RASSEGNA STAMPA DETTI E SCRITTI
29 MARZO 2020
A cura di Manlio Lo Presti
Esergo
TEMPUS TACENDI, TEMPUS LOQUENDI
Mai nel Paese per migliorare il livello di vita
ma sempre all’estero e a profitto degli usurai,
dixit Lenin,
un cannone tira l’altro
escalation sul mercato d’armi
mai saturo
EZRA POUND, I Cantos. Canti pisani, Mondadori, 1985, pag. 847
https://www.facebook.com/Detti-e-Scritti-958631984255522/
Le opinioni degli autori citati possono non coincidere con la posizione del curatore della presente Rassegna.
Tutti i numeri dell’anno 2018 e 2019 della Rassegna sono disponibili sul sito
Precisazioni
www.dettiescritti.com è un blog intestato a Manlio Lo Presti, e-mail: redazionedettiescritti@gmail.com
Il blog non effettua alcun controllo preventivo in relazione al contenuto, alla natura, alla veridicità e alla correttezza di materiali, dati e informazioni pubblicati, né delle opinioni che in essi vengono espresse. Nulla su questo blog è pensato e pubblicato per essere creduto acriticamente o essere accettato senza farsi domande e fare valutazioni personali.
Le immagini e le foto presenti nel Notiziario, pubblicati con cadenza pressoché giornaliera, sono raccolte dalla rete internet e quindi di pubblico dominio. Le persone interessate o gli autori che dovessero avere qualcosa in contrario alla pubblicazione delle immagini e delle foto, possono segnalarlo alla redazione scrivendo alla e-mail redazionedettiescritti@gmail.com
La redazione provvederà doverosamente ed immediatamente alla loro rimozione dal blog.
°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°
SOMMARIO
NOI SIAMO CIBO
Draghi, il cassaintegrato, l’Inps e il quinto modulo di autocertificazione
Italia versa 50 milioni alla Tunisia. Poi l’ambasciata cancella il post
Coronavirus, Italia versa 21 milioni alla Bolivia
Film ‘Nuovo Vangelo’, con Gesù nero e migrante. Recita pure don Zerai
CONIGLIETTO DI PASQUA: LA LEGGENDA DI EASTER BUNNY
Magaldi: il partito “cinese” dichiara guerra alla nostra libertà
Guerre batteriologiche e guerre di greggio
Gli accelerazionisti: chi sono, cosa vogliono e perché possiamo continuare a ignorarli (o forse no)
Pensioni: Quota 41 per tutti irrealizzabile a causa del Coronavirus
Il coronavirus e la Gates Foundation
LAGARDE: INCOMPETENTE OPPURE MANOVRATA?
Riscaldamento globale, il geologo Crescenti: “L’Onu manipola i dati”
EDITORIALE
NOI SIAMO CIBO
Manlio Lo Presti – 29 marzo 2020
Dedico una serie di ragionamenti
a coloro che in buona fede non avessero ancora capito,
a coloro che continuano a focalizzarsi sui dettagli,
a coloro che perdono (forse volutamente) la visione di insieme panoramica dei fatti senza collegarli ai complessi reticoli di causa ed effetto planetari,
a coloro che fanno finta di non capire girando la testa dall’altra parte (1),
ma soprattutto a coloro che cercano di avere risposte ad una fitta serie di interrogativi in piena libertà di opinione.
Gli interventi, per ora promessi e non ancora attuati, a sostegno della parte fragile della popolazione italiana pongono in luce le storiche carenze dei governi tempo per tempo al potere dalla cosiddetta unità d’Italia in poi, nella realizzazione di coerenti e programmate politiche sociali e di redistribuzione della ricchezza. Evidenziano anche l’estensione della gracilità del sistema economico italiano a causa di una totale assenza di strategie gestionali di sistema di medio e lungo periodo, sostenute da investimenti destinati alla innovazione tecnologica. Investimenti sostenuti da buona parte dei profitti che, ancora oggi con la connivenza delle associazioni datoriali, degli organi di controllo, delle 7 polizie, continuano ad essere esportati nei paradisi fiscali di mezzo mondo.
I mali storici ed endemici italiani sono:
- FAMILISMO PROPRIETARIO: la ex Fiat era una accomandita e non una società per azioni che sarebbe stata la forma giuridica più consona;
- PRESSAPPOCHISMO MANAGERIALE AVVENTURIERO sostenuto da discontinue intuizioni talvolta geniali e dalla imperitura aspettativa di ricevere ingenti flussi statali finanziari a fondo perduto e a pioggia e NON con la determinazione di CREDITI DI SCOPO regolati da una precisa elencazione di requisiti di accesso e di precisi tempi di realizzazione;
- ASSENZA DI POLITICHE INDUSTRIALI NAZIONALI delineate da una programmazione pluriennale elaborata con il contributo delle parti sociali e dagli interessi territoriali coinvolti. Meglio il T.A.C. (il “tira a campare”, di forlaniana memoria) che si presta meglio ad azioni di sottogoverno clientelare e soprattutto elettorale.
COROLLARIO: le sofferenze della popolazione sono la risultante di questa secolare improvvisazione. Una struttura economica e finanziaria ben organizzata, capitalizzata nella misura adeguata a sostenere l’ammodernamento delle tecnologie produttive e della struttura bancaria e finanziaria del Paese, avrebbe potuto affrontare senza troppi danni i contraccolpi economici causati dal blocco delle attività per l’insorgere delle c.d. pandemie sulle cui origini e sulla contabilità delle vittime e la loro classificazione come virus, sussistono gravissime zone opache messe abilmente in ombra dalla URGENZA-FATE-PRESTO;
- LA DEINDUSTRIALIZZAZIONE è stata realizzata senza intoppi in assenza di una pianificazione pluriennale nazionale e con la sua progressiva demolizione per mano di una classe politica asservita ai poteri mondiali a trazione anglosassone. Per convenzione, tale processo parte dal 1992, anno di Prodi, Amato & collusi vari teleguidati dagli Alti Comandi riuniti nel panfilo Britannia al largo di Livorno. Ricordo che nella ridetta imbarcazione era presente anche il preclaro Draghi che improvvisamente si è convertito al keynesismo e quindi all’intervento statale a debito per contrastare il ciclo depressivo mediante rilancio della domanda effettiva!
La concentrazione dei flussi finanziari nelle mani di ristrettissime élites (2) è un argomento ampiamente e lungamente dibattuto. Sarebbe opportuno analizzare le logiche che guidano i provvedimenti che i vari Paesi intendono adottare (da notare il silenzio assordante dei pretoriani dell’unione europea) per finanziare la popolazione senza reddito perché impossibilitata a lavorare e posta agli arresti domiciliari di massa quale mezzo di contrasto contro la c.d. pandemia. Una azione la cui efficacia che – a detta di alcuni esperti più prudenti – è da valutare a posteriori.
TUTTO CIO’ PREMESSO
La pandemia planetaria ha provocato alcune conseguenze:
- CROLLO DELLE BORSE, con rimbalzi sempre più ravvicinati. Ciò significa che gli speculatori – eufemisticamente definiti I MERCATI – operano nell’ombra con massicci acquisti comprando di fatto il pianeta con poche decine di miliardi;
- L’INSORGERE DI RIVOLTE SOCIALI parzialmente provocate dalle 8 mafie per creare caos. Un disordine che giustifica l’adozione URGENTE di politiche-fate-presto mediante l’emissione a ripetizione di provvedimenti legislativi extraparlamentari firmati dal non-eletto-da-nessuno Badoglio 2.0. Sono provvedimenti di natura apertamente antidemocratica e con forte sospetto di illegalità, al punto da far uscire allo scoperto più di una volta l’effervescente morphing del Colle che ha chiaramente ribadito che tali provvedimenti debbono essere sottoposti alla convalida di legittimità del parlamento!
- LE MISURE FINANZIARIE (guarda guarda! Sono apparsi 25 miliardi) sono erogate e irrogate nella forma di INDENNITA’, cioè sono concesse ex gratia dall’alto e quindi revocabili a piacere. L’entità dei flussi e la loro ripartizione non sono pertanto determinati dalla libera negoziazione fra parti sociali ed interessi locali riconosciuti. Il DANARO OTTRIATO dimostra che le popolazioni sono considerate masse informi ricattabili e possono essere affamate a comando in alcuni casi. Ad esempio, se la plebe non ha “votato nel modo giusto”, se osa ribellarsi alla imposizione del lavoro precario e malpagato, se non accetta volentieri una immigrazione incontrollata di neoschiavi disposti a lavorare per 5 euro al giorno. Queste mance possono essere revocate di colpo. Viene quindi eliminato brutalmente il procedimento democratico e negoziale legato ai sani principi di cooperazione sociale della R.S.I. – Responsabilità Sociale d’Impresa intesa come fattore di creazione di profitti aziendali ma anche di creazione di una catena di valore a favore dei territori coinvolti e il consolidamento dello stato sociale.
- HELICOPTER MONEY come forma di intervento rapido-fate-presto ossessivamente sostenuto dall’illustre convertito Draghi e dai suoi sodali. Figurativamente, si tratta di una cascata di banconote lanciate a pioggia agli umani sottostanti a terra. Fa pensare ad una scena dove una massa informe di umani laceri, stremati dalla indigenza da crisi scientificamente provocata e prolungata, coperti di fango, polvere e di escrementi si spintonano e si ammazzano senza pietà per afferrare le banconote dal cielo. (3) Questo è quindi il modo in cui viene considerata la popolazione da parte dei Piani Alti tecnoglobalisti. NOI SIAMO CIBO DEL POTERE …
- TESSERE ANNONARIE concesse a raffica al popolo demmerda. Sono la certificazione di un potere che ci vede come schiavi meritevoli, ad intermittenza e solo quando lo stabiliscono LORO, di concessioni revocabili senza preavviso. Di fatto è una ELEMOSINA DI MASSA LANCIATA DALL’ALTO e con il criterio fate-presto per sedare la plebe da mantenere dentro i recinti prima che possa ribellarsi! Strumento operativo? Il Banco Alimentare che fa tornare in mente le rivolte del macinato durante la Guerra dei Trent’anni (1618-1648) che hanno fatto da sfondo ai Promessi sposi di Manzoni, peste inclusa!!!
- CONVERSIONE KEYNESIANA DI DRAGHI e suoi sodali UE e mondiali. Oggi il ridetto superpretoriano spinge perché i governi vadano a debito di bilancio per dare SUBITO AL POPOLO BUE soldi da spendere. Il ragionamento di Draghi presente le seguenti perplessità: 6.1) L’ex presidente BCE sostiene motivazioni condivisibili di interventi a pioggia (motivo apparente) senza dire il resto che segue. Cioè: dare soldi a raffica revocabili ha lo scopo di eliminare impalcature normative nazionali a tutela dello Stato sociale e alla totalitaria eliminazione di tutti i diritti civili (motivo vero). (4) Un prezzo che la techgleba dovrà pagare per sopravvivere. Ecco perché la plebe mondiale è considerata puro e semplice CIBO DEL POTERE. 6.2) Il provvedimento erga onmes si fonda sul dogma (di stampo neoclassico abbandonato da Keynes) per il quale il cittadino beneficiario debba automaticamente e subito spendere tutto. In assenza di aspettative (la famosa E della funzione della domanda keynesiana) positive, le persone accantoneranno o pagheranno le bollette arretrate. CONSUMO ZERO! 6.3) Va ricordato che il Convertito al keynesismo è quello che ha sostenuto ossessivamente e violentemente la teoria del PILOTA AUTOMATICO (5) come criterio gestionale dei flussi monetari internazionali e di sostegno alla parità dell’euro. Tale opzione pone cinicamente in ombra il fatto che la moneta e la finanza sono eventi sociali e soprattutto sono determinati dall’indirizzo politico tempo per tempo adottato. Alla faccia del keynesismo fintamente proclamato, abbiamo una visione neoclassica della moneta astratta dalla società dove si muove e ha la sua ragione di essere. E’ la teorizzazione di Milton Friedman che costituisce la base di comportamento della moneta e dei flussi finanziari che diventano una potentissima arma di ricatto ai danni di intere nazioni e democrazie che non si conformano alle direttive, provocando carestie e conflitti geopolitici lunghi e sanguinosi: tutti “dettagli” che non condizionano minimamente le decisioni del sinedrio finanziario mondiale;
- LA DEPOPOLAZIONE realizzata con l’imposizione di vaccinazioni precedute da una antecedente diffusione ad hoc di terrore pandemico. Vaccinazioni di massa sovente giustificate da legiferazioni d’urgenza per le quali la plebe che si oppone diventa imputata a pene molto dure. Guarda caso, queste operazioni fanno guadagnare dozzine di miliardi di euro ai colossi farmaceutici multinazionali i cui bilanci spesso sono superiori a molti Stati di media dimensione.
P.Q.M.
La fine della c.d. pandemia ad orologeria segnerà l’inizio di un brutale, sanguinario, doloroso dominio tecnotronico assoluto delle masse informi collocate in basso alla catena alimentare mentre aspettano con le facce rivolte in alto la caduta delle banconote a libero piacimento dei Piani Alti.
Con il silenzio complice, cinico e colpevole delle organizzazioni datoriali di categoria, della chiesa postcattolica, dei cattocomunisti globalisti quadrisex antifascisti si formerà una massa mondiale di umanoidi techgleba respinti nei recinti informatici della sorveglianza totalitaria.
Ne riparleremo (forse) …
NOTE
1)Sul tema della indifferenza cfr. il notevole testo Odio gli indifferenti di A. Gramsci:
2)Sul tema del “controllo dei flussi finanziari” cfr.
