i confini personali e nazionali”. Asia è Una segue i migranti a Taiwan, chiudendo con una sequenza che mostra gli abitanti dei villaggi Atayal di lingua giapponese il cui rapporto con la “civiltà” giapponese che l’impero gli diede è altamente ambivalente. [20]
Come altri attivisti sopra, NDU si dedicò al minzoku e propose una nuova variazione che privilegia regionalismo e marginalità. In questo, NDU fu influenzato dal concetto “Yaponesia” del romanziere Shimao Toshio, che riformulò il Giappone non come legato all’Asia ma al Pacifico. Eppure, questo non promuoveva un altro blocco omogeneo nel modo monolitico dello Stato-nazione, ma una rete di differenze culturali interconnesse estesa sulla regione. Il principale cineasta dell’NDU successivamente espanse la “regione” alla Micronesia e poi ai margini dell’Asia, Libano, Iran e Palestina. Un’altra presenza in Medio Oriente fu il regista e sceneggiatore Masao Adachi, figura centrale di Eiga hihyou, dove NDU pubblicò molti testi. Con un piede nel sexploitation del cinema rosa e un altro nel cinema underground, Adachi, come NDU, vide proiezione e discussioni di commento come centrali nella visione del cinema rivoluzionario, in cui la distinzione tra arte e politica viene cancellata (Adachi 2003). Nel 1971 si recò in Medio Oriente coll’intenzione di realizzare un film sulla lotta di liberazione palestinese. Ciò portò ad Armata Rossa/PFLP: Dichiarazione di guerra mondiale, apparentemente una co-produzione tra FAR e PFLP per la propaganda che giustapponeva gli sforzi dell’Armata Rossa giapponese coi campi guerriglieri palestinesi in prima linea, sebbene fosse in realtà un esperimento nell’applicare il concetto della “teoria del paesaggio” alla quotidianità dei guerriglieri. Fu proiettato in Giappone dall’ottobre 1971 nei campus universitari e in altri luoghi, dallo stesso Adachi alla guida di un autobus rosso di giovani volontari. Continuò il suo tour l’anno successivo e lanciò un giornale che diffuse informazioni sulla lotta palestinese agli attivisti giapponesi.
Ripetendo i leitmotiv delle pratiche arcipelagiche, migratorie o rounin, si era ormai aperto un canale segreto tra Giappone, Asia e mondo arabo. [21] Adachi tornò in Medio Oriente diverse volte, sperando di realizzare un film successivo in cui documentasse i movimenti della guerriglia ovunque, dalla Palestina al Nord Africa e alla Guinea-Bissau. In questo periodo, vari attivisti giapponesi giunsero in Medio Oriente, in particolare una rete di giovani della FAR, gruppo radicale dell’Università di Kyoto e la squadra di Adachi. Negli anni ’70, il Medio Oriente, in particolare la causa palestinese, era una sorta di crogiolo rivoluzionario globale che attirava attivisti di estrema sinistra da tutto il mondo. I giapponesi, che si organizzarono nell’Armata Rossa araba (Arabu Sekigun), in seguito noto come Armata Rossa giapponese (Nihon Sekigun), divenne rapidamente membro importante di questa brigata internazionale, svolgendo varie missioni e dirottamenti per conto o in collaborazione col FPLP, prima di diventare un’entità indipendente pur rimanendo in Libano. La ARG fu l’iterazione più ambiziosa dell’internazionalismo della sinistra giapponese, anche se, a mio avviso, può anche essere inquadrata nel contesto asianista, poiché le prime azioni di solidarietà si incentrarono su Palestina e Vietnam. Partecipò a incidenti in Europa e Medio Oriente ma anche a Singapore, Kuala Lumpur e Dhaka, anche se i dirottamenti di aerei di linea ed ambasciate che la resero nota furono sempre effettuati per garantirsi il rilascio dei compagni imprigionati. (In questo modo, tre membri del Fronte armato anti-giapponese dell’Asia orientale furono rilasciati e aderirono all’ARG.) Sebbene sia ben oltre lo scopo di questo saggio esaminare la piena portata dei complessi cambiamenti ideologici dell’ARG nel corso dei 25 anni di esistenza, la solidarietà basata sulla guerriglia fu al centro delle sue azoni, radicate nelle credenze neo-marxista nella lotta ad imperialismo e colonialismo. La figura di spicco dell’ARG, Fusako Shigenobu, voleva costruire una rete di “stazioni” in tutto il mondo che collegassero i movimenti rivoluzionari. [22] Adachi affermò che il gruppo una volta pensò di costruire una stazione di trasmissione che diffondesse informazioni sulle rivoluzioni in Asia (Adachi 2017: 121).
