RASSEGNA STAMPA DETTI E SCRITTI
24 OTTOBRE 2018
A cura di Manlio Lo Presti
Esergo
Viviamo in un sistema della comunicazione, e non solo dell’informazione,
che non ci restituisce neanche lontanamente il mondo in cui
viviamo, anzi, ci offre un mondo totalmente falsato,
impedendoci di vedere che cosa accade.
GIULIETTO CHIESA, La guerra come menzogna, Nottetempo, 2003, pag. 5
https://www.facebook.com/Detti-e-Scritti-958631984255522/
Le opinioni degli autori citati possono non coincidere con la posizione del curatore della presente Rassegna.
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EDITORIALE
Un accordo mondiale dietro “questa realtà”
Manlio Lo Presti – 24 0ttobre 2018
Da tempo viene argomentato e ribadito il sospetto – ora sempre più certezza – che la enorme massa di informazioni distribuite dalle catene televisive e da migliaia di periodici siano elaborate per indurre, o meglio, forzare la popolazione mondiale, a percepire un mondo alterato e manipolato ben diverso da quello reale.
Vengono narrati accadimenti mai avvenuti.
Vengono modificate notizie.
Vengono raccontate mezze verità (quelle più credibili).
Vengono taciuti eventi importanti deviando la “potenza di fuoco” su tematiche di poca importanza.
Questa situazione alterata, viene sostenuta dalla invenzione americana del cosiddetto Soft Power che consiste nella creazione:
- di numerosi enti ed istituzioni di ricerca universitaria o di politica;
- di strutture militari dedicate al controllo di interi continenti;
- di operazioni di asservimento della rete internet;
- dell’uso dell’opzione militare “classica” contro gli Stati canaglia che non accettano le banche anglofrancosvizzeretedescheUSA né internet;
- di azione lobbyistica, più spesso di vera e propria corruzione di partiti e di aziende nazionali del Paese bersaglio;
- della creazione di regole mondiali definite con acronimi illeggibili (BCE, ECB, FATCA, UNCTAD, UHCHR, ONU, WHO, ASEAN …);
- dell’utilizzo di milizie private paramilitari dedite all’assassinio di oppositori al disegno imperiale USA, cinese, russo (con giri di affari miliardari finanziati dal riciclaggio di migliaia di miliardi di euro al giorno che corrono su tutto il pianeta da parte delle mafie (vero loro scopo che non è la droga, come vogliono farci credere) e da parte delle banche-ombra:
- l’utilizzo del sistema BLOCKCHAIN per aggirare le normative antiterrorismo e antiriciclaggio ipocritamente emanate dagli stessi Stati che poi le vanificano con le CRIPTOVALUTE. Una bomba che prima o poi esploderà con danni superiori a quelli provocati da una crisi volutamente prolungata da oltre 13 anni;
- dalla creazione di notizie aventi lo scopo di far percepire un mondo diverso da quello reale (Matrix o The Truman Show).
La distopica situazione sopra descritta rende l’uomo planetario un servo della gleba (*) in un impero tecnetronico che sta portando a compimento il sistema del TOTALIARISMO magistralmente descritto dalla filosofa Hannah Arendt, dal politologo- linguista nordamericano Noam Chomsky, dal nostro Costanzo Preve (**), dal filosofo Toni Negri con la sua disamina dell’azione dell’IMPERO come nuovo paradigma del potere planetario, dalla intensa ricerca sulla Biopolitica del filosofo Michel Foucault, dagli studiosi canadesi Erving Goffmann e Ch. Wright Mills, dal padre di tutti gli studi sulla comunicazione, il grande e preveggente Marshall McLuhan (che comprese il legame condizionante del mezzo di comunicazione con il contenuto del messaggio emesso), ed infine la impressionante e distopica costruzione di Orwell che ha costituito la premessa dei mondi paralleli dello scrittore Philip K. Dick, di Karl R. Popper e di Orwell.
Ritornare allo studio della costruzione teorica di quest’ultimo pensatore e scrittore può fornire la chiave di lettura per capire la vastità e l’efficacia straniante della bolla informativa in cui oggi siamo tutti immersi (***): una immensa lente che deforma la realtà facendola passare per Verità (la impressionante descrizione del citatissimo romanzo 1984 di Orwell dove sono i contrari semantici a definire il significato delle parole usate dalla PSICOPOLIZIA per edificare una formicolante e pervasivo BISPENSIERO). Una porta che ha creato recentemente armi di distrazione di massa ed agenti del caos politico e mediatico come il neomaccartismo, il movimento ANTIFA, il movimento LGBT, metoo# ed altri che sicuramente verranno.
L’impero tecnetronico attuale ha una impalcatura sostenuta da un apparato tecnico scientifico che agisce sempre più rapidamente mediante una espansione autoriproducentesi, con filiere di autoapprendimento per prova ed errore che renderanno la presenza umana sempre più superflua (****).
Gli umani, delegando il loro destino alla Téchne (*****), hanno accettato la propria eclisse come specie interamente biologica, delegando al complesso militare tecnologico industriale elettronico l’evoluzione verso la creazione di porzioni crescenti di organi artificiali del proprio corpo. In pratica, la dottrina del TRANSUMANESIMO sostenuta dall’italiano Riccardo Campa e da altri.
E tutto ciò, come avvertiva Marshall McLuhan, cambierà totalmente l’elaborazione del pensiero POSTUMANO verso una direzione ancora da ipotizzare nella sua interezza…
Note
(*) rende molto bene l’idea la efficace e spietata definizione TECH GLEBA data dal giornalista Paolo Barnard.
(**) Costanzo Preve, Il bombardamento etico, Editrice C.R.T., 2000
(***) la caverna di Platone, un prestito di F. F. Coppola nella scena del suo film Apocalypse Now, dove il colonnello Kurtz, emergendo dall’ombra di una cavità in un luogo oscuro e piovoso della Cambogia, parla lentamente al suo carnefice mandato dai pretoriani dello Stato maggiore USA per eliminarlo.
(****) Il Dio del 36 piano, di Herbert D. Kastle: un racconto inquietante sul destino dell’ultimo uomo presente sulla terra circondato da una umanità totalmente bionica cyborg).
