RASSEGNA STAMPA DETTI E SCRITTI 26 OTTOBRE 2022
A cura di Manlio Lo Presti
Esergo
La tecnica è la forma più raffinata della più durevole proletarizzazione.
MARTIN HEIDEGGER, Riflessioni XII-XV, Bompiani,2016, pag. 163
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SOMMARIO
ITALIANI INAFFIDABILI. E GLI ALTRI?
10 Aprile 1991 LA STRAGE DEL TRAGHETTO MOBY PRINCE
Un nodo alla gola
PROPAGANDA
Attento Guido: la “rabbia delle piazze” non è innescata da Mosca ma da famiglie esauste.
Come hanno pianificato gli Stati Uniti la guerra e la crisi energetica in Europa?
Come funzionerà la guerra atomica
Ezra Pound a Zafferana Etnea nel settembre del 1968
I MERITI AD UNA PARTE, LE COLPE ALL’ALTRA
“Ecco chi muove i fili del sistema (in)visibile padrone dei nostri destini”
CHIAMARE SUBITO ZELENSKY
Fuori dal coro sospeso: le parole di Mario Giordano
La violenza del Pakistan verso le donne trans? È colpa degli inglesi
Dove trovato tutti questi soldi i tedeschi?
L’IDIOCRAZIA DELL’OCCIDENTE ACCELERA IL SUO DECLINO.
RISHI SUNAK
CARO GOVERNO MELONI
MELONI E IL SOVRANISMO COSMETICO
Il Pastrocchio
Ci dobbiamo rassegnare ….
Franco Fracassi – The Italy Project
Starlink può essere usato al posto del GPS? qualcuno ci è riuscito…
Post e spost
Le fake news che hanno cambiato la storia
EDITORIALE
ITALIANI INAFFIDABILI. E GLI ALTRI?
Ancora con la narrazione degli italiani “pampini kattifi ke non fanno i kompiti?”.
Non è la via giusta quella di auto-fustigarci, e dicendo che siamo i peggiori. Una ignobile narrazione, oltre cinquant’anni di propaganda straniera ha inculcato negli italiani l’idea che siamo un popolo mediocre. Una favola che abbiamo finito per credere sia verità. Vediamo gli altri, e notiamo che sono peggio di noi.
Gli olandesi trafficato in organi umani, cocaina, reti pedofile, e chiedono il 30% sulle somme riciclate. Vendettero un calciatore con problemi cardiaci all’Inter, che se lo tenne per timore della potenza europea. e non dimentichiamo i turisti olandesi che danneggiarono la barcaccia di Trinità dei Monti a Roma, e nessuno disse niente per non turbare i “poteri olandesi”.
I tedeschi, dopo la parentesi nazista hanno ricominciato nel dopoguerra con lo sfruttamento selvaggio di 8.500.000 di turchi: motivo per il quale i giornali germanici e la Kulona non hanno mai parlato male di Erdogan o menzionato il genocidio in danno degli armeni. Poi i tedeschi hanno scelto migliaia di siriani laureati in materie tecniche, mentre gli altri (incolti) ce li siamo beccati noi in Italia. Poi, ogni Länder si è finanziato depredando una o più barche locali: per questo hanno in Germania sei o sette banche demolite come il Monte dei Paschi; ma nessuno dice niente perché è la Germania a farlo. Infine, i germanici hanno un debito pubblico che è il doppio di quello italiano, generato dall’incorporazione della Germania Est. Hanno nascosto questo debito scaricandolo sulla DEUTSCHEBUNDESPOST: questi sarebbero quelli più sani di noi? Ma per favore!
I francesi continuano a rubarci risorse da prima della calata di Napoleone. Hanno saccheggiato il nostro Paese comprando assicurazioni, banche e aziende d’eccellenza. Continuano a respingere al confine italiano gli immigrati extra-Ue caricandoli di notte su anonimi furgoni bianchi della Gendarmeria. Hanno un debito pubblico altissimo, ma trovano da ridire sul nostro. Hanno commesso, e continuano farlo, crimini e genocidi in Africa, continente che sfruttano con il meccanismo finanziario infernale del “Franco CFA”.
Gli spagnoli ci hanno depredato di assicurazioni, società di distribuzione, ecc. Gli inglesi da sempre hanno eliminato con vari metodi i politici italiani validi: catene di omicidi ed altro, e si fanno i ca@@i loro in materia finanziaria, e nessuno li contesta. Continuano ad odiarci in modo malato ed isterico, con vignette schifose e luoghi comuni. Gli inglesi, quando anni fa vinceva la nazionale italiana, non sapendo come meglio infangare l’Italia, fecero scrivere ai loro tabloid “HANNO VINTO 300.000 CAMERIERI!”. Per creare il loro impero hanno ucciso quasi 200.000.000 di umani. Non parliamo delle loro scorrettezze affidabili: quando hanno salvato la logora Royal Bank of Scotland, contro ogni regola UE, e nessuno osò dire nulla contro il governo Britannico. Non parliamo dei comportamenti pirateschi, truffaldini e brutalmente speculativi delle loro banche. E poi saremmo noi gli inaffidabili.
Gli USA ci hanno colonizzato con 164 basi atomiche, senza calcolare le sedi di CIA, NSA e PENTAGONO. Le nostre opere d’arte vengono saccheggiate e recuperate in parte dalla sezione dei Carabinieri: le riprendo dai grandi musei americani, francesi ed inglesi.
Vogliamo parlare dell’affidabilità della Ue? La commissaria Vestager distrugge sei banche italiane. Ma si sbaglia perché erano sane e non si scusa nemmeno, certa che gli italiani non avrebbero mai reagito per non avere la ritorsione pilotata della pistola fumante dello spread. Alla luce di questa elencazione di scorrettezze, perpetrate con arroganza dagli Stati europei e dalla UE, continuare a diffondere una Italia scorretta non è più una tesi sostenibile e sembra operazione inutile, fuorviante, inutilmente e stupidamente masochistica, che non contribuisce a migliorare la barbarie circolante in Europa. E poi siamo noi quelli inaffidabili? Adesso basta!
IN EVIDENZA
10 Aprile 1991 LA STRAGE DEL TRAGHETTO MOBY PRINCE
Italiani Brava Gente con Ruggiero Capone
VIDEO QUI: https://youtu.be/5JYn2u985LY
FONTE: https://www.youtube.com/watch?v=5JYn2u985LY
Un nodo alla gola
Magari uno si convince che rimanendo qualche giorno tra parentesi, tra il prelievo incombente e la flebo, tra come vanno le analisi e l’incredibile diceria dell’untore che si sussegue tra i boosterati con covid a ciclo continuo, incapaci di capire cosa succede e perché niente più funzioni, che qualcosa possa cambiare, che il semplice passaggio del tempo abbia un qualche effetto. E invece nulla, tutto è esattamente come la settimana scorsa con le stesse idiozie sul gas, sulla guerra, su una grigia menzogna che si allarga. sul progetto americano di suicidio europeo. Su questo tema avevo scritto un post, grosso modo una decina di giorni fa, nel quale avevo presentato un documento segreto presumibilmente della Rand corporation, in cui ragioni e modi di tale suicidio venivano tematizzati nel dettaglio.
Per correttezza nei confronti di chi me lo aveva passato non avevo dato il link a tale documento, limitandomi a proporne un riassunto. In seguito alcuni amici si sono dati alla caccia di questa documentazione facendo riferimento a materiale molto simile e probabilmente inviato a parti diverse dell’amministrazione Usa in varie fasi di elaborazione. Ma adesso sono in grado di presentare le carte originarie che testimoniano senza alcun dubbio dell’esistenza di un progetto per salvare l’amministrazione americana a spesse dell’Europa. Eccolo: rand-corporation-ukraina-energikris tratto da un sito svedese
FONTI: https://ilsimplicissimus2.com/2022/09/19/un-nodo-alla-gola/
ARTE MUSICA TEATRO CINEMA
PROPAGANDA
Fabri Fibra
Testo
La mia vita è piena di problemi
E io mi ci butto a capofitto
Queste giornate piene di impegni
Dovrei imparare a seguire il ritmo
Giro in auto, mi muovo da solo
Senza mezzi, è meglio, anzi peggio
Gli immigrati rubano il lavoro
Gli italiani rubano il parcheggio
In ufficio il mio capo mi tratta
Come se non mi avesse visto mai prima
Che mi chiama Riccardo, ma sono Fabrizio
Così perdo pure autostima
Si lamenta e dice: “Troppe tasse
Devo licenziarti, addio, ci vediamo”
Servirebbe qualcuno che salvi il paese
Così potrei vivere in pace, speriamo
In giro che succede? Vi faccio vedere come si fa
Santa immaginazione, ho perso le chiavi della città
Magiche le elezioni, a fare promesse siamo i campioni
Passo l’inverno a tenervi buoni
Cerco l’estate quaggiù in città
E allora sì, propaganda, propaganda
Non c’è più niente che mi manca
E allora sì, propaganda, propaganda
La risposta ad ogni tua domanda
Finalmente qualcuno che parla per me, che sa quello che provo
Finalmente qualcuno che pensa alla gente, e che mi dà un lavoro
Che promette di farmi dormire tranquillo in tutte queste notti
Finalmente qualcuno che mi sembra onesto, in mezzo a tanti corrotti
Qualcuno che mi assomiglia, che in TV parla la mia lingua
Che difende tutti quei valori italiani, tipo la famiglia
Uno come me che non se la tira, che rispetti come chi ha la divisa
Anche se l’Italia l’ha un po’ divisa, attenzione, guarda, eccolo, arriva
Evviva!
In giro che succede? Vi faccio vedere come si fa
Santa immaginazione, ho perso le chiavi della città
Magiche le elezioni, a fare promesse siamo i campioni
Passo l’inverno a tenervi buoni
Cerco l’estate quaggiù in città
E allora sì, propaganda, propaganda
Non c’è più niente che mi manca
E allora sì, propaganda, propaganda
La risposta ad ogni tua domanda
Sono passati degli anni e tutto è ancora uguale a prima
Sono sempre senza lavoro e sempre con meno autostima
Accendo la tele, un politico parla
Sembra interessante, ascoltiamolo un po’
Fa mille promesse, la gente lo guarda
Sicuro alle prossime lo voterò
E allora sì, propaganda, propaganda
Non c’è più niente che mi manca
E allora sì, propaganda, propaganda
La risposta ad ogni tua domanda
Ma che occhi grandi che ho (oh, oh)
Che bella felpa che ho (oh, oh)
Che bel sorriso che ho (oh, oh)
Non mi puoi dire di no (oh, oh)
E allora sì, propaganda, propaganda
Propaganda, propaganda
Fonte: Musixmatch
Compositori: Fabrizio Tarducci / Stefano Tognini / Davide Petrella / Alessandro Pulga
Testo di Propaganda © Universal Music Publishing Ricordi Srl., Platinum Squad Independent Label Srl, Asanisimasa Sas Di Vasapollo Donato & C.
VIDEO QUI: https://www.youtube.com/watch?v=VZgtEU4B70o
BELPAESE DA SALVARE
Attento Guido: la “rabbia delle piazze” non è innescata da Mosca ma da famiglie esauste.
Mario Adinolfi 23 10 2022
Non puoi chiedere di morire per Kiev, non puoi piazzare una tassa come l’inflazione al 9% a lavoratori con i salari più bassi del G7 facendo esplodere i costi dei beni di primissima necessità, non puoi far collassare centinaia di migliaia di imprese, generare milioni di disoccupati e poi accollare a Putin pure la tenuta sociale a rischio.
Perché va bene la premier donna, va bene la prima volta della destra, ma ora bisogna andare al di là delle chiacchiere e questa tua intervista a Repubblica è un pericoloso mettere le mani avanti che non frenerà il dissenso, ma lo alimenterà perché è un cercare scuse anziché lavorare per rispondere alle richieste di famiglie e imprese. E detto dal ministro della Difesa, il tutto ha un suono persino sinistro: vi state preparando a fare la guerra al legittimo dissenso di piazza dicendo che è al soldo di Putin? Questa favoletta ha stufato. Occupatevi delle ragioni della rabbia.
