RASSEGNA STAMPA DETTI E SCRITTI
23 GIUGNO 2021
A cura di Manlio Lo Presti
Esergo
Un’universale unione di popoli per la pace perpetua
sarebbe il dominio di un solo popolo,
ovvero vi sarebbe un popolo soltanto;
l’individualità dei popoli sarebbe cancellata:
monarchia universale
G. W. F. HEGEL, Filosofia dello spirito jenese, Laterza, 1984, pag.258
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SOMMARIO
L’Internet dei corpi (IoB) e l’hacking del DNA
L’emergenza ecologista e il nuovo ordine mondiale
Il cosmopolitismo individualista
L’Italia di Draghi nella nuova guerra fredda che si annuncia
L’Ucraina-gate imbarazza gli Usa (Parte 3)
LE SATIRE DI LUDOVICO ARIOSTO
Big Pharma e media hanno gli stessi proprietari
La fabbricazione della “realtà” (Nuova Normale)
La Spia Cinese smaschera FBI e CIA.
Con il Covid 3700 miliardi persi dai lavoratori nel mondo. Indovinate dove sono finiti?
BlackRock è molto di più di quello che potreste immaginare
Mauro Biglino e il “Crack Bersano”
Ddl Zan. Bagno di sangue in vista?
Finlandia: discorso di un parlamentare sui vaccini Covid
La Svizzera boccia con un referendum il “Green Deal” ed il “Riscaldamento globale”
L’insopportabile ipocrisia dei “liberal progressisti”
Dopo i morti a British Airways
22 giugno 1941, l’attacco nazista all’URSS. Perché la “Variante Barbarossa”, 80 anni dopo, è così attuale
Le peggiori atrocità del XX secolo perpetrate in nome della scienza
Mussolini ebbe avvertimenti che non ascoltò
IN EVIDENZA
L’Internet dei corpi (IoB) e l’hacking del DNA
Come i dispositivi impiantabili collegheranno il corpo a Internet
Jesse Smith – truthunmuted.org – 22 novembre 2020
L’era dell’Internet delle cose (IoT), e presto seguirà quella dell’Internet dei corpi (IoB), è ormai alle porte.
La RAND Corporation, il think tank dietro alcune delle idee e tecnologie più influenti e spaventose al mondo, ha pubblicato un rapporto intitolato The Internet of Bodies: Opportunities, Risks, and Governance (n.d.T. L’Internet dei corpi: Opportunità, rischi e governance).
Si dovrebbe diffidare di qualsiasi rapporto pubblicato dalla RAND Corporation. Alex Abella, autore di Soldiers of Reason: The RAND Corporation and the Rise of American Empire, spiega perché:
La RAND era, ed è, l’organizzazione essenziale dell’establishment. Nel corso della sua storia, la RAND è stata al centro di quell’intreccio di bramosia e rapacità finanziaria del Pentagono che il presidente Eisenhower attribuiva al complesso militare-industriale-legislativo. La RAND ha letteralmente rimodellato il mondo moderno – e pochi lo sanno.
Con questa consapevolezza, ci sono seri motivi di allarme per la pubblicazione di questo nuovo rapporto.
Cos’è l’Internet dei corpi (IoB)?
RAND definisce l’IoB come “un settore crescente di dispositivi che monitorano il corpo umano, raccolgono informazioni sulla salute e altre informazioni personali, e trasmettono questi dati su Internet.“ Per qualificarsi come dispositivo IoB, la tecnologia deve:
- contenere software o capacità di calcolo
- essere in grado di comunicare con un dispositivo o una rete connessi a Internet
Un dispositivo IoB deve anche soddisfare uno o entrambi i seguenti requisiti
- raccogliere dati sanitari o biometrici generati dalla persona
- essere in grado di alterare le funzioni del corpo umano
La tecnologia che Hollywood ha presentato nel corso degli anni in fantasie fantascientifiche distopiche è ora una realtà. In un futuro molto prossimo, i signori tecnocratici della scienza, della salute, della finanza e delle Big Tech vorranno che l’umanità passi da dispositivi indossabili a dispositivi incorporati all’interno dei nostri corpi.
Come l’IoB si interseca con l’IoT
I dispositivi IoT come i contatori intelligenti, gli smart watch, gli assistenti virtuali e le auto a guida autonoma si collegano a Internet direttamente o attraverso una rete locale. Man mano che i dispositivi IoT diventano più comuni, gli esperti prevedono che anche l’accettazione e il desiderio di dispositivi IoB aumenteranno. Il rapporto RAND prevede:
Entro il 2025, ci saranno più di 41 miliardi di dispositivi IoT attivi, generando 2,5 quintilioni di byte di dati al giorno su ambiente, trasporto, geolocalizzazione, dieta, esercizio fisico, biometria, interazioni sociali e vita umana quotidiana. Questo incremento esponenziale di dispositivi IoT porterà a un’ulteriore popolarità dei dispositivi IoB.
Prodotti IoB in uso o in via di sviluppo
La figura 1 del rapporto RAND mostra quanto invasiva e pervasiva possa diventare la tecnologia IoB. Quando sarà completamente scatenata, nessuna parte del corpo umano sfuggirà alla sua interferenza. Hanno persino in programma di avere i nostri bagni collegati a Internet dove monitoreranno i nostri rifiuti usando la tecnologia BioBot per determinare cosa mangiamo, quali farmaci possiamo prendere, e analizzare il nostro materiale genetico!
Ecco solo alcuni esempi della tecnologia attualmente in fase di sviluppo:
- Lenti a contatto a realtà aumentata
- Dispositivi di lettura e scrittura del cervello
- Sensori impiantati nel corpo
- Abbigliamento con sensori
- Microchip impiantabili (RFID e NFC)
- Sensori mentali ed emotivi
- Pancreas artificiale
- Pannolino collegato via Bluetooth
Nemmeno i bambini potranno sfuggire a questo incubo in cui ogni funzione corporea è costantemente tracciata e monitorata. La parte triste è che molte persone accoglieranno queste tecnologie intrusive perché sono convenienti e fanno risparmiare tempo. Tuttavia, scambiare la sovranità sul corpo per convenienza non è mai una transazione equa. Quasi sempre serve a beneficiare coloro che desiderano più controllo sulle nostre vite. Attraverso l’adozione del progresso tecnologico, gli esseri umani stanno accettando di permettere ai tecnocrati di dettare ogni aspetto della vita. Presto i medici saranno in grado di sapere se state prendendo i farmaci prescritti in modo appropriato, e avranno strumenti per denunciarvi se non lo fate. Le pillole digitali saranno utilizzate per registrare la vostra conformità medica, come segnala il rapporto RAND:
Nel 2017, la FDA ha approvato la prima pillola digitale: una compressa di aripiprazolo con un sensore ingeribile incorporato nella pillola che registra che il farmaco è stato preso. Il prodotto è approvato per il trattamento della schizofrenia, il trattamento acuto degli episodi maniacali e misti associati al disturbo bipolare I, e per l’uso come trattamento aggiuntivo per la depressione negli adulti… Il sistema funziona inviando un messaggio dal sensore della pillola a un cerotto indossabile. Il cerotto trasmette le informazioni a un’applicazione mobile in modo che i pazienti possano seguire l’ingestione del farmaco sul loro smartphone. I pazienti possono anche permettere ai loro assistenti e al medico di accedere alle informazioni attraverso un portale web.
L’IoB ha bisogno di tecnologie avanzate per raggiungere il massimo di utilità
Se vi state chiedendo cosa alimenterà tutta questa tecnologia imminente, la risposta sta in una combinazione di 5G, Wi-Fi di ultima generazione e Internet satellitare. Questi sistemi all’avanguardia aumenteranno la velocità di trasferimento dei dati e offriranno una latenza bassissima, in modo che le interruzioni audio e visive nelle chiamate con Zoom saranno relegate nel dimenticatoio della storia. Combinati, questi sistemi forniranno la potenza e le risorse necessarie per creare una griglia di controllo e sorveglianza che può essere monitorata in tempo reale. RAND conferma questo proposito, spiegando che:
“Questi progressi consentiranno alle tecnologie IoT dei consumatori, come i sistemi di smart home, di connettersi ai dispositivi IoB in modo che, per esempio, il termostato intelligente di una persona sarà collegato al suo abbigliamento intelligente e automaticamente potrà regolare la temperatura nella sua casa. Una maggiore connettività e la diffusa presentazione dell’IoB negli smartphone e negli elettrodomestici – alcuni dei quali potrebbero raccogliere dati all’insaputa dell’utente – aumenteranno il monitoraggio digitale degli utenti attraverso una serie di comportamenti.”
Mentre il 5G viene ampiamente distribuito negli Stati Uniti e in altre parti del mondo, si stanno già facendo piani per perfezionare e implementare il 6G. Secondo l’autore Thomas S. Rappaport, la tecnologia 6G “inaugurerà la capacità di inviare segnali wireless alla velocità del calcolo umano“… e “[ciò] potrebbe significare che l’intelligenza umana potrebbe essere inviata via etere istantaneamente“. Gli esperti prevedono che il 6G sarà ampiamente disponibile entro il 2030.
Come se non bastasse, le nanobiotecnologie vengono utilizzata per manipolare le cellule e interconnettere i corpi umani a Internet. Scienziati, ricercatori e geni della tecnologia stanno tentando di giocare a Dio reingegnerizzando le nostre strutture cellulari, facendole comunicare con i dispositivi IoB. Secondo un articolo di News Medical, le nanotecnologie hanno “permesso diversi tipi di vaccini di nuova generazione” come il vaccino mRNA per il coronavirus sviluppato da Moderna.
Benefici potenziali
Il potenziale lato negativo della tecnologia IoB è stato chiaramente stabilito, ma può venirne fuori qualcosa di buono? Non c’è modo di vendere l’IoB alle masse se non promette di migliorare la qualità della vita. Come indica RAND:
“L’IoB potrebbe consentire un più ampio accesso all’assistenza sanitaria permettendo un’assistenza sanitaria “distribuita” o “democratizzata” a basso costo o diminuendo la necessità di interventi medici rischiosi o costosi. Attraverso una maggiore consapevolezza della salute, una migliore prevenzione e un intervento più efficace, l’IoB ha anche il potenziale per ridurre i costi della sanità. Si è ipotizzato che la diagnosi precoce e l’intervento attraverso il monitoraggio remoto siano i principali motori della riduzione. I dispositivi IoB possono raccogliere parametri vitali per fornire avvisi sanitari a medici, pazienti e assistenti. I dispositivi IoB potrebbero anche rivelarsi utili nel condurre il trattamento per coloro che non possono parlare o articolare i loro sintomi o pensieri, come i neonati, le vittime di ictus o i pazienti affetti da demenza, per esempio avvisando i caregiver di cambiamenti significativi nei segni vitali. L’IoB è un approccio promettente per lo sviluppo di sistemi di monitoraggio sanitario da remoto in tempo reale per i pazienti con malattie non trasmissibili, più immediatamente i diabetici e i cardiopatici.”
Se uno qualsiasi di questi scenari aiuta a salvare e migliorare le vite, allora forse IoB è un tentativo con una sua dignità. Tuttavia, una lettura attenta di questa citazione rivela che i benefici dell’IoB sono descritti con frasi come “potrebbe consentire“, “ha il potenziale“, “potrebbe anche rivelarsi utile” e “è un approccio promettente“. In altre parole, la tecnologia IoB è ancora sperimentale e molte cose possono andare male se attuata su larga scala.
Sappiamo già che le radiazioni dei telefoni cellulari causano il cancro. Cosa succede quando i dispositivi IoB alimentati dalla tecnologia con livelli ancora maggiori di radiazioni vengono impiantati nel corpo umano? Dove sono gli studi di sicurezza a lungo termine? Se esistono già o sono in corso, chi li sponsorizza? Se gli studi provengono dalle stesse industrie pronte a trarre profitto dal loro uso, allora l’illecito è quasi garantito.
Potenziale di uso improprio
Purtroppo, sembra che le conseguenze negative dei dispositivi IoB supereranno di gran lunga i loro progressi. Ci sono davvero troppe cose che possono andare storte, come indicato nella tabella 4.
Dalla morte, alle sfide per la sicurezza nazionale, alla violazione dell’autonomia del corpo, gli esiti negativi della tecnologia IoB sono devastanti. RAND conferma ancora più le preoccupazioni, evidenziando che:
“L’accesso a enormi flussi di dati biometrici in live-streaming potrebbe … abilitare uno stato di sorveglianza di intrusione e conseguenze senza precedenti. Potrebbe aumentare le disparità di risultati sanitari, dove solo le persone con mezzi finanziari hanno accesso a uno qualsiasi di questi benefici. L’aumento della connettività nei dispositivi IoT e IoB potrebbe fornire una maggiore superficie di attacco che introduce più vulnerabilità attraverso queste reti. Proprio come il possesso straniero di dati sulle abitudini di incontro degli Americani o sullo stato dell’HIV potrebbe essere utilizzato per scopi nefasti, i dati biometrici e sanitari dei consumatori statunitensi potrebbero essere sfruttati da avversari che potrebbero compilare dati da numerose fonti per costruire profili dettagliati dei loro obiettivi americani.”
Naturalmente, molte persone hanno già dispositivi medici impiantati per tenerle, per intenderci, in vita. Eppure, anche questi tipi di impianti usati frequentemente sono in gran parte non testati. Un articolo di Consumer Reports ha sottolineato questo problema, affermando:
“Decine di milioni di Americani vivono con dispositivi medici impiantati nei loro corpi – articolazioni artificiali, defibrillatori cardiaci, retine chirurgiche. Ed è cosa certa che la maggior parte di loro presume che qualcuno, da qualche parte, ha testato i dispositivi per la sicurezza e l’efficacia.
Ma questo è raramente il caso. Per la maggior parte degli impianti e altri dispositivi ad alto rischio immessi sul mercato, i produttori non fanno altro che depositare alcuni documenti e pagare alla Food and Drug Administration una tassa d’uso di circa 4.000 dollari per iniziare a vendere un prodotto che può accumulare molti milioni di dollari di entrate.”
Attualmente l’IoB non è regolamentato
Pur riconoscendo l’estremo pericolo che questa tecnologia introduce, le aziende stanno continuamente creando nuovi prodotti e raccogliendo dati senza molta supervisione o regolamentazione. Questo pone due domande fondamentali: (1) chi possiede i dati raccolti attraverso i dispositivi e la tecnologia IoB e (2) come saranno regolamentati gli sviluppatori di tecnologia e i raccoglitori di dati? RAND ammette la mancanza di risposte riguardo a queste questioni, spiegando:
“Per quanto riguarda i dispositivi IoB, non c’è una singola entità che fornisce la supervisione sui dati IoB… I broker di dati sono in gran parte non regolamentati, e gli Stati Uniti non hanno una legge federale sulla privacy dei dati, ma si basano su leggi statali che differiscono notevolmente.
La mancanza di coerenza nelle leggi sull’IoB tra gli Stati e tra il livello statale e federale potenzialmente consente lacune normative e criticità di applicazione. Come in molti settori, i rapidi progressi nelle tecnologie IoB hanno superato lo sviluppo delle politiche per affrontare i loro rischi.
…Non ci sono ancora norme legali su chi possiede i dati generati da un dato dispositivo IoB – l’utente, il produttore, il fornitore di servizi sanitari? Le politiche che regolano la vendita delle informazioni degli utenti a broker di dati di terze parti, o che regolano il funzionamento dei broker di dati, se proprio esistono si stanno originando [attualmente].”
L’IoB è direttamente collegato al transumanesimo, al biohacking e ai cyborg
Siamo costantemente condizionati ad accettare prontamente la tecnologia invasiva, come dimostra questa pubblicità dell’Apple Watch.
VIDEO QUI: https://youtu.be/TCMnrssX1NE
Molte persone sono già abituate a dispositivi di tracciamento dei dati, ma sono preparate a sopportare una tecnologia ancora più invasiva come quella proposta da transumanisti, bio/body hacker e cyborg? RAND descrive ciascuna di queste correnti [n.d.T. di pensiero] come segue:
“Il Transumanesimo è una visione del mondo e un movimento politico che sostiene la trascendenza dell’umanità oltre le attuali capacità umane. I Transumanisti vogliono usare la tecnologia, come organi artificiali e altre tecniche, per fermare l’invecchiamento e raggiungere un “prolungamento radicale della vita”.
Il Bodyhacking si riferisce generalmente alla modifica del corpo per migliorare le proprie capacità fisiche o cognitive.
I Cyborg, o organismi cibernetici, sono persone che hanno usato macchine per migliorare l’intelligenza o i sensi.”
Qui ci sono solo alcuni esempi delle cose bizzarre che le persone appartenenti a uno o più di questi movimenti hanno fatto ai loro corpi:
- un daltonico si è fatto impiantare chirurgicamente un’antenna nella testa per “sentire” il colore
- un regista si è fatto impiantare una videocamera wireless nell’occhio, diventando il primo “eyeborg” al mondo
- un artista della modificazione del corpo ha aperto la strada al processo di impianto di magneti sotto la pelle
- una società chiamata Grindhouse Wetware ha creato il dispositivo Northstar V1, che emette luce rossa attraverso la pelle, imitando la bioluminescenza
- persone in Svezia si sono fatte collocare microchip nelle loro mani per sostituire contanti e carte di credito
Il fatto che vi siano già persone che si trasformano volontariamente in cyborg rende l’umanità matura per la massiva intrusione a livello corporeo, la modificazione genetica e la manomissione del DNA, e la fusione con le macchine, come previsto da individui come Nick Bostrom, Ray Kurzweil, Zoltan Istvan e Klaus Schwab.
L’IoB apre la strada al Great Reset e alla Quarta Rivoluzione Industriale
Nel suo libro del 2016 The Fourth Industrial Revolution, Klaus Schwab, CEO del World Economic Forum, ha scritto:
“Delle molte diverse e affascinanti sfide che affrontiamo oggi, la più intensa e importante è come comprendere e dare forma alla nuova rivoluzione tecnologica, che comporta niente meno che una trasformazione dell’umanità. Siamo all’inizio di una rivoluzione che sta cambiando fondamentalmente il modo in cui viviamo, lavoriamo e ci relazioniamo. Nella sua scala, portata e complessità, quella che considero la quarta rivoluzione industriale è diversa da qualsiasi cosa l’umanità abbia sperimentato prima.
…I cambiamenti sono così profondi che, dal punto di vista della storia umana, non c’è mai stato un momento di maggiore promessa o potenziale pericolo.”
Per realizzare questa nuova rivoluzione tecnologica, Schwab sostiene l’aumento della tecnologia IoB citando che l’82% dei dirigenti intervistati crede che entro il 2025 ci sarà un punto di svolta in cui le persone accetteranno prontamente i dispositivi impiantabili.
“Le persone stanno diventando sempre più connesse ai dispositivi, e questi dispositivi stanno diventando sempre più connessi ai loro corpi. I dispositivi non vengono solo indossati, ma anche impiantati nei corpi, con funzioni di comunicazione, di monitoraggio della posizione e del comportamento, e di salute… I tatuaggi intelligenti e altri chip speciali potrebbero aiutare l’identificazione e la localizzazione. I dispositivi impiantati probabilmente aiuteranno anche a comunicare pensieri normalmente espressi verbalmente attraverso uno smartphone “incorporato”, e potenzialmente pensieri o stati d’animo inespressi leggendo le onde cerebrali e altri segnali.”
