RASSEGNA STAMPA DETTI E SCRITTI 25 DICEMBRE 2022
A cura di Manlio Lo Presti
Esergo
Natale
Non ho voglia
di tuffarmi
in un gomitolo
di strade
Ho tanta
stanchezza
sulle spalle
Lasciatemi così
come una
cosa
posata
in un
angolo
e dimenticata
Qui
non si sente
altro
che il caldo buono
Sto
con le quattro
capriole
di fumo
del focolare
Giuseppe Ungaretti, Tutte le poesie, Mondadori, 1969, pag. 62
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SOMMARIO
Simbologia del natale: simboli e significati di una tradizione millenaria
Quali sono i simboli del Natale?
LA SIMBOLOGIA DEL NATALE E LE SUE ORIGINI
5 simboli e tradizioni del Natale
IL SIGNIFICATO ESOTERICO DEL NATALE
Antropologia del dono: il significato dei regali secondo Marcel Mauss
La Stella Cometa: simbolo incontrastato del Natale
Le piante simbolo del Natale e il loro significato
Il pesce è Gesù Cristo. Il simbolo del Natale.
Simbologia del natale: simboli e significati di una tradizione millenaria
La simbologia del natale è una parte fondamentale delle celebrazioni del Natale in tutto il mondo!
Luci, alberi, stelle, campane, calze e ancora canti, vestiti, feste e cerimonie particolari.
Ma hai mai pensato a come alcune di queste decorazioni tradizionali possono aiutarci a entrare in contatto con il vero spirito della stagione?
Ti sei mai chiesto perché le persone appendono orpelli sugli alberi di Natale o come i bastoncini di zucchero sono diventati sinonimo di vacanze invernali?
Sebbene queste decorazioni natalizie possano sembrare arbitrarie, hanno invece un significato speciale e un’origine ben precisa.
La Stella
È difficile andare da qualche parte durante il Natale senza vedere le stelle appese ai lampioni o appese in cima agli alberi di Natale.
La stella è uno dei simboli più riconoscibili della festa. Rappresenta la stella che apparve nel cielo quando nacque Gesù Cristo.
La stella è anche il segno celeste di una profezia compiuta molto tempo fa e la splendente speranza per l’umanità.
La stella condusse i Re Magi a Gesù e ci ricorda di seguire la luce proprio come i Re Magi seguirono la luce della stella per trovarlo.
Simbologia del natale: Luci e Candele
Molte delle nostre memorabili e durature tradizioni natalizie includono diversi tipi di luci: luci sugli alberi, luci dentro e sopra le nostre case, candele sui nostri tavoli.
Una candela, che rispecchia della luce delle stelle, è anche un simbolo che rappresenta la stella di Betlemme.
Prima che venissero inventate le luci elettriche per l’albero di Natale, le famiglie usavano le candele per illuminare l’albero.
Possono anche ricordarci di essere luci per gli altri e di illuminare gli altri.
L’Albero
Anche prima della nascita di Cristo, gli alberi che rimanevano verdi tutto l’anno avevano un significato speciale per le persone.
Un albero verde e rigoglioso nel cuore dell’inverno ha ricordato alle persone speranza e nuova vita.
Ci ricorda che possiamo avere la vita eterna, così possiamo scegliere di vedere l’albero sempreverde come un simbolo naturale di Dio.
Indica anche il cielo ricordando ai fedeli di guardare e trovare Dio in ogni cosa.
Simbologia del natale: Stella di Natale
La stella di Natale è originaria del Messico e, come l’albero sempreverde, è una pianta che prospera durante l’inverno e simboleggia la nuova vita.
Ma non finisce qui! La loro forma ricorda una stella, come quella che condusse i Re Magi a Gesù.
Le stelle di Natale rosse possono ricordarci il sangue che Cristo ha versato per il genere umano.
Le stelle di Natale bianche possono simboleggiare la purezza dello spirito di Cristo e della sua opera nel mondo.
Agrifoglio
Poiché le sue bacche rosse e le sue foglie verdi spinose durano tutto l’anno, l’agrifoglio è usato come decorazione natalizia in tutto il mondo.
Gli angoli appuntiti della foglia di agrifoglio possono ricordarci la corona di spine posta sul capo dei Gesù Cristo.
La bacca rossa dell’agrifoglio può ricordarci il sangue versato sulla croce, come nel caso della stella di Natale.
Infatti, in alcune lingue scandinave, la parola per agrifoglio è “Cristo-spina”.
I cristiani hanno da tempo adottato questi simboli, tanto che spesso è difficile risalire all’origine di alcune tradizione e usanze.
Simbologia del natale: Ghirlande
I romani celebravano il solstizio d’inverno con rami, ghirlande e fiori.
La storia ebraica mostra l’uso di rami sempreverdi durante la loro Festa dei Tabernacoli.
Ghirlande di Natale e ghirlande fanno risalire il loro simbolismo al cristianesimo primitivo.
Quando i cristiani iniziarono a celebrare la nascita di Cristo, le tradizioni pagane dell’inverno furono riportate e in qualche modo modificate e furono creati nuovi significati.
I rami e le ghirlande servivano da simbolo per ricordare ai cristiani la salvezza e la redenzione di Gesù.
La loro forma circolare può rappresentare l’eternità dell’amore e della potenza di Dio.
Le ghirlande appese alle porte o alle finestre sono come un invito simbolico affinché lo spirito del Natale riempia le nostre case di gioia della stagione.
Campane
Per secoli le campane sono state suonate per annunciare l’arrivo del periodo natalizio.
Vengono suonate durante il Natale per festeggiare l’arrivo e la nascita di Cristo.
Il suono delle campane può essere fatto risalire alle feste invernali pagane.
Durante quei tempi, i rumori venivano usati per spaventare gli spiriti maligni nella notte.
Le campane vengono suonate nelle chiese per chiamare le persone a radunarsi, come avvertimenti e per riunire le persone per fare annunci.
Da queste antiche radici, il suono delle campane iniziò ad essere utilizzato nel periodo natalizio cristiano.
Oggi svolgono un ruolo importante e tradizionale durante le celebrazioni.
Simbologia del natale: Calze
Se ci pensi, è un po’ strano nascondere leccornie e dolciumi nel tuo vecchio calzino.
Ma come molte tradizioni natalizie, la tradizione delle calze natalizie deriva da un’antica leggenda.
Tanto tempo fa (così si racconta) un uomo povero aveva tre figlie e non poteva permettersi di dar loro una dote (denaro o beni dati alla famiglia dello sposo dalla famiglia della sposa).
A quei tempi era molto difficile per una donna sposarsi senza dote.
Un vescovo cristiano di nome Nicholas sentì parlare del problema e volle aiutare, ma l’uomo rifiutò di accettare denaro.
Una notte, Nicholas lanciò tre palline d’oro puro attraverso la finestra aperta della casa dell’uomo.
Queste caddero nelle tre calze delle figlie appese al fuoco ad asciugare. La mattina dopo, ogni figlia trovò una palla d’oro nella sua calza.
Con questa taglia, furono tutte in grado di sposarsi.
Le calze possono ricordarci l’importanza del servizio e di fare del bene agli altri.
FONTE: https://www.scambieuropei.info/simbologia-natale-simboli-significati-tradizione-millenaria/
Il Natale è una delle feste più attese dell’anno e una delle più importanti per la religione cristiana. Ogni anno le case si preparano ad accogliere il Signore,nelle chiese si rivivono gli istanti che precedono la sua nascita con novene e semplici rappresentazioni e i negozi iniziano a proporre idee regalo da acquistare per le persone speciali.