FONTE: https://www.facebook.com/mario.adinolfi/posts/pfbid033qivS861eg7h8NBfJNhEpcSYsbEJVFGaWCpyq5VvDwt5KHyQsCTPcgMzBUbH7yYDl
CONFLITTI GEOPOLITICI
Come hanno pianificato gli Stati Uniti la guerra e la crisi energetica in Europa?
di Fhilippe Rosenthal – 19/10/2022
Fonte: controinformazione
Il think tank Rand Corporation, che ha 1.850 dipendenti e un budget di 350 milioni di dollari, ha l’obiettivo ufficiale di “migliorare le politiche e il processo decisionale attraverso la ricerca e l’analisi”. È principalmente legato al Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti [Pentagono] ed è famoso per essere stato influente nello sviluppo di strategie militari e di altro tipo durante la Guerra Fredda.
La Rand Corporation ha denunciato le accuse di aver rivelato il piano organizzato per la distruzione della Germania.
Falso rapporto della Rand Corporation sull’”indebolimento della Germania”? La Rand Corporation ha rilasciato un comunicato stampa negando che il rapporto provenisse da loro. Non è stato fatto alcun commento su quali parti del rapporto siano sbagliate o giuste. La Rand Corporation ha deciso di limitarsi solo specificando che i contenuti sono “bizzarri” e che il documento è “falso”: “Un presunto rapporto trapelato della Rand [Corporation] su uno strano complotto americano per “indebolire la Germania” è sbagliato”.
Il media svedese, Nya Dagbladet, che è all’origine di questo comunicato stampa della Rand Corporation, ha affermato che il documento della Rand Corporation era trapelato e, tuttavia, ha prodotto un primo articolo su questo file senza timore di dover affrontare denunce da parte delle autorità statunitensi .
Il Nya Dagbladet ha pubblicato un resoconto dettagliato della strategia statunitense per sfruttare la crisi energetica in Europa. Tutto nasce, dunque, da un documento firmato dalla Rand Corporation intitolato “Indebolire la Germania, rafforzare gli Stati Uniti”. Il documento pubblicato da Nya Dagbladet suggerisce che c’è un “bisogno urgente” di un afflusso di risorse esterne per sostenere l’intera economia statunitense, ma “soprattutto il sistema bancario”. “Solo i paesi europei vincolati dagli impegni dell’UE e della NATO possono fornirceli senza significativi costi militari e politici per noi”.
Il quotidiano svedese, sotto la penna di Markus Andersson e Isac Boman, afferma che, secondo la Rand Corporation, il principale ostacolo a questa ambizione è la crescente indipendenza della Germania. Il documento insiste sul fatto che la Brexit ha dato alla Germania una maggiore indipendenza e ha reso più difficile per gli Stati Uniti influenzare le decisioni dei governi europei. Un obiettivo chiave, che permea questa cinica strategia, è, in particolare, la distruzione della cooperazione tra Germania e Russia, nonché la cooperazione tra Germania e Francia, considerata la più grande minaccia economica e politica per gli Stati Uniti. “Se verrà attuata la cooperazione Francia-Germania-Russia, questo scenario finirà per rendere l’Europa non solo un concorrente economico, ma anche politico degli Stati Uniti.
Un solo modo: “Attrarre entrambe le parti nella guerra contro l’Ucraina”. Per schiacciare questa minaccia politica, viene presentato un piano strategico, incentrato principalmente sulla distruzione dell’economia tedesca. “L’interruzione delle consegne russe potrebbe creare una crisi sistematica che sarebbe devastante per l’economia tedesca e indirettamente per l’Unione europea nel suo insieme”, afferma il documento, affermando che la chiave è trascinare i paesi europei in guerra. “L’unico modo possibile per garantire che la Germania rifiuti le forniture energetiche russe significa trascinare entrambe le parti nel conflitto militare in Ucraina. Le nostre continue azioni porteranno inevitabilmente a una risposta militare dalla Russia. Chiaramente la Russia non rinuncerà alla massiccia pressione esercitata dall’esercito ucraino sulla Repubblica popolare di Donetsk senza una risposta militare. Questo permetterebbe di presentare la Russia come la parte aggressiva, e quindi di attuare l’intero pacchetto di sanzioni, che è già stato redatto”.
I partiti [verdi] costringeranno la Germania a “cadere nella trappola”. I partiti [verdi] in Europa sono descritti come particolarmente facili da manipolare dagli Stati Uniti. “Il presupposto perché la Germania cada in questa trappola è il ruolo dominante dei partiti [verdi] e delle ideologie europee. Il movimento ambientalista tedesco è un movimento altamente dogmatico, persino fanatico, il che rende abbastanza facile indurli a ignorare le argomentazioni economiche”, riporta il documento – descritto come falso dalla Rand Corporation –, citando – come esempi di questo tipo di [ leader politici – l’attuale ministro degli Esteri tedesco, Annalena Baerbock, e il vicecancelliere e ministro federale dell’Economia e del clima, Robert Habeck.
Per gli strateghi statunitensi, caratteristiche personali e mancanza di professionalità fanno presumere che sia impossibile per loro riconoscere i propri errori nel tempo. Basterebbe quindi formare rapidamente un’immagine mediatica della guerra di aggressione di Putin – e rendere gli ambientalisti ardenti e tenaci sostenitori delle sanzioni – un “partito di guerra”. Ciò consentirà di “imporre le sanzioni senza alcun ostacolo”.
Annalena] Baerbock, Ministro Esteri Germania verde e russofona
[Annalena] Baerbock è, tra l’altro, nota per aver dichiarato che continuerà con la sospensione del gas russo anche durante l’inverno, indipendentemente da ciò che i suoi elettori pensano della questione e delle conseguenze per la popolazione tedesca. “Staremo con l’Ucraina e ciò significa che le sanzioni saranno mantenute in inverno, anche se sarà molto difficile per i politici”, ha detto di recente in una conferenza a Praga.
“Idealmente: una chiusura completa delle forniture.” Gli autori (del documento) contano sulla speranza che il danno tra Germania e Russia sarà così grande che sarà impossibile per i paesi ripristinare in seguito le normali relazioni: “Una riduzione delle forniture energetiche russe – idealmente, una completa cessazione queste forniture – porterebbero a risultati disastrosi per l’industria tedesca. La necessità di deviare quantità significative di gas russo per il riscaldamento invernale aggraverà ulteriormente le carenze. I blocchi nelle imprese industriali porterebbero a carenza di componenti e pezzi di ricambio per la produzione, interruzione delle catene di approvvigionamento e, in definitiva, un effetto domino”.
In definitiva, secondo il documento trapelato, un collasso economico totale in Europa è considerato sia probabile che auspicabile. “Non solo questo affare sarà un colpo devastante per l’economia tedesca, ma l’intera economia dell’intera UE crollerà inevitabilmente”.
Il documento sottolinea inoltre che i vantaggi logistici e il deflusso di capitali dell’Europa significherebbero che potrebbe contribuire da 7 trilioni a 9 trilioni di dollari all’economia statunitense e che molti giovani europei istruiti saranno quindi costretti a immigrare negli Stati Uniti.
Ciliegina sulla torta, il quotidiano svedese continua ad accusare la Rand Corporation in altri articoli. Il Nya Dagbladet ha rivelato che Carl Bildt, l’ex primo ministro svedese, dichiara il documento “falsificato”, “pur essendo un consigliere dell’organizzazione”. Lui stesso è citato in un comunicato stampa della Rand Corporation che lo presenta come membro del consiglio di amministrazione.
Invece di fare una pausa, Nya Dagbladet ha pubblicato un altro articolo che citava “funzionari statunitensi a cui era indirizzato il documento [Rand Corporation]”: il segretario di Stato americano Antony Blinken, il capo di stato maggiore della Camera Blanche Ron Klain, il direttore della CIA William Burns, il consigliere per la sicurezza nazionale Jake Sullivan e il direttore della NSA Paul Nakasone.
Quindi documento falso o reale? Gli Stati Uniti mirano alla distruzione dell’Europa, della Francia, della Germania per aver provocato un conflitto in Ucraina per attivare un confronto dei paesi europei contro la Russia? Il Nya Dagbladet, in ogni caso, non ha ancora ritirato i suoi articoli accusando la Rand Corporation e il suo rapporto.
fonte: Continental Observer
Traduzione: Gerard Trousson
Come funzionerà la guerra atomica
L’ESCALATION – Ogni attacco nucleare ha bisogno di una specifica autorizzazione e di controlli incrociati. Non esiste alcuna autorità nazionale che da sola possa permettere il lancio nucleare strategico
DI FABIO MINI
Il Fatto Quotidiano 21 OTTOBRE 2022
Normalmente si ritiene che la componente hardware della guerra sia acquisita con la disponibilità di armi e sistemi di comando e controllo, risorse umane e materiali per l’impiego immediato e il sostegno a lungo termine. Sono elementi ovviamente necessari ma non sufficienti.
La componente essenziale per far funzionare tutto è costituita dalle procedure ovvero dalle regole da seguire per garantire il corretto impiego degli altri elementi. Le procedure sono più complesse per gli armamenti strategici che riguardano appunto scopi strategici. Per questi l’autorità politica non rilascia alcuna autorizzazione preventiva in bianco. Ogni attacco nucleare ha bisogno di una specifica autorizzazione e di controlli incrociati. Non esiste alcuna autorità nazionale, uomo o organismo che da solo possa autorizzare il lancio nucleare strategico. Né in Russia né negli Usa. La decisione di un attacco strategico nucleare permette procedure flessibili e tempo sufficiente per una ponderata decisione, e perfino eventuali colloqui diretti tra i contendenti, soltanto in caso di attacco preventivo o first strike. (…)
In caso di lancio su allarme (Launch on warning), invece, il tempo disponibile è soltanto quella frazione fra l’allarme e l’arrivo delle testate: una manciata di minuti. I tempi per la decisione sono così compressi che lo stesso Reagan (1983) rifiutò l’idea che in “sei minuti” si potessero decidere le sorti del mondo. Ma tutto è relativo. (…) Bruce G. Blair, ex ufficiale addetto al lancio dei missili Minuteman e ricercatore presso il Program on Science and Global Security dell’Università di Princeton, ha illustrato a Bloomberg la procedura passo dopo passo partendo dal momento che lui conosce: l’allarme di un lancio nucleare in avvicinamento (…). Secondo la dottrina e la prassi della Nato sperimentata in decenni di esercitazioni e war games, in Europa la crisi nucleare può essere avviata da una provocazione o una percepita provocazione. Per decenni la Polonia è stata il luogo di tale provocazione. L’Unione Sovietica, dopo aver attaccato con le forze convenzionali in Europa centrale e sfondato la linea difensiva Nato, avrebbe lanciato un ordigno nucleare tattico (5Kt) su un contrattacco Nato. Questa avrebbe risposto con un identico ordigno lanciato sulla massa di forze del distretto di Kiev che dopo aver sfondato la linea difensiva italiana immettevano altre forze fresche per dilagare nella Pianura Padana: tra Udine e Gorizia. Lo scambio in genere induceva all’arresto delle operazioni terrestri tattiche nei due settori e tutti erano contenti: 300.000 morti tra soldati e popolazione in un giorno solo era un risultato soddisfacente. Il conflitto però continuava a un livello più ampio: gli interventi nucleari tattici si ripetevano da una parte e dall’altra e sempre più in profondità, finché una salva di missili a medio raggio non arrivava a Mosca. Oggi non c’è bisogno di ipotizzare una guerra convenzionale europea per arrivare allo stesso risultato. I Paesi Nato sono a ridosso della Russia e tutti i Paesi membri che facevano parte del Patto di Varsavia ora non vedono l’ora di passare alla fase nucleare tattica. Ucraina compresa, ma con Polonia, Estonia, Lituania e Gran Bretagna in prima linea. Inoltre, tutti i Paesi baltici per costituzione (poca popolazione e poche forze), costituiscono il trigger ideale: possono richiedere e ottenere l’uso di armi nucleari tattiche proprio per compensare l’inferiorità convenzionale. (…)
Il momento del passaggio al livello strategico è altrettanto semplice: basta un missile a testata nucleare sulla base russa di Sebastopoli in Crimea o quella di Kaliningrad nel Baltico da parte dell’Ucraina, o chi per essa, e saltano una decina di depositi nucleari e basi americane in Europa a partire da quelle in Italia e nel Baltico. Contemporaneamente partono i missili ICBM russi di “avvertimento” sulle basi statunitensi nel Pacifico e nell’Oceano Indiano preferibilmente quelle relativamente “isolate” come Diego Garcia in territorio britannico e Guam e Hawaii in territorio statunitense. E qui inizia la procedura descritta da Bruce Blair. Appena i sistemi di early warning (“allarme precoce”) riportano un attacco in corso diretto sul territorio statunitense e lo verificano automaticamente con altri sensori, la procedura prevede una teleconferenza con i consiglieri militari e civili a Washington e in tutto il mondo per discutere le opzioni. Alla Casa Bianca la riunione si svolge nella Situation room, se il presidente è in viaggio si collega su sistemi criptati e computerizzati. Partecipano alla riunione anche il vicedirettore delle operazioni del Pentagono, il capo delle forze strategiche nucleari del Comando di Omaha-Nebraska che elenca le opzioni possibili e l’ufficiale di servizio al National Military Command Center (NMCC) detto anche War room, attivo H-24 responsabile della preparazione e della trasmissione dell’ordine di lancio del presidente. È improbabile che l’attacco avvenga nella completa sorpresa. (…) È perciò improbabile che il presidente si trovi nel proprio letto. Come minimo è stato già imbarcato sul posto comando di guerra aereo.
