RASSEGNA STAMPA DETTI E SCRITTI
25 NOVEMBRE 2020
A cura di Manlio Lo Presti
Esergo
La guerra è l’unica opportunità per rinnovare le lattine di conserva nei negozi.
RAMON GOMEZ DE LA SERNA, Sghiribizzi, Bompiani, 1997, pag. 143
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SOMMARIO
Presentazione di “Connessioni” l’ultimo romanzo della scrittrice Francesca Sifola
Passaporto sanitario integrato al vaccino anti-Covid
Il virus circolava sicuramente in Italia da settembre.
E’ il virus dei cretini: decreta la rovina di chi cretino non è
Il virus dei banchieri svende i paesi con i lockdown-paura
Green Deal, maxi-raggiro: raddoppia la razzia della Terra
Paragone: «Il great reset annunciato da Bill Gates un nuovo mondo distopico»
Bombshell! Here’s A Video Of Dominion Director, Eric Coomer, Explaining To Elections Officials How To Switch Votes
Ecco il decalogo per non prendere fregature durante il Black Friday!
Il cenone e gli sci non sono una colpa
Abbiamo delle capre in Comune
Il covid è una Guerra Mondiale atipica
Davvero l’Italia pensa di poter dare lezioni di Stato di diritto a Ungheria e Polonia?
7 milioni di voti sottratti a Donald Trump
SE LA FILOSOFIA OGGI APRE LA MENTE MA SVUOTA LE TASCHE
Gli USA sfidano i “deepfake”. Sai cosa sono e quanto sono pericolosi?
La strategia della Germania per distribuire il vaccino
LE TRAPPOLE ECONOMICHE DEL FMI E DELL’UNIONE EUROPEA.
Lo spread BTP-Bund 10Y dagli anni 90 ad oggi
I mercati oggi festeggiano Biden, non solo il vaccino
La verità sull’emissione di moneta, parola di banca centrale
DOLO EVENTUALE E COLPA COSCIENTE ALLA LUCE DEL CASO VANNINI
La rivelazione choc: “Alcuni agenti danno informazioni sottobanco alle Ong”
“Segnala la presenza di agenti” La nuova app di Soros per i migranti
Biden: ecco il suo Jared (molto più utile)
La Russia estende l’obbligo delle mascherine sino al 2022
RINALDI A LA7: Conte ha chiuso i tempi per un dibattito con l’opposizione.
Gulasch marxista
Vaccino: spunta bando europeo che prevede «elevato volume di reazioni»
Statistiche coronavirus in Italia
EVENTO CULTURALE
Presentazione di “Connessioni” l’ultimo romanzo della scrittrice Francesca Sifola
FONTE: https://www.facebook.com/FrancescaSifolaScrittrice/posts/2645403605730403
RECENSIONE DEL LIBRO “CONNESSIONI” DEL TGR CAMPANIA QUI: https://www.facebook.com/watch/?v=3026820220756868
IN EVIDENZA
FONTE: https://www.facebook.com/federica.francesconi.3/posts/10220825256158957
Il virus circolava sicuramente in Italia da settembre.
Marco Perrugini – 20 11 2020
Secondo l’Istituto Nazionale Tumori (non un complottista qualunque), il virus circolava sicuramente in Italia da settembre.
Il cosiddetto caso uno di Codogno è stato ricoverato in terapia intensiva il 20 febbraio. Quindi, dopo quasi 6 mesi di vita normale, aerei, treni, navi, metropolitane, stadi, scuole, concerti, discoteche, movida, assembramenti di ogni genere e tipo, e pure il Papa a Bari…, la narrazione ufficiale racconta di un “focolaio” lombardo. Il già citato caso uno a Codogno…ecc. Ma questo virus terribilmente contagioso per cui oggi tutti noi viviamo nel panico, distanziati, mascherati, disumanizzati… come ha fatto a concentrarsi ed esplodere gravissimamente, soltanto dopo 6 lunghi mesi, in una così piccola zona d’Italia? Poi è magicamente scomparso in estate, e ora, da subito dopo le elezioni, è nuovamente con noi? Beh!
Vi dico una cosa: Il VIRUS ESISTE, le gravi sofferenze pure, e anche i morti purtroppo (il cui conteggio, tuttavia, lascia a dir poco perplessi)!
Ma il virus, l’amplificazione mediatica (univoca a livello internazionale) rispetto alla sua reale gravità,
l’inspiegabile disorganizzazione sanitaria creata ad arte come:
le comunicazioni contraddittorie di Cina e OMS,
le cure sbagliate,
i pazienti mandati di fatto a fare stragi nelle RSA,
le autopsie “vietate”, l
e frettolose cremazioni, gli ostacoli alla plasma-terapia, la figuraccia mondiale di Lancet sulla Idrossiclorochina,
il mancato rinforzo e una seria riorganizzazione del sistema sanitario, dei trasporti, i tamponi inattendibili
https://www.google.it/amp/s/tg24.sky.it/mondo/2020/11/13/elon-musk-covid/amp…)
sono semplicemente i mezzi per spaventarci a morte, far crollare l’economia e farci accettare come “normale” e inevitabile, l’inaccettabile.
Attraverso la paura più atavica, si vuole attuare lo stravolgimento delle nostre vite e condurci gradualmente verso un modello cinese in cui i diritti e le costituzioni verranno messi da parte nel “sacro” nome della salute pubblica. P
poco per volta, compreranno a saldo il nostro Paese e tutti noi sudditi dovremo avere un’identità digitale (vedi il nuovo e puntuale brevetto ID2020 di B. Gates)
https://patentscope.wipo.int/search/en/detail.jsf;jsessionid=F8EEB686291EE7A56183C2AF78DCE82A.wapp2nB?docId=WO2020060606&tab=PCTBIBLIO e sanitaria (vaccinale) https://www.ansa.it/canale_scienza_tecnica/notizie/biotech/2020/01/02/il-libretto-delle-vaccinazioni-si-scrive-sottopelle-_61f4d474-f94c-4f78-b89d-746eaa1d59b3.html
senza cui non potremo accedere alla vita sociale, stadi, concerti…
http://www.medicinapiccoledosi.it/senza-vaccini-niente-eventi/
Tutti saremo controllati attraverso infiniti scanner e telecamere.
La moneta cartacea dovrà gradualmente sparire (vedi brevetto 2020 di Visa sulla sua criptovaluta).
Le restrizioni, il coprifuoco, le limitazioni di circolazione e di associazione saranno (anzi, sono già) quotidianità.
La libertà di pensiero dovrà sottostare alla narrazione dominante.
Gli acquisti saranno indirizzati verso multinazionali tipo Amazon.
La famiglia tradizionale sarà messa sempre più in secondo piano per incentivare la cultura “gender” in nome della libertà sessuale e tante altre belle cose colorate di arcobaleni…
Chi manovra e pianifica tutto ciò (e parla in questi giorni di un grande RESET al New World Economic Forum), https://www.weforum.org/great-reset/ è portavoce di chi dispone già di ricchezze infinite. Il denaro non è il fine! Il fine è un “sogno” distorto (pianificato in moltissimi anni) di sottomissione dell’umanità ad un’élite di pochi eletti e “intellettuali” che sono disposti a tutto! Anche al rilascio se serve di altri virus più pericolosi (mister Gates mentre ride https://youtu.be/AtcDg_Afw5w e Walter Ricciardi, che “casualmente” gli fa eco in Italia, parlano già di nuove pandemie più gravi in arrivo…), pur di arrivare a dominare in una gerarchia sociale più vicina al Medioevo che ai tempi attuali.
Sembra un film di fantascienza; ed è talmente surreale e orribile, che si fa davvero fatica a crederci.
Per fortuna, di tutto ciò si sono resi conto ormai tanti intellettuali, scrittori, politici, giuristi, religiosi… come: Giorgio Agamben, Enrico Montesano, Diego Fusaro, Alessandro Meluzzi, Sara Cunial, Robert Kennedy Jr., Silvana De Mari, Angelo Giorgianni, Fabio Duranti, Francesco Amodeo, Massimo Mazzucco, Roberto Quaglia, Enrica Perrucchietti, Maurizio Blondet, Mons. Viganò… e persino il direttore di Radio Maria don Livio Fanzaga.
Mi sento finalmente in una buona e grande compagnia che, grazie a Dio, si sta allargando a macchia d’olio. Il risveglio sarà troppo grande perché possano farcela.
E allora, viva la vita! Viva gli abbracci!
Viva l’Amore in ogni sua manifestazione! Amore che risorgerà prepotente rimettendo in ginocchio il male, che indomito e instancabile, tenterà sempre di raggiungere il sopravvento. A tutti noi l’arduo compito di vigilare affinché ciò non accada.
Personalmente, non ho interessi in conflitto con il benessere dell’umanità e puoi essere certo che condivido le mie riflessioni perché ho a cuore il tuo bene.
FONTE : Potito Perrugini, giornalista, storico e ricercatore
E’ il virus dei cretini: decreta la rovina di chi cretino non è
Dilaga il virus dei cretini. Ha già vinto, nel senso che ha rincretinito vastissimi strati della popolazione, terrorizzati ininterrottamente per quasi un anno, ormai. Salta agli occhi la sproporzione mostruosa tra la pericolosità (reale, ma relativa) di un virus para-influenzale, che ha colpito soprattutto anziani, e le misure apocalittiche prese per contrastarlo, disastrando l’economia, la società, la psicologia, addirittura la salute (non si contano i casi di pazienti afflitti da altre patologie, trascurati da ospedali monopolizzati dall’emergenza virale). I cretini spopolano: riescono addirittura a incolpare i bar, i ristoranti, la movida dei giovanissimi. Il cretino medio non riesce a vedere quello che sta succedendo: le terapie (che esistono) sono state “oscurate” per creare l’attesa messianica del vaccino, unico possibile salvatore. E ora che il vaccino sta per arrivare, già si sente dire che – comunque – probabilmente non basterà: non potremo mai più tornare alla normalità di prima. Niente più amici, affetti, socialità. Una vita deturpata dal distanziamento: telelavoro, didattica a distanza. Ma il cretino non si sveglia: pensa ancora che sia giusto morire di paura, per sempre, mentre l’economia frana e la società si disintegra. Non vede, il cretino, che il virus è l’ultimo dei nostri problemi.
Quella del coronavirus è una nuova religione, totalitaria: lo ribadisce efficacemente Alessandro Meluzzi (psichiatra e psicologo, oltre che criminologo e politologo). Lo psichiatra legge bene la follia collettiva indotta dalla paura, lo psicologo commisura il prezzo del terrore sparso a piene mani, e il criminologo prende il posto del politologo laddove la politica non esiste più, annichilita dalla nuova religione che bolla come eretico “negazionista” chiunque provi a ragionare, a non fidarsi della narrazione ufficiale, a dar retta ai tanti scienziati che denunciato l’immane raggiro planetario in corso. Il coronavirus è certamente un problema, ma di sicuro non grande quanto le misure (aberranti) adottate col pretesto di volerne limitare la diffusione. Purtroppo, il cretino non se ne accorge. Non vede che dal web spariscono post e video, informazioni preziose, denunce. Non vede, il cretino, l’opera del “ministero della verità” istituito per “depurare” Internet dalle notizie scomode. Forse neppure sa, il cretino, che l’Ordine dei Giornalisti – ente medievale, creato dal fascismo ed esistente solo in Italia – ha appena emanato un “protocollo” destinato ai giornalisti, espressamente invitati (sotto pena di sanzioni) a dar credito solo alle fonti ufficiali, cioè quelle controllate dalla nuova religione.
Nei giorni scorsi è stato letteralmente massacrato uno scienziato “mainstream” come Andrea Crisanti, colpevole di lesa maestà di fronte al vaccino: ha detto che non accetterebbe di vaccinarsi, senza prima aver verificato la sicurezza di un farmaco preparato in così poco tempo. Avverte Massimo Mazzucco: c’è già chi festeggia l’avvento del nuovo vaccino “quantistico”, che sostituirebbe il microchip inoculando anche una molecola “interattiva”, arrivabile a distanza. Tra le tante stranezze, anche questa: il nuovo vaccino, per essere distribuito, avrebbe bisogno di essere conservato a una temperatura di 80 gradi sotto zero (per preservare quale componente?, si domanda Mazzucco). Tale Davide Faraone, parlamentare renziano, già scalpita: invoca un “passaporto sanitario integrato al vaccino anti-Covid”, senza il quale non sarebbe più consentito prendere il treno o l’aereo, entrare in un negozio, frequentare un bar, cenare al ristorante, visitare un museo, andare allo stadio. Siamo a questo: ci siamo arrivati. E non con la Mers, l’Ebola o la peste bubbonica. Macché, è bastato il coronavirus. Quello che si cura da casa con idrossiclorochina, o cortisone, con i farmaci a base di anticorpi. Alla peggio, con eparina o plasma. Ma non c’è speranza: il cretino non capisce. E trascinerà nel disastro anche chi cretino non è.
Paragone: «Il great reset annunciato da Bill Gates un nuovo mondo distopico»
Il potere in questa fase delle grandi aziende farmaceutiche è totale ed assoluto: gli stati sono assolutamente impotenti ed accettano, coi vaccini, condizioni estremamente non trasparenti. nello stesso tempo Amazon ed i grandi gruppi del web si stanno arricchendo in modo totale ed assoluto grazie al lockdown. Nel frattempo i media vengono pagati direttamente dallo Stato , con 50 milioni del governo Conte. Il Grande azzeramento , che aprirà al nuovo mondo dei pochissimi iper-ricchi, passerà attraverso la distruzione della ricchezza del popolo, soprattutto della classe media. Andiamo verso la polarizzazione assoluta e totale.
VIDEO QUI:
FONTE: https://scenarieconomici.it/paragone-il-great-reset-annunciato-da-bill-gates-un-nuovo-mondo-distopico/
Bombshell! Here’s A Video Of Dominion Director, Eric Coomer, Explaining To Elections Officials How To Switch Votes
Dr. Eric Coomer who is responsible for the strategy and Security of Dominion Voting Systems at Dominion Voting Systems. But if you search the company’s profile Eric Coomer has since been removed from their page of directors.
In 2016 Coomer told the Illinois States Board of Elections that it was possible to bypass election systems software.
Here is more from the 2016 article at the Post and Email:
Dr. Coomer’s statement brings to light a very serious issue all voters should understand. Voting systems must be re-certified each time they make changes to the hardware or software. Recertification is an expensive and time consuming process.
What Dr. Coomer told the Board is that Dominion Voting does not go back for recertification of software when threats to their code are discovered.
Rather, they rely on post-election audits and providing advice to election jurisdictions about security. I have reviewed all of the recertification documents produced by Dominion, and I do not recall any software adjustments for security purposes.
This is the reality of the security of your vote. Software systems that count and record the vote across Illinois and throughout the USA are not updated to address security problems, and even if they were, the software can be completely bypassed by going to the data tables that drive the systems.
And in 2017 Eric Coomer explained how to alter votes in the Dominion Voting Systems in a Chicago demonstration.
Here is the video (7:30):
Now this…
A video turned up from 2017 where Dr. Eric Coomer from Dominion Voting explained to Chicago election officials how to alter votes in the Dominion voting machines.
This then is the SECOND VIDEO of top Dominion executive explaining to election officials how to alter votes with the Dominion machines!
ATTUALITÁ SOCIETÀ COSTUME
Ecco il decalogo per non prendere fregature durante il Black Friday!
Le regole per uno shopping online sicuro
I negozi sono chiusi e i soliti Amazon e Alibaba sono pronti a mangiarsi il mercato nell’indifferenza della politica italiana.
Non bastasse questa disgustosa situazione, nessuno si preoccupa di allertare chi naviga su Internet a proposito delle fregature che potrebbero accompagnare lo shopping online.
Se in Italia il problema sembra non esistere, altrove la questione è prioritaria e le organizzazioni di carattere istituzionale non esitano a procedere in modo deciso nella loro opera di importante evangelizzazione.
Oltre Manica – ad esempio – il National Cyber Security Center (NCSC) ha appena pubblicato una guida aggiornata per chi vuole fare compere in occasione del Black Friday di questa settimana.
Secondo l’NCSC la criminalità aspetta da mesi la magica opportunità di sfruttare il significativo maggior numero di transazioni in Rete nel periodo che precede il Natale. I banditi sanno bene che i consumatori – impegnati a trovare i prezzi più convenienti – potrebbero abbassare leggermente la guardia durante la corsa per non perdere le migliori offerte.
La pubblicazione del documento di NCSC induce a redigere una sorta di decalogo che può risultare utile anche per chi pensa di non aver bisogno di “vaccinarsi” contro le fregature sempre in agguato.
La prima regola
La prima regola è certamente quella di essere estremamente selettivi nell’individuazione del sito su cui fare acquisti. Sarebbe bene verificare – adoperando un qualunque motore di ricerca – se in giro sul web c’è qualcuno che parla di una determinata realtà, racconta la sua esperienza, spiega gli eventuali disagi o disservizi, enumera osservazioni negative.
Nel procedere in questa ricognizione è opportuno tagliare i commenti troppo caustici (potrebbero essere stati inseriti qua e là da un concorrente) e quelli eccessivamente entusiastici (magari opera dello stesso venditore): se vale il principio “in medio stat virtus”, le referenze più equilibrate possono far emergere in modo pacate pregi e difetti di un interlocutore nell’e-commerce.
Bisogna stare attenti al nome del sito cui ci si collega. Molti malandrini non esitano a creare pagine web che hanno un indirizzo simile a quello di un vero e ben conosciuto produttore o venditore. A volte basta un trattino tra una parola doppia oppure una lettera di meno o in più: la manipolazione del nome del sito (“mistyping” lo chiamano gli esperti) è una tecnica pressoché storica e la sua efficacia non sembra ossidarsi (forse anche grazie alla poca informazione in proposito).
Secondo “comandamento”?
Fornire solo le informazioni necessarie. La compilazione di schede, moduli e questionari deve limitarsi ai dati indispensabili per procedere all’acquisto e per ottenere la spedizione nel rispetto delle condizioni stabilite. Valga il detto “tutto quel che dirai potrà essere utilizzato contro di te”: quasi si fosse sulla scena di un film poliziesco americano, ci si deve ricordare che è meglio non confidare elementi di conoscenza con chi potrebbe poi farne un uso distorto e magari in danno a chi si è lasciato andare in chiacchiere che si potevano evitare.
Il terzo consiglio
Questo riguarda la descrizione di quel che si sta acquistando. Non si abbia fretta e si legga con calma, magari anche più di una volta. Non di rado manca qualcosa oppure viene fornito un dettaglio che deve far scattare subito qualche dubbio sulla bontà o sull’affidabilità del prodotto.
Numero quattro: il prezzo!
Se qualcosa costa troppo poco, dobbiamo aspettare a gioire. Il prodotto potrebbe essere contraffatto o di provenienza illecita e il compratore potrebbe poi essere chiamato in causa per l’incauto acquisto e risponderne con il pagamento di spiacevoli sanzioni. C’è anche il rischio che l’oggetto “troppo economico” non esista e quindi non arrivi mai….
Cinque?
Le condizioni previste per la consegna. E’ fondamentale sapere se le spese di spedizione sono incluse o il loro onere debba essere aggiunto al costo di quel che si sta pensando di comprare. Qualche volta una occasione straordinaria finisce con il rivelarsi tutt’altro che appetibile perché il recapito potrebbe far sfumare la convenienza che inizialmente aveva richiamato l’attenzione.
Arriviamo al sesto punto.