(*****) Severino, Téchne. Le radici della violenza, Rizzoli, 2010
IN EVIDENZA
Una crisi “asiatica” per l’Europa
19 ottobre 2018 da Federico Dezzani
Le tensioni finanziarie attorno all’Italia sono in costante aumento: il governo “populista”, assemblato da Washington e dalla finanza internazionale, è deciso a procedere con una manovra fiscale dall’inconfondibile sapore provocatorio, così da esacerbare le tensioni europee ed accelerare il collasso dell’Unione Europea. È ormai chiaro che gli angloamericani hanno in serbo per l’Europa una crisi identica a quella asiatica del 1997: svalutazione delle monete, default pubblici e privati, recessione generalizzata, salvataggi del Fondo Monetario Internazionale, etc. L’Italia rischia di pagare un prezzo altissimo la sua funzione di “grimaldello” dell’unione monetaria.
Una crisi del 1997 tutta europea
Migliori sono le analisi, più lunga è la loro vita: se poi si riescono ad afferrare le dinamiche di fondo della politica internazionale, si possono scrivere analisi dal respiro secolare.
Nel mese di maggio, appena formatosi il governo giallo-verde, scrivemmo in articolo evidenziandone la funzione geopolitica in chiave anti-tedesca ed anti-continentale. “L’agente speciale” Steve Bannon e l’ambasciatore Lewis Eisenberg, entrambi ex-papaveri di Goldman Sachs, assemblano all’indomani delle elezioni politiche un esecutivo integralmente populista, sommando al Movimento 5 Stelle, prodotto della City sin dalle sue origini, parte della coalizione del centrodestra, la Lega Nord, col chiaro intento di trasformare l’Italia, terza economia del continente, in un grimaldello per scardinare l’eurozona: in particolare, si vuole costringere la Germania, potenza sempre più “euroasiatica”, a rivalutare la propria moneta, così da tarparle le ali. I piani del duo Bannon-Eisenberg sono perfettamente noti al presidente Sergio Mattarella, che abbozza una resistenza iniziale, salvo poi cedere, sotto la minaccia di impeachment, attacchi borsistici e pressioni internazionali.
Tutto procede tranquillamente nei primi mesi, finché non subentra la sessione di bilancio: il governo “populista” deve infatti iniziare ad assolvere alla sua funzione, ossia scardinare l’eurozona, di comune intensa con la finanza internazionale. Questo passaggio è molto importante e merita di essere evidenziato: i poteri finanziari che hanno formato l’esecutivo giallo-verde e ne dettano la politica economica, sono gli stessi che infieriscono (ed infieriranno sempre di più, non appena le agenzie di rating apriranno la stagione dei declassamenti) sull’Italia, per destabilizzare l’intera Unione Europea. L’esecutivo giallo-verde presenta dunque una manovra fiscale dall’inconfondibile sapore provocatorio, studiata ad hoc per esacerbare gli animi a nord delle Alpi: spesa pensionistica in deficit, condoni fiscali, reddito di cittadinanza, zero investimenti. Un pugno in un occhio, insomma, al rigore “teutonico”. La manovra fiscale non riserva sorprese: la commissione europea parla di “deviazioni senza precedenti” e, allo stesso tempo, i mercati si accaniscono contro i titoli di Stato, portando il differenziale con i bund tedeschi al massimo dal 2013.
Bisogna evidenziare, nell’escalation di tensione che contraddistingue il varo della manovra, il grande “silenzio” o addirittura la funzione di pompiere esercitata dai due grandi custodi dell’euro, Angela Merkel e Mario Draghi: è infatti chiaro che qualsiasi scontro frontale ai vertici di Italia, Germania e BCE non farebbe che precipitare la situazione, bloccando probabilmente l’accesso dell’Italia al mercato obbligazionario ed accelerando così l’euro-implosione. Spalleggiato da Washington e Londra, il governo populista procederà quindi nei prossimi mesi nella sua politica antieuropea, incurante di crolli borsistici, rendimenti di btp alle stelle e del crescente isolamento internazionale: attorno alle elezioni europee del maggio 2019, si dovrebbe essere accumulato un potenziale esplosivo sufficiente da scardinare l’attuale eurozona e gettare nel caos l’Europa, o perlomeno i sui membri più deboli.
La politica angloamericana non è infatti soltanto anti-tedesca (sebbene la Germania sia l’obiettivo numero uno dell’amministrazione Trump, come testimoniano i violenti e costanti attacchi al Nord Stream 2 e la ricostruzione dell’Intermarium a guida polacca rivolto contro Berlino e Mosca) ma anti-continentale nell’accezione più ampia possibile: l’intera regione deve essere destabilizzata il più possibile, così da minarne le fondamenta economiche e ritardarne l’inevitabile convergenza verso Russia e Cina. Finché gli angloamericani conservavano l’indiscusso primato industriale/finanziario era loro interesse sviluppare la UE/NATO come “testa di ponte” in Eurasia, ma man mano che questo primato viene meno, è loro interesse che l’integrazione europea regredisca, così da evitare la nascita di potenziali “blocchi continentali” a trazione tedesca.
Diversi elementi (il ruolo delle agenzie di rating, l’indebitamento pubblico e privato, la guerra valutaria, la portata regionale, etc.) rendono paragonabile l’attuale strategia angloamericana contro l’Europa a quella adottata contro le “Tigri asiatiche” alla fine degli anni ‘90: ci riferiamo alla crisi asiatica del 1997, che interessò Thailandia, Indonesia, Malesia, Filippine, Sud Corea e, di riflesso, anche la Cina ed il Giappone. Dopo aver fatto indebitare i Paesi in una valuta esterna (il dollaro nel caso dell’Asia, l’euro nel caso dell’Europa), gli
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ARTE MUSICA TEATRO CINEMA
Le letture politiche dei Puffi
Nei loro 60 anni di vita sono stati definiti stalinisti, razzisti, maschilisti, sessisti. E asessuati. Da Antoine Buéno a Umberto Eco: le teorie sulla società degli ometti blu.
