RASSEGNA STAMPA DETTI E SCRITTI
28 DICEMBRE 2021
A cura di Manlio Lo Presti
Esergo
Io ne ho viste cose che voi umani non potreste immaginarvi.
Navi da combattimento in fiamme al largo dei bastioni di Orione,
e ho visto i Raggi B balenare nel buio vicino alle porte di Tannhäuser…
E tutti quei momenti andranno perduti, nel tempo, come lacrime nella pioggia…
(Blade Runner)
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SOMMARIO
“Viviamo tutti nel cervello di Philip K. Dick”.
La sinistra convergenza del grande reset di Klaus Schwab con il Vaticano e la Teologia della Liberazione
SULLA FRONTIERA LOGISTICA DELL’ATTACCO ALL’OCCIDENTE (1) – CDC INCONTRA LAAIS E FUTURO MARE
Il vermifugo approvato. In Gazzetta Ufficiale.
L’ULTIMA RELIGIONE. DALL’EUGENETICA ALLA PANDEMIA: L’ALBA DI UNA NUOVA ERA?
Cosa intendeva Putin per misure “tecnico-militari” se i negoziati falliscono
La Bielorussia prevede di acquistare un nuovo lotto di sistemi di difesa aerea Tor-M2 dalla Russia
Più piccoli e corrosivi: i Marines si muovono per frenare la Cina
Le fiamme sulla corvetta russa e quella serie di strani incidenti
La fonte ha chiamato la data di restauro della corvetta “Agile” dopo l’incendio (Articolo da un sito russo)
L’altro fronte. Cosa sta facendo la Nato ai suoi confini orientali
L’apartheid arabo di cui nessuno parla
La decostruzione della realtà. La semiosfera di Philip K. Dick (I)
Primo anniversario in Memoria di Giorgio
Maria Teresa Wilms Montt de las Mercedes
Rovesciare la Piramide di Maslow.
Ken Follett, il terrorismo islamico e la sete di potere
Miseria e nobiltà della vanità
WikiLeaks rivela file segreti su tutti i prigionieri di Guantánamo
La Russia condanna Google e Meta ad ammende record
METAVERSO: ECCO LA DISTOPIA
CODACONS INVITA DRAGHI A RETTIFICARE LE SUE AFFERMAZIONI SUI DECESSI DA COVID. DATI SMENTITI DA ISS
LA OMS INCOLPA SCIENZIATI E GIORNALISTI MA DIMENTICA LE PROPRIE RESPONSABILITA’
IL DANNO SCOLASTICO
Cessione dei lavoratori da parte di grandi banche. Ecco quello che accadrà – Lidia Undiemi
Sciopero, perché i sindacati prendono a sportellate la Bnl
Licenziamenti per motivi disciplinari: Regalo di Natale del governo dei “migliori”
Siamo già a questo….
Vade retro Satana: il Papa toglie lo stipendio alle famiglie no vax
Trasformano Notre Dame nella cattedrale del politically correct
TUTTI POPPERIANI
Il vero motivo per cui vogliono dare iniezioni di COVID ai bambini
RENATO CURCIO E LA “GIOVANE NAZIONE”
IN EVIDENZA
“Viviamo tutti nel cervello di Philip K. Dick”. Discorso sulla “Trilogia di Valis” (ovvero: questa vita non è la nostra…)
Mi aggiravo famelico per la metropoli. Ne ho metrato l’inconsistenza bibliografica. Avrò razziato, credo, una decina di librerie, in ogni rivolo di periferia. All’epoca non funzionava il commercio digitale – d’altronde, ora, mi rifiuto di farmi sua preda. Cercavo un libro. Uno e trino. “Valis”.
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Non sono un fan di Philip K. Dick. Voglio dire. È un archivio di ossessioni e di intuizioni formidabili, d’inesausta energia. Preferisco altra scrittura. Diciamo che mi figuro l’incontro tra Philip K. Dick e Jorge Luis Borges sul lago di Ginevra, a discorrere come esseri fuori dal tempo di una Bisanzio su Venere. Eppure, per quel libro di Dick ho varcato Milano, sciacallo dei libri, da un lato all’altro.
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Come sanno i fan, nel 1974 PKD è folgorato da una visione – quei giorni tra marzo e febbraio sono la sua Patmo, il suo Bodh Gaya, l’albero di fico e il roveto ardente, l’angelologia e lo scudo di Achille. PKD crede di essere stato ‘visitato’, finalmente, e con fierezza denuncia ciò che per i mistici è abbecedario minimo: “Ho fatto esperienza di una invasione della mente da parte di una intelligenza razionale e trascendente, come se fossi stato pazzo per tutta la vita, mi sono scoperto improvvisamente sano”. L’esito primo di questa esperienza mistica è un libro, imperfetto, Radio Free Albemuth, scritto nel 1976 e pubblicato postumo, nel 1985. Di fatto, è il canovaccio di “Valis”, opera inclassificabile, più vangelo che romanzo, più teologia che letteratura, più eresia che eremitaggio nel linguaggio. Il ciclo, pubblico tra 1981 e 1982, è costituito da Valis (1978; l’acronimo sta per “Vast Active Living Intelligence System”), Divina invasione (1980), La trasmigrazione di Timothy Archer (1981). Il ciclo, come “Trilogia di Valis”, è stato pubblicato da Mondadori nel 1993, la mia edizione è quella del 2000, per la ‘Piccola Biblioteca Oscar Mondadori’ (e la cura di Vittorio Curtoni); ora lo pubblica Fanucci.
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Su “Valis” s’è detto tutto – per alcuni è il progetto letterario di un malato (ma senza malattia non si dà grande libro), per altri un capolavoro. Kim Stanley Robinson, nell’introduzione al libro mondadoriano, trova conforto citando William Blake: “Valis è il monumento di una mente che si è rimessa in sesto, dopo essere giunta sull’orlo del precipizio”. Ted Gioia fa la critica ai critici, parla del ciclo come di “una distorsione del Tractatus di Wittgenstein, riformato in incubo”, che, insomma, “questo lavoro regge il confronto con Pynchon, Heller, Vonnegut, e tutti quelli che hanno ridefinito i confini della narrativa americana degli anni Sessanta e Settanta”. D’altra parte, non c’è nulla di sconcertante in Dick: dal 2009 pure “Valis”, la trilogia, è stata installata nell’edizione sontuosa delle opere di PKD, presso la collana della “Library of America”. Come Melville, Hawthorne, Henry James e William Faulkner, anche PKD è uno dei cardini della letteratura – cioè, dell’immaginario – americana. “Viviamo, ora, nell’universo ideato da Dick allora: abitiamo nel suo cervello, in un certo senso”, ha detto Jonathan Lethem, che ha curato le opere di Dick per la “Library of America”. Sostanzialmente, ha ragione. In verità, qui siamo un passo in là.
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La trama del ciclo la trovate in rete, non è essenziale. Il romanzo di Dick – eccolo, il passo in là, nell’al di là della narrazione – non è sapienziale né gnoseologico. Non c’è nulla da conoscere, semmai da disconoscere; si assembla un’enciclopedia di maestri e di testi – da Eraclito ai Dogon, dal pensiero degli Esseni a quello taoista – per annientarli, per ucciderli citando (“le citazioni sono quindi la sintesi di un processo analitico frammentario, non verificabile, non omologabile – schizofrenico”, scrive Curtoni). Gli eroi dei romanzi, sgangherati, da Horselover Fat a Manny Asher a Angel Archer, cercano l’altro mondo oltre la crosta di questo, la parola vera che si nasconde sotto la custodia alfabetica di quella reale, la vita autentica al di là di questa, scalfita dalla menzogna, aggiogata al male.
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Dal punto di vista formale, PKD sconfina nell’altro lato del narrare. Crea trame che s’insidiano a vicenda e testi apocrifi, come il Tractatus: Cryptica scriptura che costituisce il ‘negativo’ di Valis. “La materia è plasmabile di fronte alla Mente”; “Uno a uno, egli ci estrae dal mondo”; “Se i secoli di tempo spurio venissero asportati, la data vera non sarebbe il 1978 ma il 103 a.C. Perciò il Nuovo Testamento dice che il Regno dello Spirito giungerà ‘prima che taluni di coloro che adesso vivono siano morti’. Dunque noi viviamo nei tempi apostolici”; “La Mente non parla a noi, ma per mezzo di noi. La sua parola ci attraversa e il suo dolore ci infonde di irrazionalità”. Il romanzo, Valis, è il commento al Tractatus. Non tanto la ricerca di Dio – il mostruoso, l’ignoto – ma il recupero dei frammenti. Suturare il patto – snaturare la follia in fede.
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Nel ciclo si discetta dello Zohar, della Prima lettera ai Corinzi di San Paolo, dei manoscritti di Nag Hammadi: PKD opera congiungendo l’invenzione al fatto, l’apocrifo all’apolide, perché la teologia, appunto, è la punta estrema della fantascienza. Tra i testi remoti che possono aver costituito lo schema del ‘romanzo teologico’ di PKD cito Il libro dei segreti di Enoch. Testo del I secolo, pubblicato per esteso nel 1880, racconta il viaggio celeste del patriarca biblico. “Il Signore chiamò Vereveil uno dei suoi arcangeli che era abile a scrivere tutte le opere del Signore. Il Signore disse a Vereveil: ‘Prendi dei libri dai depositi e consegna un calamo a Enoc e dettaglia i libri’. Vereveil si affrettò e mi portò dei libri screziati di smirnio e mi consegnò un calamo dalla sua mano. Mi diceva tutte le opere del cielo e della terra e del mare e i movimenti e le vite di tutti gli elementi e il cambiamento degli anni e i movimenti e le modificazioni dei giorni… e ogni lingua dei canti delle milizie armate” (cito dagli Apocrifi dell’Antico Testamento, a cura di Paolo Sacchi, Utet 1989). Scrivere significa accusare il potere di un altro, condividerlo, risignificare l’angelico.
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L’altro testo necessario è il poema gnostico, Pistis Sophia, sgorgato da Alessandria nel III secolo, noto dal Settecento. Il testo è, a tratti, una spiegazione dei detti evangelici di Gesù con lo scopo di elevare gli adepti/eletti al “regno della luce”, liberandosi dalla lordura materiale. “Rinunziate a tutto il mondo e a tutta la sua materia, per non assommare altra materia alla vostra”; “le emanazioni della luce, essendo pure, non hanno bisogno dei misteri; ne ha invece bisogno il genere umano poiché gli uomini sono tutti resti materiali” (cito da Pistis Sophiam a cura di Luigi Moraldi, Adelphi 1999). Il mondo è un enigma inviolabile, grave di violenza, perché la materia, lurida, rende ciechi. Scopo, attraverso la parola cifrata, di cui solo i pochi fanno pasto – PKD, d’altronde, è scrittore pop con scrittura esoterica – è slegarsi dallo schifo che ci impania, dalla ‘ragione’ e dalla ‘materia’ che ci appesantisce, nuotando verso la luce. Altra vita – la vita, in sé – è inutile, è ritorno al gorgo del fango.
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“Ho sognato di un altro luogo, un lago a nord con delle villette e piccole fattorie… Dove esiste in realtà questo lago, e le case e le strade attorno a esso? Un’infinità di volte l’ho sognato… Nei sogni sono sposato. Nella vita reale, vivo da solo. Cosa ancora più strana, mia moglie è una donna che non ho mai visto nella realtà. In un sogno, noi due siamo nel giardino posteriore, intenti ad annaffiare le rose e a potarle… Chi è questa moglie? Non soltanto vivo da solo; non sono mai stato sposato, né ho mai visto questa donna. Eppure nel sogno provo un amore profondo, piacevole, familiare per lei, il genere di amore che si forma solo con il passare di molti anni”. La dolce ferocia di PKD, qui, sembra la stessa che avvertiamo in una scaglia di Eraclito – viviamo dormienti, viviamo dormendo –, nella nostalgia di Gesù provata da Giacomo, nel verso abissale di Pindaro – “Sogno d’un’ombra, l’uomo” – nella poesia di Yeats, nel gergo di Shakespeare. Percepiamo, tutti, di avere avuto in premio un’altra vita, che qualcuno sta vivendo per noi, che siamo nel sogno di un altro, sinistro e dispari, nel sogno sbagliato, che hanno giocato a dadi con le culle, con le cronologie, con i pianeti, forse. (d.b.)
FONTE: https://www.pangea.news/philip-dick-trilogia-valis/
La sinistra convergenza del grande reset di Klaus Schwab con il Vaticano e la Teologia della Liberazione
Tra i blocchi globali del covid del 2020 e le dislocazioni economiche che ha causato, Klaus Schwab, un fondatore precedentemente di basso profilo di un forum economico con sede in Svizzera, è emerso sulla scena mondiale chiedendo quello che ha definito un grande reset dell’intera economia mondiale, usando la pandemia come autista. Ha persino pubblicato un libro nel luglio 2020 che delinea il suo progetto. È stata giustamente definita una società tecnocratica con una pianificazione centralizzata dall’alto verso il basso. Schwab usa i timori del riscaldamento globale e la difficile situazione dei poveri del mondo per giustificare quello che è in effetti un piano per il totalitarismo globale in cui, come dice il sito web di Davos, nessuno possiederà nulla. Quello che non è noto è il fatto che l’ispirazione per i piani distopici di Schwab venga da un vescovo cattolico che ha incontrato in Brasile negli anni ’70.
Lontano da un tradizionale prete cattolico, questo vescovo era conosciuto come il “Vescovo Rosso” e sosteneva il modello Cuba di Castro, così come la Rivoluzione Culturale di Mao in cui milioni di cinesi furono uccisi o distrutti durante un’epurazione dei nemici di Mao. Il suo nome era l’arcivescovo del Brasile Dom Helder Camara, la prima figura di spicco nella diffusione del movimento della Chiesa noto come “Teologia della liberazione” negli anni ’60 e ’70.
Da nazista a comunista?
Helder Camara ha compiuto una transizione dai due estremi dello spettro politico. Nel 1934 Camara era una figura di spicco in un movimento fascista clericale brasiliano pro-Mussolini, l’Azione Integralista Brasiliana o Acao Integralista Brasileira (AIB). Non è stato un coinvolgimento casuale. Da giovane sacerdote cattolico padre Camara entrò a far parte del Consiglio Supremo dell’AIB. Nel 1936 Camara era diventato segretario personale del fondatore dell’AIB, Plinio Salgado, e segretario nazionale dell’AIB. Simile alle camicie nere fasciste di Mussolini o alle camicie brune di Hitler negli anni ’20, l’AIB del Brasile erano le camicie verdi, che schieravano gruppi paramilitari che attaccavano attivamente e violentemente i comunisti per le strade durante gli anni ’30 in Brasile. Quando Camara fu ordinato sacerdote nei primi anni ’30, si dice che indossasse la camicia verde sotto la tonaca.molte parti curiose della storia di Camara.
Alla fine della guerra, nel 1946, Helder Camara era riuscito in qualche modo a passare dal fascismo filomussoliniano e pro hitleriano dell’AIB a un “progressismo” filomarxista come assistente generale dell’Azione cattolica brasiliana, il cui gruppo giovanile , JUC, abbracciò apertamente la Rivoluzione Castro Cubana nel 1959. Nel 1963 una fazione della JUC con cui Camara era favorevole, l’ Ação Popular (AP), si definiva socialista e dichiarava il proprio sostegno alla “socializzazione dei mezzi di produzione. ” Il gruppo cattolico AP ha adottato statuti che contenevano lodi per la rivoluzione sovietica e il riconoscimento dell’”importanza cruciale del marxismo nella teoria e nella prassi rivoluzionarie “. Dom Helder è diventato arcivescovo di Olinda e Recife nel nord-est del Brasile dal 1964 al 1985.
Un fondatore della Teologia della Liberazione
Helder Camara è stato una figura strumentale in un movimento che presto si è diffuso in tutto il mondo non solo nella Chiesa cattolica ma anche tra le altre chiese. In seguito fu chiamata Teologia della Liberazione dal sacerdote peruviano Gustavo Gutierrez. La “liberazione” si riferiva a ciò che i sacerdoti sostenevano fosse il messaggio del cristianesimo secondo cui “Dio ama preferenzialmente i poveri”. Il movimento ha affermato che il ruolo della Chiesa dovrebbe essere impegnato nel processo di liberazione nella terra oppressa e sfruttata del Terzo mondo. Il movimento ha segnato un cambiamento radicale nella posizione della Chiesa cattolica. I preti iniziarono a legittimare la violenza contro dittatori come Somoza in Nicaragua, anche se alcuni di loro presero le armi e si unirono ai sandinisti e ad altri gruppi marxisti negli anni ’70.
Gustavo Gutierrez ha esplicitamente chiamato “ad abolire l’attuale situazione ingiusta e a costruire una società diversa, più libera e più umana”. Per usare un eufemismo, questa è stata una partenza radicale in cui la Chiesa doveva concentrarsi sulla liberazione dei più poveri della società nel mondo in via di sviluppo con la forza, se necessario, e ridistribuire la ricchezza. I movimenti di guerriglia sostenuti dai comunisti nei paesi prevalentemente cattolici si sono affrettati a vedere l’utilità dei preti che danno alle loro guerre una legittimità sociale al di là della dottrina marxista. Gutierrez ha detto: “La teologia della liberazione è radicata in una militanza rivoluzionaria “.
Un collega brasiliano sostenitore dell’attivismo sociale per la Chiesa di Helder Camara, padre Leonardo Boff, ha dichiarato: “Quello che proponiamo è il marxismo, il materialismo storico, in teologia”. Boff e altri da allora sono passati dal sostenere una riforma agraria radicale, prendere la terra dai grandi proprietari e darla ai contadini poveri, al sostenere programmi di riscaldamento globale radicale come parte del loro programma di liberazione. Da allora il movimento si è diffuso dall’America Latina all’Africa e all’Asia, dallo Zimbabwe allo Sri Lanka.
In sostanza, la Teologia della Liberazione di Helder Camara ha creato il clima sociale e ha favorito la diffusione attraverso la società dell’ideologia della “vittima” dei diffusi movimenti odierni da ANTIFA a BLM e l’intero movimento dell’Agenda Verde.
Il vescovo rosso incontra Schwab
In recenti dichiarazioni pubbliche Klaus Schwab, fondatore del Davos World Economic Forum mezzo secolo fa, ha citato due uomini che, secondo lui, gli hanno cambiato la vita. Uno era Henry Kissinger che era il suo mentore quando Schwab era ad Harvard alla fine degli anni ’60. L’altro, sorprendentemente, era il Vescovo Rosso, Dom Helder Camara. Fu Kissinger che, come Segretario di Stato di Nixon, complottò per assassinare i governi di sinistra in Cile, Argentina e altrove, sostituendoli con brutali dittature militari come Pinochet, mentre Helder Camara lavorava dall’altra parte, mobilitando i poveri contro lo stato.
Nel 2010 il World Economic Forum di Schwab ha pubblicato un libro di autocelebrazione intitolato “The World Economic Forum: A Partner in Shaping History-The First 40 Years 1971-2010”. Lì Schwab descrive il ruolo centrale svolto da Kissinger fin dall’inizio nella selezione dei relatori e degli ospiti per gli incontri d’affari d’élite di Schwab.
Per l’anno 1974 Schwab scrisse: “Al Simposio di gestione europea del 1974 (oggi WEF), Dom Hélder Câmara, l’arcivescovo cattolico romano di Olinda e Recife, in Brasile, ha fatto un’apparizione notevole, rafforzando il ruolo del Forum come piattaforma per eventi provocatori ma vitali voci. Câmara era stato invitato a Davos nonostante fosse considerato persona non grata da molti governi e imprenditori. Si era soprannominato “il portavoce di quei due terzi dell’umanità che soffrono per l’ingiusta distribuzione delle risorse della natura”. Il racconto di Schwab continuava: “Dom Hélder prevedeva che un giorno i paesi in via di sviluppo avrebbero potuto sfidare e scontrarsi con le principali potenze economiche. Ha criticato le multinazionali per aver mantenuto così tanta umanità in condizioni spaventose. Ha chiesto una maggiore responsabilità sociale,prosperità per tutte le persone ”. Schwab in un video ha dichiarato: “un esempio che per me è stato probabilmente un momento cruciale della mia vita. Ho viaggiato per la prima volta in Brasile, ho incontrato un sacerdote che a quel tempo era conosciuto come il sacerdote dei poveri, si chiamava Dom Hélder Câmara”.
WEF e Papa Francesco
In una visita del 2013 in Brasile all’inizio del suo pontificato, Francesco ha nominato Dom Helder Camara come qualcuno che ha segnato indelebilmente il “cammino della Chiesa in Brasile”. Nello stesso anno, nella sua Evangelii gaudium (La gioia del Vangelo), Francesco dichiarò nel linguaggio della Teologia della Liberazione di Helder Camara e altri: «Senza l’opzione preferenziale per i poveri, l’annuncio del Vangelo… rischia di essere frainteso o sommerso. ” Il termine “opzione preferenziale per i poveri” è fondamentale. Sembra nobile, ma cosa significa in realtà?
In particolare, nel 2014 Klaus Schwab ha esteso un invito personale a Papa Francesco a parlare all’incontro di Davos. Da allora Francis ha scritto numerose lettere di questo tipo a Schwab ed è elencato dal World Economic Forum come Agenda Contributor. Nell’ottobre 2020, il sito web ufficiale del WEF di Davos ha scritto: “In una sorprendente enciclica di 43.000 parole pubblicata domenica scorsa, il papa ha messo il suo marchio sugli sforzi per plasmare quello che è stato definito un grande reset dell’economia globale in risposta a la devastazione del COVID-19 ”.
Nel 2015 Francesco, che si atteggia a guardiano speciale dei poveri, aveva dato la sua approvazione all’avvio del processo ufficiale, da parte della Congregazione per le Cause dei Santi, per iniziare un processo di “beatificazione” di Helder Camara. Da allora l’attuale Papa ha preso posizioni politiche senza precedenti per le misure dell’agenda verde sul riscaldamento globale, i vaccini contro il covid, il sostegno all’uguaglianza di genere, la migrazione, la ridistribuzione della ricchezza dai ricchi ai poveri e altre azioni sociali che hanno dominato il suo controverso papato.
Ottimo reset
La domanda rilevante da porsi è perché il fondatore del forum sulla globalizzazione aziendale più influente del mondo, Klaus Schwab, avrebbe abbracciato il fondatore della Teologia della Liberazione e l’attuale papa liberale Francesco, il primo papa gesuita che oggi fa rivivere astutamente quelle idee?
Sicuramente non è che Klaus Schwab stia abbracciando il marxismo. Schwab è il “padrino della globalizzazione”. La fusione delle ideologie di Francis e Schwab è un modo intelligente per creare un sostegno di massa, soprattutto tra i più giovani e i più poveri di tutto il mondo, per l’attacco in massa alla proprietà privata e a una borghesia stabile necessaria per il Grande Reset corporativo globale, un fascismo tecnocratico globale dall’alto.
Nel novembre 2020, Papa Francesco ha dichiarato che è necessaria una nuova “giustizia sociale”, e che la proprietà privata non è cosa scontata nel cristianesimo: “Costruiamo la nuova giustizia sociale e ammettiamo che la tradizione cristiana non ha mai riconosciuto il diritto alla proprietà privata come assoluto e inamovibile”, ha detto Francis. Non elabora.
Nell’ottobre 2020 il papa ha emesso una lettera enciclica, Fratelli Tutti, in cui perseguiva la proprietà privata. Scriveva: “Le capacità imprenditoriali, che sono un dono di Dio, dovrebbero sempre essere chiaramente orientate allo sviluppo degli altri e all’eliminazione della povertà…” Dichiarava: “Il diritto alla proprietà privata è sempre accompagnato dal principio primario e prioritario della subordinazione di ogni proprietà privata alla destinazione universale dei beni della terra, e quindi del diritto di tutti al loro uso ”.
Ciò è notevolmente simile a quanto scrive Schwab del WEF nel suo libro del 2020, The Great Reset, in cui afferma: “Prima di tutto, l’era post-pandemia introdurrà un periodo di massiccia ridistribuzione della ricchezza, dai ricchi ai poveri. e dal capitale al lavoro”. Schwab sostiene che l’era del neoliberismo del libero mercato è finita e che è necessario un grande intervento del governo per attuare politiche ambientali ” sostenibili “.
Sul sito web del WEF l’organizzazione di Schwab ha descritto la sua visione del reset in un mondo in cui nessuno possiede nulla. Un video dichiara la loro visione del mondo nel 2030, “Non possiedi nulla e sarai felice”, aggiungendo che “Qualunque cosa ti serva, la affitterai”. Includerebbe anche il noleggio dei tuoi vestiti! Schwab afferma che questa ridistribuzione radicale dei diritti di proprietà a livello globale sarà necessaria per raggiungere la “giustizia ecologica”. Questo riecheggia l’appello di Francesco per un’”agenda finanziaria verde” per sostituire l’ attuale sistema finanziario .
L’abbraccio di Davos all’agenda vaticana è molto più sinistro di quanto possa sembrare. Il loro Grande Reset riguarda la fine della libertà umana o della libertà a favore di una nuova agenda globalista di controllo totale, sorveglianza ad alta tecnologia, farmaci obbligatori e massiccia ridistribuzione del reddito dalla classe media della società verso il basso. Schwab non è altro che un maestro del marketing, e il suo distopico Great Reset e la sua “giustizia ecologica” sono proprio questo.
F. William Engdahl è consulente di rischio strategico e docente, ha una laurea in politica presso la Princeton University ed è un autore di best-seller su petrolio e geopolitica, in esclusiva per la rivista online “New Eastern Outlook
FONTE: https://www.maurizioblondet.it/la-sinistra-convergenza-del-grande-reset-di-klaus-schwab-con-il-vaticano-e-la-teologia-della-liberazione/
SULLA FRONTIERA LOGISTICA DELL’ATTACCO ALL’OCCIDENTE (1) – CDC INCONTRA LAAIS E FUTURO MARE
Il trasporto delle merci, per terra e per mare, è la frontiera di uno scontro diretto tra gli interessi globalisti a traino cinese e quel che resta dei mercati nazionali
Il trasporto delle merci, per terra e per mare, è la frontiera di uno scontro diretto tra gli interessi globalisti a traino cinese e quel che resta dei mercati nazionali. La pandemia Covid19 non è stata solo il palesarsi della terza guerra mondiale, ultimo rush della conquista globalista del mondo e primo della bio-politica, che si configura nell’attuale fase storica come guerra su due piani: uno d’arrembaggio e uno di logoramento. Se su quest’ultimo, quello militare che sobilla l’escalation bellica alle caviglie dei due imperi, lo scontro è sempre indiretto, sul piano economico la guerra è aperta, spietata, senza esclusione di colpi.
Da questo punto di vista, la pseudo-pandemia Covid19 è stata il capolavoro della shock economy: sollevare i governi dalle responsabilità democratiche con lo schema emergenziale, per depredare completamente i mercati, intesi come forza produttiva e volume degli scambi interni, del popolo sovrano.
Della guerra commerciale, via terra e via mare, la logistica della distribuzione delle merci è il fronte più acceso, quello su cui si muove la LAAIS (Lega Autisti Autotrasportatori Indipendenti Siciliani) unica associazione di trasporto su terra in Italia a schierarsi contro il lasciapassare verde, all’epoca delle proteste dei camionisti di settembre. Abbiamo invitato ad aggiornarci sullo stato della lotta, e a parlarci del loro approccio sulla logistica interna ed estera e sulla guerra commerciale contro l’Italia, il presidente LAAIS Tania Andreoli e il vicepresidente Giuseppe Neri.
Improntata finora sul trasporto via terra, LAAIS ha fatto un primo passo verso il mare proprio in questi giorni, grazie al sodalizio con Futuro Mare (evoluzione di LIFE Onlus) di cui parleremo con il presidente Carmelo La Rocca, con esperienza quasi quarantennale a Sigonella e pioniere e recordman in Europa dell’accesso per i disabili al mare e alle attività d’immersione subacquea.