A contornare i giorni di festa ci sono tanti simboli, ognuno con significati ben precisi. Dal vischio al ginepro, ogni simbolo del Natale è ricco di riferimenti sacri e profani che si fondono tra loro e che per questo sono diventati parte integrante della nostra tradizione.
Scopriamo quali sono e cosa rappresentano i principali simboli del Natale.
Indice degli argomenti:
Le tradizioni natalizie in Italia
Ogni parte del mondo è ricca di tradizioni che accompagnano questa importante ricorrenza. In Italia, da nord a sud, le curiosità non possono certo mancare. L’8 dicembre, nel giorno in cui si festeggia l’Immacolata Concezione, è la data in cui si devono allestire albero di Natale e presepe. La famiglia si riunisce nel salone, si spacchettano le palline, si srotolano le lucine e si posiziona la capanna del presepe sotto le montagne fatte di carta. Tutti hanno un ruolo ben preciso: c’è chi ha un talento naturale ad accartocciare la carta per le montagne, chi sa posizionare le pecore sul muschio senza farle cadere, chi appende le palline con meticolosità… e chi ha il compito arduo di posizionare la punta dell’albero.
Non tutte le città italiane addobbano albero e presepe l’8 dicembre. Ad esempio, a Bari si allestisce il 6 dicembre, durante la festa di San Nicola, a Milano invece il 7, il giorno di Sant’Ambrogio.
A Roma invece, il vero Natale inizia quando gli zampognari scendono nelle strade e intonano le melodie tipiche natalizie. Sono pastori vestiti con i loro abiti tradizionali che scendono dalle montagne e con le loro zampogne (simili alle cornamusa) intonano canti natalizi.
In Lombardia e in Toscana troviamo il ceppo di Natale, una delle tradizioni più antiche che risale al XII secolo e che si sviluppa a partire dai Paesi del Nord Europa. L’usanza prevede che il capo famiglia, con un brindisi, metteva a bruciare all’interno del camino un grande tronco di legno che veniva lasciato ardere fino al giorno dell’Epifania. Una parte del ceppo veniva poi conservata fino all’anno successivo come simbolo di buon auspicio.
E il cenone? L’Italia si divide in due. Ci sono le regioni che danno più importanza alla notte e quindi alla cena della Vigilia e chi invece preferisce il pranzo. In genere al nord si festeggia il 25 dicembre mentre al centro e al sud si predilige il Cenone della Vigilia. Per quanto riguarda il menu, questo cambia da regione a regione, in base alla tradizione e ai piatti tipici delle città.
I colori del Natale
Il colore del Natale è il rosso, un colore caldo e accogliente. Questo colore è quello dei re, dei papi, dei mantelli, degli arazzi e dell’aristocrazia. Con il rosso si vuole ricordare la sovranità di Gesù poiché esprime vitalità e risveglio energetico. Ci ricorda l’intensità e il calore dei sentimenti che animano la nostra fede per Gesù e l’amore che lui prova per noi.
Ma il rosso non è l’unico colore del Natale. Anche il verde è molto importante all’interno della tradizione natalizia. Pensa ad esempio all’albero e al vischio, dove gli innamorati si scambiano le promesse per il futuro. Il verde è il colore della speranza e per questo, in molte rappresentazioni dell’800 Babbo Natale è vestito di verde poiché con i regali portava speranza nelle case. Questo colore ci ricorda la natura e il suo costante rinnovamento.
Il bianco è simbolo di purezza e spiritualità. Ogni religione usa il bianco per indicare le divinità e per questo, anche nel cristianesimo, viene associato alla luce di una realtà spirituale.
Ed infine l’oro e l’argento. L’oro è un esaltazione del giallo, un colore elegante che si unisce alla nascita di Gesù, che è luce. È il colore del sole che si attende per rischiarare l’oscurità della notte. L’oro a Natale ha una doppia valenza, da un lato ci permette di onorare la nascita di Gesù Bambino, dall’altra simboleggia la rinascita interiore con una maggiore consapevolezza di sé. L’argento è considerato in egual modo il colore della regalità e viene usato per celebrare la nascita di Cristo.
Ma arriviamo al dunque. Quali sono i simboli del Natale?
I principali simboli natalizi
Una delle cose che rende bello il Natale è la presenza di numerosi simboli che ci permettono di esternare la nostra fede in modo profondo. Ogni simbolo, anche il più piccolo, ha un significato preciso che si ricollega alla tradizione e ha un riferimento forte con la religione. Infatti, a rendere così preziosi questi simboli è il legame con la tradizione popolare e si unisce con quella religiosa in modo indissolubile.
Iniziamo con il vischio, la pianta natalizia per eccellenza. Possiamo trovare dei riferimenti a questa pianta anche in Virgilio nell’Eneide. Le sue virtù magiche la rendono una pianta divina e miracolosa, tanto che solo i sacerdoti potevano raccoglierla utilizzando un falcetto d’oro.
Oggi il vischio è la pianta simbolo di buon augurio, di pace e di protezione.
La rosa di Natale, anche chiamata Rosa d’inverno o delle nevi, è considerata in Inghilterra il fiore natalizio per eccellenza. Secondo la leggenda, questo fiore fu donato al Bambino Gesù da una pastorella. Questa giovane donna era alla ricerca di un’offerta da fare al Bambinello ma faceva troppo freddo e non riusciva a trovare neanche un fiore da offrire. Mentre si disperava, apparve un angelo che le spolverò la neve che aveva sul viso e quando i fiocchi caddero per terra apparvero delle bellissime rose rosse che la ragazza poté portare in dono.
In Italia è più comune la Stella di Natale, un fiore molto diffuso tra gli addobbi e che secondo la tradizione fu donato a Gesù da parte di un bambino che desiderava fargli un dono nel giorno della sua nascita. Poiché il bambino era molto povero, l’unico regalo che riuscì ad offrirgli fu un mazzo di erbacce. Su quei rametti di umili origini cadde una lacrima del bambino e per miracolo comparve uno splendido fiore rosso chiamato Stella di Natale.
Il cero natalizio è il simbolo della luce che, nella notte tra il 24 e il 25 dicembre, arriva tra gli uomini. In Francia e in Inghilterra la tradizione vuole che vengano accesi tre ceri fusi insieme alla base e che simboleggiano la Trinità.
A proposito di ceri, la Corona dell’avvento è un altro simbolo piuttosto diffuso sia all’interno delle chiese che nelle case dei fedeli. Deriva dalla tradizione tedesca di epoca precristiana e dai riti pagani della luce che si festeggiavano nel mese di dicembre. Nel 1500 si diffuse tra i cristiani, diventando il simbolo dei giorni che precedono il Natale. I ceri vengono accesi uno per volta e ad ogni accensione si rivolge una preghiera e un canto a Maria.
Restando sempre in tema piante e fiori non possiamo dimenticarci dell’agrifoglio e del pungitopo, entrambe considerate dei portafortuna. Queste piante si caratterizzano per le loro foglie dure e spinose, simbolo di forza contro i mali. Le bacche rosse che arricchiscono la pianta sono simbolo di luce, promessa di abbondanza e fecondità per il nuovo anno. Secondo la tradizione, le foglie spinose ricordano le spine della corona di Cristo mentre il rosso delle bacche simboleggia il suo sangue.