Serve a evidenziare un esempio qui, l’attacco a un impianto petrolifero Shell a Singapore effettuato da attivisti giapponesi e palestinesi nel 1974. La dichiarazione ufficiale collegò esplicitamente la lotta palestinese alla guerra del Vietnam e un raid ai serbatoi petroliferi nel Vietnam del Sud nel 1973, quasi fossero missioni coordinate. “È un’azione di solidarietà coi popoli che combattono [la] guerra rivoluzionaria in Vietnam. È un’azione organicamente unita al popolo vietnamita… È una lotta per la giustizia distruggere [il] nemico comune visibile delle forze rivoluzionarie palestinesi e vietnamite”. [23] L’ARG si diffuse nel mondo, unendosi a gruppi in luoghi come le Filippine ma anche Sud America, Europa e infine di nuovo Giappone, quando il suo internazionalismo tornò come strategia interna dopo la fine della Guerra Fredda. L’arresto di quasi tutti i membri principali dalla fine degli anni ’80 all’inizio degli anni 2000, tuttavia, significò che i nuovi sforzi sul fronte interno fossero in sostanza inutili.
Conclusioni provvisorie
Questo saggio tentava di tracciare un percorso sui vari esempi di solidarietà asiatica tra i movimenti della sinistra radicale giapponesi negli anni ’60 e ’70. È evidente che c’erano effettivamente tendenze asiatiche sotto forma d’impegno coll’Asia e allontanamento dall’occidente, nonostante l’ovvia popolarità delle idee radicali originate in Europa. Tra la Nuova Sinistra e gli intellettuali del dopoguerra, possiamo discernere gli impulsi alla solidarietà “asiatica”, che significasse rivoluzione guidata dagli asiatici che assistere i compagni asiatici nella lotta all’imperialismo capitalista. Questi impulsi erano spesso guidati da ideologie anti-coloniali generali, che si svilupparono nel concetto originale, sebbene esoterico, del Lumpenproletariato espropriati come progenitore della rivoluzione. Questo fu abbastanza ampio da comprendere le “colonie interne” e le minoranze etniche del Giappone, nonché i popoli dell’Asia e oltre. In effetti, forse fu in definitiva una derivazione di solidarietà transnazionale, ambizioni trotskiste alla rivoluzione marxista internazionale e maoismo-terzomondismo che vide gli attivisti riunirsi in molti punti di scontro nel mondo del periodo. Il paragone col panasiatico è benefico solo in una certa misura. Una simile analogia è difficile da giustificare poiché l’evidenza che attivisti e pensatori si riferissero direttamente al discorso prebellico è scarsa, e a volte l’ignoravano persino. Affermare queste tendenze come elementi di un piano di “rivendicazione” dell’asiatismo della sinistra del dopoguerra, richiede un salto logico solo parzialmente convincente. Inoltre, molti esempi delineati erano azioni minoritarie, se non di frange estremiste della Nuova Sinistra. [24] Questo non significa che non siano degni di studio, ma che si sia cauti nell’assegnare un valore eccessivo alla loro attuazione. Mentre il Beheiren portò direttamente al Centro risorse Asia-Pacifico fondato da Tsurumi Yoshiyuki e altri nel 1973, e all’arrivo dei volontari giapponesi nel sud-est asiatico (Havens 1987: 240), la Conferenza dei popolo asiatici fu un evento relativamente minore nella ricca storia del movimento. Inoltre, Tsurumi Yoshiyuki è molto meno noto del fratello Shunsuke, e i suoi scritti sull’Asia non sono particolarmente noti. Sarebbe inesatto concentrare la discussione sul Beheiren esclusivamente sulle tendenze asiatiche. Outa, nonostante tutto la sua copiosa produzione, non partecipò all’attuazione effettiva dei suoi appelli alla rivoluzione, e in quel periodo c’era praticamente poca o alcuna reciprocità dagli asiatici verso le ideologie sue e dei suoi compagni. Solo l’ARG ottenne risultati transnazionali autentici, ma in gran parte in Medio Oriente, e oggi la sua eredità è purtroppo un gruppo di terroristi non asiatici. Infine, NDU fu nonostante tutto l’ impatto iniziale praticamente dimenticato fino a poco tempo fa (Zahlten 2018: 115).