Guido Mariani – 23 ottobre 2018
Vivono nella foresta in case a forma di fungo, sono alti come tre mele (o poco più), hanno la pelle blu e hanno appena compiuto 60 anni. Sono i Puffi, le creature nate dalla fantasia di Pierre Culliford, in arte Peyo, un fumettista belga che li inserì per la prima volta nel 1958 come comparse nella striscia Johan et Pirlouit (John e Solfamì) una serie a fumetti a puntate pubblicata sulla rivista Le Journal de Spirou. Il loro nome originale è Les Schtroumpfs, un nomignolo che ricorda la parola tedesca Strumpf (“calzino”), nato per caso durante un pranzo tra il fumettista e un amico che non si ricordava la parola francese per “saliera”. La loro popolarità crebbe tanto da renderli protagonisti di storie disegnate tutte loro e a diventare ben presto dei personaggi amatissimi dai giovanissimi lettori di fumetti di tutto il mondo.
Divennero gli Smurfen in Olanda, gli Smurfs in Inghilterra, i Puffi in Italia, i Pitufos in Spagna, gli Stroumfakia in Grecia, i Kumafu in Giappone e in Germania, per non chiamarli “i calzini”, gli Schlümpfe. Nel 1965 arrivò il loro primo film, una produzione belga. Ma la loro definitiva consacrazione internazionale avvenne nel 1981 quando la Hanna & Barbera, la più grande casa di produzione di cartoni animati televisivi americana, decise di realizzare una serie e distribuirla ovunque. Vennero trasmessi 256 episodi, tradotti in 30 lingue e tuttora in programmazione sulle televisioni di mezzo mondo. Nel 2011 i Puffi sbarcarono a Hollywood, diventando un film di animazione digitale in 3D che ha incassato nel mondo quasi 600 milioni di dollari (11 milioni di euro solo in Italia), generando anche due seguiti. Insomma minuscoli, blu, simpatici a tutti e milionari. Tuttavia anche queste innocue creature non sono state risparmiate nel corso degli anni da strumentalizzazioni politiche e il loro mondo fantasy è stato letto in chiavi interpretative sorprendenti.
IL LIBRO NERO DEI PUFFI: DA STALIN AL REICH
Le teorie più accreditate sono state raccolte da un giovane filosofo francese Antoine Buéno che ha pubblicato nel 2011, quando era ricercatore presso l’Istituto di studi politici di Parigi, il controverso saggio Le Petit Livre Bleu (“Il piccolo libro blu”), poi edito in Italia da Mimemis con il titolo Il libro nero dei Puffi . Con la visione dello scienziato politico, ma anche con una certa ironia, Buéno ha sostenuto che l’idilliaco villaggio dei puffi è in realtà un microcosmo delle perversioni politiche del XX secolo. Il saggio Grande Puffo più che un carismatico patriarca è l’incarnazione di Stalin, il suo fedele assistente Quattrocchi è il suo Trotzky. La loro società è una comunità retta su principi dittatoriali che ricalca però anche il Reich germanico, creato sulla omogeneità razziale e minacciato da un cattivo, il perfido Gargamella, che ha i tratti tipici degli stereotipi antisemiti: un truce, avido estraneo dal naso aquilino. Non per niente il suo gatto ha un temibile nome ebraico: Azraël, l’angelo della morte (in italiano è stato tradotto in un più neutro Birba). Buéno a sostegno della sua teoria citava alcuni episodo tratti dalle avventure di queste creature. In una delle loro primissime avventure disegnate da Peyo il villaggio dei Puffi viene attaccato da dei loro alter ego malvagi. I nemici sono uguali ai Puffi, ma sono ignoranti, incapaci di esprimersi, cannibali, e, guarda caso, completamente neri. Non è forse razzismo questo? In realtà Peyo non aveva visioni politiche né nascondeva un passato imbarazzante. Aveva però vissuto da giovane nel Belgio occupato dai nazisti e da adulto non ricordava piacevolmente quel periodo. Per Buéno quindi gli innocenti Puffi riflettevano solo lo spirito dei tempi, incarnando un archetipo autoritario che il disegnatore aveva sperimentato di persona.
Ma l’universo dei Puffi aveva già sollecitato la curiosità di intellettuali ben prima del saggio dell’autore francese. Nel 1979 poco dopo la prima edizione italiana del fumetto, uscita per Salani, un onnivoro culturale come Umberto Eco pubblicava su Alfabeta il saggio Schtroumpf und Drang tanto divertente quanto erudito, sulla curiosa società blu e sulla sua neolingua. «Le storie dei puffi», scriveva Eco, «sono deliziose, fiabesche ma piene di humour, un occhio al fantastico e un occhio ai problemi dell’attualità, ben disegnate, comprensibili per tutte le età, e quasi educative. Non c’è purtroppo il sesso, perché i puffi sono una tribù di nanetti blu tutti maschi (tranne una Puffetta che fa apparizioni occasionali e piuttosto fantasmatiche), tanto che non si capisce come si riproducano. Forse si diventa puffi per cooptazione, come all’università. Ma questo ai piccini non ditelo (…). È come una comune di autonomi, ma senza giradischi e armi improprie. Un Macondo vero. Un segno dell’età dell’oro, l’Egloga Quarta con un pizzico di sette nani, ma meno oleosi». La loro comica lingua in cui tutto diventa “puffo” li distingueva da quella grammaticalmente ineccepibile del nemico. Per il semiologo e scrittore: «I puffi in un certo senso appartengono a una minoranza linguistica emarginata».
La teoria del complotto sui Puffi come cripto comunisti è ampiamente circolata per anni sul web. Se non fosse sufficiente la somiglianza del Grande Puffo con Karl Marx, basta analizzare la struttura sociale del loro villaggio, dove non esiste proprietà privata e dove ognuno è chiamato a svolgere un ruolo assegnato. Gargamella è il capitalista, il nemico che caccia i Puffi per ottenere l’ingrediente per trasformare il piombo in oro, cioè il simbolo più bieco del potere economico.
PER I TESTIMONI DI GEOVA SONO IL DEMONIO
Non solo estremisti, ma anche satanici. La scrittrice americana Kyria Abrahams in un libro del 2009, I’m Perfect, You’re Doomed: Tales from a Jehovah’s Witness, raccontava la sua educazione da testimone di Geova
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ATTUALITÀ SOCIETÀ COSTUME
Ridurre i costi dei politici italiani potrebbe liberare risorse pubbliche? Vediamo come stanno le cose…
di Alessandro Leozappa – 26 settembre 2018
“Pensate che solo la Camera dei deputati ci costa ogni anno circa un miliardo di euro“.
Erano le parole di Luigi di Maio dette lo scorso 29 marzo durante video-messaggio postato su Facebook.
