RASSEGNA STAMPA DETTI E SCRITTI
28 DICEMBRE 2020
A cura di Manlio Lo Presti
Esergo
Questo nuovo governo [mondiale] ha strumenti di repressione molto potenti. Se per qualche motivo uno dei maggiordomi sgarra (per esempio perché teme l’ira dei sudditi che gli stanno immediatamente sotto i piedi) cominciano gli attacchi speculativi dei mercati, le rasoiate delle agenzie di rating, gli spread, le fughe di capitali.
GIULIETTO CHIESA, Invece della catastrofe, Piemme, 2013 pag. 253
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SOMMARIO
Domande di fine anno
OCCHIO A BOLLETTE E CONTI CORRENTI!
MA GUARDA UN PÒ! UN AIUTINO AL VACCINO
Il regalo di Natale
Pharmaceutical factory on fire after explosion: 2 injured
Vaccino anti Covid, inizio-flop in alcuni distretti della Baviera
Natale in casa Cupiello (Film Tv, 2020)
NATALE VIETATO IN ITALIA!
Italia ridotta alla fame, solo fame e negozi chiusi
Magari fosse solo una questione Natale, qui non si vede la fine
Israele bombarda la Siria la notte di Natale
La squadra di Biden. Le sabbie mobili in medio-oriente
IL SIMBOLISMO AL TEMPO DEL CORONAVIRUS
ADDIO “ERASMUS”, ARRIVA “TURING”.
Come la pandemia ha cambiato proteste, conflitti e repressione nel 2020
Giuseppe Conte, Fabrizio Cicchitto: “Non molla la delega ai servizi segreti
Chi distrugge il Libano e perché
40 000 enfants travaillent toujours dans les mines pour les batteries des véhicules électriques.
Pechino, giugno 1989: coprifuoco, divieto di riunione e assembramenti
Dal primo gennaio rischiate di pagare i prelievi al Bancomat.
«IL DEBITO, DISPOSITIVO DI POTERE».
La Corte dei Conti esiste ancora?
“Niente tappi a siringhe” Un nuovo flop di Arcuri?
Quando il Financial Times si scaglia contro la plutocrazia
VI VERRANNO A CERCARE A CASA IN “FLAGRANZA”DI REATO.
Perché le 3 flotte nel Mediterraneo non sono utili a bloccare gli arrivi?
Illécito
Guiglia: “Vaccine-day? Siamo alla comicità. Troppi anglismi
La foto del giorno
NIENTE CANCELLAZIONE DEL DEBITO STUDENTESCO: BIDEN INIZIA A RIMANGIARSI LE PROMESSE
PANDEMIE – Oms, Cartello Farmaceutico e componenti dei vaccini
Rischio Troika ed elezioni anticipate, Mattarella sa ma tentenna
Obsolescenza programmata, vale anche per l’uomo?
Tutte le menzogne sulla variante inglese
Alibaba fornisce riconoscimento facciale.
Frutta fresca positiva al tampone anti-covid
Storia dell’Armenia
EDITORIALE
Domande di fine anno
Manlio Lo Presti – 28 dicembre 2020
Questo anno sta terminando la sua corsa. Sarà presto cancellato dai discorsi ufficiali, nascosto sotto il tavolino e scientificamente rimosso, come è tuttora occultato il nostro recente passato storico che nessuno intende affrontare per risolvere questioni e rispondere a domande ancora impossibili.
Questo anno è stato il tempo delle peggiori azioni, della mancanza di pianificazione, di improvvisazione, di paure, di caos, di impoverimento, di collasso di inferocimento delle relazioni sociali, di solitudine…
L’eccezionale Ennio Flaiano avrebbe detto “Tranquilli! Il meglio è già passato”.
Io, più modestamente, dico “Tutto è stato pianificato freddamente e scientificamente” da pagatissimi ermeneuti della sovversione e del terrore che operano dietro le quinte, che scrivono i discorsi ai politici-maggiordomi ormai privi di qualsiasi potere decisionale, anche minimo. Lo affermo per far capire che COSTORO sono stati insediati perché devono eseguire precisamente ciò che viene loro ordinato. In caso di loro improvvisa resipiscenza, partono casuali incidenti mortali a loro o ai loro familiari!
Qualche “incidente” casuale è già capitato ad alcuni parlamentari, basta leggere BENE le notizie.
Al posto di una classe politica capace di programmare obiettivi di medio e di lungo periodo, abbiamo una schiera di maggiordomi acritici e servili, cinicamente consapevoli della difficile posizione del nostro martoriato Paese che fece dire a Churchill: “chi controlla l’Italia controlla il Mediterraneo”. Una semplice verità che appare come l’unica vera chiave interpretativa della lunga scia di attentati e di prepotenze ai danni nostri perpetrati da interessi angloamericani a cui si è accodata di recente la Francia per avere la possibilità di avere una razione da spolpare (non è bastato Napoleone il devastatore e ladro di opere d’arte, imitando le abilità ladronesche degli inglesi in tutto il mondo) e la Germania che pensa di dominare l’Europa illusoriamente svicolando dai diktat anglo-USA.
Questo quindi, tradizionalmente, è il periodo delle somme finali, del tirare la riga e fare i conti, ma alcuni interrogativi galleggiano senza una risposta decisiva, chiarificatrice.
Provo a buttare – alla rinfusa – su un ipotetico foglio di bordo una serie di domande di fine anno.
Redigo una sorta di maieutica per riordinare le idee che ho dovuto archiviare per non disperderle, tenendo la barra dritta, stando sul cammino senza essere confuso e cercando risposte, solo risposte:
- Perché il vaccino (di cui non sappiamo NULLA) viene fatto scaricare in un aeroporto militare. Forse perché è un’area vietata ad ispezioni? Perché devono nascondere qualcosa?
- Perché mandano in onda un servizio sulle “buchette del vino” esistenti a Firenze da antica data e dove veniva distribuito il cibo e le bevande per contagiarsi con i compratori? Subdolamente, si vuole abituare la popolazione alla normalità di una socialità eternamente sotto il morbo, come ai tempi della peste?
- Perché imporre la mascherina che, peraltro, non blocca il virus che è infinitamente più piccolo della trama del tessuto? Vogliono abituare la popolazione ad una normalità della mascherina correlandola lentamente allo hijab africano? Vogliono lentamente abituarci alla “normale” africanizzazione islamica?
- Perché EL PAMPERO sta demolendo la cristianità spingendo ossessivamente su migrazione e dialogo interreligioso prevalentemente con gli islamici???
- Perché Ungheria e Polonia dichiarano apertamente la loro contrarietà al Mes PROPRIO ADESSO? I vertici della UE forse non sapevano più come rimandare la erogazione dei fantasmagorici duecentonove miliardi di euro, cioè una promessa che intendevano mantenere? Ecco che, CASUALMENTE, arriva il diniego dei due Paesi notoriamente fascisti, negazionisti, populisti demmerda- quindi credibili! Un tempismo agghiacciante, un aiutino (imprevisto?). Peraltro, dovranno accollarsi la colpa di bloccare il processo decisionale europeo e che, QUINDI, non sarà possibile dare seguito alle promesse vagheggiate dalla nomenklatura di Bruxelles! Sento il tanfo delle montagne di soldi che passano nascostamente e abilmente di mano …
- L’effervescente avatar del Colle sta finendo di operare come regista occulto della pianificata distruzione del nostro Paese? Forse ha perso la pazienza dichiarando che si va ad elezioni se il governo va in minoranza, oppure, più tatticamente (gesuiticamente) impone a questa maggioranza delegittimata e screditata di stare in sella fino al semestre bianco per paralizzare il Paese con motivazioni rivenienti da temi di tecnologia ed ingegneria costituzionale?
- La caduta libera del livello salariale medio sta ribassando vertiginosamente fino a pareggiare le mance percepite dai cosiddetti immigrati ufficiali e soprattutto clandestini. Lo scopo è quello di legittimare l’invasione crescente di sottopagati con la scusa che la loro paga non sarebbe più bassa eliminando il reato di caporalato?
- Perché si parla ad intermittenza delle immigrazioni? Ad esempio, in questi giorni, l’argomento si è letteralmente eclissato. Se ne riparlerà quando ci sarà un picco di morti “improvviso” e quindi sarà urgente e necessario soccorrere i naufraghi (sempre donne incinte e bambini) senza limitazioni né farsi delle domande?
- Perché è stato velocissimo l’iter di delibera di un fido della magnitudine ragguardevole di € 6.500.000.000 a favore della FCA che li ha investiti per produrre massicciamente milioni di mascherine, prima che si sapesse in giro del loro utilizzo obbligatorio 66 ore al giorno? Forse è aggiotaggio? NOOOOO, cosa vai a pensare negazionista fascista populista paranoico che non sei altro!
- Perché invece per la ristrutturazione dell’Abbruzzo i soldi non si trovano? Forse non si è raggiunta la quadra sulla spartizione delle tangenti da erogare in bitcoin per eludere il sistema di antiriciclaggio e di dossieraggio di massa ideato solamente per danneggiare la popolazione, mentre i colossi hanno trovato altre strade per fare uscire i soldi, con il tacito immobilismo di soliti organismi di controllo???
- Perché sono stati erogati €60.000.000 per l’immigrazione mentre 5.200.000 bambini sono in stato di “indigenza acuta” (definizione dell’ISTAT) e per loro NESSUNO PRENDE PROVVEDIMENTI? Forse perché sono COSTI, mentre le altre operazioni (immigrazioni e soldi alla FCA) sono fonte di ricavo? Forse???
- Perché l’economia reale non riparte? Non è un quesito provocatorio né banale …
- Perché il sistema di offerta turistica italiano è bloccato. Neanche questa è una domanda banale …
- Perché la Lagarde ha detto che le banche italiane prestano troppo? A chi? Visto che il collasso e la paralisi aumentano? Segno la signora vuole il BLOCCO DELL’ECONOMIA A TASSO ZERO PER SALVAGUARDARE I LIVELLI ATTUALI DI BORSA DEI DERIVATI IN PANCIA AI COLOSSI FINANZIARI E BANCARI DEL VECCHIO CONTINENTE!!!
- Perché ogni tanto, ad orologeria, spunta fuori una tassa patrimoniale, guarda caso quando la Confindustria e le altre associazioni datoriali alzano la testa?
- Perché PROPRIO ADESSO non è più un tabù la estinzione dei debiti pubblici? Forse la estinzione dei ridetti debiti COSTORO vogliono realizzarla con l’azzeramento dei risparmi portando gli italiani al livello di uno Stato bananas per togliere loro beni immobiliari e fabbriche con facilità?
- Perché? …….
TUTTO CIO PREMESSO
Le domande che disordinatamente mi sono venute in mente me le ha provocate un rapporto ben scritto, infiocchettato e pericolosissimo del WORLD ECONOMIC FORUM – WEF (1) sulla traccia del quale il governo Badoglio 2.0 ha redatto in questi giorni una bozza (2).
Ho notato che la bozza, destinata al Consiglio dei ministri, è una copia carbone della sopra citata impressionante relazione del WEF (1). Il documento bozza per il Cdm evidenzia l’obbligo della ricattata gang politica italiana di obbedire supinamente, militarmente ed esecutivamente agli ordini tassativi della cupola europea e dell’asse infernale anglo-USA.
Chiudo con una frase orwelliana sentita in una conversazione fra amici anni fa e che mi ricordo vivamente
ABBIAMO AUMENTATO I REDDITI DAL 30% AL 20%
Non è un refuso, hanno detto precisamente così.
Una verità imbarazzante come sono tutte le riflessioni semplici ma non banali …
Ne riparleremo!
Note
1)http://www3.weforum.org/docs/WEF_NES_Resetting_FOW_Agenda_2020.pdf
Resetting the Future of Work Agenda: Disruption and Renewal in a Post-COVID World
https://www.fda.gov/media/143557/download
La FDA Usa dichiara “sicuro” il vaccino Pfizer, anche in presenza di molti pericoli
2) http://www.politicheeuropee.gov.it/media/5378/linee-guida-pnrr-2020.pdf
Linee guida per la definizione del piano nazionale di ripresa e resilienza
TEMI TRATTATI
#improvvisazione #paura #caos #impoverimento #collassoeconomico #tenutasociale
#sovversione #alticomandiangloUsa #napoleonebonaparte #buchettedelvino
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#209miliardi #MES #dialogointerreligioso #dialogochiesaislam #nomenklaturaueopea
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IN EVIDENZA
OCCHIO A BOLLETTE E CONTI CORRENTI!
CON IL NUOVO REGOLAMENTO EBA/UE POTREBBERO NON PAGARVELE
L’anno nuovo ci porta il regolamento 171/17 dell’Unione Europea, quello che fa dichiarare il default se sfondate il fido, o andate in rosso, anche solo per 100 euro. La fine è vicina e le banche si stanno adattando al nuovo mondo, ma dovrete soprattutto adattarvi voi.
Dal primo gennaio la “Flessibilità” che finora le banche utilizzavano nei confronti dei clienti verrà a finire. Se prima magari vi pagavano una bolletta anche se andavate leggermente in rosso, in attesa che compensaste ora possono rifiutarsi di pagare utenze, o tasse o altri addebiti diretti permanenti, anche minimi, potranno essere respinti dalle banche. Attenzione perché questa norma rischia di tradursi da un lato in una caduta del livello del servizio del sistema bancario, dall’altro in un’esplosione dell conflittualità con le società di fornitura dei servizi, e non solo. Come fa notare Uninpresa su Il Giornale il risultato di questa normativa sarà una secca stretta creditizia: infatti il fatto di classificare, praticamente dall’inizio, uno sfondamento del fido per 100 euro come un NPL spingerà le banche a stringere ancora di più i cordoni della borsa, proprio nel momento in cui queste dovrebbero, invece, allargarle per permettere un minimo di ripresa nel 2021.
L’applicazione del regolamento 171/2017 verrà ad essere l’ennesima mossa pro ciclica della Commissione: se l’economia rallenta la Commissione, l’EBA e tutti gli altri enti europei provvedono a dare la mazzata finale, accertandosi che un rallentamento, magari molto sensibile come l’attuale, si trasformi sicuramente in una disastrosa depressione. Eppure un rinvio anche solo di 12 mesi non sarebbe costato nulla. Tra l’altro, come sottolinea l’ABI, i nostri istituti di credito non erano preparati, proprio dal punto di vista operativo, all’applicazione di questa normativa. Alcuni istituti hanno lasciato comprendere che, almeno per qualche mese, cercheranno comunque d’Interpretare il regolamento in modo morbido, ma non contateci troppo. Comunque state attenti
FONTE: https://scenarieconomici.it/occhio-a-bollette-e-conti-correnti-con-il-nuovo-regolamento-eba-ue-potrebbero-non-pagarvele/
Il regalo di Natale
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Quest’anno il regalo di Natale agli italiani è arrivato per tempo, una settimana prima con il Decreto Legge n.172 del 18 dicembre (sotto riportato), l’ennesimo, dopo quello indigesto del 2 dicembre, n. 158. Il decreto prevede la chiusura generalizzata per molte attività durate tutte le feste natalizie e di inizio anno, così il commercio e il turismo vanno a rotoli, portando verso la soglia della povertà chi ci lavora. Il Governo sinistra-pentastellato è molto attivo nel considerare la libertà dei cittadini come merce a sua disposizione, da trattare e impiegare a piacimento, con il ritornello che i ristoratori hanno imparato a memoria: “ Oggi chiudi, domani non se ne parla, dopodomani riapri, ma con la saracinesca a metà, se stai bravino, forse, riapri tra un po’..”.
Siamo ritornati di colpo nel basso medioevo, sotto il giogo di una casta prevaricatrice, per il nostro bene, dicono loro. Supportata dai giullari di corte, vedi i commenti drammatici dei TG e dei giornaloni nazionali tutti impegnati a sorreggere tale impostazione (guarda cosa si deve fare per avere i contributi pubblici), stile Corea del Nord. Ci si chiede quali siano le pezze d’appoggio utilizzate per incidere così fortemente sulle nostre libertà individuali, con provvedimenti peggiori del regime fascista? Non si sa, sono sconosciute. Dovrebbero essere contenute nelle premesse di ogni atto di legge, ma nulla è riportato. La formula dovrebbe essere quella di rito per uno stato di diritto: faccio così perché c’è questa situazione documentata e rilevata da chi ha competenza tecnica. Bene, se si guardano le premesse dei Decreti non c’è traccia di una pezza d’appoggio, di una relazione o un verbale di un organo tecnico competente in materia. I politici sono politici, il ministro della salute è laureato in storia, come quello dell’economia, altri non sono nemmeno laureati, per cui non si capisce quali titoli abbiano per valutare e decidere di segregare le persone in questo modo. Non che sia una novità, un po’ tutti ci hanno provato nei secoli, per cui anche Conte, Di Maio, Speranza e Zingaretti devono avere la loro possibilità. A noi interessa capire se è fondata la pretesa. E’ il caso di vedere i dati statistici del fenomeno epidemico, che purtroppo tengono riservati, come fossero il segreto di Fatima. L’Istat ha smesso di essere solerte nell’aggiornamento sui decessi, che è il principale indicatore di rischio, affidabile e certo. Però, chi cerca qualcosa trova che aiuta a capire cosa sta succedendo in Italia e in Europa, come in questo grafico.
Si vede che in Europa c’è stato un secondo picco di decessi in autunno, simile come intensità ai picchi influenzali annuali ricorrenti, in fase di rientro. Andamento simile in Italia, con l’unica nota negativa che questa volta sono stati toccati anche un po’ di cinquantenni, che a marzo aprile erano usciti indenni, come i giovani che continuano fortunatamente ad essere non toccati da questa epidemia. Ad essere in pericolo sono sempre gli anziani, che a parole del governo e delle regioni dovrebbero aver avuto un miglioramento nell’assistenza sanitaria diretta sul territorio. Da questi dati emerge che entrambi i livelli di responsabilità non hanno conseguito il risultato prefissato, ammesso che lo abbiano cercato. Sui casi accertati di contagio in Italia è molto interessante capire il livello di effettiva pericolosità del virus Sars-covid-2. Sono stati rilasciati ieri dall’Istituto superiore della sanità dei numeri in un rapporto dove è contenuto questo grafico, che è da leggere e capire bene. La quota di decessi è molto bassa (infatti la letalità è molto ridotta, sotto all’1%, diventa importante solo per le persone anziane, con più patologie), gli asintomatici e quelli con sintomi lievi, che sono la gran parte, non hanno particolari problemi. Il sistema sanitario nazionale conosce questi dati, per cui dovrebbe attrezzarsi per affrontare quella quota di persone che hanno bisogno di aiuto, soprattutto a casa loro, senza intasare i pronto soccorsi. Invece, poco è stato fatto per la sanitaà territoriale e molto è stato speso. Allora perché rinchiudere tutti gli italiani? Evidentemente sono motivazioni politiche, non sanitarie.
DECRETO-LEGGE 18 dicembre 2020 , n. 172
Ulteriori disposizioni urgenti per fronteggiare i rischi sanitari connessi alla diffusione del virus COVID-19. (20G00196)
Vigente al: 25-12-2020
IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
Visti gli articoli 77 e 87 della Costituzione;
Visto l’articolo 16 della Costituzione, che consente limitazioni della liberta’ di circolazione per ragioni sanitarie;
Visto il decreto-legge 25 marzo 2020, n. 19, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 maggio 2020, n. 35, recante «Misure
urgenti per fronteggiare l’emergenza epidemiologica da COVID-19»;
Visto il decreto-legge 16 maggio 2020, n. 33 convertito, con modificazioni, dalla legge 14 luglio 2020, n. 74, recante «Ulteriori
misure urgenti per fronteggiare l’emergenza epidemiologica da COVID-19»;
Visto il decreto-legge 2 dicembre 2020, n. 158, recante disposizioni urgenti per fronteggiare i rischi sanitari connessi alla
diffusione del virus COVID-19;
Viste le delibere del Consiglio dei ministri del 31 gennaio 2020, del 29 luglio 2020 e del 7 ottobre 2020, con le quali e’ stato
dichiarato e prorogato lo stato di emergenza sul territorio nazionale relativo al rischio sanitario connesso all’insorgenza di patologie
derivanti da agenti virali trasmissibili;
Vista la dichiarazione dell’Organizzazione mondiale della sanita’ dell’11 marzo 2020 con la quale l’epidemia da COVID-19 e’ stata
valutata come «pandemia» in considerazione dei livelli di diffusivita’ e gravita’ raggiunti a livello globale;
Considerato l’evolversi della situazione epidemiologica e il carattere particolarmente diffusivo dell’epidemia;
Ritenuta la straordinaria necessita’ e urgenza di integrare il quadro delle vigenti misure di contenimento alla diffusione del
predetto virus in occasione delle festivita’ natalizie e di inizio anno nuovo, adottando adeguate ed immediate misure di prevenzione e
contrasto all’aggravamento dell’emergenza epidemiologica;
Vista la deliberazione del Consiglio dei ministri, adottata nella riunione del 18 dicembre 2020;
Sulla proposta del Presidente del Consiglio dei ministri e del Ministro della salute di concerto con il Ministro per gli affari
regionali e le autonomie e con il Ministro dell’economia e delle finanze;
Emana il seguente decreto-legge:
Art. 1
Misure urgenti per le festivita’ natalizie e di inizio anno nuovo
- Fermo restando quanto previsto dall’articolo 1, comma 2, del decreto-legge 2 dicembre 2020, n. 158, nei giorni festivi e
prefestivi compresi tra il 24 dicembre 2020 e il 6 gennaio 2021 sull’intero territorio nazionale si applicano le misure di cui
all’articolo 3 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 3 dicembre 2020; nei giorni 28, 29, 30 dicembre 2020 e 4 gennaio 2021
si applicano le misure di cui all’articolo 2 del medesimo decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 3 dicembre 2020, ma sono
altresi’ consentiti gli spostamenti dai comuni con popolazione non superiore a 5.000 abitanti e per una distanza non superiore a 30
chilometri dai relativi confini, con esclusione in ogni caso degli spostamenti verso i capoluoghi di provincia. Durante i giorni
compresi tra il 24 dicembre 2020 e il 6 gennaio 2021 e’ altresi’ consentito lo spostamento verso una sola abitazione privata, ubicata
nella medesima regione, una sola volta al giorno, in un arco temporale compreso fra le ore 05,00 e le ore 22,00, e nei limiti di
due persone, ulteriori rispetto a quelle ivi gia’ conviventi, oltre ai minori di anni 14 sui quali tali persone esercitino la potesta’
genitoriale e alle persone disabili o non autosufficienti conviventi.