Anche mettendo da parte tali clausole, sarebbe comunque falso attribuire i suddetti casi all’asiatismo senza ulteriori avvertimenti, primo fra tutti la quasi totale assenza di “panasiatismo” dal discorso, sebbene ciò non debba screditare un confronto o sorprendere, dato il bagaglio del termine presso i movimenti del dopoguerra. Gli esempi discussi qui non parlano di “razza condivisa” o alleanza razziale come si facevo spesso prima della guerra, sebbene si trovino indirizzi simili sui nemici condivisi (capitalismo, imperialismo, Stati Uniti) nel modo con cui, diciamo, Oukawa sperava in un’Asia unita nell’ opposizione ai valori occidentali (Szpilman 1998: 56–7). Sebbene Makoto Oda fosse influenzato dal pensatore cinese Wang Yangming, era più un esistenzialista europeo (Havens 1987: 61). Allo stesso modo, nonostante i gesti di solidarietà col Vietnam, gli ospiti e i visitatori del Beheiren erano per lo più europei o nordamericani, e le connessioni coi movimenti contro la guerra erano meno in Asia che in occidente, in particolare negli USA, dove diversi membri di spicco vissero e studiarono, scrivendo principalmente in giapponese e inglese, e i suoi membri principali riconobbero che la loro comprensione del sud-est asiatico fu inizialmente carente. Probabilmente, il movimento contro la guerra in Giappone aveva più a che fare col Giappone e il suo passato imperiale e il rapporto con Okinawa che con l’Asia, che era più uno specchio di autoriflessione che mutuo scambio. L’asiatismo emerso, quindi, forse derivante dal senso di colpa quanto da solidarietà genuina. Allo stesso modo, la questione della “colonia interna” (Okinawa, Buraku, residenti coreani, Ainu, bassifondi) si adattavano meglio alla cornice dell’altro in Giappone che all’interscambio Giappone-Asia. Queste preoccupazioni probabilmente ostacolarono una svolta riflessiva nei movimenti di sinistra rispetto alla svolta asiatista. Anche il tentativo di includere i legami col Medio Oriente in questa discussione è sospetto, anche se tecnicamente può qualificarsi come parte dell’Asia. Sebbene gli asiatisti prebellici fossero incoerenti nella definizione di “Asia”, la maggior parte limitò il raggio d’azione all’Asia orientale. (Oukawa, però, si spinse fino all’estremo ovest dell’Egitto e dei Balcani). Tali carenze complicano la discussione sull’”Asia” e l’asiatismo nella sinistra radicale del periodo. Poiché qualsiasi confronto diretto col panasiatismo prebellico è destinato a essere difficile e inconcludente, sicuramente più utile pensare a queste tendenze come sorta di “pan”-movimento dal forte interesse per l’Asia, e come manifestazione di un pianto internazionalista o transnazionale di sezioni della Nuova Sinistra (e sinistra in generale) in Giappone, continuato e sbocciato in seguito nei movimenti per l’ambiente (Avenell 2017). Internazionalismo e maoismo-terzomondismo volti all’Asia, o “vero” asiatismo? In ogni caso, l’Asiatismo o Panasiatismo rimangono un quadro che va certamente considerato indagando sui movimenti di sinistra del dopoguerra, sebbene affatto completo o definitivo. Dopotutto, Takeuchi (1963) disse che l’asiatismo è qualcosa che sorge associato ad altri concetti e che “Asia” è un modo per capire.
