RASSEGNA STAMPA DETTI E SCRITTI 25 MAGGIO 2021

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RASSEGNA STAMPA DETTI E SCRITTI

25 MAGGIO 2021

A cura di Manlio Lo Presti

Esergo

Fugga dalla reggia chi vuol serbarsi uomo dabbene

LUCANO, Pharsalia, 8- 493,494

 

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SOMMARIO

Vere credenti
Il Covid è per sempre, l’aveva detto prima rabbi Bourla (Pfizer)
Come volevasi dimostrare …
MELUZZI SCATENATO ▷ “FINIREMO COME CANI: MICROCHIPPATI E AL GUINZAGLIO! TORNIAMO A ESSERE LIBERI”
RIAPERTURA ED È SUBITO STRAGE, PERCHÉ?
Il Piano Draghi: Gran Reset e basta. Spiegato bene
L’ipocrisia e la meschinità occidentale nei confronti della Bielorussia e del presidente Lukašenko
I rischi della risposta Ue contro la Bielorussia e il ruolo della Russia
Guerra civile israeliana: operazione sotto falsa bandiera
Sperare in Agartha
SALUTE E LIBERTÀ: DILEMMA STORICO-FILOSOFICO
Pechino, i Five Eyes, chi ha la responsabilità della pandemia COVID?
25 maggio: Giornata Internazionale dei Bambini Scomparsi.
Gaza, una immagine muta
L’UE E L’ONU CHIEDONO RIFORME PAUPERISTE ALL’ITALIA
“Connessioni” di Francesca Sifola
Come vi sentireste se la vostra nazione venisse conquistata da rifugiati?
In Israele è davvero cominciata la “guerra civile”?
Il Ceo di Pfizer non può entrare in Israele perché non vuole farsi il vaccino Pfizer
“La vera minaccia all’Unione Europea è la Spagna, non la Russia” (Newsweek)

 

 

IN EVIDENZA

Vere credent

Un pezzo di copia-incolla. Come la tv  ha creato vere credenti.

 

Sembra che vere credenti siano soprattutto donne.  Ma  in realtà la Vera Credenza nel Covid    ha travolto il 95%  della  popolazione;  miscredenti siamo pochissimi e ormai  soggetti a delazioni come untori.  Per cui  ci  sono anche uomini. Questo ad esempio  è un giornalista di La Stampa.  Puntuale la replica di Di Stefano:

https://twitter.com/distefanoTW/status/1396760711393599488?s=20

Propaganda pro-vax  diretta a  ragazze e ragazzi:

Se  poi volete qualche notizia che non apprirà mai in TV, eccole:

https://twitter.com/Stefano_Re/status/1396769551136722945?s=20

https://twitter.com/marcoludovico2/status/1396381663366635521?s=28

 

FONTE: https://www.maurizioblondet.it/vere-credenti/

 

 

 

Il Covid è per sempre, l’aveva detto prima rabbi Bourla (Pfizer)

21 maggio 2021, Huffington Post

“Il Covid sarà endemico, possibili nuove ondate. Il mondo entrerà in un’era di pandemie”

Lo afferma un panel di 26 scienziati nel rapporto pubblicato sul sito della Commissione Ue in occasione del Global Health Summit

Il 14 aprile  precedente,

Vaccini Pfizer, l’ad Bourla: «In futuro il Covid-19 diventerà come un’influenza»

Il presidente di Moderna l’aveva detto già a gennaio: a chi? A quelli di JP Morgan che avevano organizzato una “Conferenza sulla Salute”.  Una banca d’affari molto interessata al Covid.

Il Ceo di Moderna dice che bisognerà convivere con il Covid-19 per sempre

Il Covid durerà per sempre secondo quanto dichiara il Ceo di Moderna, azienda produttrice del vaccino contro il Coronavirus. Secondo quanto ha dichiarato durante la JP Morgan Healthcare Conference, il virus diventerà endemico col tempo ma abbasserà il suo grado di mortalità, presentandosi con sintomi più lievi e non letali.

continua su: https://www.fanpage.it/attualita/il-ceo-di-moderna-dice-che-bisognera-convivere-con-il-covid-19-per-sempre/https://www.fanpage.it/

21 maggio, 19:19 Italia

Covid, Draghi: “E’ molto importante attrezzarsi per una prossima pandemia”

Il presidente del Consiglio durante la conferenza del Global Health Summit di Roma

Anzi, qui addirittura a luglio 2020, l’agenzia di finanza Bloomberg profetizzava con assoluta sicurezza::

Pfizer afferma che Covid potrebbe durare, vede la bisogmo  a lungo termine  di iniezione

Pfizer Inc. si sta preparando per la resistenza del nuovo coronavirus, portando a una domanda a lungo termine per un colpo stagionale per proteggere dal Covid-19.

Il gigante farmaceutico di New York e il suo partner tedesco BioNTech SE sono in prima linea nella corsa per sviluppare un vaccino Covid-19, utilizzando una tecnologia nota come RNA messaggero che può avanzare rapidamente attraverso studi clinici. Le aziende hanno dosato il loro primo paziente statunitense lunedì in uno studio in fase avanzata e potrebbero essere pronte a chiedere l’approvazione delle autorità di regolamentazione già a ottobre .
C’è stata una crescente sensazione che un regime vaccinale una tantum potrebbe non essere sufficiente per scongiurare il Covid-19 per sempre. Non è chiaro per quanto tempo gli anticorpi del coronavirus possano proteggere le persone dalla malattia e le prime prove non hanno ancora fornito la prova che un colpo potrebbe prevenire l’infezione per un periodo di tempo prolungato.

Pfizer ha detto che si aspetta che un vaccino Covid-19 possa, come il vaccino antinfluenzale, essere un’inoculazione necessaria regolarmente per essere efficace”.

Fauci lo previde nel 2017…+

Fauci: “non c’è dubbio che Trump si troverà di fronte a sorpresa una epidemia di una malattia infettiva.”

Questa dichiarazione non è stata fatta da Fauci pochi mesi prima dell’inizio della cosiddetta operazione terroristica del coronavirus.

Questa dichiarazione è stata fatta da Fauci l’11 gennaio 2017, 3 anni prima della comparsa del fantomatico Covid e prima ancora che Trump giurasse da Presidente. Gli uomini del Nuovo Ordine Mondiale sapevano perfettamente già tempo prima che ci sarebbe stata una falsa pandemia non perché hanno il dono della chiaroveggenza.

Draghi è decisamente il Subalterno

FONTE: https://www.maurizioblondet.it/il-covid-e-per-sempre-laveva-detto-prima-rabbi-bourla-pfizer/

 

 

 

 

Come volevasi dimostrare …

dal Telegraph:

La vaccinazione non significherà la fine dell’autoisolamento

Le regole di quarantena per i contatti Covid rimarranno dopo il 21 giugno nonostante i timori che il personale venga colto alla sprovvista con la riapertura dei luoghi di lavoro

Le  persone completamente vaccinate dovranno  ancora autoisolarsi per 10 giorni se entrano in contatto con qualcuno infetto da Covid dopo il 21 giugno .

La continua imposizione della quarantena per coloro che sono stati vaccinati rischia di minare i piani di “normalità” per il ritorno il mese prossimo, perché le persone potrebbero essere scoraggiate dall’andare in luoghi affollati se affrontano la minaccia di un autoisolamento forzato .

I luoghi di lavoro potrebbero anche essere riluttanti a mescolare personale vaccinato e non vaccinato se un caso di Covid potesse vedere dozzine di personale forzato in quarantena.

In America, le persone completamente vaccinate non devono essere messe in quarantena se sono entrate in contatto con qualcuno che ha avuto Covid a meno che non stiano mostrando sintomi, secondo le linee guida dei Centri statunitensi per il controllo e la prevenzione delle malattie.

Le conclusioni di una revisione delle regole di distanziamento sociale dovrebbero essere annunciate la prossima settimana […]

da DWN:

Cattive notizie: la Merkel sta già avvertendo della prossima pandemia

Il cancelliere Angela Merkel (CDU) ha avvertito di nuove pandemie e ha invitato il mondo a prepararsi meglio per loro.  Ha detto la Merkel in un videomessaggio che è stato trasmesso lunedì all’inizio dell’incontro virtuale annuale dei 194 paesi membri dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS). “Questo post-pandemia è   una pre-pandemia”. Dovremmo essere preparati nel miglior modo possibile per la prossima”. Dall’inizio della pandemia, la Germania è diventata il più grande contributore dell’OMS, davanti alla Fondazione Bill e Melinda Gates.

Il controverso ministro della Salute Jens Spahn ha dichiarato all’agenzia di stampa tedesca: “Gli stati devono impegnarsi nella cooperazione e nell’attuazione di regolamenti stabiliti congiuntamente. Lo sforzo è difficile. Alcuni paesi non vogliono assumere nuovi impegni “.

Si tratta di proteggere la vita o fare soldi?

La Merkel ha respinto la mossa del presidente degli Stati Uniti Joe Biden di sospendere temporaneamente la protezione brevettuale per i vaccini corona. Ma anche la lobby farmaceutica sta cercando di impedire questo progresso. Non vuole consentire il rilascio dei generici del vaccino corona ( QUI ). Sono la Merkel, la lobby farmaceutica e lo stesso Bill Gates a voler contenere la pandemia nell’interesse della salute delle persone.

Da Repubblica:

VIRUS: NON solo COVID, ‘adesso si RISCHIA un altra PANDEMIA’, gli ESPERTI lanciano l’ALLARME

Nemmeno il tempo di far “assorbire” gli effetti del CORONAVIRUS che gli esperti lanciano un nuovo allarme per una minaccia di una possibile nuova pandemia causata da un virus aviario H5N8 che ha già colpito 7 coltivatori in Russia. I due ricercatori, Shi e Gao, sostengono che una sorveglianza vigile e rigorose misure di controllo delle infezioni[mascherina e distanziamento sociale permanente] per questi virus emergenti sono fondamentali per evitare ulteriori ricadute umane che potrebbero provocare nuove e devastanti pandemie.

e procede l’Agenda 2030: “Non sarai proprietario di nulla e non sarai  mai stato più  felice”

Affittuari e proprietari terrieri devono pagare una tassa speciale sulla CO2: “Alla fine del cancellierato della Merkel, la proprietà privata  da affitto è in grave pericolo”

In futuro, i proprietari dovranno sostenere la metà dei costi per la tassa speciale sul gas naturale CO2, in vigore dal 1 ° gennaio. 

Dal 1 ° gennaio in Germania è in vigore una tassa speciale su petrolio e gas. Attualmente è di 25 euro per tonnellata di CO2, ma dovrebbe aumentare rapidamente  [diventando spoliatrice,  ndr.]. Da allora, il riscaldamento e la mobilità hanno comportato costi più elevati per i cittadini in Germania. Con il prezzo della CO2 per il riscaldamento, i proprietari dovrebbero ora pagare ai sensi del nuovo regolamento per contribuire ai costi aggiuntivi che sorgono all’interno di una locazione, ad esempio per l’elettricità e il riscaldamento.

Il ministero federale dell’Ambiente presume che un’assunzione parziale dei costi da parte del proprietario comporterà un notevole sollievo per gli inquilini. In calcoli esemplificativi, il ministero mostra che i costi totali per una famiglia in affitto con un figlio e senza auto sono dimezzati se i proprietari pagano il 50 per cento del prezzo della CO2.

Il Verde  “tedesco”  Ozdemir vuole tagliare la Germania dal gas russo Nord Stream 2

Le opinioni di Özdemir coincidono con l’agenda degli Stati Uniti, ma non con gli interessi economici e politici della Germania.

Ha detto  al Berliner Zeitung : “Non possiamo distinguere tra Putin, il commerciante di gas, e Putin, che sta avvelenando l’opposizione”. Un gasdotto che “approfondisca le relazioni economiche con la Russia e continui a riempire di euro il forziere di guerra del Cremlino” non è chiaramente nell’interesse europeo.

Nel 2004, Cem Özdemir ha ricevuto una lettera aperta dal think tank neoconservatore “Project for a New American Century”co-firmato. La lettera diceva, tra le altre cose:

Da quando Vladimir Putin è diventato presidente nel gennaio 2000, lo ha reso ancora più debole. Ha sistematicamente minato la libertà e l’indipendenza della stampa, distrutto il controllo e l’equilibrio nel sistema federale russo, detenuto arbitrariamente rivali politici sia reali che immaginari, rimosso candidati legittimi dalle schede elettorali, molestato e arrestato leader di ONG e partiti politici russi indebolito (…) la politica estera del presidente Putin è sempre più caratterizzata da un atteggiamento minaccioso nei confronti dei vicini della Russia

Il controverso geopolitico statunitense George Friedman aveva precedentemente criticato la gestione del governo tedesco del gasdotto Nord Stream 2 in un’intervista con Deutsche Wirtschaftsnachrichten . “Questo progetto non è in linea con la missione della NATO e la Germania è un membro della NATO. Tuttavia, il governo federale presume che il prezzo non sarà così alto. Vedremo se il prezzo non sarà “così alto” “, dice.

(State pregando i salmi deprecatori, perché vadano in rovina le loro macchinazioni?)

FONTE: https://www.maurizioblondet.it/come-volevasi-dimostrare-3/

 

 

 

ATTUALITÀ SOCIETÀ COSTUME

MELUZZI SCATENATO ▷ “FINIREMO COME CANI: MICROCHIPPATI E AL GUINZAGLIO! TORNIAMO A ESSERE LIBERI”

 

Il Prof. Alessandro #Meluzzi è intervenuto sui #social network con un video per fare il punto della situazione in Italia. Queste le parole di accompagnamento al post: “Di fronte ad un’#Italia violentata, indebitata, impoverita e a breve #microchippata, #sovranità e #libertà, #popolo e #Nazione non sono colpe o indizi di reato ma il #bisogno di un #Paese che deve rinascere! Cerchiamo di essere davvero liberi e forti. Viva l’Italia!” Un attacco durissimo quello del Professore nel corso del suo intervento.
L’immagine che fornisce a chi lo ascolta non lascia dubbi: “Se l’Italia non torna a essere libera sovrana e autonoma, è destinata a diventare una specie di canile. Saremo tutti microchippati, col guinzaglio, indebitati e poveri”.
VIDEO QUI: https://youtu.be/TkHXF4Gbab8
FONTE: https://www.youtube.com/watch?v=TkHXF4Gbab8

 

 

RIAPERTURA ED È SUBITO STRAGE, PERCHÉ?

Riapertura ed è subito strage, perché?

Un forte sibilo, poi lo schianto. La Procura indaga per disastro colposo (la nuova ipotesi di reato si aggiunge all’omicidio plurimo colposo e alle lesioni colpose per il bimbo ferito) e ipotizza che il freno di emergenza non abbia funzionato. Un incidente assurdo, un cavo d’acciaio trinciato di netto. Un giallo. Quattordici le vittime della funivia Stresa-Mottarone: il piccolo Tom di 2 anni, il signor Cohen di 81, lo studente di origini iraniane che festeggiava la guarigione dal Covid della fidanzata calabrese, la famiglia Biran di origini israeliane, la famiglia Zorloni col piccolo Mattia, la coppia di italiani, due promessi sposi. Nulla da fare, tutti morti. Lotta solo Eitan, di 5 anni, rimasto sotto ad altri corpi, protetto dall’abbraccio del padre. Resta solo lui: deceduto il fratellino, il papà Amin, la mamma Tal Peleg e i nonni appena arrivati da Israele.