L’allestimento del briefing iniziale richiede meno di un minuto. La consultazione dura quanto il presidente desidera ma se i missili nemici dirigono verso gli Usa o i suoi territori può durare solo 30 secondi. Se il presidente decide di lanciare l’attacco nucleare e indica quale, tra le opzioni predisposte, intende adottare, alcuni consiglieri possono non essere d’accordo o dimettersi per protesta ma l’ordine del Comandante in Capo viene eseguito. Nessun altro può emanarlo, revocarlo o modificarlo. L’ufficiale del NMCC chiede al presidente di autenticare la sua identità e legge un “codice di sfida”, solitamente due lettere dell’alfabeto fonetico come “Alfa-Bravo”, al quale il presidente risponde leggendo il codice corrispondente (ad es. Tango-Sierra) contenuto in una tessera plastificata (il biscotto) che il presidente, o il suo aiutante militare, porta sempre con sé. La War room prepara l’ordine di lancio: un messaggio che identifica il piano di guerra prescelto, l’ora di lancio, i codici di autenticazione e i codici (chiavi) di sblocco dei missili. Il messaggio criptato è lungo non più di 150 caratteri (come un tweet) ed è trasmesso contemporaneamente e direttamente a ogni Comando Combattente e agli squadroni di lancio aerei e missilistici. Esiste un messaggio predisposto per ogni opzione di lancio. Il tutto richiede due-tre minuti. I 400 missili balistici intercontinentali Minuteman sotterranei possono essere lanciati appena cinque minuti dopo aver ricevuto l’ordine di lancio.
Gli equipaggi dei sommergibili dotati di missili intercontinentali (SLBM) e gli squadroni di ICBM ricevono il messaggio in pochi secondi. I comandanti dei sommergibili con relativi ufficiale esecutivo e altri due ufficiali autenticano l’ordine. (…). I missili sono pronti per il lancio circa 15 minuti dopo la ricezione dell’ordine.
(…) Dalla decisione del presidente al lancio dei missili balistici intercontinentali dai loro silos passano circa cinque minuti. Una volta lanciati, i missili non possono essere richiamati. Gli obiettivi da colpire sono i centri di comando politici e militari, i siti di lancio dei missili, gli aeroporti, i porti, i depositi nucleari e la rete dei trasporti e delle comunicazioni. Quasi tutte tali infrastrutture sono nei pressi di centri abitati, città e metropoli che verranno comunque colpite dai lanci e/o dagli effetti nucleari. Intanto i missili avversari sarebbero già arrivati sui propri obiettivi (della stessa natura) e alcuni di essi sarebbero già sfuggiti alla difesa missilistica colpendoli. (…) Le “salve” si susseguono per ondate. Contemporaneamente al lancio su allarme si sviluppano operazioni di guerra elettronica e cyber war per neutralizzare la stessa rete di comando avversaria.
CULTURA
Ezra Pound a Zafferana Etnea nel settembre del 1968
Azione Tradizionale 20 10 2022
Tratto dal sito di Heliodromos Questa foto, probabilmente inedita, ritrae il poeta Ezra Pound a Zafferana Etnea nel settembre del 1968, affiancato dall’allora comandante dei vigili urbani della cittadina siciliana, in uniforme estiva e sigaretta nella mano sinistra. Ma come c’era arrivato Ezra Pound in quell’estate del ‘68 sulle falde dell’Etna; in quel luogo che fece esclamare a sua moglie: «Questo è proprio un paradiso per un poeta»? Lui che era stato in grado di trarre ispirazione dall’inimmaginabile, dotato di una cultura immensa e di una conoscenza smisurata, di uno stile e una tecnica insuperabili; che aveva avuto contatti e aveva collaborato con i maggiori letterati del ‘900 (William Butler Yeats, Thomas Stearns Eliot, James Joyce, fra gli altri); oltre che autore di un poema, i Cantos, ai vertici della poesia contemporanea. La risposta la si trova “tirando in ballo” Pier Paolo Pasolini, il quale un anno prima, il 26 ottobre del 1967, aveva intervistato Pound per un programma televisivo curato da Vanni Ronsisvalle (quando la RAI si occupava ancora di cultura!), raggiungendolo nella sua casa di Venezia. Nel corso di quell’intervista egli aveva dichiarato il suo “pentimento” per gli attacchi e l’ostracismo rivolti in precedenza al grande poeta americano, in ossequio alle disposizioni del Partito Comunista Italiano. Ponendosi così sul medesimo versante del governo americano, che aveva sequestrato Pound per dodici anni nell’Ospedale psichiatrico di St. Elisabeth, presso Washington, con la diagnosi di schizofrenia paranoide, depressione e narcisismo. Non potendo, ovviamente, che essere matto da legare chi aveva assunto posizioni critiche verso il “paradiso”
FONTE: https://www.instagram.com/p/Cj69AA0oN3c/?utm_source=ig_web_copy_link
CYBERWAR SPIONAGGIO INFORMAZIONE DISINFORMAZIONE
I MERITI AD UNA PARTE, LE COLPE ALL’ALTRA
Manlio Lo Presti 25 10 2022
La riflessione di Fusaro ha un metodo che viene ripetuto sulla psychoguerra in corso.
Se le vittime sono sempre ucraine di donne e bambini. Le uccisioni sono solo per mano russa.
Poi non si capisce come da otto mesi tutto il sistema informativo europeo e della Nato continuano a dire che l’esercito russo è in difficoltà e ha subito 30/40.000 morti.
DA CHI SONO UCCISI?
Fateci caso, il metodo “unilateralista” è identico … ✍️
“Ecco chi muove i fili del sistema (in)visibile padrone dei nostri destini“
8 Ottobre 2022
Cancel culture, guerre cognitive, Big Tech e libertà. Esce in libreria il nuovo libro di Marcello Foa, Il sistema (in)visibile. “Pensavamo di essere padroni del nostro destino mentre altri decidevano per noi”
CHIAMARE SUBITO ZELENSKY
Lisa Stanton 19 10 2022
“La Russa è un buon amico degli USA, un forte sostenitore della nostra sicurezza, una rarità in Europa .. forte sostenitore della missione della NATO in Afghanistan. Dopo il tuo incontro dovrà creare consenso al Consiglio dei Ministri per un nuovo decreto”
(Documento Segreto Dipartimento di Stato 2009)
Scrive l’Ambasciatore USA Thorne: “Sia sull’Afghanistan sia sul Libano che sul caso Abu Omar e ora sull’assistenza ad Haiti, La Russa, con il supporto attivo di Frattini, è stato il nostro campione nei rapporti con l’Italia, sponsorizzando le nostre posizioni con alte misure di successo.”
“La Russa, su nostra richiesta, in passato ha rilasciato utili dichiarazioni pubbliche sulla questione Muos”
(Secret 2009)
“L’ex Ministro della Difesa La Russa ha consentito l’avvio del Muos senza un documento ufficiale italiano che ne attestasse la non pericolosità per la salute e l’ambiente. Un vero amico”
Tra i numerosi favori di La Russa al padrone americano, si possono annoverare
– il Riconoscimento del Supporto Navale USA a Gricignano, come base sotto l’egida della NATO
– l’Approvazione delle antenne MUOS a Niscemi.
Wikileaks ci mostra numerosi cablo da cui risulta che già nel 1995 il suo capo Gianfranco Fini, 15 giorni dopo la svolta di Fiuggi da MSI ad AN, veniva ricevuto dalla potente Chatham House (Royal Institute International Affairs). Il viaggio veniva organizzato dall’ex Ambasciatore inglese a Roma Sir Derek Thomas, consulente per gli affari italiani dei Rothschild. E di recente d’Urso, presidente del Copasir e responsabile della politica estera del partito, si è più volte recato a Washington a prendere istruzioni sulle scelte di FdI.
Si deve ammettere che le medesime cose le hanno fatte alla luce del sole negli ultimi 30 anni FI, il PD (già PCI), il M5S, la Lega. D’alema, Visco, Berlusconi, Grillo, Renzi, di Maio, etc,,, tutti sono passati sotto il giogo angloamericano per rivendicare il ruolo di colonia dell’Italia. Quello di Assange non è quindi un attacco ad un partito in particolare, ma ad un partito che si dichiara “patriota e sovranista” e pretende di non far ridere.
FONTE: https://www.facebook.com/lisa.stanton111/posts/pfbid0zNZQn2mK2PbW3vagGV1SjZci2FeFbjUXy9HhNJ81KbS3aLdsog8TBaYKoTYhSh1gl
Fuori dal coro sospeso: le parole di Mario Giordano
Il conduttore di Fuori dal Coro Mario Giordano ha confermato che il programma verrà sospeso a partire dal 15 novembre.
Fuori dal coro sospeso: i motivi
A partire dal 15 novembre il programma Fuori dal Coro verrà sospeso. A confermarlo è stato il conduttore Mario Giordano, che ha dichiarato che i telespettatori dovranno fare a meno del suo programma tv fino al 14 febbraio. I motivi dello stop a quanto pare al momento restano incerti e Mario Giordano si è limitato a dire che si tratterà di una “pausa natalizia” più lunga del previsto.
“Grazie a tutti quelli che in queste ore ci hanno fatto sentire il loro affetto. Stasera vi aspetto più caz*uti che mai. Saremo in tantissimi, tutti ovviamente Fuori dal coro”, ha fatto sapere attraverso le sue pagine social dopo aver confermato la sospensione dello show. Qualcuno crede che forse le posizioni di Mario Giordano sui temi dei vaccini e sui greenpass possano aver portato alle divergenze tra lui e Mediaset e che per questo sia stato deciso di sospendere il programma. Per adesso la questione resta soltanto un’ipotesi e non vi sono conferme.
Mario Giordano: i vaccini
Mario Giordano ha sollevato alcune polemiche e controversie a causa delle sue parole sui vaccini anti-Covid. Secondo i rumor in circolazione il conduttore sarebbe stato anche convocato da Mediaset per via delle sue posizioni no-vax. “Chiudetemi il programma se non vi vado bene. Io non sono No-Vax, mi pongo solo delle domande”, aveva replicato Giordano in merito alla questione.
FONTE: https://www.msn.com/it-it/tv/other/fuori-dal-coro-sospeso-le-parole-di-mario-giordano/ar-AA13mnNf
DIRITTI UMANI
La violenza del Pakistan verso le donne trans? È colpa degli inglesi
Il rifiuto del lesbismo invece è caratteristico dell’islam. Torna “Allah loves equality”, documentario sull’omofobia nel Paese asiatico che ha molto da dire anche sull’Italia. Dalla newsletter de L’Espresso sulla galassia culturale arabo-islamica
La gioia di portare il velo: è la prima cosa che colpisce lo spettatore italiano che guarda “Allah loves equality” in questi giorni di rivolta delle donne iraniane contro un regime che impone di nascondere i capelli. Nel documentario di Wajahat Abbas Kazmi, regista e attivista che vive da anni tra Italia e Pakistan, quel segno di femminilità indica invece, da parte di donne trans, una dichiarazione pubblica di voler cambiare sesso. Una dichiarazione particolarmente coraggiosa, in un Paese in cui l’omosessualità è vietata per legge.