3)Fa venire in mente l’aneddoto crudele della gallina spennata e sanguinante, attribuito a Stalin
4)Pierre Goldman (il fondatore della Goldman SAchs) affermava che le persone decidono per due motivi. Il primo è quello umano, condivisibile, sociale, e poi …. per quello VERO
5)Sul tema del “pilota automatico” cfr.
https://www.ilfoglio.it/economia/2017/07/20/news/super-mario-col-pilota-automatico-145616/
IN EVIDENZA
Draghi, il cassaintegrato, l’Inps e il quinto modulo di autocertificazione
di
27 marzo 2020
“Gira in rete” (come si suole dire) da ieri il video di un cassaintegrato di Palermo che con, si presume, sua figlia accanto, una bambina di cinque o sei anni, parla di rivoluzione dei cittadini. Non la minaccia, non sta commettendo alcun reato, piuttosto è disperato. E lo urla in rete all’Italia. Come chi non ha altri strumenti. Dice che non ha più soldi e fa capire che non li ha più perché non può fare niente, non può guadagnare, non può mettere assieme il pranzo con la cena. Quante persone in Italia sono in questo stato, attualmente? E quanto potrebbe ancora peggiorare questa situazione?
Che accadrà lunedì prossimo, quanto tutti si accalcheranno davanti alle porte virtuali del sito dell’Inps, e armati di santa pazienza o infuriati cercheranno di accedere attraverso lo Spid, o il Cns, o il Pin o qualsiasi altra cosa che rischia non funzionare affatto, un po’ perché spesso non funziona per definizione, oppure perché la linea è sovraccarica, oppure perché il cittadino stesso non è dotato di una connessione decente, oppure perché abita in una di quelle zone d’Italia che contribuisce a tenere in piedi col proprio sudore, una di quelle di cui ci si ricorda solo quando c’è un terremoto, ma solo il tempo di mandare le telecamere e poi via: tanto non porta voti ed ha finito di fare audience, una di quelle zone disgraziate che internet non l’hanno vista mai.
E che farà il cassaintegrato di Palermo del video? Pardon, noi lo abbiamo chiamato “cassaintegrato”, ma magari è un agente di commercio, una Partita Iva, ormai abituata ad essere additata come uno dei peggiori mali dell’Italia, additato, in una stupida guerra fra poveri, dai lavoratori dipendenti (ma anche dall’ultima Legge di stabilità) come un evasore fiscale per pregiudizio e definizione, malgrado versi fra imposizione fiscale, contributiva e tasse varie oltre il 66 per cento di ciò che riesce faticosamente a ricavare in un anno, oppure è uno che lavora in nero, che si barcamena fra lavoretti vari o si imbarca sulle paranze e cerca di trarre ciò che serve alla sua bambina che innocente e ignara di ciò che accade continua a sorridere e a mangiare un pezzo di pane e nutella, l’ultimo che suo padre – così dichiara – sarà in grado di comprarle? E che accadrà quando questo signore di Palermo, e con lui chissà quanti altri, con accento diverso, in altre latitudini di questa nazione lunga, stretta e dispersa non avrà davvero più soldi? Che accadrà quanto tanti di questi signori non riusciranno, come programmato, non prendiamoci in giro, nemmeno a ad avere i famosi 600 euro dall’Inps? Che accadrà quando queste persone non avranno più nulla da perdere?
“Quando un esercito è in borghese, è un esercito di popolo, e cor popolo, ce se sbatte sempre er grugno” diceva nel film In nome del Papa re il buon monsignor Colombo interpretato da Nino Manfredi. Chi non ha più nulla da perdere, non ha più paura di perdere nulla. Per quanto questo concetto possa sembrare tautologico, è bene ricordarlo, è un monito che affonda profonde radici nella storia dell’umanità. E che c’entra il “cassaintegrato di Palermo del video” con Mario Draghi? C’entra, perché con modalità diverse i due signori stanno dicendo la stessa cosa. Per cui, in questo momento noi abbiamo Mario Draghi e il signore di Palermo da un lato, e dall’altro abbiamo il premier Giuseppe Conte, l’Inps, il quinto modulo di autocertificazione per poter uscire da casa (nel quale, peraltro, il cittadino dovrebbe dichiarare cose che non è nemmeno in grado di sapere), le dirette delle 18 e quelle delle 22.30, i ghigni di Angelo Borrelli, il sabotaggio delle iniziative di Attilio Fontana in Lombardia, il mancato impegno nel fornire mascherine e altri strumenti di protezione personale a medici, infermieri e personale sanitario, i grandi e ingiustificabili ritardi nell’informare la popolazione dell’entrata in stato di emergenza il primo febbraio, ma ancora peggio, i grandi ritardi nell’intervenire.
E poi decreti, ordinanze continue e sanzioni. E niente sostanza. Da un lato c’è chi urla la necessità di intervenire assieme Draghi che rilascia una stringata, ma chiarissima intervista in inglese, lingua sintetica e di laconica incisività, nella quale indica una via possibile, o forse obbligata. Un messaggio che sarebbe riduttivo confinare entro i nostri confini, ma che si riferisce all’Europa, al mondo Occidentale. E ci fermiamo qui. Dall’altro c’è un Governo che non ha trovato di meglio che assumere e pagare due consulenti che in questo momento di emergenza dispensano perle di saggezza delle quali si sentiva veramente la mancanza e tali da cambiare radicalmente la situazione, una tal Mazzucato, che anziché indossare una mascherina infila un eskimo ed elevando il pugno sinistro al cielo ci delizia sulla fine del capitalismo e dell’economia privata e un certo Gunther Pauli, inventore dell’ennesima supercazzola pauperista della “blue economy”, che non trova di meglio che inventarsi una correlazione palesemente spuria come quella fra Coronavirus e impianti di trasmissione 5G.
Sarebbe bene far vedere al signor Pauli la divertente sovrapposizione fra casi di mucca pazza e voto a favore della Brexit in Gran Bretagna per far capire cosa sia una correlazione spuria, ma temiamo seriamente che questo fine “economista” la prenderebbe come vera. I due sono pagati dal Governo Conte con i nostri soldi, ovviamente. E credo non debbano compilare moduli particolari dopo aver digitato Pin, Spid o Cns per riceverli. Mario Draghi ha detto poche cose. Una più densa e inequivocabile dell’altra, ma prima di tutto è bene evidenziare l’approccio dell’intervista, l’attenzione alla vita, ai sentimenti di paura e ai lutti che colpiscono molti di noi, l’accento sugli aspetti e sulle ricadute sociali della crisi in atto sono elementi centrali e imprescindibili dell’intervista stessa. E tali elementi sono visti non in contrapposizione, ma intimamente connessi alla capacità di produrre, di lavorare e tutelare i posti di lavoro, di costruire il futuro dopo aver gestito il presente.
E dando da subito le indicazioni per gestire il presente a farlo “con forza e velocità”, elementi che stanno mancando a quasi tutti i governi occidentali, forse con l’eccezione degli Stati Uniti di Donald Trump, e massimamente in Unione europea e in Italia, dove si aspetta la manna di una decisione positiva di un’entità socialmente astratta quanto distante e percepita ostile come il Mes. Non si vuole riassumere qui il testo del discorso di Draghi, altri lo hanno fatto e bene ed è diventato un discorso popolare, i social ne sono invasi e con un sentiment altamente positivo su tutte le fasce d’età. Basta scorrere le pagine di Facebook, Twitter e Linkedin per accorgersene, oltre che la stampa specializzata e quella generalista. Segno che si vuole cambiare pagina, che ci si vuole levare da dosso i panni sporchi e infetti di questa crisi, anche se gessati e con cravatta ed eventualmente, con la pochetta.
Segno che si sta dicendo “vogliamo Draghi”, anche se lui non ci pensa nemmeno a scendere in campo. Vogliamo un esecutivo di persone competenti, decise e rapide. Che non si perdano in meandri inutili burocratici, in decreti e ordinanze continue, ma agiscano, soprattutto in tempo. Adesso più che mai, presidente Sergio Mattarella, varrebbe quel titolo di tanti anni fa, in occasione di una crisi inferiore solo a quella presente: “Fate presto!”. Faccia presto, presidente.
Italia versa 50 milioni alla Tunisia. Poi l’ambasciata cancella il post
sabato, 28, marzo, 2020
FDI presenta interrogazione – “Si infittisce il mistero dei 50 milioni di euro sciaguratamente versati dall’Italia, tramite Cassa depositi e prestiti, alla Tunisia e destinati alle imprese tunisine.
Ho depositato interrogazione che chiede conto del motivo della rimozione della notizia dal sito ufficiale della nostra ambasciata a Tunisi. Fratelli d’Italia pretende che non venga rimossa la notizia, ma venga rimosso, cancellato, azzerato il contributo.
Si chieda indietro il contributo anziché preoccuparsi di rimuovere la notizia.
La vergogna non è la propalazione della notizia, ma la contribuzione. Di Maio è come mio figlio che, beccato con le mani nella marmellata, crede che nascondendo le mani tutto sia a posto: non è così!”
Lo dichiara Andrea Delmastro, deputato di Fratelli d’Italia e capogruppo FDI in commissione Esteri.
FONTE:https://www.imolaoggi.it/2020/03/28/italia-versa-50-milioni-a-tunisia-poi-ambasciata-cancella-post/
Coronavirus, Italia versa 21 milioni alla Bolivia
sabato, 28, marzo, 2020
“Non bastavano i 50 milioni di euro dati alla Tunisia e alle sue aziende per l’emergenza coronavirus, adesso scopriamo che la Farnesina ha dato anche 21 milioni di euro alla Bolivia per l’emergenza coronavirus
Aiutate l’Italia, le famiglie, le imprese, le partite iva!” (Andrea Delmastro – Fdi)
VIDEO QUI:https://www.facebook.com/andreadelmastrofdi/videos/233323707818885/
FONTE:https://www.imolaoggi.it/2020/03/28/coronavirus-italia-versa-21-milioni-alla-bolivia/
ARTE MUSICA TEATRO CINEMA
Film ‘Nuovo Vangelo’, con Gesù nero e migrante. Recita pure don Zerai
Cinema & Teatro, NEWSdomenica, 6, ottobre, 2019
Parte del progetto ‘Topoi’, nel film avranno una parte il sindaco di Matera, Raffaello De Ruggieri, che indossa i panni di Simone di Cirene, l’attore rivelazione del cinema italiano Marcello Fonte nel ruolo di Ponzio Pilato, l’attrice romena Maia Morgenstern che interpreterà Maria come nella “Passione” di Mel Gibson, mentre il sacerdote eritreo Mussie Zerai, protagonista di salvataggi dei migranti nel Mediterraneo, sarà presente nel ruolo di Giuseppe d’Arimatea.
Nel suo “Nuovo Vangelo” il regista svizzero ha scelto di unire teatro, cinema al realismo dominante di una campagna politica che ricolleghi il messaggio di Cristo alla situazione dei migranti africani. La messa in “scena” arriva alla fase cruciale con la seconda grande ripresa in pubblico nella quale Gesù viene condannato dalle autorità religiose e poi consegnato al potere mondano. Gesù rifiuterà di cambiare le sue convinzioni e per questo verrà crocefisso. Il suo arresto e la sua condanna saranno filmati in Piazza San Pietro Caveoso, mentre la crocifissione sarà filmata nel Parco della Murgia, prima dell’atto finale previsto per il 10 ottobre al Teatro Argentina di Roma.
Realismo dominante anche nella sofferenza di Gesù che sarà spinta all’estremo: le accuse da parte di Ponzio Pilato e dei sacerdoti del tempio sono tratte solo in parte dal Vangelo e in parte raccontano l’odierna situazione disumana dei profughi.
N.B.: http://www.imolaoggi.it/2018/09/17/il-prete-amico-della-boldrini-e-finito-in-carcere-per-spaccio/
FONTE:https://www.imolaoggi.it/2019/10/06/film-nuovo-vangelo-con-gesu-nero-e-migrante-recita-pure-don-zerai/
ATTUALITÀ SOCIETÀ COSTUME
CONIGLIETTO DI PASQUA: LA LEGGENDA DI EASTER BUNNY
BY ALTRAREALTÀ TEAM28 MARZO 201828730
Coniglietto di Pasqua o leggenda di Easter Bunny ha origine europea, precisamente in Alsazia. Narra la leggenda che questo simpatico animaletto, abbigliato con vestiti che lo rendono simile ad essere umano, si diletti a portare uova colorate, dolciumi e talvolta anche giochi durante la vigilia di Pasqua, a tutti i bambini, al pari di Babbo Natale o della Befana. Tuttavia non le lascia in bella mostra come il panciuto e barbuto Babbo Natale bensì le nasconde in attesa che tutti i bambini, destinatari del dono, possano trovarle.
Questa leggenda è legata ad una storia di tradizione tedesca, citata nel 1682 da Georg Franck von Franckenau nel libro De ovis paschalibus (A proposito delle uova pasquali) riferendosi ad una tradizione tedesca secondo la quale una lepre, simbolo di fertilità come il coniglio, portava uova ai bambini che avevano assolto al compito di essere obbedienti e tranquilli nel periodo pasquale.
In molte chiese della Germania, la domenica di Pasqua, un coniglio vivo che rappresentava il coniglietto di Pasqua, veniva portato nella comunità per annunciare un messaggio a tutti i bambini.
Due secoli fa si diffuse l’usanza di fare biscotti a forma di coniglietto, esportando tale consuetudine anche negli USA, attraverso i emigranti tedeschi. Nascevano quindi delle vere cacce all’uovo, nei prati, tra i cespugli del giardino, nascoste dal coniglietto di Pasqua.
Attualmente il simbolo del coniglietto è diffuso nei paesi di lingua tedesca, negli Stati Uniti e in Gran Bretagna dove nel periodo pasquale si regalano coniglietti di cioccolata e si cantano canzoncine e filastrocche legate al simpatico personaggio. Dal cesto delle uova, donate ai bambini dal coniglietto di Pasqua, deriva la tradizione delle uova colorate e dipinte presentate in cesti decorati.