Cosa succede se il prodotto non corrisponde a quanto è stato ordinato via Internet, o se arriva in condizioni inaccettabili oppure se è danneggiato o non funzionante? Nonostante la vendita per corrispondenza sia tutelata da norme apposite e quindi ci si possa sentire garantiti, è preferibile verificare anzitempo a cosa si va incontro nel caso si debba restituire al mittente il pacco che si intende rifiutare.
Settima raccomandazione.
Cercate di prediligere modalità di pagamento che prevedano una sorta di copertura assicurativa per eventuali disguidi. PayPal e Google Pay, ad esempio, offrono garanzie sulla restituzione della somma anche se tale risarcimento è naturalmente vincolata alla presenza di fondi nel conto del venditore….
Consiglio numero otto.
Fate attenzione ai messaggi che piovono a dirotto nella vostra casella di posta elettronica. Controllate il mittente e non lasciatevi incantare da proposte mirabolanti che possono essere l’amo dell’incessante proliferare di azioni di “phishing”.
Siamo al nove…
E’ indispensabile ricordarsi che nessuno regala nulla e quindi un briciolo di diffidenza non guasta mai. Internet abbonda di malfattori e le truffe sono all’ordine del giorno.
Il fatidico numero dieci
L’ultima raccomandazione è tutt’altro che tecnologica e sembra vanificare lo sforzo di elencare le cautele, ma non posso fare a meno di riportarla.
Il commercio elettronico è senza dubbio affascinante ma sta uccidendo l’economia tradizionale. I negozi sotto casa – già martoriati dai centri commerciali che hanno stravolto le abitudini dei consumatori – sono sicuramente meno competitivi ma prima di escluderli mi permetto di fare un quesito a chi sta leggendo queste mie righe.
Quanto vale un sorriso? Vi siete mai chiesti qual è il pregio di un cordiale “buon giorno” o di un sincero “posso aiutarla”?
Forse – come si dice di una carta di credito – non ha prezzo.
La più efficace cautela per evitare fregature online è forse quella di non scartare la possibilità di comprare “dal vivo”, vedere e toccare quel che si vuol acquistare o regalare, incontrare altre persone, scambiare quattro chiacchiere, essere semplicemente “normali” come si era un tempo…
FONTE:https://www.infosec.news/2020/11/24/news/ecco-il-decalogo-per-non-prendere-fregature-durante-il-black-friday/
This was a separate demonstration in the Chicago area (notice he is wearing a dark jacket and is without the wrist protector.)
Source: Thegatewaypundit.com / Reference: Rumble
FONTE: https://humansarefree.com/2020/11/bombshell-heres-a-video-of-dominion-director-eric-coomer-explaining-to-elections-officials-how-to-switch-votes.html
Il cenone e gli sci non sono una colpa
24 NOVEMBRE 2020
VIDEO QUI: https://youtu.be/QEyNoq-W4XM
00:00 Questi cialtroni ci dicono di restare a casa a Natale, ma in realtà sono loro che dovrebbero andare a casa a Natale. Nessun giornale contesta l’assunto: con 50 mila morti non si può andare a sciare. E invece è un’attività – al pari di altre – che andrebbe rivendicata. Non dobbiamo sentirci in colpa. Con la Seconda ondata altro che Modello Italia…
04:25 Il governo in ritardo su tutto, ora è ufficiale anche sul Recovery Fund. Per questo Berlusconi non dovrebbe “aiutarli”.
06:40 Vaccini, arriva quello inglese e Crisanti ci ripensa. Un grande Nordio che spiega perché il prof ha detto una scemenza.
08:05 Modello Italia? La Seconda ondata sta dimostrando che, al contrario, siamo tra i peggiori d’Europa.
08:57 L’arrogante Morra “cucinato” da Buccini. Questo articolo dovrebbe far riflettere Forza Italia.
12:23 La follia dello sciopero dei dipendenti pubblici.
14:25 Credit Agricolè mette mano al portafoglio per comprare Creval.
15:15 Il giallo dei servizi segreti che “seguivano” Lucio Battisti: ne scrive un favoloso Paolo Giordano
BELPAESE DA SALVARE
Abbiamo delle capre in Comune
Nel Cimitero dei Colerosi di Barra sono arrivate le capre
Il Cimitero dei Colerosi di Barra è una struttura storica costruita nel 1836 ed originariamente destinata ad accogliere le vittime delle epidemie di colera che imperversarono per tutta Italia ed anche a Napoli nel diciannovesimo secolo.
Si tratta di un rettangolo di terreno ormai incluso all’interno di una zona commerciale ed industriale parzialmente in disuso e cinto da mura che lo isolano completamente dalla strada e dalle attività circostanti. Oltre ad essere testimonianza di un tempo passato, ed espressione visiva di una realtà che per altri versi stiamo vivendo anche oggi attraverso la pandemia di coronavirus, il cimitero è un sito storico nel vero senso della parola. In esso, infatti, e seppellito il fisico e scienziato di origini parmensi Macedonio Melloni, fondatore dell’Osservatorio Vesuviano e nei fatti padre della moderna vulcanologia. Anch’egli fu colto dalla malattia mentre era ospite del palazzo Vergara di Craco a Portici, e dopo la sua morte fu accomunato alle altre vittime, avendo tuttavia un cenotafio suo proprio.
Con l’esaurimento delle varie ondate di epidemia, e la successiva scomparsa dei parenti più prossimi delle vittime, il cimitero è andato gradatamente in disuso, e quella che era una striscia di terra racchiusa da campi coltivati ed aranceti è stata gradatamente inglobata dalla città in espansione. nonostante il suo valore storico, il sito è stato per decenni completamente abbandonato da parte del Comune di Napoli, che statutariamente ne è responsabile in termini di semplice pietà verso i defunti, ed anche per il suo valore di sito rilevante per la storia della scienza. Il luogo è stato invaso nel tempo da erbacce e cespugli, che hanno costituito una foresta inestricabile, la quale ha nascosto alla vista dei passanti le antiche tombe. La sua posizione defilata e l’assenza di qualunque sorveglianza ne hanno ovviamente fatto nel tempo un luogo privilegiato per lo sversamento di qualunque cosa e per la pratica di attività poco chiare.
Solo in tempi recenti il luogo è stato riscoperto grazie all’opera appassionata di pochi volontari, che hanno cercato di creare un movimento di opinione per la sua riqualificazione, e si sono più volte sporcati le mani entrando nel cimitero con dei decespugliatori e provvedendo con le proprie forze a fare ciò che l’inerzia del Comune non ha fatto. Ciò non ha impedito che in tempi recentissimi il sito fosse oggetto di nuovi insulti. Addirittura, un’attività commerciale confinante, dovendo eseguire dei lavori di ristrutturazione, ha montato le impalcature all’interno del cimitero, posizionando un palo proprio sopra la lapide di Melloni, compiendo per altro un reato penale. La vicenda ha raggiunto rapidamente, sempre grazie all’opera dei volontari, gli organi di stampa locali, e almeno questo scempio è stato rimosso.
Ma per il povero cimitero e dei suoi defunti continua a non esserci pace. In tempi recenti all’interno del suo recinto una mano ignota aveva liberato una coppia di caprette tibetane, le quali nel tempo sono diventate cinque, e che attraverso il loro continuo brucare hanno fino ad oggi assicurato la pulizia del terreno. Un’altra mano ignota, mossa probabilmente da motivi meno nobili, ha successivamente denunciato la presenza degli innocui animali all’interno del camposanto. Contrariamente al disinteresse mostrato nel tempo, il Comune di Napoli attivato l’ASL locale e le bestiole sono state catturate e portate via. Si è facili profeti quando si dice che in breve tempo l’area sarà nuovamente invasa dalla vegetazione, consentendo a chi voglia dedicarsi ad attività anche delinquenziali di poter agire indisturbato.
Forse giova osservare che in altri luoghi le capre sono appunto utilizzate come diserbante intelligente per mantenere pulite delle aree di interesse naturalistico o paesaggistico. Non capiamo bene – o forse capiamo troppo bene – quale sia la logica che sta dietro questo atto irragionevole.
L’unica cosa che possiamo dire oggi, è che al Comune di Napoli ci sono delle capre.
FONTE: https://www.infosec.news/2020/11/24/news/cittadini-e-utenti/abbiamo-delle-capre-in-comune/
CONFLITTI GEOPOLITICI
Il covid è una Guerra Mondiale atipica, combattutta con gli strumenti della scienza biologica
Federica Francesconi – 23 11 2020
Davvero l’Italia pensa di poter dare lezioni di Stato di diritto a Ungheria e Polonia?
Esiste lo Stato di diritto nel nostro Paese? Perché un modo di evitare questo interrogativo, è proprio offerto dal presumerlo in tutta l’Ue, dando per scontato che vi goda di ottima salute, eccezion fatta per Ungheria e Polonia. Vien da sorridere pensando che fra i più accaniti sostenitori dell’accusa nei confronti di questi due Paesi siano propri gli eredi di quel Pci che considerava tutti quelli del centro Europa sottoposti al gioco sovietico come il non plus ultra della democrazia, le tanto celebrate democrazie socialiste, che avevano non superato ma rinnegato le carte liberaldemocratiche, in quanto intrinsecamente classiste. C’è di più, perché Ungheria e Polonia non si sono ritrovate libere il 25 aprile del 1945, ma hanno conosciuto per decenni una durissima dittatura comunista, maturando una dolorosa opposizione, hanno riconquistato dopo decenni la loro indipendenza come nazione, con la propria lingua, storia, cultura, religione, conservando una profonda allergia nei confronti di qualsiasi pesante interferenza esterna. Se ora si sentono minacciate dalla pretesa Ue di sindacarne la stessa esistenza come entità non più territoriale, ma politica, alla luce di una definizione di Stato di diritto approssimativa e di una procedura sanzionatoria del tutto discrezionale, comportante la sospensione degli stanziamenti Ue, si può ben capire la loro opposizione. Né ci si deve sorprendere troppo che questa prenda la forma di un veto al varo del bilancio Ue, incorporante il Recovery Fund, perché qui è richiesta l’unanimità; mentre una volta avviata la procedura sanzionatoria è sufficiente una maggioranza qualificata, con a potenziali destinatarie proprio l’Ungheria e la Polonia, già ora indagate perché inadempienti.
A dire il vero, l’accusa di violare lo Stato di diritto è parte dell’altra più generale di essere entrambe nazioni sovraniste, cioè niente più niente meno gelose della loro sovranità faticosamente riconquistata, letta ovviamente come caratteristica negativa, cioè resistere ad una concezione dell’Unione europea che vorrebbe costruire la sua identità sulla negazione di quelle nazionali. Tacciare di sovraniste due nazioni con una grande storia alle spalle, che hanno costituito per secoli l’ultima barriera all’espansione musulmana, salvando l’Europa cristiana da una totale islamizzazione, significa non voler capire quanto sia stato sentito il recupero del sapore della sovranità, dell’essere padroni in casa propria, a cominciare dalla stessa premessa fondamentale, la consultazione popolare, che individua la maggioranza di governo.
Ora, se questa è la premessa fondamentale, si può dire che sia rispettata pienamente in Italia? Anzitutto ci dovrebbe essere una stabilità della legge elettorale, per impedire che ogni temporanea maggioranza o coalizione ne confezioni una nuova a sua misura, come invece accade da quando ci si è lasciati alle spalle, nei primi anni ’90, quella proporzionale applicata dal 1948: il Mattarellum, dal 1994 al 2005, il Porcellum, dal 2005 al 2015, il Rosatellum, nel 2017. E, oggi, è proprio la redazione di una ulteriore legge elettorale, che dovrebbe tener conto della riduzione dei parlamentari, a rappresentare una questione tenuta aperta dalla stessa maggioranza, non solo perché divisa fra fautori del proporzionale e fautori del maggioritario, secondo le convenienze delle varie componenti, ma anche perché senza vararla, non sarebbe possibile andare a votare, facendo così della sua perdurante assenza la garanzia di una perpetuazione della traballante legislatura fino alla naturale scadenza nel 2023.
Secondo l’articolo che apre la nostra Costituzione, la prima caratteristica dell’essere l’Italia una Repubblica democratica è data dall’appartenere la sovranità al popolo, con la precisazione che la esercita nei modi e nei limiti previsti dalla stessa carta fondamentale. Ma, per una sorta di degenerazione partitica, la sovranità invece di essere implementata è stata spogliata proprio da come si è interpretato il rinvio ai modi e alle forme del suo esercizio, per cui la consultazione politica sfocia oggi in una rappresentanza parlamentare che non solo è scelta dalla burocrazia partitica, ma resta assolutamente libera di fare e disfare le maggioranze, sì da rendere la scelta popolare una specie di cambiale in bianco. L’assenza di una sorta di mandato imperativo, che ben avrebbe potuto, anche in mancanza di un esplicito disposto costituzionale apposito, costituire un comando contenuto nel decalogo di comportamento di ogni eletto, ha alimentato un trasformismo collettivo, giustificato in base al noto convincimento che i governi si creano e si distruggono in Parlamento, senza alcun riguardo ai programmi e agli impegni assunti in campagna elettorale e senza che lo stesso presidente della Repubblica voglia metterci bocca, vincolato come sarebbe a far da notaio alla mera conta dei numeri.
Ogni giorno dai megafoni dei mass media viene riecheggiata la voce autorevole del nostro presidente della Repubblica, che invoca a tutta bocca la solidarietà dell’intero Paese, a cominciare dalla stessa opposizione, chiamando in causa quel che avviene oltre Alpi, ma si dimentica che altrove i governi sono stati debitamente eletti, anche nei Paesi sovranisti, votando coi partiti i leader, donne e uomini sottoposti al vaglio democratico. Se ne prende atto con una semplice panoramica che d’altronde è nelle orecchie di tutti, cominciando dai paesi che si ritengono modelli democratici, Pedro Sanchez in Spagna, Emanuel Macron in Francia, Angela Merkel in Germania, Boris Johnson in Gran Bretagna, procedendo con i Paesi cosiddetti sovranisti, quelli europei ,Victor Orban in Ungheria e Jaroslaw Kaczynski in Polonia, e quelli oltre atlantico, Donald Trump negli Usa e Jair Bolzonaro in Brasile.
Che cosa hanno in comune tutti questi Paesi? Di avere capi sottoposti al consenso popolare, da questo punto populisti. In che cosa si differenzia l’Italia? Nell’avere un presidente del Consiglio dei ministri scelto in una camera d’albergo da due nemici divenuti improvvisamente amici in vista della conquista delle benedette poltrone ministeriali; e, poi, riconfermato da altri due nemici diventati anch’essi amici in ragione della conservazione delle ancor più benedette poltrone parlamentari. In entrambi i casi un tollerante presidente della Repubblica ha dato semaforo verde, nonostante la evidente incompatibilità di maggioranze meramente numeriche, apprestate in plateale contrasto con le loro identità quali espresse nelle stesse piattaforme programmatiche, come se una collaudata democrazia dovesse avere paura delle elezioni, tanto più quanto si ritenga di escluderle proprio per una evidente patologia democratica, quella di evitare che l’opposizione possa vincerle, in quanto considerata a priori indegna di governare.
In nessun Paese cosiddetto democratico Giuseppe Conte avrebbe avuto titolo a fare il presidente del Consiglio, addirittura di due governi di segno contrario, rivelando fra l’altro una disinvoltura che viene in genere riconosciuta ai saltimbanchi della politica. Si dirà che i sondaggi popolari gli danno ragione, ma questo dovrebbe far pensare al come è riuscito ad occupare e a mantenere tutto lo scenario mediatico per sé, con una ossessiva personalizzazione tipicamente da regime, dove è apparso l’unico indiscusso regista della battaglia contro la pandemia, una guerra si è detto e ripetuto, dove il normale funzionamento democratico rimane sospeso. Non per nulla da buon avvocato dei beati possidenti, il nostro uomo si è inventato i decreti del presidente del Consiglio come strumento di gestione dell’emergenza, di per sé esenti da qualsiasi controllo del Parlamento e del presidente della Repubblica, quindi con una emarginazione proprio di quel Parlamento che si vorrebbe talmente sovrano da poter scompaginare a piacere lo stesso voto popolare. Solo che non si tratta di tenere a bada l’opposizione, ma la stessa maggioranza eterogenea e rissosa, sì che la tecnica di governo diviene quella del rinviare qualsiasi decisione la possa mettere in forse, primum vivere deinde philosophari, formula classica che in volgare può ben essere resa come galleggiare.
Solo che chi di spada ferisce, di spada perisce, cioè chi colpisce col trasformismo, dal trasformismo è messo in pericolo, ed ecco allora di fronte alla transumanza che insidia la maggioranza in Senato, braccia aperte al buon Berlusconi, non importa se pagato in anticipo con un emendamento che mette in luce platealmente il suo conflitto di interessi, l’importante è che dia una mano, non conta se sia stata considerata in passato tale da non poterla stringere.
Nella sua evoluzione lo Stato di diritto, inteso come Stato che in forza di un potere giudiziario indipendente tutela i fondamentali diritti civili figli della rivoluzione liberale, precede lo stesso Stato democratico nel senso moderno del termine, cioè a partire dal varo del suffragio universale. E non per nulla l’accusa mossa ad Ungheria e Polonia tocca proprio questo aspetto, ma, a prescindere qui dalle cosiddette leggi bavaglio, ce, peraltro non sono una peculiarità di quei Paesi, data che così è stata battezzata la nostra sulle intercettazioni, certo qui da noi la magistratura è quella più e meglio garantita nell’intero panorama internazionale, peraltro con una peculiarità che va ben stretta ad uno Stato di diritto, cioè l’accorpamento in una sola carriera di quella inquirente e di quella giudicante. Ma, a prescindere da una crescente consapevolezza critica circa una tendenziale esondazione del potere giudiziale a danno del legislativo e dell’esecutivo, che compromette il classico equilibrio anticipato da Montesquieu, c’è da andare oltre la descrizione costituzionale, per verificare come essa risulta tradotta in pratica.
Ora, per seguire la massima popolare che il pesce puzza dalla testa, c’è da osservare come proprio il Consiglio Superiore della Magistratura si sia rivelato quel bordello ben noto da tempo, ma venuto alla luce solo quando i suoi membri sono stati colti con le mani nel sacco. Né ci si poteva aspettare altro da un sistema elettivo basato su associazioni distinte in base alle diverse politiche del diritto sostenute, secondo il classico continuum conservatori /progressisti, ma saldamente uniti nella difesa della corporazione. Tanto da far riuscire del tutto normale che a partire dal vicepresidente fino a tutte le cariche rilevanti, con in testa i dirigenti delle procure, si concordassero coi politici considerati più disposti a sostenerli, non per nulla gli attuali Ds, che in cambio hanno lucrato una attenzione giudiziaria privilegiata per i leader dell’altra sponda.
Fondata o no che sia stata l’azione della magistratura inquirente, qualche timida domanda circa la sua imparzialità la suscita la sequenza che ha visto messi alla gogna mediatica Craxi, Berlusconi e Salvini, sul quale ultimo, a parte i processi per sequestro di immigrati, ora avvertiti dai tam tam che giungono fino al cuore dell’Africa circa la disponibilità ad accoglierli tutti, pende ancora l’inchiesta aperta sul famoso finanziamento da Mosca, lasciata oscillare sul suo capo, in vista del momento opportuno per recidere la corda che la sostiene.