Il film sarà proiettato alla presenza dell’autore il 31 ottobre al Teatro San Prospero di Reggio Emilia per il Reggio Film Festival. In programma, dal 26 ottobre al primo novembre, una serie di proiezioni, incontri e workshop intorno al tema delle “Identità”: un focus particolare è sull’identità di genere e sul “gender washing” (con l’attivista Porpora Marcasciano e l’atleta paralimpica transgender Valentina Petrillo) ma si parlerà anche dell’appartenenza a una patria o un’altra (con Francesco Remotti), ci sarà un excursus su arte e fotografia (con Michele Pascarella) e un omaggio al Nazra Film Festival, che raccoglie i corti palestinesi.
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È l’occasione giusta per rilanciare il documentario di Kasmi (visibile su youtube), che riesce a raccontare da un punto di vista esotico ma non orientalista un problema comune, aiutando lo spettatore a vedere anche la situazione italiana sotto una luce diversa. E gettando nuova luce su recenti fatti di cronaca ma anche sul dibattito sulla decolonizzazione: come si vede in questa intervista.
Il suo documentario è del 2019 e da allora ha girato molti festival. Perché è ancora attuale? E che esperienza ha avuto in questi anni portandolo in giro per l’Italia?
«La prima cosa che mi colpisce è la curiosità continua intorno a questo documentario. È nato per sensibilizzare sulla situazione delle persone Lgbt nei paesi islamici, ma soprattutto in Pakistan. Io non avrei mai immaginato che sarebbe stato così apprezzato in Italia: siamo nel 2022 e ancora continua a girare per Festival, ma mi invitano anche nelle scuole, nelle università. Il fatto è che quando parliamo della situazione delle persone omosessuali nei paesi islamici viene subito in mente l’Arabia Saudita, dove ti tagliano gola, oppure la Siria, dove due gay furono gettati dal tetto di un palazzo nella zona occupata dall’Isis. Il mio documentario mostra una visione sorprendentemente diversa, perché i paesi islamici non sono tutti uguali. L’omosessualità è sempre stata parte della cultura del mio Paese, della nostra religione. E quindi, malgrado la legge proibisca tutto questo, esiste una zona franca, una normalità nella vita di gay e trans, e questo ha stupito moltissimo gli spettatori italiani, che continuano a vedere il documentario e ad apprezzarlo».
È un film che invita al confronto con la situazione della comunità Lgbt in Italia, ma anche con l’immagine che abbiamo dell’islam.
«Di solito l’islam interessa poco, se ne parla solo per criticarlo per l’imposizione del velo o altre cose simili. E invece in questo caso, visti i problemi che hanno in Italia le persone trans, sorprende scoprire che nella storia del Pakistan sono sempre state rispettate, fino ad avere un ruolo importante. È questo che colpisce il pubblico e lo spinge ad apprezzare il documentario».
Nel tuo film molte donne trans portano il velo anche dentro casa, dove normalmente non è previsto. Ma all’aperto è obbligatorio usarlo, in Pakistan?
«No, non è come in Iran, non c’è una polizia politica che obbliga a portarlo. Per quanto riguarda le donne etero, nelle grandi città lo usano poco, soprattutto le ragazze; nelle zone rurali molto di più. E al confine con l’Afghanistan capita di vedere anche donne con il burqa: ma sono usi delle comunità locali, non è un’imposizione per legge. Certo stiamo parlando di una società fortemente patriarcale quindi il velo diventa comunque un’arma di controllo. Per le donne trans invece vedo che lo mettono soprattutto in occasione di eventi religiosi, cioè se entrano in una moschea o se partecipano a una lettura delle sure del Corano in una casa privata.
Un altro tema di cui si parla è quello dei matrimoni combinati. Un argomento che colpisce in Italia, dove dopo oltre un anno ancora non si sa esattamente che fine abbia fatto Saman Abbas, la ragazza di origine pakistana uccisa dai familiari proprio vicino a Reggio Emilia per essersi rifiutata di sposare l’uomo scelto dai genitori. Nel suo film si vede che è un obbligo anche per i ragazzi, e che per un giovane gay può essere davvero un dramma…
«Per ogni ragazzo omosessuale può essere molto difficile fare coming out davanti ai propri genitori, in Pakistan come in Italia. Lo vedo quando parlo con gli studenti nelle scuole. È ovvio che la loro situazione è diversa perché, che siano maschi o femmine, nessuno li obbliga a sposarsi, ma quello che conta è il rapporto che si ha con i propri genitori: se c’è dialogo oppure no. Ed è importante quando inizi a parlarne: riesci a farlo quando sei adolescente o aspetti proprio il giorno prima del matrimonio che hanno organizzato per te? Parlare della propria omosessualità a genitori pakistani è difficile, ma non è che farlo con genitori cristiani sia facile. Però certo in Pakistan se non riesci a risolvere il problema prima, se aspetti il momento del matrimonio ti metti in una situazione molto difficile: perché un conto è dire “non voglio sposare questa donna”, un conto è dire “non voglio sposare nessuna donna perché sono gay”, in un paese in cui ancora il codice vieta le relazioni omosessuali. Finisce con litigi furiosi, ragazzi che scappano da casa e che non sanno dove andare, non hanno nessun rifugio se non le pochissime organizzazioni Lgbt…».
Nel film un giovane gay non ha il coraggio di dire a sua madre che non ha intenzione di sposarsi, e il suo fidanzato ne soffre moltissimo. Ho letto che nel tuo caso è stato il momento del matrimonio combinato a spingerti a parlare apertamente con i tuoi genitori. Com’è andata?
«I miei genitori hanno avuto una grande pazienza, e hanno avuto il coraggio di ascoltare quello che diceva il loro figlio. È stato molto diverso da quello che succede nella maggioranza dei casi: vorrei che per tutti potesse essere così ma è un cambiamento che richiederà molto tempo».
In una lunga scena, l’attivista Qasim Iqbal spiega che l’omofobia in Pakistan è figlia del colonialismo: la società era abbastanza aperta verso quelli che venivano chiamati “hijra”, ma gli inglesi hanno portato valori cristiani tradizionali, addirittura la sessuofobia vittoriana, e questo incrocio ha incendiato la religione locale provocando un estremismo a volte violentissimo, che prima era sconosciuto. Un’altra colpa del colonialismo, un altro punto su cui lavorare nel dibattito mondiale sulla decolonizzazione…
«È proprio così: il colonialismo ha spinto moltissimo a diffondere l’omofobia nei paesi asiatici. Nei primi dieci minuti del film si vede la situazione tradizionale delle persone Lgbt: erano considerati artisti, erano le persone più colte. Quando i miei nonni o bisnonni parlano delle persone transgender, i loro ricordi sono positivi. Oggi invece c’è ancora un articolo del codice penale voluto dagli inglesi che dice che se sei omosessuale ti possono arrestare. Normalmente questa legge non viene applicata ma è un’arma a disposizione in caso di vendette o se hai un debito che non vuoi pagare: puoi sempre accusare un gay di essere gay, così come puoi sempre far arrestare un cristiano usando la legge contro la blasfemia».
L’ultima cosa che colpisce nel suo film è che anche in questo caso la condizione delle donne è peggiore: l’esistenza delle lesbiche viene negata del tutto perché, spiega ancora Iqbal, ammettere che esistono significherebbe accettare che le donne sono interessate al sesso, cosa impossibile in una società che le considera solo oggetti, arrivando alla mutilazione genitale come in alcuni paesi africani.
«Purtroppo già essere una donna è difficile, in una società maschilista e patriarcale come il Pakistan: ancora più difficile è dichiararsi lesbica. Da noi una donna non può vivere da sola, deve per forza sposarsi e andare a vivere con un uomo. E allora una lesbica come fa a vivere in quella società? Queste povere donne non sanno a chi appoggiarsi, non hanno nemmeno associazioni dedicate a loro. E come dice Iqbal, se chiedono aiuto a loro, non possono fare altro che aiutarle a lasciare il Paese: vivere in Pakistan per una lesbica è davvero troppo pericoloso. Io non sono riuscito a intervistarne neanche una per il documentario. Anzi, una aveva parlato ma poi mi ha pregato di non usare le sue parole. Compare nella scena della festa di compleanno di Iqbal, ma il suo volto è pixelato perché non voleva essere riconosciuta. Sotto ogni aspetto, purtroppo, il Pakistan è un Paese per donne forti: donne come Malala Yousafzai, combattenti che non hanno paura di rischiare la vita».
FONTE: https://espresso.repubblica.it/idee/2022/10/25/news/pakistan_donne_trans-371599061/
ECONOMIA
Dove trovato tutti questi soldi i tedeschi?
Ha destato scalpore la recente intenzione dei tedeschi di alleggerire il conto nella bolletta energetica di cittadini e imprese per un totale di 200 miliardi di euro a fondo perduto per fare fronte alla crisi energetica sommata a quella internazionale. Una simile decisione va contro i Trattati europei, quindi è normale che si sia levato il coro di critiche da parte di molti Stati, inclusa l’Italia. Nonostante ciò, la Germania ha deciso di tirare dritto. Tuttavia, al di là della questione politica in molti si chiedono dove trovino i tedeschi tutti questi soldi.
Se è vero che l’Italia è riuscita a trovare appena 15 miliardi, il lettore sarà tentato pensare che sia merito della capacità teutonica di essere i più bravi.
Dove trovano tutti quei soldi i tedeschi?
Per rispondere a questa domanda dovremmo dare uno sguardo ai bilanci dello Stato tedesco degli ultimi 20 e passa anni. Un lavoro piuttosto complesso e noioso da fare. C’è però un indice che ci semplifica la vita, perché si riassume in un grafico solo.
Ciò a cui facciamo riferimento è la bilancia commerciale, ovvero quel valore che ci dice se uno Stato sta importando di più o di meno di quanto non stia esportando.
In parole povere la bilancia commerciale complessiva di uno Stato ci dice se questo compra o vende di più.Sarà evidente anche a chi non mastica l’economia che se un soggetto vende più di quanto non acquisti si troverà un guadagno in tasca, mentre chi acquista più di quanto non venda si troverà con un debito sulla bilancia commerciale.
Della bilancia commerciale avevamo già parlato nel vecchio articolo intitolato: L’importanza della bilancia commerciale. Salviamo il Made in Italy.
Stavolta abbiamo deciso di attingere ad informazioni più recenti direttamente dal libro di economia spiegata facile EXTRA. L’edizione espansa del best seller ci illustra tutta una serie di evidenze che ci insegnano l’importanza dei rapporti commerciali fra nazioni di cui faremo un accenno anche qui.
Come sappiamo l’Italia è sempre sotto la lente dell’Europa e dei mercati, tanto da aver trasformato i nostri politici in una sorta di gestori dei loro interessi.
Vale la pena ricordare che noi abbiamo sempre fatto i compiti a casa, come dimostrano i dati.
L’indice che vediamo qui di seguito rappresenta il principale vincolo alla spesa pubblica che ci impedisce di fare come i tedeschi.
PANORAMA INTERNAZIONALE
L’IDIOCRAZIA DELL’OCCIDENTE ACCELERA IL SUO DECLINO.
Laura Ruggeri 21 10 2022
Se i cittadini britannici erano già arrivati alla conclusione che una lattuga a Downing street sarebbe stata preferibile a Liz Truss, non gli si può dare tutti i torti. Il calibro dei politici espressi dall’Occidente negli ultimi decenni, salvo pochissime eccezioni, è quello che abbiamo sotto gli occhi. Non li stima neppure chi li vota. Mancano di intelligenza, e cultura, sono privi di un qualsiasi compasso morale e le loro carriere sono state forgiate in circoli ristretti dominati dall’autoreferenzialità, dove va avanti chi meglio si piega agli interessi del padrone. Marionette che si agitano a comando…e chi tira i loro fili resta invariabilmente nell’ombra. Quando i fili si attorcigliano, c’è già pronta un’altra marionetta. Il motivo per cui i governi dei paesi non-occidentali non riescono a trovare un terreno comune con loro perché è inutile parlare con delle marionette. E’ estremamente frustrante confrontarsi con chi non è in grado di prendere nessuna decisione autonoma e quindi si limita alle battute che è stato programmato per recitare. Infatti l’importante è che la marionetta sappia recitare bene la sua parte. Ovviamente nel copione e’ prevista la diversità dei personaggi. A seconda del bisogno ci può essere la donna giovane e carina, l’esponente di una minoranza etnica, il vecchio con i capelli bianchi, il manager rampante, l’omosessuale, il cattolico conservatore, il giovane progressista un po’ ribelle, il politico che viene dal mondo del lavoro, il militare ecc. L’importante è che non si sogni di deviare dal copione, che non improvvisi. Il pubblico deve potersi identificare con loro, come si identifica con i personaggi di un libro o di un film, perché in assenza di rappresentanza politica, resta solo la pura rappresentazione.
