RASSEGNA STAMPA DETTI E SCRITTI
28 APRILE 2021
A cura di Manlio Lo Presti
Esergo
Chi si abitua ad una falsa idea
accetterà volentieri qualsiasi errore.
J. W. GOETHE, Aforismi sulla natura, SE, 1994, N. 163, Pag. 38
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SOMMARIO
Prove tecniche di “pass” per accedere al supermercato…
Provvedimento di avvertimento in merito ai trattamenti effettuati relativamente alla certificazione
verde per COvid-19 prevista dal d.l. 22 aprile 2021, n. 52 – 23 aprile 2021
DOMANDE FREQUENTI – Trattamento di dati relativi alla vaccinazione anti Covid-19 nel contesto lavorativo – versione vademecum
Libri “porno” alle elementari di Fiumicino, il Comune: “Non eravamo a conoscenza dei contenuti”
Libri “porno” alle elementari di Fiumicino, scoppia il caso
Il clima è il nuovo Covid
Nwo, Meluzzi: più di un anno fa ho detto cosa sarebbe accaduto
I GIOVANI E LA PANDEMIA
Come ha fatto Roma ad accumulare 12 miliardi di debito storico
I cimiteri capitolini nel caos
Afghanistan, il piano Usa di una nuova catastrofe
Sulla felicità e la tristezza
Fiaba: la Volpe e il Re dei Ratti
Inventori di malattie
La svolta verso la nuova religione mondiale
Vietato parlare dell’Oro degli Dei: YouTube oscura Bizzi
banditi Mozart e Beethoven perché “suprematisti”
India: l’impostura mediatica
M. Della Luna: Abusi e bugie: così stanno “riscrivendo” la Costituzione.
I 12 mega-finanziatori della politica USA
IL PNRR E L’IDRAULICA KEYNESIANA
“CONNESSIONI” di Francesca Sifola
Bnl: 36 giorni senza poter mai accedere al proprio conto, ostaggio della filiale
Dopo la sentenza contro l’obbligo della maschera: le autorità perquisiscono l’appartamento e l’ufficio del giudice
Studio in Francia: dal 2017 il 44% di aumento demografico deriva dagli immigrati
Il Medio Oriente si riorganizza
Covid, West Virginia: buoni da 100 dollari ai giovani che si vaccinano
IL DDL ZAN RESTAURA L’ILLUMINATA TIRANNIDE ATENIESE
Qualche dubbio sul Caso Grillo
Idee per la creazione di un blocco sociale di resistenza unito
Newsweek (incredibilmente) ci parla di sangue estratto dai bambini.
Lo scienziato Bellavite: “No all’obbligo di sperimentazione di massa, sì alla libertà informata”
Il padre di Paolo Mieli e i protagonisti dell’informazione di massa antiitaliana
Non furono i partigiani a decidere la fine di Mussolini
Chi liberò veramente l’Italia
IN EVIDENZA
Prove tecniche di “pass” per accedere al supermercato…
I carabinieri avrebbero trovato tracce di Covid-19 nei POS di diversi supermercati. È piuttosto probabile che per fare i test abbiano usano i tamponi PCR, che sfornano falsi positivi qualsiasi cosa questi tocchino, incluse capre e papaye, come disse Magufuli.
In questo modo, il sistema punta a far passare il falso messaggio che nessun sistema di pagamento fisico è sicuro. In altre parole, stanno preparando il terreno ai pagamenti con i microchip sottocutanei. Stanno preparando il terreno al marchio della Bestia (C. Sacchetti).
… e ci prende anche per il k
25 aprile: ci descrive i crimini che ci sta facendo subire, e li attribuisce al passato fascismo
FONTE: https://www.maurizioblondet.it/prove-tecniche-di-pass-per-accedere-al-supermercato/
Provvedimento di avvertimento in merito ai trattamenti effettuati relativamente alla certificazione verde per COvid-19 prevista dal d.l. 22 aprile 2021, n. 52 – 23 aprile 2021
(in corso di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale)
Registro dei provvedimenti
n. 156 del 23 aprile 2021
IL GARANTE PER LA PROTEZIONE DEI DATI PERSONALI
NELLA riunione odierna, alla quale hanno preso parte il prof. Pasquale Stanzione, presidente, la prof.ssa Ginevra Cerrina Feroni, vicepresidente, il dott. Agostino Ghiglia e l’avv. Guido Scorza, componenti, e il cons. Fabio Mattei, segretario generale;
VISTO il Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016, relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati e che abroga la direttiva 95/46/CE, “Regolamento generale sulla protezione dei dati” (di seguito “Regolamento”);
VISTO il Codice in materia di protezione dei dati personali, recante disposizioni per l’adeguamento dell’ordinamento nazionale al Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016, relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati e che abroga la direttiva 95/46/CE (d.lgs. n. 196 del 30 giugno 2003, di seguito “Codice”);
VISTA la documentazione in atti;
VISTE le osservazioni formulate dal segretario generale ai sensi dell’art. 15 del regolamento del Garante n. 1/2000;
RELATORE il prof. Pasquale Stanzione;
PREMESSO
Con il decreto legge del 22 aprile 2021, n. 52, sono state introdotte misure urgenti per contenere e contrastare l’emergenza epidemiologica da Covid-19 concernenti anche gli spostamenti sul territorio nazionale, le modalità di svolgimento di spettacoli aperti al pubblico ed eventi sportivi e di fiere, convegni e congressi.
In particolare, il decreto prevede che gli spostamenti in entrata e in uscita dai territori delle Regioni e delle Province autonome collocati in zona arancione o rossa siano consentiti anche ai soggetti muniti delle certificazioni verdi (art. 2). Tali certificazioni inoltre possono costituire condizione di accesso a eventi qualora previsto dalle linee guida adottate dalla Conferenza delle Regioni o delle Province autonome o dal sottosegretario in materia di sport (art. 5, comma 4). Le linee guida adottate ai sensi dell’art. 1, comma 14, d.l. n. 33/2020 possono prevedere che l’accesso a fiere, convegni e congressi possa essere riservato soltanto ai soggetti in possesso delle certificazioni verdi (art. 7, comma 2).
Il decreto prevede che le certificazioni verdi possano essere rilasciate, su richiesta dell’interessato, al fine di attestare il completamento del ciclo vaccinale, l’avvenuta guarigione da Covid-19 e l’effettuazione di test antigenico rapido o molecolare con esito negativo al virus SARS-CoV-2 (art. 9, comma 2).
Il decreto dispone una diversa durata della validità delle predette certificazioni in relazione alle condizioni per il rilascio: sei mesi in caso di completamento del ciclo vaccinale e di avvenuta guarigione, 48 ore in caso di test con esito negativo (art. 9 commi 3, 4 e 5).
Le disposizioni relative alla certificazione verde sono applicabili in ambito nazionale, fino alla data di entrata in vigore degli atti delegati per l’attuazione delle disposizioni di cui al regolamento del “Parlamento europeo e del Consiglio su un quadro per il rilascio, la verifica e l’accettazione di certificazioni interoperabili relativi alla vaccinazione, ai test e alla guarigione per agevolare la libera circolazione all’interno dell’Unione Europea durante la pandemia di Covid-19 che abiliteranno l’attivazione della Piattaforma nazionale” digital green certificate (Piattaforma nazionale-DGC) (art. 9, comma 9).
Il decreto legge prevede inoltre che con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, adottato di concerto con i Ministri della salute, dell’innovazione tecnologica della transizione digitale e dell’economia e delle finanze, sentito il Garante per la protezione dei dati personali, siano stabilite: “le specifiche tecniche per assicurare l’interoperabilità delle certificazioni verdi Covid-19 e la piattaforma nazionale per il DGC, nonché tra questa e le analoghe piattaforme istituite negli altri Stati membri dell’Unione europea, tramite il Gateway europeo”, “i dati che possono essere riportati nelle certificazioni verdi COVID-19, le modalità di aggiornamento delle certificazioni, le caratteristiche e le modalità di funzionamento della Piattaforma nazionale -DCG, la struttura dell’identificativo univoco delle certificazioni verdi COVID-19 e del codice a barre interoperabile che consente di verificare l’autenticità, la validità e l’integrità delle stesse, l’indicazione dei soggetti deputati al controllo delle certificazioni, i tempi di conservazione dei dati raccolti ai fini dell’emissione delle certificazioni, e le misure per assicurare la protezione dei dati personali contenuti nelle certificazioni” (art. 9, comma 10).
Dalla data di entrata in vigore del decreto legge e nelle more dell’adozione del predetto decreto attuativo, le strutture sanitarie pubbliche e private, le farmacie, i medici di medicina generale e i pediatri di libera scelta possono comunque rilasciare le predette certificazioni verdi assicurando “la completezza degli elementi indicati” nell’allegato 1 al decreto.
OSSERVA
Per i profili di competenza dell’Autorità si osserva che il decreto legge del 22 aprile 2021, n. 52, non rappresenta una valida base giuridica per l’introduzione e l’utilizzo dei certificati verdi a livello nazionale.
Nel progettare l’introduzione della certificazione verde, quale misura volta a contenere e contrastare l’emergenza epidemiologica da Covid-19, si ritiene che non si sia tenuto adeguatamente conto dei rischi, di seguito illustrati, che l’implementazione della misura determina per i diritti e le libertà degli interessati, e, quindi, non siano state adottate le misure tecniche e organizzative adeguate per attuare in modo efficace i principi di protezione dei dati, integrando nel trattamento degli stessi le garanzie necessarie a soddisfare i requisiti previsti dal Regolamento (UE) 2016/679 e a tutelare i diritti degli interessati (art. 25, par. 1, del Regolamento).
In particolare, si ritiene che le disposizioni di cui al decreto legge del 22 aprile 2021, n. 52, presentino le seguenti criticità:
- Mancata consultazione del Garante
In via preliminare, si rileva che, in violazione dell’art. 36, par. 4, del Regolamento, il decreto legge del 22 aprile 2021, 52, è stato adottato senza che il Garante sia stato consultato.
Il tempestivo e necessario coinvolgimento dell’Autorità, previsto anche “durante l’elaborazione di una proposta di atto legislativo”, oltre a evitare il vizio procedurale, avrebbe consentito all’Autorità di indicare tempestivamente modalità e garanzie contribuendo all’introduzione di una misura necessaria al contenimento dell’emergenza epidemiologica, rispettosa della disciplina in materia di protezione dei dati personali fin dalla progettazione.
Il carattere di urgenza della norma non costituisce condizione ostativa al preventivo coinvolgimento dell’Autorità, atteso che il Garante, nell’ultimo anno, consapevole della necessità che le disposizioni sottoposte alla sua attenzione fossero adottate tempestivamente, ha sempre reso i pareri di propria competenza sugli atti normativi predisposti in merito all’emergenza sanitaria in tempi molto ristretti, fornendo, laddove necessario, il proprio parere anche d’urgenza a firma del Presidente (cfr. ex multis Parere sulla proposta normativa per la previsione di un’applicazione volta al tracciamento dei contagi da Covid-19 del 29 aprile 2020; Parere su uno schema di disposizione normativa volta a consentire indagini di sieroprevalenza sul SARS-COV-2 al Ministero della salute e all’Istat per finalità epidemiologiche e statistiche del 4 maggio 2020; Autorizzazione al Ministero della salute ad avviare il trattamento relativo al Sistema di allerta Covid-19, di cui all’art. 6 del d.l. 30 aprile 2020, n. 20 del 1.6.2020; Parere su schema di decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze, di concerto con il Ministero della salute, relativo ai trattamenti di dati personali effettuati tramite il Sistema Tessera Sanitaria nell’ambito del sistema di Allerta Covid 19 di cui all’art. 6, comma 1 del decreto legge n. 30/04/2020, n. 28 del 1.6.2020; Parere d’urgenza del Presidente al MEF sulla ricetta elettronica dematerializzata del 19.3.20, ratificato dal Collegio il 26.3.20).
Al riguardo, si evidenzia che, già in data 8 aprile u.s., il Presidente dell’Autorità aveva rappresentato alla Commissione Affari Costituzionali del Senato della Repubblica la necessità di un coinvolgimento preventivo dell’Autorità nel processo legislativo, in relazione all’introduzione dei passaporti vaccinali, richiamando la proficua collaborazione istituzionale fornita con riferimento anche al sistema nazionale di allerta Covid (Memoria del Presidente del Garante – Profili costituzionali dell’eventuale introduzione di un “passaporto vaccinale” per i cittadini cui è stato somministrato il vaccino anti SARS COV2 dell’8 aprile 2021).
Nell’imminenza dell’adozione del predetto decreto legge, il Presidente ha inoltre inviato una nota al Presidente del Consiglio dei Ministri e al Ministro della salute proprio in merito al necessario coinvolgimento dell’Autorità in fase di adozione dell’atto normativo in materia di passaporti vaccinali (note del 21 aprile 2021).
Si segnala inoltre che l’introduzione della certificazione verde, quale misura volta a contenere e contrastare l’emergenza epidemiologica da Covid-19, determinando un trattamento sistematico di dati personali, anche relativi alla salute, su larga scala, che presenta un rischio elevato per i diritti e le libertà degli interessati in relazione alle conseguenze che possono derivare alle persone con riferimento alla limitazione delle libertà personali, avrebbe reso sicuramente opportuno effettuare una preventiva valutazione di impatto ai sensi dell’art. 35, par. 10 del Regolamento. Ciò, in particolare, in quanto la misura, prevista dal decreto legge, entra in vigore sin dal giorno successivo alla sua pubblicazione.
- Inidoneità della base giuridica
Come anzidetto il predetto decreto legge non rappresenta una valida base giuridica per l’introduzione e l’utilizzo dei certificati verdi a livello nazionale in quanto risulta privo di alcuni degli elementi essenziali richiesti dal Regolamento (artt. 6, par. 2 e 9) e dal Codice in materia di protezione dei dati personali (artt. 2 ter e 2 sexies).
In via principale, l’impianto normativo non fornisce un’indicazione esplicita e tassativa delle specifiche finalità perseguite attraverso l’introduzione della certificazione verde, elemento essenziale al fine di valutare la proporzionalità della norma, richiesta dall’art. 6 del Regolamento, anche alla luce di quanto affermato dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 20 del 21 febbraio 2019, secondo cui la base giuridica che individua un obiettivo di interesse pubblico deve prevedere un trattamento di dati personali proporzionato rispetto alla finalità legittima perseguita.
Come rappresentato dal Presidente dell’Autorità nella citata memoria, soltanto una legge statale può subordinare l’esercizio di determinati diritti o libertà all’esibizione di tale certificazione. Alla luce di ciò, si palesa, in primo luogo, l’indeterminatezza delle finalità della disposizione relativa alla introduzione delle certificazioni verdi, determinata dalla mancata individuazione puntuale delle fattispecie in cui possono essere utilizzate con esclusione dell’utilizzo di tali documenti in altri casi non espressamente previsti dalla legge.
La mancata specificazione delle finalità per le quali possono essere utilizzate le predette certificazioni assume infatti particolare rilievo con riferimento alla possibilità che tali documenti possano successivamente essere ritenuti una condizione valida anche per l’accesso a luoghi o servizi o per l’instaurazione o l’individuazione delle modalità di svolgimento di rapporti giuridici, allo stato non espressamente indicati nel decreto legge (es. in ambito lavorativo o scolastico).
L’assenza di una puntuale indicazione delle finalità non consente neanche una valutazione in ordine alla compatibilità delle predette certificazioni con quanto previsto a livello europeo, tenuto peraltro anche conto che il loro utilizzo sembrerebbe essere temporaneo in attesa dell’adozione delle analoghe certificazioni individuate dall’Unione europea.
Al riguardo, si rileva che la norma risulta anche priva dell’indicazione delle motivazioni in forza delle quali si rende necessario introdurre, in via provvisoria, le predette certificazioni verdi, stante la prossima adozione della proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio sul certificato verde digitale (2021/0068 (COD) del 17.3.2021), con riferimento alla quale sono state fornite indicazioni dal Comitato europeo per la protezione dei dati (EDPB) e dall’European Data Protection Supervisor (EDPS) nel parere congiunto reso il 31 marzo 2021 (EDPB-EDPS Joint Opinion 04/2021 on the Proposal for a Regulation of the European Parliament and of the Council on a framework for the issuance, verification and acceptance of interoperable certificates on vaccination, testing and recovery to facilitate free movement during the COVID-19 pandemic (Digital Green Certificate).
La mancata indicazione delle motivazioni che hanno indotto il Governo all’adozione provvisoria delle predette certificazioni, in attesa degli analoghi documenti previsti a livello unionale, non permette infine di valutare se lo stesso abbia tenuto in debita considerazione i rischi di eventuali disallineamenti in merito alle caratteristiche e alle funzionalità dei due documenti.
Si evidenzia poi che le previsioni secondo cui, nelle more dell’adozione del previsto decreto di attuazione, è ammesso l’utilizzo delle certificazioni verdi redatte sulla base di quanto indicato nell’allegato 1 al decreto e dei certificati di guarigione rilasciati dalle strutture sanitarie, prima dell’entrata in vigore del decreto legge, non risultano conformi alla disciplina in materia di protezione dei dati personali, in quanto tali documenti risulterebbero essere rilasciati in assenza delle misure che saranno individuate con il decreto delegato indicato nell’art. 9, comma 10 (art. 9, commi 4 e 10).
- Principio di minimizzazione dei dati
Il decreto legge viola il principio di minimizzazione dei dati secondo cui gli stessi devono essere adeguati, pertinenti e limitati a quanto necessario rispetto alle finalità per le quali sono trattati (art. 5, par. 1 lett. c) del Regolamento).
In particolare, atteso che, in virtù di quanto disposto dagli artt. 2, 5 e 7 del decreto, gli spostamenti in entrata e in uscita dai territori delle Regioni e delle Province autonome collocati in zona arancione o rossa sono consentiti anche ai soggetti muniti delle certificazioni verdi e che la partecipazione a determinati eventi e manifestazioni aperte al pubblico può essere condizionata all’esibizione di tali certificazioni, si ritiene che le stesse debbano riportare esclusivamente i seguenti dati: dati anagrafici necessari a identificare l’interessato; identificativo univoco della certificazione; data di fine validità della stessa.
Tali dati si configurano infatti quali necessari a consentire ai soggetti preposti ai controlli di verificare che la persona che esibisce la certificazione si trovi in una delle condizioni indicate dal decreto (vaccinazione, guarigione o test negativo) per usufruire della certificazione verde (in tal senso cfr. anche la posizione espressa dal Comitato europeo per la protezione dei dati (EDPB) e dall’European Data Protection Supervisor (EDPS) nel parere congiunto reso il 31 marzo 2021).
Alla luce del predetto principio di minimizzazione, si ritiene infatti che non sia pertinente indicare sulla certificazione ulteriori informazioni e che non sia necessario l’utilizzo di modelli di certificazioni verdi diversi a seconda della condizione (vaccinazione, guarigione, test negativo) in forza della quale le stesse sono rilasciate, atteso che il decreto non prevede ipotesi diverse per il relativo utilizzo.
La verifica sulla validità della certificazione, in funzione della diversa durata di validità della stessa, può essere utilmente effettuata sulla base dell’indicazione nella certificazione della data di fine validità della stessa, campo attualmente non previsto tra quelli indicati nell’allegato 1 al decreto.
In conformità al richiamato principio di minimizzazione del dato, tali informazioni sarebbero sufficienti a consentire la verifica dei documenti senza far conoscere, al soggetto deputato al controllo, la condizione, anche relativa a vicende sanitarie dell’interessato, in funzione della quale la stessa è stata rilasciata.
Ciò stante, la previsione di tre differenti modelli di certificazioni verdi in funzione della condizione in cui versa l’interessato e l’indicazione sulle stesse di numerosi dati personali, anche relativi alla salute, espressamente elencati nell’allegato 1 al decreto, si pongono in contrasto con il citato principio di minimizzazione dei dati.
- Principio di esattezza
Il decreto legge del 22 aprile 2021, 52, si ritiene violi anche il principio di esatezza dei dati secondo cui gli stessi devono essere esatti e, se necessario, aggiornati e devono essere adottate tutte le misure ragionevoli per cancellare o rettificare tempestivamente i dati inesatti rispetto alle finalità per le quali sono trattati (art. 5, par. 1, lett. d) del Regolamento).
Considerato che, secondo quanto indicato nel decreto, l’utilizzo delle predette certificazioni costituirebbe una delle condizioni per consentire gli spostamenti dalle regioni e province autonome collocati in zona arancione o rossa, ovvero per limitare la libertà di spostamento individuale, nonché per poter partecipare ad eventi e manifestazioni aperte al pubblico, è necessario che le stesse siano redatte sulla base di informazioni esatte e aggiornate. Il requisito di esattezza dei dati si pone infatti come essenziale nella valutazione della proporzionalità della limitazione e della idoneità della misura di contenimento e contrasto dell’emergenza epidemiologica da Covid-19.
La previsione transitoria secondo cui, nelle more dell’adozione del decreto attuativo che istituisce la piattaforma nazionale DGC, sia consentito l’utilizzo delle certificazioni di guarigione rilasciate prima dell’entrata in vigore del decreto legge e delle certificazioni verdi redatte sulla base dell’allegato 1 al predetto decreto appare in contrasto con il principio di esattezza dei dati, ponendo inoltre significativi rischi in ordine alla reale efficacia della misura di contenimento e alla compromissione indebita dei diritti e delle libertà fondamentali dell’interessato.
Il predetto sistema transitorio non consente infatti di verificare l’attualità delle condizioni attestate nella certificazione, perché non può tener conto, in assenza della piattaforma, delle eventuali modificazioni delle condizioni relative all’interessato (sopraggiunta positività) successive al momento del rilascio della stessa (art. 9, comma 4).
- Principio di trasparenza
Il decreto legge viola il principio di trasparenza non indicando in modo chiaro le puntuali finalità perseguite, le caratteristiche del trattamento e i soggetti che possono trattare i dati raccolti in relazione all’emissione e al controllo delle certificazioni verdi (artt. 5, par. 1, lett. e) e 6, par. 3, lett. b) del Regolamento). Il decreto infatti, oltre a non individuare in modo puntuale le finalità, non indica i soggetti che trattano le predette informazioni e che possono accedervi, nonché quelli deputati a controllare la validità e l’autenticità delle certificazioni verdi.
Al riguardo, si rappresenta che il decreto legge non specifica la titolarità dei trattamenti effettuati ai fini dell’emissione e del controllo delle predette certificazioni verdi e in particolare di quelli posti in essere attraverso la “Piattaforma Nazionale DGC” per l’emissione e validazione delle certificazioni verdi digitali Covid-19. Tale piattaforma, secondo quanto indicato nell’art. 9 del decreto, costituirebbe il sistema informativo nazionale per il rilascio e la verifica e l’accettazione di certificazioni Covid-19 interoperabili a livello nazionale ed europeo. In particolare, si rileva che il decreto legge non individua l’Ente presso il quale sarà istituita la predetta piattaforma e non specifica la connessa titolarità dei trattamenti dei dati personali effettuati attraverso tale sistema informativo.