Bene, ora abbiamo il capro espiatorio, Luca Palamara, non c’è più nessuna fretta di riformare il Csm, a meno che non se ne trovi uno che vada bene all’Associazione nazionale dei magistrati, campa cavallo che l’erba cresca. Ma intanto, a prescindere dal susseguirsi di potenziali golpe giudiziari a danno della libera dialettica democratica, qualche credibilità si deve dare a quel componente del collegio feriale della Corte di Cassazione che lasciò in un video testimonianza dell’essere quella di Berlusconi per evasione fiscale, una condanna scontata, nonché allo stesso Palamara, che intercettato si disse contrario allo stesso Berlusconi perché questo era il mandato della sua corrente. A prescindere da tutto questo, in uno Stato di diritto la magistratura deve essere indipendente per garantire i diritti dei cittadini, in primis verso l’esercizio del potere repressivo, quello penale.
Potrei ricordare quanto mi disse il collega, maestro autentico, Franco Briccola, che, cioè, il ruolo dell’avvocato difensore era ormai del tutto emarginato, ma basta leggere un prezioso volumetto di un suo allievo, Filippo Sgubbi, dal titolo già eloquente “Il diritto penale totalitario”. È un quadro impietoso fatto da un esperto della materia, ottimo studioso e grande avvocato. Volendo riassumerlo in una sola frase, questa potrebbe essere “prima viene l’accusa e poi il reato”, con dei procuratori incarogniti nel costruire a posteriori gli estremi del reato semplicemente presupposto, fra l’altro facendone il capo di un gomitolo di illeciti che via via viene sgomitolato. Chiamando a supporto la pubblica opinione con interviste a raffica, fanno dell’imputato un lebbroso con la campanella al piede, che suonando fa allontanare chiunque, distrutto irrimediabilmente nella sua carriera pubblica e privata, quando non anche nella vita famigliare. Una sorta di immersione in carenza di ossigeno destinata a durare, ora dopo la via libera data alla imprescrittibilità, addirittura senza termine, mi vien da sorridere a pensare che il rettore della Sapienza sia stato attaccato per avere una indagine a suo carico per un concorso. Bene io avuto qualcosa di più, un rinvio a giudizio sempre con riguardo ad un concorso, certo chiuso con una piena assoluzione ma dopo … dieci anni, un tempo in cui non potevo neanche partecipare a bandi di consulenza, perché avevo in corso un procedimento penale. Dove è sparito quel principio cardine dello Stato di diritto, per cui uno è presunto innocente fino al terzo grado di giudizio? Ormai non è necessario neppure un primo grado di giudizio, basta che riceva l’avviso di essere indagato, chiamato con sottile ironia avviso di garanzia, ma di garanzia c’è solo la condanna ad un calvario indegno di un Paese civile.
C’è veramente da chiedersi se noi possiamo essere giudici del rispetto dello Stato di diritto, ma farlo significherebbe dover concludere che non lo siamo affatto, ma allora come saremmo in grado di proporre l’Italia come un modello, se pure insidiato da presso da una specie di mix di sovranismo e populismo, che poi è quanto si potrebbe far dire all’articolo 1 della nostra Costituzione, quando attribuisce la sovranità al popolo? Certo, secondo una battuta che mi sembra di dover attribuire a Brecht, se il popolo non va bene, basta cambiarlo…
FONTE: http://www.atlanticoquotidiano.it/quotidiano/davvero-litalia-pensa-di-poter-dare-lezioni-di-stato-di-diritto-a-ungheria-e-polonia/
7 milioni di voti sottratti a Donald Trump
FONTE: https://www.facebook.com/lisa.stanton111/posts/3764772223541026
CULTURA
SE LA FILOSOFIA OGGI APRE LA MENTE MA SVUOTA LE TASCHE
Siamo tanti. E siamo piuttosto arrabbiati. Siamo un esercito di giovani laureati in filosofia che combatte una battaglia, quella contro la disoccupazione e la precarietà, che, oltre a non avere nessuna ragione di esistere, è ingiusto siano i giovani stessi a farsene carico pagandone le spese. Già, perché iscriversi alla facoltà di filosofia, nel 2020, non dev’essere un atto anticonformista o, peggio ancora, di coraggio ma dovrebbe essere semplicemente un diritto: quello di scegliere il proprio lavoro alla luce delle proprie passioni e inclinazioni.
Ma facciamo un passo indietro.
Lo scorso 19 novembre si è celebrata la giornata mondiale della filosofia, istituita dall’UNESCO nel 2002, e quest’anno in Italia, in occasione di tale evento, il Ministero dell’Istruzione, con la collaborazione con le istituzioni di cultura e ricerca e con il patrocinio della Commissione Nazionale Italiana per l’UNESCO, ha proposto un’iniziativa dal titolo «La filosofia c’è. Un’agenda per il futuro» che suona abbastanza ipocrita. C’è davvero un futuro per la filosofia in Italia, soprattutto nell’ambito scolastico? Ovviamente la risposta a tale domanda retorica è una, ed è sempre e solo “no!”. Per questo, il collettivo del movimento Filosofia Futura (ancora una volta, non a caso, incontriamo questo termine) ha dato vita ad un “manifesto”, unito ad una petizione da inviare al governo per far fronte alla mancanza occupazionale. La ragione di tale iniziativa è da ricercare nella degradazione del ruolo della filosofia e la sua progressiva scomparsa dal mondo scolastico ad opera delle riforme degli ultimi decenni.
Sono gli anni che vanno dal 1997 al 2000 e Luigi Berlinguer con la sua riforma, detta anche “riforma dei cicli”, propone di introdurre la filosofia (seppur non in forma storica) già nel biennio del secondo ciclo di istruzione e il suo insegnamento a partire dal triennio in tutti i tipi di scuola, riconoscendone la valenza formativa per tutti i corsi di studio.
Tale riforma non è, però, mai entrata in vigore in quanto abolita nel 2001 dalla ministra Moratti che lasciò, però, attivo l’insegnamento della filosofia non più nel biennio, ma solo nel triennio di tutto il sistema dei licei, compresi i licei tecnici. Tuttavia, il colpo più duro che ha dovuto subire l’insegnamento della filosofia è avvenuto nel 2008 con la riforma della Gelmini, che ha dato vita ad una grande opera di razionalizzazione e ridimensionamento delle risorse.
La nuova legge oltre a ridurre il personale (è un caso che nel nostro Paese il rapporto docente/alunni sia uno dei più bassi a livello europeo?), razionò anche la quantità di ore di lezione afferenti a ogni Liceo o Istituto. Come se non bastasse, un’ulteriore problematica è rappresentata dalla possibilità di attribuire una cattedra di una classe di concorso a docenti che hanno classi di concorso affini a quelli per cui ottengono la cattedra, attraverso il cosiddetto meccanismo delle “classi atipiche”. Meccanismo, questo, non reso valido per i laureati in filosofia (aventi solo la classe di concorso A-19), il cui insegnamento avviene a partire esclusivamente dal triennio delle scuole del secondo ciclo di istruzione e che apre ad una serie di problematiche come il fatto di rendere l’insegnamento di scarsa qualità non tenendo conto delle specifiche competenze (ad esempio, un’unica persona può insegnare discipline molto diverse come Filosofia, Storia, Psicologia, Pedagogia, Sociologia, ecc.)
Ora, alla luce di quanto letto risulta chiaro il motivo della rabbia, dello sconforto e della delusione che attanaglia i laureati in filosofia che non smettono di chiedersi quali siano i criteri alla base di queste scelte volte a “smantellare” la filosofia dal mondo scolastico italiano. Perché la filosofia infastidisce così tanto e perché nel 2020 i più la considerano “inutile”? Intendiamoci, che sia il mio vicino di casa, mia zia o un passante qualsiasi a dirmi che “la filosofia non serve a niente se non a farsi problemi inutili” posso anche tollerarlo, ma quando questa mentalità paesana e superficiale proviene dai nostri governanti e da coloro che decidono per il nostro futuro, diventa abbastanza problematico. Già, perché, se così fosse, allora l’UNESCO non definirebbe la pratica filosofica come “scuola per la libertà” dal momento che:
costruisce gli strumenti intellettuali per analizzare e comprendere concetti chiave come la giustizia, dignità e libertà, nella misura in cui aiuta a sviluppare capacità di pensiero e indipendenza del giudizio [e in quanto] stimola la capacità critica per capire il mondo e i problemi che pone.
E, continuando, nelle Indicazioni nazionali non leggeremmo che le abilità e le competenze che questa disciplina promuove sono:
la riflessione personale, il giudizio critico, l’attitudine all’approfondimento e alla discussione razionale, la capacità di argomentare una tesi, anche in forma scritta, riconoscendo la diversità dei metodi con cui la ragione giunge a conoscere il reale.
Da sempre, dunque, si riconosce all’educazione il fondamentale compito di sviluppare le potenzialità degli individui e creare le condizioni in vista della loro piena realizzazione. In questo senso, la scuola non può e non deve permettere che i giovani inclini al pensiero filosofico si sentano scoraggiati dal continuare in tal senso il proprio processo formativo optando per uno più redditizio in quanto agganciato al mondo lavorativo.
Ovviamente non è solo responsabilità della scuola ma anche della società che, qualora continui a non riconoscere la portata di un sapere che è alla base della nostra identità storica, culturale e sociale e, per citare Nuccio Ordine nel suo libro L’utilità dell’inutile, si mostri ossessionata dalle logiche del profitto e dal “culto dell’utilità”, finisce per inaridire lo spirito e fallire miseramente nella sua funzione essenziale.
Giusy Nardulli
FONTE: https://www.frammentirivista.it/filosofia-oggi-mente-tasche/
CYBERWAR SPIONAGGIO INFORMAZIONE DISINFORMAZIONE
Gli USA sfidano i “deepfake”. Sai cosa sono e quanto sono pericolosi?
Il rischio di ricatti ed estorsioni è sotto gli occhi di tutti
Le tecnologie ci appassionano e raramente pensiamo alle tante e troppe controindicazioni.
La tanto decantata intelligenza artificiale non di rado è utilizzata per obiettivi ben lontani dall’utilità auspicabile da chiunque, ma si mette al servizio di chi persegue i più deprecabili scopi.
L’impiego balordo degli strumenti innovativi avviene – ad esempio – con il “deepfake”, una tecnica che consente di elaborare le immagini digitali e di andarle a sovrapporle in fotografie e soprattutto in filmati che, pur fasulli, hanno una drammatica verosimiglianza.
Come funziona il deepfake
Questa sofisticata tecnica viene usata per realizzare falsi video pornografici che avrebbero come protagonisti celebrità dello spettacolo o semplici persone vittime di vendette di ex-fidanzati o di individui le cui avances sono state respinte.
Il deepfake viene spesso adoperato per fare innocua e divertente satira (ne sanno qualcosa i politici), ma si deve avere coscienza del fatto che si tratta praticamente di una vera e propria affilatissima arma per dar vita a turpi iniziative di “revenge porn”, ad azioni di cyberbullismo, alla diffusione di fake news, all’innesco truffe e frodi.
Nonostante la preoccupazione per le conseguenze del deepfake abbia una radice nel 2017, il fenomeno – emerso sulla piattaforma sociale “Reddit” – ha continuato a proliferare e ad assumere dimensioni impressionanti.
Applicazioni come FakeApp, DeepFaceLab, FaceSwap e myFakeApp hanno avuto un grande successo e la ricaduta è inquietante.
Sono programmi che basano il loro funzionamento sull’impiego una rete neurale artificiale e sul ricorso alla potenza del processore grafico e ad un certo numero di gigabyte di memoria RAM necessari per generare il video fake. Il software ha bisogno di abbondante materiale: più sono le foto e i filmati della “vittima”, maggiormente agevole sarà il lavoro di elaborazione e sostituzione della sventurata persona in un contesto cui è totalmente estranea.
L’iniziativa americana
La senatrice democratica del Nevada Catherine Cortez Masto ha promosso un provvedimento normativo che impone una ricerca governativa in materia di deepfake e il testo – prossimo a divenire legge – è passato al Senato con consenso unanime.
La norma si chiama IOGAN (Identifying Outputs of Generative Adversarial Networks) e incarica la National Science Foundation (NSF) e il National Institute of Standard Technology (NIST) di sostenere la ricerca sulle “reti generative antagoniste”. Obiettivo dell’approfondimento sono quei sistemi software progettati per elaborare input autentici (foto o video) e per generare output verosimili ma artificiali che possono facilmente trarre in inganno chi visualizza il risultato.
La NSF dovrà dare il proprio supporto alla ricerca sui contenuti manipolati o sintetizzati e sull’autenticità delle informazioni, mentre al NIST compete lo sviluppo di standard necessari per disporre di strumenti tecnologici in grado di esaminare la funzione e gli output delle reti generative antagoniste o di altre tecnologie che sintetizzano o manipolano i contenuti.
Il rischio? Non solo ricatti ed estorsioni
Proprio in questi giorni l’ONU, Europol e l’azienda di cybersecurity Trend Micro hanno lanciato un significativo allarme e con un dettagliato report hanno segnalato la necessità di prestare la massima attenzione a timori oggettivamente incombenti.
Se spaventano i filmati di carattere pornografico, è altrettanto angosciante l’utilizzo di questa tecnica per fare disinformazione.
In questo momento storico cosa può succedere con l’irrefrenabile condivisione di filmati falsi in cui virologi, esperti, politici potrebbero rilasciare dichiarazioni infondate e provocando reazioni spropositate e complicando situazioni già difficilmente gestibili?
FONTE: https://www.infosec.news/2020/11/21/news/campanello-di-allarme/gli-usa-sfidano-i-deepfake-sai-cosa-sono-e-quanto-sono-pericolosi/
La strategia della Germania per distribuire il vaccino
SOCIETÀ /
La Germania è in piena corsa per mettere in campo entro la fine dell’anno una strategia comprensiva coinvolgente governo, Lander (Stati regionali) e autorità sanitarie per attuare la distribuzione del vaccino contro il Covid-19 nella maniera più efficace e capillare possibile. Angela Merkel e il suo governo hanno messo le cose in chiaro fin dalle scorse settimane costruendo un’efficace catena di comando per prepararsi all’arrivo dei vaccini, che si spera possano affluire massicciamente già dall’inizio del 2021, uno dei quali, quello Pfizer-BioNTech, sta venendo sviluppato anche grazie ai milioni stanziati a fondo perduto dal governo di Berlino.
Come funzionerà il modello della Germania? Lo Spiegel ha ricostruito la strategia messa in campo da Berlino, che si preannuncia come estremamente articolata nel contesto di “una sfida logistica, un progetto di una dimensione che l’umanità non ha mai dovuto affrontare prima”. E la Repubblica Federale ha programmato una strategia a due livelli: il governo centrale si occuperà del vaccino e, in coordinazione con esso, i Lander dovranno individuare le strutture più adatte per essere riconvertite negli hub di vaccinazione e fare scorta dei presidi sanitari complementari (dai cerotti alle siringhe).
“Nelle prossime settimane”, riporta lo Spiegel, “saranno istituiti centinaia di centri in tutta la Germania. La Baviera vuole creare almeno un centro in ciascuno dei 71 distretti e delle 25 città indipendenti. In Renania-Palatinato ce ne saranno 36, nel Meclemburgo-Pomerania occidentale 12, in Turingia 30, in Bassa Sassonia circa 60”. La strategia di avanzamento è sensata: come suggerito su Inside Over per lo sviluppo della manovra italiana di distribuzione del vaccino, appare centrale la cabina di regia nazionale per l’acquisto e l’arrivo in patria del vaccino, a cui fa seguito una distribuzione basata su centri locali sempre più vicini agli utenti finali. In Turingia mediamente un hub locale servirà 70mila abitanti, in Baviera poco più di 130mila.
Tale strategia ha un fondamentale collo di bottiglia nell’individuazione, a cavallo tra queste due fasi, di centri su base regionale in cui conservare i vaccini mantenendo la catena del freddo intatta e sicura, dato che “i Länder hanno registrato con il governo federale 27 centri di distribuzione che riceveranno il vaccino” per questa necessità quando in realtà “ne erano previsti 60”.
Ma proprio la mossa preventiva aiuta a trovare per tempo i fattori di criticità e a lavorare per risolverli. C’è incertezza sulla data di arrivo effettivo del vaccino, e i ritardi sulla pubblicazione dei dati di diversi contendenti al ruolo di vincitore della gara lasciano pensare che i primi mesi del 2021 siano un orizzonte temporale troppo ottimistico. Però nel caso tedesco abbiamo certezze sulla catena di comando, chiarezza sulla distribuzione dei compiti e linee guida ben precise sulla natura degli immobili attorno cui la nuova corsa vaccinale dovrà distribuirsi. Strutture che nella stragrande maggioranza sono già esistenti e attendono solo di essere riadattate. Anche perchè il processo si preannuncia destinato a durare diversi mesi e, in caso di mancato arrivo del vaccino entro inizio anno, a poter abbracciare un lasso di tempo che si prolungherà fino al 2022.
I Lander sono chiamati a comunicare entro fine novembre al governo quante persone potranno essere vaccinate al giorno. La città di Berlino, tra i centri ove il contagio ha corso con maggior forza nella seconda ondata, ha previsto la costruzione di sei centri modulari per le vaccinazioni che potranno trattare in tutto 20mila cittadini al giorno. In totale servirebbero sei mesi per vaccinare tutti i berlinesi. Altrove, il governo ha chiesto ai governi regionali di individuare strutture capaci di garantire un flusso unidirezionale, standard di sicurezza, volumi consistenti. Serviranno, nota il Corriere della Sera, “sale d’attesa che possano ospitare contemporaneamente almeno 50 persone sedute, a distanza di sicurezza, e un’altra sala di osservazione dove le persone rimangano in osservazione per un breve lasso di tempo dopo la vaccinazione”, il cui processo si dovrebbe compiere in circa un quarto d’ora a persona.
La Germania mette dunque in campo linee guida chiare, obiettivi di lungo periodo e un’attenta pianificazione delle risorse, unitamente a una divisione delle competenze tra autorità centrali e enti locali che evita scaricabarile, rimpallo di responsabilità, litigi. Così come sono chiari i processi e le linee guida sui centri da individuare come hub per la vaccinazione. Torniamo a chiederci se anche in Italia la programmazione ha raggiunto tali livelli di sofisticatezza, ma assistiamo al contempo all’assenza di un dibattito politico tanto esteso. Il rischio che l’arrivo del vaccino ci colga in contropiede è più che concreto.
FONTE: https://it.insideover.com/societa/la-strategia-della-germania-per-distribuire-il-vaccino.html
ECONOMIA
LE TRAPPOLE ECONOMICHE DEL FMI E DELL’UNIONE EUROPEA.
Oppure la verità del disastro di Conte
Torniamo alla basi: uno dei concetti fondamentali sulla base del quale gli enti sovrannazionali m guidano le proprie è quello di “PIL Potenziale”: ammettendo che si faccia una politica espansiva quale è il livello massimo di PIL raggiungibile senza aument are l’inflazione. Oppure, per dirla diversamente, è il limite strutturale massimo del PIL.
Quando il FMI o la Commissione vietano certe politiche espansive fiscali spesso, o quasi sempre lo fanno sulla bvase di questo PIL potenziale: non si può ampliare la spesa pubblica, o aiutare fiscalmente i privati, perchè comunque il PIL non crescerebbe oltre un certo livello. peccato che questa misura non sia precisa, sia calcolata in modo teorico e sulla base di presupposti spesso, per lo meno, discutibili.
