RASSEGNA STAMPA DETTI E SCRITTI 28 marzo 2023
A cura di Manlio Lo Presti
Esergo
Studiare senza trarre dai libri una lezione di saggezza è come essere un copista che si limiti a trascriverli.
HONG ZICHENG, Aforismi sulla radice degli ortaggi, SE, 2012, Pag.26 n. 56
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SOMMARIO
LA CRISI BANCARIA SPECULATIVA E’ SOPRATTUTTO POLITICA
La “premessite”, malattia della dialettica
Vergognatevi voi
TRIBUNALE PENALE INTERNAZIONALE / PERCHE’ NON HA MAI INDAGATO SUI MAXI CRIMINI DEI PRESIDENTI USA?
Usa minacciano sanzioni ai danni della Corte penale internazionale
Soldati ucraini in addestramento a Sabaudia, Conte: “Diplomazia per evitare terza guerra mondiale”
L’Onu annuncia un eccesso di mortalità di 23,6 milioni in 3 anni, di cui 16,9 milioni per ragioni “sconosciute”.
Cinismo e ignoranza rivelati da WhatsApp
La storia della preside costretta a dimettersi dopo aver mostrato foto del David di Michelangelo
Ucraina, Tricarico: “Rischiamo il nostro Vietnam”
Paura di volare: stiamo assistendo a un insabbiamento
Arpocrate e l’arte del silenzio
Il Caffè, un rito che supera la storia
Mega Group, Maxwells e Mossad: la storia di spionaggio al centro dello scandalo Jeffrey Epstein
Il sistema di sorveglianza collegato alla CIA e al Mossad viene tranquillamente installato negli Stati Uniti
Intelligence, Vera Gheno al Master dell’Università della Calabria: “Il vero potere è quello della parola”
IMMIGRAZIONE, LA PSEUDO SINISTRA ITALIANA RISCHIA DI PROVOCARE L’ESTINZIONE DELLO STATO LIBERALE
Ministeri “commissariati” dal gigante americano della consulenza aziendale
Scandalo McKinsey: tutto quello che c’è da sapere
DENUNCIATA la Lorenzin: ha nascosto documenti che svelano i DANNI dei VACCINI !!!
Modifica mutuo, da variabile a fisso: quando e come funzionerà nel 2023
SCHWA ASTERISCHI? “SOLO UNA MODA CULTURALE”
Nuova ondata di licenziamenti in Amazon, altri novemila via entro qualche settimana
Scandalo McKinsey: tutto quello che c’è da sapere
Cara Meloni, sarà presto invitata in Federal Reserve
L’intervista integrale a Carlo Rovelli.
Dal Trattato di Parigi a quello Ue, le tante catene che imprigionano
Medici statunitensi confessano: decine di migliaia di persone uccise dal protocollo di trattamento con ventilazione
STORIA CRONOLOGICA DEL DEBITO PUBBLICO ITALIANO
EDITORIALE
LA CRISI BANCARIA SPECULATIVA E’ SOPRATTUTTO POLITICA
di Manlio Lo Presti (scrittore esperto di sistemi finanziari)
Di fronte allo stato di collasso di una banca internazionale e per giunta svizzera, due sono le reazioni da copione. La prima è quella di essere sorpresi del collasso, domandandosi come mai la rete di protezione non ha funzionato a fronte di controlli effettuati dalle strutture interne ed internazionali.
La Svizzera è un Paese ufficialmente neutrale, e fuori dai molteplici accordi internazionali. Quindi la seconda reazione è quella di dimostrare che tutto è sotto controllo, che sono state attivate con prontezza le leve di soccorso per scongiurare un effetto domino sul settore bancario, sul finanziario e, in misura minore, sulla produzione di beni e servizi. Le centrali di informazione che scelgono una o l’altra via evidenziano una precisa posizione ideologica. I presunti finti tonti rappresentano il fronte di coloro che sanno ma non vogliono immischiarsi, ponendosi in una comoda posizione critica. I secondi cercano di tranquillizzare, ponendo in evidenza che il sistema è protetto da controlli efficaci, senza analizzare le vere motivazioni della ricorsività di tali crisi.
I media continuano ad evitare di dare le risposte giuste coprendo tutto con un diluvio di notizie irrilevanti di copertura, diffuse a ripetizione dai numerosi dibattiti televisivi. Fra le righe delle notizie che costoro decidono di diffondere, emergono una serie di interrogativi sui quali riflettere.
Perché il collasso della Silicon Valley Bank e della First Republic Bank? Dove erano tutte le imponenti strutture di controllo e quanto ha inciso sui conti del Crédit Suisse?