Ma quanto sborsa ogni anno lo Stato per mantenere i politici italiani?
Passiamo alla verifica dei fatti.
Per farlo, abbiamo consultato il Bilancio triennale della Camera dei Deputati e il Bilancio di previsione per il triennio 2017-2019 del Senato della Repubblica. Dai bilanci delle due Camere del parlamento italiano si evince che:
Nel 2017, la dotazione annuale (cioè le entrate derivanti da trasferimenti dello Stato) della Camera dei Deputati è stata di 943.160.000 euro. A questa cifra si sommano altre spese, come le entrate integrative e le entrate
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CULTURA
L’oro dei Sumeri: Sudafrica, una metropoli di 200.000 anni
Scritto il 30/9/18
Heine aveva un vantaggio unico: essersi reso conto del numero e della portata di quelle strane fondazioni di pietra. Il loro significato non era mai stato colto? «Quando Johan per primo mi ha fatto conoscere le antiche rovine di pietra dell’Africa Australe, non avevo idea delle incredibili scoperte che ne sarebbero seguite, in breve tempo», racconta Tellinger. «Le fotografie, i manufatti e le prove che abbiamo accumulato puntano senza dubbio ad una civiltà perduta e sconosciuta, visto che precede tutte le altre – non di poche centinaia d’anni, o di qualche migliaio d’anni… ma di molte migliaia d’anni». Queste scoperte, continua Tellinger, «sono così impressionanti che non saranno facilmente digerite dall’opinione ufficiale, dagli storici e dagli archeologi, come abbiamo già sperimentato». Secondo il ricercatore, «è necessario un completo mutamento di paradigmi, nel nostro modo di vedere la nostra storia umana». Autore, scienziato ed esploratore sudafricano, protagonista di campagne d’opinione contro le banche, Tellinger ha fondato un suo partito politico, Ubuntu, che sostiene la fornitura gratuita delle risorse a tutta la società. Ha presentato la sua scoperta, ribattezzata “Calendario di Adamo”, come un sito di straordinaria importanza archeologica, essendo al centro di una rete di cerchi di pietre presenti in tutta l’Africa meridionale, che presumibilmente «ha incanalato l’energia, in tempi antichi».
L’area è importantissima, per un aspetto che colpisce subito: l’oro. «Le migliaia di antiche miniere d’oro, scoperte nel corso degli ultimi 500 anni, indicano una civiltà scomparsa che ha vissuto e scavato per l’oro in questa parte del mondo per migliaia d’anni», dice Tellinger. «E se questa è in realtà la culla del genere umano, forse stiamo osservando le attività della più antica civiltà sulla Terra». Se si compie una “ricognizione aerea” con Google Earth (secondo le coordinate fornite da Dan Eden) il risultato è stupefacente. Prima domanda: l’oro ha giocato un certo ruolo sulla densità di popolazione che un tempo viveva qui? Il sito si trova a circa 150 miglia da un ottimo porto, il cui commercio marittimo potrebbe avere contribuito a sostenere una popolazione così importante. Ma stiamo parlando di quasi 200.000 anni fa. Tanta attenzione per le miniere d’oro – di cui non ci risulta che nostra civiltà conoscesse, in tempi così remoti, le tecniche estrattive – ricorda alcuni racconti dei Sumeri: narrano che gli Anunnaki (i signori della Terra, l’equivalente degli Elohim biblici) inizialmente fossero costretti a lavorare duramente. Ed è noto che proprio l’oro, in astronautica, è apprezzato per le sue proprietà isolanti: proteggerebbe anche dalle radiazioni nucleari. I lavoratori Anunnaki, narrano i Sumeri, a un certo punto si ribellarono al lavoro schiavistico. Da lì nacque l’idea di “fabbricare” geneticamente una specie intelligente, quella degli “Adamu”, che lavorasse nelle miniere al posto degli “dei”.
Le singole rovine scoperte in Sudafrica sono in gran parte costituite da cerchi di pietre, per lo più sepolti sotto la sabbia e visibili soltanto dal satellite o dall’aereo. Alcuni, scrive Eden, sono riaffiorati di recente, quando il cambiamento climatico ha soffiato via la sabbia, rivelando le mura e le fondamenta. «Anche se mi vedo come una persona di mente aperta – dice Tellinger – devo ammettere che mi ci è voluto oltre un anno, per digerire la scoperta e per capire che abbiamo realmente a che fare con le strutture più antiche mai costruite dall’uomo sulla Terra». Tanto stupore deriva da un pregiudizio: «Ci hanno insegnato che nulla di significativo è mai venuto dal Sud Africa: ci è stato sempre detto che le civiltà più potenti sono apparse in Sumeria, in Egitto e in altri luoghi». Quanto all’Africa, la storia ufficiale sostiene che, fino all’insediamento del popolo Bantu, proveniente da nord a partire dal 1300 (medioevo europeo), questa parte del mondo era piena soltanto di cacciatori-raccoglitori, e che i cosiddetti Boscimani non hanno fornito alcun contributo importante alla tecnologia o alla civiltà. Quando i primi esploratori incontrarono queste rovine sudafricane, scrive Eden, davano per scontato che fossero recinti per il bestiame realizzati da tribù nomadi come quelle dei Bantu, si spostarono verso sud e si stabilirono in quei territori intorno al XIII secolo dopo Cristo.