L’assenza di indicazioni in ordine alla titolarità del trattamento non consente pertanto agli interessati di esercitare i diritti in materia di protezione dei dati personali previsti dal Regolamento (artt. 15 e ss. del Regolamento).
- Principi di limitazione della conservazione e di integrità e riservatezza
Le disposizioni del decreto violano anche il principio di limitazione della conservazione, secondo cui i dati devono essere conservati in una forma che consenta l’identificazione degli interessati per un arco di tempo non superiore al conseguimento delle finalità per le quali sono trattati (artt. 5, par. 1, lett. e) e 6, par. 3, lett. b) del Regolamento).
Ciò assume particolare rilievo tenuto conto che le disposizioni sembrerebbero introdurre misure temporanee, destinate a essere sostituite da quelle individuate in sede europea.
Si rileva inoltre che le disposizioni del decreto non forniscono adeguata garanzia rispetto al principio di integrità e riservatezza, atteso che non sono indicate le misure che si intende adottare per garantire un’adeguata sicurezza dei dati personali, compresa la protezione, mediante misure tecniche e organizzative adeguate, da trattamenti non autorizzati o illeciti e dalla perdita, dalla distruzione o dal danno accidentali (artt. 5, par. 1, lett. f) e 32 del Regolamento).
RITENUTO
Alla luce delle rilevanti criticità sopra illustrate, occorre rilevare che la disciplina della certificazione verde delineata dal decreto legge del 22 aprile 2021, n. 52, risulta pertanto non proporzionata rispetto all’obiettivo di interesse pubblico, pur legittimo, perseguito, in quanto non individua puntualmente le finalità per le quali si intende utilizzare la certificazione verde e, in ossequio ai principi di privacy by design e by default, le misure adeguate per garantire la protezione dei dati, anche appartenenti a categorie particolari, in ogni fase del trattamento, e un trattamento corretto e trasparente nei confronti degli interessati (artt. 5, 6, par. 3, lett. b), 9, 13, 14, 25 e 32 del Regolamento).
Considerato che l’utilizzo della certificazione verde è operativo a partire dal giorno successivo alla pubblicazione del decreto legge è, quindi, urgente l’esigenza di intervenire al fine di tutelare i diritti e le libertà degli interessati.
Il Regolamento attribuisce al Garante, tra gli altri, il potere di rivolgere avvertimenti al titolare o al responsabile del trattamento sul fatto che i trattamenti previsti possono verosimilmente violare le disposizioni del Regolamento (art. 58, par 2, lett. a)).
Attesi i rischi elevati per le libertà e i diritti degli interessati, risulta, pertanto, necessario avvertire tutti i soggetti coinvolti nel trattamento e, in particolare, i Ministeri della salute, dell’interno, dell’innovazione tecnologica e della transizione digitale, dell’economia e delle finanze e degli affari regionali e la Conferenza delle Regioni o delle Province autonome del fatto che i trattamenti di dati personali effettuati nell’ambito dell’utilizzo delle certificazioni verdi di cui al decreto legge del 22 aprile 2021, n. 52, in assenza di interventi correttivi, possono violare le disposizioni del Regolamento di cui agli artt. 5, 6, par. 3, lett. b), 9, 13, 14, 25 e 32.
Il Garante ritiene altresì di comunicare il presente provvedimento al Presidente del Consiglio dei ministri, per le valutazioni di competenza, rendendosi disponibile a istaurare prontamente un dialogo istituzionale volto al superamento delle predette criticità.
TUTTO CIÒ PREMESSO, IL GARANTE
- a) ai sensi dell’art. 58, par 2, lett. a), del Regolamento avverte tutti i soggetti coinvolti nel trattamento e, in particolare, i Ministeri della salute, dell’interno, dell’innovazione tecnologica e della transizione digitale e dell’economia e delle finanze, degli affari regionali e la Conferenza delle Regioni o delle Province autonome del fatto che i trattamenti di dati personali effettuati in attuazione delle disposizioni di cui al decreto legge del 22 aprile 2021, n. 52, sulla base delle motivazioni espresse in premessa, possono violare le disposizioni del Regolamento di cui agli artt. 5, 6, par. 3, lett. b), 9, 13, 14, 25 e 32;
- b) trasmette copia del presente provvedimento al Presidente del Consiglio dei ministri per le valutazioni di competenza;
- c) ai sensi dell’art. 154-bis, comma 3, del Codice, dispone la pubblicazione del presente provvedimento nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.
Roma, 23 aprile 2021
IL PRESIDENTE
Stanzione
IL RELATORE
Stanzione
IL SEGRETARIO GENERALE
Mattei
FONTE: https://www.garanteprivacy.it/web/guest/home/docweb/-/docweb-display/docweb/9578184
DOMANDE FREQUENTI – Trattamento di dati relativi alla vaccinazione anti Covid-19 nel contesto lavorativo – versione vademecum
FONTE: https://www.garanteprivacy.it/documents/10160/0/FAQ+-+Trattamento+di+dati+relativi+alla+vaccinazione+anti+Covid-19+nel+contesto+lavorativo+-+versione+vademecum.pdf/ba389a97-5cc5-6bd5-fef7-debe613524c6?version=1.0
ATTUALITÀ SOCIETÀ COSTUME
Libri “porno” alle elementari di Fiumicino, il Comune: “Non eravamo a conoscenza dei contenuti”
“I bambini sono soggetti sensibili e come tali vanno trattati. Per questo abbiamo chiesto alla Fondazione Benetton il ritiro immediato dei volumi incriminati”
Fiumicino – “La diffusione di libri nelle scuole con immagini non adatte a un pubblico di bambini (leggi qui) è stato un errore grave. L’Amministrazione comunale non era assolutamente a conoscenza dei materiali diffusi all’interno del progetto ‘Piccoli passi nel mondo’, che ha investo direttamente le scuole statali con la Fondazione Benetton. Infatti nelle scuole dell’infanzia comunali il fatto non si è verificato“.
E’ quanto si legge in una nota diffusa dal Comune di Fiumicino, che prosegue: “Pur non togliendo nulla al valore artistico del progetto e non ponendo nessun tipo di censura alla creatività artistica, non c’è dubbio che quando ci si rivolge a un pubblico, bisogna capire di quale pubblico si tratti. I bambini sono soggetti sensibili e come tali vanno trattati.
Per questo abbiamo chiesto alla Fondazione Benetton il ritiro immediato dei volumi incriminati“.
Libri “porno” alle elementari di Fiumicino, scoppia il caso
Libri “porno”, sopralluogo alla scuola di via Coni Zugna del senatore della Lega William de Vecchis e del capogruppo comunale Vincenzo D’Intino
Fiumicino – La sezione è quella di “arte moderna”, ma all’interno vi si trovano non solo peni, ani e vulve stilizzate, ma vere e proprie immagini esplicite, alcune “tridimensionali”, con tanto di corredo pornografico testuale, inviti espliciti al sesso orale che non lasciano nulla all’immaginazione. E a Fiumicino scoppia il caso dei libri “porno”.
A sollevarlo alcuni genitori che, accortisi del contenuto sessualmente esplicito all’interno di quella che doveva invece essere una fornitura-premio alla scuola per aver partecipato a concorsi sul centenario di Gianni Rodari, hanno restituito i libri alla scuola. E stamattina nella sede di via Coni Zugna c’è stato un sopralluogo del senatore della Lega, William De Vecchis, e del capogruppo comunale Vincenzo D’Intino.
.Libri contenuti in un bilico di 18 metri contenente 9.000 volumi dei cataloghi delle collezioni Imago Mundi, progetto no-profit di arte contemporanea nato da un’idea di Luciano Benetton, da distribuire alle scuole del territorio.
“Stiamo preparando interrogazioni a tutti i livelli – spiega D’Intino – sia parlamentare che comunale, per capire chi abbia concesso l’autorizzazione a distribuire questo tipo di libri ad alunni così giovani, e chi abbia controllato il contenuto degli stessi”.
Sui social nel frattempo si è scatenata la bagarre, con decine di interventi indignati non tanto e non solo per il contenuto delle opere in sé (seppur di gusto discutibile) fatte da artisti, ma per il fatto che i libri siano potuti arrivare nelle mani di alunni delle elementari, e persino delle materne.
Anche se sui social girano tantissime immagini, e in redazione ne abbiamo di assolutamente esplicite, Il Faro online ha scelto di pubblicarne poche e in un’unica immagine, quelle meno “offensive”, rinunciando a fare una fotogallery da migliaia di visualizzazioni, per coerenza e rispetto verso tutti, e pubblicando solo quelle utili almeno a capire di cosa stiamo parlando. Ma all’interno del libro ci sono immagini e testi molto più espliciti. Da qui l’indignazione, con un caso esploso – ironia della sorte – proprio in occasione della Giornata mondiale del libro (leggi qui).
Abbiamo dovuto spostare all’interno dell’articolo la foto di copertina perché facebook non fa condividere. Anche Fb reputa pornografiche quelle immagini, seppur “artistiche”… Figuriamoci le altre contenute nel libro. Ogni commento è superfluo.
L’intervento del Garante dell’Infanzia del Comune di Fiumicino clicca qui per leggere
L’intervento dei consiglieri di opposizione clicca qui per leggere
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Kit Knightly
off-guardian.org
Le misure che un tempo sarebbero servite per combattere il Covid19, ora vengono riconvertite per “salvare il pianeta.”
Pochi giorni fa si è celebrata la “Giornata della Terra.” Durante questa tradizionale ricorrenza, gli hashtag ambientalisti fanno tendenza su tutti i social media, almeno per un po’. E quest’anno non è andata in modo molto diverso, se non che si è avvertita più distintamente la presenza di un’agenda politica.
La narrativa della “pandemia mortale da virus” sta lentamente perdendo slancio. Non è chiaro se questo sia da imputarsi ad una “stanchezza post virale” (per chiamarla così) della gente, o piuttosto ad un cambiamento intenzionale del discorso da parte dei media. Quel che è certo è che, rispetto all’anno scorso, in questo periodo la narrativa sta perdendo energia.
Detto questo, è anche palese che i governi di tutto il mondo non sono particolarmente desiderosi di rinunciare ai loro “poteri di emergenza” da poco acquisiti e che le presunte “misure anti-Covid” non se ne andranno tanto presto.
Specialmente i lockdown, che ora vengono pubblicizzati come “ottimi per il pianeta.”
La narrativa secondo cui i lockdown “aiuterebbero la Terra a guarire” risale, in realtà, allo scorso marzo, quando tutti i notiziari del mondo avevano riportato la notizia che solo poche settimane di lockdown avevano contribuito a ripulire l’acqua nei canali di Venezia, tanto da permettere ai delfini di nuotare all’interno della città.
Questa storia si era poi rivelata completamente falsa, ma la cosa non aveva scoraggiato decine di testate dal riprenderla e ripubblicarla.
Nel corso dell’ultimo anno, il Covid è stato più volte spacciato come dotato di un impatto ambientale positivo. Compresa l’idea che, potenzialmente, sarebbe in grado di “salvare il pianeta.”
Proprio il mese scorso, il Guardian aveva pubblicato un pezzo dal titolo: “Occorre un lockdown globale ogni due anni per raggiungere gli obiettivi di Parigi relativi alla CO2 – secondo uno studio.”
Che si tratti solo di marketing e di controllo dell’opinione è ulteriormente evidenziato dal fatto che, già dopo poche ore, avevano modificato il titolo rimuovendo il riferimento al lockdown, tanto che il nuovo titolo recitava: “L’equivalente del calo di emissioni durante il Covid è necessario ogni due anni – secondo uno studio”
Più o meno contemporaneamente, avevano pubblicato un altro articolo, avvertendo che le emissioni sarebbero aumentate a “livelli pre-pandemici” con il termine dei lockdown. In un altro pezzo si leggeva che l’isolamento ci ha insegnato ad “amare la natura.” E un altro ancora sosteneva che, grazie ai lockdown, il “numero delle stelle” visibili dal Regno Unito era aumentato.
Tutto ciò ha avuto un’ulteriore accelerazione con la Giornata della Terra, il cui tema è “Restore Our Earth”TM [“Risaniamo la nostra Terra”]. Con la dicitura “TM” perché si tratta di un marchio registrato. No, non scherzo.
Alcune mattine fa mi sono svegliato e ho trovato una notifica sul mio telefono, secondo cui per la Giornata della Terra avremmo dovuto “rallegrarci di quanto il pianeta fosse migliorato durante i lockdown.”
Più tardi, ho visto la pubblicità per un nuovo documentario intitolato “The Year the Earth Changed” [“L’anno in cui la Terra è cambiata”], dove vengono illustrati i vari modi in cui la natura si è rinvigorita durante i lockdown, e quanto la “Terra è guarita.”
Permettetemi di citare una recensione [grassetto mio]:
“…il lockdown offre agli scienziati un’opportunità unica nella vita per osservare la portata dell’impatto umano sul comportamento animale, semplicemente eliminandoci dall’equazione.”
“Secondo loro, potremmo usare ciò che impariamo per valutare e modificare le nostre abitudini, invece di tornare, senza pensarci, alla vita del mondo pre-pandemico.”
E aggiunge, prima di concludere:
“[Il documentario] vede la cosa in modo positivo; non tanto per l’idea che ‘noi siamo il virus’, ma piuttosto perchè la sofferenza di questi ultimi 12 mesi non è stata del tutto vana. E offre anche una via d’uscita dal disastro ambientale che, indubbiamente, stiamo ancora affrontando.”
Un articolo su Forbes esorta la gente ad “abbracciare la lezione della pandemia”:
“il pianeta ha avuto una lunga pausa durante la pandemia e ha avuto la possibilità di ripararsi e rigenerarsi. Il pianeta non è il problema, il problema siamo noi. Dunque, come possiamo ora portare avanti alcuni di quegli sforzi positivi che avevamo già iniziato ad adottare con l’improvviso distanziamento sociale e la minaccia del Covid-19?”
L’Evening Standard sostiene che la pandemia avrebbe prodotto un “calo del 70% delle emissioni veicolari” nella città di Londra.
Un comunicato stampa del Dipartimento della Salute dello Stato di Washington sostiene che “il telelavoro potrebbe salvare il mondo.”
Sky News riporta che l’impronta di carbonio del Regno Unito è scesa del 17%, in quanto la “pandemia costringe la gente ad adottare stili di vita ecologici.”
E così via, ancora e ancora.
In sostanza, i lockdown, che, ricordiamo, non hanno mostrato avere alcun impatto sulla trasmissione del “virus,” vengono ora riconvertiti in mezzi non soltanto “efficaci per la salute pubblica,” ma anche salutari per il pianeta.
Prima di arrivare al perché di tutto ciò, concentriamoci sull’asserzione vera e propria: l’isolamento è stato un bene per l’ambiente?
La risposta è “probabilmente no” o “sicuramente no,” a seconda delle vostre priorità.
Tanto per cominciare, ci sono le mascherine usa e getta in fibre plastiche che, vi ricordiamo, non fanno assolutamente nulla per prevenire la diffusione di virus. Centinaia di migliaia di queste mascherine oggi ricoprono le spiagge, finiscono per essere raccolte dalla fauna selvatica, e intasano le fogne di tutto il mondo.
“E le emissioni?” vi sento dire, “non si sono ridotte?” Beh, forse. Ma, anche se fosse, non di molto.
I lockdown sono stati spacciati dalla stampa come il blocco totale di tutte le attività umane. Tuttavia, a ben vedere, si tratta principalmente della chiusura di piccole imprese e dell’isolamento di un sacco di persone, dai ruoli altisonanti ma spesso improduttive, che ora fanno riunioni su Zoom.
I militari di tutto il mondo viaggiano ancora, le Marine solcano ancora i mari. I trasporti pubblici funzionano ancora, pur se con limitazioni in alcune zone.
I veicoli di emergenza continuano ad circolare. La spazzatura viene ancora raccolta. Le navi portacontainer, gli aerei cargo, i camion a lunga percorrenza e i treni merci trasportano ancora i loro carichi verso ogni angolo del pianeta.
I grandi rivenditori, come WalMart, Tesco, CostCo, Amazon ecc., sono ancora tutti aperti e le loro catene di approvvigionamento sono attive in tutto il mondo.
L’idea che tutte le attività umane si siano semplicemente fermate è una bugia molto conveniente che viene data da bere a quelle persone che ancora comprano i giornali e credono che proprio tutti (o, almeno, tutti quelli che contano) facciano un lavoro che a) implica il pendolarismo urbano, b) può essere svolto altrettanto facilmente da casa.
Questo è ovviamente falso e la maggior parte dei lavori veri e fondamentali, quelli che servono per far funzionare la società, non si sono mai fermati.
Miniere, stabilimenti e impianti industriali esistono ancora. Centrali elettriche, dighe e depuratori continuano a funzionare. Anche l’economia dei servizi è ancora in funzione, solo con persone diverse che guidano in direzione opposta. Deliveroo, Uber e JustEat fanno ancora muovere i loro mezzi ed ogni calo di clienti che vanno al ristorante è controbilanciato da un aumento delle consegne a domicilio.
Le fabbriche in Cina continuano a produrre tutte quelle merci che vengono spedite in giro per il mondo e poi consegnate direttamente al nostro domicio; semplicemente non siamo più noi ad andarle a prenderle. È davvero un gran cambiamento per le emissioni?
Che sia voi a guidare fino a Waitrose [N.d.T. un supermercato inglese di alimentari e alcolici], o che Waitrose guidi fino a voi, verrà consumata la stessa quantità di carburante. Ordinare online un disinfettante per le mani, una cyclette o delle batterie di ricambio non è in alcun modo più ecologico che fare due passi in città per comprarli di persona.
E questo non tiene nemmeno conto del maggior consumo di elettricità e di gas causato dal fatto che (alcune) persone passano più tempo in casa. O dal fatto che molti Paesi non hanno mai adottato i lockdown.
Lo studio citato dal Guardian ammette addirittura che le minori emissioni di CO2 per il 2020 sono, in realtà, soltanto “proiezioni.”
In breve, no, non c’è nessuna evidenza pubblicamente disponibile che i lockdown abbiano giovato all’ambiente.
E, in realtà, l’idea stessa non ha molto senso, se ci si pensa un attimo.
La cosa interessante è che sono in circolazione un sacco di articoli che lo ammettono candidamente. Come questo di National Geographic, o quest’altro della BBC. E se ne trovano altri ancora.
Tutti questi articoli sostengono che le chiusure per il Covid-19 non aiuteranno a fermare il cambiamento climatico, o che avranno anche solo un piccolo impatto sulle emissioni, oppure che potrebbero addirittura peggiorare la situazione nel lungo periodo.
Perché? Perché sono l’altra faccia della propaganda. Il proverbiale bastone, presentato assieme alla carota de “il pianeta sta guarendo.” Si dice alla gente che questo lockdown non migliorerà il pianeta perché non è abbastanza severo, o perché quando sarà finito torneremo alla normalità.
Titoli spaventosi e catastrofici che lasciano uno spazio vuoto, aspettandosi che siano i lettori a riempirlo mentalmente: “beh, allora suppongo che non dovremmo mai smettere di avere i lockdown.”
Questo non è l’unico esempio di politiche “anti-pandemiche” o di “salute pubblica” modificate fino ad includere il cambiamento climatico.
L’estate scorsa avevo commentato un articolo accademico che proponeva un “rafforzamento morale” per i “disertori del coronavirus.” Sosteneva la necessità di immettere sostanze chimiche nell’acqua potabile per rendere la gente più obbediente alle mascherine e ai vaccini, e continuava suggerendo che la stessa tecnica potrebbe essere usata per combattere la “sofferenza associata al cambiamento climatico.”
Ci sono molti titoli di giornale, interviste e articoli che cercano chiaramente di creare nell’opinione pubblica un’associazione tra “Covid” e “cambiamento climatico.”
“Covid19 e crisi climatica sono parte della stessa battaglia”, titolava il Guardian a dicembre. O ancora: “Il Covid ci dà la possibilità di agire sul clima.”
In un’intervista originariamente andata in onda durante la “Giornata della Terra,” il Principe William ha esortato il mondo intero ad applicare al cambiamento climatico lo stesso “spirito di inventiva” utilizzato per i “vaccini” Covid19.
Tutto ciò si collega al programma “Give Earth a Shot” [Date una possibilità alla Terra] dei Reali, che era stato lanciato nel dicembre 2019, PRIMA che la pandemia (o i vaccini) diventassero un argomento di discussione.
Un opportuno promemoria, questo, che molte delle soluzioni proposte per fronteggiare la “pandemia” erano già state suggerite per combattere altre cose, prima ancora dell’esistenza della pandemia stessa. Una società senza contanti, la diminuzione dei viaggi aerei, il controllo della popolazione, la sorveglianza di massa e la riduzione della produzione di carne, insieme ad altri, erano già all’ordine del giorno molto prima che il Covid facesse la sua apparizione. E tutti ci sono stati venduti come modi per combattere questa pandemia (o le “pandemie future”).
Anche il cosiddetto Grande Reset, in realtà, predata la pandemia.
Dopo tutto, che cos’è il tanto chiacchierato “Green New Deal” se non un prototipo del piano di Grande Reset del World Economic Forum?
Mark Carney, l’ex-governatore della Banca d’Inghilterra, in un articolo del dicembre 2019 per il sito internet del Fondo Monetario Internazionale, aveva invocato un reset economico e “un sistema finanziario nuovo di zecca” per “combattere il cambiamento climatico.” Anche questo accadeva solo poche settimane PRIMA che la “pandemia” si materializzasse magicamente.
Questo è il messaggio di fondo: il piano rivelato nell’ultimo anno di propaganda pandemica era già lì, da sempre, solo non in modo così sfacciato. C’era prima del Covid, e sarà ancora lì quando (o se) di Covid non parleranno più.
Il “Grande Reset” e la “Nuova Normalità” sono obiettivi politici che precedono il Covid e sono molto più importanti di tutti i mezzi impiegati per perseguirli. La “pandemia” non è altro che un mezzo creato per un fine specifico. Potrebbero mettere da parte o terminare del tutto la narrativa del virus, potrebbero cambiare la trama per qualche mese, o smettere di usare certe parole per un po’. Ma questo non significa che il loro programma principale sia cambiato di una virgola.
Ci hanno mostrato le loro carte. Ci hanno detto apertamente cosa vogliono veramente ottenere.