Le metafore di questa sciagura fanno accapponare la pelle, ma il brivido peggiore è arrivato quando i giornali hanno cominciato a titolare “strage sulle riaperture”. Sintesi agghiacciante. Gli addetti non ci hanno fatto neppure caso, ma gli utenti sì: “Si può fare un titolo del genere, vorrei chiedere al direttore che senso ha”. Informazione tossica e giù critiche. Il fatto è che dall’inizio della pandemia la comunicazione insegue la politica a rotta di collo e la politica punta spasmodica alla comunicazione, per cui invece di “unità” è tutto un dividi et impera. Da una parte gli allarmisti e dall’altra gli aperturisti, da una parte i catastrofisti e dall’altra i disubbidienti, ogni occasione è ghiotta. Cassandre contro negazionisti spesso a parti invertite. Per esempio, all’inizio del Covid era la destra che accusava gli slogan sconsiderati “abbraccia un cinese”, ma dopo qualche mese, zac, gli uni hanno preso il posto degli altri contro le chiusure.

Risultato: questo lungo anno di privazioni, di coprifuoco, di Dad, di isolamento è passato quasi inutilmente. Eppure, il Covid-19, dopo la peste del Manzoni e la Spagnola del 1920, resterà un evento della storia. Nulla sarà più come prima, ricordate i manifesti? Filosofi, pensatori, studiosi si sono dannati per far comprendere quanto anche una pandemia, che ha fermato nazioni, economie, guerre, chiese e religioni, che ha investito la scienza e la ricerca, che ha obbligato la finanza, possa rappresentare uno straordinario salto della specie, un cambio di passo, un’era nuova. Niente da fare, il gozzovigliante club mediatico ha continuato a dividersi l’antica torta e a stare sui vecchi temi. Soldi, bonus, ristori, sostegni, giù a batter cassa, indebitati fino al collo per finanziamenti che andranno a banche, Comuni, associazioni, partiti, ma quasi mai o con enorme difficoltà arriveranno nelle tasche dei cittadini.

Avremmo dovuto gettarci in ginocchio a ringraziare il cielo per aver rallentato la folle corsa e aver messo uno stop alla globalizzazione. L’Italia cade a pezzi. Non è solo la funivia Stresa-Mottarone venuta giù come il ponte Morandi, o le macchine delle tante fabbriche a causa delle quali muoiono quasi quotidianamente lavoratori, è la cloaca massima del degrado nazionale che si è aperta sotto Amministrazioni incapaci, ritardi, rinvii, una immigrazione selvaggia, gestioni dei beni pubblici dissennate. La magistratura indagherà, già dicono che la revisione sarebbe dovuta durare altri quattro anni, ma sta di fatto che lassù un cavo si è trinciato di netto e i sistemi di frenata non hanno funzionato. Cavolo, ma un cavo d’acciaio non si spezza di colpo! Come un ponte non cade in un attimo, come buche e voragini non si aprono all’istante e così costoni di montagne, boschi e mari inquinati, discariche ovunque e città d’arte ridotte a campi profughi, Roma in testa. Ma non la vedete l’incuria?

Eppure, in questo anno abbiamo sentito il bue dire cornuto all’asino, cioè gli uni a fissare i coprifuoco e gli altri a contestarli. Come se il resto non ci fosse: risse nelle piazze, discoteche degli orrori, ragazze a pezzi, incidenti mostruosi. Altro che il pianto dei ristoratori. Ci sono programmi televisivi diventati famosi intitolati “cucine da incubo” coi sorci, lo sporco, l’approssimazione. Si muore per le strade, nei posti di lavoro, in vacanza. Invece di battere solo cassa integrazione, redditi e quant’altro, per cui dall’Est acchiappano una macchina, arrivano, fanno domanda e se ne tornano, mentre non si trova più nessuno disposto a eseguire anche un lavoretto e mentre anche la badante romena pubblica il suo best seller scritto quando la vecchia ronfava, bisognava approfittare delle chiusure per restaurare questo Paese. Per salvarlo. E per capire chi entra e chi esce.

Questi amministratori arrivano in politica e diventano di bronzo. Vedi i Cinque Stelle. Ma come fa Virginia Raggi a ricandidarsi impassibile di fronte ai cinghiali accanto ai cassonetti? Chi parla di green, di transizione verde, di sostenibilità di fronte alla monnezza ovunque? Un manager italiano di recente ha pubblicato sulla sua pagina il resoconto di una spettrale passeggiata notturna ai Fori Imperiali, raccontando del progetto del sindaco di Parigi per i Campi Elisi. Sembravano le ultime memorie dell’uomo in frack, che quando si rende conto si vorrebbe buttare al fiume.

Stage sulla ripresa. È un titolo da paura, ma è così. Perché non è solo la funivia che viene giù di colpo ed è falso fingere di domandarsi come è possibile. Enrico Letta che propone le patrimoniali sulle successioni per dare 10mila euro ai giovani che annaspano nella droga e nei vizi, perfino i figli eccellenti, è uno scellerato che parla per un titolo. Come Fedez che deve inventarsi ogni giorno come fare like. Un anno buttato via di un Paese meraviglioso. Mettiamoci a pulire e riparare, casa su casa, partendo dal muretto che sta lì da anni in bilico, lo sporco che avanza, le strade colme di rifiuti, perché quello che si vede fuori sta dentro menti e cuori. Non Ius soli Ddl Zan, follie, ma salviamo l’Italia e le vite di altri innocenti.

FONTE: http://opinione.it/societa/2021/05/25/donatella-papi_riapertura-strage-disastro-colposo-allarmisti-aperturisti-ddl-zan-ius-soli-risse/

 

 

 

BELPAESE DA SALVARE

Il Piano Draghi: Gran Reset e basta. Spiegato bene

da MittDolcino. titolo originale:

Analisi sul Recovery Plan di Draghi: il vero problema è che NON si vuole costruire filiere in Italia, solo creare domanda nazionale fruibile PER PRODOTTI ESTERI

Con calma ho voluto fare una analisi ragionata sul PNRR di Draghi, relativo al Recovery Fund. Primo aspetto che salta agli occhi: solo Grecia e Italia hanno preso i soldi a prestito dal fondo EUropeo, tutti gli altri paesi hanno invece attinto solo ed esclusivamente a denari concessi a fondo perduto. Anche per tale ragione il Recovery Fund sembra un gioco delle tre carte, nel senso che è perfettamente lo stesso concetto che fu il piano di rilancio di Paolo Savona nel governo giallo-verde, ovvero farsi dare deroghe dall’EU nel deficit italiano per progetti di sviluppo da attuare in Italia al fine di far risalire il PIL nazionale.

Paolo Savona andò a Francoforte a parlarne con l’avversario – lo è da sempre – Mario Draghi, convincendolo sull’opportunità di tale scelta. Ma “a forza”, si dice, non fu un colloquio facile. Ma Savona aveva dalla sua la ragione. E soprattutto il governo sovranista in formazione, con Trump ufficialmente alla Casa Bianca, ai tempi. Dunque Savona tornò in Patria da vincitore per il breve lasso del viaggio di ritorno; guarda caso di lì a breve fu messo letteralmente – ed incredibilmente – da parte dalla Lega (si dice su input di Giorgetti); la stessa precisa identica Lega che poi ha supportato Draghi anti-Conte alcuni mesi fa.

Oggi “super”-Mario torna in Italia da leader   e presenta guarda caso la stessa idea di Savona sui fondi per la ripartenza, ma con una grande differenza: il cd. “PACCO”. Ossia il piano Savona lo decideva l’Italia in autonomia, mentre quello di Draghi lo decide e lo controlla l’Europa via Recovery Fund (nel concetto di base, il fondo Europeo è in buona sostanza una enorme proposta Savona, ma con enormi aggravanti, vedasi oltre, ndr). Dunque evitando accuratamente che l’Italia mandi avanti progetti di filiera in autonomia, tutto coordinato dall’EU.

Potrei aggiungere che il PNRR di Conte era di solo una settantina di pagine, ossia volutamente lacunoso, della serie “più scrivi e più ti impegni“. Quello di Draghi è invece di oltre trecento pagine, precisissimo. E leggendolo bene, in realtà Draghi ci ha spiegato quello che vuole fare, mettendosi un po’ nell’angolo secondo si scrive, se solo i media analizzassero veramente cosa c’è scritto. Per vostra informazione,  il PNRR spagnolo era di sole circa cinquanta pagine ma nessuno in Spagna si è stacciato le vesti per il poco dettaglio, anzi “meno scrivi meno ti impegni“, vale solo per la Spagna purtroppo…

E contando che circa i 4/5 dei soldi del Recovery Fund – al netto del contributi dato dall’Italia – sono ITALIANI, non EUropei: solo debito aggiuntivo che andrà pagato dagli italiani, permesso in deroga ai parametri EUropei come sarebbe stato il Piano Savona (ma senza poter decidere che farsene in autonomia, come era il caso del Piano Savona, ndr). Con il Recovery Fund – al contrario del Piano Savona – l’Italia deve chiedere permesso e rendicontare dove spenderli, per 4/5  propri soldi… (Suvvia,…).

In ogni caso la sostanza che fa paura del Recovery Fund – secondo chi scrive – sta negli indirizzi: nessun indirizzo di costruzione di filiera, non lo sfruttamento dei nuovi mega-trend, non nuova tecnologia (che rimane appannaggio estero, soprattutto auto, anche se la filiera dell’auto termica italiana verrà disintegrata a termine dall’auto elettrica, vedasi oltre); se non un accenno alla tecnologia spaziale per l’Italia. Che ricorda tanto quando De Gregori cantava “l’Italia sulla luna” (per assurdo, ai tempi di De Gregori l’Italia era molto più avanzata di quello che è oggi nel settore, ndr).

Si parte ad  esempio con un centinato di pagine di parole, in perfetto stile McKinsey, su cui spicca l’indirizzo lato Draghi per la giustizia fiscale:    evitare che si facciano ricorsi in Cassazione. Ben calcolando che solo la Cassazione dà di norma ragione al contribuente sui fatti importanti: infatti l’Agenzia delle Entrate ricorre sempre fino all’ultimo grado di giudizio in quanto non le costa nulla, sperando che il malcapitato non abbia i soldi per sostenere una lunga causa. Dunque, secondo Draghi, il futuro sarà non “giustizia evitando gli abusi”, ma evitare che la gente si ribelli ai sospetti soprusi dello Stato nei suo confronti, si ricordino i mille casi scovati da Striscia la Notizia di qualche tempo fa sulle transazioni immobiliari multate mentre non c’era praticamente nulla da multare… (iniziamo bene)

(Per  le altre immagini e tabelle andare all’originale)

Passando per gli eventi turistici di grande livello, la valorizzazione dei borghi ecc. Emerge quello che Draghi vuole fare, chiaramente: trasformare l’Italia in un Luna Park a cielo aperto, ad uso e consumo degli stranieri che verranno a farsi servire in Italia….Dite che esagero?  (ma basta attendere e verificare).

Pensate ad esempio alle filiere industriali nazionali da ricostruire: nessun accenno. Se non quello dell’idrogeno e dell’energia rinnovabile (di per sè l’idrogeno per combustione interna, come si vorrebbe in principio, conti alla mano, resta un aborto termodinamico peggiore dell’auto elettrica, ndr).

Partiamo però dal secondo aspetto, il rinnovabile: considerando la grande derivazione, l’Italia è DA SEMPRE – grazie alle filiere pensate a monte post WWII – il paese con la percentuale di rinnovabile più alta dei grandi paesi Europei, non solo EUropei. Il problema è che in ambito EU l’Italia ha visto considerate le grandi derivazioni (> 10 MVA) di fatto come NON computate nelle rinnovabili per gli obiettivi 2010 (DIRETTIVA 2001/77/CE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 27 settembre 2001), nei fatti, dunque escludendole nel computo. Visto che l’Italia ha costruito grandi impianti addirittura anche prima della WWII, ecco che il Belpaese è stato azzoppato dall’inizio anche lì, in quanto è stato il paese ad aver dovuto costruire – incentivando a costi esorbitanti – la maggior generazione rinnovabile dal 2001…

Quanto diavolo è costata all’Italia la follia di diventare il primo paese per produzione di rinnovabili in EU? Quando si era già il paese con la più grande % di rinnovabili nel 1997 tra i grandi paesi EU… (la spesa per la componente A3 pesa annualmente ai consumatori italiani oltre 10 miliardi di euro all’Italia, …)

Potrei aggiungere che l’intensità energetica italiana, ossia il consumo specifico italico di energia, è storicamente tra i più bassi del mondo, quasi nessuno in EU vive con 3 kW nella casa di abitazione. Il motivo? Il costo elevato dell’energia in Italia, frutto delle solite “cooperazioni d’intento locali” (ruberie), ha spinto a risparmiare ovunque energia. Ma questo nessuno lo dice pubblicamente, in EU….

Arrivando all’idrogeno, si legge chiaramente che il punto cruciale sta nella costruzione di idrogenizzatori in Italia per rendere disponibile l’idrogeno per il consumo locale; idrogenizzatori che – faccio notare – hanno tecnologia preminentemente tedesca, guarda caso. Nulla su filiere in Italia di nuovi prodotti anche per l’export, batterie, nuove soluzioni tecnologiche se non qualche parola buttata lì per giustificare una ipotesi (l’acciaio ad esempio compare nel PNRR una sola volta, ma no nel contesto di filiera, ossia ILVA – ossia l’acciaio di base, da minerali –  è considerata letteralmente “kaputt”, per fare posto agli acciaieri di filiera tedeschi e francesi, ndr…).

In realtà il cuore dell’intervento del RF sembra quello di creare idrogenizzatori con tecnologia straniera, ossia con il fine di creare le condizioni per utilizzare le tecnologie ossia i prodotti stranieri in Italia, auto in primis, sostituendo – ed anzi cancellando – quelle a ciclo termico dove gli italiani sono invece assai coinvolti ed esperti oltre che competitivi; dunque facendo diventare realtà il sogno dei tedeschi, un posto per svernare, l’Italia, sogno che dura millenni.

Che ci sia nel contesto una asimmetria di interessi (anche interessata) a me sembra chiarissimo, permettetemi. Esemplificata da Stellantis diventata francese, dove verranno favoriti i francesi a danno degli italiani, mi sembra lapalissiano.

Nel contesto vi lascio solo due immagini, che dicono tutto secondo lo scrivente, non commento oltre. Sarebbe interessante sapere come si pone Draghi nel contesto, a proposito di filiera auto che sparisce a termine (sarà il silenzio, temo, ndr).