Schwab non vede l’ora che arrivi il giorno in cui gli impianti biologici potranno leggere la nostra mente! State cominciando ad avere il quadro completo di dove tutto questo sta portando? La domanda da porsi, man mano che più tecnologia viene sviluppata e messa in uso, è: chi ne beneficia? Queste iniziative sono davvero per il bene dell’umanità, o solo per pochi all’estremo vertice che desiderano un maggiore controllo sulle masse? Penso che un ulteriore saggio dei pensieri di Schwab aiuterà a fornire risposte definitive a queste domande. Nel suo libro di follow-up del 2018, Shaping the Fourth Industrial Revolution, Schwab spiega:
“Il mondo è a un bivio. I sistemi sociali e politici che hanno sollevato milioni di persone dalla povertà e modellato le nostre politiche nazionali e globali per mezzo secolo ci stanno deludendo. I benefici economici dell’ingegno e dello sforzo umano stanno diventando più concentrati, la disuguaglianza sta aumentando, e le esternalità negative della nostra economia globale integrata stanno danneggiando l’ambiente naturale e le popolazioni vulnerabili: le parti interessate meno in grado di assorbire il costo del progresso.
La fiducia del pubblico negli affari, nel governo, nei media e anche nella società civile è tracollata al punto che più della metà del mondo sente che il sistema attuale li sta deludendo. Il crescente divario di fiducia tra coloro che si trovano nel quartile di reddito più alto del loro Paese e il resto della popolazione indica che la coesione sociale è fragile nel migliore dei casi, e nel peggiore molto vicina alla rottura.
È in questo precario contesto politico e sociale che affrontiamo sia le opportunità che le sfide di una serie di potenti tecnologie emergenti – dall’Intelligenza Artificiale, alle biotecnologie, ai materiali avanzati al calcolo quantistico – che porteranno cambiamenti radicali nel nostro modo di vivere, e che ho descritto come costituenti la Quarta Rivoluzione Industriale.”
Detto in soldoni, Schwab e quelli della sua risma stanno esacerbando problemi come la povertà, l’ineguaglianza, i disordini civili, la sfiducia nel governo e il degrado ambientale per indurre l’umanità a desiderare un modo migliore. Questo modo è ciò che lui chiama la Quarta Rivoluzione Industriale. In combinazione con i piani per il Great Reset, la congrega che comprende il World Economic Forum e molte altre entità globali ha intenzione di offrire una soluzione che risolverà tutti i mali dell’umanità, ma in realtà servirà a renderci ancora più schiavi. Saremo controllati dalla tecnologia che stanno creando a rotta di collo, e soggiogati a una forma inferiore di umanità mascherandola come progresso e illuminazione. Per quanto riguarda la sua visione di rifare l’umanità a sua immagine, Schwab continua dicendo:
“Il futuro sfiderà la nostra comprensione di ciò che significa essere umani, sia da un punto di vista biologico che sociale. Le biotecnologie emergenti promettono di migliorare e aumentare la durata della vita umana e di migliorare la salute fisica e mentale. Anche l’opportunità di integrare le tecnologie digitali con i tessuti biologici sta crescendo, e ciò che questo lascia presagire per i prossimi decenni sta ispirando una serie di emozioni, dalla speranza alla meraviglia alla paura. Gli ottimisti descrivono un mondo più sostenibile, libero dalle malattie che combattiamo oggi. I pessimisti avvertono di un futuro distopico di bambini di sintesi e di un accesso ineguale ai frutti della biotecnologia.”
Immagino che Schwab non abbia mai letto i racconti ammonitori degli uomini che tentano di giocare a fare Dio come Frankenstein e L’isola del dottor Moreau? Chiamatemi pessimista, ma non credo nel futuro da incubo che Schwab, la RAND Corporation e tutti i loro congiurati desiderano creare. In un’intervista con il whistleblower della RAND Alex Abella, Paul Joseph Watson ha rivelato ciò che ha realmente alimentato i conseguimenti dell’organizzazione:
“L’obiettivo finale della RAND era avere tecnocrati che gestissero ogni aspetto della società nel perseguimento di un unico governo mondiale che sarebbe amministrato sotto “la regola della ragione”, un mondo spietato dove l’efficienza era sovrana e gli uomini poco più che macchine, ed è per questo che la RAND ha studiato le scienze sociali, perché non riusciva a capire come affrontare le persone e come gli esseri umani non agiscano sempre nel loro prevedibile interesse personale. Non c’è posto per l’amore, l’empatia o l’altruismo nel nuovo ordine mondiale che la RAND e la Fondazione Ford stanno lavorando a creare, e il patriottismo e l’altruismo sono contrari ai loro obiettivi.”
I veri scopi dietro l’Internet dei corpi e altri schemi come l’Agenda 2030, il Great Reset e la Quarta Rivoluzione Industriale non sono altruistici, ma diabolici. Siate avvertiti che questa tecnologia può rendere la vostra vita più facile a breve termine, ma il suo scopo a lungo termine è rendere noi tutti solo schiavi disumanizzati.
Link: https://truthunmuted.org/the-internet-of-bodies/
Scelto e tradotto da NICKAL88 per comedonchisciotte.org
FONTE: https://comedonchisciotte.org/linternet-dei-corpi-iob-e-lhacking-del-dna/
L’emergenza ecologista e il nuovo ordine mondiale: perché i conservatori dovrebbero sparigliare
Continua l’approfondimento dell’Occidentale sul tema ambientale e il ruolo dei conservatori. Pubblichiamo qui l’intervento di Gaetano Quagliariello nel dodicesimo Rapporto sulla Dottrina sociale della Chiesa nel mondo, dal titolo “Ambientalismo e globalismo: nuove ideologie politiche”, realizzato dall’Osservatorio Van Thuan a cura di Riccardo Cascioli, Giampaolo Crepaldi e Stefano Fontana (ed. Cantagalli).
Una questione di metodo
Di fronte a un problema che c’è, ed è evidente, il modo giusto per contrastare false rappresentazioni, schemi contraddittori e ricette ideologiche non è negare l’esistenza del problema stesso, ma contrapporre alle letture distorte una visione consapevole e razionale della realtà.
La questione ambientale è un terreno ideale sul quale tentare questo cambio di approccio. Al cospetto infatti di un ecologismo assurto quasi a religione civile, fondato sul sovvertimento dell’ordine naturale e divenuto arma di lotta politica e soprattutto di guerra geopolitica, pensare di difendersi trincerandosi dietro quello che con un termine abusato può definirsi “negazionismo” significa regalare campo agli avversari. E significa rinunciare a far proprio un tema che, interpretato secondo le corrette categorie, può portare a una nuova stagione di sviluppo e soprattutto aiutarci a capire cosa sta accadendo nel mondo al di là dell’ipocrisia della narrazione dominante.
La natura che cambia
Insomma, rifiutarsi di ribaltare l’ordine gerarchico del creato, scorgere nel nuovo moloch ambientalista la riproposizione del vizio materialista e totalitario già sperimentato in altri ambiti, non impedisce a un liberal-conservatore di riconoscere che un problema ambientale vi sia. Non certo perché ce lo dicano gli striscioni di Greta Thunberg o il dibattito sul surriscaldamento globale. A dircelo sono indicatori più complessi e diversissimi per caratteristiche e dimensioni di scala.
C’è l’esperienza diretta degli operatori economici che esercitano attività legate al territorio, i quali possono testimoniare i mutamenti che condizionano il loro lavoro e quanto il successo e la stessa sopravvivenza della loro impresa dipendano dalla capacità di coglierli e di reinventarsi di conseguenza. Vi sono le ripercussioni del consumo del suolo da un lato e dell’incuria dall’altro, di cui ci si rende conto in occasione delle calamità naturali (incendi, alluvioni…) ma che il giorno dopo già vengono dimenticate fino alla tragedia successiva. C’è, per riferirci a un’epoca recentissima, la stessa constatazione della ricomparsa di specie animali prima introvabili in contesti antropizzati in coincidenza con il fermo produttivo determinato dalla pandemia. Circostanza, quest’ultima, che se ha portato i fanatici a vedere nel Covid una sorta di vendicatore della natura contro l’uomo cattivo, non può non contribuire, per chi avesse voglia di farlo razionalmente, ad approcciare la questione ambientale nei suoi termini di realtà.
Infine, a segnalare che un problema esiste, vi sono le mire espansionistiche di taluni grandi Stati, che solo in parte si spiegano con ambizioni “imperiali” declinate secondo la geopolitica del terzo millennio, e che hanno a che fare anche con la scarsità di risorse agroalimentari autoctone dovuta a politiche economico-industriali sregolate e selvagge dettate dal connubio tra il peggio del comunismo e il peggio del capitalismo. Politiche nei confronti delle quali le anime belle, stranamente, tacciono.
La globalizzazione e lo strabismo delle anime belle
In questo senso, affermare che la globalizzazione abbia accentuato di molto il problema ambientale è una adamantina verità. Spesso, tuttavia, raccontata all’inverso: al contrario di ciò che sostiene la propaganda pauperista e mondialista, il fenomeno non è dovuto all’espansionismo del cattivo Occidente, ma a una dinamica di segno quasi opposto.
L’apertura dei mercati e degli interscambi a livello mondiale, infatti, ha posto il problema di una concorrenza più spietata e meno regolata. E’ un dato di fatto che si può cogliere già intuitivamente: con il venir meno di barriere protettive fra ambiti di mercato circoscritti e omogenei, dettate da un substrato di regole minime comuni, il confronto commerciale con chi riesce a produrre a costi minori grazie allo sfruttamento selvaggio dell’ambiente (e delle risorse umane, tema che però esula da questa riflessione), rischia di indurre i concorrenti a forzare nella medesima direzione per reggere la competizione. La risposta spesso inadeguata degli Stati occidentali e soprattutto delle istituzioni sovranazionali, che non di rado appaiono vocati più a complicare la vita a chi mette in atto pratiche virtuose che ad arginare l’aggressività degli imperi emergenti con armi efficaci, completa il quadro di inaudita complessità nel quale gli operatori economici sono costretti a muoversi.
Caso emblematico è quello della Cina. Alcuni osservatori particolarmente acuti, come Giulio Tremonti, posero per tempo quello che nel giro di qualche anno sarebbe diventato un problema epocale per il mondo e in particolare per l’Occidente europeo, ma purtroppo sono rimasti inascoltati.
Dal punto di vista che qui ci occupa, è vistoso lo strabismo con il quale determinati circuiti ambientalisti concentrano la propria offensiva nei confronti dei modelli produttivi occidentali (certamente perfettibili ma quantomeno regolati), giudicati insostenibili e responsabili di qualsiasi cataclisma (reale o immaginario che sia), mentre sono colti da improvviso mutismo – quando non addirittura da compiacente acquiescenza – di fronte a regimi come quello cinese che, come abbiamo già detto, alimentano la propria prepotente espansione commerciale attraverso lo sfruttamento selvaggio delle persone e dell’ambiente. Ugualmente – giusto per fare un altro esempio – si tace di fronte alla situazione ambientale disastrosa determinata da un mix micidiale di industrializzazione e arretratezza in Paesi strategici ma dimenticati dal mainstream, come l’India.
(…)
Il nuovo ordine mondiale
La guerra ecologica è anche geopolitica. E non è un caso che, come appare evidente ad esempio nel fenomeno Greta ma non solo, taluni circuiti ambientalisti particolarmente ideologizzati siano sostenuti da potenti lobby con capacità di penetrazione mediatica, politica, economica e culturale a livello internazionale. Per questo – soprattutto per questo – la questione ambientale rischia oggi di rappresentare il paravento dietro il quale realizzare un nuovo ordine mondiale nel quale l’Occidente, con il suo modello sociale e i suoi valori che siamo diventati incapaci di difendere, sia relegato al ruolo di comprimario.
La risposta dell’Occidente
Tuttavia, come detto in premessa, la risposta giusta da parte dei pochi che non intendano rassegnarsi a questa deriva, non è negare che un problema ambientale esista. La risposta è far proprio questo tema declinando in modo nuovo i modelli di sviluppo socio-economico dell’Occidente, che rimangono quanto di più avanzato la civiltà umana abbia saputo mettere in campo e dimostrano come la più alta forma di ambientalismo sia quella che non demonizza ma valorizza le attività antropiche, se correttamente esercitate, come strumento principe di cura del territorio.
Il problema dello sfruttamento ambientale, amplificato a dismisura dalla globalizzazione, può essere insomma affrontato in modo pragmatico con un poderoso percorso di riforme che investa tanto il piano culturale quanto quello dei concreti processi produttivi, che consenta di addivenire a un mercato che sia al tempo stesso realmente libero e realmente regolato anche su scala globale, e che sappia coniugare il patrimonio delle nostre tradizioni con le opportunità offerte dalla modernizzazione. L’alternativa è che la questione ambientale diventi definitivo ed esclusivo appannaggio di un ecologismo ideologico, ipocrita, pauperista e materialista.
Attacco alla centralità dell’uomo
L’ecologismo mondialista, cosa ben diversa dal rispetto dell’ambiente, non è poi altro che una delle facce di una medesima deriva culturale e sociale che tende a mettere in dubbio l’antropocentrismo. Non è un caso che il fanatismo ambientalista coincida spesso con posizioni di segno totalmente opposto sul versante antropologico. Gli stessi che si stracciano le vesti per un agnello mangiato a Pasqua, per una scultura realizzata su un tronco o per un medicinale sperimentato su un topo, sono poi favorevoli all’aborto, all’eutanasia, alla compravendita dei bambini e mostrano una idiosincrasia verso ogni forma di disabilità e di fragilità che diviene invece meritevole della massima tutela quando riguarda un gatto o un filo d’erba.
Checché se ne dica, insomma, una certa forma di ambientalismo non è altro che un attacco geopolitico non convenzionale all’Occidente, un attacco culturale alle sue tradizioni, e un attacco a quella religione rivelata che si fonda sulla centralità dell’uomo e sul rispetto per il creato come casa dell’uomo stesso. Non a caso l’offensiva dell’ambientalismo ideologico, di cui abbiamo parlato poc’anzi, è spietata nei confronti dei modelli produttivi sviluppisti di Paesi del mondo cristiano mentre tacitamente approva il materialismo sfrenato, assai più dannoso per l’ambiente, di regimi illiberali e profondamente ateisti.
Dove va la Chiesa?
Ciò che colpisce, in questo quadro, è che tale tipo di visione si stia facendo strada con il consenso della Chiesa, che in vari modi la asseconda, invece di rappresentare una forza di interdizione che contrapponga all’ideologia una visione ambientale corretta.
E’ paradossale che per certi versi sia la Chiesa ad avallare il fatto che proprio mentre si nega il dato naturale dell’antropologia si esalti l’ideologia ambientalista, ribaltando il nesso tra il fine e lo strumento di cui alla formula kantiana per la quale il soggetto umano è da considerarsi sempre come un fine e mai come un mezzo. Insomma, in ambito ecclesiastico, dalla riflessione ratzingeriana sulla precisa gerarchia che esiste tra Dio, l’uomo e il creato, si è passati a un’idea quantomeno “orizzontale”, di intima connessione e scarsa differenziazione – talvolta in aperta contrapposizione con l’antropocentrismo occidentale -, quando non proprio a un rovesciamento del triangolo.
Cesare, l’ambiente e Dio
Dallo stesso punto di vista laico, del resto, il venir meno di ogni distinzione, fino a negare quella fra Creatore e creatura, determina la messa in discussione del principio personale, fino al predominio della tribù e dello Stato in chiave anti-personale e anti-comunitaria e, paradossalmente, alla perdita della separazione fra Cesare e Dio. Si perde, al fondo, anche l’idea della dimensione economica come attività umana funzionale al completamento del disegno sull’uomo.
Non è un caso che la concezione lineare del tempo, per la quale con la messa a frutto dei talenti e con la sottomissione della natura all’uomo si sviluppa il disegno di Dio, sia negata proprio dai regimi ateisti fondati su modelli di produzione e di organizzazione sociale assai distanti dai nostri. Sicché, come ha ben spiegato Salvatore Rebecchini in diverse sue riflessioni, taluni economisti sono giunti ad affermare che per “salvare la natura” (sottinteso, salvarla dal primato dell’uomo considerato “usurpatore”) non bisogna cambiare le fonti di approvvigionamento energetico ma bisogna cambiare religione, rimuovendo la concezione cristiana fondata sulla supremazia dell’uomo sulla natura e sulla liceità del suo utilizzo per i fini umani.
Beninteso, il rispetto dell’ambiente è un valore importantissimo e l’utilizzo è qualcosa di ben diverso dall’abuso. Di più: l’ambiente merita rispetto proprio in quanto è l’òikos nel quale l’uomo vive e opera, e a tal fine la vera tutela dell’ambiente è quella che si coniuga con le attività antropiche eticamente realizzate. Basti pensare all’immenso valore ambientale dell’agricoltura, o alla funzione bonificante di attività produttive opportunamente regolate in territori altrimenti abbandonati al degrado. Insomma, una visione cristianamente orientata della società e del modo di rapportarci con l’ambiente è essenziale anche da un punto di vista laico. Tutelare una certa visione di Dio significa tutelare anche una certa visione di Cesare da chi, anche attraverso il moloch ecologista, vorrebbe imporci un nuovo ordine mondiale.
FONTE: https://loccidentale.it/lemergenza-ecologista-e-il-nuovo-ordine-mondiale-perche-i-conservatori-dovrebbero-sparigliare/
ATTUALITÀ SOCIETÀ COSTUME
Il cosmopolitismo individualista
Ruggero Arenella – 6 marzo 2015
Quello che le elites neoliberiste sono riuscite a fare é così grande che non riusciamo neanche ad accorgecene.
La sinistra é morta. Morta. Sopravvive in piccole nicchie, intllettuali o no. Ma dire una goccia nell’oceano forse è dire troppo.
Che cos’é il cosmopolitismo? Ognuno è cittadino del mondo. Che cos’é l’individualismo? L’individuo è al centro del mondo.
Questa sera ad Atene ho avuto una discussione con una ragazza spagnola e un ragazzo greco. Lui 36 anni, di Atene. Lei molti meno, credo meno di 25. Entrambi hanno girato parecchio. Lei molto di più. Fra noi ci si parla in inglese. Tre nazioni del sud Europa per capirsi fra di loro devono parlare una lingua del nord Europa.
Come fare a cambiare il mondo? Lei e lui dicono all’unisono: “per cambiare il mondo bisogna che ognuno di noi cerchi di cambiare se stesso e le persone che gli stanno vicino”. Poi il mondo cambierà. Io a lei le ho detto, mentre lui era in bagno: “Marx diceva che non é la coscienza degli uomini a creare il loro essere sociale, al contrario, é il loro essere sociale che crea la loro coscienza”. Per lei non era giusto.
Lui mi dice: “Se il figlio del padrone della Nike fosse un mio amico, io parlando con lui riuscirei a cambiarlo. E poi quano prenderà il posto del padre non sarà una merda come lui.” E io gli rispondo: “ma lui ha interessi diversi dai tuoi, dai miei. Davvero speri di cambiarlo?”. Lui mi risponde deciso: “Si”. Lei: “non credo nei muri e nelle frontiere”. Lui: “Il cmbiamento deve partire da noi stessi”, e poi sparecchia al posto della cameriera.
Perché dei valori buoni finiscono ad asservire gli interessi del grande capitale internazionale? Lei ha una fotocamera Canon, lui una macchina giapponese credo, non so la marca. Mi dicono che i soldi non sono niente. Io gli dico: “allora la birra che ci stiamo bevendo é niente?”. Sguardo in un altra direzione. Nel frattempo i manager dell’Hitachi stavano brindando per l’acquisto dell’Ansaldo. I soldi che faranno non saranno redistribuiti fra i lavoratori, verranno investiti in borsa in qualche titolo ad alto rendimento.
La discussione é iniziata perché lui nota al mio polso un braccialetto comprato dai giamaicani in piazza Monastiraki.
Loro dicono che i giamaicani sono invandenti, non rispettano il volere degli altri e assillano la gene finché non comprano un braccialetto. Io provo a dire loro che per i giamaicani immigrati é questo il lavoro che possono fare perché la comunità giamaicana qui fa così.
Poi si é passati ai pakistani che lapidano le donne. Da li gli ho detto che dobbiamo lasciare in pace quei popoli e dare loro la possibilità di autodeterminarsi. Da li i lavoratori sfruttati della Nike, ecc.