- Durante l’intero periodo di cui al comma 1 restano ferme, per quanto non previsto nel presente decreto, le misure adottate con
decreto del Presidente del Consiglio dei ministri ai sensi dell’articolo 2, comma 1, del decreto-legge 25 marzo 2020, n. 19,
convertito, con modificazioni, dalla legge 22 maggio 2020, n. 35.
- La violazione delle disposizioni del presente decreto e di quelle del decreto-legge 2 dicembre 2020, n. 158, e’ sanzionata ai
sensi dell’articolo 4 del decreto-legge 25 marzo 2020, n. 19, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 maggio 2020, n. 35.
Art. 2
Contributo a fondo perduto da destinare all’attivita’ dei servizi di ristorazione.
…omissis..
Entrata in vigore
- Il presente decreto entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica italiana e sara’ presentato alle Camere per la conversione in legge.
Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sara’ inserito nella Raccolta degli atti normativi della Repubblica italiana. E’
fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.
Dato a Roma, addi’ 18 dicembre 2020
MATTARELLA
Conte, Presidente del Consiglio dei ministri
Speranza, Ministro della salute
Boccia, Ministro per gli affari regionali e le autonomie
Gualtieri, Ministro dell’economia e delle finanze
FONTE: http://www.civica.one/il-regalo-di-natale/
Pharmaceutical factory on fire after explosion: 2 injured
An explosion at a pharmaceutical factory in Taoyuan City left two injured and caused a fire early this afternoon, December 20.
People as far as Tamsui District in New Taipei City reported hearing the massive blast shortly after noon. Immediately after the blast, thick black smoke could be seen pouring out of the SCI Pharmtech factory.
Firefighters responding to the fire found two people injured. A 30-year-old foreign migrant worker suffered third-degree burns to 80%-90% of his body, and is described as being in a critical condition.
A 40-year-old man suffered a burn to one hand. Both men were sent to Chang Gung Memorial Hospital for treatment.
While the factory is located close to Taipei Taoyuan International Airport, operations at the airport were not affected, according to reports in United Daily News and ET Today.
The Taoyuan City Fire Department dispatched 76 personnel, 28 fire appliances and 2 ambulances to the scene of the fire.
The cause of the explosion is currently under investigation.
Liberty Times reported that the factory produces hydroxychloroquine APIs, and is the world’s second largest HCQ raw material supplier.
VIDEO QUI: https://youtu.be/FHrGe6qhMio
Pictures: Facebook Taoyuan residents group.
SOURCE: https://taiwanenglishnews.com/pharmaceutical-factory-on-fire-after-explosion-2-injured/
Vaccino anti Covid, inizio-flop in alcuni distretti della Baviera: problemi nella catena del freddo, salta il via alla campagna
Lo stop alla distribuzioni delle dosi è stato quindi deciso per precauzione e ora sono in corso delle verifiche – anche con il produttore Biontech – per capire se il vaccino possa ancora essere utilizzato senza problemi. “Se c’è solo la minima indicazione che il vaccino non soddisfa al 100% i criteri di qualità, questo lotto non sarà inoculato“, hanno sottolineato le autorità locali. Il vaccino attualmente distribuito dopo l’autorizzazione condizionata dell’Ema utilizza la nuova tecnologia cosiddetta a mRNA e necessita di essere conservato alla temperature di circa -70 gradi Celsius per rimanere efficace.
Inizialmente si sono verificati problemi anche in alcuni distretti della Svevia, sempre in Baviera. Come riferisce il sito della Bayerischer Rundfunk, l’emittente pubblica del Land, si sono verificate incoerenze nella catena del freddo nei distretti di Augusta e Dillingen. Dopo i colloqui con il produttore Biontech, è stato chiarito quale sia stato il problema e il ministero della Salute ha spiegato, tramite un portavoce, che il vaccino potrà essere utilizzato senza problemi.
FONTE: https://www.ilfattoquotidiano.it/2020/12/27/vaccino-anti-covid-inizio-flop-in-alcuni-distretti-della-baviera-problemi-nella-catena-del-freddo-salta-il-via-alla-campagna/6048827/
ARTE MUSICA TEATRO CINEMA
Natale in casa Cupiello (Film Tv, 2020)
Edoardo De Angelis (Napoli, 1978) è un regista che conoscevamo per aver apprezzato nel nostro cineclub di fiducia – quando si poteva frequentare – pellicole ispirate come Indivisibili (2016) e Il vizio della speranza (2018). Natale in casa Cupiello è una sorta di sfida, da napoletano, nei confronti di un capolavoro assoluto della drammaturgia del Novecento, scritto e interpretato (per la prima volta nel 1931) dal grande Eduardo De Filippo. De Angelis sceneggia il soggetto teatrale insieme a Gaudioso, gira poche sequenze originali in esterno (la nevicata, l’acquisto di alcune statuette per il presepe, la passeggiata sulla scalinate), per affidarsi a dialoghi che ricalcano a grandi linee l’originale.
La storia è così nota che non ha senso raccontarla. Tutto si volge nei giorni che precedono il Natale, fino al pranzo della vigilia, che funge da detonatore di un conflitto latente. Luca Cupiello è un ingenuo padre di famiglia convinto che tutto vada bene, solo perché la moglie risolve i problemi e non lo fa preoccupare, ma il dramma è alle porte, con la figlia prediletta abbandonata dal marito che ha scoperto la sua relazione con un giovanotto. La famiglia Cupiello comprende un fratello scapolo che vive a spese di Luca, un figlio scioperato che non ama il presepe e una moglie che fa di tutto per proteggere i figli. Luca (detto da tutti Lucariello) è ammalato ma cerca di nascondere un precario stato di salute con modi bonari (pure se a volte dà in escandescenze) e la passione per la tradizione rappresentata dalla cura maniacale con la quale costruisce un presepe che il figlio disprezza. Te piace o’ presepe? È la domanda ricorrente come un leitmotiv incessante, con la risposta del figlio, sempre la stessa, salvo che nello struggente finale: No, nun me piace. La morte del padre, dopo lunga malattia, cambia le cose in famiglia, il figlio si decide a crescere e vede le cose da un punto di vista più adulto.
Natale in casa Cupiello è un film televisivo nelle corde di un regista che al cinema ci aveva abituato a storie drammatiche di impostazione teatrale. Il confronto con il capolavoro viene naturale, purtroppo, si ripete a ogni dialogo, a ogni singola sequenza. Non sempre tutto fila liscio, anche se la sceneggiatura è rispettosa dell’originale, la storia non viene mai tradita, fatta salva l’ambientazione anni Cinquanta. Sergio Castellitto è un buon Luca Cupiello, ispirato e partecipe, fornisce una personale visione del personaggio, che non sarà perfetto come nell’interpretazione di Eduardo (le pause, il modo di parlare compassato), ma è comunque convincente. Brava anche Marina Confalone, nei panni di Concetta, madre che sostiene su gracili spalle tutto il peso di una complessa gestione familiare, assecondando un marito ammalato che pensa solo a fare il presepe. Adriano Pantaleo e Pina Turco sono due figli abbastanza anonimi, il primo fin troppo caricaturale, la seconda molto assente; Tony Laudadio è un diligente zio Pasquale che bisticcia spesso con il nipote e inserisce una nota comica nel testo drammatico.
Ottima la colonna sonora di Enzo Avitabile, valore aggiunto cinematografico rispetto al lavoro teatrale. Fotografia anticata color ocra, suggestiva, adatta al periodo storico. Montaggio compassato, tipico di un dramma da palcoscenico. L’idea alla base dell’opera di Eduardo resta intatta: uno spaccato familiare intenso e coinvolgente, con i figli che crescono non appena i padri vengono a mancare. Da vedere su RaiPlay.
FONTE: https://www.futuro-europa.it/35378/cultura/natale-in-casa-cupiello-film-tv-2020.html
ATTUALITÁ SOCIETÀ COSTUME
NATALE VIETATO IN ITALIA!
di Gianni Lannes
Nei giorni festivi e prefestivi del periodo di Natale, in tutta Italia, si applicano le misure previste per le zone rosse. Coprifuoco confermato alle 22, neanche il Belpaese fosse in guerra, grazie alla solita norma fuorilegge, basata addirittura sul solito errore macroscopico già nel titolo: “Ulteriori disposizioni urgenti per fronteggiare i rischi sanitari connessi alla diffusione del virus COVID-19”. Insomma, in Gazzetta Ufficiale il capo uscente dello Stato ancora una volta confonde l’agente virale (Sars CoV-2) con la malattia (Covid-19). Infatti, a rigor di logica e di scienza, il virus Covid-19 non esiste. Tornano gli assurdi divieti del regime italopiteco, eppure la massa non si ribella e tanti italidioti applaudono pure al confinamento domestico. Non si era mai visto uno zoppiccante (ossia immotivato) decreto legge che si appoggia ad un dpcm, ovvero ad un provvedimento amministrativo, ossia ad una norma di rango giuridico minore per sospendere i diritti costituzionali della popolazione. Non a caso, la finta opposizione parlamentare non insorge.
«Le ulteriori restrizioni saranno finalizzate a limitare o eliminare gli assembramenti familiari» ha sentenziato il ministro Boccia. Gli ha fatto eco l’ennesimo decreto legge (18 dicembre 2020) fuorilegge, ossia incostituzionale ed anticostituzionale emanato dall’inquilino pro tempore del Quirinale, tale Sergio Mattarella, su proposta del Consiglio dei Ministri grulpiddini, capeggiati (si fa per dire!) dal Conte smascherato.
In arrivo un lockdown (prigionia forzata) a singhiozzo tra giorni “arancioni” e “rossi”, con quest’ultimo colore previsto per i festivi e prefestivi. Sì alla possibilità di effettuare visite di due non conviventi ma escludendo dal conteggio gli under 14 e di spostamento nei giorni arancioni tra piccoli comuni sotto i 5000 abitanti. Confermato in extremis il coprifuoco alle 22, mentre nella penultima bozza -quella stilata nel vertice Conte e i capi delegazione- era stato anticipato alle 20.
Nei giorni festivi e prefestivi del periodo di Natale, in tutta Italia, si applicano le misure previste per le zone rosse: ad esempio, stop agli spostamenti anche nel proprio comune e negozi e ristoranti chiusi tutto il giorno. I giorni saranno i seguenti: dal 24 al 27 dicembre, dal 31 dicembre al 3 gennaio e 5 e 6 gennaio. Nei giorni 28, 29 e 30 dicembre e 4 gennaio si applicheranno le misure previste per la zona arancione, quindi non si potrà lasciare il proprio comune.
Nel delirio dei pieni poteri il governicchio del Conte bis tritura la nostra Carta Costituzionale col plauso silente di Mattarella. Così oltre ad aver calpestato e limitato tutte le libertà e i diritti fondamentali, con l’ultimo decreto legge si cancella, pur non citandoli neppure in premessa, anche l’articolo 14 e 17 della Costituzione ovvero l’inviolabilità del domicilio (articolo 14) e il diritto dei cittadini di riunirsi pacificamente e senza armi (articolo 17)”. In effetti, le uniche riunioni che la nostra Costituzione prevede di poter limitare sono esclusivamente “quelle in luogo pubblico per motivi di sicurezza o incolumità pubblica e quindi non riferibili al primo comma: il pranzo di Natale è una riunione pacifica, che si svolge in un luogo privato e in un domicilio inviolabile e non vincolabile”.
L’esecutivo tricolore che passerà alla storia per aver annichilito la festa di Natale, ha sospeso di fatto i diritti fondamentali della Carta costituzionale.
Non solo di violazioni gravissime si tratta, ma anche di scelte che cozzano contro il buon senso e che lasciano interdetti i cittadini per l’arzigogolo delle stesse norme imposte. Se uno cerca di comprendere quello che può fare nei giorni rossi o in quelli arancioni non lo capisce nemmeno consultando un esperto di diritto costituzionale. La prima domanda che nasce spontanea è legata proprio alla difficile comprensione delle regole, cosa che comporta ulteriori problemi, anche nella gestione da parte delle forze dell’ordine. Se la norma non può essere compresa mi chiedo come possa essere applicata, come possano le forze dell’ordine controllare o sanzionare i divieti che i cittadini non sono in grado di comprendere poiché astrusi.
«Il metodo a colori ha funzionato? Giuseppe Conte in conferenza ha rivendicato quel sistema, il virologo Pregliasco riconosce però il fallimento delle misure. Per il presidente del Consiglio, le misure adottate dal governo mediante “il metodo a zone, hanno funzionato, riportando sotto controllo la curva di contagio. Questo metodo ha evitato un lockdown generalizzato che avrebbe danneggiato il tessuto economico e sociale del Paese”. Già durante la conferenza stampa in molti hanno sollevato dubbi sulle sue parole. “Se il sistema a zone ha funzionato, perché torniamo tutti in zona rossa?”, si sono chiesti in tanti sui social, cercando una risposta che non arriverà mai. A smentire Giuseppe Conte ci ha pensato Fabrizio Pregliasco, virologo dell’università degli Studi di Milano. Per ora l’Italia è prigioniera di politicanti telecomandati dall’estero. A quando il tana libera tutti?
Riferimenti:
https://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2020/12/18/20G00196/s
https://sulatestagiannilannes.blogspot.com/search?q=coronavirus
FONTE: http://sulatestagiannilannes.blogspot.com/2020/12/natale-vietato-in-italia.html
BELPAESE DA SALVARE
Italia ridotta alla fame, solo fame e negozi chiusi
Il reportage choc del Washington Post a Roma
E’un reportage da Roma, ma sembra raccontare il cuore dell’Africa più povera e disperata. L’Italia e la sua capitale finiscono in prima pagina del Washington Post nell’edizione della vigilia di Natale, e non certo per magnificare i successi che crede di avere avuto Giuseppe Conte. Anzi, per fotografare la miseria a cui ha ridotto il paese usando a tavoletta i lockdown e non risarcendo a dovere chi perdeva tutto. E’ una inchiesta choc quella firmata da Chico Harlan nel cuore di Roma, dietro Campo dei Fiori e piazza Navona. Con gli occhi simbolicamente puntati su via dei Banchi Vecchi. Lì c’era una tintoria e “ha chiuso per sempre. Lo stesso vale per il negozio di olio d’oliva. I cartelli “In affitto” erano saliti e rimasero in piedi, diventando gialli con i mesi. Il ristorante a due stelle Michelin stava cercando di cavarsela con ordini da asporto…”. Harlan racconta ai suoi lettori che “Via dei Banchi Vecchi era sempre stata una strada vivace, soprattutto la sera, quando la gente si riversava fuori dall’enoteca, fumando e flirtando, tenendo in equilibrio i bicchieri sulle auto parcheggiate. Ma ora il trambusto principale veniva al mattino presto, fuori da una chiesa, dove le persone si mettevano in fila in numero che sembrava crescere di settimana in settimana. Stavano arrivando per il cibo donato”. Intorno alla fila per la mensa il vuoto. Chiuso tutto, forse per sempre. “Le boutique, un tempo dipendenti dai flussi turistici, avevano solo cartelli con sui scritto vendesi..”, racconta il corrispondente del prestigioso giornale americano, che ferma gli occhi su uno scatto straordinario: uno davanti all’altro il ristorante due stelle Michelin deserto e la chiesa con la mensa dove un popolo stava in coda affamato. “la fila”, spiega Harlan, “fuori dalla chiesa ha sottovalutato ciò che stava accadendo all’interno. Questo era un unico posto che cercava di essere un’ancora di salvezza durante la peggiore recessione della storia italiana moderna, quando l’economia si era ridotta del 10%, l’enorme settore del turismo era crollato e una legione di lavoratori fuori legge non aveva nulla su cui ripiegare. Oltre le porte verdi, ogni lunedì mattina ogni posto disponibile nella chiesa veniva riempito, anche se continuava ad arrivare gente. Alcuni dissero di aver passato la notte a dormire sotto i ponti o nelle stazioni della metropolitana. Una coppia ha detto di aver viaggiato due ore in autobus, metropolitana e un altro autobus solo per arrivare qui. Il numero di persone in cerca di aiuto nella chiesa era aumentato del 40% durante la pandemia, fino a 180 persone in un giorno. “È anche il volto delle persone che stanno cambiando”, ha detto Elaine Lombardi, 49 anni, una suora che distribuiva caffè e pasticcini. “Sono le persone che hanno perso il lavoro e ora tutta la loro vita è dentro le valigie.”
Disperazione e chiusura ovunque nel suo racconto, con l’Italia ridotta allo stremo. Fino a quando non ha visto gente allegra, finalmente felice di fronte a un caffè insolitamente aperto. Tutti a baciarsi e abbracciarsi, sembrava un altro mondo. E in effetti lo era: un addetto alla sicurezza strattona il giornalista del Washington Post e gli dice di allontanarsi: è entrato all’interno del set di uno spot pubblicitario di una banca. Il regista, Ferzan Ozpetek, gli sorride: “stiamo immaginando il futuro. Una scena post-pandemia…”. Bello. Ma, Conclude Harlan, “l giorno dopo, quando ho guardato fuori dalla finestra, pioveva a dirotto. Quasi nessuno era fuori. I tavolini all’aperto del caffè erano inutili. L’unica attività avveniva proprio davanti alla chiesa, dove Padre Franco stava sotto un arco di una porta, cercando di rimanere all’asciutto. Distribuiva pranzi al sacco alle persone che continuavano a venire e venire…”
FONTE: https://www.iltempo.it/politica/2020/12/25/news/disastro-giuseppe-conte-con-i-suoi-dpcm-ha-ridotto-italia-in-poverta-reportage-choc-washington-post-racconta-in-prima-pagina-25664540/
Magari fosse solo una questione Natale, qui non si vede la fine
Magari fosse solo una questione di Natale, la rinuncia a un cenone, a una festa in famiglia, una sciata, un viaggio e un veglione. Qui sono in ballo pure i mesi di gennaio, febbraio, marzo, aprile e non si intravede la fine. Non è in questione il ponte tra Natale e Capodanno ma quello ben più lungo tra Natale e Pasqua, e oltre. Anzi è un ponte da qui all’eternità.
Ci dicono minacciosamente che dobbiamo abituarci a convivere a lungo con il virus, magari per sempre, anche perché il virus aggiorna continuamente le sue versioni. Anche se il vaccino dovesse essere celere ed efficace, cosa che dubito fortemente, non dovremo abbassare la guardia, tantomeno le mascherine, sono ormai parte integrante della nostra faccia. Sul vaccino non entro nel merito e nemmeno sui tempi e le modalità di somministrazione; però per favore spiegateci, non capiamo.
Ma è vero che i due vaccini a noi più vicini all’uso, Pfizer e Moderna, non sono in realtà due vaccini ma vanno a modificarci geneticamente per resistere all’attacco del virus? E trattandosi non di vaccinazioni ma di mutazioni genetiche, quali effetti potranno produrre alla lunga distanza? Ci vorrebbero anni per saperlo. Ma a noi non è dato sapere nemmeno di cosa si tratta.
Fatemi poi capire: se è vero che il vaccino rende immuni nella migliore delle ipotesi al 95-97 per cento dei vaccinati, ovvero non riesce a immunizzare il tre-quattro per cento della popolazione, qual è la radicale differenza rispetto al tre-quattro per cento della popolazione finora contagiata (quasi 2 milioni, di cui un terzo ancora positivi) rispetto al 96-97% che non risulta ancora infetta? La stessa percentuale, mi pare di capire, o poco meno, riguarda pure coloro che hanno avuto una ricaduta dopo aver già avuto il virus. Qual è la differenza effettiva rispetto alla restante popolazione? Lo chiedo senza polemica, magari non ho capito…
Mentre siamo nella seconda ondata, gli impazienti si portano avanti e ci parlano già della terza ondata in gennaio, ormai sicura per gli addetti ai lavori; e i precursori, i lungimiranti ci annunciano la quarta ondata tra la fine di febbraio e di marzo. I virologi a mezza bocca, dicono che ne avremo fino a maggio, come l’anno scorso.
E il commissario straordinario Arcuri che ci sollecita sempre a fare il vaccino, poi mette le mani avanti sul suo operato e dice che non sarà possibile una vera campagna di vaccinazione finché ci sarà l’epidemia in corso. Ciò vuol dire che fino a maggio, viste le ondate che si prevedono, neanche il tanto vagheggiato vaccino sarà realmente operativo nel paese.
A questo punto che facciamo, continuiamo sempre con questi balletti settimanali sui colori, i divieti, i permessi, poi ancora i divieti, e via all’infinito in uno schizofrenico stop and go, con un vorticoso cambio di programmi a ogni cambio di dati? Continuiamo a usare il vaccino come un placebo o peggio come la resurrezione dei corpi dopo il calvario del covid?
Saremmo disposti se non a tutto, certo a molto, se avessimo acquistato in questi mesi un po’ di fiducia in chi ci guida. E invece è accaduto esattamente il contrario. Tutto improvvisato, tutto va e viene a capocchia; ripicche, aperture sbagliate, chiusure esagerate, più tanta prosopopea, tanta narrazione, ora drammaturgica ora finto-paterna.
Ma come possiamo fidarci di chi ci metteva in quarantena per salvare Natale e noi sapevamo benissimo che dopo un allentamento di metà dicembre ci avrebbero mostrato nuovi dati di risalita e saremmo ripiombati – sempre per colpa nostra- in misure ancora più restrittive? Come puoi fidarti di chi continua a prendere in giro a turno ristoratori e cittadini, con ordinanze psicolabili e in mutazione incessante?
Con l’assurdo che se blocchi la circolazione a Natale e Capodanno hai poi il pienone nei giorni precedenti, come era facilmente prevedibile, e come è avvenuto, con la deprecazione governativo-sanitario-televisiva di ogni giorno. Ti apro i negozi, ti do tutte le facilitazioni sulla carta, perfino gli incentivi a spendere; ma poi se vai nei negozi sei uno sciagurato. Stiamo patendo un carcere e dobbiamo pure sentirci in colpa perché non serve allo scopo, non è abbastanza cruento per essere efficace…
Intanto continuiamo a sorbirci per altri mesi quei tg sempre uguali, sempre gonfi di pianti, terrore, annunci, minacce e solite raccomandazioni, più contorno di virologi e iettatori. Stando anzi a quel che ci dicono, il virus non procede a ondate, ma è un mare, dunque permanente, che periodicamente si agita, ma non sparisce. A questo punto dovremo smettere di considerare il virus e la profilati come un’emergenza: non è un ospite ma un concubino molesto.
Nell’altra ondata c’erano i dottor sottili che per rassicurarci dicevano ma lo stato d’emergenza non è lo stato d’eccezione, che è appannaggio delle dittature; questo è ben altra cosa. Magari il nostro fosse uno stato d’eccezione; a un anno di distanza dal lockdown ci dicono che saremo ancora dentro la prigionia, che così rischia di diventare strutturale e permanente, non provvisoria o eccezionale.