«Non si conoscevano le testimonianze storiche di nessuna civiltà precedente, più antica, in grado di costituire una comunità così densamente popolata». Tuttavia, aggiunge Eden, ben pochi sforzi sono stati fatti per indagare il gigantesco sito ora emerso: la collocazione storica delle rovine non era ancora nota. «Negli ultimi 20 anni, persone come Cyril Hromnik, Richard Wade, Johan Heine e una manciata d’altri hanno scoperto che queste strutture in pietra non sono ciò che sembrano essere. In realtà questi sono ora ritenuti i resti di antichi templi e osservatori astronomici di antiche civiltà perdute, che risalgono a molte migliaia di anni fa». Le immense rovine circolari sono distribuite su una vasta area. Possono solo essere
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ECONOMIA
L’Italia vera e quella (indecente) di Moody’s e Cottarelli
Scritto il 23/10/18
Ci sarebbe da ridere, non fosse per i brutti ceffi in circolazione e le loro cattive intenzioni verso il sistema-Italia, ancora solido nonostante l’impegno che gli eurocrati hanno profuso per azzopparlo. Prima comica: azzannano il timido governo gialloverde, che si è limitato al 2,4% di deficit (contro il 3% ammesso da Maastricht), neanche fosse un esecutivo rivoluzionario. Seconda comica: gli stregoni di Moody’s declassano l’Italia, regina del risparmio europeo, in combutta coi loro azionisti bancari, che speculeranno sul ribasso del rating. Terza comica: a strapparsi i capelli sono l’infimo Martina, candidato a guidare il Pd verso l’estinzione, e Antonio Tajani, «decadente e grottesco presidente del Parlamento Europeo, figura modestissima e nuovo frontman di Berlusconi per le prossime europee, anche lui impegnato a spiegarci che andiamo verso la rovina». A mettersi le mani nei capelli semmai, è Gioele Magaldi, presidente del Movimento Roosevelt: costretto a vedere la televisione di Stato che strapaga l’oligarca Cottarelli perché ripeta, nel salotto di Fazio, che la visione economica del mondo è una sola: la sua. Il primo a denunciare «la presa per i fondelli a spese degli italiani» è stato Gianluigi Paragone: non è curioso che a spillare quattrini alla Rai sia proprio Cottarelli, cioè il massimo censore della spesa pubblica? «Quello sarebbe il primo spreco da tagliare», dice Magaldi, in web-streaming su YouTube.
Stiamo vivendo agitazioni surreali, esordisce l’autore del bestseller “Massoni”, in collegamento con Fabio Frabetti di “Border Nights”. La storia delle “manine” che secondo Di Maio avrebbero manipolato il decreto fiscale? «Fa un po’ ridere i polli», così come il proditorio declassamento di Moody’s. «Siamo alla farsa finale: il sistema è talmente in crisi, e anche tremebondo, che
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FINANZA BANCHE ASSICURAZIONI
L’uomo che sussurrava allo Spread
Che lo spread sia un metodo di governo l’abbiamo scritto fino alla nausea. Non siamo stati i primi a dirvelo. Non saremo gli ultimi. Il Big Show Spread 2018, però, esibisce anche cose nuove, inedite, che nemmeno nel 2011 avevamo visto (cose che voi umani… nemmeno al largo dei bastioni di Orione). Ad esempio, il giochino quotidiano delle dichiarazioni pubbliche orchestrate per farlo salire! E magari qualche bieco speculatore in ascolto può prendere nota, perchè chi sa come fare ci sta già guadagnando alla grande.
A soccorrerci in questa analisi ci viene in aiuto Sabato Scala, ingegnere, studioso di fisica quantistica e ricercatore indipendente.
«Spread ancora in calo oggi – scriveva Scala questa mattina – da 293 e scende fino a 291. Scommetto che dalle 10,30 arriva il nuovo attacco di Bruxelles».
Mentre scriviamo – a bocce ferme – la previsione si è rivelata azzeccatissima, così come tutte le altre sciorinate in queste settimane sullo spread. Allora, abbiamo chiesto a Sabato Scala di puntualizzare la sua visione dello spread di questi giorni, con particolare riferimento al suo continuo saliscendi attorno a quota 300 punti.
«Le precedenti settimane – appena lo spread rivelava una partenza in calo, nella seconda metà della mattinata (10,30 -11,00), partiva la bordata di qualcuno della UE o dei franchi tiratori interni.
L’ora di tarda mattinata viene scelta per fare il massimo danno e dare la possibilità agli speculatori di vendere il più possibile fino all’apertura di Wall Street alle 15:00, ora italiana, con gli americani che acquistano titoli e fanno calare lo spread.
Continua qui: http://micidial.it/2018/10/luomo-che-sussurrava-allo-spread/
Mutuate un cervello, potrebbe servirvi in caso di espatrio
In caso vi fosse sfuggito, vi segnalo un articolo apparso ieri su Libero a firma di Paola Tommasi, la laureata della Bocconi divenuta celebre per aver “collaborato con lo staff di Donald Trump” (così narra la sua biografia) durante la campagna elettorale del 2016. C’è soprattutto un passaggio, di questo commento, che merita la segnalazione: dove l’azzardo morale incontra la trielina. Parliamo di mutui. Aspettate a sbadigliare perché merita.
Tommasi parte dalla premessa corretta che chi ha già un mutuo non deve preoccuparsi (se non di perdere il lavoro quando questa follia collettiva si sarà conclusa, commento io), perché il tasso variabile è legato all’euribor, che non c’entra con lo spread mentre il tasso fisso, per definizione, è fisso (non ve lo aspettavate, vero?). Tutto ciò premesso, voi pensate che possano sorgere problemi per chi intende accendere ora un mutuo? Ebbene no, commenta la nostra bocconiana. Con questo ragionamento:
«[…] più alte sono le tensioni sui mercati più cresce la necessità di intervento da parte della Banca centrale europea per ridurre i tassi. E poiché gli interessi che paghiamo sui mutui non seguono l’andamento dello spread bensì quello inversamente proporzionale del tasso Bce o dell’Euribor, anch’esso dipendente dalla Bce, più aumenta lo spread più convenienti diventano i nuovi mutui. Se mai il problema inverso ce l’hanno gli Stati Uniti, con l’economia che cresce e la Federal Reserve intenzionata ad aumentare i tassi di interesse. Lì sì che i prestiti diventeranno più cari»
Quindi, par di capire, il ragionamento è il seguente: l’Italia minaccia di farsi esplodere in una stanza di cemento armato; la Bce, mossa a compassione, oltre che per il fatto che è guidata da un italiano (che, come pare essere fermamente
Continua qui: https://phastidio.net/2018/10/23/mutuate-un-cervello-potrebbe-servirvi-in-caso-di-espatrio/
GIUSTIZIA E NORME
Qualcuno mi dica perché le leggi sui bambini in carcere sono inapplicate
A fianco di Leda Colombini e all’associazione A Roma Insieme sono stato tra i promotori delle leggi pensate perché “nessun bambino varcasse più la soglia di un carcere”. Oggi vorrei chiedere chiarimenti sulla applicazione della legge 62/ 2011 che di fatto non è applicata nel suo principio fondamentale, tanto che ad oggi nelle carceri italiane ancora sono detenuti circa 50/ 60 madri con altrettanti bambini. È una ingiustizia che deve necessariamente essere sanata.