Ben ricordando che “L’Italia è un posto troppo bello per lasciarlo agli italiani“, come ben diceva un ex collega tedesco nipote di un noto gerarca nazista…

Or dunque, permettetemi anche di dubitare sulla follia collettiva dei vaccini per il virus di fatto del raffreddore, il coronavirus. Un virus che fa morti soprattutto sui media (togliamoci le morti di influenza che quest’anno sono state assorbite nel COVID, idem i malati di cancro non curato e molte altre patologie ed a conti fatti, verificheremo a fine anno, i numeri temo non saranno poi così spaventosi….).

Sapete che l’Italia come numero di casi o fatali o non risolti in tema di complicazioni da vaccino COVID è al vertice europeo? Stano….=

Meglio detto, permettetemi di verificare ad esempio – fra un po’ – se anche i vaccini avranno effetti collaterali pesanti, sperando non permettano involontariamente patologie parallele impreviste ad esempio; ben sapendo che esistono non solo vaccini e vaccini, ma anche lotti e lotti di vaccino… [Come sembra stia accadendo in Argentina, che sta entrando nell’inverno…] (e ben sapendo che d’estate nemmeno l’influenza di norma uccide, ndr).

Che sia chiaro, nessun negazionismo, solo sana cautela, alla San Tommaso: lasciateci il tempo per verificare, poi trarremo le conclusioni del caso!

Ma non subito: come ben spiegato da Bloomberg, articolo sotto al titolo, sempre ben informato in ambito Draghi, l’ex banchiere BCE che sembra avesse un po’ in uggia Guido Carli (Draghi mi sembra che cancellò la Fondazione a lui dedicata in Banca d’Italia, se non sbaglio…), “prima si dà, poi si prende”.

Il problema infatti – come sempre in Italia – non è se si dà prima o dopo aver preso; ma solo se si dà di più di quello che si vuole in cambio…

FONTE: https://www.maurizioblondet.it/il-piano-draghi-gran-reset-e-basta-spiegato-bene/

 

 

 

 

CONFLITTI GEOPOLITICI

L’ipocrisia e la meschinità occidentale nei confronti della Bielorussia e del presidente Lukašenko

I rischi della risposta Ue contro la Bielorussia e il ruolo della Russia

Il dirottamento del volo Ryanair FR4978 partito da Atene e diretto a Vilnius rischia di avere serie conseguenze sulle relazioni tra Unione europea e Bielorussia. L’arresto del giornalista e dissidente Roman Protasevich, che si trovava a bordo dell’areo, ha suscitato la ferma condanna da parte delle nazioni occidentali. Il fatto che ad impartire l’ordine di far atterrare il volo, come confermato dai media bielorussi, sia stato proprio il presidente Aleksandr Lukashenko aggiunge ulteriore gravità ad una vicenda già sorprendente. Lukashenko, al potere dal 1994, ha represso con durezza le opposizioni politiche dopo aver vinto le contestate elezioni presidenziali dell’agosto 2020.

Alcuni oppositori sono stati arrestati, altri sono fuggiti in esilio mentre dozzine di alti ufficiali bielorussi, incluso lo stesso Lukashenko, sono stati oggetto di sanzioni comunitarie che includono il divieto di ingresso nel territorio dell’Unione e la confisca dei beni depositati negli istituti di credito europei. I rapporti tra le parti erano, dunque, già compromessi prima della vicenda Protasevich, di cui è comunque stato richiesto l’immediato rilascio da parte di Bruxelles. I fatti dell’ultimo anno dimostrano due cose. Da un lato la politica europea a Est mostra i suoi limiti, in particolare con quelle forme autoritarie al proprio interno e una politica estera più accorda, come appunto quella di Minsk. Dall’altro le prossime settimane saranno un banco di prova fondamentale per l’Unione per vedere se è in grado o meno di difendere sul serio i valori democratici e sociali di cui si fa portatrice e se è disposta ad accettarne le conseguenze.

Cosa succede a Bruxelles

L’incidente bielorusso ha dominato l’inizio del Consiglio europeo straordinario, programmato tra il 24 e 25 maggio. Il Presidente della Commissione Europea Ursula Von Der Leyen ha già dichiarato che un pacchetto di aiuti economici dal valore di 3 miliardi di euro e destinato a Minsk è stato congelato “nell’attesa che la Bielorussia diventi democratica”.  Il Consiglio Europeo, si legge nelle conclusioni sulla Bielorussia adottate dai capi di Stato e di governo riuniti a Bruxelles, “invita tutte le compagnie aeree con sede nell’Ue ad evitare di sorvolare la Bielorussia” e chiede al Consiglio Ue “di adottare le misure necessarie ad evitare il sorvolo dello spazio aereo Ue da parte della Bielorusian Airlines, nota come Belavia, e di impedire l’accesso agli aeroporti dell’Ue ai voli operati da tale compagnia”.

Un eventuale bando di Belavia dagli aeroporti dell’Unione europea contribuirebbe ad isolare Minsk dato che è proprio questa linea aerea ad assicurare la maggior parte dei collegamenti internazionali tra la Bielorussia ed il resto d’Europa  e del mondo. I leader Ue nelle loro conclusioni puntano comunque a voler indagare sui fatti del 23 maggio, invitando l’Icao, l’Organizzazione internazionale dell’aviazione civile, ad avviare un’investigazione urgente sul dirottamento. Poi hanno invitato il Consiglio Ue, cui spetta adottare le sanzioni indicate dal Consiglio Europeo, ad “includere nella lista” dei soggetti colpiti da misure interdittive e di congelamento dei beni altre “persone ed entità”, e di farlo “prima possibile”. Chiedono inoltre al Consiglio di adottare “ulteriori sanzioni economiche mirate” e invitano l’Alto Rappresentante e la Commissione a presentare proposte “senza indugio” a questo fine.

Un alto funzionario Ue ha fatto sapere all’Adnkronos che i leader europei avrebbero “dato un chiaro segnale” a favore di “sanzioni economiche mirate o settoriali sulla base dell’articolo 215” dei Trattati Ue contro la Bielorussia. La disposizione citata prevede l’applicazione di sanzioni tramite una delibera a maggioranza qualificata. I leader, ha detto il funzionario, “hanno approvato le pesanti azioni in linea con la proposta del presidente del Consiglio europeo e il testo è stato approvato molto rapidamente”.

Non è detto, però, che qualsivoglia tipo di azione venga intrapreso in breve tempo. Ci sono, infatti, una serie di ostacoli di tipo politico e legale che impediscono a Bruxelles di agire immediatamente e bisogna inoltre fare i conti con le divisioni esistenti all’interno del blocco comunitario. Si va dall’indifferenza mostrata dal primo ministro ungherese Viktor Orban, che non ha ancora fatto menzione della vicenda bielorussa, alle parole al vetriolo pronunciate dal premier greco Kyriakos Mitsotakis, che ha chiesto che vengano intraprese azioni sostanziali contro la Bielorussia.

I rischi per l’Ue e le opportunità di Mosca

L’Unione europea ha assunto il ruolo di sostenitore e difensore dei diritti umani e della democrazia su scala globale e questo elemento non può che riverberarsi sul suo approccio nei confronti della Bielorussia. L’Unione sembra aver imparato dal passato e, negli ultimi mesi, ha preferito una reazione unitaria seppur ritardata ad un eccesso di interventismo. In questo senso vanno lette le decisioni di redistribuire l’assistenza finanziaria dal governo bielorusso alla società civile, di aprire i propri confini e le proprie strutture agli studenti bielorussi espulsi e la risoluzione del Parlamento europeo con cui si chiedeva una revisione ed una sospensione dei negoziati per l’EU—Belarus Partnership Priorities fino all’organizzazione di elezioni presidenziali libere e democratiche.

L’approccio dell’Unione può avere un duplice effetto. Da un lato ne rinforza l’autorità ed il prestigio nell’ambito dell’Eastern Partnership ma dall’altro rischia di consegnare la Bielorussia al controllo esercitato dalla Federazione Russa. Non è un mistero, infatti, che il Cremlino voglia esercitare una posizione dominante nello spazio post-sovietico e che Mosca sia interessata a rinforzare l’integrazione con la Bielorussia. Bruxelles, in parole povere, continua a prendere parte ad un gioco che non può ragionevolmente vincere ma che, al tempo stesso, non può nemmeno abbandonare per non perdere del tutto la faccia. Il rischio, però, è quello di ritardare l’inevitabile.

FONTE: https://it.insideover.com/politica/i-rischi-della-risposta-ue-contro-la-bielorussia-e-il-ruolo-della-russia.html

Guerra civile israeliana: operazione sotto falsa bandiera

Nella serata di venerdì 14 maggio 2021, a Giaffa, un cocktail Molotov è stato lanciato in una casa araba, ustionando, in particolare, un bambino. Questo fatto, che rientra nei pogrom anti-arabi denunciati dal presidente Rivlin, ha suscitato in città un centinaio di manifestazioni e di soprusi contro gli ebrei, che a loro volta hanno scatenato attacchi contro mussulmani. A Giaffa regna un clima da guerra civile.

Ebbene, secondo il sito Waffa, domenica 16 maggio la polizia israeliana è riuscita a identificare gli assalitori: non si trattava di ebrei, ma di arabi. Non è ancora riuscita ad arrestarli, ma le ricerche continuano.

La polizia ha parlato di terroristi che avrebbero sbagliato casa. Tuttavia l’intelligence non trascura l’ipotesi di un’operazione sotto falsa bandiera, comandata da un potenza straniera per provocare una guerra civile in Israele.

FONTE: https://www.voltairenet.org/article213136.html

 

 

 

CULTURA

Sperare in Agartha

Nel 1903 uscì in India “The Arctic Home in the Vedas”, in cui Bal Gangadhar Tilak, un mahratti del ceto medio, attestava che nei Veda c’è il ricordo che la prima sede (home) dell’uomo indo-europeo nel Polo Nord, allora beneficiato da clima temperato; lo provavano le indicazioni vediche delle costellazioni che splendevano su quella sede nordica. Il libro è molto citato (ma forse non altrettanto letto), tanto da diventare un luogo comune del New Age sedotto dall’Induismo. Il fatto che Tilak fosse un insegnante ed attivista politico, e avesse scritto il libro in polemica con gli occupanti inglesi (“Noi siamo più nordici di voi”), non contribuisce a rendere inattaccabile la sua tesi.

E tuttavia, il fatto che quei cacciatori di salmoni del Baltico e Mare del Nord e parlavano “l’idioma originario” con somiglianze al sanscrito, avessero un ricordo preciso di venire da un Nord assoluto, polare, un paradiso terrestre climatico, di cui era simbolo la svastika, è criticamente attestato nell’Edda, nel ciclo dal Ragnarok. Nel fatale crepuscolo degli dèi contro il destino e il Male, Yggdrasill, l’albero cosmico, si scuote e seguono alluvioni, terremoti e catastrofi naturali. Cala un inverno della durata di tre stagioni senza l’estate in mezzo; spariranno quindi Sól (il Sole) e Máni (la Luna): i due lupi (Skǫll e Hati) che, nel corso del tempo, perennemente inseguivano i due astri finalmente li raggiungeranno, divorandoli, privando il mondo della luce naturale.

E’ irresistibile constatare che qui si adombri l’evento di deviazione dell’asse terrestre; evento raro ma ricorrente di cui la razza umana deve essere stata testimone e coinvolta. Innumerevoli altri racconti antichissimi coincidono in modo stupefacente col RagnaRok. Per brevità ci limiteremo a citare i testi degli arii dell’Iran, il Vendidad: dove si tratta del “mitico” re Yima, governante di quella isola polare, che fu avvertito da Ahura Mazda di “fatali inverni” opera del dio di tenebra, che avrebbero reso inabitabile il regno: “Freddo per le acque, freddo per la terra, freddo per la vegetazione. Vi furono dieci mesi d’inverno e due d’estate”: il clima artico di oggi.

I miti greci riguardanti “l’ultima Thule” divenuta gelata e nebbiosa consonano con i racconti tolte chi sulla ormai irraggiungibile Tulla nel Nord estremo: il nome allude alla Bilancia (Tula in sanscrito), costellazione in cui allora era la stella polare, perché vi avrebbe puntato a quel tempo l’asse terrestre . Poi “i cieli a settentrione scesero sempre più in baso” (Li-Tze) e furono i fatali inverni.

La cosa da ritenere per noi contemporanei è almeno questa: per quei nostri progenitori, lo sconvolgimento cosmico fu conseguenza di un disordine spirituale di quella razza umana, di un “peccatum” (originale?) che rese quella razza un tempo longeva e che “parlava con gli dei” fragile, esposta al dolore e alla concupiscenza, e alla morte precoce.

Non occorre credere che Battiato fosse chissà che “iniziato”, quando esprimeva nostalgia per le età del Cinghiale Bianco; bastano le nozioni che si apprendono nella letteratura New Age o in Guénon ed Evola; e tuttavia è un merito anche solo aver evocato quella suggestione.

Il Cinghiale, nei testi meno antichi è l’avatar di Vishnu; ma la prima versione di questa incarnazione, è nella Taittirya Sanhita, che la attribuisce a Brahman, il supremo. E’ lui che in forma di immenso cinghiale bianco solleva la terra arida dalle acque primordiali con le zanne. Nel Ramayana è detto che è Vishnu “in forma di Brahma” che compie l’atto cosmico; ciò si spiega con lo sbiadire di Brahman nella cultura indù, per il fatto che gradualmente è divenuto sempre meno oggetto di culto rituale; ed oggi non lo è affatto, come in modo analogo Indra, divinità dei cacciatori bianchi, è stato rimpiazzato da Shiva.

Ciò che conta è che la parola cinghiale, varaha in sanscrito, equivale a “borea” in greco (dove b e v si confondono) e in latino, ed anche nelle lingue anglo-germaniche: l’inglese moderno stesso chiama il cinghiale “boar”.  

E’ il Nord che il nome richiama; quel Nord paradisiaco (Paradesha, “contrada suprema”) divenuto Agartha (inaccessibile), nozione da cui la mia giovinezza fu confermata nella nozione che il mondo moderno è un carcere cieco.

Ed è notorio che il cinghiale fu l’animale totemico dei brahmani e ugualmente dei druidi, sacerdoti della religione celtica, rappresentanti dell’autorità spirituale prima che fosse divisa dal potere temporale; così come l’orso lo fu della casta kshatrya, la casta del potere temporale; e il nome di re Artù, principe dai cavalieri della Tavola Rotonda, echeggia Arth in brittonico ed arktos in greco antico; la nostalgia del Cinghiale Bianco è per quella restaurazione dello spirituale col temporale “secondo l’ordine di Melkisedek” – in cui consiste l’immutabile Ordine di “Pace e Giustizia”, di Clemenza e Rigore voluto del Cielo, e che nonostante i nostri sforzi di ometti contemporanei, tornerà.