Perché è avvenuto il collasso del colosso bancario e, soprattutto, chi ne trae il maggiore vantaggio? Sappiamo oramai che dietro ogni crisi, spesso in gran parte pilotata, esiste un ristretto club di rapidissimi compratori al prezzo più basso che incrementa la corsa al ribasso. Anche in questo caso, lo strumento delle crisi bancarie, sostanzialmente di natura finanziaria speculativa, è un’arma politica per realizzare il piano di demolizione controllata dell’Europa, per ordine dei soliti angloamericani?
Perché ridurre l’Europa in macerie quando la Russia non ha mai avuto interesse a conquistarla? La potenza nucleare euroasiatica ha comprato dall’Europa – in passato tramite una particolare centrale acquisti situata a Ginevra – tutto quanto le era necessario con scambi merce o con soldi.
Perché gli azionisti arabi non hanno accettato l’aumento di capitale della banca? Lo scenario possibile? C’è stato il rifiuto degli azionisti arabi di esporsi con un ulteriore aumento di capitale della banca, alla quale avevano versato in precedenza decine di miliardi con la loro partecipazione fino al 10 percento dell’intero capitale. La decisione prudenziale è stata letta come un forte segnale di sfiducia, e ha danneggiato il valore del loro pacchetto azionario, con immediato deprezzamento del titolo. In sostanza, è stato sfruttato il panico indotto dal crollo della Silicon Valley Bank che non ha alcun legame diretto con il Crédit Suisse. Si tratterebbe quindi di una ritorsione angloamericana contro gli Stati arabi che hanno scelto di allearsi con la Russia e i suoi alleati. Pur di colpire gli Stati arabi azionisti, gli angloamericani hanno mandato sul lastrico migliaia di risparmiatori considerati cinicamente danni collaterali. Rimane l’unica certezza che il crollo della banca non coinvolgerà i sottoscrittori dei fondi di investimento. Gli obbligazionisti saranno danneggiati mentre saranno salvati gli azionisti. Un comportamento contrario alla logica giuridica delle priorità di legge sulla protezione di azionisti e obbligazionisti.
Il panico intorno al Credit Suisse è ingiustificato, perché la Svizzera farà quadrato intorno alla banca, sia pure per tutelare il proprio prestigio bancario. La concentrazione bancaria derivante dalla fusione per incorporazione del Crédit con la UBS – Unione delle Banche Svizzere – potrebbe essere un pericolo per la stabilità del sistema bancario svizzero legato troppo ad un solo cartello di eccessive dimensioni.
La fragilità delle banche di tutto il mondo è correlata all’uso della raccolta bancaria, che considera prioritarie le speculazioni finanziarie rispetto agli impieghi per il sostegno di investimenti del settore reale, costituito dalla produzione ed offerta di beni e di servizi. L’orientamento alla finanza che assicura utili enormi in poche mosse, ma presenta rischi rilevanti, ha fatto diventare le banche di tutto il mondo una sorta di roulette. Ha scollegato le banche dal territorio, ha reciso i legami con gli interessi locali e con la popolazione dalla quale le banche raccolgono gran parte dei loro fondi, con il mondo produttivo, eliminando i finanziamenti alle innovazioni delle idee e del parco tecnologico.
Il sistema bancario mondiale orientato alla speculazione trascina le strutture nazionali in un gioco pericolosissimo, che non considera piani di sviluppo, che non ha visioni di futuro privilegiando il “qui e ora”, sotto la pressione dell’acquisizione di dati trimestrali e di utili da dare in pasto ad azionisti sempre più avidi. Ci riferiamo in particolare ai “Fondi pensione” che cercano utili dalla speculazione selvaggia e devastante.
Le Autorità di controllo, fingendo di ignorare che le cause sono di qualità del credito e non solamente il controllo delle quantità monetarie in circolazione, si limitano a modulare i tassi di riferimento. Alle manovre dei tassi si affianca l’imposizione di regole contabili sempre più astruse ed incontrollabili, che cambiano improvvisamente la morfologia della qualità creditizia. Le variazioni fanno diventare irregolari banche ed istituzioni poco tempo prima regolari. Un’arma politica, insomma.
Sarebbe il caso che le Autorità di controllo nazionali, in coordinamento con quelle europee e mondiali, creassero regole selettive sulla qualità e sulla destinazione dei finanziamenti verso i settori produttivi, definendo i massimi quantitativi dei singoli investimenti speculativi sui derivati e su forme simili molto rischiose. Solo questa è la strada per rafforzare la stabilità dei sistemi monetari e finanziari.
La questione è quindi totalmente politica e non meramente “tecnica” , da sempre usata come foglia di fico per coprire gli infiniti crimini finanziari.