Conduce Marco Di Mauro, regia Bagony Snikett.
Buona visione!
VIDEO QUI: https://youtu.be/r2JxGl5kkoU
FONTE: https://comedonchisciotte.org/sulla-frontiera-logistica-dellattacco-alloccidente-1-cdc-incontra-laais-e-futuro-mare/
ATTUALITÀ SOCIETÀ COSTUME
Il vermifugo approvato. In Gazzetta Ufficiale.
Carlo Grossi
Apprendo con stupore dalla Gazzetta Ufficiale (Serie Generale n. 119 del 20/05/2021), nota rivista complottista e terrapiattista, che il famigerato ma innominabile “vermifugo per cavalli” è stato approvato per uso umano.
Dato che il suddetto innominabile farmaco ha fatto scomparire l’innominabile morbo dall’intero arcipelago giapponese e da quegli Stati della Federazione Indiana che si sono presi la briga di prescriverlo per i malati affetti dall’innominabile morbo, sarebbe bello se tra sette o otto anni lo si potesse usare anche in Italia per curare lo stesso innominabile morbo.
Fate con calma comunque…
FONTE: https://www.maurizioblondet.it/il-vermifugo-approvato-in-gazzetta-ufficiale/
L’ULTIMA RELIGIONE. DALL’EUGENETICA ALLA PANDEMIA: L’ALBA DI UNA NUOVA ERA?
Gianluca Marletta – Paolo Gulisano 9 12 2021
“L’ultima religione è l’idolatria universale: la Fratellanza globale, il Buonismo globale, la dea Salute, l’ecologismo radicale, il sogno di un mondo trans-umano e, in definitiva, anti-umano. Una religione che si impone oggi ma che viene da lontano. Un processo – iniziato molto tempo fa – che giunge a compimento anche a causa della pandemia, agli investimenti di imprenditori a livello globale, alla resa della Chiesa. Questo libro descrive in maniera chiara, approfondita e documentata la storia di questa evoluzione – da Malthus a Singer, da Casaleggio all’OMS, e illustra gli scenari della rivoluzione del 2020 che si prefigge di realizzare un distopico mondo nuovo”.
INDICE dei CAPITOLI e dei PARAGRAFI
Introduzione. “IL TEMPO DEL PRECURSORE”: COME NASCE L’ULTIMA RELIGIONE
- Credenze, dogmi ed escatologia dell’ultima religione
- E poi venne il virus
Capitolo 1 – IN PRINCIPIO ERA MALTHUS
- Tutto ha inizio con l’Impero britannico
- L’auspicabile depopolazione
- Gli “indiani indolenti e la cura delle carestie”
- La catastrofe irlandese
Capitolo 2 – “FARE FIGLI FA SCHIFO”: COME SI IMPONE UN NUOVO PARADIGMA
- Le “anticipazioni letterarie”
- Altre distopie realizzatesi: “Il seme inquieto” di Burgess
- Giganteschi poteri
- Il “Club di Roma” e “limiti della crescita”: nasce il peccato mortale della nuova religione
Capitolo 3 – GAIA: L’ULTIMA DEA
- Dalla “vendetta di Gaia” all’uomo- robot: transumanesimo e apocalittica in Lovelock
- “Gaia is a new world order”: le profezie di Gianroberto Casaleggio
- Prometeus: l’utopia che si fa Dio
- Animalismo ed eugenetica: la morale del “mondo nuovo”
Capitolo 4 – L’ULTIMA RELIGIONE E LE RELIGIONI
- La “religione al femminile” e la neo- stregoneria
- L’ultima diga? La funzione di Benedetto XVI
- Il cattolicesimo 2.0 di Jorge Bergoglio e l’indigenismo
- In ginocchio davanti alla pachamama
- C’era una volta: il rapporto (interrotto) fra cristianesimo e natura
Capitolo 5 – CATASTROFISMO ECOLOGICO
- Tolkien, cantore della natura
- L’idolatria e la paura: cosa si cela dietro il catastrofismo climatico?
- L’allineamento vaticano all’ambientalismo catastrofista
Capitolo 6 – L’ULTIMO POPOLO ELETTO: MIGRANTI ED LGBT
- Un inginocchiatoio per l’ultima religione
- Il “santo migrante”: corpo eucaristico dell’ultima religione
- Migranti e mondo nuovo: dal precariato globale al melting-pot
- “Gender fluid”: l’atto finale
Capitolo 7 – IL TEMPO DEL COVID
- Dalla Cina con terrore: il nuovo virus
- Il mistero della spagnola
- Covid19: l’alba del mondo nuovo?
Capitolo 8 – LA DEA SALUTE
- Una Caporetto della scienza medica
- Un virus chimera?
- Progresso o regresso della medicina? L’abbandono del malato
Capitolo 9 – LA CHIESA COLLASSA DI FRONTE AL VIRUS
- La chiesa: ospedale da campo o realtà virtuale?
- Da Dio padre alla Terra madre: itinerari spirituali della postmodernità
- L’Humana communitas nell’era della pandemia
Capitolo 10 – NON AVRAI ALTRA CURA CHE IL VACCINO
- Il ritorno del totalitarismo: dal terrore alla dittatura sanitaria
- Le controindicazioni del vaccino e l’effetto ADE
- Il ruolo di Bill Gates
- La complicità dell’OMS
- Operazione “contagio volontario”
- E poi venne lo Sputnik!
Capitolo 11 – L’APOCALISSE ATEA DELL’UMANESIMO
- Prove di totalitarismo in Occidente
- La gabbia del politicamente corretto
- La Chiesa si è fatta inutile
- Tempi ultimi?
- Giocare a fare Dio: la scienza che va oltre l’umano
Conclusione. LE DISTOPIE REALIZZATE
- 2030: fine del mondo?
- Ritorno a Orwell
- Messaggi ipnopedici
- Non praevalebunt
FONTE: https://www.gianlucamarletta.it/wordpress/2020/12/lultima-religione/
CONFLITTI GEOPOLITICI
Cosa intendeva Putin per misure “tecnico-militari” se i negoziati falliscono
Prova a spiegarlo il russologo Gilbert Doctorow
Negli ultimi due giorni, i miei colleghi della comunità degli analisti russi hanno affrontato la questione del “cosa succede se” – cosa può e può fare la Russia se i negoziati con gli Stati Uniti sulla bozza dei trattati sulla sicurezza in Europa falliscono entro il brevissimo periodo di tempo che i russi hanno fissato, apparentemente un mese. Tra parentesi, sono divertito dal fatto che i portavoce del Dipartimento di Stato degli Stati Uniti dicano che potrebbero iniziare colloqui con i russi a gennaio. Sembra che non avere colto il breve termine stabilito dai russi o che creduto erroneamente che fosse un bluff.
La migliore delle analisi dei miei colleghi analisti è stata pubblicata ieri dall’ex diplomatico canadese Patrick Armstrong. Raccomando questa lettura a tutti, perché è un suo modo rassicurante, proponendo possibilità di opzioni russe che sono ben lontane dal premere il pulsante e mandarci all’aria tutti, e se stessi, a pezzi.
Tuttavia, non ho visto nel suo pezzo, né trovo negli scritti di altri analisti indipendenti, per non parlare delle pagine dei nostri giornali mainstream, qualsiasi dichiarazione di cosa intendesse esattamente Vladimir Putin quando ha detto inizialmente e ripetuto prima della Collegio del Ministero della Difesa che se i colloqui con gli Stati Uniti dovessero fallire, la Russia attuerà immediatamente misure di ritorsione “militari-tecniche”.
Il termine “tecnico-militare” è stato ripreso e venduto com’era da quasi tutti i nostri media. Non viene data alcuna spiegazione, perché molto probabilmente nessuno capisce davvero il termine.
Quindi ci proverò qui e ora, dopo che un momento eureka mi è venuto in mente questa mattina. Il termine è sfuggente come la traduzione di “адекватный”, che quasi tutti (o tutti i software di traduzione) traduce erroneamente come “adeguato” quando normalmente significa “appropriato” o “adatto”.
Il “tecnico” nell’espressione deriva da техника, che è il modo comune russo di dire “attrezzatura”. Per “tekhnika” militare si intendono obici motorizzati, portaerei, jet da combattimento, ecc. Tekhnika ha anche un uso civile comune: l’allestimento di una fabbrica è “tekhnika” come in “техническое оснащение”.
Quindi, quello che Putin sta dicendo è che i russi risponderanno schierando materiale militare. Ora che hardware sarebbe? Dato che gran parte delle bozze di trattato trattano di missili a corto raggio che gli Stati Uniti stanno schierando in Europa e sperano di schierare in Ucraina, è del tutto logico che la risposta russa al fallimento dei negoziati non sarà quella di invadere l’Ucraina, non sarà sarà quello di tagliare le forniture di gas all’Europa, ma sarà di dispiegare i suoi missili a corto raggio con capacità nucleare in Bielorussia e a Kaliningrad.
Ma non è tutto. Lo schieramento in Europa servirebbe solo in parte allo scopo dei russi. Scatterà una furiosa reazione nella NATO, il che significa molta aria fritta, ma sarà anche una condizione preliminare per gli europei ad accettare docilmente l’eventuale capitolazione degli Stati Uniti che altrimenti denuncerebbero come pacificazione.
Come ho detto in precedenza, l’intero approccio di Putin è che la Russia è in un braccio di ferro con un solo paese, gli Stati Uniti. Sa che agli USA non importa davvero se Russia e UE si fanno esplodere a vicenda: ciò rafforzerebbe solo la loro egemonia globale.
Quindi la logica ferrea è che i russi posizionerebbero anche i loro missili da crociera ipersonici appena al largo delle coste degli Stati Uniti come Putin ha minacciato tre anni fa, quando ha parlato delle armi strategiche all’avanguardia e di nuova generazione della Russia che allora e oggi non hanno ancora uguali nel mondo.
Questa è la pistola alla testa che costringerà i negoziatori statunitensi a sudare freddo e fare che deve essere fatto per porre fine alla loro crescita della NATO e che includerà la creazione dell’Ucraina in un futuro missile avanzato della Russia. E gli europei staranno zitti.
Morale della favola mentre ci dirigiamo verso le feste natalizie: la fine del mondo non è vicina.
Gilbert Doctorow è un analista politico con sede a Bruxelles. Il suo ultimo libro è La Russia ha un futuro? Ristampato con il permesso dal suo blog .
© Gilbert Doctorow, 2021
FONTE: https://www.maurizioblondet.it/cosa-intendeva-putin-per-misure-tecnico-militari-se-i-negoziati-falliscono/
La Bielorussia prevede di acquistare un nuovo lotto di sistemi di difesa aerea Tor-M2 dalla Russia
La Bielorussia prevede di acquistare dalla Russia un nuovo lotto di sistemi missilistici antiaerei modernizzati (SAM) “Tor-M2”. Lo ha annunciato martedì 28 dicembre l’addetto stampa del Servizio federale per la cooperazione tecnico-militare (FSMTC) della Russia Valeria Reshetnikova.
“Gli appelli per la fornitura di sistemi missilistici antiaerei S-400 dalla Bielorussia non sono ancora stati ricevuti. La parte bielorussa prevede di acquistare sistemi missilistici antiaerei Tor-M2”, ha dettoRIA Novosticitando Reshetnikova.
“Tor-M2” è l’ultima modifica del sistema missilistico antiaereo “Thor”. Il sistema di difesa aerea appartiene a complessi a corto raggio, è in grado di colpire bersagli aerei a una distanza massima di 15 km. Un veicolo di tiro del complesso trasporta 16 missili antiaerei guidati.
Il 9 agosto, il presidente bielorusso Alexander Lukashenko ha dichiarato che Minsk era interessata a ricevere il sistema missilistico antiaereo russo S-400 (SAM).
Lo stesso giorno, il leader bielorusso ha sottolineato che in caso di pericolo di scatenare una nuova guerra mondiale, le forze armate russe (AF) saranno schierate in Bielorussia.
Allo stesso tempo, Lukashenka ha osservato che la Russia non schiererà le sue armi nucleari in Bielorussia, poiché ciò non ha senso. Secondo il leader bielorusso, Mosca e Minsk hanno una dura alleanza politico-militare.
Più piccoli e corrosivi: i Marines si muovono per frenare la Cina
Il Corpo de Marines ha da tempo individuato la Cina come principale obiettivo. Da diversi anni, il cambiamento strategico imposto dall’esplosione della Repubblica popolare cinese ha investito anche la forza più iconica del complesso militare americano. E le recenti tensioni nel Pacifico e in particolare nei mari più vicino alla Cina, dal Mar Cinese Oriente a quello Meridionale, hanno fatto sì che il corpo guidato da David Berger scegliesse di impostare la rotta su un impiego operativo diverso: alla ricerca del modo migliore per frenare le ambizioni cinesi.
Per raggiungere questo obiettivo, i Marines degli Stati Uniti hanno adottato una strategia inserita di recente anche all’interno di un documento particolarmente importante. Si tratta di A Concept for Stand-in Forces, pubblicato dalla forza armata Usa all’inizio di dicembre. La direttiva strategica, firmata dallo stesso generale Berger, ha come focus principale l’Indo-Pacifico, in particolare quelle aree in cui sembra più facile un confronto diretto con Pechino e la sua flotta. All’interno del testo, ricco non solo di definizioni tecniche ma anche di “lezioni della storia che hanno costruito le basi di questa nuova strategia, il generale delinea la sua idea dei Marines per questa frontiera oceanica tra i due blocchi. Il Corpo si doterà di unità più piccole, letali e “corrosive”, che avranno come obiettivo sia quello di bloccare dove possibile le incursioni della Marina dell’Esercito di liberazione cinese sia quello di sostenere gli alleati regionali impegnati nel confronto con il gigante asiatico.
Le Stand-in forces, come vengono chiamate all’interno del documento, saranno dunque unità diverse, con numeri inferiori rispetto alla tradizionale composizione delle forze Usa, ma distribuite su uno spazio estremamente più esteso e con compiti molto differenziati, che andranno a interessare innumerevoli ambiti del contrasto alle forze cinese. In particolare, tra i compiti principali dei Marines già segnalati da Paolo Mauri, quello “di contrasto alla nuova minaccia data dalle bolle A2/AD, ovvero per instaurare delle ‘contro bolle’ per attività di contro denial che scombinino il sistema difensivo nemico”.
Una prima conferma di questa nuova postura della fanteria di Marina degli Stati Uniti arriva proprio dalla Cina, in particolare dal portavoce del ministero degli Esteri, Zhao Lijian. Come riporta Agenzia Nova, il funzionario cinese – dopo un’indiscrezione dell’agenzia di stampa giapponese Kyodo su una base dei Marine Usa nelle isole Nansei, all’estremo sud del Giappone – ha detto che Pechino “monitora attentamente” il piano di Giappone e Stati Uniti. Un progetto che secondo la stampa locale dovrebbe essere formalizzato già nel prossimo gennaio e che metterebbe in allarme la Repubblica popolare soprattutto per quanto riguarda lo status di Taiwan, distante alcune centinaia di chilometri dal punto più meridionale delle isole nipponiche.
L’attenzione di Pechino verso questo possibile dispiegamento di forze dei Marines in un’area già ampiamente “battuta” dalle forze armate americane, in particolare dalla Settima Flotta, conferma che la mossa di Berger e del Pentagono di trasformare questo corpo in base alle esigenze nell’Indo-Pacifico sembra colpire nel segno. L’approccio corrosivo voluto da Washington impegna infatti le forze di Pechino in un modo diverso, quasi fastidioso, e in grado in ogni caso di generare tensioni ma anche un dispendio di energia che si riversa su tutto il fronte oggetto di disputa con i Paesi della regione e con gli Stati Uniti. E questo vale soprattutto per la difesa di Taiwan, vero centro nevralgico della contesa con la Cina ma anche fondamento filosofico di tutta la politica estera Usa. Abbandonare l’isola significherebbe infatti non solo cedere a Pechino un’isola basilare per la produzione di chip e componenti, ma anche accettare un compromesso su un elemento imprescindibile della strategia statunitense, e cioè la difesa di un partner da una superpotenza considerata come nemico esistenziale. Motivo per cui lo stesso documento dei Marines, all’inizio del testo, cita una dichiarazione dell’ammiraglio James D. Watkins, del 1986 in cui affermava che “l’opzione che alcuni sostengono, di mantenere la nostra potenza marittima vicino alle acque domestiche, porterebbe inevitabilmente all’abbandono dei nostri alleati. Questo è inaccettabile, moralmente, legalmente e strategicamente. La strategia alleata deve essere preparata per combattere nelle aree avanzate. È lì che sono i nostri alleati e dove sarà il nostro avversario”.
FONTE: https://it.insideover.com/guerra/marines-pacifico-cina.html
Le fiamme sulla corvetta russa e quella serie di strani incidenti
L’ultimo incidente ha avuto luogo venerdì scorso nel cantiere di Severnaya Verf di San Pietroburgo. I media russi hanno riferito dello scoppio di un incendio a bordo della Provorny, una corvetta della classe Gremyashchiy. Un rogo devastante, che secondo le prime informazioni, avrebbe provocato due morti nelle squadre antincendio e danni per circa 262 milioni di euro (su un costo complessivo della nave di circa 375 milioni), molti dei quali, secondo alcuni osservatori, irreparabili. Il fuoco, come riporta Radio Svoboda, avrebbe interessato un’area di circa 800 metri quadrati.
Per la flotta russa si tratta di un problema serio. La corvetta Provorny, che doveva essere pronta nel 2022 per unirsi alla Flotta del Pacifico, è stata progettata per diverse funzioni, a tal punto che la Nato classifica queste imbarcazioni come fregate. Ma la peculiarità della classe Gremyashchiy è soprattutto quella di essere una nave “stealth” ideata per il trasporto dei missili da crociera Kalibr e probabilmente con i temibili 3M22 Zircon. Un’arma che per la Difesa di Mosca rappresenta un vero e proprio spartiacque nella percezione della potenza navale russa.
La Provorny, la seconda della sua classe dopo la Gremyashchiy, rappresentava quindi un secondo tassello nel mosaico del rinnovato interesse russo per gli oceani e per la corsa missilistica. Una gara tra superpotenze in cui la Russia, insieme a Cina e Stati Uniti, cerca di primeggiare attraverso un’evoluzione tecnologica che ha visto spesso gli arsenali della Federazione in vantaggio rispetto ai rivali di Pechino e Washington. Come confermato del resto proprio nella notte tra il 28 e il 29 novembre, quando, come scritto da Paolo Mauri su InsideOver, è stato effettuato un nuovo lancio di prova di uno Zircon, questa volta dalla fregata Admiral Gorshkov, dopo i test avvenuti nelle settimane precedenti dal sottomarino K-329 Severodvinsk della classe Yasen.
L’incidente, come detto in precedenza, è solo l’ultimo di una serie di episodi che hanno coinvolto in questi ultimi anni le basi russe impegnate in questo complesso processo di ammodernamento e di competizione con le altre potenze. La portaerei Admiral Kutznetsov ha subito due incidenti prima di essere riconsegnata alla Marina a conclusione della fase di ammodernamento: il primo nell’ottobre 2018 e il secondo il 12 dicembre nello stesso cantiere di Murmansk. Questo secondo episodio fu un incendio esplodo durante delle operazioni di saldatura, che, secondo l’agenzia di stampa Tass, fu scatenato dalla “violazione di norme di sicurezza”.
Un altro incendio particolarmente importante che ha interessato la flotta russa – rogo misterioso al pari dell’unità che è stata coinvolta – è stato quello che ha coinvolto il sottomarino Losharik. L’1 luglio 2019, secondo quanto riportato da diversi analisti, il vano delle batterie di riserva del sottomarino ha iniziato a prendere fuoco. Il sommergibile è venne rimorchiato a rientrare a Severomorsk mettendo in salvo i membri dell’equipaggio, ma 14 di loro rimasero intrappolati nel vano incendiato, sacrificando la propria vita per evitare il disastro. Motivo per cui il Cremlino ha insignito quattro di essi del titolo di “eroi della Federazione Russa” e dieci dell’Ordine del coraggio.
Sempre nel 2019, ma ad agosto, un altro strano incidente coinvolse una base militare nella regione di Arhangelsk, Nord Ovest della Federazione. I media russi riferirono che era avvenuta un’esplosione durante il test del motore di un aereo nella base di Severodvinsk, una delle basi più importanti della Flotta del Nord. Dalla Norvegia furono evidenziati dei cambiamenti nei livelli di iodio che facevano credere a un incidente che aveva coinvolto materiale radioattivo. Tre giorni prima, in Siberia, un deposito militare era stato oggetto di una serie di esplosioni che avevano portato al ferimento di una dozzina di persone e all’evacuazione di migliaia di cittadini nel raggio di diversi chilometri.
FONTE: https://it.insideover.com/difesa/le-fiamme-sulla-corvetta-russa-e-quella-serie-di-strani-incidenti.html
La fonte ha chiamato la data di restauro della corvetta “Agile” dopo l’incendio
La corvetta “Provorny” dopo un incendio nel cantiere navale “Northern Shipyard” di San Pietroburgo può essere completamente restaurata entro il 2026. Lunedì 27 dicembre, TASS ha riferito, citando una fonte nel settore della costruzione navale.
“La corvetta “Provorny” sarà in grado di essere completamente restaurata dopo l’incendio non prima di cinque anni”, ha detto l’interlocutore dell’agenzia.
Secondo lui, le conclusioni finali sui tempi del restauro della nave sono dopo la conclusione della United Shipbuilding Corporation e dei rappresentanti del Northern Shipyard.
L’incendio sulla nave “Northern Shipyard” è avvenuto la sera del 17 dicembre. Alle 22:49 .m,, l’incendio fu contenuto. Secondo la fonte, l’area dell’incendio era di 300 metri quadrati.
A seguito dell’incendio, tre persone sono rimaste ferite. Uno di loro è stato ricoverato in uno stato di moderata gravità, due – in uno stato soddisfacente. Due vigili del fuoco erano tra i feriti.
Secondo una fonte nel complesso militare-industriale, lo scafo della corvetta del progetto 20385 “Provorny” in costruzione non è stato danneggiato durante l’incendio, ma la sovrastruttura e il dispositivo principale antenna-albero della nave sono stati gravemente danneggiati.
Gli investigatori hanno aperto un procedimento penale per violazione delle norme di sicurezza durante la conduzione di lavori dopo un incendio al Cantiere Navale del Nord. Secondo l’IC, l’incidente ha causato gravi danni.
FONTE: https://iz.ru/1270067/2021-12-27/istochnik-nazval-datu-vosstanovleniia-korveta-provornyi-posle-pozhara
L’altro fronte. Cosa sta facendo la Nato ai suoi confini orientali
In un quadro generale che ormai è definibile come allarmistico, il confronto tra Russia e Nato sulla questione ucraina sta assumendo sempre più le caratteristiche di un’escalation militare propedeutica a un intervento armato di qualche tipo. Abbiamo già avuto modo di analizzare, dettagliatamente, quanto sta facendo Mosca al confine con l’Ucraina e quanto sia cambiata la narrazione che il Cremlino fa della crisi per Kiev, ma per avere una visione completa in grado di fornirne le chiavi di lettura è necessario anche guardare ai movimenti della Nato ai suoi confini orientali.
Per farlo dobbiamo tornare a qualche giorno fa, quando il 15 dicembre cacciabombardieri F-15E “Strike Eagle” dell’Usaf (l’aeronautica statunitense) sono atterrati alla base di Campia Turzii, Romania, ufficialmente in supporto alla missione Nato Enhanced Air Policing.
I velivoli sono la versione biposto da attacco del noto caccia statunitense e appartengono al 336esimo Fighter Squadron che ha sede presso la base di Seymour Johnson, North Carolina. Il dispiegamento è stato “rapido”, in quanto i caccia hanno lasciato la Romania il 22, ma è significativo che il Pentagono abbia scelto questa particolare versione dell’Eagle, che ha la possibilità di effettuare missioni di attacco al suolo, per la missione di Air Policing Nato, che vede anche la presenza di un distaccamento di Eurofighter Typhoon dell’Aeronautica Militare Italiana dislocati presso la base Mihail Kogalniceanu di Constanza, sul Mar Nero.
Le missioni Air Policing sono di routine per l’Alleanza e vengono effettuate per garantire la sicurezza dello spazio aereo degli Stati che lo richiedono (ad esempio i Paesi Baltici): in particolare i nostri Typhoon opereranno dalla Romania per i prossimi tre mesi.
Sempre nella giornata del 22 sono stati notati diversi voli di velivoli da trasporto militare statunitensi e canadesi C-130 dal Regno Unito sino proprio alla base aerea prossima al Mar Nero: probabilmente hanno trasportato uomini e materiali per un’esercitazione congiunta tenutasi in quello specchio d’acqua che vede anche la presenza della fregata tipo Fremm della Marine Nationale “Auvergne”, arrivata alla vigilia di Natale a Odessa (Ucraina) – dopo una sosta a Constanza – scortata proprio dai caccia italiani e dagli F-16 rumeni.
Dal 2014 l’Alleanza ha implementato le sue misure di garanzia con l’obiettivo di assicurare gli alleati lungo il fianco orientale con la nascita della “Iniziativa Europea di Deterrenza” (European Deterrence Initiative – Edi), originariamente chiamata European Reassurance Initiative. Si tratta di un meccanismo per supportare attività nell’ambito dell’operazione Atlantic Resolve che vede coinvolti circa 6mila militari statunitensi distribuiti in alcuni Paesi chiave con una turnazione di nove mesi.
Il grosso di queste forze statunitensi sono in Polonia, dove sino al 2020 erano stanziati circa 4500 soldati (aumentati di mille unità nel 2019), coinvolti negli sforzi di difesa missilistica di Atlantic Resolve e dell’Alleanza e assegnati a uno dei quattro Nato Enhanced Forward Presence Battle Groups.
Le forze statunitensi in Polonia includono il comando missione a livello di divisione a Poznan, elementi di una brigata corazzata e unità di supporto, una task force per l’aviazione dell’esercito, una task force logistica dell’esercito di circa 750 persone con sede in Polonia ma con hub anche in Lituania e Romania, un distaccamento dell’aeronautica a Lask e un distaccamento della marina a Redzikowo, per lavorare sul sito di difesa missilistica Aegis Ashore che dovrebbe essere attivato entro la fine del 2022.
L’Enhanced Forward Presence Battle Group in Polonia guidato dagli Stati Uniti può contare anche sull’857esimo Armored Squadron di cavalleria di stanza a Orzysz proveniente dalla Germania, appartenente al Secondo Reggimento che, teoricamente, sarebbe dovuto ritornare negli Stati Uniti nel 2020 nel quadro della riduzione delle truppe voluta dall’ex presidente Donald Trump.
A questo si aggiungono elementi della 173esima brigata aviotrasportata distribuiti anche nei Paesi Baltici. Il meccanismo Edi può contare anche su una brigata corazzata utilizzante carri M-1 Abrams che, a rotazione annuale, viene ridislocata in Europa pur restando “in seconda linea”.
La Nato può fare affidamento anche sulla sua “punta di lancia” data dai 5000 uomini (ora aumentati a 6400) della Very High Readiness Joint Task Force (Vjtf) consistente in forze provenienti da Paesi dell’Alleanza, comandata dalla Turchia nel corso di tutto il 2021. Proprio la Vjtf, secondo quanto riportato da Welt che cita un anonimo “diplomatico Nato”, ha ricevuto l’ordine di essere pronta a entrare in azione entro cinque giorni dall’inizio della mobilitazione invece dei sette normalmente richiesti. Anche altre unità della forza di reazione rapida della Nato, come le forze speciali o logistiche, sono state messe in allerta, in modo che in caso di crisi possano essere pronte a muoversi molto più rapidamente. La prontezza operativa riguarda però specificamente le tempistiche in cui i servizi di emergenza devono essere pronti per l’evacuazione con aerei o elicotteri, quindi non si tratta di mobilitare truppe per portarle in teatro di crisi.