Persone che viaggiano molto, vedono diverse culture, diverse storie poi non capiscono un cazzo di come funziona la società. Perché l’individuo sta al centro, le genti si mischiano, ecc. Ma in un mondo di genti mischiate se noi viaggiamo in realtà sarà come viaggiare sempre nello stesso posto.
E gli individui saranno tutti così uguali che parlare diventerà come pensare fra noi stessi.
Della politica non gliene frega un cazzo. Non conta dicono.
A lui gli ho detto io l’ultima proposta di legge di Varoufakis. Lei fa video girando il mondo, prendendo due soldi di qua e di la. E li spende tutti viggiando. Lui non so che lavoro fa. Ma a 36 anni se esci la sera a bere é perché non guadagni abbastanza. Quando provo a dirgli che i nostri genitori alla nostra età guadagnavano più di noi il discorso si blocca.
La politica, l’economia, non contano un cazzo. Siamo tutti cittadini del mondo. Dobbiamo avere rispetto gli uni degli altri e tutte le cose andranno bene.
Il mondo cambierà. Elites neoliberiste brindate. Un esercito di schiavi consapevoli della loro libertà vi sta dinnanzi.
La spagnola me la sono giocata. E ci stava. Ma non riesco a fare si con la testa.
FONTE: http://voxpopuli.xyz/2015/03/06/il-cosmopolitismo-individualista/
BELPAESE DA SALVARE
L’Italia di Draghi nella nuova guerra fredda che si annuncia
L’era di internet ha portato la “democrazia integrale”: quella senza i contrappesi del liberalismo; quella che tutto livella e che, anche per questo, occhieggia pericolosamente al totalitarismo; quella per cui tutte le opinioni, tutti i comportamenti hanno la stessa legittimità e “uno vale uno” non soltanto al momento del voto ma in ogni manifestazione della vita sociale e vieppiù di quella politica.
Nel corso di questa stagione, inevitabilmente, la competenza “l’è morta” o, quantomeno, è rimasta gravemente ferita. E in politica questo si è avvertito ancora di più. Nonostante la pialla passata su opinioni e azioni, infatti, nessuno o quasi si sarebbe fatto mettere le mani addosso da un chirurgo mai entrato prima in sala operatoria; nessuno o quasi avrebbe affidato la costruzione di un ponte a un ingegnere scarso nei calcoli. In politica invece, per una ragione oscura, il non saperne un tubo e la mancanza di qualsiasi esperienza sono stati considerati elementi qualificanti un curriculum, pre-requisiti per poter avere successo.
Ecco, forse si rivelerà solo una pia impressione, ma sembra che lo shock provocato dalla pandemia abbia cambiato tutto ciò. In Italia con più evidenza che altrove perché tale inversione di tendenza è incarnata, addirittura, dal Presidente del Consiglio Mario Draghi.
Le sue performances fanno sperare nel ritorno degli statisti. Draghi nella quotidianità, di fronte alle fibrillazioni della vita politica, ha l’attitudine di un turista svedese capitato per caso nel nostro Paese. A differenza dei suoi più prossimi predecessori che avrebbero inondato il web di messaggi, interrotto i programmi di prima serata, convocato conferenze stampa in bilico sul cornicione di Palazzo Chigi, non solo non si agita: non alza neppure il sopracciglio. Quando però i problemi si fanno seri e veri, allora agisce senza clamore ma con grande determinazione, senza preoccuparsi troppo di quale fazione, partito, schieramento, la sua scelta avvantaggi o punisca.
Questa propensione potrebbe giovare persino al prestigio e al ruolo internazionale dell’Italia. Essa è emersa in tutta la sua evidenza negli appuntamenti ravvicinati dei vertici Nato e G7 i quali, nell’ambito della politica estera, hanno segnato a loro volta una considerevole cesura con il passato più prossimo.
Molti commentatori – e lo stesso Draghi – hanno evidenziato come da quei summit e dalle posizioni assunte dal neo-presidente americano Biden si debba desumere una rottura assoluta con la linea che la politica estera americana aveva intrapreso sotto la guida di Trump. Anche alla luce del successivo incontro tra Biden e il Presidente russo Putin, saremmo portati tuttavia ad attenuare un po’ questa diagnosi. Nel senso che la rottura senz’altro c’è, epperò non è così assoluta come pure è stato affermato. La politica estera americana continua infatti a guardare prevalentemente verso il Pacifico e tra le tante colpe di Trump, francamente, non ci sembra si possa annoverare quella di esser stato tenero e lassista nei confronti della Cina: anche per quanto riguarda la volontà di determinare le effettive responsabilità della crisi mondiale scatenata dalla pandemia. Quel che è cambiato del tutto sono i presupposti sui quali il neo-Presidente ha fatto intendere di voler fondare i nuovi rapporti transatlantici. In quest’impostazione non c’è traccia di quella dottrina Monroe – derubricata a “sovranismo” – dalla quale, invece, Trump aveva attinto a piene mani.
La sfida con la Cina, insomma, non è più intesa come una sfida di potenza che riguarda i soli interpreti principali. E’ diventata una sfida globale che riguarda tutto il mondo Atlantico e che, per questo, investe l’ambito delle idee, della strategia, dell’economia. Le solidarietà, in tal modo, si cementano e per i Paesi che aderiscono all’alleanza gli spazi per “derazzare” quasi si annullano: come ai tempi della Guerra Fredda. In tal modo la Nato – declassata a “sovrastruttura” da Trump – torna ad essere la Nato e l’Europa torna ad essere l’Europa. Non più una ideologia di sostituzione di un internazionalismo che ha fallito, non più un bersaglio per sovranisti in cerca di una sovranità che non c’è, ma una imprescindibile necessità fondata su vincoli ideali e culturali, sia in ambito strategico che in ambito economico.
Biden, nel rilanciare la sfida atlantica alla Cina, ha coinvolto anche la Russia di Putin, sebbene con qualche nuance. Pure quest’accostamento ci riporta indietro nel tempo, anche se oggi le parti si sono invertite. Al tempo della Guerra Fredda, infatti, l’avversario principale del mondo libero era l’Unione Sovietica e un ruolo ancillare – quasi di complemento – era invece riservato al Dragone Rosso, troppo occupato con i riflessi interni della sua rivoluzione per poter fino in fondo esprimersi sullo scenario internazionale. Questo assetto durò fino al 1964, quando in un mondo fin lì bipolare scoppiò una guerra fredda all’interno del mondo comunista la quale, all’ombra di uno scontro sulla dottrina, contrappose Urss e Cina e le loro ambizioni in Asia. Il mondo atlantico seppe sfruttare le contraddizioni che si aprirono nel campo avversario, seppe operare per allargare le differenze tra i due ex-alleati attraverso una politica diplomatica inedita che allora fu detta “la diplomazia del ping pong”.
Avevamo previsto che, in un contesto completamente differente, l’attitudine dell’America sarebbe stata la medesima. L’incontro tra Biden e Putin ci ha confermato in questa convinzione. Insomma, la notizia è che anche in politica estera si sta tornando al classico. E la notizia ancora più positiva è che, in questo contesto, l’Italia di Draghi sta facendo tutta la sua parte.
FONTE: https://loccidentale.it/il-nuovo-ordine-mondiale-una-nuova-guerra-fredda-di-g-quagliariello/
CONFLITTI GEOPOLITICI
L’Ucraina-gate imbarazza gli Usa (Parte 3)
22 Giugno 2021
Per leggere la Parte 1 e la Parte 2
TERZA PARTE
Il secondogenito dell’attuale presidente americano, Hunter Biden, si sarebbe in più occasioni rivolto al proprio avvocato – etnicamente bianco – con l’appellativo «negro». Ma non è la prima circostanza in cui Hunter Biden mette in imbarazzo la propria famiglia (e con questa, i vertici della politica americana): Hunter è stato infatti protagonista di una moltitudine di episodi che hanno suscitato clamore negli ultimi dieci anni.
Hunter Biden ha condotto a lungo una vita sfrenata tra prostitute, alcol e abuso di crack. Nemmeno la morte del fratello Beau Biden nel 2015 era riuscita a stemperare la condotta dell’eterno giovane Biden. A poca distanza dalla morte di Beau, l’ormai quarantacinquenne Hunter era stato scoperto avere una relazione extraconiugale con la vedova del fratello appena defunto. Con cinque figli, un matrimonio fallito alle spalle ed uno stile di vita estremo per almeno una decade, viene da chiedersi come Hunter Biden abbia potuto sostenere economicamente tutto questo.
Ovviamente, fare parte dell’impero Biden ha aiutato. Sin da giovane, Hunter è stato spesso scelto più per il suo cognome che per le sue competenze: basti pensare che a soli ventisei anni Hunter sedeva già ai piani alti di MBNA – nota banca del Delaware e generosa finanziatrice delle campagne politiche di Joe Biden – percependo un reddito superiore ai 100.000 dollari annui. Anche i contatti con altri volti democratici noti, come John Kerry e la famiglia Clinton, sono certamente stati utili, ma negli ultimi anni, i legami di Hunter interni al paese si erano progressivamente indeboliti: persino per i democratici più convinti risultava complicato mantenere i rapporti con un personaggio come Hunter Biden e venire pubblicamente associati allo sperpero di soldi ricavati dalle tasse dei cittadini americani in droga, prostitute e lusso sfrenato.
Nonostante le prove effettive di tali comportamenti siano emerse soltanto di recente, i comportamenti di Hunter erano noti da tempo. Il ritrovamento nel 2019 di uno dei portatili di Hunter – abbandonato in un negozio di elettronica del Delaware – aveva però lasciato ben poco all’immaginazione. Nel computer erano state ritrovate foto del periodo 2014–2016 che ritraevano il figlio dell’attuale presidente americano in compagnia di prostitute e intento a fumare crack.
Nello stesso periodo in cui le abitudini di Hunter Biden venivano immortalate, il padre Joe non aveva perso l’occasione per garantire ad Hunter una posizione lautamente retribuita nei ranghi di Burisma, evidentemente per sopperire ai costi dello stile di vita del figlio. Ovviamente, il ruolo di vicepresidente ricoperto da Joe Biden ed la sua vicinanza con Poroshenko avevano reso il tutto piuttosto semplice.
Come visto in precedenza, il fondatore di Burisma Zlochevsky era già al tempo nel mirino del Serious Fraud Office (il dipartimento che si occupa delle frodi fiscali) di Londra: gli ingenti movimenti di proventi dalla truffa del reverse-flow verso paradisi fiscali come Cipro avevano destato non pochi sospetti a livello internazionale. Anche sul fronte interno, la situazione di Burisma era tutt’altro che rosea: dopo le proteste di Maidan e la destituzione di Yanukovich, il magnate ed ex ministro del settore energetico Zlochevsky era scappato dall’Ucraina. Aggiungere un cognome come quello di Biden al consiglio amministrativo della società risultava dunque utile per garantire a Zlochevsky e Burisma una certa tutela, sia a livello nazionale che internazionale.
Dopo il Maidan del 2014 Burisma offriva quindi una sistemazione ideale per Hunter Biden, lontana – allora – dall’attenzione dell’opinione pubblica americana e internazionale. Hunter Biden ha occupato una posizione ai vertici di una delle compagnie energetiche più importanti in Ucraina per cinque anni senza alcuna competenza e con un compenso di circa 50.000 dollari al mese. E, come evidenziato in precedenza, almeno una parte di questi soldi sono stati spesi in alcool, droga, prostitute e lusso sfrenato. È lo stesso Hunter Biden a confermare i fatti nel suo libro Beautiful Things: «sono un alcolista e un tossicodipendente […] compravo crack per le strade di Washington per poi cucinarlo nella mia camera d’albergo a Los Angeles»
Joe Biden ha beneficiato personalmente della posizione del figlio, garantendo a Zlochevsky la protezione che a lui serviva e beneficiando dello schema di rivendita di gas denunciato pubblicamente dal parlamentare ucraino Andrey Derkach: soldi arrivati oltreoceano con il raddoppio delle tariffe di gas e luce imposto in Ucraina da Petro Poroshenko con il pieno appoggio degli Stati Uniti e dell’Unione Europea.
Ciò che è ancora più assurdo è che ad oggi Hunter Biden compaia regolarmente in programmi televisivi e sia stato reinserito a pieno titolo nel jet set americano. Forse perché suo padre ricopre adesso la massima carica delle istituzioni americane. O forse perché i media democratici trovano poco interessanti queste vicende: sia quelle che riguardano il ruolo degli Stati Uniti in Ucraina, sia quelle che riguardano la famiglia Biden. Ma d’altronde, si sa, quello del nepotismo è un problema tutto italiano.
Riferimenti: UKRAINIAN LIVES MATTER (versione inglese)
FONTE: https://www.lantidiplomatico.it/dettnews-lucrainagate_imbarazza_gli_usa_parte_3/39602_41969/
CULTURA
LE SATIRE DI LUDOVICO ARIOSTO
Le sette satire di Ariosto, scritte tra il 1517 e il 1525, sono una sorta di “autobiografia intellettuale” dell’autore dell’Orlando furioso. In quegli anni Ariosto è al servizio della corte estense. Da una parte aspira a una maggiore autonomia e indipendenza personale, dall’altra deve sottostare a numerosi obblighi: incombenze pratiche, incarichi diplomatici e amministrativi. Tra il 1522 e il 1525 ha inoltre il compito di governare per conto degli Este il territorio della Garfagnana. Come ha evidenziato Gino Ruozzi, delineando la vita sociale di quegli anni, a differenza di Boiardo, che era conte di Scandiano, Ludovico Ariosto ha un’estrazione sociale inferiore, per questo deve prestare servizio come uomo di corte, e nelle Satire viene raccontata questa sua condizione. Se nelle Satire i temi sono di natura quotidiana (“un meraviglioso elogio della quotidianità”), di contro, con il Furioso, Ariosto è un grande poeta della storia: attraverso la cronaca di quegli anni narra la fine del mondo cavalleresco.
Ermanno Cavazzoni, curatore di questa nuova edizione delle Satire di Ariosto, ha messo in luce come l’autore, con questi testi, s’inserisca all’interno di una tradizione nata nell’antichità con Orazio e Giovenale, volta a raccontare piccoli fatti della vita d’ogni giorno. L’aspirazione alla libertà, un termine ripetuto più volte nelle Satire, è prossima all’idea d’indipendenza, mentre il modo in cui Ariosto s’accosta ai fatti della vita risente indubbiamente di un’impostazione legata allo stoicismo.
Per Giovanni Giorgini, gli appassionati di pensiero e fatti politici troveranno interessanti le Satire per due motivi: perché potranno leggere un racconto, a tratti anche scherzoso, di quegli anni filtrato dalla sensibilità di un grande letterato come Ariosto e perché avranno la conferma ulteriore dell’importanza del Rinascimento italiano. Nelle Satire s’incontrano e s’intersecano tanti grandi personaggi che hanno segnato quell’epoca da un punto di vista culturale e politico.
VIDEO QUI: https://youtu.be/c-Nm4ZTwibA
FONTE: http://opinione.it/cultura/2021/06/22/istituto-bruno-leoni_libert%C3%A0-servit%C3%B9-rinascimento-indipendenza-personale-poeta-della-storia/
CYBERWAR SPIONAGGIO INFORMAZIONE DISINFORMAZIONE
Big Pharma e media hanno gli stessi proprietari
un articolo di capitale importanza del dottor Joseph Mercola
La storia in breve:
- Big Pharma e i media mainstream sono in gran parte di proprietà di due società di gestione patrimoniale: BlackRock e Vanguard.
- Le aziende farmaceutiche sono all’origine le reazioni al COVID-19 – che hanno messo in pericolo la salute pubblica invece di migliorarla – e i media mainstream sono stati complici nella diffusione della loro propaganda, una falsa narrativa ufficiale che fuorvia il pubblico e alimenta una paura basata sulle bugie.
- Vanguard e BlackRock sono i due principali proprietari-azionisti di Time Warner, Comcast, Disney e News Corp, quattro delle sei società di media che controllano oltre il 90% del panorama dei media statunitensi.
- BlackRock e Vanguard sono un monopolio segreto che possie4de praticamente tutto ciò che ti può venire in mente. In totale, possiedono partecipazioni in 1.600 società statunitensi, con un fatturato combinato di $ 9.100 miliardi nel 2015. Aggiungendo il terzo proprietario più grande al mondo, State Street, la loro proprietà combinata comprende quasi il 90% di tutte le società nell’S&P 500.
- Vanguard è il maggiore azionista di BlackRock. La stessa Vanguard, d’altra parte, ha una struttura unica nel suo genere che rende la sua proprietà più difficile da identificare; molte delle famiglie più antiche e ricche del mondo possono essere collegate ai fondi Vanguard
“Le azioni delle più grandi società del mondo sono di proprietà degli stessi investitori istituzionali. Si possiedono tutti l’un l’altro. Ciò significa ad esempio che i marchi “concorrenti”, come Coca Cola e Pepsi, non sono affatto concorrenti, dal momento che le loro azioni sono di proprietà delle stesse società di investimento, fondi di investimento, compagnie assicurative, banche e, in alcuni casi, governi.
Gli investitori più piccoli sono di proprietà di investitori più grandi. Questi sono di proprietà di investitori ancora più grandi. La parte superiore visibile di questa piramide mostra solo due società i cui nomi abbiamo visto spesso … Sono Vanguard e BlackRock.
Non solo possiedono gran parte delle azioni di quasi tutte le grandi società, ma anche le azioni degli investitori in quelle società. Questo dà loro un monopolio completo.
“L’élite che possiede Vanguard non ama essere sotto i riflettori… I rapporti di Oxfam e Bloomberg dicono che l’1% del mondo, insieme, possiede più soldi dell’altro 99%. Ancora peggio, Oxfam afferma che l’82% di tutti i soldi guadagnati nel 2017 è andato a questo 1%.
In altre parole, queste due società di investimento, Vanguard e BlackRock, detengono il monopolio in tutti i settori del mondo e, a loro volta, sono di proprietà delle famiglie più ricche del mondo, alcune delle quali sono reali e molto ricche da prima della Rivoluzione industriale.”
Mentre ci vorrebbe parecchio tempo per setacciare tutti i fondi di Vanguard per identificare i singoli azionisti, e quindi i proprietari di Vanguard, un rapido sguardo-see suggerisce che Rothschild Investment Corp. 8 e Edmond De Rothschild Holding sono due di questi stakeholder. 9 Nome che apparirà di nuovo in seguito. Altri nomi identificati comprendono anche la famiglia italiana Orsini, la famiglia americana Bush, la famiglia reale britannica, la famiglia du Pont, i Morgan, i Vanderbilt e i Rockefeller, come proprietari di Vanguard.
BlackRock/Vanguard possiede Big Pharma
Nel febbraio 2020, BlackRock e Vanguard risultano i due maggiori azionisti di GlaxoSmithKline, rispettivamente con il 7% e il 3,5% delle azioni. 10 In Pfizer, la proprietà è invertita, con Vanguard come investitore principale e BlackRock come secondo azionista. 11
BlackRock/Vanguard possiede i media
Per quanto riguarda il New York Times, a maggio 2021 BlackRock risulta il secondo azionista più grande con il 7,43% delle azioni totali, subito dopo The Vanguard Group, che detiene la quota maggiore (8,11%). 13 , 14
Blackrock e Vanguardia controllano i media
Oltre al New York Times, Vanguard e BlackRock sono anche i due principali proprietari di Time Warner, Comcast, Disney e News Corp, quattro delle sei società di media che controllano oltre il 90% del panorama dei media statunitensi. 15 , 16
Inutile dire che se hai il controllo di così tante testate giornalistiche, puoi controllare intere nazioni attraverso una propaganda centralizzata accuratamente orchestrata e organizzata travestita da giornalismo .
Tuttavia, il messaggio chiave da portare a coscienza è che due BlackRock e Vanguard, con le loro partecipazioni incrociate, formano un monopolio occulto sui beni patrimoniali globali .
Considerando che BlackRock nel 2018 ha annunciato di avere “aspettative sociali” dalle aziende in cui investe, 17 il suo potenziale ruolo di hub centrale nel Great Reset e il piano di “build back better” non va trascurato.