Gli operatori della giustizia, i magistrati, applicano – interpretandola – la legge: senza però tenere in considerazione, spesso, la storia della persona che stanno giudicando. La pericolosità di un individuo è misurata, oltre che sul tipo di reato, sulla “quantità”, ovvero su quanti reati ha compiuto. Nel caso delle madri detenute noi ci troviamo di fronte a donne di origine straniera ( e per lo più rom: l’ 80%). Bene, queste donne sono responsabili di reati che nascono in genere da un problema culturale, sociale ed economico: le donne nigeriane, di solito, sono condannate per reati legati alla prostituzione a cui sono costrette con violenza e coercizioni, dai maschi; le rom compiono reati come furti, rapine, a cui sono costrette dai loro mariti. Stiamo quindi parlando di donne schiavizzate, vittime due volte della violenza maschile: costrette a rubare e a scontare una pena.
Quello che vorrei chiedere ai giuristi ed ai magistrati è perché nonostante due leggi approvate per tutelare la genitorialità e liberare i bambini dal carcere ancora oggi nelle carceri ci sono bambini. Perché nonostante la legge 40 del 2001
Continua qui: http://ildubbio.news/ildubbio/2018/10/20/qualcuno-mi-dica-perche-le-leggi-sui-bambini-in-carcere-sono-inapplicate/
EDITORIALE
Un signore di 74 anni, che si chiama Armando Verdiglione, è in prigione, e proprio ieri gli è stata negata la detenzione domiciliare. Lo hanno arrestato quest’estate perché deve scontare una pena definitiva di circa sei anni. In questi pochi mesi Armando Verdiglione ha perduto 24 chili. Io non sono medico, e non è medico neppure il magistrato che ieri ha negato i domiciliari a Verdiglione: eppure sia io che lui sappiamo che se una persona perde 24 chili di peso in pochi mesi, e se è affetto – come pare evidente – da una forma seria di depressione, non può reggere al regime carcerario e probabilmente ne morirà.
Voi sapete chi è Armando Verdiglione? Uno psicanalista che è stato anche molto famoso.
Molto famoso e molto discusso, per i suoi metodi, le sue teorie, il modo nel quale esercitava la professione. E’ stato in passato accusato di vari reati simili al reato di plagio.
Poi nel 2011 è finito in mezzo a una vicenda giudiziaria molto complicata che lo ha
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Lodi, quando la forzatura delle norme produce discriminazione
di Vitalba Azzollini – 18 OTTOBRE 2018
Si osserva sempre più spesso che i politici compiacciono “la pancia” dell’elettorato, che “la pancia” guida le scelte della gente, che le decisioni di chi detiene pro tempore il potere determinano reazioni “di pancia” da parte dell’opinione pubblica. A fronte di questa tendenza, serve usare la testa, per compensare quella razionalità di cui sovente si avverte la mancanza; e serve altresì ricorrere al diritto, che è una solida àncora quando l’emotività sembra prendere il sopravvento.
Stavolta il riferimento è alla vicenda dei bambini stranieri che a Lodi sono stati esclusi dalla fruizione della mensa scolastica e di altri servizi a tariffe agevolate. Dalle famiglie straniere si è pretesa, infatti, l’esibizione di certificati sul possesso di immobili o redditi rilasciati dai Paesi di origine, mentre per quelle italiane basta una autocertificazione. E nei casi in cui la produzione di certificati originali è stata impossibile, o i certificati sono stati ritenuti non adeguati, si è richiesto alle famiglie il pagamento della tariffa massima prevista per ottenere certe prestazioni: tariffa che esse non hanno potuto permettersi.
Ne è conseguito un trattamento differenziato, anzi, in termini più chiari, una discriminazione a danno degli scolari stranieri. La partecipazione empatica alla vicenda è stata molto forte e in pochi giorni, a seguito di un’iniziativa pubblica, si sono raccolti i fondi necessari per consentire a tutti i bambini di pranzare insieme. Al di là delle reazioni “di pancia”, sul piano del
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LAVORO PENSIONI DIRITTI SOCIALI
Il gruppo Visegrád non vuole immigrati: meglio i robot
Repubblica Ceca, Slovacchia, Polonia e Ungheria hanno una popolazione in decrescita e un basso tasso di disoccupazione: mancano operai ed impiegati, ma agli immigrati preferiscono la robotica
24 ottobre 2018 – Francesco Checcacci
Secondo un recente studio demografico, i Paesi dell’Europa Centrale, particolarmente il V4 (Repubblica Ceca, Slovacchia, Polonia e Ungheria) hanno una demografia tra le meno favorevoli di tutto il continente. La tendenza è di una diminuzione della popolazione del 13% entro il 2050, in modo simile al Giappone. Inoltre questi Paesi hanno un tasso di disoccupazione particolarmente basso: se la cosa è certamente positiva, significa anche che non c’è molta popolazione potenzialmente attiva da recuperare aumentando la partecipazione alla forza lavoro di giovani e donne. Per capirci, su questo l’Italia ha molto più spazio, come anche il Giappone. Mancano operai ed impiegati, ma anche contadini ed artigiani. La notizia addirittura spicca tra quelle dei telegiornali locali. Il costo del lavoro si sta quindi alzando, ed anche i prezzi salgono.
La prima tra le risposte possibili sarebbe allargare le maglie dell’immigrazione: la Polonia, per esempio, sta aprendo all’immigrazione dalle Filippine, Paese cattolico come la Polonia e con popolazione che quindi potrebbe integrarsi. Cechi e slovacchi, che hanno una storia di decenni di immigrazione dal Vietnam con problemi di integrazione inesistenti, a seguito del boom del Vietnam che fa rimanere la popolazione in Asia, stanno aprendo agli ucraini, vicini di lingua e mentalità e quindi potenzialmente anche loro facili da integrare.
Questo sicuramente tranquillizza una popolazione che ha paura di un’invasione africana ed islamica, e che vota di conseguenza. Il problema da affrontare, però, non è solo l’integrazione. Servono infatti figure professionali già pronte ad operare in un’economia avanzata, in cui anche un operaio deve avere dimestichezza con macchine ed informatica. Insomma,
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LA LINGUA SALVATA
con-cul-cà-re
SignSchiacciare, calpestare con forza; opprimere, oltraggiare
voce dotta, recuperata dal latino conculcare, coi medesimi significati, composto di cum- e calcare ‘calpestare’.