Il comandante in capo della Nato in Europa, generale Tod Wolters, aveva però suggerito che l’Alleanza dovesse schierare truppe in Bulgaria e Romania dopo la Russia ha ampiamente dimostrato di ammassare truppe e mezzi vicino al confine ucraino, secondo quanto riportato sabato 18 da Der Spiegel. Il media tedesco aveva affermato che ci sarebbero piani per estendere il braccio della missione Enhanced Forward Presence dell’Alleanza asserendo di avere informazioni secondo cui Wolters aveva “chiesto un rafforzamento delle truppe al confine orientale” della Nato durante una videoconferenza riservata con i leader militari delle nazioni partner, aggiungendo che la proposta avrebbe in effetti “ampliato la presenza” in Romania e Bulgaria.
Le due opposte fazioni però continuano a dialogare, anche, a quanto pare, sulle proposte di Mosca che ha individuato alcuni punti per poter tornare ad avere una “cintura di sicurezza” intorno alla Russia – alcune delle quali, come la smilitarizzazione dei Paesi Nato più a est, riteniamo irricevibili – e in questo quadro il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, ha convocato una seduta del Nato-Russia Council prevista per il prossimo 12 gennaio, mentre il 10 ci saranno colloqui bilaterali tra le parti.
Sul fronte opposto, però, non c’è nessun segno di de-escalation. Il ritiro di 10mila uomini dal Distretto Meridionale (in particolare dalle regioni di Rostov, Krasnodar e Crimea) a seguito della fine di una serie di esercitazioni su vasta scala tenutasi nell’ultimo mese, è solo un esercizio di maskirovka: negli stessi giorni in cui il Cremlino ritirava truppe dal settore più a sud del Distretto Meridionale, ne schierava altre nella regione di Belgorod, presso Valuyki, a soli 20 chilometri dal confine ucraino, come evidenziato dalla ricognizione satellitare il 24 dicembre.
FONTE: https://it.insideover.com/guerra/laltro-fronte-cosa-sta-facendo-la-nato-ai-suoi-confini-orientali.html
L’apartheid arabo di cui nessuno parla
di Khaled Abu Toameh • 26 dicembre 2021
- “Non tutte le professioni saranno accessibili ai palestinesi con il nuovo decreto…” . – L’Orient Today, 8 dicembre 2021.
- I rifugiati palestinesi in Libano “sono socialmente emarginati, hanno diritti civili, sociali, politici ed economici molto limitati, compreso l’accesso limitato ai servizi sanitari, didattici e sociali del governo libanese e devono far fronte a notevoli restrizioni al loro diritto al lavoro e al diritto alla proprietà”. – UNRWA, settembre 2020.
- Ci sono diverse ragioni per cui i libanesi non vogliono i palestinesi. Uno dei motivi è che dagli anni Settanta i palestinesi hanno portato guerra e distruzione in Libano e trasformato i campi profughi in basi per gruppi terroristici.
- “È tempo di porre fine a questa storia di discriminazione e segregazione sistematica. (…) I palestinesi qualificati dovrebbero poter esercitare le loro professioni, specialmente nei campi in cui sono più necessari. (…) Pochissimi libanesi condividerebbero la mia opinione”. – Sawssan Abou-Zahr, illustre giornalista libanese, Reliefweb, 1 agosto 2021.
- Ciò che è chiaro (…) è che la comunità internazionale ignora da tempo gli abusi e le violazioni dei diritti umani perpetrati da un Paese arabo contro i palestinesi.
- La demonizzazione di Israele da parte di così tanti giornalisti, funzionari e dei cosiddetti gruppi per i diritti umani lascia poco tempo per chiedersi perché a un palestinese in Libano non sia consentito di esercitare la professione medica mentre una considerevole parte del personale medico negli ospedali israeliani è composta da medici e infermieri arabi.
La questione dell’apartheid e della discriminazione araba è recentemente riemersa dopo che un ministro libanese ha annunciato che il suo Paese ha deciso di consentire ai palestinesi di lavorare in diversi settori che fino ad ora erano riservati soltanto ai cittadini libanesi.
L’annuncio fatto da Mostafa Bayram, ministro del Lavoro libanese, è stata una sorpresa per molti palestinesi ai quali è stato vietato negli ultimi quattro decenni di svolgere molte professioni.
I palestinesi sperano che la decisione ponga fine a decenni di discriminazione ed emarginazione da parte di un Paese arabo: il Libano.
Alcuni libanesi, tuttavia, hanno espresso una feroce opposizione alla decisione di Bayram di allentare le restrizioni sul lavoro imposte ai palestinesi. Questi libanesi sembrano temere che i palestinesi prendano i loro posti di lavoro o diventino cittadini libanesi a pieno titolo.
L’8 dicembre, Bayram, che è affiliato al gruppo terroristico Hezbollah appoggiato dall’Iran, ha pubblicato un decreto che consente ai palestinesi di esercitare professioni regolamentate dai sindacati.
Il provvedimento stabilisce che i palestinesi nati in territorio libanese e ufficialmente registrati presso il Ministero dell’Interno possono esercitare professioni che richiedono l’appartenenza sindacale da cui erano stati precedentemente esclusi.
Questi lavori regolamentati dai sindacati includono professioni nel campo della medicina, della giurisprudenza e dell’ingegneria, nonché lavori relativi ai trasporti pubblici e al turismo.
Ciò non significa, tuttavia, che il Libano abbia deciso di porre fine completamente alle misure discriminatorie contro i palestinesi.
“Non tutte le professioni saranno accessibili ai palestinesi con il nuovo decreto, poiché alcune richiedono modifiche legali o modifiche allo statuto dei sindacati affinché i lavoratori non libanesi possano scendere in campo”, secondo quanto riportato da L’Orient Today, che si definisce una piattaforma indipendente finalizzata a esaminare i fallimenti del sistema libanese.
“La storia delle interazioni dei rifugiati palestinesi con le politiche restrittive in Libano risale al periodo precedente la guerra civile libanese”, secondo uno studio sull’occupazione palestinese in Libano.
Lo studio ha rilevato che il Ministero del Lavoro e degli Affari Sociali propose nel 1964 di regolamentare la partecipazione degli stranieri al mercato del lavoro libanese. Di conseguenza, i palestinesi furono classificati come stranieri e fu richiesto loro di ottenere un permesso di lavoro.
Nel 1982, le autorità libanesi restrinsero ulteriormente l’elenco delle professioni accessibili ai palestinesi e questi ultimi vennero esclusi dal lavoro in 70 professioni commerciali e amministrative.
Lo studio ha inoltre rilevato che le restrizioni furono leggermente revocate nel 1995, con l’introduzione di un nuovo emendamento al decreto ministeriale che esentò da queste restrizioni gli stranieri nati in Libano, nati da madri libanesi o sposati con donne libanesi.
Secondo l’Agenzia delle Nazioni Unite per il Soccorso e l’Occupazione dei profughi palestinesi (UNRWA):
“[I rifugiati palestinesi in Libano] sono socialmente emarginati, hanno diritti civili, sociali, politici ed economici molto limitati, compreso l’accesso limitato ai servizi sanitari, didattici e sociali del governo libanese e devono far fronte a notevoli restrizioni al loro diritto al lavoro e al diritto alla proprietà”.
L’UNRWA ha inoltre osservato che ai rifugiati palestinesi è ancora vietato esercitare 39 professioni, principalmente a causa di una condizione preliminare che impone loro di possedere la nazionalità libanese e ottenere un permesso di lavoro. Le professioni comprendono i settori della sanità, del diritto, dei trasporti, dell’ingegneria e del turismo.
L’ultimo decreto del ministro del Lavoro libanese è stato accolto con reazioni contrastanti.
Mentre alcuni palestinesi e libanesi lo hanno visto come un positivo passo avanti verso la fine della discriminazione e dell’apartheid, altri hanno affermato che è insufficiente e non prevede meccanismi chiari per l’applicazione. Secondo Ahmad Tamimi, un alto funzionario dell’OLP:
“Il decreto rappresenta un importante punto di svolta nella vita dei rifugiati palestinesi in Libano, poiché costituisce la fine delle loro difficoltà e un importante sviluppo nel cambiamento delle loro condizioni umane per una vita dignitosa e normale”.
Tamimi ha inoltre affermato che la decisione libanese “ha avuto un impatto positivo sui cuori dei palestinesi in generale e dei rifugiati in Libano in particolare”.
I detrattori, tuttavia, sono meno entusiasti delle prospettive di porre fine al sistema di apartheid e discriminazione in Libano.
“Come tutti gli altri, sono critico e diffidente nei confronti di questa decisione”, ha scritto un utente di social media chiamato Islam-#GoldStrike.
“Uno dei suoi primissimi e maggiori difetti è che si tratta di una decisione presa dal ministro stesso, pertanto, è legata al fatto che egli ricopre questa posizione, il che significa che può essere facilmente revocata dal prossimo ministro”.
Alcuni libanesi sembrano particolarmente preoccupati che i palestinesi prendano il posto dei cittadini libanesi in un Paese dove il tasso di disoccupazione supera il 40 per cento.
Questi libanesi sembrano temere che la decisione possa aprire la strada all’insediamento permanente dei palestinesi in Libano. Ci sono diverse ragioni per cui i libanesi non vogliono i palestinesi.
Uno dei motivi è che dagli anni Settanta i palestinesi hanno portato guerra e distruzione in Libano e trasformato i campi profughi in basi per gruppi terroristici.
I libanesi temono che la costante presenza dei palestinesi in Libano abbia implicazioni economiche e demografiche sul Paese. Sostengono che il Libano sta affrontando una grave crisi economica e non può permettersi di assorbire cittadini non libanesi, compresi i palestinesi, che già vivono in condizioni difficili in diversi campi profughi.
I libanesi hanno anche timore del tawteen (“reinsediamento”). Alcuni sospettano che ci siano arabi e altri partiti internazionali, che vorrebbero che il Libano diventasse la patria dei palestinesi. Ecco perché questi libanesi considerano i palestinesi degli “stranieri”.
In breve, i libanesi dicono che i palestinesi non sono i benvenuti a stare in Libano.
I vertici dei sindacati dei medici e dei farmacisti libanesi, contrari all’allentamento delle restrizioni imposte ai palestinesi, hanno espresso il loro sgomento per la decisione del ministro.
Hanno precisato che le norme dei loro sindacati stabiliscono che nessun medico ha il diritto di esercitare la professione medica sul territorio libanese fino a quando non viene accettato come membro dei sindacati.
Il Kataeb, il partito politico cristiano del Libano, ha avvertito che la decisione di consentire ai palestinesi di lavorare in diversi settori avrebbe gravi ripercussioni sulla situazione politica ed economica in Libano:
“Aprire la porta ai rifugiati in Libano per esercitare decine di professioni è un attacco ai diritti dei libanesi, e un consolidamento della loro presenza permanente in Libano mentre i libanesi stanno emigrando… Questo provvedimento contribuirà a ridurre i salari nelle menzionate professioni in linea con il mercato della domanda e dell’offerta. Richiederà inoltre alle istituzioni e ai datori di lavoro di registrare i dipendenti [palestinesi] per la previdenza sociale, il che accumulerà oneri insopportabili che porteranno al fallimento”.
Il Partito libanese ha inoltre avvisato che la decisione ha “intenzioni nascoste e malevoli”, come quella di insediare permanentemente i palestinesi in Libano.
Nonostante queste chiare opinioni anti-palestinesi da parte degli arabi, ci sono comunque alcuni libanesi che non hanno paura di esprimere la loro vergogna per il maltrattamento e le misure discriminatorie attuate dal Libano nei confronti dei palestinesi.
“È tempo di porre fine a questa storia di discriminazione e segregazione sistematica”, ha scritto l’illustre giornalista libanese Sawssan Abou-Zahr.
“I palestinesi qualificati dovrebbero essere autorizzati a esercitare le loro professioni, specialmente nei campi in cui sono più necessari. Oserei dire che è ora di concedere ai palestinesi una sorta di rappresentanza almeno nei comuni. Pochissimi libanesi condividerebbero la mia opinione. Alcuni potrebbero accusarmi di tradimento; un gran numero rifiuterebbe di prendere in considerazione questo suggerimento, per razzismo o per paura che migliorare le condizioni di vita dei rifugiati equivalga a farli stabilire definitivamente nel Paese”.
Non è chiaro in questa fase se la decisione del ministro affiliato a Hezbollah metterà davvero fine alle politiche e alle leggi dellìapartheid di vecchia data del Libano contro i palestinesi. Ciò che è chiaro, tuttavia, è che la comunità internazionale ignora da tempo gli abusi e le violazioni dei diritti umani perpetrati da un Paese arabo contro i palestinesi.
I giornalisti che si occupano di Medio Oriente generalmente ignorano la difficile situazione dei palestinesi nei Paesi arabi, compreso il Libano. Per loro, le azioni e le politiche del Libano contro i palestinesi non fanno notizia.
La demonizzazione di Israele da parte di così tanti giornalisti, funzionari e dei cosiddetti gruppi per i diritti umani lascia poco tempo per chiedersi perché a un palestinese in Libano non sia consentito di esercitare la professione medica mentre una considerevole parte del personale medico negli ospedali israeliani è composta da medici e infermieri arabi.
Immaginate il clamore che sarebbe scoppiato nelle istituzioni delle Nazioni Unite o nei campus universitari negli Stati Uniti o in Canada se tali misure fossero state prese da Israele. Ma quando un Paese arabo sottopone i palestinesi a una discriminazione radicata e viola i loro diritti umani fondamentali, l’unico suono che si sente è un silenzio mortale.
Khaled Abu Toameh è un pluripremiato giornalista che vive a Gerusalemme. È Shillman Journalism Fellow al Gatestone Institute.
FONTE: https://it.gatestoneinstitute.org/18077/apartheid-arabo
CULTURA
La decostruzione della realtà. La semiosfera di Philip K. Dick (I)
Introduzione
Io ne ho viste cose che voi umani non potreste immaginarvi.
Navi da combattimento in fiamme al largo dei bastioni di Orione,
e ho visto i Raggi B balenare nel buio vicino alle porte di Tannhäuser…
E tutti quei momenti andranno perduti, nel tempo, come lacrime nella pioggia…
(Blade Runner)
Questa tesi ha come oggetto d’analisi la traduzione intersemiotica di alcune opere di Philip Kindred Dick[1].
Il problema è quello di comprendere fino a che punto e in che modo l’immaginario di PKD si è espanso – passando da una piattaforma espressiva all’altra – fino ai giorni nostri e con quali effetti di senso per le significazioni attuali. La forma di analisi di questo lavoro è quella di una ricognizione visuale dell’immaginario per rintracciare i frammenti dell’esplosione[2] delle opere di Philip K. Dick, dalla loro “detonazione” alle attualizzazioni più recenti.
Abbiamo scelto PKD come oggetto di studio in quanto costituisce un caso esemplare di contagio assoluto dell’immaginario. Cercheremo di indagare le dimensioni di tale influenza e le forme in cui si esercita, in quanto il suo caso risulta indicativo dei più vasti fenomeni di rimodulazione e di rienunciazione esistenti all’interno dell’industria culturale. Un caso esemplare, perché fonte di continue rielaborazioni: non parliamo semplicemente di traduzioni cinematografiche, ma di operazioni che coinvolgono anche linguaggi e generi differenti quali il video sperimentale, il fumetto, le copertine degli album, ovvero sistemi di significazione molto diversi tra loro.
Nel corso degli anni la sua figura ha assunto lo status del mito e la sua influenza si avverte nelle correnti più mainstream come in quelle più underground, stimolando anche importanti riflessioni sul ruolo della sperimentazione.
L’ipotesi semiotica è che, arrivando al centro delle problematiche legate alla semiosfera (leggi vita e movimento delle idee fatte segno linguistico) di Dick, possiamo riuscire a guardare da una posizione privilegiata le pratiche contemporanee di riformulazione linguistica, agganciandoci a una delle produzioni più prolifiche e significative nel panorama dell’immaginario del Ventesimo secolo.
Finora gli studi su Dick si sono concentrati unicamente sulla trasposizione dei suoi racconti e romanzi per il formato cinematografico, tralasciando un’analisi più approfondita dei molti legami che la semiosfera dickiana ha e continua ad intrattenere con numerose forme linguistiche della comunicazione di massa.
Pratiche e dunque dinamiche: flusso, processo, ri-scrittura, ri-attualizzazione, re-interpretazione, reticolarità, diventano le parole chiave di uno spostamento di attenzione dai singoli testi alle trasformazioni tra i testi, in un soprassalto della migliore tradizione lévi straussiana, per la quale il mito non coincide mai con un testo, ma è propriamente un oggetto inter e sovratestuale.
(Pezzini e Rutelli 2005, p. 11)
Quello che tenteremo di analizzare sarà dunque il carattere dinamico delle opere dickiane in una prospettiva sociosemiotica, focalizzando la nostra attenzione – come afferma Pezzini – proprio su come i testi si attraversano e si trasformano, giungendo a riformulare delle vere e proprie “mutazioni audiovisive” rispetto ai testi primari. Sulla natura di queste trasformazioni ci soffermeremo in seguito, nella parte dedicata alla traduzione intersemiotica.
Per il carattere estremamente trasversale e fluido dell’oggetto di studio, in questo lavoro adotteremo l’impianto teorico e metodologico della sociosemiotica, al fine di indagare le metamorfosi che i testi dickiani hanno subito nel tempo, dal loro contesto di partenza fino ai giorni nostri. L’influenza di questo autore per tutta la cinematografia postmoderna che conta è indiscutibile, basti citare Blade Runner (1982), il capolavoro di Ridley Scott che ridisegna l’immaginario fantascientifico[3] dei film a venire, e Matrix (1999), film culto di fine millennio, che, pur non essendo trasposizione diretta di nessuna opera di Dick, porta con sé la sua impronta “genetica”, citandolo esplicitamente tra le principali fonti d’ispirazione. Già in queste prime considerazioni ci imbattiamo nel nocciolo della questione, cioè su quanto sia operazione complessa ma necessaria la decodifica dell’immaginario legato a Dick o – per dirla in termini semiotici – dell’analisi dei processi di traduzione intersemiotica attivati all’interno della sua semiosfera. Quello che è straordinario è che in un’epoca come la nostra, caratterizzata da pratiche di ri-enunciazione e da fenomeni di ri-scrittura sempre più evidenti e importanti per l’industria culturale, la produzione di PKD offra un caso esemplare di contagio semiotico assoluto, intramediale e intermediale, costituendo in questo scenario un punto di vista privilegiato per cogliere gli spostamenti tra le diverse semiotiche in azione[4]. Intramediale, perché i suoi romanzi e racconti sono stati essenziali allo sviluppo del genere all’interno del quale sono stati concepiti e creati – la fantascienza – giungendo a riformularne le coordinate e offrendo vasti spunti a fenomeni successivi come l’intero filone del cyberpunk, che trova in Dick uno dei padri fondatori. Intermediale, perché il corpus dickiano ha trovato ri-scritture e re-interpretazioni in ogni genere artistico: dalla forma teatrale alla pittura, dal videoclip al fumetto, dalla musica al videogioco, determinando un vortice espressivo di eccezionale potenza e grandezza. L’opera di questo scrittore, infatti, lungi dal rimanere confinata entro un genere (la fantascienza) a lungo calunniato dalla critica, si è rivelata centrale per molte esperienze di contaminazioni espressive proprio grazie alla centralità dei temi trattati e alla lungimiranza (per molti versi addirittura profetica) delle sue intuizioni. Chiaramente la longevità straordinaria di queste intuizioni si deve alla loro capacità di anticipare di almeno cinquant’anni[5] temi e fenomeni di urgenza sociale con cui cominciamo a confrontarci oggi, cosa che non colloca Dick forzatamente nella letteratura di anticipazione, come sostengono alcuni, ma semplicemente tra i buoni narratori del (loro) presente.
Algirdas Greimas sosteneva che “fuori dal testo non v’è salvezza”, ma noi sosteniamo con Derrida che “non esiste il fuori testo” e che quindi, per poter comprendere come l’immaginario di Dick si dispiega lungo l’asse temporale, dovremo partire prendendo in considerazione proprio la vita di PKD, intesa di per sé come un’entità semiotica facente parte non solo del testo, ma anche del corpo e del discorso dickiano[6]. Non si può comprendere la complessiva proliferazione di significazioni della letteratura di Philip K Dick senza considerare tutti gli aspetti coinvolti.
Nel primo capitolo studieremo la vita di PKD come un oggetto semiotico così come emerge della lettura della sua biografia ufficiale[7], compilata da Lawrence Sutin: nel farlo delineeremo gli snodi cruciali del vissuto personale, tracciando i contorni di un’esistenza travagliata che coinvolge tematiche particolari come la patologia paranoica e l’abuso di sostanze[8], affondando le sue radici interamente nella società americana – marcatamente gli anni ‘50 – della quale offre una spietata raffigurazione dall’interno. Passeremo poi al vaglio semiotico le sue isotopie narrative fondamentali, basi di un territorio dai confini sempre più labili ma dalle evidenti centralità tematiche, per analizzare in seguito la sua produzione all’interno del macrogenere fantascientifico (inteso come punta di diamante dell’immaginario, inarrestabile propulsore di nuove concezioni/significazioni e miscelatore di differenti configurazioni sociodiscorsive). In ambito teorico metteremo a fuoco la teoria della cultura di Lotman, che con la sua nozione di semiosfera gioca un ruolo di capitale importanza per il tentativo di mappare l’immaginario a partire dai movimenti e dalle scosse telluriche generate dalle idee di Philip Dick. La nozione di traduzione intersemiotica, invece, ci fornirà gli strumenti per costruire una griglia affidabile in vista dei testi da analizzare.
Per sfuggire alla tara degli studi su Dick, il corpus di analisi non verterà unicamente sul rapporto letteratura-cinema, preferendo cercare altrove i frutti della semiosi dickiana. Sul fronte del fumetto ( o arte sequenziale, secondo la nota definizione di Will Eisner) abbiamo scelto la trasposizione in chiave psichedelica dell’esperienza religiosa di Philip K. Dick da parte di Robert Crumb (maestro del comic underground americano) e una tavola di Jean Moebius Giraud che interpreta a suo modo un romanzo di PKD. Senza alcuna pretesa di esaustività, ma con l’aspirazione dichiarata di rendere esplicite determinate configurazioni e dinamiche testuali, verranno analizzati anche un film breve, alcuni filmati di videoarte insieme alle copertine e i testi di alcuni dischi dei Radiohead. A margine alcune considerazioni sulla remix culture a opera di Dj Spooky – eclettico personaggio di dichiarata ascendenza dickiana – che consideriamo molto pertinenti in un’analisi sulla traduzione intersemiotica,
Parte Prima
1.0 Perché Philip K. Dick?
Sono un filosofo che si esprime in romanzi, non un narratore; la mia abilità nello scrivere romanzi e racconti viene da me impiegata come un mezzo per formulare le mie percezioni. Il nucleo di ciò che scrivo non è arte, ma verità.
(Sutin 2001, p.23)
Partiamo con una premessa: Philip K. Dick è uno dei maggiori scrittori del Ventesimo secolo, dotato di un ingegno non comune e di una scrittura che possiamo senza dubbio considerare nel novero delle «scritture estreme»[9]. Ogni anno aumentano il numero di persone che lo considerano un mito underground, un agitatore controculturale che come arma ha scelto la scrittura e come pallottole il genere fantascientifico. Il motivo di tale riconsiderazione è sicuramente dovuto in primis alle pellicole cinematografiche che lo hanno consegnato alla gloria eterna, anche se postuma.
Chiunque abbia apprezzato le vette metafisiche di Blade Runner o anche soltanto le sue peculiarità visive è in qualche modo entrato in contatto con lo scrittore americano che più di ogni altro nella sua epoca si è domandato quali siano i confini dell’essere umano e della cosiddetta realtà che lo circonda. I dubbi metafisici della sua opera sfumano le distanze tra il genere fantascientifico e la speculazione filosofica, ponendolo in un rapporto diretto con filosofi del calibro di Nietzsche e Heidegger.
La sua capacità straordinaria di veicolare visioni alternative della realtà offre nuove chiavi di lettura per interpretare i processi che si giocano nella fitta trama di connessioni tra noi e il mondo, il rapporto uomo-macchina, nonché la relazione con l’elemento divino.
Scegliendo la figura di Philip K. Dick come perno centrale di questa analisi sociosemiotica, ci addentriamo nel cuore del nostro tempo postmoderno in compagnia di un mito, una personalità assolutamente fuori dalle righe con una visione del mondo eccezionalmente complessa, che necessita un serio approfondimento.
Perché Philip Dick?
Perché è diventato un mito della controcultura per come ha vissuto, per quello che ha scritto e per ciò che pensava; per l’interesse che continua a suscitare la sua figura e per la centralità delle tematiche che ha affrontato.
Per il genere che gli ha dato (e tolto) notorietà. Dal punto di vista semiotico crediamo di individuare nella SF e nelle sue contaminazioni uno dei pilastri sui quali poggia tuttora un frammento consistente del nostro immaginario.
Per la sua natura controcorrente e sommersa che lo ha fatto tanto soffrire in vita, ma che lo glorifica dopo la morte. Per fare chiarezza su molti punti, presentare nuovi approcci, e aprire con idee originali nuovi spunti metodologici sullo studio dell’immaginario, nonché sulle piste interpretative da seguire.
Perché insieme a Calvino, Borges e Pirandello ha amplificato il potere della narrazione, squarciando il quotidiano con uno sguardo acuminato, permettendoci di esperire un numero infinito di mondi possibili.
Perché insieme a Platone, Berkeley, Heidegger, ma soprattutto Nietzsche, ha combattuto con una realtà che gli stava troppo stretta, smontandola e rivelandone i retroscena, mostrando le potenzialità insite nell’essere umano insieme alle sue idiosincrasie e alle sue smanie.
Perché insieme ad Einstein, Rosen, Heisenberg e Bateson ha rivoluzionato la concezione del tempo e dello spazio, rivelando la natura relativa e allo stesso tempo intersoggettiva del mondo, riuscendo a cogliere nessi dove altri vedevano solo divisioni.
Perché crediamo che tra le pieghe della sua vita e nel profondo delle sue riflessioni vi sia quell’ultima verità che l’uomo occidentale ha sempre perseguito, spesso con scarsi risultati[10].
Quello che veramente conta per noi è focalizzarci su questo punto di snodo fondamentale dell’immaginario, consapevoli dell’utilità di questo approccio sociosemiotico, nonché della necessità di integrare altri punti di vista[11], orientamenti aperti da altre discipline. Il territorio di questa analisi sarà il corpus dickiano, grazie alla forza e alla coerenza della sua enunciazione. Anche se la sua opera si dispiega quasi totalmente all’interno di un genere narrativo come la fantascienza, il suo corpus è oggi considerato come momento fondativo di molte delle riflessioni che investono la cosiddetta postmodernità. Da quando è stato messo in circolo nella semiosfera, il suo pensiero non ha mai smesso di crescere.
Etichettare questo autore in una o nell’altra maniera non rende giustizia al volume di immaginario che la sua produzione sta smuovendo ancora oggi, per non parlare del prossimo futuro.
La figura di Philip Dick ha assunto negli anni lo status del mito e – come spesso accade – ciò ha determinato una rielaborazione sia nel mercato mainstream sia nel mercato più laterale e underground. Attraverso un’analisi sociosemiotica crediamo di poter mettere in evidenza le potenzialità insite nei differenti livelli dell’opera di Dick, e di rendere palpabile la centralità del discorso dickiano, partendo proprio dagli aspetti visuali del suo corpus narrativo.