RISHI SUNAK
Rosanna Ruscito 24 10 2022
Il nuovo premier britannico
Fingiamo stupore
FONTE: https://www.facebook.com/rosanna.ruscito/posts/pfbid02JgX7UUj61SQVJjE4A8T4dRTv76jB65jSNwhpEHW5reSV5m5PZAjkncHJ8t6cMX4Wl
POLITICA
CARO GOVERNO MELONI
Questo scritto non si arroga il diritto di suggerire qualcosa al presidente del Consiglio (Giorgia Meloni) e nemmeno ai vicepresidenti Matteo Salvini ed Antonio Tajani. Ma solo riproporre a chi oggi governa l’Italia una viuzza per dare serenità a persone fisiche e giuridiche (ditte, srl, professionisti ed aziende varie). Di questo integratore capace di dare un aiutino agli italiani se ne discuteva anni orsono con gli avvocati (e parlamentari) Raffaele Costa ed Alfredo Biondi in merito al carico amministrativo, civile e penale (in una sola parola il “contenzioso”) che ha tolto la pace ed il sonno agli italiani tutti. Si versa questo inchiostro certi che Silvio Berlusconi conosca bene l’argomento e possa condividere questa battaglia con tutto il governo, raccogliendo consensi anche tra i renziani: non andiamo oltre, consci che Enrico Letta con capirebbe il problema, anzi reputi il “contenzioso” un strumento nell’esercizio di potere quotidianamente applicato da burocrazia e magistratura (con tacito consenso di certi sindacati).
Breve preambolo. Nell’Italia devastata da crisi, pandemie, guerra, disoccupazione, tasse ed obblighi vari (sia di natura regionale che europea) le entrate dei cittadini si sono ridotte al lumicino. Su queste ultime, più dell’ottanta per cento degli italiani ci carica l’impegno di dover accantonare un gruzzoletto per sanare liti col fisco, con le amministrazioni locali, con il condominio e con tanti vari soggetti per motivi più o meno temerari. Così il cittadino non solo ha perso il sonno ma, suo malgrado, non ha nemmeno a chi rivolgersi per liberarsi delle tante sanguisughe che lo prosciugano della linfa vitale e, soprattutto, ne abbassano speranze e capacità lavorativa. In questo clima la genialità italiana va a farsi benedire, e perché le preoccupazioni economiche prendono il sopravvento. La domanda ricorrente nel cervello della gente è “mi toglierò il problema fiscale, amministrativo e giudiziario dal groppone? Perché solo così potrò riprendere a sperare, ad inventarmi il lavoro”. Ed a chi dovrebbe il cittadino rivolgere quest’appello: ai burocrati ed ai magistrati o ai politici? Perché solo questi ultimi hanno di fatto in mano la bacchetta magica per far passare un provvedimento che alleggerisca la vita sia dei cittadini che degli uffici pubblici, ormai ridotti a sale d’aspetto del Purgatorio, dove quotidianamente s’assiste a liti ed urla tra utenza ed impiegati, sovente con intervento sedativo delle forze di polizia che (per obbligo dell’azione penale) denunciano all’autorità giudiziaria il cittadino infuriato. Uno spettacolo indecente, non degno d’un paese civile: forse in Messico e Venezuela è normale questo rapporto tra gente comune e potere statuale.
La Presidenza del Consiglio ha nel “Dipartimento Affari giuridici e legislativi” l’ufficio che studia il contenzioso e le consulenze giuridiche connesse. L’ufficio contenzioso intrattiene rapporti con la “Corte europea dei diritti dell’uomo”, quindi è al corrente di quanta gente annualmente si rivolga a corti superiori per liberarsi delle persecuzioni giudiziarie, amministrative e civili somministrate al cittadino comune. Non dimentichiamo che il servizio per il “contenzioso ordinario e amministrativo” sovrintende alle attività dei contenziosi nei giudizi civili, penali ed amministrativi. La stessa “Avvocatura dello Stato” potrebbe relazionare e documentare le vicende. Certamente la burocrazia potrebbe rispondere alla politica che il “Dipartimento Affari giuridici e legislativi” si può occupare solo delle liti tra Stato e cittadino, rimbalzando il problema e lasciando intendere che l’intero contenzioso che assilla i cittadini non debba riguardare la presidenza del Consiglio. Ma se un panettiere od un falegname finisse in rovina per colpa del sistema sarebbe cosa che non riguarderebbe il Governo? Anche perché l’ufficio si occupa con cura del contenzioso in materia di “responsabilità dei magistrati”, elaborando celermente con l’Avvocatura dello Stato (e con le amministrazioni interessate) ogni definizione transattiva per le controversie. Ecco che una norma che ponga fine alle liti tra cittadini e Stato sarebbe auspicabile, un sorta di super-prescrizione nel civile e nell’amministrativo (abominio per i professionisti della materia) che liberi i tribunali delle liti con importi inferiori a cento mila euro, ravvisando soluzioni transattive scontate ed immediate per gli importi superiori. Una pratica che libererebbe i cittadini, farebbe incassare soldi allo Stato ed interromperebbe il lavoro d’avvoltoio di alcuni studi legali, eliminando anche la corruzione di qualche funzionario che in privato potrebbe offrire scorciatoie al cittadino.
Basti pensare che il solo contenzioso legale in sanità costa quotidianamente allo Stato oltre cinquecento mila euro al giorno: Toscana, Sicilia e Calabria le regioni con gli esborsi maggiori per abitante. Dall’altra parte i cittadini italiani, che stando alle stime (forse imprecise) vedono sul proprio collo una ghigliottina per liti presso i tribunali civili che pare superi i dieci miliardi di euro. Se a questo peso aggiungessimo la macchina senza sosta della cartelle esattoriali, avremmo la spiegazione logica al perché gli italiani sognano di scappare, d’abbandonare il Belpaese. E non è certo una risposta sostenere che quotidianamente tanti cittadini extraeuropei aprono aziende e negozi in Italia: sappiamo bene che questi lavoratori comunque aprono un contenzioso con enti locali, Stato ed enti previdenziali, ma poi non lo sanano, anzi portano le risorse nei loro paesi d’origine (quotidianamente con le rimesse o saltuariamente con grandi spedizioni di contante). Giustizia, fisco ed amministrazioni varie rinunciano ad inseguire questa gente, anche perché l’Italia non ha potere per recuperare somme in paesi extra-Ue. Così il contenzioso rimane tutto sulle spalle degli italiani: valga l’esempio della “rottamazione delle partite Iva”, che vede ancora tantissimi cittadini (senza lavoro) inseguiti dall’Agenzia delle Entrate per contenziosi che lievitano annualmente.
Il contenzioso totale pare cresca, per interessi, more e spese legali varie di quasi duecento milioni d’euro al mese: l’Istituto Demoskopika, in base ai dati del “Sistema informativo sulle operazioni degli enti pubblici”, ha analizzato sotto pandemia il problema, fotografandolo come una sorta di fantasma che insegue gli italiani più del debito pubblico.
L’ammontare delle spese legali per liti, contenzioso e sentenze sfavorevoli è consultabile nel sistema informativo sulle operazioni degli enti pubblici, nato dalla collaborazione tra la Ragioneria Generale dello Stato, Banca d’Italia ed l’Istat: la struttura era nata per rilevare telematicamente incassi e pagamenti per il sistema sanitario (la voce più importante per gli enti locali), ma oggi può dare idea più in generale dell’intero contenzioso delle pubbliche amministrazioni.
Di fatto l’intero contenzioso tra cittadini e cittadini, tra cittadini ed aziende e tra cittadini e Stato (ed anche enti locali) sta paralizzando i tribunali e tiene in sospeso milioni di vite umane. Nei tempi antichi, quando un re saliva al trono cercava di dimostrarsi magnanimo, offrendo il perdono ai sudditi. Perché a quest’ultimo rango è tornato il cittadino, prigioniero delle persecuzioni tributarie, giudiziarie ed amministrative. S’afferma tutto questo nella certezza che la politica non possa più risolvere i problemi lavorativi dei cittadini e tantomeno promettere loro che le aziende possano lavorare in deroga alle tantissime norme Ue. Ma un condono, un colpo di spugna, un tombale stop alle liti, rimetterebbe in moto l’economia. Del resto questi provvedimenti hanno caratterizzato tutti i governi in tempo di guerra. Quindi chi governa ha scuse bastevoli per tacitare ogni opposizione che considera il “contenzioso” un simulacro totemico da consegnare a chi verrà, e da lasciar a mo’ di macigno sulle spalle d’un popolo di schiavi. Del resto si passa alla storia anche con gesti magnanimi, e non solo costringendo la gente ad inutili sacrifici.
FONTE: https://www.opinione.it/politica/2022/10/25/ruggiero-capone_meloni-presedente-del-consiglio-governo-contenzioso-burocrazia-magistratura-crisi-economica-fisco/
MELONI E IL SOVRANISMO COSMETICO
Pino Cabras 21 10 2022
Prevedibili come l’arrivo delle bollette, o delle formiche argentine quando spargi briciole, i giornalisti che scrivono pezzi che fanno colore ora attingono a tutto il loro arsenale di stereotipi per descrivere il governo di Giorgia Meloni. Ad esempio, Tommaso Ciriaco, su Repubblica, lamenta l’arrivo della «destra, senza trattini – neanche piccoli piccoli – senza centro, destra e basta. Quella a cui piace Trump, quella che vota per Orban.» E vai di luoghi comuni con tutto il set degli spauracchi agitati dai Dem di ogni dove. Brrr, tremate!
«Su tutto» – denuncia Ciriaco – «trionfa la nuova denominazione del ministero dell’Agricoltura, affidato al capogruppo di Fratelli d’Italia Francesco Lollobrigida, che per l’occasione torna monumento di autarchia, esaltazione di nazionalismo alimentare: si chiamerà ministero dell’Agricoltura e della Sovranità alimentare».
Che dire? Dovrebbero affidare certi articoli a quei software che generano automaticamente frasi fatte, tanto sarebbero comunque indistinguibili: su Meloni e dintorni tutto deve ruotare intorno alla rappresentazione di una continuità simbolica diretta con il ventennio fascista: perfino la sovranità alimentare, tema sentito da qualunque popolo che non voglia farsi colonizzare, slitta di senso verso l’autarchia (allusione: la stessa del Duce, no?) e verso il nazionalismo. E così via per gli altri nomi dei ministeri, come quello della Famiglia e della Natalità. Come se la natalità fosse una preoccupazione retrograda.
Tutto questo serve a fare ancora un altro giro all’eterna giostra della destra-sinistra, tanto che Fratoianni piagnucola: «manca solo il dicastero delle Colonie e quello delle Corporazioni, per il resto è la fotografia del tentativo di una restaurazione nell’Italia del 2022». Come a dire che il 22 ottobre 2022 sarebbe quasi la replica del 22 ottobre di un secolo fa, con la Marcia su Roma e l’ascesa di Benito Mussolini.
Magari il cognato della Meloni, Francesco Lollobrigida, si occupasse davvero di sovranità alimentare! Magari il governo rendesse agevole fare figli! Magari fosse centrale il made in Italy, ora che il saldo della bilancia commerciale, dopo tanti anni, è tornato negativo!
Il punto vero è che tutte queste nuove denominazioni sono riassumibili con una sola parola: cosmesi. Si imbelletta un sovranismo di facciata (che è comunque sufficiente a portare voti), ma una volta fatto il pieno di consensi, la politica vera è un’altra. Altro che autarchia, nazionalismo, natalità, esportazioni! Meloni ha fatto una campagna elettorale parallela presso gli elettori che pesano, quelli che davvero possono insediarla, ai quali ha detto in tutte le salse che lei non metterà in discussione nulla del sistema: NATO e guerra, UE e austerità, politiche sanitarie e demolizione del welfare così come lo abbiamo conosciuto. Sotto il sovranismo cosmetico c’è il solito vecchio Europeismo Reale. Letta scrisse il libro “Morire per Maastricht”. Meloni non lo scrisse, ma questa è l’unica differenza. A lei e a Letta basta. A noi non può bastare.