Nonostante la lunghezza e la sua “arcipelagicità”, questo saggio pone domande e compiti sostanziali. Comprende un numero piuttosto indulgente di esempi, sebbene molti collegati tra essi, e sebbene questo possa servire a indicare il senso delle tendenze generali della sinistra radicale del periodo, non ci sono abbastanza dettagli o analisi sui singoli casi . [25] È necessario uno studio approfondito del discorso della sinistra, attingendo alla ricchezza di testi prodotti negli anni ’60 e ’70 dai principali pensatori di sinistra e dalle varie fazioni radicali. Dopo aver intrapreso questo compito, sarà possibile fare un confronto più sofisticato col discorso panasiatico prebellico di quanto non tentato qui, includendo parallelismi più consoni, se necessario. E poi l’oggetto dell’indagine dovrebbe passare ai movimenti di sinistra dopo gli anni ’70 in Giappone e il loro atteggiamenti nei confronti dell’Asia, e l’influenza, se il caso, dell’Asiatismo prebellico e postbellico.Note:
[1] Per esempi in contesti giapponesi, vedasi Avenell 2017 e 2018 per discussioni sulla società civile e il movimento ambientalista; il numero speciale di “The Sixties: A Journal of History, Politics and Culture” (2017, vol. 10, n. 2), in particolare l’articolo di Naoko Koda su Beheiren e quello di Kei Takata sulla rete dei disertori del Beheiren; e Oguma 2018. Più in generale, i discorsi transnazionali del “1968” pionieristici in inglese di Jeremy Suri e George Katsiaficas. Il ruolo del Giappone in questo fu recentemente cementato da Voices of 1968: Documents from the Global North, London: Pluto Press, 2018.
[2] Per ulteriori esempi, vedasi Saaler e Szpilman 2011: 13, 40. Un altro caso interessante è la Fratellanza Umanitaria Asiatica fondata a Tokyo nel 1907 da socialisti e anarchici.
[3] Per l’attrazione dei panasiatisti per i marxisti, vedasi Hotta 2007: 66. Hotta discute anche le affinità tra le idee di Ikki Kita e l’anarchico Suusui Koutoku, e l’interazione tra le idee di Oukawa e l’agrarianesimo dell’anarchico Sanshirou Ishikawa .
[4] Il suo nome completo era Betonamu ni Heiwa o! Shimin Reng?, che si traduce come Federazione dei cittadini per la pace in Vietnam. Il nome ufficiale era Comitato per la pace in Vietnam. Per molto di più su Beheiren e il movimento contro la guerra, vedasi Havens 1987.
[5] Anche Takeuchi sostenne il Beheiren, sebbene la sua visione fosse criticata da Oda (Olson 1981: 345).
[6] Per esempi rilevanti degli scritti di Tsurumi, vedere il terzo volume delle sue opere complete (Tsurumi 2002: non meno 49, 50, 54 passim, 58, 59, 62 passim , 88 passim).