FONTE: https://www.maurizioblondet.it/sperare-in-agartha/

 

 

 

SALUTE E LIBERTÀ: DILEMMA STORICO-FILOSOFICO

Il dilemma a cui si riferisce il titolo può lato sensu essere riportato al più generale potere e libertà, o anche paura e libertà e al ruolo della paura nella formazione-concezione dello Stato e nella modernità. Ossia un’opposizione che ricorre nel pensiero politico, filosofico e giuridico moderno, riproposta da un anno a questa parte con riferimento alla pandemia, quindi attualizzazione di un dilemma costante. E in effetti, il rapporto paura/libertà è esaminato dall’autore riepilogando brevemente ciò che ne pensavano alcuni tra i maggiori filosofi: da Hobbes a Locke, da Machiavelli a Hegel (limitandoci ai più noti).

Scrive Ocone sulla paura della modernità distinguendo i ruoli che aveva in Hobbes e Machiavelli. Nel primo “è proprio sull’istinto di sopravvivenza dei singoli, sul loro conato ad autopreservarsi, che nasce lo Stato… e il suo compito è legato al raggiungimento di questo fine, cioè dare sicurezza /relativa e allontanare (nella misura del possibile) la sempre incombente possibilità di morte… Il meccanismo securitario messo qui in campo assume su di sé il monopolio della forza legittima proprio per garantire la vita, l’esistenza dei contraenti”. Così la paura è resa “produttiva di politica” generando (e giustificando) l’istituzione di protezione.

Non era così nel mondo pre-moderno, dove il ruolo aggregante (e legittimante) era rivestito dal coraggio e dalla virtù; ma “in epoca moderna questo scenario cambia: la paura è intrinsecamente unita alla politica, ne è il centro e l’origine, il fondamento… Potremmo individuare due modalità in cui questa intrinsecità si manifesta: una, sicuramente trionfante, che è quella di Hobbes; l’altra, facente invece capo a Machiavelli. Da una parte, assistiamo pertanto alla neutralizzazione politica della paura; dall’altra, a una politica che incorpora la paura, per così dire. Al razionalismo formale dell’una corrispondente la ragione concreta e intrisa di passioni, sia “positive” o “calde” sia “negative” o “fredde”, dell’altra”.

Tuttavia, la democrazia liberale contemporanea ha rimosso tale origine, peraltro costantemente sottesa, probabilmente perché il “loro meccanismo funzionava nella prassi. Oggi ci poniamo con più forza la questione da un punto di vista teorico perché quel meccanismo si è inceppato, e andato in crisi e noi viviamo in quella crisi”. Riemerge prepotentemente con l’emergenza, e quindi con la crisi pandemica, con il “terrore sanitario” e il Governo che limitava i diritti, anche garantiti dalla Costituzione, ponendo così la domanda se “la suddetta politica di controllo e disciplinamento esiste effettivamente? È intenzionale o una conseguenza di fatto? Ed è diretta al mero dominio, o anche a un dominio indirizzato verso certi fini o non altri?”. Con la conseguenza di doverla affrontare – anche per il futuro – evitando di buttare via “il bambino con l’acqua sporca”. Cioè di tenere insieme sia il meccanismo sanitario-securitario che la garanzia di spazi di libertà individuale e sociale (che è poi il problema principale del pensiero politico) e del liberalismo. Scriveva Joseph De Maistre su sovranità e libertà che “il più grosso problema europeo è di sapere come si possa ridurre il potere sovrano senza distruggerlo”. Ed in effetti (quasi) tutti i pensatori, soprattutto liberali se lo sono posto.

Lo Stato liberale, come scrive Carl Schmitt, è uno Status mixtus, in cui sono compresenti sia principi di forma politica cioè fondativi del potere sia dello Stato “borghese di diritto” cioè limitativi del potere. Conciliarli non è facile, ma è sicuro che nella storia probabilmente il più raffinato sistema di controllo e limitazione del potere è quello organizzato nello Stato di diritto. Già la disciplina dello Stato di eccezione – che giustamente Giorgio Agamben vede istituito proprio dalla rivoluzione borghese – ne appare il massimo possibile. Oltre quello c’è solo la rivoluzione o il colpo di Stato. Ma anche nella regolamentazione della giustizia politica, di quella amministrativa, del potere amministrativo-burocratico è evidente la volontà di conservarli tenendoli insieme.

Come scritto nel Federalista, se ad esser governati dovessero essere degli angeli, non ci sarebbe nessun bisogno di governi. Se a governare fossero gli angeli, non sussisterebbe la necessità di controlli sul governo. Ma dato che gli angeli stanno in cielo e non sulla terra, occorrono i governi e i controlli sui medesimi. Che è poi, il fondamento di quell’antropologia realistica comune al liberalismo come ad altre ideologie politiche.

Tuttavia, è stato prospettato che la crisi si debba prorogare proprio per far durare i poteri d’emergenza e “approfittare del Covid non per tornare allo status quo ante ma per fare le riforme strutturali di cui abbiamo bisogno”. Ma oltre “a una eccessiva dose di costruttivismo sociale, una frase del genere contiene di fatto una volontà di controllo del potere non indifferente. L’emergenza viene vista come opportunità, o “felice” coincidenza, per imporre un controllo diverso”. E a farlo sono sempre i soliti noti, ragione principe per diffidarne.

(*) Corrado Ocone “Salute e libertà. Un dilemma storico-filosofico, Rubbettinopagine 125

FONTE: http://opinione.it/politica/2021/05/24/teodoro-klitsche-de-la-grange_salute-libert%C3%A0-dilemma-storico-filosofico-paura-libert%C3%A0-potere/

 

 

 

 

CYBERWAR SPIONAGGIO INFORMAZIONE DISINFORMAZIONE

Pechino, i Five Eyes, chi ha la responsabilità della pandemia COVID?

Matthew Ehret
strategic-culture.org

Fin dai primi giorni della pandemia COVID, erano iniziate ad emergere prove secondo cui il virus non sarebbe stato un fenomeno evolutivo naturale, come asserito dall’OMS, dalla rivista Nature e dagli editori di Lancet, ma avrebbe avuto altre origini.

Uno dei primi sostenitori di questa teoria era stato il portavoce del ministero degli Esteri cinese, Lijian Zhou, che, a livello internazionale, aveva fatto scalpore condividendo due articoli di Larry Romanoff sulla possibile “targettizzazione genetica” di un virus che stava avendo un effetto sproporzionatamente letale su iraniani, italiani e vari genotipi asiatici. Zhou era stato subito affiancato da esperti di armi biologiche, come Francis Boyle, dai virologi di spicco Luc Montagnier e Judy Mikovits, seguiti da una crescente schiera di studiosi, scienziati e accademici mondiali, tutti concordi sul fatto che l’apparente sequenzialità genetica del virus implicava un intervento umano. Anche se tutti erano d’accordo sul fatto che il COV-2 sembrava aver avuto origine da un laboratorio, non era ancora chiaro se quel laboratorio fosse cinese o controllato dagli USA.

Con la teoria dell’origine in laboratorio sorgeva spontanea un’altra domanda: si era trattato di una fuga accidentale o di un atto consapevole?

Dal momento che le simulazioni di guerra biologica sono diventate una componente comune della geopolitica occidentale, con Dark Winter, nel 2000, Lock Step della Fondazione Rockefeller nel 2011, fino ad Event 201 del Forum Economico Mondiale (e altre decine nel mezzo), l’ipotesi della diffusione attiva è una possibilità da prendere in seria considerazione.

Chi aveva il motivo, i mezzi e il modus operandi per portare a termine una simile operazione a livello globale?

La nascita della teoria di Wuhan

Nel febbraio 2020, aveva iniziato a fare notizia l’ipotesi di una possibile fuga del virus dal laboratorio di Wuhan, alimentata dal fatto, accertato, che il dottor Anthony Fauci aveva esternalizzato alcuni esperimenti di guadagno di funzione sui coronavirus dai laboratori di armi biologiche degli Stati Uniti all’Istituto di virologia di Wuhan, uno dei due laboratori BSL-4 in Cina attrezzati per condurre questo tipo di ricerca.

Quando, nel giugno 2020, Sir Richard Dearlove (ex capo del MI6) era improvvisamente diventato un acceso sostenitore dell’ipotesi della fuga dal laboratorio di Wuhan, l’impressione era che sotto ci fosse qualcosa di strano. Dearlove certamente non era uno sprovveduto sulle armi biologiche. Sapeva molto bene della serie di laboratori per le armi biologiche del Pentagono, praticamente sparsi in tutto il mondo e, certamente, capiva l’arte del depistaggio, essendo egli stesso una bizantina creatura d’ombra, abituata ad operare ai più alti livelli dell’intelligence britannica. Dearlove, dopo tutto, era stato il responsabile del dossier “yellowcake,” il pretesto che era servito a scatenare la guerra in Iraq, sapeva dei falsi rapporti sponsorizzati dall’MI6 sui gas nervini che sarebbero stati usati usati dalle forze governative in Libia e in Siria, aveva anche supervisionato la narrativa del Russiagate, che aveva portato ad una Rivoluzione Colorata proprio negli Stati Uniti. Dearlove non era neanche certamente all’oscuro di quanto accadeva nei laboratori di Porton Down, dove si produce il Novichok utilizzato nell’affare Skripal.

Mentre il tifo di Dearlove per la teoria della fuga dal laboratorio di Wuhan aveva fatto suonare un campanello d’allarme, col passare del tempo, non era però emersa nessuna prova schiacciante, legalmente valida, per un’ipotesi alternativa alla fuga dal laboratorio. Da questo punto di vista, l’operazione di Dearlove aveva avuto successo, visto che le ricevute dei pagamenti dal NIH di Fauci al laboratorio di Wuhan avevano opportunamente fatto notizia e, nella mente di molti, erano state considerate la vera “pistola fumante.”

Prima di passare alla fase successiva della storia, è importante ricordare che l’assenza di prove empiriche non è di per sé una prova dell’innocenza di una parte, così come l’esistenza di una prova empirica non è una prova della colpevolezza della controparte.

L’ipotesi del laboratorio di Wuhan diventa nuovamente virale

Nelle ultime settimane, l’ipotesi della fuga del laboratorio di Wuhan è ritornata di moda.

Lo scontro di Rand Paul con Fauci del 10 maggio sul finanziamento dell’Istituto di virologia di Wuhan da parte di quest’ultimo aveva gettato altra benzina sul fuoco. Aveva poi fatto scalpore la notizia del 7 maggio su Sky News di documenti pubblici cinesi su armi biologiche a base di virus covid.  Il 26 marzo, l’ex capo del Center of Disease Control, Robert Redfield, aveva dato il prorio sostegno alla teoria della fuga dal laboratorio di Wuhan. Anche se le copie delle ricevute del trasferimento di fondi dal NIH di Fauci ai laboratori cinesi (attraverso la Eco Health Alliance 600 mila dollari erano andati al laboratorio di Wuhan) per la ricerca sul coronavirus erano già disponibili dal febbraio 2020, ci si deve chiedere perché questo fatto venga diffuso a tutti i livelli proprio ora, dopo più di un anno.

In tutto il mondo occidentale, sia i media mainstream che quelli alternativi, sia di Destra che di Sinistra, erano saltati sul carro, accusando la Cina di aver fatto uscire il virus da un suo laboratorio, sia per caso che per intenzione (anche se, ovviamente, l’intenzionalità [per i media] dovrebbe essere l’unica conclusione possibile, una volta accettata la teoria della fuga dal laboratorio di Wuhan). Ma, ancora una volta, devo porre la domanda: in un mondo di depistaggi, guerre psicologiche e controllo della percezione, gli indizi che ci vengono offerti ci costringono veramente a concludere che il governo cinese è responsabile della pandemia globale o è possibile trovare un altro colpevole?

I leader cinesi incolpano la CIA

Il 9 febbraio 2021,Zeng Guang, un epidemiologo di alto livello presso il Centro Cinese per il Controllo delle Malattie, in un’intervista con i media cinesi si era unito al gruppo dei cospiratori. Pur negando che il laboratorio cinese di Wuhan fosse stato la fonte del virus, come avevano sostenuto molti in Occidente, Guang aveva affermato che la possibilità che il SarsCov2 fosse stato sintetizzato in un laboratorio non avrebbe comunque dovuto essere scartata. Indicando i numerosi laboratori di armi biologiche degli Stati Uniti diffusi a livello globale (e citando la comprovata esperienza degli Stati Uniti nel dispiegare armi biologiche come parte del loro arsenale di guerra asimmetrica fin dai tempi della Seconda Guerra Mondiale), Guang si era chiesto:

“Perché ci sono così tanti laboratori negli Stati Uniti quando i laboratori di biologia sono in tutto il mondo? Qual è lo scopo? Su molte cose, gli Stati Uniti richiedono agli altri di essere aperti e trasparenti, e poi scopriamo che sono gli stessi Stati Uniti ad essere spesso i più opachi. Indipendentemente dal fatto che questa volta gli Stati Uniti abbiano o meno una responsabilità speciale sulla questione del nuovo coronavirus, dovrebbero avere il coraggio di essere aperti e trasparenti. Gli Stati Uniti dovrebbero assumersi la propria responsabilità davanti al mondo, invece di farsi guidare da un’ideologia egemonica, nascondendosi di fronte al virus e dandone la colpa agli altri.”

Guang era stato affiancato dal portavoce del ministero degli Esteri cinese, Hua Chunying, che aveva anche sottolineato l’estensione globale dei laboratori di armi biologiche del Pentagono, dicendo:

“Vorrei sottolineare che, se gli Stati Uniti rispettano veramente i fatti, dovrebbero aprire il laboratorio biologico a Fort Detrick, dare più trasparenza a questioni come i suoi più di 200 laboratori biologici all’estero, invitare gli esperti dell’OMS a condurre negli Stati Uniti la ricerca sulle origini [del virus] e rispondere alle preoccupazioni della comunità internazionale con azioni concrete.”

Coloro che tendono a non prendere in considerazione la storia e le dimensioni della ricerca sulla guerra biologica controllata dal Pentagono, sono portati, per tutta una serie di motivi, ad ignorare il contenuto di simili osservazioni da parte dei funzionari cinesi. Per esempio: è facile credere che Fauci e Gates siano corrotti, e questa teoria non solo li implica, ma li rende anche complici di un governo cinese che la maggior parte degli Occidentali, con un opportuno lavaggio del cervello, è stata indotta a ritenere il bastione del debito globale, del genocidio, e dell’imperialismo comunista, il cui unico scopo è distruggere i valori occidentali.

Dopo aver condotto una breve revisione di alcuni fatti fondamentali della storia recente, insieme alle realtà geopolitiche del nostro attuale ordine mondiale a cui fa riferimento il capo del CDC cinese, credo che la storia della fuga del virus dal laboratorio cinese di Wuhan sia una falsa accusa. Ecco cinque fatti a sostegno della mia tesi.