Ed infine il ginepro, legno usato per realizzare la croce di Gesù. Non solo, una credenza popolare vuole che Maria trovasse rifugio proprio tra i rami di questa pianta. Il ginepro era considerato magico, poiché si pensava che tenesse lontano i serpenti e curasse dal loro morso.
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FONTE: https://www.myriamartesacrastore.it/blog/quali-simboli-natale.html
LA SIMBOLOGIA DEL NATALE E LE SUE ORIGINI
Nei paesi occidentali di matrice cristiana il 25 dicembre si festeggia la nascita di Gesù Cristo ma, in realtà, non c’è mai stata chiarezza sulla sua data di nascita, né unanime consenso tra le confessioni cristiane sulla legittimità delle celebrazioni natalizie[1]. Fu Papa Giulio I, nel 337 d.C., a far coincidere la ricorrenza della nascita di Gesù Cristo con il giorno dei festeggiamenti dei “Dies Natali Solis Invicti” (Il Natale del Sole Invitto), tradizione romana legata al culto mithraico che era diffuso nel mediterraneo nel II-I secolo a. C. e celebrava la rinascita del dio solare Mithra dopo il solstizio invernale. Inoltre, ancora prima dell’avvento del cristianesimo, sono sempre esistite celebrazioni solstiziali “pagane” (intese come non cristiane) che esortavano il ritorno del sole e l’allungamento delle giornate. Alcune delle usanze che caratterizzavano queste celebrazioni sono state tramandate nei secoli fino ai nostri giorni e, pur avendo perso la loro funzione originaria o assunto un significato diverso, hanno contribuito alla creazione di una simbologia natalizia che ancora oggi caratterizza questo periodo. Qui di seguito descriviamo alcuni dei simboli più diffusi del Natale e le loro origini:
L’agrifoglio
Arbusto sempreverde dalle bacche rosse e dalle foglie pungenti. Per il fatto che rimane verde anche nei mesi più freddi dell’anno, nell’antichità, esso fu considerato portatore di forza, protezione, rinnovamento e immortalità.
Nella tradizione celtica era usato per proteggersi e difendersi dalle influenze nefaste: le case le cui porte erano costruite con il legno di agrifoglio erano considerate protette dalle negatività, i guerrieri ne portavano con sé un rametto quando andavano in battaglia, molti carri da guerra erano costruiti con il suo legno e i druidi ritenevano che tenesse lontani i malanni invernali e che avesse il potere di ammansire una belva feroce o un cane rabbioso.
Gli antichi Romani lo regalavano agli sposi novelli come buon auspicio, ne usavano i ramoscelli come talismano contro gli spiriti maligni e, durante i Saturnali (feste che si celebravano dal 17 al 23 dicembre), lo portavano in dono al dio Saturno e si scambiavano dei rami come simbolo di amicizia.
I nativi dell’America Centrale lo piantavano vicino alle capanne per tenere lontani gli spiriti maligni, ne usavano il legno per le impugnature delle loro armi e ne facevano un decotto (il matè) che ha proprietà toniche ed energizzanti.
I primi cristiani lo usarono inizialmente per proteggersi dalle persecuzioni e, vedendo nelle foglie (corona) e nelle bacche (sangue) un richiamo al Cristo, lo inclusero gradualmente nelle decorazioni simboliche delle festività natalizie.
Il vischio
Il vischio è una pianta parassita sempreverde che cresce sugli alberi (di solito meli, pioppi e querce) e non ha radici a terra. Ha delle bacche perlacee che si raggruppano in numero di tre (numero sacro) e che maturano a dicembre, con un periodo di maturazione di nove mesi (stessa durata della gestazione umana).
I Celti lo consideravano una pianta sacra, caduta dal cielo (perché priva di radici) e benaugurale. Era il simbolo del solstizio d’inverno e poteva essere raccolto in quel periodo solo dai druidi. Al esso erano attribuite anche notevoli proprietà curative, tra le quali quelle di essere un rimedio contro l’infertilità.
Alcuni ritengono che la tradizione del bacio sotto il vischio deriverebbe dai rituali di fertilità celtici. Altri pensano che essa sia collegata alla leggenda scandinava secondo la quale la dea Freya, venuta a conoscenza del fatto che suo figlio Balder rischiava di essere ucciso dal fratello, Loki, chiese agli elementi Terra, Cielo, Fuoco e Acqua e a tutti gli esseri viventi, piante e animali, di garantire l’incolumità del figlio; tuttavia si dimenticò di rivolgersi al vischio perché non faceva parte né della Terra né del Cielo, per cui quando Loki lo venne a sapere ferì il fratello con un dardo fatto di rami di vischio e lo uccise. Freya pianse disperatamente il suo dolore per giorni: ad un certo punto le sue lacrime, a contatto con il dardo di vischio, si tramutarono magicamente nelle bacche perlate che contraddistinguono la pianta e Balder riprese vita. Grata di questo miracolo Freya promise la sua protezione a chi, passando sotto la pianta di vischio, si abbracciasse e baciasse per ricordare come la forza dell’amore possa sconfiggere la morte. Sembra che questa tradizione fosse così sentita nella cultura nordica da costringere anche i guerrieri nemici ad abbassare le armi e ad abbracciarsi.
Anche nella tradizione greco-romana il vischio era considerato una pianta sacra, portatrice di luce, protettrice e guaritrice di tutti i mali. Nell’Eneide, la Sibilla consiglia ad Enea di procurarsi un ramo d’oro, da molti studiosi inteso come un ramo di vischio (per via della colorazione che assume una volta seccato), per poter risalire dalla sua discesa negli inferi.
Infine, il fatto che nascesse dal cielo, che fosse da sempre considerato sacro e legato alle cerimonie solstiziali, ispirò anche i cristiani a introdurlo nelle festività natalizie come un altro elemento simboleggiante il Cristo.
La stella di Natale
Pianta originaria dell’America Centrale che, raggiungendo il massimo splendore durante il periodo natalizio e presentandone i colori tipici, è diventata recentemente uno tra i simboli più comuni del Natale.
Gli Aztechi la chiamavano Cuetlaxochitl: secondo alcuni significava “fiore dai petali resistenti come il cuoio”, per via della consistenza delle brattee, secondo altri significava “fiore che appassisce” e, rappresentando l’alternarsi dei cicli di vita e di morte, era strettamente collegata ai rituali religiosi inclusi quelli solstiziali. Il colore rosso che gli Aztechi pensavano derivasse dalle gocce di sangue di una dea morta per amore simboleggiava non solo la purezza ma anche il rinnovo della vita ottenuta tramite il sangue versato nelle battaglie e i sacrifici umani offerti al dio del sole. Gli Aztechi la usavano a fini cosmetici, medici e per la tintura degli abiti. Fu usata anche a fini decorativi, nei palazzi e templi sacri, soprattutto dall’ultimo imperatore azteco, Montezuma (1480 – 1520), che la fece coltivare come pianta sacra perché la considerava un dono degli dei.
Nel XVII secolo i missionari francescani insediati in una zona meridionale del Messico chiamata Taxco del Alarcon, nella quale la pianta era molto diffusa, la introdussero come elemento decorativo nelle celebrazioni religiose cristiane della natività e la chiamarono “stella di Natale” per via della sua forma. In Messico questa pianta si chiama anche “la flora de Nochebuena” (fiore della Notte Santa) in relazione alla leggenda messicana che narra di una bambina povera che, in una notte di Natale, non sapendo che dono portare a Gesù, raccolse un fascio di erbe e sterpi e questi si trasformarono in rami adorni di stelle rosse quando li ripose davanti all’altare.