La natura di quest’influenza crescente ed implacabile porta a ulteriori riflessioni e ipotesi: sicuramente le forme di traduzione più interessanti di Dick si sono date in circostanze dove era massima l’infedeltà e non viceversa. Questo ci aiuta a parlare di traduzione intersemiotica, adducendo che l’infedeltà è una costante strutturale e le operazioni di calco raramente trovano il successo di pubblico e di critica, spesso nemmeno quello dei fan. Come emerge dall’intervista con Luca Briasco[12], i lettori di SF oggi non sono più riconoscibili come lo erano in tempi passati, dove la preferenza letteraria la si portava “scritta” in volto, e chi legge Dick oggi non è detto che legga anche altri classici del genere come Asimov e Heinlein, così come non è detto che segua le evoluzioni del cyberpunk di Gibson e Sterling, tanto più che gli stessi autori cambiano rotta puntando ormai verso il thriller o la saggistica per inseguire i gusti di un mercato che non premia il consumo e quindi la produzione del genere fantascientifico. Purtroppo questo non è un buon segnale, perché i corpi sociali hanno bisogno del discorso fantascientifico, che, pur in mancanza di degna considerazione e copiosa produzione, contamina altri linguaggi, contagiando altre forme espressive e innovandole attraverso una continua sperimentazione, come la corrente AvantPop sta ampiamente dimostrando. Ipotizziamo che dietro le esperienze sperimentate dal postmoderno che conta vi sia lo “zampino” di Philip K. Dick, nume tutelare del nostro momento culturale con le sue riflessioni sul virtuale e sul simulacro.
PKD è anche molto altro e gli studiosi non tralasciano di aprire altre piste interpretative, che vanno dagli aspetti teologici del suo lavoro alle speculazioni filosofiche, passando per un forte interesse per la psicologia e l’invasione della psichiatria nella sua vita e nei suoi scritti. Noi non affronteremo Dick da questi punti di vista – che pure sono importanti per capirlo – se non per quegli elementi che serviranno per spiegarne gli aspetti visuali, che sono il nostro principale oggetto di indagine.
Come molto acutamente fa notare Dick nelle sue pagine teoriche, l’intero linguaggio SF si fonda intorno all’idea nuova, che deve essere spiazzante rispetto al senso delle cose quotidiano, deve fuoriuscire dalla normalità del corso degli eventi; non si tratta per forza di una innovazione di carattere tecnologico (il novum), né tanto meno si colloca sempre in un momento futuro.
Quello dickiano è un linguaggio basato sugli scarti di sensi, che gioca con le alterazioni dello status quo, in barba alle condizioni dominanti e ai discorsi imperanti. Sono giochi sul senso, altamente semiotici in quanto rimettono in discussione i consueti regimi di significazione, le pratiche linguistiche consolidate intorno alle quali si è fondata tutta una sovrastruttura di potere che esercita il suo poter-far-fare/pensare proprio grazie all’esercizio del linguaggio. Quello che risulta essere una peculiarità della SF è uno “sguardo” particolare rispetto alla configurazione di senso del mondo e della narrazione.
È un’idea profondamente radicata nella SF, quella del linguaggio che cambia il mondo, che riflette e costruisce la società dove circola, divenendo sia moneta di scambio che collante sociale.
Dick stesso, riprendendo la lezione di Orwell, afferma a più riprese che “chi controlla il significato delle parole controlla anche chi usa quelle parole” e pone questa proposizione come base dei suoi universi, e nel farlo ci autorizza ad usare la semiotica come strumento per controllare la temperatura di questo cambiamento.
1.1 Ai confini della realtà. La vita di Philip K.Dick
La vita di Philip K. Dick e la sua opera, così come il suo pensiero espresso in forma saggistica ed epistolare, formano un insieme coeso di difficile scissione o – per dirla in termini semiotici – costituiscono un tutto di significazione[13]. È solamente a titolo euristico che compiremo un’operazione fuorviante come quella di dividere tra loro eventi in realtà compresenti e perlopiù coincidenti. Ne La Semiosfera il semiologo Jurij Lotman sottolinea:
Come un volto, che si riflette in uno specchio, si riflette anche in qualunque suo frammento, che appare così una parte dello specchio e nello stesso tempo simile ad esso, nel meccanismo semiotico il singolo testo è per certi aspetti isomorfo al mondo testuale. Esiste infatti un evidente parallelismo fra la coscienza individuale, il testo e la cultura nel suo insieme.
(Lotman 1985, p.66)
Ci riferiremo quasi esclusivamente alla biografia ufficiale di Philip Dick redatta da Lawrence Sutin, riconosciuta da tutti (compreso Paul Williams, suo primo esecutore testamentario) come la più completa e accurata. Useremo il tempo presente per rendere l’attualità del vissuto dickiano.
Vita di Philip K. Dick
1928-1944 anni giovanili (0 – 16 anni)
Il trauma della morte di Jane rimase l’evento centrale della vita psichica di Phil. Tale tormento si estese lungo tutta la sua esistenza, manifestandosi in rapporti difficili con le donne, in un’attrazione a risolvere i dilemmi dualistici – fantascienza/mainstream, reale/falso, umano/artificiale – e, alla fine, nella cosmologia dalla duplice origine descritta nel suo capolavoro Valis (1981).
(Sutin 2001, p.31)
Philip Kindred Dick nasce a Chicago il 16 dicembre 1928, frutto di un parto gemellare, figlio di un funzionario del Ministero dell’Agricoltura, Edgar Dick, e di sua moglie Dorothy. Dopo poche settimane, agli inizi del 1929 la sorellina Jane Charlotte muore per le insufficienti cure ricevute, aprendo una ferita insanabile nella vita di Philip. I genitori divorziano nel 1933 in piena Depressione, in seguito al rifiuto di Dorothy di seguire Edgar in Nevada, dove si trova il suo nuovo posto di lavoro. Poco dopo il piccolo Phil si traferisce con la madre a Washington, dove frequenta i primi anni delle elementari prima di tornare definitivamente nella San Francisco Bay Area nel 1938. A questa giovane età Philip manifesta, oltre ad una propensione verso la scrittura di poesie e racconti, anche i segnali di una salute cagionevole, con disturbi di carattere psicosomatico come l’agorafobia, la difficoltà a deglutire e la tachicardia, uniti ad un odio quasi viscerale nei confronti delle strutture scolastiche. A 12 anni scopre la fantascienza per caso comprando Stirring Science Stories in edicola, una delle tante pubblicazioni di SF di quegli anni, che insieme ai fumetti e alle riviste “pseudoscientifiche” sono le letture preferite di Phil.
1944-1950 (16 – 22 anni)
Ricordo, ero un adolescente e andavo da uno psichiatra – avevo dei problemi a scuola – e gli dissi che avevo incominciato a domandarmi se il nostro sistema di valori – ciò che è giusto e ciò che è sbagliato – fosse vero in senso assoluto o se non fosse semplicemente relativo, dal punto di vista culturale. E lui mi disse: «Questo è un sintomo della tua nevrosi, il fatto che dubiti di ciò che è giusto e ciò che è sbagliato».
(Sutin 2001, p.70)
Insediatosi a Berkeley, frequenta la Berkeley High School, cosa che non riesce a placare, semmai acuisce i suoi attacchi di asma, tachicardia e di vertigini. Molti lo descrivono come un ipocondriaco nei confronti delle sue condizioni mentali, motivo per il quale va regolarmente da uno psichiatra, verso cui nutre un certo risentimento. Ancora alle superiori Philip comincia a fare dei lavoretti come commesso alla University Radio e poi presso l’Art Music, entrambi di proprietà di Herb Hollis. Come rileva Sutin,
i valori che Hollis e la sua strana ciurma incarnavano – competenza, lealtà, indipendenza di spirito, il piccolo individuo che sa ergersi al di sopra del cartello corporativo privo d’anima – formarono il credo sociale cui Phil si attenne attraverso tutte le mutevoli realtà della sua narrativa.
(Sutin 2001, p.71)
Appassionato di musica classica, per qualche tempo cura un programma alla radio locale. Sempre al negozio di Hollis conosce Jeannette Marlin, la sua prima moglie anche se per breve. Abbandona l’università per un esaurimento nervoso.
1950-1958 (22 – 30 anni)
Ormai a ventidue anni, dopo aver abbandonato l’università per il suo innato pacifismo oltre che per i sempre presenti motivi di salute, Philip conosce Kleo Apostolides, che diventa una moglie comprensiva e stimolante dal punto di vista intellettuale. In quegli anni Dick si divide tra il lavoro e la casa, e proprio grazie al lavoro all’Art Music che conosce Anthony Boucher, incontro decisivo per la sua futura carriera di scrittore. A lui infatti vende il suo primo racconto fantasy «Roog», incentrato sul punto di vista di un cane. A questo punto, con un vero e proprio boom del mercato delle testate fantascientifiche (nel 1953 uscivano regolarmente ben 23 riviste di SF) Phil “in un impeto faustiano” lascia ogni altra occupazione per dedicarsi alla scrittura a tempo pieno. Nel 1952 approda all’agenzia Scott Meredith, alla quale resterà legato con qualche breve eccezione, per tutto il resto della sua carriera.
Anche se riesce ad appagare la sua più grande ambizione che è quella di scrivere, Phil si sente frustrato per lo scarso ‘salario’ del suo lavoro, versando spesso in condizioni di miseria economica.
Ha un’enorme conoscenza di argomenti quali la letteratura, la teologia e la musica classica, ma questo non basta per farlo accettare come un “artista” nell’ambito in cui si trova. Fuori dalle convention di SF – curiose comunità frequentate da trolls e wackos, “eccentrici” – dove si sta facendo un nome, egli viene per lo più considerato un poveraccio che si guadagna da vivere scrivendo fesserie. Dick chiaramente soffre molto questi malvagi pregiudizi, che non solo relegano la SF a genere paraletterario, ma con ogni probabilità gli impediscono di vendere i suoi romanzi mainstream alle casi editrici dell’epoca. Per tutti gli anni ’50, di fatto, Dick si dedica in maniera assidua ad una produzione non di genere, nutrendo la nascosta ambizione di venire pubblicato fuori dal circuito delle riviste pulp e degli Ace Double[14]. Nondimeno in occasione di questi incontri, come nella Science Fiction Worldcon del 1954, fa la conoscenza di giovani fan, come Harlan Ellison, e scrittori affermati come A.E.Van Vogt e Poul Anderson. Dal 1951 al 1958 scrive un’ottantina di racconti e 13 romanzi, sei di fantascienza , sette mainstream; il 1954 in questo senso rappresenta l’anno di svolta in favore dei romanzi.
1958- 1963 (30 – 35 anni)
A fine estate del 1958 Philip e Kleo si trasferiscono a Pont Reyes Station, allontanandosi da Berkeley. Dopo un breve periodo di felicità, il loro matrimonio entra in crisi grazie all’incontro della coppia con Anne Rubenstein, una colta e facoltosa vedova che abita in zona. Phil e Anne intrecciano una relazione che provoca chiaramente il divorzio con Kleo. Le vicissitudini di Philip e Anne sono narrate, con buona aderenza ai fatti reali, nel suo romanzo mainstream Confessioni di un artista di merda. Nel ‘59 Phil, trasferito nella “vistosa” casa di Anne, la sposa.
La sua prima figlia, Laura Archer Dick, nasce nel 1960. A quel tempo Phil vagheggia addirittura di lasciare la scrittura – in quanto poco remunerativa – per aiutare l’attività di creazione e commercio di gioielli che Anne ha messo in piedi. Fortunatamente il risentimento di Dick sfocia in un altro esaurimento nervoso dal quale ne esce vittorioso con il suo primo capolavoro: L’uomo nell’alto castello, che gli varrà il massimo riconoscimento letterario all’interno del circuito SF, il Premio Hugo. In quegli anni scrive anche Noi Marziani, “uno sguardo umano e divertito sulla vita delle colonie terrestri in lotta su Marte”.
1963-1965 (35 – 37 anni)
Nel 1963-1964 Phil scrive ben 11 romanzi di fantascienza, tra cui spiccano Cronache del dopobomba, Follia per Sette Clan e Le tre stimmate di Palmer Eldritch. Malgrado le discussioni e i rapporti con Anne assumano toni sempre più accesi, Philip Dick “prospera nel caos”, riuscendo ad autoimporsi una disciplina fuori dal comune. A metà del 1963, mentre attraversa un periodo di isolamento e angoscia, Philip ha un’orrenda visione nel cielo di West Marin: una faccia metallica e crudele sembra scrutarlo. In seguito a questa Visione, Phil si rivolge alla religione in preda ad una crisi spirituale, ma l’incontro con lo gnosticismo di certo non favorisce la scomparsa della sue paure. Non bisogna dimenticare che in quel periodo Philip assume crescenti quantità di anfetamine per sostenersi e scrive Palmer Eldritch proprio sotto l’effetto di tali sostanze unite ad altre non meglio precisate «sostanze psichedeliche». Nel 1964 Dick affronta la sua terza separazione, divorziando da Anne e ristabilendosi nell’ambiente sociale della Bay Area. Per qualche mese convive con Grania Davidson, futura scrittrice di SF, che così lo ricorda:
Certo che era pazzo, come una civetta. Ma era anche molto più di tutto questo, aveva una personalità ricca e complessa. La pazzia costituisce solo una sfaccettatura di quest’uomo incredibilmente complesso, brillante, autenticamente mistico, assolutamente umano.
(in Sutin, op.cit.)
La loro casa di East Oakland è un salotto sociale della fantascienza, con una cerchia di amici composta da Ray Nelson, Poul e Karen Anderson, Marion Zimmer Bradley e altri. Sempre solo e alla ricerca di qualche musa candida e gentile che lo affianchi, Philip tenta un paio di flirt occasionali prima di impelagarsi con una ragazza di ventuno anni con i capelli scuri, Nancy, che di lì a poco sarebbe diventata sua moglie.
1965-1970 (37 – 42 anni)
In un momento dapprima molto felice Philip si innamora di Nancy, ragazzina ventunenne con problemi simili ai suoi, come a cercare vicendevole sostegno. Quando Nancy rimane incinta, si sposa nel ‘66 per la quarta volta; la loro figlia Isolde Freya nasce il 15 marzo 1967. Nonostante l’ubiquo pericolo della povertà in canna e le preoccupazioni legate alla nascita della seconda figlia, Dick scrive in quei prolifici anni nove romanzi completi, parti di altri tre e numerosi racconti e saggi. Tre fra i suoi romanzi migliori risalgono a questo momento: In senso inverso, Ma gli androidi sognano pecore elettriche? e Ubik, che gli vale addirittura la nomina di membro onorario al College de Pataphysique. Rammenta Sutin che “durante la composizione di Scorrete lacrime, disse il poliziotto, nel 1970, fece sgorgare centoquaranta pagine in una seduta di quarantott’ore”. Gli stimolanti lo mettono in condizione di lavorare con poche ore di sonno e gli alleviano le sue brucianti depressioni. Sempre in quel periodo conosce una persona molto importante: James A. Pike, il vescovo episcopale della California. Divengono amici molto intimi grazie alla loro abilità nelle ardite speculazioni a carattere teologico, che confluiranno in buona parte nelle opere di finali di Dick e specialmente in Labirinto di Morte e La trasmigrazione di Timothy Archer.
Phil non ama le spiegazioni «occulte» che evitano un’analisi rigorosa, è piuttosto scettico riguardo ai fenomeni psichici, ma l’esperienza con un «trip» di mescalina gli dà l’idea per un romanzo (Scorrete lacrime) e gli fa provare “una sorta di amore mistico per gli estranei”, cosa che lo porta ad aprire la propria casa ad un incontrollato flusso di sbandati e perdigiorno accomunati dall’interesse per la droga. Conseguenza e causa di questo comportamento è l’abbandono di Nancy, che porta Isa con sé poiché non poteva più far fronte all’accoppiata di droghe & depressioni, che affliggono Philip ormai in maniera cronica. È necessario ricordare che “lo Zeitgeist degli anni Sessanta conferiva alle droghe una patina di gloria e avventura oggi del tutto assente” e Dick, pur non essendo un convinto assertore delle droghe, ne fa un uso “convenzionale”. Testimonianza di questo atteggiamento ambivalente è la sua partecipazione alla “antologia psichedelica” di Harlan Hallison Dangerous Visions, a cui Dick partecipò con un racconto – La fede dei nostri padri – che nelle intenzioni del curatore avrebbe dovuto essere composto sotto dettatura mescalinica, ma in realtà, come ammette più tardi lo stesso Dick, non è stato scritto in tali condizioni. Alla convention SF Baycon del 1968, ufficiosamente chiamata «Drugcon», in un contesto su di giri Philip Dick fa amicizia con altri scrittori di SF come Philip José Farmer, Ray Bradbury, Robert Silverberg, Fritz Leiber, Norman Spinrad e Roger Zelazny (con cui dopo collaborerà per Deus Irae). Nonostante questo, di certo non si può interpretare la portata del pensiero dickiano leggendolo come una cartina al tornasole di un consumo sfrenato di droghe allucinogene; prova ne è la dimensione del suo corpus letterario, inimmaginabile senza un’abbondante dose di disciplina[15].
1970-1972 (42 – 44 anni)
Quello che avete letto è un romanzo che riguarda alcune persone che sono state punite eccessivamente per quello che hanno fatto. Volevano divertirsi, ma si comportarono come quei bambini che giocano per strada, che per quanto possano vedere come ciascuno di loro, l’uno dopo l’altro, rimanga ucciso, travolto, mutilato, annientato, non per questo smettono di giocare. Per un certo lasso di tempo noi tutti siamo stati davvero felici, seduti qua e là senza faticare, semplicemente pazzeggiando e giocando. Ma questo lasso di tempo è stato terribilmente breve e la punizione che ne è seguita è stata al di là di ogni immaginazione, e anche quando infine la vedemmo abbattersi su di noi, non riuscivamo a crederci.
«Nota dell’autore», Un oscuro scrutare (1977)
La struggente nota posta da Dick a conclusione di uno dei più bei romanzi sulla droga mai scritto, ben descrive la “valle di lacrime” in cui si muove negli anni successivi all’abbandono della sua quarta moglie e di sua figlia Isa. A peggiorare le cose ci sono le perdite ravvicinate di due grandi figure paterne per Dick: Anthony Boucher ed il vescovo Pike.
Isolato dal mondo, lo scrittore sente il bisogno di circondarsi di vita a qualunque costo, per non cedere alle derive schizofreniche che insidiano la sua psiche in costante pericolo. La quantità di droga e musica (si spazia da Mozart ai Grateful Dead) a tutto volume nella casa di Santa Venetia è inferiore solamente alle vette di paranoia che Philip può raggiungere; non passa giorno che egli non tema i comunisti, i nazisti, l’FBI e la CIA.
Vive in una costante situazione di allarme per qualche pericolo imminente che possa sconvolgere il precario equilibrio creato in quel piccolo universo che è casa sua, dalla quale non esce mai. Nel novembre del 1971, proprio quando la sensazione di pericolo si fa più vivida, la sua casa subisce un furto con scasso del quale non si scoprirà mai il responsabile; Phil sforna un elenco di sospettati lunghissimo che, molto dickianamente, comprende anche lui stesso.
1972-1974 (44 – 46 anni)
Nel 1972 Philip Dick viene invitato in Canada come ospite d’onore di una convention di SF; il suo saggio L’androide e l’umano è accolto talmente bene che Phil per qualche tempo pensa di trasferirsi in Canada. Purtroppo fantasmi vecchi e nuovi (certi “mafiosi” che lo caricano in limousine facendogli domande che non ricorda), uniti alla solitudine, lo spingono verso l’ennesimo e quasi riuscito tentativo di suicidio l’anno seguente a Vancouver. Dopo un breve soggiorno alla clinica X-Kalay per disintossicarsi dalle anfetamine, Philip torna a Fullerton, ricevendo diverse offerte d’aiuto. Qui conosce quella che diventerà la sua quinta moglie, Tessa Busby, chem nel 1973 gli dà il suo primo figlio maschio, Christopher. In quell’anno, mentre lavora ad Un oscuro scrutare, Phil si trova al centro dell’attenzione pubblica, la BBC e una troupe francese vengono per riprenderlo a Fullerton; tra i giornali il Vertex e il London Daily Telegraph lo intervistano mentre la Entwhistle books manifesta l’intenzione di pubblicare Confessioni di un artista di merda.
Febbraio 1974- febbraio 1975 (46 – 47 anni)
16 marzo 1974: è apparso – in un fuoco vivo, dai colori splendenti e dai motivi ben equilibrati – e mi ha liberato da ogni schiavitù, interna ed esterna.
18 marzo 1974: Esso, da dentro di me ha guardato fuori e ha visto che i conti del mondo non tornano, che a me – e a lui – hanno mentito. Ha negato la realtà, e il potere e l’autenticità del mondo, dicendo: «Ciò non può esistere; non può esistere».
20 marzo 1974: Si è completamente impadronito di me, sollevandomi dai limiti della matrice spazio-temporale; mi ha dominato mentre, allo stesso istante, sapevo che il mondo attorno a me era irreale, era una finzione. Grazie alla sua forza ho inteso, tutto d’un tratto, l’universo per quello che è; grazie alla sua capacità percettiva ho visto cosa esisteva realmente, e grazie alla sua forza di decisione senza pensiero ho agito in modo da liberarmi. Ha ingaggiato battaglia, da campione di tutti gli spiriti umani in schiavitù, contro ogni male, ogni Cosa di Ferro che ci imprigiona.
(Sutin 2001, pp. 243-4)
Questo è un anno cruciale per Philip K. Dick. Quello che accade nel corso di questo spazio di tempo sarà al centro delle quasi ottomila pagine redatte da Phil nella sua Esegesi. Ripercorrendo i fatti immediatamente antecedenti all’evento troviamo un Dick sempre più esasperato dalle responsabilità di una nuova paternità, terrorizzato dal fisco e attanagliato da dolori fisici e mentali (parla di «psicosi totale»). Ma la sua vita è giunta ad un punto di svolta: la rivelazione tanto bramata arriva sotto le parvenze di una bella ragazza venuta a portargli un antidolorifico per il suo dente del giudizio.
Aprendo la porta Dick rimane letteralmente “abbagliato” da un ciondolo a forma di pesce dorato e si ritrova in balia di una forza ignota, sperimentando un’anamnesi, ovvero un recupero di vite passate e ricordi genetici. A questo affascinante episodio della sua vita, il mito del fumetto underground americano Roger Crumb dedicherà le otto tavole che analizzeremo nel terzo capitolo, quindi eviteremo di entrare troppo nel dettaglio. La cosa importante non è tanto cosa realmente sia avvenuto – che non ci è dato sapere – ma cosa quell’avvenimento ha rappresentato per Phil, all’interno della sua vita psichica. Secondo Dick, infatti, c’è stato un contatto con l’elemento divino, l’irruzione di una forza primigenia che lo ha messo in contatto con un’altra entità dentro di sé. La sua mente diviene teatro di un’intensa «attività fosfenica[16]»
Per quasi otto ore continuai a vedere questi spaventosi vortici di luce, se così si può dire; ruotavano di qua e di là, e si spostavano a velocità incredibile. La cosa più dolorosa era la rapidità dei miei pensieri, che sembravano in sincronia con le luci; era come se io stesso mi muovessi e le luci fossero immobili.
Ma il più sensazionale di tutti i cambiamenti fu l’avvento del raggio di luce rosa che sparava informazioni nel cervello di Phil. […] incominciò a vedere immagini rettangolari rosa sulle pareti del loro appartamento anche quando non aveva ancora guardato l’insegna del pesce alla luce del sole. Quando lo colpiva, il raggio di luce rosa era accecante, come un flash che scattasse sulla faccia di Phil. Il raggio era ricco di informazioni e pieno di sorprese a carattere spirituale.
(Sutin 2001, p. 242, 247)
Phil è sicuro di comunicare con un ente dopo il 2-3-74: lo chiama VALIS, acronimo di Vast Active Living Intelligence System.
Come nota spiritosamente Sutin,
in America, se uno è abbastanza sfortunato da avere delle visioni dalla parvenza spirituale, è meglio che queste siano conformi alle dottrine di una qualche chiesa ufficiale. Se così non è si diventa pazzi, punto e basta.
(Sutin 2001, p. 250)
E più avanti, precisa:
Phil non aderiva a nessun singolo credo. L’unica tradizione che indubbiamente gli apparteneva era quella della fantascienza – che esalta il «What If», al di sopra di ogni altra cosa. Nel 2-3-74 tutti gli «E se…» erano mischiati tra di loro.
(Sutin 2001, p. 262)
Philip non solo non riesce ad incastrare le visioni in una dottrina precostituita, ma come sempre si trova alle prese con la sua salute cagionevole, slogandosi la spalla già malandata mentre gioca a baseball; in cambio però riceve un’informazione che salverà la vita a suo figlio. Il raggio rosa, infatti, lo informa della grave ernia inguinale non diagnosticata che affligge Cristopher, con una precisione e un tempismo che riusciranno a salvare il piccolo giusto in tempo.
In questo annus mirabilis, denso di visioni e comunione mistica con l’universo, Dick riceve anche i primi seri corteggiamenti da parte di Hollywood, che lo farà penare non poco nei suoi ultimi anni di vita. Diversi libri vengono opzionati: da Tempo Fuori Luogo a Le tre stimmate di Palmer Eldritch, da Ma gli androidi sognano pecore elettriche? a Ubik, che addirittura mobilita il regista outsider francese Jean-Pierre Gorin, il quale, oltre ad avere collaborato con Jean-Luc Godard, aveva interessato anche Francis Ford Coppola alla produzione. Purtroppo queste vicende hollywoodiane non troveranno un’attualizzazione che alla sua morte. Rilascia anche una lunga intervista a Rolling Stone, nel corso della quale discute con Paul Williams di molti aspetti implicati nei suoi libri e approfondisce le sue teorie sull’intrusione subita nel ’71, in un crescendo di paranoia che culminerà con la lettera Xerox, una missiva che doveva annunciare la sua morte.
Sutin ricorda che anche ipotizzando che le sue percezioni siano state alterate da una lesione al lobo temporale, in ogni caso egli sarebbe in buona compagnia, visto che anche Dostoevskij e Pascal soffrivano gli stessi sintomi.
1975-1978 (47 – 50 anni)
Dopo l’ennesimo abbandono di Tessa, dovuto alle tensioni familiari, Phil prova per l’ultima volta a togliersi la vita ingerendo quarantanove tavolette di digitalina, un vasto assortimento di pillole e mezza bottiglia di vino, tagliandosi il polso sinistro e sedendo nella sua Fiat dentro il garage col motore acceso. Benché abbia previsto tutto, fortunatamente non riesce nell’intento. Dopo il mancato suicidio, Phil lascia Tessa e nell’estate del 1976 si trasferisce in un condominio a Santa Ana. Comincia a vedersi con Doris Sauter, con cui intrattiene una relazione sempre più stretta, alternando momenti di pace e beatitudine ad altri di gelosia e isolazionismo, condizione che gli è vitale per scrivere.
In seguito alla sua divina invasione, Dick si ritrova totalmente coinvolto nel tentativo di comprendere la sua esperienza, sia dal punto di vista razionale che metafisico. Lo fa con l’Esegesi, un monumentale documento di oltre ottomila pagine scritto a mano.
Inaugura un lungo periodo di ricerche che lo portano ad investigare dalle opere sul pensiero gnostico, orfico e zoroastriano alle concezioni orientali del buddismo, passando per l’attenta consultazione dell’ Encyclopaedia Britannica e dell’ Encyclopaedia of Philosophy. Elabora delle nuove teorie alla luce delle recenti scoperte in campo scientifico, come quella del «Principio Zebra» (legge sul mimetismo animale nata dallo studio degli uccelli che Dick applica al contesto umano) o, ancora, le proporzioni del rettangolo aureo (studiate da Fibonacci) o le ricerche sugli emisferi del cervello.
Dick prova a sistematizzare un sapere vastissimo, traendo le somme della sua opera, per interpretare gli eventi del 2 marzo 1974, alla ricerca del loro senso più profondo, ma non è impresa facile.
A quest’epoca risalgono i saggi Cosmogonia e Cosmologia e Come costruire un mondo che non cada a pezzi dopo due giorni, in cui egli vede in alcuni “valori rivisitati” la possibilità di arrivare al cuore della realtà: l’amore, la ribellione, l’umorismo, la determinazione, i piccoli valori.