Controllo economico totale, forte riduzione degli standard di vita, annullamento della sovranità nazionale e radicale erosione delle libertà individuali.
Questo è l’obiettivo finale. L’hanno detto loro stessi.
È nostra responsabilità conservare questa conoscenza e usarla. Tenersi stretta ogni convinzione e guardare tutto con occhio scettico. Tutto. Ogni articolo di giornale. Ogni notizia alla televisione. Ogni dichiarazione del governo o atto legislativo.
Virus o vaccini. Povertà o prosperità. Discriminazione o diversità. Guerra o pace nel mondo. L’agenda politica non cambia.
Chiunque stia parlando. Di qualunque cosa stiano parlando. Qualunque cosa dicano di volere. L’agenda politica non cambia.
Repubblicano o Democratico. Conservatore o Laburista. Rosso o blu. L’agenda politica non cambia.
Il colore non conta. Nemmeno quando è verde.
Buona “Giornata della Terra” a tutti.
Kit Knightly
Fonte: off-guardian.org
Link: https://off-guardian.org/2021/04/23/climate-is-the-new-covid/
23.04.2021
FONTE: https://comedonchisciotte.org/il-clima-e-il-nuovo-covid/
Nwo, Meluzzi: più di un anno fa ho detto cosa sarebbe accaduto
Il prof. Alessandro Meluzzi scrive su Twitter: “E’ triste e anche un po’ ridicolo ricordarlo ma credo di aver detto più di un anno fa cosa sarebbe accaduto. Ma non sono un veggente bastava usare la logica e se un dito indica la luna non fissarsi sul dito. I registi dell’ NWO hanno idee e progetti oscuri ma lucidi. I popoli?”
Il prof. Meluzzi e il NWO
Meluzzi: il 2021 trascorrerà tra un lockdown e l’altro, è già deciso
Meluzzi: dopo vaccini e lockdown non riaprirà nulla, è il Great Reset
Meluzzi: facciamo tutti i vaccini del mondo, ma non torneremo mai come prima
Covid, Meluzzi: “Strade deserte, deserto della vita. Una civiltà al tramonto. Per nulla”
Meluzzi: grazie ai burocrati sottomessi, l’élite ha preso il potere senza pallottole
FONTE: https://www.imolaoggi.it/2021/04/22/nwo-meluzzi-detto-sarebbe-accaduto/
BELPAESE DA SALVARE
I GIOVANI E LA PANDEMIA
Questo periodo storico così particolare intriso da restrizioni, limitazioni, distanziamento sociale, sospensione da attività sportive, scolastiche, ludiche, lavorative e per alcuni con smart working ha sconvolto migliaia di individui di ogni ceto sociale di tutto il mondo rendendoci vulnerabili, insicuri e timorosi in particolar modo per il futuro; “Del doman non v’è certezza” è una frase celebre quasi profetica composta nel lontano 1490 da Lorenzo dè Medici detto il Magnifico e che ad oggi calza a pennello.
Sino a tre anni fa nessuno avrebbe mai immaginato di ritrovarsi un giorno allertato da un virus microscopico ed invisibile che lo avrebbe costretto ad indossare una mascherina h24, ridotto a casa per mesi senza dover scontare una pena giudiziaria, con il coprifuoco alle ore 22,00 rinunciando ad una sana e più che lecita vita sociale. Ma a volte le cose accadono in modo inaspettato, in modo repentino, senza preavviso e non tocca fare altro che accettare e farti andare bene le cose non senza sofferenza e prostrazione.
Tra chi sta scontando maggiore pena con maggiore patema d’animo ci sono i giovani che a gran fatica riescono ad accettare di limitare la propria libertà personale e che con grande sacrificio accettano di frequentare la scuola a singhiozzo o di non fare sport, di non andare al cinema, a teatro, a feste, concerti, discoteca, allo stadio e tanto altro ancora. Gli anni più belli sfuggono così, soffocando le belle emozioni e le attività di svago, covando frustrazione e rabbia dietro ad una apparente rassegnazione ma tutto questo a lungo termine nuoce all’assetto psicologico e conduce inevitabilmente ad incorrere in disturbi mentali e comportamentali.
Da una recente dichiarazione del Prof. Stefano Vicari responsabile del reparto di Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza del Bambin Gesù di Roma, la pandemia ha registrato un forte aumento di atti autolesionistici tra gli adolescenti quindi un emergenza nell’emergenza che coinvolge maggiormente tra i 12 e i 25 anni. Gli atti autolesionistici provocano danni sul corpo ed è un fenomeno purtroppo molto diffuso in tutta Europa attuato senza o con intenzione di porre fine alla propria vita.
Il suicidio è attualmente la seconda causa di morte nei Paesi Europei tra i giovani in età compresa tra i 10 e i 25 anni e con la seconda ondata di pandemia sono aumentati come gli accessi (per autolesionismo o per tentato suicidio) al pronto soccorso dell’ospedale romano confermando l’incremento dei disturbi mentali tra i giovani.
La salute mentale si basa su due pilastri che comprendono la gestione delle emozioni e la conoscenza di se attraverso l’interazione con l’altro sperimentando le proprie capacità e misurando i propri limiti. Un ragazzo a cui viene a mancare la relazione sociale e che proviene da una famiglia disfunzionale è sicuramente più a rischio di incorrere in problematiche psicologiche rispetto ad uno proveniente da una famiglia armonica. Con la pandemia le situazioni originarie automaticamente si sono amplificate e molti giovani stanno reagendo a questo periodo in modi differenti che vanno dal manifestare aggressività verso se o verso gli altri oppure dal chiudersi ed isolarsi dal mondo.
Giovani quindi ormai esasperati che oltre ad avere a che fare con modelli negativi prodotti da internet e tv, devono fare i conti con questo periodo storico più unico che raro e che si organizzano sempre più spesso (come ci racconta la cronaca) nelle maggiori città italiane ma anche nelle province per partecipare a risse per futili motivi.
C’è chi aggredisce e usa violenza sui pari e c’è chi preferisce rimanere a guardare da semplice spettatore come se il contesto non gli appartenesse, come se si fosse pagato un biglietto per assistere ad uno spettacolo. In gergo potrei identificare questo fenomeno come Bullismo perché la dinamica è piuttosto simile ma traduco tutto questo come “istinto di sopravvivenza” senza giustificare tali atti che sono da condannare perché la violenza non è mai la soluzione giusta, in nessun caso, come del resto la privazione di libertà senza aver commesso reato alla lunga può portare fuori di senno come sta accadendo oggi con i nostri ragazzi.
FONTE: https://www.rivoluzione-liberale.it/41065/effetti-collaterali/i-giovani-e-la-pandemia.html
Come ha fatto Roma ad accumulare 12 miliardi di debito storico
Un mucchio di euro messi l’uno sull’altro nel corso del tempo
Dietro la formula ‘Salva-Roma’ si cela in realtà il grande buco – stimato attualmente in 12 miliardi di euro – dentro cui sono finiti quasi cinquant’anni di debiti della Capitale. L’altro volto della questione è rappresentato dai tentativi di risolvere il dramma economico-finanziario della Capitale, che è tra le altre cose anche il principale agglomerato urbano del Paese e rappresenterebbe, qualora la questione esplodesse e si arrivasse a quello che in America chiamerebbero lo shutdown, una vera e propria bomba sociale.
Nel 2008, subito dopo l’elezione a sindaco di Gianni Alemanno, il governo di Silvio Berlusconi con Giulio Tremonti alle Finanze venne in soccorso del centrodestra appena arrivato per la prima volta alla guida del Campidoglio.
Così dieci anni fa è stata creata la gestione commissariale del debito storico del Comune di Roma, che raccoglie i passivi maturati dalle casse comunali dalla fine degli anni Cinquanta fino al 2008. Sulla cifra di partenza i pareri restano discordanti, si è parlato più volte di circa 20 miliardi di euro di ‘rosso’.
Più chiare invece le modalità con cui i commissari che si sono succeduti hanno rinegoziato l’importo del debito, tramite un finanziamento di 500 milioni di euro annui, 300 forniti dallo Stato e 200 dal Campidoglio tramite l’addizionale Irpef allo 0,4% (la più alta in Italia) e una sovrattassa di 1 euro per ciascun passeggero in partenza dai due aeroporti romani.
Tutta la storia di Roma in un buco
Nel grande calderone dei debiti comunali c’è un po’ la storia degli ultimi decenni di attività politica cittadina, diluita in circa 1.500 contratti di mutuo. Si parte da poste contabili di natura non del tutto certa legate a dei contenziosi per espropri di terreni effettuati dal Campidoglio in previsione delle Olimpiadi del 1960, si finisce con i prestiti contratti per realizzare le opere in funzione del Giubileo del 2000.
E poi una serie di manovre contabili effettuate tra Comune e gestione commissariale. Di fatto il debito restante è composto al momento da 9 miliardi di componente finanziaria e 3 miliardi di parte commerciale, quest’ultima riguarda per 1 miliardo espropri, per 600 milioni contenziosi e 300 di pagamenti ai fornitori.
In previsione di una possibile crisi di liquidità a partire dal 2022 per le casse del commissario al debito, governo e Campidoglio avevano trovato una nuova formula per liquidare i vecchi debiti di Palazzo Senatorio.
Le casse statali si sarebbero fatte carico principalmente del pagamento degli interessi di un Bond aperto da Palazzo Senatorio con scadenza nel 2048, mentre al Comune sarebbe spettata la liquidazione dei debiti commerciali.
Da questa nuova ripartizione il Campidoglio stimava di ottenere risparmi per 2,5 miliardi nel periodo compreso fino alla scadenza del 2048, ovvero circa 90 milioni di euro l’anno, con cui diminuire progressivamente l’addizionale Irpef, la più alta d’Italia.
Gli esiti dell’ultimo consiglio dei ministri hanno vanificato l’idea. Ma quando si tratta di Roma, si sa che i tempi sono lunghi. Lo dimostra la Storia.
FONTE: https://www.agi.it/cronaca/roma_debito_storico-5381393/news/2019-04-25/
I cimiteri capitolini nel caos
Frencesco Figliomeni – 27 04 2021
Vi ripropongo l’intervista di stamattina a Radio Cusano Campus sui cimiteri capitolini. L’attenzione mediatica è arrivata ai massimi livelli dopo il caos, che denuncio da mesi, degli impianti crematori.
Inoltre, sono anni che la Raggi è a conoscenza dell’urgente bisogno di vigilanza e di manutenzione straordinaria per permettere ai cari di portare anche un solo fiore ai propri defunti, dato che molte aree del cimitero Flaminio e del cimitero monumentale del Verano risultano interdette ai visitatori.
REGISTRAZIONE QUI: https://www.tag24.it/wp-content/uploads/2021/04/FIGLIOMENI.mp3
Questo e altro cliccando nel link del podcast. https://www.tag24.it/podcast/avv-francesco-figliomeni-u-g-d-a/
FONTE: https://www.tag24.it/podcast/avv-francesco-figliomeni-u-g-d-a/
CONFLITTI GEOPOLITICI
Afghanistan, il piano Usa di una nuova catastrofe
Il presidente Biden ha annunciato il ritiro delle truppe USA dall’Afghanistan, ufficialmente contro il parere dei suoi generali. In realtà, meno di un quinto delle forze americane sul campo sarà ritirato, mentre saranno installate nuove basi un po’ ovunque. Il dispositivo militare destinato a controllare il Paese ne risulterà potenziato. Quanto alle truppe che lasceranno l’Afghanistan, non torneranno in patria, ma saranno ricollocate in Siria e Iraq.
Il generale Scott Miller, comandante delle forze Usa e alleate in Afghanistan, ha annunciato il 25 aprile l’inizio del ritiro delle truppe straniere che, secondo quanto deciso dal presidente Biden, dovrebbe essere ultimato entro l’11 settembre. Gli Usa terminano così la guerra condotta per quasi vent’anni? Per capirlo, occorre anzitutto fare un bilancio dei risultati della guerra.
Il bilancio in vite umane è in gran parte inquantificabile: le «morti dirette» tra i militari Usa ammonterebbero a circa 2.500, e i feriti gravi a oltre 20.000. I contractor (i mercenari Usa) uccisi sarebbero circa 4.000, più un numero imprecisato di feriti. Le perdite tra i militari afghani ammonterebbero a circa 60.000. Le morti di civili sono di fatto incalcolabili: secondo le Nazioni Unite, sarebbero state circa 100.000 in soli dieci anni. Impossibile determinare le «morti indirette» per povertà e malattie, provocate dalle conseguenze sociali ed economiche della guerra.
Il bilancio economico è relativamente quantificabile. Per la guerra – documenta il New York Times in base ai dati elaborati dalla Brown University – gli Usa hanno speso oltre 2.000 miliardi di dollari, a cui se ne aggiungono oltre 500 per l’assistenza medica ai veterani. Le operazioni belliche sono costate 1.500 miliardi di dollari, ma l’ammontare esatto resta «opaco». L’addestramento e armamento delle forze governative afghane (oltre 300 mila uomini), sono costati 87 miliardi.
Per «l’aiuto economico e la ricostruzione» sono stati spesi 54 miliardi di dollari, in gran parte sprecati a causa della corruzione e inefficienza, per «costruire ospedali che non hanno curato nessun paziente e scuole che non hanno istruito nessun studente, e che talvolta neppure esistevano». Per la lotta alla droga sono stati spesi 10 miliardi di dollari, col seguente risultato: la superficie coltivata ad oppio è quadruplicata, tanto che è divenuta la principale attività economica dell’Afghanistan, il quale fornisce oggi l’80% dell’oppio prodotto illegalmente nel mondo.
Per finanziare la guerra in Afghanistan, gli Stati uniti si sono pesantemente indebitati: hanno dovuto quindi pagare finora, sempre con denaro pubblico, 500 miliardi di dollari, che nel 2023 saliranno a oltre 600. Inoltre, per i militari Usa che hanno riportato gravi ferite e disabilità nelle guerre in Afghanistan e Iraq, sono stati spesi finora 350 miliardi, che saliranno nei prossimi decenni a 1.000 miliardi, di cui oltre la metà per le conseguenze della guerra in Afghanistan. Il bilancio politico-militare di questa guerra, che ha versato fiumi di sangue e bruciato enormi risorse, è catastrofico per gli Usa, salvo che per il complesso militare-industriale che ha realizzato con essa enormi profitti. «I talebani, divenuti sempre più forti, controllano o contendono gran parte del paese», scrive il New York Times.
A questo punto, il segretario di Stato Blinken e altri propongono che gli Stati uniti riconoscano ufficialmente e finanzino i talebani, poiché in tal modo «dopo aver preso il potere, parzialmente o pienamente, essi potrebbero governare meno duramente per ottenere il riconoscimento e il sostegno finanziario delle potenze mondiali».
Allo stesso tempo, riporta il New York Times, «il Pentagono, le agenzie spionistiche americane, e gli Alleati Occidentali stanno mettendo a punto piani per dispiegare nella regione una forza meno visibile ma ancora potente, comprendente droni, bombardieri a lungo raggio e reti spionistiche». Secondo l’ordine di Biden, riporta sempre il New York Times, gli Usa stanno ritirando i loro 2.500 soldati, «ma il Pentagono ha attualmente in Afghanistan circa 1.000 militari in più di quelli pubblicamente riconosciuti, appartenenti a forze speciali agli ordini sia del Pentagono che della Cia», cui si aggiungono oltre 16.000 contractor Usa che potrebbero essere usati per addestrare le forze governative afghane.
Scopo ufficiale del nuovo piano strategico è «impedire che l’Afghanistan riemerga quale base terroristica per minacciare gli Stati uniti». Scopo reale resta quello di 20 anni fa: avere una forte presenza militare in quest’area al crocevia tra Medio Oriente, Asia centrale, meridionale e orientale, di primaria importanza strategica soprattutto verso Russia e Cina.
FONTE: https://www.voltairenet.org/article212931.html
CULTURA
Sulla felicità e la tristezza
Caro Seneca, perché chi parla di felicità ha gli occhi tristi? Lo notavo l’altra sera a Taormina in un convivio sontuoso come le cene romane di Trimalcione. Guardavo ad uno ad uno chi decantava la felicità e vi scorgevo un malcelato fondo di tristezza dietro la buccia dell’euforia. Chi più si riempiva la bocca di felicità e si infervorava al suo nome, tradiva dai suoi occhi e talvolta dal suo tono, vecchie cicatrici di malinconia, stagionate infelicità; si avvertiva in lui la mancanza di felicità o la sua lontananza. Forse perché chi parla di felicità non la vive dentro ma la invoca da fuori e di lei risale il ricordo perduto; forse perché l’ha solo sfiorata in qualche rapito e remoto sito e ne patisce il vuoto, come se la mancanza di felicità fosse assenza di vita, di aria e di luce; o forse perché egli è d’indole così infelice da pensare di fugare il suo stato d’animo già solo invocando la felicità, sperando che il suo solo nome possa offrirne già un assaggio o suscitarne un barlume. Allora parlare di felicità diventa un rito di propiziazione. Mi sono perciò convinto che è da infelici parlare di felicità. La felicità si vive, non si descrive, finché si è dentro; se si vuole raccontarla, si è già fuori. Ti chiedo, Seneca, di illuminarmi sulla felicità al cospetto della saggezza e della follia.
Quanto infelice dev’essere un’epoca che esalta la felicità e si crogiola nel suo culto; ne scrive, ne canta, ne parla, inonda di auguri e di buoni auspici. Come se la vita possa rinunciare a tutto, alla verità e alla dignità, alla libertà e all’amore, alla conoscenza e alla pietà, nel nome divino della felicità. Sono convinti che la felicità li contenga tutti, o tutti li renda superflui, e invece la felicità è proprio la sospensione della vita; non è il risveglio ma il sogno. Dev’essere schiavo di un piacere malato e sofferente chi si affanna a fermare la felicità e a incoronarla come regina della vita sua. Magari fossero epicurei, i cercatori di felicità; sono gaudenti ma infelici, famelici di gioia ma disperati. La felicità sparisce appena è desiderata, arriva inattesa, è ospite volatile e latitante. Gioie e dolori dolgono entrambi, ma in tempi diversi; prima o poi si sconta la felicità. Gli autunni e gli inverni vengono per farci pagare le primavere e le estati.
La tristezza nasce dalla perdita, la felicità invece sorge dal perdersi. La tristezza genera tesori quando diventa arte della sconfitta, e rielaborando la perdita raggiunge radiose benché sofferte glorie. (…)
I nostri padri pensavano che la felicità fosse un bene pubblico, anche quella più intima e privata; ora siamo caduti nell’opposto e crediamo che la felicità sia solo un bene privato. In realtà la felicità non ha natura pubblica o privata; ma è un’armonia, un breve collimare tra vivere e volere. Più che intima è interiore, la felicità, più che esteriore è estroversa. Ci sono infelicità che passano dalla vita pubblica e altre dalla vita privata. La felicità non è una condizione ma una carezza, è il convergere fugace di clima, sospensione e gesti, di solitudine beata o combaciante compagnia. La felicità si fa vedere solo un attimo, e non si lascia agguantare, semmai ti agguanta; ma appena sei cosciente, svanisce. Non è un programma di vita ma un fuori programma; figuriamoci se può risiedere negli oggetti. La felicità fiorisce selvatica nel giardino della dimenticanza. Perciò penso, Seneca, che mente chi dice: sono felice. Perché la felicità è attesa o ricordo, sogno o amnesia. Chi si dice felice in quel momento in cui lo dice, non lo è, sta solo ricordando o pregustando, o peggio sta solo recitando un ruolo, simula uno stato che ha conosciuto in passato o che aspetta in futuro, professa una speranza e mima la gioia per propiziarne l’avvento. Quando sei cosciente non è presente, quando è presente non sei cosciente. La felicità ha il cuore aperto ma gli occhi chiusi. Ha il passo rapido e le mani lievi. Hai ragione tu, o Seneca, a dire che i giorni più felici della vita per primi fuggono ai miseri mortali. Perché la felicità è volatile e vola in fretta, l’umanità è terrestre e cammina lentamente.
E tuttavia, Seneca, si dice spesso che agli animi nobili si addice piuttosto la malinconia, perché il pensiero si nutre di mancanza, di tristezza e a volte si innalza e si purifica nel dolore. E’ delle nature più pensose la nostalgia del vivere e l’acuta percezione del morire, e il loro sposalizio genera il pensiero filosofico e la poesia. Ma ti chiedo, Maestro, come è possibile desiderare la felicità e riconoscere l’austera bellezza del suo contrario. È umano cercare la felicità, è nobile ospitare la malinconia. Personalmente amo più la prima e ammiro più la seconda, e in fondo non so rinunciare ad ambedue perché ambedue recano doni: i doni della felicità si gustano appena sbocciati, i doni della malinconia si gustano quando sfioriscono. Perché la malinconia è fertile ma ha la sua gravidanza e le sue doglie; la felicità si annuncia già col profumo e riempie gli occhi. La malinconia è un ponte tra passato e futuro, la felicità è la pienezza del presente.
La vita perfetta del saggio è destreggiarsi tra i frutti dolci dell’una e i frutti agri dell’altra, sapendo che sarebbe impossibile vivere solo degli uni o degli altri, o pretendere dagli uni quel che ci danno gli altri. Le nature più inclini alla malinconia sanno cogliere con più gioiosa pienezza il gusto della felicità, è come se la loro profondità ne amplifichi il sapore e l’odore. Chi conosce la tristezza sa più apprezzare la felicità. Il saggio tuttavia si imbarca sulla malinconia come sulla felicità per attraversare il fiume della vita. La saggezza è quel che resta di ambedue, una volta guadato il fiume. La vita autentica è sulla riva ulteriore, al di là della felicità e della tristezza. Non so se ha ragione chi esorta ad essere “in tristitia hilaris in hilaritate tristis”; ma so che la previsione dell’una tempera il godimento o la sofferenza dell’altra, evitando di smarrirsi nei postumi dell’allegria o della tristezza, e le rende entrambe ancelle e non signore del nostro animo.
Resta tuttavia vero, e correggimi se sbaglio, che la felicità è un lievito di follìa, mentre la tristezza si accompagna al senno. C’è qualcosa di infantile nella felicità e di senile nel senno, la perfezione sarebbe gustare l’infanzia con la saggezza di un anziano e le energie di un ragazzo; ma è impossibile. Di quella follia abbiamo tuttavia bisogno se sa esser lieve e breve; e su quel senno si fonda l’umanità, a patto che sorvegli ma non sopprima il nostro umanissimo piacere di vivere.
FONTE: http://www.marcelloveneziani.com/il-giornalista/atlante-delle-idee/sulla-felicita-e-la-tristezza/
Fiaba: la Volpe e il Re dei Ratti
La seguente fiaba con protagonisti animali e che include gli umani solo di striscio, riassume alcuni concetti che cercano di rispondere alla domanda: cosa guida l’umanità?