Come vede l’andamento del PIL potenziale di alcuni paesi il FMI a causa del Covid-19?
vediamo qualche dato rielaborato dal IIF:
Il calo del PIL potenziale calcolato dal FMI è il seguente, per questi quattro paesi:
- -6,2% per l’Italia;
- -2,5% per la Spagna
- -4,5% per il Portogallo;
- – 0,6% per la Grecia
Perchè questi dati così diversi? Perchè il FMI vede un calo così forte per l’Italia e non per gli altri paesi?
Le alternative sono due:
a) Il FMI, ed a cascata gli altri enti sovrannazionali, Commissione europea in testa, utilizzeranno queste elaborazioni per applicare forzatamente una politica economica diversa all’Italia rispetto agli altri paesi, più repressiva;
b) effettivamente il governo Conte ha distrutto la dotazione di capitale del Paese, portando alla chiusura di aziende e capacità produttiva, da intendersi in senso lato, e quindi portando al calo effettivo del PIL pot enziale del paese.
Qualsiasi sia l’ipotesi si tratta, comunque, di due alternative tragiche per l’Italia, ed il governo Conte o è complice, o è carnefice.
FONTE: https://scenarieconomici.it/le-trappole-economiche-del-fmi-e-dellunione-europea-oppure-la-verita-del-disastro-di-conte/
Lo spread BTP-Bund 10Y dagli anni 90 ad oggi
Con il termine spread si intende la differenza di rendimento fra i titoli stato decennali italiani e gli equivalenti tedeschi, rispettivamente i BTP 10Y e i Bund 10Y
Ripercorriamo la storia del rendimento di questi titoli attraverso il database OCSE, disponibili alla voce “long-term interest rates” (tassi d’interesse a lungo termine) come media mensile, trimestrale e annuale.
L’OCSE offre anche una breve definizione, leggiamola:
« I tassi di interesse a lungo termine si riferiscono ai titoli di Stato che scadono in dieci anni.
I tassi sono determinati principalmente dal prezzo addebitato dal prestatore, dal rischio del debitore e dalla riduzione del valore del capitale.
I tassi di interesse a lungo termine sono generalmente medie dei tassi giornalieri, misurati in percentuale.
Questi tassi di interesse sono impliciti dai prezzi ai quali i titoli di Stato sono negoziati sui mercati finanziari, non dai tassi di interesse ai quali sono stati emessi i prestiti.
In tutti i casi, si riferiscono a obbligazioni il cui rimborso di capitale è garantito dai governi.
I tassi di interesse a lungo termine sono uno dei fattori determinanti degli investimenti delle imprese.
Bassi tassi di interesse a lungo termine incoraggiano gli investimenti in nuove attrezzature e alti tassi di interesse lo scoraggiano. Gli investimenti sono, a loro volta, una delle principali fonti di crescita economica. »
Segue grafico sulle medie mensili del rendimento dei BTP e dei Bund.
La linea rossa più in alto è l’Italia: maggiore è la distanza rispetto alla linea blu (Germania), più elevato è lo spread.
Ecco la ricostruzione di questo indicatore da marzo 1991 fino ad ottobre 2020.
Esaminiamo l’andamento dello spread in ordine temporale: anni 90, anni 2000 e anni 2010 fino ad oggi.
LE PRIME EMISSIONI DI BTP 10Y NEL 1991
Nel marzo 1991 sono stati emessi i primi BTP decennali, per un importo pari a 27.000 miliardi di lire.
Il rendimento all’emissione fu del 12,5% quello effettivo (cioè contrattato sul mercato) del 13,7%.
Segue una tabella del MEF con i dettagli delle aste di BTP (3, 5, 10, 30 anni) dal 1979 fino al 2000. Sotto lo “screen” della sezione dedicata ai decennali.
Invece la Germania, sempre secondo le serie storiche OCSE, emette titoli con scadenza decennale dal lontanissimo maggio 1956.
Per fare il calcolo dello spread partiamo quindi dal marzo 1991: in questo mese il Bund rendeva il 8,4% contro il 13,7% italiano.
Quindi lo spread all’esordio dei BTP decennali fu del 5,3% ovvero circa 530 punti base, sempre nella media di marzo 91.
LO SPREAD NEGLI ANNI 90
La prima considerazione – piuttosto ovvia – è che lo spread era molto più alto negli anni 90, ma allora perché nessuno urlava al rischio default?
Molto semplicemente perché avevamo la lira, dunque il rimborso dei titoli denominati in moneta nazionale non era mai stato messo in discussione.
Eppure nel mese di ottobre 92 si sfiorarono i 700 punti base, in media. Il picco massimo giornaliero (secondo fonti come ad esempio Reuters) fu di 769,8 punti il 7 ottobre 1992.
Ma ci fu un nuovo picco dello spread nel 1995 per poi crollare definitivamente. Ne parla questo articolo de La Stampa datato 8 luglio 1997, intitolato “lo spread di Ciampi adesso parla tedesco“.
Segue la trascrizione intergrale.
ROMA. «Quota cento» è raggiunta: da molti mesi Carlo Azeglio Ciampi sognava questo giorno, spiando le quotazioni dei titoli di Stato sugli schermi della Reuters fatti installare nel ministero del Tesoro. Quota cento vuol dire che la differenza dei tassi di interesse a 10 anni tra l’Italia e la Germania si è ridotta a 100 «punti-base», ossia a un solo punto percentuale (circa 6,6% contro 5,6%). È un indice molto tecnico, tanto tecnico che non lo si trova stampato nemmeno sul Sole 24 ore. Ha un nome ostico e multilingue, lo spread sul Bund; i più lo ignorano, senza alcun danno.
«Vado a festeggiare a Santa Severa», in famiglia, ha detto Ciampi quando ha appreso la notizia. I suoi collaboratori gliel’hanno riferita all’aeroporto, al ritorno da Bruxelles. Quota duecento, che già sembrava una conquista quando fu raggiunta, all’inizio di novembre, il ministro del Tesoro l’aveva celebrata con una bottiglia piemontese di Brachetto d’Acqui. Per lui, è una specie di fissazione, già da quando era presidente del Consiglio. Però non è campata in aria, visto che si tratta del quarto parametro di Maastricht (convergenza dei tassi a lungo termine, articolo 109 J del Trattato).
Anche al ministero dell’Economia spagnolo si fece festa quando la stessa quota fu raggiunta – con sei mesi di anticipo rispetto all’Italia – venerdì 3 gennaio. Ora Madrid è tra 60 e 70 «punti base» rispetto alla Germania (i Bund sono i titoli di Stato tedeschi), ed è quello il prossimo obiettivo per noi; secondo l’Ufficio studi della Banca commerciale italiana, ci arriveremo in tre-quattro mesi. La convergenza dei tassi è un fenomeno continentale, facilitato dagli sforzi di risanamento di tutti i Paesi e da favorevoli condizioni internazionali.
I tassi a lungo termine (misurati sui titoli di Stato) sono determinati essenzialmente dai mercati, con scarsissima influenza delle banche centrali («se abbasso troppo i tassi a breve il mercato mi alza quelli a lungo» è la massima che ispira la prudenza dei governatori). Nelle grandi linee, le loro fluttuazioni dipendono da fattori internazionali. Ma i movimenti specifici di ciascun Paese sono direttamente legati alla maggiore o minore fiducia degli investitori internazionali. Negli uffici del Fondo monetario, a Washington, si disegnano grafici che incrociano il differenziale dei tassi Italia-Germania con il livello della febbre politica.
Nel momento peggiore di instabilità, il marzo ’95 (governo Dini con maggioranza incerta, manovra di finanza pubblica a rischio di bocciatura) il differenziale raggiunse d’impeto quota 650 (la Spagna era poco sopra 500); l’accordo sulla riforma Dini delle pensioni lo fece scendere sotto 500 (mentre la Spagna viaggiava già verso 400); con il caso Mancuso e il rischio di caduta del governo Dini, nell’ottobre ’95, ci fu una nuova impennata tutta italiana verso 530.
Durante la campagna elettorale ’96, si era a 400. Con le prime mosse del governo Prodi, si andò sotto 300; con le prime bizze di Bertinotti si tornò per qualche tempo sopra.
Se il percorso verso la moneta europea continuerà ad essere senza scossoni, l’obiettivo massimo raggiungibile sarà, dicono gli analisti finanziari, quota 50. Ma ciò che più preoccupa Ciampi, ora, sono i tassi a breve. Lì la differenza con la Germania è ancora alta, e le nostre imprese a differenza di quelle tedesche sono indebitate soprattutto a breve. Se si manterrà la rotta, da lì verranno le buone notizie dei prossimi mesi: almeno un punto percentuale in meno a fine anno sul breve. Stefano Lepri
Ricapitolando: negli anni 90 lo spread non lo conosceva praticamente nessuno, se non Ciampi, il Fondo monetario internazionale e pochi altri addetti ai lavori.
Nell’articolo si legge che determinate azioni di politici aumentavano questo differenziale e che la banca centrale non può farci quasi nulla, ma le cose stanno davvero così?
Andiamo avanti.
SPREAD NEGLI ANNI 2000
Nel dicembre 1998 lo spread tocca il minimo storico di 13,1 punti.
La terza fase dell’Unione economia e monetaria (UEM) cominicia il 1° gennaio 1999 e dopo tre anni l’euro arriva in forma di monete e banconote.
Alla vigilia del “changeover“, l’allora ministro dell’economia Giulio Tremonti, fu intervistato da La Stampa il 31 dicembre 2001, ecco un piccolo passaggio.
DOMANDA: È anche disposto a riconoscere i meriti del centrosinistra per l’ingresso dell’Italia nella moneta unica?
RISPOSTA: « Sarebbe sleale negare che la sinistra abbia avuto un ruolo. Intendiamoci: non è che l’Italia ha fatto il 3 per cento, quindi è entrata nell’euro; è stata compiuta la scelta politica di far entrare l’Italia nell’euro, e per questo l’Italia ha fatto il 3 per cento. I conti pubblici italiani erano fortemente migliorati a causa della caduta mondiale dei saggi di interesse. La scelta di inclusione nell’euro causò l’ulteriore caduta dello “spread” negativo sulla lira; perché si è capito che la lira non c’era più ».
DOMANDA: Chi fece quella scelta?
RISPOSTA: «Hanno contato fattori interni ed esterni. La credibilità di Ciampi. La volontà dei tedeschi. E un establishment italiano che ha condotto il dialogo tra interno ed esterno. La partita iniziò durante il governo Dini, quando si comprese che l’Europa a due velocità con l’Italia in orbita esterna non avrebbe potuto funzionare, perché presupponeva la stabilità».
Per la cronaca, la “euroretorica” che contestava Tremonti era quella secondo cui l’euro porta la pace, riferendosi a delle recenti dichiarazioni del cancelliere tedesco Kohl.
Chiusa parentesi, nel nuovo millennio il differenziale fra i titoli decennali italiani e gli equivalenti tedeschi si mantiene a livelli minimi, e questo fino all’inizio del 2008.
In questo arco temporale, lo spread si mantiene in una banda fra i 13,4 punti del febbraio 2005 e i 51,3 punti del giugno 2003.
Notevole la salita dopo settembre 2008, quando c’è stato il crack della Lehman Brothers, dovuta ad una discesa del rendimento dei Bund tedeschi, ben superiore a quella dei BTP.
SPREAD DAL 2010 AD OGGI
Se nel 2009 tutto il mondo andò in recessione, pochi anni dopo una nuova crisi stava per abbattersi nella sola eurozona.
Una crisi che avrebbe colpito principalmente i cosiddetti PIIGS (Portogallo, Italia, Irlanda, Spagna, Grecia), gli spread di queste nazioni si impennano fra il 2011 e il 2012
Siamo dunque arrivati al “momento clou” e fra i simboli che hanno fatto la storia di quel periodo spicca il “fate presto” del Sole 24 Ore.
Lo “spread“, indicatore prima di allora sconusciuto all’opinione pubblica, entra nelle case degli italiani con una connotazione decisamente allarmista.
Il 10 novembre 2011, come si legge in alto, aveva toccato i 552 punti base con i BTP decennali che rendevano al 7,25%.
Secondo la narrazione mainstream di ormai 9 anni fa, il presidente del consiglio in carica, Silvio Berlusconi, a causa di qualche “festino” di troppo avrebbe perso credibilità, scatenando quindi la reazione avversa dei “mercati finanziari”.
Si tratta di una narrazione davvero stupida, perché come già detto, lo spread era molto più alto negli anni 90 e non fregava niente a nessuno.
Nel secondo e terzo governo Berlusconi lo spread era a minimi, stiamo quindi parlando della stessa persona.
In tempi non ancora sospetti, una possibile soluzione alla crescente speculazione, era già stata proposta il 10 maggio 2010, dall’economista Luigi Spaventa in suo pezzo su Repubblica
Ecco il testo dell’articolo (FONTE)
« IN CHE COSA consiste la speculazione? In un’imponente concentrazione di mezzi finanziari atta a provocare un esito che, pur se non altrimenti giustificato, fa vincere la scommessa. La speculazione si batte non con le deprecazioni né mandando i marines, ma facendo piangere chi ci ha provato: le lacrime di chi ci ha provato sono i soldi che gli si fanno perdere. Per far perdere i soldi alla speculazione, le autorità devono essere decise e dimenticare per un momento le regole del galateo. (…)
Non suoni eresia: la sola entità che possiede più mezzi di qualsiasi diabolico speculatore è una banca centrale che abbia il potere di emettere moneta. Solo quella banca centrale può essere compratore di ultima istanza di qualsiasi attività finanziaria che sia oggetto di un attacco speculativo ribassista, a condizione che quella attività sia denominata nella valuta che essa emette (per la Bce un titolo in euro, per la Federal Reserve un titolo in dollari).
Naturalmente questo è un rimedio estremo per mali estremi: per metterlo in opera si deve essere convinti che il valore mirato dalla speculazione non sia quello “giusto”; che senza turbolenze si potrebbe raggiungere un valore diverso e mettere in opera procedure più ordinate. Mi pare evidente che queste condizioni ricorrano oggi: occorre tempo per verificare il funzionamento del piano messo su per la Grecia; Spagna e Portogallo non meritano le frustate ad essi inflitte dai mercati solo per bastonare l’euro; il funzionamento dell’euro dovrà essere ripensato, ma non in un’affannosa emergenza.
La Banca centrale europea è chiamata a fare la sua parte (“tutte le istituzioni… convengono di ricorrere a tutta la gamma di strumenti disponibili per garantire la stabilità”, recita il comunicato del Consiglio europeo di venerdì).
L’art. 123 del Trattato di Lisbona vieta esplicitamente alla Bce l’acquisto diretto di titoli di debito emessi dai governi o da altri enti del settore pubblico, ma non ne impedisce l’acquisto sul mercato, con operazioni che un tempo venivano definite di mercato aperto. (…) »
Dunque, in tempi non sospetti un economista che non poteva certo essere tacciato di euroscetticismo, sapeva perfettamente che l’unica cosa che serviva era semplicemente una banca centrale che facesse il suo lavoro di banca centrale.
Tuttavia, come correttamente evidenziato, nelle regole dei trattati europei, la BCE può fare il cosiddetto “prestatore di ultima istanza”, solo sul mercato secondario.
E qui arriviamo a cosa accadde dopo le dimissioni di Berlusconi e la salita a palazzo chigi di Mario Monti.
LA CREDIBILITÀ DEL PREMIER
Nell’estate del 2012, quando Mario Monti era saldamente al governo lo spread tornò sopra quota 500, più precisamente 537 punti nel 24 luglio 2012.
Le opzioni sono due: o Monti è stato pescato ad andare a “donnine” oppure semplicemente la credibilità del premier non c’entra assolutamente nulla.
In un convegno di aprile 2019, Claudio Borghi ha fatto notare a Monti questo piccolo particolare, e il “rettore” non può che fare scena muta.
VIDEO QUI: https://youtu.be/A4jXZWifI9o
Questo semplicemente perché l’unico “Mario” in grado di far abbassare lo spread fu il presidente della BCE Draghi con sole tre parole “Whatever it takes” pronunciate il 26 luglio 2012
E immediatamente i rendimenti dei TdS crollano, fino a marzo 2015 cioè quando cominicano le operazioni di Quantitative Easing, ovvero l’acquisto di titoli sul mercato secondario.
LO SPREAD DURANTE IL GOVERNO GIALLOVERDE
Ricapitoliamo brevemente i principali eventi dal 2018 ad oggi
4 marzo 2018: elezioni nazionali, il movimento 5 stelle è di gran lunga il partito più votato.
28 maggio – 1 giugno 2018: veto a Paolo Savona come ministro dell’economia e nascita del governo gialloverde.
ottobre-dicembre 2018: manovra di bilancio, il governo partito da un deficit del 2,4% scese poi al 2,04% (ma quello effettivo fu l’1,6%)
VIDEO QUI: https://youtu.be/tN1p4R_3J-Q
26 maggio 2019: elezioni europee, la Lega diventa il primo partito.
8 agosto 2019: inizio della crisi di governo
5 settembre 2019: nascita del governo Conte II
Prendiamo un grafico giornaliero sullo spread da fine 2017 ad oggi, sotto quello di Borsa Italiana.
Lo spread dopo elezioni del 4 marzo tende a diminuire fino a raggiunge i minimi del 25 aprile (114 punti) ma in tutto maggio sale ripidamente fino a raggiungere i 268 punti del 28 maggio.
il picco massimo giornaliero fu raggiunto il 20 novembre 2018 con 325 punti base.
A fine maggio 2019 – dopo le europee – lo spread (283 pb il 31 maggio) scende per tutto giugno e luglio. Nuovo picco il 9 agosto (239 pb) e poi il crollo verso i 131 punti del 17 settembre 2019.
Con il primo governo Conte lo spread si è manetenuto in media sui 259 punti (giugno 18 – agosto 19).
Con il Conte bis si ristabilisce la calma sui mercati, ma solo per pochi mesi.
SPREAD E CORONAVIRUS
Già prima dell’emergenza covid era chiaro ai “sovranisti” che lo spread dipende principalmente dall’operato della banca centrale. Si veda per esempio il popolare video “è vero che Monti ha salvato il Paese?” disponibile su Youtube.
Dal settembre 2019 con il governo giallo-fucsia fino a fine febbraio del 2020 lo spread si mantiene intorno i 154 punti base.
Nel pieno della pandemia coronavirus ecco che succede. Il 12 marzo 2020 la presidente della BCE se ne esce con queste dichiarazioni:
“Non siamo qui per chiudere gli spread“, il risultato è stato il crollo della borsa, oltre a far rimanere “basito” il PD.
Ma fino ad allora lo spread era una specie di voce divina che misurava la credibilità dei governi e che l’unico modo per farlo scendere erano misure lacrime e sangue.
Lo spread toccò il suo massimo il 17 marzo 2020 a quota 276 punti base. La BCE il 18 marzo annuncia il programma PEPP da 750 miliardi di euro.
E infine il potenziamento di altri 600 miliardi di euro del PEPP, annunciato a il 4 giugno, arrivando quindi a 1.350 miliardi.
La sintesi di queste tre dichiarazioni la si trova in grafico pubblicato sul Primato Nazionale nel numero di agosto 2020, che ripubblico su gentile concessione dell’autore Filippo Burla
IL RISCHIO DEFAULT
Un discorso analogo si potrebbe fare per il debito pubblico: esattamente come per lo spread, l’Italia nel 1994-95-96 aveva un rapporto debito/PIL attorno il 119-120%
Vale a dire lo stesso livello di debito del 2010-2011 e addirittura con lo stesso presidente del consiglio, visto che il primo governo Berlusconi ci fu nel 94.
