RASSEGNA STAMPA DETTI E SCRITTI 27 MAGGIO 2020

https://alfiokrancic.com/2020/05/24/magistropoli/

RASSEGNA STAMPA DETTI E SCRITTI

27 MAGGIO 2020

A cura di Manlio Lo Presti

Esergo

 Non esiste una sola affermazione esatta nella scienza, su nulla

Le battute memorabili di Feynman, Adelphi, pag. 172

 

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La redazione provvederà doverosamente ed immediatamente alla loro rimozione dal blog.

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SOMMARIO

Le mascherine a vita e la installazione della app “immuni” volontaria (?)
SCOOP!!! TRUMP CONTRO POLITICA E TOGHE ITALIANE. LA TEMPESTA PERFETTA STA PER ARRIVARE
RECOVERY FUND LA TRAPPOLA DELL’EURO!
Guardiani della Galassia 3: James Gunn ci aggiorna sulla data di uscita
INPS su bonus baby sitter 1.200€: perché è ancora impossibile richiederlo
Nota vocale alla mafia
Julian Jaynes, Il Crollo Della Mente Bicamerale E L’origine Della Coscienza
I libri che dovete assolutamente leggere per imparare… a leggere i libri!
FCA: via libera di Intesa Sanpaolo al prestito garantito dallo Stato
LUFTHANSA: COME ELUDERE IL FISCO, PRENDERE I SOLDI PUBBLICI, E VIVERE FELICI
500 MILIARDI DI FUMO NEGLI OCCHI
DEFLAZIONE DA DEBITI: FALLIMENTI E RISTRUTTURAZIONI DI MASSA!
Dal 1° luglio PD e 5Stelle limitano l’uso del denaro contante 
PALAMARA È LA PUNTA DI UN ICEBERG CHE RIVELA UNA DEMOCRAZIA ILLIBERALE E BLOCCATA
TUNISIA SVUOTA LE CARCERI E SCATTA L’ASSALTO ALLE COSTE ITALIANE: RAFFICA DI SBARCHI, È INVASIONE
MIGLIAIA ITALIANI IN CODA PER LAVORARE NELLE CAMPAGNE: “BELLANOVA BUGIARDA” – VIDEO
Occupazione, nel 2020 in Italia mezzo milione di posti di lavoro in meno
LIBIA: TRUMP PERDE LA PAZIENZA E CHIAMA ERDOGAN.
L’ULTIMA SPIAGGIA PER IL GOVERNO
L’IMBARAZZANTE GUERRA CONTRO LA CLOROCHINA
Battaglia di Tsushima

 

 

EDITORIALE

Le mascherine a vita e la installazione della app “immuni” volontaria (?)

Manlio Lo Presti – 27 maggio 2020

L’infausto esito di questo immenso psicodramma del COVID 1984 presenta una serie di effetti sociali e di variazione dei livelli di sorveglianza individuale e di massa.

Con la scusa della pseudo epidemia (dire pandemia è inesatto) i piani alti del DEEP STATE DE’ NOANTRI si è lanciato in una serie di sperimentazioni di nuove tecniche di sorveglianza da lontano, teleguidata da dispositivi volanti (droni, elicotteri, filmatura sempre più dettagliata, sempre più ossessiva 56 ore su 24 dai satelliti dei perimetri sempre più piccoli, fino alla visione del quadrante degli orologi al polso degli umani bianchi demmerda che hanno la sfacciataggine di lamentarsi e di non mettere la mascherina che è un oggetto di sottomissione, di silenzio imposto, di visi nascosti perché siano eliminate le segnalazioni delle espressioni facciali eliminate ad un anonimato mimico distrutto perché deve essere impersonale, perché in tal modo il valore comunicativo degli umani diventi pari a zero!

Quindi, è stato allestito un titanico apparato il cui scopo è spersonalizzare i volti, umiliare le persone e ridurne a zero la loro importanza, aumentarne la sudditanza psicologica con martellamento di messaggi intimidatori diffusi alacremente 56 ore su 24 da solerti agenti del terrorismo psicologico per il tramite di  catene televisive, stampa cartacea, via rete telematica. Il tritacarne mediatico di terra di mare di aria ha raggiunto lo scopo stabilito di stordire la maggioranza delle persone oggi più frastornate ed impaurite.

Gli psicologi si potranno comprare le ville al mare con gli onorari di centinaia di migliaia di persone con disturbi psichici e/o del comportamento.

È QUELLO CHE VOGLIONO GLI SCIENZIATI DELLA SOVVERSIONE SOCIALE E DELLA ALTERAZIONE DELLA REALTÀ: OBIETTIVO RAGGIUNTO!!!

Per tutti coloro che non hanno voluto accettare la museruola è previsto l’isolamento sociale, le minacce ed altresì il

Trattamento Sanitario Obbligatorio – T.S.O.

cioè CON CURE MEDICHE

CONTRO LA  VOLONTÀ DELLA PERSONA CATTURATA SENZA MASCHERINA

Assieme alla abominata mascherina, per renderci sottomessi ed anonimi senza volto né dignità, abbiamo i DRONI, i BRACCIALI ELETTRONICI, i MICRO-DISPOSITIVI ELETTRONICI SOTTOPELLE, gli ELICOTTERI, i SATELLITI-SPIA ed infine, la nuova moda degli INTERNAMENTI DI MASSA, della EUTANASIA NON TERAPEUTICA CON UCCISIONI DI MASSA NEGLI OSPEDALI INTORNO ALLE 2,30 DI NOTTE…

Tutti trattamenti amorevoli praticati nell’interesse degli italiani, beninteso!!!

Se la metà di queste strategie tecnotroniche fossero state applicate ai

MIGRANTI-PAGANTI-RISORSE-INPS- TALVOLTA-GEOMETRI 

la sicurezza sociale attuale sarebbe migliore, MA NON È STATO FATTO PERCHÉ È RAZZISMO

 

Quanto alla famigerata e tanto discussa applicazione IMMUNI, o simili, la questione è molto più subdola e insidiosa. Per non andare contro le normative della riservatezza dei dati personali, si evidenzia subito che la installazione della app è su base volontaria, ma poi lo schema  di minacce ed esclusioni sociale è simile all’uso della mascherina.

Io sono libero di non usare la mascherina però mi viene impedito di accedere a tutte le aree di servizio pubblico: scuole,

uffici,

palestre,

ristoranti,

supermercati,

negozi,

aeroporti,

stazioni ferroviarie,

aerei,

bus,

taxi,

ecc. ecc. ecc. ecc. ecc. ecc. ecc. ecc.

Cioè: SEI LIBERO DI NON INSTALLARE LA APP DI TRACCIAMENTO MA NON POTRAI PIU’:

  • pagare gli acquisti di ogni genere perché la carta si disabilita anche se hai i soldi;
  • accedere in aree pubbliche;
  • usufruire di prestazioni sanitarie.

TUTTO CIÒ PREMESSO

I divieti e le esclusioni sociali sopra elencati sono riservati cinicamente agli italiani da perseguitare carognescamente con ferocia AUTORAZZISTA. Saranno pertanto dossierati in massa tutti coloro che non hanno cellulari né la app IMMUNI O SIMILI.

I CLANDESTINI E/O-MIGRANTI-PAGANTI-VOTANTI-RISORSE-INPS non saranno minimamente toccati dall’apparato di sorveglianza tecnotronica totalitaria anti-italiana, perché sarebbe

RAZZISMO

P.Q.M.

La solerte GOOGLE, di concerto con i sistemi ANDROID (per ora), ha inserito SENZA IL CONSENSO DELL’UTENTE TELEFONICO PEDINATO la predisposizione per il funzionamento della applicazione di tracciamento:

 

Tutto quanto appena detto è – ovviamente – attuato

NELL’INTERESSE DEGLI ITALIANI 

Vorremmo delle spiegazioni.

MI PIACEREBBE SAPERE COSA NE PENSANO GLI ESPONENTI DELL’AUTHORIY DELLA PRIVACY.

Saremo delusi e senza spiegazioni perché sono tutti collusi e/o ricattati

Ne riparleremo…

 

 

 

IN EVIDENZA

SCOOP!!! TRUMP CONTRO POLITICA E TOGHE ITALIANE. LA TEMPESTA PERFETTA STA PER ARRIVARE

Giuliano Castellino – 24 maggio 2020

SECONDA PARTE DELLO SPECIALE DEL NOSTRO BLOG.

TRUMP CONTRO POLITICA E TOGHE ITALIANE.

LA TEMPESTA PERFETTA STA PER ABBATTERSI CONTRO IL REGIME ED IL NUOVO ORDINE MONDIALE.

Il mainstream tace, ma dagli Usa sembra arrivare un uragano che metterà a rischio tutto il sistema italiano ed il potere internazionale targato Clinton, Soros e Gates.

di Giuliano Castellino

Seconda puntata del nostro speciale sulla tempesta perfetta che si sta abbattendo sull’Italia.

Ancora una volta, in perfetta solitudine, tentiamo di squarciare il muro di gomma dei media di regime, pronti a fare quadrato intorno al potere tirannico italiano.

Tremano Renzi, Carrai, “spioni nostrani” e toghe militanti, mentre l’ex premier salva Bonafede per tenere uniti Mattarella ed esecutivo, perchè sa che Trump è pronto a colpire i democratici italiani.

Uno tsunami che a giugno potrebbe abbattersi su Politica, Magistratura ed Intelligence italiana.

Dopo le accuse di inquinamento politico, le toghe si trovano a fare i conti con le infiltrazioni delle Spie e di una rogatoria internazionale che li coinvolge insieme a pezzi di potere.

Già da mesi sappiamo che Renzi è molto preoccupato per una eventuale ritorsione americana a causa di un suo ruolo – e dei suoi amici di palazzo – da protagonista nel RussiaGate.

In questi giorni – quelle che sembravano essere indiscrezioni – si stanno trasformando in un uragano.

Il tutto mentre l’Italia è sotto pressione politica per l’emergenza pandemia e Trump si trova al verdetto elettorale per la riconferma alla Casa Bianca.

Non a caso lo sfidante Joe Biden ha avuto un endorsment pubblico di Obama, quest’ultimo accusato dallo stesso Trump di essere stato autore di un complotto internazionale che aveva il compito di spianare la strada alla Clinton, grazie a Mifsud, Renzi e Carrai.

Quello che sta accadendo in USA si sta ripercuotendo sulla stabilità politica italiana nonostante, sia il Governo che l’Opposizione, abbiano fatto fronte comune per tutelare Renzi ed i protagonisti dello scandalo Russia gate.

Quello che è ormai certo è che in questa vicenda di spie e di politici, sembrerebbe esserci un ruolo protagonista ricoperto da uomini della magistratura, che avrebbero spianato la strada non solo alla componente politica Anti-Trump, ma che avrebbero penalizzato anche alcuni progetti strategici del Bel Paese come il porto di Taranto.

Certo è difficile conoscere con precisione le informazioni di cui dispone il Presidente Trump, tuttavia giorno dopo giorno si moltiplicano gli elementi che collegano i governi PD dell’epoca e lo scandalo americano.

Dall’esclusione del Generale Flynn all’imbarazzante posizione del Governo Italiano sul prof. Mifsud, fino ai caldeggiamenti del capo di FBI a Roma Kieran Ramsey per la nomina di Marco Carrai (migliore amico e braccio destro di Renzi, nonchè suo procacciatore di finananziamenti dai tempi del partito popolare) alla direzione della cyber security Italiana c’è solo l’imbarazzo della scelta…

Ma probabilmente questo è ancora nulla rispetto a quello di cui dispongono Trump e gli Usa.

Ricordiamo che nell’esecutivo Renzi era pesante la presenza di Cantone all’ANAC, tra l’altro fotografato alla famosa cena con Obama, in questi mesi è emerso lo scandalo Palamara – Ferri e Lotti al CSM: alla luce di quello che sta emergendo da Wanshington, tutto sembra essere collegato, toghe e politici uniti e coinvolti per difendere interessi e posizioni

Riguardo, quindi, al dottor Cantone, l’enigma più pesante è scoprire perchè aveva rapporti così stretti con l’ufficio di Victoria Nuland, grande promotrice del Russiagate presso il Dipartimento di Stato Americano, nonché amica personale dell’ex Presidente del Consiglio Paolo Gentiloni.

Attualmente vi sono vari procedimenti alla Procura di Perugia, quella destinata a controllare Piazzale Clodio, tra cui quello contro il Pm Albamonte, indagato per attivitá di hackeraggio di sistemi informatici posti sul territorio Americano.

Un vero colpo di Stato, con registi non solo americani, ma anche italiani, pronti a buttare giù Trump.

Una vicenda che sta tenendo alta l’attenzione di tutto il mondo, ma che in Italia è stata totalmente ignorata e silenziata dalla stampa mainstream.

Dimenticando che l’operazione “anti-trumpista”, non solo doveva favorire la Clinton, ma tendere la mano al nuovo asse “Dem – Soros – Gates – Cina”.

Ancora oggi Renzi e Carrai fanno coppia fissa, l’ex premier è al Governo del paese ed è entrato nel cerchio magico di Obama, Blair e Bildeberg, ma l’aver di fatto fondato ed inventato questo esecutivo e di essere uomo di punta dell’internazionale Dem difficilmente lo salverà da questa bufera.

Nonostante si troverà dalla sua sia Mattarella che le toghe, che faranno di tutto per opporsi alla rogatoria internazionale, sarà difficile fermare l’offensiva di Trump.

La cosa che non ci torna è il comportamento delle destre, dei cosiddetti sovranisti, che invece di favorire la caduta del sistema, sembrano invece difendere il regime.

Perchè Salvini e Meloni sono muti di fronte a questa vicenda? Eppure entrambi si sono sempre definiti sia filo russi, che amici di Trump.

Far cadere il Governo a causa di Renzi e mettere fuori gioco per sempre l’ex segretario del PD, dovrebbe essere “un calcio di rigore” per le destre, eppure non si muovono dalla posizione filo sistema.

Nella migliore delle ipotesi si tratta di uno stato di forte confusione ideologica dei presunti sovranisti, nella peggiore, si tratta di schifosi e viscidi rapporti tra esponenti del centro-destra Italiano e protagonisti dello SpyGate.

Rapporti che non mancheranno di essere portati alla luce, perchè davvero quella che dovrebbe arrivare d’oltre oceano è una tempesta perfetta che sembra destinata a non fare prigionieri.

Tremano il regime Italia e tutto il nuovo ordine mondiale…

FONTE:https://www.litaliamensile.it/post/scoop-trump-contro-politica-e-toghe-italiane-la-tempesta-perfetta-sta-per-arrivare

RECOVERY FUND LA TRAPPOLA DELL’EURO!

Scritto il  alle 09:46 da icebergfinanza

EUROPA: THE FINAL COUNTDOWN! | icebergfinanza

Mentre in Europa e Wall Street la patria degli psicopatici, si festeggia la fine della pandemia, noi partiamo da qui da un articolo che risale all’inizio di aprile, che il mio amico Gianni mi ha segnalato, tratto dal Wall Street Journal, il pezzo scritto da Henry Kissinger, consigliere per la sicurezza nazionale e segretario di Stato USA sotto le presidenze Nixon e Ford tra il 1969 e il 1977.

Andrea Mazzalai@icebergfinanza

La pandemia cambierà per sempre l’ordine mondiale, mi sento come nelle Ardenne nel ’44 https://www.milanofinanza.it/news/la-pandemia-cambiera-per-sempre-l-ordine-mondiale-mi-sento-come-nelle-ardenne-nel-44-202004061748551790 

La pandemia cambierà per sempre l’ordine mondiale, mi sento come nelle Ardenne nel ’44 – MilanoFi…

Gli Stati Uniti devono proteggere i propri cittadini dalla malattia e al contempo iniziare l’urgente lavoro di pianificazione di una nuova epoca.Traendo insegnamento dallo sviluppo del piano Marshall…

milanofinanza.it

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L’atmosfera surreale della pandemia di Covid-19 evoca come mi sono sentito da giovane nell’84esima divisione di fanteria durante l’offensiva delle Ardenne. Ora, come alla fine del 1944, c’è un senso di pericolo indefinito, rivolto non a una persona in particolare, ma che colpisce a caso e con devastazione. Ma c’è una differenza rilevante fra quell’epoca lontana e la nostra. Allora, la resistenza americana era fortificata da un obiettivo nazionale. Ora, in un Paese diviso, è necessario un governo efficiente e lungimirante per superare ostacoli senza precedenti in termini di entità e portata globale. Mantenere la fiducia del pubblico è fondamentale per la solidarietà sociale, per il reciproco rapporto tra le società e per la pace e la stabilità internazionali.

Nel 2012 a Varsavia, Kissinger scherzò sulla famosa frase a lui attribuita, “chi devo chiamare se voglio parlare con l’Europa?”.

Non sono sicuro di averlo detto io, ma ha poi aggiunto che “però questa è una buona citazione, quindi perché non prendersene il merito?”

 “L’Europa – ha proseguito l’ex segretario di Stato Usa – ha la capacità di diventare una superpotenza, ma non ha né l’organizzazione né l’idea di diventarlo. Questa è una sfida per il concetto di Europa”.

Byoblu@byoblu

“Creare l’Euro è stato un gigantesco errore della storia” Kenneth Rogoff – DAVOS 2018

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426 utenti ne stanno parlando

Vi abbiamo già raccontato della trappola nascosta dietro la proposta franco tedesca del presunto “recovey fund” a fondo perduto, serve soprattutto a loro per riconvertire la loro industria automobilistica e le centrali nucleari e a carbone.

Purtroppo in Italia, al Governo abbiamo dei furbi che fanno finta di non capire o dei fessi, ma per fortuna ci sono loro che ci ricordano la vera essenza dell’Europa che verrà…

Andrea Mazzalai@icebergfinanza

E intanto passano i mesi e il Governo fa morire il Paese!
Recovery Fund, il piano dei Paesi rigoristi: “Solo prestiti e con impegno su riforme e conti pubbli… https://www.repubblica.it/economia/2020/05/23/news/recovery_fund_la_risposta_al_piano_franco-tedesco_solo_prestiti_legati_a_riforme_-257436541/  di @repubblica

Recovery Fund, il piano dei Paesi rigoristi: “Solo prestiti e con impegno su riforme e conti…

La controproposta di Austria, Paesi Bassi, Svezia e Danimarca al piano franco-tedesco: no ai contributi a fondo perduto, forme di mutualizzazione del debito e aumento del bilancio comunitario. Sì a…

repubblica.it

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La tattica è semplice, la Germania finge di proporre insieme alla Francia qualcosa che non potrà mai essere approvato dal Bundestag, poi a turno, prima l’Olanda e poi l’Austria i due principali cani da guardia dei tedeschi, rompono le uova nel paniere.