[7] Questo non è esclusivo del Giappone. C’erano aspirazioni simili ad esempio in Francia, dove le persone identificatesi con la Rivoluzione algerina e altre inaugurato una nuova soggettività politica per la classe media (“Il Vietnam è nelle nostre fabbriche”) (Ross 2002: 80 passim ). Per gli studenti in Giappone, un esempio iconico è lo slogan Uchi-naru toudai (“L’Università di Tokyo all’interno”). Per ulteriori informazioni sull ‘”auto-trasformazione” esistenzialista del movimento studentesco, vedasi Ando 2014: 68 passim .
[8] Ando sostiene che questo è uno dei tanti modi in cui la Nuova Sinistra giapponese vedeva “gli asiatici come pecchio della trasformazione personale” (Ando 2014: 125 passim ). Vedasi anche Avenell 2017: 112 passim .
[9] Per ulteriori informazioni sulla conferenza, vedasi Ando 2014: 127–8.
[10] Per una discussione di questo sul cinema, vedasi Dew 2016.
[11] Vedere anche Shigematsu (2012: 16, 48, 93–4) per l’intersezione tra movimenti di liberazione delle donne e zainichi giapponesi, incluso il modo in cui il movimento di liberazione articolò la posizione sulle donne asiatiche colonizzate.
[12] Alcuni membri della Nuova Sinistra tentarono di collegare questi elementi “interni” a partner “esteri”. Koda (2017: 191), ad esempio, descrive una sorprendente intersezione tra Black Panther Party e una confluenza di tali elementi rivoluzionari (inclusi immigrati cinesi, lavoratori degli slum Buraku e Kamagasaki).
[13] Per ulteriori informazioni su Umenai (e sugli sforzi transnazionali della FAR), vedasi Knaudt 2016 e 2020.
[14] Runpen (Lumpen) era un insulto comune tra la sinistra all’epoca. Tratto da Lumpenproletariat significa più o meno “sottopoletariato”. Per una panoramica del termine marxista originale, vedasi Marxists.
[15] Kyuumin kakumei ha diversi termini correlati, tra Cuihiyokuatsu-kakumeiron (“Teoria della rivoluzione dei popoli oppressi”).
[16] Umenai, tuttavia, rifiutò esplicitamente il modello meishu (1972: 142).
[17] L’attentato più distruttivo ebbe luogo nel quartier generale della Mitsubishi Heavy Industries a Tokyo nell’agosto 1974, che causò diversi morti. Rimaso l’atto terroristico interno più mortale in Giappone fino all’attentato del Sarin alla metropolitana di Tokyo nel 1995.
[18] La polizia arrestò tutti i membri principali nel 1975. C’erano vari legami tra gli attentatori e il precedente del circolo di pensatori Kyuumin kakumei, che ostacolò l’eredità del discorso.
[19] Oltre agli esempi di NDU e Adachi Masao discussi brevemente qui, un altro collettivo cineattivista di spicco fu Ogawa Pro, la cui produzione più famosa trattava delle proteste dei contadini di Sanrizuka contro l’aeroporto di Narita. Per ulteriori informazioni su Ogawa Pro vedasi Mark Nornes Abé, Forest of Pressure: Ogawa Shinsuke e Postwar Japanese Documentary, Minneapolis: University of Minnesota Press, 2007.
[20] Per ulteriori informazioni su Asia è Una, vedasi l’articolo di Matteo Boscarlo su Asia Docs.
[21] Facendo eco a Zahlten su NDU, Sabu Kohso parlò di Adachi in relazione al modo di pensare arcipelagico di Édouard Glissant. Vedasi il suo saggio, “Ciné-activism in an Archipelagic World”, disponibile online su Bordersphere.
[22] La nascente ARG aveva stretti legami con diversi attivisti del Beheiren in Europa.
[23] Vedasi Armata Rossa giapponese, “Dichiarazione del 9 febbraio 1974”. Nel suo saggio, Umenai chiese ai radicali giapponesi di attaccare i beni petroliferi, sebbene non ci siano prove che abbia influenzato la scelta dell’obiettivo. Molto probabilmente furono i palestinesi a dirigere la missione.