Se nel 2011 il 119,7% di debito pubblico era considerato da “insostenibile”, beh ora nel 2020 si prevede il 158% del PIL
La morale della favola la sintezza bene Alessandro Greco con questo tweet
« Quando Berlusconi “stava portando l’Italia al default” il debito/PIL era al 116% con spread a 570. Per fortuna è arrivato Monti a “salvare il paese” e l’ha portato al 131%. Oggi il Debito/PIL è vicino al 160% ma lo spread è a 126. Mi raccomando, non fatevi domande. »
A nove anni di distanza dal “fate presto”, il 10 novembre 2020 lo spread segna 121 punti base.
Il rendimento dei BTP 10Y sta ai minimi di sempre, altri titoli come i BOT si trovano in territorio negativo.
E nonostante si sia avverata la tanto temuta “esplosione del debito”, si prevede una spesa per interessi vicina ai minimi storici degli ultimi 40 anni, sempre misurata in punti di PIL.
A febbraio 2020, la quota di debito pubblico detenuta dalla Banca d’Italia era il 16,8% del totale, ad agosto 2020 è salita al 20,1%.
Da febbraio ad agosto il debito pubblico è aumentato di 132 miliardi, al contempo la quota di Bankitalia è salita di 107 miliardi di euro.
Debito detenuto da Banca d’Italia (milioni di Euro) |
Debito pubblico totale (milioni di Euro) |
Debito detenuto da Banca d’Italia (% sul totale) |
|
gen-20 | 410.120,2 | 2.444.241,6 | 16,78 |
feb-20 | 411.333 | 2.446.966,4 | 16,81 |
mar-20 | 424.305 | 2.433.522,3 | 17,44 |
apr-20 | 446.615,1 | 2.469.513,8 | 18,09 |
mag-20 | 467.119,4 | 2.510.373,9 | 18,61 |
giu-20 | 487.857 | 2.530.895,8 | 19,28 |
lug-20 | 507.230,6 | 2.560.557,9 | 19,81 |
ago-20 | 517.934,4 | 2.578.856,2 | 20,08 |
I dati sono presi dall’ultimo numero di “fabbisogno e debito“, a pagina 10.
Dunque il “nuovo debito”, per circa l’81%, è stato monetizzato dalla banca centrale. Sapete quanto è il costo reale di questa operazione? Pressoché nullo, recentemente lo ha ammesso persino Cottarelli.
VIDEO QUI: https://youtu.be/eJrkZY-Bmyc
Il lato “positivo” del coronavirus è che, una ad una, sta facendo evaporare una ad una le “cazzate del neoliberismo” che si ripetono da 30 anni (semi-cit Calenda).
Anche quelle su spread e debito pubblico ce le siamo tolte dai piedi.
FONTE: https://canalesovranista.altervista.org/lo-spread-btp-bund-10y-dagli-anni-90-ad-oggi/
I mercati oggi festeggiano Biden, non solo il vaccino
24 Novembre 2020
Mercati oggi all’insegna dell’ottimismo: le Borse globali festeggiano Biden e l’inizio ufficiale della transizione alla Casa Bianca. Cosa succede?
Mercati oggi: c’è un sentiment positivo nelle Borse mondiali, alimentato non solo dall’eco delle notizie promettenti sul vaccino anti-Covid.
Gli investitori festeggiano anche i rilevanti passi avanti compiuti negli USA per il riconoscimento ufficiale di Joe Biden come presidente.
Il capo dell’Amministrazione dei servizi generali degli Stati Uniti Emily Murphy ha scritto a Biden lunedì 23 novembre, indicandogli che può iniziare formalmente il processo di transizione al potere.
Donald Trump ha twittato di aver detto al suo team di “fare ciò che deve essere fatto per quanto riguarda i protocolli iniziali”, un’indicazione cruciale per dare una svolta all’impasse di settimane.
I mercati hanno quindi accolto con ottimismo le novità USA e non solo: cosa succede oggi?
Mercati in rialzo: dagli USA ottime notizie
Le azioni asiatiche hanno aperto gli scambi al rialzo martedì 24 novembre. La novità del via libera al passaggio di poteri alla Casa Bianca ha aggiunto euforia a uno stato d’animo già più brillante grazie ai progressi compiuti sul vaccino e alle prospettive di una rapida ripresa economica globale.
Wall Street ha anche ricevuto un ulteriore impulso: la probabile nomina da parte di Biden dell’ex presidente della Federal Reserve, Janet Yellen, come Segretario del Tesoro. La prima donna a ricoprire tale prestigioso ruolo e un segnale di vicinanza con la Federal Reserve, ultimamente in scontro proprio con l’amministrazione Trump.
Il Dow Jones Industrial Average è salito dell’1,12% durante la notte, l’S&P 500 ha guadagnato lo 0,56%, mentre il Nasdaq Composite ha registrato un rialzo solo dello 0,22%, sottoperformando visto che gli operatori si sono allontanati dai grandi nomi tecnologici.
Lo scenario ottimista ha aiutato l’indice MSCI di azioni Asia-Pacifico al di fuori del Giappone a crescere dello 0,15%. L’S&P / ASX 200 australiano è stato più forte dell’1,1%, toccando il livello più alto in quasi nove mesi, con i titoli energetici in testa al gruppo.
Il Nikkei giapponese è balzato del 2,48% mentre il Kospi di Seoul è salito dello 0,74%. Le blue-chip cinesi e l’Hang Seng di Hong Kong hanno registrato tuttavia valori anomali, scendendo dello 0,75% e dello 0,08%.
Le azioni europee sono attese al rialzo martedì, tra l’ottimismo crescente sulla scoperta di un altro efficace vaccino e la notizia che l’amministrazione Trump ha accettato il passaggio di potere al presidente eletto Joe Biden.
Secondo IG, il FTSE di Londra aprirà con 33 punti in più a 6.378, il DAX tedesco con 86 punti in più a 13.258, il CAC 40 francese in rialzo di 32 punti a 5.538 e il FTSE MIB in Italia di 210 punti in più a 21.921.
FONTE: https://www.money.it/mercati-oggi-festeggiano-Biden-non-solo-vaccino
FINANZA BANCHE ASSICURAZIONI
La verità sull’emissione di moneta, parola di banca centrale
Nell’epoca del black-out della ragione, ribadire le cose ovvie è un atto rivoluzionario.
La “scarsità del denaro” è uno dei mantra più ripetuti degli ultimi 30-40 anni: il denaro è poco, essendo poco non si può sprecare, bisogna quindi stringere la cinghia, fare sacrifici.
La gente ha interiorizzato il dogma del “non ci sono i soldi“, perché TV, giornali e politici lo hanno ripetuto fino alla nausea, ma le cose stanno davvero così?
Nel corso degli anni sono uscite svariate dichiarazioni da parte di esponenti delle banche centrali, riguardo la reale natura della moneta, della sua emissione e da cosa ne dipende il valore.
Facciamo un breve ricapitolo.
LE BANCHE CENTRALI SPENDONO I SOLDI DELLE TASSE? NO
Cominciamo dagli Stati Uniti d’Amerca. Ecco due dichiarazioni di due presidenti della FED, tradotte in italiano dalla trasmissione RAI “L’ultima parola” del 9 novembre 2012.
Ecco lo spezzone, che si trova poco dopo 1 ora di trasmissione.
VIDEO QUI: https://scenarieconomici.it/wp-content/uploads/2020/11/Bernanke-Greenspan-lultima-parola-9-novembre-2012-paragone-rai-2.mp4
La prima è quella di Ben Bernanke, chairman dal 2006 al 2014, registrata sulla CBS il 15 marzo 2009.
Sotto la clip originale inglese, dal minuto 7:58
VIDEO IL LINGUA ORIGINALE: https://youtu.be/odPfHY4ekHA
DOMANDA: « Ma state spendendo i soldi dei contribuenti? »
BERNANKE: « Non sono soldi dei contribuenti. Le banche hanno conti presso la Federal Reserve, così come lei ha un conto presso una banca commerciale. Per prestare alle banche noi semplicemente usiamo i computer per aumentare i loro conti alla Federal Reserve. Un po’ come stampare denaro, più che prestarlo. »
DOMANDA: « Lei sta stampando soldi… »
BERNANKE: « In effetti, ma dobbiamo farlo perché la economia è molto debole e l’inflazione è bassa. »
E ora la trascrizione di quella di Alan Greenspan, il predecessore di Bernanke, fatta il 7 agosto 2011 nella trasmissione “Meet the press” (qui la trascrizione integrale)
Alla domanda sulla sicurezza dei Titoli di Stato americani, in seguito ad un “downgrade” di Standard &Poor’s, Greenspan rispose così:
VIDEO QUI: https://youtu.be/Ck3FuTzZvhI
David Gregory: “Are U.S. treasury bonds still safe to invest in?”
Alan Greenspan: “Very much so. This is not an issue of credit rating, the United States can pay any debt it has because we can always print money to do that. So, there is zero probability of default.”
DOMANDA: « I Titoli di Stati americani sono ancora un investimento sicuro? »
GREENSPAN: « Certo. Il problema non sono le agenzie di rating, gli Stati Uniti possono sempre onorare il proprio debito pubblico perché noi possiamo sempre stampare moneta per pagarlo. Quindi, le possibilità che gli Stati Uniti facciano default sono zero. »
E mentre in Italia stavamo subendo le pressioni dello spread, Greenspan mandò a quel paese S&P.
Visto che non c’è due senza tre, anche l’attuale presidente Jerome Powell ha recentamente rilasciato dichiarazioni interessanti. Powell si trova a fronteggiare l’emergenza covid, dove avrà “trovato” i soldi per sostenere l’economia americana?
Il 17 maggio 2020 il “chaimar” è stato intervisto nella trasmissione “60 minutes”. Qui la trascrizione integrale, sotto il video dell’intervento.
VIDEO QUI: https://youtu.be/mrjoElG8KGI
PELLEY: Fair to say you simply flooded the system with money?
POWELL: Yes. We did. That’s another way to think about it. We did.
PELLEY: Where does it come from? Do you just print it?
POWELL: We print it digitally. So as a central bank, we have the ability to create money digitally. And we do that by buying Treasury Bills or bonds for other government guaranteed securities. And that actually increases the money supply. We also print actual currency and we distribute that through the Federal Reserve banks.
DOMANDA: « È giusto dire che avete semplicemente inondato il sistema di soldi? »
POWELL: « Sì. Noi l’abbiamo fatto. Questo è un altro modo di pensarlo. L’abbiamo fatto. »
DOMANDA: « Da dove viene? Lo stampate soltanto? »
POWELL: « Lo stampiamo “digitalmente”. Quindi, come banca centrale, abbiamo la capacità di creare denaro digitalmente. E lo facciamo acquistando buoni del tesoro o obbligazioni per altri titoli garantiti dal governo. E questo aumenta effettivamente l’offerta di moneta. Stampiamo anche moneta “reale” e la distribuiamo tramite le banche della Federal Reserve. »
UNA BANCA CENTRALE PUÒ MAI FINIRE I SOLDI? NO
Qualche tempo fa, nell’articolo “5 incredibili ammissioni fatte della BCE“, si ricordava la famosa risposta di Mario Draghi alla domanda “se la BCE potesse mai finire i soldi”.
Riascoltiamo quelle parole del 9 gennaio 2014, la risposta dell’allora governatore aveva un tono molto imbarazzato.
VIDEO QUI: https://youtu.be/TUWma-8Ko-s
(DRAGHI AMMETTE CHE LA BCE NON PUO’ FALLIRE PERCHE’ EMETTE DENARO)
Well, technically no… We are, we don’t, we don’t, we cannot run out of money…. So we, we have ample resources for coping with, with all, with all our emergencies…. So I think this is the the only answer I can give you.
« Beh, Tecnicamente no… non possiamo finire i soldi. Quindi abbiamo ampie risorse per far fronte a tutte le nostre esigenze. Penso che questa sia l’unica risposta che posso darle. »
Nel 2019 invece la BCE se n’è uscita con questo tweet, alla domanda su dove avessero “trovato” i soldi per il Quantitative Easing (QE). La risposta stavolta è stata molto più netta.
Praet: as central bank, we can create money to buy assets #askECB
« In quanto banca centrale, possiamo creare denaro per acquistare gli asset »
E proprio in questi giorni, la presidente Lagarde in una interrogazione parlamentare del 19 novembre 2020, ha rilasciato queste incredibilil dichiarazioni.
VIDEO QUI: https://youtu.be/cogg0Dnxj-s
As the sole issuer of euro-denominated central bank money, the eurosystem will always be able to generate additional liquidity as needed. So by definition, it will neither go bankrupt nor run out of money
« L’eurosistema, in quanto unico emittente della nostra moneta, potrà sempre generare tanta liquidità quanta ne serva. Quindi per definizione la BCE non può né andare in bancarotta né finire i soldi »
La video conferenza integrale si trova in questo link, l’intervento si trova alle ore 9:55 in risposta alla domanda dell’europarlamentare Marco Zanni.
Ma già un mesetto prima, questo concetto era già stato ribadito da Eugenio Gaiotti (capo del Dipartimento Economia e statistica della Banca d’Italia), il 12 ottobre 2020 rispondendo ad una domanda di Alberto Bagnai.
VIDEO QUI: https://scenarieconomici.it/wp-content/uploads/2020/11/Senato-Alberto-Bagnai-Eugenio-Gaiotti-BCE-emissione-moneta-12-novembre-2020-byoblu.mp4
BAGNAI « (…) la domanda riferita ai 500 miliardi era molto semplice: da dove vengono? Cioè da dove vengono i 500 miliardi che saranno utilizzati per acquistare titoli.
Perché qualcuno sostiene che vengano dalla raccolta fiscale, ci può chiarire se vengono da lì, o da dove vengono? Dove li “trova” la BCE questi miliardi? Tutto qui »
GAIOTTI « Questa è una decisione di politica monetaria, che vuol dire: trattasi di emissione di moneta, che è quello che fa una banca centrale.
Non sono consapevole di qualcuno che argomenti diversamente (su questo mi scuso ma), come qualsiasi banca centrale, la banca centrale europea acquista titoli e crea moneta, crea proprie passività per sostenere l’economia, tutto qua »
Il video originale sta sul sito del senato, l’estratto in questione si trova ad 1 ora e 15 secondi.
LA FIDUCIA NELLA MONETA
Nella storia l’emissione di moneta non è sempre stata “libera”, ce lo ricorda bene la Bank of England in questo breve video, caricato sul loro canale YouTube.
VIDEO QUI: https://youtu.be/we2pCkJAptE
Ecco la trascrizione del testo originale
In 1694, when the bank opened, it took deposits of gold coin from its customers. It issued paper receipts, or notes, in return. These were used as convenient ways to pay for things, rather than using gold.
People accepted these notes as a promise to pay, knowing they could them back to the bank at any time in return for gold. These receipts gave to the banknotes we recognize today.
But it’s no longer possible to pay in gold. So what gives banknotes their face value? Trust.
We Trust in the promise that our banknotes can be exchanged for the things we want and that they will be accepted for their face value.
Public trust in banknotes is based on the security features that make them difficult to forge and the low inflation that protects their value over time.
« Nel 1694, quando la banca fu fondata, essa prendeva i depositi di monete d’oro dai suoi clienti. In cambio emetteva ricevute cartacee o banconote. Queste erano usate come mezzo più comodo per pagare le cose, al posto di usare l’oro.
La gente accettava queste banconote come una promessa di pagamento, sapendo che potevano restituirle alla banca in qualsiasi momento in cambio dell’oro.
Queste “ricevute” hanno dato origine alle banconote così come le conosciamo oggi. Ma non è più possibile pagare in oro. Quindi cosa conferisce alle banconote il loro valore nominale? La fiducia.
Confidiamo nella promessa che le nostre banconote possano essere scambiate con le cose che vogliamo e che saranno accettate per il loro valore nominale.
La fiducia del pubblico nelle banconote si basa sulle caratteristiche di sicurezza che le rendono difficili da falsificare e sulla bassa inflazione che ne tutela il valore nel tempo. »
La questione della “fiducia” veniva già evidenziata da Tommaso Padoa-Schioppa nel 1999, che all’epoca lavorava nel comitato esecutivo della BCE.
Leggiamo due passaggi dal suo articolo “Gli insegnamenti dell’avventura europea” scritto sulla rivista francese “Commentaire“.
« Nella storia delle banche centrali, in quella dei sistemi costituzionali e quella delle relazioni monetarie internazionali, la nascita della banca centrale europea segna una data di importanza eccezionale.
Per la prima volta, degli Stati sovrani hanno rinunciato volontariamente alla propria sovranità monetaria e realizzato una piena unione monetaria prima di pervenire ad una piena unione politica.
Non c’è un precedente ad un tale sganciamento dalla regolazione monetaria e dal governo dello Stato; l’evento è reso ancora più significativo dal fatto che si produce in un momento in cui, per la prima volta nella storia umana, la moneta non è ancorata né sull’oro né su un altro standard reale. (…)
Accettare da uno sconosciuto un pezzo di carta privo di valore intriseco in cambio di beni e servizi che sono i frutti del suo lavoro, è una delle manifestazioni più spettacolari della fiducia delle persone rispetto alla società alla quale appartengono. »
Altre perle di Padoa-Schioppa le potete leggere su “le confessioni dei padri dell’euro“.
Chiusa parentesi, concludiamo questa carrellata con il padre dell’euro per eccellenza.
MONETA ED ECONOMIA REALE
Con la fine degli accordi di Bretton Woods nell’agosto 1971 nasce la “moneta moderna” (o moneta fiat) basata appunto sulla fiducia delle persone, ma soprattutto sull’economia reale che si reggeva dietro quella moneta.
Lo sapeva benissimo Carlo Azeglio Ciampi, nelle conclusioni del rapporto annuale sul 1980 – fatte il 30 maggio 1981 – ecco cosa dichiarava, verso la fine del suo discorso
« Ormai da dieci anni, rescisso anche il legame indiretto all’oro attraverso la convertibilità del dollaro e la fissità dei cambi, la lira, come le altre monete, è divenuta un bene ancor più immateriale e astratto, garantito nel suo valore da null’altro che dalla forza dell’economia e dalla capacità del corpo sociale di organizzarsi e di governare. »
Con buona pace dei “negazionisti” della moneta, la realtà dei fatti è che la scarsità di denaro nell’economia reale è solo una scelta politica e non un fatto ineluttabile.
Del resto proprio in questo discorso, di quasi 40 anni fa, Ciampi “anticipava” i tre pilastri su cui si sarebbe retta l’union e monetaria europea, ma questa è un’altra storia.
FONTE: https://canalesovranista.altervista.org/la-verita-sullemissione-di-moneta-per-bocca
GIUSTIZIA E NORME
DOLO EVENTUALE E COLPA COSCIENTE ALLA LUCE DEL CASO VANNINI
Laura Al Nawas | in Penale – 24 11 2020
Sommario: 1. Ricostruzione della vicenda giudiziaria – 2. Questione giuridica sottesa al caso: dolo eventuale o colpa cosciente? – 3. La Cassazione sul caso Vannini – 4. Appello bis
La vexata quaestio relativa all’individuazione della esatta linea di confine tra dolo eventuale e colpa cosciente è ritornata alla ribalta in occasione di una vicenda giudiziaria balzata agli onori della cronaca la quale ha fornito l’occasione per riproporre un dibattito sul punto nonostante le Sezioni Unite avessero tentato di fornire una soluzione univoca a tale interrogativo con la nota sentenza sul caso Thyssenkrupp.