A Natale l’Italia avrà doppiato il numero di vittime della prima ondata: erano 35mila, tra pochissimi giorni supereranno i 70mila. Ci avevano detto: arriva la seconda ondata ma stavolta non ci coglie impreparati, sappiamo di cosa si tratta, non verranno commessi gli errori della prima, ci saranno meno morti, sapremo controllare il virus. E invece non è stato così.
Continuiamo a sentire in tv ogni giorno che il paese più infestato dal virus al mondo è l’America, almeno fino a quando non andrà Biden alla Casa Bianca: vorrei far notare che 300mila vittime in Usa su una popolazione di 328 milioni d’abitanti è meno di una vittima su mille (0.90), mentre 68 mila vittime in Italia su una popolazione di 59,5 milioni sono più di uno su mille (quasi 1,2). La Germania ha un terzo di contagiati in più di noi e due terzi di morti in meno.
Insomma, stiamo passando il peggior Natale possibile perché non solo dobbiamo rinunciare a tutto ciò che rappresentava per noi Natale; ma lo facciamo sapendo che non basterà, che non finirà, che il pericolo anzi, crescerà e si prevede un ulteriore balzo in avanti. E saremo pure additati come colpevoli. Anche il popolo più allegro del pianeta è istigato al suicido collettivo. Ma uno alla volta, per non contagiarsi.
MARCELLO VENEZIANI, La Verità
FONTE: https://www.adhocnews.it/magari-fosse-solo-una-questione-di-natale-qui-non-si-vede-la-fine/
CONFLITTI GEOPOLITICI
Israele bombarda la Siria la notte di Natale
Siria, la difesa aerea intercetta missili lanciati da Israele su Masyaf
Lo riporta l’agenzia di stampa ufficiale Sana. L’attacco ha preso di mira «posizioni di forze lealiste e milizie sostenute dall’Iran».
FONTE: https://www.maurizioblondet.it/israele-bombarda-la-siria-la-notte-di-natale/
La squadra di Biden. Le sabbie mobili in medio-oriente
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Lunedì 14 dicembre si è quasi completato il procedimento elettorale per le presidenziali USA, che si concluderà obbligatoriamente il 20 gennaio 2021 con il giuramento del nuovo presidente. Per capire la transizione di poteri in corso si riportano le opinioni di alcuni commentatori con due estratti di articoli che tracciano il quadro politico della prossima Amministrazione Biden. Il primo è tratto dal giornale online Città Futura (area sinistra) che compone alcuni profili disincantati dei “democratici” che compongono la squadra dell’Amministrazione Biden.
“Non abbiamo fatto in tempo a gioire per la sconfitta del radicale di destra Donald Trump e già non possiamo che inquietarci dinanzi alle prospettive del prossimo governo Biden. Come è noto, come vicepresidente, Biden ha scelto la filo-sionista Kamala Harris, “contraria a qualsiasi limitazione agli aiuti militari e finanziari Usa a Israele”. A questo proposito non si può nemmeno dimenticare “che l’uomo dietro alla campagna di donazioni per Biden sia Haim Saban, sostenitore acceso di Israele e dell’Accordo di Abramo” [ibidem]. Per altro, come ha chiarito il giornalista e analista israelo-statunitense Ben Lynfield: Biden “non tornerà indietro su Gerusalemme e il Golan e spingerà per nuovi accordi di normalizzazione tra paesi arabi e Israele” [ibidem]. Come segretario di Stato, equivalente del nostro ministro degli Esteri, Biden ha scelto Antony Blinken, distintosi nel governo Obama prima per essere tra i più accesi sostenitori dell’aggressione imperialista alla Libia “e per le proposte più avventurose per destabilizzare la Siria”. Peraltro dopo la caduta di Obama Blinken “ha fondato WestExec e si è arricchito vendendo consulenza a compagnie di armamenti e agenzie mercenarie in tutto il mondo, dagli Stati Uniti a Israele attraverso l’Arabia Saudita. Questo milionario, anche lui meritocraticamente figlio di milionari, difende apertamente una più dura politica di sanzioni economiche contro la Russia che «dimostri al popolo russo che c’è una multa molto pesante da pagare per chi sostiene criminali internazionali come Putin»” [ibidem]. Abbiamo poi come prossimo segretario del dipartimento per la Sicurezza interna Alexander Mayorkas, figlio di un imprenditore cubano giunto negli Stati Uniti, come ha affermato il figlio “per sfuggire al comunismo”, che ha fatto del suo meglio per raggiungere durante il mandato di Obama “il record di deportazioni di immigrati in tutta la storia degli Stati Uniti”, record insuperato dallo stesso Trump. Senza dimenticare che a capo della Cia Biden ha promosso Avril Haines, distintasi per aver “progettato il programma di «uccisioni selezionate» con droni di Obama” e per essere stata “difensore pubblico di Gina Haspel quando Trump l’aveva nominata a capo di quell’agenzia. Haspel è stata uno degli artefici della rete di prigioni segrete della Cia dove l’amministrazione Bush torturava” (ibidem). Come consigliere economico, alla guida del National Economic Council, Biden punta su Brian Deese, “figura chiave nell’opera di salvataggio dell’industria dell’auto dopo la crisi del 2008”, che ora ricopre il ruolo di “manager della BlackRock, la più grande società di investimento del mondo”. I collaboratori individuati da Biden non fanno che confermare la sua assoluta estraneità alle componenti di sinistra del suo stesso partito e il suo essere il candidato dello Stato profondo…”
L’Ispi così commenta l’ultima nomina del segretario alla difesa:”Ma tra le nomine di questa settimana, ad attirare maggiore attenzione, sulla stampa e nei dibattiti, è quella di Lloyd Austin, generale in pensione che Biden vorrebbe a capo del Pentagono. Austin potrebbe diventare il primo Segretario alla difesa afroamericano, in un
dipartimento tradizionalmente guidato da uomini bianchi. La nomina di Austin tra i “big four” del gabinetto, i quattro incarichi di maggior peso – Segretario di Stato, Segretario al Tesoro, Segretario alla Difesa e Procuratore generale – avrebbe un alto valore simbolico nell’anno dell’uccisione di George Floyd e delle proteste di Black Lives Matter. Austin non manca certo di esperienza, essendo stato tra l’altro a capo del Central Command dal 2013 al 2016 dove ha supervisionato le operazioni USA in Medio Oriente.”
Si riportano alcune interessanti notizie, segnalate da Ispi accadute settimana scorsa:
- I procuratori federali del Delaware hanno aperto un’inchiesta contro Hunter Biden, il figlio del presidente eletto. Tra i reati su cui si indaga ci sarebbe il riciclaggio di denaro in Cina.
- Biden ha annunciato di voler completare tutte le nomine mancanti per la sua prossima amministrazione entro Natale, senza aspettare il risultato dei ballottaggi per il Senato in Georgia.
- Il Marocco ha normalizzato le relazioni diplomatiche con Israele. È un nuovo passo di distensione tra lo stato ebraico e il mondo arabo mediato dalla Casa Bianca, che in cambio ha offerto di riconoscere il Sahara Occidentale come parte del Marocco.
Un aspetto specifico della politica americana sul medio oriente, che può riguardare l’Italia, scritto da James M. Dorsey, è qui riportato in estratto (articolo completo: L’Arabia Saudita invia messaggi contrastanti a Joe Biden – CIVICA)
L’Arabia Saudita sembra scommettere che Biden sarà cauto con il regno nonostante le critiche che ha espresso a volte con linguaggio forte durante la campagna elettorale presidenziale. La scommessa saudita non è irragionevole. L‘ambasciatore degli Stati Uniti d’America per la libertà religiosa internazionale Samuel D. Brownback ha fatto eco questa settimana a quella che è la politica degli Stati Uniti e potrebbe benissimo essere l’atteggiamento adottato dall’amministrazione Biden. Alla richiesta perché il Segretario di Stato Mike Pompeo ha dato all’Arabia Saudita una deroga, anche se il suo dipartimento ha designato il regno nel suo rapporto annuale sulla libertà religiosa, pubblicato di recente, come Paese di particolare preoccupazione per il mancato rispetto della libertà di religione e delle leggi sull’apostasia e la blasfemia che includono la pena di morte, Brownback ha detto: “L’Arabia Saudita è un paese che l’amministrazione e le precedenti amministrazioni hanno ritenuto avere un interesse strategico… Ovviamente è il principale paese del Golfo. È una grande fonte di commercio… Abbiamo molta frustrazione a volte in quello che fa l’Arabia Saudita… Ma qui c’è anche un interesse nazionale ed è qualcosa che si è sempre dovuto pesare in diplomazia”. Il regno sembra pronto a soddisfare sia il Presidente uscente Donald J. Trump che Biden, impegnandosi con gli Stati Uniti e il Kuwait ad eliminare il boicottaggio economico e diplomatico da loro imposto al Qatar. I leader del Golfo si preparano per un summit alla fine di questo mese del Consiglio di Cooperazione del Golfo (Gulf Cooperation Council, GCC) e gli Emirati Arabi Uniti, insieme al Bahrein e all’Egitto che si erano uniti al boicottaggio, hanno indicato il loro sostegno per la fine della controversia. Allo stesso tempo, le recenti azioni saudite inviano il messaggio che il riconoscimento di Israele e dei diritti umani costituiscono linee rosse che il regno, almeno per ora, non attraverserà. L’Arabia Saudita la scorsa settimana, poco dopo le visite di Pompeo e Kushner, ha condannato Walid A. Fitaihi, un medico formatosi all’Università di Harvard e doppio cittadino saudita e statunitense, a sei anni di carcere per aver presumibilmente twittato il suo sostegno alle rivolte popolari arabe del 2011 e per aver ottenuto la cittadinanza statunitense durante gli studi in America. Mr. Fitaihi è stato rilasciato dalla custodia cautelare nel 2017 ma, insieme alla sua famiglia, gli è stato impedito di viaggiare all’estero. L’amministrazione Trump ha ripetutamente sollevato il suo caso con le autorità saudite, anche durante le recenti visite ad alto livello negli Stati Uniti. Allo stesso modo, l’Arabia Saudita ha trasferito a un tribunale per il terrorismo il caso di Loujain al-Hathloul, uno dei 12 attivisti per i diritti delle donne, accusata di cospirazione con organizzazioni straniere ostili al regno, alla vigilia del summit virtuale del G20 del mese scorso ospitato da Re Salman delle più grandi economie del mondo. La mossa è avvenuta nel bel mezzo di un appello per il loro rilascio prima del vertice. La prima udienza della corte nel caso della signora Al-Hathloul si è tenuta la settimana scorsa, nel giorno designato dalle Nazioni Unite come Giornata internazionale dei diritti umani. Più o meno nello stesso periodo, una campagna su Twitter, che si ritiene sia stata istigata dal governo, ha accusato l’ex principe ereditario e ministro degli Interni Mohamed bin Nayef di aver complottato per rovesciare il suo successore, Mohammed bin Salman.
…Le mosse dell’Arabia Saudita sono in netto contrasto con quelle degli Emirati Arabi Uniti, che sembrano orientate ad anticipare i cambiamenti previsti nella politica estera statunitense una volta che Biden entrerà in carica. Avendo già assunto un ruolo guida che ha fatto piacere sia al presidente americano uscente che a quello entrante, diventando il primo Stato arabo a riconoscere Israele dal 1994, gli Emirati Arabi Uniti hanno lanciato una revisione per rafforzare il loro quadro dei diritti umani che si concentrerà sul conferimento di maggiori poteri alle donne, sugli aiuti umanitari, la tolleranza religiosa e i diritti dei lavoratori. Invece, l‘ex capo dei servizi segreti saudita ed ex ambasciatore in Gran Bretagna e negli Stati Uniti, il principe Turki bin Faisal, ha lanciato un feroce attacco contro Israele. Parlando giorni prima che il Marocco e Israele annunciassero l’instaurazione di relazioni diplomatiche tra i loro due Paesi, il Principe Turki ha descritto lo Stato ebraico come “l’ultima delle potenze colonizzatrici occidentali in Medio Oriente”. Ha accusato i palestinesi di essere stati “incarcerati nei campi di concentramento sotto la più sottile delle accuse di sicurezza – giovani e vecchi, donne e uomini, che lì marciscono senza ricorrere alla giustizia”. Non era chiaro se le osservazioni del principe Turki riflettessero non solo il sentimento del re Salman, ma anche quello del principe ereditario Mohammed bin Salman, che avrebbe incontrato recentemente il primo ministro israeliano Binyamin Netanyahu. …Il principe Turki ha fatto le sue osservazioni mentre il regno cercava di abbassare le tensioni con la Turchia, uno dei principali sfidanti della leadership saudita del mondo musulmano… il riavvicinamento con la Turchia suggerisce che Riyadh e Ankara cercano un rifugio comune in una parte del mondo in cui le sabbie si muovono continuamente.
FONTE: http://www.civica.one/biden-chi-e-la-nuova-amministrazione-cosa-potrebbe-fare-nel-medio-oriente/
CULTURA
IL SIMBOLISMO AL TEMPO DEL CORONAVIRUS
IL SIMBOLISMO AL TEMPO DEL CORONAVIRUS
Disamina Simbolica del 27 dicembre 2020
di Stefano Edoardo Erario
Titolo: “VACCINO DAY”
Chiave di Lettura: COVID-19, 27 DICEMBRE 2020 VAX DAY SIMBOLICO IN TUTTA EUROPA.
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Introduzione
Rieccoci qui! Mi ero ripromesso di non fare più disamine, l’ultima è stata il 5 agosto scorso, per non creare malintesi e per il rispetto delle vittime che cominciavano ad essere attribuite al “fantomatico Covid-19”, fantomatico perché ancora non si è chiarita la questione scientifica di questo “nuovo” virus. Ma questa volta non posso farne proprio a meno.
In tanti mi hanno chiesto se vi è un nesso “Esoterico” nella scelta della data in cui il vaccino anti-Covid, delle aziende Pfizer-BionTech, viene distribuito in Tutta Europa, tutto nello stesso giorno, e per quale motivo si può ipotizzare come un ennesimo “rituale oscuro”.
Bene, utilizzerò per questa Interpretazione Simbolica, le parole della Presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen:
Bruxelles – Non ci sarà un solo ‘Vaccino day’ simbolico per far partire la somministrazione negli Stati membri UE, ma tre: il 27, 28 e 29 dicembre inizierà la vaccinazione contro il Coronavirus in tutta l’Unione europea. Lo annuncia la presidente della Commissione Ursula von der Leyen in un tweet dopo che (il 16 dicembre) in un dibattito di fronte al Parlamento europeo aveva reso noto il suo auspicio che i Ventisette (27) Stati membri Ue potessero iniziare insieme, “tutti lo stesso giorno”, la campagna di vaccinazione contro il Covid-19, “così come abbiamo agito insieme durante tutto l’arco di questa pandemia”.
Anche in Italia è stato pubblicato il bando di gara per il reclutamento di 3mila medici e 12mila infermieri, chiamato Piano-Arcuri, da utilizzare a tempo determinato per la somministrazione dei vaccini: Il Governo italiano ha lavorato negli ultimi giorni per favorire una simbolica data comune di avvio delle vaccinazioni nell’Unione Europea. “Ci vuole ancora molta prudenza e il percorso non sarà breve, ma la strada è quella giusta“, lo scrive in un post su Facebook il ministro della Salute Roberto Speranza. Numeri a caso?… Parole a caso?
Come ormai sapete io non ho mai creduto al caso e in tutta questa vicenda è ormai palese che vi sia qualcosa che non “torna” ma, essendo fiduciosi e garantisti, crediamo che se in un futuro non troppo prossimo, debbano configurarsi delle responsabilità in tutta questa vicenda, di tipo penale e oggettive su “ipotetici reati”, abusi di potere anti-Costituzionali ecc.., diremo che perlomeno qualche dubbio ci era venuto.
Vediamo insieme dunque, cosa ci dice la Cabala sul numero Simbolico 27.
DISAMINA DEL NUMERO 27
Simbolismo
Interpretazione cabalistica
Ventisette (cf. latino viginti septem, greco ἑπτὰ καὶ εἴκοσι) è il numero naturale dopo il 26 (attribuito a Dio) e prima del 28 (attribuito alla Forza).
SIGNIFICATO: “Chi si comporta bene sarà premiato con onore.
Il saggio aspira solo all’armonia della propria coscienza.”
ABBINAMENTI: Albero, caramelle, diavolo (26 è il numero di Dio), pace, ascia, casco, feto, studente, attore, confessione, lingua, mezzo di Trasporto.
Il 27 è’ il numero della fortuna acquisita, ottenuta in ritardo e realizzata con il lavoro paziente ed assiduo.
E’ il numero degli eventi che accadono in ritardo, dei desideri che si avverano quando ormai è troppo tardi, delle proposte di lavoro e di matrimonio quando oramai si è già impegnati, dei numeri del lotto intuiti quando sono già usciti, dei treni perduti, dei sentimenti gettati al vento.
E’ anche il numero delle persone che si svegliano nervose, che cominciano un lavoro sfiduciate, delle giornate piovose, ma anche delle cose cominciate con difficoltà e concluse piacevolmente, della tristezza che si trasforma in allegria, delle situazioni cominciate male e che si concludono felicemente!
Il simbolo di questo numero è la polvere.
E’ il simbolo della luce “divina”. “Ecce crucem Domini” era la frase che accompagnava l’apparizione della croce luminosa.
E’ all’età di 27 anni che Gesù iniziò la sua evangelizzazione, secondo le visioni di Maria Agreda. «Nel secondo mese, il ventisette del mese, tutta la terra si era prosciugata» dalle acque del diluvio (Gen 8,14).
Nel Nuovo Testamento
Il numero 27 è usato 6 volte nella Bibbia (6 è il numero dell’Uomo in Genesi)
27 sono i libri del Nuovo Testamento nella Bibbia cattolica secondo il Concilio di Trento (1546) il 27-esimo, è la Rivelazione di Giovanni (libro dell’Apocalisse) e la sua festa è celebrata il 27 dicembre.
Secondo la Gematria
Il libro degli Atti dei Apostoli nel Nuovo Testamento usa in tutto 27 numeri diversi, che sono quelli dall’1 al 12, 14, 15, 20, 40, 70, 75, 120, 200, 276, 400, 450, 3’000, 4’000, 5’000 e 50’000. Il numero 500 è usato 27 volte nella Bibbia.
Fra i 365 numeri diversi che si trovano nella Bibbia, 27 di loro sono numeri primi, compreso il numero uno [1].
Alcuni Scrittori
Lo scrittore Raymond Abellio parla del numero dello Spirito Santo. Secondo R. Allendy, rappresenta l’evoluzione tendente a unificare la dualità, J. Boehme chiama questo numero “la morte.” Secondo Alfred Weysen, ventisette è un simbolo lunare, indica la luce nell’oscurità. Secondo Edgar Cayce, è questa unità di misura che sarebbe stata usata per la costruzione della Grande Piramide.
In Massoneria
27 erano i Maestri che inseguirono i 3 assassini di Hiram.
Per gli indo-Americani
Per gli indiani d’America il “dio Soma” era accompagnato da 27 donne.
Per i Greci
L’alfabeto greco primitivo, con quale era possibile scrivere tutti i numeri dal 1 al 900, aveva 27 lettere col digamma, il koppa ed il sampi.
Per il Popolo Ebraico
Similmente la Rivelazione divina, ispirata al popolo eletto, è stata scritta sui rotoli grazie al 27 segni dell’alfabeto israelitico: 22 lettere più i 5 finali (kaph, mem, nun, phe e tzade) che hanno una forma ed un valore numerico diverso quando sono alla fine di una parola.
Ricorrenze
Anniversario di matrimonio: la Leggenda delle nozze di Ametista (consigliata la lettura).
Altre interpretazioni del 27
Non sono solo i sogni che danno un senso ai numeri però! Può infatti capitare di avere un numero ricorrente, che entra a far parte in vario modo della nostra vita. E’ possibile anche associarsi ad un numero perché in quel giorno siamo venuti al mondo. Se il vostro numero è il 27, potrete nelle righe seguenti trovare tutte le informazioni utili.
Il 27 si associa solitamente ad una persona sana e positiva, baciata di solito da una fortuna che non è però in grado di sfruttare come dovrebbe. Attenzione in amore. Il numero 27 è infatti associato a persone che tendono ad innamorarsi di chi non li ama, e si trovano così a vivere momenti di difficoltà, di solitudine, di sofferenza. Attenzione si da anche ai rapporti di amicizia!
Il Club 27
Secondo alcuni, esisterebbe un misterioso e oscuro club di Artisti Famosissimi, i quali avrebbero perso la vita a 27 anni, dopo la loro iniziazione! (ipotesi)
Numero 27 nella Smorfia: il pitale; ‘O càntero
La smorfia associa al numero 27 all’orinale. Capiamo da dove nasce questa associazione, quale significato ha, per quale motivo e in quali circostanze può essere utile puntare sul numero 27.
La smorfia napoletana associa al numero 27 il vaso da notte che viene utilizzato durante la notte appunto per le proprie funzioni fisiche qualora si sia impossibilitato a raggiungere i bagni. Molto diffuso un tempo, quando i bagni si trovavano fuori dalle abitazioni, oggi l’uso di questo oggetto è legato soprattutto a situazioni di malattia o in cui comunque un soggetto ha difficoltà a raggiungere in maniera autonoma un bagno. Lo stesso numero rimanda infatti ad azioni quali adattarsi, declamare, offendere, pestare, puntellare, tranciare; a cose quali l’autobus, il cappello di lana, la carne, il certificato, la comunicazione, il convoglio, l’ufficio, il cuscino, davanzale, il torrone, il mezzo di trasporto.
Proprietà matematiche
È un numero composto, dispari. È il cubo di tre. La scomposizione in fattori primi è la seguente: 27 = 33 (33 gli anni di Cristo in croce secondo il nuovo Testamento).
Ha quattro divisori, la lista completa è: 1, 3, 9, 27. La somma dei suoi divisori (funzione sigma) è quaranta, l’aliquot (somma dei divisori propri) è tredici.
Il doppio di ventisette è cinquantaquattro e il triplo è ottantuno. Il quadrato è 729, mentre il cubo è 19683.
La somma delle cifre di ventisette è 9 per cui è un numero di Harshad, in quanto è divisibile per tale somma.
È un numero dispari.
È un numero composto, con quattro divisori: 1, 3, 9 e 27. Poiché la somma dei divisori (escluso il numero stesso) è 13 < 27, è un numero difettivo.
È un numero perfetto totiente.
È un numero decagonale.
È un numero di Harshad.
È un numero potente.
È un numero di Smith nel sistema numerico decimale.