FONTE: https://www.lapekoranera.it/2023/03/22/la-crisi-bancaria-speculativa-e-soprattutto-politica/
IN EVIDENZA
La “premessite”, malattia della dialettica
(Pietrangelo Buttafuoco)
La premessa e il che. Uno spettro si aggira presso il dibattito pubblico. È la premessite, la malattia senile della dialettica.
Il premesso che incombe in ogni discussione. La famosa libertà di espressione non è altro che un continuo mettere le mani avanti. In principio fu la pandemia. Non c’era dibattito senza il premesso che siamo dovuti essere tutti. Siamo tutti per il lockdown ma. Siamo tutti con la mascherina però. Tutti per i banchi a rotelle, per il plexiglass sotto l’ombrellone, per il ciclo vaccinale completo, per il distanziamento, per l’isolamento, per i droni che stanano i bagnanti solitari in spiaggia, tutti nella premessa. Si sollevava un piccolo dubbio, per esempio sul comitato tecnico scientifico ma per precipitare nell’anatema: nemici della scienza, nemici della salute, untori infine. E dalla pandemia si arriva alla guerra dove dopo ogni premessa – premesso che c’è un invasore e un invaso, premessa l’adesione alla Ue, alla Nato, all’Agenda Greta e adesso anche all’uranio impoverito – nessuno può fermarsi a riflettere, neppure il Papa, pena l’essere bollato col marchio di sovietico. Additati e sgridati da quello stesso clan Ztl che fino a vent’anni fa, caro Giovanni, s’è fatto palazzi, palazzetti, ville e villette coi rubli del Partito comunista. Una fissazione de’ tempi nuovi, questa della premessite. Premesso che ci si dichiara per le libertà, in cambio si soccombe al pensiero unico. Lo spettro, che ha preso possesso del dibattito pubblico. Con la premessa e il che – cancellando, cancellando – e imponendo: la malattia senile della dialettica.
FONTE: https://infosannio.com/2023/03/28/la-premessite-malattia-della-dialettica/
Vergognatevi voi
Siete voi che trovavate simpatico e pragmatico Berlusconi pappa e ciccia con Putin, non noi che di Putin abbiamo sempre denunciato i crimini e gli orrori. Siete voi che sorvolavate sulle guerre di aggressione della Nato (la famosa “alleanza difensiva”) prese a modello e ad alibi da Putin per le sue, non noi che le abbiamo sempre denunciate. Siete voi che stavate con Renzi quando aggirava le sanzioni a Mosca dopo l’occupazione della Crimea, continuando ad autorizzare vendite di armi poi usate per aggredire l’Ucraina, non noi che abbiamo contribuito a sloggiarlo, almeno da Palazzo Chigi. Siete voi che avete trasformato il principio di autodeterminazione dei popoli in una burletta, infischiandovi dei popoli di Serbia, Libia, Afghanistan, Iraq, Donbass, Palestina, Kurdistan ecc., riscoprendolo per quello ucraino (Donbass escluso), non noi che l’abbiamo sempre difeso per tutti. Siete voi che avete trasformato il Tribunale penale internazionale in un juke-box, esultando quando processa Milosevic o vuole arrestare Putin, ma tacendo quando ignora i crimini di guerra di Usa e Nato, di Mosca in Siria e dei governi ucraini in Donbass (denunciati per nove anni da Onu, Osce, Amnesty e sempre impuniti, all’Aja come a Kiev).
Siete voi, antifascisti a targhe alterne, che avete sciolto peana ai neonazisti dei battaglioni Azov&C., colpevoli di quei crimini. Siete voi che avete trasformato i diritti civili e umani in un colabrodo, indignandovi giustamente per i delitti Regeni e Politkovskaya e i depistaggi russi ed egiziani, ma tacendo su casi gemelli come quello di Andy Rocchelli, il reporter ucciso dalle truppe regolari ucraine in Donbass nel 2014 perché vi documentava la guerra civile, ancora in attesa di giustizia perché il regime di Kiev ha sempre depistato le indagini. Siete voi che avete compilato o avallato liste di proscrizione (falsamente attribuite ora alla Columbia University, ora ai Servizi) contro chi la pensa diversamente da voi o si limita a difendere l’articolo 11 della Costituzione, bollandolo come putiniano agli ordini o al soldo di Mosca, chiedendo di non invitarlo più in tv o di deferirlo al Copasir e vantandovi di non ospitarlo. Siete stati voi a screditare il buon nome del giornalismo propalando notizie false (il default della Russia, gli effetti balsamici delle sanzioni, l’isolamento internazionale di Putin, la sua imminente fine per una collezione di malattie da Guinness, l’autosabotaggio russo dei gasdotti Nord Stream 1 e 2, l’autobombardamento russo della centrale nucleare di Zhaporizhzhya, la prossima o già avvenuta liberazione dei territori ucraini occupati); e tacendo o bollando di fake news notizie vere (gli appelli del Papa contro i governi “pazzi” del riarmo al 2% del Pil, lo scoop del premio Pulitzer Seymour Hersh sul sabotaggio Usa dei gasdotti russi, i decreti Zelensky che mettono fuorilegge gli 11 partiti di opposizione e vietano di trattare con Putin, gli appelli al negoziato non dei “pacifinti”, ma persino del capo di Stato maggiore delle forze armate Usa, generale Mark Milley, scettico su una vittoria militare ucraina).