In definitiva non sta tornando Mussolini, come vorrebbero farci credere. Sta rimanendo semmai Draghi. Rimane cioè, in tutta la sua forza il mondo del vincolo esterno e del pareggio di bilancio, tanto che il relatore della revisione costituzionale che lo introdusse, Giancarlo Giorgetti, è ora il superministro dell’Economia. Questo governo come il precedente ha un premier di Roma e una trazione nordista, dentro un rigidissimo binario che porta a Bruxelles (quella della UE e quella della NATO), non a Predappio. Quella è solo una scusa per inscenare un’opposizione che non tocca la sostanza.
L’opposizione, l’Alternativa e le nuove idee sulla Repubblica italiana sono fuori da quel perimetro.
Il Pastrocchio
Attualità, Le riflessioni storiche di Aldo Mola | |
NECESSARIA RILETTURA
Tutti i mali vengono per nuocere. Non bastassero la pandemia (sempre in agguato) e le guerre (si sa sempre quando cominciano, mai quando finiscono: non solo l’Europa orientale, ma anche la Libia e il Vicino Oriente sono senza pace), incombono inflazione galoppante e recessione. Pochi anni fa l’armata brancaleone grillina annunciò trionfalmente la vittoria sulla povertà, che però da allora ha subìto un’impennata malgrado i cerotti di provvedimenti una tantum ed elemosine a pioggia. Il peggio però deve ancora arrivare. La siccità. Della “politica”.
Il “costo della politica”
Alla sua radice vi è il pessimo dei mali: l’imminente elezione di un Parlamento senza regole adeguate. Quello eletto nel 2018 impiegò due mesi a dare al Paese un “contratto di governo” con clausole palesemente incostituzionali. Al suo crollo venne abborracciata una seconda maggioranza. Infine la politica si arrese a subire controvoglia “un nonno a servizio delle istituzioni”, come Mario Draghi ironicamente si definì. Sappiamo com’è finita. Il chiassoso Parlamento ora in scadenza cerca di celare la sua massima colpa: l’incapacità di prevedere le conseguenze delle sue decisioni. Eletto in gran parte da cittadini imboniti da un comico vagante, rimarrà negli annali come il peggiore dal 1948. Pari solo a quelli che nel 1921-1924 spianarono la strada al regime di partito unico, a conferma che il diritto di voto di per sé non è affatto il toccasana della democrazia. Esprime gli umori di elettori che vanno dove li mena il vento dei “media”, niente affatto “indipendenti” ma “indi-pendenti”, pendenti, cioè, da chi direttamente o indirettamente ne è padrone e li orienta. Motivo sufficiente per respingere la proposta di elezione diretta del capo dello Stato. Se nel 1938 gli italiani avessero avuto libertà di scegliere il capo dello Stato avrebbero sicuramente sostituito Vittorio Emanuele III con Benito Mussolini, ormai Hitler-dipendente e completo di leggi razziali. Abbacinati dai “media”, anche oggi sono pronti a riempire le piazze, magari per chiedere un nuovo “capo” a ogni cambio di stagione: l’importante è che sia famoso e telegenico.
Lo Stato non è una televendita.
Questo Parlamento, decisamente al di sotto della sua missione istituzionale, ha zig-zagato verso l’agognato approdo: la pensione. Ora si annunciano i mali della campagna elettorale in corso, avvelenata e peggiore persino di quella del 2018. Succube delle leggende sul “costo della politica”, con legge costituzionale 19 ottobre 2020, n. 1, il Parlamento approvò a maggioranza bulgara la riduzione dei seggi della Camera da 630 a 400 e del Senato da 315 a 200. L’approvazione venne salutata da battimani scroscianti e prolungati, come appunto si usa ai funerali. Quella legge sciagurata comportò di ridisegnare i collegi elettorali, stravolgendo rapporti consolidati tra elettori e candidati. Intere regioni avranno un unico senatore. In altre i collegi accorpano plaghe da secoli pressoché prive di relazioni perché incluse in province diverse. Il disegno dei nuovi collegi elettorali ha ignorato la storia, accorpando territori per sommarne gli elettori sino a raggiungere il quoziente richiesto quale corpo elettorale degli eligendi. È lo stesso criterio usato per riempire le scatole di piselli, fagioli, cipolline: sino al limite della capienza. Ma il rapporto tra votanti e candidati ha (o dovrebbe avere) altre basi, altre motivazioni.
La “casta”…
Approvato a occhi bendati dalla maggior parte dei deputati e dei senatori oggi in carica, il famigerato “taglio dei parlamentari” fu il punto di arrivo di una pluridecennale campagna di discredito della “politica”, dipinta e svilita come “casta”. Il discredito della “partitocrazia” con le mitiche “Mani pulite” demandate a mozzare quelle “Sporche” dei “politici”, esposti in massa al pubblico ludibrio nel Paese che aveva nell’orecchio il celebre “a solo” “La calunnia è un venticello…”.
Un quotidiano milanese fece immense fortune additando ogni giorno i “politici” come “casta”, a tutto beneficio di chi nel potere vero era e rimase incistato. Quello stesso quotidiano svergognò il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi con la notizia dell’avviso di garanzia proprio quando si accingeva a presiedere una conferenza internazionale. Il suo torto vero era un altro, imperdonabile: scompigliando ogni previsione della vigilia, nel 1994 aveva vinto le elezioni togliendo la conquista del potere ai Democratici di sinistra, eredi diretti del Partito comunista italiano, unico sopravvissuto alla mattanza degli antichi “soci fondatori” del Comitato di liberazione in Italia. Lo sconquasso delle istituzioni previste dalla Costituzione continuò con l’abolizione dell’elezione popolare dei consigli provinciali e dei loro presidenti, le cui amministrazioni nel corso del tempo avevano accumulato un patrimonio enorme di studi e di esperienze amministrative per molti aspetti esemplari. È significativo il deserto di studi storici sulle Amministrazioni provinciali, mentre abbondano libri che riducono la storie dei Comuni, grandi e piccoli, a guide enogastronomiche.
Prima in Spagna, poi in Italia?
Dopo aver svergognato i politici come accozzaglia di profittatori, gli stessi sicofanti hanno decretato la morte delle “ideologie”, che dopotutto sono un tentativo di interpretare razionalmente “il mondo” fattuale. Hanno spiegato che oggi non c’è alcuna differenza tra destra e sinistra, anticaglie del passato remoto. Tutto è ridotto a “presente”. La cancellazione della memoria però non è paritaria. Qualcuno ha più diritto di altri a essere ricordato e insegnato nella manualistica scolastica, nei quotidiani e nei programmi radiotelevisivi. È quanto avviene in Spagna con la “ley de la memoria democrática” ora incombente (1).
L’invenzione di una “memoria” che distorce e falsifica la storia è sempre stato il cavallo vincente della sinistra stalinista e poststalinista che processa in piazza gli avversari, li costringe a dichiararsi colpevoli di reati mai compiuti, riduce il confronto a due soli contendenti: il Male (la Destra) e il Bene (la Sinistra). È quanto sta avvenendo in Spagna, ove Ciudadanos, unica novità politica di fine Novecento, è ormai evaporata e la contesa imminente si sostanzia nel duello tra il Partito socialista (con codazzo di estremisti e di separatisti) e Partito popolare, tallonato da “Vox”, neodestrismo comodo per una Sinistra che rispolvera antichi fantasmi. Il caso spagnolo va studiato con attenzione perché è “di scuola” per il futuro prossimo dell’Italia, alla vigilia di elezioni dall’esito più imprevedibile.
Mummie e diciottenni ai seggi
Anche in Italia si assiste sgomenti all’improvvisa riesumazione di mummie del passato remotissimo, privo di qualunque concretezza: l’incubo del “fascismo”. In articulo mortis il Senato ha varato il regolamento della futura Camera Alta: meno Commissioni parlamentari (scese da 14 a 10), riduzione dei membri per formare un gruppo (ne basteranno 7 anziché 10), scoraggiamento dei “cambi di casacca” che hanno infestato la legislatura ora agli sgoccioli e il riconoscimento del principio che i patres non sono obbligati a far parte di un gruppo, perché, dopotutto, “ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato (art. 67 Costituzione) (2).
Nulla del genere però è avvenuto a Montecitorio. La prossima Camera dei deputati rischia di trovarsi alle prese con molte incognite, a cominciare dalla compattezza dei futuri gruppi parlamentari. Mentre fa pesca a strascico di partitini nella vana speranza di raccogliere un vagheggiato quanto inutile 25% dei consensi elettorali, Enrico Letta, segretario del Partito democratico (futuro Democratici e Progressisti? DP anziché PD?), svilisce il voto mentre lo chiede. Prima ancora di sottoscriverle, si vergogna di alleanze che è costretto a stipulare per sottrarre seggi ai “nemici”. Negli Anni Trenta la Terza Internazionale passò disinvoltamente dalla denuncia dei socialisti come social-fascisti a Fronti popolari onnicomprensivi (salvo eliminare fisicamente i riottosi e gli irriducibili avversari del totalitarismo rosso) e, sulla fine, Stalin non esitò ad approvare il patto di non aggressione con la Germania di Hitler (3).
Le “alleanze tecniche” oggi vezzeggiate dai piddini garantiscono la stabilità di un improbabile governo “di sinistra” supportato da fuggiasche dell’ultim’ora? Meno di zero. Poiché l’Italia ha bisogno estremo di un governo finalmente politico, i partiti hanno il dovere di mettere fine al gioco delle tre carte e dire chiaramente quali maggioranze intendono formare. I tre partiti del centro-destra lo hanno fatto. A mancare all’appuntamento con la Storia sono proprio i partiti che si ammantano dell’aggettivo “democratico”.
Aldo A. Mola
1- In un Paese che ha contato e conta storici di livello non solo europeo ma planetario, come il rimpianto Fernando García de Cortázar, un ventennio addietro la “legge della memoria” si risolse nella denuncia univoca di Francisco Franco e del “franchismo” come feroce dittatura totalitaria. Venne lasciato tra parentesi che la Spagna entrò nell’ONU nel 1955, esattamente come la “repubblica italiana nata dalla resistenza”. Le conseguenze di quella legge sono note. Il suo vero obiettivo non era rimuovere monumenti, cambiare dedicatari di strade e istituti pubblici, espungere la salma di Franco dal Valle de los Caídos, ma incentivare la deflagrazione della Spagna e sostituire la lingua nazionale (che è la seconda del pianeta) con parlate locali (catalano, galiziano, valenziano…). Ora la legge della “memoria democratica” impone di dimenticare i crimini compiuti dall’ETA che per decenni imperversò con finanziamenti esteri e l’ospitalità concessa dalla Francia ai suoi militanti, come accadde per altri terrorismi. Al tempo stesso essa deplora la “transizione” postfranchista verso il sistema parlamentare che ha consentito alla Spagna di uscire da un secolo di guerre civili e di alternare al governo, senza traumi, socialisti e popolari in uno Stato monarchico costituzionale.
2- Una considerazione si impone alla vigilia della campagna elettorale. Per sua fortuna dal 1848/1861 l’Italia ha un parlamento bicamerale. Il Senato ha spesso corretto le enormità votate dai deputati. Anche se in un raptus è stato conferito ai diciottenni (piddini e altri volevano i sedicenni!) il diritto di eleggere la Camera Alta, il bicameralismo è una garanzia contro l’onda delle “emozioni” che spesso travolge quella dei deputati. Ma, come annotava malinconicamente Lorenzo il Magnifico, “il doman non c’è certezza”.
3- Per saperne di più basti leggere Il libro nero degli italiani nei gulag curato da Francesco Bigazzi (ed. Leg).
Ndr: una versione estesa di questo articolo è stata pubblicata dal GDP.
FONTE: https://www.civica.one/il-pastrocchio/
Ci dobbiamo rassegnare ….
Leonardo Peruzzi 21 10 2022
Tajani agli Esteri, uomo della Von Der Leyen, europeista ed atlantista.
Nordio alla Giustizia, quello che vaccinatevi con le buone o lo farete con le cattive.