Nella sua vita esteriore Dick guadagna preziosi amici e comincia a sperimentare la fama; nel 1977 infatti, è chiamato in Francia per il Festival di SF di Metz e viene accolto come il più grande scrittore di tutti i tempi, il suo discorso si intitola «Se vi pare che questo mondo sia brutto dovreste vederne qualcun altro». Intanto in patria trova il “pungolo” teorico di K.W.Jeter, suo carissimo amico e apprendista con cui scopre nuovi input (Discreet Music di Brian Eno e L’uomo che cadde sulla terra con David Bowie) e sperimenta alcune soluzioni linguistiche (il cut-up); a Jeter dedicherà un’intensa introduzione per il suo Dr. Adder.
È un momento felice per chi, come Dick, ha necessità di sicurezza e amicizia, poiché trova anche la preziosa guida e il conforto di Russel Galen, neoassunto all’agenzia Meredith, che riesce a fargli superare la sua impasse creativa, e a cui dedica Valis per avergli “indicato la via”.
Dopo quattro anni di interrogativi su quale forma narrativa dovesse assumere il 2-3-74 e se fosse possibile romanzare qualcosa che forse non era accaduto, Dick trova di nuovo le motivazioni e l’aiuto di cui aveva bisogno per continuare a scrivere.
1978 – 1982 (50 – 54 anni)
Philip comincia a ricevere il meritato compenso per chi lavora con la fantasia; i soldi che gli arrivano dai proventi delle sue vendite editoriali e le opzioni dei suoi libri per il cinema per la prima volta stabilizzano la sua situazione economica. Ma Phil non si sente tranquillo, deve sistemare una questione in sospeso: drammatizzare gli eventi del 2-3-74. Nonostante la sua vita esteriore assuma un andamento routinario grazie ai suoi fedeli amici che lo circondano, Dick sfodera in rapida successione quella che sarà conosciuta come la Trilogia di Valis, a cui andrebbe aggiunta Radio Libera Albemuth, nella veste di prologo. Nel ’78 completa Valis e nel 1980 in due settimane scrive di slancio anche Divina Invasione, originariamente intitolato Valis Regained, che unisce le idee religiose ad una trama SF di invasione.
A questo punto subentra l’imponderabile, il 17 novembre 1980 si riaccende il contatto diretto col divino; nelle cinque pagine che Phil scrive a caldo dopo la «teofania» per la sua Esegesi, si trova alle prese con l’Infinito. Chiaramente è una partita che rimane aperta.
L’ultimo romanzo che Dick riuscirà a completare è La Trasmigrazione di Timothy Archer, l’esplorazione dell’anima di un uomo, modellato sul vescovo Pike, alle prese con le sue ossessioni. Ma Philip è sempre più stanco di tutto e di tutti. Sente che la sua ora si avvicina inesorabile e infelice per l’incompiutezza della sua ricerca spirituale (l’Esegesi), abbandona anche l’ultimo progetto che aveva in cantiere, The Owl in Daylight.
L’ultima cosa che Dick fa è sostenere che la conoscenza della «iper-struttura» dell’universo è possibile. Potrebbero evolversi in nuove specie, con un più alto livello di coscienza rispetto agli umani, e la «iper-struttura» è impegnata attivamente in questa evoluzione.
Nel 17 settembre 1981 si sveglia in preda ad una visione ipnagogica del Salvatore, che si chiama Tagore e si trova a Ceylon.
Con l’intervistatore Gregg Rickman parla molto degli avvenimenti che stanno caratterizzando quel periodo, la sua visione di Tagore, la sua esperienza religiosa e Valis sembrano trovare conferma anche nelle affermazioni di un artista ed esoterista inglese, Benjamin Creme, che annuncia l’imminente arrivo della seconda reincarnazione del Cristo, futuro Buddha.
Ho capito: ho un potere. In termini di cosa scrivo & in termini di cosa faccio con i soldi che mi guadagno scrivendo. La parola chiave è efficacia. Mi interessa soltanto una cosa: invece di essere modellato dalla società, voglio modellarla io (1) con i miei scritti, (2) con ciò che faccio con i miei soldi, (3) nelle interviste, (4) nei film (…) Stanno emergendo immense dottrine (…) Ecco dove porta l’intera opera: è un’anticipazione del regno imminente di Dio. In altre parole il kerygma.
(Sutin 2001, p.320)
Philip K. Dick termina la sua esistenza terrena il 2 marzo 1982. Riposerà vicino sua sorella Jane a Fort Morgan, in Colorado.
1.2 “Qualcosa di vivo, mobile e lucente”. Il corpus narrativo di PKD
L’opera di Dick non è solo un complesso sistema testuale, ma – utilizzando una metafora – un vero e proprio generatore di testi, in prospettiva semiotica un serbatoio narrativo e discorsivo in grado di riprodursi attraverso adattamenti e trasposizioni non solo intrasemiotiche (letteratura di genere e non), ma anche intersemiotiche (cinema, televisione, radio). Per questo motivo consideriamo necessario un approccio globale alla sua produzione, proprio alla ricerca di quella coesione interna che caratterizza l’intera mole di scritti dickiani. Nelle pagine che seguiranno non ci arresteremo nell’analisi semiotica dell’opera di Dick, analizzando minuziosamente i suoi romanzi innanzitutto perché sarebbe operazione troppo complessa ed estesa considerata la dimensione del suo corpus narrativo, in secondo luogo perché ci farebbe sviare dal problema specifico della nostra analisi, ovvero gli attraversamenti tra i diversi linguaggi.
Prenderemo in esame quindi queste quattro tipologie espressive (i racconti, i romanzi, i saggi e l’Esegesi), consapevoli che solo la loro concatenazione rende giustizia al tutto-di-significazione dickiano, introducendo fin d’ora un elemento di primaria importanza, non ancora affrontato dalla critica, il quale può offrire una nuova chiave di lettura per l’opera dello scrittore californiano. Metteremo in relazione la figura di Dick con quella di un altro scrittore di fantascienza, Rudy Rucker, e con la sua concezione di scrittura, così come viene esposta nel suo Manifesto del Transrealismo. Ci sembra che quest’ulteriore riflessione sul ruolo della vita all’interno della narrazione possa chiarire una questione importante e quanto mai dibattuta: quanto la vita di un autore entra nei suoi scritti, e in che modo?
1.2.1 Dick e il Transrealismo
La mia opera di scrittore, in toto, rappresenta il tentativo di prendere la mia vita, e tutto quanto ho visto e fatto, riplasmarla in modo da conferirle senso.
Philip K. Dick
Il matematico e scrittore americano Rudy Rucker, teorizzatore della corrente letteraria del Transrealismo, è considerato da molti il padre del filone del cyberpunk insieme ad alcuni maestri indiscussi del genere come William Gibson e Bruce Sterling.
Diciamolo subito, Dick può essere a ragione considerato il precursore, fondatore e massimo esponente del Transrealismo. Precursore, perché scrive prima di Rucker. Fondatore, perché per primo capisce la potenza dell’accoppiata vita reale ed espedienti SF.
Motivando questa asserzione possiamo senz’altro ricordare che due romanzi di Rudy (Software e Wetware) hanno vinto il Philip K. Dick Award, il che certamente tradisce una marcata affinità tra i due scrittori californiani. Se non bastasse, aggiungiamo che Rucker usa come strumenti la teoria del caos e le geometrie dei frattali (gli insiemi di Mandelbrot) per rendere visibili percezioni rispetto alle quali usualmente non viene prestata attenzione.
Rucker come Dick ha espresso le sue convinzioni in forma saggistica, facendo ricorso alle scienze esatte in misura molto maggiore rispetto agli argomenti filosofici, ma ottenendo spesso risultati simili, specialmente ragionando su temi quali il tessuto tempo-spaziale, la quarta dimensione e l’infinito.
Lo scritto teorico dove Rucker rivela chiaramente le sue intenzioni è senz’altro il Transrealism Manifesto[17], un documento nel quale auspica un superamento dei clichés di produzione letteraria verso una forma di letteratura avanguardistica che prenda a piene mani dalla vita vissuta.
Secondo il primo dettame del manifesto «il transrealista scrive sulle immediate percezioni in un modo fantastico» per questo motivo «i personaggi dovrebbero essere basati su persone vere» e conclude: «il Transrealismo è una forma d’arte rivoluzionaria».
Non bisogna forzare l’immaginazione per rendersi conto che l’intera poetica del Transrealismo è parte integrante della produzione dickiana, che si pone come vera e propria opera d’arte transrealistica ante litteram.
Riguardo Le Tre Stimmate di Palmer Eldtritch, lo stesso Dick afferma:
[…] è un romanzo che venne fuori da potenti paure ataviche presenti in me, paure che risalivano alla mia prima infanzia e senza dubbio si ricollegavano al mio dolore e alla solitudine di quando mio padre ci abbandonò. Nel romanzo mio padre appare sia come Palmer Eldritch (il padre cattivo, il padre-maschera diabolica) che come Leo Bulero, l’individuo tenero, burbero, caloroso, affettuoso, umano. Il romanzo che ne scaturì proveniva dalla più grande angoscia possibile […]
(Sutin 2001, p. 248)
Riguardo la consonanza tra sentimenti provati e passioni espresse nei suoi romanzi, Dick ebbe a dire che ne Le Tre Stimmate di Palmer Eldritch
L’orrore e la paura espressi nel romanzo non sono sentimenti artificiali escogitati per interessare il lettore; vengono dalla parte più profonda di me; il desiderio del buon padre e la paura del padre maligno, il padre che mi ha lasciato
(Sutin 2001, p.157)
Dick è un autore Transrealista in quanto applica il principio di “scrivere sulle sue percezioni immediate in modo fantastico”, come nel caso della faccia di metallo che prende forma nel cielo di West Marin, che diventa il volto di Palmer Eldritch, o le bambole Perky Pat, protagoniste dei mondi simulati dei coloni su Marte.
Scrivere delle percezioni immediate in una forma fantastica, basare i personaggi su persone reali, iniziare un libro senza sapere come finirà, è esattamente ciò che ha fatto Philip K. Dick nel corso della sua carriera. Racconto dopo racconto, inizialmente, e in seguito romanzo dopo romanzo, i personaggi prendono vita e PKD si lascia imprigionare dai mondi che narra, riuscendo a malapena a distinguere gli eventi narrati da quelli vissuti, in una confusione estrema di semiotiche. La sfera narrativa prende terreno su quella esperienziale al punto che Dick si trova nella paradossale condizione più di una volta a scrivere di persone che conobbe solo in seguito o ancora a vivere situazioni esattamente come le aveva descritte nel suo libro. Un testo esemplare che ha dato adito a parecchie sovrapposizioni tra realtà e finzione è sicuramente Flow My Tears the policeman said, scritto in un lasso di tempo brevissimo (Dick confessa di averne scritto centoquaranta pagine sotto dettatura mentale in una sola seduta notturna). Personaggi che Dick avrebbe incontrato e scene che avrebbe vissuto vengono descritte fin nei minimi dettagli, nomi compresi. Quando chiese lumi a un prete ricevette un parere sbalorditivo: «Quello che stai vivendo, ciò di cui hai scritto, corrisponde per filo e per segno agli eventi narrati nelle Confessioni degli apostoli Santi Pietro e Paolo», gli spiega l’uomo di Chiesa. Anche questa “spiegazione” ha già trovato una trasposizione filmica in Waking Life di Richard Linklater (di cui ci occuperemo nel secondo capitolo).
Riguardo al rapporto vita-fiction, un sardonico Dick sostiene:
Suppongo che sia così che va la vita: ciò che temi di più non si verifica mai, ma lo stesso vale anche per ciò che desideri di più. Questa è la differenza tra la vita e la fiction. Suppongo che ci guadagniamo nel cambio. Ma non ne sono sicuro.
(Sutin 2001, p. 249)
Nel Transrealismo, l’aspetto del “trans” è costituito dalla presa di coscienza che gli strumenti della SF non sono altro che aspetti facenti parte della vita, non escapismi futuristici o tecnologici. Geniale da parte di Rucker è la concezione che gli strumenti a disposizione dello scrittore di fantasy e di SF non siano meri espedienti narrativi per dare corpo alla trama, bensì simboli archetipici di modi di percezione. Il viaggio nel tempo è la memoria, il volo è l’illuminazione, i mondi paralleli rappresentano la grande varietà di visioni del mondo individuali e la telepatia sta per la capacità di comunicare pienamente. L’aspetto del “realismo” è il riconoscimento del fatto che “ogni valida forma d’arte si dovrebbe occupare del mondo nella maniera in cui realmente esso è”. Il transrealismo in quest’ottica cerca di cogliere sempre ulteriori rimandi sotto – o sopra – la superficie del reale, non accontentandosi di narrare ciò che appare come realtà.
Ancora una volta la California conferma il suo particolare eclettismo all’interno degli Stati Uniti d’America, divenendo culla dei movimenti (siano essi artistici, letterari, libertari, musicali) e proponendo nuove forme di socialità. La proposta di Rucker non ha nulla da invidiare ad altri manifesti (hacker, hippy, psichedelici). I punti programmatici sono chiari e semplici da seguire – come è tipico negli Stati Uniti – proponendo una corrente letteraria che è insieme anche uno stile di vita, secondo la way of life californiana. Rucker (classe 1946) è passato attraverso tutti i fermenti politici e culturali degli anni ’60, avendo conosciuto Allen Ginsberg e altri esponenti di quei movimenti che sembravano essere sul punto di riuscire a terremotare la società civile dei benpensanti americani. In quel periodo c’erano i Grateful Dead, che spargevano colonne sonore per le coscienze dilatate dei party allucinogeni della West Coast, creando un vero e proprio seguito di massa; il tutto mentre nella East Coast la factory di Andy Warhol animava gli Exploding Plastic Inevitable, che si fregiavano delle musiche distorte dei Velvet Underground.
Note
[1] D’ora in poi nel testo verrà indicato anche con la sigla PKD.
[2] Ci riferiamo marcatamente all’esplosione di cui parla Jurij M. Lotman nel suo saggio La cultura e l’esplosione, su cui torneremo nel secondo capitolo riguardante la semiosfera.
[3] D’ora in poi nel testo l’aggettivo fantascientifico e le sue declinazioni, così come il sostantivo fantascienza verrà indicato anche con la sigla SF (science-fiction).
[4] Alcuni testi che indagano in questa direzione sono tra gli altri Barbieri 1998, Pezzini, a cura, 2002, Peverini 2004 e Pezzini, Rutelli, a cura, 2005.
[5] Infra, l’intervista con Andrea Traina in Appendice.
[6] Nel senso esplicitato in Marrone 2001, Introduzione.
[7] Sutin L.2001 [1989] Divine Invasioni. La vita di Philip K. Dick, Roma, Fanucci.
[8] La pertinenza di queste tematiche nella vita e nelle opere dello scrittore hanno reso possibile l’organizzazione di un convegno a Vicenza il 17 marzo 2006 dal titolo Dalla crisi dell’umano alla creazione di nuovi mondi. Identità, sostanze e paranoia attraverso l’immaginario di Philip K. Dick.
[9] Ci riferiamo al recente volume di Franco Rella, Scritture Estreme. Proust e Kafka.
[10] Significativo in questo senso il titolo di un romanzo di PKD, La penultima verità, che come ha sostenuto Carlo Pagetti è il punto di arrivo delle indagini dickiane.
[11] In questa direzione si sono già attivate riflessioni psicologiche e filosofiche.
[12] Intra, Appendice.
[13] Riprendiamo l’utile nozione dalla semiotica generativa di Denis Bertrand.
[14] Gli Ace Double erano una collana della Ace che pubblicava, schiacciati come un sandwich, due romanzi di ventimila parole in un solo libro; con una copertina per ogni lato. “Terry Carr, un direttore di collane di SF, era solito dire una battuta: se la Bibbia fosse stata pubblicata come un Ace Double, sarebbe stata ridotta a due volumi di ventimila parole, il Vecchio Testamento con il titolo Il Signore del Caos e il Nuovo La Cosa con tre anime.” (cit. in Sutin 2001, p.87)
[15] Questa posizione, tra gli altri, è condivisa anche da Luca Briasco, Infra, Appendice.
[16] Da «fosfene»: Abnorme sensazione visiva di punti luminosi. Devoto-Oli, 1983, Vocabolario illustrato della lingua italiana, p.1083
[17] A questo link è possibile leggere il Manifesto del Transrealismo in lingua originale: http://www.streettech.com/bcp/BCPgraf/Manifestos/transreal.htm
FONTE: https://www.fucinemute.it/2011/09/la-decostruzione-della-realta-la-semiosfera-di-philip-k-dick-i/
Primo anniversario in Memoria di Giorgio
Nella mente e nel nostro cuore oggi c’è un pensiero speciale per Giorgio Galli. Amico, professore e soprattutto Maestro di vita. Fondatore e guida dell’Istituto Studi Politici – ISPG – dal 2018.
E’ passato un anno esatto da quella domenica del 27 dicembre 2020, quando arrivò nel primo pomeriggio, come un fulmine a ciel sereno, la notizia dell’improvvisa morte di Giorgio. Nell’immagine in evidenza a questo post è riportata una parte della fotografia di come l’ho incontrato la prima volta ad una seduta di laurea all’Università Statale di Milano nel 1979, quando era docente di storia delle Dottrine Politiche ed era già una celebrità per la sua rubrica su Panorama, molto seguita, di commento settimanale alla politica nazionale.
L’Istituto di Studi Politici – ISPG – da Lui fondato e diretto ha cercato di portare avanti la sua opera e di conservarne la memoria attraverso una intensa attività scientifica, che è continuata sulle linee che Lui aveva tracciato con lungimiranza tempo addietro.
I risultati sono visibili su questo sito web, attraverso i molti post che raccolgono le tante iniziative che sono state organizzate nel corso di questo difficile anno.
Rimangono certamente ancora molte cose da fare…
Ci siamo preoccupati di raccogliere i tanti ricordi personali di amici e collaboratori, nonché di conoscenti e ammiratori, in una pubblicazione edita da Biblion.
Il libro ha un titolo particolare – “Politica e culture altre” – a significare l’attenzione di Giorgio verso tutti i sentieri culturali, utili a comprendere questa complessa realtà.
In copertina è riportato uno schizzo di Marta Dell’Angelo, da lei donato a Francesca Pasini, dove Giorgio sembra quasi senza età. Dell’Angelo ha saputo cogliere e ben rappresentare un’espressione tipica del “professore”, come era chiamato da tutti: serena curiosità, disponibilità e vivacità intellettuale.
Daniele V. Comero
Il Libro è uscito a fine ottobre ed è stato subito presentato a Milano a Palazzo Cusani, in collaborazione con l’UNUCI, che aveva avuto Giorgio numerose volte come relatore ai suoi convegni. Il programma, semplificato, dell’incontro è stato il seguente:
La registrazione video della presentazione del libro in Memoria di Giorgio, con gli interventi:
di Daniele Vittorio Comero e Stefano Gruno Galli
FONTE: https://www.istitutostudipolitici.it/2021/12/27/primo-anniversario-in-memoria-di-giorgio/
Recentemente, un mio amico ha descritto la vita odierna come un fare qualcosa per qualcuno che ti da dei soldi con cui vai in un supermercato dove trovi tutto ciò che desideri. Quindi ci sono le “colonne d’Ercole” delle casse: se hai abbastanza denaro passi con tutto quel che hai preso, altrimenti la roba torna indietro.
Finché i soldi ti bastano sei contento, ma se scarseggiano diventi ansioso, mentre quando non ne hai più ti disperi e diventi disposto a tutto pur di tornare a riempire il tuo carrello. La maggior parte degli umani vivono così, e chi non lo fa, desidera farlo.
Marcuse riassunto in una parabola, mi ha fatto tornare in mente la Piramide di Maslow.
La Piramide di Maslow.
Abraham Maslow è uno degli psicologi più citati. La sua Piramide dei bisogni umani è stata da alcuni criticata sotto il profilo scientifico, ma sotto quello pratico funziona benissimo, tanto che è entrata a far parte integrante delle strategie di marketing delle grandi imprese.
In sintesi, Maslow ritiene che il comportamento umano, come quello di qualunque altro organismo vivente, sia basato su una gerarchia di bisogni. La soddisfazione di quelli superiori viene perseguita solo quando quelli dei piani sottostanti hanno cessato di premere. La differenza è che i bisogni degli animali si fermano al secondo od al terzo livello; massimo al quarto per alcuni mammiferi sociali. La maggiore complessità della mente umana ne comporta invece cinque. Dunque prima di tutto vogliamo cibo, acqua, riposo e sesso. Una volta avuto questo, si preoccupiamo della sicurezza che, per noi, non riguarda solo una tana tranquilla, ma anche una struttura sociale retta da principi stabili e condivisi, sapersi in salute, non essere minacciati da ladri e terroristi, eccetera.
Soddisfatti questi bisogni primari, vengono i bisogni sociali e, infine, quelli spirituali che, in ultima analisi, consistono nell’attribuire una ragione ed uno scopo alla nostra vita. Può essere la salvazione dell’anima, l’accumulo di ricchezza, il progresso della scienza e qualunque altra cosa possa dare un senso alla nostra esistenza individuale e collettiva. E’ un bisogno tutto interiore, ma indispensabile perché è su questa base che individui e comunità costruiscono i modelli mentali da cui nascono le civiltà. Dunque la piramide è in noi, ma ha delle conseguenze importanti sul resto del mondo.
Tutti gli animali agiscono in base alle loro piramidi, ma il fatto di avere un piano supplementare ci rende intrinsecamente più “costosi”, rispetto al resto della biosfera. Per aggiungere un piano è infatti necessario allargare la base. Per fare un esempio, poniamo che si senta il bisogno di edificare un tempio; per farlo dovremo attingere a maggiori risorse e dissipare più energia. Consumi peraltro assolutamente risibili al confronto di quelli necessari per costruire e far funzionare un acceleratore di particelle in grado di soddisfare il nostro bisogno di capire l’intima struttura della materia (bisogno che personalmente condivido).
E se il bisogno è quello di fare shopping il risultato sarà comunque una maggiore dissipazione di energia. Sul piano morale tutti questi bisogni non sono uguali, ma su quello fisico si: in ogni caso stiamo aumentando l’entropia del pianeta per soddisfare una necessità che nasce dalla nostra mente e che dipende dalla ragion d’essere che ci diamo: glorificare un Dio, scoprire i segreti della natura, sfoggiare benessere, arricchirsi e via di seguito.
In ogni caso, soddisfare i bisogni dei piani superiori comporta un aumento dei consumi e, dunque, l’impatto esercitato sugli altri elementi dell’ecosistema, sia a livello individuale che collettivo. Più complessi sono i bisogni, più complessa e dissipativa deve essere la struttura materiale sottostante.
Ma se si rovesciasse la piramide?
Rovesciare la piramide.
La piramide è il solido geometrico più stabile in assoluto: scuoterla costa un enorme sforzo per un minimo risultato. E la stabilità della piramide psicologica di ognuno spiega, in parte, la resistenza che tutte le società oppongono a sostanziali cambiamenti nei paradigmi alla base delle loro strutture.
Chi non ha soldi per comprare al supermercato di cui sopra pensa a come poter rubare, oppure chiede l’elemosina; magari muore davanti all’ingresso. Al limite, cerca di bruciare il negozio, ma non smette di pensare al suo carrello vuoto. Perché si rassegni a pensare ad altro, è necessario che il supermercato cessi di esistere.
Certo, se il negozio sparisce molta gente muore e non solo di fame, ma anche per la totale disperazione che si deve attraversare quando il nostro modello mentale si disintegra. Quello che succede nella favelas è esemplare: le persone, soprattutto i giovani, non muoiono di fame, ma si suicidano con dosi crescenti di droga. Io credo che ciò avvenga perché, chi non riesce a trovare uno scopo alla propria vita, in qualche modo muore.
Vi è però un’alternativa alla disperazione ed è rovesciare la piramide, sicché il bisogno di soddisfare i propri ideali diventi prioritario perfino a quello di sopravvivere. Attribuire un significato alla sofferenza ci consente infatti di tollerarla, in nome e per conto di un più alto ideale, svincolandoci almeno in parte dalla paura che ci tiene ancorati allo status quo.
Il pompiere che entra in una casa in fiamme conosce bene il rischio che corre, ma lo fa perché mosso da un bisogno spirituale di soccorrere qualcuno in pericolo. Così come il soldato che si offre volontario per una missione suicida lo fa perché ha bisogno di proteggere la propria patria e, più modestamente, il volontario che lavora gratis per un’associazione lo fa perché in tal modo persegue uno scopo che per lui è più importante di un buon lavoro, o di una domenica di riposo.
Non credo che ci sia una formula accreditata per ribaltare la piramide, ma uno shock psicologico proporzionale ai sacrifici cui si va incontro credo che sia un elemento indispensabile. Può venire da una calamità, da un predicatore o da altro, ma di sicuro non dallo studio di un modello termodinamico. La scienza può aiutare chi cerca delle alternative, ma non può indurre nessuno a cercarle; per questo è necessaria un’emozione abbastanza forte da modificare sostanzialmente la nostra scala delle priorità.
Del resto, per il poco che se ne sa, i rituali iniziatici antichi si basavano proprio su questo schema: una fase distruttiva in cui venivano inferte dosi di dolore fisico e psicologico tali da distruggere il modello mentale dei novizi; quindi seguiva una fase in cui venivano forniti gli elementi per la costruzione del nuovo modello. Secondo me, stiamo entrando un una specie di iniziazione globale, con la differenza che nei rituali antichi ogni passaggio era progettato e gestito da persone esperte, mentre l’umanità si dovrà arrangiare con quello che troverà e che sarà capace di inventarsi lungo la via.
Rovesciare la Piramide di Maslow è la “rivoluzione” necessaria perché, finalmente, si smetta di pensare a come puntellare un sistema fatiscente e si cominci a pensare a quello che dovremo costruire, accettando di pagare le conseguenze delle scelte già fatte. Si smetta insomma di rimpiangere il passato, si smetta anche di sognare un futuro impossibile e si cominci invece a pensare come organizzarsi per un futuro possibile. Ma, al contrario dei rituali iniziatici antichi, il risultato è del tutto imprevedibile. Posta sulla punta, la piramide è estremamente instabile e può cadere in qualunque direzione. Ossia, l’instabilità rende possibile il cambiamento, ma rende anche impossibile prevedere il risultato. Cioè, il nuovo paradigma potrebbe anche essere qualcosa che non ci piace affatto.
L’idealismo e l’abnegazione possono produrre grandi eroi, come Salvo d’Acquisto, ma anche grandi criminali come le SS che lo fucilarono.
FONTE: https://www.apocalottimismo.it/rovesciare-la-piramide-di-maslow/
Ken Follett, il terrorismo islamico e la sete di potere
26 Dicembre 2021 – 16:54
Per niente al mondo è il nuovo romanzo di Ken Follett, un thriller internazionale che delinea il profilo di un mondo sull’orlo della terza guerra mondiale e della crisi globale
Ken Follett è senza dubbio uno degli autori più prolifici e più amati del mercato editoriale contemporaneo. Il debutto avvenne nel 1981 con La cruna dell’ago che gli spianò la strada come autore di grandi thriller internazionali, rischiando tuttavia di inglobarlo in un solo genere. Nel 1989, tuttavia, Ken Follett colse tutti impreparati quando diede alle stampe il bestseller I pilastri della terra, un’epopea storica diventata poi una saga con i capitoli successivi: Mondo senza fine, La colonna di fuoco e Fu sera e fu mattina. Perciò sembrava che l’autore britannico si fosse in qualche modo dedicato esclusivamente al romanzo storico. L’ultimo suo lavoro, Per niente al mondo, edito come sempre da Mondadori, è invece un’opera che miscela questi due aspetti dell’autore. Perché Per niente al mondo è un libro che è fitto di dettagli reali, quasi storici – sebbene la storia sia ambientata ai giorni nostri -, che fanno tuttavia da base a una trama fatta di intrighi, misteri e minacce da portare in superficie prima che sia troppo tardi.