Siete voi che avete criminalizzato i pacifisti con insulti e calunnie, trasformando il valore della pace in un disvalore e il “ripudio” costituzionale della guerra in un via libera al bellicismo, all’escalation e alla cobelligeranza con un Paese non alleato che dal 4 ottobre ripudia il negoziato per decreto. Siete voi che avete spacciato le sanzioni su gas e petrolio russi per una battaglia di democrazia, infatti ora li acquistiamo (o ne acquistiamo di più) da tirannie altrettanto o più ributtanti di quella russa: Algeria, Egitto, Angola, Mozambico, Congo, Emirati Arabi, Arabia Saudita, Qatar. Siete voi che minimizzate gli effetti letali dell’uranio impoverito da quando Londra ha annunciato che ne farà dono agli ucraini. Quindi, cari censori liberali e democratici, siete voi che dovete giustificarvi agli occhi degli italiani. Non noi. Fatevene una ragione e provate a spiegare che cosa vi è successo, se ci riuscite.
FONTE: https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2023/03/28/vergognatevi-voi/7111217/
TRIBUNALE PENALE INTERNAZIONALE / PERCHE’ NON HA MAI INDAGATO SUI MAXI CRIMINI DEI PRESIDENTI USA?
18 Marzo 2023 – Andrea Cinquegrani
Vladimir Putin è un criminale di guerra.
Lo ha sentenziato il ‘Tribunale Penale Internazionale’ (TPI) dell’Aja che ha spiccato un mandato di cattura per il ‘macellaio’ del Cremlino, come ama definirlo l’immacolato presidente degli Usa, Joe Biden.
Nato sulle ceneri della Seconda Guerra Mondiale, il TPI si occupa di genocidi, crimini contro l’umanità e di guerra e, ultimamente, anche di ‘crimini di aggressione’.
Massacri di civili in Afghanistan
Dal 2015 ne è presidente il polacco Piotr Jofez Hofmansky, ma la vera ‘anima’ della Corte è rappresentata dal procuratore capo, carica che da quasi due anni è ricoperta dall’avvocato scozzese (è nato ad Edimburgo) Karim Ahmad Khan, di evidenti origini arabe.
S’è dato molto da fare, Khan, istruendo processi per crimini commessi in Ruanda, Cambogia, ex Jugoslavia, Sierra Leone. Nel 2022 ha aperto la ‘pratica Ucraina’, visitando i luoghi del conflitto, in particolare Bucha. Ultimamente ha svolto indagini sui trafficanti di migranti dalla Libia.
Non è molto chiaro il meccanismo in base al quale partono le inchieste. Su input dell’Onu? Dei singoli Paesi? Di associazioni o parenti delle vittime? Boh.
IL MEGA REPORTAGE DI ‘GLOBAL RESEARCH’
Di seguito potere cliccare sul link in basso per leggere un interessante reportage (vi avvertiamo che è lunghissimo, quindi farete bene a ‘centellinarlo’ nell’arco di qualche giorno) firmato dallo storico e scrittore James A. Lucas, pubblicato sul sito ‘Global Research’, un cult per chi si interessa di geopolitica, fondato e animato da Michel Chossudowsky, un grande economista canadese. E’ titolato “Te U.S. Has Killed More Than 20 Million People in 37 ‘Victim Nations’ Since World War II”, che significa: “Gli Stati Uniti hanno ucciso oltre 20 milioni di persone di 37 ‘Paesi vittima’ dopo la Seconda Guerra Mondiale”.
La sede della Corte internazionale dell’Aja
Il testo, ovviamente, è in lingua originale: quindi potrete ricorrere al traduttore automatico per leggerlo. L’articolo, avverte Chossudovsky, analizza dati e situazioni fino a tutto il 2015, ma lo stesso economista canadese scrive oggi un significativo preambolo.
La cifra di 20 milioni, quindi, è di certo per difetto, visto che dal 2015 in poi gli Stati Uniti si sono resi protagonisti di svariate carneficine in mezzo mondo.