1. Ricostruzione della vicenda giudiziaria
Con sentenza del 18 aprile 2018 la Corte d’assise di Roma affermava la penale responsabilità di Antonio Ciontoli per il delitto di omicidio volontario, commesso nella sua abitazione ai danni di Marco Vannini, fidanzato della figlia, condannandolo a 14 anni di reclusione; secondo le contestazioni, il Ciontoli, ritenendo che fosse scarica, puntò la pistola da lui detenuta per ragioni di servizio, lasciata incustodita nella stanza da bagno, verso marco Vannini, mentre questi stava facendo la doccia, ed esplose un colpo che raggiungeva la vittima, ferendola gravemente. Pur resosi conto della gravità della situazione, l’imputato ritardò i soccorsi e fornì agli operatori del 118 e al personale paramedico informazioni false e fuorvianti, così cagionando, ad avviso del giudice di primo grado, accettandone il rischio, il decesso del giovane.
La Corte d’assise d’appello di Roma, tuttavia, riformava la sentenza nei confronti di Antonio Ciontoli, riqualificando l’imputazione in quella di omicidio colposo con l’aggravante di aver previso l’evento, condannandolo alla pena di 5 anni di reclusione[1].
Avverso tale sentenza è stato proposto ricorso davanti alla Corte di Cassazione.
2. Questione giuridica sottesa al caso: dolo eventuale o colpa cosciente?
Prima di esaminare la decisione della Corte di legittimità, occorre preliminarmente esaminare una delle questioni giuridiche sottese al caso in esame e, in particolare, quella relativa alla natura del dolo eventuale e ai criteri distintivi utili al fine di distinguere tale elemento soggettivo dalla figura della colpa cosciente; nell’ambito dell’acceso dibattito dottrinale e giurisprudenziale venutosi a creare, si inserisce la nota sentenza delle Sezioni Unite sul c.d. caso Thyssenkrupp[2].
Come noto, il dolo rappresenta il normale criterio di imputazione soggettiva e trova il suo fondamento normativo nell’art. 43, comma 1, c.p. il quale richiede, ai fini della sua integrazione, la compresenza di rappresentazione e la volontà in relazione agli elementi costitutivi della fattispecie criminosa così come delineata dal legislatore.
Si distinguono tre forme di intensità: il dolo intenzionale, il dolo diretto ed il dolo eventuale.
In tale ultima ipotesi l’evento previsto dalla norma come momento consumativo del reato non è il fine precipuamente perseguito dall’agente, né è previsto come conseguenza certa o altamente probabile della condotta posta in essere: l’agente, nel perseguire uno scopo ulteriore e diverso, si rappresenta la verificazione dell’evento tipico come conseguenza collaterale, soltanto probabile o possibile della propria condotta.
Il soggetto, dunque, si rappresenta la possibilità che si realizzi l’evento tipico ed è quanto accade anche nelle ipotesi di colpa cosciente previste dall’art. 61, comma 3, c.p. il quale configura come circostanza aggravante comune nei delitti colposi che l’agente abbia agito nonostante la previsione dell’evento.
Da qui la vexata quaestio su come distinguere il dolo eventuale dalla colpa cosciente, una problematica dai risvolti tutt’altro che teorici; si pensi, ad esempio, al tentativo configurabile nelle ipotesi dolose ma non in quelle di responsabilità per colpa o alla differente risposta sanzionatoria prevista dal legislatore nell’uno o nell’altro caso.
Per cercare di dare risposta a tale interrogativo si sono susseguiti nel tempo diversi orientamenti, dalle teorie oggettivistiche a quelle intellettualistiche, ormai da considerarsi, tuttavia, superate; le prime per un’eccessiva valorizzazione dell’elemento fattuale a discapito di quello soggettivo e del principio di colpevolezza, le seconde perché focalizzate su un fattore, quello rappresentativo, come sottolineato, presente in entrambe le figure del dolo eventuale e della colpa cosciente.
Il dicrimen tra i due istituti va, dunque, ravvisato nella componente volitiva, così come sostenuto da tutte quelle teorie c.d. volontaristiche le quali assegnano un ruolo predominante alla volontà del soggetto, sulla scorta dell’assunto per cui il dolo si caratterizza proprio per tale ultimo profilo rispetto alla colpa che per la sua sussistenza richiede specificamente che l’evento, seppur preveduto, non sia voluto dall’agente.
Nell’ambito di queste impostazioni quella più a lungo presa in considerazione è stata la formula di Frank per la quale il dolo eventuale sarebbe configurabile solo nelle ipotesi in cui, attraverso un giudizio ex ante compiuto dal giudice, sia accertabile che il soggetto avrebbe agito anche qualora avesse avuto la certezza del verificarsi dell’evento ovvero che l’agente avrebbe agito “costi quel che costi”, sprezzante della norma incriminatrice e del bene giuridico da questa presidiato.
Tale ricostruzione, tuttavia, per quanto più aderente al principio di colpevolezza, non va esente da critiche riconducibili, perlopiù, alle difficoltà del giudicante nel dover compiere un accertamento prognostico e ipotetico.
Per tale ragione la giurisprudenza per decenni ha ritenuto preferibile aderire a una teoria c.d. mista, quella che individua il discrimen tra le due forme di colpevolezza nell’accettazione del rischio.
Nel dettaglio, si avrebbe dolo eventuale quando l’agente si sia rappresentato l’evento lesivo e ciononostante abbia agito comunque, accettando il rischio che l’evento potesse verificarsi; diversamente, in caso di colpa cosciente tale accettazione non è ravvisabile in quanto il soggetto, pur essendosi rappresentato la possibilità in astratto che l’evento si realizzasse, ha confidato nella sua concreta non verificazione.
Il criterio dell’accettazione del rischio, tuttavia, non appare da solo sufficiente a giustificare la distinzione tra dolo eventuale e colpa cosciente, essendo la previsione un elemento comune a entrambe le figure e, pertanto, un indice non dirimente per individuare a quale titolo il soggetto sia ritenuto penalmente responsabile; avuto riguardo, altresì, alla enorme differenza sanzionatoria che caratterizza i due criteri di imputazione soggettiva in questione, si è avvertita l’esigenza di ricercare un quid pluris in grado di spiegare più adeguatamente l’adesione volontaristica al fatto al fine di sussumere un atteggiamento psicologico nell’alveo del dolo e non in quello della colpa.
Proprio in tale contesto si inserisce la nota pronuncia delle Sezioni Unite la quale, accogliendo un orientamento giurisprudenziale all’epoca minoritario, ha ritenuto di dover ravvisare l’elemento di distinzione non nella pura e semplice accettazione del rischio, come visto presente in entrambe le ipotesi, ma nella ragione ad essa sottesa; in quest’ottica per aversi dolo eventuale il soggetto deve in ogni caso rappresentarsi l’evento e accettare il rischio che questo si verifichi, ma l’accettazione deve essere il frutto di una scelta consapevole ovvero di un bilanciamento tra il bene perseguito e il bene che si prevede possa essere sacrificato allorché si consumi l’evento consumativo del reato.
Occorrerà, a parere del giudice della nomofilachia “comprendere se l’agente si sia lucidamente raffigurata la realistica prospettiva della possibile verificazione dell’evento concreto costituente effetto collaterale della sua condotta, si sia per così dire confrontato con esso e infine, dopo avere tutto soppesato, dopo avere considerato il fine perseguito e l’eventuale prezzo da pagare, si sia consapevolmente determinato ad agire comunque, ad accettare l’eventualità della causazione dell’offesa”, esprimendo così “una scelta razionale”, il più possibile “assimilabile alla volontà”[3].
Tale atteggiamento psicologico, denotando una volontà autentica, tipica del dolo, appare maggiormente rimproverabile e in ciò risiederebbe la ragione di un trattamento sanzionatorio ben più severo di quello riservato ai comportamenti meramente colposi.
3. La Cassazione sul caso Vannini
La Corte di Cassazione, inserendosi nel solco di quel filone interpretativo inaugurato dalle Sezioni Unite nel caso Thyssenkrupp, con la sentenza n. 134/2020, ha così annullato con rinvio la precedente pronuncia della Corte d’assise d’appello che aveva condannato Antonio Ciontoli per l’omicidio di Marco Vannini, dopo aver riqualificato l’imputazione in quella di omicidio colposo e aver ridotto la pena da 14 a 5 anni di reclusione[4].
A parere dei giudici di legittimità, la Corte d’assise d’appello, negando la sussistenza del dolo eventuale in capo ad Antonio Ciontoli, avrebbe fatto un uso non accorto delle indicazioni interpretative fornite dalle Sezioni Unite le quali, lo si evidenzia nuovamente, hanno precisato che nei casi di dolo eventuale “la volontà si esprime nella consapevole e ponderata adesione all’evento” motivo per il quale non può parlarsi semplicemente di mera accettazione del rischio, ma occorre avere riguardo alla volontà intesa come accettazione dell’evento; infatti “nel concreto confronto dell’agente con l’evento e, infine, nell’accettazione che l’evento si realizzi si sostanzia la ragione della rimproverabilità della condotta, e quindi della colpevolezza”.
Le difficoltà per l’interprete non sono tanto di definizione, di inquadramento dogmatico, quanto di accertamento; ed è proprio su questo terreno di ricostruzione indiziaria dell’elemento soggettivo che, a parere della Corte di Cassazione, la sentenza impugnata rivela errori applicativi e difetti di motivazione.
Il perno attorno al quale ruota il ragionamento contenuto nella sentenza impugnata risiede nella convinzione che il fine ultimo perseguito dall’imputato dopo il ferimento della vittima fosse quello di evitare conseguenze dannose sul piano lavorativo che sarebbero state ineluttabili se fossero emerse l’imprudenza, l’imperizia e la negligenza nella custodia dell’arma detenuta. Si è affermato che tale scopo sarebbe incompatibile con l’affermazione di un’adesione volontaria all’evento morte; Ciontoli cercò di occultare l’avvenuto ferimento, in modo da evitare che si risalisse alla sua responsabilità per aver fatto un uso incauto della pistola in dotazione, e di certo non accettò mai che si verificasse la morte di Marco Vannini, perché quest’evento avrebbe comportato per lui e i suoi famigliari conseguenze ancora peggiori[5].
Perciò, ad avviso della Corte d’assise d’appello, oltre a non potersi riscontrare alcuna accettazione dell’evento morte da parte del Ciontoli, mancherebbe anche quel quid pluris costituito dall’accertamento che l’agente non si sarebbe trattenuto dalla condotta illecita neppure se avesse avuto contezza della sicura verificazione dell’evento (c.d. formula di Frank).
Le argomentazioni, a parere degli ermellini, sono manifestamente illogiche.
Innanzitutto, si conferisce allo scopo perseguito dall’imputato un valore indiziario non adeguatamente giustificato; il perseguimento di quella finalità non implica necessariamente che Ciontoli non volle la morte. Un dato era ormai irreversibile, ovvero il ferimento con un proiettile esploso da un’arma detenuta per ragioni d’ufficio e incautamente custodita; acclarato ciò, sopravvissuto o meno il ferito, si sarebbe inevitabilmente proceduto ad effettuare una ricostruzione della esatta dinamica dell’accaduto e di certo la morte di Vannini avrebbe reso più disagevole l’accertamento delle responsabilità, poiché, in questo modo, sarebbe venuta a mancare un’importante fonte di prova.
Ciò non implica che l’imputato volesse la morte del Vannini quando il colpo di pistola lo ferì, ma fa ben ritenere che Ciontoli per raggiungere il suo fine di sottrarsi a qualsiasi tipo di responsabilità, si sia rappresentato e abbia accettato il rischio di un possibile esito letale per la vittima, l’unica a poter riferire in modo dettagliato quanto accaduto quella sera nell’abitazione della famiglia Ciontoli; si sarebbe trattato, dunque, di una scelta ponderata di sacrificare la vita del giovane per conseguire il proprio fine, di un bilanciamento all’esito del quale l’evento morte è stato il prezzo da pagare per cercare di uscirne nel modo più pulito possibile.
Alla luce di queste considerazioni deve essere letta la condotta del Ciontoli a seguito del ferimento; il ritardo nella chiamata dei soccorsi, le informazioni false e reticenti fornite prima al personale medico e paramedico, e poi agli inquirenti, così come la richiesta fatta al dottore competente di falsificare il referto affinché venisse taciuto ogni riferimento al colpo di pistola partito accidentalmente, sono tutti elementi indicativi della scelta consapevole operata dal Ciontoli.
Inoltre, l’utilizzo della stessa formula di Frank, del tutto ammesso dalle Sezioni Unite[6], è apparso in questo caso inopportuno.
Tale teoria non è uno strumento affidabile di indagine quando l’evento collaterale è incompatibile con il fine perseguito dal soggetto agente ovvero quando “il caso da esaminare si connota per un evento il cui verificarsi, pur messo in conto in modo calcolato, comporti per l’autore della condotta il sostanziale, più o meno integrale, fallimento del piano”. Si pensi al caso di colui che, al fine di ottenere determinate informazioni, sottoponga a sevizie la sua vittima la quale, a cause del trattamento subìto, muoia e non sia, quindi, più in grado di riferire quanto l’agente desiderava conoscere.
Nell’esempio sopramenzionato, così come nel caso oggetto del giudizio d’appello, applicando la formula di Frank, si giungerebbe alla assurda conclusione di dover escludere il dolo eventuale ogniqualvolta l’autore, qualora abbia previsto come certo l’evento morte, si sia astenuto dall’agire.
Per questo la Corte Suprema afferma che in tali ipotesi “non può escludersi che l’agente abbia operato una consapevole opzione accettando la verificazione dell’evento. Può infatti accadere che nell’agente prevalga la speranza, il desiderio di realizzare un certo risultato anche di fronte all’eventualità che proprio quella condotta renda definitivamente non realizzabile il risultato perseguito” [7].
4. Appello bis
Facendo applicazione dei principi enunciati dalle Sezioni Unite nel caso Thyssenkrupp e richiamati dalla Corte di Cassazione nel caso de quo, i giudici del processo di appello bis sull’omicidio di Marco Vannini, con sentenza del 30 settembre 2020, hanno condannato Antonio Ciontoli a 14 anni di reclusione per omicidio volontario, ascrivendo così il fatto a titolo di dolo eventuale.
[1] Ass. app. di Roma, Sez. I, 1 marzo 2019, n. 3 in banca dati Leggi d’Italia P.A.
[2] Cass. Sez. Un., 24 aprile 2014, n. 38343 in banca dati Leggi d’Italia P.A.
[3] Cass. Sez. Un., 24 aprile 2014, n. 38343 cit. Nella massima ufficiale si legge: “il dolo eventuale ricorre quando l’agente si sia chiaramente rappresentata la significativa possibilità di verificazione dell’evento concreto e ciò nonostante, dopo avere considerato il fine perseguito e l’eventuale prezzo da pagare, si sia determinato ad agire comunque, anche a costo di causare l’evento lesivo, aderendo ad esso, per il caso in cui si verifichi”.
[4] Cass. pen, sez. I, 6 marzo 2020, n. 9049 in banca dati Leggi d’Italia P.A.
[5] Ass. app. di Roma, Sez. I, 1 marzo 2019, n. 3 cit. ove si legge “se ciò che Ciontoli vuole evitare è che si venga a sapere che ha sparato, non avrà intenzione a cagionare un evento che comporterebbe ineluttabilmente l’emersione proprio di ciò che vuole tenere nascosto: il fatto che abbia sparato”. E, ancora, “le richieste di soccorso, ancorchè condotte con modalità inaccettabili e mendaci, resterebbero prive di senso: Ciontoli avrebbe sin da subito messo in conto la morte del ragazzo, seminando però nel contempo tracce che conducevano alla sua persona e che avrebbero ineluttabilmente portato a determinare la reale dinamica degli eventi, con effetto gravemente pregiudizievole per sé o per i propri familiari.”
[6] Cass. Sez. Un., 24 aprile 2014, n. 38343 cit. per la quale la formula di Frank sarebbe applicabile in tutti quei casi in cui il giudice sia in possesso di informazioni che “consentano di esperire il controfattuale e di rispondere con sicurezza alla domanda su ciò che l’agente avrebbe fatto se avesse conseguito la previsione della sicura verificazione dell’evento collaterale», e non potrà che condurre inevitabilmente alla negazione della sussistenza del dolo eventuale in tutti i casi in cui la risposta dovesse essere nel senso che l’agente, se avesse conseguito tale previsione, non avrebbe agito. Ma tale accertamento avrà carattere “sostanzialmente risolutivo” soltanto nei casi in cui la verifica imposta dalla formula di Frank possa esperirsi in maniera “affidabile e concludente”: in generale, infatti – ammonisce la Suprema Corte – l’accertamento del dolo eventuale deve avvalersi di tutti gli indicatori alternativi poc’anzi menzionati.
[7] Cass. pen, sez. I, 6 marzo 2020, n. 9049 cit.
FONTE: http://www.salvisjuribus.it/dolo-eventuale-e-colpa-cosciente-alla-luce-del-caso-vannini/
IMMIGRAZIONI
La rivelazione choc: “Alcuni agenti danno informazioni sottobanco alle Ong”
La giornalista Rai imbarazza il governo: un pezzo delle forze dell’ordine collabora con le Ong per favorire l’immigrazione irregolare? “La Lamorgese cosa dice? Scovare e punire le mele marce”
Una rivelazione choc che fa sorgere più di qualche dubbio: per caso c’è un pezzo delle forze dell’ordine che collabora con le Ong per favorire l’immigrazione clandestina ai danni del nostro Paese? Per il ruolo svolto dai nostri uomini in divisa c’è sempre il massimo rispetto, ma la frase pronunciata da una giornalista Rai non può lasciare in alcun modo tutti nell’indifferenza totale.
“Un ringraziamento a quelle poche forze dell’ordine che ci hanno dato comunicazioni sottobanco, che stanno lavorando e che continuano a lavorare insieme alle Ong per salvare vite umane, nonostante per loro sia molto più complicato perché hanno ordini diversi. Quindi ringrazio Guardia costiera e Guardia di finanza“, ha dichiarato Angela Caponnetto.
Questo è ciò che ha sostenuto l’inviata di Rai News 24, intervenuta nel corso di una video conferenza organizzata via Zoom da RescueMed con la presenza – tra gli altri – anche di Luca Casarini (ex no global e oggi attivista pro-migranti sulla Mare Jonio), Nello Scavo e l’equipaggio della nave Mare Jonio. Si tratta di una durissima accusa, secondo cui qualche componente delle forze dell’ordine – disobbedendo a quelli che sono gli ordini – farebbe da stampella alle Organizzazioni non governative fornendo informazioni segrete e private e permettendo così l’ingresso illegale di migranti in Italia.
“Intervenga la Lamorgese”
Sulla questione si è espresso Carlo Fidanza, eurodeputato di Fratelli d’Italia: “La giornalista di Rai News 24 Angela Caponnetto in una diretta con la nave Ong Mar Jonio, Luca Casarini e il presidente della Federazione Nazionale Stampa Italiana ringrazia quei membri delle forze dell’ordine che passano informazioni sottobanco alle Ong per recuperare immigrati in mare”. Il responsabile Esteri del partito di Giorgia Meloni ha pertanto invitato il ministro dell’Interno, Luciana Lamorgese, a intervenire in prima persona aprendo il prima possibile un’indagine “per scovare e punire le mele marce che favoriscono l’immigrazione illegale”. La stessa richiesta è stata avanzata da Mauro Rotelli, deputato di Fratelli d’Italia. “Le parole della giornalista Rai Angela Caponnetto sono gravissime. il Ministero degli Interni apra immediatamente un’indagine”, ha scritto sul proprio profilo Facebook.