La leggenda del Coniglietto di Pasqua in diversi paesi
dea eostre coniglietto di pasquaLa leggenda del Coniglio di Pasqua (Easter Bunny) risulta molto diffusa e popolare in Inghilterra e in Germania. Secondo la leggenda, verso la fine dell’inverno, la dea Eostre, divinità germanica legata al rinnovarsi della vita e dal cui nome deriva il termine Easter, Pasqua, trovò un uccello ferito a terra mentre passeggiava nel bosco.
Compassionevole nei confronti della piccola creatura, la dea decise di trasformarlo in una lepre in modo tale che potesse superare il resto dell’inverno e trovare un rifugio. La trasformazione non fu però completa. Pur avendo preso l’aspetto di una lepre, l’uccellino mantenne la capacità di deporre le uova da lasciare in dono ad Eostre come ringraziamento per aver avuto salva la vita.
I Britannici associavano la lepre alle divinità della luna e della caccia e i Celti la consideravano un animale divinatorio. In molte culture, da quella cinese a quella indiana o africana, campeggia l’immagine della lepre impressa nella Luna. Nella tradizione buddhista le leggende narrano di come una lepre si sacrificasse per nutrire il Buddha affamato, balzando nel fuoco. In segno di gratitudine il Buddha impresse l’immagine dell’animale sulla luna. In Cina la lepre lunare ha un pestello ed un mortaio con cui prepara un elisir di immortalità.
Gli Indiani Algonchini adoravano la Grande Lepre che si diceva avesse creato la Terra. Nell’antica Europa i Norvegesi rappresentavano le Divinità lunari accompagnate da una processione di lepri che portano lanterne. Anche la Dea Freya aveva come inservienti delle lepri e la stessa Dea Eostre era raffigurata con una testa di lepre. La lepre di Eostre, che deponeva l’uovo della nuova vita per annunciare la rinascita dell’anno, è diventata l’odierno Coniglietto di Pasqua che porta in dono le uova, altro simbolo di fertilità.
Fonte Parziale: Youtube
FONTE:http://www.altrarealta.com/index.php/coniglietto-di-pasqua-leggenda/
BELPAESE DA SALVARE
Magaldi: il partito “cinese” dichiara guerra alla nostra libertà
Anziani soli e disperati che piangono, al telefono coi carabinieri, implorando un piatto di cibo, mentre i servizi segreti avvisano Palazzo Chigi che ormai il Sud è a rischio sommossa: dilaga l’economia sommersa, e dunque non è possibile indennizzare i lavoratori-fantasma reclusi anch’essi ai domiciliari. Così a Palermo già si saccheggiano gli scaffali, e a presidiare i supermercati accorre la polizia. Tutto questo mentre il truce Macron si schiera clamorosamente con l’Italia contro “l’Europa egoista”. E lo stesso Mattarella – per la seconda volta in pochi giorni, appena dopo l’uscita di Draghi sul “Financial Times” («soldi a tutti, e subito, perché ora siamo in guerra») – interviene dal Quirinale con un appello a Bruxelles: fine del rigore, o stavolta l’Italia ci lascia la pelle. Cronache del finimondo, minuto per minuto, nel giorno in cui si registrano quasi mille morti in appena 24 ore, drammatico record mondiale dell’apocalisse chiamata coronavirus. Tragedia nella tragedia: il governo italiano paralizza il paese imponendo il coprifuoco, ma senza riuscire a evitare l’ecatombe. E senza rassicurare né soccorrere finanziariamente, con tempestività, i milioni di lavoratori che ha confinato in casa, pena sanzioni severissime per chi sgarra: si può portare a spasso il cane, ma non i bambini.
E a proposito di medioevo: il sottosegretario Andrea Martella (Pd) apre la caccia a quelle che chiama “fake news”, mentre l’Agcom mette al bando il giornalista “eretico” Adriano Panzironi, che raccomanda le vitamine per rafforzare le difeseimmunitarie. Da parte sua, il Patto per la Scienza fondato dal virologo Roberto Burioni va persino oltre: l’associazione (privata, ma benedetta al suo esordio da Grillo, Renzi e Mentana) esige il bavaglio per il nanopatologo Stefano Montanari, che ridimensiona – in modo discutibile – la pericolosità clinica del Covid-19. Con un atto inaudito nella storia della nostra democrazia, Burioni chiede addirittura ai magistrati di oscurare “ByoBlu”, il video-blog più seguito d’Italia, “reo” di aver dato spazio a una voce scientifica alternativa. Siamo sull’orlo di un regime che esala dalle fogne della storia? Peggio: siamo di fronte a un piano preciso, spietato e mostruoso. Gioele Magaldi lo chiama: il partito del virus, che è cinese solo a metà. Pistola fumante: il clamoroso servizio della Rai, girato da “Leonardo” nel 2015 e riesumato in queste ore. La prova: il laboratorio che traffica coi coronavirus per fabbricarne una versione pericolosa per l’uomo, anche allo scopo di calibrarne in anticipo l’eventuale vaccino. Attenzione: il laboratorio è cinese, ma – a quanto pare – sotto il controllo dell’Oms.
La coda del diavolo: qualcuno ha usato la nuova Cina post-comunista come “Frankenstein”, dopo averla appositamente creata? Un gigante economico bifronte: capitalista, ma senza libertà. Era il sogno degli oligarchi (non certo cinesi) che nel 1975 evocarono la limitazione della democrazia come “soluzione” per il mondo globalizzato. Autore del bestseller “Massoni”, Magaldi – atlantista di ferro – demolisce le suggestioni del complottismo antiamericano che demonizza invariabilmente lo Zio Sam. E svela un retroscena spiazzante: il ruolo di una quarantina di superlogge-ombra, impegnate a disputarsi i destini del pianeta. Da una parte gli eredi della supermassoneria “progressista”, rooseveltiana e keynesiana, fermata anche a colpi di pallottole: i Kennedy, Martin Luther King, e in Europa personaggi come lo svedese Olof Palme, campione del welfare. E così in Africa l’immenso Nelson Mandela, e in Medio Oriente un eroe della pace come Yitzhak Rabin. Dall’altra, le superlogge reazionarie capeggiate dalla storica “Three Eyes” di Kissinger, vero regista del golpe in Cile l’11 settembre 1973. Tanti anni dopo (ma sempre l’11 settembre) un’altra superloggia, la “Hathor Pentalpha” dei Bush, avrebbe scelto addirittura l’abominio del terrorismo stragista “fatto in casa” per ricattare il pianeta, spingendolo nella voragine infinita dei nuovi fronti di guerra.
Negli Usa ne seguì il Patriot Act: la fine della privacy, con l’alibi della sicurezza. Ci risiamo? La risposta è sì. E la matrice del “partito del coronavirus”, dice Magaldi, è sempre quella messa a fuoco nelle pagine di “The crisis of democracy”, il fatale libello – firmato da Samuel Huntington, Michel Crozier e Joji Watanuki – con cui la Commissione Trilaterale (sempre lui, il Kissinger che sdoganò la Cina maoista) prescriveva la sua ricetta: ridurre la democrazia, perché «troppa libertà fa male». Cinque anni dopo, lo sciagurato patto “United Freemason for Globalization” inaugurò il terzo millennio con largo anticipo. Salvo poi imporre un’accelerazione spaventosa – nel segno del sangue e del terrore – con la demolizione delle Torri Gemelle, seguita dalle guerre in mezzo mondo e infine coronata dal terrorismo stragista dell’Isis, altro “Frankenstein” uscito dalla stessa fabbrica di mostri. «E ora, eccoci al Covid-19: sembra proprio l’ultimo nato, da quella filiera dell’orrore».
Si può credere, a Magaldi, frontman italiano dei circuiti massonici progressisti sovranazionali? Fate voi. Nel suo libro-denuncia, in premessa, chiarisce: ho 6.000 pagine di dossier riservati, sotto chiave. «Pubblicarli tutti ci pareva proibitivo: così s’è ragionato con l’editore, Chiarelettere. Ma se qualcuno si sente diffamato, me lo dica: mostrerò la documentazione scritta che comprova ogni mia affermazione». Risultato: silenzio di tomba. Non un fiato, da parte di nessuno dei super-potenti messi alla berlina. «Lo stesso Napolitano, esponente della “Three Eyes” – assicura Magaldi, senza timore di dover rispondere di quanto dichiara – ha dovuto abbandonare il Quirinale proprio a causa del mio libro: ha preferito dimettersi, piuttosto che chiarire la sua posizione, imbarazzante, di grande regista del commissariamento italiano attraverso il “golpe bianco”, supermassonico, di Monti». Silenzio anche in Parlamento, nonostante una clamorosa interrogazione dei 5 Stelle. E mutismo assoluto – più che sospetto – da parte dei grandi media, per un saggio che ha scalato le classifiche e tuttora veleggia nelle primissime posizioni, tra i long-seller italiani di argomento storico. Non se ne può parlare: non si deve. L’argomento è tabù.
Magaldi però non si ferma. Ha fondato il Movimento Roosevelt, meta-partito che prova a risvegliare dal letargo la politica italiana. E, come leader del “Grande Oriente Democratico”, già affiliato alla superloggia “Thomas Paine”, presidia il back-office “massonico-progressista” del Belpaese. Obiettivo: contrastare gli oligarchi, con ogni mezzo. Per esempio, parlando. E non solo: nel 2018 chiese le dimissioni di Mattarella, accusandolo di aver forzato la Costituzione nel negare il ministero dell’economia a Paolo Savona, temutissimo dai signori dell’austerity europea. Di seguito, l’illusione gialloverde: «Dovevano pretendere già allora quello che oggi l’Italia invoca, nel disastro nazionale in cui Conte ha trasformato l’emergenza sanitaria, prima coi suoi errori e poi col coprifuoco di marca cinese». Magaldi è severo anche con Salvini: «Oggi si è accodato al clima di panico. Ieri, però – precisa – è stato demonizzato ingiustamente, con accuse ridicole: xenofobia, fascismo». Temevano Salvini, le Sardine che fino a gennaio brulicavano nelle piazze? Ebbene, prendano nota: non è certo il “capitano” leghista, ad aver sigillato in casa gli italiani.
Cos’avevano chiesto, ragliando, le Sardine? Che i politici cessassero di potersi esprimere liberamente, sui social. E adesso eccoci qui, con le restrizioni alla libertà di parola che ormai incombono a reti unificate: le televisioni partecipano alla crociata contro il web accreditandosi come uniche voci ascoltabili, serie e autorevoli, mentre l’Italia sospende – di fatto – la democrazia. Le Sardine, cioè Romano Prodi: per Magaldi il professore bolognese, «grande privatizzatore in grembiulino», è un’eminenza grigia – dietro le quinte – del “partito cinese” che ha ridotto l’Italia a provincia di Wuhan, senza neppure riuscire a evitare la strage, e mandando allo sbaraglio medici e infermieri. Infuria il grande terrore, e Conte sbaglia tutto lo sbagliabile: non si sbriga ad attrezzare posti letto per la rianimazione, poi lascia scappare al Sud migliaia di potenziali “untori”, quindi ferma il paese e chiude gli italiani in casa, mandando l’esercito nelle strade. «A proposito: guai se qualcuno si azzarda, come ventilato, a spedire i militari nelle nostre abitazioni, dopo il 15 aprile, a eseguire chissà quali controlli: si vuole commettere anche il reato di tentata strage, stando alla loro logica, moltiplicando i contatti fra persone?». Italiani comunque già trasformati in gregge da sorvegliare: con le app sugli smartphone, con i droni. Tutti potenziali trasgressori, intimiditi da decreti minacciosi. Sprangati in casa, senza risarcimenti pronta cassa né la certezza di riuscire a riaprire – chissà quando – l’attività economica di cui è stata imposta la chiusura.
E questo, avverte Magaldi, non è che l’inizio: è la “guerra” che ci si aspettava, da molto tempo. Si pensava a uno scontro finanziario con Bruxelles – dispotismo contro sovranità – e invece è arrivato il virus, a sparigliare le carte. Qualcuno, è evidente, ci si è avventato come un avvoltoio: quale migliore occasione, per archiviare libertà e democrazia terremotando anche l’economia? Magaldi annuncia battaglia: nel mirino, gli “apprendisti stregoni” che manovrano l’Oms, che ormai guida la nuova psico-polizia sanitaria, di sapore orwelliano. Nel partito “cinese”, accusa Magaldi, milita sicuramente Conte, una mezza figura destinata a non lasciare traccia quando non servirà più, esattamente come l’increscioso Di Maio, ormai rottamato insieme al Movimento 5 Stelle. Quanto al fondatore, Grillo – dice sempre Magaldi – l’ex comico coltiva relazioni molto altolocate, sorprendenti, anche se ormai sembra aver perso completamente la bussola. In ogni caso: tutte pedine, di un gioco più grande. Ma attenzione: pedine italiane. E questo, sì, è decisivo. Illuminante. Non è un caso che proprio l’Italia sia l’epicentro, l’occhio del ciclone che sta cambiando faccia al mondo, ridisegnando la globalizzazione, la vita quotidiana, il perimetro delle libertà.