Sorge ora spontaneo l’interrogativo: ha mai aperto un fascicolo, un’inchiesta, l’oggi solerte Tribunale Penale Internazionale su quanto descritto nel reportage? Qualche rigoroso procuratore capo che si è succeduto negli anni ha mai effettuato indagini su qualcuno dei tanti episodi criminali citati nel saggio?
E gradiremmo sapere: un capo della Casa Bianca è stato mai incriminato per qualcuno dei crimini commessi in tempo di guerra e in tempo di pace?
Per un presidente Usa è stato mai spiccato un mandato d’arresto?
Tutti viole mammole? Tutti gigli candidi?
LE ULTIME PERFORMANCE CRIMINALI
Nel 2014 è cominciato il conflitto in Ucraina (non il 24 febbraio 2022, come affermano gli storici – sic – e gli analisti tanto al saggio), che ha causato, fino appunto al 2022, circa 15 mila morti nella popolazione del Donbass, sterminata delle milizie ucraine perché voleva la sua autonomia e simpatizzava per i russi.
Come mai il solerte ‘TPI’ non ha mosso un dito, allora? Forse quei 15 mila morti sono vittime di seconda classe?
Passiamo al 2015 e il copione non cambia. Comincia l’aggressione dell’Arabia Saudita, spalleggiata dal solito gendarme americano, contro la popolazione yemenita: da allora ad oggi si contano 14 mila morti. Anche in questo caso vanno catalogati come cittadini di serie B o C?
Ed anche in questo caso la Corte dell’Aja non ha mosso un dito. Affetti da cecità i procuratori capo che si sono succeduti dal 2014-2015 ad oggi?
Poco più di un anno fa l’Afghanistan, martoriato dagli Usa, è stato poi abbandonato al suo destino. Non contenti, gli americani hanno applicato le solite ‘sanzioni’ che usano come strumento di guerra: ed infatti sono morti migliaia di afghani, per quelle sanzioni che hanno significato mancanza di alimenti e, soprattutto, di medicinali. Il tasso maggiore di mortalità si registra tra i bambini, i più indifesi.
E allora: i bambini ‘rapiti’ da Putin valgono un’incriminazione mentre quelli yemeniti sono una medaglia al merito per Joe Biden?
Solo alcuni tra i tanti possibili esempi di attuali crimini degli Usa (il primo in combutta con i golpisti ucraini di EuroMaidan): del tutto impuniti, neanche sfiorati dallo straccio di un’indagine del Tribunale Penale Internazionale.Possibile?
E allora, ha ragione o no il vicepresidente del Consiglio di Sicurezza della Federazione Russa, Dmitrij Medvedev, a definire ‘carta igienica’ i provvedimenti della eccellentissima Corte dell’Aja?
I CRIMINI CONTRO LA SALUTE PUBBLICA
Passiamo su tutt’altro terreno, quello della salute pubblica. Verranno mai indagati e processati i vertici di ‘Pfizer’ e ‘Moderna’ che hanno venduto al mondo vaccini che ben sapevano essere totalmente ‘inefficaci’ e soprattutto ‘insicuri’?
Causando decine milioni di ‘effetti avversi’ in tutto il mondo che significano milioni di morti, soprattutto per ictus, trombosi e infarti?
Nessuno processo per chi specula sulla salute della gente, di cittadini costretti a farsi inoculare prodotti ‘non sicuri’, vaccini che hanno però generato profitti arcimiliardari per le regine di Big Pharma?
Nessuno straccio di indagine per la presidente della Commissione UE, Ursula von der Leyen, che in combutta con il Ceo di Pfizer, Albert Bourla, ha comprato vaccini per 71 miliardi di euro ‘insicuri’?
E addirittura truffando sui contratti di acquisto, visto che non esiste neanche un pezzo di carta igienica – è proprio il caso di dire – per il contratto più grosso (da 31 miliardi di euro), ma solo uno scambio di sms, addirittura ‘spariti’, ‘volatilizzati’?
Nessuna indagine aperta “sul più grande scandalo nella storia dell’Unione Europea”, come lo ha definito il componente olandese della ‘Commissione d’inchiesta sui vaccini’ varata a settembre 2022 e davanti alla quale sia Bourla che von der Leyen hanno avuto la faccia di bronzo, non presentandosi davanti alla Commissione per essere interrogati?
Negli Usa? Peggio che andar di notte. Due procuratori generali, Jeffry Landry della Louisiana ed Erich Schmitt del Missouri, nonché un neo costituto ‘Comitato ristretto’ alla Camera, stanno cercando di far luce soprattutto sulle connection tra il Super Virologo (appena andato in pensione a 81 anni) Anthony Fauci e l’Istituto di Virologia di Wuhan, dal quale si è con ogni probabilità verificata la fuga del virus ‘artificiale’. Il ‘National Institute for Allergy and Infectious Deseases’ (NIAID)presieduto a vita (dal 1984 al 2022) da Fauci ha infatti finanziato a mani base i laboratori di Wuhan per le ricerche sul ‘gain of function’, alla base del passaggio letale del virus dall’animale all’uomo e terreno base per le ‘biologic wars’ del presente e del futuro. Così è nata, in soldoni, la pandemia.