Un monopolio occulto di “famiglie” nell’ombra
Inoltre e “minano la concorrenza attraverso il possesso di azioni in società concorrenti” e “offuscano i confini tra capitale privato e affari governativi lavorando a stretto contatto con i regolatori”, e sarebbe difficile non vedere come BlackRock/Vanguard e il loro globalista i proprietari potrebbero essere in grado di facilitare il Grande Reset e la cosiddetta rivoluzione “verde”, entrambi parte dello stesso schema di furto di ricchezza.
È importante sottolineare che BlackRock lavora anche a stretto contatto con le banche centrali di tutto il mondo, inclusa la Federal Reserve degli Stati Uniti, che è un’entità privata, non federale. 18 , 19 Presta denaro alla banca centrale, funge da consulente per essa e sviluppa il software della banca centrale. 20
In tutto, BlackRock e Vanguard hanno la proprietà di circa 1.600 aziende americane, che nel 2015 hanno registrato un fatturato di 9,1 trilioni di dollari. Quando si aggiunge il terzo proprietario globale, State Street, la loro proprietà combinata comprende quasi il 90% di tutte le società S&P 500 quotate a Wall Street
BlackRock/Vanguard possiede anche azioni di una lunga lista di altre società, tra cui Microsoft, Apple, Amazon, Facebook e Alphabet Inc. 21 – quasi impossibile elencarli tutti.
Come collegare BlackRock/Vanguard – e le famiglie globaliste che li possiedono – al Grande Reset? Dobbiamo esaminare le relazioni tra queste gigantesche società di proprietà dei globalisti e considerare l’influenza che possono esercitare attraverso tali relazioni. Come notato da Lew Rockwell: 24
“Quando Lynn Forester de Rothschild vuole che gli Stati Uniti siano un paese a partito unico (come la Cina) e non vuole che le leggi sull’identificazione degli elettori vengano approvate negli Stati Uniti, in modo che possano essere perpetrate più frodi elettorali per raggiungere questo scopo, cosa fa? fare?
Tiene una teleconferenza con i migliori 100 amministratori delegati del mondo e dice loro di denunciare pubblicamente come l’approvazione di una legge anticorruzione da parte della Georgia e ordina ai suoi devoti amministratori delegati di boicottare lo Stato della Georgia, come abbiamo visto con Coca-Cola e la Major League Baseball e persino la star di Hollywood, Will Smith.
In questa teleconferenza, vediamo le sfumature del Grande Reset, dell’Agenda 2030, del Nuovo Ordine Mondiale. Le Nazioni Unite vogliono assicurarsi, così come [il fondatore e presidente esecutivo del World Economic Forum Klaus] Schwab, che nel 2030 povertà, fame, inquinamento e malattie non affliggeranno più la Terra.
Per raggiungere questo obiettivo, l’ONU vuole che le tasse dei paesi occidentali siano divise dalle mega corporazioni dell’élite per creare una società completamente nuova. Per questo progetto, l’ONU afferma che abbiamo bisogno di un governo mondiale, ovvero l’ONU stessa…. sembra abbastanza chiaro che la pandemia di COVID-19 sia stata orchestrata per provocare questo Nuovo Ordine Mondiale – il Grande Reset – e il video di 45 minuti presente all’inizio dell’articolo fa un buon lavoro di spiegando come è stato fatto. E al centro di tutto, il “cuore” verso cui confluiscono tutti i flussi di ricchezza globale, troviamo BlackRock e Vanguard.
FONTE: https://www.maurizioblondet.it/big-pharma-e-media-hanno-gli-stessi-proprietari/
C. J. Hopkins
cjhopkins.substack.com
L’obiettivo finale di ogni sistema totalitario è quello di stabilire un controllo completo sulla società e su ogni individuo al suo interno, al fine di raggiungere l’uniformità ideologica ed eliminare ogni deviazione da essa. Questo obiettivo, naturalmente, non può mai essere raggiunto, ma è la ragion d’essere di tutti i sistemi totalitari, indipendentemente dalle forme che prendono e dalle ideologie che sposano. Potete vestire il totalitarismo con uniformi naziste disegnate da Hugo Boss, tute di Mao o mascherine chirurgiche; il suo desiderio principale sarà sempre lo stesso: rifare il mondo a sua paranoica immagine… sostituire la realtà con la propria “realtà.”
Attualmente siamo proprio nel bel mezzo di questo processo ed è per questo che tutto sembra così assurdo. Le classi dominanti capitaliste globali stanno implementando una nuova ideologia ufficiale, in altre parole, una nuova “realtà.” Ecco cos’è un’ideologia ufficiale. È più di un insieme di credenze. Chiunque può avere le convinzioni che vuole. Le vostre convinzioni personali non costituiscono la “realtà.” Per rendere le vostre convinzioni “realtà” dovrete avere il potere di imporle alla società. Avrete bisogno del potere della polizia, dei militari, dei media, degli “esperti” scientifici, del mondo accademico, dell’industria della cultura, dell’intera macchina di produzione dell’ideologia.
Non c’è niente di sottile in questo processo. Smantellare una “realtà” e sostituirla con un’altra è un affare brutale. Le società si abituano alle loro “realtà.” Non le cediamo volentieri o con facilità. Normalmente, quello che serve per indurci a farlo è una crisi, una guerra, uno stato di emergenza, o … magari, una mortale pandemia globale.
Durante il passaggio dalla vecchia “realtà” alla nuova “realtà” la società viene lacerata. Mentre la vecchia “realtà” viene smontata, quella nuova non ne ha ancora preso il posto. Sembra una follia e, in un certo senso, lo è. Per un certo tempo, la società è spaccata in due, mentre le due “realtà” combattono per assumerne il controllo. Essendo la “realtà” quella che è (cioè monolitica), questa è una lotta all’ultimo sangue. Alla fine, solo una “realtà” potrà prevalere.
Questo è un momento cruciale per il movimento totalitario. Ha bisogno di negare la vecchia “realtà” e sostituirla con quella nuova, ma non può farlo con la ragione e con i fatti, quindi deve ricorrere alla paura e alla forza bruta. Ha bisogno di terrorizzare la maggioranza della società e portarla ad uno stato di isteria tale da poterla indirizzare contro tutti quelli che resistono alla nuova “realtà.” Qui non si tratta di persuadere o convincere la gente ad accettare la nuova “realtà.” È quasi come condurre una mandria di bestiame. La spaventi abbastanza per farla muovere, poi la dirigi nella direzione voluta. Il bestiame non sa o non capisce dove sta andando. Sta semplicemente reagendo ad uno stimolo fisico. I fatti e la ragione non c’entrano nulla.
E questo è il motivo per cui è tutto così incredibilmente frustrante per quelli di noi che si oppongono al lancio della “Nuova Normalità,” sia che si tratti di sfatare la narrativa ufficiale della Covid-19, del “Russiagate”, dell’”Assalto al Campidoglio” o di qualsiasi altro elemento della nuova ideologia ufficiale. (E, sì, è proprio ideologia, non il “comunismo” o il “fascismo” o qualsiasi altra idea nostalgica, ma l’ideologia del sistema che effettivamente ci governa, il capitalismo globale sovranazionale. Viviamo nel primo sistema ideologico veramente globale ed egemonico della storia umana. Ci stiamo vivendo già da 30 anni. Se non vi piace il termine “capitalismo globale” chiamatelo pure “globalismo” o “capitalismo clientelare” o “corporativismo” o con qualsiasi altro nome vi piaccia. Comunque lo chiamiate, era diventato un sistema ideologico egemonico globale senza rivali dopo il crollo dell’Unione Sovietica, negli anni ’90. Sì, ci sono sacche di resistenza interna, ma non ha avversari esterni, quindi la sua progressione verso una struttura più apertamente totalitaria è logica e del tutto prevedibile).
Comunque, la cosa incredibilmente frustrante è che molti di noi finora hanno agito con l’illusione di essere impegnati in una discussione razionale sui fatti (ad esempio, i fatti del Russiagate, l’Hitlerizzazione degli avversari politici, l’11 settembre, le armi di distruzione di massa di Saddam, [gli attacchi con i gas a] Douma, l’”insurrezione” del 6 gennaio, la narrativa ufficiale sulla Covid, ecc. I fatti non significano assolutamente nulla per gli aderenti ai sistemi totalitari.
Potete mostrare ai Nuovi Normali tutti i fatti che volete. Potete mostrare loro le false foto dei cadaveri nelle strade della Cina nel marzo del 2020. Potete mostrare loro i falsi tassi di morte previsti. Potete spiegare come funzionano i falsi test PCR, come le persone sane siano state considerate “casi” clinici. Potete mostrare loro tutti gli studi sull’inefficacia delle mascherine. Potete spiegare i falsi dati di “ospedalizzazione” e di “morte,” mandare loro articoli sugli “ospedali di emergenza” inutilizzati, sui tassi di mortalità aggiustati per età e popolazione, citare le percentuali di sopravvivenza per le persone sotto i 70 anni, i pericoli e l’inutilità di “vaccinare” i bambini. Niente di tutto questo farà la minima differenza.
Oppure, se vi siete bevuti la narrativa sulla Covid-19, ma non avete completamente abbandonato le vostre facoltà critiche, potete fare quello che Glenn Greenwald ha fatto di recente. Potete dimostrare come i media corporativi abbiano intenzionalmente mentito, numerose volte, per fomentare l’isteria di massa sul “terrorismo interno.” Potete mostrare alla gente i video dei “violenti terroristi interni” che passeggiano tranquillamente in fila indiana nel Capitol Building, come un gruppo di liceali in gita scolastica, dopo essere stati fatti entrare dai membri della Capitol Security. Potete sfatare il famigerato “omicidio con l’estintore” di Brian Sicknik, che non è mai realmente accaduto. Potete far notare che l’idea che qualche centinaio di persone disarmate che corrono in Campidoglio possa qualificarsi come una “insurrezione” o un “tentato colpo di stato” o un atto di “terrorismo interno” è delirante al punto da essere letteralmente folle. Anche questo non farà la minima differenza.
Potrei continuare, e sono sicuro che lo farò man mano che l’ideologia della “Nuova Normalità” diventerà la nostra nuova “realtà” nel corso dei prossimi anni. Ciò che voglio dire è che, al momento, … questa non è una discussione. Le classi dirigenti del capitalismo globale, i leader di governo, i media corporativi e le masse della Nuova Normalità che sono già state strumentalizzate non stanno discutendo con noi. Conoscono i fatti. Sanno che i fatti contraddicono la loro narrativa. Non gli interessa. Non devono farlo. Perché non si tratta di fatti. Si tratta di potere.
Non sto dicendo che i fatti non contano. Certo che contano. Per noi sono importanti. Sto solo dicendo che bisogna guardare in faccia alla realtà. Non è un dibattito o una ricerca della verità. I Nuovi Normali stanno smontando una “realtà” e la stanno sostituendo con un’altra. (Sì, lo so che in senso puramente ontologico la realtà esiste, ma non è questa la “realtà” di cui sto parlando, quindi, per favore, non mandatemi email di insulti contro Foucault e il postmodernismo).
La pressione per conformarsi alla nuova “realtà” è già intensa e peggiorerà sempre di più con il procere della campagna vaccinatoria, i lockdown periodici e l’obbligo di portare la mascherina in pubblico. Quelli che non si conformeranno saranno sistematicamente demonizzati, ostracizzati socialmente e/o professionalmente, segregati e puniti in altro modo. Le nostre opinioni saranno censurate. Saremo “cancellati,” cacciati dai social, demonizzati e messi comunque a tacere. Le nostre opinioni saranno etichettate come “potenzialmente dannose.” Saremo accusati di diffondere “disinformazione,” di essere “estremisti di estrema destra,” “razzisti,” “antisemiti,” “teorici della cospirazione,” “no-vax,” “terroristi interni anti-global-capitalisti” o, semplicemente, dei comuni “molestatori sessuali” o qualsiasi cosa credano possa danneggiarci di più.
Questo accadrà sia nella sfera pubblica che in quella personale. Non saranno solo i governi, i media e le corporazioni a farlo, ma anche i vostri colleghi, i vostri amici e la vostra famiglia. Lo faranno gli sconosciuti nei negozi e nei ristoranti. La maggior parte di loro non lo farà consapevolmente. Lo faranno perché il vostro anticonformismo rappresenta per loro una minaccia esistenziale … una negazione della loro nuova “realtà” e un ricordo della realtà a cui hanno rinunciato per rimanere persone “normali” ed evitare le punizioni descritte sopra.
Questo non è niente di nuovo, naturalmente. È il modo in cui viene fabbricata la “realtà,” non solo nei sistemi totalitari, ma in tutti i sistemi sociali organizzati. Quelli che sono al potere strumentalizzano le masse per imporre la conformità alla loro ideologia ufficiale. Il totalitarismo è solo la sua forma più estrema (e più pericolosamente paranoica e fanatica).
Quindi, certo, continuate a postare e a condividere i fatti, supponendo che riusciate a farli passare attraverso il blocco della censura, ma non prendiamoci in giro su ciò che stiamo affrontando. Non sveglieremo i Nuovi Normali con i fatti. Se fosse possibile, lo avremmo già fatto. Questo non è un dibattito civile sui fatti. Questa è una lotta. Comportatevi di conseguenza.
CI. J. Hopkins
Fonte: cjhopkins.substack.com
Link: https://cjhopkins.substack.com/p/manufacturing-new-normal-reality
20.06.2021
Scelto e tradotto da Markus per comedonchisciotte.org
FONTE: https://comedonchisciotte.org/la-fabbricazione-della-realta-della-nuova-normalita/
La Spia Cinese smaschera FBI e CIA.
Si chiama Dong Jingwei; è il vice ministro della Sicurezza di Stato presso il Ministero della Sicurezza di Stato cinese, chiamato anche Guoanbu (la loro Cia), dove è a capo delle operazioni di controspionaggio dall’aprile 2018. Ora si sa per certo che Dong è passato al nemico: arrivato negli Stati Uniti a febbraio, sono state le sue rivelazioni a modificare l’atteggiamento americano sulla fuga del virus da Wuhan.
Se la notizia è vera – Pechino ha fatto passare la notizia che il vero Dong ha presieduto un forum sul controspionaggio in patria il 18 giugno – è la spia di grado più alto che abbia mai disertato dalla Cina nella storia.
Ma l’aspetto più interessante delle rivelazioni del disertore sembrano altre: avrebbe rivelato i dettagli del marcio nella comunità d’intelligence USA, Cia e FBI, ossia le due entità del Deep State che più hanno tramato contro Trump, fino al punto che l’FBI è concretamente sospettato di aver organizzato l’invasione del Campidoglio del 6 gennaio, messa dai media servi a carico dei sostenitori di Donald Trump.
Come scrive The Print,
Not only does Dong have detailed information about China’s special weapons systems, the Chinese military’s operation of the Wuhan Institute of Virology and the origins of SARS-CoV-2, and the Chinese government’s assets and sources within the United States; Dong has extremely embarrassing and damaging information about our intelligence community and government officials in the ‘terabytes of data’ he’s provided to the DIA,” the report said.
Ossia:
“Non solo Dong ha fornito informazioni dettagliate sui sistemi di armi speciali della Cina, sulla funzione dell’esercito cinese all’Istituto di virologia di Wuhan e sulle origini del SARS-CoV-2, e sui beni e le fonti del governo cinese negli Stati Uniti; Dong ha informazioni estremamente imbarazzanti e dannose sulla nostra comunità di intelligence e sui funzionari governativi nei “terabyte di dati” che ha fornito alla DIA”, afferma il rapporto.
Vedremo se scoppierà lo scandalo da lungo tempo dovuto, o se il Deep State Usa riuscirà a soffocare tutto.
Qui sotto, le domande del giornalista Glenn Greenwald sul coinvolgimento dell’FBI nell’invasione del Campidoglio del 6ngennaio, come riportato da sito Veritas Liberabit Vos:
“Se l’FBI aveva una conoscenza previa di ciò che veniva tramato ma non ha fatto nulla per fermare l’attacco, ciò solleva numerose possibilità sul perché. Potrebbe essere che abbiano appena avuto l’ennesimo ‘fallimento dell’intelligence’ del tipo che secondo loro ha fatto “non prevedere” loro l’attacco dell’11 settembre e quindi hanno bisogno di nuove massicce autorità di sorveglianza, aumenti di budget e nuove leggi del tipo Patriot-Act per risolverlo. Potrebbe essere che abbiano permesso che la rivolta si verificasse perché non l’hanno presa abbastanza sul serio o perché alcuni di loro hanno sostenuto la causa che c’è dietro di essa, o perché si sono resi conto che ci sarebbero stati benefici per lo stato di sicurezza se fosse successo. Oppure potrebbe essere che stessero usando quegli agenti sotto il loro controllo per tracciare, dirigere e guidare l’attacco – come hanno fatto tante volte in passato – e hanno permesso che accadesse per negligenza o intenzione deliberata”.
FONTE: https://www.maurizioblondet.it/la-spia-cinese-smaschera-fbi-e-cia/
ECONOMIA
Con il Covid 3700 miliardi persi dai lavoratori nel mondo. Indovinate dove sono finiti?
Gilberto Trombetta – 21 Giugno 2021
IL VIRUS DELLA DISUGUAGLIANZA
In tutto il mondo durante la pandemia i lavoratori hanno perso 3.700 miliardi di dollari.
Nello stesso periodo, i miliardari hanno guadagnato 3.900 miliardi.
È successo cioè che le élite hanno utilizzato la crisi per trasferire ricchezza dai lavoratori ai parassiti.
È quello che hanno sempre fatto: sfruttare le crisi per aumentare le disuguaglianze.
FONTE: https://www.lantidiplomatico.it/dettnews-con_il_covid_3700_miliardi_persi_dai_lavoratori_nel_mondo_indovinate_dove_sono_finiti/32703_41944/
BlackRock è molto di più di quello che potreste immaginare
Una società d’investimento virtualmente non regolamentata ha oggi più influenza politica e finanziaria della Federal Reserve e della maggior parte dei governi di questo pianeta.
F. William Engdahl
journal-neo.org
Una società d’investimento virtualmente non regolamentata ha oggi più influenza politica e finanziaria della Federal Reserve e della maggior parte dei governi di questo pianeta. Questa azienda è la BlackRock Inc., il più grande gestore patrimoniale del mondo, con ben 9.000 miliardi di dollari in fondi di investimento a livello globale, una somma più che doppia del PIL annuale della Repubblica Federale Tedesca. Questo colosso si trova in cima alla piramide della proprietà corporativa mondiale [occidentale], e di recente, anche di quella cinese. Dal 1988 l’azienda è in grado di controllare, di fatto, la Federal Reserve, la maggior parte delle mega-banche di Wall Street, compresa Goldman Sachs, il Grande Reset del Forum Economico Mondiale di Davos, l’amministrazione Biden e, se non verrà posto un freno, l’intero futuro economico del nostro pianeta. BlackRock è l’epitome di ciò che Mussolini chiamava Corporativismo, dove una casta aziendale non eletta decide il destino di intere popolazioni.
Come la più grande “banca ombra” del mondo eserciti questo enorme potere sull’intero pianeta è un fatto che dovrebbe farci preoccupare. Da quando era stata fondata da Larry Fink nel 1988, BlackRock è riuscita a mettere insieme un particolare software finanziario ed una quantità di beni mai posseduti da nessun’altra entità. Il suo sistema Aladdin di gestione del rischio è uno strumento software in grado di tracciare, analizzare e monitorare operazioni di trading per più di 18 trilioni di dollari di 200 società finanziarie, tra cui la Federal Reserve e le banche centrali europee. “Monitorare” vuol dire anche sapere, come possiamo ben immaginare. BlackRock è stata definita il “coltellino svizzero” finanziario: investitore istituzionale, gestore di capitali, società di private equity e partner governativo globale in un unico prodotto. Eppure, i media mainstream trattano l’azienda come una normale società finanziaria di Wall Street.