Inascoltato, Magaldi l’aveva ripetuto in tempi non sospetti: sta arrivando la bufera, e sarà proprio l’Italia la trincea strategica, il bivio decisivo. Da una parte la stretta autoritaria, dall’altra la riscossa democratica: la morsa del rigore, fino alla soppressione delle libertà più elementari, oppure il risveglio di un paese che – si calcola – potrebbe trovare la forza di demolire la menzogna europea dell’austerity neoliberista, la “dittatura” parassitaria della peggiore finanza, ritrovando la strada dei diritti sociali fino a fare da apripista per il mondo intero. Fantasie? Niente affatto, se si segue l’analisi di Magaldi (e le sue “profezie”, che puntualmente si avverano). Mesi fa, annunciava: Christine Lagarde e Mario Draghi, nientemeno, stanno divorziando dagli oligarchi e vorrebbero rimediare ai disastri che hanno contribuito a creare, massacrando l’economia europea. Primo round: alla richiesta italiana di aiuto, di fronte alla catastrofe-coronavirus, “lady Bce” risponde a muso duro: niente da fare, non siamo qui per calmare gli spread. Un’uscita tremenda, evitabilissima. «Gliel’abbiamo richiesta noi», dice Magaldi: «Le abbiamo chiesto di mostrare il vero volto, spietato, del potere europeo: solo così si sarebbe potuta finalmente suscitare l’indignazione generale che infatti ha spinto persino il timidissimo Mattarella ad alzare la voce per difendere l’Italia».
Poco dopo, ecco il secondo round: l’affondo di Draghi, gran maestro del supremo rigore, che adesso chiede di ribaltare tutto e aprire i rubinetti, senza condizioni, per rianimare l’economia. Una mossa epocale, tenendo conto che Draghi resta uno degli uomini più influenti del pianeta. Nel suo curriculum: Bankitalia, Goldman Sachs, il Gruppo dei Trenta, la Bce. Prima ancora: da direttore del Tesoro, aveva orchestrato le devastanti privatizzazioni all’italiana che avevano declassato l’Italia (in tandem con Romano Prodi, incaricato di sabotare l’Iri, vero motore del Belpaese). Nella Seconda Repubblica – da Berlusconi a Monti, passando per D’Alema, Amato e Prodi – l’Italia ha continuato a scivolare verso il basso: l’ex quinta potenza industriale del pianeta è arrivata all’elemosina, alla fuga dei cervelli, alla strage delle aziende. Tagli ovunque: ricerca, sanità, lavoro, pensioni. Forche caudine: il Patto di Stabilità e il Fiscal Compact, il Mes, il pareggio di bilancio. Da trent’anni siamo in avanzo primario: lo Stato eroga meno denaro, in termini di servizi, rispetto a quanto ne riceva, dai cittadini, sotto forma di tasse. Verità scioccante, ma sempre taciuta. Ora ci siamo: è il dramma del virus a mettere a nudo le menzogne ufficiali (l’eccesso di debito, gli italiani “cicale”), nel frattempo costate sofferenze indicibili.
Di fronte al Covid-19 – virus tuttora misterioso – si legge in trasparenza una dinamica precisa: il male esplode in Cina, e Pechino reagisce sequestrando i cinesi. Atto secondo, l’Italia: stesso film. Siamo il primo paese occidentale a reagire all’emergenza esattamente come l’oligarchia asiatica. Con una differenza: Xi Jinping si è limitato a sprangare Wuhan, noi invece abbiamo paralizzato l’intera penisola. Doveva servire da esempio per tutti? L’Italia come apripista del sistema-Cina da imporre all’Europa e poi al resto del mondo? Solo economia, senza più democrazia? Ognuno sta giocando le sue carte, dice Magaldi. E i nodi vengono al pettine, uno dopo l’altro. Finalmente, crolla la legittimità del rigore europeo: gli italiani adesso lo toccano con mano. «Non esiste scarsità di moneta: lo dice persino Draghi, smentendo se stesso (e in questo, dimostrando una certa grandezza)». L’ex presidente della Bce è consapevole del fatto che qui si sta davvero facendo la storia, partendo proprio dall’Italia: ma che combinazione, chi l’avrebbe mai detto?
Magaldi annota: lo scontro sarà epocale, perché il nemico è potentissimo, transatlantico e transpacifico. E’ articolato in modo trasversale e tentacolare, sedimentato in decenni di potere incontrastato: finanziario e tecnologico, politico, mediatico, ideologico, scientifico, militare. Esattamente come per il contagio, non ci sono frontiere che tengano: la sfida è mondiale, tra democrazia e oligarchia. Primo obiettivo, per ora: smascherare in Italia il partito “cinese”, che poi cinese non è. E spiegare agli italiani che – ora sì – hanno la possibilità di cambiare il proprio destino. Certo, non sarà un passeggiata. Intanto, la penisola è in ginocchio. E domani, quando ai segregati sarà concesso di uscire di casa, si conteranno i caduti economici: una carneficina annunciata, pari a quella che si sta consumando negli ospedali. Ma attenzione: dalle guerre si può rinascere, l’economia si può ricostruire. La perdita della libertà, invece, è infinitamente più pericolosa. Magaldi invita a tenere gli occhi aperti: la democrazia (difettosa fin che si vuole) è un’invenzione recente, dopo millenni di autoritarismo. «Conquistarla è costato sangue, sempre. E non si tratta mai di una conquista definitiva: va difesa, ogni giorno. Lo stiamo imparando anche oggi».
(Giorgio Cattaneo, Libreidee, 28 marzo 2020. Le affermazioni di Gioele Magaldi sono tratte dagli interventi su YouTube registrati in questi giorni: “Massoneria On Air” del 26 marzo con Paolo Franceschetti, “Nella Morsa” con Gianfranco Carpeoro sempre su “Border Nights” , e poi “Siamo ancora in democrazia?“, con Marco Moiso e Roberto Hechich).
FONTE:https://www.libreidee.org/2020/03/magaldi-il-partito-cinese-dichiara-guerra-alla-nostra-liberta/
CONFLITTI GEOPOLITICI
Guerre batteriologiche e guerre di greggio
L’emergenza Coronavirus sta assumendo sempre più i connotati di una guerra ibrida ad ampio spettro: se in Europa la pandemia si è presto tramutata in assalto speculativo-finanziario, sul mercato del greggio si è evoluta in un tracollo dei prezzi dovuto all’apparente dissidio tra Russia ed Arabia Saudita. Vero obiettivo russo è spazzare via l’industria del petrolio di scisto americana su cui si basa l’autosufficienza energetica americana. Visti il rapido deteriorarsi della situazione internazionale, è difficile che gli USA rinuncino al petrolio di scisto: già si parla di un embargo al petrolio russo e forse a quello saudita. Il mondo si muove sempre meno secondo le logiche del libero mercato.
Mercato mondiale in dissoluzione
Più le settimane, passano più l’emergenza Coronavirus mostra la sua vera natura di attacco bioterroristico con finalità squisitamente geopolitiche: l’emergenza sanitaria è infatti sopravanzata, giorno dopo giorno, da una serie di “effetti collaterali” che costituiscono le vere ragioni dietro l’ offensiva angloamericana. Iniziata come attacco focalizzato contro la Cina, così da mandarne in stallo l’economia e tentare di destabilizzarne il sistema politico, l’epidemia è presto evoluta, grazie alle dinamiche messe in moto dalla malattia infettiva, in una più articolata offensiva contro l’intera economia globalizzata, in un certo senso “completando” la guerra commerciale sino-americana che aveva occupato buona parte del 2019: come l’Inghilterra di inizio Novecento era stata messa in allarme dall’industria tedesca sempre più competitiva ed agguerrita, così gli Stati Uniti si sono resi conto di stare progressivamente perdendo il vantaggio tecnologico sulla Cina (il 5G è stato probabilmente la spia di allarme) ed hanno perciò sferrato un attacco all’intera filiera produttiva mondiale, ruotante proprio attorno all’ex Impero Celeste. Pechino ha retto egregiamente il colpo, circoscrivendo e debellando l’epidemia in poche settimane, ma si trova ora a fare i conti un’economia mondiale più caotica che mai: la ripartenza non potrà che dipendere da un potenziamento dell’enorme mercato interno. I sogni anglosassoni di una crisi finanziaria della Cina ignorano deliberatamente la sua struttura finanziaria: senza alcun rilevante debito verso l’esterno, con uno yuan sotto stretto controllo delle autorità, Pechino è quasi autarchica dal punto di vista finanziario e si può affidare al “circuito monetario” per rilanciare l’economia, proprio mentre la pandemia, passata l’Oceano, raggiunge infine il luogo da cui era partito l’attacco biologico: gli Stati Uniti.
La situazione è molto più fosca in Europa, dove gli angloamericani sono ricorsi alla classica “peripheral strategy” delle ultime due guerre mondiali: attaccare la periferia del continente per risalire verso il centro. L’attacco si è perciò concentrato sull’Italia (attualmente principale “focolaio” europeo con circa 3.000 deceduti), “ventre molle” dell’eurozona, col chiaro intento di portare al collasso l’economia e, tramite il default del Paese, affondare l’intera Unione Europea. Si noti che, nella nostra analisi geopolitica di fine 2019 avevamo previsto un simile sviluppo, pur ignorando che nei primi mesi del 2020 sarebbe scoppiata la pandemia con annesso terremoto finanziario. L’operazione, come abbiamo sottolineato, è facilitata dalla gestione del nuovo governatore della BCE, Christine Lagarde, che, anziché interessarsi della stabilità dell’eurozona, pare voglia assecondare la strategia di Washington, dove ha lavorato per otto anni come capo dell’IMF. Come facilmente prevedibile, il Coronavirus, oltre che scatenare una tempesta sul mercato azionario ed obbligazionario europeo, ha duramente colpito le colonne portanti dell’Unione Europea: la libertà di movimento delle persone tra i diversi Paesi è stata momentaneamente sospesa e c’è la tendenza a procedere in ordine sparso anche per gli inevitabili salvataggi delle imprese strategiche. L’Unione Europea, a differenza della Cina, paga sia il prezzo di non essere uno Stato centralizzato ma un organismo sovranazionale, sia di essere diretta da personale che sembra più attento agli interessi angloamericani che a quelli continentali. Ciò non toglie che un suo collasso caotico paralizzerebbe l’Europa per diversi anni e non sono escludili neppure sbocchi di natura militare.
Colpendo l’economia globalizzata nel suo complesso, era però inevitabile che l’emergenza Coronavirus si tramutasse presto in una guerra ad ampio spettro, senza risparmiare nessun ambito né settore: tipico, a questo proposito, è la “guerra del greggio” che è esplosa nelle ultime settimane, parallelamente al precipitare della situazione in Italia ed in Europa. La crisi innescata dalla pandemia ha causato una contrazione dei consumi di petrolio senza precedenti: dai 60$ dollari al barile di inizio anno si è passati ai 45$ dollari di inizio. La riunione dell’OPEC a Vienna del 4 marzo avrebbe dovuto attuare una serie di tagli alla produzione per contenere la caduta del prezzo: invece è accaduto esattamente l’opposto. Russia e Arabia Saudita hanno apparentemente “rotto” l’alleanza stretta nel 2016, alleanza che aveva consentito di frenare la caduta dei prezzi dovuta all’irruzione del petrolio di scisto americano e canadese, e hanno stabilito di riversare sul mercato tutto il greggio producibile: l’effetto è stato un ulteriore tracollo del prezzo del barile, che ha toccato il 18 marzo il prezzo di 20$ al barile, un terzo rispetto al prezzo di inizio anno. La mossa, concepita dai russi e supportata dai sauditi (e gradita dai cinesi, cui serve un’energia a buon mercato per rimettere in moto la loro macchina industriale), mira proprio ad affondare l’industria del petrolio di scisto americana fiorita dal 2010 in avanti, così da scaricare sugli Stati Uniti i danni generati al settore energetico dall’emergenza Coronavirus: l’industria del petrolio di scisto è anti-economica sotto i 35$ al barile ed il precipitare dei prezzi rischia di infliggere un colpo durissimo ad un settore che, complessivamente, vale l’8% del PIL americano.
Ma c’è ben altro, la crisi dello “shale oil” americano mina alle fondamenta la strategia di sicurezza energetica americana, che si era basata proprio sul petrolio di scisto per raggiungere “l’autarchia” e svincolarsi dai produttori mediorientali: da qui la reazione scomposta di Washington, dove, dopo il collasso di questi ultimi giorni, si sono alzate addirittura voci a favore di un embargo ai danni della Russia o di nuovi dazi al petrolio straniero: in sostanza si tratterebbe di conservare “l’autarchia energetica” scaricandone il costo sul consumatore finale. I produttori di scisto americano sarebbero mantenuti sul mercato, anche se economicamente inefficienti, grazie al divieto di importate greggio straniero: un dato che conferma come l’economia, persino nei “liberali” Stati Uniti, stia passando ormai definitivamente in secondo piano rispetto a priorità militari-strategiche. Il mondo post-Coronavirus risponde sempre meno alle logiche del libero mercato, e sempre più a quelle geopolitiche: in Europa si tarda ancora a capirlo.
FONTE:http://federicodezzani.altervista.org/guerre-batteriologiche-e-guerre-di-greggio/
CULTURA
Gli accelerazionisti: chi sono, cosa vogliono e perché possiamo continuare a ignorarli (o forse no)
Esasperare lo sviluppo del capitalismo per superare il capitalismo stesso: scherzo memetico di un manipolo di nerd o profezia politica? Genesi, utopia e stupidità di un’ideologia nata durante un rito vudù e oggi divenuta religione di culto tra i guru della Silicon Valley.
di Lorenzo Vitelli – 19 Febbraio 2020
Fare una genesi filosofica dell’accelerazionismo, una tendenza che ha fatto della contaminazione dei generi più disparati il suo marchio di fabbrica, è un lavoro quasi impossibile (almeno per chi scrive). L’accelerazionismo di sinistra (L/Acc) concilia Marx con Nietzsche, legge Rimbaud alla luce di Deleuze&Guattari, abbina Lyotard con Lacan e il cyberfemminismo, mentre quello di destra (R/Acc) si avvale dal poker Malthus, Darwin, Spencer e Carlyle, a cui si aggiunge il jolly della statunitense Ayn Rand, divulgatrice di pratiche eugenetiche e teorica del controllo delle nascite; un po’ dappertutto troviamo la fantascienza cosmica di Lovecraft e quella cyberpunk del Neuromancer di Gibson, Blade Runner, la musica techno, la vaporwave (che a destra è divenuta fashwave), l’apocalypse culture, l’esoterismo macchinico e altre perversioni lessicali che fanno di questa tendenza un’ideologia che mira volontariamente all’esclusione. L’accelerazionismo sembra riprodursi nelle zone d’ombra, in una sorta di deepweb o semplicemente di inconscio delle ideologie e dei movimenti tradizionali (quelli i cui leader sono sotto i riflettori televisivi e pubblicano con grandi case editrici per intenderci) ma che adesso sta emergendo dal brodo esoterico-digitale per innestare alcune sue idee in contenitori politicamente più spendibili.