Il tutto con l’avallo, of course, dei vertici della Casa Bianca, oggi sotto inchiesta (ma i media lo nascondono, oscurano la notizia), Fauci ben compreso, interrogato due mesi fa per circa 7 ore.
Non si tratta di crimini contro l’umanità?
E non farebbe bene l’eccellentissima Corte dell’Aja a darci una sbirciatina?
Come del resto successe tanti anni fa – passando all’Italia ma non solo – per la “strage del sangue infetto”, orchestrata sempre dalle regine di Big Pharma a livello internazionale, e che ha causato decine di migliaia di vittime in mezzo mondo.
Se ne è mai interessato il Tribunale dell’Aja?
Se ne è mai fregato di tante vite anche allora sacrificate in nome del dio Denaro, del Profitto, degli utili alle stelle?
Eppure in Francia cadde il governo Juppè per la vergognosa storia del sangue infetto. In Inghilterra venne costituita una commissione parlamentare d’inchiesta che non approdò a molto. Da noi nessuna commissione parlamentare, ma solo un processo penale durato vent’anni esatti, cominciato a Trento, passato a Roma, quindi smistato a Napoli dove si è concluso con una assoluzione plenaria per tutti gli imputati, da Diulio Poggiolini (l’allora Re Mida della sanità ministeriale) agli ex dirigenti delle aziende del gruppo Marcucci: “il fatto non sussiste”, ha sentenziato il giudice dopo tre anni di processo.
Di tutta evidenza si è trattato di un ‘suicidio di massa’, perché le vittime totali della ‘strage del sangue infetto’ in Italia sono state oltre 5 mila (anche se al processo partenopeo c’erano solo 9 parti civili): pochi e miseri i risarcimenti danni ai familiari, ma resta l’obbligo morale e civile di conservare, tutelare e tramandare la MEMORIA STORICA di quell’eccidio rimasto impunito.
Vero, eccellentissima Corte dell’Aja?
IL MISTERO DEL DOSSIER IMPOSIMATO PER L’AJA
Vogliamo chiudere con un episodio che abbiamo raccontato pochi giorni fa, scrivendo un pezzo in occasione della costituzione dell’Archivio Imposimato, dedicato alla catalogazione e digitalizzazione dell’immenso patrimonio di giustizia (quella vera, non taroccata come succede all’Aja) prodotto nella sua vita dal grande Ferdinando Imposimato, tra l’altro una colonna storica della ‘Voce’, come sottolineiamo nell’articolo.
In cui ricordiamo un episodio che ci è rimasto scolpito nella memoria.
Una decina d’anni fa, infatti, proprio il Tribunale penale dell’Aja chiese ad Imposimato una importante consulenza sulla tragedia delle Twin Towers. Ne uscì fuori, dopo mesi di grosso impegno investigativo, un lavoro eccezionale che inchiodava gli Usa a delle colossali responsabilità. Ferdinando, infatti, consultando archivi e carte appena declassificate, focalizzò la sua attenzione soprattutto su un personaggio, il capo commando, Mohamed Atta. E scoprì che, pur essendo ben conosciuto e ‘segnalato’ da CIA ed FBI, entrò facilmente negli Usa dieci mesi prima dell’attacco; prese addirittura il brevetto di pilota; viaggiò di continuo, da uno Stato all’altro, per incontrare personaggi che dovevano aiutarlo nell’operazione. Insomma, libero come un fringuello di fare di tutto e di più, fino a quel tragico 11 settembre 2001.
Sembra un po’ il copione del caso Moro, con gli Stati Uniti che hanno fatto di tutto (attraverso l’agente speciale della CIA Steve Pieczenik) perché lo statista Dc non venisse liberato: Moro infatti ‘Doveva Morire’, come magistralmente ricostruirono con un libro choc uscito nel 2008 (15 anni fa esatti, e nell’anniversario del rapimento tutti gli italiani dovrebbero leggerlo) Ferdinando Imposimato e Sandro Provvisionato.
E così ‘dovevano cadere le Torri Gemelle’, come ricostruiva Ferdinando nella sua super consulenza.
Oggi capiamo perché quel lavoro così prezioso è di certo finito ad ammuffire in un cassetto polveroso dell’allora procuratore capo al Tribunale Penale Internazionale. Che a tutto serve fuor che a trovar e far Giustizia; a portare alla sbarra i criminali veri.