Fatto n. 1) Lo spopolamento, allora e oggi

Anche se in molti preferirebbero evitare di prendere in considerazione questa eventualità, oggi il depopolamento è un fattore trainante della politica unipolare internazionale, proprio come lo era stato nel periodo della Seconda Guerra Mondiale, quando la Fondazione Rockefeller, la Fondazione Macy, la City di Londra e gli interessi di Wall Street avevano dato il loro sostegno sia all’ascesa del fascismo, come soluzione economica miracolosa che avrebbe dovuto risolvere i problemi economici della Grande Depressione, sia all’eugenetica (la scienza del controllo della popolazione), intesa come religione di un nuovo sacerdozio scientifico.

Oggi, questa agenda si maschera dietro un nuovo movimento transumanista, caratterizzato da termini come “quarta rivoluzione industriale,” “economia decarbonizzata” e “Grande Reset.” Gli obiettivi primari da colpire di questa agenda rimangono: 1) gli stati nazionali sovrani, e 2) le “zone sovrappopolate” del mondo, in particolare Cina, India, Sud America e Africa.

A chiunque fosse istintivamente portato a mettere da parte tali affermazioni come “teorie della cospirazione,” consiglierei una breve rilettura del famigerato rapporto NSSM-200 di Henry Kissinger: Implications of Worldwide Population Growth for U.S. Security and Overseas Interests, pubblicato nel 1974. Questo rapporto, ormai declassificato, era stato di fondamentale importanza nella trasformazione della politica estera degli Stati Uniti da filosofia a favore dello sviluppo economico in paradigma per il controllo della popolazione. Nel suo rapporto, Kissinger aveva avvertito che “se i numeri futuri devono essere mantenuti entro limiti ragionevoli, è urgente che le misure per ridurre la fertilità siano iniziate e rese efficaci negli anni ’70 e ’80….l’assistenza (finanziaria) sarà data ad altri Paesi, considerando fattori come la crescita della popolazione… L’assistenza alimentare e agricola è vitale per qualsiasi strategia di sviluppo sensibile della popolazione… In caso di scarse risorse, l’assegnazione dovrebbe tenere conto di quali passi stia facendo un dato Paese per il controllo della propria popolazione… C’è un’opinione alternativa, secondo cui potrebbero essere necessari programmi coercitivi....”

Nella contorta logica del signor Kissinger, la dottrina della politica estera statunitense aveva troppo spesso scioccamente cercato di porre fine alla fame nel mondo, fornendo alle nazioni povere i mezzi di sviluppo industriale e scientifico.

Da vero Malthusiano, Kissinger credeva che aiutare i poveri a cavarsela da soli avrebbe portato ad uno squilibrio globale, perchè le nuove classi medie avrebbero consumato di più e utilizzato le risorse strategiche del loro stesso sottosuolo, cosa che avrebbe accelerato l’entropia del sistema mondiale.

Una cosa del genere era inaccettabile per la mente di Kissinger e di qualsiasi altro misantropo seguace di Malthus che avesse condiviso le sue opinioni sull’umanità e sul modo di governare.

La società globale padrone-schiavo di Kissinger

Al momento della nomina di Kissinger a Segretario di Stato nell’amministrazione Nixon, era stata inaugurata una nuova grande strategia, progettata per creare una nuova dipendenza “padrone-schiavo” tra i settori sviluppati e non sviluppati del mondo… con un’enfasi speciale sulle 13 nazioni prese di mira dal NSSM 200, più la Cina.

Alla Cina era stato concesso di accedere alla tecnologia occidentale necessaria a farla uscire dalla sua abbietta povertà, a condizione che avesse obbedito alle richieste dei Rockefeller e della Banca Mondiale e avesse adottato, per frenare la crescita della propria popolazione, un programma di pianificazione familiare imperniato su un unico figlio.

Kissinger aveva iniziato ad organizzare questo nuovo insieme di relazioni sociali utilizzando uno schema bipolare, incentrato sui “possessori,” i consumatori post-industriali e una enorme massa di “non possessori,” i lavoratori a basso reddito del settore industriale, salariati senza la possibilità di migliorare la propria condizione e senza i mezzi per acquistare i beni da loro stessi prodotti. Le popolazioni mondiali dalla pelle più scura se la sarebbero cavata ancora peggio, non avendo né i mezzi di produzione, né di consumo e sarebbero rimaste in un costante stato di carestia, guerra e arretratezza. Queste zone di oscurantismo sarebbero state in gran parte localizzate nell’Africa sub-sahariana e queste terre ricche di risorse sarebbero state sfruttate dagli intermediari e dai finanzieri delle corporation, incaricati di gestire quell’ordine mondiale che avrebbe preso il posto dell’“obsoleto sistema” degli stati nazionali.

Questo modello kissingeriano di ordine mondiale era assolutamente statico, senza spazio per la crescita della popolazione o il progresso tecnologico.

Mao, la Banda dei Quattro e la loro Rivoluzione Culturale sembravano essere perfettamnete in linea con l’agenda di Kissinger. Ma, dopo la morte di Mao e il giusto processo alla Banda dei Quattro, [in Cina] era stata lanciata una nuova strategia a lungo termine, conosciuta con il nome di Quattro Modernizzazioni, plasmata da Zhou Enlai e portata avanti da Deng Xiaoping. Questo programma era molto più lungimirante di quanto avesse mai immaginato Kissinger.

Fatto n. 2) La Cina è attualmente una forza leader nella crescita della popolazione.

Mentre, in quasi ogni settore, l’Occidente sta decadendo sempre più velocemente, la Cina si sta rapidamente muovendo su una traiettoria opposta, ampliando gli investimenti a lungo termine e lo sviluppo tecnologico avanzato nella sua stessa società e nei Paesi confinanti attraverso progetti globali, come la Belt and Road Initiative.

Anche se la sua popolazione non si è ancora completamente ripresa dalla disastrosa politica del 1979 del figlio unico ed è lontana dal raggiungere i 2,1 figli per coppia necessari per il mantenimento della popolazione, nel 2015 il limite era stato portato a due figli e i principali economisti della Bank of China ne avevano chiesto l’immediata eliminazione. Nel frattempo, la politica nazionale verticista della Cina, incentrata sull’ampliamento delle fonti energetiche indispensabili per la crescita dell’economia, è diversa da qualsiasi cosa mai vista da decenni nel mondo occidentale a sistema chiuso.

Un fatto vitale spesso dimenticato è che, nel dicembre 2009 a Copenhagen, Cina e India erano state entrambe strumentali nel sabotare il programma COP-14, che avrebbe dovuto fissare tagli legalmente vincolanti alle emissioni di CO2, in nome della de-carbonizzazione (e de-industrializzazione) di gran parte della società.

Nel 2009, il Guardian di Londra aveva riferito che “Copenhagen è stato un disastro. Su questo siamo d’accordo. Ma la verità su ciò che è realmente accaduto rischia di perdersi in mezzo alla confusione e alle inevitabili recriminazioni reciproche. La verità è questa: La Cina ha distrutto i colloqui, ha intenzionalmente umiliato Barack Obama e ha insistito per un ‘accordo’ terribile, in modo che la colpa ricadesse sui leader occidentali.”

Apparentemente, Cina e India, insieme ad alcuni governi africani come il Sudan (che non era ancora stato fatto a pezzi sotto lo sguardo attento della allieva di Rhodes, Susan Rice) non avevano voluto sacrificare la loro industria e la loro sovranità nazionale sull’altare di modelli matematici realizzati da tecnocrati del cambiamento climatico che, solo poche settimane prima, erano stati pubblicamente denunciati come impostori dai ricercatori dell’Università dell’East Anglia in quello che sarebbe stato definito lo scandalo del Climategate.

Mentre Cina e India dovrebbero essere ringraziate per aver sabotato questo sforzo 11 anni fa, pochissime persone ancora ricordano questo evento e ancora meno si rendono conto di come, nel 2013, questa lotta per la sovranità nazionale fosse comunque collegata alla creazione da parte della Cina della Belt and Road Initiative come forza vitale dell’emergente Alleanza Multipolare.

Fatto n. 3) Soros a Davos 2020. Le due più grandi minacce alla Open Society: gli USA di Donald Trump e la Cina di Xi Jinping.

Durante il suo discorso a Davos, del gennaio 2020, Soros aveva definito Trump e Xi Jinping le due più grandi minacce alla sua Open Society, minacce che dovevano essere fermate a tutti i costi. Nel settembre 2019 (proprio mentre era in corso Event 201) Soros aveva scritto sul Wall Street Journal:

“Come fondatore della Open Society Foundation, la mia volontà di sconfiggere la Cina di Xi Jinping va oltre gli interessi nazionali degli Stati Uniti. Come avevo spiegato in un discorso a Davos all’inizio di quest’anno, credo che il sistema di credito sociale che Pechino sta costruendo, se gli permetteremo di espandersi, potrebbe suonare la campana a morto per le società aperte non solo in Cina ma anche in tutto il mondo.”

Prima di perdersi nella narrativa del “virus dalla Cina,” Donald Trump aveva lavorato molto per migliorare le relazioni con la Cina e aveva persino gestito uno dei più importanti accordi commerciali che era passato con successo alla fase uno nella stessa settimana in cui Soros aveva parlato a Davos.

Questa prima fase prevedeva che la Cina creasse un mercato per l’acquisto di prodotti finiti statunitensi come parte di un programma per la ricostruzione del settore manifatturiero perduto dell’America e azzerato da mezzo secolo di “post industrialismo.” Mentre Kissinger aveva definito il NAFTA “il passo più creativo verso un nuovo ordine mondiale compiuto da un qualsiasi gruppo di Paesi dalla fine della Guerra Fredda,” Trump era arrivato al punto di rinegoziare questo trattato anti-stato-nazione, dando invece agli stati nazionali, per la prima volta in oltre 25 anni, un ruolo di primo piano nella ridefinizione della politica economica.

È importante anche ricordare che Trump aveva resistito ai falchi della guerra che spingevano un totale accerchiamento militare della Cina, iniziato con il famoso Perno sull’Asia di Obama e che oggi rischia di scatenere una guerra atomica. Aveva tolto il carburante all’accerchiamento missilistico THAAD della Cina, portato avanti per oltre un decennio con il pretesto della “minaccia nordcoreana,” anche se i veri obiettivi erano Russia e Cina. La spinta di Trump ad instaurare relazioni amichevoli con Kim Jong Un aveva modificato la politica militare degli Stati Uniti nel Pacifico assai più di quanto molti se ne fossero resi conto, anche se questo fatto non era certamente sfuggito all’intellighenzia cinese.

Mentre le Rivoluzioni Colorate organizzate da Soros/CIA non sono ancora riuscite dividere la Cina su Hong Kong, Tibet e Xinjiang, hanno avuto successo negli USA.

Fatto n. 4) Il complesso globale di armi biologiche del Pentagono è un dato di fatto

Mentre la Cina è l’orgogliosa proprietaria di un totale di DUE laboratori BSL-4 (entrambi all’interno dei propri confini), parecchie decine di laboratori di armi biologiche gestiti dal Pentagono costellano il paesaggio internazionale. Esattamente quanti siano è difficile da stimare, come ha dichiarato Alexei Mukhin (direttore generale del Centro di Informazione Politica della Russia) in un’intervista del maggio 2020:

“Secondo il Ministero della Difesa russo, nello spazio post-sovietico operano 65 bio-laboratori segreti americani: 15 in Ucraina, 12 in Armenia, 15 in Georgia, 4 in Kazakistan. Negli Stati Uniti, tale attività è vietata. Di conseguenza, il Pentagono, in base alle leggi del suo stesso Paese, è impegnato in attività illegali (moralmente, non legalmente). L’obiettivo è la creazione di armi biologiche dirette contro i popoli della ex Unione Sovietica.”

Nel 2018, la giornalista investigativa Dilya Gaytandzhieva aveva documentato il budget multimiliardario con cui il Pentagono finanzia i laboratori di armi biologiche in 25 nazioni (e 11 all’interno degli stessi Stati Uniti), cresciuto in modo esponenziale da quando, nel dicembre 2001, un attacco con antrace di grado militare aveva ucciso cinque Americani ed era servito come pretesto per giustificare un aumento iperbolico dei finanziamenti per le armi biologiche, passati dai 5 miliardi di dollari del 2004, quando era stato approvato il Bioshield Act di Cheney, agli oltre 50 miliardi di oggi.

Inoltre, un documento politico dell’ottobre 2000 co-prodotto da William Kristol, John Bolton, Richard Perle, Dick Cheney, Paul Wolfowitz, Elliot Abrams, e Donald Rumsfeld, intitolato Rebuilding America’s Defenses (RAD) affermava esplicitamente che nel Nuovo Secolo Americano, “il combattimento avrà probabilmente luogo in nuove dimensioni: nello spazio, nel cyber-spazio e forse nel mondo dei microbi… forme avanzate di guerra biologica in grado ‘colpire’ genotipi specifici potranno trasformare la guerra biologica da oggetto di terrore a strumento politicamente utile.”

Fatto n. 5) Gli scenari internazionali di giochi di guerra pandemici hanno gettato le basi per la risposta internazionale alla Covid. Non la Cina

La forza trainante di questi esercizi di giochi di guerra con armi biologiche, come l’Operazione Dark Winter del giugno 2000, il Rapporto della Fondazione Rockefeller del maggio 2010, l’Operazione Lock step, e l’esercizio  pandemico del World Economic Forum/Gates Foundation/CIA,  Event 201, indicano che la Cina non è il nesso causale.

Tutto sommato, questi fatti mi hanno convinto che è proprio la Cina ad essere stata incastrata e scelta come obiettivo primario per la distruzione.

Come la Cina possa essere la beneficiaria di un simile, irresponsabile rilascio di un nuovo virus che ha martellato la sua stessa economia, accelerato lo scoppio della bolla finanziaria mondiale e annientato le basi della stabilità internazionale è una totale assurdità… specialmente considerando il fatto che tutto ciò che la Cina ha fatto negli ultimi decenni indica un coerente desiderio di creare stabilità, sviluppo a lungo termine e cooperazione, a mutuo vantaggio della comunità internazionale.

Niente di simile si è mai visto tra i membri dei Five Eyes o nella loro rete transatlantica di ipertrofici imperialisti.

L’oligarchia che gestisce il sistema transatlantico ama certamente il controllo centralizzato tipico della struttura politica cinese e adora il sistema del credito sociale, ma è lì che finisce la sua ammirazione. I tipi alla Kissinger, Gates, Carney o Schwab odiano e temono tutto ciò che la Cina ha effettivamente fatto per lo sviluppo, la fine della povertà, la crescita della popolazione, le banche nazionali, la generazione di credito a lungo termine, la costruzione di economie industriali a pieno spettro e la difesa della sovranità nazionale, tutte cose che ha fatto insieme alla Russia, a cui è strettamente legata nell’Alleanza Multipolare Eurasiatica.

Matthew Ehret

Fonte: strategic-culture.org
Link: https://www.strategic-culture.org/news/2021/05/19/beijing-five-eyes-or-something-else-who-blame-for-covid-pandemic/

FONTE: https://comedonchisciotte.org/pechino-i-five-eyes-chi-ha-la-responsabilita-della-pandemia-covid/

 

 

 

 

DIRITTI UMANI

25 maggio: Giornata Internazionale dei Bambini Scomparsi.