Urso alla Difesa, burattino di Washington, uno che più guerrafondaio non ce n’è.
Crosetto allo sviluppo economico, beh come responsabile delle aziende costruttrici di armi in Italia è una garanzia.
Rocca alla Salute (CRI) che voleva vaccinare pure il terzo mondo.
Giorgetti a Economia, uomo del Deep State, europeista, amicone di Draghi, ha scritto e promosso il pareggio di bilancio in Costituzione.
La Ronzulli ministro sensibile al Portafoglio delle “bocca di rosa” ce la vogliamo mettere?!!
Se non va bene al PD questo governo non vedo come possano ulteriormente accontentarli
FONTE: https://m.facebook.com/story.php?story_fbid=pfbid02jCsRwrCKtwQxRGwMb3TSVz4Bwq918sULAXP4DVYPcMTSi2Aze1JpDS9fgUdr1eF6l&id=100000163204938
Franco Fracassi – The Italy Project
Pubblicato: 08 Settembre 2022
Un piano per controllare la vita politica e democratica del nostro paese, nato negli USA subito dopo la guerra, che dura ancora oggi e mantiene l’Italia in uno stato perenne di sovranità limitata.
VIDEO QUI: https://youtu.be/ElHI0mARazY
FONTE: https://luogocomune.net/22-storia-e-cultura/6068-franco-fracassi-the-italy-project
SCIENZE TECNOLOGIE
Starlink può essere usato al posto del GPS? qualcuno ci è riuscito…
Ottobre 26, 2022 posted by Giuseppina Perlasca
Dopo che SpaceX ha rifiutato di continuare la ricerca su Starlink come possibile alternativa militare al GPS nel 2020, un gruppo di ricercatori ha trovato un modo per farlo senza l’aiuto di Elon Musk – o della sua società che ha creato la costellazione di satelliti internet.
Negli ultimi due anni, il professor Todd Humphreys ha guidato un gruppo di ricercatori dell’Università del Texas nel reverse-engineering dei segnali della costellazione di satelliti internet, con la speranza di creare un nuovo sistema di navigazione che funzionasse separatamente dal Global Positioning System e dai suoi equivalenti europei, russi e cinesi.
In uno studio non sottoposto a revisione paritaria, Humphreys sostiene che il gruppo ha creato una caratterizzazione completa dei segnali di Starlink senza violarne la crittografia o accedere ai dati degli utenti provenienti dai satelliti.
“Il segnale del sistema Starlink è un segreto strettamente custodito”, ha dichiarato Humphreys a MIT Technology Review. “Anche nei primi colloqui, quando SpaceX era più collaborativa, non ci ha rivelato nulla della struttura del segnale. Abbiamo dovuto partire da zero, costruendo praticamente un piccolo radiotelescopio per ascoltare i loro segnali”.
Quindi seguendo il segnale di un video specifico, un video ad alta definizione del tennista Nadal, hanno iniziato a svolgere la matassa dei satelliti e a localizzarli. In questo modo sono stati in gradi, in modo inverso di geolocalizzare ogni punto sulla terra con una precisione di 30 metri. Poco, se confrontata con gli attuali sistemi GPS, ma che potrebbe essere migliorata utilizzando dei ricevitori più precisi. Nello stesso tempo però, Humphreys ha scoperto una opportunità, ma anche una grande debolezza potenziale del sistema Starlink che può essere localizzato anche senza bisogno di decodificare il sistema di comunicazione che collega i satelliti e che è un segreto molto ben nascosto dalla società.
Quindi Starlink, che già ricopre un’importanza strategica nelle comunicazioni nella guerra in Ucraina, potrebbe perfino essere utilizzata per scopi militari contro, o a insaputa, della società. Oppure Starlink può anche proporre un sistema diverso di geolocalizzazione alternativo al GPS.
FONTE: https://scenarieconomici.it/starlink-puo-essere-usato-al-posto-del-gps-qualcuno-ci-e-riuscito/
Post e spost
Ho il piacere e l’onore di annunciare che questo post del Simplicissimus Vaccini: un bimbo su 500 ospedalizzato per reazioni avverse. E Ema consiglia i sieri. riguardante una recente ricerca tedesca i cui risultati sono stati riportati sulla rivista Jama, quella dell’Associazione Medica americana, non può più essere visto su Facebook perché “viola gli Standard della community in materia di disinformazione che potrebbe causare violenza fisica”. Si direbbe che i sacrifici dei bambini siano il clou di questi evocati standard, ma dopo questo annuncio privo di qualsiasi senso e peraltro formulato in un italiano sgrammaticato, viene aggiunto il fatto che le informazioni contenute nel post sarebbero false, ovviamente senza dire perché, come è costume degli stupidi e dei vigliacchi. Dunque la maggiore associazione medica americana direbbe il falso secondo questi decerebrati. Mi permetto di segnalare la cosa perché è a suo modo divertente: la American Medical Association è stata una delle più ferventi adoratrici dei vaccini e dunque è forse per questo che spesso ha detto il falso e il social è forse sensibile a questo piccolo mutamento di rotta.
In questa occasione ho notato il cambiamento di linguaggio che c’è stato nel frattempo: non si fa più appello a mitiche “regole” della community perché sarebbe ben difficile dimostrare tale violazione, ma si usa Standard che in realtà vuol dire tutto e nulla e afferma in sostanza il diritto del social di cassare ciò che vuole senza dover rendere conto delle proprie azioni: è il padrone che notoriamente fa lo standard. Proprio ciò che semmai potrebbero far prudere le mani per la loro sfacciataggine. Non è la prima volta che Fb blocca un post di questo blog, tanto che da tempo ho cercato di “trasportare” i lettori dai social a una lettura diretta tramite l’iscrizione al blog o su Telegram (https://t.me/simplicissimus2 ) in maniera da evitare censure che si fanno sempre più occhiute e sempre più assurde. Quindi non è per questo che ne parlo, ma prendo l’occasione di domandarmi – e la butto lì – se non sarebbe l’ora che qualche gruppo del dissenso , pensasse di organizzare un social tutto italiano, per evitare di doversi servire di questi negrieri della verità basati in Nordamerica. Potrebbe essere una mossa più efficace rispetto – faccio solo un esempio – alla diffusione di video che guardano sempre le stesse persone, che sono a volte molto interessanti, ma anche dispersivi e non sono adatti alla rapida comparazione di tesi e soprattutto all’esercizio della memoria. Ci aveva provato all’inizio Byoblu, ma poi per ragioni che non conosco ha abbandonato l’impresa che tuttavia avrebbe potuto anche attirare parecchia pubblicità e nel caso specifico supportare anche la televisione. Dobbiamo cominciare ad esprimere una certa sovranità anche nel rifiuto di essere censurati da gente che accanto alla sofisticazione degli algoritmi, tutta basata sull’esprit de geometrie, come avrebbe detto Pascal, rivela sensibilità politiche e umane a dir poco primitive.
FONTE: https://ilsimplicissimus2.com/2022/10/24/post-e-spost/
STORIA
Le fake news che hanno cambiato la storia
Il giornalismo contemporaneo ha come obiettivo quello di rispettare la verità sostanziale dei fatti. Il che significa, in buona sostanza, che errare è umano – anche nel mondo dei giornali e dei media – ma purché lo si faccia con onestà, etica e facendo tutto il possibile per dare una notizia che rispetti questi canoni morali e professionali. Quella delle “fake news“, tuttavia, è una storia che dura da secoli e riguarda non solo il mondo della stampa ma anche quello della politica. In attesa che la storia possa dirci quali sono le “bufale” conclamate che hanno contraddistinto il primo ventennio del Ventunesimo secolo – a cominciare dalla celebre fialetta di Colin Powell per giustificare la guerra all’Iraq di Saddam Hussein – ripercorriamo la lunga storia delle fake news. Che di certo non sono nate con l’elezioni Donald Trump e la Brexit nel 2016, come alcuni ingenuamente pensano. Perché le fake news – o “bufale” – sono sempre esistite e hanno svolto funzioni diverse.
Bernardino Da Feltre (1439-1494) e Simonino da Trento
Il giornale Politico fa risalire la prima grande fake news della storia a Bernardino Da Feltre. Siamo a Trento, la domenica di Pasqua del 1475. Un bambino di due anni e mezzo di nome Simonino è scomparso e il predicatore francescano Bernardino da Feltre pronuncia una serie di sermoni sostenendo che la comunità ebraica aveva assassinato il bambino e ne aveva prosciugato il sangue per berlo e celebrare così la Pasqua. Era ovviamente falso, ma la voce si era presto diffusa in città. Più tardi, Da Feltre afferma che il corpo del ragazzo era stato ritrovato nei sotterranei di una casa ebraica. In risposta, il Principe vescovo di Trento, Giovanni Hinderbach, ordina immediatamente l’arresto e la tortura dell’intera comunità ebraica della città. Quindici ebrei furono giudicati colpevoli e bruciati sul rogo. Benché il papato abbia provato a fermare Hinderbach, quest’ultimo si era rifiutato di incontrare il legato pontificio e, sentendosi minacciato, aveva diffuso altre notizie false su ebrei che bevevano il sangue di bambini cristiani.
Re Giorgio II
A metà del 1700, la stampa aveva contribuito a diffondere notizie false sulla salute di Giorgio II, che all’epoca era il re di Gran Bretagna e Irlanda. Il re stava affrontando una ribellione e doveva essere visto come un leader forte per assicurarsi che la ribellione non avesse successo. Notizie false sulla malattia del re sono state diffuse dai rivoltosi. Ciò ha danneggiato l’immagine pubblica del sovrano e, sebbene la ribellione non abbia avuto successo, ha mostrato come le notizie false possano essere utilizzate per cercare di cambiare le opinioni delle persone e influenzare le sorti di un grande evento, come una guerra o una ribellione. Da allora, sotto questo profilo, nulla è cambiato.
La diffusione dei quotidiani e il sensazionalismo
Con la diffusione su larga scala dei quotidiani, tra il 1700 e il 1800, anche le bufale sono apparse sui giornali con l’intento di generare scalpore e sensazionalismo. E aumentare così le copie vendute. “Il sensazionalismo ha sempre venduto bene. All’inizio del XIX secolo sono entrati in scena i giornali moderni, propagandando scoop e denunce, ma anche storie false per aumentare la circolazione dei quotidiani. La grande bufala della luna del New York Sun del 1835 affermava che c’era una civiltà aliena sulla luna”, riporta sempre Politico. Altro esempio, nel 1844, i giornali anticattolici di Filadelfia avevano diffuso la falsa notizia che gli irlandesi rubavano le bibbie dalle scuole pubbliche, provocando violente rivolte e attacchi alle chiese cattoliche.
Le bufale e la propaganda di guerra
Intorno al 1890, due grandi editori di giornali americani rivali come Joseph Pulitzer e William Hearst, si sono sfidati a colpi di sensazionalismo, riportando voci come se fossero fatti, una pratica che divenne nota all’epoca come “giornalismo giallo“. Le loro notizie distorte e amplificate hanno giocato un ruolo centrale nel condurre gli Stati Uniti nella guerra ispano-americana del 1898. In quell’anno, infatti, una nave della Marina degli Stati Uniti – la Uss Maine – era affondata a Cuba. Alcuni giornali dell’epoca incolpano gli spagnoli per l’affondamento e usano le illustrazioni raffiguranti una drammatica esplosione per convincere i lettori del fatto e fare leva sulla loro emotività.
Un’altra vicenda risale al 1917, ricorda la Bbc, durante la Prima guerra mondiale. Giornali britannici come il Times e il Daily Mail pubblicano una storia raccapricciante in cui si afferma che i tedeschi stavano estraendo grasso dai corpi dei soldati morti per ricavarne del sapone. La storia proveniva da un dipartimento ufficiale del governo britannico ed era stata diffusa stampa. I funzionari sapevano che questa notizia non era vera, ma era necessaria a persuadere i lettori che i tedeschi erano un nemico barbaro, che doveva essere sconfitto. Un’altra bufala di guerra per antonomasia, più vicina ai giorni nostri, riguarda il già citato Colin Powell e il suo celebre intervento al Consiglio di Sicurezza dell’Onu, nel 2003, nel quale aveva deciso di presentare le presunte trovate dagli Stati Uniti delle violazioni alla risoluzione 1441 dell’Onu e del possesso di armi di distruzione di massa da parte dell’Iraq di Saddam Hussein.