Fu solo a partire dal XIX secolo che la pianta iniziò ad essere conosciuta e commercializzata nel resto del mondo grazie all’iniziativa di Joel Robert Poinsett, ex-ambasciatore statunitense in Messico, che al termine del suo mandato riportò alcuni esemplari della pianta in Carolina e iniziò a coltivarla. In suo onore la pianta prese il nome botanico Euphorbia Pulcherrima, detta Poinsettia.
Il ceppo di Natale
L’usanza di ardere il ceppo di Natale durante le feste natalizie è una tradizione presente in tutta Europa, dai paesi scandinavi fino all’area del Mediterraneo.
Il rituale di raccogliere un grosso ceppo di legno e bruciarlo nel focolare per scacciare l’oscurità del solstizio invernale, cogliere presagi e attrarre buoni auspici per l’anno nuovo esisteva già negli antichi rituali celtici e romani. Le decorazioni colorate applicate al ceppo di Natale erano un’usanza pagana e rappresentavano la luna, il sole, le stelle e le anime di coloro che erano morti durante quell’anno.
Le prime fonti scritte relative a questa usanza sono state trovate in una cronaca tedesca dell’XI secolo che descrive come le famiglie, in occasione della vigilia di Natale, si radunassero per bruciare un grosso ceppo di legno nel camino, come simbolo di buon auspicio per il nuovo anno.
La tradizione era talmente diffusa e talmente legata alle festività invernali che spesso il ceppo rappresentava esso stesso il Natale. Per esempio in Toscana la festa di Natale era anche chiamata “Festa del Ceppo”.
Le antiche tradizioni europee legate alla preparazione del ceppo prima di bruciarlo, alcune ancora seguite al giorno d’oggi, erano tra le più svariate: c’è chi metteva sopra al ceppo del cibo e del vino, chi lo spennellava di latte e miele e chi lo aspergeva d’acqua benedetta. Le ceneri erano spesso raccolte e sparse nei campi per assicurare un buon raccolto o mischiate al foraggio degli animali per garantire maggiore fertilità. I resti del ceppo erano spesso conservati e messi sotto il letto o bruciati durante i temporali per proteggersi dai fulmini.
In Francia, con il passare del tempo, alla tradizione di bruciare il ceppo nel focolare seguì quella di disporre un ceppo molto più piccolo, ornato di candele e foglie, come centrotavola e questo a sua volta fu sostituito in tempi più recenti, ma mantenendone il significato simbolico, da un dolce natalizio a forma di ceppo molto diffuso nei paesi francofoni che in Italia chiamiamo il “Tronchetto di Natale”.
Il presepe
Il termine presepe deriva dal latino prae (davanti) e saepes (recinto) e denotava perciò un luogo che aveva davanti un recinto (come una stalla o una mangiatoia). Oggi, quando si parla di presepe si pensa a una rappresentazione plastica della nascita di Gesù. L’origine di questa tradizione, tutta italiana, risale all’epoca di San Francesco che nel 1223 inscenò il primo presepe vivente durante la messa di Natale. Questo avvenimento, ritratto da Giotto nella Basilica Superiore di Assisi, stimolò l’interesse verso l’allestimento di presepi all’interno delle chiese in concomitanza con la celebrazione delle festività natalizie ma fu solo con il Concilio di Trento, nel 1563, che fu accettato dalla Chiesa Cattolica come espressione della religiosità popolare e la sua produzione si diffuse in tutta Italia. Se all’inizio i presepi avevano dimensioni statuarie ed erano realizzati solo nelle chiese, a partire dal Seicento, assumendo dimensioni più piccole, entrarono anche nelle case nobili, dove erano esposti come soprammobili o all’interno di piccole cappelle. Solo a partire dall’Ottocento questa tradizione si diffuse a livello popolare con figurini molto più ridotti in dimensioni.
Tuttavia, l’usanza di rappresentare scene bucoliche con delle statuine esisteva già nell’antica Roma e può essere ricondotta ai riti che si svolgevano in onore dei lares familiares. I lari erano gli antenati defunti che vegliavano sulla famiglia ed erano rappresentati con delle statuette di terracotta o di cera chiamate sigilla. Erano collocati in apposite nicchie all’interno delle case e onorati in particolari occasioni. Il 20 dicembre, durante i Saturnali, si svolgeva un rituale chiamato Sigillaria che comportava Io scambio tra parenti delle statuette dei familiari defunti durante l’anno. In attesa delle celebrazioni, il compito dei bambini era quello di lucidare le statuette, disporle in un piccolo recinto all’interno di una scenetta bucolica. Il rito prevedeva che le famiglie vi si riunissero intorno per invocare la protezione da parte dei lari, offrendo ciotole di cibo e vino. Il mattino seguente i bambini trovavano, al posto delle ciotole, giocattoli e dolci portati dai loro avi.
L’albero di Natale
L’albero di Natale è il simbolo per eccellenza del Natale. Si tratta, di solito, di un abete, e non a caso. La connotazione simbolica di rinnovo e nuovo inizio che gli fu attribuita fin dall’antichità si ritrova anche nelle radici del suo nome. Infatti, la parola a-bete è composta dalle due lettere iniziali dell’alfabeto greco (alfa e beta) e dell’alfabeto ebraico (alef e bet).
Nell’antica Roma, secondo Virgilio, i Romani usavano portare con sé un giovane abete augurale durante i Saturnali.
I Celti consideravano l’abete come uno degli alberi sacri, simbolo di rinascita e immortalità, con poteri divinatori per via della sua collocazione in zone elevate e montane e per via delle pigne che si aprono e si chiudono anticipando il sole o la pioggia.
Nella tradizione scandinava, durante le festività del solstizio d’inverno il dio Odino era rappresentato da un abete verde ornato di spighe.
Nel Medioevo, in Germania, il 24 dicembre, si giocava il “gioco di Adamo ed Eva” e si decoravano piazze e chiese con alberi da frutta e simboli di abbondanza per ricreare un’ambientazione paradisiaca. Gradualmente gli alberi da frutta furono sostituiti da abeti perché avevano una maggiore valenza “magica” per il popolo.
L’usanza di ergere un grande abete in un punto centrale della città in concomitanza con le festività natalizie fu lanciata nel 1441 dalla città di Tallinn in Estonia e si diffuse nel XVI secolo soprattutto nei territori germanici. Inizialmente legata alla vita pubblica, nel XVII e XVIII secolo, questa tradizione entrò anche nella sfera domestica in tutta l’Europa di lingua tedesca a nord del Reno.
Considerata a lungo un’usanza pagana fu introdotta nei paesi Europei cattolici solo nel XIX secolo: a Vienna per volere della principessa Henrietta von Nassau-Weilburg, in Francia grazie alla duchessa di Orléans e in Italia fu la regina Margherita a chiedere l’addobbo di un albero di Natale nel Quirinale. A partire dai primi anni del Novecento la tradizione dell’albero di Natale si diffuse nel resto del mondo e diventò il simbolo più universalmente riconosciuto del Natale.
MP
[1] Nel XVI secolo i riformatori protestanti contestarono la celebrazione del Natale il 25 dicembre, considerandola un refuso delle tradizioni pagane. In Inghilterra durante, il governo Cromwell, le festività Natalizie furono addirittura vietate.
FONTE: https://consapevolezzayoko.wordpress.com/2017/01/04/la-simbologia-del-natale-e-le-sue-origini/
5 simboli e tradizioni del Natale
Il Natale è la principale festa dell’anno in cui si celebra la nascita di Gesù Cristo, e prende il nome proprio dal latino “Natale Christi”.