Mi auguro che gli italiani non dimentichino chi in realtà governa in Austria, soprattutto quando sarà il momento di tornare a fare le ferie…

Andrea Mazzalai@icebergfinanza

Per non dimenticare! https://twitter.com/icebergfinanza/status/1264605605022613504 

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Andrea Mazzalai@icebergfinanza

Fase 2 e turismo, polemica sulla decisione dell’Austria di non aprire i confini con l’Italia. Continuate a fare vacanze in Austria mi raccomando! https://www.repubblica.it/politica/2020/05/24/news/fase_2_e_turismo_polemica_sulla_decisione_dell_austria_di_non_apire_i_confini_con_l_italia_di_maio_si_torni_alla_normali-257520390/ 

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Ovviamente l’entusiasmo è alle stelle questa sarà la settimana decisiva, sistemeremo tutto e ci sarà la ripresa a V…

Andrea Mazzalai@icebergfinanza

Recovery fund, l’austriaco Selmayr anticipa la proposta della Commissione: “500 miliardi, per la maggior parte a titolo di sovvenzione” https://www.ilfattoquotidiano.it/2020/05/25/recovery-fund-laustriaco-selmayr-anticipa-la-proposta-della-commissione-500-miliardi-per-la-maggior-parte-a-titolo-di-sovvenzione/5813421/  di @fattoquotidiano

Recovery fund, l’austriaco Selmayr anticipa la proposta della Commissione: “500 miliardi, per la…

Un Recovery fund da 500 miliardi di euro, attivo fino al 2022, costituito per la maggior parte di sovvenzioni a fondo perduto, in aggiunta a un bilancio europeo da circa 1.000 miliardi. Sarebbero…

ilfattoquotidiano.it

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Un Recovery fund da 500 miliardi di euro attivo fino al 2022, costituito per la maggior parte di sovvenzioni a fondo perduto, in aggiunta a un bilancio europeo da circa 1.000 miliardi. Sarebbero queste le cifre della attesissima proposta che la Commissione Ue presenterà mercoledì, secondo quanto ha rivelato all’agenzia di stampa austriaca Martin Selmayr, ex braccio destro di Jean Claude Juncker, oggi rappresentante della Commissione in Austria. La cifra sarebbe identica a quella del piano messo sul tavolo nei giorni scorsi da Francia e Germania, in base al quale però gli aiuti andavano distribuiti totalmente a fondo perduto.

Selmayr invece afferma che la ripartizione tra prestiti e sovvenzioni non è ancora stabilita in via definitiva. L’ex potentissimo segretario generale della Commissione ha spiegato che “la grande maggioranza” dei fondi “saranno sussidi”, ma la percentuale di ripartizione non è ancora chiarita: il rapporto tra sovvenzioni e prestiti sarà di 60% o 70% a 40% o 30%. Questo aspetto è cruciale per l’Italia e gli altri Paesi che chiedono una prevalenza di aiuti a fondo perduto, mentre i quattro “frugali” tra cui la stessa Austria con Olanda, Danimarca e Svezia si oppongono

Infatti gli avvoltoi e gli sciacalli sono frugali, come frugale come sempre è la Commissione UE, il gioco delle tre carte funziona sempre a meraviglia, per fortuna oggi in Italia siamo in tanti a fare le pulci all’Europa, se fosse tutto in mano a PD, Italia Viva e M5S sarebbe finita domani.

A proposito, mentre gli ingenui e i fessi attendono il recovery fund o addirittura il MES che nessuno vuole, ultimo Cipro, si scopre che una banca centrale e le sue stamperie, sono il meglio che uno Stato sovrano può desiderare…

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“Bce, restituiti 32 miliardi di interessi dal 2015”
Quest’anno l’Eurotower girerà al Tesoro interessi per 10,7 miliardi di euro Vito Lops

“Oltre ad aver ridotto il tasso di mercato, gli acquisti di BTp da parte della Bce comporteranno a fine 2020 un risparmio netto di oltre 10 miliardi per le casse del Tesoro. Risparmio che supera i 30 miliardi se il conteggio parte dal 2015, anno in cui è stato lanciato (marzo) il quantitative easing.

La Bce, sulla quota di debito pubblico italiano che detiene (oggi poco più di 400 miliardi ma a fine 2020 dovrebbe superare i 600 miliardi) la componente interessi a carico del Tesoro svanisce. Questo accade perché le relative cedole vengono retrocesse dalla Banca d’Italia, che esegue gran parte degli acquisti per conto della Bce, al Tesoro a fine anno. «In buona sostanza, questo debito è come se non esistesse, né per gli effetti di stock né per quelli di flusso – spiega Andrea Delitala, head of investment advisory di Pictet -. Questa forma indiretta di monetizzazione del debito è attualmente un fenomeno globale ben più evidente negli Usa e in Giappone».

Quindi il vantaggio degli acquisti della Bce è almeno doppio. In primo luogo allontana la speculazione. In secondo sulla quota di debito detenuta gli interessi maturati vengono sostanzialmente restituiti al Tesoro (quindi difatti è come se quel debito fosse a costo zero). Sarebbe triplo qualora questa forma temporanea di monetizzazione del debito diventasse permanente attraverso, ad esempio, un costante reinvestimento dei titoli in scadenza.

Dal 2015 al 2019, l’anno in cui è partito il quantitative easing, a conti fatti la Banca d’Italia – che acquista circa il 90% dei titoli italiani per conto della Bce – ha retrocesso al Tesoro in totale interessi per oltre 23 miliardi. Pictet ha poi calcolato, tra questi, la retrocessione di interessi direttamente attribuibile agli acquisti effettuati tramite le operazioni di quantitative easing: in questo caso la quota di interessi che è uscita dalla porta e poi è rientrata dalla finestra a Via XX settembre ammonta a 11,7 miliardi. Questi numeri sono destinati a gonfiarsi in particolare in questo 2020, anno in cui l’emergenza pandemica ha reso ancor più robusto l’intervento della Bce. Stimando che la quota di debito pubblico italiano in mano alla banca centrale passerà da 403 a 628 miliardi, Pictet calcola un risparmio annuo per il Tesoro di 10,7 miliardi e complessivo dal 2015 di oltre 32 miliardi, 20,7 dei quali imputabili al Qe..”…….

Ora una persona sana di mente o almeno competente, si può essere competenti pur non essendo sani di mente, dicevo, una persona sana di mente capirebbe che non c’è alternativa a proseguire sulla strada tracciata dalle banche centrali, ma no, noi vogliamo discutere di MES e recovery fund, mentre il Paese muore.

Ieri su twitter ho spiegato per l’ennesima volta il perché il dollaro non ha alcuna possibilità di crollare, nonostante il record raggiunto ieri dalla Federal Reserve ormai vicina a 7 trilioni di dollari, settemila miliardi di espansione del proprio bilancio.

Non c’è solo la Fed che stampa, stampano tutti contemporaneamente come forsennati, stampano, stampano e ancora stampano…

Andrea Mazzalai@icebergfinanza

Japan seeks to end Tokyo’s state of emergency, eyes US$930b stimulus plan https://www.scmp.com/news/asia/east-asia/article/3085886/coronavirus-japan-seeks-end-tokyos-state-emergency-eyes-us930?utm_source=Twitter&utm_medium=share_widget&utm_campaign=3085886  di @scmpnews

Japan seeks to end Tokyo’s state of emergency, eyes US$930b stimulus plan

To support an economy on track for its deepest slump in post-war history, Japanese Prime Minister Shinzo Abe is mulling a fresh US$930 billion stimulus package.

scmp.com

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Quasi 1000 miliardi di dollari dal Giappone…

Andrea Mazzalai@icebergfinanza

European Central Bank is ready to step up bond purchases to combat the economic fallout from the coronavirus pandemic, minutes show https://www.wsj.com/articles/ecb-is-ready-to-expand-stimulus-program-minutes-show-11590153336  di @WSJ

ECB Is Ready to Expand Stimulus Program, Minutes Show

ECB Is Ready to Expand Stimulus Program, Minutes Show

European Central Bank officials are ready to step up bond purchases next month if they consider such a move necessary to combat the economic fallout from the coronavirus pandemic, according to the…

wsj.com

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Siamo intorno ai 1500 miliardi IPOTETICI di stimoli monetari e fiscali in Europa…

Andrea Mazzalai@icebergfinanza

China unveils US$500 billion virus stimulus but stops short of going all-in https://www.scmp.com/economy/china-economy/article/3085654/coronavirus-china-unveils-us500-billion-fiscal-stimulus?utm_source=Twitter&utm_medium=share_widget&utm_campaign=3085654  di @scmpnews

China unveils US$500 billion virus stimulus but stops short of going all-in

Premier Li Keqiang announced China will raise its budget fiscal deficit to record levels as part of a range of measures aimed at stemming the economic impact of the coronavirus.

scmp.com

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In Cina altri 500 miliardi ufficiali, non immagino quelli che vengono dati sottobanco…

Andrea Mazzalai@icebergfinanza

Complessivamente oltre 1500 miliardi di stimoli fiscali e monetari da parte della BCE e dell’Europa in attesa di novità in settimana… volete sapere perché il dollaro non crolla? 3/1

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Andrea Mazzalai@icebergfinanza

Il totale è di circa 9 trilioni di dollari, 4,4 trilioni di dollari a livello globale, e ulteriori prestiti del settore pubblico, garanzie e altre operazioni fiscali ammontano a altri 4,6 trilioni. Ma davvero vi state ancora chiedendo perché il dollaro non crolla? 4/1

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Al livello globale oltre 9.000 miliardi di dollari ma è mai possibile che gli incompetenti o gli ignoranti siedano solo al nostro ministero delle Finanze.

Per quale motivo non si continua ad emettere debito e quindi titoli di Stato in una situazione favorevole come quella attuale in Italia?

Chiudo infine per tutti coloro che non hanno ancora capito per quale motivo non ci sarà mai inflazione per tanti e tanti anni ancora, con un disegnino semplice semplice.

Immagine

Questa qui sopra è la velocità di circolazione della moneta, se la moneta non circola, ma circola solo nelle tasche degli psicopatici, se circola solo per ingrassare avidi banchieri e speculatori, se continua ad affluire unicamente dove c’è ricchezza e non dove serve nessuna possibilità di uscire da una deflazione da debiti, da questa crisi.

FlaShBloG Live Entertainment ©@FlaShBloGLive

Gli 8 paperoni Usa diventati ancora più ricchi con l’emergenza Covid-19 (e c’è anche un italiano) http://dlvr.it/RXJ2bd 

I paperoni Usa diventati ancora più ricchi con il coronavirus (e in classifica c’è anche un…

Lo studio

corriere.it

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CHIARO IL CONCETTO? Quindi niente inflazione e zero possibilità di uscita da questa deflazione da debiti se non cambia la dinamica, zero possibilità di un crollo del dollaro.

Buona consapevolezza, mentre loro vi stanno fottendo il futuro!

FONTE:https://icebergfinanza.finanza.com/2020/05/26/recovery-fund-la-trappola-delleuro/

 

 

 

ARTE MUSICA TEATRO CINEMA

Guardiani della Galassia 3: James Gunn ci aggiorna sulla data di uscita

James Gunn ha spiegato che prima ancora di dedicarsi al terzo capitolo della saga Marvel dovrà ultimare la lavorazione di The Suicide Squad.

– Ultimo aggiornamento: 27 Maggio 2020

Il regista James Gunn ha risposto al tweet dei cinema AMC specificando che l’uscita di Guardiani della Galassia Vol.3 non avverrà nel 2021

Fino a due settimane fa sembrava che Guardiani della Galassia Vol.3 sarebbe potuto arrivare nelle sale nel 2021 ma il regista James Gunn ha voluto spegnere l’entusiasmo generale, specificando che bisognerà aspettare un po’ di più per vedere sul grande schermo il terzo capitolo della saga. Attraverso un post su Twitter, i cinema AMC hanno invitato i loro followers a condividere la loro gif preferita dedicata proprio a Star Lord e compagni, ricordando il successo che il primo film dei Guardiani della Galassia ottenne nel 2014 e annunciando il ritorno di James Gunn e dell’intero cast nel 2021.

Lo stesso regista statunitense ha però preferito condividere il tweet in questione e rispondere che no, l’attesissimo terzo capitolo della saga ci metterà un po’ più di tempo ad arrivare nelle sale.

Grazie per l’amore, anche se non saremo nei cinema fino a poco dopo il 2021, a meno che non abbiano già girato senza di me.

James Gunn

@JamesGunn

Thanks for the love, @AMCTheatres ( although we won’t be in theaters until a little after 2021, unless they’ve been filming without me) https://twitter.com/amctheatres/status/1265387357320048642 

AMC Theatres

@AMCTheatres

GUARDIANS OF THE GALAXY was the highest grossing domestic film of 2014 with $333M. Writer/Director @JamesGunn and the entire cast will be back for Vol. 3 in 2021. Share your favorite @Guardians GIF!

Video incorporato

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Gunn ha poi ammesso che il film sarebbe dovuto arrivare nelle sale a maggio di quest’anno, al posto di Black Widow. Quando poi lui è stato rimosso dal ruolo di regista, il film è rimasto in stato di blocco per un periodo e questo ha portato ad un ritardo della produzione, a cui si è aggiunta poi l’emergenza Coronavirus e la chiusura dei cinema a livello globale. “Dio lavora in modi misteriosi” ha chiosato James Gunn su Twitter.

James Gunn

@JamesGunn

Original date for the release of Vol 3 was going to be May of this year – we would have been delayed because of coronavirus. God works in mysterious ways. https://twitter.com/kiefer_xj/status/1265413918115192833 

Fairly gay, fairly furry@Kiefer_XJ
In risposta a @JamesGunn

Also is it true the original date was going to be July of this year? (Before things happened) or was that a rumour.

139 utenti ne stanno parlando

Al momento, dunque, la prima data disponibile per l’uscita di Guardiani della Galassia Vol.3 sarebbe il 7 ottobre 2022. In ogni caso, Gunn ha più volte chiarito che dovrà prima ultimare i lavori per The Suicide Squad e poi si dedicherà al film Marvel.

FONTE:https://www.cinematographe.it/news/guardiani-della-galassia-3-james-gunn-data-uscita/

 

 

 

ATTUALITÀ SOCIETÀ COSTUME

INPS su bonus baby sitter 1.200€: perché è ancora impossibile richiederlo

La procedura per richiedere il bonus baby sitter sul sito dell’INPS è ferma al voucher da 600 euro.

INPS su bonus baby sitter 1.200€: perché è ancora impossibile richiederlo

È ancora impossibile richiedere il bonus baby sitter da 1.200 euro previsto dal Decreto Rilancio perché il sito non è stato aggiornato ed è fermo alla procedura per il voucher da 600 euro. A chiarire la questione è stata l’INPS, che ha anticipato lo slittamento del click day.

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Bonus baby sitter 1.200 euro: chiarimenti dell’INPS

C’è grande attesa per il bonus baby sitter, che con il DL Rilancio è passato da 600 a 1.200 euro. Tra le novità rispetto al bonus previsto dal Cura Italia, oltre al raddoppio dell’importo, anche la possibilità di usufruire dell’incentivo per pagare i centri estivi.

Il bonus da 1.200 euro è ufficiale dal 19 maggio, ma chi ha provato a fare domanda si è ritrovato con un nulla di fatto: l’unica opzione consentita sul sito dell’INPS è la richiesta per il bonus da 600 euro.

Perché? Quando arriva il bonus baby sitter 1.200 euro?

Impossibile richiedere nuovo bonus

Il problema, anche stavolta, è che la macchina burocratica dell’INPS non va di pari passo con gli interventi decisi dal Governo.

L’Istituto ha comunicato che sul portale non si può richiedere il bonus baby sitter da 1.200 euro in quanto il sito non è ancora aggiornato nonostante l’aggiornamento fosse inizialmente previsto per il 22 maggio.

La sezione relativa al voucher baby sitter sul sito dell’INPS riguarda quindi unicamente quello da 600 euro. Per il nuovo bisognerà aspettare ancora qualche giorno: stando alle anticipazioni, la data da cerchiare sul calendario è il 1 giugno. Prima di allora non sono previste novità.

FONTE:https://www.money.it/INPS-bonus-baby-sitter-1200-euro-perche-impossibile-richiedere

 

 

 

BELPAESE DA SALVARE

Nota vocale alla mafia

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Roberto Lipari

Oggi avremmo riempito le strade di #Palermo se fosse stato un normale #23Maggio. Per questo ho mandato la #NotaVocale alla #Mafia .
#RobertoLipari
Video & Editing Salvo Van

FONTE:https://www.facebook.com/andrea.repoli

 

 

 

CULTURA

Julian Jaynes, Il Crollo Della Mente Bicamerale E L’origine Della Coscienza

 

I libri che dovete assolutamente leggere per imparare… a leggere i libri!

I libri ci insegnano che per esprimere un giudizio bisogna confrontarsi con gli altri. Quali sono i testi base per un buon bagaglio culturale? Da Harold Bloom a Mario Vargas Llosa, da Alberto Arbasino a Oriana Fallaci, Garboli e Indro Montanelli. Ecco le opere di cui non possiamo fare a meno

Di seguito si riporta un estratto del libro “Book blogger” di Giulia Ciarapica.

Giulia Ciarapica, Book blogger. Scrivere di libri in Rete: come, dove, perché, Franco Cesati Editore, pp. 144, 12 euro.

Di improvvisazione non si muore, ma quando si tratta di libri e di letteratura, e soprattutto quando dobbiamo consigliare dei testi analizzandoli in modo critico, è sempre bene affidarsi al proprio bagaglio culturale, che si arricchirà col tempo e con l’esperienza. Approfondire, fare ricerca, studiare, leggere, infatti, sono i primi verbi dell’aspirante critico letterario; i ferri del mestiere, i libri da consultare quando ci si accinge ad analizzare un testo, sia esso un romanzo, un saggio o una raccolta di poesie o di racconti.

Ci sono dei testi base, libri di studio che diventeranno, col tempo, strumenti da riprendere in mano ogni volta si pensi a una recensione. Nel corso di questo capitolo daremo via via dei consigli di lettura; per farlo, sbirceremo nella nostra “libreria personale”, tra scelte libresche – testi di critica letteraria, romanzi, raccolte di poesie o di racconti – che rappresentano un percorso di studio individuale, parziale; e in continua evoluzione – altrimenti probabilmente non lo definiremmo “percorso” –, un cammino ancora lungo e denso di novità e di continue scoperte.

Un itinerario culturale in costante “addizione”, dunque: davanti a noi una grande libreria in cui abbiamo sistemato i titoli a cui siamo affezionati, su cui abbiamo studiato e che hanno contribuito alla nostra formazione, avendo cura di lasciare il giusto spazio per accogliere quelli che verranno, che ancora non conosciamo, e magari ci verranno consigliati; per esempio dai blogger letterari di cui ci fidiamo.

Infatti, anche la lettura di alcune recensioni può incuriosirci, “convincerci” ad aggiungere un libro al nostro scaffale, come a me è successo con Propizio è ove recarsi di Emmanuel Carrère (Adelphi), definito da Carlo Mazza Galanti (su Linus e minima&moralia) «non […] solo una raccolta di pezzi brillanti ma […] una frammentaria e preterintenzionale opera di poetica»; o con Perché lo diciamo noi (Piano B Editore), il saggio politico firmato dal linguista e teorico della comunicazione Noam Chomsky di cui Giulio Papadia ha scritto su Mangialibri.

Insomma, la lista dei titoli “imprescindibili” – o comunque importanti, per varie ragioni – cresce, si arricchisce (dopotutto, come si dice, non si smette mai di imparare e di studiare), ma rimane comunque e sempre personale, dettata dalla sensibilità individuale: è anch’essa in perenne evoluzione. Queste le premesse, dovute, ma adesso è tempo di tirare fuori dallo scaffale il primo libro da tenere sulla scrivania.

Per esprimere un’opinione o un giudizio, di qualunque tipo, è importante affinare lo spirito critico partendo dal confronto con gli altri, e i libri altro non sono che identità cartacee con cui avere uno scambio silenzioso di idee

Come si legge un libro e perché di Harold Bloom

Per imparare a scrivere occorre leggere, ma cosa significa “leggere” nel vero senso della parola e in tutte le sue sfaccettature? E perché è così essenziale? Per esprimere un’opinione o un giudizio, di qualunque tipo, è importante affinare lo spirito critico partendo dal confronto con gli altri, e i libri altro non sono che identità cartacee con cui avere uno scambio silenzioso di idee.

Lo scambio di idee prevede un percorso che porta, quasi sempre, a un cambiamento – di prospettiva o di valutazione. Ci si prepara all’incontro col diverso partendo da se stessi e affilando le armi intellettive. Appropriandoci di un pensiero di Sir Francis Bacon, ripreso più volte anche da Bloom, non si deve «leggere per contraddire o confutare, né per credere o dare per scontato, e nemmeno per trovare parole o discorsi, bensì per ponderare e riflettere».