È un numero di Friedman in numeri romani, XXVII = IX * ((X/V) + I).
È la somma delle cifre del suo cubo: 273 = 19683; {\displaystyle 1+9+6+8+3=27.}{\displaystyle 1+9+6+8+3=27.}
È il cubo perfetto ossia 33.
1/37 = 0,027027027…, e 1/27 = 0,037037037…
Se un multiplo di tre cifre di 27 viene ciclicamente permutato, per esempio 513 diventa 135 o 351, allora i numeri risultanti sono ancora multipli di 27.
L’unico altro numero che ha questa proprietà nell’ambito delle tre cifre è 37.
È il più piccolo numero intero che è uguale alla somma di tre quadrati in due modi diversi: 27 = 32 + 32 + 32 = 52 + 12 + 12.
È parte delle terne pitagoriche (27, 36, 45), (27, 120, 123), (27, 364, 365).
È un numero palindromo nel sistema numerico binario.
È un numero a cifra ripetuta nel sistema di numerazione posizionale a base 8 (33).
È un numero malvagio. Lunghezza del cubito “mir” in pollici (è in realtà ventisette pollici e mezzo).
Rappresentazione
Il numero 27 nella numerazione in base 16 (sistema esadecimale) viene rappresentato con 1B. Invece nella numerazione binaria (in base 2) viene rappresentato con 00011011 (se si utilizzano otto cifre). Nella notazione scientifica si esprime in questo modo: 2,7 x 10 1 oppure 2,7E+1
Chimica
L’elemento di numero atomico 27 è il cobalto (simbolo Co), un metallo grigio, molto duro, adottato in molte leghe e processi, come colorante.
Proprietà del numero 27 – Numero Cardinale
È un aggettivo numerale cardinale, invariabile (per cui si usa sia al maschile che al femminile). In cifre arabe si scrive 27, in numeri romani diventa XXVII.
Segue il ventisei e precede il ventotto. È composto di due decine e sette unità.
Il corrispondente numerale ordinale è ventisettesimo. A volte l’ordinale viene indicato nella forma mista 27esimo.
Per indicare una persona che ha ventisette anni, anche in maniera approssimativa, si usa la parola composta ventisettenne. A volte si usa anche la grafia mista di cifre e lettere 27enne.
Come sostantivo al maschile indica il numero e il segno che lo rappresenta. Ad esempio: Alla lotteria di Guidonia Montecelio è stato estratto il ventisette.
Può essere usato in espressioni relative al tempo. Ad esempio: Il ventisette maggio vado a Catanzaro per lavoro. Preceduto da un apostrofo, può indicare un anno in cui vengono omesse le prime due cifre, in particolare in relazione al ventesimo secolo. Quindi di solito ’27 si riferisce al 1927.
Il Numero 27 – Terzo Decagonale
È parte paterna del triangolo rettangolo pitagorico 27, 36, 45. Questa terna è nove 9 volte il triangolo sacro pitagorico 3, 4, 5.
Pitagora e il Numero Ventisette 27
Secondo Pitagora il 27 è scomponibile i 2 e 7; 2 rappresenta la dualità (bene, male ecc.); 7 il numero della manifestazione Divina (colori dell’arco baleno, note musicali, sacramenti ecc.); La loro somma è 9 che rappresenta la Partenza, Completezza e Compimento; Ventisette è cubo perfetto 27=33, il primo cubo costruito sul 3, il primo numero spirituale. È uguale alla somma dei suoi tre quadrati: 27=32+32+32. Come numero rettangolare può essere espresso solo nella forma 3 x 9. È la somma delle cifre del suo cubo: 273=19683, cioè 1+9+6+8+3=27.
È il terzo numero poligonale decagonale 1, 10, 27, la forma su cui tale sequenza si sviluppa è un poligono a 9 lati, 27 è dato dalla somma di due ennagoni a 9 e 18 punti. Il numero 27 era anche detto Grande Tetractis, perché deriva dalla somma dei 4 numeri che all’interno della Decade nascono da un prodotto: (2 x 2) + (2 x 3) + (2 x 4) + (3 x 3) = 4+6+8+9=27. La Grande Tetractis 27, esprime la totalità dei prodotti della Decade e la moltiplicazione per 4 indica il passaggio alla manifestazione, per cui con esso si esprime “la totalità degli stati dell’essere; ciò ne fa un frequente simbolo iniziatico, diffuso anche nelle tradizioni orientali”. Il pitmene di 27 è 2+7=9, che rappresenta il primo cubo (il cubo è simbolo di Terra) che forma il numero.
Platone
Platone divide L’Anima del Mondo in più parti, secondo criteri di proporzionalità e armonia, le cui misure sono date dalle due quaterne geometriche di 1, 2, 4, 8 e 1, 3, 9, 27 che insieme formano una serie di Sette numeri 1, 2, 3, 4, 8, 9, 27.
Il 7° numero 27, è la somma dei primi 6 numeri dell’Anima del Mondo.
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Conclusione
Le informazioni sono dunque davvero tante, non vi resta che fermarvi un attimo a pensare e capire che il 27 è un numero estremamente Simbolico dal punto di vista Cabalistico (della conoscenza misterica) e che quasi sicuramente, secondo il mio parere, non è stato scelto a caso. Non sappiamo se chi sta governando l’Europa oggi abbia conoscenza e coscienza di tutto questo, ciò sarebbe davvero grave, ma sappiamo chi ha questo tipo di conoscenza nel mondo, e sta tentando in tutti i modi, economici ed esoterici, di impiantare un cambiamento “Forzato e Forzoso”, nei confronti di Tutta l’Umanità solo per i suoi “scopi”, comprensibili per alcuni versi e in pochissimi in alcuni casi, ma non accettabili nei metodi. (non faccio nomi ma chi mi segue lo ha capito da tempo).
Siamo in un momento importantissimo di evoluzione Cosmica, in un passaggio epocale che dal “cono” del settore circolare dei Pesci (circa 2.000 anni, e chiamato “io credo”) si passa a quello dell’Acquario (ho calcolato un periodo minore di 1.750 anni – considerando una “Vera precessionale” di 12 coni – chiamato “io so”). Il suo Simbolo di riferimento è l’Acqua in tutti i suoi aspetti (vita, purificazione, memoria ecc… Un passaggio a cui Tutti siamo sottoposti e che porterà ad una visione della vita molto più Libera da preconcetti ma anche da legami Temporali e Religiosi. Questo è il vero motivo per cui si stanno compiendo questi “atti”, un colpo di coda da chi queste cose le conosce benissimo. La storia ci ha insegnato che il male non ha mai trionfato, tanto meno lo farà questa volta, seppur questo passaggio lo si sta vivendo con palpabile preoccupazione. La verità Vince Sempre, abbiate fede, ognuno la sua.
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< Prendete tutto quello che vi dico al pari di una fiaba, anche se le fiabe, tuttavia, hanno un fondo di verità. Chi ha orecchie per intendere, ha già inteso > “Sapere Aude”! … Un abbraccio … She
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Fonti:
- Il significato dei numeri – CAMELOTT camelott.it › Varie › numeri
- proprieta-del-numero-27. http://alexfocus.blogspot.com/2012/07/
- https://it.wikipedia.org/wiki/27_(numero)
- https://www.yumpu.com/it/document/view/44778084/insegnamento-pitagorico-armonia-istituto-cintamani.
- Studi di Simboli e Simbologia/di Stefano E. Erario 2011./ numeri e numerologia.
- https://www.google.com/url?sa=i&url=http%3A%2F%2Fwww.sapienzamisterica.it%2Farithmos
- https://www.google.com/url?sa=i&url=https%3A%2F%2Fsitowebinformativo.com%2Fnumerologia-il-significato-del-numero
Immagine web
FONTE: https://www.dettiescritti.com/cultura/il-simbolismo-al-tempo-del-coronavirus/
ADDIO “ERASMUS”, ARRIVA “TURING”.
Ecco il nuovo programma per gli studenti di Sua Maestà
I giornali da pescivendoli nostrani oggi erano tutti un pianto greco sulla Brexit perchè… viene a cessare l’Erasmus per il regno Unito.
Certo, i nostri studenti non potranno più pensare di andare a Londra a studiacchiare ed intanto cercare un lavoro come camerieri o cuochi. No, dovranno studiare il tedesco o il francese per fare la stessa cosa a Berlino o a Bruxelles, dove già monopolizzano il mercato. Però che cattivoni questi inglesi che non vogliono più pagare per gli studenti stranieri che sfruttano le loro università. Che gli italiani investano nelle proprie università, magari rinnovando il corpo docente e non prendendo gli amici degli amici come docenti.
Questo perchè gli inglesi continueranno ad avere, per i loro studenti, un programma di studi all’estero. Si chiamerà Turing, dal nome di Alan Turing, il grande matematico che contribui alla vittoria britannica nella seconda guerra mondiale decodificando il codice “Enigma”. Questo programma sarà disegnato d hoc per il Regno Unito e permetterà agli studenti non solo di studiare nell’Unione Europea, ma in ogni paese sia ritenuto necessario. Si calcola che circa 35 mila studenti britannici potranno recarsi all’estero a completare i propri studi. Inoltre il nuovo programma britannico sarà più mirato verso gli studenti disagiati economicamente, quindi un po’ meno verso la “Sinistra ZTL”. Il primo anno sono previste 110 milioni di sterline di stanziamento, circa 150 milioni di euro.
Il fatto di uscire d un programma europeo non significa che questi sevizi non esistano più: semplicemente vengono rivolti verso tutto il mondo e adattati meglio alle esigenze del singolo paese. Erasmus è solo una parola se sparisse sarebbe sostituito da 27 programmi nazionali. Probabilmente molto migliori.
FONTE: https://scenarieconomici.it/addio-erasmus-arriva-turing-ecco-il-nuovo-programma-per-gli-studenti-di-sua-maesta/
CYBERWAR SPIONAGGIO INFORMAZIONE DISINFORMAZIONE
Come la pandemia ha cambiato proteste, conflitti e repressione nel 2020
Se riavvolgiamo il nastro e guardiamo a cos’è stato il 2019 ricordiamo un anno attraversato da tensioni, proteste e manifestazioni in ogni parte del mondo. Ma anche da repressione e guerre. Poi nel 2020 è arrivata la pandemia. L’emergenza sanitaria, e le misure di contenimento, hanno avuto dirette conseguenze su quelle proteste, ma anche su conflitti e zone di crisi. E non sempre ha rallentato quei fenomeni, anzi in molti casi ha finito per accelerarli ancora di più.
Grazie al vasto database messo a disposizione dell’Armed Conflict Location & Event Data Project è possibile cercare di capire com’è cambiata la protesta, quali rivendicazioni si sono aggiunte e quali effetti ha avuto l’emergenza su guerre e gruppi terroristici.
La fine delle proteste
Lo scorso anno manifestanti e cittadini sono scesi in piazza in tutti e cinque i continenti. È il caso ad esempio all’ondata di manifestazioni che ha costretto alle dimissioni Abdelaziz Bouteflika, presidente dell’Algeria. Delle proteste contro il potere politico di Baghdad, in Iraq a quelle per le strade di Beirut in Libano, conto la classe politica e il collasso economico. Nella lista anche i violenti scontri in India per la legge sulla cittadinanza o le proteste studentesche in Cile.
Tutti questi fenomeni si sono poi attenuati dopo i picchi avuti alla fine del 2019. Secondo i dati Acled nel quarto trimestre del 2019 gli episodi classificabili come “proteste” erano stati oltre 24 mila in tutto il mondo. Tre mesi dopo, nel pieno della prima ondata, i numero è sceso a 18 mila mentre nel quarto trimestre addirittura a 15 mila. Persino gli eventi classificati come “rivolte” sono diminuiti passando dai 7.824 degli ultimi sei mesi del 2019 a 6.287 dei primi sei di quest’anno.
Se prendiamo alcuni dei casi citati, Algeria, Libano e Iraq, vediamo che il volume complessivo delle proteste tra la seconda metà dello scorso anno e quelle della prima metà di quello in corso il calo è stato del 32%.
La nuova rabbia alimentata dalla pandemia
A partire dall’estate però qualcosa si è riacceso e il motore dell’indignazione ha ripreso la sua corsa. Il coronavirus da un lato ha rallentato i movimenti in corso, ma dall’altro ha reso ancora più evidenti diseguaglianze e spaccature sociali insostenibili. Per questa ragione nella seconda parte di questo turbolento 2020 il numero di manifestazioni è tornato a crescere. Nel periodo luglio-agosto-settembre le proteste sono state oltre 26 mila.
In molti casi sono state sono state direttamente collegate alla risposta pandemica. È il caso d’esempio del Messico dove il numero di eventi è andato in crescendo per tutto l’anno con un piccolo di 1.665 manifestazioni tra la fine dell’estate e l’inizio dell’autunno e che in molti casi hanno coinvolto operatori sanitari che si lamentavano per lo scarso appoggio e per i dispositivi di protezione individuale assenti. Anche l’Iran ha visto un aumento delle proteste passando dalle 295 del primo trimestre alle oltre 687 del terzo. Nella Repubblica islamica la pandemia ha colpito molto duramente complicando ancora di più una situazione economica già fragile.
Molti movimenti hanno ripreso voce e fiato anche per la carenza nella risposta pandemica. Emblematici in questo senso due Paesi: la Tunisia e ancora una volta il Libano. Nel Paese tra Algeria e Libia il volume delle proteste addirittura è stato più violento nel 2020 che nel 2019. Mentre nel Paese dei Cedri il numero delle manifestazioni è sceso ma molte si sono fatte più violente. Non solo per la crisi economica senza fine e per l’emergenza sanitaria, ma anche contro una politica ormai fallimentare, simboleggiata dalla violenta esplosione che ha devastato il porto di Beirut il 4 agosto scorso.
Il ritorno della repressione
La gran parte dei Paesi ha reagito alla pandemia con lockdown e chiusure, ma anche norme e disposizioni più repressive nei confronti della mobilità e della possibilità di assembramento. In Paesi con democrazie fragili questa è stata anche un’occasione per aumentare il controllo e la stretta sui cittadini. In Egitto il presidente Abdel al-Sisi ha inasprito la sua stretta sui media e aumentato la sua discrezionalità in materia di pubblica sicurezza. Non a caso, tra luglio e settembre, il numero di proteste con intervento delle forze di sicurezza sono aumentate in modo esponenziale. Passando alle sole sei nei primi sei mesi a 46.
Nel mondo le proteste concluse con una violenta repressione sono aumentate durante l’anno dopo un calo nei primi sei mesi, il periodo estivo ha visto un aumento di eventi repressivi a livello globale, in quasi 1.500 manifestazioni. Questo in particolare in Africa, dove molti governi hanno sfruttato la crisi per restringere lo spazio di manovra dell’opposizione. È il caso d’esempio della Guinea. Il Paese è stato segnato dalla violenza a margine delle elezioni presidenziali che hanno confermato per la terza volta l’82enne Alpha Conde. Diversi osservatori hanno sottolineato come nei mesi scorsi il regime abbia silenziato leader dell’opposizione e stroncato proteste.
Ma un discorso analogo vale anche per l’Uganda. Dove nella prima parte del 2020 la violenza contro i civili ha visto un grosso picco di casi. Ma numeri preoccupati si respirano pure in Nigeria e Sudafrica. Anche nelle Filippine la situazione si è deteriorata. Se nelle primissime fasi dell’epidemia la paura del contagio e le chiusure avevano di fatto ridotto vittime e scontri legati alla guerra alla droga; nella seconda parte dell’anno gli scontri sono tornati a livelli pre-covid. E il governo di Rodrigo Duterte sembra pronto ad approfittare delle restrizioni per insistere ancora di più sulle norme antiterrorismo, garantendo allo stato maggior potere in materia di arresti e detenzioni senza mandato.
La proliferazione di cartelli, gang e terroristi
Nel caos portato dal coronavirus c’è stato anche spazio per altri attori. Dove i governi erano già deboli l’emergenza ha permesso a diversi soggetti di conquistare maggiore spazio di manovra. È il caso delle forze islamiste, ad esempio, che hanno trasformato la pandemia in un’occasione per espandere ancora di più il proprio potere.
Dall’Africa alla Persia sono diversi gli attori che si sono ingranditi. In Mali la formazione qaedista Jnim, Jama’at Nasr al-Islam wal Muslimin, ha mantenuto la pressione sulle forze militari regolari. In Somalia le operazioni di al Sahabab non si sono mai fermate, così come i miliziani islamici di Mozambico hanno intensificato i loro attacchi nella provincia settentrionale di Cabo Delgato. Anche in Afghanistan la pressione dei Talebani sul governo di Kabul è cresciuta enormemente, soprattutto per riuscire da vere una posizione di maggiore forza nei colloqui di pace all’ombra del ritiro americano.
L’Afghanistan è però stato anche un laboratorio interessante per un altro tipo di fenomeno. I Talebani hanno infatti usato l’epidemia come arma politica. A più riprese hanno promesso di interrompere i combattimenti nei territori colpiti dal contagio per permettere l’intervento di operatori sanitari. Allo stesso tempo in molte zone hanno tenuto dei corsi alla popolazione locale per spiegare come avviene il contagio e come evitare la diffusione del virus, distribuendo anche dispositivi medici di protezione.
Una situazione analoga si è verificata in Messico. Nella terra dei cartelli, con le forze di sicurezza impegnate nell’emergenza sanitaria, i gruppi dediti al narcotraffico hanno intensificato la loro guerra per il controllo del territorio, con un aumento della violenza rispetto al 2019 soprattutto nella prima parte dell’anno quando fino a giugno si sono contati 2.895 atti violenti contro civili.
Ma come in Afghanistan, anche in Messico i cartelli hanno approfittato del coronavirus per migliorare la propria presa sul territori: hanno imposto forme di coprifuoco, distribuito viveri e generi di prima necessità. Più a sud le gang del triangolo El Salvador, Honduras e Guatemala hanno implementato forme di lockdown fai da te e ridotto le estorsioni come forma di sostegno alle popolazioni locali.
Le guerre che non finiscono
C’è un ultimo aspetto non meno importante che riguarda l’impatto del Covid-19 sulle crisi in corso. All’inizio dell’anno, dall’Onu in giù, decine di organizzazioni avevano chiesto a tutte le parti impegnate nei conflitti in corso di estendere delle tregue per evitare di diffondere ancora di più il contagio.
Fonte: Insideover
I dati ci mostrano però che ben poco è cambiato. In Myanmar il conflitto tra l’esercito e il gruppo United League of Arakan è continuato nonostante gli appelli, così come sono falliti gli appelli a una cessazione delle ostilità nelle Filippine e il New People’s Army.
Secondo i dati raccolti da Acled a preoccupare sono soprattutto Yemen e Libia. I due Paesi sono infatti quelli in cui nel corso del 2020 è aumentata maggiormente la violenza. In Yemen, primo al mondo per numero di eventi violenti, non è mai decollato cessate il fuoco e gli scontri tra forze sciite houthi e coalizione saudita sono continuati, così come gli scontri tra milizie separatiste nel sud del Paese. Discorso analogo per la Libia, dove gli scontri tra le forze dell’Esercito nazionale libico di Khalifa Haftar e quelle del Gna di Tripoli hanno usato la pandemia come scusa per non interrompere le operazioni militari sul terreno.
In Medio Oriente da segnalare come le forze turche abbiano intensificato le operazioni contro il Pkk lanciando verso l’estate due nuove iniziative: la campagna di bombardamenti aerei “Artiglio dell’aquila” e quella via terra “Artiglio della tigre”. In entrambi i casi la gran parte delle operazioni si sono svolte nell’area del Kurdistan Iracheno e hanno provocato centinaia di morti.
FONTE: https://it.insideover.com/guerra/come-la-pandemia-ha-cambiato-proteste-conflitti-e-repressione-nel-2020.html
Giuseppe Conte, Fabrizio Cicchitto: “Non molla la delega ai servizi segreti, vuole nascondere aspetti della sua vita privata?”
Parte dalla liberazione dei pescatori in Libia, Fabrizio Cicchitto, per una riflessione sullo stato dei servizi di intelligence in Italia e per attaccare, in modo durissimo Giuseppe Conte. In un intervento su Il Tempo, Cicchitto premette: “Sul terreno dei professionisti dell’intelligence l’Italia è così caduta molto in basso in classifica, non certo per colpa dell’Aise, ma per responsabilità di chi si intestardisce a voler direttamente guidare un settore, quello dei servizi, rispetto al quale non ha la benché minima professionalità (ma su questo gioco di Conte torneremo)”.
Dunque, Cicchitto aggiunge: “La riflessione, però, anche del Copasir deve andare molto indietro nel tempo. Una nazione presente storicamente nell’area come l’Italia non può sponsorizzare, sulla base delle indicazioni dell’Onu e dell’Unione Europea, una delle parti in causa, cioè il presidente Al-Serraj solo con le buone parole e magari qualche conferenza a Palermo: come minimo la diplomazia va combinata con finanziamenti e con forniture in armamenti. Ciò a maggior ragione se rifornisci di navi militari tecnologicamente assai significative quell’Egitto di Al-Sisi con il quale hai il contenzioso che tutti sanno, in primis l’assassinio di Giulio Regeni“.
Ma è nelle battute finali del suo commento che Cicchitto sgancia una bomba su Conte, premettendo come Matteo Renzi ha “diecimila ragioni nel sostenere che il premier deve mollare il diretto controllo sui servizi, rispetto ai quali non ha né la professionalità né il tempo. A Conte sono concesse cose finora mai permesse a nessuno. Pensiamo cosa sarebbe accaduto se Berlusconi avesse voluto per sé il diretto controllo sui servizi”. E perché mai, Conte, è così ostinato nel tenersi il controllo dei servizi? Per Cicchitto ci sono tre possibili ragioni. La prima delle quali viene definita “difensiva”. Ed è inquietante: “Quella difensiva è che evidentemente vuole avere la certezza che siano coperti e protetti aspetti che non vuol far conoscere della sua vita privata“, picchia durissimo Cicchitto.
FONTE: https://www.liberoquotidiano.it/news/politica/25681818/giuseppe-conte-fabrizio-cicchitto-non-molla-delega-servizi-segreti-vuole-nascondere-aspetti-vita-privata.html
Chi distrugge il Libano e perché
Se negli ultimi due decenni la distruzione di cinque Stati del Medio Oriente Allargato ha richiesto guerre sanguinose, in Libano la guerra i libanesi se la sono fatta da soli, pur senza rendersene conto. La Resistenza ha assistito impotente al crollo del Paese. È la dimostrazione che si può vincere una guerra senza doverla necessariamente fare.
- Oltre la metà dei libanesi non si nutre a sufficienza.