Lo riconosciamo subito come verbo fratello (il solo, e certo meno noto) dell’inculcare. Differiscono solo per il prefisso, no? Eppure il significato, potere dei prefissi, partendo da una radice uguale prende due dimensioni profondamente diverse.
Partono entrambi dal calcare latino, un premere, un calpestare. L’inculcare preme dentro, infilando, introducendo, e perciò persuadendo in maniera praticamente irreversibile (pensiamo a un pregiudizio inculcato fin da piccoli), in virtù del semplice prefisso in-; invece il conculcare mostra il più complesso e maestoso di tutti i prefissi, il con- (cum- in latino). Descrive uno schiacciare, un calpestare con forza violenta, e figuratamente anche un opprimere, e perfino un oltraggiare. Messa così non è un’azione direzionata come l’inculcare (dritto dentro), e da sé il calcare ci comunica solo una pressione: che diavolo vuol dire, qui, quel prefisso?
‘Con-‘ ci immaginiamo subito che significhi ‘insieme’; però alcuni dizionari specificano che qui ha un valore perfettivo, in quanto descrive un atto compiuto: uno schiacciare che ha già schiacciato (costruzione naïf ma efficace per
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PANORAMA INTERNAZIONALE
Mosca e Washington sanzioneranno Londra, Parigi e Tel Aviv?
di Thierry Meyssan
Lo scontro di Laodicea potrebbe sfociare in una redistribuzione complessiva delle carte a livello mondiale. Per due motivi, uno dei quali, il secondo, viene nascosto al pubblico occidentale. La prima ragione è che lo scontro è costato la vita a 15 soldati russi; la seconda è che nell’incidente sono coinvolti non soltanto Israele, ma anche Regno Unito e Francia. Si tratta della crisi potenzialmente più pericolosa degli ultimi 60 anni. La questione adesso è capire se il presidente Trump, in piena campagna elettorale per le legislative, sarà in grado di appoggiare il presidente Putin, affinché Stati Uniti e Russia possano sanzionare le potenze coloniali, come insieme fecero nel 1956, durante la crisi di Suez.
Rete Voltaire | Damasco (Siria) | 25 settembre 2018
Il 20 settembre 2018 il capo di stato-maggiore dell’aeronautica israeliana, generale Amikan Norkin, arriva in tutta fretta a Mosca per presentare la propria versione dei fatti. Dopo aver verificato le prove esibite da Norkin e averle confrontate con le altre registrazioni, è emerso che Israele mente sfacciatamente.
Il 17 settembre 2018 Francia, Israele e Regno Unito hanno compiuto un’operazione congiunta su obiettivi siriani. Durante i brevi combattimenti, un aereo di ricognizione russo è stato abbattuto da un tiro amico siriano. L’analisi delle registrazioni dimostra che un F-16 israeliano si è nascosto dietro l’Ilyuscin Il-20 per indurre in errore la difesa siriana.
La distruzione per responsabilità d’Israele di un aereo militare russo, durante un’operazione congiunta britannico-franco-israeliana, ha suscitato stupore in tutte le cancellerie. Se c’è stata, dall’inizio del conflitto, sette anni fa, una linea rossa che riguarda la Siria, questa era che mai i diversi protagonisti avrebbero dovuto mettere in pericolo le forze russe, statunitensi e israeliane.
Poche sono le cose che si sanno con certezza su quanto accaduto, ma è certo che:
Un Tornado britannico è decollato da Cipro diretto in Iraq. Durante il tragitto ha violato lo spazio aereo siriano per scannerizzare le difese siriane e rendere possibile l’attacco alleato.
Meno di un’ora dopo, quattro F-16 israeliani e una fregata francese, L’Auvergne, hanno tirato su obiettivi in Siria, nel governatorato di Laodicea. La difesa antiaerea siriana ha protetto il Paese tirando contro-missili S-200 sui missili francesi e israeliani.
Durante la battaglia un F-16 si è fatto scudo con un Ilyuscin Il-20 russo, che nella zona stava svolgendo una missione di sorveglianza e localizzazione delle postazioni di lancio di droni jihadisti. La difesa siriana ha tirato un missile mirando alla traccia termica dell’aereo israeliano. Teoricamente potrebbe aver distrutto l’aereo russo per errore.
Si tratta tuttavia di un’ipotesi rocambolesca: i missili S-200 sono infatti dotati di un sistema di riconoscimento di obiettivi amici e nemici, un fatto che il ministero della Difesa russo ha dapprima confermato, poi smentito. Comunque sia, l’Ilyuscin è stato distrutto senza che si sappia con certezza da chi e come.
La vigliaccheria delle autorità britanniche e francesi le ha indotte a censurare ogni informazione sulle proprie responsabilità nell’operazione. Londra non ha rilasciato commenti, Parigi ha negato i fatti. Né BBC né France-Télévision hanno osato affrontare la questione. In questi due Paesi la reale natura della politica estera è, ora più che mai, sottratta al dibattito democratico.
Interpretazione immediata dei fatti
Non sappiamo se la distruzione dell’aereo russo e la conseguente morte dei 15 uomini a bordo siano da imputare, cosa molto improbabile, al pilota israeliano, oppure all’esercito israeliano o agli alleati che stavano compiendo l’attacco.
Dalla risposta a quest’interrogativo dipende un possibile conflitto tra quattro potenze nucleari. La situazione è perciò di estrema gravità. Non ci sono precedenti dall’istituzione della Federazione Russa, a fine 1991.
L’aggressione britannico-franco-israeliana è la risposta all’accordo russo-turco firmato a Sochi poche
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POLITICA
La UE ha respinto il bilancio italiano
Lisa Stanton 23 10 2018
Leuropa ha respinto il bilancio italiano senza neppure aver letto la lettera chiesta al Ministro dell’Economia: è una mossa senza precedenti.
La Commissione sostiene di non avere alternative, e nella sua dichiarazione di guerra vuole lo scontro e la nostra resa per mano de IMercati.