Scritto nel 1984, “Neuromante” di Gibson è considerato il primo romanzo di fantascienza cyberpunk.
Il primo a coniare il termine accelerazionista è stato Benjamin Noys, negli anni ’90, in chiave peggiorativa, per riferirsi alle teorie eccentriche di Nick Land, l’enfant terribile della CCRU, la Cybernetic Culture Researche Unit, un gruppo informale di ricercatori dell’Università di Warwick, in Inghilterra, fondato dalla cyberfemmnista Sadie Plant nel 1995. La CCRU, questo ente semi-clandestino che “non esiste, non è mai esistito e non esisterà mai” si occupa di science fiction, teoria dei numeri, voodoo, filosofia, antropologia, tettonica del palato, scienze dell’informazione, semiotica, geotraumatica, occultismo e altre conoscenze senza nome. Per quanto riguarda i temi più politici, la CCRU, di cui Land è il guru carismatico, considera il capitalismo come una macchina in costante espansione rivoluzionaria e tecnologica, priva di qualsiasi contenuto ideologico o morale, che non riconosce nessun altro scopo se non il raggiungimento della propria emancipazione. Con le sue crisi perenni il capitalismo si è inoltrato in un processo inevitabile di caotizzazione del mondo, e sacrifica qualsiasi costruzione sociale sull’altare della sua “volontà oscura”, una volontà che si basa (adoperiamo qui una frase che Lovecraft scrive per riferirsi ai suoi racconti), «sulla premessa fondamentale che le leggi, gli interessi e le emozioni umane comuni non hanno validità o significato nel vasto universo».
Per Land l’uomo è destinato a essere sostituito da forme di vita aliene, ibride o replicanti. Nella sua visione della storia sembra che lo Cthulhu lovecraftiano abbia preso il posto dell’Angelus Novus di Walter Benjamin. Le componenti intellettuali e culturali dell’umano, infatti, risultano imperfette e superate rispetto ai sistemi cibernetici a cui sono di intralcio, e perciò l’umanità è avviata verso un’intelligenza artificiale planetaria, la Singolarità: «Il capitale conserva caratteristiche antropologiche solo come sintomo di sottosviluppo, riformattando il comportamento dei primati come inerzia da dissipare in un’artificialità auto-rinforzante. L’uomo è qualcosa che esso deve superare: un problema, una resistenza» (Meltdown). Questa tesi esplicitamente nietzscheana – «l’uomo è un animale che deve essere superato» –, per Land viene realizzata proprio dal movimento spiraliforme del capitalismo. È da qui che nasce l’idea, non priva di un certo pessimismo e di una nota determinista, di intensificare i meccanismi di conflitto, in ogni caso inarrestabili, che il capitalismo mette in atto, e quindi accelerarne gli effetti per non porre ostacoli a tutte le sue potenzialità, superando le componenti umane, troppo umane dell’uomo, ponendo fine così ad un capitalismo che contiene al suo interno i germi della propria dissoluzione. Land è un cantore della fine dell’antropocene, è la musa nera del crepuscolo della civiltà umana.
Cthulhu è la divinità-mostro immaginata dallo scrittore H. P. Lovecraft, una creatura aliena che dorme nella profondità degli abissi in attesa di essere svegliata per soggiogare il mondo.
Altro concetto chiave dell’accelerazionismo di Land è quello di iperstizione: un
elemento di cultura effettuale che si fa realtà, attraverso una massa immaginaria funzionante come potenzialità che viaggia nel tempo.
Definizione apparentemente astrusa ma che in realtà si può intendere come quella costruzione immaginaria del futuro che opera, in modo retroattivo, sul presente. Ballard la formula in questo modo: ciò che gli scrittori della moderna fantascienza inventano oggi, io e te lo faremo domani. La fantascienza cibernetica (pensiamo a Balde Runner, alle fantasie di Roger Zelazny o dello stesso Ballard), è una macchina testuale che interviene nella realtà presente, intensificando le anticipazioni del suo futuro. E infatti possiamo pensare che molti dei progressi tecnologici che oggi si realizzano avvengono perché qualcuno prima li ha immaginati, e tra l’immaginazione e il suo avverarsi nella prassi tecnoscientifica il tempo di attesa si riduce. Diciamo che tutte le finzioni escatologiche, come i Vangeli o il Manifesto del Partito Comunista, hanno una componente iperstiziale quando enunciano un futuro immaginario (il paradiso in cielo per i primi, quello in terra per il secondo) e producono così eventi veri nel presente. Si tratta di narrazioni dotate di un potere performativo, «una specie di finzione che ambisce a trasformarsi in realtà» (Srnicek e William). Per Land il capitalismo è un potentissimo generatore di iperstitzioni, perché fa di banali “speculazioni” economiche la forza motrice del mondo. Così facendo il capitalismo vive in uno stato di crisi permanente, e tende a ribaltare sempre più velocemente tutte le costruzioni culturali e antropologiche, a “deterritorializzare” (secondo il lessico di Deleuze&Guattari) lo status quo. Allo stesso tempo il capitalismo smonta e poi ribadisce i propri limiti: è un sistema schizofrenico. Quindi mentre la globalizzazione diventa totale, assistiamo al revival degli Stati Nazionali, con la crisi del patriarcato si manifesta anche un ritorno alle gerarchie sociali, con l’internazionalizzazione dei mercati coincide una rinnovata rivendicazione politica dei confini. A questo punto per Land bisogna accelerare tutte queste contraddizioni, e distruggere così le resistenze interne del capitalismo, finché l’essere umano non si rivelerà per quello che è: una “macchina” obsoleta, incapace di risolvere i problemi di un mondo eccessivamente complesso, che per sopravvivere al collasso dovrà inaugurare un processo di meccanizzazione, automazione, ingegnerizzazione del corpo umano.
MacDougald parlerà del periodo di Nick Land alla Warwick, come di «un cocktail inebriante di nichilismo, marxismo cibernetico, teoria della complessità, numerologia, musica della giungla e fantascienza distopica di William Gibson e Blade Runner», forse una sorta di fuga onirica da una realtà che il tatcheriano “there is no alternative” aveva reso piatta e incontrastabile sul finire del millennio. Conclusa nel 1998 questa esperienza, e abbandonati tutti gli impegni universitari, Land si trasferisce a Shanghai. Nonostante i difficili rapporti con la sinistra, di cui ha sempre criticato la tradizione riformista e social-democratica, il passatismo nostalgico e il luddismo di quanti vedevano nell’evoluzione del capitalismo soltanto un nemico, Land si considera comunque un marxista di qualche tipo, sicuramente vicino a quel Marx “accelerazionista” che assegnava alla borghesia e alla techné un ruolo rivoluzionario, consapevole che lo sviluppo dei mezzi di produzione si impone socialmente come un imperativo efficace e irrimediabile per cui: se un capitalista non vuole costruire macchine più intelligenti, un suo competitor lo farà al suo posto e lui sarà surclassato. Per il capitalismo, tutto ciò che è effettivamente pensabile diventa fattibile e tutto ciò che è fattibile viene fatto, senza imposizioni, limiti o normative, etiche o politiche, vincolanti: o ti adatti o muori.
Tuttavia, è proprio con il suo trasferimento in Cina che le cose cambiamo radicalmente, e Land diventa, volente o nolente, uno dei punti di riferimento dell’estrema destra americana. Questo passaggio avviene con la pubblicazione del saggio The Dark Enlightenment, un testo che strizza l’occhio all’eugenetica e ha una vocazione fortemente anti-democratica, sottolineando l’incompatibilità tra democrazia, libertà e progresso. A questi temi si aggiungono l’avvento della Singolarità e del postumanesimo, quindi delle inevitabili contaminazioni tra Intelligenza Artificiale e forma umana, e si pronostica la costruzione di città-stato autonome governate dai CEO (questi nuovi monarca del sapere) in una sorta di neofeudalesimo globale. La democrazia, per Land, si rivela strutturalmente incapace di creare un governo razionale, perché è intrappolata nel breve termine dalle elezioni, si condanna a una politica riformista, riduce le decisioni difficili a slogan e rende la catastrofe sociale accettabile purché la si possa attribuire ai propri avversari politici. La deliberazione democratica è lenta rispetto alla velocità del capitalismo, e il mercato, schumpeterianamente, è in grado di generare sempre nuove innovazioni che distruggono vecchi stili di vita e ne creano di nuovi che attendono una loro giurisdizione, un’attesa che però non può aspettare divagazioni etiche e morali collettive né deliberazioni parlamentari, ma necessità di una politica decisionista tout court.
Negli Usa una parte minoritaria ma comunque influente dell’Alternative Right si è lasciata intrigare dalle considerazioni di Land e attinge confusamente da questo contenitore ideologico: si tratta di tutta la frangia neoreazionaria, a partire da Mencius Moldbug (pseudonimo di Curtis Yarvin), ingegnere informatico tra i principali ideologi dell’Alt-right, fino a Steve Bannon, l’ex consigliere e stratega di Donald Trump durante la campagna elettorale del 2016. Ma ancora Andrew Anglin, fondatore del «The Daily Stormer», uno dei punti di riferimento dell’ala neonazista dell’Altright Americana. Tutti questi esponenti della Neoreazione (Nrx) cercano di conciliare, come scrive Mencius Moldbug su UR, «la moderna mentalità ingegneristica e la grande eredità storica del pensiero pre-democratico antico, classico e vittoriano», quindi il tradizionalismo religioso e l’identitarismo bianco con i progressi tecnologici del capitalismo. È per questo che a destra si guardano positivamente le tesi anti-democratiche di Land, il suo decisionismo, l’idea che lo sviluppo tecno-commerciale del capitalismo darà vita ad etno-stati separati (sul modello di città quali Hong Kong, Singapore, Shanghai) a guida oligarchica. Inoltre il filosofo inglese reputa che l’ascesa di Trump al potere, nonostante sia un indice del collasso occidentale, abbia funzionato da frattura interna al sistema internazionale progressista: «nella misura in cui segna la fine della governance globale sulla base dell’universalismo egualitario evangelico, fa spazio a conversazioni politiche più realistiche, che hanno in particolare iniziato a verificarsi». Questa ascesa non fa che accelerare le contraddizioni del capitalismo social-democratico, le contraddizioni della sinistra progressista in generale, la cosiddetta “Cattedrale”, la Matrix dell’inganno universale, che secondo i Neoreazionari è un sistema di mistificazione che modella ogni aspetto delle nostra vite. La vittoria di Trump ne avrebbe messo in evidenza tutta la carica liberticida, la volontà di portare al collasso la razza bianca, censurandone le idee e le pretese, vietando la vendita di armi, obbligando alla tolleranza. Per i neoreazionari è quindi necessario alimentare il conflitto generalizzato, produrre il caos per scatenare i bisogni di sicurezza e di gerarchia, e quindi dare più potere ad un’oligarchia illuminata che può compiere scelte in un’ottica razionale.
Ma questa attrazione scatenata sugli ambienti cripto-fascisti che dà vita ai deliri sopramenzionati, si muove parallelamente all’influenza che l’illuminismo oscuro di Land ha esercitato sui CEO delle aziende della Silicon Valley (per lo più maschi e bianchi tecno-ottimisti con il portafoglio pieno di Bit-coin). Una visione come quella di Land, dove l’informatica e l’intelligenza umana si compenetrano, dove uomini e macchine sono integrati, dove il potere politico viene limitato per favorire l’autonomia di piccoli stati separatisti, ciascuno governato da un CEO, non poteva lasciare indifferenti i padroni del silicio. Ed infatti è proprio Peter Thiel, il co-fondatore di Paypal, nonché uno dei principali sostenitori di queste teorie, ad ammettere di non credere più alla compatibilità tra democrazia e libertà. Thiel afferma infatti che «una startup è sostanzialmente strutturata come una monarchia». Land è consapevole del fascino che esercita su questi soggetti, quando dice apertamente: «C’è questa convinzione imprenditoriale di essere il padrone dell’universo», e ancora David Golumbia sostiene che vi sia tra questi imprenditori illuminati, «un’adorazione del potere aziendale nella misura in cui il potere aziendale diventa l’unico potere al mondo». Peter Thiel, inoltre, investe quantità ingenti di denaro nei progetti del già summenzionato Curtis Yarvin e nella Seasteading Institute, un’organizzazione fondata da Patri Friedman (l’anarco-capitalista nipote dell’economista Milton) e impegnato nella progettazione di città permanenti dalle tinte lovecraftiane in mare aperto, fuori dalla giurisdizione dei governi democratici. In perfetta continuità con il mito americano della frontiera, anche Eleon Musk, Ceo della Tesla e dell’agenzia aereospaziale SpaceX, si spinge sempre più lontano, fino a dirsi possibilista in merito alla capacità che avremo di colonizzare lo spazio. Musk dichiara inoltre che abbiamo più del 50% di probabilità di poter caricare tutta la nostra coscienza su un computer, vivendo nel futuro in forme non necessariamente organiche.