La storia inizia nel deserto del Sahara dove un agente della CIA, Abdul John Haddab, è sulle tracce di un trasporto di droga il cui ricavato serve a finanziare l’acquisto di armi da parte dello Stato Islamico. Ben presto, però, l’agente verrà affiancato da una vedova che spera di poter cambiare il proprio destino, lasciandosi alle spalle la povertà dell’Africa per cominciare una nuova vita in Europa. Intanto, in Africa, la situazione internazionale sembra destinata al tracollo quando l’uccisione di un soldato americano riporta in auge le vecchie tensioni tra Nord Corea e America. Quando il presidente degli Stati Uniti promette un’azione contro la Corea l’equilibrio già precario fra le varie potenze cade a picco, portando anche la Cina a schierarsi contro il colosso americano. All’orizzonte comincia così a profilarsi uno scenario apocalittico, che potrebbe portare allo scoppio della terza guerra mondiale e, soprattutto, alla realizzazione della minaccia nucleare.
Per niente al mondo: un romanzo moderno
Per niente al mondo è un romanzo che si può definire corale, non solo per il gran numero di personaggi che si muovono nella trama, ma anche per la varietà di luoghi e situazioni che Ken Follett affronta in circa 800 pagine di romanzo. Lo scrittore britannico, che è sempre molto attento ai dettagli storici dei suoi romanzi, tocca alcuni dei punti nevralgici della società moderna e li mescola insieme per mostrare al lettore quanto una crisi globale non sia affatto così assurda. Dalla minaccia costante dello Stato Islamico e del terrorismo, passando per il regime di terrore della Corea del Nord e la crisi economica che sta investendo il pianeta, Ken Follett riesce a restituire uno scenario che, per quanto apocalittico, non è così lontano dalla realtà.
Ken Follett si prende quindi tutto il suo tempo, in Per niente al mondo, per esplorare la complessità delle relazioni internazionali, soffermandosi anche su come le superpotenze – come gli Stati Uniti e la Cina – cerchino soprattutto di mostrare il proprio potere, per non permettere agli avversari di avere la meglio. Se da una parte la trama è tesa alla ricerca della pace e al facile messaggio che dialogando si possono ottenere maggiori risultati, dall’altra è evidente che Ken Follett voglia mettere l’attenzione proprio sui pericoli che si profilano all’orizzonte per l’umanità. La sua è un’opera di finzione, che tuttavia affonda le radici nella contemporaneità e, in alcuni punti, somiglia quasi a una chiamata alle armi, un invito alla consapevolezza. Soprattutto Per niente al mondo sembra invitare il lettore a guardare alle proprie spalle, a quella storia già archiviata che, tuttavia, potrebbe ripetersi. Se lo spunto iniziale dell’opera – come si legge all’inizio del romanzo – nasce dallo studio della Prima Guerra Mondiale è altresì lecito supporre che nella trama di Per niente al mondo Ken Follett abbia visto come l’ambizione e la sete al potere di un singolo possono portare tutta l’umanità a un passo dal tracollo.
Per niente al mondo è un thriller internazionale che presenta una trama estremamente verosimile e credibile, che si snoda con dovizia di particolari ma senza mai rinunciare al ritmo, elemento fondamentale per un’opera tanto maestosa. Ken Follett si è mostrato anche abile nel bilanciare perfettamente le storie individuali di personaggi ben caratterizzati – come nel caso del primo presidente donna degli Stati Uniti- con le dinamiche oscure e a tratti segrete che si muovono dietro le quinte dei rapporti internazionali.
FONTE: https://www.ilgiornale.it/news/cultura/niente-mondo-ken-follett-terrorismo-islamico-e-sete-potere-1996589.html
Miseria e nobiltà della vanità
E se la vanità fosse il motore virtuoso del mondo? E se tutto ciò che di più nobile realizza l’uomo ̶ l’arte, la poesia, il pensiero, la scienza, la politica e perfino la santità ̶ provenisse dalla vanità? Vanità è il piacere di piacere ma è anche il senso del vuoto, dell’inanità del mondo e delle cose. E se l’uomo senza vanità si spegnesse, o degradasse al rango di vegetale, anzi di minerale, perché le piante forse sono esse pure vanitose? E magari anche i rubini, gli ori e i diamanti, sono a loro modo affetti da vanità…
In questi giorni sono usciti due testi esili ma preziosi dedicati alla vanità. Sono due opere, ristampate, di due autori che non ci sono più, che prendono la vanità in due modi opposti, suscitando in me reazioni inverse. L’elogio della vanità di Giuseppe Berto (ed. Settecolori) mi ha indotto al contrario a ripensare alla miseria della vanità; invece Vanità di Mario Andrea Rigoni (ed. La scuola di Pitagora) che ne commisera la tragica illusorietà, mi ha spinto al contrario a rivalutare la vanità.
Bepi Berto scrisse il suo elogio della vanità nel 1965, dopo il successo del suo libro più famoso, Il Male oscuro, ed è inevitabile il retrogusto autobiografico di queste pagine che si addentrano con ironia e leggerezza nella psicologia del successo. Un testo sparito, ritrovato dopo più di quarant’anni, ripubblicato con una nota preziosa di Cesare de Michelis, ora a cura di Manuel Grillo. Berto viaggia tra il narcisismo e l’esibizionismo, tra Leopardi e l’Ecclesiaste, e insinua il dubbio che perfino la forza e l’intelligenza siano al servizio della vanità. Citando La Rochefoucauld arriva a dire: “La virtù non andrebbe tanto lontano se la vanità non le tenesse compagnia”. Alla fine, pur scherzando, conclude che una giusta dose di esibizionismo, ben governata, può servire a lenire se non a “correggere gli errori del cielo e della terra”. Forte è invece il sospetto che la vanità rientri tra gli errori commessi rispetto al cielo e alla terra e che la virtù possa ridursi ad apparenza se si nutre di vanità.
Ho sentito invece l’impulso a difendere la vanità leggendo il libretto dedicatole da Rigoni, fratello minore di Cioran e discendente umorale di Leopardi. Rigoni è morto un paio di mesi fa; il libro a cui accennavo era già uscito una decina d’anni fa. Ci scrivemmo sul tema. Vanità è un libretto di pensieri brevi, in verità decrescenti: molto bello il primo capitolo, bello il secondo, meno bello il terzo, dedicato in prevalenza agli snob, infine un’ampia antologia di citazioni a cui manca forse l’epigrafe regina in tema di vanità. Quel: fama?fumus, homo?humus, finis?cinis, che è il necrologio di ogni vanità.
Lessi il libretto di Rigoni su uno scoglio dell’Algarve laddove finisce l’Europa, bevuta dall’Atlantico. Assediato dalle onde, sperduto sull’orlo dell’Oceano notavo che la felicità più bella è la più vana, perché non si lega a nulla fuori di se stessa, la pienezza di un istante rubato all’eternità. Leggendolo lì, coricato tra le rocce rosse, giungevo agli antipodi delle conclusioni di Rigoni, coniugando la vanità alla felicità e all’essenza nobile della vita. Nella sua prosa disperata godevo lo spettacolo dell’intelligenza che spalanca l’animo a vane imprese. Uno spettacolo esaltante, anche gioioso, tutt’altro che sepolcrale. E poi fa piacere incontrare uno più pessimista di te, ti fa sentire allegro e fiducioso al paragone…
Rigoni giudica il mondo un frutto vano della vanità di Dio. Ma ritiene che la vanità sia il desiderio di resistere alla morte, di essere e non sparire. Non morire! Non morire! fu il sogno supremo che Miguel de Unamuno riconobbe dietro la sua stessa scrittura e filosofia. Non morire è il sogno pietoso della vanità; ma la percezione di assurdità del sogno, lo rende tragico, nobile e vero. Rigoni segue la metafisica del niente di padre Emanuele Tesauro, e torna al nichilismo seduttivo di Cioran; una disperazione che riesce a sublimarsi in letteratura, in estetica, ironia, distillata nella magia della parola. E allora va distinta la vanità rivolta al fatuo compiacersi dalla vanità intesa come sentimento del vano ed esercizio operoso dell’inutile. La prima vanità degrada l’uomo a fiore, come nel mito di Narciso; invece la seconda specie di vanità eleva l’uomo perché l’inutile è il blasone dell’anima ben nata. “Coloro che chiamiamo inutili sono le vere guide” dice Platone.
Anche in Rigoni c’è l’Ecclesiaste con la sua vanitas vanitatum, c’è traccia della Gnosi e del suo mondo creato da un demiurgo funesto. Ma c’è soprattutto Leopardi e la sua strage di illusioni. Splendido quel suo Leopardi brutto, pallido e deforme ma con un sorriso angelico e una passione infantile per la cucina. Della vita di Leopardi mi colpì quasi quanto i suoi canti e i suoi pensieri l’immagine di lui morente che si delizia avidamente in Napoli con i gelati. Ho rivisto nella mia mente Leopardi ingoiare voracemente una granita di limone prima di spirare; un uomo vecchio di 38 autunni, ma con un volto che, stando al calco mortuario esposto a Recanati, somigliava a quello di Bobbio novantenne. Ma in quel vano e famelico gustare la granita si coglieva il nesso struggente tra un’infanzia avariata, sul punto di morire e un estremo attaccamento alla vita e alle sue puerili golosità. Il pensiero della morte aveva dominato tutta la sua vita; ora, finalmente giunto al suo cospetto, voleva assentarsi, perdersi nel piacere bambino, infimo e assoluto di una granita. Avrei voluto vederlo come gustava l’ultimo gelato; solo a immaginarlo, avido e morente, gli occhi si appannano di lacrime. In quel gesto vedo l’espressione più acuta della vanità della vita, laddove il frivolo e il tragico si sciolgono tra le scaglie dolci e agre di un gelato al limone. La vanità è il piacere breve di una granita che si scioglie mentre la gusti.
MV, La Verità (19 dicembre 2021)
*Nella foto: la “Vanità” di Tiziano (1512-1515 ca)
FONTE: http://www.marcelloveneziani.com/articoli/miseria-e-nobilta-della-vanita/
CYBERWAR SPIONAGGIO INFORMAZIONE DISINFORMAZIONE
WikiLeaks rivela file segreti su tutti i prigionieri di Guantánamo
Nella sua ultima pubblicazione di documenti statunitensi classificati, WikiLeaks sta facendo luce su una famigerata icona della “Guerra al Terrore” dell’amministrazione Bush – la prigione di Guantánamo Bay, Cuba, che ha aperto l’11 gennaio 2002 e rimane aperta sotto il presidente Obama, nonostante la sua promessa di chiudere la struttura tanto criticata entro un anno dal suo insediamento.
In migliaia di pagine di documenti risalenti al periodo 2002-2008 e mai visti prima da membri del pubblico o dei media, i casi della maggior parte dei prigionieri detenuti a Guantánamo – 765 su 779 in totale – sono descritti in dettaglio in memorandum del JTF-GTMO, la Joint Task Force di Guantánamo Bay, al Comando meridionale degli Stati Uniti a Miami, Florida.
Questi memorandum, noti come Detainee Assessment Briefs (DAB), contengono le raccomandazioni di JTF-GTMO sul fatto che i prigionieri in questione debbano continuare a essere detenuti o debbano essere rilasciati (trasferiti ai loro governi nazionali o ad altri governi). Consistono in una ricchezza di informazioni importanti e precedentemente non divulgate, tra cui valutazioni sulla salute, ad esempio, e, nei casi della maggior parte dei 172 prigionieri che sono ancora detenuti, foto (per lo più per la prima volta in assoluto).
Includono anche informazioni sui primi 201 prigionieri rilasciati dal carcere, tra il 2002 e il 2004, che, a differenza delle informazioni sul resto dei prigionieri(riassunti di prove e trascrizioni del tribunale, rilasciatea seguito di una causa intentata da gruppi di media nel 2006), non sono mai state rese pubbliche prima. La maggior parte di questi documenti rivela resoconti di incompetenza familiari a coloro che hanno studiato guantánamo da vicino, con uomini innocenti detenuti per errore (o perché gli Stati Uniti offrivano taglie sostanziali ai loro alleati per sospetti di al-Qaeda o talebani) e numerosi insignificanti coscritti talebani dall’Afghanistan e dal Pakistan.
Oltre a questi casi precedentemente sconosciuti, i documenti rivelano anche storie degli altri 399 prigionieri rilasciati dal settembre 2004 ad oggi, e dei sette uomini che sono morti nella prigione.
I promemoria sono firmati dal comandante di Guantánamo all’epoca e descrivono se i prigionieri in questione sono considerati a basso, medio o alto rischio. Sebbene ovviamente non fossero conclusivi in sé e per sé, poiché le decisioni finali sulla disposizione dei prigionieri sono state prese a un livello più alto, rappresentano non solo le opinioni di JTF-GTMO, ma anche la Criminal Investigation Task Force, creata dal Dipartimento della Difesa per condurre interrogatori nella “Guerra al Terrore” e nei BSCT, le équipe di scienze comportamentali composte da psicologi che hanno avuto voce in capitolo nello “sfruttamento” dei prigionieri negli interrogatori.
Fondamentalmente, i file contengono anche spiegazioni dettagliate della presunta intelligence utilizzata per giustificare la detenzione dei prigionieri. Per molti lettori, queste saranno le sezioni più affascinanti dei documenti, in quanto sembrano offrire una visione straordinaria del funzionamento dell’intelligence statunitense, ma sebbene molti dei documenti sembrino promettere prove dell’associazione dei prigionieri con al-Qaeda o altre organizzazioni terroristiche, è necessaria estrema cautela.
I documenti si basano sulla testimonianza di testimoni – nella maggior parte dei casi, compagni di prigionia dei prigionieri – le cui parole sono inaffidabili, sia perché sono stati sottoposti a tortura o altre forme di coercizione (a volte non a Guantánamo, ma in prigioni segrete gestite dalla CIA), o perché hanno fornito false dichiarazioni per garantire un trattamento migliore a Guantánamo.
Le apparizioni regolari in questi documenti di testimoni le cui parole dovrebbero essere considerate inaffidabili includono i seguenti “detenuti di alto valore” o “prigionieri fantasma”. Si prega di notare che “ISN” e i numeri tra parentesi che seguono i nomi dei prigionieri si riferiscono ai brevi “Numeri di serie dell’internamento” con cui i prigionieri sono o sono stati identificati in custodia degli Stati Uniti:
Abu Zubaydah (ISN 10016), il presunto “detenuto di alto valore” sequestrato in Pakistan nel marzo 2002, che ha trascorso quattro anni e mezzo in prigioni segrete della CIA, comprese strutture in Thailandia e Polonia. Sottoposto al waterboarding, una forma di annegamento controllato, in 83 occasioni in custodia della CIA nell’agosto 2002,Abu Zubaydah è stato trasferito a Guantánamo con altri 13 “detenuti di alto valore” nel settembre 2006.
Ibn al-Shaykh al-Libi (ISN 212), l’emiro di un campo di addestramento militare di cui Abu Zubaydah era il guardiano, che, nonostante il suo campo fosse chiuso dai talebani nel 2000, perché si rifiutava di permetterne la presa in consegna da al-Qaeda, è descritto in questi documenti come comandante militare di Osama bin Laden a Tora Bora. Poco dopo la sua cattura nel dicembre 2001, al-Libi fu consegnato dalla CIA in Egitto, dove, sotto tortura, confessò falsamente che gli agenti di al-Qaeda si erano incontrati con Saddam Hussein per discutere di ottenere armi chimiche e biologiche. Al-Libi ritrattò questa particolare menzogna, ma fu comunque usata dall’amministrazione Bush per giustificare l’invasione dell’Iraq nel marzo 2003. Al-Libi non è mai stato inviato a Guantánamo, anche se ad un certo punto, probabilmente nel 2006, la CIA lo ha rimandato in Libia, dove è stato imprigionato, e dove è morto, presumibilmente suicidandosi,nel maggio 2009.
Sharqawi Abdu Ali al-Hajj (ISN 1457), uno yemenita, noto anche come Riyadh il Facilitatore, che è stato sequestrato in un raid in una casa in Pakistan nel febbraio 2002, ed è descritto come “un facilitatore di al-Qaeda”. Dopo la sua cattura, è stato trasferito in una prigione di tortura in Giordania gestita per conto della CIA, dove è stato detenuto per quasi due anni, ed è stato poi trattenuto per sei mesi in strutture statunitensi in Afghanistan. È stato trasportato a Guantánamo nel settembre 2004.
Sanad Yislam al-Kazimi (ISN 1453), uno yemenita, che è stato sequestrato negli Emirati Arabi Uniti nel gennaio 2003, e poi detenuto in tre prigioni segrete, tra cui la “prigione oscura” vicino a Kabul e una struttura segreta all’interno della prigione statunitense nella base aerea di Bagram. Nel febbraio 2010, presso il tribunale distrettuale di Washington D.C., il giudice Henry H. Kennedy Jr. ha accolto la petizione di habeas corpus di un prigioniero yemenita, Uthman Abdul Rahim Mohammed Uthman, in gran parte perché si è rifiutato di accettare la testimonianza prodotta da Sharqawi al-Hajj o Sanad al-Kazimi. Come ha affermato, “La Corte non si baserà sulle dichiarazioni di Hajj o Kazimi perché ci sono prove non confutate nel registro che, al momento degli interrogatori in cui hanno fatto le dichiarazioni, entrambi gli uomini erano stati recentemente torturati”.
Altri includono Ahmed Khalfan Ghailani (ISN 10012) e Walid bin Attash (ISN 10014), altri due dei “detenuti di alto valore” trasferiti a Guantánamo nel settembre 2006, dopo essere stati detenuti in prigioni segrete della CIA.
Altri testimoni inaffidabili, detenuti a Guantánamo durante la loro detenzione, includono:
Yasim Basardah (ISN 252), uno yemenita noto come un famigerato bugiardo. Come riportato dal Washington Post nel febbraio 2009, gli è stato dato un trattamento preferenziale a Guantánamo dopo essere diventato quello che alcuni funzionari consideravano un informatore significativo, anche se c’erano molte ragioni per essere dubbiosi. Come ha osservato il Post, “i funzionari militari … espresse riserve sulla credibilità della loro testimone stellare dal 2004”, e nel 2006, in un articolo per il National Journal, Corine Hegland descrisse come, dopo un tribunale di revisione dello status di combattente in cui un prigioniero si era opposto alle informazioni fornite da Basardah, collocandolo in un campo di addestramento prima ancora che fosse arrivato in Afghanistan, il suo rappresentante personale (un ufficiale militare assegnato al posto di un avvocato) indagò sul fascicolo di Basardah e scoprì che aveva fatto affermazioni simili contro altri 60 prigionieri in totale. Nel gennaio 2009, presso il tribunale distrettuale di Washington D.C., il giudice Richard Leon (un incaricato di George W. Bush) ha escluso le dichiarazioni di Basardah mentre concedeva la petizione di habeas corpus di Mohammed El-Gharani, un cittadino ciadiano che aveva solo 14 anni quando è stato sequestrato in un raid in una moschea in Pakistan. Il giudice Leon ha osservato che il governo aveva “specificamente messo in guardia dal fare affidamento sulle sue dichiarazioni senza conferme indipendenti”, e in altri casi di habeas che seguirono, altri giudici si affidarono a questo precedente, screditando ulteriormente il “testimone stellare”.
Mohammed al-Qahtani (ISN 063), un saudita considerato il 20° dirottatore pianificato per gli attacchi dell’11/9, è stato sottoposto a uno specifico programma di tortura a Guantánamo,approvato dal segretario alla Difesa Donald Rumsfeld. Questo consisteva in interrogatori di 20 ore ogni giorno, per un periodo di diversi mesi, e varie altre “tecniche di interrogatorio avanzate”, che mettevano gravemente in pericolo la sua salute. Variazioni di queste tecniche sono poi migrate ad altri prigionieri a Guantánamo (e ad Abu Ghraib), e nel gennaio 2009, poco prima che George W. Bush lasciasse l’incarico, Susan Crawford, un giudice in pensione e amico intimo di Dick Cheney e David Addington, che è stato nominato per supervisionare le commissioni militari a Guantánamo come autorità di convocazione, ha detto a Bob Woodward che si era rifiutata di sporgere denuncia contro al-Qahtani, perché, come ha detto, “Abbiamo torturato Qahtani. Il suo trattamento ha incontrato la definizione legale di tortura”. Di conseguenza, le sue numerose dichiarazioni su altri prigionieri devono essere considerate inutili.
Abd al-Hakim Bukhari (ISN 493), un saudita imprigionato da al-Qaeda come spia, che è stato liberato dalle forze statunitensi da una prigione talebana prima di essere inviato, inspiegabilmente, a Guantánamo (insieme ad altri quattro uomini liberati dalla prigione) è considerato nei file come un membro di al-Qaeda e un testimone affidabile.
Abd al-Rahim Janko (ISN 489), un curdo siriano, torturato da al-Qaeda come spia e poi imprigionato dai talebani insieme ad Abd al-Hakim Bukhari, sopra, è anche usato come testimone, anche se era mentalmente instabile. Come ha affermato la sua valutazione nel giugno 2008, “Il detenuto è in una lista di detenuti ad alto rischio dal punto di vista della salute … Ha diversi problemi medici cronici. Ha una storia psichiatrica di abuso di sostanze, depressione, disturbo borderline di personalità e precedente tentativo di suicidio per il quale è seguito da salute comportamentale per il trattamento.
Questi sono solo alcuni dei casi più ovvi, ma i lettori attenti noteranno che sono citati ripetutamente in quelle che pretendono di essere le prove del governo, e dovrebbe, di conseguenza, essere difficile non concludere che l’intero edificio costruito dal governo è fondamentalmente infondato, e che ciò che i guantánamo Files rivelano, in primo luogo, è che solo poche decine di prigionieri sono veramente accusati di coinvolgimento nel terrorismo.
Il resto, rivelano questi documenti a ben guardare, erano o uomini e ragazzi innocenti, sequestrati per errore, o soldati talebani, estranei al terrorismo. Inoltre, molti di questi prigionieri sono stati effettivamente venduti alle forze statunitensi, che offrivano pagamenti di taglie per i sospetti di al-Qaeda e talebani, dai loro alleati afghani e pakistani – una politica che ha portato l’ex presidente Musharraf a dichiarare, nel suo libro di memorie del 2006, In the Line of Fire, che, in cambio della consegna di 369 sospetti terroristi agli Stati Uniti, il governo pakistano “ha guadagnato pagamenti di taglie per un totale di milioni di dollari”.
Fatti scomodi come questi non sono rivelati nelle deliberazioni della Joint Task Force, ma sono cruciali per capire perché quella che può sembrare una raccolta di documenti che confermano la retorica allarmistica del governo su Guantánamo – la stessa retorica che ha paralizzato il presidente Obama e rilanciato la politica della paura al Congresso – è in realtà l’opposto: l’anatomia di un crimine colossale perpetrato dal governo degli Stati Uniti su 779 prigionieri che, per la maggior parte, non sono e non sono mai stati i terroristi che il governo vorrebbe farci credere che fossero.
(Andy Worthington)
Come leggere i file Guantánamo di WikiLeaks
I quasi 800 documenti contenuti nell’ultima pubblicazione di documenti statunitensi classificati da parte di WikiLeaks sono memorandum della Joint Task Force Guantánamo (JTF-GTMO), la forza combinata responsabile della prigione statunitense “Guerra al Terrore” a Guantánamo Bay, Cuba, al Comando Meridionale degli Stati Uniti, a Miami, in Florida, per quanto riguarda la disposizione dei prigionieri.
Scritti tra il 2002 e il 2008, i memorandum erano tutti contrassegnati come “segreti”, e il loro argomento era se continuare a tenere un prigioniero, o se raccomandare il suo rilascio (descritto come il suo “trasferimento” – alla custodia del proprio governo, o di quello di qualche altro governo). Ovviamente non sono stati conclusivi in sé e per sé, poiché le decisioni finali sulla disposizione dei prigionieri sono state prese a un livello più alto, ma sono molto significative, in quanto rappresentano non solo le opinioni di JTF-GTMO, ma anche la Criminal Investigation Task Force, creata dal Dipartimento della Difesa per condurre interrogatori nella “Guerra al Terrore”, ” e i BSCT, le équipe di scienze comportamentali composte da psicologi che avevano voce in capitolo nello “sfruttamento” dei prigionieri negli interrogatori.
Sotto il titolo , “JTF-GTMO Detainee Assessment”, i memo contengono generalmente nove sezioni, che descrivono i prigionieri come segue, anche se gli esempi precedenti, in particolare quelli che riguardano i prigionieri rilasciati – o raccomandati per il rilascio – tra il 2002 e il 2004, possono avere analisi meno dettagliate delle seguenti:
1. Informazioni personali
Ogni prigioniero è identificato per nome, per pseudonimi, che gli Stati Uniti affermano di aver identificato, per luogo e data di nascita, per cittadinanza e per numero di serie di internamento (ISN). Questi lunghi elenchi di numeri e lettere – ad esempio US9YM-000027DP – sono usati per identificare i prigionieri a Guantánamo, contribuendo a disumanizzarli, come previsto, eliminando i loro nomi. La sezione più significativa è il numero verso la fine, che è generalmente abbreviato, in modo che l’esempio sopra sarebbe noto come ISN 027. Nei file, i prigionieri sono identificati per nazionalità, con 47 paesi in totale elencati in ordine alfabetico, da “az” per l’Afghanistan a “ym” per lo Yemen.
2. Salute
Questa sezione descrive se il detenuto in questione ha o meno problemi di salute mentale e / o problemi di salute fisica. Molti sono giudicati in buona salute, ma ci sono alcuni esempi scioccanti di prigionieri con gravi problemi mentali e / o fisici.
3. Valutazione JTF-GTMO
un. Sotto “Raccomandazione”, la Task Force spiega se un prigioniero dovrebbe continuare a essere detenuto o dovrebbe essere rilasciato. b. Sotto “Sintesi esecutiva”, la Task Force spiega brevemente il suo ragionamento e, in casi più recenti, spiega anche se il prigioniero è a basso, medio o alto rischio come minaccia per gli Stati Uniti e i loro alleati e come minaccia in detenzione (cioè in base al loro comportamento a Guantánamo), e anche se sono considerati di basso livello, valore di intelligenza medio o alto. c. Alla voce “Sintesi delle modifiche”, la Task Force spiega se vi è stato un cambiamento nelle informazioni fornite dall’ultima valutazione (generalmente, i detenuti sono valutati su base annuale).
4. Resoconto degli eventi del detenuto
Sulla base della testimonianza dei prigionieri, questa sezione mette insieme un resoconto della loro storia e di come sono stati sequestrati, in Afghanistan, Pakistan o altrove, sulla base delle loro stesse parole.
5. Acquisisci informazioni
Questa sezione spiega come e dove i prigionieri sono stati sequestrati, ed è seguita da una descrizione dei loro beni al momento della cattura, la data del loro trasferimento a Guantánamo e, spuriamente, “Motivi per il trasferimento a JTF-GTMO”, che elenca i presunti motivi del trasferimento dei prigionieri, come la conoscenza di alcuni argomenti per lo sfruttamento attraverso l’interrogatorio. La ragione per cui questo non è convincente è perché, come ha spiegato l’ex interrogatore Chris Mackey (uno pseudonimo) nel suo libro The Interrogators, l’alto comando degli Stati Uniti, con sede a Camp Doha, in Kuwait, ha stabilito che ogni prigioniero che è finito in custodia degli Stati Uniti doveva essere trasferito a Guantánamo – e che non c’erano eccezioni; in altre parole, le “Ragioni del trasferimento” sono state innestate in seguito, come tentativo di giustificare l’arrotondamento in gran parte casuale dei prigionieri.
6. Valutazione dell’account del detenuto
In questa sezione, la Task Force analizza se trovano convincenti o meno i resoconti dei prigionieri.