Sul futuro del confronto con Roma si parla di ‘acque inesplorate’ e, soprattutto, si dà conferma della bocciatura anticipata rispetto alla scadenza per “accelerare il passo” della disputa che potrebbe portare a sanzioni.
Il respingimento del bilancio era considerato una ‘opzione nucleare’ ma, di fronte a quel deficit (?) la UE ha le mani legate e ci dà tempo fino al 14 novembre per correggere il tiro.
Pare abbiano fretta e minacciano esplicitamente, senza pudore: i Commissari EU aspettano che siano IMercati a spaventarci, provocando la ritirata. Non è ancora accaduto, ed a poco servirà che il Governo, consapevole della minaccia
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Italia a Cinque Stelle, oltre gli attacchi al Quirinale c’è (molto) di più
22 OTTOBRE 2018 – Flavia Perina
Al Circo Massimo il Movimento Cinque Stelle ha mostrato che, bene o male, ha retto alla prova del Governo. Che i progetti sull’Europa sono più vivi che mai (e lontani dalla Lega). E che le varie anime del movimento servono a calamitare consensi
Per spiegare quel che sta succedendo alla gran platea del Circo Massimo Davide Casaleggio usa la metafora dell’aragosta, il crostaceo che cambia due volte nella vita il suo carapace per adattarlo al corpo che cresce. Il bizzarro paragone chiarisce la principale preoccupazione della classe dirigente del M5S nella prima adunata post-governo, un’ansia che è stata il leitmotiv di tutti gli interventi, dalla barricadiera Paola Taverna al premier Giuseppe Conte: confermare che il Dna del Movimento resta sempre lo stesso nonostante l’approdo nei palazzi della casta, le poltrone, i molti compromessi legati alle intese di governo.
Un’ansia in larga parte infondata: il popolo Cinque Stelle non sembra avere alcuna nostalgia dei tempi della purezza senza potere, anzi. Conte è applaudito come una rockstar, forse più di Beppe Grillo. E il tabellone più utilizzato come sfondo per i selfie non è quello che riassume i gloriosi esordi grillini, dal 2005 al primo V-Day, ma quello intitolato “I Cinque Stelle al governo”, con il testo integrale del Contratto di Palazzo Chigi e le immagini di questi 143 giorni alla guida dell’Italia.
Certo, la Woodstock grillina non sarebbe tale senza qualcosa di urticante che evocasse l’antico istinto distruttore, ma a questo ci pensa Beppe Grillo infilando nel comizio conclusivo una frase sulla necessità di limitare i poteri del Quirinale (guidare il Csm, l’esercito e nominare senatori a vita sembra troppo al guru M5S) sulla quale si appunterà l’attenzione dei giornalisti e la preoccupazione generale. Tuttavia, oltre quella provocazione c’è molto altro di cui tenere conto per capire in che direzione si muove il partito di
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STORIA
La libertà al tempo della guerra totale
alla domanda se il mondo è un posto più pericoloso di quanto lo fosse durante la Guerra Fredda, ha risposto che stiamo vivendo una seconda età delle armi nucleari
14 gennaio 2015 – Rossana De Simone
“Le guerre totali della nostra epoca hanno questo carattere specifico: sono il frutto dell’incontro mortifero e programmato della tecnica, che ha alla sua base i progressi scientifici, con la violenza esistente nel cuore della società di massa”
(C. Pavone, Apuntes para una investigación sobre la guerra total en el siglo XX , in AA.VV, La guerra en la Historia, Ediciones Universidad de Salamanca, Salamanca 1999, p. 255).
“La libertà è la nostra bussola”. Con questo spirito milioni di cittadini francesi di tutte le religioni hanno marciato per le vie di Parigi dopo la strage di giovedì presso il settimanale satirico Charlie Hebdo e l’assedio di venerdì da parte di fondamentalisti islamici. Il bilancio delle vittime è stato di 20 persone tra cui i tre uomini armati.
Tuttavia, come ha detto il direttore di “Liberation”, Laurent Joffrin, nei tempi di calma la libertà non è che delusione, e sarà proprio la libertà ad essere ulteriormente ridotta, scrive Jonathan Turley, professore di diritto pubblico presso la George Washington University. “perché la più grande minaccia per la libertà di parola francese non è il terrorismo. E’ il governo”.
Jonathan Turley aveva precedentemente scritto i “10 motivi per cui gli Stati Uniti non sono più la terra della libertà”, riferendosi ai poteri acquisiti dal governo degli Stati Uniti dal 9/11 che hanno completamente ridotto le libertà civili in nome di uno stato di sicurezza ampliata (diritto all’uccisione di cittadini statunitensi e alla tortura, detenzione a tempo indeterminato, monitoraggio continuo dei cittadini, ecc.). Da questo punto di vista lo Stato ha sempre sfruttato e utilizzato qualsiasi forma di contrapposizione politica, armata o no, per difendere i propri interessi aumentando l’autoritarismo e il militarismo. http://www.washingtonpost.com/opinions/what-it-means-to-stand-with-charlie-hebdo/2015/01/08/ab416214-96e8-11e4-aabd-d0b93ff613d5_story.html?
Se si pensa che la maggior parte dei capi di Stato che hanno marciato in testa alla manifestazione di Parigi, mentre i ministri degli interni delle grandi potenze si riunivano per discutere l’aumento coordinato di misure di sicurezza, sono coinvolti in conflitti politici fra di loro e al proprio interno se non in guerre aperte, allora si può comprendere come sia una farsa la “guerra globale contro il terrorismo” combattuta proprio con chi alimenta questa guerra.
La Francia ha consegnato armi ai ribelli “moderati”siriani http://www.lemonde.fr/proche-orient/article/2014/08/21/comment-paris-a-livre-des-armes-aux-rebelles-syriens_4475027_3218.html#D9xIR53aztSEtxBE.99 probabilmente con mezzi clandestini, così come gli Stati Uniti http://www.washingtonpost.com/world/national-security/cia-begins-weapons-delivery-to-syrian-rebels/2013/09/11/9fcf2ed8-1b0c-11e3-a628-7e6dde8f889d_story.html?wpisrc=al_national , sapendo perfettamente che i cosiddetti “ribelli” sono mercenari provenienti da oltre 20 paesi che si organizzano e riorganizzano in nuovi gruppi giurando fedeltà a chi li sta pagando o
Continua qui: https://www.peacelink.it/disarmo/a/41167.html
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