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Pieghevole

 

            In occasione della Giornata internazionale dei bambini scomparsi, la Polizia di Stato ha realizzato un pieghevole informativo per una campagna di sensibilizzazione rivolta agli adolescenti, un’occasione per ricordare l’importanza di mantenere sempre alta la guardia su un fenomeno particolarmente preoccupante: ragazzi e ragazze che fuggono perché sono impauriti, maltrattati, ingannati.

            Questa mattina, nel centro cittadino il personale della Questura ternana ha distribuito la brochure illustrativa, insieme a dei segnalibri, ai cittadini e soprattutto ai ragazzi, che si sono intrattenuti volentieri con le poliziotte dell’Ufficio Minori e dell’Ufficio di Gabinetto, per riflettere insieme sul triste fenomeno.

L’iniziativa è finalizzata a fornire un messaggio di speranza alle famiglie, che vivono il dramma della scomparsa di un proprio caro, e a sensibilizzare l’opinione pubblica per garantire che nessun minore scomparso venga dimenticato, facendo sì che non vengano mai interrotte le ricerche, ricordando sempre che il fattore primario nella gestione di un caso di scomparsa è sempre la tempestività e la completezza della denuncia, in modo che le ricerche possano partire immediatamente.

25/05/2021
FONTE: https://almanews24.it/politica/2021/05/25/bambini-scomparsi-giornata-internazionale-25-maggio/

Gaza, una immagine muta

Una coppia di anziani palestinesi guarda la casa dove un tempo abitava, oggi occupata da una coppia di Brooklyn

 

FONTE: https://www.maurizioblondet.it/gaza-una-immagine-muta/

 

 

 

 

ECONOMIA

L’UE E L’ONU CHIEDONO RIFORME PAUPERISTE ALL’ITALIA

L’Ue e l’Onu chiedono riforme pauperiste all’Italia

Quotidianamente ci viene ripetuto che ciò che non va dell’Italia è il suo modello di vita, il suo sistema educativo e di sviluppo, in generale la mentalità del popolo italiano. Per cambiare gli aspetti peculiari del cosiddetto Belpaese, l’Unione europea chiede che la classe dirigente possa varare riforme epocali: che cambino abitudini, consuetudini e tradizioni dell’intero popolo italiano. Ma l’Ue non è un soggetto avulso dal contesto globale, sappiamo bene quanto operi richieste in base ad input dell’Onu, del Fondo monetario, della Banca mondiale… Questi ultimi hanno posto al Pianeta degli obiettivi, riassunti nella nota Agenda Onu 2030 che, per cambiare la mentalità dei popoli, s’è anche affidata a messaggi pubblicitari molto semplici e di grande impatto: come il confronto tra l’evidente sorriso felice di chi vive in una bidonville ed il volto crucciato dell’uomo occidentale, totalmente assorbito dalla preoccupazione (anzi incubo) di difendere i propri beni, i propri risparmi, il proprio tenore di vita e, soprattutto, di non voler rinunciare ad un lavoro di successo, appagante e ben remunerato.

Abbandoniamo per un attimo la visione planetaria e caliamoci in quella italiana: il popolo del Belpaese risulterebbe sia a livello europeo che mondiale all’ultimo posto per capacità di recepire la filosofia degli obiettivi dell’Agenda 2030, ovvero quel cambio di mentalità che porterebbe gli italiani a non optare più per la proprietà (od anche possesso) di un bene ma a ritenere che ogni cosa materiale venga momentaneamente prestata all’uomo. Questo cambio di mentalità l’Ue reputa sia un germe già presente nelle nuove generazioni europee ed italiane: ovvero per la maggior parte dei giovani non sarebbe più importante finalizzare lo studio al futuro successo, ad un lavoro ben pagato e di forte affermazione sociale: poi non riterrebbero più importante avere una casa di proprietà o accumulare risparmi.

Secondo l’Onu e l’Ue, i giovani tra i quindici ed i vent’anni sarebbero ben rappresentati da quella pubblicità dell’Agenda 2030 che ritrae un giovane vestito semplicemente e che recita “non posseggo nulla e sono felice”: “You’ll own nothing. and you’ll be happy” accompagna il volto d’un ragazzo nei cartelloni di tutti i Paesi occidentali, la pubblicità è stata premiata agli Effie Awards mondiali Usa 2020.

Veniamo al nocciolo del problema: al Governo italiano sono state chieste riforme che abbattano radicalmente sia il risparmio (sui conti e in contante) che la propensione alla proprietà di beni immobili (case e terreni) che mobili (auto, quadri, barche, opere d’arte, beni di lusso in genere). Ovviamente la leva fiscale è lo strumento immediato per garantire il cambio d’abitudini: ergo, la patrimoniale su beni immobilie risparmi abbinata ad un inasprimento della tassa di successione sarebbero la dimostrazione di una politica italiana in linea con le richieste Ue e le linee Onu. Resta lecito domandarsi se il cittadino tipo romano possa entro il 2030 omologarsi a quello di Stoccolma: come da statistiche della Commissione europea, il primo ha in media per l’87 per cento alloggi di proprietà, una o più auto di proprietà e cerca di risparmiare danaro per acquisti o necessità future; solo il 24 per cento dei cittadini di Stoccolma ha una casa di proprietà, meno del 20 per cento un’auto (più del’80 per cento ricorre al noleggio di auto, moto e bici), soprattutto non credono sia giusto risparmiare e ricorrono al prestito (all’indebitamento), la maggior parte dei nordeuropei non insegue il lusso ma veste in maniera frugale, all’affermazione personale e professionale predilige occupazioni che abbiano un fine sociale nella comunità.

Va detto che l’Agenda Onu 2030 usufruisce di importanti sponsorizzazioni da Bill & Melinda Gates Foundation, Amazon Foundation, Ghetti Foundation Museum, Rothschild Foundation, BlackRock Grants Foundation; tutte organizzazioni benefiche e pauperiste convinte che l’uomo sarebbe più felice abolendo la proprietà e favorendo il prestito? Gli sponsor dell’Agenda hanno anche mostrato in sede Onu numerose ricerche sociologiche, redatte da esperti già docenti a Yale e Stanford, che dimostrerebbero come l’uomo con scarsa propensione alla proprietà di un bene produrrebbe meno consumo del pianeta rispetto all’ominide tradizionale che lavora per farsi casa e per aumentare le proprie ricchezze materiali.

Insomma, per avere una sorta di Paradiso in terra (diciamo giardino dell’Eden) necessiterebbe convincere l’uomo a vivere in una sorta di paciosa contemplazione: nel totale distacco dalla proprietà dei beni e dall’affannosa corsa all’affermazione professionale, lavorativa, e all’inutile guadagno ed accumulo. Gli italiani comunque non sarebbero soli; le statistiche dimostrano che la proprietà dei beni ed il risparmio sarebbero ancora preponderanti nelle mentalità arabe e nei Paesi dell’ex blocco sovietico. Indagini ed interviste avrebbero dimostrato che più del 70 per cento degli italiani non si fiderebbe dell’Ue e vedrebbe queste riforme come una sorta di furto dei rispettivi sacrifici. Poi solo una risibile minoranza planetaria reputerebbe che un progetto di “povertà sostenibile”, alimentata da un reddito universale di cittadinanza, possa distaccare l’uomo dal lavoro e dai beni materiali, favorendo il disinquinamento del pianeta. E qui si apre un altro problema, ovvero se le politiche degli Stati nazionali nel declinare l’Agenda 2030 potrebbero riuscire a modificare la mentalità dell’uomo moderno, che in circa trecento anni s’è emancipato politicamente ed economicamente grazie al lavoro. Quest’ultimo, principale imputato dell’inquinamento e consumo del territorio, ha di fatto abbattuto in trecento anni le differenze di censo, favorendo il rimescolamento sociale, soprattutto che l’aristocrazia cedesse il passo alle classi borghesi. Il lavoro ha trasformato i sottoproletari in proletari e poi in borghesi: braccianti in contadini piccoli proprietari, operai e manovali in artigiani e poi in imprenditori. Emancipazione e stravolgimento delle classi sociali verificatosi solo e soltanto con la leva economica, ed in forza del “contratto sociale”.

Oggi l’Onu chiede la virtualizzazione dei beni, e che l’uomo ormai maturo e contemplativo non trattenga la palla: che abbandoni l’idea d’accumulo del denaro e di proprietà dei beni. Soprattutto che, pandemie permettendo, torni ad essere nomade per interessi ed attività, lavorando un po’ qua ed un po’ là: perché questo avvenga l’Agenda 2030 impegna l’Ue ad imporre ai singoli Stati delle leggi che consentano l’accantonamento della famiglia tradizionale, abolendo leggi d’aiuto alla costituzione familiare.

L’Agenda 2030 è di fatto l’aggiornamento dell’Agenda 21, che già nel 1992 poneva gli obiettivi dell’Onu per il 2021: ovvero “sviluppo sostenibile per il XXI secolo” in cui si “eleva la natura al di sopra dell’uomo”. L’Agenda 21 già conteneva il “principio precauzionale”, ovvero la filosofia che “si è colpevoli fino a quando non viene accertata l’innocenza”, che l’Onu vorrebbe adottata in forma planetaria, insieme alla fine delle sovranità nazionali, all’abolizione della proprietà dei beni, alla ristrutturazione dell’unità familiare, alle limitazioni per accesso al lavoro ed espletamento di attività umane tradizionali (caccia, pesca, artigianato). Tutto è stato ampliato e riaffermato nell’Agenda 2030. L’idea è quella di rispetto della Terra, che la sua superficie non venga ferita dalle attività umane: ecco la necessità di concentrare gli uomini in zone tecnologiche d’insediamento, e qui l’Onu considera bidonville e favelas non più come esempi negativi, ma come villaggi da rendere tecnologici per concentrarvi gli esseri umani.

Molenbeek-Saint-Jean è il quartiere ghetto dove in Belgio viene sperimentata l’Agenda 2030: il quartiere è zona di detenzione, è sede di moschea, ma è anche il luogo dove nessun residente ha proprietà e viene controllato dalla polizia e mantenuto da un sussidio in moneta elettronica. L’Agenda 2030 impone all’Ue anche il risparmio in materia d’istruzione, e questo lo eredita dall’Agenda 21: l’obiettivo verrebbe raggiunto con la didattica a distanza per le scuole pubbliche, mentre le private potrebbero continuare con la presenza. Di fatto si creerebbe un discrimine formativo per favorire una diffusa “povertà sostenibile”: sappiamo che individui altamente istruiti progettano maggiori guadagni e consumano più risorse, a differenza degli esseri umani scarsamente scolarizzati che tenderebbero a minore agio economico. L’istruzione di alto livello più è diffusa più minaccia la sostenibilità? Così la vecchia discarica milanese di via Tobagi diventa una bidonville tecnologica simile alla baraccopoli di Korogocho a Nairobi, o alla casa di rifiuti di Dacca che è il più noto slum del Bangladesh.

Un’ex modella nordica molto pagata dalla Rai ha detto recentemente che “la povertà salverà il pianeta”. A ben guardare queste politiche economiche sembra ci stiano portando verso il destino che Stanley Kubrick affidava alla scimmia di “2001: Odissea nello spazio”.

FONTE: http://www.opinione.it/editoriali/2021/05/25/ruggiero-capone_agenda-onu-2030-ue-riforme-italia-economia-famiglia-sostenibile-rivoluzione-abitudini/

 

 

EVENTO CULTURALE

“Connessioni” di Francesca Sifola

L’autrice Francesca Sifola

Nata tra i libri e tra le parole, da sempre cerca nel linguaggio quel potere di emozionare nella ricerca della realtà, intesa come svelamento di quella libertà che solo il linguaggio intellettualmente onesto sa dare. I suoi romanzi sono creature figli di questa convinzione e spaziano dal romanzo di formazione, al romanzo intimista a quello fantascientifico e al giallo psicologico. In essi confluiscono tutte le sue esperienze di vita, dagli studi umanistici, alle performances teatrali e radiofoniche, al suo modo di vivere che non lascia adito a fraintendimenti: Francesca Sifola è per la parola che sa emozionare e trascinare dentro sé stessa i pensieri più reconditi dell’essere umano. 

 

Connessioni


L’amore, si sa, non segue percorsi prestabiliti e scontati. È talvolta bizzarro, folle, non dà tregua e la protagonista di questa storia non ha mai rinunciato a vivere e ad amare seguendo sentimenti totalizzanti. Dopo un lungo periodo di sguardi, sospensioni e incertezze si fa avanti un uomo che, mettendo da parte le sue paure riesce, abbandonandosi, a immergersi in una storia ricca di pathos e sensualità.

Ma il romanzo di Francesca è, soprattutto, lo svelamento di un percorso interiore di forte intensità emozionale che attraversa la vita unendo fili misteriosi, intessuti di casualità che lasciano pensare ad un deciso abbraccio del Destino.

Puoi acquistare Connessioni di Francesca Sifola qui:

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IMMIGRAZIONI

Come vi sentireste se la vostra nazione venisse conquistata da rifugiati?

In un tweet in “risposta” a Benjamin Netanyahu, una ragazza indonesiana (tale Syakirah Romli, a quanto pare non fake, ma chi può dirlo di questi tempi), riferendosi all’espansionismo israeliano in Palestina, solleva una questione controversa in maniera a dir poco ingenua: Come vi sentireste se la vostra nazione venisse conquistata da rifugiati?

È in effetti difficile credere che non si tratti di una trollata, soprattutto perché da una identica prospettiva potremmo affermare che proprio le nazioni ritratte nell’immagine sarebbero a rischio “palestinizzazione”, considerando che a livello attuale la percentuale di popolazione di origine straniera (cioè nata in un altro Paese) si attesta sul 13% per la Germania, 14% per il Regno Unito, 14,4% per gli Stati Uniti e ben 21,5% per il Canada. Tutte stime degli anni passati, peraltro, che non tengono in conto i figli di stranieri nati in quei Paesi, poiché in tal caso le statistiche, almeno per l’Inghilterra (o Francia o Svezia, per citare altre “Palestine d’Europa”) probabilmente triplicherebbero.

Un dato scontato è che i “rifugiati” hanno un tasso di riproduzione molto più alto rispetto agli “indigeni”, di conseguenza gli statistici hanno iniziato a fare qualche conto sul destino delle popolazioni autoctone di quegli Stati, come appunto la Svezia, che hanno optato per una politica di zero controllo sull’immigrazione.

I musulmani in Europa in fondo non si comportano in maniera molto differente dai primi coloni ebrei in Palestina: creano ghetti impermeabili al governo e alla legge, fino a farli diventare delle specie di colonie in continua espansione. Un esempio sono le banlieue francesi o Molenbeek, quartiere di Bruxelles nel cuore dell’Europa che negli anni caldi del terrorismo jihadista ha offerto protezione a decine di attentatori.