Ovviamente come sempre non ho risposte, solo un quadro coerente di inisieme in continuo aggiornamento.
LA VOLPE E IL RE DEI RATTI
C’era un luogo lontano un tempo, abitato da bella gente in una splendida valle verde e ricca che aveva una sola strada per arrivare. Usciti dal Villaggio di qualche migliaio di anime felici, la strada si biforcava. Da una parte si procedeva per la foresta, un luogo selvaggio dove era facile incontrare il Lupo, il Leone e la Volpe, dall’altro si andava verso la locanda di un furbo facendiere che con i viaggiatori che passavano di là faceva sempre buoni affari. Le strade portavano entrambe lontano dal villaggio e verso un altro Regno, ma mentre per la foresta il viaggio era più breve e meno sicuro, dall’altra parte si faceva una strada di certo più lunga ma anche più sicura. Inutile dire che la strada sicura era di certo quella più battuta, mentre l’altra era più che altro per cacciatori e boscaioli.
Ora, accadde un giorno che ci fu un concilio nel cuore più nero della foresta. Vi presero parte il Leone, il Lupo e la Volpe in rappresentanza dei rispettivi popoli. Prese la parola il Leone che disse: “l’uomo taglia gli alberi e ci da la caccia, non possiamo più tollerare che le cose continuino in questo modo”. “Giusto!” gli ululò dietro il Lupo che aggiunse: “un tempo eravamo noi a regnare indisturbati, adesso invece dobbiamo stare attenti che la nostra pelle non venga presa dagli stupidi umani e diventiamo sempre più rabbiosi e affamati perché quando non prendono noi prendono il nostro cibo e affamano i nostri cuccioli”. Il Lupo aveva parlato bene e il Leone annui dicendo: “presto se non facciamo qualcosa, finirà che dovremo mangiarci tra di noi”. La Signora Volpe che fino a quel momento non aveva fatto che far finta di ascoltare prese allora la parola: “non sia mai che ciò accada amico Lupo! Ma noi abbiamo un modo per uscirne”. Lanciò ai presenti uno sguardo di intesa: “non è Vero?”. Gli altri rimasero un po’ attoniti ma per non fare la figura dei fessi annuirono. Accertatasi così di averli in pugno la Volpe proseguì: “se mai dovesse arrivare il giorno funesto descritto dall’amico Lupo, noi volpi finiremmo per essere le prime vittime ed è quindi nostro interesse che ciò non avvenga”. Fece una pausa rilassata guardandoli bene uno ad uno poi con fare ostentatamente distratto prosegui: “ho un amico al Villaggio che potrebbe darci una mano, si tratta del Re dei Ratti”, gli altri ebbero un sussulto perché consideravano quella specie indegna, al pari di una massa di depravati, ma non ebbero a fiatare perché volevano sentire tutto quello che la Volpe aveva da dire. “Bene, consegneremo loro le chiavi del Villaggio e faremo in modo che perseguano gli umani e li spaventino al punto da indurli a scappare via perché crederanno che un Male oscuro sia sceso sulla valle, poi faremo in modo che la maggior parte passi per la foresta dove soli e disarmati sarà facile per l’amico Lupo e Leone avere ragione di loro e fargliela pagare”. Agli animali piacque come piano ma come metterlo in pratica? Pareva troppo complicato. Ma la volpe disse solo di fidarsi che tutto sarebbe andato come aveva detto. Poco tempo dopo, ai margini della foresta vi fu un altro incontro bizzarro. Un quartetto di grossi ratti portandone un quinto sopra un pezzo di legno discutevano con la Volpe che si era messa sopra un masso appollaiata. Il ratto sopra il pezzo di legno risultava una spanna più alto della Volpe, anche perché quest’ultima rimaneva prudentemente acquattata. “Sono felice di vedervi Vostra Maestà” disse la Volpe ricevendo in risposta un gruginto. “Vi ho chiesto cortesemente questo incontro per offrirvi in dono tutto il Villaggio”. Il grosso ratto non era scemo e rispose scostante: “ce l’abbiamo già in pugno, sciocca volpe, mi hai fatto scomodare per così poco?”. La Volpe non si scompose e disse: “Voi Sire avete solo il controllo del sottosuolo, non della superficie dove gli umani vi cacciano e vi uccidono, proprio come noi, ma in più vi odiano solo perché avete bisogno di sfamare voi e i vostri cuccioli”. “Certo!” disse il Re che rimaneva diffidente, “cosa credi testa di rapa, è così da sempre, noi il sottosuolo e loro la superficie, come voi la foresta”. La Volpe finse di non aver sentito l’insulto: “Sire, mi dite forse che non vorreste anche il controllo della superficie e avere in pugno gli umani che vi rimarranno nonostate tutto?”. Il ratto rimase attonito. Come diamine pensava questa sciocca di poter fare quello che non poteva nemmeno nella sua foresta? “Pensi forse che gli umani siano tanto stupidi da cascare nei tuoi sordidi tranelli?”. “No,” disse la Volpe, “sono certa che lo faranno e se mi ascolterete lo sarete anche Voi perché vedete, non è l’intelligenza che salva dalla sciocchezza, ma la furbizia”. Il Re fece un cenno con la testa lentamente senza essere sicuro d’aver capito per ascoltare: cosa aveva in mente quella furbacchiona? In pratica spiegò la Volpe, si trattava di “fare accadere” cose a caso, ovunque nel Villaggio, in modo da far pensare agli umani che il posto era stregato, infestato dagli spettri maligni. Piccoli incendi, incidenti continui che mettevano in pericolo i cuccioli umani, cose che sparivano a caso, rumori notturni inquietanti e tanto altro. Il resto lo avrebbe fatto la gente di sua spontanea volontà, finendo per fuggire. Quando poi il numero di umani fosse stato abbastanza basso, i ratti avrebbero potuto uscire allo scoperto e sottomettere quelli rimasti.
Così fu, ma i primi che tentarono la fuga trovarono al bivio un cartello, aggiunto dalla Volpe sotto quello che indicava la foresta e con scritto su solo: “Salvezza”. Gli umani, esasperati e desiderosi solo di allontanarsi in fretta da ciò che non capivano, presero quindi in massa la via della foresta pensando che qualcuno li aveva preceduti e aveva voluto aiutarli a uscire dall’inferno che era piombato all’improvviso sul Villaggio sconvolgendo la loro esistenza. Quei pochi tra loro che invece decisero di andare ugualmente verso la locanda non fidandosi del cartello improvvisato, parlando con il locandiere, un grosso uomo dall’età indefinita che la sapeva lunga, lo sentirono commentare: “Quella bastarda alla fine ce l’ha fatta, ci ha fregato tutti!”.
Ma non volle mai dire chi fosse questa Signora per non apparire sciocco e miserabile qual’era al suo cospetto.
FONTE: https://comedonchisciotte.org/forum/spazio-aperto/fiaba-la-volpe-e-re-dei-ratti/
Inventori di malattie
25 Aprile 2021
documentario andato in onda nel 2003 su rai tre nel format c’era una volta, il giovedí notte
VIDEO QUI: https://youtu.be/FSLHwhavjuk
FONTE: https://comedonchisciotte.org/forum/spazio-aperto/inventori-di-malattie-2/
La svolta verso la nuova religione mondiale
Tra maggio e giugno la svolta verso la nuova religione mondiale – Massimo Viglione
Due appuntamenti internazionali tra maggio e giugno potrebbero sancire in modo ancora più evidente e profondo la svolta mondialista della chiesa con la conferenza organizzata dal Pontificio consiglio della cultura. Ci saranno ospiti molto significativi in questo senso: medici, scienziati, leader religiosi. Tra i nomi di spicco, Chelsea Clinton, Anthony Fauci e, per l’Italia Walter Ricciardi, oltre ai Ceo di Moderna e Pfizer. E forse anche Bill Gates.
L’intervista di Pandora TV intervista al prof. MASSIMO VIGLIONE accademico, storico della filosofia saggista. Conduce CARLO SAVEGNAGO
VIDEO QUI: https://youtu.be/y7LO2aQgIJo
FONTE: https://www.imolaoggi.it/2021/04/23/svolta-verso-nuova-religione-mondiale/
Vietato parlare dell’Oro degli Dei: YouTube oscura Bizzi
E’ durata appena due giorni la possibilità di ascoltare la ricostruzione offerta da Nicola Bizzi sul misterioso “oro degli dèi”, che collegherebbe recenti scoperte in Iraq e in Romania alla Casa dell’Oro, cioè il tempio egizio di Hathor sul Sinai, dove Mosè – secondo la Bibbia – avrebbe trasformato il famoso Vitello d’Oro in finissima polvere bianca, per poi darla in pasto al suo popolo. Una polvere impalpabile, che ricorda il “pane della vita” celebrato in tante iscrizioni egizie, con i faraoni raffigurati nell’atto di ricevere dalle divinità quella strana sostanza, capace – secondo la tradizione – di allungare di moltissimo la durata dell’esistenza. La notizia? Dal 28 aprile non è più possibile guardare il video, immesso il 25 aprile sul canale YouTube “Facciamo finta che”, di Gianluca Lamberti, dedicato alle voci eterodosse che indagano sul passato anche alla luce delle incongruenze del presente, dando spazio a personaggi ormai popolari (da Biglino a Malanga) e alle scoperte dell’archeologia non ufficiale, che destabilizzano la storiografia convenzionale. Tutti i video realizzati da Lamberti sono scomparsi: il canale YouTube è stato svuotato. “Colpa” del filmato con Bizzi?
Storico e fondatore delle Edizioni Aurora Boreale, Bizzi ha richiamato l’importanza della tradizione dei Misteri Eleusini, che alludono a una particolare fondazione dell’umanità legata ai Titani e alla civiltà di Atlantide, che l’ufficialità non riconosce ancora. Nel corso del filmato “La Pietra Filosofale e l’Oro Monoatomico”, Bizzi mette in relazione la Bibbia e l’Egitto dei faraoni a recenti ritrovamenti archeologici. Sui Monti Bucegi, in Romania, nel 2003 sono state scoperte enormi cavità sotterranee con dispositivi ad alta tecnologia. «Sulla scoperta è calato il silenzio – racconta Bizzi – su pressione degli Usa, che si sono accorti che le grotte rumene sono “gemelle” di quelle da loro scoperte durante l’invasione dell’Iraq». Al centro del “giallo” ci sarebbe il cosiddetto “oro monoatomico”, ricavabile dall’oro comune mediante sconosciuti procedimenti che, anziché fondere il metallo, lo polverizzano. Un elisir di lunga vita, sorgente dell’eterna giovinezza? O magari la “pietra filosofale” degli alchimisti? Insomma: un segreto strettamente custodito, nei millenni, e che anche oggi si vorrebbe mantenere sigillato, al punto da oscurare i video che ne parlano?
L’analisi di Bizzi parte dalle scoperte archeologiche dell’inglese William Flinders Petrie, che sul Sinai – dove Mosè tramutò in polvere l’oro del Vitello – scoprì sull’altura di Sarabit al-Khadim un gigantesco tempio, pieno di quella polvere bianca e di attrezzature per la metallurgia: la Casa dell’Oro. Una sorta di “fabbrica” dell’epoca, ininterrottamente attiva per 1.500 anni, a partire dal 2600 avanti Cristo. Cos’era, quella polvere? Aveva davvero proprietà prodigiose? E poi: la tecnica di polverizzazione dell’oro era stata importata sulla Terra dalle divinità antiche, che oggi si tende a far coincidere con le presenze aliene di cui si parla con sempre maggiore insistenza? Nell’autunno 2019, la Us Navy ha ammesso ufficialmente l’esistenza degli Ufo. Un anno dopo, il generale Haim Eshed (per trent’anni a capo della sicurezza aerospaziale di Israele) ha dichiarato che gli umani sono stabilmente in contatto con extraterrestri, nell’ambito di un’alleanza chiamata Federazione Galattica.
E ora, John Ratcliffe – capo della direzione nazionale dell’intelligence, nell’amministrazione Trump – ha annunciato che il 1° giugno 2021 sarà pubblicata un’enorme quantità di immagini, sugli Ufo, provenienti da aerei e satelliti militari. La strana compresenza di elementi antichi (templi) e attrezzature avveniristiche è esattamente il punto di domanda su cui Nicola Bizzi articola le sue osservazioni: alta tecnologia di origine ignota sarebbe stata rilevata sia in Iraq che in Romania, sempre in relazione a quella stranissima trasformazione dell’oro. Meccanica quantistica? Alchimia? Lo stesso Mosè, sottolinea Bizzi, era descritto come grande alchimista. Di quella misteriosa trasmutazione parla Ireneo Filalete, alchimista britannico del XVII secolo, studiato da Newton, Locke e Leibniz: la polvere bianca ottenuta dall’oro sarebbe esattamente la mitica “pietra filosofale”. «Per queste ricerche – aggiunge Bizzi – dobbiamo molto a un autore inglese da poco scomparso, Sir Lawrence Gardner». Di quella famosa polvere, Gardner parla ne “L’ombra di Salomone”, e prima ancora nel saggio “I segreti dell’Arca perduta”.
«Lo studioso collega direttamente il Sinai (cioè quello che poteva avvenire in quella “Casa dell’Oro”, il Tempio di Hathor) alle conoscenze alchemiche di Mosè: lo riteneva in grado di alterare la materia, secondo un’antica sapienza». Di nuovo: quelle conoscenze provenivano da mondi non terrestri? «Certi grandi personaggi del passato – Archimede, Ipparco, Tolomeo – che la moderna cultura derivante dal razionalismo illuministico settecentesco considera asetticamente “scienziati”, in realtà erano tutti grandi iniziati», osserva Bizzi: «Attraverso le scuole misteriche, avevano appreso i segreti che provenivano da un’antichità remota: e sicuramente questo è avvenuto anche per Mosè, un personaggio molto misterioso e presentato in genere soltanto come leader religioso, senza mai soffermarsi sulla sua possibile, vera identità». Interrogativi che, a quanto pare, sono bastati a svuotare brutalmente il canale YouTube di Gianluca Lamberti. Alla faccia di chi – come il Cicap e i tanti “debunker” che dominano il mainstream – ancora ridicolizza certe tesi: se si tratta di amenità innocue e persino ridicole, perché imporre una censura così perentoria e medievale?
(Su “Facciamo finta che” è ancora presente il link di accesso al video oscurato).
FONTE: https://www.libreidee.org/2021/04/vietato-parlare-delloro-degli-dei-youtube-oscura-bizzi/
CYBERWAR SPIONAGGIO INFORMAZIONE DISINFORMAZIONE
Università di Oxford in preda all’ideologia buonista globalista: banditi Mozart e Beethoven perché “suprematisti”
Il Regno Unito, a quanto pare, è in preda al peggior globalismo, non solo quello finanziario, di qui Londra è sempre stata una delle piazze principali, ma ora anche di quello culturale, di stampo buonista ed autorazzista, che porta a rinnegare le proprie radici nazionali ed europee in nome di un malinteso terzomondismo. Dopo la città di Bideford che ha dovuto rinunciare al soprannome di “piccola città bianca” perché suonerebbe come “razzista” e la zecca nazionale che rifà la Britannia con sembianze africane, ora all’università di Oxford si è pensato di bandire dagli studi, dal prossimo anno, Mozart e Beethoven, in quanto sarebbero “troppo concentrati sulla musica bianca europea nel periodo dello schiavismo”. Insomma, secondo i buonisti autorazzisti uno è responsabile persino del periodo in cui è nato. E così, progressivamente, si rinnega la storia europea. A Londra, gli immigrati sono la maggioranza abbondante della popolazione; il Regno Unito ha sempre seguito una politica migratoria eccessivamente aperturista, accogliendo anche ganghe di delinquenti e terroristi (Londra è stata tra le capitali europee più colpite dal terrorismo, come anche Parigi e Berlino, anch’esse città a forte tasso d’immigrazione), e tramite la classe intellettuale dominante sta continuando con questa deriva etnomasochista che porta alla distruzione della propria identità nazionale e più in generale dell’identità europea. Da noi, questa deriva non c’è ancora, ma bisogna stroncarla sul nascere in qualsiasi modo.
FONTE: http://brancheresistenti.altervista.org/universita-oxford-preda-allideologia-buonista-globalista-banditi-mozart-beethoven-perche-suprematisti/
India: l’impostura mediatica
Il sobrio titolo del NewYork Post:
“Il Covid divora la gente in India, le foto mostrano gente morta per le strade”
“i media USA, imitati da quelli nostrani, condividono un video che mostra gli astanti che cadono incoscienti per le strade, asserendo che ritrae la situazione in mezzo al recente aumento delle infezioni COVID in India”.
in realtà le foto sono quelle di un grave incidente avvenuto nel maggio 2020 in una fabbrica di polimeri nell’Andhra Pradesh; una fuga di gas che ha ucciso 12 persone
Il grande giornalismo italiano riprende la notizia a suo modo, mostrando una eccezionale cultura:
In india “bruciano i morti in strada” – da soli 3 mila anni
L’induismo prescrive la cremazione, ritenuta un ausilio per rompere il ciclo delle rinascite. All’aperto, ovviamente; si avrebbe orrore dei forni crematori, e alla presenza dei figli e parenti. Chi ne ha i mezzi, quando agonizza si fa bruciare sulle rive del Gange, lì l’Estinzione è sicura. Come dovrebbe essere noto a un giornalista, ciò ha persino sviluppato una specie di turismo: i viaggiatori stranieri che vanno a Varanasi (ex Benares) non mancano di farsi portare da un barcaiolo davanti al ghat (scalinata) dove ardono le pire e fare foto.
Ovviamente, sui giornali indiani sono continui gli articoli che lamentano il tremendo rincaro del legname per garantire un degno funerale al caro estinto; e siccome dai 300 milioni che erano gli indiani al tempo del British Raj sono diventati 1,3 miliardi, al lamento per il rincaro si aggiunge il lamento ecologista per la deforestazione, effettivamente inarrestabile.
https://www.pimpmytrip.it/manikarnika-ghat-cremazioni-varanasi/
FONTE: https://www.maurizioblondet.it/india-limpostura-mediatica/#.YIiEbh9urzY.whatsapp
DIRITTI UMANI
M. Della Luna: Abusi e bugie: così stanno “riscrivendo” la Costituzione.
22 04 2021
Qui una relazione da libreidee, dell’intervento in una trasmissione su YT dell’avvocato Marco Della Luna, durante la quale illustra sapientemente il meccanismo che ci sta conducendo alla dittatura, con buona pace dei cultori della geniale ‘trovata’ dialettica introdotta per scoraggiare e ridicolizzare le persone prudenti, che recita “l’antifascismo in assenza di fascismo”:
Il giurista tedesco Otto Lenel diceva: il diritto comincia con il rispetto del fatto. Quando una prassi si sedimenta e la gente la accetta, si crea una “opinio legitimitatis”, che diventa la fonte del diritto, delle norme. Cosa stanno facendo i nostri governanti, da Conte a Draghi? Stanno abituando la popolazione, ma anche i giudici, ad accettare una riforma delle fonti del diritto: con provvedimenti amministrativi come i Dpcm (quindi non normativi, non legislativi), il governo sospende e modifica la Costituzione. Cioè: la fonte primaria del diritto diventano i decreti unilaterali del governo, semplici atti amministrativi, provvedimenti che invece – secondo i principi generali – dovrebbero essere sottoposti alla legge. Ora vedremo se, da parte della magistratura, ci sarà la volontà di far valere la legge (l’ordine, la gerarchia delle fonti), e quindi di sottoporre l’operato del governo alla conformità della legge e alla Costituzione: nel qual caso, tutto salterà. Se invece la magistratura verrà convinta ad assecondare questa grande riforma costituzionale in senso autocratico e tecnocratico, allora questa riforma probabilmente riuscirà.
Ma noi abbiamo già un’Unione Europea strutturata in modo tale da dare potere a organismi esecutivi non democratici, come la Bce, la Commissione Europea e l’Ecofin, che rispondono alla comunità dei grandi banchieri internazionali. Siamo in un ambiente che è totalmente estraneo alla democrazia, e questa operazione di sovversione delle fonti del diritto, che il governo Draghi sta conducendo in continuità con il governo Conte, è semplicemente una uniformazione dell’ordinamento costituzionale italiano a quello che è già l’ordinamento del potere reale in Europa. Quando si vogliono fare grandi riforme, bisogna ottenere la collaborazione di molti soggetti. E il modo migliore per ottenerla è quello di offrire profitti. In questo caso ne sono stati offerti in termini di carriera a ministri, a sedicenti esperti televisivi, a giornalisti, ma anche e soprattutto a quell’apparato burocratico che ha gestito business come quello delle mascherine importate dalla Cina, dei banchi a rotelle, delle siringhe, dei vaccini.
Poi questi vaccini hanno una proprietà fondamentale: essendo somministrati in tempo di pandemia, inducono l’insorgere di varianti (più correttamente, mutazioni). Albert Sabin, l’inventore del vaccino contro la poliomielite, diceva: non ha senso vaccinare contro i virus mutanti, perché – vaccinando – si stimola la mutazione. Queste vaccinazioni, quindi, probabilmente produrranno un effetto a catena: faranno nascere sempre nuove mutazioni, che richiederanno sempre nuovi vaccini, e il business crescerà all’infinito. Un business perpetuo, destinato a non raggiungere mai la saturazione del mercato. Più soddisfi la domanda, più la domanda cresce: è come cercare di dissetarsi con l’acqua di mare. I passaporti vaccinali? E’ chiaramente tutto illegale. Vincolare a pass sanitari la circolazione fra territori è contrario alle carte dei diritti dell’uomo e alla Costituzione. Ma se riescono a farli, se la popolazione li accetta, se li riesce a imporre magari con la violenza, allora questo verrà gradualmente accettato, e si formerà una “opinio legitimitatis”.
La “green card” per condizionare la libera circolazione introduce un vulnus che non si vedeva da più di un secolo, e sarà sempre più così. Ed è solo l’inizio: cercheranno di introdurre progressivi strumenti di controllo degli spostamenti delle persone, del denaro e delle merci, con monitoraggio capillare e in tempo reale dei comportamenti. Andiamo verso una società controllata, gestita come la zootecnia. La società del futuro sarà come l’allevamento del bestiame, in cui l’allevatore esercita un potere assoluto sugli occupanti della stalla. “La fattoria degli animali”, di Orwell, ne è una perfetta anticipazione. Ribadisco il concetto espresso da Otto Lenel: il diritto nasce dal rispetto del fatto. Quando si stabilisce una prassi “contra legem” come i Dpcm, provvedimenti amministrativi usati per sospendere la Costituzione, e la società lo accetta, allora quello che era “contra legem” diventa “lex”: diventa la nuova Costituzione.