Ogni libro è veicolo di novità e noi, liberi dalla tirannia del pregiudizio e della fretta, dobbiamo imparare a leggere per rafforzare il nostro essere. È ciò che insegna Harold Bloom in questa raccolta di brevi saggi divisa in sezioni, ognuna dedicata a un genere: racconti, poesie, romanzi (I e II), teatro. Leggendo Bloom ci si imbatte spesso nel nome di Shakespeare, a cui il più influente critico letterario anglosassone ha dedicato un intero volume (Shakespeare. L’invenzione dell’uomo).

Ebbene, fra Cervantes e Shakespeare – i due punti di riferimento di Bloom – l’autore tratteggia i profili, brevi ma puntuali, di grandi scrittori e intellettuali della storia internazionale (ČechovFlannery O’ConnorBorges, Calvino, Landolfi, per citarne alcuni); delinea la parabola della buona e bella scrittura, ed è dal suo resoconto, personale ma accademicamente e letterariamente oggettivo, che possiamo ricomporre un vasto mosaico culturale.

Un capitolo fondamentale della raccolta è dedicato ai racconti. Un genere poco frequentato, sia dallo scrittore che dal lettore, di cui grazie a Bloom riscopriamo la bellezza, l’essenzialità, attraverso le opere di Čechov e Turgenev, della O’Connor, di Nabokov, nel suo gioco di richiami letterari.

La malattia dell’infinito. La letteratura del Novecento di Pietro Citati

Contiene ritratti memorabili di Giorgio ManganelliCristina CampoTomasi di Lampedusa o Attilio Bertolucci, tutti “ammalati” del mestiere di scrivere, perché forse proprio di malattia si potrebbe parlare quando ci riferiamo a quel desiderio insaziabile, quando non diventa ossessivo, dell’infinito: un infinito popolato di ampie vedute, che valicano il confine umano, l’orizzonte imposto.

La grandezza di Citati – che si palesa ogni volta ne recuperiamo le opere per confrontare un testo contemporaneo con uno classico − sta nel riuscire a stupire il lettore con il suo sguardo innocente e al contempo malizioso, due occhi acuti e pungenti con cui tratteggia il profilo dei grandi intellettuali del Novecento; con una semplicità e una delicatezza tali da restituirci un’immagine di questi illustri scrittori quasi amichevole, quasi fossero compagni di vecchia data con cui bere un bicchiere ogni tanto.

Troviamo la medesima operazione anche in libri come Il tè del Cappellaio matto – magnifico il ritratto di Gozzano – o come Leopardi, biografia del recanatese. «La felicità di Leopardi ragazzo era fragilissima: un battito di ali, subito perduto» (p. 24), scrive Pietro Citati, svelando al lettore un Leopardi quasi inedito: il “Giacomo” che viene prima del poeta, un ragazzo alle prese con un’inquietudine umana nata tra le mura domestiche, a cui con il suo genio riuscirà a dare voce, raggiungendo vette altissime.

Racconta il Novecento. Modelli e storie della narrativa italiana del XX secolo di Walter Pedullà

Professore emerito de “La Sapienza” di Roma, Walter Pedullà è stato critico letterario dell’Avanti! (dal 1961 al 1993) e direttore dal 2001 delle riviste «L’illuminista» e «Caffè illustrato». «Che ne sarà del secolo appena finito? Come sarà considerato? Sarà il Novecento grande quanto l’abbiamo lasciato? Sarà un secolo come gli altri?» (p. 63), scrive nel suo originale itinerario attraverso la narrativa italiana del Novecento.

Da Bontempelli a Palazzeschi, da Fenoglio a Pasolini, da Malerba a Elsa Morante, Pedullà esplora la letteratura e la lingua italiane degli ultimi cento anni, e lo fa in modo innovativo, partendo dall’idea di “crisi permanente” (titolo dell’introduzione dell’opera): quella del verismo in narrativa e del simbolismo in poesia, del meccanicismo nella scienza e del positivismo in filosofia che caratterizzano l’inizio del secolo scorso.

Pedullà ci offre un quadro dettagliato della situazione storica e culturale dell’Italia degli anni Trenta. Oltre a un esaustivo elenco di autori che hanno esordito in quegli anni, il critico fotografa il problema della narrativa italiana in rapporto alla dittatura fascista

Qual è stata la migliore scuola di narrativa del Novecento, è forse quella espressionista? E che tipo di lingua è quella dell’espressionismo? Ciò che di Pedullà colpisce è anzitutto l’approccio allo studio della lingua e dello stile, in linea con l’analisi del momento storico in cui le opere si inseriscono. Prendiamo, ad esempio, il capitolo “Luci ed ombre del decennio nero”, con le relative appendici (sesta e settima) su Landolfi e Brancati: prima di addentrarsi nei meandri della scrittura del primo − «che non si fa scrupolo di mettere tutto al proprio servizio di scrittore che non sa chi è veramente» (p. 371) − e del secondo − «Brancati prende tutti questi materiali e li butta nel pentolone in cui bolle la vita come è veramente.

È una realtà tremenda, laida e maleodorante […]» (p. 376) −, Pedullà ci offre un quadro dettagliato della situazione storica e culturale dell’Italia degli anni Trenta. Oltre a un esaustivo elenco di autori – e relative opere – che hanno esordito in quegli anni (MoraviaAlvaroGaddaZavattiniBuzzati, e altri a seguire), il critico fotografa il problema della narrativa italiana in rapporto alla dittatura fascista. Si chiede quanto l’autocensura della narrativa sia stata una via di fuga dalla realtà o, invece, un vero e proprio sintomo di repulsione. «Si scappa dalla realtà con la lingua di Vittorini e con il pensiero di Brancati, oltre che con la fantasia di Landolfi» (p. 359), ma avverte: «Si fa politica anche con la narrativa che ne è priva» (ibid.).

La forma e la vita: il romanzo del Novecento di Giorgio Bàrberi Squarotti

È un libro nel quale il critico e saggista mette in atto un’operazione atipica, quantomeno nelle intenzioni; non mancano le linee guida della storia letteraria del Novecento, ma la particolarità del testo di Bàrberi Squarotti sta nel non presentarsi come un “catalogo” di autori e opere da consultare ogni tanto, semmai come una selezione personale di «voci e testi che hanno fatto di vita e letteratura quel connubio indissolubile che tende alla “totalità”» (p. 6).

Il giardino delle Esperidi di Giuseppe Pontiggia

Veniamo quindi a un milanese d’azione scomparso, proprio nella sua città, nel 2003, e che, fra le altre cose, prese parte (dal 1956) alla redazione del «Verri», rivista di avanguardia diretta da Anceschi, in cui venne pubblicato per la prima volta nel ’59 il suo romanzo (più sedici racconti) La morte in banca.

Nella raccolta di saggi Il giardino delle Esperidi Pontiggia dà voce, forma, colore e calore ai suoi autori più cari – tra i quali Baudelaire, Gozzano, Pessoa, Gadda – e lo fa destreggiandosi sapientemente tra le storie di Nero Wolfe, i versi sorprendenti e “rovesciati” di Palazzeschi, fino a risalire alla tematica tragica della guerra civile nella Farsaglia di Lucano, opera ostica nella sua conclamata bellezza.

La verità delle menzogne di Mario Vargas Llosa

Leggiamo, analizziamo, svisceriamo romanzi, racconti, testi teatrali e poesie, ma ci siamo mai chiesti in che misura siano sinceri? I romanzi, la letteratura, mentono o sono piuttosto lo specchio della verità? A tal proposito, un punto di vista interessante e condivisibile è quello di Mario Vargas Llosa.

Nella sua Verità delle menzogne lo scrittore sostiene che tutti i romanzi mentono, ma solo nella misura in cui raccontano una verità che è possibile manifestare attraverso l’occultamento e la dissimulazione: «Gli uomini non sono contenti del loro destino e quasi tutti […] vorrebbero una vita diversa da quella che vivono. Per placare – fallacemente – questo appetito sono nate le finzioni.

Le si scrive e le si legge affinché gli esseri umani abbiano vite che non si rassegnano a non avere» (p. 8). Partendo da questa premessa generale, Vargas Llosa sintetizza l’evoluzione della narrativa contemporanea, offrendo uno strumento utile per ricostruire il retroscena di alcuni tipi di scrittura, spingendosi a fotografare l’uomo che si nasconde (a volte neanche troppo) dietro lo scrittore.

Leggiamo, analizziamo, svisceriamo romanzi, racconti, testi teatrali e poesie, ma ci siamo mai chiesti in che misura siano sinceri? I romanzi, la letteratura, mentono o sono piuttosto lo specchio della verità?

Ritratti italiani di Alberto Arbasino

Uno degli aspetti più interessanti quando ci si affida a un critico letterario è farsi trascinare dalla sua capacità di insinuarsi fra le pieghe dei pensieri dello scrittore, visto prima di tutto come uomo, oltre che come autore; i ritratti di cui abbiamo parlato finora ne sono un chiaro esempio.

Si inseriscono in questa atmosfera i ritratti presenti in questo testo di Arbasino: il critico si diverte qui a tratteggiare i profili letterari, cinematografici, intellettuali di alcuni illustri suoi contemporanei, in molti casi veri e propri amici: Mario Soldati, Luchino Visconti, Sofia Loren, Fellini, Pasolini, Parise, Testori, Berio, e molti altri. Raccolta, questa, che potremmo definire “lussuosa”, tanta è la ricercatezza stilistica che ha contribuito, senza dubbio, alla grandezza di Arbasino.

La stanza separata di Cesare Garboli

È un libro che ci riporta nel cuore dei miti del Novecento, riunendo opere grandi e minori, riuscite o meno, in una raccolta di saggi e articoli scritti in momenti diversi. «Fra le tante, spicca nella Stanza separata una dote che oserei definire suprema: la capacità di cogliere, d’istinto, la distanza giusta tra sé e il libro, in modo che questo, rispetto all’atto che lo svela, stia né troppo vicino, né troppo lontano dall’interprete», scrive Giuseppe Leonelli nella prefazione (p. 18).

Ed è forse uno degli insegnamenti più importanti per un aspirante critico letterario: riuscire a mantenere salda la propria personalità, osservando con il giusto distacco la materia letteraria, addentrandosi quel tanto che basta per analizzarla in profondità, soppesando tutti gli elementi che il testo e l’autore offrono. Potremmo aggiungere alla lista di testi di studio anche:

Letteratura e salti mortali di Raffele La Capria, che aiuta il lettore e potenziale critico a indagare la natura di quella materia vasta, misteriosa e splendida che è la letteratura – oltre a tentare di coglierne l’urgenza, la necessità che lega l’uomo ad essa; i saggi di Giacomo Debenedetti, sotto la cui penna sono passati opere e autori di ogni tempo e nazione: da Svevo a Proust, dall’Alfieri a Saba.

Nel caso volessimo tentare una recensione “doppia” romanzo/ film, potremmo consultare Cinema e letteratura di Giacomo Manzoli. Questo prezioso li bretto offre elementi utili al confronto, con interessanti inserti sulla storia del cinema arricchiti da esempi illustri (a scrittori minori ma di enorme successo per l’epoca, come Carolina Invernizio, si affiancano i più prestigiosi Gozzano, Pirandello e soprattutto D’Annunzio).

Per un attento studio del genere poliziesco che, insieme al giallo classico, al noir e al thriller, sta spopolando in termini di vendite e di interesse editoriale, potremmo invece affidarci alle teorie filosofico sociologiche di Il romanzo poliziesco di Siegfried Kracauer. Nel suo saggio l’autore tedesco, naturalizzato statunitense, ha individuato le cause – e gli sviluppi, nel tempo e nei vari Paesi – del successo del poliziesco: psicologia del criminale e del detective, chi è colui che indaga, che ruolo sociale ha, come si rapporta alle vittime e ai carnefici; e ancora, il processo, la scelta dell’ambientazione, il focus sull’immancabile hall d’albergo e il percorso che dal caos riporta all’ordine. Infine non possono mancare due colossi del giornalismo italiano: Indro Montanelli e Oriana Fallaci.

Con lo spirito battagliero che l’ha sempre contraddistinta, Oriana Fallaci ha messo a nudo un imprendibile Federico Fellini, una sorniona Ingrid Bergman, un’autentica e verace Anna Magnani, e poi Gianni Rivera, Catherine Spaak, Nilde Iotti, e via fino a Menotti

Gli antipatici di Oriana Fallaci

È una raccolta di diciotto interviste a personaggi del mondo dello spettacolo, pubblicata per la prima volta nel 1963, da cui si possono trarre parecchi spunti. «Ovunque si parla di loro, ovunque si discute di loro, delle loro gesta, dei loro amori, delle loro corride, delle loro poesie, dei loro gol, della loro musica, dei loro comizi, dei loro film, dei loro miliardi, della loro miseria, e la loro celebrità così vasta, così rumorosa, così esasperante che ci ossessiona, ci tormenta, ci soffoca al punto di farci esclamare “Dio che rompiscatole! Dio che antipatico!”» (p. 5).

Con lo spirito battagliero che l’ha sempre contraddistinta, Oriana Fallaci ha messo a nudo un imprendibile Federico Fellini, una sorniona Ingrid Bergman, un’autentica e verace Anna Magnani, e poi Gianni Rivera, Catherine Spaak, Nilde Iotti, e via fino a Menotti. Sono interviste scottanti, spesso scomode, le domande taglienti, insistenti, il ritmo incalzante. Faccia a faccia implacabili, sottili, ironici e pungenti, con una giornalista a cui non sarebbe sfuggita neppure la più impercettibile smorfia delle labbra.

Ritratti di Indro Montanelli

Ai fini del nostro percorso può essere utile tenere a portata di lettura questa galleria di grandi personaggi della Storia e della letteratura di tutti i tempi. Si parte dalla lontana Roma di Silla e di Giulio Cesare, passando per Dante, Cosimo de’ Medici e Niccolò Machiavelli, fino ad arrivare a Carlo Goldoni, Crispi, Giolitti, De Gasperi, Enrico Mattei.

Un totale di quaranta ritratti, istantanee capaci di cogliere elementi, dettagli e curiosità che hanno reso grandi questi uomini e queste donne: dalla freddezza di Isabella Gonzaga come madre, dalla sensualità di ghiaccio con cui ammaliava gli uomini alla passionalità di Masaniello, figlio della strada, senza istruzione, vissuto di «patacche e furtarelli» (p. 167).

Ciò che definisce – ognuno a suo modo e in misura diversa – l’identità di Montanelli e della Fallaci è senza dubbio la semplicità, di stile e di scrittura, nonché la chiarezza di intenti e di contenuti che consente loro di arrivare a tutti, al pubblico più ampio e variegato possibile. Che si scriva su un quotidiano, su un blog o su un qualsiasi altro mezzo di comunicazione di massa, questo aspetto viene prima di tutto: non parliamo o scriviamo rivolgendoci a un ristretto gruppo di persone o di esperti del settore, ma guardando a un lettore/pubblico potenzialmente vasto e dalle caratteristiche e competenze diversissime, che deve poter essere messo in condizione di apprezzare le qualità di un’opera d’arte, di un libro, di un film, da chi lo recensisce.

FONTE:https://www.linkiesta.it/2018/05/i-libri-che-dovete-assolutamente-leggere-per-imparare-a-leggere-i-libr/

 

 

 

FCA: via libera di Intesa Sanpaolo al prestito garantito dallo Stato

Dopo le tante polemiche, dal Cda di Intesa Sanpaolo è arrivato il via libera al prestito per FCA Italy garantito all’80% dalla Sace.

Via libera al prestito della discordia per Fiat Chrysler. Il Consiglio di amministrazione di Intesa Sanpaolo ha approvato il più sostanzioso prestito garantito dallo Stato a un gruppo industriale.

In particolare, dal massimo organo di Intesa Sanpaolo è arrivata l’approvazione al finanziamento da 6,3 miliardi a FCA Italy garantito all’80% da Sace.

Prestito FCA: necessari altri due passaggi

Dopo le tante polemiche innescate dal fatto che la sede legale del gruppo FCA è fissata ad Amsterdam e quella fiscale a Londra, dal Cda di Intesa Sanpaolo, anche in considerazione del ruolo fondamentale della filiera italiana dell’automotive, ha concesso il via libera al prestito per FCA Italy garantito all’80% dalla Sace.

Dopo l’ok al prestito da parte del Cda dell’istituto guidato da Carlo Messina, sono ora necessarie, come previsto dal Decreto Liquidità, altre due fasi:

  • l’approvazione della garanzia pubblica da parte della Sace (perché la richiesta di finanziamento arriva da un’azienda con fatturato maggiore o uguale a 1,5 miliardi o con numero di dipendenti in Italia superiore o uguale a 5 mila);
  • l’approvazione da parte del Ministero dell’economia .

Prestito FCA: liquidità per la filiera italiana

FCA ha reso noto che utilizzerà la liquidità in arrivo dal prestito garantito per le retribuzioni dei dipendenti, garantire i pagamenti ai fornitori e mettere in sicurezza la realizzazione degli investimenti.

Il prestito, che sarà restituito da FCA entro tre anni, ha fatto sapere la casa automobilistica, “è destinato esclusivamente alle attività italiane e al sostegno della filiera automotive in Italia, composta da circa 10 mila piccole e medie imprese”.

Si tratta di un’operazione, ha detto qualche giorno fa John Elkann, “disegnata per aiutare l’intero settore auto in Italia, serve a garantire liquidità in questo periodo”.

FONTE:https://www.money.it/fca-prestito-stato

 

 

 

 

LUFTHANSA: COME ELUDERE IL FISCO, PRENDERE I SOLDI PUBBLICI, E VIVERE FELICI

 

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Un interessante spunto ci è stato fornito dal quotidiano tedesco SZ. Lufthansa, come quasi tutte le compagnie aeree del mondo riceve e riceverà dei consistenti aiuti di stato, circa 9 miliardi di euro, che si tradurranno in una partecipazione “Silente” cioè senza esercizio del diritto di voto, da parte dello stato tedesco. Il governo federale ha posto come condizione che però fossero resi trasparenti i flussi transfrontalieri nel gruppo, attraverso quello che viene chiamato tecnicamente “Rapporto paese per paese”. Tali informazioni possono essere utilizzate per determinare se un gruppo stia spostando i profitti in paradisi fiscali a spese delle autorità fiscali tedesche, ma qui non si può parlare di reale trasparenza. Secondo il Ministero delle finanze, solo il Fondo di stabilizzazione economica del governo ha accesso a queste informazioni, ma non direttamente tutta la pubblica amministrazione, fisco incluso.
Tecnicamente Lufthansa dovrebbe  già presentare una documentazione del genere al fisco, ma solitamente si è limitata ad una documentazione che comporta ed interessa le sue sedi secondarie sospette (Come quelle in alcuni paesi caraibici ed a Panama), o in alcuni paradisi fiscali europei.  senza però andare in profondità. Vodafone, per fare un nome, è molto più trasparente e comunica tutti i flussi finanziari internazionali. Inoltre il ministro delle finanze Altmeier ha bloccato il progetto per la trasparenza fiscale all’interno della UE per cui nessun paese europeo saprà mai se quello che paga Lufthansa nei propri è corretto ed in linea con la propria legislazione.

Quindi, nonostante tutto, i flussi di Lufthansa restano in gran parte segreti e riservati, compiendo la stranezza di una società a partecipazione pubblica non trasparente. Non un bel risultato, ma perfettamente in linea con un paese la cui ricchezza nascosta offshore era nel 2016 pari a 321 miliardi di euro….