I timori di una “sostituzione etnica”, che vengono attributi dalla stampa a una fantomatica “internazionale sovranista-suprematista”, in realtà sono espressi in primis dalle stesse organizzazioni ebraiche, come la famigerata Anti-Defamation League, che rifiuta la possibilità dell’esistenza di una nazione palestinese con tali motivazioni:

“Con tassi di natalità storicamente elevati tra i palestinesi e un possibile afflusso di rifugiati palestinesi e dei loro discendenti che ora vivono in tutto il mondo, gli ebrei diventerebbero rapidamente una minoranza all’interno di uno stato binazionale, ponendo così fine a qualsiasi parvenza di pari rappresentanza e sicurezza. In questa situazione, la popolazione ebraica sarebbe sempre più politicamente – e anche fisicamente – vulnerabile. È irrealistico e inaccettabile aspettarsi che lo Stato di Israele sovverta volontariamente la propria esistenza sovrana e identità nazionale e diventi una minoranza vulnerabile all’interno di ciò che una volta era il sua territorio”.

In aggiunta, i governi israeliani di questi anni (di “destra”, come dice la stampa) mentre mettono in atto arresti ed espulsioni per “diminuire la popolazione non ebraica” e rifiutano di accogliere ebrei “razzialmente non puri” come quelli ugandesi, al contempo favoriscono l’immigrazione clandestina in Occidente attraverso agenzie umanitarie come la IsraAID.

Dunque il paragone è particolarmente calzante per il semplice motivo che se gli europei non vivono ancora in enclave è solo per motivi puramente quantitativi: un giorno, forse troppo tardi, capiranno anche loro di esser diventati “palestinesi”.

FONTE: https://www.totalitarismo.blog/come-vi-sentireste-se-la-vostra-nazione-venisse-conquistata-da-rifugiati/

 

 

 

 

PANORAMA INTERNAZIONALE

In Israele è davvero cominciata la “guerra civile”?

Il mondo intero assiste senza battere ciglio a nuovi scontri tra Israele e palestinesi, indifferente al sangue che scorre da entrambe i lati. Il corso degli avvenimenti dimostra che potenze straniere, quali Stati Uniti, Iran e Turchia, gettano benzina sul fuoco. Ma questo conflitto è diverso dalle guerre che si succedono da 73 anni: potrebbe essere l’inizio d’una guerra civile in Israele. La questione è sapere se si tratta di un incendio spontaneo o deliberatamente appiccato.

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Sin dall’epoca dell’imperatore Ciro, che liberò gli ebrei di Babilonia, l’Iran protegge Israele. La Repubblica Islamica, pur seguitando a condannarlo, non l’ha mai attaccato.

La Giornata Internazionale di Gerusalemme

Ogni quarto venerdì del ramadan – quest’anno il 7 maggio – si celebra la Giornata Internazionale di Gerusalemme, istituita dall’imam Ruhollah Khomeini. Il suo successore, la guida Ali Khamenei, per l’occasione ha pronunciato un discorso affinché Gerusalemme (terzo luogo santo dell’islam) sia riportata al centro delle relazioni internazionali; una questione che Khamenei ritiene comunque centrale per il mondo islamico [1].

L’Iran ammette il massacro degli ebrei d’Europa da parte dei nazisti e ritiene che gli europei abbiano creato Israele per sbarazzarsi degli ebrei sopravvissuti (il che è falso, come dimostra la vicenda della nave Exodus), rubando una terra che non era loro e facendo pagare ai palestinesi il peso del loro crimine. Agendo in tal modo, gli europei hanno dato prova di quanto poco rispettino i Diritti dell’Uomo. Comunisti e capitalisti hanno mostrato il loro vero volto. L’Iran non ha mai riconosciuto lo Stato d’Israele, né al tempo dello scià Reza Pahlavi né durante la Repubblica Islamica. L’ayatollah Khamenei ha profetizzato che Israele scomparirà nel 2040, non già a causa dell’Iran, ma per «propria arroganza».

Khamenei ha precisato che Israele cadrà quando la Nazione Islamica sarà unificata. Ha celebrato i martiri della causa, ovvero i Fratelli Mussulmani sunniti e i propri discepoli sciiti, in primo luogo lo sceicco Ahmed Yassin e il generale Qassem Soleimani. Ha invece denunciato, pur senza nominarli, il “deal del secolo” e gli “Accordi di Abramo”, conclusi dal presidente Donald Trump, nonché la normalizzazione delle relazioni fra alcuni Paesi mussulmani e Israele. Khamenei ha infine ricordato la proposta depositata alle Nazioni Unite di un referendum che consenta a tutti gli abitanti della Palestina – di qualsiasi fede religiosa – e ai palestinesi rifugiati all’estero (compresi quelli in America Latina, Australia e altre parti del mondo) di decidere il loro comune futuro.

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Le decisioni della Corte Suprema d’Israele sono eminentemente politiche.

La pianificata espulsione dei palestinesi dal quartiere di Sheikh Jarrah

Durante tutto il ramadan, e in particolare dopo il discorso dell’ayatollah Khamenei, a Gerusalemme era palpabile una forte tensione per l’annunciata espulsione di quattro famiglie palestinesi dal quartiere Sheikh Jarrah [2]. Dal 1948 Israele espelle, casa dopo casa, i palestinesi di Gerusalemme, in nome di leggi risalenti all’occupazione ottomana, che i britannici e il regime attuale hanno conservato. Una strategia finalizzata ad ammassare i palestinesi in un piccolo quartiere di Gerusalemme Est, Kfar Aqab, isolato dal resto della città da un muro di cemento. Tuttavia, nel caso specifico di queste quattro famiglie, i tribunali si fondano su una legge israeliana che vìola l’accordo di 65 anni fa tra la Giordania (all’epoca gestore questa parte della città) e le Nazioni Unite.

Non ci sono dubbi sulle future decisioni della Giustizia israeliana, visto che nel 1967 Israele ha unilateralmente proclamato Gerusalemme propria «capitale eterna e indivisibile», in violazione delle risoluzioni dell’ONU.

Nella serata di venerdì 7 maggio gli scontri si sono allargati alla spianata delle moschee (Monte del Tempio, secondo la terminologia israeliana). Sono stati ancora più violenti di quelli del 2017. Il sabato successivo ci sono stati scontri anche in Cisgiordania (governata dall’OLP) e alla frontiera di Gaza (governata dai Fratelli Mussulmani di Hamas). Le forze di difesa israeliane (Tsahal) hanno disperso la folla con gas lacrimogeni e proiettili di gomma. Dopo un lancio di palloncini incendiari e il tiro di un razzo da parte di Hamas su Israele, Tsahal ha risposto distruggendo una postazione militare dei Fratelli Mussulmani nella zona meridionale della Banda di Gaza. Hamas ha chiesto allora ai palestinesi di occupare la spianata sino alla fine del ramadan, giovedì 13 maggio.

La Corte suprema israeliana ha rinviato sine die l’udienza sull’espulsione delle quattro famiglie dal quartiere Sheikh Jarrah, prevista per lunedì 10 maggio. Nel messaggio domenicale, papa Francesco ha lanciato un appello per far cessare le violenze a Gerusalemme: «La violenza genera solo violenza. Fermiamo gli scontri». Arabia Saudita, Bahrein, Egitto, Emirati, Iran, Giordania, Marocco, Pakistan, Sudan, Tunisia e Turchia hanno condannato il comportamento di Israele e invitato alla de-escalation. Infine, il Quartetto (Russia, UE, USA e ONU) ha emesso un comunicato in cui afferma di osservare «con seria preoccupazione la possibile espulsione di famiglie palestinesi dal luogo ove vivono da generazioni (…)» manifestando «la propria opposizione ad azioni unilaterali, utili solo a innescare un’escalation di ostilità in una situazione già tesa» [3].

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Nel discorso diffuso da Al-Aqsa, Ismael Haniyé annuncia che Hamas continuerà ad attaccare Israele finché non cesserà di erodere i Territori.

Verso un conflitto militare

La situazione è repentinamente degenerata in guerra: da lunedì 10 Hamas ha iniziato a tirare razzi contro Israele; Tsahal ha risposto bombardando Gaza con aerei ed elicotteri, ossia con mezzi dieci volte più letali.

Tutte le fazioni armate palestinesi sono rapidamente entrate in guerra, a eccezione dell’Autorità Palestinese, che invece ha represso manifestazioni popolari in Cisgiordania.

I palestinesi sono privi di democrazia, nonché della Repubblica. Nessuno sa come la pensino. Da 15 anni non ci sono elezioni. L’Autorità Palestinese ha annullato quelle che dovevano aver luogo a maggio perché Israele s’è opposto a che si tenessero anche a Gerusalemme Est.

Martedì 11 il leader di Hamas, Ismael Haniyeh, ha pronunciato un discorso in televisione, collegando la questione di Gerusalemme a quella di Gaza. Ha presentato Al-Quds (Gerusalemme) come il cuore della nazione palestinese. Ha denunciato le espulsioni dal quartiere Sheikh Jarrah, ma, soprattutto, ha presentato gli scontri sulla spianata delle moschee come attacchi degli ebrei alla moschea Al-Aqsa. Una versione menzognera: la polizia israeliana è entrata nella moschea e vi ha lanciato lacrimogeni perché stava inseguendo manifestanti, che legittimamente contestavano l’espulsione delle quattro famiglie da Sheikh Jarrah. Il discorso di Haniyeh ha sorpreso gli israeliani: Hamas non si pone più come forza di resistenza che risponde simbolicamente a Israele, ma come forza che spera d’imporre la fine del lento rosicchiamento dei Territori Palestinesi.

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Il presidente turco Recep Tayyip Erdoğan denuncia da anni il rosicchiamento della Palestina da parte di Israele. L’intervento con cui ha voluto dare una lezione a Israele potrebbe essere stato ispirato dal Pentagono: salverebbe la Turchia, dirottando la collera degli Stati Uniti contro lo Stato ebraico.

È la guerra

Martedì sera Tsahal ha raso al suolo la torre Al-Schourouk (12 piani), nel centro di Gaza, usando bombe penetranti. Nel palazzo aveva sede anche la rete televisiva di Hamas, Al-Aqsa. È stata la risposta d’Israele al messaggio di Haniyeh. Hamas (sostenuto da Turchia e Qatar) e la Jihad Islamica (sostenuta dall’Iran) hanno risposto con una pioggia di razzi su Tel Aviv, ma anche su Ashdod, Ashkelon e fino al confine di Gerusalemme.

La distruzione intenzionale di una rete televisiva costituisce crimine di guerra. Si è fatto perciò ricorso alla Corte Penale Internazionale, dichiaratasi competente per i crimini commessi nei Territori Palestinesi.

Il Consiglio di Sicurezza dell’ONU si è riunito due volte, a porte chiuse, in videoconferenza. Gli Stati Uniti si sono opposti a ogni dichiarazione ufficiale, ritenendola inopportuna a questo stadio e asserendo che l’espulsione delle famiglie palestinesi a Gerusalemme Est è un «affare interno d’Israele»; affermazione contestata da tutti gli altri membri del Consiglio.

Quanto alla Lega Araba, ha sostenuto che non si tratta di un contenzioso immobiliare e che soltanto chi ha buona memoria non può essere tratto in inganno.

La Russia ha preteso una riunione immediata del Quartetto (Russia, UE, USA e ONU, ricordiamo).

In mancanza di una presa di posizione del Consiglio di Sicurezza, quattro Paesi hanno emesso un comunicato congiunto: Francia, Estonia, Irlanda e Norvegia hanno esortato Israele a «cessare le azioni di colonizzazione, demolizione ed espulsione, anche a Gerusalemme Est».

Il presidente turco Erdoğan, che rifornisce di armi Hamas, ha denunciato l’immobilismo del Consiglio di Sicurezza ed esortato a «dare una lezione a Israele».

Ci sono stati per la prima volta scontri nelle città a popolazione mista (mussulmani, cristiani ed ebrei), in particolare nel quartiere operaio di Lod, dove un giovane padre di famiglia, mussulmano israeliano, è stato linciato da conterranei ebrei armati. Il presidente Reuven Rivlin ha denunciato un pogrom contro i mussulmani. Il primo ministro Benjamin Netanyahu ha condannato con forza il crimine e decretato lo stato di emergenza a Lod. Durante i funerali della vittima, nelle 18 città israeliane a popolazione mista ci sono state scene di guerriglia. Si parla ora non solo di guerra fra israeliani e palestinesi, ma anche di possibile guerra civile in Israele, fra ebrei e non-ebrei (gojim).

Gli Stati Uniti hanno moltiplicato i contatti con Israele per esortarlo, senza successo, a una de-escalation. Sembra evidente che Washington, apprestandosi – contro il parere di Tel Aviv e dopo le prossime elezioni presidenziali iraniane e la firma di un nuovo accordo sul nucleare – a riannodare ufficialmente i rapporti con l’Iran, non eserciterà pressioni più pesanti su Israele. Sperando tuttavia di ottenere un qualche risultato, gli Stati Uniti si sono opposti a una terza riunione del Consiglio di Sicurezza in videoconferenza, in modo da guadagnare tempo. Secondo il regolamento, la presidenza a rotazione, svolta questo mese dalla Cina, ha il potere d’imporre riunioni al Consiglio; Beijing però non ha esercitato questa prerogativa.

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Un israeliano mussulmano è stato linciato in diretta televisiva da israeliani ebrei a Lod.

Analisi del conflitto

Tutti gli osservatori imparziali sono concordi nel ritenere che la politica israeliana di colonizzazione, demolizione ed espulsione vìoli il Diritto Internazionale e le risoluzioni dell’ONU. Si tratta, di fatto, di conquista territoriale, ancorché non per via militare, ma per mezzo dell’applicazione di una normativa viziata.

Netanyahu – figlio del segretario particolare del fondatore del Partito Revisionista, Vladimir Jabotinsky – incarna il progetto di Grande Israele, che si estende dal Nilo all’Eufrate (Eretz Israel). Aderisce a una forma di suprematismo ebraico. Certamente non gode più del sostegno della maggioranza degli israeliani, eppure è ancora primo ministro.

Tutti gli osservatori imparziali sono altresì concordi nel ritenere il lancio indiscriminato di razzi su agglomerati urbani un crimine di guerra contro popolazioni civili.

A differenza di Al-Fatah, Hamas non contesta la colonizzazione della Palestina, ma solo che una terra mussulmana sia governata da ebrei. La sua posizione è una forma di suprematismo mussulmano. Del resto, questa «sezione palestinese dei Fratelli Mussulmani» (come sino a poco tempo fa proclamava la loro bandiera) è stata creata dallo sceicco Ahmed Yassin, con l’aiuto di Israele, per indebolire Al-Fatah di Yasser Arafat.

Una volta stabilito che Likud e Hamas s’ispirano a ideologie di altri tempi e che entrambi non disdegnano pratiche criminali, non ci sono comunque prospettive di pace che permettano agli uni e agli altri di vivere insieme.

Tutti gli Stati membri delle Nazioni Unite, eccetto Israele, riconoscono il «diritto inalienabile» dei palestinesi, non di rientrare nelle case da cui furono scacciati nel 1948, bensì di ritornare nella propria terra come cittadini a pieno titolo. In questo modo tutti, in teoria, si oppongono alla «soluzione a due Stati», che però gli Occidentali sostengono dal 2007. Alimentando questa contraddizione, gli Occidentali sono responsabili della perpetuazione del conflitto.