Resta centrale il tema dell’onestà intellettuale nella comunicazione col popolo, con l’opinione pubblica: e il risultato inequivoco è che l’onestà intellettuale è sempre perdente. Non è mai esistita, una società realmente democratica. Tutte le società sono sempre state gestite da una élite che ha il controllo del grosso della ricchezza, del potere e della conoscenza politica. Ha il controllo della giustizia, dell’industria culturale, e oggi anche della ricerca tecnologica e scientifica, nonché delle comunicazioni di massa. La democrazia non esiste: al massimo abbiamo una rotazione delle élite. Lo sforzo del governo italiano, poi, è molto forte anche nella falsificazione dei dati: sia in sede di rilevazione, sia in sede di rielaborazione e presentazione statistica. Il Giappone, la Corea del Sud e Taiwan, molto esposti per la loro ubicazione geografica rispetto a Wuhan, pur non avendo quasi introdotto il lockdown (e non avendo quasi vaccinato), hanno avuto un tasso dichiarato di mortalità per il Covid insignificante, rispetto al nostro.
L’Italia avrebbe un tasso di morti per Covid mi pare decuplo, rispetto alla media dei paesi simili. Questo perché l’Italia fa il suo dovere, in base agli accordi presi da Renzi con Obama, per fare del nostro paese il capofila della vaccinazione universale coatta. L’Italia purtroppo è sottoposta a un carico di menzogna (organizzata dalle istituzioni) che non ha pari, negli altri paesi. L’Italia inoltre falsifica i dati dei morti di Covid: lo so direttamente dalle agenzie di onoranze funebri. L’Italia falsifica con direttive anche scritte, che registrano come morto di Covid anche chi muore di altro. Nel presentare questi dati, poi, si omette di dire che i tamponi Pcr vengono usati contrariamente alle istruzioni del loro inventore, che raccomandava al massimo 24 “moltiplicazioni”; vengono fatti 35-45 cicli di “amplificazione”, privando così il tampone di qualsiasi valore veritativo.
Così, secondo le stime, si costruisce un’apparenza di contagio pari a dieci volte la realtà. Per questa via, i “positivi” (veri o presunti, anche asintomatici) finiscono nel novero dei cosiddetti “casi”, insieme ai malati veri e propri, che possono avere sintomi più o meno rilevanti. Serve a spaventare la gente, che quando ha paura di morire accetta qualsiasi prevaricazione e qualsiasi illegalità: persino il nazismo, il fascismo sanitario. La gente ragiona poco anche quando non è spaventata, ma se è terrorizzata non ragiona proprio più. Molti però stanno aprendo gli occhi, oggi, di fronte al disastro economico, da cui dipende anche l’equilibrio psichico. E questo sta avvenendo grazie al coraggio di chi non ha mai smesso di informare i cittadini, contrastando la disinformazione.
FONTE: https://comedonchisciotte.org/forum/opinioni/m-della-luna-abusi-e-bugie-cosi-stanno-riscrivendo-la-costituzione/
ECONOMIA
I 12 mega-finanziatori della politica USA
Secondo Issue One, dodici finanziatori hanno speso 3,4 miliardi di dollari per finanziare la vita politica statunitense: un tredicesimo del totale del denaro investito nella “democrazia” statunitense.
Sono:
Michael Bloomberg | Bloomberg | $1.4 billion |
Tom Steyer & Kat Taylor | Farallon Capital LLC | $653 million |
Sheldon & Miriam Adelson | The Venetian Las Vegas Casino | $523 million |
Richard & Elizabeth Uihlein | Uline Shipping Supply | $138 million |
Ken Griffin | Citadel LLC | $107 million |
Donald Sussman | Paloma Capital LLC | $98 million |
Jim & Marilyn Simons | Renaissance Technologies LLC | $93 million |
Fred Eychaner | Newsweb Corporation | $92 million |
Dustin Moskovitz &Cari Tuna | $83 million | |
Timothy & Patricia Mellon | Pan Am Transport | $70 million |
Joe & Marlene Ricketts | TD Ameritrade | $66 million |
Paul Singer | Elliott Management | $63 million |
Total | $billion$3.4 |
Si noti che: cinque sono finanzieri, due devono la propria ricchezza ai trasporti, due ai media, uno ai casinò, uno ai GAFA, l’ultimo ha fatto fortuna gestendo gli scambi di borsa.
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Issue One, April 2021
FONTE: https://www.voltairenet.org/article212889.html
IL PNRR E L’IDRAULICA KEYNESIANA
Il Governo ha presentato ieri al Parlamento il Programma nazionale di ripresa e resilienza, che il 30 aprile sarà inviato a Bruxelles per le prime valutazioni. Si tratta di un corposo documento che contiene proposte di investimenti e riforme per i prossimi anni e ha l’ambizione di disegnare un percorso di crescita per il Paese nel quinquennio a venire, sulla base di impegni che dovranno vincolare anche la prossima legislatura. Si tratta davvero di un programma tale da interrompere il pluridecennale declino italiano? La risposta breve è: no.
Ci sono almeno tre problemi nell’impostazione del Pnrr. In primo luogo, esso mette giustamente al centro la riforma della Pubblica amministrazione, la cui inefficienza è indicata in tutte le indagini come una delle principali cause della nostra stagnazione economica. In un’intervista al Sole 24 Ore di oggi, il ministro Renato Brunetta riconosce che “alla riforma della Pa è attribuibile il 70 per cento dell’effetto delle riforme strutturali”. La riforma è articolata e contiene elementi molto positivi, ma alla fine della giornata essa è e rimane un grande piano di assunzioni. Non c’è dubbio che il settore pubblico debba essere svecchiato, ma l’introduzione di nuove professionalità dovrebbe essere la conseguenza della sua riforma – in base alla quale ne andrebbero disegnati il profilo e il numero – non il punto di partenza.
Secondariamente, gli investimenti sono eterogenei e spesso appaiono più il frutto di azioni da parte di portatori di interessi, che il frutto di un’analisi ragionata sulle esigenze del Paese. Facciamo un esempio tra i tanti: il Pnrr dichiara l’obiettivo di “sviluppare una leadership internazionale, industriale e di ricerca e sviluppo” nelle rinnovabili, nelle batterie e nell’idrogeno. Per questo “vaste programme” stanzia un miliardo su rinnovabili e batterie, e 450 milioni per l’idrogeno. Nessuno può sinceramente credere che con poche centinaia di milioni di euro in cinque anni si possa raggiungere la “leadership globale” in settori in cui tutto il mondo sta investendo ingenti somme, pubbliche e private. E, allora, viene il sospetto che si tratti di regalie mascherate da alti e nobili ideali. Oltretutto il Governo, ai già enormi stanziamenti europei, ha aggiunto un fondo complementare da 30 miliardi, che sembra fatto proprio per finanziare quelle spese che non avrebbero passato il vaglio europeo.
Più in generale, il Pnrr dà l’impressione di ispirarsi a una sorta di keynesismo idraulico: un’idea meccanicistica del rapporto fra risorse e crescita, indifferente al merito delle singole proposte e alle aspettative e reazioni degli individui. Semina quattrini e qualcosa resterà. Purtroppo il sistema economico è più complesso: ogni scelta allocativa comporta non solo la sottrazione di risorse all’olandese Peter per darle a Paolo (e, con lui, allo spagnolo Pablo e al greco Paulos). Essa implica, soprattutto, un costo-opportunità degli utilizzi futuri, perché i denari spesi per costruire una ferrovia inutilizzata non potranno più essere impiegati per finanziare una strada utile. E, quindi, non solo i soldi pubblici rischiano di essere sprecati, ma fanno perdere al Paese tutte le opportunità di crescita che avrebbero potuto esserci se fossero stati impegnati in modo più avveduto. Ecco: questa valutazione comparativa è assente. Si sono scelte delle destinazioni e poi si è cercato di cavarne fuori una stima di impatto, ma le determinanti delle scelte (l’investimento x anziché y) sono state politiche, la loro razionalità tutta alla dialettica dei partiti, non economiche. E lo conferma, se mai ce ne fosse bisogno, la pesante influenza che le imprese a controllo pubblico hanno avuto sulla redazione del piano, che troppo spesso sembra cucito su misura per loro, con un ruolo marginale per l’industria privata.
Certo, ci sono anche misure molto positive: la revisione del programma Transizione 4.0 per lo stimolo agli investimenti innovativi va nella giusta direzione, per esempio. Molte delle riforme annunciate – se effettivamente adottate e attuate – potranno contribuire alla crescita della produttività. Ma, nel complesso, il Pnrr appare una lunga lista di spese. È difficile dire che siano sempre utili, non sono quasi mai argomentate.
FONTE: http://www.opinione.it/economia/2021/04/27/istituto-bruno-leoni_pnnr-governo-bruxelles-investimenti-crescita-spese-pa-punti-deboli-aspetti-positivi/
EVENTO CULTURALE
“CONNESSIONI” di Francesca Sifola
Video di presentazione qui:
https://www.youtube.com/watch?v=s6PpAf3htWY
Il libro è reperibile qui:
https://www.ibs.it/connessioni-libro-francesca-sifola/e/9788855088244
https://www.kobo.com/ebook/connessioni
https://www.libreriauniversitaria.it/connessioni-sifola-francesca-europa-edizioni/libro/9788855088244
https://www.hoepli.it/libro/connessioni/9788855088244.html
FINANZA BANCHE ASSICURAZIONI
Bnl: 36 giorni senza poter mai accedere al proprio conto, ostaggio della filiale
«Direttore! Ma lei, lei non mi vuole dare 100 milioni? Ma lei va, va contrario al suo nome, dottor Diotiaiuti! lei si contraddice! Eh! Allora io… “non ho niente”: certo che non ho niente e vengo a chiedere 100 milioni; perché se avessi un miliardo me li darebbe 100 milioni?
-Certo!
– “Certo” … Ah sì eh? Certo, ma se avessi un miliardo, glieli darei io 100 milioni! (…) Se c’ho un miliardo mi dà 100 milioni… e allora se io ho bisogno di una melanzana? Una melanzana, devo andare dall’ortolano e devo avere un miliardo di melanzane a casa? Eh? Non me l’ha mai detto l’ortolano “Ce l’ha un miliardo di melanzane?”, mai!»
(Giuseppe Bertolucci e Roberto Benigni)
Caro Direttore, in questo servizio giornalistico si darà visibilità alla Banca Nazionale del Lavoro, per meritori motivi: è la storia infatti di una ordinaria operazione bancaria eseguita efficacemente in tempi ragionevoli!
(da riscrivere: in tempi quasi ragionevoli. Da riscrivere ancora: in tempi. Cancellare tutto e riscrivere
si dimostrerà infatti perché chi scrive non accederà mai ad un mutuo Bnl, e chi legge al termine di questa pagina on line ne avrà conferma.
Comparirà in questa riga la madre del giornalista, ricoverata nel 2021 per un mese e mezzo in Ospedale a Geriatria e poi, grazie all’efficienza della Ausl inviata nella casa di cura dove chi scrive nacque per la riattivazione motoria, che consisteva nel mantenerla a letto per tutto il giorno tranne due minuti, con restitutio ad integrum in garanzia di relazione di dimissione (sta clinicamente benissimo, non ha bisogno neanche di fisioterapia!) e deambulatore in comodato d’uso, salvo poi smontarsi e cadere appena rincasata (la madre, il rollator invece ancora un mese dopo è inutilizzabile perché montato male dai fornitori e quindi condivide con la madre l’instabilità), e finire in assistenza domiciliare programmata, in una diuturna attesa di visite fisiatriche domiciliari e vaccinazioni Covid-2019 a domicilio per esigenze anagrafiche e necessità sanitarie che rasenterà gli orizzonti veterotestamentari messianici superando la nozione di tempo (e rischio).
Così, prima che il mezzo di trasporto abitudinario divenga l’ambulanza, la madre si reca con un deambulatore rotto fornito da Ausl come scettro pastorale alla Banca Nazionale del Lavoro, fondata nel 1913, così rinominata nel 1927, acquisita oltralpe nella francese BNP Paribas nel 2006, di cui è correntista dal 1980, ovvero da prima che chi scrive nascesse.
La causale è una inezia, una banalità bancaria, quasi un’ovvietà!, è lasciare una delega sul conto al figlio, perché sicuramente non ci sarà bisogno di fisioterapie, ma per non lasciarsi cogliere sprovvisti dall’imprevedibile volontà del fato che smentirà le condizioni cliniche assicurate da Ausl solo poche ore dopo, occorre pensare anche alla remotissima e tuttavia verificatasi possibilità che non sia in grado di muoversi da casa e andare a ritirare il proprio denaro.
La bancaria, intelligente, sorridente, efficiente, verifica subito la presenza tra i delegati del padre di chi scrive, recentemente deceduto, nel 1999, ovvero nel secolo scorso, curiosamente non resuscitato per adempiere alla delega, e di una amministratrice di sostegno che non amministrava e soprattutto non sosteneva, e che, come tale, è stata esautorata dell’incarico nel 2016. Occorre quindi la sentenza di chiusura dell’amministrazione di sostegno per poter provvedere alla delega, basta anche una e-mail in fondo, nessun problema! e così, mentre la madre e il deambulatore fanno a gara su chi sia più instabile – spoiler: vince il rollator – si manda l’e-mail, cortese attenzione, gentile bancaria, cordiali saluti, conferma di lettura e via.
Passano ore che per comodità del lettore facciamo diventare giorni e settimane in poche parole, alla madre viene assegnata una assistente sociale talmente sociale che nessuno incontra e che propone Zoom nella casa della madre dove a malapena prende il GSM – assistente social(e) dunque -, e che, probabilmente ambendo a dirigere le squadre operative dei NAS, invierà assistenti domiciliari alla madre che non assisteranno e che segnaleranno tutto ciò che manca in casa senza verificare l’esattezza della segnalazione, così in poche settimane chi scrive perderà ogni giorno ore di tempo a smentire le errate segnalazioni, sempre più fantasiose (la doccia è inagibile! – era svitata la cornetta della doccia- la madre dorme su un letto senza materasso! – la madre è forse un fachiro? – eccetera) in attesa che arrivi anche una Bibbiano della senescenza, con le madri sottratte ai figli.
Per continuare la (non) assistenza è necessaria la dichiarazione ISEE e dunque l’estratto conto, e quindi il figlio si recherà dopo settimane alla Bnl, quasi vergognandosi a chiederlo da quanto ovvio. Ma dopo settimane la delega non è arrivata, la bancaria sorridente, intelligente, efficiente non c’è, invii una e-mail e le faremo sapere. Ma come “invii un’e-mail”? … ma già che si è nella banca… invii un’e-mail. Si invia una e-mail ma non ci faranno sapere. Si ritorna dopo giorni dal Direttore della filiale, che sarà sicuramente pacioso come l’ex Presidente BNL Luigi Abete, che, come il prezzemolo, condiva ogni trasmissione televisiva e ogni premio cinematografico, la sciarpa Telethon perché l’istituto bancario aiuta meritoriamente la ricerca, e via.
Il Direttore non ne sa nulla, è una operazione talmente ovvia in fondo, lascia il numero del radiomobile di lavoro della bancaria, e il proprio, “ma mi chiami solo se ci saranno problemi e non ci saranno!”.
Non ci saranno, ma la impiegata ha il radiomobile di lavoro spento. Si torna in filiale, giorni dopo, il Direttore rassicura, “ah era in ferie, da oggi è operativa”, quindi la si può incontrare, “la chiami pure al numero”. Passano altri giorni e il radiomobile è acceso ma nessuno risponde. E allora si tornerà dal Direttore, che, preso alla sprovvista, addurrà motivazioni plausibili: “Non risponde neanche a me, nonostante sia nell’ufficio di fianco!”, sì ma la delega sul conto “C’è il COVID-2019”, sì ma la delega sul conto… fino al grado finale della climax “Ho avuto il COVID-2019 anche io per tre mesi!”.
Di fronte alla malattia si tace, si rispetta e si saluta. Passano altri giorni, si invieranno e-mail a cui nessuno risponderà, si tornerà in filiale, finché dopo solo 21 giorni, la bancaria efficiente, intelligente, sorridente risponde con un messaggio che ci conferma che la Democrazia Cristiana governa ancora se non l’esecutivo, il linguaggio di questa nazione:
“Buon giorno Sig. Agami, ho provato a contattarla ieri ma non sono riuscita a trovarla.
Volevo dirle che la sua richiesta è in corso di finalizzazione all’ufficio di competenza, la filiale ha già provveduto alla lavorazione. Cordiali saluti e buona giornata,”
Finalizzazione, lo dice la parola stessa. Passa una ulteriore settimana, i saluti diventano un po’ meno cordiali e si domanda l’esito della finalizzazione, senza risposta. Si sollecita, accludendo nell’e-mail anche il Direttore di area di un istituto bancario concorrente, probabilmente contento di accogliere un trasferimento con chiusura del conto da parte della madre, che da correntista più antica diventa anche la più dimenticata dalla Bnl. Nessuna risposta. Si ripassa in banca, memori di quanto disse proprio nel Parlamento italiano nel 2015 l’attuale Presidente del Consiglio Mario Draghi a favore del consolidamento bancario (“L’Italia qualche anno fa aveva 750 banche: 750 banche sono 750 consigli di amministrazione, ogni consiglio di amministrazione ha almeno 5 membri, ogni consigliere di amministrazione costa una certa cifra, quindi vedete subito come tutto questo sistema sia molto costoso: questi costi vengono pagati dai clienti delle banche” ): ritenti, sarà più fortunato.
Nel frattempo, la madre festeggia la fine dell’assistenza domiciliare brindando chinotto assieme al deambulatore rotto, assunto ad attaccapanni e strumento di compagnia, l’assistente social(e) in odore di Intelligence perde il giochetto e continua a ricordare che per continuare ad usufruire del servizio è necessaria la dichiarazione ISEE, avvalendosi della scrittura facilitata (facilitata dalla mancata lettura delle precedenti e-mail circa l’impossibilità di ottenere gli estratti conto), passa una ulteriore settimana, e finalmente, dopo soli 36 giorni, la finalizzazione finisce, e sfinisce.
La Bnl nella presidenza Abete ha sostenuto la cultura, e quindi forse in memoria di questo, nel settimo centenario della morte di Dante Alighieri, ha voluto omaggiarlo facendoci immedesimare nella prima cantica, un Inferno, e dunque «Lasciate ogne speranza, voi ch’intrate» (Inf. III, 9)
36 giorni senza poter accedere al proprio conto corrente, per chi non ha l’home banking per motivi anagrafici, ed è malata, sono oltre un mese di sofferenza inutile. E di debiti, o more, per chi non ha qualcuno che paghi per lei.
Nel contest di lentezza tra il portafoglio (la banca) e la salute (la visita fisiatrica domiciliare e il vaccino COVID-2019) vincerà la salute (non si sa se di misura, perché ancora nulla è ancora arrivato).
Arriverà un giorno in cui il COVID-2019, che ha avuto l’indubbio merito di entrare nel lessico popolare come nuova scusante di ogni problema, sostituendo semanticamente il ruolo di causa impedente collettiva nazionale che ebbe la crisi economica, non sarà più l’alibi di ogni nostra inerzia e incapacità.
Allora, ne troveremo un altro.
(CVD: lo scrivente non accederà mai a un mutuo Bnl)
(Postilla- Aggiungiamo allo slogan Bnl due parole: BNL La banca per un mondo che cambia. In peggio)
Twitter @AmoreMorteeBoh
FONTE: https://it.businessinsider.com/36-giorni-tagliati-fuori-dal-proprio-conto-bnl-oltre-un-mese-di-inutile-sofferenza-e-di-debiti-o-more-senza-qualcuno-che-paghi-per-te/
GIUSTIZIA E NORME
Dopo la sentenza contro l’obbligo della maschera: le autoritàì perquisiscono l’appartamento e l’ufficio del giudice
Il virus non è mai stato un problema sanitario…
da Deutsche Wirtschafts Nachrichten
Un giudice di Weimar aveva pronunciato una sentenza contro il requisito della maschera nelle scuole all’inizio di aprile 2021. Ora è stata effettuata una perquisizione nei suoi locali privati e ufficiali. Il suo cellulare è stato confiscato.
Il tribunale distrettuale di Weimar ha stabilito l’8 aprile 2021 che il requisito della maschera, le distanze minime e i test rapidi non sono consentiti nelle scuole. Tutte queste cose “rappresenterebbero una minaccia per il benessere mentale, fisico o emotivo del bambino”.
Il giudice distrettuale responsabile di questa sentenza , Christian Dettmar, è stato poi aspramente criticato dai media e dai politici. Il giudizio si basa su tre relazioni del Prof.Dr. med. Ines Kappstein, Prof.Dr. Christof Kuhbandner e il Prof.Dr. rer. biol. ronzio. Ulrike Kämmerer.
Il 26 aprile 2021, gli investigatori hanno esaminato l’ufficio, l’abitazione e l’auto del magistrato su ordine del pubblico ministero. Secondo l’ufficio del pubblico ministero di Erfurt, vi è il sospetto di una perversione della legge. Il BILD: ‘ Vi è un sospetto iniziale che il giudice non fosse competente e quindi non autorizzato a emettere un tale ordine – il tribunale amministrativo, tuttavia, era responsabile. Secondo Grünseisen, vi è un primo sospetto se esiste la possibilità di un reato penale. Anche la perversione della legge è una violazione molto grave “.