[24] Umenai e altri come Funamoto erano presenze minoritarie nella Nuova Sinistra e ora sono figure quasi fantasma, in particolare Umenai, che scomparve senza lasciare traccia. Chi scrive ne trova le rotta personale e cerca continuamente nuovi agenti rivoluzionari, ma è anche cauto nell’attribuigli troppa influenza. Mentre altri ne posizionarono gli interventi come cambio di paradigma, o addirittura come “addio alla classe” (Knaudt 2020), alcuni dei testi più analizzati degli ultimi tempi potrebbero essere solo curiosità o effimere degli anni ’70, anche se straordinarie, piuttosto che qualcosa di veramente sintomatico o emblematico delle principali tendenze del pensiero e prassi della Nuova Sinistra. Questo saggio, per quel che vale, tentava di esporre alcune tendenze asiatiche e arcipelagiche (nomadi, viandanti), sebbene senza suggerire che si trattasse di un cambiamento epocale del discorso.
[25] Un esempio non discusso qui, e degno di un saggio a sé, è il collegamento a The Water Margin (Outlaws of the Marsh), il classico romanzo cinese del XIV secolo immensamente popolare in Giappone, e ritornello comune presso i pensatori associati del discorso Kyuumin kakumei (vale a dire Outa, Takenaka e Hiraoka). Trattare come fa coi fuorilegge che formano un esercito sul Monte Liang e resistono con successo alle forze imperiali, fu analogia e tropismo stimolante.
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Traduzione di Alessandro Lattanzio
FONTE: https://archiviaurora.wordpress.com/2020/12/19/il-panasiatismo-e-la-sinistra-radicale-giapponese-del-dopoguerra/
Artuzov: uno dei fondatori del controspionaggio sovietico
I successi della Čeka, la polizia segreta sovietica, l’organismo di sicurezza dello stato sovietico che nel primo decennio della sua esistenza si rivelò essere il servizio di intelligence più efficace al mondo, sono universalmente riconosciuti.
Le operazioni più produttive della Čeka all’estero e all’interno del Paese, sono associate al nome di Artur Christianovič Artuzov, la cui vita fu assurdamente interrotta nel 1937.
Il suo vero cognome era Frauchi. Il padre di Artur, Christian Frauchi, lasciò la Svizzera e nel 1881 si stabilì in Russia, nella provincia di Tver’, nella tenuta del proprietario terriero Popov.
In seguito dovette trasferirsi in altre tenute nobili. Ciò era dovuto al fatto che Christian Frauchi era un esperto delle antiche tecniche di produzione del formaggio. Nel periodo pre-rivoluzionario, non c’era miglior casaro di lui in tutta la terra di Tver’.
A proposito, nel villaggio di montagna svizzero di Gstaad (un’ora di macchina da Berna) ci sono tuttora diverse famiglie di cognome Frauchi, e sono tutte titolari di caseifici di quarta o quinta generazione.
Il 17 febbraio 1891, dal matrimonio di Christian Frauchi con l’affascinante Augusta Didrikil (nelle vene di questa ragazza si mischiava sangue lettone, estone e persino scozzese), nacque il primogenito, a cui fu dato il nome di Artur. Fu seguito da altre tre figlie e due figli.
Dopo essersi diplomato al ginnasio di Novgorod con una medaglia d’oro, avendo già perfettamente padroneggiato in casa le lingue francese e tedesca (e successivamente inglese), Artur, inaspettatamente per suo padre, entrò all’Istituto Politecnico di San Pietroburgo, dove iniziò a prepararsi per la carriera di ingegnere metallurgico. Aveva anche un altro sogno nel cassetto: diplomarsi al conservatorio come cantante lirico.