Se l’accelerazionismo di destra ha questo volto oscuro e tenebroso, a sinistra gli eredi del pensiero del primo Land, quello della CCRU, cercano di illuminare le componenti più esoteriche e settarie per fare dell’accelerazionismo un’ideologia politica spendibile alla luce del sole, pervasa da un ottimismo che a Land era invece estraneo. Si tratta in particolare di due allievi del filosofo inglese, Nick Srnicek e Alex Williams, che lavorano alla costruzione di una strada di sinistra sulle macerie di una tradizione social-democratica incapace di far fronte ai cambiamenti globali perché ancora ostaggio dei retaggi luddisti e umanisti, di una cultura del risentimento verso le innovazioni tecnologiche (in cui si ravvisano nuove forme di “alienazione”), e di una nostalgia verso il lavoro, le tutele, le riforme progressive. Ma Srnicek e Williams non risparmiamo neanche la sinistra rossobruna e neokeynesiana che inneggia all’intervento statale in un mondo in cui le condizioni non sono più le stesse che si conoscevano tra gli anni ’30 e la fine degli anni ’70 e che hanno permesso il buon esito delle politiche inflazionistiche. Srnicek e William sono gli autori del Manifesto Accelerazionista (in Italia pubblicato da Laterza), poi approfondito nel saggio Inventare il futuro (Not). Tra gli altri protagonisti di questa New Left Renaissance troviamo Mark Fisher, il critico culturale morto suicida nel 2017 e autore di Realismo capitalista (Not). Tutti convinti che il processo capitalistico di distruzione creativa sia positivo, questi teorici vogliono traghettare l’accelerazionismo dalla fossa oscurantista, apocalittica, distopica e tanatotropica di Land verso lidi più luminosi e raziocinanti, verso un progetto di sana collaborazione tra uomini e macchine intelligenti che fuoriesca dal deep web, dall’esoterismo e dalle teorie horror. L’obiettivo è quello di rifondare una sinistra iperstiziale, in grado di immaginare e realizzare utopie, nel tentativo di conciliare sviluppo tecnologico e giustizia sociale, e sfruttare il potenziale liberatorio (e inutilizzato) delle Macchine, potenziale viziato dal neoliberismo che invece di ridurre gli sforzi umani riduce i salariati in schiavi. Rispetto ad una destra liberale più a suo agio con le tecnologie, i due autori notano un disagio a sinistra: «Il disagio che la sinistra radicale prova nei confronti della modernità tecnologica, assieme all’incapacità socialdemocratica di immaginare un mondo alternativo, ha fatto sì che il tema del futuro sia stato oggi completamente ceduto alla destra». Nel Manifesto accelerazionista si espongono i punti programmatici di questa ideologia. Tra questi l’idea della piena automazione e quindi della fine del lavoro salariato: «Il punto è che il lavoro umano non sarà eliminato immediatamente o nella sua interezza, ma verrà piuttosto ridotto gradualmente: la piena automazione è una rivendicazione utopica che mira a ridurre il più possibile la quantità di lavoro umano necessario». Srnicek e Williams non si perdono in vaniloqui, criticano aspramente tutti i tentativi folk di sanare localmente i problemi creati dal capitalismo e fanno molta attenzione alla concretezza e alla possibilità applicativa delle loro idee. La piena automazione ad esempio si attuerà progressivamente, riducendo prima l’orario di lavoro, poi la settimana, obbligando così le imprese ad automatizzare il più possibile per non perdere in competitività. All’automazione si aggiungerebbero di pari passo un reddito di base universale, la fine degli Stati nazionali e quindi dei confini, la democrazia partecipativa diretta e una politica globalista. Un mondo meticcio, dove la tecnologia viene finalmente liberata dalla proprietà privata capitalista, e si supera la più grande, e forse ironica, contraddizione del capitalismo: inventare le tecnologie dell’abbondanza per creare ovunque la penuria.
Dopo anni di sbornia punkerista e No Future, tutta rivolta ad una ribellione intimista e esistenziale, la sinistra underground vuole riprendersi il futuro e gli accelerazionisti di sinistra, benché mantengano molte delle componenti estetiche, musicali, teoriche, esoteriche di quell’epoca, stanno uscendo dal cono d’ombra e si stanno strutturando in modo sempre più limpido e programmatico, facendo cartello con i movimenti più disparati quali l’afrofuturismo, i nuovi femminismi, in particolare il cyber e lo xenofemminismo e le teorie queer e neoinsurrezionali. Tra i movimenti più originali infatti troviamo proprio lo xenofemminismo, o femminismo alieno, un prisma ideologico attraverso cui si possono leggere vari aspetti della mentalità e della visione del mondo accelerazionista. Nel Manifesto Cyborg di Donna Haraway leggiamo: «Alla fine del ventesimo secolo […] siamo tutti chimere, ibridi teorizzati e fabbricati di macchina e organismo: in breve, siamo tutti dei cyborg. Il cyborg è la nostra ontologia, ci dà la nostra politica. […] Il cyborg è una creatura di un mondo post-genere […] che salta il gradino dell’unità originaria, dell’identificazione con la natura in senso occidentale: […] superando la polarità di pubblico e privato, il cyborg definisce una polis tecnologica in parte fondata sulla rivoluzione delle relazioni sociali nell’oikos, l’ambiente domestico». Ancora più in là si spinge invece Helen Hester, esponente del Laboria Cubonics, un collettivo femminista che pretende l’emancipazione biologica partendo da un assunto provocatorio ma suggestivo: «Se la natura è ingiusta, cambiala». Il progetto è quello di recidere qualsiasi subordinazione di valore con l’idea di natura. Niente è sacro, niente è naturale, tutto è liberamente modificabile, e la biologia è un campo di contestazione politica come qualsiasi altro, e quindi è e deve essere soggetto al cambiamento. A questo punto «il corpo spogliato della propria sacralità naturale, diventa qualcosa di hackerabile». Da questo assunto antinaturista, consegue immediatamente la necessità di abolire i generi binari maschio/femmina: «Se la natura non è fondamento essenzializzante per la corporeità o l’ecologia, bensì spazio plastico di conflitto tecnologizzato, allora anche il genere diviene terreno malleabile e assoggettabile a volontarie trasformazioni».
Questa panoramica approssimativa ci porta comunque a sviluppare alcune considerazioni o almeno a sollevare degli interrogativi. L’accelerazionismo, in prima battuta, ci sembra un’ideologia teorizzata da un manipolo di nerd, o di geek (secondo i punti di vista), cresciuti negli anni ’80 con i primi videogame, i comics, la fantascienze e il fanta-horror, con tanto di Robocop, Replicanti, Terminator e cyber-mostri. Questi dispositivi testuali, prima relegati ai margini della cultura, oggi hanno colonizzato l’immaginario collettivo attraverso produzioni cinematografiche, musicali, letterarie, ludiche di massa, divenendo la nuova «prosa del mondo», e l’accelerazionismo può essere considerato la declinazione politica più radicale di questo dispositivo. Una declinazione che non si diffonde su larghi strati della popolazione, e che non riesce ancora (a parte qualche contaminazione sporadica di altre realtà politiche più tradizionali), a trovare una strutturazione organica, ma si limita ad essere un gioco memetico con intenti satirici e provocatori che a destra, come dice Kulesko, ha un ascendente solo sui disadattati del capitalismo (su «incel, neo-monarchici, fanatici religiosi, gamer e cani sciolti»), mentre a sinistra si muove nell’ambito della performance art, degli happening, della musica techno. Però c’è da dire che la mitopoiesi accelerazionista ha contagiato una ristretta élite capitalista che siede ai vertici di un’industria tecnologica affermata su scala planetaria, a partire dal suo primo e più grande centro di irradiazione, la Silicon Valley: vera e propria cittadella del tecno-potere digitale.
Ma cosa c’è dietro questa miotopoiesi – al di là della natura teorica e pratica dei vari accelerazionismi, della loro diffusione, della loro capacità di interpretare il mondo o di innestare idee nuove nel dibattito politico – se non un grande complesso? L’idea di fondo, che sottostà a tutte le sue versioni, di destra e di sinistra, incondizionate o moderate, è quella di una necessaria compenetrazione tra uomo e macchina, è la sensazione che l’uomo non basti, che non sia sufficiente, che vada in qualche modo aggiornato, implementato, completato, perché naturalmente difettoso, e che queste risorse e questi aggiornamenti si possano trovare fuori da noi stessi (nella macchina). Un profondo malessere nei confronti del presente, della realtà, dello stesso corpo umano che ricorda da vicino il malessere covato dai monaci medievali che disprezzavano il mondo e la carne. Che differenza tra l’ascetismo medievale e il tecno-ascetismo? Tra la frustrazione dell’essere imperfetto che si reclude e si percuote (“Io percuoto il mio corpo, e lo faccio mio schiavo”, San Paolo, Lettera ai Corinzi, IX, 23-24) e quella di un nerd che si isola con i visori Oculus in una realtà simulata e prova invidia nei confronti della macchina, del supereroe, dell’ibrido senza sesso che (sogno solipsistico della cyber femminista) si riproduce per partenogenesi, della tecnica in generale che lo mette di fronte a tutta la sua impotenza? «Se esistessero gli dèi, come potrei sopportare di non essere un Dio?» si chiedeva Nietzsche. Sostituiamo gli dèi con i supereroi della Marvel, o gli ibridi di cui parla Donna Haraway, ed ecco spiegato il superomismo nerd: come sopportare di non essere una macchina? Perché questo odio di sé, perché questa ricerca spasmodica di perfezione e immortalità, anche a costo di declinare la vita in forme non organiche, così come i monaci deviavano la vita in forme de-umanizzanti? Per farne cosa, poi, di questa perfezione, di questa immortalità, di questa cyberfuturismo igenico ma privo di eroismo che fa pulizia dell’umano? Una questione che il filosofo colombiano Nicolás Gómez Dávila aveva già esaminato nelle Notas: «Non c’è uomo moderno che si rassegni ad essere ciò che è: da colui che aspira a una grandezza irraggiungibile fino a colui che è ferito ed irritato dalla propria condizione di uomo. Anche l’uomo mediocre attuale, soddisfatto di se stesso, anela al trascendimento della sua condizione umana e spera che il progresso tecnico lo redima, sopprimendo tutte le limitazioni proprie dell’uomo. Stupidità, crudeltà, dolore, vecchiaia, morte, tutto gli sembra contingente e rimediabile, ma al contrario del cristiano non vuole pagare il prezzo della sua redenzione».
Ma al di là del lato più filosofico della questione, l’accelerazionismo ci sembra solo un’ulteriore -ismo della storia, che vuole venderci un nuovo paradiso, stavolta artificiale, e un’impossibile soluzione agli insolubili problemi dell’umanità: la paura della morte, l’assurdità dell’esistenza, l’incertezza cosmica che ci riguarda tutti. Un’ennesima chimera ideologica che al grido di «la tecnica salverà il mondo» propinerà al globo, stravolgendo stili di vita, usi e costumi, una nuova e scadente ricetta per un’improbabile salvezza, senza considerare la lezione di Montaigne: «l’umanità non è in grado di guarire se stessa», e se lo fa, lo fa a sua spese. Ed infatti se l’apparato tecno-produttivo è la prima causa dei disequilibri ambientali, come possiamo chiedergli, adesso, di salvarci? E se reputiamo dispotica la soluzione del tecno-mercantilismo dell’Alt-right, allo stesso modo non crediamo affatto nella liberazione tecno-socialista: l’idea di riuscire a irreggimentare la tecnica per metterla al servizio dell’uomo è altrettanto realistica quanto lo fu quella di mettere i mezzi di produzione a disposizione degli operai nell’Ottocento. Se mai dovesse accadere, sarà in piccole isole felici. A livello planetario ci sembra molto più probabile – ahinoi! – la visione landiana di una rete di tecno-città-stato guidate da Ceo in ciabatte Adidas e t-shirt piene di forfora.
Lanciarci in questa corsa sfrenata verso l’abisso, servendoci di una tecnologia che mentre risolve un problema ne genera altri dieci, ha del grottesco. E poi, di quali tecnologie stiamo parlando? Il mondo immaginato da questi pionieri dell’ingegneria informatica è un mondo dominato dalla tecno-stupidità, da un avvicendarsi di inutili “innovazioni” di cui nessuno, finalmente, sentiva il bisogno: frigoriferi intelligenti che riordinano tramite un app i cibi prima che finiscano (e se poi il sushi non mi va più?), app per chiudere la casa o la macchina a distanza (chi si fida realmente di un telefono? Chi darebbe le proprie chiavi di casa a un algoritmo, se non gente che in casa non ha più nulla di suo, se non dei poveracci insomma?…), droni di Amazon che invadono i cieli delle metropoli per consegnare i pacchi (già li vediamo scontrarsi tra loro o consegnare all’indirizzo sbagliato), individui spaesati con i google glass (le lenti appannate appena piove), macchine che si conducono da sole e che sanno già quale sarà il nostro itinerario, app per trovare il partner ideale secondo affinità algoritmiche, e chissà quante altre inutili stramberie ci propineranno questi evangelisti pronti a scrivere i codici html per l’avvento del mondo nuovo. E se la tecnologia si rivelasse stupida? «La cosa triste, a proposito dell’intelligenza artificiale, è che le manca l’artificio e quindi l’intelligenza» diceva Baudrillard. E noi siamo davvero disposti ad abbandonare completamente il controllo delle nostre vite, a mettere tutto in un Cloud per affidarlo a un algoritmo, a svendere migliaia di dati e informazioni personali che riguardano i luoghi che frequentiamo, le persone che amiamo, i gusti che abbiamo? Siamo disposti a lasciare sempre più potere normativo a questi ingegneri informatici, i cui codici virtuali si sostituiscono ai nostri codici giuridici, generando una tensione legislativa che spesso si riduce, come è stato il caso di Uber (che ha fatto causa alla città di New York) a una resa da parte delle nostre istituzioni ormai prone di fronte a questi colossi.