Le festa del Natale ha origini molto antiche ed ha subìto, nel tempo, profonde modificazioni, sia nella ritualità che nei personaggi protagonisti della festa, come Babbo Natale o i personaggi del Presepe.
Prima del Natale Cristiano c’era la festa del Fuoco e del Sole, perché in questo periodo c’è il solstizio d’inverno, cioè il giorno più corto dell’anno, e da questa data le giornate iniziano ad allungarsi.
Per gli antichi questo giorno cadeva il 25 dicembre e lo si celebrava con feste diverse e ricche di significati.
I simboli rappresentano la “sapienza dell’umanità” acquisita in migliaia di anni e che ci tramandiamo come un’impronta indelebile incisa nel nostro essere.
Un simbolo, sotto forma di parola, di immagine, di oggetto legati a un’idea, ha il compito di evocare e provocare un evento interiore grazie ad un riferimento esteriore, di unire il mondo della materia con il mondo dell’anima umana (composta anche di emozioni, pensieri e spirito).
Ci sono dei simboli, però, che inequivocabilmente riportano alla nostra mente quel grande evento che è il Natale.
I principali simboli del Natale sono:
- l’albero di Natale
- Babbo Natale
- i Re Magi
- le campane e
- le palline colorate.
Vediamoli insieme!
1. L’albero di Natale
L’albero fu associato al Natale fin da tempi antichissimi e si pensa che questa tradizione derivi dai culti pagani praticati nell’Europa settentrionale nelle zone agricole.
I druidi, antichi sacerdoti dei Celti, notarono che gli abeti rimanevano sempre verdi anche durante l’inverno.
Per questo li considerarono un simbolo di lunga vita e cominciarono a onorarli nelle feste invernali.
In seguito, quando si cominciò a celebrare il Natale, l’abete ne divenne un simbolo e gradualmente la tradizione di decorarlo si estese dalla Germania a tutti gli altri paesi europei.
Inizialmente l’albero veniva decorato con ghirlande, cui si unirono nastri e frutti colorati, poi le candeline, fino a quando, verso la metà del 1800, alcuni fabbricanti svizzeri e tedeschi cominciarono a preparare leggere e variopinte palline di vetro soffiato, che sono oggi l’ornamento tradizionale dell’albero.
Nelle case italiane l’albero di Natale è arrivato da pochi decenni e in circostanze curiose. Verso la fine del 1800 questa moda dilagava in tutte le corti europee tra le famiglie della nobiltà.
Anche la regina Margherita, moglie di Umberto I ne fece allestire uno in un salone del Quirinale, dove la famiglia reale abitava. La novità piacque moltissimo e l’ albero divenne di casa tra le famiglie italiane in breve tempo.
Al di là di questi fatti che cercano nella storia passata e lontana le origini dei simboli e delle tradizioni natalizie, molte leggende sono nate nei vari paesi cristiani per raccontare la storia del primo albero di Natale. Eccone due:
- C’era una volta nell’antica Germania un boscaiolo. Tornando a casa una notte d’inverno, gelida ma serena, l’uomo fu colpito da un meraviglioso spettacolo di stelle che brillavano attraverso i rami di un abete carico di neve e di ghiaccio.
Per spiegare alla moglie lo splendore che aveva visto, il boscaiolo tagliò un piccolo abete, lo portò a casa e lo adornò di candeline accese e di allegri festoni.
Le candeline somigliavano alle stelle che aveva visto brillare, e i festoni alla neve e ai ghiaccioli che pendevano dai rami.
Altri videro l’albero e piacque tanto a tutti, specialmente ai bambini, che presto l’usanza dell’abete con le candeline si diffuse in ogni casa. - Una leggenda americana racconta che in un remoto villaggio di campagna, la Vigilia di Natale, un ragazzino si recò nel bosco alla ricerca di un ceppo di quercia da bruciare nel camino, come voleva la tradizione, nella notte Santa.
Si attardò più del previsto e, sopraggiunta l’oscurità, non seppe ritrovare la strada per tornare a casa. Per giunta incominciò a cadere una fitta nevicata.
Il ragazzo si sentì assalire dall’angoscia e pensò a come, nei mesi precedenti, aveva atteso quel Natale, che forse non avrebbe potuto festeggiare.
Nel bosco, ormai spoglio di foglie, vide un albero ancora verdeggiante e si riparò dalla neve sotto di esso: era un abete. Sopraggiunta una grande stanchezza, il piccolo si addormentò raggomitolandosi ai piedi del tronco e l’albero, intenerito, abbassò i suoi rami fino a far loro toccare il suolo in modo da formare come una capanna che proteggesse dalla neve e dal freddo il bambino.
La mattina si svegliò, sentì in lontananza le voci degli abitanti del villaggio che si erano messi alla sua ricerca e, uscito dal suo ricovero, poté con grande gioia riabbracciare i suoi compaesani.
Solo allora tutti si accorsero del meraviglioso spettacolo che si presentava davanti ai loro occhi: la neve caduta nella notte, posandosi sui rami frondosi, che la piana aveva piegato fino a terra.
Aveva formato dei festoni, delle decorazioni e dei cristalli che, alla luce del sole che stava sorgendo, sembravano luci sfavillanti, di uno splendore incomparabile.
In ricordo di quel fatto, l’abete venne adottato a simbolo del Natale e da allora in tutte le case viene addobbato ed illuminato, quasi per riprodurre lo spettacolo che gli abitanti del piccolo villaggio videro in quel lontano giorno.
Da quello stesso giorno gli abeti nelle foreste hanno mantenuto, inoltre, la caratteristica di avere i rami pendenti verso terra.
2. Babbo Natale
Di solito, Babbo Natale viene rappresentato come un signore anziano, corpulento, gioviale e occhialuto, vestito di un costume rosso con inserti di pelliccia bianca, con una lunga barba anch’essa bianca.
La sera della vigilia di Natale, sale sulla sua slitta trainata dalle renne volanti e va di casa in casa per portare i regali ai bambini.
Per entrare in casa si cala dal comignolo, sbucando quindi nel caminetto. Durante il resto dell’anno, si occupa della costruzione dei giocattoli con la Signora Natale ed i suoi aiutanti elfi.
La dimora tradizionale di Babbo Natale cambia da paese a paese: negli Stati Uniti si sostiene che abiti al Polo Nord (situato per l’occasione in Alaska) mentre in Canada il suo laboratorio è indicato nel nord del paese; in Europa è più diffusa la versione finlandese che lo fa abitare nel villaggio di Korvatunturi, in Lapponia.
Si ritiene che il Babbo Natale moderno sia il risultato dell’unione di vari personaggi, con origini distinte, che sono col tempo confluiti in un’unica figura.
Il primo personaggio è San Nicola di Mira (più noto in Italia come San Nicola di Bari), un vescovo cristiano del IV secolo. Nato a Patara, in Turchia, da una ricca famiglia, divenne vescovo di Myra, in Lycia, nel IV secolo e forse partecipò al Concilio di Nicea nel nel 325.
Quando morì le sue spoglie, o le presunte tali, vennero deposte a Myra fino al 1087. In quest’anno infatti vennero trafugate da un gruppo di cavalieri italiani travestiti da mercanti e portate a Bari, città di cui divenne il santo protettore e che tutt’ora ne conserva le spoglie.
Nelle prime leggende cristiane si narrano alcune imprese di San Nicola, fra cui i salvataggi di marinai travolti da tempeste, la protezione dei bambini e la generosa distribuzione di regali fra i poveri.