FONTE:https://scenarieconomici.it/lufthansa-come-eludere-il-fisco-prendere-i-soldi-pubblici-e-vivere-felici/?utm_medium=push&utm_source=onesignal

 

 

 

500 MILIARDI DI FUMO NEGLI OCCHI

Spiegato bene…

500 miliardi! Il Recovery Fund, deliberato fra Merkel e Macron, non è uno “sforzo colossale”, come ha detto la Cancelliera? I violinisti di regime e gli speranzosi collabò  al potere hanno parlato di cambiamento totale tedesco verso la UE, l’adesione alla mutualizzazione dei debiti nazionali, un “momento Hamilton”, quando  nel 1790 appunto il segretario al Tesoro di George Washington, Alexander Hamilton, genio politico e monetario, accollò al governo centrale i debiti pubblici degli Stati (allora erano 13) con ciò trasformando una lasca confederazione in Federazione stretta e saldamente centralizzata.  Unificazione tramite tassazione … Adesso, giganti dello spirito di pari levatura, Merkel e Macron hanno  posto le basi degli Stati Uniti d’Europa – Certo, con lo “sforzo colossale” dei tedeschi, tutti con l’ernia.  Tant’è vero che i “frugali” dicono che no, non possono regalare  tanti dei loro miliardi all’Italia, devono essere non elargizioni a fondo perso ma crediti da restituire, e solo a chi fa le riforme.

Laurent Herblay, un commentatore economico francese, ha messo in prospettiva la colossalità del Fondo di Rilancio, o Recovery Fund.

500 miliardi fanno impressione Ma il prodotto interno lordo della UE  essendo (prima del Covid) avviato verso i 15 mila miliardi di euro annui, il fondo di rilancio proposto rappresenta solo il 3% del PIL; ed oggi ci sono paesi che in queste stesse settimane, per rilanciare le loro economia dopo il Covid, mettono sul tavolo il 10 e il 20 per cento del loro PIL. Ma c’è di peggio. Il Recovery Fund è proposto come un complemento al bilancio di previsione UE 2021-2027: sul periodo di sette anni, il titanico Fondo rappresenta appena lo 0,5% del PIL europeo ogni anno.

Si confronti questa misera briciola che i 995 miliardi di aiuti pubblici che la Germania, da sola, ha impegnato per la sua ripresa. Aiuti pubblici ovviamente consentiti da Bruxelles. La quota parte tedesca di partecipazione al fantomatico Recovery Fund è – o sarebbe – di 135 miliardi, il 13% del suo proprio piano esclusivo per il 2020. La stessa Francia, per sé, ha impegnato per il 2020 circa 400 miliardi in aiuti pubblici per contrastare la crisi.

E si tenga conto che di quei 135 miliardi che la Germania con immenso sforzo darà al Fondo, le verranno restituiti in gran parte dal Fondo come “aiuto” alle sue aree sottosviluppate. L’Italia dovrà metterci oltre 60 mliardi (presi a prestito) e può sperare che il Fondo le dia in aiuti 60 .

Persino Margrete Vestager, la commissaria UE alla concorrenza, s’è accorta che l’immane Fondo non cambierà lo scarto enorme fra i paesi sotto euro – divergenza mostruosa che stanno provocando gli aiuti di stato dei paesi che “possono” rispetto a queli che non possono; anzi aumentano la frammentazione della zona euro e quindi turbano la sacra concorrenza che lei sarebbe chiamata a garantire. Un piano di slealtà e di finzione per la propaganda? O una falsa offerta per dare la scusa al governo collabò italiano di sottostare alle condizionalità prescritte da Berlino e dai frugali, “perché quelli ci stanno dando i soldi loro. A tassi bassissimi”, come ripetono i complici mediatici.

Del resto, a febbraio, prima della mega-crisi, già i 27 non erano arrivati a mettersi d’accordo sul bilancio 2021-27 pre-Covid, e molti paesi – per prima la Germana –  hanno reclamato un taglio della propria contribuzione.  Anche se davvero il fondo fosse di 500 miliardi, questi sarebbero rosicati dai tagli che i forti otterrebbero su altre voci del bilancio UE: cosa già avvenuta in passato.

I “frugali” otterranno di limare l’entità, e i 500 miliardi (una briciola per 27 paesi) diverranno meno. Ci sono contributori netti: Germania ma anche Francia, la quale verserà (-rebbe) nel Fondo sui 100 miliardi, e ne otterrà un’ottantina. L’Italia sarà fortunata se otterrà in aiuti quel che ha dovuto versare al Titanico Sforzo.

Ed anche la Francia, dice Laurent Herblay, deve temere quello che Macron con Merkel ha firmato in questo progetto, ossia che gli aiuti che il Fondo ci darà (a credito) saranno condizioni a “politiche economiche sane e a un programma ambizioso di riforme” : è una tradizione UE che gli “aiuti europei” versati effettivamente sono il preludio ad austerità sempre più violente.

E veniamo al “Momento Hamilton”. Lo Sforzo Titanico salutato dai violinisti mediatici come alba di una finaza comune europea con la messa in comune dei debiti.

Anche se il Fondo fosse attuato nella misura ( miseramente insufficiente) promessa, esso sarebbe il 4% dell’insieme dei debiti pubblici dei paesi, che dunque per il 96% resta a loro carico.

Per fare gli Stati Uniti d’Europa occorrerebbe mettere in comune il 60% dei debiti nazionali, immaginò l’Istituto Bruegel (il think-tank più europeista su piazza) nel 2011; senza provare nemmeno non dico a risolvere, ma a riconoscere il piccolo problema: una volta attuata l’emissione comune dei debiti, gli speculatori sarebbero corsi ad accaparrarsene i titoli UE, che avrebbero un rating altissimo, e chiederebbero invece tassi molto più alti per comprare il debito restante dei paesi poveri, Italia e Spagna e Portogallo e Grecia, aumentandone il peso sulle finanze pubbliche nazionali. Si chiama “fuga verso la qualità” nel gergo degli investitori, ma non si può pretendere che i think tank europeisti se ne preoccupino.

Anche Herblay rileva che il Fondo di Rilancio, se poi sarà realizzato e il governo collaborazionista italiano ne accetta gli “aiuti” (pari a zero di fatto), avrà per effetto di rendere più difficile o impossibile l’uscita dall’euro. E dovrà accettare una ancor più stretta sorveglianza e voce in capito della Germania e dei frugali sui nostri bilanci.

L’esperienza della Grecia mostra che quella voce in capitolo non si ferma davanti a nessun senso di umanità. Mario Draghi – perché era lui alla testa della BCE – quando lanciò il Quantitative Easing (la “stampa” a manetta per salvare l’euro), “sadicamente escluse la Grecia che ne aveva necessità vitale in quel momento” – Draghi arrivò a lasciarne a secco i bancomat, il limite di prelievo dovette essere ridotto a 60 euro  – “Il piano era effettivamente di mettere la Grecia in ginocchio prima di luglio (le elezioni) onde obbligarla ad accettare la Troika”, ricorda Sébastien Cochard.  Secondo lui la Lagarde sotto tutela tedesca non avrà più scrupoli ad usare il metodo che il sadico Draghi usò per Atene, verso Roma. Tanto più, dice, che la Francia ha sempre operato per scongiurare l’uscita dell’Italia dall’euro, e Macron più di prima. Oggi per l’Italia col suo governo collabò e quelli che vogliono restare nell’euro anche nell’opposizione addomesticata (Berlusconi & Badanti, ma anche sezioni della Lega), che premono per avere i “doni” del Recoveery Fund, paradossalmente la sola speranza sono i frugali. Che si oppongano e riducano la cifra al punto da renderla insignificante anche per la propaganda dei traditori. Non si dimentichi che il piano MErkel-Macron dovrà essere approvato all’unanimità dai 27 membri. Gualtieri infatti dirà sì, sì, si! Grazie dello sforzo sovrumano! Basta che Kurz dica no. Ma lo dirà?

Herblay infatti conclude: alla Merkel è conveniente il Fondo. Le somme che spenderà sono, si è visto, molto limitate e collegate a condizionalità di ferro, che diverranno d’acciaio nei negoziati a 27, per accontentare i “frugali”. In cambio, la Cancelliera “riesce ad assicurare una forma di status quo europeo evitando una crisi terminale della UE che la situazione italiana rende possibile. Ai paesi del Sud, dà quella illusione che serve ai governi collaborazionisti (Spagna, Italia eccetera) che sono assediati di critiche per la loro gestione della crisi  dall’elettorato – il quale non è però ancora fondamentalmente ostile alla UE. Con ciò, ella riuscirà probabilmente a conservare i vantaggi della Germania in questa costruzione così disfunzionale, contro qualche miliardo, che non fa vacillare il bilancio complessivamente positivo di Berlino”.

“Ci si può anzi domandare – dice Herblay – se la Germania non giochi in modo molto raffinato la carta europea a proprio favore, in un gioco diplomatico dove Merkel fa il “poliziotto buono” e la corte di Karlsruhe – che pone limiti alla illimitata “stampa” da parte della BCE, definita ultra vires – il “cattivo”.   A fine aprile Berlino appariva chiusa nella parte del cattivo che abbandona i paesi del Sud alla loro sorte infelice, al punto da spingere veramente gli italiani alla rottura. Tre settimane dopo la doccia fredda i Karlsruhe, il tepore del Piano di Rilancio riequilibra la posizione della Germania. Certo, essa apre ad un bilancio europeo in rialzo, mentre solo a febbraio voleva abbassarlo; ma il costo addizionale è limitato, ed è ben compensato dal fatto che, placando la tensione sui mercati, essa limiterà il bisogno di azione della BCE e potra ottenere qualunque contropartita favorevole per la Germania. Sono dieci anni che l’artiglio di ferro tedesco trae profitto dalla mano di velluta di Merkel….

La metafora del “poliziotto buono poliziotto cattivo” ricorre in tanti comentatori, da Liturri essenziale da leggere, A Munchau a Cochard fino ad Ashoka Modi, con qualche variante sulla persona che fa la parte del cattivo. Solo il pollo è sempre lo stesso: gli italiani. Con questo governo illegittimo, e tuttavia solidissimo.

Eppure, dice Cochard, “ciò che avviene davanti ai nostri occhi è illuminante. La UE affronta il peggior collazzo economico mai visto in tempi di pace, e sa proporre soltanto qualcosa di inutile come  questa proposta franco—germanica; e pure questa verrà bloccata”:

Naturalmente la dirigenza tedesca, con questa furbizia, non fa che acclerare il collasso finale, perché non ha la minima idea delle dimensioni titanico del disastro da deflazione che si profila nel mondo e pensa di tornare presto a esportare i milioni di BMW e VW. Eppure basta leggere Mazzalai:

…. la Hertz, la multinazionale dell’autonoleggio è appena fallita e ” il suo fallimento avrà ripercussioni anche sui produttori di auto: lo scorso anno da sola ha acquistato circa un milione e settecento mila autovetture pari al 10 % dell’intera produzione nazionale, aggiungetevi pure AVIS e avrete una risposta alle dinamiche future dell’intero settore. Immaginatevi cosa accadrà al mercato dell’usato quando queste autovetture raggiungeranno il mercato”.

FONTE:https://www.maurizioblondet.it/500-miliardi-di-fumo-negli-occhi/

 

 

 

FINANZA BANCHE ASSICURAZIONI

DEFLAZIONE DA DEBITI: FALLIMENTI E RISTRUTTURAZIONI DI MASSA!

Scritto il  alle 08:11 da icebergfinanza

Prima di iniziare vorrei fare un passo indietro visto che in molti hanno la memoria corta e soprattutto molta difficoltà a comprendere il vero significato di una deflazione da debiti…

Ma veniamo quindi alle possibili soluzioni nascoste tra le pieghe della storia e dell’analisi empirica.

Incominciamo per prima dall’analisi empirica e precisamente da uno studio uscito qualche anno fa ad opera della McKinsey dal titolo  “Debt and deleveraging: The global credit bubble and its economic consequences”, il quale analizza 45 episodi storici di deleveraging accaduti in alcuni settori delle 10 principali economie occidentali e 4 relative ai Paesi emergenti.

Il risultato è che in 23 episodi la crisi si risolse con una crescita futura del debito inferiore a quella del Pil, attraverso un calo del debito in termini nominali, in 12 episodi vi fu un aumento nominale della crescita attraverso la creazione di inflazione, la quale riduce il rapporto debito/crescita economica, in 7 episodi la contrazione del debito avvenne ad opera di fallimenti generalizzati pubblici e privati e solo in tre casi l’economia mostrò un livello di crescita in grado di far diminuire il rapporto debito/PIL.

Purtroppo, al momento attuale l’evidenza sembra far propendere tutto verso la terza ipotesi, ovvero la contrazione del debito attraverso fallimenti generalizzati o ristrutturazione del debito.

Soprattutto privato anche se quello pubblico non scherza!

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Questo articolo è fondamentale per comprendere l’impressionante correlazione di alcuni settori e gli effetti a catena che assomigliano più ad una serie di esplosioni simultanee lungo tutta la filiere e l’indotto di ogni singolo settore.

Era il 3 ottobre 2014, tempi non certo sospetti…

Risultati immagini per quattro opzioni deflazione da debiti

Nel fine settimana un clamoroso annuncio da New York…

Tg3

@Tg3web

La Hertz, il colosso mondiale dell’autonoleggio, ha dichiarato bancarotta. Per ora la richiesta di fallimento riguarda solo Stati Uniti e Canada. Un’altra vittima illustre del covid-19, che ha devastato il settore dei viaggi e del turismo.

Video incorporato

Visualizza altri Tweet di Tg3

20 dollari il valore di Hertz poco prima della tempesta perfetta COVID 19, 11 dollari il suo valore a fine agosto 2019.

Stiamo parlando della maggiore catena di autonoleggio mondiale, finita a 3 dollari venerdì annuncia bancarotta in America e Canada con 1 miliardo in cassa e quasi 19 miliardi di debiti, ripeto DICIANNOVE MILIARDI di debiti.

Si tratta di una leggenda fondata 102 anni fa, disintegrata da soli DUE MESI di inattività.

Davvero credete che bastino 2 mesi per affondare una simile società o forse il livello del debito era già prima tale da non permettere alcuna illusione?

Molte società di consulenza per la ristrutturazione del debito sono al lavoro in America, grandi aziende stanno cercando di fare delle proiezioni sui flussi di cassa, per vedere semplicemente come possono cavarsela i prossimi mesi.

Le aziende che dipendono dalla spesa dei consumatori sono particolarmente preoccupate. I consulenti per la ristrutturazione si aspettano che i rivenditori possano avere ulteriori problemi man mano che le persone riducono gli acquisti. Le compagnie energetiche, che hanno accumulato debito nell’ultimo decennio, sono sull’orlo del fallimento, nonostante il rimbalzo del petrolio, albergatori, compagnie di crociera, ristoranti, sponsor di eventi e istituti di credito ipotecario sono tra quelli improvvisamente in grossa difficoltà e la disoccupazione sale.

Per chi crede che il numero di disoccupati abbia raggiunto un picco o è un povero illuso o semplicemente vive nel paese delle meraviglie.

La Fed ha temporaneamente salvato il gigante delle crociere Carnival, con prestiti gratuiti, ma se non acquista crociere, se non compra i biglietti, Carnival fallirà tra qualche mese.

The Wall Street Journal

@WSJ

The previously unreported tale of Carnival’s rescue shows how effective the Fed has been in turning the debt spigot back on for large corporations https://on.wsj.com/2KED8DO 

How Fed Intervention Saved Carnival

WSJ News Exclusive | How Fed Intervention Saved Carnival

The cruise line asked hedge funds for cash before central-bank intervention reopened bond markets.

wsj.com

50 utenti ne stanno parlando

The Wolf Of All Streets

@scottmelker

Too big to fail, right?https://www.bloomberg.com/news/articles/2020-05-19/america-s-zombie-companies-are-multiplying-and-fueling-new-risks?sref=EeBCPoEJ 

America’s Zombie Companies Are Multiplying and Fueling New Risks

As the Federal Reserve pulls out all the stops to bolster credit markets, corporate America is gorging on debt.

bloomberg.com

20 utenti ne stanno parlando

Mentre la Federal Reserve fa di tutto per rafforzare i mercati del credito, le società americane si stanno riempiendo di debiti.

Da Carnival Corp. , Marriott International Inc. e Delta Air Lines Inc. a Gap Inc. e Avis Budget Group Inc. , molte delle società più colpite dall’epidemia di coronavirus hanno valutato miliardi di dollari di obbligazioni e prestiti nelle ultime settimane.

Non importa che i profitti siano stati spazzati via e che le loro operazioni commerciali non siano praticabili in questo momento o probabilmente in qualunque momento presto. Finché sono sostenuti dalla Fed, gli investitori sono disposti a prestare.

Tuttavia, poiché le aspettative di una ripresa economica a forma di V svaniscono rapidamente, sempre più veterani del settore stanno iniziando a esprimere preoccupazione per queste dinamiche del debito. Alcuni avvertono che la Fed sta mettendo i mercati del credito sulla buona strada per una futura ondata di insolvenze che rende il confronto attuale tra i fallimenti delle imprese timidi.

Una ristrutturazione può avvenire in trattative extragiudiziali. Ma quando i debiti di un’azienda sono complessi o le parti iniziano a discutere su chi sarà pagato per primo, la società può chiedere protezione in tribunale fallimentare, dove tutti i debiti vengono rinegoziati sotto la sorveglianza di un giudice. In caso di fallimento, la società cercherebbe anche nuovi finanziamenti e un nuovo inizio.

Il bello è che le corporation per le ristrutturazioni preferiscono lavorare con le banche piuttosto che cercare un prestito pubblico, soprattutto se ciò significa rinunciare alla possibilità di riacquistare azioni o gestire le restrizioni su come utilizzare il denaro.

I fallimenti delle imprese sono inevitabili nell’attuale crisi, soprattutto perché ci sono 6 trilioni di dollari nel debito delle società statunitensi che rimane in sospeso quasi ai livelli record. Particolarmente vulnerabili sono i 760 miliardi di dollari in obbligazioni spazzatura emesse da società americane di cui 178 miliardi in scadenza nei prossimi 12 mesi, secondo Dealogic.

Moody’s, prevede che il tasso di insolvenza sulle obbligazioni societarie spazzatura raggiungerà il 10% all’inizio del prossimo anno e il caso peggiore potrebbe arrivare al 21%. Nel 2009, un anno dopo l’ultima crisi finanziaria, il tasso di inadempienza sulle obbligazioni spazzatura ha raggiunto il 13%, con 13.439 richieste di fallimento del capitolo 11, che si occupano di riorganizzazioni societarie.

Le inadempienze eserciteranno pressioni su fondi comuni di investimento, pensioni, hedge fund, assicuratori e altre imprese che investono in obbligazioni societarie, nessuno si aspetta un’ondata di insolvenze su obbligazioni societarie classificate come investment grade noi consigliamo invece di prepararsi a un’epica recessione.

Molto dipenderà da come si evolverà la pandemia, la storia in questo è inesorabile ne abbiamo già parlato insieme nell’ultimo manoscritto di Machiavelli, una spettacolare ricerca empirica attraverso 600 anni di storia …

Chiunque volesse sostenere il nostro viaggio riceverà in OMAGGIO le analisi di Machiavelli. Per contribuire al nostro viaggio basta cliccare SUL BANNER  a fianco dei post sul lato destro della pagina o andare alla sezione DONAZIONI…

SEMPLICEMENTE GRAZIE!

Tornando a Hertz, il suo fallimento avrà ripercussioni anche sui produttori di auto, lo scorso anno da sola ha acquistato circa un milione e settecento mila autovetture pari al 10 % dell’intera produzione nazionale, aggiungetevi pure AVIS e avrete una risposta alle dinamiche future dell’intero settore.

Immaginatevi cosa accadrà al mercato dell’usato quando queste autovetture raggiungeranno il mercato.