C’è un’interfaccia senza soluzione di continuità che collega l’Agenda 2030 delle Nazioni Unite, il Grande Reset del Forum Economico Mondiale di Davos e le nascenti politiche economiche dell’amministrazione Biden. Quest’interfaccia si chiama BlackRock.
Il team Biden e BlackRock
Ormai dovrebbe essere chiaro a chiunque abbia voglia di vedere che la persona che sostiene di essere il presidente degli Stati Uniti, il 78enne Joe Biden, non è colui che decide. Ha persino difficoltà a leggere un teleprompter o a rispondere a domande preparate dai media compiacenti senza confondere la Siria con la Libia o se è lui ad essere presidente. Viene microgestito da un gruppo di supervisori per mantenere l’”immagine” coreografata di un presidente, mentre la politica viene portata avanti da altri attori dietro le quinte. Ricorda in modo inquietante il personaggio del giardinere Chance, interpretato da Peter Sellers nel film del 1979, Oltre il Giardino.
Quelli ad essere meno di dominio pubblico sono i personaggi chiave che gestiscono la politica economica per la Biden Inc. Fanno tutti parte di BlackRock. Così come Goldman Sachs aveva gestito la politica economica nelle amministrazioni Obama e Trump, oggi questo ruolo chiave è ricoperto da BlackRock. L’accordo era stato apparentemente siglato nel gennaio 2019, quando Joe Biden, allora candidato alla presidenza e con scarse possibilità di sconfiggere Trump, si era recato a New York per incontrare Larry Fink, che avrebbe detto al Joe tanto amato dalla classe operaia: “sono qui per aiutare.”
Appena eletto presidente, in uno dei suoi primi atti legislativi, Biden aveva nominato Brian Deese direttore del Consiglio Economico Nazionale, carica che spetta al principale consigliere del presidente per la politica economica. Uno dei primi ordini esecutivi presidenziali aveva riguardato l’economia e la politica climatica. Questo non dovrebbe sorprendere, dato che Deese arriva dalla BlackRock di Fink, dove aveva diretto il settore investimenti sostenibili. Prima di entrare in BlackRock, Deese aveva ricoperto importanti incarichi economici sotto Obama e, tra l’altro, aveva rimpiazzato John Podesta come consigliere senior del presidente, lavorando al fianco di Valerie Jarrett. Sotto Obama, Deese aveva avuto un ruolo chiave nella negoziazione degli accordi di Parigi sul riscaldamento globale.
In un posto chiave della politica, come vice segretario al Tesoro alle dirette dipendenze di Janet Yellen, troviamo Adewale “Wally” Adeyemo, nato in Nigeria. Anche Adeyemo proviene da BlackRock, dove, dal 2017 al 2019, dopo aver lasciato l’amministrazione Obama, era stato consigliere senior e capo dello staff del CEO di BlackRock, Larry Fink. I suoi legami personali con Obama sono forti, infatti, nel 2019, lo stesso Obama lo aveva nominato primo presidente della Fondazione Obama.
C’è poi una una terza persona proveniente da BlackRock, per certi aspetti abbastanza insolita, che gestisce la politica economica dell’amministrazione [Biden]. Michael Pyle è consigliere economico senior della vicepresidente, Kamala Harris. È arrivato a Washington dalla posizione di Global Chief Investment Strategist di BlackRock, da cui supervisionava strategie di investimento fondi per circa 9.000 miliardi di dollari. Prima di salire ai massimi livelli di BlackRock, era stato anche nell’amministrazione Obama come consigliere senior del sottosegretario al Tesoro per gli affari internazionali e, nel 2015, era diventato consigliere dell’allora candidata alla presidenza, Hillary Clinton.
Il fatto che tre dei consiglieri economici più influentii dell’amministrazione Biden provengano tutti da BlackRock e, prima ancora, dall’amministrazione Obama, è degno di nota. C’è uno schema ben preciso, che fa capire come a Washington il ruolo di BlackRock sia molto più grande di quello che ci viene detto.
Cos’è BlackRock?
Mai prima d’ora una società finanziaria con tanta influenza sui mercati mondiali era stata così nascosta al controllo pubblico. Non è un caso. Dato che, tecnicamente, non è una banca che fa prestiti bancari o accetta depositi, non ricade sotto la normale supervisione della Federal Reserve, anche se, come la maggior parte delle mega banche, come HSBC o JP MorganChase, compra e vende titoli per profitto. Quando, dopo la crisi del 2008, c’erano state pressioni da parte del Congresso per includere gestori patrimoniali come BlackRock e Vanguard Funds nella legge Dodd-Frank in quanto “istituzioni finanziarie di importanza sistemica” o SIFI, un’enorme sforzo lobbistico di BlackRock aveva posto fine alla minaccia. BlackRock praticamente si scrive le proprie leggi. È “sistemicamente importante” come nessun altro, con la possibile eccezione di Vanguard, che si dice sia anche un importante azionista di BlackRock.
Il fondatore e CEO di BlackRock, Larry Fink, è chiaramente interessato ad accaparrarsi favori a livello globale. Aveva posto l’ex deputato tedesco della CDU, Friederich Merz, a capo della BlackRock tedesca quando sembrava che stesse per succedere alla cancelliera Merkel e aveva assunto l’ex cancelliere dello scacchiere britannico, George Osborne, come “consulente politico.” Fink aveva portato l’ex direttrice dello staff di Hillary Clinton, Cheryl Mills, nel consiglio di BlackRock quando sembrava certo che Hillary si sarebbe insediata alla Casa Bianca.
Ha fatto entrare ex banchieri centrali nel suo consiglio di amministrazione e si è assicurato contratti lucrativi con le istituzioni da loro precedentemente dirette. Stanley Fisher, ex capo della Banca d’Israele, e successivamente vicepresidente della Federal Reserve, è ora consigliere senior di BlackRock. Philipp Hildebrand, ex presidente della Banca Nazionale Svizzera, è vicepresidente di BlackRock, dove supervisiona il BlackRock Investment Institute. Jean Boivin, l’ex vice governatore della Banca del Canada, è capo a livello globale della ricerca presso l’istituto di investimento di BlackRock.
BlackRock e la Fed
Nel marzo 2019 era stato questo ex team della banca centrale di BlackRock a sviluppare un piano di salvataggio “di emergenza” per il presidente della Fed, Jerome Powell, mentre i mercati finanziari sembravano sull’orlo di un altro crollo in stile “crisi Lehman” del 2008. Come “ringraziamento,” il presidente della Fed, Jerome Powell, aveva nominato BlackRock unico gestore di tutti i programmi di acquisto di obbligazioni corporative della Fed, comprese le obbligazioni trattate dalla stessa BlackRock. Conflitto di interessi? Un gruppo di circa 30 ONG aveva scritto al presidente della Fed, Powell: “Dando a BlackRock il pieno controllo di questo programma di acquisto del debito, la Fed… rende BlackRock ancora più importante a livello sistemico per il sistema finanziario. Eppure BlackRock non è soggetta al controllo normativo a cui devono sottostare istituzioni finanziarie di importanza sistemica anche minore.”
In un rapporto dettagliato del 2019, un gruppo di ricerca senza scopo di lucro di Washington, il Campaign for Accountability, aveva osservato che “BlackRock, il più grande gestore patrimoniale del mondo, ha implementato una strategia di lobbismo, contributi alle campagne elettorali e assunzioni pilotate volta a combattere la regolamentazione governative, fino a diventare una delle società finanziarie più potenti del mondo.”
Nel marzo 2019, la Fed di New York aveva affidato a BlackRock la gestione del titoli garantiti da ipoteca commerciale e dei suoi acquisti primari e secondari, per un valore di 750 miliardi di dollari, di obbligazioni societarie e di ETF in contratti senza offerta. I giornalisti finanziari statunitensi Pam e Russ Martens, nel 2019, criticando il torbido salvataggio di Wall Street da parte della Fed avevano osservato: “per la prima volta nella storia, la Fed ha assunto BlackRock per “andare diretta” e acquistare 750 miliardi di dollari in obbligazioni societarie, sia primarie che secondarie, e fondi obbligazionari ETF (Exchange Traded Funds), un prodotto di cui BlackRock è uno dei maggiori fornitori al mondo.” Avevano continuato: “Come ulteriore beffa, il programma gestito da BlackRock potrà usare 75 miliardi di dollari dei 454 di denaro dei contribuenti per sanare perdite sui propri acquisti di obbligazioni societarie, che includeranno gli stessi ETF di cui la Fed sta consentendo l’acquisto...”
Il capo della Fed, Jerome Powell, e Larry Fink, a quanto pare, si conoscono bene. Anche dopo aver concesso in esclusiva a BlackRock l’assai lucrativo accordo per “andare diretta,” Powell aveva continuato a far gestire a BlackRock circa 25 milioni di dollari di investimenti in titoli privati e personali. I registri pubblici mostrano che, in questo periodo, Powell aveva avuto telefonate confidenziali dirette con il CEO di BlackRock, Fink. Secondo documenti resi pubblici, BlackRock era riuscita, in un anno, a raddoppiare il valore degli investimenti di Powell! Nessun conflitto di interessi?
La vera BlackRock è in Messico
La torbida storia di BlackRock in Messico mostra che i conflitti di interesse e il consolidamento dei legami con le principali agenzie governative non sono limitati solo agli Stati Uniti. Nel novembre 2011, il candidato presidenziale del PRI [Partito Rivoluzionario Istituzionale], Peña Nieto, nel corso della sua campagna elettorale, si era recato a Wall Street, dove aveva incontrato Larry Fink. Dopo la sua vittoria nelle elezioni del 2012, si era consolidata una stretta relazione tra Fink e lo stesso Nieto, caratterizzata da conflitti di interesse, clientelismo e corruzione.
Per assicurarsi che BlackRock fosse dalla parte vincente nel nuovo e corrotto regime di Nieto, Fink aveva fatto entrare nel consiglio di amministrazione di BlackRock Marcos Antonio Slim Domit, 52 anni, il figlio miliardario di Carlos Slim, l’uomo più ricco e probabilmente più corrotto del Messico. Marcos Antonio, insieme al fratello Carlos Slim Domit, gestisce oggi l’enorme impero commerciale del padre. Carlos Slim Domit, il figlio maggiore, nel 2015 era stato co-presidente del World Economic Forum Latin America e, attualmente, serve come presidente nel consiglio di amministrazione di America Movil, di cui BlackRock è un importante investitore. Il mondo è veramente piccolo.
Il padre, Carlos Slim, all’epoca nominato da Forbes come persona più ricca del mondo, aveva costruito un impero basato sull’acquisizione della sua azienda favorita, la Telemex (poi America Movil). Nel 1989, l’allora presidente, Carlos Salinas de Gortari, aveva, in effetti, regalato l’impero delle telecomunicazioni a Slim. Salinas era poi fuggito dal Messico con l’accusa di aver rubato più di 10 miliardi di dollari dalle casse dello stato.
Dagli anni ’80, e come per quasi tutte le attività in Messico, il denaro della droga sembrerebbe essere molto importante per l’anziano Carlos Slim, padre del direttore di BlackRock, Marcos Slim. Nel 2015 WikiLeaks aveva diffuso alcune e-mail interne della società di intelligence privata Stratfor. La Stratfor aveva scritto in una e-mail dell’aprile 2011, il periodo in cui BlackRock stava mettendo a punto i suoi piani per il Messico, che un agente speciale della DEA statunitense, William F. Dionne, aveva confermato i legami di Carlos Slim con i cartelli della droga messicani. Stratfor aveva chiesto a Dionne: “Billy, il miliardario MX (messicano) Carlos Slim è legato ai narcos?” Dionne aveva scritto: “In risposta alla tua domanda, il miliardario delle telecomunicazioni MX lo è.” In un paese dove il 44% della popolazione vive in povertà non si diventa l’uomo più ricco del mondo in soli vent’anni vendendo i biscotti dei Boy Scout.
Fink e la PPP messicana
Con Marcos Slim nel consiglio di amministrazione di BlackRock e il nuovo presidente Enrique Nieto Peña come partner messicano di Larry Fink nell’alleanza PublicPrivatePartnership (PPP) da 590 miliardi di dollari, BlackRock, era pronta a raccogliere i frutti. Nel 2013, per coordinare le nuove operazioni messicane, Fink aveva nominato l’ex sottosegretario messicano alle finanze, Gerardo Rodriguez Regordosa, alla direzione della BlackRock Emerging Market Strategy. Poi, nel 2016, Peña Nieto aveva nominato Isaac Volin, allora a capo di BlackRock Messico, a numero 2 di PEMEX [l’azienda petrolifera pubblica messicana] e qui [Volin] aveva contribuito alla corruzione, agli scandali e alla più grande perdita nella storia di PEMEX, 38 miliardi di dollari.
Peña Nieto aveva aperto l’enorme monopolio statale del petrolio di PEMEX agli investitori privati per la prima volta dalla nazionalizzazione dell’azienda, avvenuta negli anni ’30. La prima a beneficiarne era stata la BlackRock di Fink. Nel giro di sette mesi, BlackRock si era assicurata 1 miliardo di dollari in progetti energetici di PEMEX, molti come unico offerente. Durante il mandato di Peña Nieto, uno dei presidenti più controversi e meno popolari, BlackRock aveva prosperato grazie a questi stretti legami. Durante il mandato di Peña Nieto [BlackRock] si era impegnata in progetti infrastrutturali altamente redditizi (e corrotti), tra cui non solo oleodotti, ma anche strade a pedaggio, ospedali, gasdotti e persino prigioni.
In particolare, l’”amico” messicano di BlackRock, Peña Nieto, era “amico” non solo di Carlos Slim, ma anche del capo del famigerato cartello di Sinaloa, “El Chapo” Guzman. Nel 2019, nel corso di una testimonianza in un tribunale di New York, Alex Cifuentes, un signore della droga colombiano che si autodefiniva il “braccio destro di El Chapo,” aveva dichiarato che, nel 2012, subito dopo la sua elezione, Peña Nieto aveva chiesto 250 milioni di dollari al cartello di Sinaloa, per poi accontentarsi di 100 milioni. Possiamo solo immaginare per che cosa.
Larry Fink e il grande reset del WEF
Nel 2019, Larry Fink era entrato nel consiglio del World Economic Forum di Davos, l’organizzazione con sede in Svizzera che, da circa 40 anni, porta avanti un programma di globalizzazione economica. Fink, che è vicino al capo tecnocrate del WEF, Klaus Schwab, fautore del famoso Grande Reset, ha ora la possibilità di usare l’enorme potere di BlackRock per creare quello che potrebbe diventare, se non crolla prima, il più grande schema di Ponzi al mondo: gli investimenti corporativi ESG [Environmental Social and Governance]. Fink, con 9.000 miliardi di dollari di leva finanziaria, sta lavorando al più grande trasferimento di capitali della storia in una truffa conosciuta come ESG Investing. L’agenda per l’”economia sostenibile” delle Nazioni Unite viene portata avanti in silenzio dalle stesse banche globali che avevano creato la crisi finanziaria del 2008. Questa volta stanno preparando il Grande Reset di Klaus Schwab e del WEF reindirizzando centinaia di miliardi, e presto trilioni, di investimenti verso le loro aziende “woke,” accuratamente selezionate, togliendoli a quelle “non ancora risvegliate,” come le società del comparto del petrolio, gas e carbone. Dal 2018, BlackRock è in prima linea per creare una nuova infrastruttura di investimento che sceglie i “vincitori” o i “perdenti” per gli investimenti in base a quanto seriamente l’azienda è impegnata sull’ESG – ambiente, valori sociali e governance.
Per esempio, un’azienda potrà ottenere valutazioni positive in base al suo impegno ad assumere manager e dipendenti diversificati dal punto di vista del genere o a prendere misure per eliminare la propria “impronta” di carbonio, attingendo a fonti di energia verdi o sostenibili, tanto per usare il termine delle Nazioni Unite. Come le aziende possano contribuire ad una governance globale sostenibile è il più vago degli ESG, e potrebbe includere qualsiasi cosa, da donazioni aziendali a Black Lives Matter al sostegno di agenzie delle Nazioni Unite, come l’OMS. Le compagnie petrolifere come ExxonMobil o le aziende del carbone, e questo è chiaro, sono condannate, mentre Fink e soci ora promuovono il loro Grande Reset finanziario o Green New Deal. Questo è il motivo per cui, nel 2019, [Fink] aveva fatto un patto con il [futuro] presidente Biden.
Bisogna sempre seguire i soldi. E possiamo anche aspettarci che il New York Times faccia il tifo per BlackRock e per lo sconvolgimento delle strutture finanziarie mondiali. Dal 2017, BlackRock è il più grande azionista del quotidiano. Carlos Slim era al secondo posto. Carl Icahn, uno spietato acquisitore di asset di Wall Street, una volta, parlando di BlackRock, aveva detto: “un’azienda estremamente pericolosa… Ero solito dire, sapete ragazzi, la mafia ha un codice etico migliore del vostro.”
F. William Engdahl
Fonte: journal-neo.org
Link: https://journal-neo.org/2021/06/18/there-is-more-to-blackrock-than-you-might-imagine/
18.06.2021
Scelto e tradotto da Markus per comedonchisciotte.org
FONTE: https://comedonchisciotte.org/blacrock-e-molto-di-piu-di-quello-che-potreste-immaginare/
FINANZA BANCHE ASSICURAZIONI
Mauro Biglino e il “Crack Bersano”
Nel 1993 Mauro Biglino è stato condannato a 2 anni e 2 mesi di prigione a seguito del processo sul “Crack Bersano”, un buco da 180 miliardi, il patrimonio complessivo di circa 4000 piccoli risparmiatori piemontesi. Che hanno perso tutto quello avevano.
Biglino, insieme a Roberto Procopio erano i due broker principali della Fiduciaria Mercurio di Aldo Bersano. Avrebbe stipulato personalmente numerosi contratti, e formato (con tanto di un meticoloso manuale di istruzioni) una rete di agenti che copriva tutto il Piemonte.
In questo articolo della Stampa del 9 Ottobre 1991 viene descritto il suo modo di agire, e vengono riportate le testimonianze di alcune delle persone truffate, insieme a un triste resoconto di tragedie che colpirono alcune delle vittime.
Per chi negli ultimi anni ha seguito dal vivo o su Youtube, ha letto i suoi libri, è uno shock. La sua credibilità potrebbe venire seriamente compromessa. Sebbene le sue tesi siano ricche di argomentazioni, e seguano un approccio logico e metodico.
E’ una storia strana. La domanda che sorge immediata è: perchè questo episodio della vita di Mauro Biglino non è mai venuto fuori prima d’ora?
Dal 2009 Mauro Biglino ha pubblicato 6 libri con Uno Editori e 10 con Mondadori. Ha tenuto conferenze in tutta Italia, con sale gremite in ogni occasione. I video delle sue conferenze vengono pubblicati e ri-pubblicati su YouTube da moltissimi canali, e raggiunto un volume di pubblico affezionato, che lo segue costantemente, che si può stimare in decine di migliaia. E un numero molto più ampio di chi lo conosce, e conosce le sue tesi.
Su Wikipedia questo fatto è stato aggiunto negli ultimi giorni. Ma non ve n’è traccia in nessuna biografia di Mauro biglino presente in internet. Nelle numerose interviste che ha rilasciato, soprattutto su YouTube, non ha mai neanche lontanamente accennato del suo passato di consulente finanziario.
E’ strano che nessuna di quelle 4000 persone, i loro figli, o i loro conoscenti, che sicuramente si ricordano del nome “Mauro Biglino”, non siano mai venute a sapere della sua recente figura pubblica, nella nuova attività di ricercatore e saggista. Tanto più strano perchè Biglino è attivo a Torino e in Val di Susa, dove tiene conferenze ogni anno.