Anche se probabilmente molte delle storie di cui il santo è protagonista non sono vere, la sua leggenda si è diffusa in tutta Europa ed ha assunto il ruolo di tradizionale portatore di doni.
La festa di San Nicola veniva anticamente celebrata agli inizi di dicembre. Dopo la Riforma protestante, però, i tedeschi vollero attribuire a Gesù Bambino il ruolo di portatore di doni e spostarono la festa al 25 dicembre.
Quando la tradizionale figura di Santa Claus si diffuse venne perciò associata al Natale stesso.
Il personaggio che attualmente è noto come Santa Claus nel mondo anglosassone riunisce le rappresentazioni premoderne del portatore di doni, di ispirazione religiosa o popolare con un Babbo Natale britannico preesistente.
Quest’ultimo risale almeno al XVII secolo, e ne sono rimaste delle illustrazioni d’epoca in cui è rappresentato come un signore barbuto e corpulento, vestito di un mantello verde lungo fino ai piedi e ornato di pelliccia.
Rappresentava lo spirito della bontà del Natale, e si trova nel Canto di Natale di Charles Dickens sotto il nome di Spettro del Natale presente.
3. I Re Magi
Erano nobili pellegrini o re provenienti dall’Oriente, che studiavano le stelle.
Seguirono una cometa che avevano associato alla nascita del “re dei Giudei”.
Secondo un vangelo apocrifo i loro nomi erano Gaspare, Melchiorre e Baldassarre e fu Papa Leone Magno che ne fissò il numero a tre.
Il numero tre permette di identificare i Magi con le tre razze in cui si divide l’umanità e che discendono, secondo l’Antico Testamento, dai figli di Noè.
Gaspare, mistico re dell’Armenia, lasciò l’intero potere a suo fratello Ntikran per andare a cercare Gesù. Era un giovanotto rude, discendente di Cam, uno dei figli di Noè.
Baldassarre, re arabo del deserto, era giovane e di carnagione scura, e discendeva da Jafet, un altro figlio di Noè.
Melchiorre era in realtà il soprannome del maharaja indiano Ram, che gli deriva dalla frase che pronuncio’ inchinandosi davanti a Gesù bambino: ‘Cham el chior’ (ho visto Dio). Era anziano, con i capelli bianchi e la barba lunga e discendeva da Sem, figlio di Noè.
I Magi portarono a Gesù Bambino tre doni che simboleggiano la sua duplice natura di essere umano e di figlio di Dio: l’oro, il dono riservato ai re, l’incenso, usato per adorare l’altare di Dio, e la mirra, il balsamo per i defunti.
I teschi dei Re Magi, con le corone d’oro ingioiellate, sono tuttora tra le reliquie della cattedrale di Colonia.
4. Le campane
Le campane divennero parte fondamentale del culto natalizio intorno al 400 e il loro suono che chiamava a raccolta i fedeli per la massa fu il primo legame con il natale, un’associazione che continua ancora oggi.
Da ciò deriva l’usanza della scampanellata di Natale, rumore fatto con le campane in alcune zone dell’Inghilterra dove ad esempio il 21 dicembre si festeggia l’arrivo del natale con le campane…
In Scandinavia le campane annunciano la fine del lavoro e l’inizio dei festeggiamenti. Il suono delle campane si diffonde con l’arrivo dei portatori di doni.
Sappiamo che san Nicola porta una campanella durante la sua visita; in Italia la befana suona un campanello mentre scende per il camino; in Ungheria le campane degli angeli suonano per annunciare che i regali dei bambini sono stati consegnati.
Molti canti natalizi usano le campane come metafore della gioia e della speranza natalizia.
La leggenda vuole che mentre tutti i pastori si recavano a far visita a Gesù Bambino, al ciglio della strada giaceva un bambino cieco, desideroso anche lui di andare a far visita al neonato Re.
Ma nessuno si curava di lui. Quando scese la notte il bambino sentì in lontananza il rintocco di una campana da bestiame. Pensò che si trattasse della mucca che si trovava nella stalla di Gesù Bambino.
Seguendo il suono di quella campana, arrivò fino alla mangiatoia dove si trovava il Piccolo Re.
5. Le palline colorate
Fra gli ornamenti più diffusi con cui addobbare gli alberi di Natale si possono citare le caratteristiche palline.
In realtà non sempre sferiche.
Ne esistono innumerevoli varianti, per esempio coniche, a forma di campanella, di pigna e così via, realizzate in vetro soffiato o altri materiali generalmente ricoperti da una vernice colorata e riflettente, o spruzzate d’argento, oro, o bianco.
Anche questo simbolo ha alla base una leggenda. C’era un giocoliere povero a tal punto da non avere niente da portare in regalo a Gesù.
Decise, però, di andare a far visita lo stesso a mani vuote, ma facendo ciò che meglio sapeva fare e cioè il giocoliere.
Con il suo spettacolo fece ridere Gesù Bambino.
Da quel giorno, si dice che le palline colorate che appendiamo sui nostri alberi rappresentano le risate di Gesù Bambino.
FONTE: https://best5.it/post/5-simboli-e-tradizioni-del-natale/
IL SIGNIFICATO ESOTERICO DEL NATALE
Gesù è nato in Palestina duemila anni fa, ma questo è soltanto l’aspetto storico del Natale. L’apparizione del Cristo è soprattutto un evento cosmico: rappresenta la prima manifestazione della vita nella natura ed il principio di tutto ciò che esiste. Nel corso dell’anno il sole passa per i quattro punti cardinali (equinozio di primavera, solstizio d’estate, equinozio d’autunno, solstizio d’inverno). Nel corso di questi quattro periodi avvengono nella natura grandi trasformazioni, circolano potenti energie che influenzano la terra e tutti gli esseri che la popolano.
La Scienza Iniziatica, che ha studiato tali fenomeni, ha constatato che se l’uomo presta attenzione, si prepara e si mette in uno stato di armonia per ricevere quegli influssi, si possono realizzare in lui grandi trasformazioni. Il 25 dicembre rappresenta il momento in cui il sole è appena entrato nella costellazione del capricorno. Infatti il capricorno rappresenta simbolicamente le montagne e le grotte: è appunto nell’oscurità di una grotta (l’interiorità) che il Bambino Gesù può nascere. Per tutto il resto dell’anno la natura e l’uomo hanno svolto una grande attività. L’approssimarsi dell’inverno corrisponde alla sospensione di molte attività, i giorni si accorciano, le notti si allungano: è il momento della meditazione, del raccoglimento.
Queste attività consentono all’uomo di penetrare nella profondità del suo essere e di trovare le condizioni per la nascita del Bambino. Attorno alla data del 25 dicembre ha luogo nella natura la nascita del principio cristico (la luce ed il calore che trasformano tutto). Come vivono, invece, gli esseri umani le feste di Natale? Festeggiano gareggiando con ansia spasmodica nell’acquistare e regalare doni per ostentare ricchezza materiale, mangiando e bevendo smisuratamente a tavola. Si va in chiesa, si canta che Gesù è venuto a salvarci per poi continuare la vita di sempre. Questi comportamenti dimostrano quanto gli uomini siano inconsapevoli dell’importanza di questo evento in cui, una sola volta l’anno, le correnti divine si predispongono per creare le condizioni migliori affinché il Bambino Divino (la nuova vita) nasca in ogni uomo.