7. Minaccia del detenuto
Questa sezione è la più significativa dal punto di vista della presunta intelligence utilizzata per giustificare la detenzione dei prigionieri. Dopo “Valutazione”, che ribadisce la conclusione al punto 3b, la sezione principale, “Ragioni per la detenzione continua”, può, a prima vista, sembrare convincente, ma va sottolineato che, per la maggior parte, consiste in poco più che dichiarazioni inaffidabili fatte dai compagni di prigionia – sia a Guantánamo, sia in prigioni segrete gestite dalla CIA, dove la tortura e altre forme di coercizione erano diffuse, o attraverso mezzi più sottili a Guantánamo, dove i prigionieri compiacenti che erano pronti a fare dichiarazioni sui loro compagni di prigionia venivano ricompensati con un trattamento migliore. Alcuni esempi sono disponibili sulla homepage per il rilascio di questi documenti: http://wikileaks.ch/gitmo/
Con questo in mente, va notato che ci sono buone ragioni per cui i funzionari dell’amministrazione Obama, nella task force di revisione interagenzia guantánamo istituita dal Presidente per esaminare i casi dei 241 prigionieri ancora detenuti a Guantánamo quando è entrato in carica, hanno concluso che solo 36 potevano essere perseguiti.
La parte finale di questa sezione, “Condotta del detenuto”, analizza in dettaglio come i prigionieri si sono comportati durante la loro detenzione, con cifre esatte citate per esempi di “Infrazione disciplinare”.
8. Valutazione del valore dell’intelligence dei detenuti
Dopo aver ribadito la valutazione dell’intelligence al 3b e aver ricapitolato il presunto status dei prigionieri, questa sezione valuta principalmente quali aree di intelligence rimangono da “sfruttare”, secondo la Task Force.
9. Status CE
La sezione finale rileva se il prigioniero in questione è ancora considerato un “combattente nemico”, sulla base delle conclusioni dei Combatant Status Review Tribunals, tenuti nel 2004-05 per accertare se, al momento della cattura, i prigionieri fossero stati correttamente etichettati come “combattenti nemici”. Su 558 casi, solo 38 prigionieri sono stati valutati come “non più combattenti nemici”, e in alcuni casi, quando il risultato è andato a favore dei prigionieri, i militari hanno convocato nuovi gruppi fino a ottenere il risultato desiderato.
FONTE: https://wikileaks.org/gitmo/
La Russia condanna Google e Meta ad ammende record
Le Figaro:
La Russia venerdì ha condannato Google e Meta a sanzioni pecuniarie da 87 milioni e 23 milioni di euro per non aver rimosso i contenuti “vietati”, segno di una crescente pressione nel Paese contro i colossi del digitale.
Sanzionano regolarmente le grandi aziende digitali, soprattutto straniere, accusate di non cancellare contenuti ritenuti pericolosi per i minori o legati all’opposizione. Tuttavia, le multe di 7,2 miliardi di rubli (87 milioni di euro al tasso attuale) e di 1,9 miliardi di rubli (23,8 milioni di euro) ricevute rispettivamente da Google e Meta (società madre di Facebook) sono inedite per il loro importo. Il servizio stampa dei tribunali di Mosca ha affermato che i colossi californiani sono stati giudicati colpevoli di “recidiva”. Sono stati quindi condannati, per la prima volta, a un’ammenda calcolata sulla base del loro reddito in Russia.
In una dichiarazione, il gendarme russo delle telecomunicazioni, Roskomnadzor , ha affermato che, in questo scenario, il contenuto proibito ha alimentato “odio religioso”, conteneva informazioni “inaffidabili” o pericolose per i minori o promosso “organizzazioni terroristiche o estremiste”. Secondo Roskomnadzor, i social network Facebook e Instagram (di proprietà di Meta) hanno ancora più di 2.000 contenuti vietati in Russia. Per Google la cifra supera i 2.600. “Studiamo gli atti del tribunale e poi decideremo sui provvedimenti da adottare”, ha dichiarato in piena giornata ad Afp l’ufficio stampa di Google.
Oltre alla pressione delle multe, le autorità hanno minacciato di arrestare i dipendenti di Apple e Google in Russia se non collaborano, secondo fonti interne ai gruppi. A settembre, poco prima delle elezioni generali, Mosca è riuscita in questo modo a costringere queste due società, accusate di “interferenza elettorale”, a ritirare dai loro negozi virtuali in Russia la domanda dell’avversario detenuto Alexeï Navalny. Per avere successo, le autorità russe possono anche rallentare o bloccare i servizi. Diversi siti di Alexeï Navalny, le cui organizzazioni sono state riconosciute come “estremiste” dai tribunali russi, sono stati bloccati in modo permanente.
A settembre, la Russia ha anche bloccato sei reti private virtuali (VPN) ampiamente utilizzate che consentono l’accesso a siti Web vietati. Leonid Volkov, alleato di Alexeï Navalny, crede che Google si troverà presto di fronte a una scelta difficile: non pagare la multa e lasciare il mercato russo, o cancellare tutti i suoi contenuti “illegali”, in particolare i video molto visti di Alexeï Navalny su Youtube (di proprietà di Google). “Il mercato è abbastanza grande, Google non vuole perderlo, ma una multa di queste dimensioni lo rende meno attraente”, ha scritto Leonid Volkov su Telegram venerdì.
Dal 2014, la legge russa ha anche richiesto alle società web di archiviare i dati dei loro utenti russi in Russia, legislazione che è costata alle società digitali straniere migliaia di euro di multe. Le autorità stanno anche sviluppando un sistema di “Internet sovrano” che consentirà alla fine di isolare l’Internet russo separandolo dai principali server mondiali.
Il Cremlino nega di voler costruire una rete nazionale sotto controllo, come in Cina, ma questo è ciò che temono le Ong e gli oppositori. Nel gennaio 2021, il presidente Vladimir Putin ha stabilito che i giganti di Internet erano “in competizione di fatto con gli Stati”, denunciando i loro “tentativi di controllare brutalmente la società”. Il potere russo sta finalmente rafforzando la sua presa sui campioni della tecnologia digitale russa. Passato sotto il controllo di una sussidiaria del colosso del gas Gazprom, il gruppo tecnologico russo VK, capogruppo del primo social network russo “VKontakte”, è gestito da metà dicembre da Vladimir Kirienko, figlio di uno stretto collaboratore di Vladimir Putin.
FONTE: https://www.maurizioblondet.it/la-russia-condanna-google-e-meta-ad-ammende-record/
METAVERSO: ECCO LA DISTOPIA
DIRITTI UMANI
CODACONS INVITA DRAGHI A RETTIFICARE LE SUE AFFERMAZIONI SUI DECESSI DA COVID. DATI SMENTITI DA ISS
Altrimenti sarà inevitabile una denuncia per procurato allarme
Grave errore sul numero di decessi da Covid da parte del Premier Mario Draghi, che viene invitato oggi dal Codacons a rettificare le affermazioni rese in occasione della conferenza stampa del 22 dicembre scorso.
Nel corso del suo intervento il Presidente del Consiglio ha affermato che “dei decessi, tre quarti non sono vaccinati”. Numeri tuttavia smentiti dagli ultimi dati disponibili pubblicati dall’Istituto superiore di sanità (ISS), secondo cui dal 22 ottobre al 21 novembre i morti per COVID-19 in Italia sono stati 1.755: tra loro 722 non erano vaccinati, mentre 1.033 avevano ricevuto almeno la prima dose del vaccino. Il 58,9% dei morti, quindi, aveva ricevuto almeno una dose e il 41,1% non era vaccinato. Esattamente l’opposto di quanto affermato da Draghi.
Possiamo capire che un Premier possa esagerare nelle sue dichiarazioni ma sui dati, specie se così delicati perché relativi ad una emergenza sanitaria in atto, deve sempre mantenere una serietà assoluta, per evitare di provocare paure e sofferenze inutili specie durante le festività.
Per tale motivo il Codacons invita oggi il Premier Draghi a rettificare le errate informazioni fornite ai cittadini, altrimenti sarà inevitabile una denuncia in Procura per procurato allarme.
Pubblicato il 26.12.2021
FONTE: https://comedonchisciotte.org/codacons-invita-draghi-a-rettificare-le-sue-affermazioni-sui-decessi-da-covid-dati-smentiti-da-iss/
LA OMS INCOLPA SCIENZIATI E GIORNALISTI MA DIMENTICA LE PROPRIE RESPONSABILITA’
Tonio de Pascali 28 12 21
La Oms, Organizzazione mondiale della sanità, ha recentemente pubblicato un dispaccio secondo il quale, in tutto il mondo, oltre che in piena pandemia covid siamo in piena “infodemia” ovvero virus dell’informazione.
Troppa disinformazione, circola, secondo l’organizzazione, nel mondo del covid.
Responsabili, a pari punti, la categoria degli scienziati, che spesso si contraddicono e ancor più spesso rilasciano dichiarazioni inesatte, e quella dei giornalisti, che trasformano in notizie ancor più inesatte le dichiarazioni inesatte degli scienziati.
Tutta colpa loro, insomma, del caos “disinformazione” sull’argomento.
Forse, scienziati e giornalisti, dovrebbero fare come la stessa Oms, che per più di un mese, quando tutto cominciò, negò ogni responsabilità cinese sull’accaduto.
Quella non fu disinformazione ma precisa censura da aprte di un’organizzazione in tutto e per tutto prona alla politica cinese.
FONTE: https://m.facebook.com/story.php?story_fbid=1125508867986587&id=100015824534248
IL DANNO SCOLASTICO
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La scuola progressista come macchina della disuguaglianza.
Non è la prima volta che studiosi appartenenti a un’area lato sensu di sinistra dicono ‘cose di destra’ a proposito della scuola.
Ricordiamo come esempio il senatore Lorenzo Strik Lievers il quale, di orientamento politico radicale, prese ferma posizione contro quel degrado scolastico che attribuiva in prevalenza alla condizione di minorità professionale, economica, sociale in cui versava allora (solo allora?) la classe insegnante.
Dunque il libro ‘Il danno scolastico’ di Mastrocola e Ricolfi, appartenenti ad un’area culturale che definiremmo di matrice illuministica (ndr. progressista), non coglie di sorpresa: in fondo il richiamo ad una scuola che abbia chiuso i conti con i miti e i rigurgiti del ’68 è una questione di razionalità, e la razionalità può ben essere patrimonio di tutti.
Dunque non stupisce, dicevamo, da qualunque luogo provenga, la raziocinante e circostanziata contestazione di una scuola che, nel nome della Dea Inclusione Sociale, non nega (quasi) a nessuno il suo diplomino, così come a nessuno si nega – diceva Vittorio Emanuele III – “un mezzo sigaro toscano e una croce di cavaliere”.
Soltanto che, argomentano Ricolfi e Mastrocola, la didattica semplificata originata dal pragmatismo anglosassone misto al sociologismo prêt à porter de noantri generano scarsa preparazione culturale e di conseguenza, in prospettiva, una collocazione professionale tutt’altro che esaltante. Ed ecco che il sistema scolastico illusoriamente calibrato per conseguire pari opportunità, pervietà sociale e promozione degli ultimi, ottiene l’effetto contrario, perché la jeunesse dorée che frequenta scuole e atenei prestigiosi e severi continuerà a conseguire una preparazione di alto profilo, mentre i nati e cresciuti in un ambiente povero economicamente e culturalmente vi rimarranno prigionieri come in una casta indù.
Il pregio di quest’opera è che non indulge nella sterile lamentazione né nella laudatio temporis acti, ma affronta il suo tema con le armi non solo della logica ma della moderna statistica: il malfunzionamento della scuola come strumento di mobilità sociale è argomentato su tale base, prospettando dati che è difficile confutare.
Insomma se Paola Mastrocola illustra la scuola con la brillantezza e l’ironia che le sono consuete, Luca Ricolfi ne corrobora le argomentazioni sui fondamenti di una scienza rigorosa. L’uno completa l’altra, e possiamo credere che ciò avvenga non solo negli studi ma anche nella vita, essendo essi, come è noto, marito e moglie.
Alfonso Indelicato
Recensione libraria – Redazione scuola
Paola Mastrocola – Luca Ricolfi
Il danno scolastico
La scuola progressista
come macchina della disuguaglianza
2021, La nave di Teseo editore, Milano
ISBN 978-88-346-0808-1 -Prima edizione digitale La nave di Teseo ottobre 2021
Paola Mastrocola ha esordito con il romanzo La gallina volante (2000), vincitore del premio Calvino. Finalista al premio Strega nel 2001 con Palline di pane e vincitrice del premio Campiello nel 2004 con Una barca nel bosco. Per La nave di Teseo ha pubblicato Diario di una talpa (2020).
Luca Ricolfi, sociologo e docente di Analisi dei dati, ha fondato la rivista di analisi elettorale “Polena” e l’Osservatorio del Nord Ovest. Attualmente è presidente e responsabile scientifico della Fondazione David Hume. Per La nave di Teseo ha pubblicato La società signorile di massa (2019), vincitore del premio Biella letteratura e industria – Giuria dei lettori e del premio Città di Como – Sezione Saggistica, e La notte delle ninfee (2021).
FONTE: http://www.civica.one/il-danno-scolastico/
LAVORO PENSIONI DIRITTI SOCIALI
Cessione dei lavoratori da parte di grandi banche. Ecco quello che accadrà – Lidia Undiemi
La cessione di centinaia, migliaia di lavoratori da grandi banche, grandi aziende (spesso telecomunicazioni) a società di outsourcing di diverse grandezze avrà conseguenze sempre più grandi per il mondo del lavoro di settori fino ad oggi protetto da contratti che garantiscono standard di vita dignitosi.
“L’aspetto più preoccupante è che il lavoratore finisce in una nuova realtà in cui il suo destino dipende dal mantenimento della commessa, cioè contratti di appalto. Spesso i lavoratori vengono ceduti ad una piccola realtà in cui la grande banca mantiene il controllo attraverso l’appalto. La grande trasformazione è che il lavoratore da diretto, passa ad essere sotto ricatto della commessa che dura in media 5 anni. Finito l’appalto non sa il lavoratore che fine farà, se mantiene lo stesso stipendio o le stesse mansioni”, dichiara Lidia Undiemi (esperta di diritto ed economia nonché attraverso lo studio Cirillo esperta diretta in decine di cause di lavoratori colpiti dall’outsourcinq”.
In questa intervista la Undiemi offre dei consigli pratici ai lavoratori da compiere entro 60 giorni dalla cessione. “Una presa di coscienza politica non c’è. Stiamo andando in direzione opposta con il Pnrr che vede la digitalizzazione come la panacea dei problemi senza occuparsi di quello che significa per il mondo del lavoro”.
FONTE: https://www.lantidiplomatico.it/dettnews-cessione_dei_lavoratori_da_parte_di_grandi_banche_ecco_quello_che_accadr__lidia_undiemi/5496_44477/
Sciopero, perché i sindacati prendono a sportellate la Bnl
Tutti i motivi dello sciopero dei sindacati in Bnl, il primo dagli anni Novanta nella banca ora del gruppo francese Bnp Paribas
Lunedì 27 dicembre c’è stato il primo sciopero nella Bnl dagli anni ’90. La giornata di mobilitazione è stata proclamata ufficialmente il 15 dicembre da tutte le organizzazioni sindacali del settore: Fabi, First Cisl, Fisac Cgil, Uilca e Unisin.
I MOTIVI DELLO SCIOPERO
A finire nel mirino dei sindacati è stato il piano di riorganizzazione targato Bnp Paribas che prevede, tra l’altro, le esternalizzazioni di oltre 900 dipendenti dell’IT e del back-office, su un totale di 11.500 addetti distribuiti tra uffici centrali e oltre 700 agenzie sparse su tutto il territorio italiano. Esternalizzazioni che interessano circa l’8% della forza lavoro della banca.
I CASI AXEPTA, ACCENTURE E CAPGEMINI
Lo sciopero riguarda gli impatti occupazionali e le ricadute sul personale oggetto della procedura di cui alla lettera della Bnl datata 24 settembre 2021, la chiusura delle filiali e le ricadute in termini di mobilità funzionale e geografica, la cessione di pacchetto di controllo di una società-prodotto strategica come Axepta, la carenza di organico nelle filiali e le pressioni commerciali ai dipendenti, il modello di presenza sul territorio, il ritardo nel numero di assunzioni concordate negli accordi sindacali relativi alla cosiddetta Quota 100.
LA CRONISTORIA DELLE PROTESTE IN BNL
Lo scorso 18 dicembre i sindacati avevano denunciato un “boicottaggio dello sciopero delle lavoratrici e dei lavoratori. Nel dettaglio, erano state segnalate “difficoltà nel far pervenire il link per la partecipazione alle assemblee a distanza”, “task force di lavoratori interinali in forza presso alcuni uffici per sostituire gli scioperanti” e “l’impedimento di revocare le ferie” a chi le aveva già prese per quella giornata. Il 9 dicembre era stata stata espletata e completata, con esito negativo, la procedura obbligatoria di conciliazione datata 24 settembre 2021; chiusura delle filiali e ricadute in termini di mobilità funzionale e geografica; cessione di pacchetto di controllo di società prodotto strategico come Axepta; carenza di organico nelle filiali e pressioni commerciali. E ancora: modello di presenza sul territorio; ritardo nel numero di assunzioni concordate negli accordi sindacali relativi alla cosiddetta Quota 100.
LE TENSIONI FRA SINDACATI E BNL
Successivamente, il 23 dicembre le sigle hanno comunicato formalmente lo stop al confronto con l’azienda: “Alla luce della vostra indisponibilità ad un confronto finalizzato alla ricerca di condivisibili soluzioni complessive, non sussistono le per proseguire il confronto” si legge in uno dei tanti volantini pubblicati in questi giorni.
IL MOTIVO DELLO SCIOPERO IN BNL
Il tavolo è saltato, nel dettaglio, a causa della clausola di rientro di 20 anni, “applicabile solo in casi eccezionali e realisticamente accettabili”, e che è “subordinata all’inaccettabile condizione di rinuncia da parte dei lavori oggetto cessione al diritto di ricorrere in giudizio e tutelare i propri interessi. Ciò significherebbe un accordo contra legem che il sindacato non firmerà mai”, hanno spiegato i sindacati in una nota del 24 dicembre in riferimento alla chiusura della procedura di cessione di ramo d’ azienda del Banking Service Platform (It) che riguarda 270 lavoratori.
CHE COSA DICONO I SINDACATI
“Questo – i sindacati – è un inaccettabile attacco al diritto e alla dignità del lavoro oltre che al buon senso e all’intelligenza dei lavoratori e del Sindacato. La gravità di questa pretesa da parte della Bnl risulta ancor più evidente di fronte al rischio di illegittimità dell’intera operazione. È evidente che l’intenzione dell’azienda è solo quella di liberarsi di 900 lavoratori: infatti hanno rifiutato di confrontarsi su soluzioni complessive”.
LA PORCATA DI BNL SECONDO SILEONI (FABI)
La rottura è quindi la “logica conclusione della sorda arroganza con cui questa azienda si è presentata ad ogni incontro e si evince in modo chiaro dalla comunicazione di chiusura in alle istanze sindacali”, ha commentato il segretario generale della Fabi, Lando Maria Sileoni. Nel corso di una tavola rotonda con i sindacati dei bancari durante il 126esimo Consiglio nazionale della Fabi a Milano, il 13 dicembre, Sileoni aveva detto: “Abbiamo i invitato rappresentanti di tutte le banche, non abbiamo invitato i rappresentanti di Bnl per la porcata che stanno cercando di realizzare all’interno del gruppo”.
COME E’ ANDATO LO SCIOPERO IN BNL
Massiccia adesione allo sciopero indetto in Bnl da Fabi, First-Cisl, Fisac-Cgil, Uilca e Unisin. In attesa dei dati ufficiali, si è riscontrata in tutta Italia la chiusura degli uffici interni della banca, completamente deserti, come pure della maggior parte delle filiali che hanno tenuto le serrande abbassate. “La lotta non si ferma, il sindacato non arretra di un passo, siamo compatti al fianco dei lavoratori che, stufi di essere vessati da un’azienda con ben pochi scrupoli, hanno aderito pressoche’ totalmente allo sciopero. La banca ci ripensi e fermi questo piano scellerato che creera’ problemi non solo ai lavoratori ma anche allo stesso Istituto”, dichiarano le segreterie nazionali dei sindacati.
FONTE: https://www.startmag.it/economia/perche-i-sindacati-prendono-a-sportellate-la-bnl/
Licenziamenti per motivi disciplinari: Regalo di Natale del governo dei “migliori”
Il 2021 volge alla conclusione, tempo di bilanci. Fra i tanti emerge quello sui licenziamenti. Tantissimo, secondo l’Istat sono stati sono negli ultimi 3 mesi ben 55.000. Un regalo padronale ben confezionato da 3 mesi
Si potrebbe pensare che siano dovuti alla crisi economica dovuta alla pandemia da Covid-19.
Invece no. Sono licenziamenti mascherati. In pratica le aziende continuando ad intascare la Cassa integrazione CIG-Covid, ma licenziano, come ha denunciato il Si Cobas, “per giusta causa” (cioè disciplinari). Tali licenziamenti sono aumentati del 70% rispetto al periodo pre-pandemico.
Il sindacato di base precisa che le aziende “preferiscono ‘mascherare’ i tagli di personale attraverso l’espediente dei licenziamenti disciplinari, continuando tranquillamente a “mungere” gli ammortizzatori sociali dalle casse dello stato col pretesto di crisi aziendali che in molti casi sono del tutto inventate.”
“Come abbiamo più volte ribadito, stiamo assistendo a uno stato di emergenza a senso unico, nel quale l’unico interesse che sta a cuore allo stato è la difesa, senza se e senza ma, non della salute, bensì dei profitti.” conclude il Si Cobas.
La lotta contro i licenziamenti sarà sicuramente, ce ne saranno ancora tanti e con svariati pretesti, dovrà ricompattare lavoratori e sigle sindacali, nessuna esclusa anche quelle confederali, partendo dalla loro base, per rilanciare un’opposizione sociale al Governo Draghi.
FONTE: https://www.lantidiplomatico.it/dettnews-licenziamenti_per_motivi_disciplinari_regalo_di_natale_del_governo_dei_migliori/42819_44521/
PANORAMA INTERNAZIONALE
Siamo già a questo….
“Chi accende il riscaldamento, sostiene Putin”.
Un’immagine che gira sui social tedeschi. La Baerbock ha fretta di farci entrare in “1984” di Orwell
Gas: Russia e Gazprom criticano la Germania per aver invertito il flusso del gasdotto Yamal per consegnare Polonia e Ucraina
Yahoo (https://fr.finance.yahoo.com/actualites/gaz-russie-gazprom-critiquent-lallemagne-172400838.html)
Gaz: la Russie et Gazprom critiquent l’Allemagne qui inverserait le flux du gazoduc Yamal pour livrer Pologne et Ukraine
C’est un nouvel épisode de la guerre du gaz entre la Russie et l’Union européenne en forme d’imbroglio.
infatti
Vengono in nostro soccorrso a sostituire il gas russo i nostri alleati di Oceania
Come può risponder la Russsia (secondo The Saker, forse lievemente esaltato
… “Quindi in realtà consentire al NorthStream 2 di essere sospeso “indefinitamente” (in realtà temporaneamente) sarebbe il migliore e, forse, anche l’unico modo per riportare alla realtà i tedeschi, attualmente in delirio […] la Russia potrebbe smettere di vendere energia agli USA. Sì, gli Stati Uniti stanno importando molta energia dalla Russia, e se i russi decideranno di fermarla, lo stato già chiaramente “pre-apocalittico” dell’economia statunitense ne soffrirà ancora di più […] la Russia potrebbe chiudere il suo spazio aereo a tutti i paesi della NATO, e qui sto parlando di traffico aereo civile. La Russia ha lo spazio aereo più costoso del pianeta, e se lo chiudesse ai vettori occidentali il caos che ne deriverebbe in aria e a terra sarebbe totale. Per quanto riguarda i costi dei voli per aggirare la Russia, sarebbero assolutamente enormi” …
L’EIA vede la Russia diventare il principale esportatore mondiale di gas naturale per aiutare a soddisfare la domanda globale, nel suo nuovo International Energy Outlook 2021 dell’EIA Come vediamo, la Russia raddoppierà le sue esportazioni di CH4 entro il 2050 ed è anche interessante vedere che l’Europa/OCSE aumenterà le sue importazioni di gas del 60 %.
https://twitter.com/Cristi15458088/status/1445750206423650314
FONTE: https://www.maurizioblondet.it/siamo-gia-a-questo/
Vade retro Satana: il Papa toglie lo stipendio alle famiglie no vax
LA STRETTA DEL VATICANO: GREEN PASS OBBLIGATORIO PER LAVORARE ALLA SANTA SEDE
“Considerati il perdurare e l’aggravarsi dell’attuale situazione di emergenza sanitaria”, ha detto ieri Parolin, il Vaticano ha disposto l’obbligo di green pass “a tutto il personale (Superiori, Officiali e Ausiliari) dei Dicasteri, Organismi ed Uffici che compongono la Curia Romana e delle Istituzioni Collegate con la Santa Sede, e si estende ai collaboratori esterni e a coloro che a qualsiasi ulteriore titolo svolgano attività presso i medesimi Enti, al personale delle ditte esterne e a tutti i visitatori ed utenti”. Tradotto: o hai il green pass o non varchi le mura leonine.
Che poi Sua Santità richiede il super green pass, quindi quello da vaccinazione o guarigione. Niente tampone. E per chi lavora a contatto col pubblico, dal 31 gennaio dovrà addirittura avere oltre la prima e la seconda dose anche il booster, altrimenti nisba: a loro “sarà riconosciuta unicamente la documentazione comprovante l’adempimento vaccinale della somministrazione della dose di richiamo successiva al ciclo primario”.
E se non vuoi vaccinarti e non ottieni il green pass? Per chi è sprovvisto di lasciapassare sono previste le “pene dell’inferno”: “Il personale sprovvisto di valido green pass comprovante, esclusivamente, lo stato di avvenuta vaccinazione contro il SARS-CoV-2 o la guarigione dal virus SARS- CoV-2 non potrà accedere al posto di lavoro e dovrà essere considerato assente ingiustificato, con la conseguente sospensione della retribuzione per la durata dell’assenza, fatte salve le ritenute previdenziali ed assistenziali, nonché l’assegno al nucleo familiare. Il protrarsi immotivato dell’assenza dal posto di lavoro avrà le conseguenze previste dal Regolamento Generale della Curia Romana”. C’è speranza per i peccatori. Un po’ meno per i no vax. “Padre perdonali perché non si vaccinano”.
FONTE: https://www.nicolaporro.it/vade-retro-satana-il-papa-toglie-lo-stipendio-alle-famiglie-no-vax/
Trasformano Notre Dame nella cattedrale del politically correct
POLEMICHE SULLA RICOSTRUZIONE DI NOTRE DAME: DIVENTERÀ IL TEMPIO MULTIMEDIALE DELLA RELIGIONE UNICA
Nel 1905 l’ex seminarista Émile Combes, divenuto capo del governo, con una furia degna di miglior causa riprovò a fare tabula rasa del cattolicesimo francese, questa volta per via amministrativa. Tutte le chiese, cappelle, abbazie ancora in piedi o restaurate dopo le follie rivoluzionarie, come Notre Dame, vennero espropriate dalla République. La quale, perciò, oggi è proprietaria di Notre Dame e la sua ricostruzione post-incendio è a carico non più della Chiesa ma del contribuente, anche quello ateo o musulmano. Bel boomerang. A proposito, a che punto sono le indagini sul rogo? Continuano o sono finite sotto al tappeto?
Infatti, nella Francia macroniana dove la laïcité viene insegnata obbligatoriamente a scuola, sotto al tappeto ci sono anche le centinaia di vandalismi a danno di chiese, cimiteri e simboli cristiani che ogni anno vengono colà perpetrati. E Notre Dame è l’edificio cristiano principale dell’ex Primogenita. A questo proposito, negli anni Novanta finì in mondovisione il rogo della torinese cappella del Guarini, e la Sindone fu salvata a stento da un eroico pompiere. Accidentale anche quell’incendio? O anch’esso sotto il tappeto? L’odio contro i maggiori simboli cristiani dell’Occidente ex cristiano (nelle élites, il popolo ancora regge) andrebbe forse spiegato non dai sociologi ma dagli esorcisti.