Una finzione, anzi una presa per il culo davanti ai milioni di vittime del Potere, che oggi trova il suo emblema nella politica imperialista, neo coloniale, e soprattutto criminale degli Usa.
E la Corte dell’Aja è del tutto ‘organica’ nel progetto: insabbiare i veri CRIMINI, perseguire che si oppone al Moloch a stelle e strisce.
E’ arrivato il momento di passare al link che vi porterà all’istruttivo, lungo e documentatissimo reportage storico firmato da James A. Lucas. Buona lettura: un po’ per giorno.
LINK
The U.S. Has Killed More Than 20 Million People in 37 “Victim Nations” Since World War II
FONTE: https://www.lavocedellevoci.it/2023/03/18/tribunale-penale-internazionale-perche-non-ha-mai-indagato-sui-maxi-crimini-dei-presidenti-usa/
Usa minacciano sanzioni ai danni della Corte penale internazionale
10 Settembre 2018 NOTARE LA DATA DELL’ARTICOLO
La Casa Bianca accusa l’organo giudiziario di volere sottoporre a “processi politici” i militari Usa impegnati in Afghanistan
Gli Usa minacciano sanzioni ai danni della Corte penale internazionale. A innescare lo scontro tra Washington e L’Aia è stato John Bolton, consigliere per la sicurezza nazionale del presidente Trump. Bolton, parlando a nome della Casa Bianca, ha minacciato “pesanti ritorsioni” contro l’organo giudiziario nel caso in cui quest’ultimo dovesse avviare indagini, per “crimini di guerra”, nei confronti dei militari statunitensi presenti in Afghanistan. Washington non ha mai ratificato la convenzione istitutiva della Corte.
Intervenendo a un convegno organizzato dalla Federalist Society, ente no-profit di ispirazione conservatrice, Bolton ha messo in guardia i giudici dell’Aia circa le sanzioni che Trump sarebbe deciso a imporre nei confronti di questi ultimi. Se l’organo giudiziario dovesse sottoporre a indagini per “crimini di guerra” i soldati e i funzionari dell’intelligence di Washington stanziati in Afghanistan, l’Amministrazione Trump sarebbe “pronta a combattere”: “Gli Stati Uniti adotteranno tutti i provvedimenti necessari a difendere i propri cittadini e quelli dei Paesi alleati dagli ingiusti processi intentati da quel tribunale illegittimo. I nostri valorosi soldati non possono essere vittime di indagini politicizzate, disposte da un collegio dominato da pregiudizi antiamericani. Negli ultimi mesi, i magistrati dell’Aia, influenzati dalla propaganda orchestrata dai nemici degli Usa, stanno rivolgendo il proprio rigore inquisitorio verso le truppe americane in Afghanistan. Contro i nostri ragazzi sta per essere avanzata una accusa assurda: crimini di guerra.”
Il consigliere per la sicurezza nazionale ha quindi precisato che il presidente Trump starebbe valutando un “ampio ventaglio” di ritorsioni: “Tra le misure sanzionatorie al vaglio delle autorità federali vi sono l’imposizione, ai danni dei giudici e dei procuratori dell’Aia, del divieto di ingresso in territorio americano, il congelamento dei beni di questi ultimi presenti negli Stati Uniti e l’avvio di procedimenti penali a carico dei magistrati della Corte penale internazionale.” Bolton ha poi definito l’organo giudiziario una “istituzione morta da anni”.
Infine, dopo avere minacciato sanzioni ai danni dei membri del collegio giudicante, l’esponente dell’Amministrazione Trump ha annunciato l’“imminente chiusura” degli uffici dell’Organizzazione per la liberazione della Palestina (Olp) situati in territorio statunitense: “Le nostre istituzioni saranno sempre al fianco di Israele. I delegati palestinesi, dal giorno della loro ammissione alle Nazioni Unite, non hanno fatto altro che sollecitare la Corte affinché sottoponesse a processo le autorità israeliane. Per l’Olp e per i giudici dell’Aia, la decennale lotta del Governo israeliano contro il terrorismo internazionale non sarebbe nient’altro che una sequenza di abominevoli crimini ai danni di Palestinesi inermi. Gli Stati Uniti non possono più tollerare che l’Olp utilizzi il territorio americano per diffondere tale propaganda mistificatrice.”
FONTE: https://www.ilgiornale.it/news/mondo/usa-minacciano-sanzioni-ai-danni-corte-penale-internazionale-1574017.html
Soldati ucraini in addestramento a Sabaudia, Conte: “Diplomazia per evitare terza guerra mondiale”
“Senza diplomazia rischiamo la terza guerra mondiale”, queste le parole dell’ex premier Giuseppe Conte dopo aver appreso della presenza di 20 militari ucraini addestrati nella caserma di Sabaudia.