Ma il figlio dell’immigrato svizzero non divenne né un tenore, né un ingegnere. Da studente, Artur partecipò a circoli bolscevichi illegali. E quando scoppiò la Rivoluzione di Febbraio e poi di Ottobre, il giovane studente fece irrevocabilmente una scelta di vita: nel dicembre 1917 aderì al Partito bolscevico.
Poco dopo Artur Artuzov fu arruolato nella Čeka, la temibile polizia segreta sovietica. La prima missione che gli fu affidata fu quella di infiltrarsi nel cosiddetto “Centro nazionale”, le cui cellule ramificate a Mosca e Pietrogrado univano l’intellighenzia di mentalità monarchica e gli ufficiali militari.
Durante un’ispezione, una ragazza di 15 anni fu arrestata al mercato mentre cercava di sbarazzarsi di una pistola nascosta nel suo cappotto. Georgette (questo era il nome della ragazza), risultò essere la figlia di un ex cittadino francese Kürz, il quale in precedenza era stato utilizzato dalla Čeka come agente segreto. Durante una ricerca nell’appartamento di questo “professore di francese”, fu rinvenuto un nascondiglio in cui era conservato un archivio con dati di persone e rapporti di spionaggio.
Artuzov interrogò quest’uomo. Non esercitò alcuna pressione sull’arrestato, gli parlò con gentilezza e calma, ma in modo molto convincente, tanto che Kürz confessò che stava attivamente preparando una rivolta e, senza la minima coercizione, espose tutto ciò che sapeva sui piani dei ribelli. Sua figlia, a sua volta, raccontò ad Artuzov di una certa “signorina” i cui appunti, trovati durante la perquisizione, contenevano informazioni allarmanti sui piani degli oppositori del potere sovietico.
Il successo dell’operazione di liquidazione del “Centro Nazionale”, contribuì alla rapida crescita della carriera di Artuzov. Nel 1922, fu creato il Dipartimento di Controspionaggio e a capo di questa importante unità fu posto il trentenne Artuzov.
Agli agenti del controspionaggio furono assegnati compiti molto difficili. Tra questi vi erano quelli di contrastare i piani dei servizi di intelligence stranieri, compresi quelli di neutralizzare le loro azioni terroristiche in Unione Sovietica.
Meno di due anni dopo, nel suo rapporto alla direzione del Direttorato Politico dello Stato (OGPU) (il documento è datato novembre 1924), Artuzov scrisse: “Un certo numero di servizi di intelligence stranieri, come quelli polacchi, estoni e finlandesi sono interamente nelle nostre mani e agiscono secondo le nostre istruzioni. Inoltre, abbiamo un adeguato controllo dell’intelligence italiana.“
Le dichiarazioni del capo del Dipartimento di Controspionaggio non erano vuote spavalderie, si basavano su dati e documenti rigorosamente verificati. Dopotutto, gli specialisti del Dipartimento di Controspionaggio erano riusciti a decifrare cifre e codici, grazie ai quali alla Lubjanka venivano letti la maggior parte dei messaggi telegrafici inviati nei loro paesi dalle ambasciate straniere a Mosca.
L’abilità nel decodificare i messaggi in codice, mostrata da Artuzov e dai suoi uomini, così come la capacità di individuare rapidamente le organizzazioni segrete anti-sovietiche, sulle quali facevano affidamento i governi occidentali, è ancora studiata nelle scuole di intelligence di tutto il mondo, come un esempio di abilità operativa. Operazioni di questo tipo, svolte dal controspionaggio sovietico negli anni Venti, erano contraddistinte, secondo autorevoli analisti, da audacia, ampiezza, calcolo politico accurato.
Nel 1927, Artuzov lasciò l’incarico di capo del controspionaggio del Paese, assumendo la carica molto più modesta di assistente del capo della Direzione delle operazioni segrete del Dipartimento di Controspionaggio.