Il Libano, spesso presentato a torto come «il solo Stato democratico arabo», persino come «la Svizzera del Medio Oriente», in pochi mesi è crollato. Eventi in successione – le manifestazioni popolari contro la classe politica (2019), la crisi bancaria (2019), la crisi sanitaria (luglio 2020) e l’esplosione al porto di Beirut (agosto 2020) – hanno provocato la brusca scomparsa delle classi medie e un abbassamento generale del tenore di vita dell’ordine del 200%.
Secondo i libanesi, la causa di quest’orrore sarebbe la gestione catastrofica del Paese da parte d’una classe politica i cui dirigenti sono tutti corrotti, salvo quelli della comunità confessionale cui immancabilmente dichiara di appartenere la persona con cui si sta parlando. Questo pregiudizio assurdo rivela una popolazione intollerante e maschera la realtà.
Dopo l’occupazione ottomana [1], dopo l’indipendenza del 1942 e ancor più dopo la guerra civile (1975-1990), curiosamente il popolo libanese non si è costituito in nazione [2], ma si è configurato in un aggregato di comunità confessionali. La Costituzione e gli Accordi di Taif prevedono la distribuzione di tutti gli incarichi politici, e ora anche degli impieghi nella pubblica amministrazione, non secondo capacità, bensì secondo quote comunitarie. Ogni gruppo confessionale ha scelto i propri capi – generalmente ex signori della guerra civile – che la comunità internazionale ha riconosciuto. I vertici hanno gestito nel proprio interesse le sovvenzioni elargite dalle ex potenze coloniali. Hanno assegnato a loro stessi mirabolanti prebende, da tempo trasferite all’estero, nonché distribuito ingenti somme di denaro per coltivare la “clientela”, a immagine dei senatori della Roma antica. È quindi assolutamente stupido accusarli oggi di corruzione, dal momento che per decenni sono stati celebrati proprio per questo.
Un sistema alimentato da Stati Uniti ed Unione Europa. Infatti il presidente della Banca del Libano, Riad Salamé, prima di essere accusato di aver nascosto un centinaio di milioni di dollari su conti personali nel Regno Unito, era decantato come migliore tesoriere del mondo occidentale. E l’Alto rappresentante dell’Unione Europea, Federica Mogherini, attraverso la concessione di un aiuto al Libano per la gestione della crisi dei rifiuti ha agevolato lo storno di un centinaio di milioni di dollari da parte di due ex primi ministri, Saad Hariri e Najib Mikati [3].
Ma i libanesi, che per ottant’anni sono stati mantenuti in uno stato d’inconsapevolezza politica e ancora oggi non hanno capito cosa abbia significato la guerra civile, non se ne rendono conto.
Come non accorgersi che il crollo del Libano segue il crollo dello Yemen, della Siria, della Libia, dell’Iraq e dell’Afghanistan? Come non collegarli al fatto che nel 2001 il segretario alla Difesa Usa, Donald Rumsfeld, e il suo consigliere Arthur Cebrowki, esortavano ad adattare la missione delle forze armate al nascente capitalismo finanziario? Conveniva distruggere tutte le strutture statali dell’intero Medio Oriente Allargato affinché nessuno – non importa se nemico o amico ¬– potesse ostacolare lo sfruttamento della regione da parte delle multinazionali statunitensi.
Se riconosciamo che la «guerra senza fine» (sic) proclamata dal presidente George W. Bush effettivamente continua, dobbiamo prendere atto che la distruzione delle strutture statali del Libano è stata ottenuta al minor costo possibile.
In considerazione dell’efficacia della Resistenza libanese, conveniva infatti raggiungere l’obiettivo attraverso mezzi non militari che sfuggissero alla vigilanza dello Hezbollah. Tutto era già stato deciso ad aprile 2019, come dimostra la risposta statunitense alla delegazione libanese ricevuta al dipartimento di Stato USA [4].
Quattro potenze coalizzate, Stati Uniti, Regno Unito, Israele e Francia, hanno svolto un ruolo determinante nel piano.
Il Pentagono ha fissato l’obiettivo: distruggere il Libano e sfruttare i giacimenti di gas e di petrolio (piano dell’ambasciatore Frederic C. Hof).
Whitehall ha deciso il metodo [5]: manipolare la generazione post-guerra civile per sbloccare il sistema senza però cambiarlo. Gli specialisti britannici della propaganda hanno perciò organizzato la cosiddetta rivoluzione d’ottobre che, diversamente da quanto si è talvolta ritenuto, non aveva assolutamente nulla di spontaneo [6].
Israele ha distrutto l’economia del Paese grazie al controllo di tutte le comunicazioni telefoniche (salvo la rete privata dello Hezbollah) e del suo inserimento nel sistema bancario mondiale. Ne ha provocato la bancarotta bancaria, convincendo i cartelli della droga sudamericani a ritirare di punto in bianco le ricchezze che avevano depositato in Libano. Ha privato il Paese del polmone economico bombardando il porto con una nuova arma [7].
Quanto alla Francia, ha proposto di privatizzare tutto quel che può esserlo e per realizzare il piano ha riportato sul proscenio Saad Hariri. Si è impegnata in discorsi altisonanti, marginalizzando al tempo stesso lo Hezbollah [8].
I prossimi vent’anni dovrebbero essere impiegati a saccheggiare il Paese, soprattutto i suoi idrocarburi; nel frattempo i libanesi continueranno a prendersela con capri espiatori e a ignorare i veri nemici. Già ora il porto israeliano di Haifa ha in parte sostituito quello di Beirut. Alla fine, il Paese dovrebbe esser diviso e la parte a sud del fiume Leonte essere annessa a Israele [9].
È opportuno tener sempre presente che la coalizione USA-UK-Israele-Francia non è formata da Stati di eguale peso: al comando vi sono soltanto gli Stati Uniti. Che hanno intascato in esclusiva il malloppo petrolifero libico. Nonostante le promesse, gli alleati non hanno avuto che briciole. In Libano potrebbe riproporsi lo stesso scenario. Nessuno degli alleati degli Stati Uniti potrebbe trarre profitto dal crimine commesso in comune.
[1] I libanesi non riconoscevano nell’Impero Ottomano la potenza coloniale che tuttavia era. NdA.
[2] Non essendo una nazione, il Libano non può per definizione essere né una democrazia né una repubblica. NdA.
[3] «Fondi europei sottratti da Mogherini, Hariri e Mikati», Rete Voltaire, 25 gennaio 2015.
[4] «L’amministrazione Trump contro il Libano», Rete Voltaire, 3 maggio 2019.
[5] Una fuga di documenti ufficiali britannici dimostra il ruolo del Regno Unito. Si legga Complete infiltrating Lebanon (65,11 Mo). I risultati prefissati sono stati evidentemente raggiunti: i libanesi soffrono talmente che non sono più in grado di vedere l’origine dei loro problemi, né le possibili soluzioni, cfr. Taking Lebanon’s Pulse after the Beirut Explosion”, Michael Robbins, Arab barometer, December 15, 2020.
[6] «I libanesi prigionieri della loro Costituzione», di Thierry Meyssan, traduzione di Rachele Marmetti, Rete Voltaire 23 ottobre 2019.
[7] «Israele si diverte con i nervi dei libanesi», Rete Voltaire, 2 ottobre 2020.
[8] “Il brutto spettacolo del presidente Macron in Libano”, di Thierry Meyssan, Traduzione Rachele Marmetti, Rete Voltaire, 2 ottobre 2020.
[9] «Verso una divisione del Libano? », Rete Voltaire, 8 ottobre 2020.
FONTE: https://www.voltairenet.org/article211871.html
DIRITTI UMANI
40 000 enfants travaillent toujours dans les mines pour les batteries des véhicules électriques.
L’ONU a récemment publié un rapport concernant la production des batteries pour véhicules électriques. Un chapitre sur les challenges relevant de l’exploitation du cobalt, ses enjeux sociaux et environnementaux, interpelle à plus d’un titre.
Classé « rouge vif » par le World Materials Forum en raison d’un risque de rupture d’approvisionnement et de son importance pour l’industrie – notamment automobile -, le cobalt est devenu un enjeu stratégique majeur.
Mais cette production est aussi critique en ce qui concerne les conditions sociales et environnementales dans lesquelles elle se déroule.
Le rapport indique par exemple, que la majeure partie du cobalt fourni sur les marchés mondiaux provient de la République démocratique du Congo, dont 20% proviennent de mines artisanales où le travail des enfants et le non respect des droits de l’homme sont nombreux.
On estime que jusqu’à 40 000 enfants travaillent dans des conditions extrêmement dangereuses, avec un équipement de sécurité inadéquat, pour très peu d’argent dans les mines du sud du Katanga.
Les chiffres sont désespérément stables.
On peut lire que les enfants sont exposés à de multiples risques physiques et à des violations et abus psychologiques, uniquement pour gagner un maigre revenu. nécessaire à la subsistance de leur famille. L’utilisation généralisée du travail des enfants dans l’extraction du cobalt peut avoir des implications sur l’approvisionnement mondial, car l’approvisionnement en minéraux extraits par le travail des enfants devient de plus en plus inacceptable pour les fabricants de produits dérivés de matières premières.
Le gouvernement de la République démocratique du Congo reconnaît le problème du travail des enfants dans les mines et a adopté des politiques qui encouragent la gratuité de l’enseignement primaire et interdit l’utilisation d’enfants pour des travaux dangereux. Il est prévu que d’ici 2025, le travail des enfants sera éliminé des mines.
Enfin, le rapport sensibilise également à la pollution liée à ces extractions minières. Le drainage d’acides miniers contamine notamment les rivières, et parfois même l’eau normalement propre à la consommation.
SOURCE : https://blogs.mediapart.fr/jean-marc-b/blog/100820/40-000-enfants-dans-les-mines-pour-les-batteries-des-vehicules-electriques
L’intégralité de ce rapport (en anglais) est disponible ici.
Pechino, giugno 1989: coprifuoco, divieto di riunione e assembramenti
Federica Francesconi – 22 12 2020
FONTE: https://www.facebook.com/federica.francesconi.3/posts/10221020620002931
ECONOMIA
Dal primo gennaio rischiate di pagare i prelievi al Bancomat.
Il Governo vuole meno trasparenza per punirvi se usate il contante
Dal primo dell’anno rischierete di pagare una commissione per i prelievi al Bancomat, il tutto secondo una politica di scarsa trasparenza che, se non sarà bocciata dall’Antitrust, rischia di togliere dei soldi dalle tasche degli italiani ad ogni prelievo.
Cosa succederà. Come spiega questo articolo finora le commissioni applicate ai prelievi da Bancomat SpA, la società che gestisce il sistemi di sportelli interbancari per i prelievi di contanti, variavano sull base del contratto che si aveva con la propri banca, ma erano quindi applicati a tutte le banche: se il ostro contratto prevedeva zero commissioni per i prelievi, queste valevano ovunque nel sistema Bancomat.
Ora invece si vuole cambiare questa regola e quindi dare la possibilità ai singoli istituti di applicare delle commissioni NONOSTANTE il contratto originario di apertura del Conto Corrente. Quindi anche se il vostro contratto con la banca X può prevedere costo zero a prelievo, la banca Y può applicare una commissione e voi lo saprete solo dopo.
I motivi per le banche sono quelle d’incassare di più in un momento in cui la loro redditività si assottiglia con i tassi zero. Al Governo questo va benissimo, perché, nelle teste governative, si viene contenere la tendenza a prelevare e pagare in contante.
In realtà cosa accadrò: le banche con reti di bancomat più diffuse saranno avvantaggiate perché sarà più conveniente avere un conto presso di loro con maggiore facilità di prelievo. I clienti di una banca locale con venti sportelli si troveranno a pagare cara la fedeltà al proprio istituto, mentre i clienti di altre aziende con catene molto diffuse potranno recarsi alla propria banca e continuare a prelevare gratis senza problemi. Ovviamente una modifica del genere deve passare all’antitrust e porrà dei problemi agli istituti bancari dell’Unione che offrono conti senza costi di prelievi in tutta l’unione e che ora dovranno o cambiare le proprie condizioni o chiedere, appunto , l’intervento di una autorità europea.
FONTE: https://scenarieconomici.it/dal-primo-gennaio-rischiate-di-pagare-i-prelievi-al-bancomat-il-governo-vuole-meno-trasparenza-per-punirvi-se-usate-il-contante/
«IL DEBITO, DISPOSITIVO DI POTERE».
DAL DIARIO DI PHILIP WADE
24 11 2020
Il diritto al fallimento non esiste più, perché l’indebitamento è l’architrave di questo sistema. E la finanza “del Covid” va nella stessa direzione: erogare sussidi per tenere in vita il ciclo del debito. Nel frattempo l’equity è detenuta dall’1% della popolazione mentre ciò che c’è da saldare è ben spalmato sul restante 99%.
A David Graeber
Per il professor Philip Wade, personaggio de I diavoli (di nuovo in libreria nella nuova edizione Rizzoli in occasione dell’uscita dell’omonima serie tv) e malinconico protagonista de La fine del tempo (La Nave di Teseo) di Guido Maria Brera, il debito è e rimarrà un dispositivo di potere e controllo. Almeno fin quando un granello non sarà gettato nell’ingranaggio, per incepparlo.
Non riesco a smettere di pensare a David Graeber, anche se intorno succede di tutto. La guerra delle monete ha avuto inizio. Le banche centrali si giocano la carta della svalutazione, per stimolare la propria economia di riferimento.
L’inflazione è ormai un ricordo: la Fed dichiara di non tenerne più conto nella politica monetaria. È una mossa che in buona sostanza lascia mano libera alla Banca Centrale sulla politica monetaria e al tempo stesso rassicura i mercati. L’Europa ha approntato uno stimolo fiscale senza precedenti tramite il recovery fund sulla cui scia i singoli membri hanno approntato politiche fiscali espansive, supportati dalla Bce.
Ovunque nel mondo, politica fiscale e politica monetaria stringono un’alleanza, si uniscono per scopi elettorali. La curva di Phillips è passato remoto, proprio come me. La nuova teoria macroeconomica prevede solo una risposta veloce alla massa di dati in possesso: l’economia real time è questo, ormai. Mi pare fosse Chris Anderson a dirlo, diversi anni fa: la teoria è inutile, bisogna reagire ai dati e niente più, senza preclusioni ideologiche.
Non riesco a smettere di pensare a David Graeber. Ho letto tante cose in ricordo della sua recente scomparsa, e tutte mi sono sembrate troppo sintetiche. Antropologo, autore di Debito. I primi 5000 anni, promotore di Occupy Wall Street. Eppure non basta, forse niente basta per spiegare quanto ci mancherà la sua intelligenza. Le sue intuizioni.
Ad esempio: che il debito dev’essere cancellato quando non può essere pagato e diventa endemico. Il debito nella governance neoliberista è un dispositivo di potere: un modo di manovrare le masse, costrette a sacrifici più o meno intensi – a seconda della contingenza politica – per ripagarlo. È una specie di guinzaglio che si allunga e si accorcia in base alle esigenze, e quindi non viene cancellato mai. Piuttosto vengono erogati sussidi per ripagarlo in condizioni estreme. Il tutto mentre i debiti pubblici statali sono ormai carta straccia e vengono comprati dalle banche centrali stesse.
Il convitato di ferro al banchetto è il lavoro, e il suo rapporto col capitale. Il costo deve restare basso, per consentire la monetizzazione del debito ed evitare di ritrovarsi di colpo a Weimar. L’inflazione ambita dalle banche centrali è da domanda, legata a una ripresa dei consumi globali e non di certo un meccanismo inflattivo da offerta, ossia indotto da un aumento del costo del lavoro.
“Niente tappi a siringhe” Un nuovo flop di Arcuri?
Il commissario straordinario per l’emergenza coronavirus torna al centro delle polemiche dopo lo scandalo mascherine e quello legato agli oramai celebri banchi monoposto con rotelle
Fanno già discutere le siringhe scelte per l’inoculazione del vaccino anti-Covid dal commissario straordinario per l’emergenza Domenico Arcuri, pressoché introvabili sul mercato e decisamente costose.
Il sistema scelto, quello del “luer lock”, riduce in modo impercettibile il rischio di perdere anche una minima parte del farmaco contenuto al loro interno, ed al contempo non garantisce il medesimo standard di sicurezza per gli operatori sanitari che fornirebbero invece le tradizionali e più economiche siringhe dotate di cappuccio.
Ad avanzare delle perplessità a riguardo è stato in primis il viceministro della Salute Pierpaolo Sileri, che ha parlato della precisione delle luer lock, puntualizzando che questa non differisce comunque in modo rilevante da quella assicurata da siringhe tradizionali e meno costose. “Si equivalgono”, ha spiegato Sileri a Quarta Repubblica, come riferisce “La Verità”. “Sarei molto più attento invece alla copertura dell’ago. Un conto è vaccinare qualche decina di persone, un altro qualche milione di italiani. E io devo tutelare i miei colleghi, che non raramente si pungono mentre si rincappuccia la siringa. Avere l’ago che si può coprire, per poi gettare tutto, è l’aspetto più importante. Questo protegge l’operatore”. Un aspetto la cui importanza è evidentemente stata sottovalutata dallo stesso Arcuri, che avrebbe puntato tutto sulla necessità di evitare sprechi. Anche questa tesi, tuttavia, è stata smontata da Sileri. “Le luer, che si avvitano, permettono di evitare qualche spreco, come avviene quando magari la siringa si apre. Ma, francamente, è molto improbabile che accada. Quasi impossibile, a dire il vero”. Parole non equivocabili, quelle pronunciate dal viceministro della Salute, il quale ha poi anche aggiunto che sarebbe stato meglio pensare alla sicurezza di medici ed infermieri. “Diventa una probabilità da non sottovalutare. Quindi raccomanderei fortemente di usare le siringhe che si incappucciano, mentre sono assolutamente inutili la tenuta e la performance”.
Altrettanto esplicita, sempre a Quarta Repubblica e sempre per quanto riguarda la salute degli operatori, anche la microbiologa Maria Rita Gismondo. “Da virologa, la problematica mi sta molto a cuore. Oltre che a norma, le siringhe devono essere incappucciate. Quando si vaccinano molte persone il rischio di pungersi può essere elevato”.
FONTE: https://www.ilgiornale.it/news/cronache/siringhe-arcuri-molto-costose-e-poco-sicure-1910084.html
FINANZA BANCHE ASSICURAZIONI
Quando il Financial Times si scaglia contro la plutocrazia
…è un evento clamoroso, da segnalare. Tanto più se a usare l’espressione – come composto di uno inaudito pluto-populismo – è Martin Wolf, cioè il supremo sacerdote dell’ortodossia finanziaria globale, “austriaco” d’origine, membro del World Economic Forum da oltre 20 anni, il sorvegliante ideologico riconosciuto le liberismo capitalista citato ogni volta da Radio Radicale, prostrata, come l’Infallibile e il Venerabile Maestro.
L’ultimo pezzo di Martin Wolf
The fading light of liberal democracy
la luce della democrazia liberale si affievolisce
è degno di essere adottato dagli studenti dei media come esempio di giornalismo britannico. Precisamente per mostrare come il tono compassato, misurato e magisteriale che tale giornalismo pratica, specialmente quando si eleva far la morale al mondo come sempre Martin W., sa diventare ruggito e voglia di uccidere quando riconosce davanti se un nemico da eliminare. In poche righe, il Martin tutto-sobrietà “ dà a Trump dell’ “autocrate”, delgangster, del “Nerone”, che si è voluto “ al di sopra della legge e democraticamente irresponsabile”, per il quale “ le elezioni sono una farsa” essendo il suo “il potere personale, non istituzionalizzato”, il metodo “dei gangster corrotti. Questo è il sistema politico che Trump voleva installare negli Stati Uniti”.
Questa la prima lezione di giornalismo britannico da parte di uno dei suoi maestri Venerabili.
L’altra, ancora più importante, è si sa questa, che civiene raccomandata da quei pulpiti: “i fatti separati dalle opinioni”.
Wolf porta alla perfezione questo dettame: dà alla sua opinione ostile il potere di rovesciare i”fatti”, attribuendo al nemico tutto ciò che è contrario alla realtà di fatto.
Si assapori il seguente passo, dove appunto accusa Trump di essere stato creato dai “plutocrati”.
Il trumpismo, corruzione della democrazia, è (dice) “ il logico risultato della strategia politica ed economica del ” pluto-populista “. Trump è la creatura che nasce dell’obiettivo strategico dei suoi donatori come classe: tagli fiscali e deregolamentazione. Per raggiungere questo scopo, devono convincere un’ampia percentuale della popolazione a votare contro i propri interessi economici concentrandosi invece su cultura e identità. Questa strategia ha funzionato e continuerà a funzionare: Trump potrebbe essere andato; Il Trumpismo no”.
Ora, lo ha scritto perfino il New York Times che nella campagna presidenziale i donatori miliardari, capintesta delle multinazionali, hanno donato in massa a Biden il democrat; che i 36 miliardari che hanno fatto donazioni per Trump nel 2016, si sono ridotti a 6;
che Trump ha raccolto fondi da miriadi di piccole donazioni dello “small business” e del popolino, di quelli che Killary ha bollato di “deplorevoli”.
Si apprezzi dunque come il maestro del giornalismo britannico separi i “fatti” dalle “opinioni” al punto da rovesciarli e far diventare fatti le sue opinioni. Al punto da attribuire a Trump gli alleati miliardari che invece hanno scelto Biden e lo foraggiano.
Ma veramente impagabile è la motivazione per cui i plutocrati avrebbero riempito d’oro il gangster Donald secondo Wolf: vogliono da lui “tagli fiscali e deregulation”: ossia i due dogmi del capitalismo terminale che di cui proprio il Financial Times predica la necessità fra fumo di incenso e impone come la pietra di paragone della “democrazia” da mezzo secolo, che Martin Wolf ha esaltato quando li hanno imposti al mondo “libero” prima la Thatcher e poi Ronald Reagan, propugnandone l’esportazione anche armata (“democrazia liberale” come libero mercato armato). Tagli fiscali e deregulation spinti fino all’estremo delirio hanno reso possessori di centinaia di miliardi ciascuno dei quattro padroni dei GAFA, i quali tutti sono contro Trump egli hanno scatenato contro i loro mezzi mediatici e finanziari onnipotenti; sono la causa delle delocalizzazioni che hanno desertificato il tessuto industriale americano (ed europeo) perché i plutocrati, per avidità corta, hanno trasferito le innovazioni in Cina onde lucrare sempre più sui bassa salari là vigenti, sicché ora la Cina, con il know how, è la prima potenza e cresce, mentre gli Usa arretrano e decadono al rango di esportatori di materia prime, granaglie, gas liquido, carni.