IMMIGRAZIONI
Studio in Francia: dal 2017 il 44% di aumento demografico deriva dagli immigrati
Uno studio fatto in Francia dall’INSEE (Istituto Nazionale della Statistica e degli Studi Economici) appena uscito ha rilevato come dal 2017 il 44% dell’aumento demografico derivi dalla popolazione immigrata. Parigi è, insieme a Londra e Berlino, tra le capitali europee con il maggior tasso di popolazione immigrata o di origine immigrata. Tutti e tre gli stati hanno lo ius soli, cittadinanza immediata, o quasi, per i figli dei residenti stranieri: questa cosa ha portato ad una modifica radicale della composizione etnica della cittadinanza, e anche ad una destabilizzazione dell’ordine sociale, poiché molti immigrati di seconda o terza generazione sentono il richiamo delle radici, percepiscono una certa emarginazione sociale, s’incattiviscono ed entrano nei giri della delinquenza e del terrorismo, ci ricordiamo bene i saccheggi e gli incendi delle balnlieues, le periferie francesi, per cui lo storico gruppo di rock identitario francese In Memoriam ha scritto pure una canzone, A l’aube de l’an 2000 (“All’alba dell’anno 2000 saccheggiano le nostre città, violentano le nostre donne…”); in Italia siamo ancora a livello di piccola delinquenza di strada. I popoli extraeuropei, specialmente Arabi, Africani e Cinesi, hanno un tasso di riproduzione molto superiore rispetto a quelli europei: se non si pongono freni all’immigrazione di massa ed alle cittadinanze facili, in Europa gli autoctoni europei diverranno minoranza. Occorre bloccare ogni proposta di ius soli in Italia, onde non finire come la Francia ed il Regno Unito: l’idea era stata rilanciata dal mondialista Enrico Letta, guida attuale del PD, e questo ci fa sapere chi abbiamo tra gli esponenti di governo. Occorre altresì rivedere in senso restrittivo le politiche su immigrazione e cittadinanza, imponendo più filtri agli ingressi e più anni e paletti per la cittadinanza. In Europa, il crollo demografico non è per forza un male: una popolazione meno densa aiuta a ripristinare l’equilibrio ecologico con l’ambiente e le risorse naturali. L’immigrazione di massa va a romper questo equilibrio che si andrebbe a formare; e a questo punto occorre altresì un piano di cooperazione che incentivi lo sviluppo locale delle nazioni a maggior emorragia migratoria verso l’Europa, affinché possano uscire dalla povertà indotta e raggiungere un certo grado di prosperità economica, a questo punto andrà da sé che anche la bomba demografica si sgonfierà dacché un popolo fa meno figli in genere quando raggiunge un certo benessere. Dunque va identificato nel globalismo il bersaglio da colpire cui contrapporre la difesa delle identità e dei confini nazionali: una cooperazione fra i popoli per favorirne l’autosviluppo nelle rispettive terre originarie è salutare ed auspicabile, un trasferimento massiccio di masse di genti da un emisfero all’altro no, porterebbe disordini sociali e perdita delle identità culturali.
FONTE: http://brancheresistenti.altervista.org/studio-francia-dal-2017-44-aumento-demografico-deriva-dagli-immigrati/
PANORAMA INTERNAZIONALE
Il Medio Oriente si riorganizza
Gli Stati del Medio Oriente – divisi non per volontà loro, ma dalle potenze che hanno colonizzato la regione – si riorganizzano secondo una propria logica. Le nuove alleanze sono ancora fragili, ma è con queste che gli Occidentali dovranno confrontarsi.
- L’11 febbraio 2021, ad Atene, Arabia Saudita, Bahrein, Cipro, Emirati Arabi Uniti e Grecia hanno partecipato al Philia Forum (Forum della Fratellanza). L’Egitto è stato invitato in rappresentanza della Lega Araba, la Francia in rappresentanza dell’Unione Europea. Israele non ha tardato ad aggregarsi.
Quel che rende il Medio Oriente difficile da comprendere è che è formato da una molteplicità di protagonisti che, seguendo dinamiche proprie, stringono o rompono alleanze secondo le circostanze. Pensiamo spesso di conoscere politicamente la regione, di sapere distinguere gli amici dai nemici. Ma quando dopo anni torniamo negli stessi luoghi, ci accorgiamo che il paesaggio è radicalmente cambiato: alcuni di coloro che ci erano amici, ora sono nostri nemici, mentre ci sono ex amici che desiderano addirittura la nostra testa.
È quanto sta accadendo ora. In pochi mesi tutto sarà diverso.
1) Bisogna innanzitutto comprendere che alcuni protagonisti, che vivevano in regioni desertiche, hanno dovuto per forza di cose organizzarsi in tribù. La loro sopravvivenza dipendeva dall’obbedienza a un capo. Sono estranei alla democrazia e mossi dallo spirito di appartenenza alla propria comunità. È il caso, per esempio, delle tribù saudite e yemenite, dei sunniti iracheni provenienti da queste tribù e dei kurdi, delle comunità israeliane e libanesi, nonché delle tribù libiche. Sono costoro le principali vittime (a eccezione degli israeliani) del progetto militare degli Stati Uniti: la strategia Rumsfeld/Cebrowski di distruzione delle strutture statali. Non hanno capito quale fosse la posta in gioco e ora si ritrovano senza uno Stato solido che li difenda.
2) Un’altra categoria di protagonisti agisce per interesse personale. Pensa solo ad accumulare denaro e non prova empatia per alcuno. Si adatta a qualsiasi situazione politica e riesce sempre a stare dalla parte del vincitore. È il serbatoio che produce alleati irriducibili degli imperialisti di ogni tipo, che hanno dominato la regione: di recente l’Impero Ottomano, indi gl’imperi inglese e francese, ora gli Stati Uniti.
3) Infine, c’è la categoria di coloro che agisco per difendere la Nazione. Hanno lo stesso coraggio delle popolazioni tribali, ma sono capaci di allargare il proprio orizzonte. È la categoria che nel corso dei millenni ha creato le nozioni di Città e poi di Stato. Caso emblematico sono i siriani, che per primi hanno costituito Stati e che oggi muoiono per salvaguardarne uno.
Sovente gli Occidentali pensano che questi popoli si battano per delle idee: il liberalismo o il comunismo, l’unità araba o l’unità islamica e così via. Nella realtà non è questo che accade. Un esempio: gli yemeniti comunisti sono oggi quasi tutti diventati membri di Al Qaeda.
Ma, soprattutto, giudichiamo queste persone incapaci di essere al nostro livello. Ebbene, è il contrario: sono gli Occidentali, che vivono in pace da tre quarti di secolo, ad aver perso il contatto con le realtà semplici. Il mondo è pieno di pericoli e si ha bisogno di alleanze per sopravvivere. Si sceglie di aderire a un gruppo (tribale o nazionale) o d’intrufolarsi da soli fra i nemici, abbandonando amici e famiglia. In tale mondo esistono ovviamente anche le ideologie, ma dobbiamo analizzarle solo dopo aver preso in esame queste tre categorie.
Dalla seconda guerra mondiale il panorama politico del Medio Oriente si è cristallizzato attorno ad alcune crisi: l’espulsione dei palestinesi dalla loro terra (1948); l’indebolimento degl’imperi inglese e francese di fronte a Stati Uniti e Unione Sovietica (Suez, 1956); il controllo sul petrolio del Golfo da parte degli Stati Uniti (Carter, 1979); il crollo dell’URSS e l’egemonia degli USA (Tempesta del deserto, 1991); la strategia Rumsfeld/Cebrowski (2001); e, per finire, la rinascita della Russia (2015).
Tutti gli accadimenti politici e militari, comprese la rivoluzione iraniana e le “primavere arabe”, non sono che epifenomeni di quest’ordito. Nessun evento ha prodotto nuove alleanze; al contrario, tutti i protagonisti hanno rafforzato le esistenti per tentare, invano, di far vincere l’uno o l’altro campo.
Il presidente Donald Trump, che si era prefisso come unico compito per il Medio Oriente di far cessare la “guerra senza fine” di Rumsfeld/Cebrowski, non ne ha avuto il tempo. È riuscito tuttavia a convincere il Pentagono a smettere di usare jihadisti come mercenari al proprio servizio. Oggi però il dipartimento della Difesa fa retromarcia. Trump ha, in particolare, capovolto lo scacchiere mettendo in discussione la fondatezza della causa palestinese.
Diversamente dalle impressioni della prima ora, l’intenzione di Trump non era favorire Israele, ma prendere atto delle lezioni del passato: i palestinesi hanno perso cinque successive guerre contro Israele e hanno tentato due volte di traslocare e conquistare con la forza nuovi territori (Giordania e Libano). Alla fine, hanno firmato con Israele l’Accordo di Oslo. Stando così le cose, come si può ancora parlare di diritti inalienabili dei palestinesi, quando loro stessi se ne sono fatti beffe?
Al di là che si sia o no d’accordo, è inevitabile constatare che all’interno del mondo arabo questo ragionamento è condiviso, sebbene nessuno lo ammetta. È sotto gli occhi di tutti che le potenze che a parole la difendono non fanno assolutamente nulla per la causa palestinese; e che si tratta di una posizione giuridica utile a mantenere, a proprio vantaggio, immutata la situazione. Si dà il caso che il presidente Trump sia riuscito a fare firmare gli Accordi di Abramo a Emirati Arabi Uniti, Bahrein e Israele. I nemici di ieri hanno accettato di rappacificarsi. Contrariamente a quanto si crede, non è stato più facile per Israele che per gli arabi. Infatti, la pace costringe Israele a non essere più lo Stato coloniale erede dell’impero britannico, ma una nazione come le altre, chiamata a convivere civilmente con quanti le stanno intorno.
Sono mutamenti che, se progrediranno, richiederanno comunque del tempo. Tuttavia gli Emirati Arabi Uniti e Israele da un lato, Arabia Saudita e Iran dall’altro si pongono ormai una nuova domanda: non è bene che tutti si preparino a un nuovo pericolo, cioè l’espansionismo della Turchia e del Qatar?
Per questo motivo Emirati Arabi Uniti e Israele hanno stretto un’alleanza con Grecia e Cipro, mentre Arabia Saudita e Iran hanno avviato trattative segrete. L’Egitto (in rappresentanza della Lega Araba, di cui alcuni di questi Paesi sono membri) e la Francia (in rappresentanza dell’Unione Europea, di cui gli altri Paesi sono membri o partner) sono stati chiamati a partecipare a una riunione preparatoria, il Forum Philia di Atene. Questo brusco e completo capovolgimento delle alleanze si sta compiendo nel modo il più possibile discreto. Ma si sta realizzando.
Il fatto più importante è l’alleanza militare tra Grecia e Israele da una parte, ed Emirati Arabi Uniti e Arabia Saudita dall’altra. Non si conosce la totalità degli accordi, tuttavia si sa che le Forze di Difesa israeliane addestreranno l’aviazione militare greca per 1,65 miliardi di dollari, mentre la Grecia invierà missili Patriot in Arabia Saudita e gli Emirati potrebbero cedere alcuni aerei da combattimento alla Grecia.
Le relazioni tra Israele ed Emirati sono state formalizzate dopo l’apertura, in una sede dell’ONU ad Abu Dhabi, di una “rappresentanza” israeliana, che ufficiosamente funge da ambasciata. Le relazioni tra Israele e Arabia Saudita risalgono ai negoziati segreti del 2014-15.
Le trattative tra Arabia Saudita e Iran dimostrano ancora una volta che l’opposizione sunniti/sciiti è artificiosa. Ricordiamoci che nel 1992, lungi dal detestarsi, questi due Paesi combatterono insieme, sotto il comando USA, per sostenere la Bosnia-Erzegovina mussulmana contro la Serbia ortodossa.
FONTE: https://www.voltairenet.org/article212910.html
Covid, West Virginia: buoni da 100 dollari ai giovani che si vaccinano
ROMA, 27 APR – Lo stato americano della West Virginia offrirà buoni di risparmio da 100 dollari ai residenti tra i 16 e i 35 anni che decideranno di vaccinarsi contro il Covid. Lo ha annunciato il governatore repubblicano Jim Justice, spiegando che è stato deciso di usare in questo modo i fondi del programma Cares in sostegno agli americani in difficoltà a causa della pandemia.
La misura sarà retroattiva: anche chi si è già vaccinato, nella fascia di età in questione, riceverà il ‘savings bond’ da 100 euro. Justice ha detto che l’obiettivo è immunizzare il 70% della popolazione della West Virginia. Degli 1,47 milioni di residenti dello stato che possono aver accesso al vaccino, finora solo il 52% ha finora ricevuto almeno una dose, e la richiesta è persino diminuita negli ultimi giorni. (ANSA).
FONTE: https://www.imolaoggi.it/2021/04/27/covid-west-virginia-vaccino-giovani/
POLITICA
IL DDL ZAN RESTAURA L’ILLUMINATA TIRANNIDE ATENIESE
Il dubbio è forte. È lecito domandarsi da chi dovrebbe essere giudicato chi dovesse accusare di pisistrasia gli accoliti della legge Zan, da una commissione di classicisti (storici del mondo andato e pagano) o da un attuale procura dell’era volgare?
Quindi si scrive di eterosessualità, omosessualità, transessualità e polisessualità in punta di penna, e più per paura di tribunali e linciaggi mediatici che per ovvio imbarazzo dell’argomento. Quel che appare evidente è come l’ormai famosa legge Zan potrebbe da un lato censurare gli alterchi più coloriti e, dall’altro, forse garantire un velo omertoso alla perversione dei salotti buoni. La legge Zan si pone l’obiettivo d’evitare comportamenti discriminatori verso individui di sessualità diversa dall’eterosessualità. Di fatto il Ddl Zan “contro l’omotransfobia” si pone l’obiettivo d’una maggior tutela di omosessuali e transessuali sui posti di lavoro e nella società, inasprendo le pene contro chi li discrimina e li dileggia pubblicamente: la legge di fatto inasprisce le pene detentive e favorisce la tutela lavorativa (quindi l’inserimento) dei non eterosessuali.
Va detto che questa legge fa capolino proprio nel momento storico in cui l’Onu decide d’intraprendere una politica di sanzioni verso i Paesi non Occidentali che prevedono carcere durissimo per i pedofili (salvarli perché cultori dell’ellenistica pederastia?). Posizione che l’Onu ha abbracciato dopo l’omicidio in carcere del pedofilo seriale Richard Huckle: il pedofilo più famoso d’Inghilterra. È scontato che molti Paesi, come la Tailandia per esempio, considerino le pene dure contro la pedofilia come l’unico modo per scoraggiare questa turpe devianza. Non dimentichiamo che Ghislaine Maxwell, ex amante e socia di Jeffrey Epstein (quello dei riti pedofili morto in carcere), siede nella commissione Onu che sanziona i Paesi che praticano il carcere duro contro i pedofili.
Ma tornando al Ddl Zan, va anche rammentato che l’articolo 3 della Costituzione italiana già prevede che tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. Quindi che senso potrebbe avere sostenere che un transessuale sia più eguale o più da tutelare di fronte alla legge? Negli ultimi vent’anni il Parlamento italiano ha già metabolizzato le quote rosa, che certamente non si sono dimostrate risolutive delle discriminazioni subite dalle donne: anzi alcune femministe hanno accusato lo strumento “quote rosa” come la scappatoia usata dal potere per allocare in posti importanti amanti e parenti di capi partito. Quindi, nella cernita le “quote rosa” non si sarebbero dimostrate utili a cooptare donne intelligenti e preparate nell’élite dirigente.
Ora il Ddl Zan potrebbe spalancare nuovamente la porta alle “quote arcobaleno” (Lgbt) in politica come nelle Amministrazioni, e questo certamente non garantirebbe maggiore democrazia ed eguaglianza. Correndo con la memoria alla storia di Armodio ed Aristogitone, non si può non sostenere che nella democratica Atene una sorta di “quota arcobaleno” ebbe ad insinuare il germe della plutocrazia che dagli “eromenos” condusse al tirannicidio e poi alle fine della libertà. Armodio ed Aristogitone furono gli ateniesi (tirannicidi) che nel 513 avanti Cristo cercarono di porre termine al potere personale di Ipparco (figlio ed erede di Pisistrato). I fatti si svolsero quattordici anni dopo la morte di Pisistrato. Tucidide racconta che a far scattare la congiura non ci furono motivi politici ed idealità democratiche, bensì motivi personali, sentimentali, pulsioni sessuali. Ipparco s’era invaghito del giovane Armodio che, secondo quanto racconta Tucidide “era allora nel fiore della bellezza giovanile” (aveva circa quindici anni). Armodio era l’eromenos (giovane amante) di Aristogitone: quest’ultimo secondo Tucidide “un cittadino di mezza età” (non aveva più di quarant’anni) ed apparteneva ad una delle antiche famiglie (plutocrazia più che aristocrazia).
Le relazioni sessuali fra uomo anziano (erastès) e giovane non erano contro le leggi di Atene e dell’antica Grecia in genere: venivano considerati come normali rapporti pederastici tra giovinetti ed opulenti adulti, quindi non omosessuali come nel senso moderno della parola. Erano relazioni governate da severe convenzioni, quindi il giovinetto apparteneva all’aristocratico. Ipparco avrebbe soverchiato le leggi di Atene per rubare l’eromenos di Aristogitone: Tucidide spiega chiaramente che “Aristogitone possedeva Armodio per legge ateniese”.
Armodio aveva accettato le regole del rapporto di pederastia: quindi, dopo aver sessualmente rifiutato Ipparco, raccontava le proposte del tiranno ad Aristogitone. Iniziava una lunga serie di vendette tra plutocrati: Ipparco, faceva escludere la giovane sorella di Armodio dalla cerimonia di offerta alle feste Panatenee, accusandola di non essere sufficiente nobile. L’offesa fu insopportabile per la famiglia di Armodio che, insieme all’amante Aristogitone, pianificava l’omicidio sia di Ippia (fratello di Ipparco) che di Ipparco, rovesciando quella che per certi sarebbe stata illuminata tirannia. Di fatto simili isterie uterine l’Italia le ha vissute negli ultimi anni, non possiamo dimenticare quel sottosegretario che, nel 2007, ammetteva d’aver rimorchiato un trans per sfogare bollori che non poteva esternare con certe presenze gender in Parlamento.
Il Ddl Zan, quindi, certamente non protegge donne e trans costretti a prostituirsi ma, di fatto, potrebbe garantire silenzio, discrezione e raffinata ipocrisia da salotto sulle turbolente vite private di politici ed alti dirigenti. Perché lo stesso Pier Paolo Pasolini ebbe a puntare il dito contro i benpensanti e la classe dirigente che approfittava dei cosiddetti “ragazzi di vita”. E poi Antonio Pietrangeli in “Adua e le compagne” stigmatizzava nel 1960 come il tema della prostituzione fosse stato oggetto d’una ipocrita ed accomodante trasposizione in legge. E non vorremmo in questa sede toccare l’argomento delle foto acquistate da certi partiti, per evitare che diventino pubblici i viaggi in Tailandia di alcuni grossi esponenti. Allora questo Ddl Zan a chi serve davvero? Forse ad alzare un polverone e paralizzare e distogliere l’impegno parlamentare dalle vere urgenze.
FONTE: http://www.opinione.it/politica/2021/04/28/ruggiero-capone_ddl-zan-tirannide-ateniese-omosessualit%C3%A0-ipparco-parlamento-transessuale-quote-rosa/
Qualche dubbio sul Caso Grillo
A parte l’umana comprensione per un padre che vuol difendere e salvare un figlio, Beppe Grillo ha decisamente sbagliato col suo video, mostrando tutta la sua prepotenza aggressiva: ha sostenuto una tesi innocentista dopo anni di feroce giustizialismo solo perché era in ballo suo figlio, ha ferito e offeso la ragazza che ha denunciato di aver subito lo stupro, accusandola in pratica di fingere e quindi di speculare. E ha ripercorso il repertorio classico dei “maschilisti” che a un certo punto sfoderano la solita parola chiave: lei ci stava, era consenziente.
Non starò lì a ripetere quello che dicono tutti.
Vorrei però notare un’implicazione politica. Se ho ben capito, il leader in pectore del Movimento 5Stelle, Giuseppe Conte, ha proposto di collocare il suo partito all’interno del centro-sinistra, nel campo progressista. Grillo invece ha ribadito che il suo movimento, pur alleato della sinistra, non è tuttavia riducibile nello schema politico, non è né di destra né di sinistra. E per questa sua posizione, che sta contribuendo a rallentare l’investitura di Conte, è stato molto attaccato da sinistra; lo hanno accusato di non dare un’anima al suo movimento, ovvero un posto fisso di partner della sinistra e braccio pop del Pd.
Ora, giunge a fagiolo il processo al figlio, che appare e scompare sui nostri monitor con una “casuale” ma puntuale coincidenza con le posizioni di Grillo pro-sinistra o non-sinistra. E segue un vero e proprio linciaggio di Grillo sui media, a partire da quelli che sostengono l’intesa grillo-sinistra.
Sarò malpensante, ma ho la netta impressione che vogliono utilizzare questa vicenda per silenziare Grillo, metterlo fuori uso e magari sfilargli il suo movimento e lasciarlo nelle mani di Conte pronto ad arruolarsi nello schieramento di sinistra. Anzi, a dir la verità, Conte sperava di essere il confederatore tra i 5S e la sinistra, ma per non uscire dal giro e perdere il treno delle occasioni e dei consensi passeggeri, ha accettato di “ripiegare” sulla guida dei 5Stelle; però la sua missione può continuare anche come leader di quel movimento, anche in vista di scadenze elettorali future.
Ma da sinistra & giornaloni affiliati, è necessario colpire i residui conati grilleschi d’indipendenza, e piegare i 5Stelle a collocarsi politicamente a sinistra, perché il Pd ha il favore dei poteri ma non dei cittadini; urge trasfusione di sangue grillino. Poi i premi verranno anche per lui, magari anche dalla giustizia… Abbi fiducia, sussurrano a Grillo quelli del Pd.
Sbaglio, o qualcuno vorrebbe indurre quel che resta dei 5Stelle ad avere rapporti stabili e consenzienti con la sinistra? Ed è disposto ad usare ogni mezzo di persuasione…
FONTE: http://www.marcelloveneziani.com/articoli/qualche-dubbio-sul-caso-grillo/
L’Italia è una polveriera. Decine e decine di manifestazioni sparse su tutto il territorio sono il sintomo del profondo stato di agitazione che anima le nostre vite. Il passo successivo all’agitazione è l’organizzazione dell’agitazione, secondo i 3 “comandamenti” di Gramsci: “Istruitevi perchè avremo bisogno di tutta la vostra intelligenza, agitatevi perchè avremo bisogno di tutto il vostro entusiasmo, organizzatevi perchè avremo bisogno di tutta la vostra forza“.
In questo percorso verso l’organizzazione ricorre spesso una constatazione che proverò a smontare: “Siamo troppo pochi, dobbiamo convincere quante più persone possibili”. Tentare di convincere le masse contrapponendo all’ informazione martellante 24h su 24 e 7 giorni su 7, unicamente la contro narrazione scientifica da parte di un relatore il sabato in piazza, è come contrapporre una fionda a un carro armato, è come svuotare il mare con un cucchiaino. I rapporti di forza dell’informazione sono così sbilanciati a favore del mainstream che non sarà il singolo contributo di un seppur eccellente relatore a far cambiare idea ad alcuno
Grazie ai contributi di quei relatori eccellenti nelle piazze, si è creata una massa critica che rappresenta oggi l’avanguardia della rivoluzione contemporanea. Tuttavia oggi nelle piazze si riversa sempre la medesima massa critica risvegliata a cui bisognerebbe fornire altri strumenti, un altro linguaggio, poichè sulla contro narrazione scientifica si registra un buon livello di consapevolezza.