Occorre lavorare, studiare, superare i propri limiti affinché nasca una nuova coscienza che si manifesti come una luce interiore capace di scacciare le tenebre e di indicare la strada da seguire. Per molti non potrà essere più la stessa! Infatti Gesù non è soltanto un personaggio storico, ma rappresenta un simbolo che riveste le innumerevoli realtà della vita spirituale. Fino a quando l’uomo non possiederà in sé luce ed amore, il bambino Gesù non potrà nascere in lui: potrà attenderlo, festeggiarlo ma nulla di più. Se fosse bastata la venuta di Gesù sulla terra le guerre, le miserie, le malattie sarebbero già scomparse da tempo.
Certamente non si vuole negare che la nascita di Gesù abbia rappresentato un evento storico di grande importanza, ma l’essenziale sta negli aspetti cosmico e mistico della festa di Natale. La nascita del Cristo (sé superiore) rappresenta un avvenimento che si ripete ogni anno nell’universo (per alcuni è già nato, per altri nascerà fra poco, per altri non nascerà che fra qualche secolo), ma che si può verificare simbolicamente dentro di noi in ogni istante della nostra esistenza. Da secoli si ripete questa storia senza capirla, perché il simbolismo universale è andato perso.
Per esempio Giuseppe e Maria sono due simboli della vita interiore: il padre Giuseppe è l’intelletto, lo spirito dell’uomo, il principio maschile; la madre Maria è il cuore, l’anima, il principio femminile. Quando il cuore e l’anima sono purificati lo Spirito Santo (l’Anima Universale) sotto forma di fuoco (amore divino) viene a fecondare l’anima ed il cuore dell’essere umano e nasce il figlio. La stalla e la mangiatoia rappresentano le povertà dell’anima e le difficoltà che l’uomo incontra per raggiungere la spiritualità. E che cos’è la stella? È l’uomo stesso. Un pentagramma vivente che deve esistere in duplice forma (ciò che è in alto è come in basso e ciò che è in basso è come ciò che è in alto).
Quando l’uomo ha sviluppato in pienezza le cinque virtù (amore, saggezza, verità, giustizia, bontà) un altro pentagramma (la stella luminosa) lo rappresenta sui piani sottili. Quella stella che brillava sopra la stalla rappresenta appunto la luce cristica che ogni essere può far brillare dentro di sé. Anche i grandi capi religiosi (Melchiorre, Baldassarre e Gaspare) sentono che non sono ancora giunti a quel grado di spiritualità che credevano, per cui vanno ad apprendere, ad inchinarsi ed a portare in dono oro, incenso e mirra: l’oro significava che Gesù era re (il colore giallo è il simbolo della saggezza), l’incenso significava che era un sacerdote (l’incenso rappresenta il campo religioso, il cuore e l’amore), la mirra il simbolo dell’immortalità (ci si serviva della mirra per imbalsamare i corpi e per preservarli dalla decomposizione).
I Re Magi hanno quindi portato dei doni che hanno un legame con i tre mondi: pensiero, sentimento e corpo fisico. In quella stalla vi erano solo il bue e l’asinello. Perché? La stalla rappresenta il corpo fisico ed il bue, come il toro, anticamente è stato sempre considerato come il principio generativo (in Egitto, per esempio, il bue Apis era il simbolo della fertilità e della fecondità). L’asino, invece, rappresenta la personalità (la natura inferiore dell’uomo). Questi due animali erano là per servire Gesù. Quando l’uomo comincia a compiere su di sé un lavoro per la sua evoluzione, entra in conflitto con la sua personalità e con la sua sensualità. L’iniziato è appunto colui che è riuscito a dominare queste due energie ed a metterle a suo servizio, ma non le reprime in quanto sono energie straordinariamente utili se messe all’opera sotto il giusto controllo.
Il Natale dunque ci ricorda che il significato dell’esistenza umana è quello di risvegliare il sé inferiore al cospetto dell’anima e ciò avviene, all’inizio, mediante l’arte di vivere. Questo è un processo che comporta prove ed errori (spesso attraverso l’esperienza della sofferenza come illusione che infine conduce verso la verità immanente). Ciò è ottenuto gradualmente tramite un riorientamento dei desideri e, in una fase successiva, l’identificazione con il sé superiore. Sono molti gli individui che consapevolmente orientano la propria vita verso le finalità più alte: alcuni si stanno preparando, altri stanno già operando per raggiungere queste finalità. Sono individui che si sintonizzano sempre più con la propria anima e si allontanano da una realtà personale ed egoistica.
Sabrina Parisi
FONTE : http://www.cittadiluce.net/significato-esoterico-del-natale-t2717.html
Antropologia del dono: il significato dei regali secondo Marcel Mauss
19 Dicembre 2020 Diletta Bufo
Sempre meno doni sotto l’albero di Natale. È la fotografia scattata dall’Ufficio Studi Confcommercio, che ha condotto un’indagine sull’andamento dei consumi durante le festività del 2020. La spesa complessiva per i regali è calata in media nazionale del 18% rispetto allo scorso anno. Nel nostro Paese si rinuncia, spesso, allo scambio di pensieri tra adulti, per non fare mancare ai piccoli qualche giocattolo tanto atteso: dalla ricerca emerge come un cittadino su quattro abbia deciso di non comprare presenti per familiari ed amici.
Complice l’emergenza Coronavirus? In parte sì, ma non è tutto. Andando indietro nel tempo, possiamo leggere che, nell’ultimo decennio, la tendenza a donare in occasione del Natale sia scesa progressivamente ogni anno. Dati alla mano, Confcommercio evidenzia un decremento del 30% dal 2009 ad oggi.
Dalla crisi economica alla pandemia, ogni Natale è buono per una stretta sui regali. Senza dubbio, il potere d’acquisto delle famiglie italiane si è ridotto notevolmente, ma non sempre donare dipende dalla disponibilità economica. Le scelte di consumo nascondono una dimensione psicologica. In una fase storica di preoccupazione ed instabilità, come quella che stiamo vivendo, bypassare l’impegno dei regali di Natale non è soltanto conseguenza di un portafoglio vuoto. È anche indice di scoraggiamento,di mancanza di socialità, di scarso entusiasmo di fronte alla festività che i nostri nonni consideravano la più importante dell’anno.
Il valore sociale del dono
Abbiamo dimenticato, forse, che cosa significhi, davvero, scambiarsi regali a Natale. L’antica radice della parola “dono” indica la creazione di una relazione sociale. Secondo i principi dell’economia classica un bene ha due valori: d’uso, perché soddisfa un bisogno; di scambio, perché procura altri beni. Il dono ne aggiunge un terzo, ilvalore di legame: un prodotto donato crea nuovi legami, oltre a rafforzare quelli esistenti. Gli antropologi, studiando le società tradizionali, hanno scoperto che, proprio attraverso i doni, anche piccoli e di valore economico modesto, gli uomini instaurano relazioni sociali, incorporate negli oggetti.
Un bene che si riceve da un proprio caro è depositario di memoria. Secondo Marcel Mauss, nipote del padre della sociologia, Émile Durkheim, ed autore del magistrale “Saggio sul dono” (1924), negli oggetti donati esiste un’anima, che li lega a colui che li dona. Tale forza fa sì che ogni oggetto, prima o poi, tenda a ritornare al suo proprietario sia nella sua forma originaria, sia sotto forma di altri doni equivalenti. Mauss, in particolare, fa riferimento all’hau, un concetto che per i Maori della Nuova Zelanda esprime un’essenza vitale insita negli esseri umani.