Infine, Wolf non sa esimersi dall’alzare il ditino e porsi ad un livello morale più alto (è un vizio tra Economiste e Financial Times, BBC e Washington Post: hanno occupato anche la moralità) : insegna agli elettori di Trump, i deplorevoli,che sono i plutocrati in veste di populisti ad averli ingannati inducendoli a “concentrarsi sui problemi di identità e cultura” e così a “votare contro i propri interessi economici”: interessi economici che il Financial Times e Martin Wolf conosce meglio dei disoccupati, working poors, precari piccoli artigiani ed altri deplorables depauperati dal globalismo de-industrializzatore e dai mega-monopoli privati che non pagano le tasse in nessuna nazione. Ma che naturalmente si guarda berne dallo specificare. Sarebbe infatti interessante se fosse il Financial Times a insegnare agli elettori di Trump: cosa sono i vistri reali interessi? Esigere una tassazione espropriatrice sui superprofitti che i miliardari hanno accumulato ancor più durante i lockdown, mentre loro, gli elettori, perdevano il lavoro? Dovrebbero capire che l’efficienza del capitalismo ultimo si riduce a sottrarre salari da parte del capitale? Sarebbe veramente una rivoluzione sul Financial Times. Accontentiamoci del fatto che ha usato il termine “pluto”crazia: termine censurato e vietato nelle auguste pagine rosa.
Attenzione: quest’abbandono della (finta) oggettività e ipocrita pretesa di moralità nel principale organo del liberismo globale e del suo gran sacerdote, prelude a un indurimento terribile del regime (che loro chiamano “democrazia” o “mercato”) . Quali che siano le insufficienze di Trump, l’elezione di novembre ha mostrato agli americani che la democrazia è un’illusione e il potere reale è esercitato da una ristretta cricca di miliardari, come scrive Alistair Crooke; buttata la maschera,e abbandonati i guanti di velluto il globalismo diventa potere puro, anti-umano, per perpetuare se stesso. Come stiamo vedendo con il Grand Reset.
Ma in Europa è peggio, perché, dice Alistair Crooke citando le memorie di un europeista vero-credente, Luuk van Midddelaar, che fu braccio destro di Van Rompuy (il primo presidente della Kommmissione), vige il colpo di Stato permanente: ormai le decisioni non vengono nemmeno prese dalla Commissione, ma dal Consiglio europeo, “dove 28 capi di governo che si chiamano per nome di battesimo e si danno del tu si riuniscono a porte chiuse, per poi emergere insieme per una raggiante “ foto di famiglia ” davanti alle telecamere di i mille giornalisti riuniti per ascoltare il Verbo.
Da lì sono uscite “ le severissime misure finanziarie e politiche adottate da Berlino, Francoforte e Bruxelles per estromettere i governi deboli dell’Europa del Sud , reprimere Varoufakis e […] l’ascesa al potere della Germania nell’Unione. Le misure adottate rispettarono il Trattato di Maastricht? No, e tanto meglio”, si rallegra Van Middelaar: ““L ‘” Europa “ha avuto la meglio su Maastrich. Perché continui l’ esistenza dell’Unione in quanto tale, in situazioni di emergenza , infrangere le regole può effettivamente significare essere fedeli al contratto”. Dunque la UE è governata da una cosca illegittima? Risponde questo primo intellettuale organico della UE, Gramsci dei burocrati : a che serve decorare il Consiglio a porte chiuse del “nastrino accademico della mera legittimità. Quello che ora indossa è qualcosa di più vecchio, più solido e più capiente –l’uniforme dell’autorità ”. A fronte della necessità di “salvare l’euro” perché, come disse la Merkel, “se salta l’euro salta l’Europa”, la condizione preliminare del gioco, cioè una società libera, è scomparsa dalla vista”. E lo dice un europeista olandese, senza il minimo rincrescimento. Sotto il loro tallone stiamo, sempre più pesante.
FONTE: https://www.maurizioblondet.it/quando-il-financial-times-si-scaglia-contro-la-plutocrazia/
GIUSTIZIA E NORME
VI VERRANNO A CERCARE A CASA IN “FLAGRANZA”DI REATO.
Conte il nemico della libertà
La domanda di Jana Gagliardi, giornalista di Sky, mette in difficoltà Conte. Dopo aver giustamente ripreso il PdC per il ritardo irrispettoso con cui ha fatto attendere gli italiani per i soi annunci, gli chiede se non sia INCOSTITUZIONALE, andare a casa dei cittadini a controllare quanti sono in casa. In domicilio dovrebbe essere inviolabile, almeno per quanto riguarda la costituzione.
Ora Conte, rispondendo, parla di “FRAGRANZA” di reato, e già questo basterebbe per togliergli la cattedra di diritto, quindi devia sul fatto che i controlli sono NON nell’alloggio, ma nello spostamento. Il Coprifuoco di Conte è la CANCELLAZIONE della libertà di movimento, non a LIMITAZIONE, come direbbe la Costituzione, ma questa ormai sembra essere diventata solo carta straccia. Nonostante neanche il fascismo abbia mai avuto il coraggio d’imporre un coprifuoco in Italia (il primo fu opera, curiosamente, di Badoglio, poi ripreso dagli occupanti tedeschi) nè il Presidente della Repubblica nè gli organi costituzionali hanno avuto il coraggio di dire nè fare nulla. C’è una bramosia per la sottomissione nella Pubblica Amministrazione e nella Giustizia italiana che hanno permesso la creazione di un governo dittatoriale senza colpo ferire. Per non parlare della stampa…
VIDEO QUI: https://youtu.be/gv9dpWUHdU4
FONTE: https://scenarieconomici.it/138862-2/
IMMIGRAZIONI
Perché le 3 flotte nel Mediterraneo non sono utili a bloccare gli arrivi?
di Mario Arpino
Con il Covid-19, abbiamo chiuso gli aeroporti ed i voli, ma anche riaperto i porti permettendo gli approdi. Eppure le Ong protestano contro l’Italia. Surreale. Il commento del generale Mario Arpino, ex Capo di Stato Maggiore della Difesa
Dopo una tregua che si vuol far dimenticare e alcuni provvedimenti restrittivi che le forze politiche cercano affannosamente di depotenziare, l’ingresso dei clandestini in Italia è ricominciato con vigore, a pieno ritmo. Ormai, arrivano da tutte le parti e con tutti i mezzi. Un avviso: vietato scandalizzarsi, “clandestini” è buon italiano, controllato sulla Treccani.
Lampedusa è ormai satura e lancia appelli per voce del sindaco.
In Friuli-Venezia Giulia, attraverso la rotta balcanica, di notte gli arrivi riprendono ogni qualvolta la Turchia, a titolo di monito (o minaccia?) decide di aprire per un solo giorno il rubinetto.
Nel frattempo sulla costa nordafricana, nelle località ad Ovest di Tripoli dove con l’aiuto dei turchi al-Sarraj ha ripreso il controllo, sono tornati in auge due personaggi noti proprio per essere i gestori della rete via mare.
La rinnovata Guardia Costiera libica fa quello che può per assolvere il compito, nella disapprovazione di parte di quel governo italiano che la supporta.
Compito di gestire il problema è del Ministero degli Interni, che cerca di fare del suo meglio, ma non ci riesce.
Il Mediterraneo è pattugliato da ben tre flotte: l’operazione “Sea Guardian” della Nato, la “Mare Sicuro” della nostra Marina e l’europea “Irini”.
L’Italia partecipa a tutte e tre con 1.600 militari autorizzati e svariati mezzi aeronavali, per un onere di 115 milioni nel 2020.
Ma nulla di tutto ciò, pensato per scopi diversi, è davvero utile a bloccare le partenze o evitare gli arrivi.
Con il Covid-19, abbiamo chiuso gli aeroporti ed i voli, ma anche riaperto i porti, permettendo gli approdi. Ciononostante, le Ong protestano contro l’Italia. Surreale. Verrebbe davvero da chiedersi se, per caso, stiamo scherzando o facendo sul serio.
FONTE: https://www.startmag.it/mondo/perche-le-3-flotte-nel-mediterraneo-non-sono-utili-a-bloccare-gli-arrivi/
LA LINGUA SALVATA
Illécito
illécito (ant. illìcito) agg. e s. m. [dal lat. illicĭtus, comp. di in–2 e licĭtus «lecito»]. – Non lecito; non consentito dalla norma morale o da leggi civili o religiose: acquisti, affari, guadagni i., commercio i.; atti i.; una relazione i.; ottenere per vie illecite. Nel linguaggio giur., di ogni atto contrario alle norme del diritto; anche come s. m.: commettere un i.; un i. civile, penale, amministrativo, a seconda della natura della norma violata; versare in illecito, essere in condizioni di illiceità. In partic., negozio giuridico i., quello che ha una causa illecita, cioè contraria a una norma imperativa di legge, al buon costume o all’ordine pubblico, o quello che le parti si sono determinate a concludere esclusivamente per un motivo illecito comune a entrambe. ◆ Avv. illecitaménte, in modo illecito: agire illecitamente; ricchezze illecitamente accumulate.
FONTE: https://www.treccani.it/vocabolario/illecito/
Guiglia: “Vaccine-day? Siamo alla comicità. Troppi anglismi, iniziamo eliminando question time”
VIDEO QUI: https://youtu.be/tFmos0ISNtA
21 dicembre 2020 – “Vaccine-day? Siamo ormai alla comicità, il completamento del ridicolo”, commenta così Federico Guiglia, giornalista e scrittore, a proprosito dell’uso di una espressione inglese per annunciare il giorno di inizio delle vaccinazioni contro il COVID-19. “Andate sul traduttore di Google e inserite la parola ‘cashback’: in tutte le lingue neolatine la parola viene tradotta nella propria lingua, solo da noi all’inglese cashback corrisponde anche in italiano cashback”. Un eccesso di anglicismi dovuto a cosa? “Ci sono una insieme di ragioni: moda, complesso di inferiorità, sudditanza culturale, provincialismo. Il fatto è che l’inglese non viene usato da poliglotti ma da chi neppure conosce l’inglese e con il ricorso all’anglicismo si pavoneggia invece di saperlo usare. Sbagliando spesso anche la sua pronuncia”. In un articolo uscito sul Messaggero lo scorso 8 dicembre, Federico Guiglia esorta le istituzioni ad alzare la voce. “Facciamo un esempio: nel Parlamento italiano non si dovrebbe più dire ‘question time’ ma l’ora delle domande, il tempo delle domande. E’ sufficiente che un capogruppo di una qualsiasi forza politica ponga la questione alla conferenza dei capigruppo e da domani questa oscenità comica del ‘question time’, unico parlamento del mondo che usa questa espressione, diventi l’ora delle domande o una analoga espressione italiana. Ognuno del proprio ambito dovrebbe mobilitarsi dal punto di vista culturale e intellettuale per riscoprire la bellezza della meravigliosa lingua italiana”.
FONTE: https://www.youtube.com/watch?app=desktop&v=tFmos0ISNtA&feature=youtu.be
PANORAMA INTERNAZIONALE
La foto del giorno
Da DWF: … ci sarà ovviamente un crollo economico prima che la ricostruzione possa aver luogo in conformità con il “Great Reset” programmato dal World Economic Forum (WEF) e dal FMI.
Lo annuncia il WEF: “L’annuncio del ‘Great Reset’ è stato fatto da Sua Altezza Reale il Principe di Galles e dal professor Schwab durante un incontro virtuale, seguito dalle dichiarazioni del Segretario generale delle Nazioni Unite António Guterres e dell’esecutivo Direttore della FISM Kristalina Georgieva. Le sue dichiarazioni sono state supportate dalle voci di tutti i gruppi di stakeholder della società globale, tra cui Victoria Alonsoperez, fondatrice e CEO di Chipsafer, Uruguay, e Young Global Leader; Caroline Anstey, Presidente e CEO di Pact, USA; Ajay S. Banga, amministratore delegato, Mastercard, USA; Sharan Burrow, Segretario generale, Confederazione sindacale internazionale (ITUC), Bruxelles; Ma Jun, presidente, comitato per le finanze verdi, China Society for Finance and Banking, e membro del Comitato di politica monetaria della Banca popolare cinese; Bernard Looney, amministratore delegato, bp, Regno Unito; Juliana Rotich, Venture Partner, Atlantica Ventures, Kenya; Bradford L. Smith, Presidente, Microsoft, USA; e Nick Stern, Presidente, Grantham Research Institute on Climate Change and the Environment, UK. ”
La nuova economia mondiale include reddito di base universale e requisiti di vaccinazione
La nuova economia mondiale include l’introduzione di una valuta digitale, un reddito di base universale, requisiti di vaccini per i viaggi e “The World Debt Reset Program”.
Nella Tabella di Marcia filtrata, l’instaurazione del reddito universale di base è previsto per l’aprile 2021…
Ma lo credereste? è la “società civile” che già lo chiede, il reddito incondizionato. Raccoglie le firme. Spontaneamente, come nascono (a cura di ONU e UE) le “società civili” le cui istanze quelli di sopra sono prontissimi ad accogliere. La società civile si porta avanti:
Mancano 920.000 firme per avere il reddito incondizionato. Europei, datevi da fare e firmate per raggiungere il quorum: https://eci-ubi.eu/
Entusiasmo!
https://www.bin-italia.org/
Già in USA daranno 2 mila dollari al mese. Ovviamente moneta digitale, e solo a chi avrà il certificato di vaccinazione digitale tatuato.
Riguardiamo oggi lo spettacolo inscenato dalla “Europa” all’inaugurazione del tunnel del Gottardo nel 2016.
VIDEO QUI: https://youtu.be/UlbOeGyaG2g
O le Olimpiadi di Londra 2012:
FONTE: https://www.maurizioblondet.it/la-foto-del-giorno/
NIENTE CANCELLAZIONE DEL DEBITO STUDENTESCO: BIDEN INIZIA A RIMANGIARSI LE PROMESSE
Durante l campagna elettorale l’ala sinistra del Partito Democratico, quello di Biden, si era fortemente sbilanciata a favore del debito studentesco. Autentico flagello dagli anni 90 per i giovani statunitensi, sono prestiti a lungo termine apparentemente conveniente, ma solo per chi li ha aperti negli ultimi anni di tassi molto bassi. Chi li h aperti negli anni novanta si porta aventi dei debiti enormi, con dei tassi non tollerabili.
La sinistra del Partito Democratico, i vari AOC e Sanders, aveva condotto una campagna elettorale piena di promesse sulla cancellazione del debito studentesco sino a 50 mila dollari pro capite. Se la cifra sembra elevata ricordiamo che ci sono molti casi di debiti oltre i 200 mila dollari , soprattutto per gli interessi elevati delle posizioni ante 2000. Peccato che , appena eletto, Biden abbia scaricato la sinistra e ne stia contestando le promesse. Vediamo le sue parole:
“Mi metterò nei guai per aver detto queste parole … è dubbio che il presidente abbia il potere esecutivo per cancellare fino a $ 50.000 di debiti studenteschi … Beh, penso che sia abbastanza discutibile. Non ne sono sicuro. . È improbabile che lo faccia. “
Biden si è detto disposto a cancellare fino 10 mila dollari di debito, una cifra veramente piccola, che vale poco più del cinque per cento, come si vede nel grafico sottostante (controllate la colonna a dx, la parte in grigio).
I democratici proveranno a portare avanti una mozione che spingerà Biden a perdonare i famosi 50 mila dollari, anche se secondo molti democratici questo potrebbe avvenire fin subito. La mossa, costosa è però scarsamente efficace dal punto di vista della crescita e questo spiega perchè una parte dei Dem, oltre ai Repubblicani, sia piuttosto restia a compiere la mossa.
Comunque alla fine , da entrambe le sponde dell’oceano, vale sempre il detto: “Passata la festa, gabbato lo santo“
FONTE: https://scenarieconomici.it/niente-cancellazione-del-debito-studentesco-biden-inizia-a-rimangiarsi-le-promesse/
PANDEMIE – Oms, Cartello Farmaceutico e componenti dei vaccini
Con cadenza ormai annuale, scoppiano allarmi mediatici su presunte epidemie o pandemie che arriveranno a flagellare l’umanità e per ogni nuovo virus c’è un miracoloso vaccino già pronto.
Forse, le multinazionali farmaceutiche han casualmente scoperto che il vero affare non è curare i malati, pochi milioni, ma vaccinare i sani, molti miliardi?
Dichiarare ufficialmente una “pandemia” significa per chi vende un farmaco: meno studi a dimostrazione dell’efficacia dello stesso, minori garanzie sugli effetti avversi e sui componenti chimici del prodotto, una garanzia per la casa farmaceutica contro cause per danni causati dal farmaco.
di Paolo Nazzaro – Giornalista medico scientifico, laureato in biologia con approfondimenti in farmacologia
Possiamo affermare che se l’AIDS si fosse diffuso nel mondo secondo le allarmistiche campagne dei mass media e le statistiche iniziate all’epoca, oggi la specie umana sarebbe quasi decimata.
Chi è stato a pagare, fare pressione ad altissimi livelli, per enfatizzare alcuni aspetti della possibile infezione e metterne a tacere altri? Chi aveva ed ha questo potere economico e politico?
Poco dopo la scoperta del “retrovirus” alcune multinazionali farmaceutiche americane brevettarono i farmaci “retrovirali”, gli unici in grado di rallentare ed addirittura fermare l’evoluzione dell’ infezione dell’HIV in AIDS negli individui che, avendo un sistema immunitario compromesso venivano contagiati.
C’era solo un problema: i costi insostenibili delle terapie ed il brevetto ventennale che le metteva in condizione di monopolio.
I prezzi autorizzati dai Governi per questi farmaci non erano affatto da “salvavita”, ma abnormi, un vero e proprio ricatto!
Quanto erano potenti queste lobbies farmaceutiche per far accettare questi prezzi ad un Governo che temeva per la salute dei suoi cittadini?
Così dove c’erano le assicurazioni o un sistema sanitario nazionale, come in Italia, dove il debito del SSN è abissale, l’infezione si fermò, ma, negli altri paesi, Africa, India, etc. il numero dei casi di infezione aumentò a dismisura anche perchè là erano concentrati gli individui con un sistema immunitario potenzialmente più debole o più facile da attaccare per vari fattori.
Dopo le prime migliaia di morti, sotto la spinta di alcune organizzazioni umanitarie, il Sudafrica decretò con il “Medicine Act” nel 1996 che i farmaci retrovirali potevano essere prodotti localmente, abbassando cosi’ drasticamente il loro prezzo.
Dopo una causa legale che le multinazionali farmaceutiche intentarono e persero contro il Governo Sudafricano, sostenuto anche dall’OMS, finalmente nel 2001 fu sancita “la dichiarazione sull’accordo TRIPS e la salute pubblica”, che riconosceva la priorità della salute pubblica sugli interessi commerciali della case Farmaceutiche.
Da quel giorno la terapia per un sieropositivo o malato di AIDS non costa più 10.000 $ annui ma solo 209 $.
Questo risponde alla domanda: “chi è stato?”
Ma ha smesso? I più imponenti colossi capitalistici del mondo, le case farmaceutiche (il cui fatturato supera di gran lunga quello dell’industria bellica) hanno cambiato strada e lo scopo della loro esistenza è produrre benefici alla salute del paziente?
Con cadenza ormai annuale, scoppiano allarmi mediatici su presunte epidemie o pandemie che arriveranno a flagellare l’umanità e per ogni nuovo virus c’è un miracoloso vaccino già pronto.
Forse, le multinazionali farmaceutiche han casualmente scoperto che il vero affare non è curare i malati, pochi milioni, ma vaccinare i sani, molti miliardi?
E così ecco l’influenza suina, la temibile H1N1, il virus che ha annientato economicamente il Messico, vicino di casa degli Stati Uniti.
Dopo i primi casi di morte per questa normalissima influenza (quelli dimostrati sono sempre su persone il cui apparato immunitario era già compromesso per altre gravi patologie), grazie al clamore mediatico sostenuto dal solito Cartello Farmaceutico, l’OMS decreta che la pandemia sarà di livello 6, il più elevato nella scala delle malattie infettive.
Dichiarare ufficialmente una “pandemia” significa per chi vende un farmaco: meno studi a dimostrazione dell’efficacia dello stesso, minori garanzie sugli effetti avversi e sui componenti chimici del prodotto, una garanzia per la casa farmaceutica contro cause per danni causati dal farmaco.
In particolare in Italia il Ministero della Salute, il 21 agosto 2009, stipula con azienda fornitrice del vaccino per l’influenza A un contratto che esonera l’azienda da ogni responsabilità per eventuali danni da vaccino, anche imprevedibili e inattesi.
Il documento afferma che “Il Ministero è tenuto a indennizzare, manlevare e tenere indenne l’azienda da qualsiasi perdita”. Il contratto italiano vale 184,8 mln di euro, Iva compresa, per 24 milioni di dosi.
La strategia di attacco delle lobbies del farmaco alla nostra sicurezza psicologica non cambia negli anni, perchè mette in discussione la salute, da chiunque riconosciuta come bene primario: il Cartello sceglie opportunamente un caso di morte, singola o plurima, per cause ignote al momento in qualsiasi parte del mondo, meglio se industrializzato tra quelli pubblicizzati casualmente dai media, lo ingigantisce, ne costruisce la causa medica e la rende plausibile, produce il panico tra le popolazioni e lo sfrutta per contrattare prezzi più elevati, diminuendo la sicurezza del prodotto e non dando garanzie sui tempi di consegna grazie alla dichiarata emergenza.
A differenza quindi, dei “testati” vaccini per l’influenza di stagione, in questo per la “Suina”, dati gli scarsi controlli il Cartello farmaceutico, costituito per lo più da società americane, si sbizzarrisce nell’inserire adiuvanti e veicolanti (sostanze che facilitano la penetrazione e l’assorbimento dell’immunizzante vero e proprio) addirittura alcuni già testati nel vaccino contro l’Antrace, durante la Guerra del Golfo e che con 99 probabilità su 100 han causato nei soldati americani la ufficialmente riconosciuta “Sindrome della Guerra del Golfo”, cioè: disordini del sistema immunitario, sindrome da fatica cronica, problemi di memoria, eczemi, perdita di controllo muscolare, malformazioni dei feti, etc.
Non è una novità che le case farmaceutiche sfruttano la spinta bellica per testare sui militari nuovi farmaci, saltando tutti i controlli ufficiali.
Per esempio: i piloti della Luftwaffe tedesca e i kamikaze giapponesi, durante la Seconda guerra mondiale, facevano uso di un prodotto, derivante dagli estratti delle ghiandole surrenali di origine bovina che arrivava periodicamente dall’Argentina in Germania e in Giappone.
Successivamente da questi estratti nacque il cortisone. I test furono interrotti per l’elevato numero di morti che il “cortisone” causava alle dosi di studio.