In seguito, dall’agosto 1931 al 1935, assunse la carica di capo del Dipartimento degli Esteri del Dipartimento di Controspionaggio, essendo riuscito a stabilire attività efficaci per raccogliere informazioni politico-militari e tecnico-militari nelle principali potenze del mondo occidentale, grazie anche all’ausilio di strutture parallele da lui stesso create all’estero.
Nella vita della sicurezza dello stato sovietico a cavallo degli anni ’30, giunse un periodo completamente diverso. Stalin e gli altri leader sovietici, perseguirono una rotta verso l’inasprimento della politica punitiva e usarono sempre più il Dipartimento di Controspionaggio come strumento per assicurare il processo di una violenta trasformazione della società. Dall’apparato dei servizi speciali venivano espulse (o trasferite a incarichi insignificanti) persone che, per le loro qualità morali, non si adattavano alle nuove realtà. Al loro posto arrivarono carrieristi senza scrupoli, pronti a inventare qualsiasi “piccola impresa” gradita alle autorità per la prospettiva di una promozione.
Il primo evento di tale portata nello smascherare i “nemici del popolo” fu il processo inventato nei confronti del cosiddetto “Partito industriale”, presumibilmente guidato dall’ingegnere Ramzin. Avendo colto la falsità e la deliberata falsificazione dei fatti da parte dell’accusa, Artuzov ne informò la dirigenza e fu immediatamente redarguito da Genrich Grigor’evič Jagoda, il quale a quel tempo ricopriva la carica di primo vicepresidente del Dipartimento del Controspionaggio.
E dall’estate del 1931, fu sviluppata in Unione Sovietica l’operazione “Primavera”, anch’essa attuata da Jagoda. Migliaia di coloro che prestarono servizio nell’Armata Rossa caddero sotto i colpi di rappresaglie immeritate, attuate non per paura, ma per la coscienza dei soldati di carriera. Diversi leader della Lubjanka, tra i quali Jan Olskij, Stanislav Messing, Efim Evdokimov, si espressero contro questa folle idea. Purtroppo, tutti condivisero il tragico destino delle persone in difesa delle quali si erano esposte.
Di questa folle repressione fu anche vittima Artur Artuzov, accusato di essere una spia tedesca. Fu così arrestato nel maggio 1937, nel suo ufficio al primo piano della casa n. 2 in Via Lubjanka.
Prima di allora, Artuzov insegnò per qualche tempo i suoi metodi di lavoro agli ufficiali dell’intelligence militare, essendo stato nominato vice capo della 4° Direzione (Intelligence) dello Stato maggiore dell’Armata Rossa. Poi rimosso dalle autorità sovietiche, svolse la modesta posizione di ricercatore presso l’8° Dipartimento (contabilità e archiviazione) dell’Amministrazione dello Stato Maggiore.
Lo studio su larga scala che aveva iniziato sulla storia del controspionaggio, rimase incompiuto e irrevocabilmente perduto. Le ultime righe, scritte da Artuzov in una cella di prigione, furono quelle scritte con il suo stesso sangue che scorreva dal naso rotto durante l’interrogatorio. In queste righe è scritto: “Signor Giudice! Ho le prove che non sono una spia tedesca….” Ma nel mentre scriveva queste parole, evidentemente qualcuno giunse nella sua cella. Infatti, in seguito la nota di Artuzov, si interrompe con queste parole: “Sono venuti per Artuzov …“.
Fu fucilato il 21 agosto 1937, lo stesso giorno in cui fu firmata la condanna a morte.
La riabilitazione postuma di Artuzov ebbe luogo nel 1956. In seguito furono riabilitati tutti i suoi compagni d’armi partecipanti alle leggendarie operazioni, ma che purtroppo furono torturati e fucilati.
Luca D’Agostini
FONTE: http_www.madrerussia.com/?url=http%3A%2F%2Fwww.madrerussia.com%2Fartuzov-uno-dei-fondatori-del-controspionaggio-sovietico%2F
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