E’ strano che non ci siano abbastanza informazioni su Google. In questo momento se cercate “mauro biglino crack bersano” compaiono solo due risultati relativi, che sono due pagine Facebook, una delle due, è quella che ha pubblicato il documento pdf dove si svela per la prima volta questo lato oscuro della vita di Biglino. L’articolo è del 5 Maggio, e non sembra aver avuto grande risonanza in questi due mesi e mezzo. Nonostante sia potenzialmente una notizia di grande interesse per il suo pubblico. E non solo.
E’ una strana storia. E’ uno strano personaggio.
Chissà se è stato lui a ispirare i suoi due amici a fuggire in Francia, attraversando a piedi le montange, nel Marzo del 1964 ?
Secondo me si.
Le sue tesi sono solide, dopotutto.
FONTE: https://comedonchisciotte.org/mauro-biglino-e-il-crack-bersano/
GIUSTIZIA E NORME
Ddl Zan. Bagno di sangue in vista?
«Ma chi caz* ha concordato il Concordato?». E ancora: «Voi avete concordato qualcosa? Ma poi non avevamo concordato, amici del Vaticano, che ci davate delle tasse arretrate sugli immobili? L’Unione Europea ha stimato cinque miliardini, forse di più…ma in realtà non si sa perché avete perso il conto degli immobili: ne avete troppi. Magari dateci quei soldini: ci servono per far andare avanti il paese. Poi potete venire a rompere le palline sulle leggi italiane, no? Sarebbe carino…».
Un gigante dello spirito contro la Chiesa cattolica: Fedez l’influencer “ggiovane” e i suoi potenti argomenti polemici a difesa del ddl ZAn, che dà agli LGBT militanti le libertà di togliere la libertà di espressione, di pensiero di esprimere la propria fede a chi non è d’accordo con loro.
Ma non vi illudete: la rabbia di Fedez, resa cementizia dall’ignoranza invincibokle e sicura di sé – è condivisa – ammesso che ne abbiano informazione – dai milioni di “ggiovani” che lo imitano, che cercano di essere come lui i suoi tatuaggi e le sue scarpe dozzinali da 400 euro; sono questi stessi giovani che si sono agglomerati a farsi punturare per andare di nuovo nelle balere, sono i neoprimitivi senza alcuna nozione di Concordato,, che dico? di cosa sia il cattolicesimo, la fede dei padri, e di come la identità italiana ne sia incarnata e intessuta e saturata. Loro, non hanno alcuna identità: non sono un popolo ma una popolazione zoologica. Questi vivono nel presente assoluto dei neo-primitivi senza cultura, anzi senza istruzione. Vivono nella civiltà come i selvaggi nella foresta primordiale, cogliendone i frutti (sempre più scarsi, perché il Grand Reset ha deciso: le masse sono superflue) e adusi a consumi sempre più dozzinali, standard – e conformisti fino all’inverosimile. Sono loro i “barbari verticali” che non abbiamo civilizzato -e la Chiesa progressista ne porta pesanti responsabilità. Nel Covid, è scomparsa dalla scena pubblica, s’è fatta piccola e tremebonda davanti alla “pandemia” e alla sua impostura di distruzione eccconomica: risultato, il 70 per cento in meno di presenza nelle Messe domenicali.
Ora, questi ggiovani da balera e da puntura sono facili da aizzare contro il “nemico” fornito dai media, radicalizzanti tutti e sventolanti lo stendardo arcobaleno. Il partito radicale – che nella rssegna stampa cita sempre fra i preferiti L’Avvenire e L’Osservatore Romano, da quando ‘è Bergoglio – ha sferrato un attacco contro la richiesta vaticana di rivedere il ddl Zan: “pretestuosa”, l’ha bollata. E’ un segnale da non sottovalutare: non sono disposti ad addolcire gli eccessi del decreto; vogliono la resa totale – e totalitaria – al pensiero unico trans-genere. Sostituire le virtù cristiane con i “virtue signaling”, al rito i loro riti di inginocchiamento e feste trans….Non vogliono a consentire la libertà d’opinione e di espressione ad altri che non siano loro – ed abbattere la libertà di culto (quel che ne resta), ossia vietarlo come delitto, è il loro scopo reale finale.
Siamo in stato d’eccezione permanente; il regime si è prolungato lo “stato d’emergenza” fino al 21 dicembre. Si tratta tecnicamente di Putsch Sono calpestati sotto i nostri occhi molti diritti costituzionali essenziali, financo la libera circolazione nel paese e il diritto ad esercitare la propria volontà eventualmente negativa nella puntura mRNA e discuterne gli effetti avversi gravissimi; il pensiero unico totalitariamente già occupa le tv e i media, e già bolla le sentire voci in dissenso come reati, colpe senza diritto di espressione.
Inoltre c’è una gran voglia di sangue, sotto sotto, in questa gioventù passivizzata e conforme e sempre più compressa e immiserita; basta indicarle un nemico e si scatena. Sarà un bagno di sangue, temo; dalla guardia ai negazionisti della mascherina la si addestra facilmente a diventare la polizia anti-cristiana. La psicopolizia arcobaleno farà sembrare il KGB una istituzione di larghe vedute.
Anche la forma diplomatica – che il Vaticano ha rispettato con civiltà ed educazione – è stata violata dal regime, come scrive Aurelio Armellini su L’Antidiplomatico:
Nella nota consegnata da monsignor Paul Richard Gallagher all’Ambasciatore d’Italia presso la Santa Sede, Pietro Sebastiani, giovedì scorso, durante la conferenza stampa di presentazione dell’Incontro “Faith and Science: Towards COP26”, la Segreteria di Stato pontificia ha sostenuto che tale legge violerebbe “l’accordo di revisione del Concordato”. […] Si chiedeva la segretezza da parte del Vaticano, che è stata violata, aprendo un altro fronte di domande su cui magari torneremo perché molto significativa come evidenzia Michele Arnese.
…. intanto, reazioni isteriche e scomposte di tutti quei media, politici, influencer, scandalizzati (PENSATE UN PO’!) per l’ingerenza di un altro Stato sulla sovrana Repubblica italiana. Ah per la cronaca: sono esattamente gli stessi che si inchinano al vincolo esterno della Nato, dell’Ue e della zona euro ogni giorno.
(Ed hanno òleccato lo stesso giorno le suole alla Ursula, venuta a concerderci soldi nostri inchiodandoci mani e piedi a Bruxelles e ai suoi apparati di tortura….)
Enrico Letta – segretario di quel Partito espressione massima del vincolo esterno – “chiede” alla nazionale italiana di calcio di inginocchiarsi (tutta) alla dittatura del pensiero unico. Con le “quinte colonne del colonialismo americano e del neocapitalismo globalista” in azione in questo modo, il cappio della Nato, dell’Ue e del “concordato con Amazon” è sempre più stretto”
FONTE: https://www.maurizioblondet.it/ddl-zan-bagno-di-sangue-in-vista/
PANORAMA INTERNAZIONALE
Pubblicato il 13 giugno 2021
Traduzione:
“Ano Turtiainen, membro del Parlamento finlandese, ha tenuto un discorso in diretta il 9.6.2021 sul possibile genocidio per mezzo dei vaccini COVID in corso in Finlandia. Ha avvertito tutti i membri del parlamento finlandese e dei media, facendo loro sapere che, se avessero continuato a fuorviare i propri cittadini raccontando loro la favola sui vaccini sicuri, sarebbero coinvolti di proposito in diversi crimini, il più grave di questi potrebbe essere anche il genocidio.
Grazie a Dio per quest’uomo, Ano Turtiainen, che ha il coraggio di dire la verità!
Ecco il suo discorso completo, come si vede in questo video:
“Onorevole Presidente, la relazione della commissione menziona un’ampia gamma di sfide reali per la sicurezza della Finlandia. Questa relazione tuttavia manca di una sfida molto seria alla sicurezza della Finlandia e dei finlandesi nella nostra vita quotidiana attuale. Mi riferisco a questi cosiddetti vaccini COVID che hanno anche diviso in due il nostro popolo: cittadini svegli e fuorviati.
Cari membri del Parlamento (deputati), ora vi fornirò le seguenti informazioni, in modo che non possiate mai più invocare l’ignoranza dopo aver sentito queste informazioni sul rischio a cui sono stati esposti i cittadini finlandesi. La Finlandia sta attualmente iniettando ai suoi cittadini tossine travestite da vaccini COVID. Ascoltate attentamente. Nessuno di questi veleni iniettati camuffati da vaccini COVID ha una licenza di commercializzazione in Finlandia, ma solo un’autorizzazione all’immissione in commercio condizionata dell’Agenzia europea per i medicinali (EMA). I termini di una licenza condizionale affermano che l’autorizzazione è condizionata, citazione: “Le informazioni disponibili devono dimostrare che i benefici del prodotto medico superano i suoi rischi”.
In secondo luogo, cari colleghi, nonostante la ripetizione dei media, abbiamo finora ufficialmente zero morti per COVID in Finlandia. Secondo THL (equivalente a CDC) le cause ufficiali di morte dell’anno 2020 non saranno pubblicate fino al 2022. Tuttavia, secondo Fimea (equivalente a VAERS) 78 persone sono morte a causa dei vaccini COVID in Finlandia e ci sono 1.306 segnalazioni di reazioni avverse gravi e 3.630 segnalazioni non elaborate. Si stima che circa il 57% delle segnalazioni elaborate presenti reazioni avverse gravi. La fonte per questo è Fimea ( www.fimea.fi ).
In terzo luogo, la licenza di commercializzazione condizionale per questi tossici che sono camuffati da vaccini Covid, dice anche: “Il richiedente deve essere in grado di fornire informazioni cliniche complete in futuro”. Cari colleghi, questo testo è tratto direttamente dal sito web dell’Agenzia europea per i medicinali (EMA). Ho detto più volte in questa sede che si tratta di una sperimentazione su esseri umani. In violazione del codice di Norimberga, ai finlandesi non è stato detto che si tratta di una sperimentazione su umani.
Ora, con questo discorso, ho reso tutti voi, al pari dei media, consapevoli che questa è una sperimentazione su umani e che i suoi risultati sono terribili. In confronto, l’esperimento sul vaccino Pandemrix, precedentemente fallito, è stato interrotto con 32 volte meno effetti collaterali di quello che abbiamo ora. Quindi, ora chiedo a tutti voi: quante altre persone devono morire o rimanere lese, prima che l’uccisione di esseri umani venga interrotta?
Cari colleghi, ora siete consapevoli di questa minaccia estremamente grave alla sicurezza che la nostra nazione deve affrontare e che gli svantaggi delle iniezioni superano i benefici. Non avete più motivo per non agire, al fine di salvare la nostra nazione.
Infine, se continuate ancora a fuorviare i nostri cittadini, raccontando loro ad esempio la favola che i vaccini sono sicuri e che hanno una licenza di commercializzazione, siete intenzionalmente coinvolti in diversi crimini, il più grave di questi potrebbe essere anche il genocidio. Ancora una volta, ricordo a tutti voi qui presenti: un crimine diventa intenzionale quando è commesso consapevolmente. Ora siete tutti consapevoli. Grazie.”
-Deputato finlandese, Ano Turtiainen”
FONTE: https://comedonchisciotte.org/forum/notizie-dal-mondo/finlandia-discorso-di-un-parlamentare-sui-vaccini-covid/#post-349714
La Svizzera boccia con un referendum il “Green Deal” ed il “Riscaldamento globale”. Soprattutto i giovani contrari
Il Green Deal alla prova del voto svizzero viene messo in soffitta, anzi mandato a quel paese. Nell’unico paese in cui i cittadini sono chiamati ad esprimersi direttamente sulle politiche energetiche e le cosiddette politiche climatiche, questi mandano al diavolo i partiti e bocciano una legge già scritta dal parlamento. Concretamente, gli elettori hanno respinto tutte e tre le parti di una legge con votazioni separate: sulla CO2, sui pesticidi e sull’acqua potabile. Il voto ha respinto la misura con una maggioranza non ampia, ma sufficiente, 48% a 52%, e, per un certo verso, è stato il riproporsi del voto della città, o meglio delle ZTL progressiste, contro il voto della campagna. Non si può però parlare di un voto dei vecchi contro i giovani, anzi è l’esatto opposto: il 60% 70% degli elettori fra i 18 ed i 34 anni ha votato contro tutte e tre le parti della legge ecologica.
Questo voto è molto indicativo. Nelle ultime elezioni politiche i verdi avevano avuto un risultato lusinghiero per un partito quasi nuovo, con oltre il 13%, ma un conto è votare i Verdi perché sono di moda o parlano in generale di ambiente, una cosa diversa è accettare i sacrifici economici che le loro politiche vengono a comportare. Quando si è trattato di votare una tassa sui combustibili fossili e sui biglietti aerei gli elettori hanno mandato il cambiamento climatico a quel paese. Inoltre il voto è stato ben lucido e mirato e non alla carlona contro il governo: due iniziative, la prima per dare maggiori poteri al governo federale per combattere la crisi economica post Covid, ed il secondo per maggiori poteri alla polizia contro il terrorismo, hanno avuto l’approvazione di una larga maggioranza dei votanti.
Tra l’altro la Svizzera comporta solo lo 0,1% delle emissioni di CO2 mondiali, mentre è noto che qualsiasi accordo senza India, Cina ed i paesi del Sud Est asiatico sia solo una perdita di tempo e di denaro.
Il voto è importante perché è l’unica volta in cui un paese europeo ha liberamente votato su questi temi, portati in palmo di mano dai governanti, soprattutto se non devono rispondere direttamente al corpo elettorale. Potrebbe anche essere indicativo di un certo atteggiamento nelle prossime elezioni tedesche. Il verde piace finché è retorica, ma nessuno gradisce che gli mettano le mani nel portafoglio.
FONTE: https://scenarieconomici.it/la-svizzera-boccia-con-un-referendum-il-green-deal-ed-il-riscaldamento-globale-soprattutto-i-giovani-contrari/
POLITICA
L’insopportabile ipocrisia dei “liberal progressisti”
Edoardo Laudisi – 18 Giugno 2021
Chiunque si concentri sul linguaggio gender invece che sulle pari opportunità e trascuri la cultura e il senso di appartenenza della maggioranza della popolazione porta acqua al mulino della destra. (Sarah Wagenknecht)
La parlamentare tedesca Sarah Wagenknecht è probabilmente una delle personalità politiche più intelligenti a livello europeo. Forse è per questo che il suo partito, die Linken (la sinistra) vuole espellerla. Sarah Wagenknecht, infatti, critica la linea liberal-progressista presa dal suo partito, accusandolo di aver abbandonato il conflitto sociale per abbracciare la causa delle politiche identitarie. Non più lotte a sostegno dei ceti popolari quindi, ma relativismo culturale, abbandono di ogni visione universalista, censura del pensiero non conforme mediante il politically correct e cancel culture. Con queste azioni la sinistra tedesca dimostra di soffrire di un male comune ormai a tutta la sinistra europea se non addirittura mondiale: una perdita pazzesca di intelligenza a livello collettivo.
C’è stato un tempo dove l’idiozia albergava soprattutto a destra. In Italia erano i tempi mitici di Belluscone, come lo chiamò Franco Maresco nell’omonimo film, del poeta Bondi, bardo del berlusconismo più spinto, delle olgettine e della nipotina di Mubarak con tutta la corte dei miracoli che infestò il nostro paese per lustri. L’italiano medio rimase appiccicato al doppiopetto del re mida di Arcore come una mosca alla carta moschicida. Attratto dal profumo di soldi e sesso e poi incollato per decenni al nastro della corruzione e malaffare elevati a vertigine gerarchica. Ogni ragionamento franava, ogni analisi critica finiva inesorabilmente in un punto morto, perfino le tabelline fallivano con i berluscones per i quali due per due faceva sempre e solo quello che diceva Silvio re.
Oggi la demenza, intesa come incapacità di comprendere il reale, è migrata in massa a sinistra. La sinistra liberal-progressista per essere più precisi. Quella che censura il divario sociale causato dall’asimmetria nella redistribuzione delle risorse operata dal mercato globale, usando l’arma di distrazione di massa dei conflitti identitari. Nell’impegno solerte di sostenere il grande capitale finanziario al quale si è venduta per un piatto di lenticchie, la sinistra liberal-progressista esalta il multietnico come se fosse un prodotto di marca da scegliere al supermercato, difende a spada tratta le migrazioni senza riuscire nemmeno nel più elementare dei ragionamenti che consisterebbe nel porre dei limiti ed esse distinguendo tra richiedenti asilo e immigrati economici, è incapace di riflettere sul modello di integrazione da adottare (multiculturalismo, transculturalismo, concetto di cultura guida ecc.) e gli strumenti necessari per realizzarla. Non sa pensare, non sa analizzare, non sa spiegare, e quel che è peggio non sa comprendere il contemporaneo. Per ovviare alle sue lacune devastanti, la sinistra liberal-progressista stende sulla realtà una cortina fumogena di moralismo ipocrita e sentimentaloide perfino peggiore di quello di certi cattolici reazionari degli anni Cinquanta. Coltiva il vittimismo delle minoranze invece di stimolarne l’emancipazione anche dai loro retaggi culturali, ciarla di ius soli invece che di integrazione attraverso il diritto allo studio e al lavoro, di razzismo sistemico invece che di emancipazione e responsabilità individuale, di linguaggio gender neutral-inclusive invece che di eguaglianza sostanziale da realizzare in uno stato di diritto. Dopo aver demolito i sistemi di welfare europei; non è stato Berlusconi ad abolire l’articolo 18 o a introdurre la flessibilità del lavoro che ha portato all’impoverimento degli italiani ma Renzi e Prodi, e in Germania non è stata Angela Merkel a introdurre l’Agenda 2010 che ha ridotto drasticamente le prestazioni sociali ma il socialdemocratico Gerhard Schröder, la sinistra liberal-progressista ciancia di Europa ed europeismo per nascondere la cruda realtà di un’Unione Europea che non si fonda su una costituzione democratica approvata dai cittadini, ma su contratti giuridico-finanziari (trattati di Maastricht e Lisbona) stipulati da pochi e cuciti su misura sulle esigenze di multinazionali, banche e società d’investimento finanziario come Blackrock.
Per tenere insieme questo baraccone i liberal-progressisti fanno il lavoro sporco servendosi dei peggiori strumenti delle destre: intolleranza verso i liberi pensatori, censura preventiva a botte di politically correct e mobbing contro i non allineati. Mentre i loro business partners, vale a dire grandi aziende, organizzazioni finanziarie internazionali e banche, colgono i frutti di tanta servile solerzia in termini di fiscal dumping, riduzione del lavoro da diritto a privilegio concesso dai nuovi signorotti globali, concentrazione del potere esecutivo nelle mani di persone non democraticamente elette ma nominate da circoli privati.
“Ritengo sia una tragedia che la maggioranza dei partiti socialdemocratici e di sinistra abbia intrapreso la strada sbagliata del liberalismo di sinistra che, in teoria, distrugge la sinistra e aliena ampie fasce del suo elettorato. Un’aberrazione che consolida il neoliberismo come orientamento politico, anche se da tempo ormai la popolazione chiede una politica diversa per un maggiore equilibrio sociale, per una regolamentazione ragionevole dei mercati finanziari e dell’economia digitale, per il rafforzamento dei diritti dei lavoratori e per una politica industriale intelligente orientata al mantenimento e alla promozione di una classe media forte.” Sarah Wagenknecht, Die Selbstgerechten (I giusti).
SCIENZE TECNOLOGIE
Dopo i morti a British Airways
“Morti improvvisamente quattro piloti della British Airways. Io credo che tutto ciò sia davvero inquietante”: Daniela Martani, ex hostess di Alitalia, ha commentato in questo modo la notizia data poche ore fa dalla compagnia aerea del Regno Unito.