La massa critica infatti è ancora frammentata e priva della coscienza rivoluzionaria, ed è ora chiamata ora a cementarsi, unirsi, amalgamarsi il più possibile per diventare centro propulsore di energie che si propagheranno fino a coinvolgere le masse dormienti. Nel frattempo la massa critica esistente deve dotarsi di nuove doti umane, per esplicare poi a sua volta un’azione educativa nel processo di maturazione della nuova coscienza di classe.
Per questi motivi è necessario sperimentare forme comunicative nuove in cui il popolo, ovvero la massa critica esistente, diventi protagonista. Le piazze devono trasformarsi in un vero e proprio “dispositivo del dissenso” allestito ad hoc per mobilitare le passioni tristi; i manifestanti devono manifestare, appunto, le proprie ansie, paure e condizionamenti e così, condividendole, esse si trasformano in divertimento, aggregazione ed orgoglio d’appartenenza ad una storia comune. In questo modo il dispositivo del dissenso, assume un valore terapeutico poichè consente da un lato di scaricare le passioni tristi e dall’altro di nutrire le anime di energie positive necessarie per vivere la rivoluzione in maniera permanente tutta la settimana. La piazza deve essere un luogo, come a teatro, in chiesa, allo stadio, di ristoro per l’animo e al contempo deve essere un atto politico forte, radicale, democratico e non violento. Mobilitando con la propria voce il dissenso, il singolo sente che il proprio contributo è utile ad una causa collettiva; il manifestante sente che la sua voce si fonde con la voce degli altri, ritrovando così l’idea di un popolo unito. Non solo, vocalizzando: “Noi resisteremo” il singolo si sente responsabilizzato, ed è come se stringesse un patto con gli altri sodali manifestanti.
Le rivoluzioni cominciano sempre da un piccolo gruppo d’avanguardia. Sono solo le energie sprigionate da questo gruppo che possono trascinare gli altri, non la asettica, ma pur sempre necessaria, contro narrazione scientifica.
Tutti i movimenti sociali e politici sono messi in moto e tenuti in alto da piccole minoranze: un 1% o forse meno uno 0,1% senza il quale tutti gli altri 99 rimarrebbero una massa per lo più passiva, per qualunque ragione: la pigrizia, la mancanza di tempo/risorse, la timidezza, la presenza di attività più attraenti. Questa tendenza la osserviamo anche nei nostri gruppi social in cui pochissimi rispetto agli iscritti portano avanti temi o proposte concrete. Questo fatto enorme sulla passività delle masse, dovrebbe portare a capire quanto sono preziosi e importanti i leader: i grandi leader, ma pure i piccoli leader cosi come può essere ognuno di noi in tutto quello che facciamo. Ogni volta che ci mettiamo in moto, che cerchiamo di indicare un percorso, è potenzialmente come se 100 persone si mettessero in moto.
Rianimare le energie rivoluzionarie nella massa critica già esistente: non sprechiamo forze all’ infuori di questo.
W la Rivoluzione!
FONTE: https://comedonchisciotte.org/idee-per-la-creazione-di-un-blocco-sociale-di-resistenza-unito/
SCIENZE TECNOLOGIE
Newsweek (incredibilmente) ci parla di sangue estratto dai bambini.
Adrenocromo, come fosse per l’eterna giovinezza: cosa sta succedendo al settimanale americano, che riporta argomenti tabù per i grandi media?
Can blood from young people slow aging? Silicon valley has beat billions it will.
Newsweek (uno dei principali media statunitensi) stupì il mondo alcune settimane fa quando riportò al titolo le tesi su bambini destinati alla tratta dei minori gestita suppostamente dai Clinton, stipati nei containers stipati sull’Ever Given. Era la grande nave cargo incredibilmente incastrata nel Canale di Suez per circa una settimana, nell’unico posto dove ciò poteva succedere (pensate che tale nave trasportava un valore aggregato di merci in un solo carico stimato in ca. 3,5 mld USD!, ndr).
Oggi la stessa testata ci parla nel titolo di sangue estratto dai bambini per combattere l’invecchiamento. Certo, il titolo fa male, letto così…Sappiamo infatti che l’adrenocromo contenuto nel sangue dei bambini in certe condizioni (…) NON è una invenzione, è una sostanza reale, con peculiarità ben precise, anche incredibili se volete; ossia che è stata studiata ma di cui si preferisce non parlare. In quanto non solo resta una sostanza che si produce dall’ossidazione della adrenalina, soprattutto in soggetti giovani. Ma solo se stressati, anzi spaventati ad arte (simulando ad es. la morte?) (…).
Molto si è parlato in passato dell’uso di tale sostanza a livello non solo ricreativo, ma anche come toccasana, anti-invecchiamento, energetico ecc.. Alcuni lo hanno associato addirittura a riti magici, esoterici, forse anche satanici. Sta di fatto che l’adrenocromo esiste ed ha delle proprietà ben precise, anche strabilianti se volete (…). Sostanza per altro associata ad autori certamente visionari, come Aldus Huxley, di “Brave New World”. Ma non solo. Piuttosto è il metodo di estrazione a far discutere, nel caso. E qui torniamo al titolo…. Onde evitare di cadere in complottismi vari, vi lasciamo all’articolo di Newsweek, che apre frontiere mai discusse su media mainstream; unitamente a quanto al titolo, certamente sibillino. (se poi leggerete i commenti all’articolo della testata USA salterete sulla sedia , ndr)
Rileviamo come il settimanale USA sia diventato la grancassa mediatica di argomenti certamente tabù, da qualche tempo. Cosa stia succedendo in tale redazione non è dato sapere. Ma certamente sembrerebbe che Newsweek tocchi nervi scoperti, come sul caso Ever Given che qui. Forse non a caso. In fondo la tratta di essere umani, soprattutto di minori, citata alcune settimane sul caso Canale di Suez/Ever Goven dal settimanale USA, coincide con questo argomento: ad esempio, nessuno ci dice per quale fine verrebbero usati i bambini oggetto di tale tratta? Ossia che fine facciano i minori trasferiti in occidente (pedofilia? prostituzione? traffico di organi? altro?)
Chiaramente Newsweek, come si suol dire, tira la pietra e nasconde la mano. Ma la pietra è stata tirata, eccome! Ed è grande… Bisogna solo capire a chi era diretta, la pietra (E quali saranno le evoluzioni di tali diciamo messaggi, là da venire). Verrebbe quasi da dire, sembra essere – molto probabilmente – in corso uno scontro occulto tra i grandi potentati non solo economici che indirizzano il mondo. O sbaglio?
Grazie
FONTE: https://ilquotidianoditalia.it/newsweek-incredibilmente-ci-parla-di-sangue-estratto-dai-bambini
Lo scienziato Bellavite: “No all’obbligo di sperimentazione di massa, sì alla libertà informata”
Ritorna in pista il “vaccino” prodotto dalla Johnson & Johnson (chiamato Covid-19 Janssen) la cui corsa in Europa si era arrestata lo scorso 13 aprile, dopo la sospensione dell’uso negli Stati Uniti, dove si erano verificate morti sospette.
L’EMA, l’Agenzia europea per i medicinali, ha riconosciuto possibili legami di causa-effetto tra il vaccino e gli eventi “molto rari” di trombosi cerebrale che si sono verificati negli Stati Uniti, ha però comunicato che “i benefici superano i rischi” ribadendo che “i vaccini sono di estrema importanza per contrastare la pandemia”.
Il Corriere riporta che “il gruppo farmaceutico ha confermato l’impegno a fornire 200 milioni di dosi del suo vaccino contro il Covid-19 all’Unione europea, alla Norvegia e all’Islanda, a garantire un accesso equo e a portare al pubblico un vaccino contro il Covid-19 a prezzi accessibili su base non profit per un uso di emergenza nella pandemia”.
Il via libera dell’EMA è “una buona notizia per le campagne vaccinali in tutta l’Ue”, ha commentato su Twitter la presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen.
L’attenzione, però, dovrebbe anche ricadere sulla nota pubblicata – sempre dall’Agenzia Europea per i Medicinali – al termine della revisione sul vaccino Janssen. In questa nota si precisa che “le persone che riceveranno il vaccino dovrebbero comunque essere consapevoli dei sintomi in modo da poter ottenere un trattamento medico tempestivo per aiutare il recupero ed evitare complicazioni”.
Insomma una cura per la cura. Sabine Starus, presidente del comitato per la sicurezza (PRAC) dell’EMA, ha spiegato infatti che “le persone che ricevono il vaccino devono consultare un medico se sviluppano sintomi come mancanza di respiro, dolore toracico, gonfiore delle gambe, dolore addominale persistente, sintomi neurologici come mal di testa grave e persistente e visione offuscata, petecchie oltre il sito di vaccinazione dopo pochi giorni”.
Una valutazione simile è stata fatta per il vaccino anti-Covid di AstraZeneca che ora si chiama Vaxzevria e in Italia continua ad essere utilizzato dopo i 60 anni in seguito all’aggiornamento del foglietto illustrativo. Dopo il pronunciamento dell’EMA il Ministero della Salute e l’Agenzia Italiana del Farmaco hanno subito fatto sapere che anche il vaccino Janssen, prodotto da Johnson & Johnson, sarà destinato in via “preferenziale” alle persone oltre i 60 anni.
Dunque da ieri è cominciata la distribuzione delle 184 mila dosi già ricevute dall’Italia che erano state immagazzinate nell’hub nazionale vaccini della Difesa di Pratica di Mare.
Da Tv e media arrivano rassicurazioni martellanti e continue, eppure sono sempre di più le persone che nutrono dubbi e perplessità. Ho pensato di rivolgere qualche domanda al Prof. Paolo Bellavite che è specializzato in ematologia e ha insegnato Patologia Generale all’Università di Trieste e di Verona. E’ uno degli esperti italiani più accreditati, ad oggi con 160 pubblicazioni recensite da Pubmed, 7383 citazioni e 49 di H-index.
Prof Bellavite, l’EMA ha autorizzato il vaccino Janssen dicendo che “i benefici superano i rischi”. Qual è la Sua opinione in merito?
“Il comitato per la sicurezza di EMA (PRAC) ha ammesso l’evenienza di ‘coaguli di sangue insoliti con piastrine basse’ ed ha anche concluso che questi eventi dovrebbero essere elencati come effetti collaterali molto rari del vaccino. Pare che tutti i casi si siano verificati nelle persone sotto i 60 anni di età, entro tre settimane dopo la vaccinazione, cosa che conferma quanto da me già segnalato a EMA e AIFA (sin dai primi di febbraio) a riguardo del meccanismo trombotico e immunopatologico che ho descritto in un apposito lavoro.
Sulla base delle prove attualmente disponibili, i fattori di rischio specifici (cioè una tendenza genetica ai coaguli) non sono stati confermati. PRAC ha notato che i coaguli del sangue si sono verificati per lo più in siti insoliti come nelle vene del cervello (trombosi del seno venoso cerebrale) e nell’addome (trombosi della vena splancnica), insieme a bassi livelli di piastrine del sangue e talvolta emorragie. I casi rivisti erano molto simili ai casi avvenuti con il vaccino Covid-19 sviluppato da AstraZeneca, Vaxzevria.
Se ricorda, all’inizio il ‘mantra’ era ‘nessuna correlazione, nessuna correlazione’. Finché hanno potuto, le autorità hanno negato i rischi. Ora che la correlazione si è trovata è comparso subito un altro mantra e più lo ripeti, più ti rilassi: ‘I benefici superano i rischi. I benefici superano i rischi. I benefici….’. Un discorso apparentemente scientifico e che meriterebbe un’approfondita discussione, ma che non è accettabile come slogan, nel contesto della martellante propaganda accompagnata da disinformazione, obblighi e ricatti vaccinali.
Quali benefici e soprattutto quanti? Quali rischi e soprattutto quanti? Quanto sono ‘rari’ gli eventi trombotici? Ma credono veramente che esistano solo i ‘coaguli di sangue con piastrine basse’? Non sorge il dubbio che le piastrine basse siano solo una rara evenienza delle frequenti trombosi? Ma hanno studiato ematologia? E credono veramente che le ‘rare’ segnalazioni ‘spontanee’ riflettano il fenomeno reale? E se ‘i benefici superano i rischi’, perché non lo si inietta nei giovani? Per loro stessa ammissione: ‘Non si sa. Le indagini proseguono’.”
Ci aiuta a capire meglio il rapporto rischi/benefici?
“Ci sono tanti aspetti da considerare, il primo dei quali il fatto che la ‘rarità’ deriva da una impressione molto vaga, visto che i sistemi di sorveglianza degli eventi avversi sono primitivi, legati alla segnalazione spontanea, quindi con gran probabilità ai casi più clamorosi, che attirano notorietà, che coinvolgono persone importanti, che sono presi in mano dagli avvocati, ecc. Io e il dr. Donzelli abbiamo già avuto occasione di dimostrare come anche per i vaccini dell’infanzia le reazioni gravi passano spesso inosservate e non segnalate.
Un altro motivo per cui sono perplesso è proprio la ‘diagnosi’ della malattia che sembra così strana e rara, vale a dire una trombosi con piastrine basse. Infatti, dal punto di vista della plausibilità biologica, se il meccanismo è la trombosi (cosa molto probabile per l’azione della spike del vaccino, da notare che la stessa cosa succede anche con il virus) la perdita di piastrine è una conseguenza, per il consumo delle piastrine stesse. Ma allora potrebbero esistere anche tante trombosi senza piastrinopenia, possibilmente gravi anche quelle. E perché non risultano nelle dichiarazioni dell’EMA?
Altro argomento è la faciloneria in cui passa lo slogan per cui ‘i benefici superano i rischi’. Bella consolazione. Ci mancherebbe altro, dico io!
Se anche fosse vero che ‘i benefici superano i rischi’, ciò non può e non deve essere una conclusione uguale per tutti, da diffondere per sostenere la campagna a tappeto del generale. DI QUANTO superano i rischi? La Scienza è quantitativa. Ad esempio, per me che sono sano ma ho tendenze all’allergia, comunque evito assembramenti, arieggio la casa, vado in montagna, prendo flavonoidi e se muoio … spero nella misericordia divina, quale sarebbe la convenienza del vaccino?
In generale, il discorso è ancora più serio. Ammettiamo per ipotesi che i ‘benefici’, ovvero la protezione dalle forme gravi di Covid, superino i ‘rischi’, cioè lesioni gravi o morte da vaccino, di 10 volte in una certa categoria di persone. Questo stesso rapporto beneficio/rischio per una campagna vaccinale universale non sarebbe accettabile. Vorrebbe dire che su 10 milioni di persone che hanno potenzialmente un beneficio ci sarebbero potenzialmente 1 milione di danneggiati. Se il beneficio fosse di 100 volte, ci sarebbero 100.000 danneggiati. Una roulette russa troppo rischiosa per poter essere imposta a tutti indiscriminatamente. Una strage di Stato. E gli indennizzi previsti per legge – ammesso che li concedessero – costerebbero cifre inimmaginabili.
Bisogna infine ricordare che il cosiddetto ‘vaccino’ non è un farmaco salvavita dato per guarire da una grave malattia presente, è un prodotto ‘patogeno’ (nel senso che provoca una piccola malattia che ‘simula’ quella naturale più grave) iniettato in persone SANE per procurare una reazione al fine di prevenire una malattia IPOTETICA, evitabile con vari mezzi e curabile.
La verità è che stanno facendo una sperimentazione. Una vera e propria sperimentazione di massa”.
Anche il Covid però può provocare trombosi …
“Certo, ma devi prenderti il Covid, devi prenderlo in forma grave, devi avere delle patologie tali da avere dei problemi e devi anche rientrare nella fascia di età più colpita, parlando dal punto di vista statistico. Se fai il vaccino è certo invece che sei sottoposto ad un farmaco che ha rischi ancora in fase di studio. E comunque, il problema non è ‘vaccino no, malattia sì!’ Il problema è sostanzialmente di CONSENSO INFORMATO. Cioè bisogna chiedere raccolta di dati precisi e con mezzi corretti (vaccinovigilanza attiva e corretta valutazione del ‘nesso’ di causalità), informazione onesta e non propagandistica, libertà di scelta senza ricatti che pesano sulla vita delle persone.
Aggiungo che ciò tocca anche la figura del medico, che dovrebbe essere consigliere del paziente, non funzionario dello Stato, ma soprattutto dovrebbe essere libero di consigliare o meno il vaccino alle persone. Oggi invece in pratica nessuno rilascia certificati di esenzione o di dilazione della dose, per non incorrere in sanzioni disciplinari. Si arriva al paradosso che anche un medico che ha già avuto la malattia, quindi è più immune che se fosse vaccinato, DEVE vaccinarsi.
La politica collettivista, violando clamorosamente la Costituzione (art. 32), prevale sulla scienza e sulla dignità della persona umana, persino sul buon senso. Quando prima parlavo del ‘contesto’, mi riferivo proprio a questo clima che è stato creato per diffondere i vaccini.”
Le stesse autorità hanno riconosciuto possibili legami di causa-effetto tra vaccini Janssen e Astrazeneca e eventi ‘molto rari’ di trombosi cerebrale, ma è solo quello il problema?
“Si punta tutto su quello, in modo da poter dire che è rara. Ma ci sono tantissimi altri tipi di trombosi e, se le calcoliamo, i numeri delle reazioni avverse cambiano. Ad esempio quando trovano morta una persona nel letto, dopo aver fatto il vaccino, non trovano la trombosi cerebrale. Quella potrebbe essere una trombosi delle arterie coronarie. Si è fermato il cuore, semplicemente. E anche un’emorragia cerebrale può essere 100 volte più frequente di una trombosi cerebrale. Il problema è che questi vaccini procurano un balzo fortissimo della pressione e coloro che hanno un piccolo difetto congenito delle arterie cerebrali possono subire gravi danni. Purtroppo le patologie cardiovascolari e cerebrali più frequenti sono tanto comuni in modo che poi qualcuno dirà che sarebbero potute avvenire lo stesso, per caso. Penso che questo sia uno dei motivi per cui il nesso di causa tra vaccino e decesso sia stato riconosciuto solo in un caso tra i 100 segnalati finora in Italia (ripeto, 100 casi segnalati ‘spontaneamente’, non per obbligo).
Siamo ancora in piena sperimentazione. Personalmente non sono contrario alle sperimentazioni (sono un ricercatore!), purché siano fatte eticamente, cioè su persone consenzienti e con metodi corretti.
Resta quindi da stabilire:
A) Quanto ‘rari’ siano tali fenomeni, in una situazione in cui i sistemi di vigilanza di eventi avversi sono lasciati alla spontaneità.
B) Se la trombosi (arteriosa, venosa, microvascolare) si verifica anche dopo gli altri vaccini.
Personalmente mi sono fatto l’idea (basandomi sul meccanismo d’azione) che i vaccini ad Adenovirus siano più ‘reattogeni’ di quelli a mRNA, ma le differenze non sono poi tanto grandi.
Le evidenze emergenti dai sistemi di sorveglianza vaccinale in tutto il mondo stanno dimostrando che TUTTI i vaccini anti-COVID 19 danno reazioni avverse in numero maggiore dei normali vaccini, come ad esempio i soliti antiinfluenzali. Nel database del VAERS americano, le segnalazioni di morti successive alla vaccinazione anti-COVID 19 (Pfizer e Moderna) sono oltre 2000, circa 50 volte più frequenti delle morti successive alla vaccinazione anti-influenzale, a parità di coperture. E non entriamo, per limiti di spazio, nelle incerte prospettive a lungo termine dell’impatto della vaccinazione massiva sull’ecosistema microbico e le sue varianti”.
Si va anche dicendo che i casi di trombosi sarebbero legati a una “rarissima” reazione autoimmunitaria contro le piastrine. Può essere?
“Le reazioni autoimmuni erano state previste da molti ricercatori, compreso il sottoscritto. Purtroppo è improbabile che il meccanismo auto-immune sia limitato ai ‘rarissimi’ casi di trombosi per reazione con le piastrine. Il fatto è che gli anticorpi contro la proteina Spike del virus o prodotta dal ‘vaccino’ attaccano anche proteine umane che hanno somiglianze con la stessa Spike. Ora, sta emergendo che queste cross-reazioni implicano molte altre proteine dei tessuti normali. Io ho anche segnalato a EMA e AIFA che i vaccini con Adenovirus potrebbero avere un problema in più, legato alla possibile contaminazione con proteine umane di tipo neuronale, derivate dalla linea di cellule embrionarie utilizzata.”
In rete sta circolando in questi giorni una vecchia notizia datata 2018: secondo quanto dichiarato dalla biologa molecolare autrice dell’articolo in questione “messaggeri, precedentemente sconosciuti, che muovono il cancro si nascondono nell’RNA, non nel DNA”. E’ un’informazione che sta creando molto allarme: è possibile che questa nuova tecnologia a mRNA, nel tempo, possa inficiare la naturale capacità del corpo umano di proteggersi dal cancro e quindi portare a svilupparlo?
“Sinceramente questo non lo so. In teoria tutto è possibile, ma non vorrei che si trattasse di allarmismi esagerati perché la parola ‘cancro’ spaventa ancora la popolazione. Bisognerebbe limitare i messaggi terrorizzanti, da una parte e dall’altra di quella che pare una guerra senza esclusione di colpi. Nelle guerre ci va sempre di mezzo la popolazione civile.”
La campagna vaccinazioni sta accelerando, in Italia è già stata superata quota 15 milioni di somministrazioni, ci sono 54 milioni di dosi in arrivo entro luglio e adesso, dopo la recente decisione dell’EMA, si procederà a ritmi ancora più serrati. Secondo il ministro Gelmini, l’immunità di gregge potrà essere raggiunta ad agosto o settembre. E’ così?
“Certa gente l’immunità di gregge non sa nemmeno cosa sia. Par di essere tornati ai tempi del duo Lorenzin-Ricciardi che hanno voluto imporre 10 vaccini con la scusa del gregge, anche se almeno 6 su 10 non possono generare l’immunità di gruppo. Se in agosto o settembre avremo meno contagi sarà grazie all’estate, non al gregge di Figliuolo o della Gelmini. Come successe nel 2020 senza inoculi OGM. E come è sempre successo con i coronavirus.
Ma l’immunità di gregge non c’entra un piffero. Questi prodotti inoculati non generano immunità di gregge A) perché non impediscono il trasporto dei virus da un vaccinato a un non vaccinato, B) perché non bloccano le varianti, anzi la comparsa continua di varianti può essere incentivata proprio dai vaccini.
D’altra parte lo stesso Draghi il giorno 8 di Aprile ha dichiarato che il vaccino ‘dovremo’ farlo ogni anno. Altro che immunità di gregge! E la Gelmini dovrebbe saperlo…”
Ha senso la vaccinazione contro un virus mutante?