FONTE: https://www.ilgiornale.it/news/politica/rivelazione-choc-agenti-danno-informazioni-sottobanco-ong-1904942.html
“Segnala la presenza di agenti” La nuova app di Soros per i migranti
POLITICA / RILETTURA
Torna a far parlare di sé il multimiliardario ungherese George Soros con le sue discutibili iniziative umanitarie.
Svestiti i panni di “squalo della finanza”, come ebbe a definirlo Bettino Craxi, Soros è ora concentrato in quelle attività che i media mainstream si ostinano a definire “filantropiche”.
L’ambigua filantropia di Soros
Tuttavia, come si suol dire, il lupo perde il pelo ma non il vizio ed è dunque difficile credere nell’improvvisa beatificazione di una persona che in tempi non sospetti arrivò a polverizzare i risparmi dei contribuenti inglesi senza pentirsene. E infatti spesso, come è già stato ampiamente documentato su questo portale, le innumerevoli iniziative di Gerge Soros nell’ambito cosiddetto umanitario hanno avuto in realtà dei secondi fini di natura prettamente politica.
La rete del magnate ungherese è comunque riuscita ad allargarsi a vista d’occhio nel tempo e l’Open Society, la sua mastodontica organizzazione, riesce ad avere un peso determinante nella società civile americana, grazie a un patrimonio stimato di oltre 1 miliardo e mezzo di dollari. Soldi che vengono chirurgicamente destinati al finanziamento di diverse attività di sensibilizzazione, soprattutto negli Stati Uniti. Dalla Open Society erano infatti arrivati i soldi per finanziare la logistica di tutte le manifestazioni anti Trump, pochi giorni dopo il suo insediamento alla Casa Bianca. Sempre dalla Open Society sono arrivati i soldi per sostenere l’ong Avaaz nella sua accanita campagna, tuttora in corso, per boicottare i Mondiali in Russia e denunciare i presunti crimini di guerra di Bashar al-Assad in Siria.
L’applicazione per aiutare gli immigrati irregolari
Ancora una volta dalla medesima organizzazione capeggiata da Soros arrivano i soldi per finanziare un’altra discutibile iniziativa. Riporta wallstreetitalia, confermato dal quotidiano americano lmtonline, come l’organizzazione americana United We Dream abbia da poco ideato un’applicazione per smartphone dalla dubbia utilità. Si tratta infatti di un sistema di comunicazione immediata che mette in contatto diverse persone per segnalare la presenza di polizia o situazioni che possano coinvolgerla.
L’applicazione però non è per tutti, ma è destinata ad un pubblico specifico, ovvero gli immigrati irregolari negli States. In pratica se un immigrato senza documenti viene fermato dalla polizia quest’ultimo, schiacciando un semplice tasto sul telefono, può avvertire il gruppo di persone con cui condivide l’applicazione e cancellare in un secondo momento tutti i recapiti e dati personali di questa rete di irregolari. Questa nuova app sarà così distribuita ai 400.000 membri di quest’organizzazione americana che, dal 2010, riceve finanziamenti dall’Open Society di George Soros.
Uno dei membri di United We Dream non ha avuto problemi nel rilasciare questa dichiarazione: “Mia madre non ha documenti, quindi voglio essere certo di essere preparato e sapere cosa fare se succede qualcosa”. Stravaganti affermazioni che fanno da eco alla stravagante i storia dell’organizzazione. United We Dream nasce infatti come progetto del National Immigration Law Center, un centro di advocacy americano che ha ricevuto nel tempo sussidi direttamente dal Governo degli Stati Uniti. Con nemmeno troppo sforzo si può quindi affermare che la United We Dream, con soldi governativi, finanzia attività che sono al limite della legalità (come la app che nasconde le identità di persone senza documenti). L’ennesimo paradosso di un’attività legata a George Soros che fa scendere ulteriori ombre sulla trasparenza della sua attività.
FONTE: https://it.insideover.com/politica/segnala-la-presenza-agenti-la-nuova-app-soros-migranti.html
PANORAMA INTERNAZIONALE
Biden: ecco il suo Jared (molto più utile)
Biden ha scelto per la carica di segretario di Stato – la più importante – dlla sua Casa Bianca, Anthony Blinken. Titola The Times of Israel
Nominando Blinken, Biden sarà servito da un confidente con profonde radici ebraiche
Traduzione:
NEW YORK – Era l’apice della Seconda Intifada e l’inviato dell’amministrazione Clinton per il Medio Oriente stava facendo colazione in una sala da pranzo vuota al King David Hotel di Gerusalemme.
Mentre così tanti stranieri avevano evitato la città punto allora sotto un’ondata di attentati suicidi, due ospiti dagli Stati Uniti hanno fatto un punto d’onore di essere nello stato ebraico durante il periodo di prova e si erano uniti a lui a colazione che giorno: il senatore Joe Biden e il suo aiutante per la politica estera Antony Blinken.
“Biden pensava che fosse importante essere lì allora, e Tony era con lui”, ha ricordato Dennis Ross [personaggio che è stato coordinatore speciale per il Medio Oriente sotto il presidente Bill Clinton , nonché consigliere speciale per il Golfo Persico e l’Asia sud-occidentale (che include l’ Iran ) dell’ex segretario. di Stato Hillary Clinton . ] sottolineando il grado in cui, anche 20 anni dopo, il presidente eletto degli Stati Uniti continua a marciare di pari passo con il uomo che ha nominato lunedì prossimo segretario di stato. “Proprio come Biden, c’è un attaccamento emotivo istintivo a Israele”.
Il bisnonno del candidato, Meir Blinken, emigrò negli Stati Uniti alla fine del XIX secolo da Kiev, allora parte dell’Impero russo, oggi capitale dell’Ucraina, dove divenne famoso come autore di racconti yiddish, molti dei quali sul vita dei nuovi arrivati ebrei in America.
In un’intervista con The Times of Israel il mese scorso, Blinken ha sottolineato come la lezione dell’Olocausto abbia plasmato il “sostegno permanente di Biden a Israele e alla sua sicurezza”.
“Crede fermamente che una patria ebraica sicura in Israele sia l’unica migliore garanzia per garantire che il popolo ebraico non sarà mai più minacciato di distruzione. Questo è un motivo profondo per cui non si sarebbe mai allontanato dalla sicurezza di Israele, anche nei momenti in cui potrebbe non essere d’accordo con alcune delle sue politiche “, ha detto Blinken.
Una relazione forte USA-Israele
“La cosa più importante da notare è il suo rapporto stretto e di lunga data con il presidente eletto”, ha detto Ross, sottolineando l’immenso vantaggio di cui Blinken godrà come segretario di stato quando incontrerà i leader mondiali che sanno che il massimo diplomatico statunitense parla per il presidente e ha il pieno appoggio del comandante in capo.
Dopo aver prestato servizio con Biden al Senato, Blinken si trasferì con lui nell’ufficio del vicepresidente, diventando il suo consigliere per la sicurezza nazionale. Blinken è stato poi promosso a vice consigliere per la sicurezza nazionale del presidente Barack Obama nel 2013.
“Nessuno ha lavorato più strettamente di Blinken con Biden dall’inizio degli anni ’90 “, ha detto Ross, che si alternato a Blinken durante gli anni di Clinton e Obama.
Lo stretto rapporto con Biden è rimasto ed è stato mostrato in pieno in un episodio del 2014 spesso raccontato: l’ambasciatore israeliano negli Stati Uniti Ron Dermer telefona a Blinken nel cuore della notte, alla disperata ricerca di aiuti americani per costruire più batterie di difesa missilistica Iron Dome, che stavano lottando per far fronte al fuoco non stop di razzi da Gaza.
Blinken, porta la domanda a Obama e Biden nell’ufficio ovale la mattina successiva e entrambi hanno ricevuto una risposta di tre parole: “Fallo”. Lui e Biden hanno lavorato al telefono durante il fine settimana e sono riusciti a ottenere un quarto di miliardo di dollari in finanziamenti dal Congresso. E’ degno di nota il fatto che il candidato a Segretario di Stato di Biden scelga di evidenziare spesso quella storia negli incontri con i leader ebrei perché lo differenzia dagli altri alla Casa Bianca all’epoca che non erano così simpatizzanti per la posizione di Israele.
Questo non vuol dire che Biden guiderebbe una politica che dà a Israele un pass gratuito per la costruzione di insediamenti, Biden si opporrà nel quadro del tentativo di mantenere in vita la soluzione dei due stati.
Blinken ha indicato che il processo di pace non sarà in cima all’agenda dell’amministrazione Biden, ma ha anche chiarito che “ignorare il problema Israele-Palestina non lo farà andare via”.
Sull’Iran, ‘compliance for compliance’
Ma non è solo con Biden che Blinken lavora così bene. “Non riesco a pensare a nessuno che ha lavorato con lui che non lo vede come un professionista completo”, ha detto Ross. “È un mensch sopra ogni altra cosa”, ha detto Malcolm Hoenlein, vice presidente esecutivo della Conferenza dei presidenti delle principali organizzazioni ebraiche americane. “Anche quando abbiamo avuto disaccordi, è stato in grado di ascoltare e aiutare a facilitare la comunicazione”, ha detto Hoenlein, il cui lavoro con Blinken dura da decenni.
I disaccordi a cui si fa riferimento riguardavano l’accordo nucleare iraniano negoziato dall’amministrazione Obama nel 2015 – mentre Blinken era vice segretario di stato – e probabilmente torneranno in primo piano dato il desiderio di Biden di rientrare nell’accordo multilaterale.
Il mese scorso Blinken ha dichiarato al Times of Israel che un rientro degli Stati Uniti richiederebbe che l’Iran ritorni prima all’accettazione dei suoi obblighi ai sensi dell’accordo: “concessione per concessione”.
Ma questa strategia sembra sbagliata al governo israeliano e ai suoi alleati arabi nella regione, insieme ai repubblicani e a molte delle principali organizzazioni ebraiche negli Stati Uniti che vogliono continuare a tenere i piedi dell’Iran sul fuoco con le sanzioni paralizzanti messe in atto dal presidente Donald Trump. Netanyahu e Dermer si sono entrambi espressi pubblicamente nei giorni scorsi contro un ritorno degli Stati Uniti all’accordo del 2015.
[Perché hanno deciso: l’Iiran è Amalek di questa generazione]
Blinken, controbatte che, anche se il Piano d’azione globale congiunto non affrontava l’egemonia regionale dell’Iran, stava funzionando per frenare il programma nucleare della Repubblica islamica. Si è lamentato di come tale progresso sia stato invertito dal ritiro di Trump dall’accordo nel 2018. L’Agenzia internazionale per l’energia atomica ha riferito all’inizio di questo mese che dopo aver mantenuto la conformità con l’accordo nucleare fino all’uscita degli Stati Uniti, Teheran ha da allora arricchito 12 volte la quantità di uranio. rispetto a quanto consentito dal PACG.
Disponibilità a imparare dagli errori
“Non c’è dubbio che le cose saranno diverse [sotto Biden] rispetto agli ultimi quattro anni, ma [Blinken] sarà aperto e reattivo come è sempre stato alle preoccupazioni della comunità ebraica”, ha detto Ross.
Ha corretto il suo errore, si esalta il Times of Israele, “ nel caso della politica dell’amministrazione Obama sulla Siria, che ha visto il presidente tracciare una “linea rossa” contro l’uso di armi chimiche da parte del presidente Bashar Assad, che successivamente non è riuscito a far rispettare.
“Non siamo riusciti a prevenire un’orribile perdita di vite umane. Non siamo riusciti a prevenire un massiccio spostamento … ed è qualcosa che porterò con me per il resto dei miei giorni “, ha detto Blinken a CBS all’inizio di quest’anno.
[Quindi tornerà “Assad che gasa il suo popolo”, Assad must go…)
Blinken ha criticato l’amministrazione Trump per aver promosso quella politica di non intervento ritirando gradualmente le forze statunitensi dalla Siria. “Ha una visione del mondo basata sull’importanza della leadership degli Stati Uniti, convinto che quando non guidiamo noi, si creano vuoti e il mondo diventa più pericoloso”, ha detto Ross. “È così che la vede Biden, ed è così che la vede Blinken.”
Le cose vanno sul piano inclinato previsto e “visto”. Noi che sappiamo come finirà, intensifichiamo la speranza nel Cuore Immacolato e preghiamo per suo trionfo.
FONTE: https://www.maurizioblondet.it/biden-ecco-il-suo-jared-molto-piu-utile/?utm_medium=push&utm_source=onesignal&utm_campaign=push_friends
La Russia estende l’obbligo delle mascherine sino al 2022
POLITICA /
La Russia decide di estendere l’obbligo di utilizzare le mascherine in pubblico di un anno. Con un decreto firmato dal capo medico sanitario della Federazione Russa, Anna Popova, le restrizioni imposte, come il regime di mascherine sanitarie obbligatorie, il mantenimento della distanza sociale, l’autoisolamento di 14 giorni e una serie di altre misure, sono prorogate fino al primo gennaio 2022.
Rospotrebnadzor, il Servizio Federale per la Vigilanza nel Settore della Tutela dei Diritti dei Consumatori e del Benessere Umano, ha emesso l’ordinanza lo scorso 13 novembre. Nel documento si legge “nel paragrafo 2 del decreto del medico sanitario capo dello Stato della Federazione russa del 22/05/2020 N 15 “Sull’approvazione delle norme sanitarie ed epidemiologiche 3.1.3597-20″ prevenzione dell’infezione da nuovo coronavirus (Covid-19)” le parole “al 1 gennaio 2021” sono sostituite dalle parole “prima del 1 gennaio 2022″”.
Nell’ordinanza si legge anche che la dimissione delle persone entrate in contatto (con positivi n.d.r.) che non hanno sviluppato sintomi clinici durante l’intero periodo di supervisione medica, per impegnarsi in attività lavorativa, viene effettuata dopo 14 giorni di calendario dalla data dell’ultimo contatto con un paziente Covid-19 senza effettuare test di laboratorio.
Mosca quindi proroga le sue misure cautelative di un anno temendo forse un ritorno dell’ondata epidemica il prossimo autunno. Del resto questo virus ha dimostrato una virulenza tale da non portare alla sua auto-estinzione come avvenuto per i precedenti coronavirus, come la Sars e la Mers, che infatti erano caratterizzati da un tasso di letalità molto più elevato rispetto a quello di Sars-CoV-2: rispettivamente del 9,5% e del 34,5%. La stessa diffusione delle due precedenti epidemie di coronavirus è stata alquanto limitata a livello globale, sia per le caratteristiche del decorso delle infezioni sia per i provvedimenti tempestivi presi per contenerle. Questo nuovo coronavirus molto probabilmente ci accompagnerà ancora a lungo e non è escluso che tenda all’endemizzazione in forme ancora meno virulente di quelle che stiamo riscontrando in questi mesi.
Il vaccino, quindi, resta l’unica forma efficace, insieme alle misure di distanziamento personale e diffusione capillare dei dispositivi di protezione individuale (Dpi), per combatterlo.
La Russia è stata la prima nazione ad annunciare al mondo la scoperta di un vaccino: già ad agosto stava sperimentando il Gam-Covid-VacLyo, soprannominato Sputnik V, patrocinato dal Gamaleya Research Institute. Più recentemente, a fine settembre, il presidente Vladimir Putin aveva annunciato che l’agenzia russa che regola il settore dei medicinali aveva approvato un secondo vaccino anti Covid-19, chiamato EpiVaCorona, ma ancora oggi non sappiamo a che punto siano gli studi clinici per la sua certificazione.
Quello che è certo è che stiamo assistendo ad una vera e propria “battaglia” per piazzare i vaccini, con dei risvolti anche grotteschi. La questione dell’efficacia, ad esempio, è stata al centro di un botta e risposta tra Stati Uniti e Russia che ha generato non poca confusione e sollevato sospetti: dapprima l’annuncio che il vaccino statunitense della Pfizer è efficace al 90%, poi la risposta russa che afferma che il proprio ritrovato ha un’efficacia pari al 92%, infine ancora la casa farmaceutica americana che cambia il valore aumentandolo al 95%.
La stessa Svetlana Zavidova, che da anni si occupa di test clinici e di vaccini in Russia, ha spiegato al sito di Science di avere difficoltà a spiegarsi l’annuncio dell’Istituto Gamaleya: “Temo che abbiano visto i risultati di Pfizer e abbiano aggiunto un 2%” metodologia che potrebbe anche essere stata seguita dalla Pfizer in seconda battuta.
Mosca ha poi spostato l’attenzione sul costo unitario di una dose, che secondo quanto riporta l’account Twitter creato per lo Sputnik V, sarebbe inferiore rispetto ai corrispettivi ritrovati made in Usa: si legge infatti che il prezzo annunciato da Pfizer di 19,5 dollari e da Moderna di 25/37 per dose significa in realtà che il loro prezzo sarà rispettivamente di 39 e 50/74 dollari. Per i vaccini Pfizer, Sputnik V e Moderna sono necessarie due dosi a persona, ed il prezzo dello Sputnik V sarà molto più basso, ma non viene detto di quanto, lasciando quindi aperte molti più interrogativi di quanti ne risolva l’annuncio.
Si tratta, si diceva, di una vera e propria guerra senza esclusione di colpi, combattuta per ottenere quel prestigio internazionale, che innescherebbe un circolo virtuoso nella ricerca medico/scientifica: più vaccini si vendono, oltre a significare più soldi che entrano nelle casse di chi lo produce, più si dimostra che i propri centri di ricerca, siano essi pubblici o privati, rappresentano un’eccellenza in grado di essere non solo competitiva, ma anche una realtà da tenere in considerazione per ogni futura problematica sanitaria, per la delineazione di protocolli o per fungere da attrattori di finanziamenti internazionali e proporsi come leader nel campo della ricerca.
Senza dimenticare che vendere un vaccino a prezzi concorrenziali a un Paese straniero, significa legarlo a sé in qualche modo tramite una sorta di “debito di riconoscenza morale” che potrebbe venire incassato un domani in altro modo, magari attraverso facilitazioni commerciali o economiche. Per certi Paesi meno sviluppati potrebbe anche voler dire l’apertura di espliciti legami bilaterali volti a implementare la ricerca scientifica, ad esempio tramite la fondazione di nuovi istituti con personale “straniero” col compito di guida e formazione di quello locale.
La decisione russa di prorogare di un anno certi provvedimenti di contenimento epidemico potrebbe anche riflettere la presa di coscienza che vaccinare la totalità della popolazione sarà un procedimento alquanto lungo e complesso, anche se si prendono in esame solo le fasce più deboli o le categorie professionali necessarie più esposte (Forze dell’Ordine, medici, insegnanti ecc). La decisione russa ci serva da monito: non dobbiamo illuderci che l’arrivo del vaccino statunitense, le cui prime dosi dovrebbero essere disponibili in Italia entro la fine dell’anno, ci libererà, in tempi brevi, dalla presenza del virus né dalle limitazioni alle nostre vecchie abitudini di vita quotidiana.
FONTE: https://it.insideover.com/politica/la-russia-estende-lobbligo-delle-mascherine-sino-al-2022.html
POLITICA
RINALDI A LA7: Conte ha chiuso i tempi per un dibattito con l’opposizione.