Le teleconferenze hanno reso non più necessario il volo aereo e quindi il noleggio di un’auto, il bisogno di mangiare in un ristorante o dormire in un albergo. Se le auto non girano più come prima, la benzina non serve e le compagnie di assicurazioni perderanno fatturato.

Chi parla di inflazione è un povero ignorante, possono provare ad alzare i prezzi le compagnie superstiti, ma non faranno alcun danno, anzi tutto imploderà più di prima, in pochi potranno permettersi questi aumenti, pochi davvero.

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E’ tutto così semplice se ci arrivano anche quelli di Deutsche Bank, l’inflazione non sarà più un problema per molti anni ancora.

Tutti dovranno ridurre i prezzi e la spirale della deflazione da debiti continuerà!

Se ci fermiamo a fare una riflessione dietro gli ultimi dati delle vendite di case esistenti in America, non possiamo non pensare alla filiera di attività coinvolte dietro il settore immobiliare.

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Il crollo è stato davvero devastante in soli due mesi sono stati cancellati quasi dieci anni di ripresa. Agenzie immobiliari, notai, banche, imprese edili per ristrutturazioni, artigiani e tutto il settore dell’arredamento.

Credetemi, più passa il tempo e più mi rendo conto che ero davvero ottimista in questi anni.

MarketWatch

@MarketWatch

Sales of previously-owned homes slid nearly 18% in April as the coronavirus pandemic upended the U.S. real estate market. It was the lowest level for sales since July 2010, with sales falling most notably on a monthly basis in the West. https://on.mktw.net/2AQyLUP 

Existing-home sales slide to lowest level since 2010

Sales of previously-owned homes fell for the second straight month in April as the coronavirus pandemic upended the real-estate market. Meanwhile, prices…

marketwatch.com

20 utenti ne stanno parlando

Certo molto dipenderà anche da quello che accadrà quest’estate, ma poi arriverà di nuovo l’autunno e l’inverno, francamente il rimbalzo dell’indice dei costruttori mi sembra davvero eccessivo, come tutto il mercato in genere, ma noi non abbiamo fretta la verità è figlia del tempo.

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Non basta gettare denaro a caso nei mercati come fanno le banche centrali…

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…ormai sono sempre più convinto che l’opzione nucleare dei TASSI NEGATIVI sta per arrivare, troppa liquidità sui conti ma come ben sapete per noi sarà solo la conferma della soluzione finale, l’esplosione che proverà a sconfiggere definitivamente la deflazione da debiti.

Per chi non ci crede, per coloro che credono che i tassi negativi danneggino l’economia o le banche e che quindi non si arriverà mai all’opzione finale, suggerisco di leggere la magistrale risposta della BCE…

Andrea Mazzalai@icebergfinanza

SPETTACOLO! BCE rimanda al mittente le accuse sui tassi di interesse negativi. La redditività ha beneficiato nonostante la compressione dei margini, grazie a un minor numero di prestiti in sofferenza, maggiore crescita economica e dei valori patrimoniali https://www.ft.com/content/52de6e70-56bc-4da9-adf7-b228c8da79a0 

ECB rebuffs bank complaints on negative interest rates

Radical policy ‘broadly neutral’ for profitability at eurozone lenders, central bank paper maintains

ft.com

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FONTE:https://icebergfinanza.finanza.com/2020/05/25/deflazione-da-debiti-fallimenti-e-ristrutturazioni-di-massa/

 

 

 

Dal 1° luglio PD e 5Stelle limitano l’uso del denaro contante 

 

27 Maggio 2020 posted by Giuseppe Palma

Dal 1° luglio, cioè tra poco più di un mese, entrano in vigore ulteriori limitazioni all’uso del denaro contante volute dalla maggioranza PD-5Stelle nell’ultima finanziaria. Dall’attuale limite di € 2.999,99 si passerà a € 1.999,99. Poi, dal 1° gennaio 2021, ad € 999,99, come all’epoca del governo Monti.
In un periodo come questo in cui v’è forte carenza di clientela e di liquidità, limitare l’uso del contante è a dir poco criminale. Equivale a massacrare ulteriormente il tessuto delle piccole imprese e delle partite Iva. La scusa che circola in questi giorni è quella che il virus si fermerebbe per 1 o 2 giorni sulle banconote, ma sono tutte sciocchezze perché lo stesso ragionamento dovrebbe valere anche per le carte di credito o di debito. In realtà è un regalo del governo Conte bis al sistema bancario. Ecco una mia spiegazione molto semplice (in un mio VIDEO di 3 minuti) sul perché il governo Conte segue questa strada. Buona visione (VIDEO su facebook):

Dal 1° luglio entrano in vigore ulteriori limitazioni all’uso del denaro #contante volute dalla maggioranza PD-5Stelle.In un periodo in cui v’è forte carenza di clientela e liquidità, limitare l’uso del contante è a dir poco criminale. Equivale a massacrare ulteriormente il tessuto delle piccole imprese e delle partite Iva. Ecco una mia spiegazione molto semplice (in 3 minuti) sul perché il governo #Conte segue questa strada. È un regalo al sistema bancario! #Contedimettiti #coronavirus

Gepostet von Giuseppe Palma am Mittwoch, 27. Mai 2020

Giuseppe Palma 

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Consigli letterari:

di Paolo Becchi e Giuseppe Palma, “DEMOCRAZIA IN QUARANTENA. Come un virus ha travolto il Paese“, Historica edizioni.

Qui i link per l’acquisto:

http://www.historicaedizioni.com/libri/democrazia-in-quarantena/

https://www.ibs.it/democrazia-in-quarantena-come-virus-libro-paolo-becchi-giuseppe-palma/e/9788833371535

https://www.mondadoristore.it/Democrazia-quarantena-Come-Giuseppe-Palma-Paolo-Becchi/eai978883337153/

https://www.libreriauniversitaria.it/democrazia-quarantena-virus-ha-travolto/libro/9788833371535

FONTE:https://scenarieconomici.it/dal-1-luglio-pd-e-5stelle-limitano-luso-del-denaro-contante-video-di-g-palma/?utm_medium=push&utm_source=onesignal

 

 

 

GIUSTIZIA E NORME

PALAMARA È LA PUNTA DI UN ICEBERG CHE RIVELA UNA DEMOCRAZIA ILLIBERALE E BLOCCATA

Palamara è la punta di un iceberg che rivela una democrazia illiberale e bloccataLe verità emerse dalle intercettazioni di un magistrato influente, Luca Palamara, e di alcuni giornalisti, non possono essere minimizzate e ridotte ad un caso patologico circoscritto. Esse sono solo la punta di un iceberg sotterraneo che rivela non solo un mercato di posti e di carriere tutt’altro che meritocratico, ma anche la reale esistenza (sempre negata) di un “partito dei giudici” (in specie dei Pm), diviso in correnti e partitini, nonché quella (anch’essa sempre negata) di un “circo mediatico-giudiziario”. Il loro “combinato disposto” inficia la natura stessa della democrazia italiana che appare ormai chiaramente come una democrazia – almeno in parte – illiberale e bloccata. Nell’insieme il fenomeno mette in questione non solo la fiducia dei cittadini nel sistema giudiziario italiano, ma anche la tenuta democratica del sistema politico.

La risposta delle istituzioni deve essere quindi adeguata alla gravità e profondità del fenomeno canceroso che sta emergendo e rende necessaria ed urgente non solo una riforma del sistema elettorale del Consiglio superiore della magistratura ma anche una riforma generale del sistema giudiziario che metta il cittadino al riparo degli arbitri di una magistratura (soprattutto quella requirente) fuori controllo, ma anche il sistema politico italiano da un blocco di potere politico-mediatico-giudiziario che mira ad esercitare (e ha mostrato di poterlo fare) un potere di veto su chi possa governare l’Italia e chi no. Basti ricordare che due governi italiani (quello di Silvio Berlusconi nel 1995 e quello di Romano Prodi nel 2008 caddero per inchieste giudiziarie rivelatesi poi improprie e forse anche politicamente “orientate”. Che si tratti solo della punta di un iceberg è facilmente deducibile da una semplice constatazione di buon senso: se l’intercettazione di un solo magistrato influente (capo di una corrente di magistrati) ha fatto emergere una tale messe di interessi politico carrieristici, si può immaginare cosa sarebbe emerso se ad essere intercettato non fosse stato il solo Palamara.

Che la credibilità della magistratura, dei suoi provvedimenti e delle sue sentenze e del diritto stesso ne esce seriamente inficiata è deducibile dal fatto che quelle intercettazioni mostrano come vi siano magistrati che considerano il diritto una maschera che nasconde altre logiche o come un elastico che si può estendere e piegare ad arbitrio del magistrato. È questa la conclusione logica del fatto che un magistrato possa dire quel cittadino (poco importa per il momento che nell’intercettazione parlasse di Matteo Salvini) “va attaccato, anche se ha ragione”. “Ma che dite?”, si è detto sempre a chi parlava della giustizia italiana come di una “lotteria” e a chi parlava di “partito dei giudici” (dei Pm in particolare) e di “circo mediatico-giudiziario”. “Bisogna avere fiducia nella magistratura”, ci si diceva. E anche: “I magistrati fanno semplicemente il loro lavoro: lasciateli lavorare in pace”. “La giustizia deve fare il suo corso – si aggiungeva – e alla fine trionfa sempre”.

Ebbene oggi quelle frasi non possono più essere proferite: appaiono come retoriche difese d’ufficio, semplici e risibili tartuferie ed anzi uno sberleffo offensivo alla ragione, al buon senso e alla verità. Il “re-magistrato” è ormai nudo. Che le intercettazioni mostrino che la democrazia italiana ha assunto il carattere precipuo di una democrazia illiberale, risulta chiaro dal fatto che tale definizione merita quella democrazia, in cui pur svolgendovisi libere elezioni, uno dei poteri dello stato travalichi dai suoi limiti e sconfini e usurpi potestà proprie degli altri poteri dello Stato, a maggior ragione se addirittura si sovrapponga alla sovranità popolare. I democratici italiani, e persino alcuni liberali, alla ricerca costante di un Mussolini di turno, si sono abituati a tenere d’occhio solo le estroflessioni del potere esecutivo. Si sono resi così meno sensibili alle improprie estroflessioni del potere giudiziario. Questo spiega in parte perché le ipertrofie del potere giudiziario, pur divenute già alla fine del secolo scorso particolarmente acute, non abbiano trovato e non trovino nella stampa liberaldemocratica e nell’opinione pubblica italiana una adeguata reazione di contrasto.

Si è trattato di estroflessioni verso i domini di tutti gli altri poteri dello stato: da quello parlamentare a quello esecutivo, nella sfera amministrativa e persino in quella dei servizi segreti. Il partito dei magistrati ha tenuto ad affermare ed estendere il suo potere dovunque. Chi è interessato potrà trovare una documentazione nel libro Magistrati scritto dall’insospettabile Luciano Violante. Non si tratta di un fenomeno nuovo. C’è stato chi da tempo ha denunciato – come l’ex presidente Francesco Cossiga – l’emergere di un potere autocratico della magistratura politicizzata, non controllata da alcun altro potere dello Stato e pertanto tecnicamente irresponsabile e “Superiorem non recognoscens”. C’è stato chi ha rilevato che indipendenza e l’autogoverno della magistratura non possono significare in una democrazia liberale un’assoluta irresponsabilità e una restaurazione dell’arbitrio del principe, in veste di magistrato; c’è stato chi ha rilevato le aporie dell’obbligatorietà dell’azione penale e dell’unità delle carriere tra magistratura requirente e giudicante. C’è stato chi ha parlato per l’Italia di “Repubblica delle procure” e di “democrazia giudiziaria”.

Sono state denunce cadute nel vuoto per il potere di interdizione che la magistratura politicizzata ha mostrato di possedere, anche grazie al complice e suicida comportamento della sinistra politica, in cerca di supplire, con il potere giudiziario supposto amico, alle sue insufficienze. Ora che quel potere ha dimostrato la sua “autocrazia” ed autoreferenzialità, una parte (solo una parte) della sinistra politica se ne pente, ma sembra ormai troppo tardi. Che infine quelle intercettazioni mostrino che la democrazia italiana è una democrazia bloccata risulta evidente dal fatto che tale deve essere considerata quella democrazia in cui per qualche ragione vi sia una più o meno sotterranea ed occulta “Conventio ad excludendum” contro una delle parti politiche in competizione ritenuta a torto o a ragione “impresentabile” o “anti–sistema”.

Si tratta di un tacito patto tra forze diverse (politiche, giudiziarie, mediatiche, burocratiche ed economiche) che convengono sull’ obbiettivo comune di fare di tutto per impedire l’accesso al potere di governo delle forze politiche da escludere o per destabilizzare lo stesso governo quando quelle forze per avventura riescano ad accedere al potere. Contro di esse, ed in particolare contro i suoi leader, ritenuti a torto o a ragione “anti-sistema”, agisce una sorta “fattore K” (copyright di Alberto Ronchey, per chi ricorda) di esclusione, della stessa specie di quello che agiva contro il Pci, che, negli anni della guerra fredda, anti-sistema lo era per davvero, per le sue mai interrotte relazioni pericolose con l’Urss, avversario principale strategico della Nato e quindi dell’Italia. Un analogo fattore di esclusione agì contro Bettino Craxi negli anni ‘80 e primi ‘90 del secolo scorso, e così pure contro Silvio Berlusconi negli anni successivi e così oggi avviene in particolare per Matteo Salvini ritenuto un leader xenofobo, cripto-fascista e anti-sistema in quanto sovranista anti-europeo e in cerca di “pieni poteri”.

Di solito il primo stigma che viene attribuito agli avversari è quello di essere dei “fascisti in pectore”. A tale fine giova molto quella koinè del politicamente corretto che è l’antifascismo metafisico e immaginario. Quando non funziona lo stigma antifascista ed anti razzista, in subordine diventa rilevante lo stigma “dell’anti–sistema”. Sorvoliamo qui sul fatto che sia Craxi, sia Berlusconi, sia Salvini, non abbiano fatto molto per non attirare su di sé il marchio di essere, chi in un modo chi in un altro, delle “pecore nere anti-sistema”. In una certa misura molti leader politici sembrano affetti da una sindrome autolesionista. In ogni caso è certamente vero che se in un altro Paese a regime democratico liberale le intercettazioni di un solo magistrato influente avessero scoperchiato un immondo verminaio di scambi occulti di cariche nella magistratura; se avessero fatto sorgere il sospetto che in quel Paese il diritto fosse divenuto una lotteria per tutti; e che la magistratura fosse divenuta un potere preponderante e per di più “Superiorem non recognoscens” perché non controllato da alcun altro potere esterno ad essa e perciò tecnicamente “irresponsabile”; e se fosse emerso che in quel Paese agisse un blocco di potere occulto tale da farne una democrazia illiberale e bloccata; se tutto questo fosse emerso le reazioni sarebbero state molto più vaste e profonde di quelle che si vedono in questi giorni in Italia. Sarebbero state aperte inchieste parlamentari e giudiziarie. In Italia, invece, non avviene nulla di tutto ciò. I grandi giornali riducono la vicenda ad un trafiletto.

Il Parlamento ha altre rogne da grattare. Tutto viene ridotto ad una patologia eccezionale che riguarda uno o pochi magistrati. In un altro Paese probabilmente il capo dello Stato convocherebbe una sessione straordinaria (magari “informale” come fece nell’aprile del 1992 Francesco Cossiga in difesa di Giovanni Falcone) del Consiglio superiore della magistratura per accertare le dimensioni del fenomeno e per cominciare a porvi rimedio. Forse interverrebbe solennemente con un messaggio alle Camere perché il Parlamento costituisse una commissione di inchiesta sulle deviazioni della magistratura organizzata. Una riforma del sistema giudiziario italiano è, infatti, ormai necessaria ed urgente. Così pure sembra improcrastinabile una riforma del sistema elettorale dei membri togati nel Csm che elimini le correnti con un sorteggio in prima battuta (tra i magistrati di Cassazione) dei candidati (tra cui eleggere in seconda battuta i membri togati del Csm da parte di tutti. Non bisogna lasciarsi sfuggire l’occasione per fare le necessarie riforme della giustizia in Italia.

FONTE:http://www.opinione.it/editoriali/2020/05/26/lucio-leante_palamara-csm-magistrati-giornalisti-pm-falcone-italia-parlamento-cassazione-berlusconi-prodi-salvini-craxi/

 

 

 

IMMIGRAZIONI

TUNISIA SVUOTA LE CARCERI E SCATTA L’ASSALTO ALLE COSTE ITALIANE: RAFFICA DI SBARCHI, È INVASIONE

Centinaia di tunisini con decine di barconi trainati da pescherecci hanno raggiunto le coste italiane nelle ultime 48 ore.

RadioSavana@RadioSavana

Sono 24 ore che arrivano barconi strapieni di clandestini provenienti dall’Africa dove ci sono 100 mila infetti . Zero controlli da parte delle truppe di : il non spaventa più? Spaventa solo per la riapertura delle attività?

VIDEO QUI: https://twitter.com/i/status/1264668662964903936

415 utenti ne stanno parlando

Ennesimo sbarco di clandestini sull’isola di Lampedusa. Si tratta di una trentina di tunisini. Il Comitato spontaneo locale, questa mattina è tornato in piazza. La popolazione protesta pacificamente e sta raccogliendo delle firme per far sì che l’hotspot venga definitivamente chiuso.

“È assurdo – dice Attilio Lucia del Comitato spontaneo lampedusano – che a fronte di diversi radar e numerose motovedette, i migranti riescano ad entrare direttamente in porto senza essere notati. Quest’anno, complice il coronavirus non arrivano i turisti causando il dramma della già nostra debole economia, ma in compenso arrivano migranti giornalmente senza che il governo Conte si preoccupi più di tanto”.

Con le firme otterrete sicuramente dei risultati che non otterreste bloccando fisicamente il porto.

Quella in atto è una vera e propria invasione di tunisini. Dopo recentemente sono stati liberati migliaia di detenuti per la ‘crisi del coronavirus’:

Tra ieri e oggi una raffica di sbarchi. Sempre questo pomeriggio infatti è arrivato a Linosa un altro barcone con a bordo 52 clandestini, un altro mezzo è stato intercettato al largo di Lampedusa e altri arrivi sono stati registrati a Trapani. In quest’ultimo caso si parla di tre barchini. Ma anche ieri sera sono stati registrati nuovi arrivi sull’isola di Lampedusa con due barche diverse. La prima, con a bordo cinque tunisini, è arrivata direttamente sul molo Favarolo. La seconda, con a bordo altri 40 tunisini, è stata intercettata a largo dalla guardia di finanza e scortata fino al molo.

Si tratta di una vera e propria invasione di tunisini. Avanzi di galera. Probabilmente contagiati, vista l’incidenza del coronavirus in Nordafrica:


Stefano Candiani e Nicola Molteni, sottosegretari all’Interno col ministro Salvini, attaccano: 
“Record di sbarchi in una giornata, con più di 400 arrivi. Colpa del Governo e della scellerata maxi sanatoria della Bellanova e dei 5Stelle-si legge in una nota dei leghisti che prosegue- L’Italia torna a essere il campo profughi d’Europa: nel 2020 si contano 4.445 sbarchi dal primo gennaio al 22 maggio, contro i 1.361 dello stesso periodo del 2019. Porti e porte aperte ai clandestini da chi vuole smantellare i decreti Sicurezza”.

Questo assalto di barconi carichi di tunisini è legato alla tecnica della ‘nave madre’:

Si tratta di pescherecci tunisini legati alle ong che navigano con ‘trainati’ altri mezzi di dimensioni minori, i quali vengono poi sganciati e diretti verso le coste siciliane ed i vari punti di approdo. Una volta poi fatte partire le piccole imbarcazioni sganciate, gli scafisti a bordo della nave madre fanno retromarcia e tornano verso la Tunisia.