La notizia viene rapidamente diffusa dai giornali e dalle tv di tutto il mondo e l’occidente si ritrova in guerra con l’Iraq, che viene da lì a poco dopo invaso dalla coalizione occidentale. Saddam Hussein cade e l’obiettivo del “regime change” viene raggiunto. Altre bufale di guerra risalgono al 2011, in Libia, quando sui media cominciano a circolare le terribili immagini di fosse comuni e di altri presunti massacri, che vengono regolarmente imputati a Gheddafi. Il colonnello, assediato a Tripoli, viene costretto alla fuga, prima di essere scovato a Sirte nell’ottobre dello stesso anno e assassinato senza un regolare processo. Come ha poi stabilito la rivista Foreign Policy: “L’amministrazione Obama ha detto che stava solo cercando di proteggere i civili. Le sue azioni rivelano che stava cercando un cambio di regime”. Molte diffuse diffuse sui media – come le fosse comuni – erano infatti “fabbricate” ad hoc dalla propaganda, per far leva sull’emotività dei lettori e influenzare così l’opinione pubblica.
Negli ultimi anni, in particolare dal 2016 in poi, con l’elezione di Donald Trump e il referendum sulla Brexit, si è tornato a parlare in maniera insistente di “bufale” a causa delle storie false ampiamente condivise sui social media senza essere verificate dagli utenti. Questo ha portato, non senza polemiche e altrettante criticità, a una “stretta” sulla diffusione delle fake news sulle piattaforme social (non priva di lati oscuri per quanto concerne la libertà di opinione e di critica, essendo decisa da aziende private tutt’altro che super partes).
Addio alle fake news, dunque? Certo che no. La guerra in Ucraina, come ogni conflitto, ha visto l’impiego massiccio di disinformazione e propaganda da entrambe le parti, diffuse attraverso social e canali Telegram difficilmente controllabili e non sempre verificabili. L’ultima bufala acclarata – ma ce ne sarebbero tante altre sul fronte opposto – l’ha diffusa il Ministero della Difesa ucraino che aveva parlato di una “mini Auschwitz” a Pesky-Radkovski. Serhiy Bolvinov, capo del dipartimento investigativo del Servizio di sicurezza nella regione di Kharkiv, aveva infatti fotografato una maschera antigas e una vasca piena di denti, evocando i campi di concentramento nazisti. La notizia risale ai primi di ottobre ed è stata ripresa incautamente dai media e spacciata come vera. Ci ha pensato poi il tedesco Bild, inviando alcuni giornalisti sul posto, a smascherare l’ennesima bufala prodotta dalla propaganda di guerra. Gli inviati del quotidiano tedesco hanno infatti intervistato un dentista che ha riconosciuto la scatola contenente i denti che gli era stata rubata. “I denti sembrano essere stati rubati dal mio ufficio, i russi hanno derubato la mia casa. Questi sono i denti delle persone che ho trattato in tutti questi anni” ha raccontato il dentista. Nessuna “mini Auschwitz”, dunque. Perché in guerra la prima vittima è sempre la verità. Illudersi che questo non accade nelle guerre ibride contemporanee rimane, appunto, un’illusione pericolosa.
FONTE: https://insideover.ilgiornale.it/academy/le-fake-news-che-hanno-segnato-la-storia.html
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“Perché non siamo padroni del mondo”. Per Marcello Foa non è una domanda. Sa che è così. D’altra parte ce lo aveva già spiegato anni fa dando alle stampe il suo – al tempo avveniristico, oggi possiamo dire predittivo – Gli stregoni della notizia. Il punto è che per l’ex presidente Rai, firma storica del nostro Giornale ed ex responsabile del Giornale.it, la vita di ognuno di noi è profondamente condizionata da fattori che sono al contempo visibili e invisibili e che vanno identificati, se si vuole capire davvero il malessere che colpisce le società occidentali. Foa lo fa con coraggio e autorevolezza nel suo ultimo libro Il sistema (in)visibile (Guerini e Associati). “Pensavamo di essere padroni del nostro destino – si legge – mentre altri, in luoghi che nemmeno immaginavamo e che non necessariamente coincidevano con governi e parlamenti, decidevano per noi”.
Marcello, qual è oggi lo stato di salute della democrazia?
“Non è positivo. In tutti i Paesi occidentali c’è uno scollamento tra la volontà popolare espressa col voto e la reale capacità di riforma dei governi.”
Dove nasce questo scollamento?
“Da un fatto storico, noi vincemmo la guerra contro il comunismo sovietico anche perché esisteva una coerenza tra i nostri valori, una società a benessere diffuso con un capitalismo bilanciato anche da istanze sociali e la propaganda. Chiunque poteva osservarci e dire: ‘Gli occidentali vivono bene’. Dall’altra parte, invece, il paradiso dei lavoratori era un incubo fatto di oppressione e sussistenza. Questo confronto è stato decisivo per conquistare i cuori e le menti dei cittadini che vivevano oltre il muro di Berlino. Quando, però, è caduto il Muro, è caduta anche la coerenza tra i tre punti citati.”
Cosa è successo dopo?
“Sono cambiati gli obiettivi strategici. La globalizzazione non è solo un fenomeno economico, ma anche sociale, culturale, politico, istituzionale. Tende a uniformare mercati, popolazioni, culture e attua meccanismi per cui armonia ed equilibrio non sono più indispensabili. Anzi, diventano un impedimento. Il nuovo paradigma crea un paradosso: omologa disomologando. E troppo in fretta. Questo ha generato squilibri che paghiamo oggi; tra l’altro anche spostando i centri decisionali fuori dagli Stati ma pretendendo che la volontà del popolo sia ancora sovrana.”
VIDEO QUI: https://www.youtube.com/watch?v=ba93y1jpgZs&t=185s
Perché non capiamo più la nostra società?
“Perché nessuno spiega davvero le regole del gioco. La società è determinata da condizionamenti impliciti istituzionali, economici, sociali, psicologici, mediatici e ultimamente anche digitali che non vengono dichiarati né illustrati in modo esaustivo ma di cui i cittadini sentono gli effetti. Ci sono tante polemiche ma il quadro complessivo resta offuscato..”
Da qui il titolo del libro Il sistema (in)visibile?
“Certo collegando i condizionamenti espliciti a quelli impliciti il puzzle si compone e la nostra caotica realtà diventa comprensibile”.
A dividersi il potere sono i monopoli. La democrazia può conviverci?
“Fino a vent’anni fa il liberalismo e il capitalismo avevano una virtù: evitare l’eccesso di concentrazione di potere, anche economico, nel presupposto che la parità di opportunità fosse un requisito fondamentale affinché l’economia di mercato espletasse le sue innegabili virtù. Questo principio è caduto e oggi, senza ammetterlo, si incoraggia la creazione di oligopoli. Poche grandi aziende dominano singoli mercati.”
Non stai esagerando?
“Purtroppo no. Alla fine del 2021, la capitalizzazione di Apple era superiore al Pil di tutti i Paesi del mondo eccetto Stati Uniti, Cina, Germania e Giappone, mentre Microsoft era più ricca del 92% dei Paesi al mondo. Quando ci troviamo di fronte a queste realtà si genera uno squilibrio inaccettabile.”
Uno squilibrio mai risolto….
“Mai risolto perché il problema non viene mai posto. Si tende, al contrario, ad esaltare il potere e l’immagine di questi grandissimi gruppi. Prende così forma una doppia realtà: sopra abbiamo pochi leader di mercato in posizione dominante a livello mondiale, sotto l’insieme delle piccole e medie aziende che meritoriamente cercano di ritagliarsi uno spazio a distanza siderale dalle aziende leader. La sproporzione tra il potere dei pochi che stanno sopra e gli altri operatori è insostenibile.”
Come siamo arrivati fin qui?
“Parliamo spesso di conflitto di interessi, mentre la nostra epoca è caratterizzata dalla coincidenza di interessi tra la politica e il potere economico. Quando la globalizzazione divenne un obiettivo prioritario degli Stati Uniti, le grandi aziende sono state incoraggiate a espandersi in tutto il mondo, senza controlli e senza contrappesi. Politica e grandi aziende si sostengono a vicenda generando gli eccessi in cui viviamo.”
Qual è la concentrazione più potente?
“Sicuramente quella tecnologica, che rischia di violare i diritti fondamentali dell’individuo e snaturare le democrazie attraverso un sistema di sorveglianza generalizzato e implacabile, come già accade in Cina.”
Quando Trump è stato estromesso dai social, i media statunitensi, anziché indignarsi, si siano schierati contro di lui. Ti stupisce?
“La grande stampa non svolge più da tempo la funzione critica. È troppo vicina all’establishment. D’altronde, il 90% dei giornalisti è di sinistra e questo è indicativo”.
In Italia non va diversamente…
“Certo, tra gli anni Cinquanta e Sessanta c’è stato un cambio radicale di paradigma culturale. Un Paese cattolico come l’Italia divenne improvvisamente marxista e ciò si riverbera fino ai nostri giorni.”
IlGiornale, non a caso, è nato proprio in risposta al pensiero unico dominante in quegli anni.
“Quando è crollato il muro di Berlino, questa impalcatura cultural-mediatica si è trovata senza più un orientamento ideologico e ha cercato un nuovo faro.”
Quale?
“La globalizzazione. Oggi la stampa che trova origine nel marxismo è la principale stampella di questo sistema. Ha cambiato le idee ma non i metodi che restano omologanti: o sei nella corrente o finisci emarginato.”
Il potere passa anche attraverso il controllo della lingua. Dilagano campagne culturali come la cancel culture. Qual è l’obiettivo?
“L’estremizzazione di certi movimenti è esplosa quando l’establishment ha messo in pista qualunque forma di resistenza per far cadere Trump. Tra queste c’era anche l’utilizzo della protesta di piazza e dei movimenti sociali.”
I Black Lives Matters…
“Sotto Obama erano considerati estremisti e non avevano seguito, ma dopo il successo di Trump sono diventati funzionali all’establishment: servivano a metterlo in difficoltà e a ghettizzare i conservatori.”
Se andiamo a vedere i finanziamenti, ci accorgiamo da dove piovono tutti quei soldi…
“Se qualcuno li finanzia, vuol dire che ne apprezza operato e finalità. Se, poi, la vicepresidente di Black Lives Matter è anche un membro dello Young Global Leaders del World Economic Forum di Davos, il sospetto che non siano sgraditi a un certo establishment diventa plausibile.”
Si rischia lo stesso contro la Meloni e il nascente governo di centrodestra?
“Non mi stupirei. D’altronde c’è il precedente delle Sardine contro Salvini. Un movimento che fu creato dal nulla.”
Il libro spiega come sia possibile influenzare una società ed evidenzi l’importanza dei condizionamenti psicologici. Cosa dobbiamo aspettarci?
“Non ho l’ambizione di prevedere il futuro ma parto da un aspetto positivo. Le crisi che abbiamo vissuto negli ultimi anni hanno favorito il risveglio della coscienza civile e democratica. Questo lascia ben sperare. Non c’è assuefazione. Però pesano diverse incognite”.
Quali?
“Che con la necessità di combattere una guerra strategica tra Stati Uniti e Cina, si possa eccedere nell’uso di tecniche che potrebbero compromettere i valori democratici sfociando nelle guerre cognitive di cui si parla pochissimo, ma che rischiano di trasformare ogni persona in un’arma.”
Fantascienza o realtà?
“Gli Stati Uniti le stanno già studiando proprio in funzione anti cinese. Ma fino a che punto le democrazie occidentali liberali possono spingersi nello studiare e applicare queste tecniche? Chi ci offre la garanzia che non vengano poi usate contro di noi? Questo è il grande dilemma. Il nostro futuro sarà positivo e quel che abbiamo costruito negli ultimi settant’anni non sarà compromesso, se tornerà a esserci una coincidenza tra valori, realtà e propaganda. È giunto il momento di affrontare tutti questi temi e portarli fuori da polemiche sterili e strumentali che impediscono una vera riflessione. Parliamone e torniamo ad essere padroni del nostro destino.”
FONTE: https://www.ilgiornale.it/news/cultura/ecco-chi-muove-i-fili-sistema-invisibile-padrone-dei-nostri-2070803.html