Ebbene, poiché Notre Dame deve risorgere a furor di popolo (ricordate le immagini della gente che pregava con le lacrime agli occhi vedendo ardere la guglia di Viollet le Duc?), come ai tempi di Combes magari bisogna ricorrere ad altri mezzi. Cioè: ricostruita, sì, però snaturata nel suo contenuto. E questa volta, duole dirlo, con la spensierata partecipazione del clero progressista. Cappelle a tema. Effetti sonori. Luci laser. Percorsi tematici. Temi ecologici e inclusivi. Insomma, il tempio multimediale della Religione Unica, quella del “volemose bene tutti quanti” attorno alla rousseauiana Natura. Non è l’Essere Supremo di Robespierre, né il Grande Architetto dei massoni, tranquilli. È il Pantheon del dio del XXI secolo: il kitsch. Ma il popolo di cui si diceva è insorto: no alla Disneyland politicamente corretta nel cuore (letterale, non geografico) della Francia.
Grazie al cielo c’è ancora una Francia vandeana che resiste. E c’è sempre stata. Quando, nella Grande Guerra, i soldati francesi si cucivano l’immagine del Sacro Cuore sulla giubba, il governo «laico» intervenne a vietarlo. Ma quando i tedeschi arrivarono quasi a Parigi il generalissimo Foche fece di testa sua e consacrò personalmente l’intera Armée al Sacro Cuore. E in breve tempo i tedeschi cominciarono a indietreggiare.
Rino Cammilleri, 26 dicembre 2021
FONTE: https://www.nicolaporro.it/trasformano-notre-dame-nella-cattedrale-del-politically-correct/
SCIENZE TECNOLOGIE
Il vero motivo per cui vogliono dare iniezioni di COVID ai bambini
In breve:
- Il motivo per cui i nostri bambini sono presi di mira dai mandati COVID è perché i produttori di vaccini vogliono ottenere il programma di vaccinazione infantile
- Una volta che un vaccino viene aggiunto al programma per l’infanzia, il produttore del vaccino è protetto dalla responsabilità finanziaria per lesioni, a meno che il produttore non sia a conoscenza dei problemi di sicurezza del vaccino e nasconda tali informazioni
- I prodotti devono soddisfare quattro criteri per ottenere l’autorizzazione all’uso di emergenza:
- ci deve essere un’emergenza;
- un vaccino deve essere efficace almeno dal 30% al 50%;
- i benefici noti e potenziali del prodotto devono superare i rischi noti e potenziali del prodotto;
- e non possono esistere trattamenti alternativi adeguati, approvati e disponibili (farmaci o vaccini). A meno che non vengano soddisfatti tutti e quattro i criteri, l’EUA non può essere concesso o mantenuto
- Secondo una decisione della corte federale degli Stati Uniti, la puntura di Pfizer e il Comirnaty di BioNTech non sono intercambiabili
- Comirnaty non è completamente approvato e concesso in licenza. È solo “pronto per l’approvazione”. Comirnaty ha la licenza per essere prodotto, introdotto nel commercio statale e commercializzato, ma non è concesso in licenza per essere dato a nessuno e non è ancora disponibile negli Stati Uniti. Stanno aspettando che venga aggiunto al programma di vaccinazione infantile, per ottenere lo scudo di responsabilità
L’intervista:
In questa intervista, Alix Mayer spiega perché i nostri bambini sono presi di mira in modo così aggressivo per l’iniezione di COVID-19 anche se non sono a rischio di una grave infezione da SARS-CoV-2 e chiarisce lo stato di Comirnaty.
Mayer, presidente del consiglio di amministrazione di Children’s Health Defense —California Chapter, è lei stessa ferita da vaccino; non dal vaccino COVID, ma da una serie di vaccini che ha ricevuto 20 anni fa. (In una nota a margine, il suo trisnonno era Oscar Mayer, fondatore dell’azienda Oscar Mayer, che la famiglia ha venduto a General Foods nel 1981.)
Mayer si è laureato alla Duke University con un BA e alla Northwestern University con un MBA in finanza e strategia di gestione. Ha lavorato per Apple a metà degli anni ’90. Quando aveva 29 anni, Apple l’ha promossa a responsabile della ricerca sui clienti in tutto il mondo.
In preparazione per un viaggio di famiglia a Bali, il suo medico ha raccomandato di ottenere sei vaccini: vaccino contro l’epatite A, vaccino contro l’epatite B, difterite, tetano, poliomielite e tifo orale, cosa che ha fatto. Alla fine, 13 anni dopo, si rese finalmente conto che erano stati questi colpi a scatenare i suoi problemi di salute.
“Mi hanno procurato danni cerebrali e disabilità totale” , dice . “Ho passato tre anni nei miei primi trent’anni a essere costretto all’80% in casa, e davvero non sapevo se sarei mai migliorato.
Ho fatto un sacco di diagnosi: lupus, sindrome da stanchezza cronica, malattia di Lyme. Alla fine, nessuno di questi aveva senso e nessuno dei trattamenti mi ha reso migliore, finché non abbiamo messo insieme i pezzi e abbiamo capito che in realtà ero ferito da vaccino.
È letteralmente solo una causa ed effetto. Se guardi indietro alla mia storia e spieghi il mio programma di vaccini, puoi vedere che la mia salute è peggiorata due settimane dopo aver ricevuto i vaccini.
Ho avuto encefalite ed encefalopatia… problemi digestivi, ipersonnia – dormire 16 ore al giorno – sintomi simil-influenzali, emicrania 24 ore su 24, 7 giorni su 7, dolori articolari. Non avevo davvero nessuna vita nei miei primi 30 anni fino a quando non ho iniziato una dieta priva di glutine. Questo ha iniziato il mio recupero di salute.
Poi sono diventato un giornalista medico pluripremiato con un sacco di blog diversi e poi un consulente sanitario. Nel 2018 mi sono ritirato da tutto questo e sono entrato a far parte della Children’s Health Defense”.
La tragedia del covid Jab
Sebbene molti vaccini abbiano un profilo di sicurezza discutibile, specialmente se combinati, i dati del Vaccine Adverse Events Reporting System (VAERS) suggeriscono che non c’è mai stato un vaccino così pericoloso come le iniezioni sperimentali di trasferimento genico dell’mRNA per COVID.
Inoltre, mentre la mancanza di trasparenza e responsabilità è stata un problema cronico all’interno dell’industria dei vaccini, gli ovvi rischi associati ai vaccini vengono davvero evidenziati dai colpi di COVID.
Molti ora sanno di qualcuno che è stato ferito dal colpo di COVID, e la maggior parte è stata ferita così poco dopo lo sparo che è difficile negare una correlazione. L’incredibile numero di infortuni riportati tra gli adulti che hanno ricevuto il vaccino contro il COVID evidenzia a sua volta la follia di distribuirlo ai bambini piccoli.
Secondo Mayer, il motivo per cui stanno cercando di imporre il vaccino COVID per i bambini è di eludere la responsabilità per lesioni, perché una volta che un vaccino è nel programma di vaccinazione infantile, i produttori di vaccini hanno l’immunità contro le azioni legali per lesioni.
I produttori di vaccini vogliono responsabilità zero
I colpi di COVID attualmente hanno l’immunità legale contro la responsabilità perché sono ancora sotto autorizzazione all’uso di emergenza (EUA). Se pensi che il Comirnaty di BioNTech sia stato completamente autorizzato, ti sbaglieresti. Mayer spiega:
“Ho messo insieme una presentazione sull’autorizzazione all’uso di emergenza (che puoi vedere nell’intervista video qui sopra) perché c’è così tanta confusione su questo e su cosa sta realmente accadendo. Una volta compresa la genesi dell’EUA e gli standard che devono soddisfare per mantenere questi prodotti sul mercato, allora capisci i comportamenti [che stiamo vedendo].
Stanno cadendo da soli per proteggere gli EUA per questi prodotti e introducono anche altri tipi di approvazione molto confusi per farla franca. Quindi, vorrei iniziare a chiarirlo subito.
Questa presentazione è incentrata su queste tre strette di mano che i produttori di vaccini e il nostro governo non lasceranno mai andare… Queste sono le cose che stanno proteggendo con le loro vite.
Prima di tutto, hanno bisogno di presidiare l’emergenza … quindi non possono avere cure precoci. Quelli non possono esistere. Stanno anche cercando una protezione completa dalla responsabilità e i bambini saranno usati come pedine per ottenere loro una protezione completa dalla responsabilità.
I produttori di vaccini adorano i prodotti EUA perché hanno questo enorme scudo di responsabilità. Se sei ferito da un vaccino EUA, non puoi citare in giudizio il produttore, non puoi citare in giudizio la persona che te l’ha dato, non puoi citare in giudizio l’istituto dove hai ricevuto l’iniezione.
Devi passare attraverso qualcosa chiamato CICP, il programma di compensazione degli infortuni contromisure, dove copriranno solo le spese mediche non pagate e probabilmente solo per i prodotti farmaceutici e la perdita di salario.
Ora, se sei ferito da vaccino, lascia che te lo dica subito, non utilizzerai prodotti farmaceutici perché non funzionano per il danno da vaccino. Ti faranno stare peggio. Sarai sotto due dozzine di farmaci prima che te ne accorga e ti ammalerai di quelli. Loro non lavorano. L’unica cosa che ti farà stare meglio se sei ferito da vaccino sono i trattamenti naturali …
Questo è il tipo di trattamento di cui avrai bisogno, e non è nemmeno coperto, anche se dovessi ottenere un risarcimento. Tutti quelli che conosco con malattie croniche, che si tratti di un bambino o di un adulto con sindrome da stanchezza cronica, danno da vaccino, malattia di Lyme, pagano $ 50.000 di tasca propria all’anno.
Se non puoi lavorare e devi pagare di tasca tua le cure, non so come te la caverai mai. La gente soffre come un matto, perde casa, va in bancarotta”.
Fin dalla sua istituzione, il Programma di compensazione delle lesioni da vaccino (VICP), che paga per le lesioni causate dai vaccini nel programma di vaccinazione infantile, ha pagato circa un terzo delle richieste. È un processo lungo e arduo che spesso richiede anni e alla fine raramente fornisce un compenso adeguato.
“Se finisci per ottenere un risarcimento … non lo pagano in un’unica soluzione, lo pagano anno dopo anno e praticamente sperano che chiunque sia ferito muoia effettivamente per le ferite prima di essere risarcito.
Mi è stato detto un sacco di volte da persone che hanno attraversato questo orribile processo. Ora, il CICP ha risarcito solo il 3% dei sinistri. E finora, non ci sono state approvazioni per [risarcimento] per ferite da arma da fuoco COVID”, afferma Mayer. [Nota dell’editore: il primo caso COVID è stato recentemente determinato come “ammissibile” per il risarcimento, ma il caso non è stato ancora giudicato. 1 ]
Fasi di responsabilità: EUA
Nella sua presentazione, Mayer esamina ciascuna delle fasi della responsabilità del prodotto e se le iniezioni di mRNA possono essere obbligatorie. Come accennato, i produttori di vaccini non hanno alcuna responsabilità fintanto che il loro prodotto è sotto EUA, poiché il prodotto è in fase di sperimentazione.
“Investigativo è sinonimo di sperimentale”, afferma Mayer. “E la parola sperimentale la lega direttamente al Codice di Norimberga, che dice che non possiamo essere sperimentati [senza consenso]. Abbiamo sempre il diritto di accettare o rifiutare un trattamento medico.
[Il Codice di Norimberga] non è una legge, ma è un codice in base al quale si suppone che il mondo intero operi. Ed è anche codificato in alcune leggi locali e federali… Quindi, quello che tutti hanno bisogno di sapere è che la coercizione e la coercizione sono considerate de facto mandati e illegali. Di fatto significa che è fondamentalmente lo stesso di un mandato definitivo.
È la segregazione medica illegale, l’apartheid medico [perché è una forma di coercizione o costrizione.] Quindi, se vai in un ristorante e ti chiedono il passaporto per il vaccino, ti lasciano mangiare solo fuori, e potrebbero non farti usare il bagno, questa è la segregazione medica.
Questo è illegale e non sostengo le aziende che lo fanno e nemmeno tu dovresti. Qualsiasi privilegio di accesso diverso tra vaccinato e non vaccinato è illegale e qualsiasi indicazione visiva dello stato del vaccino come un adesivo o un braccialetto… è illegale anche perché crea segregazione e apartheid medico, [poiché sono tutte forme di coercizione o costrizione.]”
È importante sottolineare che la violazione di massa della legge non rende qualcosa di legale.
“Se guidassimo tutti a 100 miglia all’ora sull’Interstate 80, guarderemmo i segnali del limite di velocità improvvisamente cambiati a 100 miglia all’ora? No, non succederà. La violazione di massa della legge non ha mai reso legale nulla. E solo perché le scuole, le aziende e il nostro governo stanno ordinando questi colpi, non lo rende legale. è tutto illegale…
Ora, sanno benissimo che è illegale imporre questi [colpi COVID]. Il presidente Biden sa che è illegale. Ma quello su cui contano è che i casi giudiziari che annullano i loro mandati illegali impiegheranno un po’ di tempo e, nel frattempo, le persone saranno abbastanza spaventate da riuscire a sparare. E purtroppo ha funzionato”.
Fasi della responsabilità: licenza completa e pianificazione dell’infanzia
La fase successiva è la licenza completa (approvazione FDA). Una volta che un prodotto è completamente autorizzato, l’azienda diventa responsabile per gli infortuni. A quel punto, il prodotto può essere legalmente autorizzato. Naturalmente, sapendo quanto siano pericolosi i colpi di COVID, nessun produttore vuole essere finanziariamente responsabile per gli infortuni. Sarebbero stati denunciati per fallimento.
Per ottenere nuovamente l’immunità contro la responsabilità, i produttori di vaccini devono inserire il loro prodotto nel programma di vaccinazione infantile. Ciò consentirà anche al governo di autorizzare gli scatti. Come notato da Mayer:
“Questo è il Santo Graal se sei un produttore di vaccini per un vaccino COVID in questo momento. Vuoi che abbia una licenza completa, ma non metterlo sul mercato finché non lo ottieni nel programma dei bambini”.
Il DOJ ridefinisce le “conseguenze” mediche
In Doe v. Rumsfeld, 2 la corte ha ritenuto che i membri del servizio potessero rifiutare un prodotto EUA senza conseguenze punitive come congedo disonorevole o altre punizioni. Pertanto, non vi sono state conseguenze per il rifiuto di un prodotto EUA, a parte la naturale conseguenza di un possibile contrarre la malattia.
Tuttavia, nel luglio 2021, il Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti ha tentato di ridefinire il termine “conseguenze” solo per l’iniezione di COVID, per suggerire che le conseguenze punitive, come la perdita del lavoro o l’essere separati dal luogo di lavoro o di apprendimento, sono legali quando una persona rifiuta un vaccino EUA.
“Ma questo tipo di conseguenza, una conseguenza punitiva, non è mai stata giudicata”, afferma Mayer . “Questo non è in nessuna legge. Questa è solo un’opinione del Dipartimento di Giustizia. E non significa assolutamente nulla, tranne che proviene dal nostro Dipartimento di Giustizia, quindi le persone gli danno molta autorità.
Hanno anche affermato due volte – e questo è così difficile da capire perché è appena oltre la ragione – che il diritto di accettare o rifiutare un prodotto EUA è “puramente informativo”.
Letteralmente, puoi leggere che potresti morire prendendolo, ma è puramente informativo. Non puoi agire su di esso. Questo è quello che dice il Dipartimento di Giustizia. Ancora una volta, non è giudicato, quindi non significa nulla. È un’opinione. Non ha alcun peso legale. Quindi, come dicevamo prima, questi mandati iniziano a essere ribaltati”.
Quattro standard per EUA
Ci sono quattro standard che devono essere soddisfatti per un EUA. Se uno di questi criteri non è soddisfatto, l’EUA non può essere concesso o mantenuto. In primo luogo, il segretario alla Salute e ai Servizi Umani deve dichiarare e mantenere lo stato di emergenza. Se l’emergenza dovesse scomparire, tutti i prodotti EUA dovrebbero uscire dal mercato. E questo non significa solo vaccini. Include anche i test PCR e persino le maschere chirurgiche.
Il secondo standard è la prova dell’efficacia. Storicamente, i vaccini dovevano mostrare un’efficacia del 70% o superiore, misurata da un aumento di quattro volte dei livelli di anticorpi, per essere qualificati. Per un vaccino EUA, la soglia di efficacia va solo dal 30% al 50%. In un’altra deviazione dalle precedenti approvazioni del vaccino, gli studi clinici sul vaccino COVID si sono basati sul test RT-PCR, non sugli anticorpi, per dimostrare l’efficacia nella piccola “fase di sfida” degli studi.
Ora, probabilmente hai sentito che l’iniezione di Pfizer era efficace al 95% quando è stata lanciata per la prima volta, ma si trattava di una riduzione del rischio relativo, non di una riduzione assoluta del rischio. Confondere questi due parametri è una strategia comune utilizzata per far suonare un prodotto molto meglio di quanto non sia in realtà. La riduzione assoluta del rischio per il colpo di Pfizer è stata solo dello 0,84%. 3
Ad esempio, se uno studio ha diviso le persone in due gruppi di 1.000 e due persone nel gruppo che non hanno ricevuto un vaccino fittizio sono state infettate, mentre solo una nel gruppo vaccinato è stata infettata, la riduzione del rischio relativo verrebbe riportata come 100% . In termini di riduzione assoluta del rischio, il vaccino fittizio ha impedito solo a 1 su 1.000 di contrarre l’infezione, una riduzione del rischio assoluto molto scarsa.
Il messaggio da portare a casa qui è che anche se la soglia minima per l’efficacia è ridicolmente bassa, in termini di riduzione assoluta del rischio, questi colpi non sono ancora all’altezza. Entro sei mesi, anche la relativa riduzione del rischio si azzera. Inoltre, ci sono prove che anche gli studi clinici sono stati manipolati.
“Ricordo un’analisi molto presto nei blocchi [che mostrava] se aggiungevi tutti i probabili casi di COVID allo studio clinico [dati], l’efficacia passava dal 90% a tra il 19% e il 29%”, afferma 4 Mayer.
Il terzo standard è che i benefici noti e potenziali del prodotto devono superare i rischi noti e potenziali del prodotto. Nel caso dei colpi di COVID, ci sono prove schiaccianti che mostrano che fanno più male che bene.
Il quarto e ultimo standard che deve essere soddisfatto è che non possono esistere trattamenti alternativi adeguati, approvati e disponibili (farmaci o vaccini). “Questo è il motivo per cui l’idrossiclorochina e l’ivermectina sono state annullate”, afferma Mayer. Questo è anche un altro motivo per cui Comirnaty non è trattato come un prodotto completamente approvato negli Stati Uniti, perché se lo fosse, allora tutti gli altri colpi di COVID che sono sotto EUA dovrebbero essere rimossi dal mercato.
“Questo è uno sgabello a quattro gambe”, dice Mayer . “Se una di queste gambe va via, devi ritirare i tuoi prodotti EUA dal mercato… per legge. Metto in rosso le alternative [stato di] emergenza e [trattamento], perché queste sono due delle cose su cui hanno una stretta mortale; quelle sono cose che stanno proteggendo come un matto.
Ciò significa che ogni variante che esce, deve farla sembrare super spaventosa per mantenere viva l’emergenza. Quindi, le varianti servono a uno scopo. Bisogna pensare a queste varianti nel contesto di questo crimine, dove devono mantenere viva l’emergenza per mantenere i loro prodotti sul mercato.
Penseresti che questa emergenza si fermerà forse quando arriviamo all’immunità di gregge, forse se otteniamo il 90% di vaccinazione, forse il COVID sta per andare via, come ha fatto il vaiolo all’inizio del 1900 [anche se] solo il 5% delle persone era vaccinato. [Ma non] scomparirà [fino a quando] i colpi non otterranno la piena approvazione e i produttori non otterranno uno scudo di responsabilità completo”.
Quasi Approvazione di Comirnaty
Per quanto riguarda Comirnaty, è o non è completamente approvato e autorizzato? La risposta è più complessa di un semplice sì o no. Mayer spiega:
“La quasi approvazione di Comirnaty è solo per BioNTech. Non ha a che fare con Pfizer, ed è per questo che sto facendo questa presentazione perché spiegherò cosa sta succedendo.
Questa è la corsa per ottenere la protezione della responsabilità. Ricorda, questa è l’altra presa soffocante che vogliono. Vogliono davvero ottenere questa protezione dalla responsabilità. Una volta che i colpi COVID sono stati completamente approvati, il produttore ha la piena responsabilità.
C’è tutta questa confusione su Comirnaty. È stato completamente approvato? È sul mercato? È intercambiabile con lo scatto Pfizer? E rende legale il mandato di vaccinazione COVID? È la stessa risposta. No, no, no, no.
La FDA ha emesso un’approvazione della domanda di licenza biologica intenzionalmente confusa per Comirnaty. È stata un’approvazione senza precedenti per entrambi autorizzare il tiro della Comirnaty, dicendo che è “intercambiabile” con il tiro della Pfizer. Ma hanno anche detto che è “legalmente distinto”.
In quella stessa approvazione, mantengono lo scudo di responsabilità del vaccino designandolo anche EUA. Vogliono che sia completamente approvato, ma vogliono la protezione della responsabilità, quindi hanno fatto questa doppia approvazione BS.
Quindi, [Comirnaty] ha la licenza per essere prodotta, introdotta nel commercio statale e commercializzata, ma non ha la licenza per essere data a nessuno e non è disponibile negli Stati Uniti. È disponibile nel Regno Unito, in Nuova Zelanda e in altri luoghi, ma non è disponibile negli Stati Uniti perché hanno davvero paura delle responsabilità.
Ora, sei pronto per questo? Il BLA in realtà afferma che Comirnaty è solo “pronto per l’approvazione”. 5 Non dice che è approvato da nessuna parte nel documento. E hanno seppellito questa lingua in una sezione pediatrica per confondere ancora di più le persone.
Ecco cosa hanno detto; “Rimandiamo la presentazione dei tuoi studi pediatrici per le età inferiori ai 16 anni. Per questa domanda, perché questo prodotto è pronto per l’approvazione per l’uso in individui di età pari o superiore a 16 anni, poiché gli studi pediatrici per le età più giovani non sono stati completati.”
Perché hanno fatto questo? Sedici è un numero molto importante. Penseresti che l’intervallo di età sia di 18 anni. È un’interruzione di età molto tipica per tutto il resto che facciamo in questo paese. Perché 16?
Il motivo per cui hanno fatto 16 è perché i ragazzi di 16 e 17 anni sono ancora nel programma di vaccinazione dei bambini. E poi il produttore ottiene una protezione completa dalla responsabilità. Ecco perché questo è pronto per essere approvato per i 16 anni in su, non per i 18 anni in su”.
Comirnaty non è completamente autorizzato
Questa confusione è chiaramente intenzionale. Da un lato, la FDA afferma che il comirnaty è intercambiabile con il colpo della Pfizer, ma è anche giuridicamente distinto. I tribunali hanno dovuto intervenire sulla questione e un giudice federale ha recentemente respinto l’affermazione del Dipartimento della Difesa secondo cui i due colpi sono intercambiabili. Non sono intercambiabili. Ciò significa che il vaccino della Comirnaty è ancora EUA. Non ha piena approvazione e non è sul mercato.
“I militari coinvolti in cause legali stanno sfidando il mandato militare del vaccino contro il COVID. Hanno presentato una denuncia modificata in cerca di una nuova ingiunzione dopo che il mese scorso il giudice ha respinto l’affermazione secondo cui il vaccino Pfizer COVID e il Comirnaty di BioNTech sono intercambiabili. Quindi, stiamo ancora martellando su questo legalmente, ma un tribunale ha stabilito che non sono intercambiabili.
[Nota dell’editore: queste informazioni sono accurate al momento del colloquio, ma sono in corso sfide legali e i tribunali potrebbero emettere nuove sentenze. Il 22 dicembre 2021, la Corte Suprema degli Stati Uniti ha annunciato 6 che è previsto il 7 gennaio 2022 per ascoltare gli argomenti che sfidano il vaccino di Biden e i mandati di test.]
Quindi, come facciamo a sapere che la Comirnaty non viene trattata come pienamente approvata? Innanzitutto, l’approvazione afferma che hai il diritto di accettare o rifiutare il prodotto. Ciò significa che è un EUA. In secondo luogo, non è disponibile negli Stati Uniti perché Comirnaty non ha una protezione contro la responsabilità. Terzo, se fosse disponibile, è un [trattamento] alternativo e tutti gli altri colpi EUA dovrebbero uscire dal mercato.
No. 4, il Comitato consultivo del CDC sulle pratiche di immunizzazione (ACIP) dovrebbe raccomandarlo per le età da 16 a 18 anni e il CDC lo avrebbe aggiunto al programma raccomandato per i bambini. È così che sappiamo che non è completamente approvato e sul mercato.
Ecco l’etichetta per Comirnaty. Dice che è un’autorizzazione all’uso di emergenza. Non dice che è completamente approvato, perché non lo è. Ma guarda le informazioni sulla sicurezza che stanno riconoscendo: miocardite e pericardite si sono verificate in alcune persone che hanno ricevuto il vaccino, più comunemente nei maschi di età inferiore ai 40 anni rispetto alle femmine e ai maschi più anziani.
Quindi, questo sta dicendo che i giovani hanno un’infiammazione al cuore. E quello che sappiamo da tutti i resoconti aneddotici è che 300 atleti sono morti o sono crollati sul campo e bambini nelle scuole sono morti di infarto. Questo è quello che sta succedendo qui.
E il motivo per cui devono dichiararlo è perché lo sanno. Sanno che sta succedendo. E l’unico modo in cui possono essere citati in giudizio è se sanno che c’è un problema con il loro vaccino e non lo dichiarano. Quindi, lo dichiarano qui, in un linguaggio molto mite, come se non fosse un grosso problema, ma è un grosso problema. Stanno morendo [a causa degli spari] i giovani che hanno il 99,9973% di possibilità di riprendersi dal COVID…
Il Santo Graal è quello di ottenere il tiro sul programma raccomandato dal CDC per i bambini, perché in questo modo ottiene la piena protezione della responsabilità secondo la legge del 1986. Questo è il motivo per cui inseguono i nostri figli quando hanno un tasso di recupero del 99,9733%…
Ogni intervento medico è un’equazione rischio-beneficio e non si calcola affatto per i bambini. Non dovrebbero mai ricevere colpi COVID. I colpi non impediscono la trasmissione. Non prevengono i casi. Non impediscono il ricovero in ospedale o la morte”.
Come puoi aiutare
Children’s Health Defense ha citato in giudizio la FDA per l’approvazione di Comirnaty, sostenendo che si tratta di un “esca e interruttore” per convincere le persone che stanno ricevendo un vaccino autorizzato, quando in realtà stanno ottenendo un vaccino EUA che non può essere legalmente autorizzato. Sfortunatamente, questo tipo di casi legali può richiedere molto tempo e i bambini vengono danneggiati inutilmente mentre aspettiamo i chiarimenti legali.
Hanno anche una dozzina di altri casi legali in corso. Se vuoi aiutare, iscriviti per diventare un membro su childrenshealthdefense.org . Sono solo $ 10 per un abbonamento a vita.
FONTE: https://www.maurizioblondet.it/il-vero-motivo-per-cui-vogliono-dare-iniezioni-di-covid-ai-bambini/
STORIA
RENATO CURCIO E LA “GIOVANE NAZIONE”
Geopolitica Intelligence Sicurezza Difesa – 23 12 2021
Renato Curcio 1963:
FONTE: https://www.facebook.com/100054632178572/posts/436807354817000/
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