“Non sono un no vax. La vaccinazione ha senso per proteggere direi la maggior parte di coloro che si vaccinano, per qualche mese di sicuro. Buon per loro, hanno accettato un rischio vaccinale per avere il beneficio di un po’ di protezione. Ma STOP. Quello che non ha senso è l’ossessione di vaccinare tutti e la trasformazione della società in un pollaio di persone inoculate con l’illusione che il mondo sarà migliore e sanificato, con tutto ciò che ne consegue. Pare che tutto oggi ruoti attorno ai vaccini”
La malattia da sars-cov-2 oggi deve fare ancora paura?
“Questa è una malattia seria ma si può curare se ti dedichi un po’ ai pazienti e li visiti quando stanno male e tempestivamente, come stanno dimostrando da mesi i medici del Movimento Ippocrate e del Gruppo delle Terapie Domiciliari e anche le USCA dove funzionano.
Poi c’è lo stile di vita, il movimento, l’alimentazione corretta, ricca di vitamine e flavonoidi, e usare le precauzioni giuste, come arieggiare di frequente gli ambienti.
E mi raccomando: chi si ammala deve togliersi subito la mascherina, per non auto-infettarsi. Le mascherine (quelle buone, non le farlocche che servono per dimostrare di essere bravi cittadini) devono metterle semmai coloro che assistono la persona che ha sviluppato l’infezione.”
Il Decreto Legge n.44 del primo aprile scorso ha previsto l’obbligo di vaccinazione per chi lavora nella sanità. C’è agitazione e malumore tra gli operatori sanitari. Qual è il suo pensiero in merito?
“Dopo gli operatori sanitari ci saranno gli insegnanti, i ferrovieri e guidatori di autobus, gli impiegati di banca, le commesse al supermercato e infine bambini e gestanti. I turisti saranno ricattati con il passaporto vaccinale. Non si fermeranno, ma l’obbligo o il ricatto vaccinale sono totalmente inaccettabili e incostituzionali.
Non dimentichiamo che tutti questi vaccini sono sperimentali. Sono sottoposti a sorveglianza speciale proprio perché sono ancora in corso la sperimentazione clinica di fase III (i risultati si sapranno forse nel 2022 o dopo) e quella di fase IV, a precise condizioni.
Per il codice di Norimberga, una sperimentazione umana non può essere, in ogni caso, fatta senza il CONSENSO VALIDO dell’interessato. E il consenso, per essere valido, non può essere condizionato dalla minaccia di radiazione o di licenziamento. E neppure dalla libertà di movimento tra regioni. In altri tempi ciò sarebbe parso talmente ovvio da non meritare alcuna discussione.
La vaccinazione è gratuita e disponibile, chi si vuole vaccinare è libero di farlo e la sua ‘sicurezza’ non dipende dalla vaccinazione degli altri, dipende solo dall’eventuale efficacia del vaccino.
Infine basta con le stupide etichette che facilmente oggi vengono appioppate a chi si discosta dalla narrazione dominante: non ho obiezioni contro i vaccini in quanto tali, se utili e usati con criterio, ma ho tutto contro l’obbligo vaccinale, padre di tutte le nefandezze, tomba della scienza e dell’etica medica.
Sono per la libertà di cura e di esercizio di una Medicina della Persona, in Scienza e Coscienza”.
FONTE: https://valentinabennati.it/lo-scienziato-bellavite-no-allobbligo-di-sperimentazione-di-massa-si-alla-liberta-informata/
STORIA
Il padre di Paolo Mieli e i protagonisti dell’informazione di massa antiitaliana
Renato Mieli, padre del giornalista ex direttore storico della Stampa e del Corriere Paolo Mieli, era una spia dei servizi segreti britannici. Mieli era codificato dai servizi segreti britannici come “colonnello Ralph Merryl” e nel corso del secondo conflitto mondiale venne impiegato nell’organizzazione della “divisione per la guerra psicologica” (PWB), l’organismo creato per manipolare l’opinione pubblica attraverso il controllo dei media italiani. All’interno del PWB Mieli senior era il responsabile dell’agenzia di stampa che gli Alleati usavano per gestire l’informazione sul territorio italiano. Al termine del conflitto, quando gli inglesi affidarono all’ufficiale dirigente del PWB Michael Noble il compito di riorganizzare l’industria dell’informazione, dell’editoria, dello spettacolo e dell’arte nel nostro paese, Mieli assurse a figura di riferimento assoluta a livello nazionale. Nel 1945 sotto l’egida dei servizi inglesi nasce l’ANSA, di cui Mieli è cofondatore e nominato primo direttore. Successivamente ricoprirà il ruolo di direttore dell’Unità fino al 1956, quando abbandonerà il PCI in séguito all’invasione sovietica dell’Ungheria. Dopo l’esperienza comunista Mieli si converte in un feroce liberista seguace della scuola di Von Mises e Hayek. Fonderà con sovvenzioni di Confindustria il CESES, “centro di ricerche economiche e sociologiche dei paesi dell’Est”: si tratta di una filiale dell’Interdoc, l’organo statunitense per assicurare l’espansione della NATO ad Est. Dal 1948, in luogo del PWB opera la versione britannica, l’Information Research Departmente, che ingaggerà numerosi giornalisti di spicco. Ecco, ora sappiamo cosa fra gli altri fattori porta regolarmente i giornalisti più in vista a fare una quotidiana informazione contraria agli interessi dell’Italia (probabilmente la stessa cosa vale per Scalfari). Il fatto di essere prima filosovietici poi filoatlantisti ricorda molto Napolitano.
FONTE: http://brancheresistenti.altervista.org/padre-paolo-mieli-protagonisti-dellinformazione-massa-antiitaliana/
Non furono i partigiani a decidere la fine di Mussolini
Giustiziato dai partigiani, il 28 aprile 1945? A correggere la “vulgata” sulla fine del Duce provvedono ormai in tanti. Tra questi, un giornalista come Luciano Garibaldi, autore di veri e propri “scoop”, negli anni Novanta. La sua ricostruzione: Mussolini (già condannato a morte due anni prima da Roosevelt e Churchill, secondo Enrico Montermini, come conferma un’intercettazione telefonica della Gestapo) fu “venduto” ai partigiani dal generale Wolff delle SS, ormai accerchiato dagli alleati. A loro volta, i partigiani – che catturarono il dittatore a Dongo, senza che la scorta militare tedesca opponesse resistenza – fu assassinato poco dopo su ordine di 007 inglesi, accorsi sul Lago di Como per far tacere per sempre il Duce e far sparire i documenti che aveva con sé: provavano il complotto ordito con Churchill, fino all’ultimo, per convincere Hitler a deporre le armi in Europa, per poi fare fronte comune contro l’Urss. Doveva morire anche Claretta Petacci – dice Garibaldi – perché era al corrente di tutto. Bisognava impedire che Mussolini e la donna parlassero, con gli americani o anche solo coi giornalisti che stavano affluendo da mezzo mondo per tentare di intervistarlo, dopo la notizia della sua cattura. La celebre fucilazione partigiana a Giulino di Mezzegra? Sarebbe stata soltanto una macabra messinscena: Mussolini era già morto, da ore.
In un documentario televisivo trasmesso una decina di anni fa, il partigiano Roberto Remund ricorda: nel sollevare il cadavere di Mussolini si accorse che era assolutamente rigido. Sarebbe stato impossibile, se fosse stato davvero fucilato appena un’ora prima, alle ore 17, davanti al cancello di Villa Belmonte, a Giulino di Mezzegra. Significa che era stato fucilato almeno 10 ore prima, ovvero in mattinata. Altra contraddizione clamorosa nel racconto di Lia De Maria, la contadina a casa della quale, dal “capitano Neri” (il partigiano Luigi Canali), erano stati condotti Benito Mussolini e Claretta Petacci. La donna dichiarò che i due prigionieri, a pranzo, avevano mangiato polenta, latte, pane, salame e frutta. L’autopsia sul cadavere di Mussolini, condotta da Caio Mario Cattabeni, stabilì che Mussolini aveva lo stomaco vuoto. Questo sarebbe verosimile se Mussolini fosse stato ucciso, appunto, in mattinata (non nel pomeriggio). Ancora più clamorose le contraddizioni in cui sono caduti i tre protagonisti della presunta fucilazione: Walter Audisio (il famoso “colonnello Valerio”, che avrebbe sparato la raffica di mitra contro Mussolini), Michele Moretti (il partigiano “Pietro”) e Aldo Lampredi (”Guido”, uno dei massimi esponenti del Cln).
Su “L’Unità”, Audisio scrisse che, di fronte all’ordine di fucilarlo, Mussolini cadde in preda al terrore, sbavava e lo implorava tremante: «Ma… Ma… signor colonnello…». Molti anni dopo, intervistato dallo storico Giorgio Cavalleri, Michele Moretti (”Pietro”) nel libro “Ombre sul lago” (Arterigere-Chiarotto Editore, 2007) disse che Mussolini – di fronte al “colonnello Valerio” che gli pronunciava la condanna a morte – si mise sull’attenti ed esclamò: «Viva l’Italia!». Quindi: non sbavava e non tremava. A sua volta Aldo Lampredi, braccio destro del “colonnello Valerio”, scrisse un memoriale che lasciò in eredità al Pci (a Cossutta, in particolare), pubblicato da “L’Unità” solo nel 1996, mezzo secolo dopo, anche a seguito delle polemiche scaturite dopo la pubbicazione dei miei articoli su “La Notte” e sul settimanale “Noi”. Nel memoriale, Lampredi raccontò che Mussolini – di fronte al mitra dei suoi giustizieri – si aprì la giacca e gridò: «Mirate al petto!». Tre storie completamente diverse, dunque, dai tre presunti protagonisti della presunta fucilazione. Mussolini “sbavava in preda al terrore”, gridava “viva l’Italia” o urlava “sparate al petto”? Si fossero almeno messi d’accordo: questo fa crollare la versione ufficiale, che Renzo De Felice definì “la vulgata”.
Anche Claretta Petacci doveva morire: sapeva tutto, era addirittura la consulente di Mussolini. Non era solo la sua amante: era una donna intelligente, con cui confidarsi e alla quale chiedere consiglio. Chi aveva un valido motivo per sopprimere anche lei? E’ evidente: la Gran Bretagna. Il professor Aldo Alessiani, noto medico giudiziario della magistratura di Roma, dopo l’uscita dei miei articoli, il 9 giugno 1996 mi inviò una copia del suo studio, durato anni, sulla fine di Mussolini: un centinaio di pagine. Aveva studiato le traiettorie dei proiettili, con i fori di entrata e di uscita, basandosi sulle foto scattate al corpo di Mussolini sia sul lettino autoptico che a piazzale Loreto (quei fori non erano compatibili con la fucilazione, ndr). Sempre dopo i miei articoli su “La Notte”, l’ex partigiano Bruno Giovanni Lonati si dichiarò il vero uccisore di Mussolini. Consegnò un libro autobiografico: scritto bene, ma senza prove. Insieme a tre partigiani, avrebbe risposto all’appello rivoltogli da un agente inglese, il “capitano John”, il quale – a loro – avrebbe dato l’ordine di uccidere Mussolini e la Petacci.
Gli inglesi dovevano innanzitutto entrare in possesso della documentazione che Mussolini portava con sé. E dovevano essere certi che non potesse essere interrogato, per esempio, dagli americani, né intervistato dalla stampa: a Dongo stavano arrivando giornalisti da tutto il mondo, e doveva essere evitato a tutti i costi un rischio del genere. Era assolutamente da evitare che diventassero di pubblico dominio le manovre poste in atto da Mussolini – in pieno accordo con Churchill – per convincere Hitler a cessare la resistenza in Occidente, per puntare tutte le sue forze contro l’avanzata russa. Cioè: Churchill complottava con Mussolini contro Stalin, tradendo quindi l’alleato sovietico. Di questo, il libro di Ricciotti Lazzero (”Il sacco d’Italia”) è la fonte principale, grazie a lettere fotografate e conversazioni telefoniche registrate dai tedeschi e consegnate al generale Karl Wolff, capo delle SS in Italia.
«Credete, Führer – scrive Mussolini a Hitler – il momento è propizio. Il ponte è gettato, ma è un ponte levatoio: possono ancora abbassarlo. Io conosco le vostre reticenze, ma ritengo estremamente necessario rivedere la nostra linea di condotta. Ci costringe una necessità estrema: abbiamo delle grandi possibilità, abbiamo delle armi formidabili in mano, voi le conoscete. Churchill non solo le conosce, ma anche le teme. Datemi il vostro consenso, mettetemi in condizione di poter agire. Le mie relazioni con Churchill sono ancora oggi tali da poter escludere a priori delle difficoltà». Sono frasi di importanza storica: evidentemente, Churchill puntava su Mussolini affinché convincesse Hitler a por fine alla guerra in Occidente, per rivolgersi esclusivamente contro l’Unione Sovietica. Nel momento in cui i sovietici cadevano a milioni, contro l’esercito di Hitler, venire pugnalati in questo modo dal loro alleato inglese era assolutamente inconcepibile.
Quindi questo materiale doveva essere fatto sparire. Il carteggio riporta gli incontri avvenuti, durante il periodo della Rsi, tra Mussolini e agenti di Churchill: invitati da Churchill a parlare con Mussolini, per concordare una linea comune che attenuasse la violenza della guerra e arrivasse a un accordo, insieme con Hitler, per fare fronte comune contro l’avanzata del comunismo verso l’Europa occidentale. Il carteggio originale, quello che Mussolini portava con sé, finì subito in mani inglesi, sicuramente, e non certo al movimento partigiano. Però ne erano state fatte moltissime copie, anche fotografiche, consegnate a personaggi di cui Mussolini si fidava. Ebbene: non una, di queste copie, è mai saltata fuori: evidentemente, anch’esse ritornarono a Churchill.
Conobbi personalmente il generale Wolff, plenipotenziario di Himmler. Wolff trattò con Donovan (William Joseph Donovan, generale dell’intelligence Usa, ndr), che gli garantì la vita e un ritorno in libertà in tempi abbastanza rapidi. E’ verosimile che in quella trattativa rientrasse anche l’impegno di Wolff a far sì che il Duce venisse catturato? La prova scritta di questo impegno non esiste, ma dovrebbe essere sufficiente il celebre libro dello scrittore e storico tedesco Erich Kuby, dal titolo “Il tradimento tedesco” (Rizzoli, 1983), per dedurne che sicuramente partì dal generale Wolff l’ordine di non proteggere il Duce e lasciarlo nelle mani dei partigiani. E basta rileggersi la penosa risposta che Wolff diede a Erich Kuby, che gli chiedeva perché gli uomini della colonna Wallmeier non avessero fatto nulla per difendere il Duce. La risposta di Wolff fu la seguente: «Poiché Mussolini non aveva rispettato la parola d’onore datami di non lascare Gargnano (sul Lago di Garda) per recarsi a Milano, ed era partito per Milano il 18 aprile, è perfettamente giustificabile che i tedeschi non lo abbiano difeso a Dongo».
Penoso: vuol dire che i tedeschi dovevano vendicarsi di Mussolini per il fatto che fosse andato a Milano senza avvertire Wolff? Non ha senso, è una stupidaggine. La risposta, in realtà, prova che l’ordine di non proteggere Mussolini, lasciandolo nelle mani dei partigiani, era stato veramente impartito da Wolff a Wallmeier, che – guardacaso – nessun giornalista storico riuscì mai a individuare, a ripescare e a intervistare. Addirittura non trovarono neanche i suoi documenti originari, la carta d’identità; tant’è che, secondo alcuni storici, il suo vero nome era Schallmeier, e non Wallmeier. Non riuscì a rintracciarlo nemmeno Erich Kuby, grande giornalista. Il che dimostra che era stata una trappola, organizzata dall’alto, proprio col preciso scopo di consegnare Mussolini a quelli che, poi, sarebbero stati i suoi esecutori. Questa è storia: una pagina che va riletta e riscoperta, assolutamente.
(Luciano Garibaldi, dichiarazioni rilasciate nel video “La morte di Mussolini e i misteri inglesi”, con Enrico Montermini, su YouTube il 20 dicembre 2020. Tra i libri citati da Garibaldi: Giorgio Cavalleri, “Ombre sul lago”, Arterigere-Chiarotto Editore, 2007; Bruno Giovanni Lonati, “Quel 28 aprile. Mussolini e Claretta: la verità”, Ugo Mursia Editore, 1994; Ricciotti Lazzero, “Il sacco d’Italia. Razzie e stragi tedesche nella Repubblica di Salò”, Mondadori, 1994).
FONTE: https://www.libreidee.org/2021/04/non-furono-i-partigiani-a-decidere-la-fine-di-mussolini
Chi liberò veramente l’Italia
Si può celebrare in tanti modi la Liberazione dell’Italia nel 1945 ma ci sono dati, numeri e vite che non si possono smentire e che sono la base necessaria e oggettiva per dare una giusta dimensione storica all’evento. Dunque, per la Liberazione dell’Italia morirono nel nostro Paese circa 90mila soldati americani, sepolti in 42 cimiteri su suolo italiano, da Udine a Siracusa. Secondo i dati dell’Anpi, l’associazione dei partigiani, furono 6882 i partigiani morti in combattimento.
Ricavo questi dati da una monumentale ricerca storica, in undici volumi raccolti in cofanetto, dedicata a La liberazione alleata d’Italia 1943-45 (Pensa ed.), basata sui Report of Operations di diversi reggimenti statunitensi, gli articoli del settimanale Yank dell’esercito americano e i reportage dell’Associated press. E naturalmente la ricerca storica vera e propria. Più un’ampia documentazione fotografica. L’autore è lo storico salentino Gianni Donno, già ordinario di Storia contemporanea, che ha analizzato i Reports of Operations in originale, mandatigli (a pagamento) da Golden Arrow Military Research, scannerizzati dall’originale custodito negli Archivi nel Pentagono. L’opera ha una doppia, autorevole prefazione di Piero Craveri e di Giampiero Berti e prende le mosse dallo sbarco di Salerno.
Secondo Donno, non certo di simpatie fasciste, il censimento dell’Anpi è “molto discutibile” ma già quei numeri ufficiali rendono le esatte proporzioni dei contributi. Facciamo la comparazione numerica: per ogni partigiano caduto in armi ci furono almeno 13 soldati americani caduti per liberare l’Italia. Senza considerare i dispersi americani che, insieme ai feriti, furono circa 200mila. E il conto risuona in modo ancora più stridente se si comparano i 120mila militari tedeschi caduti in Italia, soprattutto nelle grandi battaglie (Cassino, Anzio e Nettuno) contro gli Alleati e sepolti in gran parte in quattro cimiteri italiani.
Naturalmente, diverso è parlare di vittime italiane della guerra civile, fascisti e no, di cui esiste un’ampia documentazione, da Giorgio Pisanò a Giampaolo Pansa, per citare le ricerche più scomode e famose. Ma non sto parlando di fascismo e guerra civile, bensì di Liberazione d’Italia, ovvero di chi ha effettivamente liberato l’Italia dai tedeschi o se preferite dai “nazifascisti”.
Pur avendo un giudizio storico molto diverso dalla vulgata ufficiale e istituzionale, confesso una cosa: avrei voluto dire il contrario, che l’Italia fu liberata dalla Resistenza, dalla lotta di liberazione, dall’insurrezione popolare degli italiani contro l’invasore. Avrei preferito, da italiano, dire che furono loro a battere i tedeschi, fino a sgominarli, come suggerisce la narrazione ufficiale e permanente del nostro Paese. Ma non è così; e se non bastassero i giudizi storici, la conoscenza di eventi e battaglie, le sottaciute testimonianze della gente, bastano quei numeri, quella sproporzione così evidente di morti, di caduti sul campo per confermarlo. Furono gli alleati angloamericani, sul campo, a battere i tedeschi; senza considerare il ruolo decisivo che ebbero i bombardamenti aerei degli alleati sulle nostre città stremate e sulle popolazioni civili per piegare l’Italia e separarla dal nefasto alleato tedesco. Si può aggiungere che la liberazione d’Italia sarebbe avvenuta con ogni probabilità anche senza l’apporto dei partigiani; mentre l’inverso, dati alla mano, è impensabile. Dunque la Resistenza può conservare un forte significato sul piano simbolico e si possono narrare singoli episodi, imprese e protagonisti meritevoli di essere ricordati; ma sul piano storico non si può davvero sostenere, alla luce dei fatti e dei numeri, che fu la Resistenza a liberare l’Italia. Nella migliore delle ipotesi è mito di fondazione, pedagogia di massa, retorica di Stato. Il mito della resistenza di cui scrisse uno storico operaista di sinistra radicale come Romolo Gobbi.
Per essere precisi, la Liberazione non si concluse il 25 aprile a Milano come narra l’apologetica resistenziale, ma l’ultima, aspra battaglia tra alleati e tedeschi, sostiene Donno, si combatté nel comune di San Pietro in Cerro, nel piacentino, tra il 27 e 28 aprile. A San Pietro c’era anche il regista americano John Huston, inviato col grado di Capitano, a girare docufilm. Ma i filmati erano così duri che gli Alti comandi americani decisero di non diffonderli fra le truppe se non in versione edulcorata.
Sulle lapidi dei cimiteri di guerra disseminati tra Siracusa e Udine, censiti da Massimo Coltronari, ci sono nomi di soldati e ufficiali hawaiani, australiani, neozelandesi, perfino maori, indiani e nepalesi, francesi e marocchini, polacchi, greci, anche qualche italiano del Corpo italiano di liberazione, e poi brasiliani, belgi, militi della brigata ebraica; ma la stragrande maggioranza sono americani, caduti sul suolo italiano. Molti erano di origine italiana: si chiamavano Ferrante, Lovascio, Gualtieri, Rivera, Valvo, Pizzo, Mancuso, Capano, Quercio, Colantuonio, Barrolato, Barone…
“È stata e continua ad essere – dice Donno – una grande opera di mascheramento della “verità” quando non di falsificazione… i miei volumi hanno l’ambizione di rompere questa cortina di latta (che, ammaccata dappertutto, tuttora sopravvive nella discarica del tempo) facendo emergere dati e fatti oscurati ed ignorati”. Naturalmente possono divergere i giudizi tra chi considera gli alleati come benefattori e liberatori, chi come occupanti e nuovi invasori; chi avrebbe preferito che fossero stati i sovietici a liberarci; e chi si limita a considerarli combattenti, soldati in guerra e non eroi, soccorritori o invasori. La memorialistica sulla liberazione d’Italia minimizza e trascura l’apporto americano; invece, sottolinea Craveri, è evidente che furono loro i protagonisti della liberazione d’Italia.
La verità, vi prego, sull’onore.
MV, La Verità 25 aprile 2021
FONTE: http://www.marcelloveneziani.com/articoli/chi-libero-veramente-litalia/
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