L’ MDMA, l’extasy, sintetizzata per la prima volta in Germania nel 1912 dall’azienda farmaceutica Merk, dimenticata per un po’, venne nuovamente testata sulle truppe impegnate in Corea e in Vietnam (i soldati le ingerivano per combattere il sonno e aumentare l’aggressività).
L’eroina, sintetizzata dalla casa farmaceutica Bayer nel 1898 per combattere gli effetti della cocaina (a sua volta commercializzata per debellare gli effetti devastanti dovuti all’ oppio), credendola in grado di combattere alcune patologie dell’apparato respiratorio, invece si diffonde, grazie al forte apporto ideologico di William Burroughs, poeta della Beat Generation, in Vietanam dove ne fanno un uso smodato le centinaia di soldati che cercano in essa un sollievo dai dolori del fronte.
Pochi esempi che ben dimostrano come le Case Farmaceutiche non si siano mai curate di quali potenziali veleni mettevano in circolazione, totalmente disinteressate degli effetti sulla salute di chi assumerà i loro prodotti, disposte a sfruttare anche le guerre usando gli ignari militari per i loro test.
Così incuranti della salute del paziente che nel vaccino per l’H1N1 hanno inserito senza alcuna remora:
- squalene: se iniettato può scatenare l’artrite reumatoide
- formaldeide, nota sostanza cancerogena e tossica per l’apparato riproduttivo.
- in particolare nel vaccino per l’H1 N1 sono state introdotte nanoparticelle in grado di penetrare nei linfonodi in pochi minuti, aumentando l’efficacia del veicolato ma che può dare reazioni avverse come: embolia polmonare, irritazione vascolare, flebiti e nella peggiore delle ipotesi scatenare una risposta immunitaria così violenta nell’ospite tale da ucciderlo, e le nanoparticelle una volta interagito con la struttura cellulare non possono più essere rimosse; la medicina moderna chiama eufemisticamente tale fenomeno una “reazione infettiva continua”.
Tutto questo ha suscitato nella mente delle persone sempre più confuse un’ipotesi fantasiosa ma credibile: “che si diffonda questa medicina per sani come veicolo di ‘qualcosa’, allo scopo di fermare la natalità, aumentare i malati, diminuire le pretese di trasparenza e di decisione partecipata, etc.”.
POLITICA
Rischio Troika ed elezioni anticipate, Mattarella sa ma tentenna
Caro direttore, dubito ergo sum. Sergio Mattarella, il Presidente Tentenna, è assalito da dubbi che gli hanno rovinato il Natale: uno di carattere costituzionale, l’altro economico, visto che per Bruxelles le risorse del Recovery Fund realmente utilizzabili sono circa 110 miliardi di euro e non 209. Gli interrogativi che vagano nei corridoi della Manica Lunga del Quirinale sono fondamentalmente due: fino a quando può continuare questa assurda accozzaglia di governo senza andare alle elezioni? E poi, dal momento che i numeri messi sul tavolo dal Mef non sono veri, l’Ue boccerà clamorosamente la manovra italiana e ci manderà la Troika?
Il Capo dello Stato sa che non può più tergiversare. Finché c’era un’alleanza che reggeva e un Premier in qualche modo sopportato, se non supportato, poteva anche far finta di nulla, ma ora che la maggioranza si va via via sgretolando, dalla Tav alla delicatissima questione dei Servizi di sicurezza, è ora di agire. Ma c’è un altro tema delicatissimo che viene sottoposto all’attenzione del Capo dello Stato in vista del nuovo settennato: può questo Parlamento eleggere il Presidente della Repubblica con una rappresentanza che non rispecchia più gli equilibri del Paese? Basti pensare al crollo del Movimento 5 Stelle dal 32,7 al 14 percento e all’esplosione di Fratelli d’Italia dal 4,3 al 16 percento. Mattarella rischia di esser ricordato, nelle cronache costituzionali, come il Presidente che – incurante dell’esito del referendum sulla riduzione del numero dei parlamentari – ha voluto ad ogni costo forzare le Camere, ormai delegittimate, a trascinare la Legislatura fino al «semestre bianco», in spregio a dinamiche non più conformi alla Costituzione, pur di assicurare, sempre e comunque, la fiducia ad un Governo, a sua volta privo di ogni investitura e quindi non più espressione della sovranità popolare. La scusa della pandemia non regge più visto che si vota dagli Stati Uniti a Israele.
Inoltre, una nota riservata giunta da Bruxelles mette sotto accusa i conti della coppia Conte-Gualtieri. Ipotizzando anche i 209 miliardi totali, il Governo ne ha già utilizzati oltre 75 per i suoi bonus pot-pourri e i suoi «ristori». Il Governo pare intenzionato a fare con l’Europa il giochino di sostituire, per tale importo, i titoli di debito pubblico nazionale già emessi con equivalenti titoli «europei». Ma la Commissione non ama trucchi e inganni e non consentirà partite di giro. Lo spazio in bilancio disponibile sui saldi programmati, poi, consente all’Italia di spendere al massimo 110 miliardi aggiuntivi, metà dei quali sempre e comunque a debito. In ogni caso, molti meno dei 209 miliardi sbandierati dall’Esecutivo di Conte che dovrà quindi rifare i conti. I controlli di Bruxelles sui progetti italiani sono diventati stringenti e il rischio di doverli riprogrammare più volte in corsa è più che attuale. Ma al secondo tentativo andato a vuoto, l’Europa prenderà carta e penna e scriverà per noi e allora davvero il rischio della Troika sarà sempre più concreto, anche perché il duo Conte-Gualtieri viene considerato ormai inadeguato oltre che da Zingaretti, di Maio e Renzi anche dalle cancellerie europee, Merkel in testa. Le linee dell’Ue, come è noto, sono più vicine al centrodestra, da sempre a favore dello sviluppo, delle grandi opere e delle infrastrutture, meno al Partito Democratico e tantomeno ai grillini, allergici agli investimenti, o a Conte stesso, avvezzo ai sussidi demagogici. In questo scenario, Mattarella, con la sua esperienza e la sua saggezza, sa che non può più continuare a fare il Ponzio Pilato della situazione. L’omissione può diventare più colpevole dell’azione.
FONTE: https://www.iltempo.it/politica/2020/12/27/news/governo-sergio-mattarella-indeciso-rischio-troika-unione-europea-elezioni-anticipate-bisignani-25677898/
SCIENZE TECNOLOGIE
Obsolescenza programmata, vale anche per l’uomo?
Puntualmente sono agli onori della cronaca le notizie sui modelli di telefoni cellulari che, a breve, non supporteranno più alcune funzioni tra cui quella che sembra essere diventata per moltissimi quella fondamentale: WhatsApp. Niente di strano dobbiamo precisare, sotto il titolo volutamente allarmistico con cui si mettono nell’angoscia gli utilizzatori dell’app più usata al mondo per inviarsi messaggi scritti o vocali, foto e video, creare gruppi, lavorare e molto altro ancora, il giornalista precisa che si tratta semplicemente di obsolescenza programmata, vale a dire la strategia alla base di normali sistemi economici e produttivi per la durata di un prodotto. Può essere oggi considerato un effetto fisiologico dovuto allo sviluppo tecnologico che si muove a velocità talvolta insostenibili per il consumatore al punto di far venire alla mente le parole usate in “Morte di un commesso viaggiatore” di Arthur Miller, quando il protagonista si lamenta perché non riesce a diventare proprietario di beni acquistati a rate che termina di pagare quando sono già sfasciati o troppo vecchi.
Il termine e l’idea sono nati all’epoca della grande depressione, quando il broker immobiliare americano Bernard London propose come soluzione della crisi la “planned obsolescence”. In parole povere l’idea di creare nuovi prodotti, rendere inutilizzabili o più difficili da usare quelli esistenti, creare bisogni nei consumatori. Una tecnica che crea un aumento delle vendite riducendo i tempi tra gli acquisti di beni. E se negli anni trenta e quaranta poteva essere una strategia anche a lungo termine, il progresso che stiamo vivendo in quest’epoca di rivoluzione digitale lo rende efficace anche nel brevissimo. Basti solo pensare che un cellulare di sei mesi è già quantomeno superato.
Già nel 1924 quando il mercato dell’auto era saturo, venne proposta l’idea di un salone dell’auto ogni anno con nuovi modelli che facessero percepire agli automobilisti come la loro auto fosse superata. Certo, l’obsolescenza programmata può avere anche utilizzi non etici: chissà se è sono storie vere o leggende metropolitane quelle che narrano di cartelli di produttori di lampadine che avevano stabilito la loro durata oppure il racconto secondo cui i produttori di calze da donna abbiano chiesto di rendere meno resistente il nylon perché altrimenti il prodotto sarebbe durato quasi in eterno. Tuttavia è logico pensare che un abito o un altro prodotto che durasse in eterno avrebbe pesantissime ricadute sull’economia, a parte il fatto di venire a noia.
Sembra, ma non possiamo esserne sicuri che almeno ad alcuni prodotti non possa trovare applicazione questa tecnica, tipo i carrelli dei supermercati, in ogni caso è difficile immaginare oggi che un prodotto possa avere un ciclo di vita come quello della macchina da scrivere che è rimasta la stessa, con poche variazioni, in tutto il suo secolo di operatività. Non dobbiamo quindi più pensare, come molte volte abbiamo fatto, che quel modello di scarpa o cellulare sia il top irraggiungibile adesso sappiamo che non è così.
E l’uomo come si colloca in tutto ciò? Anche lui può diventare obsoleto? Decisamente sì, ne prendiamo atto ogni giorni che chi non si aggiorna è destinato ad estinguersi. Non parliamo solo a livello tecnologico; basta pensare che il barbiere e il meccanico, oggi, fanno un lavoro che venti anni fa era veramente un’altra cosa, ma possiamo anche vedere e non solo immaginare scenari catastrofici.
E’ del 1976 il film La fuga di Logan la scena si svolge in un immaginifico 2274 quando gli abitanti della terra, reduce da una guerra nucleare, hanno una durata di vita prestabilita in trenta anni e sono gestiti da un computer che pianifica la loro esistenza, peraltro molto agiata. Gli uomini non nascono naturalmente, ma vengono clonati dal sistema sulla base di variabili genetiche che garantiscono diversità e continuità allo stesso tempo. Allo scadere del loro tempo, che si manifesta con il cambio di colore di una pietra che ognuno ha incastonato nella mano, volontariamente tutti partecipano ad una cerimonia che vede il dissolvimento dei loro corpi che si rinnoveranno in altri esseri umani. Ma è davvero così? La trama del film continua fino alla vittoria del protagonista che riesce ad andare oltre il sistema, ma rivedere quelle scene avendo negli occhi il mondo di oggi, pone inquietanti interrogativi sul futuro. Anche l’uomo potrà essere oggetto di una obsolescenza pianificata? La corsa del progresso può indurci a ritenerlo possibile.
©Futuro Europa® Le immagini utilizzate sono tratte da Internet e valutate di pubblico dominio: per segnalarne l’eventuale uso improprio scrivere alla Redazione
FONTE: https://www.futuro-europa.it/35385/corner/obsolescenza-programmata-vale-anche-per-luomo.html
Tutte le menzogne sulla variante inglese
24 12 2020
VIDEO QUI: https://adv08.msa.cdn.mediaset.net/farmunica/2020/12/818820_17648194710708/17648194710708-38_0.mp4
00:00 Oggi ti verrebbe solo di augurare più libertà a tutti. Ma poi leggi il giornale unico del virus, che ci ha accompagnato per un anno intero, che ti sconforta. Italia Oggi l’unico giornale che riprende la notizia per cui i dpcm sarebbero incostituzionali.
04:00 La retorica dell’infermiera che si vaccina per prima come atto di amore. Non esageriamo: conosco centinaia di persone che lo farebbero non per amore, ma per stare al sicuro. Il Fatto si supera e becca il pm Guariniello che dice che chi non si vaccina può essere licenziato: manco a Cuba.
07:45 A proposito di vaccini, l’assessore alla sanità laziale dice che le dosi arriveranno in ritardo.
08:40 Un Feltri non in forma (almeno per me) esalta la cassandra Galli.
09:05 Il Mattino vi racconta come la variante non sia per niente inglese, ma è da tempo che in Italia. E poi Repubblica con un titolo incredibile: Covid, dalla variante inglese un pericolo per i bambini. Due bugie in un titolo.
11:45 La retorica anti Brexit. Toc toc, ma non ci avevate detto che per gli Uk sarebbe stato un disastro. Non mi sembra…
13:00 Legge finanziaria: ci vuole Ducci sul Corsera per spiegare tutto in tre righe: cento misure sotto i cinque milioni. In altre parole, m-a-r-c-h-e-t-t-e.
13:55 La follia del blocco degli sfratti.
14:55 Ancora auguri ai tanti commensali che, fottendosene del virus e dei dpcm, si sono “assembrati” in questo tavolo per la Zuppa.
FONTE: https://www.nicolaporro.it/zuppa-di-porro/tutte-le-menzogne-sulla-variante-inglese/
Ragione Critica – 26 12 2020
Quando qualcuno della minoranza etnica uigura fa una diretta su una piattaforma cinese, può essere identificato e il suo video sarà segnalato. Questo grazie a una tecnica della piattaforma online cinese Alibaba.L’Organizzazione Mondiale della Sanità si recherà a Wuhan per indagare sulle origini del virus del PCC. Avranno successo?Gli Stati Uniti hanno accusato un dirigente cinese di Zoom, per aver interrotto e censurato un incontro sui diritti umani in Cina.L’Unione Europea e la Cina mirano a raggiungere un accordo. Il Partito comunista cinese sta facendo alcune promesse sul commercio e sugli investimenti.
VIDEO DA CHINA FOX
FONTE: https://www.facebook.com/watch/?v=3488108237973711
Frutta fresca positiva al tampone anti-covid
Francesca Onorato – 27 12 2020
STORIA
Storia dell’Armenia
La storia dell’Armenia è un tesoro mondiale unico, pieno di cronache di grandi civiltà, biografie di personaggi leggendari, momenti drammatici associati alla formazione del Cristianesimo.
Molte volte l’Armenia ha subito invasioni da parte di conquistatori stranieri, più di una volta sembrava che il nome stesso dell’Armenia fosse stato cancellato dalla mappa. Ma il popolo armeno è sopravvissuto, difendendo la propria esistenza nella lotta più dura.
Trentamila chilometri quadrati, che oggi occupa la Repubblica d’Armenia, costituiscono solo una piccola parte, meno di un decimo, di quell’enorme Armenia storica, le cui cronache sono diventate un capitolo a parte nella storia e nella cultura del mondo.
Le più importanti rotte commerciali e militari del mondo antico, che collegavano est e ovest, passavano attraverso gli altopiani armeni. Una posizione così favorevole dell’Armenia attirò numerosi conquistatori. Pertanto, i confini dell’antica Armenia furono soggetti a frequenti cambiamenti e gli armeni dovettero sviluppare nuove terre. Ecco perché la storia dell’Armenia è ricca e infinita.
Il nome originario armeno per questa regione era Hajq, divenuto più tardi Hajastan, denominazione attuale del Paese, traducibile come “la terra di Hajk” (termine composto dal nome “Hajk” e dal suffisso sanscrito ‘stan‘ (terra), che è tipico anche in persiano per indicare un territorio).
Secondo la leggenda e la tradizione armena, Hajk, progenitore di tutti gli Armeni, era un discendente di Noè (essendo figlio di Togarmah, che era nato da Gomer, a sua volta nato dal figlio di Noè, Yafet) e, in base alla tradizione cristiana, antenato di tutti gli armeni. Hajk si stabilì ai piedi del monte Ararat, cima centrale e più alta dell’altopiano armeno, sacra per gli armeni in quanto considerata il luogo dove si posò l’arca di Noè dopo il diluvio universale. Successivamente Hajk partì per assistere alla costruzione della Torre di Babele e, ritornato dalla Mesopotamia, sconfisse il re assiro Nimrod presso il Lago di Van, nell’Armenia occidentale, l’attuale Turchia.
Il diffuso termine Armenia fu dato alla regione dai popoli confinanti per indicare la tribù più potente presente nel territorio (gli Armeni, appunto) e che dimorava in quelle terre. Il nome Armenia si dice derivi da Armenak o Aram (un discendente di Hajk e, secondo la tradizione armena, un altro grande “padre della patria“, un grande condottiero del popolo armeno). Fonti precristiane riportano invece la derivazione dal termine Nairi (cioè “terra dei fiumi“) che è l’antico nome della regione montuosa del paese e che è usato sia da alcuni storici greci sia dall’Iscrizione di Bisotun, ritrovata in Iran e risalente al 521 a.C.
A parte il fatto che gli antichi apparvero sul territorio dell’Armenia all’inizio del Paleolitico, le prime tribù pre-armene che abitavano gli altopiani armeni sono menzionate già a cavallo tra il IV e il III millennio a.C.
All’inizio del I millennio a.C. emerse una società di classe. Le tribù degli altopiani armeni si unirono tra loro e decretarono come capitale la città di Tushpa. Si formò così l’antico stato schiavista di Urartu. Durante questo periodo si verificò un’intensa unità etnica delle tribù degli altopiani armeni e si formò la nazionalità armena.
Il Regno di Urartu, situato tra l’Asia Minore, la Mesopotamia e il Caucaso, area poi conosciuta come Armenia, era incentrato attorno al Lago di Van (oggi nella Turchia orientale). Il Regno durò dall’860 al 585 a.C. Il nome corrisponde al biblico Ararat. La civiltà di Urartu, fiorita quindi nel Caucaso e nell’Asia Minore orientale tra l’800 a.C. e il 600 a.C., fu il primo Impero Armeno.
Esso fu unificata sotto il regno del re Aramu che unificò tutti gli stati confederati. Si estendeva dal Mar Nero fino al Mar Caspio, compresa gran parte del territorio dell’attuale Turchia orientale. Visse il periodo di massimo splendore sotto il regno di Sarduri II, durante il quale Urartu controllava la Cilicia e la Siria settentrionale.
Il nome Urartu fu dato al regno dai suoi più acerrimi nemici stanziati a sud, gli Assiri; proviene dalla fonti assire (dialetto dell’accadico), e sta per “paese di montagna“.
Alcuni studiosi ritengono che l’Ararat dell’Antico Testamento sia una variante dell’accadico “Urartu”: infatti il monte Ararat era ubicato proprio nel territorio urarteo, circa 120 km a nord della sua antica capitale. Va anche ricordato che nell’Antico Testamento “Ararat” era utilizzato anche per indicare un antico regno che si trovava a nord della Mesopotamia. Allo stesso modo le prime cronache armene (V-VII secolo) affermano che il nome originario dell’Armenia era “paese dell’Ararat”. Le variazioni forse vengono dall’armeno “Ajrarat“, che significa “terra del coraggioso” e “terra degli Armeni”.
Urartu è spesso chiamato “Regno di Ararat” in molti antichi manoscritti e testi sacri di diverse nazioni. La ragione per l’incertezza nei nomi (ad esempio Urartu e Ararat) dipende dalle variazioni presenti nelle fonti.
A volte le fonti antiche utilizzano in maniera intercambiabile “Armenia” e “Urartu” per riferirsi allo stesso paese. Per esempio, nell’Iscrizione di Bisotun in tre lingue, scolpita nel 520 a.C. per ordine di Dario il Grande di Persia, il paese è definito Arminia in antico persiano, Harminuia in elamita e Urartu in babilonese.
Inoltre, il Regno fu conosciuto come Armenia presso i Greci (e poi i Romani) che vivevano nell’Anatolia occidentale, forse perché i contatti che loro ebbero con Urartu, furono attraverso il popolo della tribù di Armen.
Tra il tardo VII e gli inizi del VI secolo a.C., il Regno Urarteo fu sostituito dal Regno di Armenia, a cui fu a capo la dinastia armena degli Orontidi.
Esempi di questa straordinaria civiltà sono rappresentate non solo dall’esistenza della scrittura, dallo sviluppo dell’agricoltura, dell’allevamento del bestiame e della metallurgia, ma anche dall’alta tecnologia di costruzione di città-fortezze.
Tuttavia, contraddizioni interne, mancanza di unità, l’invasione degli Assiri avvenuta all’inizio del VI secolo a.C., causarono la caduta di Urartu.
Dopo la caduta della civiltà di Urartu intorno al 600 a.C., il Regno di Armenia fu governato dalla dinastia degli Orontidi, che regnò dal 600 a.C. al 200 a.C.. Sotto gli Orontidi, l’Armenia vacillò tra l’indipendenza e la sottomissione all’Impero Persiano sotto forma di satrapia.
La dinastia degli Orontidi fu la prima dinastia nella storia dell’Armenia. Gli Orontidi stabilirono la loro supremazia sull’Armenia al tempo delle invasioni di Sciti e di Medi intorno al VI secolo a.C., periodo nel quale gli Armeni assunsero nomi e costumi iranici. I loro discendenti continuarono a regnare nel regno di Sofene per breve tempo, e di Commagene fino al 72.
Gli Orontidi, essendo legati alla corte persiana se non per lo stesso sangue sicuramente per legami matrimoniali, agirono come satrapi o governatori provinciali. Senofonte nella sua Ciropedia fa cenno al re Armeno Tigrane come alleato di Ciro il Grande. Tigrane pagava tributi ad Astiage. Suo figlio assunse anch’egli il nome di Tigrane che allo scoppiare del conflitto tra Medi e Babilonesi si rifiutò di rispettare i suoi obblighi con i Medi. In quanto erede di Astiage, Ciro richiese quei tributi. Il fatto è comprovato dalla citazione di Strabone nella sua Geografia (XI, 13.5).
Nel 521 a seguito della confusione creata dalla morte di Cambise e la proclamazione di Smerdi come re, gli Armeni si rivoltarono. Dario I di Persia inviò un generale armeno di nome Dâdarši a soffocare la rivolta, che venne poi sostituito dal persiano Vaumisa che sconfisse i ribelli armeni il 20 maggio 521. Intorno allo stesso periodo, un altro armeno di nome Arakha, figlio di Haldita, reclamò di essere figlio dell’ultimo re di Babilonia, Nabonide, e salì sul trono con il nome di Nabuccodonosor IV. Questi eventi sono registrati nelle iscrizioni Behistun secondo le quali la ribellione di Nabuccodonosor IV ebbe vita breve e fu sedata dal luogotenente di Dario, Intafrene.