I prestiti garantiti devono diventare fondi perduti
Un breve estratto dell’intervento di Antonio Maria Rinaldi a Coffebreak La7. L’intervento verte prima di tutto sulla tanto ricercata collaborazione fra opposizione e maggioranza che in realtà arriva fuori tempo massimo, dato che il governo ha presentato in ritardo la legge di bilancio. A q uesto punto non c’è neanche il tempo di discutere ed introdurre miglioramenti prima dell’aula, per cui la domanda è proprio sul senso della collaborazione.
Quindi,. dopo un passaggio sui ritardi dei paini per il Recovery Fund di Gualteri si passa sulle idee della Lega, con l’abbassamento dell’IVA per i beni essenziali, a favore delle classi più povere, di sicuro utile, ma respinto al mittente. Inoltre c’è il problema pressante dei prestiti garantiti dallo stato per 25 mila euro durante il primo lockdown: vista la crisi sempre più soffocante non sarebbe opportuno, a questo punto, trasformarli in contributi a fondo perduto come hanno fatto gli USA?
buon ascolto.
VIDEO QUI: https://www.facebook.com/e62c8f5e-f422-4e7c-8778-95b34a045009
FONTE: https://scenarieconomici.it/rinaldi-a-la7-conte-ha-chiuso-i-tempi-per-un-dibattito-con-lopposizione-i-prestiti-garantiti-devono-diventare-fondi-perduti/
Gulasch marxista
Sergiu Klainerman, il matematico di Princeton che fuggì dalla Romania comunista
IL FOGLIO 21/11/2020, a pag.I, con il titolo “Gulatsch marxista”, il commento di Giulio Meotti.
Sono rimasto estremamente sorpreso quando ho lasciato la Romania, a venticinque anni, e arrivando in occidente mi sono reso conto che le persone più istruite che avrei incontrato erano ostili alla democrazia occidentale”. Nato a Bucarest da una famiglia ebraica comunista nel 1950, Sergiu Klainerman è oggi riconosciuto come uno dei più importanti matematici americani (è uno dei “geni” del Premio MacArthur). Ha contribuito allo studio delle equazioni alle derivate parziali iperboliche e insegna a Princeton. Da un po’ di tempo, Klainerman è impegnato in una battaglia non con i numeri, ma a difesa della libertà di parola. Su Newsweek, Klainerman ha scritto un editoriale molto duro contro il proprio rettore, Christopher Eisgruber, che aveva parlato di “razzismo sistemico” nelle sue facoltà. “Lo chiamano `diversità e inclusione’, ma significa meno diversità di opinioni e più divisione ed esclusione”, spiega Klainerman. “Il marxismo è stato molto bravo a individuare alcune carenze del capitalismo, ma è stato terribile nell’offrire soluzioni. I marxisti erano ossessionati dall’idea di prendere il potere e ogni volta che lo hanno fatto rapidamente c’è stata una convergenza verso qualche forma orribile di totalitarismo. Il capitalismo si è rivelato più capace di quanto immaginavano i marxisti, in parte a causa del suo adattamento. Questo ha portato a una nuova forma di critica che inizia sotto Antonio Gramsci e basata sull’idea che i marxisti devono dirigere gli attacchi alla ‘cultura egemonica’ attraverso la quale il capitalismo detiene il potere. Questa attenzione alla critica delle società occidentali con l’intento ultimo di indebolirla e distruggerla è continuata dalla scuola di Francoforte con la ‘Critical Theory’, portata negli Stati Uniti negli anni Trenta, dove trovò una nicchia nei college”. Una teoria che nel 1962 György Lukács sarcasticamente aveva chiamato “Grand Hotel Abgrund” (Abisso). Il fatto di nascere in una famiglia comunista ha posto Klainerman in una posizione privilegiata da cui osservare il sistema. “Sono stato intossicato dai miti eroici su come i comunisti altruisti stessero costruendo la migliore società possibile mentre spezzavano la futile resistenza di reazionari recalcitranti. Mi è stato fatto il lavaggio del cervello sull’Unione Sovietica come il modello di ogni virtù, al punto che sono rimasto scioccato a otto anni, quando ho sentito un ragazzo più grande nella mia strada dire cose cattive sull’Urss. Posso far risalire a quel momento tutti i miei successivi sviluppi ideologici. Deciso a convincermi che quel ragazzo avesse torto, iniziai ad ascoltare con attenzione ogni tipo di critica all’Unione Sovietica, e più in generale al comunismo, con la speranza che potesse essere sfatata. Mio fratello, più grande di me, bombardava i nostri genitori di domande sulle stupidità della propaganda che gli veniva impartita a scuola. Mio padre, che doveva aver cominciato a nutrire dubbi sul sistema dal tempo trascorso a Mosca sotto Stalin mentre conseguiva la laurea in medicina, era sulla difensiva e arrabbiato. E preoccupato che le nostre conversazioni potessero essere monitorate dalla Securitate, il Kgb rumeno. La sua risposta era che noi non avevamo idea di quanto fosse peggiore il regime precedente. Questo non mi ha aiutato a fugare i dubbi”. Un altro, più grande choc, è avvenuto più tardi, a quindici anni. “Quando ho letto in francese `Buio a mezzogiorno’ di Arthur Koestler. Il libro, ispirato ai processi durante le Grandi Purghe staliniste, mi ha scosso nel profondo. Da lì, il risveglio è andato abbastanza veloce. Ho divorato `1984′ e la `Fattoria degli animali’ di Orwell e ricordo vividamente l’eccitazione e la paura. Ho potuto leggere, in francese, Solzenitsyn. E i dubbi sono diventati sfide all’ideologia comunista. Un altro elemento importante che ha portato al mio risveglio è stata Radio Free Europe, un’organizzazione finanziata dagli Stati Uniti che ha trasmesso nell’Europa orientale. La ascoltavo con mio padre, che aveva ormai compiuto il suo risveglio. La stazione era la nostra finestra sul mondo. Ma, alla fine, niente fu più importante dell’esperienza diretta della vita nella Romania di Ceausescu”.
La routine quotidiana. “L’effetto che ricordo vividamente è la sensazione di vivere in un mondo schizofrenico di due realtà opposte. Quella ufficiale, impartita dalla mattina alla sera tramite radio, tv, giornali, film e libri, in classe e negli incontri ufficiali a scuola. Era una celebrazione dei grandi risultati del leader e dell’unanime riconoscimento e gratitudine, tranne da una piccola banda di traditori reazionari. La seconda realtà è stata l’esperienza personale della mancanza di tutto, interminabili file per il cibo, i volti stanchi e abbattuti per strada, e gli automatici, sconsiderati, elogi per il partito e le sue politiche a cui siamo stati costretti. E la realtà del lavoro forzato, cosiddetto volontario, perché le fattorie collettive imposte dal regime erano terribilmente inadeguate. E la realtà dell’ipocrisia diffusa, del cinismo, della corruzione e della disperazione ma anche della tranquilla resistenza della popolazione che si manifestava in battute ed espressioni private di disgusto tra amici intimi e familiari”. Oggi varie forme di teorie critiche pseudomarxiste dominano i dipartimenti accademici occidentali, “Gender Studies”, “African American Studies”, “Ethnic Studies Sociology”…. “Prendi qualsiasi gruppo identitario e puoi trovare una teoria critica, dalla razza al femminismo alla pedagogia critica, che critica il rapporto tra insegnante e studente che, secondo Paulo Freire, è come quello tra colonizzatore e colonizzato. Queste teorie forniscono le mappe per la liberazione dalla struttura di potere dominante. Sono collegate dall”intersezionalità’, che pretende che le identità (genere, sesso, razza, disabilità, aspetto fisico, altezza, peso) si combinino per creare discriminazione o privilegio. Aggiungete una visione apocalittica del cambiamento climatico e una grande dose di assolutismo morale e di odio per il capitalismo e otterrete i contorni principali del fenomeno ‘woke”. E’ una delle parole chiave del 2020. “A differenza della scuola di Francoforte, ancorata agli ideali dell’Illuminismo, queste nuove teorie critiche sono influenzate da una visione postmoderna secondo cui verità e giudizi morali dipendono dal contesto storico e sociale. Pertanto, individualismo, lavoro, famiglie stabili, pensiero logico e obiettività scientifica sono caratteristiche dei `bianchi’ e ogni tentativo di affermare che sono virtù universali va considerato razzista. Tali dichiarazioni sono apparse di recente in un grafico allo Smithsonian National Museum of African American History and Culture e nei media, come il New York Times, o in programmi sulla diversità nelle principali istituzioni governative come i Dipartimenti di Stato e del Tesoro, l’Fbi, i militari, i laboratori nazionali o le grandi aziende. Nonostante le imperfezioni passate e presenti, la civiltà occidentale ha una notevole capacità di correggersi e automigliorarsi, generando allo stesso tempo gli straordinari progressi nella conoscenza e nella condizione umana che abbiamo visto negli ultimi secoli. Gli Stati Uniti hanno attirato milioni di immigrati, me compreso, sulla base della reputazione di essere un paese che valorizza la libertà e premia il lavoro e il talento senza tener conto di razza, etnia, sesso o religione. Intento a dividere le persone in base all’identità, incapace di vedere qualcosa di positivo nella storia, ossessionato dal dissotterrare ogni forma nascosta di oppressione, spesso immaginaria, e pronto a condannare ogni opposizione alla sua ideologia, il movimento ‘woke’ è un grave pericolo non solo all’integrità delle nostre università ma del paese”. Ibrahim Kendi, uno dei principali leader del woke, ha detto che “non esiste idea non razzista”, solo “idee razziste e idee antirazziste”. “E’ analogo al precetto leninista secondo cui coloro che non sono con noi sono contro di noi” ci dice Klainerman. “Tutte le università hanno investito molto, da anni, in diversità e inclusione. C’è stata un’enorme espansione di un’amministrazione la cui unica funzione è quella di spingere per una sempre maggiore diversità. Le università creano quadri di insegnanti, giornalisti e amministratori che continuano a spingere l’ideologia attraverso la società. Al centro del comunismo c’era l’uguaglianza radicale e la giustizia sociale in palese disprezzo delle libertà. Per i miei genitori, solo il comunismo poteva salvare il mondo da sfruttamento, razzismo, guerra e disuguaglianza economica. Ma paradossalmente, il comunismo ha prodotto società in cui lo sfruttamento e la disuguaglianza erano dilaganti. Ho imparato dalla triste storia dei miei genitori, che si sentirono completamente traditi dal sistema, che le società che sacrificano la libertà in nome dell’uguaglianza perdono entrambe”. In Romania Elena Ceausescu, una ragazza con la terza media ma anche la moglie del dittatore Nicolai, fu omaggiata nelle università. “La Romania, come gli altri paesi comunisti, aveva un duplice sistema di valutazione, uno sul merito e un altro sull’attivismo politico. Elena Ceausescu divenne membro dell’Accademia delle scienze come chimica. Una battuta diceva che se ne stava ancora cercando il diploma di scuola superiore. In nome di diversità e inclusione, le università americane, ancora le migliori al mondo, stanno seguendo un simile percorso di autodistruzione. Quando i professori non sono più assunti sul merito, ma all’equità, l’eccellenza accademica decade. Dopo un certo punto il declino non è più graduale, il collasso è una descrizione più appropriate”. Klainerman crede che la resistenza al “woke” sia in atto. “Le persone che si oppongono hanno iniziato a organizzarsi in nome della libertà accademica, della neutralità razziale, etnica e religiosa. A Princeton, un gruppo di professori, me compreso, sta costituendo un’organizzazione per la libertà di parola sul modello della Nato, ovvero `un attacco alla libertà di uno è un attacco a tutti’. Tutti i membri si solleveranno in difesa di un collega”. La “cancel culture” ha dominato il 2020.
“Vuole indebolire le istituzioni culturali delle democrazie occidentali. In questo ci sono riusciti fin troppo bene. Hanno creato un’ideologia abbastanza forte da poter passare allo stadio successivo, demolire ciò che resta. Ma dubito che possano farlo”. Il pensiero torna all’autore di “Arcipelago Gulag” che parlò ad Harvard durante la Guerra fredda. “Ho riletto il discorso di Solzhenitsyn de11978 intitolato `Un mondo diviso’. Devo ammettere che ne avevo perso gran parte del significato. È un fatto tragico della condizione umana che importanti aspirazioni e bisogni come la libertà, la giustizia, l’uguaglianza, la sicurezza personale, la spiritualità e l’espressione di sé siano, se non esattamente in contraddizione tra loro, in uno stato di conflitto perpetuo. L’uguaglianza radicale, come immaginata dal marxismo e dall’ideologia woke, è in contrasto con la natura umana; è incompatibile sia con la libertà sia con la giustizia e pub essere imposta solo con la forza. Non è un caso che proprietà privata e famiglie borghesi, le maggiori fonti di disuguaglianza in qualsiasi società, ma anche grandi garanti delle libertà individuali, siano state proscritte da Marx nel Manifesto del Partito Comunista. Anche le aspirazioni spirituali possono portare all’annullamento delle libertà e a terribili conflitti. Ma l’assenza di religione pub essere ancor più problematica, poiché le persone tendono a riempire il vuoto con religioni più fanatiche e non vincolate dalla fedeltà a testi antichi. Per molti, il fenomeno woke è una nuova religione postmoderna”. Ragione e fede, dice Klainerman. “In assenza di ragione, la fede pub portarci fuori strada, ma la ragione senza fede gira in tondo, è sterile. La gente pensa che la scienza o la matematica siano basate sulla ragione, ma questo è semplicemente sbagliato. Un teorema matematico è presentato come una lunga sequenza di argomenti logici, ma non è il modo in cui i matematici arrivano alla verità. Ogni nuovo teorema inizia con un atto di fede. Keplero, da mistico, era ossessionato che il mondo fisico potesse essere spiegato dalla matematica e così Copernico, Galileo, Leibnitz e Newton. Dio parlava attraverso i numeri. E la fede che dà scopo e direzione, è la ragione che tiene sotto controllo la fede. È significativo che la concezione filosofica dei pensatori razionalisti, a partire da Cartesio, secondo cui la verità va scoperta dalla sola ragione, ha portato alla conclusione opposta incarnata nel relativismo radicale di postmoderni come Foucault e Derrida. Credo che gli straordinari successi della civiltà occidentale siano dovuti a un equilibrio molto fortunato, spesso imperfetto, a volte spezzato, tra le aspirazioni umane, facilitato da un equilibrio precario tra ragione e fede. Come notato da Solzhenitsyn, vari fattori, inclusi i nuovi diritti, spinti dalla sinistra, hanno alterato l’equilibrio tra libertà e responsabilità. Quel processo, accresciuto dal costante tamburo della critica neomarxista a valori e costumi culturali, ripetuta a pappagallo da media e Hollywood, ha portato a un esaurimento del capitale umano e al collasso della fede. Non solo la fede in Dio, come scrive Solzenicyn, ma nel n stro comune destino. Il progetto woke è pericoloso, ma i nostri leader sembrano o determinati a seguirlo o sono troppo codardi per resistergli. Il processo di deterioramento è rapido”.
Fonte: http://www.informazionecorretta.com/main.php?mediaId=8&sez=120&id=80058
SCIENZE TECNOLOGIE
Nel vaccino anti Covid l’efficacia non è tutto. Il Regno Unito sembra temere il volume di reazioni avverse che si potrebbero generare e ha chiesto un software per monitorarle.
Il 19 ottobre, sul sito ufficiale dell’Unione europea, è stato pubblicato un bando dal governo britannico per sviluppare urgentemente un software particolare dal valore di 1.500.000 sterline.
L’Agenzia di regolamentazione dei medicinali e dei prodotti sanitari del Regno Unito (MHRA) vuole riuscire a «elaborare l’elevato volume previsto di reazioni avverse al farmaco Covid-19 e garantire che nessun dettaglio venga perso».
Scrivono nel bando: «Per motivi di estrema urgenza gli MHRA hanno accelerato l’approvvigionamento e l’implementazione di uno strumento di Intelligenza Artificiale specifico per il vaccino. Se l’MHRA non implementa lo strumento, non sarà in grado di elaborare le reazioni avverse in modo efficace. Ciò ostacolerà la sua capacità di identificare rapidamente qualsiasi potenziale problema di sicurezza con il vaccino e rappresenta una minaccia diretta per la vita dei pazienti e la salute pubblica».
In Italia oltre a medici, personale sanitario, forze dell’ordine e militari, il vaccino sarà subito somministrato a oltre 10 milioni di over 70. Si tratta delle persone più fragili sulle quali non si hanno dati perché la sperimentazione è stata eseguita su adulti sani.
Immagine da Porta a Porta, Rai 1.
Bellavite sulla farmacovigilanza del vaccino anti Covid
Il dottor Paolo Bellavite, medico e ricercatore, ha spiegato quanto questo strumento sia fondamentale e non solo nel Regno Unito. Perché «i rischi sono drammaticamente alti».
Essendo un vaccino nuovo e mai sperimentato nella vita reale, è necessario conoscere e quantificare le reazioni avverse.
Il medico ha spiegato che l’Italia è un paese molto inefficiente dal punto di vista della vaccinovigilanza. Si basa solo sulle segnalazioni passive, che sono una piccola percentuale del totale, e non tiene conto delle reazioni autoimmuni che insorgono a distanza di tempo «comprese quelle neurologiche e encefalopatie che provocano sintomi simili all’autismo».
Inoltre le segnalazioni passive sono poi sottoposte al giudizio di un “esperto”. È una persona che valuta se le problematiche riscontrate sono riconducibili al vaccino o meno.
«Naturalmente basta una qualsiasi altra causa per assolvere il vaccino, anche se esso ha contribuito alla patologia come con-causa. Un meccanismo micidiale di oscuramento, basato sull’algoritmo OMS».
Per Bellavite una farmacovigilanza attiva per questo vaccino servirebbe «per stabilire veramente l’efficacia e la sicurezza dei diversi vaccini. E un domani dare al cittadino la possibilità di scegliere il meno peggio o preferire il rischio di infezione da coronavirus».
Se invece gli Stati non si apprestano a imitare il modello inglese, come suggeriscono anche degli studi scientifici, i governi si renderebbero responsabili di un «crimine contro l’umanità».
Perito chimico, appassionata di rimedi naturali e di tutto quello che riguarda la salute in generale.
FONTE: https://www.oltre.tv/vaccino-bando-europeo-prevede-elevato-reazioni/
Statistiche coronavirus in Italia
In questa pagina è possibile visualizzare le statistiche del coronavirus in Italia. Nella prima parte troviamo la panoramica delle statistiche ad oggi 24/11/2020, in particolare la situazione dei contagiati al Covid-19 in Italia, la situazione dei morti, i dati dei guariti e i casi attualmente positivi(attivi) al coronavirus. Viene inoltre riportata la situazione dei tamponi e la percentuale di positività È poi presente la mappa del coronavirus in Italia con le regioni colpite: cliccando su una regione è possibile vedere la situazione attuale. Dopo questa panoramica iniziale troviamo due grafici: il primo mostra la crescita del coronavirus in Italia, il secondo mostra la crescita giornaliera del coronavirus in Italia. Dopo i grafici troviamo una tabella dove è possibile vedere la crescita del coronavirus in Italia.
FONTE: https://statistichecoronavirus.it/coronavirus-italia/?fbclid=IwAR2q8jH5Htft4YPrvhk7TQ62Gu9yihiUx0FeDLyONfRBgClOt_tQj4y9BaM
NOTE DI MANLIO LO PRESTI:
I morti sono pari allo PARI ALLO 0,0083333333 %
La POSITIVITA’ scritta in percentuale non riporta una cifra numerica: perché?
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