MA era una bufala, dice Bufale.Net
Ritagli di giornale
Mirko morto per un malore, Torre Angela in lutto: “Addio, gigante buono”
STORIA
22 giugno 1941, l’attacco nazista all’URSS. Perché la “Variante Barbarossa”, 80 anni dopo, è così attuale
Fabrizio Poggi – 22 Giugno 2021
Il 22 giugno cade l’ottantesimo anniversario dell’operazione “Variante Barbarossa”, l’attacco nazista all’Unione Sovietica. Quanto quella data non rappresenti solamente una soglia storica, ma rivesta connotazioni politiche molto attuali, lo dimostrano le continue “risoluzioni europeiste” volte a equiparare, nella categoria a-classista di “totalitarismo”, l’Unione Sovietica alla Germania nazista per lo scatenamento della Seconda guerra mondiale. È facile prevedere che, se a Bruxelles si ricorderà la tragica ricorrenza, lo si farà mutuando gli stereotipi diffusi da trent’anni dai liberali, russi e non, e si parlerà di “scontro tra due dittature”; anzi, alla maniera della portavoce del Ministero degli esteri russo, Marija Zakharova, si sosterrà che «i capi che hanno annientato il proprio popolo bruciano all’inferno con fiamme due volte più ardenti di quelli che hanno annientato altri popoli»: cioè Stalin peggio di Hitler!
Sarà in ogni caso interessante osservare come “celebreranno” la data gli eredi di coloro che, nel 1941, accolsero da “liberatori” gli invasori nazisti in Ucraina, Bielorussia, Lituania e diedero loro man forte nelle stragi più mostruose.
Nel giugno 1941, forze armate e volontari da mezza Europa, senza “risoluzioni europeiste”, si accodarono alle truppe hitleriane in una “Internazionale nera” per una guerra di sterminio che rinverdiva l’intervento di quattordici stati stranieri contro la Russia sovietica di vent’anni prima. Contro la giovane Russia sovietica si erano avventate le antesignane delle moderne «democrazie più forti del mondo», che allora si chiamavano Triple Entente e Mittelmächte e che, come oggi, proclamavano che «insieme, possiamo superare qualsiasi minaccia alla nostra sicurezza», soprattutto se la minaccia è data dal contagio della rivoluzione sociale. Un contagio che, per ora, pare molto improbabile provenire dalla Russia di oggi, che non è né la RSFSR del 1918, né l’URSS del 1941; ma qui parliamo d’altro, e la formula «gli Stati Uniti ci sono. Come nella Seconda Guerra Mondiale» significava impedire, nel 1945, che l’Esercito Rosso arrivasse oltre l’Elba e, oggi, che le economie in affanno mangino la polvere dietro quelle in ascesa. Solo che alcune sono in forte affanno, ma pedalano, mentre altre aspettano proprio la spinta dei gregari. Comunque, rispetto al 1918, nel 1941 mancava il Giappone militarista, in cui il trattato di non aggressione sovietico-tedesco del 1939 aveva provocato una crisi di governo, e che, dopo aver concluso un patto di neutralità con Mosca nell’aprile 1941, aveva imboccato la strada dell’espansione verso il sud-Pacifico.
LEGGI DI FABRIZIO POGGI: “FALSI STORICI” (GRUPPO LAD, 2020)
Mancavano gli Stati Uniti – pur largamente presenti con banche e accordi di trust a foraggiare gli hitleriani – ma solo perché Mosca non era caduta nelle provocazioni naziste tese a farla apparire parte attaccante: già nel 1937 Roosevelt aveva dichiarato che gli yankee si sarebbero schierati con la Germania, se fosse stata attaccata dall’URSS, concetto ribadito dal Congresso USA nel maggio ’41.
Mancava la Gran Bretagna, coi suoi “Dominions”, che da più di vent’anni brigava per indirizzare verso est la Germania, sia weimariana che hitleriana e che, un mese prima dell’attacco nazista, aveva dato disco verde alla Wehrmacht, assicurando il “fuggitivo” Rudolf Hess che Londra non avrebbe attaccato la Germania mentre questa era impegnata a oriente. A ogni buon conto, Churchill aveva pianificato il bombardamento (annullato, al pari della programmata entrata in guerra a fianco della Finlandia, nel 1940) dei pozzi petroliferi di Baku, partendo dalla base aerea britannica a Mosul.
Mancava la Francia, ma solo perché era stata sconfitta dai tedeschi un anno prima; in ogni caso, non mancavano volontari francesi e di altre decine di paesi, arruolatisi di proposito nelle file delle SS: al pari del 1918, anche nel 1941 “le democrazie liberali” si avventavano contro la democrazia sovietica – solo, lo facevano per interposta persona.
Il 22 giugno rimane una data oltremodo tragica e dolorosa nella storia sovietica: i Gruppi d’armate (armata “Norvegia” verso Murmansk e Karelia; Gruppo di armate “Nord”, verso Leningrado e Baltico; Gruppo di armate “Centro”, verso Bielorussia e Mosca; Gruppo di armate “Sud”, verso l’Ucraina: 182 divisioni tedesche, finlandesi, rumene e ungheresi, cui chiesero poi di unirsi divisioni italiane, croate e slovacche, per un complesso di 5 milioni di uomini. Avrebbero superato le 230 divisioni nel corso della guerra: quattro volte tanto quelle impegnate sul fronte occidentale) che con il blitzkrieg attaccarono l’URSS, riuscirono a penetrare così profondamente in territorio sovietico, tanto da accerchiare centinaia di migliaia di soldati del RKKA (Rabo?e-krest’janskaja Krasnaja Armija), così che già il 28 giugno cadeva Minsk e il 10-12 luglio iniziava la battaglia attorno a Smolensk: meno di 400 km da Mosca. Come era potuto accadere?
«Stalin non aveva capito che si stava avvicinando la guerra e non aveva preparato l’esercito»; «Stalin aveva decapitato i vertici militari con le purghe del 1937»; «Stalin si rifiutò sempre di credere alle informazioni del controspionaggio». Oppure: «Stalin si fidava di Hitler»; come no! “maniaco, paranoico, sospettoso verso tutto e tutti”, “non si fidava di nessuno”, ma poi, ecco, crede “nella lealtà di Hitler”! Lo “testimonierebbe”, ci raccontano, il presunto “carteggio” tra i due, di cui però non c’è traccia negli archivi russi; anzi, a proposito delle immaginarie missive di Stalin al führer diffuse in Occidente, lo storico Arsen Martirosjan ne evidenzia i curiosi “anglicismi” di sintassi e punteggiatura!
Sono queste, insomma, le litanie più ricorrenti nella bellettristica liberale, sia in Russia che a Ovest, unite a quella della “confusione e disperazione” di Stalin per l’attacco nazista e della sua “scomparsa” per almeno una settimana.
Come stanno le cose?
Davvero Stalin non aveva capito che si stava avvicinando la guerra? Sin dal 1925, dal trattato di Locarno tra Germania, Francia, Gran Bretagna, Italia e Belgio, Stalin aveva tanto compreso che la guerra era inevitabile – «Locarno ha liberato lo spirito della guerra», disse commentando quel “prototipo” del successivo accordo di Monaco del 1938 – che tutta la politica sovietica, con la fine della NEP, fu indirizzata a creare una forte industria pesante, quale base per l’industria di guerra. E nel febbraio 1931 pronunciò la famosa frase «siamo in ritardo di 50-100 anni rispetto ai paesi avanzati; dobbiamo coprire questa distanza in dieci anni. O lo facciamo, o ci sbaraglieranno». Per tutti gli anni ’30, di fronte all’attacco giapponese alla Cina, all’invasione italiana dell’Etiopia, all’aggressione italo-tedesca alla Spagna repubblicana, la diplomazia sovietica continuò a parlare di “guerra mondiale già in corso”, sforzandosi di creare un fronte di “sicurezza collettiva”, respinto però dalle allora “democrazie più forti del mondo”.
Nel 1934, si cominciò a programmare la realizzazione, oltre gli Urali, dei “doppioni” delle principali industrie sovietiche. Al XVIII Congresso del VKP(b), nell’ottobre 1937, Stalin afferma che «la seconda guerra imperialista è già in corso» e lancia la 3° Pjatiletka che prevede, per i primi due anni, una crescita del 86% dell’industria militare; si cominciano ad allestire oltre gli Urali le infrastrutture (elettricità, acqua, ecc.) per il trasferimento degli impianti industriali, così che, già nei primi 2-3 mesi di guerra, poterono essere evacuate 3.600 grandi industrie, in particolare quelle di tank, motori, aerei, e oltre 12 milioni di tecnici e operai vi cominciarono immediatamente a lavorare, grazie alle basi gettate quattro anni prima. Ci si aspettava così tanto la guerra che anche le pubblicazioni sull’invasione napoleonica ne furono aperta testimonianza.
Tra i tentativi sovietici di scongiurare le provocazioni naziste e ribadire all’Occidente le posizioni di Mosca, anche la vicenda della lettera indirizzata ai membri del Politbjuro, in cui Stalin criticava alcune affermazioni fatte da Friedrich Engels nel 1890 in “La politica estera dello zarismo”: scritta nel luglio 1934, viene pubblicata sull’organo teorico del partito “Bol’ševik” proprio nel maggio 1941. In estrema sintesi, Stalin sosteneva che Engels aveva sopravvalutato il ruolo della borghesia russa che, cacciando lo zar, avrebbe impedito una guerra mondiale. Ma, come osserva lo storico Nikolaj Romanovskij, la pubblicazione dello scritto di Stalin a un mese dall’attacco nazista, era legata proprio alla situazione del 1941. Stalin «conduce una disputa scientifica (nella sua comprensione) con Engels, prima di tutto, a) … sull’inizio della guerra e b) sulla genesi del conflitto bellico. Inoltre, tra le altre questioni legate agli eventi del 1941, Stalin parlava della rivalità tra Germania e Inghilterra, del problema degli stretti del mar Nero, delle relazioni russo-tedesche».
Pure rivolto, in particolare, a un pubblico estero, anche il Comunicato della TASS (trasmesso per radio alle 18 del 13 giugno, quando le forze tedesche avevano già cominciato ad attestarsi sulle posizioni d’attacco, e pubblicato sulla stampa il 14 giugno) che rinviò, per un momento, l’attacco tedesco: il comunicato era rivolto per un 30% a Berlino, ma per il restante 70% ammoniva Londra a non provocare il conflitto tra URSS e Germania. In effetti, a fine aprile ’41, era iniziato il trasferimento di unità del RKKA dalle Regioni militari orientali (Urali, Bajkal, ecc.) verso i confini occidentali, pur mascherato, in alcuni casi, da “manovre militari”, e il comunicato intendeva anche rispondere alle richieste di spiegazioni tedesche su quei movimenti.
Dunque: davvero Stalin non pensava all’attacco tedesco? Stalin, con quella che viene definita la sua “sottigliezza orientale”, fece di tutto per ribadire che l’URSS non voleva la guerra e anche per ammonire Germania e “democrazie occidentali” delle conseguenze di una seconda “invasione napoleonica”.
Stalin vedeva così lucidamente che tutta la politica delle «democrazie più forti del mondo» era tesa a rivolgere verso est l’aggressione nazista, ed era così consapevole dell’impreparazione del RKKA, che, nell’agosto 1939, aveva stipulato il trattato di non aggressione con Berlino. Riacquisendo all’URSS, grazie al trattato, i territori di Bielorussia e Ucraina occidentali, strappate dalla Polonia di Pi?sudski col trattato di Riga del 1921, Stalin vinse in anticipo la “battaglia per lo spazio e per il tempo”: dilazionò di quasi due anni l’attacco nazista (pur se sperava, come racconterà poi l’ex Commissario agli esteri Vja?eslav Molotov, di poterlo rinviare ancora almeno di un anno) e allontanò di 300-350 km verso ovest i confini sovietici. Se Hitler avesse attaccato l’URSS nei confini del 1939, la battaglia di Smolensk, durata oltre due mesi, da luglio a settembre (questo, per quanto riguarda il ritornello dei soldati sovietici che “si arrendevano in massa senza sparare un colpo”) si sarebbe svolta sotto Mosca e non è sicuro come sarebbe finita.
Ma, si dice, le sconfitte dei primi mesi di guerra furono dovute alle “purghe staliniane” del 1937 contro i vertici dell’Esercito Rosso, con una “tesi” fatta propria anche da storici divulgativi applauditi dalla sinistra. Questo richiederebbe una trattazione a parte e in ogni caso tale “tesi” è stata largamente smentita dagli studi degli ultimi anni su “quantità e qualità” delle epurazioni tra i ranghi militari e sui reali obbiettivi di Mikhail Tukha?evskij, col suo “Piano della disfatta”, il suo tentativo di colpo di stato (insieme ai vari Putna, Gamarnik, Jakir, Uborevi?, Kork, ecc.) e di alleanza con la Germania hitleriana. Qui basti ricordare che, quando i liberali parlano di 40.000, 50.000 o addirittura 70.000 “epurati”, si assicurano che il lettore intenda senz’altro “fucilati”. Ora, il corpo di comando del RKKA era costituito da oltre duecentomila uomini; tra il 1936 e il 1940 ne vennero allontanati 36.898, con motivazioni di età, salute, morale (alcolismo, appropriazioni, ecc.) e politiche. Di questi, ben più della metà, in seguito alle verifiche, venne reintegrata e solo circa 9.000 non furono riammessi. I fucilati furono 1.634. «Lo dobbiamo al 1937, se da noi, durante la guerra, non ci fu una quinta colonna», disse nel 1970 Molotov, nelle sue conversazioni con lo scrittore Feliks ?uev. Qui tanto basti.
«Stalin si rifiutò sempre di credere alle informazioni del controspionaggio», si dice. Effettivamente, per quanto riguarda i dubbi di Stalin su vari rapporti dell’intelligence, questi nascevano dal fatto che molte “fake” provenivano sia dal Abwehr nazista, sia dal MI-6 britannico, che non aveva mai rinunciato a provocare uno scontro tra Germania e URSS: lo testimonia anche la vicenda dell’improvviso riconoscimento dell’URSS da parte del regno jugoslavo nel 1941, ispirato proprio da Londra, allo scopo, se non si fosse arrivati a una guerra in territorio sovietico, di far scontrare Mosca e Berlino nei Balcani. La lettera di Churchill a Stalin, del 3 aprile ’41, aveva non tanto lo scopo di avvertire Mosca delle intenzioni tedesche, bensì di sollecitare l’URSS a “venire in soccorso” della Jugoslavia attaccata da Hitler; ma Mosca non cadde nella trappola. Come che sia, solo tra 11 e 22 giugno ’41, l’intelligence informò i vertici militari ben 47 volte su direttrici, giorno e ora dell’attacco tedesco. L’URSS disponeva di una fitta rete di Intelligence (ne operavano almeno quattro, tra NKVD, NKID, GRU, Komintern, oltre alle spie “personali” di Stalin nelle alte sfere di Wehrmacht, SS, NSDAP) con informatori fin nello SM tedesco. Tra gli agenti più famosi e più produttivi, ad esempio, “Staršina” e “Korsikanets”, (rispettivamente l’Oberleutnant Harro Schulze-Boysen e l’antifascista Arvid Harnack) che, già a febbraio ’41, comunicarono di tre Gruppi d’armate tedeschi previsti per l’attacco e che questo avrebbe potuto iniziare tra il 13 (questa data decade proprio a causa del citato comunicato TASS) e il 18 giugno. Il 12 giugno, un agente del GRU informa che la data definitiva è fissata al 22 giugno. E, comunque, le prime indicazioni a fine 1940 parlavano di attacco “dopo il periodo della semina”, con i germogli ancora verdi e questo significa, a quelle latitudini, entro la fine di giugno. Perché i germogli verdi? Mosca sapeva, che le riserve cerealicole tedesche erano agli sgoccioli e che la Germania aveva assoluto bisogno di grano; ma questo non doveva essere troppo maturo, per evitare che l’Esercito Rosso in ritirata lo bruciasse. L’attacco non poteva cominciare nemmeno troppo prima, dato che, come scrive Martirosjan, i «generali tedeschi non erano degli stupidi e sapevano che in URSS, «oltre al generale gelo, esistono anche il feldmaresciallo impraticabilità delle strade fangose e il generale esondazione primaverile dei fiumi».
Comunque, la Wehrmacht attaccò e, come indicato da più rapporti d’intelligence, sfondò lungo la direttrice delle proprie forze principali, in Bielorussia, mentre i più forti raggruppamenti del RKKA erano concentrati più a sud, in Ucraina.
Ora, non è forse il caso di accogliere a occhi chiusi le teorie semi-cospirative di Martirosjan che, senza mezzi termini, accusa Commissario alla difesa e Capo di SM del periodo, Semën Timošenko e Georgij Žukov (ma non è solo lui a puntare il dito contro i due maggiori ufficiali dell’epoca: un altro storico, Oleg Kozinkin, lo fa analizzando le risposte fornite dopo la guerra all’indagine della “Commissione Pokrovskij”) di aver surrettiziamente capovolto il “Piano di respingimento dell’aggressione”, messo a punto dal precedente Capo di stato maggiore, Boris Šapošnikov e aver concentrato il grosso delle forze sovietiche sul Fronte Sud. Questo, nonostante poi Žukov, nelle sue memorie khruš?ëviane, scriva che sarebbe stato Stalin a imporre di considerare la «direttrice strategica più pericolosa … quella sudoccidentale (Ucraina) e non quella occidentale (Bielorussia)», e taccia sul fatto che fossero stati lui e Timošenko a convincere “il tiranno” che proprio in Ucraina si dovessero concentrare le forze principali del RKKA.
Al pari di Kozinkin, va nella stessa direzione anche lo storico Viktor Popov, citando la “Commissione Pokrovskij”. E non è tenero con Georgij Žukov nemmeno il Maresciallo d’aviazione dell’epoca, Aleksandr Golovanov, che ricorda un episodio non proprio “edificante” che, nei primi mesi di guerra, aveva visto coinvolto il futuro “Maresciallo della Vittoria”.
Ora, pur con tutti i dubbi sulle tesi di Martirosjan, è certo che i Piani di difesa sovietici subirono varie modifiche, anche nel corso del 1940 e 1941 e anche tra loro contraddittorie, a seconda dei loro estensori.
Oleg Kozinkin ricorda come anche il “Piano della disfatta” di Tukha?evskij, per la sconfitta dell’Esercito Rosso, prevedesse di raggruppare «le nostre forze principali non contro le forze principali nemiche, ma in altre aree! Vale a dire: fornire ai tedeschi l’opportunità di sfondare in grande profondità le nostre difese, là dove non c’erano le nostre forze maggiori. La stessa cosa che, in definitiva, si trasformò in realtà con Timošenko e Žukov».
Altro punto su cui gli storici si “arrovellano” è quello del fattore cronologico, in rapporto a redazione e trasmissione della famosa “Direttiva n.1”, a proposito della quale si dice, tra l’altro, che solo nella notte tra 21 e 22 Stalin dette l’ordine di mettersi sul piede di guerra, dimenticando però come già in maggio fosse iniziata la mobilitazione e si fosse proceduto agli spostamenti di intere unità.
E, a proposito di presunte “cospirazioni dei generali” (ipotesi oggi avanzata da più di uno storico) c’è da dire che il generale Dmitrij Pavlov, comandante del Fronte Ovest, venne fucilato il 22 luglio 1941 non con l’accusa di tradimento, ma con la formula di negligenza e mancato adempimento dei doveri: la pena era comunque la stessa e Martirosjan ipotizza che Stalin abbia chiesto di mutare l’iniziale capo d’accusa dall’art. 58 CP (complotto o tradimento) nell’art. 193, c.17 (negligenza di servizio di personale di comando del RKKA) proprio per evitare di scatenare, con i tedeschi all’attacco, un’altra ondata di epurazioni come quella del 1937, e comunque Stalin si premurò, a guerra terminata, di ricordare ai generali che «i vincitori possono e debbono essere giudicati», alludendo senza preamboli al 1941.
Lo storico Evgenij Spitsyn ricorda come siano a tutt’oggi per lo più inaccessibili i fondi d’archivio relativi a Pavlov e alle direttive dello SM dal 1 al 22 giugno. Si può esser certi, dice Spitsyn, che se quei fondi avessero riguardato “decisioni criminali del tiranno” Stalin, da almeno trent’anni sarebbero stati pubblicati. Pare evidente che, a esser chiamati in causa (post mortem), potrebbero essere alcuni intoccabili “marescialli della vittoria”.