Dopo la riorganizzazione dell’Impero Persiano, l’Armenia fu divisa in diverse satrapie. I satrapi d’Armenia inviarono contingenti di truppe nell’invasione di Serse contro la Grecia del 480 a.C. Nel 401 a.C. Senofonte attraversò l’Armenia con un contingente di mercenari greci, e lasciò la testimonianza della presenza di due appartenenti alla dinastia degli Orontidi, entrambi di origine persiana. Uno di essi, nobile e ufficiale di alto rango, era comandante della cittadella di Sardi e si sollevò contro Ciro il Giovane a favore di Artaserse II Memnone poco prima della battaglia di Cunassa, ma fu arrestato e giustiziato da una corte marziale. Senofonte nel suo Anabasi ci lascia una dettagliata descrizione dell’Armenia, ed afferma che la regione nei pressi del fiume Centrite, c’era un Oronte figlio di Artasyra che aveva contingenti armeni e alarodiani.
Prima della dissoluzione del dominio seleucide, uno Stato ellenistico frutto della divisione dell’impero di Alessandro Magno, di cui faceva parte il Regno Armeno, l’Armenia si divise in due, per volere del sovrano seleucide Antioco III nel 215 a.C.:
la parte occidentale del Regno, che diventò l’Armenia Minore, fu affidata al principe Zariadris.
La parte orientale fu affidata al principe Artaxias con il nome di Armenia Maggiore (di cui faceva parte anche il Gordiene), Artaxias sarà il fondatore della dinastia degli Artassidi (190 a.C. – 1 d.C.).
La dinastia degli Artassidi governò l’Armenia dal 189 a.C. fino al loro rovesciamento da parte dell’Impero Romano nel 16 d.C. Il loro regno comprese l’Armenia Maggiore, Sofene e in maniera irregolare l’Armenia Minore e parti della Mesopotamia.
Nel 201 a.C. il sovrano seleucide Antioco III il Grande conquistò l’Armenia maggiore e Sofene sconfiggendo la dinastia orontide a cui rimase al controllo di Commagene, sebbene fosse ridotta a stato vassallo. Antioco elesse Artaxias satrapo dell’Armenia Maggiore e Zariadres satrapo di Sofene. A seguito della sconfitta di Antioco da parte dei Romani nella battaglia di Magnesia nel 190 a.C., Artaxias e Zariadres si rivoltarono e, con il consenso di Roma, fondarono due regni autonomi; Artaxias sull’Armenia Maggiore e Zariadres sulla Sofene. Anche l’Armenia Minore e Commagene riguadagnarono la loro indipendenza.
Artaxias I d’Armenia è considerato uno dei sovrani più importanti nella storia armena. Egli si presentò come un discendente legittimo della dinastia degli Orontidi, sebbene non ci siano prove della sua connessione con questa famiglia. Al principio del suo regno, parti dell’altopiano armeno abitate da popolazioni di lingua armena erano ancora sotto il dominio di nazioni straniere. Artaxias I pose l’unificazione di tutte le popolazioni di lingua armena come l’obiettivo primario del suo regno. Lo storico e geografo greco Strabone ci ha lasciato il racconto delle conquiste di Artaxias I: “Dicono che l’Armenia, un tempo piccola, venne estesa grazie ad Artaxias e Zariadris, che prima erano generali di Antioco il Grande, e, dopo la disfatta di quest’ultimo, divennero re; l’uno in Sofene, Amfissene, Odomantis e in qualche altro distretto, l’altro nella regione di Artaxata. Accrebbero insieme i loro domini, sottraendo territori ai popoli limitrofi: ai Medi presero la Kaspiane, la Faunitis e la Basoropeda; agli Iberi il pedemonte del Paryadres, la Chorzene e la Gogarene, che si trova al di là del Kyros; ai Chalybes e agli Abitatori dei mosynes, la Karenitis e la Derxene, che confinano con la Piccola Armenia o ne fanno parte; ai Cataoni l’Akilisene e la zona dell’Antitauro, ai Siri la Tamonitis: per questa ragione, tutti costoro parlano la stessa lingua.” (Strabone, Geografia, XI, 14.)
Artaxias fu anche il fondatore della capitale armena Artaxata grazie all’aiuto del generale cartaginese Annibale che ottenne rifugio nel suo esilio dai Romani nella corte di Artaxias. La popolazione della precedente capitale Orontide di Ervandashat fu interamente trasferita ad Artaxata. Sono state trovate oltre una dozzina di pietre miliari sul territorio della moderna Armenia risalenti al periodo di Artaxias contenenti iscrizioni in aramaico, prima della loro scoperta l’esistenza di queste pietre era già attestata dallo storico armeno Mosè di Corene. In queste iscrizioni Artaxia si proclama discendente della dinastia degli Orontidi: Re Artaxias, figlio dell’Orontide Zariadres.
Durante il Regno di Tigrane il Grande (95 a.C. – 55 a.C.) l’Armenia raggiunse l’apice del suo potere e divenne rapidamente lo stato più potente del Vicino Oriente. I suoi confini si estendevano dal Mar Caspio al Mar Mediterraneo. Tigrane fondò una capitale in una posizione più centrale del suo regno con il nome di Tigranocerta. Larghe porzioni della regione furono in seguito conquistate dai Parti, che costrinsero la dinastia a firmare un trattato di amicizia. L’Iberia caucasica, l’Albania, e l’Atropatene furono persi dagli Artassidi ed il resto del regno diventò vassallo. I Greci dell’Impero Seleucida offrirono a Tigrane la corona del Regno Seleucida nell’83 a.C.
All’apice del suo splendore, dal 95 al 66 a.C., l’Armenia maggiore si estendeva dal Caucaso all’attuale Turchia orientale, fino alla Siria e al Libano, dando vita al secondo impero armeno sotto la guida di Tigrane II il Grande, che fondò anche una nuova capitale: Tigranocerta, di cui l’archeologia moderna non è stata ancora in grado di ritrovare la locazione. Nel 66 a.C., le legioni romane di Pompeo invasero l’Armenia maggiore e Tigrane fu costretto ad arrendersi accettando di far diventare il suo regno un protettorato romano.
Nei primi quattro secoli dopo Cristo, l’Armenia perse gradualmente la sua indipendenza. Il dominio nel regno armeno fu conteso da due potenti imperi: l’Impero Romano e lo stato persiano dei Sasanidi. Fino alla metà del I secolo, un certo numero di governanti, graditi a Roma, furono sostituiti sul trono armeno. Nella seconda metà del secolo l’influenza romana in Armenia iniziò a cedere il passo a quella orientale. Trdat, il fondatore della nuova dinastia arsacide, salì al trono armeno.
In risposta, l’imperatore romano Nerone inviò le sue legioni in Oriente sotto il comando del generale Gneo Domizio Corbulone. Diversi anni di guerra contro i Persiani non portarono il successo ai Romani i quali furono costretti ad accettare la pace. I Romani e i Persiani giunsero presto alla decisione di dividere tra loro le terre armene, di cui la maggior parte andò ai Persiani. Così nel 428 il re persiano Varakhran V trasformò l’Armenia in una provincia dello stato sasanide e pose fine alla dinastia arsacide in Armenia.
Ma più di cento anni prima, nel 301 l’Armenia adottò il Cristianesimo come religione di stato. Secondo la tradizione, la Chiesa Apostolica Armena fu istituita da due dei dodici apostoli: San Giuda e San Bartolomeo, i quali predicarono il Cristianesimo in Armenia dal 40 al 60. Tra il I e il IV secolo, la Chiesa armena fu guidata da patriarchi. Il primo cattolico della Chiesa di Armenia fu San Gregorio Illuminatore(circa 257-337). A causa della sua fede, fu perseguitato dal Re pagano d’Armenia, e “punito” con l’essere gettato nella prigione fortezza di Khor Virap. Ottenne il titolo di “Illuminatore”, in quanto illuminò lo spirito degli Armeni introducendoli al Cristianesimo.
Nel 405 fu anche creato l’alfabeto armeno da parte del monaco cristiano Mesrop Mashtots.
Nel 591, il grande guerriero bizantino e imperatore Maurizio sconfisse i Persiani e portò gran parte del territorio armeno all’interno dell’Impero. La conquista fu completata successivamente dall’Imperatore Eraclio nel 629.
Nel 645, gli Arabi musulmani del Califfato dei Rashidun attaccarono la regione conquistandola. Così l’Armenia, che un tempo aveva i suoi regnanti ed era stata sotto Persiani e Bizantini, passò sotto il dominio dei Califfi. Come Emirato di Armenia (Arminiyya), era governata da un principe, riconosciuto anche da Bisanzio, che aveva sede a Dvin, non lontano da Erevan (dinastia Bagratuni o Bagratidi).
Tuttavia, esistevano ancora zone dell’Armenia sotto l’Impero bizantino. La popolazione che abitava quelle regioni mantenne una grande influenza sull’Impero. L’imperatore Eraclio (610-641) era di discendenza armena, così come l’imperatore Filippico (711-713). L’imperatore Basilio I, che salì al trono nell’867, fu il primo di quella che è chiamata la dinastia armena, indicando così la forte presa degli Armeni sull’Impero Romano d’Oriente.
Nell’884 i principi armeni si ripresero la loro indipendenza, che difesero fino al 1045, quando furono nuovamente sottomessi da Bisanzio. In questo periodo l’Armenia visse un rinascimento culturale, politico ed economico. Fu fondata una nuova capitale, Ani ora in Turchia. La cronaca narra che Ani vantava circa 200 mila abitanti e ben 1001 chiese, in un periodo in cui le capitali europee non arrivavano a 20 mila abitanti. Con la costruzione di Ani, l’Armenia divenne una popolosa e prosperosa nazione che ebbe influenza politica sulle nazioni vicine. Tuttavia, il sistema feudale indebolì gradualmente il paese erodendo il sentimento di lealtà nei confronti del governo centrale.
La conquista bizantina fu di brevissima durata: nel 1071, dopo la sconfitta di Bisanzio da parte dei Turchi Selgiuchidi guidati da Alp Arslan nella battaglia di Manzikert, l’Armenia Maggiore fu conquistata dai Musulmani. Per fuggire dalla morte o dalla schiavitù, migliaia di famiglie lasciarono l’Armenia e si insediarono in terre straniere.
La situazione diede ai Curdi l’opportunità di espandersi nel territorio dell’Armenia. Ani, La “Città dalle 1001 Chiese” fu devastata dalle successive invasioni di tribù turche. Ma il cataclisma peggiore per Ani fu un terribile terremoto che nel XIV secolo rese la città il fantasma di sé stessa.
Il conte Baldovino I di Gerusalemme, che con il resto dell’esercito crociato attraversava l’Asia Minore verso Gerusalemme, abbandonò la missione e si rifugiò presso Thoros di Edessa. Essendo ostili ai Selgiuchidi quanto ai Bizantini, gli Armeni presero in simpatia il conte e quando Thoros fu assassinato, Baldovino I divenne capo di un nuovo regno crociato, la Contea di Edessa. Gli Armeni simpatizzavano molto per i Crociati e molti di loro combatterono al loro fianco. Quando Antiochia fu conquistata nel 1097, Costantino, figlio di Rupen, ricevette dai Crociati il titolo di barone. Nell’arco di un secolo gli eredi di Rupen furono compensati con il regno noto come Cilicia o Armenia Minore. La Cilicia fiorì sotto il governo armeno e divenne l’ultimo stato armeno del medioevo. Il regno acquistò un’identità armena ed i suoi governanti venivano chiamati armeni e non re di Cilicia. Poiché le famiglie cattoliche estesero la loro influenza sulla Cilicia, il Papa cercò di promuovere una conversione della regione al Cattolicesimo, fenomeno che divise il regno in due fazioni. La sovranità armena in Cilicia ebbe termine nel 1375 quando i Mamelucchi d’Egitto approfittarono della sua debolezza per invaderla.
Tra il IV ed il XIX secolo l’Armenia fu conquistata e governata da molti popoli, in ultimo gli Ottomani che rimasero padroni della regione per centinaia di anni, fino all’ottenimento dell’indipendenza del 1918. Mehmed II conquistò Costantinopoli nel 1453, e ne fece la capitale dell’Impero Ottomano.
Poi il Sultano invitò l’arcivescovo armeno a stabilire un patriarcato a Costantinopoli. Gli armeni di Costantinopoli crebbero vertiginosamente di numero e divennero una componente rispettabile della società ottomana. L’Impero Ottomano seguiva la legge coranica. Ciò significava che gli infedeli come Cristiani ed Ebrei dovessero pagare dei tributi straordinari.
Mentre gli armeni di Costantinopoli beneficiavano di privilegi, gli altri armeni subivano le angherie dei vari pascià e pagavano esosi tributi imposti dalle tribù curde. L’Impero Ottomano cedette una piccola parte del territorio armeno all’Impero Russo a seguito delle guerre Russo-Turche (1828-1829). Nel 1839 la situazione degli armeni ottomani migliorò grazie alle riforme di Abdul Mejid I, tuttavia gli ultimi sultani, come Abdul Hamid II frenarono le riforme e causarono dei terribili massacri, come i famigerati massacri Hamidiani del 1895-96. Nel 1915, l’Impero Ottomano causò una grande migrazione di massa della popolazione armena durante la quale morirono almeno un milione e mezzo di armeni.
L’Armenia occidentale fu riconosciuta come parte della Repubblica di Armenia nel Trattato di Sèvres del 1920.
L’espressione genocidio armeno, si riferisce a due eventi distinti ma legati fra loro: il primo è relativo alla campagna contro gli armeni condotta dal sultano ottomano Abdul-Hamid II negli anni 1894-1896; il secondo è collegato alla deportazione ed eliminazione di armeni negli anni 1915-1916. Il termine “genocidio” è associato soprattutto al secondo episodio, che è commemorato dagli armeni il giorno 24 aprile.
Sul piano internazionale, ventuno stati tra i quali la Federazione Russa, hanno ufficialmente riconosciuto come genocidio gli eventi descritti.
Con la Prima Guerra Mondiale in corso, l’Impero Ottomano accusò i cristiani armeni di essere alleati della Russia imperiale e usò questo pretesto per procedere al loro sterminio. Gli eventi del 1915-1923 sono considerati dagli Armeni come un genocidio. Le autorità turche invece, affermano ancora oggi che si trattò di una guerra civile aggravata dalla malattia e dalla carestia. Il numero esatto dei morti è ancora da stabilire. Questi massacri sono celebrati tradizionalmente il 24 aprile, nel giorno dei martiri per i Cristiani armeni.
Dopo la Rivoluzione Russa del 1917 e l’ascesa al potere dei Bolscevichi, Stepan Shaumyan fu posto a capo dell’Armenia. In seguito alla Rivoluzione le truppe russe persero rapidamente il territorio armeno ottomano occupato.
La convenzione di Tiflis si ebbe nel settembre 1917 ed in essa si elesse un Consiglio Nazionale Armeno. Nel frattempo sia gli Unionisti turchi dell’Ittihad che i nazionalisti armeni si mossero per ottenere l’alleanza con i bolscevichi. Mustafa Kemal inviò alcune delegazioni a Mosca ma questa alleanza si dimostrò disastrosa per l’Armenia. La firma del patto Russo-Ottomano del 1 gennaio 1918 diede al Pascià Vehib la possibilità di attaccare la nuova Repubblica Federale Democratica Transcaucasica, cui dal 28 maggio succedette la Repubblica Democratica di Armenia.
I nazionalisti turchi combatterono contro gli armeni con la giustificazione che questi ultimi avevano commesso crimini di guerra contro le popolazioni turche delle province ottomane. Ebbe così inizio la Guerra Turco-Armena. Sotto la forte pressione di Ottomani e truppe curde irregolari, la Repubblica di Armenia dovette ritirarsi da Erzincan fino a Erzurum. A sud-est, nel Van, gli armeni resistettero ai turchi fino all’aprile 1918, ma furono costretti ad evacuare e ritirarsi in Persia. Quando i tatari azerbaigiani si affiancarono ai turchi e interruppero le linee di comunicazione, tagliarono fuori il Consiglio Nazionale Armeno di Baku ed Erevan dal Consiglio di Tiflis. Fra i due fronti, i ribelli islamici azeri rovesciarono Shaumyan e dichiararono una Repubblica Transcaucasica indipendente dalla Russia.
Il Trattato di Sèvres (10 agosto 1920) tutelava la Repubblica Democratica e si impegnava ad unirvi i territori dell’Armenia Ottomana. Tuttavia, il Trattato fu respinto dal movimento nazionale turco, guidato dal generale Mustafa Kemal, il quale rovesciò il sultanato ottomano multi-etnico di Istanbul proclamando una repubblica nazionale laica con capitale Ankara. La Guerra Turco-Armena si concluse con il Trattato di Alessandropoli (2 dicembre 1920), l’odierna Gyumri, che sancì la vittoria turca e l’annullamento delle concessioni di Sèvres. Immediatamente dopo, il 29 novembre, l’11° Armata Sovietica entrò in Armenia e il 4 dicembre 2020 prese Erevan, ponendo fine alla Repubblica Democratica.
L’Armenia fu incorporata nell’Unione Sovietica il 4 marzo 1922 come parte della Repubblica Socialista Sovietica Federativa Transcaucasica, che comprendeva anche Georgia e Azerbaijan. Subito dopo, il Trattato di Alessandropoli fu sostituito dal Trattato di Kars (11 settembre 1922), in cui la Turchia cedeva alla Russia l’Agiaria georgiana, con il porto di Batumi, in cambio delle città russo-armene di Kars, Ardahan e Iğdır.
L’Armenia Sovietica partecipò alla Grande Guerra Patriottica (Seconda Guerra Mondiale) inviando centinaia di migliaia di soldati al fronte per difendere la Madrepatria sovietica. L’Armenia beneficiò ampiamente del sistema economico sovietico, così villaggi di provincia divennero gradualmente città.
Alla fine degli anni Ottanta, con il progressivo indebolimento del sistema politico sovietico, si manifestarono tensioni sia all’interno della repubblica che con la vicina Repubblica Socialista Sovietica Azera con la quale era da decenni aperto il contenzioso sulla regione del Nagorno Karabakh. All’epoca vivevano in Armenia circa 80 mila azeri mentre circa 400 mila erano gli armeni nella vicina repubblica. I Pogrom di Sumgait a danno della minoranza armena della città aprirono una stagione di scontri etnici che culminò nel 1992 con la Guerra del Nagorno Karabakh.
Nel frattempo l’Armenia fu colpita il 7 dicembre 1988 da un violentissimo terremoto che provocò decine di migliaia di vittime.
L’Armenia dichiarò la sua indipendenza dall’Unione Sovietica il 21 settembre 1991. In ottobre di quello stesso anno venne eletto presidente della nuova Repubblica Levon A. Ter-Petrosian, che precedentemente era stato a capo dell’ex Soviet supremo dell’Armenia. Nel 1992 l’Armenia entrò a far parte dell’ONU.
Nel 1996 Ter-Petrosian fu rieletto per un secondo mandato ma, dimessosi nel 1998, il potere passò a Ṙobert K’očaryan sotto la cui presidenza le condizioni di vita degli armeni migliorarono gradualmente. I leader del successivo decennio sono stati Serž Azati Sargsyan, Presidente dell’Armenia dall’aprile 2008 all’aprile 2018 e Nikol Pashinyan, Primo Ministro in carica.
L’attuale Armenia confina con la Turchia a ovest, la Georgia a nord, l’Azerbaigian e la repubblica de facto dell’Artsakh (già Nagorno Karabakh) a est, l’Iran e l’exclave azera del Naxçıvan a sud. È quindi uno Stato senza sbocco al mare.
L’Armenia è un territorio prevalentemente montuoso, senza sbocchi sul mare, ricco di vulcani spenti, risultato di un sollevamento della crosta terrestre avvenuto venticinque milioni di anni fa che ha creato l’altopiano armeno e la catena del Caucaso Minore che si estende dal nord dell’Armenia verso sud-est, tra il Lago Sevan e l’Azerbaigian, fino al confine con l’Iran. L’Armenia si trova quindi nel cuore di un’area ad alto rischio sismico.
La popolazione secondo i dati relativi al luglio 2005 era di 2.982.904 abitanti. La popolazione è composta per la maggior parte di armeni che costituiscono (censimento del 2001) il 97,9% della popolazione; il resto comprende curdi (1,3%), russi (0,5%). Il principale fenomeno demografico che caratterizza l’Armenia è l’emigrazione. Alcune stime contano 8 milioni di armeni residenti all’estero, soprattutto in Francia e negli Stati Uniti.
La lingua ufficiale è l’armeno, anche se la quasi totalità della popolazione armena parla come seconda lingua il russo.
L’Armenia è un paese a maggioranza cristiana. La Chiesa armena vanta una tradizione antichissima, che risale al III secolo d.C. (l’Armenia è considerata la prima nazione al mondo ad aver adottato, nel 301, il cristianesimo come religione ufficiale). La Chiesa Apostolica Armena professa un cristianesimo di tipo orientale. Fortemente conservatrice e ritualistica, la Chiesa armena è per questo vicina a quella copta, a quella ortodossa siriaca e a quella Ortodossa in generale.
L’Armenia è una repubblica parlamentare.
In passato, secondo la costituzione del 2005, l’Armenia era una repubblica semipresidenziale. Il presidente della Repubblica era eletto direttamente dal popolo per un mandato quinquennale. Benché il presidente avesse forti poteri, il primo ministro doveva godere della fiducia del Parlamento.
A seguito dell’approvazione del referendum costituzionale del 2015, sono state introdotte alcune modiche alla Costituzione dell’Armenia, con efficacia a partire dalle successive tornate elettorali del 2017 e 2018: l’ordinamento statuale è mutato dal sistema semipresidenziale al sistema parlamentare, con elezione parlamentare del presidente della Repubblica (che non deve appartenere ad alcun partito politico), il cui mandato è stato prolungato da 5 a 7 anni, e il numero dei seggi parlamentari è stato ridotto da 131 a 101.
Nell’ottobre 2014 è entrata a far parte dell’Unione economica eurasiatica, che comprende Federazione Russa, Kazakistan, Bielorussia, Armenia, Kirghizistan. L’Unione eurasiatica nell’ottobre del 2019 ha anche stipulato un accordo di libero scambio con la Serbia.
Il settore primario occupa il 40% della popolazione. Si coltivano principalmente frumento, orzo, mais, patate, tabacco, ortaggi, vite e frutta. Il latte di pecora dà il famoso motal. L’Armenia è comunque costretta a importare grandi quantità di generi alimentari perché la produzione locale non è in grado di soddisfare il fabbisogno del paese. Importante è anche l’estrazione di oro, rame, zinco, ferro, argento e gas naturale.
L’Armenia è un paese altamente industrializzato. Il settore industriale è quello che conta in assoluto più addetti al lavoro. Hanno una particolare importanza le industrie di genere alimentare, cartaria, meccanica, elettrica, tessile, chimica, della gomma, del cemento e del tabacco.
Luca D’Agostini
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