Comparando ricerche etnografiche di Franz Boas e Bronisław Malinowski, Mauss spiega che, quando un prodotto viene donato ad altri, lo spirito dell’oggetto cerca di ritrovare il suo luogo d’origine. Secondo l’antropologo francese, i doni conservano una forza trasmessa dalla persona che li fa. Questo perché sono una sorta di prolungamento degli individui, che si identificano nelle cose che possiedono e che scambiano.
Il triangolo donare-ricevere-contraccambiare
A differenza di uno scambio mercantile che si basa sull’abolizione immediata del debito, l’obbligo di restituire il dono è morale, non contrattuale. Il dono, infatti, implica una forte dose di libertà. Non ci sono regole e tempi rigidi o sanzionabili, ma solo fiducia. Allora perché sentiamo, spesso, il dovere di contraccambiare? Il contro-dono, potendo avvenire con scadenze non codificate, trasforma il tempo in legame. Il dono instaura uno squilibrio positivo, che crea e tiene viva la relazione, garantisce unione tra chi dona e chi riceve: donando impegniamo il nostro tempo e quello altrui perché speriamo che un’amicizia, un amore, un rapporto di lavoro continuino. Il dono è sempre una richiesta di fedeltà, in cui l’impegno a restituire è a scelta dell’altro, il dono vincola e libera al tempo stesso.
L’esagerata premura di sdebitarsi di un obbligo è una forma di ingratitudine.
François de La Rochefoucauld
Perché donare significa fare luce sul legame
Quando regaliamo qualcosa a qualcuno, compiamo anche un atto personalizzato. Regaleremo, probabilmente, qualcosa che ci piace, ma tenendo presenti i gusti e le caratteristiche del destinatario. Pertanto, in quel dono ci sarà qualcosa di noi e qualcosa di chi lo riceverà, perché gli oggetti sono ricettacoli di identità.
A Natale, allora, donare non dovrebbe avere nulla a che fare con consumismo ed “ansia del regalo”. Celebriamo la nascita anche ricevendo in dono gli uni agli altri. Per tutti, credenti o no, fare regali significa fare luce. I Romani con i Saturnali celebravano il prevalere del Sole sulle tenebre. Per il Cristianesimo, invece, la luce è quella di Dio. Il Natale, in qualche modo, è il “compleanno di tutti”, per questo ricordiamo di scambiarci doni, un modo completamente umano per rendere visibile, in tutta la sua verità, lo stato delle nostre relazioni.
Le immagini raffigurano le sculture dell’artista statunitense Susan Lordi
FONTE: https://blog.ecostampa.it/antropologia-del-dono-il-significato-dei-regali-secondo-marcel-mauss/
La Stella Cometa: simbolo incontrastato del Natale
In ogni presepio, sopra la grotta che ospita Gesù Bambino, trova sempre posto una splendente stella cometa. Ma, dal punto di vista astronomico, quanto c’è di verificabile in questa affascinante rappresentazione? Insomma, la stella dei Magi è esistita davvero?
Per Stella di Betlemme, impropriamente detta stella cometa, molti intendono il fenomeno astronomico che, secondo il racconto del Vangelo di Matteo, guidò i Magi. Questo episodio, che la maggior parte degli storici colloca tra il 7 e il 4 secolo a.C. sarebbe avvenuto entro breve tempo dalla nascita di Gesù.
I progressi della scienza permettono, grazie a programmi di calcolo sempre più evoluti e al progresso dell’indagine storiografica ed archeologica, di ricostruire con grande precisione il cielo notturno osservato dai nostri progenitori e di dare un contributo decisivo alla risoluzione di un ‘caso’ affascinante e molto complicato.
Alcuni hanno ipotizzato che si trattasse della cometa di Halley la stessa che, nel 1301, impressionò Giotto: fu lui il primo a dipingere, nell’affresco contenuto nella cappella degli Scrovegni a Padova, la natività con una stella dotata di coda. Nell’iconografia antica la stella cometa non viene mai rappresentata con una coda. Da allora, probabilmente perché la coda rispondeva al desiderio di avere un corpo celeste che indicasse una direzione, la stella con la coda entrò a pieno titolo nell’iconografia tradizionale della natività.
La gran parte degli studiosi, però, è propensa a credere che ‘la stella’ che guidò i Magi non fosse un singolo oggetto celeste, ma una congiunzione di pianeti: Keplero segnalò che nel 7 secolo a.C. vi fu una tripla congiunzione di Giove con Saturno, evento molto raro che si verifica ogni 805 anni, mentre, nel 6 sec. a.C., vi furono simultaneamente le congiunzioni di Giove con la Luna e di Marte con Saturno, entrambe nella costellazione dei Pesci.
Questo fenomeno deve aver avuto un enorme valore: essendo considerata una ‘grande’ congiunzione e in vista della imminente era del Messia (o anche età dell’oro), mise in allarme l’intero mondo antico.
Secondo i calcoli, Betlemme si trova proprio nella direzione in cui la luce nella costellazione dei Pesci poteva essere percepita da viaggiatori che giungessero da Oriente ed alcuni documenti confermano che fu proprio nel 7 secolo a.C. che nei cieli della sponda meridionale del Mediterraneo e in Mesopotamia si verificò un fenomeno luminoso nettamente percepibile con gli stessi caratteri di quello dell’episodio dei Magi.
Dopo duemila anni si susseguono ancora interpretazioni e studi per la stella di Betlemme. Non possiamo affermare che esistano prove definitive a favore di una tesi o dell’altra, e tanto meno che ci siano fatti incontrovertibili i quali permettano di dire se la stella dei Magi sia esistita davvero o sia piuttosto un racconto di valore simbolico.
Per il momento, in attesa che un giorno venga chiarita la storia della più misteriosa stella mai apparsa nei cieli, vi auguriamo un Felice Natale.
FONTE: http://www.unina.it/-/1327914-la-stella-cometa-simbolo-incontrastato-del-natale
Il pesce è Gesù Cristo. Il simbolo del Natale.
Tutto deriva dal greco, la lingua sacra per eccellenza. Ecco perché facciamo il pesce di pasta di mandorla
Abbiamo notato, scorrendo alcuni commenti su Facebook, che persiste una certa confusione sulle tradizioni religiose, specie in ragione dei complessi simbolismi teologici. E anche le tradizioni gastronomiche particolarmente sentite a Natale risentono di queste simbologie che affondano il loro significato nella storia cristiana.
A Lecce è molto diffusa la preparazione di dolci di pasta di mandorla e tutti sanno, o dovrebbero sapere, che la forma natalizia di tale dolce è il pesce, mentre a Pasqua il simbolo teologico è l’agnello.
E allora perché un pesce a Natale? Semplice, perché il pesce è Gesù Cristo, proprio lui, il Dio incarnato, secondo la religione cristiana.
Tutto deriva dal greco, che è la lingua attraverso la quale si è diffuso il Cristianesimo e per giunta è la lingua ufficiale dei testi sacri (i vangeli sono stati scritti in greco). In antichità, infatti, il greco era la lingua universale, un po’ come l’inglese di oggi.
Ma torniamo al pesce… Ebbene pesce in greco si scrive ICTÚS ed è questo l’acronimo ideale con il quale si indica il Cristo, ovvero Iesùs Christòs Theòu Uiòs Sotèr che tradotto in italiano è Gesù Cristo Figlio di Dio, Salvatore. La persona che si celebra a Natale.
FONTE: https://www.leccenews24.it/attualita/pesce-simbolo-natale.htm
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