Gli scontri attuali avvengono tutti nella Palestina geografica, cioè sia nello Stato d’Israele sia nello Stato di Palestina. Ma gli avvenimenti odierni non devono farci dimenticare che i dirigenti palestinesi hanno in passato rinunciato alla rivendicazione di vivere nella propria terra e cercato di conquistare prima la Giordania (“Settembre nero”), poi il Libano (la guerra civile), macchiandosi a loro volta di crimini analoghi a quelli degli israeliani e così screditandosi.

L’unica soluzione al conflitto è lo Stato bi-nazionale, previsto dalle Nazioni Unite alla fine della seconda guerra mondiale, che metterebbe fine all’apartheid praticato da Israele – come scrisse 15 anni fa il presidente statunitense Jimmy Carter [4] – e garantirebbe ai palestinesi il diritto di ritornare sulla propria terra. Oggi però non ci sono personalità israeliane e palestinesi all’altezza di svolgere ruoli analoghi a quelli di Frederik de Klerk e Nelson Mandela. Del resto, gli scontri intracomunitari di questi giorni nelle città d’Israele a popolazione mista rendono questa soluzione sempre più difficile.

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Il colonnello Ralph Peters, che nel 2005 pubblicò questa mappa dello stato-maggiore USA, il 12 settembre 2001 scriveva: «Alla fin fine una soluzione pacifica dei conflitti in Medio Oriente andrebbe a vantaggio degli Stati Uniti? Israele, che non dipende più dagli Stati Uniti come suo ultimo difensore, potrebbe dare prova di una preoccupante indipendenza» ({Parameters}, n. 31).

Ipotesi esplicativa

È difficile credere che il logoramento dovuto al tempo basti a spiegare gli scontri intercomunitari. Israeliani e palestinesi aspirano a coesistere pacificamente, perlomeno quelli che non militano per il Likud o per Hamas. Formulo perciò un’ipotesi sul futuro della regione che gli strateghi statunitensi chiamano Medio Oriente Allargato.

L’incidente accaduto il 14 maggio a Giaffa, dove rivoltosi hanno lanciato un cocktail Molotov in una casa araba, ustionando gravemente un bambino di 12 anni, è sospetto. Ha suscitato nella città un centinaio di azioni contro gli ebrei, cui sono seguite reazioni contro gli arabi. Ebbene, secondo la polizia, l’azione all’origine degli scontri non è stata compiuta da ebrei estremisti, ma da due arabi. Da qui nasce spontanea una domanda: si è trattato di due imbecilli che hanno sbagliato casa, colpendo il proprio campo, o di mercenari che hanno compiuto un attacco sotto falsa bandiera?

Dopo l’11 settembre 2001 (fatta eccezione per la parentesi Trump), il Pentagono mette in atto la dottrina Rumsfeld/Cebrowski: adattare le forze armate USA alle esigenze del capitalismo finanziario e della globalizzazione degli scambi. Per cominciare, lo stato-maggiore USA si è posto l’obiettivo di distruggere tutte le strutture statali della regione – salvo quelle di Israele, Libano e Giordania – affinché le multinazionali possano sfruttare le risorse naturali, senza incorrere in ostacoli di ordine politico. Ecco che il processo distruttivo comincia in Afghanistan, Iraq, Libia, Siria e Yemen. Le guerre scatenate in questi Paesi ci sono state vendute come “rivoluzioni”, ma nessuna lo era. Guerre che dovevano durare qualche settimana, ma mai concluse (la “guerra senza fine”), e che ora vogliono fare passare come “guerre civili”. Da due anni il procedimento è stato esteso al Libano. Questa volta però senza il ricorso diretto alle armi. La carta dello stato-maggiore USA pubblicata nel 2005 è stata quindi modificata. È perciò legittimo ipotizzare che una simile calamità possa allargarsi a Israele.

Secondo l’ammiraglio Arthur Cebrowski, la maggiore difficoltà nel mettere in atto la sua dottrina è circoscrivere l’incendio. Per questo motivo ha concepito la regione del Medio Oriente Allargato basandosi non sulle sue risorse, ma sulla cultura dei suoi abitanti. È allora plausibile che si possano mandare all’aria tutti gli Stati della regione – siano essi governati da amici o da nemici – preservando però la Palestina geografica?

L’ipotesi regge con due varianti: nella prima, la contaminazione d’Israele è opera degli abitanti della regione, mossi dalle loro passioni; nella seconda, Israele viene contagiato per volontà del Pentagono. In ogni caso, se il seguito degli eventi confermerà l’ipotesi, quello che oggi accade modifica la natura del conflitto e lo prolunga all’infinito.

Il Pentagono si oppose alla politica estera del presidente Trump. Alcuni generali si sono persino rallegrati di averlo tradito e di aver fatto fallire il ritiro delle truppe USA dalla Siria. Non hanno digerito che questo Paese sfuggisse al loro controllo e passasse sotto la protezione della Russia. In Libano riattivarono la dottrina Rumsfeld/Cebrowski, contro il parere del presidente Trump, sfruttando le rivalità interne ed evitando di impiegare apertamente truppe USA. Negli Stati Uniti, il Partito Democratico sta passando a una posizione anti-israeliana, sotto l’influenza del gruppo di Rashida Tlaib, Ilhan Omar, Cori Bush, Ayanna Pressley e Alexandria Ocasio-Cortez. Il Pentagono, che dal 2001 ritiene Israele un alleato troppo indipendente per i propri gusti, troverebbe la rivincita nella sua distruzione.

In pochi giorni, e stranamente dopo il bombardamento degli uffici dell’Associated Press a Gaza, la stampa statunitense è passata da filo-israeliana a filo-palestinese; un cambiamento talmente repentino da far riflettere.

NOTE

FONTE: https://www.voltairenet.org/article213126.html

 

 

 

Il Ceo di Pfizer non può entrare in Israele perché non vuole farsi il vaccino Pfizer

A inizio marzo è stato impedito l’ingresso in Israele all’amministratore delegato della Pfizer Albert Bourla perché… non vaccinato. Il Ceo ha dovuto cancellare il suo viaggio dopo che è emerso che non avrebbe ancora fatto la seconda dose del “suo” vaccino. Nel dicembre dello scorso anno il capo del colosso farmaceutico aveva dichiarato che non avrebbe fatto immediatamente il vaccino per non “saltare la fila”, ma che avrebbe aspettato il suo turno in base al sistema delle fasce d’età.

Albert Bourla, nato a Salonicco nel 1961, ha conseguito un dottorato in biotecnologia della riproduzione presso la Scuola di Veterinaria dell’Università di Salonicco nel 1985. Oltre a essere veterinario, Bourla è anche ebreo, per giunta figlio di sopravvissuti all’olocausto: sua madre fu risparmiata dalla fucilazione tramite un riscatto pagato dal cognato a un funzionario nazista, mentre suo padre si trovava fuori dal ghetto quando i residenti furono rastrellati per essere portati ad Auschwitz.

Bourla ha dichiarato che Netanyahu lo avrebbe chiamato “30 volte al giorno” per convincerlo a raggiungere un accordo con Israele: “Sinceramente sono rimasto colpito dalla sua ossessione”. La stampa accusa Netanyahu di aver messo in atto un sistema di scambio tra vaccini e supporto diplomatico, anche senza il consenso della Knesset.

Repubblica Ceca, Honduras e Guatemala sono tra i beneficiari di tale “lodo”, che pur essendo stato sospeso dal ministero della Giustizia israeliano, è potuto proseguire con la scusa dell’imminente scadenza di alcuni lotti. I paesi desiderosi di stringere legami diplomatici con Israele riceveranno le dosi di vaccino Moderna (divenute “spendibili” dopo l’accordo con Pfizer) e in cambio apriranno nuove ambasciate israeliane o sposteranno le loro da Tel Aviv a Gerusalemme.

Nello Stato ebraico il dibattito sui vaccini è silenziato. Tra le voci dissidenti, quelle del rabbino e opinionista Chananya Weissman, che proprio riguardo Bourla ha dichiarato quanto segue:

“È a verbale che i dirigenti e i membri del consiglio di amministrazione della Pfizer hanno dichiarato di non aver assunto il loro vaccino, nonostante tutta la fanfara e le rassicurazioni. Sostengono che sarebbe ingiusto per loro “saltare la fila”. Questa è una scusa assurda, e ci vuole una dose incredibile di chutzpah [“faccia tosta”] anche solo per dire una cosa del genere.
Questa supposta “fila” è un’invenzione della loro stessa fantasia: se si facessero un paio di iniezioni, nessuno griderebbe allo scandalo. Inoltre, i miliardari con jet privati e isole private non sono generalmente noti per attendere che centinaia di milioni di plebei in tutto il mondo vadano per primi a ricevere ciò che questi miliardari vogliono per sé.
I media mainstream hanno accettato questa scusa assurda senza porsi domande o dubbi. Anzi, hanno lodato i dirigenti della Pfizer per il loro spirito sacrificio nel rifiutare di farsi iniettare il proprio trattamento sperimentale fino a quando non andiamo noi per primi. Dato che ci considerano così stupidi, non mi fido di loro, e non voglio il loro farmaco. Possono avere il mio vaccino. Io vado a mettermi in fondo alla fila”.

FONTE: https://www.totalitarismo.blog/il-ceo-di-pfizer-non-puo-entrare-in-israele-perche-non-vuole-farsi-il-vaccino-pfzier/

 

 

 

“La vera minaccia all’Unione Europea è la Spagna, non la Russia” (Newsweek)

Il rapporto della Spagna con la democrazia è complicato. Mentre viene arrestato il rapper Pablo Hasél per aver esercitato il suo diritto alla libertà di espressione, la Russia ha umiliato l’Unione Europea stigmatizzando la prolungata detenzione di prigionieri politici catalani nel Paese.

La Catalogna, regione autonoma nel nord-est della Spagna, è stata scossa da violente repressioni di manifestanti a seguito di un referendum sull’indipendenza dell’ottobre 2017. Almeno 800 persone, molte anziane, sono state picchiate dagli agenti di polizia spagnoli mentre cercavano pacificamente di votare. Le immagini sono circolate online, il che ha provocato indignazione da parte di diverse organizzazioni per i diritti umani, nonostante il silenzio delle istituzioni europee.

Da allora, nove politici catalani di alto profilo sono stati accusati di sedizione e sono stati condannati e imprigionati. Altri sono stati costretti all’esilio, come l’ex presidente Carles Puigdemont, che come eurodeputato eletto ha accusato l’Unione Europea di ipocrisia.

In un tweet, il leader catalano ha detto che

“lo Stato spagnolo ha contribuito al deterioramento dell’immagine internazionale dell’UE. Pertanto, quando difendiamo i diritti fondamentali dei catalani, stiamo anche difendendo i diritti fondamentali degli europei e la reputazione dell’UE, danneggiata dalla deriva spagnola. Quando se ne accorgeranno?”

L’eurodeputato catalano Toni Comín, in esilio politico, ha affermato in un discorso al Parlamento europeo che “la Spagna sta portando l’UE al disastro, e lei ne è il volto, signor Josep Borrell”.

Diversi attivisti spagnoli sono stati arrestati per aver espresso la loro opinione e spiati illegalmente dai servizi segreti spagnoli. Anche gli artisti sono perseguitati: i rapper Valtònyc e Pablo Hasél lo possono attestare. Entrambi sono stati condannati dai tribunali spagnoli per aver cantato contro la monarchia e -presumibilmente- incitato alla violenza e al terrorismo, accusa divenuta comune in Spagna, utilizzata per censurare i critici del regime. Anche un altro rapper, Elgio, è stato condannato per sei mesi, sempre per istigazione al terrorismo.

Le proteste sono scoppiate in tutta la Spagna, soppresse dalla violenza della polizia contro le persone che chiedevano libertà. È ironico che uno dei giudici responsabili della condanna di Hasél, Nicolás Poveda, negli anni ’70 sia stato candidato per la Falange.

Tutto questo di fronte al totale silenzio dell’Unione europea, che non si è nemmeno preoccupata di smentire le accuse delle autorità spagnole nei confronti della Russia, secondo le quali Putin avrebbe presumibilmente offerto 10.000 soldati a Puigdemont per invadere la Catalogna e proclamarne l’indipendenza.

Contro tutte le raccomandazioni a non farlo, il capo della politica estera europea Josep Borrell ha visitato la Russia per discutere delle persecuzione nei confronti degli oppositori. Alcuni membri dell’UE, in particolare la Polonia e gli Stati baltici, non hanno approvato questo tentativo  di avviare un dialogo costruttivo con Mosca. Il ministro degli Esteri Lavrov ha respinto le accuse dell’UE sul caso Navalny, ricordando che anche all’interno dei suoi stessi confini vengono arrestati politici per le proprie opinioni.

Mosca ha inoltre espulso tre diplomatici dell’UE durante la visita di Borrell: un chiaro messaggio che non avrebbe accettato le critiche. Dopo la disastrosa visita, una settantina eurodeputati hanno invocato le dimissioni di Borrell, accusandolo di aver causato gravi danni alla reputazione dell’UE.

La continua persecuzione degli attivisti catalani in effetti non fa bene alla morale democratica dell’Unione. La politica estera europea ha strumenti limitati e dipende in gran parte dal consenso generale dei suoi membri: la situazione non può che essere ancora più complicata se uno di questi Stati non aderisce ai principi democratici predicati dall’Unione.

La commissione ONU sulla tortura, Amnesty International e l’Organizzazione mondiale contro la tortura hanno criticato Madrid per il suo atteggiamento nei confronti delle minoranze.

Borrell, che è catalano, ha sempre difeso gli interessi della Spagna, e nonostante si è trovato impreparato di fronte alle provocazioni di Lavrov, non avrebbe potuto comunque controbattere efficacemente a causa del silenzio dell’UE di fronte alla repressione dei catalani, una macchia che appunto Paesi come la Russia intendono sfruttare. La sua visita ha dimostrato l’ipocrisia dell’UE nel puntare il dito contro Mosca: come può l’UE criticare Putin per le persecuzioni degli oppositori, quando Madrid fa la stessa cosa con gli attivisti pro-democrazia e indipendentisti catalani?

L’UE ha molto da fare al suo interno prima di pretendere democrazia dai suoi vicini, anche se il coinvolgimento costruttivo della Russia dovrebbe essere una delle sue principali preoccupazioni. Ma a meno che l’Europa non sia in grado di affrontare le violazioni dei diritti umani da parte delle autorità spagnole, la sua politica estera rimarrà paralizzata. Questo status quo instabile consente anche ad altri paesi, in particolare la Cina, di considerare le ingiustizie dell’UE come un lasciapassare per la repressione a Hong Kong e nello Xinjiang contro gli uiguri.

FONTE: https://www.totalitarismo.blog/la-vera-minaccia-unione-europea-e-spagna-non-russia/

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