Francesca Totolo@francescatotolo

La polizia tunisina ha arrestato una banda di 18 di esseri umani. Mentre in questi criminali vengono arrestati, il governo li favorisce, regolarizzando i e facendo sbarcare impunemente i . https://twitter.com/rgowans/status/1264182379423424521 

Migrant Rescue Watch@rgowans

#Tunisia 22.05.20 – Tunisian Police Forces dismantled a human smuggling gang which operated in Basra, Sfax and Kerkennah. During separate raids 18 suspects were apprehended, 4 cars seized as well as cash & mobile phones. #migrantcrisis #frontex #seenotrettung

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337 utenti ne stanno parlando

Un governo serio caricherebbe tutti i tunisini sulla stessa nave militare e poi la dirigerebbe verso Tunisi. Un governo serio. Non questa specie di cloaca giallorosa.

FONTE:https://voxnews.info/2020/05/24/tunisia-svuota-le-carceri-e-scatta-lassalto-alle-coste-italiane-raffica-di-sbarchi-e-invasione/

 

 

 

LAVORO PENSIONI DIRITTI SOCIALI

MIGLIAIA ITALIANI IN CODA PER LAVORARE NELLE CAMPAGNE: “BELLANOVA BUGIARDA” – VIDEO

Un’opposizione seria bloccherebbe il Senato e quindi la sanatoria. Costi quel che costi.

Fuori dal coro@fuoridalcorotv

“La storia dei campi è stata fetida e menzognera per far passare la sanatoria”@mariogiordano5

Video incorporato

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FONTE:https://voxnews.info/2020/05/26/migliaia-italiani-in-coda-per-lavorare-nelle-campagne-bellanova-bugiarda-video/

Occupazione, nel 2020 in Italia mezzo milione di posti di lavoro in meno

26 Maggio 2020

L’Anpal stima che il coronavirus riporterà i livelli occupazionali a quattro anni fa

Mezzo milione di posti di lavoro in meno nel 2020. La crisi economica causata dal coronavirus avrà un impatto duraturo sul mondo dell’occupazione, afferma il presidente dell’Anpal Mimmo Parisi in audizione al Senato.

L’Agenzia nazionale politiche attive del lavoro stima infatti che gli occupati, a fine anno, saranno 500.000 in meno, e il rimbalzo del 2021 non basterà a colmare il gap con i livelli pre-crisi.

Lavoro, nel 2020 brusco aumento disoccupazione

Intervenuto in audizione in Parlamento, il presidente di Anpal Parisi non ha chiarito quali sono i posti più a rischio. Per via del blocco di cinque mesi ai licenziamenti istituito dal Governo, si può tuttavia supporre che i più penalizzati, ricorda l’Ansa, saranno i rapporti di lavoro a tempo determinato, gli stagionali e i lavoratori autonomi.

Questi ultimi, soprattutto, saranno ulteriormente danneggiati dal calo dei consumi e dall’incremento dei costi dovuti alle misure anti epidemia.

Anpal, coronavirus riporta il mondo del lavoro al 2016

Particolarmente difficile sarà tornare ai livelli occupazionali dell’anno scorso, ovvero a quota 23,36 milioni: tre anni, quindi non prima del 2023. L’anno prossimo, ha stimato l’Anpal basandosi sul Def, dovrebbero tornare al lavoro circa 240.000 persone.

Secondo Parisi sarà vitale l’utilizzo dei fondi europei previsti per il 2021-2027, che ammontano a circa 38 miliardi di euro, che saranno “un’ulteriore opportunità di finanziare misure adeguate a fronteggiare la crisi”.

Il coronavirus, in ogni caso, riporterà l’Italia ai livelli occupazionali del 2016, indietro di quattro anni, quando gli occupati erano 22,83 milioni.

Qualche giorno fa, l’Anpal segnalava sul proprio sito che le assunzioni di lavoro dipendente a tempo determinato e indeterminato, fra l’1 gennaio e il 23 aprile 2020, hanno segnato “una brusca contrazione”, manifestatasi “in concomitanza con i primi provvedimenti di contrasto alla crisi pandemica”.

L’impatto era stato riscontrato in maniera importante soprattutto nelle Regioni del Centro-Nord, ma “progressivamente gli effetti” si sono “estesi all’intero territorio nazionale coinvolgendo trasversalmente tutti i settori economici”.

FONTE:https://www.money.it/occupazione-2020-bruciati-mezzo-milione-posti

 

 

 

PANORAMA INTERNAZIONALE

LIBIA: TRUMP PERDE LA PAZIENZA E CHIAMA ERDOGAN.

Fermiamo l’escalation, mentre l’Italia è sempre più colonia di Parigi

 

Maggio 27, 2020 posted by Giuseppina Perlasca

Donald Trump perde la pazienza, prende  il telefono e chiama Erdogan per fermare una pericolosa escalation nel confronto fra il GNA , Governo di Accordo Nazionale , quello di Al Sarraj, ed il LNA, Libyan National  Army, che ha visto un’esplosione degli scontri nei giorni passati con tanto di intervento diretto di jet russi  nell’area. Si tratta di un passo successivo del confronto fra Mosca ed Ankara nella regione mediterranea e medio-orientale, con Erdogan che invia 10 mila “Volontari siriani”; ormai spadroneggianti a Tripoli, e il generale Haftar del LNA, appoggiato da Russia, Francia, Egitto e paesi del Golfo che quindi rafforza il numero dei propri mercenari, oltre chiedere aiuti tecnici ai suoi alleati diretti.

In questa guerra civile Trump si trova in una situazione ottimale per trattare: in teoria appoggia il GNA ed è alleato nella NATO, almeno teoricamente, con Erdogan, nonostante le recenti incomprensioni sulla Siria. Nello steso tempo più volte ha espresso il proprio appoggio ad Haftar che, pare, fosse anche un agente della CIA ai tempi di Gheddafi ed il Generale è il principale nemico  degli estremisti islamici e dei terroristi. Nella questione Trump sembra effettivamente una terza parte, che però ha anche, in basi a meno di 1000 km dalla Libia, una flotta fra le più potenti del Mediterraneo, armi nucleari ed anche forze di terra capaci, da sole, di invertire l’andamento della guerra. Trump, con il suo avviso, dice ai bambini che è ora di smettere di scherzare.

Nel frattempo che fa l’Italia del Sempreattivo (tutto attaccato) ministro Di Maio? Si fa colonizzare da Parigi: invece che tenere sotto controllo il settore libico, in cui si concentrano i nostri interessi anche energetici e dove una delle nostre  principali società, l’ENI, ha investito, Di Maio invia i soldati italiani nel Sahel, a combattere il GIA Gruppo Islamico Armato, in supporto ai soldati francesi di Macron che sono in grave difficoltà nell’area e che non sono in grado di fermare un’islamismo sempre più aggressivo e che sta occupando aree sociali abbandonate dagli stati filo-francesi. Ci andiamo a impelagare in un quadrante nel quale sappiamo poco, lontano dalle nostre basi logistiche, il tutto perchè a Napoli, all’ultimo bilaterale, Di Maio e Conte si sono piegati al Macron e ne sono diventati lo zerbino. Speriamo che non siano i soldati  italiani a doverne pagare il conto.

FONTE:https://scenarieconomici.it/libia-trump-perde-la-pazienza-e-chiama-erdogan-fermiamo-lescalation-mentre-litalia-e-sempre-piu-colonia-di-parigi/

 

 

 

POLITICA

L’ULTIMA SPIAGGIA PER IL GOVERNO

L’ultima spiaggia per il GovernoI partiti della maggioranza a un bivio, è ora di invertire la rotta.

La vicenda delle nomine nelle partecipate pubbliche ha segnato un altro solco, forse incolmabile, nella distanza tra cittadini e politica. Un battage mediatico sulla (finta) rivoluzione per la selezione dei curricula, la facciata. La sostanza, invece, era la solita: nelle segrete stanze gli accordi erano già stati presi. E l’inossidabile chiave di volta è stata l’indistruttibile, storico, Manuale Cencelli: un po’ a te, un po’ a me. Ma si tratta di un contrasto che ormai si è fatto maledettamente stridente.

La pandemia del Covid-19, oltre a colpire il nostro stato di salute ha propagato un conseguenziale virus, quello della crisi economica che ha colpito, duramente, i portafogli della stragrande maggioranza degli italiani, mentre la cosiddetta “casta”, tra cui anche coloro che si proclamavano estranei a questa come i pentastellati, continua imperterrita ad autoalimentarsi e autoproteggersi. I tempi, però, stanno cambiando. La politica non può più sfruttare i cittadini blanditi, sonnacchiosi, molte volte troppo distratti dai loro problemi. Il velo davanti agli occhi è calato, oggi i riflettori si stanno accendendo e l’insofferenza verso un ceto, che pensa solo ai fatti suoi monta in molti strati sociali, soprattutto proprio verso il M5s, reo di essersi fatto stregare dal potere e dal potere essere prigioniero consapevole. Ed ecco che questo disincanto delle persone comuni si sta tramutando via via in rabbia, interpretata e canalizzata da una alternativa politica, che sembra essere sempre più vicina alla gente, dalla parte dei lavoratori e degli imprenditori, come quella posta in campo dalla Lega di Matteo Salvini e da Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni. Che, infatti, stanno man mano segnando continui consensi e successi progressivi di crescita. Un disagio, questo, percepito anche dal presidente del ConsiglioGiuseppe Conte, ben conscio del pericolo di rimanere invischiato nei giochetti autoconservativi dei partiti che lo sostengono.

La linea del Governo, quindi, sembra essere diventata, almeno al momento, più conciliante con Italia Viva di Matteo Renzi, per evitare scossoni che possano sfuggire, improvvisamente, di mano ed irrimediabilmente sfociare in una crisi di Governo. C’è da aspettarsi che questo modo di agire continui fin quando l’Esecutivo non riuscirà a concretizzare quei provvedimenti che, lo stesso Renzi, ritiene fondamentali per l’attuazione della linea politica governativa. Italia Viva, in futuro, sarà inevitabilmente posta a un bivio: o continuare a fare “pressioni” politiche al Governo, e imbrigliarlo ricorrendo a pratiche trasversali e consociative, o fare un bel bagno d’umiltà e invertire la rotta. Anche perché il giochino del “al lupo al lupo” non potrà perdurare all’infinito.

Di certo Conte non naviga in un mare calmo, e neanche sembra scorgersi all’orizzonte un’isola dove approdare per trovare un porto sicuro per attendere che si calmino le acque. A questo scenario marittimo è da aggiungere il fatto che, a colpo d’occhio, più che dei fidi marinai, dalla sua parte, sembra che abbia una ciurma, ma d’altronde chi va per questi mari, questi pesci prende. Come dire, “chi si imbarca in certe avventure, non può che conseguire questo tipo di scadenti risultati e se ne deve contentare, specie se si è imbarcato volontariamente, per sua scelta e non spinto da necessità”.

Quindi speriamo che Renzi rinunci a piazzare l’ennesimo sedere su di una poltrona, in un luogo di potere, che tutti, invece, pensino di accelerare verso delle soluzioni, immediate e reali, per dare ossigeno alle piccole, medie e grandi imprese, pensando ai vari comparti lavorativi. Approvare una nuova legge elettorale che restituisca ai cittadini il potere di scegliersi i propri rappresentanti, approvare provvedimenti che incidano sul serio sulla vita quotidiana di tutti noi, tagliare vigorosamente sprechibenefit e stipendi dei manager pubblici. E, magari, in questo particolare momento, rinunciare tutti al troppo per fare in modo che chi non ha nulla possa avere quel minimo per vivere dignitosamente; certo, tutto ciò non può essere rappresentato dall’elemosina stanziata dal Governo. Sarebbe una lezione di civiltà e anche di (nuovo) stile. Scommettiamo su cosa accadrà?

FONTE:http://www.opinione.it/politica/2020/05/26/alessandro-cicero_politica-nomine-partecipate-governo-conte-renzi-fdi-salvini-meloni-poltrone-economia/

 

 

 

SCIENZE TECNOLOGIE

L’IMBARAZZANTE GUERRA CONTRO LA CLOROCHINA

La prima, che fa molto ridere il web, è riportata con la massima serietà da Repubblica:

Calano i contagi, vaccino a rischio. Lo scienziato di Oxford: “Se l’epidemia svanisce, non riusciremo a testarlo”

https://rep.repubblica.it/pwa/generale/2020/05/25/news/calano_i_contagi_vaccino_a_rischio_lo_scienziato_di_oxford_se_l_epidemia_svanisce_non_riusciremo_a_testarlo_-257559518/

“Siamo nella paradossale situazione di sperare che il virus resti ancora per un po’. E’ una corsa  contro il tempo. E il rischio che il virus scompaia”, si  dispera Adrian Hill dello Jenner Institute. E chiede “che vengano infettati volontari umani”,   sui quali poter testare il vaccino che sta fabbricando.

Ride Marcello  Pamio: “Una pandemia così pericolosa che non si trovano infetti”.  Un amico lettore: “Pensa se dicessero: speriamo che il cancro non scompaia  prima che troviamo la cura!”.   Ma  agghiaccia –   come sempre davanti  ad una manifestazione di  insania mentale  –   il fatto che Repubblica, e i giornali inglesi da cui ha copiato la notizia, non ne ridano, anzi  la trattino con mortale serietà.

L’altra notizia è  questa, dell’ANSA:

Coronavirus, l’Oms sospende test idrossiclorochina

Dove apprendiamo che il direttore dell’OMS, il noto  Tedros Adhanom Ghebreyesus, ha  convocato addirittura una conferenza stampa (virtuale, per  profilassi contro la pandemia che, si lagnano a Oxford, sta scomparendo troppo presto)    per comunicare:  l’organizzazione ha sospeso “temporaneamente” in via precauzionale gli esperimenti clinici sull’uso della idrossiclorochina in corso con i suoi partner in diversi Paesi, manifestando preoccupazione per la sicurezza”.   Ed ecco  la  motivazione: “La decisione fa seguito alla pubblicazione venerdì scorso nella rivista Lancet di uno studio secondo il quale il ricorso alla clorochina e ai suoi derivati, come appunto la idrossiclorochina, nel trattamento del Covid-19 è inefficace quando non dannoso”, anzi può portare  a morte improvvisa.

Così, almeno, si scopre uno dei motivi per cui Lancet ha pubblicato questo studio sulla inefficacia, anzi pericolosità della clori china. Un articolo imbarazzante,   per il prestigio e l’autorità della storica  rivista di medicina.

Imbarazzante  già dagli autori,  due cardiologi e  un ex chirurgo vascolare ora uomo d’affari, nessuno dei quali ha mai trattato un malato di Covid, mentre hanno trattato molto la promozione di farmaci,   a  pagamento; più  che scienziati,   simili a  quegli “informatori scientifici” stipendiati dalla Case, che fanno  anticamera  negli studi medici  per raccomandare ai dottori l’ultimo medicinale.  Cosa che risulta perchè i tre hanno dovuto indicare, come si usa,  in calce alla pubblicazione,  i loro potenziali conflitti d’interesse  nella causa.

Truffaldina   e veramente disonesta, da vergognarsi  la vanteria di aver passato in rassegna  “96 032 pazienti di 671 ospedali in 6 continenti”, mentre il 70%  sono pazienti  americani, di cui hanno scorso le cartelle cliniche (come?)   – e  pazienti ospedalizzati. E, come  spiega il dottor Steve  Phillips,di cui potete leggere  la discussione critica dello studio,  “contrariamente a quel che avviene in Europa (per esempio in Italia) ed Asia, in USA non   è entrato in  uso il trattamento  precoce del Covid19 con hidrossiclorochina.  Essa è somministrata solo ai pazienti più gravi  in ospedale”,   ossia al contrario del protocollo non ufficiale, ma ormai   raccomandato e riconosciuto, che la clorochina va data nelle fasi iniziali, per evitare appunto l’ospedalizzazione ;  quando ormai   i polmoni del malato sono devastati dalle microembolie, ovviamente il farmaco non serve a nulla.

Cosa che ormai  è nota anche ai sassi.  Infatti nonostante tutto, oggi il 50% dei medici americani   hanno adottato quello che  chiamano il protocollo Raoult (dallo specialista di Marsiglia):  i loro pazienti non morti ma anzi guariti, non essendo stati ricoverati in ospedale, non esistono per lo studio di Lancet.

Ma   ci sono altri e più fondamentali motivi per giudicare vergognosamente disonesto, e   dannoso anzitutto per Lancet lo “studio”  che condanna la clorochina.

Milioni di prescrizioni

Anzitutto perchè  la clorochina viene  prescritta da 60 anni,  letteralmente centinaia di milioni di  esseri umani, e  per lunghissimi periodi,  perché  terapia  d’elezione di due malattie croniche molto diffuse , l’artrite reumatoide  e il lupus eritematoso.   I  suoi effetti secondari sono  dunque  noti, gestiti  senza problemi dai dottori, e  – contrariamente a quello  che scrivono i media del terrore  – sostanzialmente inesistenti quando il  trattamento viene prescritto  in modo corretto e  il controllo medico ex post appropriato.

Negli Stati Uniti nel solo anno  2017, molto prima che  apparisse il Mostro, il vecchio medicinale  è  stato  prescritto  oltre 5 milioni di volte essenzialmente  per le due malattie croniche  citate;  è stato il 128° farmaco più prescritto in USA. In Francia, l’Agenzia Nazionale per la Sicurezza dei  Medicamenti (ANSM) ha registrato che, fra  il 2017 e  il 2019,  su 4 milioni di prescrizioni di Plaquenil (il nome commerciale)  sono stati riportati due decessi,  uno dei quali relativo a un soggetto che prendeva sei (6) sostanze psicotrope  oltre  la hidrossiclorochina.

Ma il peggio è che lo stesso Lancet, nel novembre 2003, ha pubblicato  uno studio che attesta l’efficacia della clorochina contro le malattie virali. Eccolo:

Effetti della clorochina sulle infezioni virali: un vecchio farmaco contro le malattie di oggi

Effects of chloroquine on viral infections: an old drug against today’s diseases

autori: Adrea Savarino , Dr, a, * John R Boelaert , Antonio Cassone , Giancario Majori , c e Roberto Cauda a

https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC7128816/?fbclid=IwAR2ob-Tl1uBYyrfDp4qr9jgHy73pyGFV94XOwJ8h_-tQuxbrhygkawmFPdU

Come si vede  è uno studio condotto al Sacro Cuore di Roma dall’equipe guidata dall’infettivologo Andrea Savarino [che non mi sembra molto intervistato dalle tv], oggi all’Istituto Superiore di Sanità, che   allora ne indicava l’utilità contro l’HIV.  E non solo, lo studio   ne descriveva il meccanismo d’azione: insomma, si sa “perché”  la clorochina  funziona, nell’assenza di  farmaci antivirus nuovi  ed efficaci.

Ma quello che ha colpito me come profano, è: come mai Lancet abbia messo in gioco il suo prestigio storico per una causa così apparentemente inutile e tardiva?

Perché  ormai in tutto il mondo   eserciti di  medici, infischiandosi degli allarmi OMS e di Anthony Fauci sulla pericolosità della clorochina,  la prescrivono nella modalità precoce, ottenendo risultati indiscutibili, che comunicano fra loro alla comunità scientifica.

Non solo la prescrivono ai pazienti;   se la auto-somministrano  loro, i medici e  infermieri dei reparti Covid, esposti all’epidemia, a scopo profilattico.