Siamo davvero sicuri che il mondo che ci aspetta non assomiglierà a quello immaginato da Terry Gilliam nel suo film Brazil? Un mondo dove tecnologia e burocrazia formeranno un unico apparato di controllo totalmente demenziale? Nella metropoli immaginata da Gilliam i palazzi oscurano la luce del sole e la città sembra un giardino di cemento intessuto dai tentacoli delle condutture del gas che si intromettono nelle case degli individui, le automobili sono scomode e ridicole, i cibi raccapriccianti, e la tecnoburocrazia che domina ogni aspetto della vita umana si rivela sempre difettosa e disfunzionale. Per sopperire a queste inefficienze bisogna rivolgersi alla Central Service, un mostro amministrativo di moduli e timbri: «Firmi qui. Qui sotto. Grazie. Anche qui. […] – dice l’ufficiale giudiziario – Questa è la ricevuta per suo marito. E questa è la ricevuta per la sua ricevuta». Se quella di Gilliam è una visione ancora esteticamente industriale, grigia, in stile blocco sovietico, dove la burocrazia è un potere forte e apertamente minaccioso, noi vivremo lo stesso incubo in una versione green, minimal, dall’armonia sobria delle linee Apple, non compileremo moduli ma formulari virtuali. L’esito sarà lo stesso, e ci lamenteremo come il rivoluzionario Buttle, interpretato nel film da Robert De Niro: «fra un po’ di tempo grazie al vostro bellissimo sistema non si potrà più aprire un rubinetto senza riempire un 27B/60!». Senza uno smartphone in mano saremo perduti. E più lo spazio di questo tecno-potere si va dilatando, più si contraggono le nostre possibilità di esistenza. Perciò, vale davvero la pena stravolgere l’ordine del mondo per inseguire i “nostri” desideri, che sono poi, in definitiva, i desideri del capitalismo, o meglio i sogni fantascientifici dei padroni del Silicio? Le utopie degli smanettoni della Silicon Valley non sono le nostre. Noi crediamo ancora nell’uomo e accettiamo tutto il peso dei suoi limiti, sappiamo che la morte, la tragedia, l’impotenza, le disgrazie, come la vita, la felicità e la gioia sono irrevocabili. Sappiamo che ogni progresso comporta, nella sua distruzione creatrice, un regresso e un’arretratezza. E se è vera la massima gomezdaviliana che il mondo moderno «distrugge più quando crea che quando distrugge», ciò che cresce con il progresso sono la bruttezza e la volgarità di un mondo che vuole fare degli ingegneri informatici, invece dei poeti, come cantava Shelley, i suoi «legislatori non riconosciuti».
FONTE:https://www.lintellettualedissidente.it/inattuali/gli-accelerazionisti-chi-sono-cosa-vogliono-e-perche-possiamo-continuare-a-ignorarli-o-forse-no/
LAVORO PENSIONI DIRITTI SOCIALI
Pensioni: Quota 41 per tutti irrealizzabile a causa del Coronavirus
Riforma delle pensioni: Quota 41 per tutti difficile, se non impossibile, a causa della crisi economica derivata dalla diffusione del Coronavirus.
Pensioni: Quota 41 per tutti – obiettivo già difficilmente realizzabile viste le poche risorse a disposizione per la riforma – rischia di finire nel dimenticatoio.
Come noto, infatti, le conseguenze economiche derivanti dalla diffusione del Coronavirus porteranno il Governo a rivedere, inevitabilmente, le proprie intenzioni riguardo alla riforma delle pensioni.
Ricordiamo che lo scorso 25 marzo, a Roma, si sarebbe dovuta tenere una manifestazione di tutti quei lavoratori che vorrebbero l’estensione di Quota 41, opzione per il pensionamento anticipato oggi riconosciuta solamente ad alcune categorie di lavoratori (clicca qui per approfondire). A causa della diffusione del Coronavirus, però, questo evento è stato annullato e non è chiaro quando sarà possibile riprogrammarlo.
Fermo restando che la proposta di estendere a tutti Quota 41, così da permettere ai lavoratori di andare in pensione al raggiungimento dei 41 anni di contributi, è ancora sulla scrivania del Ministero del Lavoro, visto che i sindacati l’hanno presentata (insieme ad una proposta di pensione a 62 anni) nei primi incontri interlocutori in merito alla riforma delle pensioni.
In merito a ciò era attesa la risposta del Ministero del Lavoro riguardo alle proposte presentate dai sindacati. Tuttavia l’incontro programmato per il 13 di marzo non ha avuto luogo a causa della diffusione del Coronavirus; peccato, poiché in quell’occasione sarebbe stato sciolto il nodo risorse.
Le condizioni, però, sono inevitabilmente mutate visto che adesso – ma anche nei prossimi mesi – le priorità del Governo sono altre e la maggior parte delle risorse a disposizione saranno utilizzate per dare liquidità a lavoratori, imprese e famiglie.
Una situazione che potrebbe far venire meno ogni piccola possibilità che Quota 41 per tutti possa far parte della prossima riforma delle pensioni.
Pensioni: “Quota 41 per tutti” irrealizzabile?
Per capire il motivo per cui estendere a tutti Quota 41, consentendo ad ogni lavoratore di andare in pensione – indipendentemente dall’età anagrafica – al raggiungimento dei 41 anni di contribuzione, sarà molto difficile, bisogna fare chiarezza sull’impatto che una tale misura avrebbe sulla spesa pensionistica.
Secondo gli ultimi studi, effettuati alla vigilia dell’introduzione di Quota 100, abbassare a 41 anni il requisito della pensione anticipata farebbe salire a circa 12 miliardi la maggiore spesa pensionistica, già dal primo anno. Un livello che già era incompatibile con la nostra situazione economica, figuriamoci adesso che la diffusione del Coronavirus sta imponendo misure straordinarie (e particolarmente onerose).
Inevitabilmente il Governo dovrà rivedere i propri piani: verosimilmente, infatti, solo al termine dell’emergenza – e al risolversi della crisi economica – si potrà tornare a parlare di riforma delle pensioni.
E non è neppure così certo che lo sia; basti vedere che l’ultima volta che in Italia ci siamo trovati in emergenza è stato necessario tagliare il costo del sistema previdenziale, con la riforma da “lacrime e sangue” adottata dalla Fornero. Senza contare, poi, che l’Unione Europea difficilmente darebbe il via libera all’indebitamento necessario per attuare una riforma delle pensioni che preveda l’estensione di Quota 41.
FONTE:https://www.money.it/pensioni-Quota-41-per-tutti-irrealizzabile-Coronavirus
PANORAMA INTERNAZIONALE
Il coronavirus e la Gates Foundation
venerdì 20 marzo 2020
F. William Engdahl
journal-neo.org
Probabilmente, nessuno è mai stato più attivo nella promozione e nel finanziamento della ricerca sui vaccini per la prevenzione dei coronavirus di Bill Gates e della Bill and Melinda Gates Foundation. Dalla sponsorizzazione di una simulazione di una pandemia globale di coronavirus, poche settimane prima che fosse annunciata l’epidemia di Wuhan, al finanziamento di numerose iniziative aziendali per la sintesi di un nuovo vaccino per un virus apparentemente nuovo, in prima fila troviamo sempre il sig. Gates. Che cosa significa questo in realtà?
Dobbiamo ammettere che Bill Gates era stato, come minimo, profetico. Aveva sostenuto per anni che sarebbe arrivata una devastante pandemia globale, di fronte alla quale ci saremmo trovati impreparati. Il 18 marzo 2015, Gates aveva parlato alla TED [Technology Entertainment Design] sull’epidemia all’epoca in corso a Vancouver. Quel giorno aveva scritto sul suo blog: “Ho appena tenuto un breve discorso su un argomento di cui recentemente ho imparato molto: le epidemie. L’epidemia di Ebola in Africa Occidentale è una tragedia: mentre scrivo, sono morte più di 10.000 persone.” Gates aveva poi aggiunto: “Per quanto terribile possa essere questa epidemia, la prossima potrebbe essere assai peggiore. Il mondo, semplicemente, non è preparato ad affrontare certi tipi di patologie, per esempio un’influenza particolarmente virulenta che colpisca un gran numero di persone in tempi molto rapidi. Di tutte le cose che potrebbero uccidere 10 o più milioni di persone, la più probabile è un’epidemia.”
Nello stesso anno, il 2015, Bill Gates aveva scritto un articolo per il New England Journal of Medicine intitolato “The Next Epidemic: Lessons from Ebola.” Nel pezzo descriveva una classe speciale di farmaci che “avrebbero fornito ai pazienti una serie di particolari sostanze a base di RNA che avrebbero consentito loro di produrre proteine specifiche (anticorpi compresi). Anche se questo è un campo assolutamente nuovo, è tuttavia promettente, perché è possibile che una terapia sicura possa essere progettata e prodotta su larga scala in tempi relativamente brevi. Una ricerca di base più approfondita e il progresso di aziende come Moderna e CureVac potrebbero, infine, rendere questo approccio uno strumento chiave nella lotta alle epidemie.” Moderna e CureVac oggi ricevono fondi dalla Gates Foundation e sono in testa alla corsa per lo sviluppo di un vaccino certificato per il COVID-19 basato sull’mRNA.
Il 2017 e il finanziamento dalla CEPI
Una pandemia globale simile all’influenza è infatti una cosa per cui Gates e la sua ben fornita fondazione si preparano da anni. Nel 2017, durante il Forum economico mondiale di Davos, Gates aveva dato vita ad un’iniziativa denominata CEPI, Coalition for Epidemic Preparedness Innovations, insieme ai governi di Norvegia, India, Giappone, Germania e con la partecipazione del Wellcome Trust del Regno Unito. Lo scopo dichiarato era “accelerare lo sviluppo dei vaccini di cui avremo bisogno per contenere l’insorgere di future epidemie.” All’epoca aveva fatto notare che “Un’area promettente della ricerca sullo sviluppo dei vaccini sta usando i progressi della genomica per mappare il DNA e l’RNA di vari patogeni e produrre vaccini.” Ritorneremo su questo argomento.
Event 201
Nel 2019, Bill Gates, insieme alla sua fondazione, aveva continuato a gonfie vele con i suoi scenari pandemici. Aveva realizzato un documentario trasmesso da Netflix dove si ipotizzava uno scenario inquietante. Nel video, una puntata della serie “Explained,” si faceva l’ipotesi di un mercato di prodotti deperibili in Cina dove erano accatastati animali vivi e morti e da cui originava un virus ad elevata mortalità che si diffondeva poi a livello globale. Gates nel video fa la parte dell’esperto ed avverte: “Se pensate a qualcosa che potrebbe uccidere milioni di persone, una pandemia è il rischio maggiore.” Aveva detto che, se non fosse stato fatto nulla per prepararsi alle pandemie, sarebbe arrivato il momento in cui il mondo avrebbe guardato indietro e si sarebbe rammaricato di non aver investito di più in potenziali vaccini. Questo alcune settimane prima che il mondo venisse a sapere di pipistrelli e di un mercato della carne cruda a Wuhan, in Cina.
Ad ottobre 2019, la Gates Foundation aveva collaborato con il World Economic Forum e il Johns Hopkins Center for Health Security per mettere in atto quella che era stata definita la simulazione di uno scenario “immaginario,” che coinvolgeva alcune delle figure di spicco del settore della sanità pubblica. Si chiamava Event 201.
Come descritto nel suo sito Web, Event 201 simulava “l’improvvisa diffusione di un nuovo coronavirus zoonotico trasmesso dai pipistrelli ai maiali e quindi agli esseri umani e che alla fine diventa rapidamente trasmissibile da persona a persona, causando una grave pandemia. L’agente patogeno e la malattia derivante sono in gran parte modellati sulla SARS, ma [il virus] è maggiormente trasmissibile in ambito comunitario dalle persone con sintomi lievi.”
Nello scenario di Event 201 la malattia ha origine in un allevamento di suini in Brasile, si diffonde nelle regioni povere e, alla fine, esplode in un’epidemia. La malattia viene diffusa dal traffico aereo in Portogallo, negli Stati Uniti, in Cina ed oltre, al punto che nessun paese è più in grado di controllarla. Lo scenario, nel primo anno, non prevede la disponibilità di un vaccino. “Dal momento che l’intera popolazione umana è contagiabile, durante i primi mesi della pandemia il numero cumulato dei casi aumenta esponenzialmente, raddoppiando ogni settimana.”
La simulazione termina quindi dopo 18 mesi, dopo che questo coronavirus immaginario ha causato 65 milioni di morti. “La pandemia inizia a rallentare a causa della diminuzione del numero di vettori contagiabili. La pandemia continuerà con un certo trend fino a quando non sarà disponibile un vaccino efficace o fino a quando non sarà stato contagiato l’80-90% della popolazione mondiale.”
I partecipanti ad Event 201
Per quanto interessante possa essere lo scenario immaginario del preveggente Event 201 della Gates-Johns Hopkins dell’ottobre 2019, l’elenco dei relatori invitati a partecipare all’immaginaria risposta globale è altrettanto interessante.