Fatto sta che, proprio nel “ZapOVO”, il Fronte Ovest, comandato dal generale Pavlov, un ruolo particolarmente tragico fu rivestito dal saliente di Belostok, attorno a cui si verificò una sorta di riedizione, in scala molto più estesa, della manovra di Annibale a Canne, con la differenza che i comandi del RKKA erano consapevoli del problema: da mesi si metteva in guardia sul pericolo di una manovra a tenaglia nemica e si chiedeva il rafforzamento dei fianchi del saliente; nonostante però che la questione fosse stata esaminata e concordata con lo SM, nessuna misura concreta era stata adottata.
Sul versante opposto, si dice che Stalin si apprestasse ad attaccare la Germania e che fosse stato battuto sul tempo da Hitler. La pubblicazione, a inizio anni ’90, di “1941 – Insegnamenti e deduzioni”, con contributi di militari dello SM laureati in materie storiche e l’editing dello storico Oleg Kozinkin, nasce dall’esigenza immediata di rispondere al traditore (transfuga del KGB in Gran Bretagna) Vladimir Rezun che, giocando sulla sottile differenza tra “Piano d’attacco” e “Piano di difesa strategica attiva”, sosteneva che Stalin avrebbe programmato l’attacco sovietico alla Germania.
Come stanno le cose?
Makhmut Gareev, generale d’armata, storico, scrive in “Pravda i lož’ o na?ale vojny” (Verità e menzogna sull’inizio della guerra) che alcuni autori cercano di avvalorare la versione sulla preparazione di un’attacco preventivo da parte sovietica con il fatto che «le truppe dei distretti di confine occidentali non erano schierate in raggruppamenti difensivi e che le linee difensive in profondità non erano preparate ed equipaggiate in termini ingegneristici. La domanda pertinente, ovviamente, è: perché non lo erano? Questo non era per nulla dovuto al fatto che non si intendesse difendersi all’inizio della guerra, bensì era una conseguenza di idee invecchiate sul periodo iniziale della guerra e sul carattere delle operazioni difensive. Si guardava alla difesa come a un’azione militare temporanea, condotta solo da una parte delle truppe per coprire la mobilitazione e il dispiegamento delle forze principali. Nessuno supponeva che, per respingere le forze nemiche già preparate per l’attacco, fossero necessarie una difesa scaglionata in profondità su scala strategica e lunghe, intense battaglie difensive, con l’impiego di tutte le forze e i mezzi disponibili. Sfortunatamente, di questo non si tenne conto nemmeno nel 1942. Solo nell’estate del 1943, a Kursk, fu organizzata un’autentica difesa strategica. L’infatuazione per l’offensiva e la sottovalutazione della difesa giocarono un ruolo fatale negli eventi del 1941».
La verità è che furono le battaglie di confine, scrive il generale-colonnello Viktor ?e?evatov in “Sulla soglia della guerra”, furono «i contrattacchi contro i cunei tank e meccanizzati nemici che irrompevano in profondità nelle difese dell’Esercito Rosso, furono queste le circostanze che privarono le forze nemiche del loro ritmo di avanzata, che era stato consueto nelle campagne tedesche nei paesi dell’Europa occidentale, e questo annullò tutti i vantaggi del “piano di guerra lampo”». Solo le truppe di frontiera, che dipendevano dal Ministero degli interni, riuscirono a infliggere ai tedeschi perdite di 7-10 a 1 e, nella sola giornata del 22 giugno, distrussero un’intera Divisione tank tedesca: se solo le truppe regolari fossero arrivate in tempo in appoggio a quelle di frontiera… Ecco cosa ha scritto – ricorda ancora ?e?evatov – su questo tema G.K. Žukov: «La nostra letteratura storica si occupa in qualche modo solo in termini generali di questa più grande battaglia di confine … Dopotutto, proprio come risultato di queste azioni … fu sventato il piano del nemico di un rapido sfondamento su Kiev. Il nemico subì pesanti perdite (secondo fonti tedesche, fino al 60%. – V. ?.) e si convinse della tenacia dei soldati sovietici pronti a combattere fino all’ultima goccia di sangue…».
Prima di chiudere, un altro mito, anch’esso messo in circolazione in epoca khruš?ëviana, secondo cui, alla notizia dell‘attacco tedesco, Stalin si sarebbe tanto spaventato, da “nascondersi in un armadio, fuggire nella sua da?a, o da qualche altra parte”. Un mito ripreso a piene mani in Occidente e oggi anche in vari manuali scolastici in Russia.
In realtà è semplice seguire i movimenti di Stalin nei primi tre giorni di guerra. All’epoca, si teneva un registro delle visite di Stalin al suo ufficio al Cremlino, in cui erano protocollati tutti i suoi incontri della giornata. Così, il 22, 23, 24 giugno, Stalin continuò a lavorare al Cremlino, ricevendo militari e politici. Nessuna delle persone indicate sul registro, ha mai detto che Stalin fosse stato spaventato, si fosse nascosto e non si fosse fatto vedere. La storiella era stata lanciata da Nikita Khruš?ëv: proprio uno che non poteva aver visto Stalin in stato confusionale (o in qualunque altro stato) dal momento che non era mai stato convocato al Cremlino nei primi giorni di guerra.
L’attività di Stalin in quel periodo è confermata anche da fonti memorialistiche.
In definitiva, come sottolinea lo storico Jurij Nikiforov, nonostante gli errori di previsione nei Piani di difesa e la ritardata mobilitazione, l’Esercito Rosso, i soldati sovietici, compirono imprese eroiche nell’estate del ’41. Si potrebbe dire, aggiungiamo, anche nonostante aperti sabotaggi: come ricorda Oleg Kozinkin, a giudicare dalle risposte date alle domande della citata “Commissione Pokrovskij”, per vari ufficiali superiori si può parlare di panico, insubordinazione e persino tradimento. Lo stesso ex Capo di SM Kirill Meretskov, nel gennaio 1940 pare avesse detto a Pavlov di considerare inevitabile la vittoria tedesca in caso di guerra.
Inoltre, non si deve dimenticare che, nel 1939, il RKKA era ancora organizzato come milizia su base territoriale: 3 mesi di ferma e poi un mese all’anno; non era quindi pronto a sostenere una guerra (gli scontri coi giapponesi sul lago Hasan in Mongolia nel 1938 e la “guerra d’inverno” con la Finlandia lo avevano dimostrato), mentre in Germania c’era il servizio militare obbligatorio dal 1936; da qui, il tentativo di Stalin di rinviare la guerra ancora di almeno 1-2 anni.
E nonostante ciò, i soldati sovietici che nel 1941 avevano dimostrato come si potesse far fallire il blitzkrieg, nel 1945 entravano da trionfatori a Berlino, prima e in gran parte nonostante le “democrazie più forti del mondo”.
Dopo la sconfitta di Napoleone, Karl von Clausewitz formulò una tesi molto chiara, scrive il politologo Igor Šiškin, perfettamente assimilata in Occidente e cioè che la Russia possa essere sconfitta solo dall’interno; la campagna di Napoleone contro la Russia, aveva scritto Clausewitz, «è fallita perché il governo è rimasto fermo e il popolo leale». E questa non è una teoria vuota. Il generale Hermann Hoth, che al comando del 3° Panzergruppe faceva parte del Gruppo Armate “Centro”, scrisse nelle memorie che «quando abbiamo iniziato la campagna, la nostra principale speranza non era nei carri armati, ma che Stalin sarebbe stato preso dal panico, avrebbe perso ogni risolutezza e sarebbe sceso a qualsiasi compromesso, pur di salvare il proprio potere. Che le repubbliche nazionali si sarebbero sollevate contro il centro imperiale e il popolo russo non avrebbe difeso uno stato che non considera suo».
Non a caso, i comunisti sovietici, parlarono sin da subito non di guerra dell’esercito, ma di guerra del popolo sovietico contro l’invasore fascista. Viktor ?e?evatov ricorda che il VKP(b), durante la guerra, fu un vero e proprio “partito combattente”: al 1941 il partito contava circa 2,5 milioni di membri e nei quattro anni di guerra vi aderirono come membri candidati 4 milioni di soldati del RKKA e 2,6 milioni come membri effettivi. Tre milioni di comunisti morirono.
Come ha scritto il ricercatore Georgij Zotov, un elemento «Hitler non aveva preso in considerazione nel piano Barbarossa. Aveva considerato tutto: la sconfitta dell’URSS in 17 settimane e la cattura di Mosca e Leningrado. Non aveva pensato a una cosa: che milioni degli uomini più semplici, il cui figlio, padre, madre, fratello, sorella, fossero stati uccisi», si sarebbero arruolati volontari, «sarebbero andati al fronte e avrebbero torto il collo con le mani a un soldato in uniforme grigioverde».
Fonti
1941 – uroki i vyvody https://liewar.ru/knigi-o-vojne/348-1941-god-uroki-i-vyvody.html?showall=1
Tak na?inalas vojna – https://22june.mil.ru
Arsen Martirosjan, Nakanune vojny. Moskva, “Ve?e” – 2020
Feliks ?uev, Sto sorok besed c MOLOTOVYM. Moskva, “Terra” – 1991
Makhmut Gareev, Pravda i lož’ o na?ale vojny – https://nvo.ng.ru/concepts/2000-06-23/1_true-n-lies.html
Viktor ?e?evatov, Porog vojny – https://www.sovross.ru/old/2005/56/56_4_4.htm
Oleg Kozinkin, Tragedija 22 ijunja i “Plan poraženija Tukha?evskogo https://liewar.ru/tragediya-22-iyunya/286-tragediya-22-iyunya-i-
Makhmut Gareev, Ob ob”ektivnom osveš?enii voennoj istorii Rossii – http://vivovoco.astronet.ru/VV/JOURNAL/NEWHIST/GAREEV.HTM
Vladimir Lota, Uvidet’ krasnyj svet – https://mil.ru/winner_may/history/more.htm?id=10674353@cmsArticle
plan-porazheniya-tukhachevskogo.html
http://ecsocman.hse.ru/data/233/864/1217/006_romanovskij.pdf
https://youtu.be/1r4NGjxd0xU https://youtu.be/eujy7Ua8TmA https://youtu.be/vFSgc0sq0WQ
https://stalinism.ru/stalin-i-armiya/22-iyunya-v-otvetah-generalov-na-voprosyi-genshtaba.html
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http://rkka.ru/memory/pokrovskiy/main.htm
https://vpravda.ru/obshchestvo/istorik-viktor-popov-genshtab-prospal-nachalo-voyny-29618/?amp
https://www.youtube.com/watch?v=WxVRT-snUtY&t=1405s
https://www.youtube.com/watch?v=3ukXJw18tH0&t=92s
FONTE: https://www.lantidiplomatico.it/dettnews-22_giugno_1941_lattacco_nazista_allurss_perch_la_variante_barbarossa_80_anni_dopo__cos_attuale/8_41961/
Le peggiori atrocità del XX secolo perpetrate in nome della scienza
di Armando Manocchia– La Covid-19 ha reso ineludibile una seria riflessione sul rapporto tra l’esercizio della Democrazia e la scienza. Nonostante l’argomento venga dibattuto da più di un secolo, gli avvenimenti recenti dimostrano come non sia ancora esaurito né indagato a sufficienza.
La sua prepotente attualità, che ha riflessi estremamente tangibili nelle nostre vite, impone ai cittadini di partecipare attivamente a questo dibattito, poiché il de-responsabilizzarsi comporta una cessione del proprio spazio di libertà e la possibilità per le aberrazioni del recente passato di ripresentarsi con violenza.
Checché se ne pensi, dall’eugenetica – scienza orientata al miglioramento della specie umana – fino alla pubblicazione del Manifesto della razza, le peggiori atrocità compiute nel Ventesimo secolo sono state perpetrate nel nome della scienza.
Atrocità in nome della scienza
A formulare e promuovere queste teorie, oggi relegate a pseudo-scienze, non erano infatti fantomatici santoni o filosofi ispirati da divinità oscure, ma insigni studiosi e professori del campo della Medicina, della Psichiatria, della Biologia, della Zoologia, dell’Antropologia… È stata la scienza, non l’esoterismo, a fornire l’impalcatura teoretica sulla quale si è fondato il nazismo, con argomentazioni tanto convincenti da giustificarne le azioni e da mettere a tacere le voci non allineate.
La storia si ripete. Lapalissiano, ma doveroso ricordarlo: la scienza, se intesa come strumento al servizio di un’ortodossia repressiva, non può essere annoverata tra i fenomeni di nuova generazione.
A chi si è domandato come sia stato possibile che le masse non solo accettassero ma sposassero entusiaste tali ideologie, l’attualità fornisce una chiave di lettura privilegiata.
Nel parlare della narrazione ufficiale della PSICOPANDEMIA COVID-19, ingabbiata tra propaganda e censura, non mi addentrerò nel dibattito scientifico, prima perché non ne ho le competenze e poi, perché è la conseguenza e non la causa del clima nel quale viviamo ormai da un anno e mezzo.
La ‘Scienza’ o se volete, la “Fantascienza”, è stata infatti eletta a strumento con il quale si è giustificata la gestione della psicopandemia, legittimando da un lato la graduale sospensione di diritti fondamentali inalienabili e cancellando dall’altro ogni spazio di dialogo e di dissenso.
Questo PANDEMONIO è stato reso possibile grazie a una narrazione sapientemente allineata e diffusa della comunicazione di massa, orchestrata dai professionisti della mistificazione e della menzogna a libro paga del CARTELLO FARMACEUTICO e di speculatori travestiti da filantropi.
Nella società attuale siamo tutti, più o meno consapevolmente, consumatori di informazioni che, per loro stessa natura, dovrebbero informare gli utenti e non manipolare gli “utonti” per scopi che esulano dal contesto nel quale sono inserite.
Tuttavia, quello a cui siamo spesso esposti non è informazione ma propaganda.
Editoriale da “Piazza Libertà” – programma di informazione condotto da Armando Manocchia – del 13 giugno 2021.
Leggi anche ► Covid, “la vaccinazione di massa è parte della sperimentazione”
FONTE: https://www.imolaoggi.it/2021/06/20/atrocita-in-nome-della-scienza/
Mussolini ebbe avvertimenti che non ascoltò
Riccardo Galentino Fenti (a cui lascio la responsabilità di quel che racconta sulla Svizzera)
ITALIA IN SOSPENSIONE PREBELLICA – 1939-1940
Dal giorno 23 agosto 1939, data della firma del Trattato di “non aggressione” Molotov-Ribbentrop tra Reich Tedesco e Unione Sovietica, sino al 10 giugno 1940 intercorrono esattamente 10 mesi e 17 giorni (10 mesi e 10 giorni dal 01 settembre 1939, data d’inizio della Seconda Guerra mondiale). In questo frangente storico di incapacità finanziaria del Regno d’Italia a sostenere un conflitto moderno nell’ambito dell’Alleanza dell’Asse la diplomazia italiana si mosse all’epoca maldestramente nel tentativo di sventare una guerra europea tramite il dispositivo internazionale della Conferenza di pace sperimentato in precedenza a Monaco di Baviera, salvo poi approfittarne in una successiva fase con mire interventiste nel corso dello svolgimento dell’invasione tedesca della Terza Repubblica francese denominata “Sichelschnitt” a firma del Generale Erich von Manstein. Lo scopo politico di Benito Mussolini era palesemente pragmatico ovvero un tentativo tragicomico di acquisire all’ultimo momento diritti di partecipazione al Tavolo delle trattative al fianco della Germania.
In questo frangente storico intercorsero tre avvenimenti che Mussolini non seppe valutare in tutta la loro portata e che avrebbero potuto imprimere una direzione completamente differente degli accadimenti per quanto riguarda l’avvenire del Bel Paese.
(San Nicola di Flue 1417-1487 Patrono della Svizzera)
Il primo fatto storico riguarda l’invasione nazista della Confederazione Elvetica con l’Operazione “Tannenbaum” scattata alle ore 03:00 del 13 maggio 1940, ad opera della Wehrmacht al comando del Generale Ritter von Leeb. il Piano prevedeva l’impiego di 11 Divisioni tedesche a ridosso del fiume Reno supportate dalla Luftwaffe e di 15 Divisioni italiane operative sul fronte meridionale. L’intera Armata tedesca non fu in realtà in grado di muoversi, i mezzi semplicemente non funzionavano in toto, un fatto prodigioso! Dalla Cancelleria di Berlino Adolf Hitler tuonò che se non avessero avviato immediatamente i Panzer e gli aerei, sarebbero stati fucilati i generali e gli alti ufficiali! In quella notte speciale del 13 maggio 1940 era apparsa sul fronte una luce intensa e una figura di uomo con una mano visibile alzata nell’atto di fermare gli invasori stando alle testimonianze innumerevoli sia tedesche che svizzere: era San Nicola di Flue Patrono della Confederazione che era stato invocato a difesa della Patria! Berlino dovette ad un certo punto rinunciare all’intera operazione; al mattino venne infatti diramato l’ordine di ripiegamento e solo allora i mezzi ripresero incredibilmente a funzionare.
Il secondo fatto, questa volta di semplice cronaca quotidiana, riguarda un colloquio che Suor Elena Aiello ebbe con la sorella di Mussolini Donna Edvige il 06 maggio 1940 a Roma, affinché trasmettesse una sua lettera indirizzata a Benito Mussolini redatta a Cosenza il 23 aprile di quello stesso anno. La santa stigmatizzata calabrese esortava dunque il Duce a “mantenere l’Italia fuori dalla guerra… che sarebbe stata favorita da grazie e favori straordinari” altrimenti “sarebbe stato punito (lui e il Paese insieme) dalla Giustizia divina!”. Il dittatore esaminò la lettera, ma esitò, ritenendola in conclusione non credibile.
Il terzo fatto di carattere diplomatico, riguarda la missiva fatta pervenire da Papa Pio XII a Benito Mussolini il 28 aprile 1940. L’accoglienza da parte del dittatore fu “fredda, scettica, sarcastica” attesta il ministro degli Esteri dell’epoca Galeazzo Ciano nel suo diario.
Se Pio XII fosse riuscito a riunire i Vescovi italiani tra il 1939 e il 1940, come fece il Patriarca di Lisbona con l’intero clero portoghese nel 1931 e nel 1936, per consacrare questa volta l’Italia al Cuore immacolato di Maria con un atto solenne e con la partecipazione di tutto il popolo dei fedeli, avrebbe potuto con forza soprannaturale influire efficacemente da Vicario di Cristo sul corso della storia come fecero gli svizzeri più modestamente tramite un affidamento sincero a Dio e al loro santo patrono Bruder Klaus come lo chiamano affettuosamente?
Mi domando se questa prospettiva soprannaturale sia ancora condivisibile nel 2021, nell’ipotesi di un nuovo conflitto europeo? La Repubblica italiana avrà la possibilità e il coraggio di evitare un’altra guerra, di starsene fuori? La Santa Sede si attiverà tempestivamente per un atto di affidamento o consacrazione del Bel Paese alla Madre di Dio?
Il Patriarca di Lisbona Manuel Josè Macario do Nascimento Clemente ha ripetuto addirittura la terza consacrazione del Portogallo il 25 marzo 2020.
Nell’atto solenne di consacrazione al Sacro Cuore di Gesù e al Cuore Immacolato di Maria del Portogallo sono state inserite altre 23 Nazioni:
Spagna, Albania, Bolivia, Colombia, Costa Rica, Cuba, Guatemala, India, Kenya, Messico, Moldavia, Nicaragua, Panama, Paraguay, Perù, Polonia, Repubblica Dominicana, Slovacchia, Tanzania, Timor Est, Ungheria e Zimbabwe.
FONTE: https://www.maurizioblondet.it/mussolini-ebbe-avvertimenti-che-non-ascolto/
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