In India, il Ministero della Sanità  ha addirittura consigliato il personale sanitario di prenderla come profilassi  anti-Covid, con apposita circolare, fin da marzo:

La circolare del Ministero indiano che consiglia agli “health care workers” di prendere la clorochina come protezione preventiva.

https://twitter.com/Billtheicon/status/1262508966321496066

La  Svizzera ha segnalato di avere un tasso di mortalità da Covid 2 volte inferiore a quello  della Francia (dove la clorochina è ufficialmente contrastata) , ossia  0,018% contro 0,041%,  per  l’adozione della clorochina.

https://www.rts.ch/play/tv/19h30/video/ladministration-de-chloroquine-en-suisse-les-precisions-de-dre-alexandra-calmy-?id=11238165

L’ultima: da Gibuti, l’enclave francese in Somalia, con il più alto tasso di infetti dell’Africa, segnalano:  su 2047  casi   al 21 maggio, solo dieci decessi, perché qui usiamo la clorochina.

https://www.voanews.com/covid-19-pandemic/djibouti-treating-all-covid-patients-chloroquine-scientists-urge-caution?utm_source=dlvr.it&utm_medium=twitter

Confronto fra i casi letali  in Italia (dove si usa ormai la clorochina nelle fasi iniziali) e in UK, dove ancora no.

Insomma: dalla Grecia al Brasile, dall’Alpi alle Piramidi, ormai la clorichina viene amplissimamente  usata  ai primi sintomi, associata alla azitromicina, al solfato di zinco (che pare avere un effetto sinergico) e   quando occorre all’eparina  per prevenire i trombi, a dispetto  – alla faccia  – dell’OMS, di Bill  Gates e di Lancet.

Non è inutile inutile e tardivo il tentativo dello studio che proclama la pericolosità mortale della clorochina?

Ora vediamo che no, e ne comprendiamo il perché  se ormai ha perso la  battalia pressso il corpo dei medici nel mondo, il Sistema conta però nei politici,  sui media e nei governi:  vuole indurli  a vietare il vecchio farmaco  per legge,  prima che l’epidemia scompaia vanificando  la necessità del  vaccino.   (Un analogon  l’abbiamo visto in Italia nel 1998 , con la pseudo-sperimentazione della terapia Di Bella consentita dalla ministra Rosy Bindi  solo su malati ormai terminali irrecuperabili, che ha permesso di dichiararne per decreto l’inefficacia).

Infatti, già in Francia, scrive Repubblica,  “L’autorizzazione del farmaco per trattare il coronavirus potrebbe essere revocata. Finora era stata adottata solo in alcuni ospedali dell’Esagono. In seguito allo studio della Sorbona pubblicato da Lancet che ne evidenzia il rischio di mortalità, il ministro della sanità  Véran ha chiesto una revisione “entro 48 ore”.

Entro  48 ore! Prima che il virus scompaia del  tutto….

Un segno di panico

Ma inoltre, traspare in questo rozzo   e maldestro tentativo di bloccare il vecchio farmaco per legge, e nella tragicomica lagnanza dello “scienziato di Oxford”,   una dose notevole  di disperato panico. E ne hanno ben motivo: questi hanno devastato l’economia del mondo intero, bloccando e chiudendo  miliardi di persone sane, giovani e attive in una quarantena inutile (perché “il Covid  va ritenuto  una malattia geriatrica” – dottor Paolo Gulisano);  rischiano di essere  un giorno a l’altro processati in un colossale tribunale  di Norimberga,  e impiccati come criminali comuni e politici per delitti contro l’umanità.

E in questo crimine non  si mancherà di segnalare  la complicità  delittuosa di praticamente tutti i media da Repubblica al Figaro al New York Times, che hanno dato enorme  rilievo all’imbarazzante pubblicazione di Lancet,   con un accanimento ideologico,  la voglia di colpire  un bersaglio, reso  trasparente dal tenore  dei titoli. Come questo:

L’idrossiclorochina presa da Trump contro il Coronavirus aumenta rischio di morte dei pazienti Covid

https://www.fanpage.it/esteri/lidrossiclorochina-presa-da-trump-contro-il-coronavirus-aumenta-rischio-di-morte-dei-pazienti-covid/

 

(Nota personale: quest’anno celebro i 50 anni nella professione giornalistica.  Nel mezzo secolo di  osservazione del potere,  un tale massiccio  – totalitario – livello di falsificazione  non l’avevo mai visto prima.   Quel che avviene supera anche la falsificazione dell’11 Settembre, ed è immensamente più grave eprché ha portato alla cancellazione delle libertà  non solo in un paese, ma in  tutti).

FONTE:https://www.maurizioblondet.it/limbarazzante-guerra-contro-la-clorochina/

 

 

 

STORIA

Battaglia di Tsushima

27 – 28 Maggio 1905

Con questa vittoria contro la flotta russa, il Giappone si afferma come nazione egemone dell’Asia Orientale e si impone all’attenzione mondiale come grande potenza militare.

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Gli avversari

Zinovij Petrovic Rozestvenskij (San Pietroburgo, 11 novembre 1848 – San Pietroburgo, 14 gennaio 1909)

Zinovi_Petrovich_RozhestvenskiDall’atmosfera di ipocrisie, invidie, ambizioni e adulazione, che caratterizzava la Flotta Imperiale Russa, emerse gigantesca la figura dell’ammiraglio Rozestvenskij. Nominato capo della Flotta di soccorso il 5 maggio 1904, senza che avesse ancora mai comandato una squadra, anch’egli si illudeva che la flotta russa fosse almeno al livello di quella giapponese, ma, dopo un esercitazione, e dopo i primi intoppi nella sua azione di comando, si rese conto della reale situazione.
Seppe, però, imporsi subito contro il nemico interno, la disorganizzazione e l’imperizia che regnavano nei cantieri navali russi: la sua flotta, anche se partita in ritardo, riuscì in un modo o nell’altro a navigare per 20.000 miglia, tra insidie e difficoltà, non esclusi l’ostilità della stampa internazionale e l’esplicito boicottaggio dei porti “neutrali”. Ciò nonostante, dopo la sconfitta, finì per divenirne il capro espiatorio, coinvolto di riflesso nel processo contro l’ammiraglio Nebogatov responsabile della resa finale.
In realtà l’occidente non riusciva a farsi a una ragione della sconfitta di una potenza europea per mano di una nazione “inferiore”, e così stampa e addetti militari continuarono ad interrogare ossessivamente Rozestvenskij sulle “vere” ragioni della sconfitta, arrivando anche ad offrirgli somme considerevoli per le sue memorie o rapporti riservati. L’Ammiraglio, che morirà poco meno di quattro anni dopo la battaglia, si astenne sempre da ogni commento, trincerandosi in ogni occasione dietro la stessa lapidaria risposta: «I Giapponesi colpivano e noi no». Nessun errore può essergli effettivamente imputato, qualora si considerino a fondo la situazione tattica e l’inferiorità tecnica della sua flotta, come infatti dovettero riconoscere anche i più implacabili critici militari.


Heinachiro Togo (Kagoshima, 27 gennaio 1848 – Tokyo, 30 maggio 1934)

TogoFronte rasata, due spade alla cintura, kimono e sandali, come tutti i rampolli della bellicosa stirpe dei Satsuma, Togo vide le prime navi dalla torre di qualche antico castello del Giappone, ancora arroccato nel Medioevo. Quando il Tenno (l’Imperatore) decise di approntare una flotta, il giovane Heinachiro si recò ad apprendere l’arte della navigazione militare presso la migliore Marina Militare del mondo: la Royal Navy.
Viceammiraglio nel 1900, comandante in capo della flotta del 1905, a Tsushima non concesse tregua ai Russi (arrivando perfino a ritardare il soccorso ai naufraghi e a proseguire il bombardamento su navi già arrese), ma dopo la battaglia tenne un nobile e generoso comportamento verso lo sfortunato Rozestvenskij e i numerosi prigionieri russi. La sua strabiliante efficienza (l’appuntamento del “T” con la flotta russa non coincise per soli 2 minuti!) era il risultato della combinazione dello spirito combattivo tipico del bushido (il codice d’onore militare giapponese) e di una fredda determinazione: analogamente, il suo Paese aveva saputo far convivere, e anzi esaltare a vicenda, Medioevo e Progresso, riuscendo a superare d’un balzo lo svantaggio tecnologico iniziale, e raggiungendo così risultati brillantissimi, tanto da gettare nello sgomento il mondo occidentale.

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Il Giappone moderno

Tutto il complesso sistema di regole su cui si fondava l’ordinata ed immobile società feudale giapponese crollò d’un tratto, nel 1868, con la modernizzazione forzata imposta dall’imperatore Mutsu-Hito, che rovesciò il potere personale dello shogun, ridusse i feudatari daymio a semplici prefetti delle provincie ed arruolò i samurai tra gli ufficiali dell’esercito. Il progresso comprese anche la concessione (nel 1889) di una Costituzione di tipo europeo e l’abolizione delle caste. Infine l’imperatore si apprestò a dar vita a una potente Marina militare.

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L’imperatore Mutsu-Hito

I giovani ufficiali giapponesi appresero tutti i concetti della guerra moderna nelle Accademie militari e navali dell’Occidente; ingegneri, tecnici e scienziati si formarono all’estero con una rapidità inverosimile e l’industria, altrettanto rapidamente, fornì risorse per mettere in pratica gli ultimi ritrovati della tecnica. Era nato il Meiji, l'”età illuminata”.
La società nipponica diede prova di una stupefacente agilità culturale e superò con un balzo fulmineo i tre secoli che la separavano da quella europea, pur conservando la tradizionale disciplina e la laboriosa frugalità che avevano caratterizzato il periodo shogunale. Quanto più convinto era il suo stato di isolamento dal resto del mondo nei secoli precedenti, tanto più rapidamente ora il Giappone cominciò ad imporre la propria volontà di espansione territoriale e militare. Il torto degli occidentali, e in particolare degli Europei, fu quello di non prendere sul serio, o almeno di non comprendere fin dalle prime mosse, la potenzialità aggressiva del rinato Stato asiatico.
La rivoluzione, o meglio, l’esplosione del Meiji non aveva ancora compiuto trent’anni che già il Giappone muoveva guerra al più grande, vecchio e malato impero dell’Asia: la Cina. L’obiettivo primario era il possesso della Corea, che formalmente era un regno vassallo della Cina. Disordini interni scoppiati nel 1894 fecero intervenire nella penisola coreana un corpo di spedizione cinese ed uno nipponico, ma il rifiuto dei Giapponesi di tornare in patria dopo la cessazione delle violenze, fu la miccia che fece detonare il conflitto.
Un solo mese di guerra vide la Cina soccombere nella battaglia terrestre di Phyong-Yang ed in quella navale dello Yalu; il diktat imposto agli sconfitti fu particolarmente umiliante: Formosa, le isole Pescadores e la penisola di Liao Tung furono cedute al Giappone; la Corea, rimasta indipendente, passò sotto il protettorato giapponese. La decrepita Cina, naturalmente, non era oggetto degli appetiti soltanto nipponici, ma anche di quelli occidentali, che per di più non accettavano nessuna forma di concorrenza. Russia, Francia e Germania, imposero la revisione del trattato di Schimonoseki e la restituzione della penisola di Liao-Tung.
Successivamente lo Zar Nicola II, in cambio dei suoi “buoni uffici”, ottenne dalla Cina l’autorizzazione a proseguire la costruzione della ferrovia Transiberiana, attraverso la Manciuria cinese, fino a Vladivostok, oltre alla concessione in affitto di Port Arthur. Le proteste dell’Inghilterra vennero tacitate con la concessione in affitto, a condizioni identiche a quelle accordate alla Russia, del porto di Wei-hau-Wei sulla penisola di Shan-Tung, che si erge di fronte a Port Arthur. Era l’avvio del cosiddetto break up of China (la “spartizione della Cina”), che in pochi anni avrebbe annullato l’indipendenza di quell’Impero e dalla quale il Giappone fu accuratamente tenuto fuori. Mutsu-Hito dovette accettare questa esclusione poiché la sua Marina da guerra non disponeva ancora né delle potenti navi da battaglia né degli incrociatori corazzati a disposizione degli Europei. Ma a ciò avrebbe ben presto rimediato: tra il 1894 e il 1903 la lacuna era completamente colmata.

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La rivolta in Cina

Nel 1900 la “società di giustizia e di concordia”, conosciuta in europa per un’erronea traduzione come società dei “Boxer”, scatenò in Cina una rivolta xenofoba sostenuta, quasi apertamente, dalle autorità cinesi. Le potenze occidentali, fra cui l’Italia, intervennero militarmente, costringendo l’Imperatrice madre a sottoscrivere nuove concessioni.

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Fanteria montata italiana a Tientsin nel 1900.

Sedata la rivolta, tutte le potenze rilevarono i propri corpi di spedizione, tranne la Russia che, anzi, occupò la Manciuria e sconfinò a sud verso la Corea, suscitando le proteste degli inglesi e degli americani. Tokio inviò a San Pietroburgo una dura nota diplomatica, in risposta alla quale lo Zar ribadiva con ostentato disprezzo l’intenzione di non abbandonare la Manciuria, proponendo al Giappone la spartizione della Corea lungo il 39° parallelo.

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Il preludio

Una cosa i Giapponesi non hanno mai appreso dagli occidentali: il complesso rituale, scandito da preliminari contatti tecnici d’ambasciata, che per consuetudine precede ogni dichiarazione ufficiale di guerra. Anzi, per essere precisi, hanno sempre adottato nella loro storia la barbara, ma efficace prassi di scatenare un attacco micidiale prima di dichiarare guerra.
Non si può imputare al governo dello Zar la leggerezza di non aver previsto una tale mancanza di bon ton nella diplomazia del Sol Levante, né ai militari la colpa di essersi fatti cogliere impreparati: all’uno e agli altri si può invece rimproverare l’incosciente sicurezza ed il facile ottimismo con cui affrontarono il conflitto: un complesso di onnipotenza a cui l’imperialismo e il colonialismo avevano educato gli Europei, convinti dell’eccellenza dei propri sistemi militari e della superiorità dell’uomo bianco su tutte le razze.
Si trattava di un pregiudizio duro a morire, se ancora nel 1940 gli stati maggiori Britannici in Oriente erano convinti in buona fede di poter facilmente annientare gli occhialuti e gracili soldati nipponici che avevano osato insidiare il loro impero. La controproposta del Giappone, non troppo diplomatica, alla sprezzante offerta russa, consistette nella attacco navale a Port Arthur, pochi minuti dopo la mezzanotte dell’8 febbraio 1904.

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Bombardamento durante l’assedio di Port Arthur.

Nella base navale russa erano alla fonda 7 corazzate e 6 incrociatori, oltre a numerose unità minori: in 24 ore, la squadra navale di Togo aveva danneggiato 3 corazzate e 4 incrociatori, senza lamentare perdite, e aveva realizzato, immediatamente dopo, un potente blocco navale. L’opinione pubblica russa mostrò due reazioni, altrettanto violente ma del tutto contrastanti: da un lato, migliaia di persone scesero in piazza chiedendo vendetta; dall’altro ci furono imponenti manifestazioni contro il conflitto, che costituirono in qualche modo gli embrioni della futura rivoluzione d’Ottobre.
Lo stato maggiore russo si trovava a dover condurre una guerra decentrata migliaia di chilometri, tentando da una parte di liberare la flotta di Port Arthur dal blocco giapponese, dall’altra di portare aiuto all’esercito in Manciuria e in Corea, dove, nel frattempo, erano sbarcati i giapponesi del generale Kuroki. Ad aggravare la situazione, la crisi economica e politica che dilaniava il paese rendeva il popolo sempre meno solidale con lo Zar. Il mondo intero grazie a i corrispondenti di guerra, cominciò a familiarizzare con nomi quali Yalu, Nanshan, Liao Yang.
Le armate russe continuavano sistematicamente a perdere terreno e il 2 gennaio 1905 Port Arthur, assediata dalla terra e dal mare, cessava la resistenza. Circa tre mesi dopo, la 1a Armata Kuropaktin venne annientata a Mukden, in Manciuria, dai Giapponesi di Oyama nel corso della più gigantesca battaglia campale. Dei 380.000 Russi con un migliaio di cannoni, 30.000 furono uccisi, 40.000 feriti e altri 40.000 fatti prigionieri. Ma quando Port Arthur era ancora in mano ai russi, lo Zar, per rinsaldare il suo prestigio sempre più appannato, anelava ad una vittoria smagliante: raggiungere Port Arthur con una strabiliante spedizione navale che, salpata dal Baltico, distruggesse la flotta giapponese dopo 20.000 miglia di navigazione, gli avrebbe fornito il risultato propagandistico desiderato. Il comando della lunga spedizione navale, preceduta da un’efficace campagna di stampa, fu affidato al viceammiraglio Zinovij Petrovic Rozestvenskij, un eccellente marinaio.

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L’Italia a Tsushima

Tra le navi giapponesi in azione a Tsushima ve ne erano alcune frutto del genio cantieristico italiano che proprio in quegli anni aveva iniziato a “farsi un nome”. La Kasuga e la Nisshin, due incrociatori corazzati, erano infatti della classe “Garibaldi”, progettata e costruita in Italia dalla Ansaldo di Genova-Sestri a partire dal 1898.

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L’incrociatore Kasuga.

Queste navi disponevano di una buona protezione, dislocamento di 7750/7822 t, due torrette con un cannone da 254 mm o due da 203 mm, quattordici cannoni da 152 mm, dieci da 76 mm, sei da 47 mm, due mitragliere Maxim MG e quattro tubi lanciasiluri da 450mm. Gli incrociatori corazzati vennero sviluppati dalla Russia, intorno agli anni Settanta-Ottanta. Ebbero subito un successo travolgente. Concepiti per lunghe crociere corsare, a questo tipo di navi si richiedeva una velocità sufficiente a sfuggire alle corazzate, ma corazzatura ed armamento superiori rispetto a qualsiasi altra nave militare dell’epoca.

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La flotta Russa

La flotta russa era accreditata come la quinta del mondo, seguita subito dopo da quella nipponica, ma soffriva di alcuni gravi difetti: anzitutto, le navi erano difficilmente inquadrabili in formazione, data la disomogeneità degli armamenti e del munizionamento, oltre che della manovrabilità; in secondo luogo, la corruzione di industriali e militari aveva avuto come conseguenza gravi carenze strutturali, armamentali e logistiche; infine, le ciurme e gli ufficiali, tranne rare eccezioni, erano impreparati: la grande massa dei marinai era costituita dai mugik, tenaci e disciplinati ma assolutamente non in grado di eseguire manutenzione ordinaria anche degli apparati più semplici; gli ufficiali erano generalmente poco competenti e, comunque, invisi ai loro uomini.
Composta di 7 corazzate (4 delle quali neppure collaudate), 2 incrociatori corazzati, 6 leggeri e 9 caccia, la flotta di Rozestvenskij partiva per la più imponente operazione navale della storia senza alcuna probabilità di successo, neppure sulla carta, poiché fin dall’inizio era evidente che, dopo una navigazione di sette mesi, uomini e macchinari sarebbero stati esausti: le caldaie avrebbero fornito una potenza ridotta e le incrostazioni sotto gli scafi avrebbero diminuito la velocità potenziale della flotta.

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La corazzata Orel.

Inoltre il fattore sorpresa sarebbe mancato del tutto: per conoscere ogni mossa del nemico, e attenderlo dove e quando avesse fatto loro più comodo, ai Giapponesi sarebbe bastato semplicemente leggere i giornali. A causa della distanza, poi, la spedizione avrebbe richiesto un’organizzazione logistica molto onerosa per i Russi (rifornimento di carbone per le navi a vapore, ognuna delle quali aveva un’autonomia massima di 10 giorni, scorte di viveri e acqua), mentre i Giapponesi combattevano a poche miglia dai loro porti. Gli armamenti superati, la scarsità dei pezzi di ricambio e l’inadeguatezza del servizio sanitario di bordo, impotente di fronte a tifo e ad enterite che i climi caldi avrebbero scatenato fra gli equipaggi, avrebbero ridotto ancora di molto la potenzialità bellica dei Russi.
Infine occorre ricordare la quasi totale assenza di efficienti apparati radiotelegrafici sulla flotta russa, al contrario della nemica.