Tra i “partecipanti” selezionati, come venivano chiamati, c’era George Fu Gao. In particolare, il Prof. Gao è il direttore, fin dal 2017, del Centro cinese per il controllo e la prevenzione delle malattie. La sua specializzazione include la ricerca sulla “trasmissione interspecie dei virus dell’influenza (salto dell’ospite) … Si interessa anche di ecologia virale, in particolare dei rapporti tra i virus dell’influenza e gli uccelli migratori o i mercati di pollame vivo, dell’ecologia virale e della biologia molecolare derivata dai pipistrelli.” Ecologia virale derivata dai pipistrelli …
Oltre al prof. Gao, tra gli altri relatori era presente l’ex vicedirettrice della CIA dell’amministrazione Obama, Avril Haines, che aveva anche ricoperto la carica di assistente del Presidente Obama e di vice consigliere per la sicurezza nazionale. Un altro dei protagonisti dell’evento sponsorizzato da Gates era il contrammiraglio Stephen C. Redd, direttore dell’Ufficio di preparazione e risposta della sanità pubblica presso i Centri per il controllo e la prevenzione delle malattie (CDC). Lo stesso CDC è al centro di un enorme scandalo per la mancanza di test adeguati per il riconoscimento dei casi di COVID-19 negli Stati Uniti. La preparazione di questo ente si è dimostrata tutt’altro che lodevole.
A completare il gruppo c’era Adrian Thomas, il vicepresidente della chiacchieratissima Johnson & Johnson, la gigantesca azienda medica e farmaceutica. Thomas è il responsabile della preparazione alle pandemie per la J&J, compreso lo sviluppo di vaccini per Ebola, Dengue e HIV. E c’era Martin Knuchel, responsabile della gestione crisi, emergenze e continuità operativa per la Lufthansa Group Airlines. La Lufthansa è stata una delle più importanti compagnie aeree a tagliare drasticamente i voli durante la crisi pandemica di COVID-19.
Tutto ciò dimostra che Bill Gates era molto preoccupato per la possibilità di un focolaio di pandemia globale che, secondo lui, avrebbe potuto causare anche più decessi di quelli attribuiti alla misteriosa influenza spagnola del 1918, un avvertimento che aveva già lanciato negli ultimi cinque anni o più. La Bill & Melinda Gates Foundation è anche coinvolta nel finanziamento per la ricerca di nuovi vaccini che utilizzano la nuovissima tecnica dell’editing genico CRISPR ed altre tecnologie.
I vaccini per il coronavirus
I fondi della Gates Foundation promuovono lo sviluppo dei vaccini su tutti i fronti. Inovio Pharmaceuticals, in Pennsylvania, ha ricevuto 9 milioni di dollari dalla CEPI, la Coalition for Epidemic Preparedness Innovations, finanziata da Gates, per sviluppare un vaccino, INO-4800, la cui sperimentazione sull’uomo inizierà ad aprile, un lasso di tempo sospettosamente breve. Come se non bastasse, la Gates Foundation ha appena dato alla società altri 5 milioni di dollari per sviluppare un dispositivo proprietario ‘smart’ per la somministrazione intradermica del nuovo vaccino.
Inoltre, i fondi della Gates Foundation, tramite la CEPI, stanno finanziando lo sviluppo di una metodica di vaccinazione di tipo completamente nuovo, nota come RNA messaggero o mRNA.
[La CEPI] sta anche co-finanziando la società biotecnologica di Cambridge, Massachusetts, la Moderna Inc., per lo sviluppo di un vaccino contro il nuovo coronavirus di Wuhan, ora chiamato SARS-CoV-2. L’altro partner di Moderna è l’Istituto nazionale americano per le allergie e le malattie infettive (NIAID), che fa parte del National Institutes of Health (NIH). Il direttore del NIAID è il dott. Anthony Fauci, responsabile del servizio di risposta di emergenza ai virus dell’amministrazione Trump. La cosa interessante del vaccino contro il coronavirus di Fauci-Gates-Moderna, mRNA-1273, è che è stato sintetizzato nel giro di poche settimane, non anni, e il 24 febbraio è stato subito trasferito al NIH di Fauci per essere testato su cavie umane, non su topi come da prassi normale. Il principale consulente medico di Moderna, Tal Zaks, ha affermato: “Non credo che testarlo in un modello animale sia fondamentale per farlo arrivare alla sperimentazione clinica.”
Un’altra rimarchevole ammissione di Moderna sul suo sito Web è la dichiarazione di non responsabilità, “Nota speciale relativa alle dichiarazioni previsionali: … Questi rischi, incertezze ed altri fattori includono, tra gli altri: … il fatto che non vi sia mai stato un prodotto commerciale approvato per l’uso che utilizzi la tecnologia mRNA.” In altre parole, assolutamente non testato per la salute e la sicurezza umana.
Un’altra società biotecnologica che usa questa tecnologia non sperimentata dell’mRNA per sviluppare un vaccino contro il COVID-19 è una società tedesca, la CureVac. Fin dal 2015, CureVac ha ricevuto fondi dalla Gates Foundation per sviluppare la propria tecnologia mRNA. A gennaio, la CEPI di Gates aveva concesso [a questa azienda] oltre 8 milioni di dollari per sviluppare un vaccino mRNA contro il nuovo coronavirus.
Aggiungeteci il fatto che la Gates Foundation ed entità correlate come la CEPI sono i maggiori finanziatori dell’ente pubblico-privato noto come OMS e che il suo attuale direttore, Tedros Adhanom, il primo direttore dell’OMS della storia senza una laurea in medicina, aveva lavorato per anni sull’HIV con la Gates Foundation quando ricopriva la carica di ministro nel governo etiope. Vediamo così che non esiste praticamente un’area dell’attuale pandemia di coronavirus in cui non si trovino tracce dell’onnipresente Gates. Se questo è per il bene dell’umanità o un motivo di preoccupazione, solo il tempo ce lo dirà.
F. William Engdahl
Fonte: journal-neo.org
Link: https://journal-neo.org/2020/03/18/coronavirus-and-the-gates-foundation/
18.03.2020
https://comedonchisciotte.org/il-coronavirus-e-la-gates-foundation/
LAGARDE: INCOMPETENTE OPPURE MANOVRATA?
19 MARZO 2020
Christine Lagarde è un’incompetente oppure è manovrata da qualche “fratello” europeo intenzionato a comprarsi i gioielli italiani a prezzo di saldo? Difficile dirlo. Ci sono solo due cose certe: la prima è che le parole (“non è compito della Bce abbassare gli spread”) con cui ha causato la peggior caduta della storia della Borsa di Milano erano tutt’altro che casuali. La seconda è che la Lagarde non ha il curriculum per guidare la Banca Centrale Europea. Lo aveva già scritto, mesi fa, il fondatore di questo blog, Ernesto Preatoni: ripubblichiamo i contenuti di quell’articolo, ancora più attuale.
“L’Europa ha salutato, con entusiasmo unanime, la nomina di Christine Lagarde alla presidenza della Banca Centrale Europea: tutti si sono concentrati del fatto che una donna fosse, finalmente, arrivata a i vertici della Bce – scriveva Preatoni –. Sono stato, da sempre, dell’idea che i manager andassero valorizzati per i propri meriti, e non certo per il genere. Ed è per questo che credo che la scelta della Lagarde alla guida della Bce sia sbagliatissima.”
La nuova presidentessa della Banca Centrale Europea è una politica, non una banchiera. Ha studiato diritto internazionale, ha militato in una formazione politica francese, l’Unione per il Movimento Popolare, e, tra il 2005 e il 2011, è stata a capo di tre diversi ministeri, sotto Chirac e Sarkozy. Dopo di che è stata a capo del Fondo Monetario Internazionale, che – insieme alla Troika – ha contribuito a massacrare la Grecia a colpi di austerity per salvare l’Euro. “Non lo dico io – aggiungeva Preatoni –, lo stabilisce un verdetto dell’Independent Evaluation Office (IEO), un organismo all’interno del Fondo, secondo cui le più alte cariche dell’FMI avrebbero ingannato il proprio board e fatto una serie di clamorosi errori di giudizio sulla Grecia, sposando incondizionatamente la causa dell’Euro.”
“La Lagarde sarà a capo di un Istituto in grado di decidere della vita e della morte delle economie d’Europa e non sembra per niente preparata. Per un po’ tirerà a campare con l’eredità che Draghi le ha lasciato, annunciando nuovi stimoli monetari – concludeva Preatoni –. Ma quando verrà il momento di decidere, saprà governare correttamente mercati drogati di Quantitative Easing? Il rischio peggiore che le importanti case di investimento temono oggi è proprio quello di un “errore di valutazione” da parte delle banche centrali, che potrebbe innescare una nuova crisi. E del resto l’ultimo francese alla guida della Bce – Trichet – ha fatto degli errori madornali, che stiamo ancora pagando.”
FONTE:http://uneuropadiversa.it/lagarde-incompetente-oppure-manovrata/
SCIENZE TECNOLOGIE
Riscaldamento globale, il geologo Crescenti: “L’Onu manipola i dati”
mercoledì, 19, febbraio, 2020
di Pietro Senaldi
L’ anno scorso 15 professori universitari italiani hanno sottoscritto una petizione che invitava a non cadere nella trappola dei deliri ambientalisti, in base ai quali il surriscaldamento del pianeta dipenderebbe soprattutto dall’ inquinamento creato dall’ uomo. In pochi mesi la petizione ha raccolto oltre ottocento adesioni di scienziati di 18 Paesi. Essa è stata inviata al Quirinale, al governo e al Vaticano, ma nessuno ha voluto ricevere i suoi autori. La politica preferisce parlare di ambiente con Greta, che non va più neppure a scuola e si atteggia da santona, piuttosto che con chi da decenni studia il clima. E poi magari a Roma c’ è chi ha il coraggio di dire che investiamo poco nell’ Istruzione.
Abbiamo parlato con tre professori firmatari della petizione. Il geologo Uberto Crescenti, già magnifico rettore a Chieti e Pescara, il climatologo Nicola Scafetta, dell’ Università di Napoli, e Francesco Battaglia, chimico dell’ Università di Modena.
Sono da anni impegnati a riportare il dibattito sull’ambiente su un piano scientifico, libero dalle isterie di massa sollecitate da alta finanza e multinazionali, che cavalcano il tema del surriscaldamento del pianeta per monetizzarlo.
Lo schema è chiaro: diffondere il panico sul cambiamento climatico, legarlo all’ azione umana con studi finanziati allo scopo, far delegittimare dai media gli scienziati che la pensano diversamente e poi cavalcare i timori del popolo bue, facendoci affari sopra e mettendogli le mani in tasca.
Intervista
Professor Crescenti, perché ha firmato la petizione contro il catastrofismo ambientale?
«Negli ultimi decenni i mass media in tema di clima hanno dato ampio risalto alle opinioni dei catastrofisti, secondo i quali il mondo è destinato alla distruzione se non si attueranno politiche per limitare l’ aumento della temperatura terrestre.
Nel 1999 la Repubblica titolava che a causa del surriscaldamento il nostro pianeta aveva dieci anni di vita. Ebbene, siamo ancora qui».
Eppure il catastrofismo ha molti seguaci. Perché?
«Lo ha spiegato l’ economista Enzo Gerelli: è freudiano, la gente crede al catastrofismo perché l’ idea cementa e produce solidarietà».
A lei invece agita?
«I catastrofisti sostengono che l’ aumento della temperatura vada limitato al massimo a due gradi, per evitare l’ immane catastrofe, ma in passato ci sono state fasi più calde dell’ attuale senza che si sia verificata la fine del mondo. Centomila anni fa in Inghilterra vivevano ippopotami, elefanti, leoni e scimmie. Nel Medioevo la temperatura era superiore di almeno 2-3 gradi rispetto a oggi. Questi dati storici sono sistematicamente ignorati dai catastrofisti».
Da cosa è causato il riscaldamento del pianeta?
«Non si hanno dati certi. Il sole è la causa principale mentre non lo è la anidride carbonica. Non c’ è correlazione tra l’ aumento di questo gas nell’ atmosfera causato dall’ uomo e la variazione di temperatura».
Il catastrofismo però ha tra i suoi adepti anche molti scienziati. Perché?
«L’ economia verde è un business mondiale. L’ alta finanza ci ha scommesso e se sei un ricercatore allineato ottieni finanziamenti, altrimenti è difficile anche diffondere le tue opinioni. Gli ambientalisti cercano di impedire i nostri congressi. A volte ci è voluta perfino la polizia per allontanarli».
Sono accuse pesanti…
«Legga il libro di Mario Giaccio “Climatismo, una nuova ideologia”, è essenziale per capire gli enormi interessi che ruotano attorno al cambiamento climatico».
Come è stata accolta la vostra petizione?
«Nel mondo ci sono ottocento scienziati che l’ hanno sottoscritta ed è diventata la Petizione dell’ Europa sul Clima dal titolo: “Non c’ è emergenza climatica”. L’ abbiamo indirizzata pure al Quirinale e a vari ministri».
Avete avuto risposta?
«Solo il Colle ha risposto, dicendo che per i troppi impegni non poteva riceverci. Non ho potuto fare a meno di replicare che il presidente aveva avuto il tempo per incontrare Greta, non esperta di clima, mentre non trovava il tempo di ricevere professori universitari».
Che morale ne trae?
«Non si tiene conto della scienza ma di iniziative legate a ideologie senza fondamenti scientifici. Suggestioni e politica pesano più di dati e statistiche. Si vuol far credere che il 99% degli scienziati attribuiscono all’ uomo la responsabilità del cambiamento climatico, ma in realtà non sono più del 40%».
Davvero?
«È stato provato che ricercatori collegati all’ Onu taroccavano i dati per renderli utili alle loro idee. Il Climagate è stato lo scandalo scientifico più grave del secolo».
di Pietro Senaldi – www.liberoquotidiano.it
FONTE:https://www.imolaoggi.it/2020/02/19/riscaldamento-globale-il-geologo-crescenti-lonu-manipola-i-dati/
°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°