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Obici e corazze

A Tsushima i Giapponesi impiegarono, per la prima volta, un particolare esplosivo frutto della combinazione del tradizionale shimose con un nuovo prodotto brevettato da un americano. Per i russi avrebbe costituito una amara sorpresa: i colpi dei giapponesi esplodevano sulle corazze delle loro navi senza riuscire a penetrarle, ma producevano uno spostamento d’aria tale da ottenerne lo “scollamento” dello scafo.
L’acqua, allora, penetrava nei punti scalzati rallentando ancor di più le loro già sovraccariche navi, mentre le enormi temperature liberate dall’esplosivo producevano un gas verde-giallo che permetteva ai giapponesi di apprezzare se il colpo tirato fosse o meno a bersaglio e, quindi, di correggere il tiro con rapidità e facilità.
Ai Russi, invece, che usavano ogive di ghisa ed esplosivi senza fumo, riusciva difficilissimo apprezzare il tiro e, anche quando lo avessero centrato, penetrare le corazze avversarie. L’ammiraglia giapponese Mikasa a fine battaglia avrebbe contato 30 colpi incassati e nessuna falla. Le restanti navi giapponesi incassarono complessivamente ben 138 colpi solo dai calibro 305 russi, ma nessuna venne affondata.

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Le avvisaglie

Compattezza, velocità e potenza in battaglia, hanno sempre prevalso sul numero, ma a Rozestvenskij fu imposto di condurre con sé anche navi vecchie, lente e prive ormai di valore bellico. Riuniti nella squadra di Nebogatov e accorporati a quella di Folkersham, il quale morì pochi giorni prima della battaglia, i “ferri da stiro”, seguendo una rotta diversa da quella di Rozestvenskij, sarebero entrati nel Mediterraneo per attraversare il canale di Suez, evitando di circumnavigare l’Africa. Comprese queste “vecchie bagnarole”, la flotta di Rozestvenskij contava 37 unità.
Partite il 15 ottobre 1904, le squadre di Folkersham e Rozestvenskij si separarono all’altezza di Gibilterra (Folkersham si diresse verso il Mediterraneo per attraversare il canale di Suez e Rozestvenskij continuò nell’Atlantico circumnavigando l’Africa) e dovevano riunirsi presso l’isola Saint Marie nel Madagascar (allora possedimento francese). Qui, nella baia di Diego Suarez (attuale Antsiranana punta a Nord-Est del Madagascar), era previsto il rifornimento di carbone e alcune riparazioni. Le autorità francesi, però, negarono l’autorizzazione ed imposero la sosta nella baia di Nosy Be, nella parte Nord-Ovest del Madagascar, meno adatta ad ospitare una flotta da guerra. La flotta giunse così nella baia nei primi di gennaio del 1905. Contrasti diplomatici bloccarono i rifornimenti di carbone previsti (con la società tedesca Hamburg-Amerika Linie) e costrinsero la flotta ad una sosta ben più lunga del previsto.

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Le rotte seguite dalle forze navali russe dal Baltico all’Estremo Oriente.

Alla flotta era stato ordinato di rompere il blocco navale di Port Arthur, ma al largo della costa africana, la flotta venne a conoscenza del fatto che Port Arthur era alla fine caduta, per cui la nuova base, dopo il ricongiungimento con Negobatov, sarebbe stato il porto di Vladivostok, unica base rimasta del Pacifico, per la necessaria messa a punto delle navi prima della liberazione di Port Arthur. La flotta di Negobatov, più lenta, procedette ad oriente dopo l’uscita dal Mar Rosso e si ricongiunse con le altre due davanti a Singapore. I mesi di ritardo risulteranno fatali per la riuscita della missione, infatti i Giapponesi ebbero il tempo di riportare in piena efficienza le loro navi. Il primo obiettivo della flotta russa era non farsi scoprire dai giapponesi fino a Vladivostok. Per alcuni giorni i Giapponesi, che la pedinavano da lontano, persero di vista la flotta russa, ma alle 2 del mattino del 27 maggio, il mercantile armato Shinano Maru, avvistata la flotta in rotta verso Vladivostok, avvertì l’Ammiraglio Togo.

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Il mercantile armato Shinano Maru.

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La Battaglia

Togo manovrò per intercettare la flotta russa non appena si fosse inoltrata nel canale di Corea, tra le isole Tsushima e Okishima. Il suo piano prevedeva di bloccare la testa della linea russa con la sua squadra e quella di Kamimura, mentre altre due divisioni navali, provenienti dal Giappone, avrebbero bloccato la coda. La scelta tattica di Togo fu il taglio della “T”, operazione contemplata dai manuali di qualunque Accademia navale, che consiste nello sbarrare la via ad una flotta che procede in linea di fila con uno schieramento ad essa perpendicolare proprio come il tratto superiore della T.
In questa posizione, mantenendosi ad una opportuna distanza media per evitare lo speronamento, si può sparare con tutte le artiglierie, mentre chi avanza può fare fuoco soltanto con le torri prodiere delle prime navi. Con il taglio della “T”, quindi, i Russi sarebbero stati privati del loro unico vantaggio: il maggior numero di cannoni da 305 mm. I sommergibili giapponesi e gli incrociatori ausiliari (in sostanza mercantili poco o per nulla armati) delle due parti non intervennero nella battaglia e alle torpediniere nipponiche furono affidate l’esplorazione e il colpo di grazia ad unità già agonizzanti.

Questo il conto delle forze in campo:

Tipo nave Russe Giapponesi
Corazzate 8 4
Guardacoste 3 1
Incrociatori corazzati 3 11
Incrociatori leggeri 6 12
Cacciatorpediniere 12 20
Torpediniere 70
Navi ausiliarie(disarmate) 5 10
Sommergibili 13
Totali 37 142
Tonnellate 206.300 289.000

Rozestvenskij era imbarcato sulla corazzata Suvorov, Togo sulla corazzata Mikasa. Alle 10:20 del 27 maggio le navi russe procedevano in rotta per Vladivostok, suddivise in tre divisioni e su due file parallele. Omettendo, per chiarezza, l’indicazione del naviglio minore, eccone la disposizione: in testa Rozestvenskij con 4 corazzate (Suvorov, Aleksandr III, Borodino, Orel); a seguire tre lente corazzate ed un incrociatore (Osljabja, Sissoj Velikij, Navarin, Adm. Nachimov), poi la squadra di Folkersham, la cui morte era stata tenuta nascosta agli equipaggi; in coda Negobatov sulla vetusta corazzata Nicolaj I con tre antidiluviani “guardiacoste” corazzati, aggiuntisi alla flotta in un secondo momento.

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La corazzata Suvorov di Rozestvenskij.

 

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La corazzata Mikasa di Togo.

Una quarta divisione, che raccoglieva vari incrociatori, era in posizione più arretrata e parallela di bordo alla divisione Negobatov, con il compito di scortare le navi ausiliarie e logistiche che erano ancora più ad est. Togo, proveniente dalla Corea rotta sud-est, aveva 4 corazzate con se (Mikasa, Asahi, Fuji, Shikishima) e i 2 incrociatori di produzione italiana (Kasuga, Nishin). Da sud, la squadra “Kataoka”, con 8 incrociatori, composta dalle divisioni di Uriu e Dewa, affiancava ormai la linea russa, mentre Kamimura proveniva da est con altri 6 incrociatori.

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La battaglia – Rotte avvicinamento.

Il contatto visivo era stato stabilito alle ore 09:30. Subito gli equipaggi di entrambe le flotte indossarono biancheria e uniformi pulite, per limitare il rischio di infettare le ferite. Alle 11:30, partì il primo colpo dei Russi contro gli incrociatori giapponesi alla loro sinistra, che si sganciarono subito. Alle 12:00 il rancio: gli ufficiali russi brindarono per l’anniversario dell’incoronazione della coppia imperiale, mentre altrettanto facevano quelli giapponesi per il genetliaco della loro imperatrice.

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La battaglia – Ore 11.30.

Poco dopo riapparvero improvvisamente, con rotta ortogonale ai russi, gli incrociatori di Dewa, accompagnati da numerosi cacciatorpediniere. Rozestvenskij accostò (ovvero, cambiò direzione) intendendo prepararsi a respingere l’attacco silurante, ma la Alexandr III non capì l’ordine o comunque lo eseguì male, cosicché le navi russe si scompaginarono su tre colonne e, per riassumere la linea di fila, avrebbero dovuto impiegare almeno un’altra ora. Intanto gli “esploratori” raggiunsero le navi onerarie russe per dirigerle lontano dalla battaglia.

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La battaglia – Attacco al siluro della divisone Dewa e accostata della flotta russa.

Togo, accortosi di essere in anticipo per effettuare l’esecuzione del taglio della “T”, ordinò alla propria squadra una manovra di accostamento, che disegnasse una “alfa” per allontanarsi momentaneamente verso nord. Togo calcolava perfettamente che le navi russe, non ancora in linea, erano troppo lente per effettuare a loro volta il taglio della “T” sul punto d’uscita dell'”alfa” giapponese. Appena Togo iniziò ad allontanarsi, la Suvorov aprì il fuoco, incredibilmente senza ottenere risultati fino al termine della manovra giapponese. Al punto di uscita dell'”alfa”, la Mikasa rilevò a 7.000 metri al nemico, seguita dalla Shikishima e poi dalla Fuji, mentre la flotta russa non era ancora allineata!

Shikishima
La Shikishima.

 

Fuji
La Fuji.

Lo scontro tra le corazzate, le più potenti armi che la tecnologia avesse mai creato, ebbe inizio alle 14:08. La Mikasa attese che la Suvorov giungesse alla distanza di 6.000 metri per risponderle al fuoco. Shikishima e Fuji invece bombardarono la Orel. Il duello dei “leviatani” (i mostri acquatici della tradizione biblica) era cominciato.

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La battaglia – Ore 14.08.

Alle 14:27 la Mikasa aveva incassato 10 colpi da 305 senza accusare danni. I Russi, pur tentando di ribaltare la “T”, constatavano la loro lentezza rispetto ai Giapponesi. Dopo circa 30 minuti dal primo colpo, le navi giapponesi erano sulle corazzate russe, in testa alla formazione. Ciascun proiettile giapponese da 305 aveva una potenza doppia del suo equivalente russo, ma fu una nave giapponese, la Asama, a dover abbandonare per prima la lotta, seguita dalla russa Osljabja, che aveva perso il timone. Rozestvenskij, saggiamente, mantenne la rotta per non perdere l’aggiustamento del tiro dei cannoni. Alle 14:50 la Osljabja è un rottame incendiato e la Suvorov si trova sotto il tiro concentrato di 4 corazzate: combatterà fino a che potrà manovrare, poi, rimasta senza timone, cercherà di accodarsi alla disordinata linea di fila russa, ora condotta dalla Aleksandr III, che improvvisamente si dirige a tutto vapore (10 nodi) verso Nord, puntando sulla coda della flotta giapponese, con al seguito le navi superstiti. Le navi da battaglia russe navigano, dunque, di nuovo verso Vladivostok, e Togo è costretto a invertire la rotta, perdendo prima il contatto balistico e quindi quello visivo con la flotta russa.

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La battaglia – Il taglio della T.

Gli incrociatori di Kamimura, filando a 16 nodi, ben presto sono di nuovo davanti alla Aleksandr III, in perfetta linea con le bocche da fuoco convergenti. Alle 16:30 la Suvorov ancora sparava, con un solo cannone da 76 mm; Rozestvenskij, ferito quattro volte, fu trasbordato per due volte, prima di essere fatto prigioniero. La Suvorov venne, infine, silurata. Intanto, si inabissava la Aleksandr III, in seguito ad un’esplosione a bordo, affondando di poppa con l’intero equipaggio di 829 uomini, compreso il comandante Buchvostov, il quale, del resto, aveva brindato alla morte già prima di partire. Sulla Orel, ormai preda delle fiamme, 200 feriti sul ponte furono gettati a mare perché morissero tra le onde piuttosto che bruciati a bordo. Ad una ad una, dunque, le grandi navi russe uscivano dalla linea di battaglia e andavano a morire come animali solitari. Alle 19:30, infine, il crepuscolo fu squarciato da un lampo e da una deflagrazione assordante: la Borodino saltava in aria (ci sarebbe stato un solo superstite).

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La corazzata Borodino.

Mentre si svolgeva questo dramma, poco più a sud 9 incrociatori russi rispondevano alle 17 navi giapponesi che infierivano sulle navi onerarie, lente e disarmate. I giapponesi, in questo episodio, non riuscirono ad imporre la loro supremazia poiché il munizionamento impiegato era ancora quello di tipo tradizionale. Per affondare due onerarie, un incrociatore leggero e catturare una nave ospedale, essi dovettero pagare un prezzo altissimo: la Kasagi, la Chitose e il Takachico dovettero abbandonare il combattimento. Inoltre con il sopraggiungere della divisione “pesante” di Nebogatov, che nel frattempo aveva accostato verso sud, anche il Matsushima fu colpito, così tutte le divisioni “levriere” giapponesi fuggirono verso levante. Paradossalmente, al calare delle tenebre, l’unica squadra rimasta era quella dei “ferri da stiro” di Nebogatov, che inizialmente teneva la posizione di coda nella linea da battaglia russa e che ora poté raccogliere intorno a se alcuni caccia e incrociatori superstiti. Sarebbero riusciti i Russi ad attraversare quel braccio di mare interrompendo il contatto e facendo perdere le loro tracce al nemico?

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La battaglia – Nebogatov.

Con gli ultimi raggi radenti del sole le forze di Togo sembrarono ritirarsi e l’ultimo ammiraglio russo innalzò il segnale “seguitemi”. Nebogatov aveva adesso la responsabilità di tutta la flotta, ma con la notte giunsero gli attacchi delle torpediniere giapponesi, che silurarono altre sei unità. Alcune di queste colarono a picco immediatamente, altre, immobilizzate, si autoaffondarono. Al mattino seguente Nebogatov, sulla plancia della sua vecchia corazzata Nikolaj I, contava intorno a se soltanto sette unità russe, tutte già martoriate e ferite. Sull’orizzonte, che andava schiarendosi sempre più, si stagliava il profilo della flotta nipponica, che durante la notte aveva sopravanzato il nemico ed ora lo attendeva per finirlo. Nebogatov, a questo punto, fece alzare sulla Nikolaj I il segnale internazionale XHG, che significa “mi arrendo”. Egli era cosciente che questa decisione avrebbe comportato la condanna a morte per viltà inflittagli dalla corte marziale, ma il suo consapevole sacrificio personale intendeva risparmiare alle fiamme o alle onde alcune centinaia di uomini. Poiché Togo, diffidente, faceva continuare il fuoco, sulla Nikolaj I venne issata la bandiera del Sol Levante, ma l’ammiraglio giapponese seguitava a far sparare le proprie navi.
Il capo del suo Stato Maggiore, il contrammiraglio Kato, allora non si trattenne più e gli disse: «Signor ammiraglio, quello che lei fa è contrario allo spirito del Bushido». Togo lo guardò come uscito da un sogno, e, passandosi una mano sugli occhi, ordinò di cessare il fuoco. I comandanti russi che seguirono l’esempio di Nebogatov furono soltanto tre: altri quattro tentarono di fuggire pur di non arrendersi e l’ultimo di questi si inabissò con il suo Ushakov a mezzogiorno. Perché la flotta russa fosse annientata erano state necessarie 31 ore.

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La battaglia – Rastrellamento navi russe in fuga.

Delle 37 navi russe 22 erano state affondate, 6 si erano fatte internare in porti neutrali, altre 6 si erano arrese e soltanto 3 avevano raggiunto Vladivostok. I morti nella sola battaglia furono 4.505. I Giapponesi, oltre alle navi danneggiate, persero tre torpediniere ed accusarono la perdita di 177 morti e 282 feriti. Togo in visita a Rozestvenskij, ricoverato all’ospedale di Tokyo, ascoltò da lui queste parole: «Dio non mi ha concesso di morire in battaglia» e gli mormorò all’orecchio: «Capisco la vostra amarezza».

TSUSHIMA

Le conseguenze

Dopo Tsushima, il Giappone dominava l’Asia orientale, ma il pubblico mondiale e ancor più, la diplomazia erano costernati. Pochi giorni dopo la battaglia, in Russia si sarebbe scatenato l’ammutinamento della corazzata Potemkin. Chi avrebbe, allora, potuto arginare l’espansione giapponese, tanto più che l’esercito russo, tra l’altro, era ormai allo sbando “rivoluzionario”.

Potemkin
La corazzata Potemkin.

Inghilterra e USA costituirono un castello di azioni diplomatiche e propagandarono il concetto che nessuno dovesse calpestare i diritti della Cina, mentre lo Zar, offeso dalle richieste nipponiche, ordinò la mobilitazione in tredici province del suo sterminato impero. Si giunse così a imporre una pace che al Giappone suonò come una grottesca truffa.
Quando il popolo insorse, l’Imperatore rivelò con un proclama pubblico, la verità sulla situazione dell’Impero: il Giappone aveva perso 500.000 uomini, la sua economia era in rovina ed il suo debito alle stelle. Il popolo allora capì, tacque, lavorò, attese. Ma non avrebbe mai dimenticato quella pace: Pearl Harbour e Singapore sarebbero stati gli amari frutti raccolti da Stati Uniti e Gran Bretagna.

TSUSHIMA

Se avessero vinto i Russi

Tsushima_obelisco
L’obelisco dedicato a Tsushima a San Pietroburgo.

C’era un solo modo per vincere: non appena giunto nelle acque del Madagascar, Rozestvenskij aveva mandato a chiedere allo Zar di utilizzare la flotta come mezzo di pressione per ottenere le migliori condizioni possibili di pace. Egli aveva ben presente, quindi, che anche se fosse riuscito a raggiungere la meta, Vladivostok, null’altro sarebbe accaduto che un nuovo blocco giapponese dal mare, così come per Port Arthur.
I Giapponesi avrebbero minato tutte le uscite del porto e logorato poco a poco le sue già misere scorte; d’altro lato, la Ferrovia Transiberiana non avrebbe mai potuto trasportare i materiali necessari per raddobbi e, al tempo stesso, per l’esercito di terra. Un’eventuale vittoria russa a Tsushima, quindi, non avrebbe potuto essere sfruttata né su un piano politico-diplomatico, né su un piano strategico.

La corazzata Potemkin

La ventata rivoluzionaria che sconvolse la Russia nel 1905 ebbe tra gli equipaggi della flotta del Mar Nero uno dei suoi punti di forza. Molti di quegli uomini, sconvolti anche per il “tradimento” di Tsushima, si unirono alle dimostrazioni degli operai di Odessa e presto ne condivisero motivi e parola d’ordine. Sulla Kniaz Potemkin Tavricevsky l’equipaggio insorse per un rancio verminoso. Alla spietata e ingiustificata risposta dell’ufficiale in seconda, fucilazione dei responsabili della sommossa, l’equipaggio issò “bandiera rossa” e fece rotta su Odessa per unirsi ai rivoltosi. Ma dell’intera flotta una sola nave si unì alla rivolta, mentre le altre inaugurarono subito la caccia agli ammutinati.

Panteleimon
La corazzata Panteleimon.

Alla Potemkin non restò che rifugiarsi nelle acque rumene, dove si autoaffondò, e dalle quali verrà recuperata nel Luglio successivo. La nave fu ribattezzata Panteleimon (“cafone”, “zotico”), con chiaro intento dispregiativo. I 600 uomini dell’equipaggio si dispersero in Romania. I pochi che tornarono in patria per arrendersi vennero trattati con clemenza. Tempo dopo altre rivolte di marinai vi furono a Sebastopoli e a Kronstandt, ma tutto fu soffocato nel sangue.

FONTE:http://www.arsbellica.it/pagine/contemporanea/Tsushima/Tsushima.html

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