A cura di Beatrice Tominic – 20 MARZO 2023
Venti militari ucraini avrebbero cominciato, ad inizio marzo, un addestramento nella caserma di Santa Barbara, nel comune pontino di Sabaudia, dove imparerebbero ad utilizzare il Samp-T, sofisticato sistema antimissile sviluppato nei primi anni del 2000 nell’ambito del programma italo-francese Fsaf (Famiglia di Sistemi Superficie Aria) ancora non sperimentato in Ucraina.
Per la stessa ragione, altri soldati in questo periodo sarebbero ospitati anche in Sardegna. Nessuna risposta ufficiale è ancora arrivata dal governo italiano: il ministero della Difesa non ha confermato né smentito la notizia, riportata da Il Fatto Quotidiano. Fino a quel momento, era stato reso noto soltanto l’invio di quattro istruttori italiani in Germania come stabilito dal programma europeo.
Alcuni volti politici si sono già esposti in merito, come Sinistra Italiana, Forza Italia e il Movimento Cinque Stelle. È proprio Giuseppe Conte a fornire il commento più duro su quanto avvenuto: “Questo addestramento conferma un’escalation militare del conflitto e il ruolo sempre più attivo dell’Italia – ha dichiarato l’ex premier – Le sanzioni alla Russia avrebbero dovuto rendere la vittoria più vicina, invece ci ritroviamo immersi in una guerra senza strategie: occorre una soluzione diplomatica per ottenere la pace, altrimenti rischiamo ritrovarci in una terza guerra mondiale”.
L’Alleanza Verdi e Sinistra a Rocca sui militari ucraini in addestramento a Sabaudia
“Non saremmo dovuti arrivare a questo punto – ha dichiarato invece Nicola Fratoianni – Abbiamo fornito tecnologie avanzate, non mi stupisco. Gli aiuti militari sarebbero dovuti servire per trattare la pace in una condizione di equilibrio, ma quando arriva?”
L’Alleanza Verdi Sinistra ha anche contattato direttamente il prefetto di Latina: “Vogliamo chiedere i chiarimenti che potrà darci sulla presenza di militari stranieri sul nostro territorio – hanno dichiarato in una nota il consigliere regionale Claudio Marotta e i parlamentari Filiberto Zaratti e Peppe De Cristofaro, esponenti di AVS del Lazio – Pur comprendendo la delicatezza dell’argomento e la conseguente segretezza di tutto quello che ruota intorno alla Difesa italiana, non possiamo nascondere la grande preoccupazione e soprattutto per la sicurezza dei nostri concittadini che vivono nelle zone limitrofe alla caserma Santa Barbara di Sabaudia e che forse, venuti a conoscenza degli eventi, possano temere per la propria incolumità”.
La lettera a cui fanno riferimento, è stata inviata “per conoscenza” anche al neoeletto presidente della Regione Lazio, Francesco Rocca.
“L’invio delle armi in Ucraina finora è stato l’unico strumento perseguito dal nostro Governo in questo conflitto: sarebbe utile invece percorrere con maggiore impegno e decisione le vie diplomatiche a livello internazionale per il raggiungimento della pace – hanno aggiunto – Iniziative come queste alimentano la paura che la fine del conflitto sia sempre più lontana e che contemporaneamente si possa scivolare in una guerra mondiale. Siamo certo, infine, che il neo presidente della Regione Lazio mostri la stessa sensibilità sul tema”.
La posizione di Forza Italia
“Che non sia in corso un’escalation non lo scopriamo adesso: dovremmo concentrarci sul dialogo – fa eco a Silvio Berlusconi Maurizio Gasparri – Come Forza Italia ci siamo battuti affinché gli aiuti militari restassero difensivi e su questo ci impegneremo ancora”.
Nessun commento è ancora arrivato, invece, dalla neosegretaria del Partito Democratico, Elly Schlein.
FONTE: https://www.fanpage.it/roma/soldati-ucraini-in-addestramento-a-sabaudia-conte-diplomazia-per-evitare-terza-guerra-mondiale/
L’Onu annuncia un eccesso di mortalità di 23,6 milioni in 3 anni, di cui 16,9 milioni per ragioni “sconosciute”.
22 marzo 2023
Dati catastrofici che pubblichiamo qui sono dati pubblici e ufficiali delle Nazioni Unite. Uno Li trovi nelle sue tabelle elettroniche sulla popolazione mondiale. Sono Molto liberamente scaricabile ma non disponibile online. Si trovano solo in cifre in fogli di calcolo e solo se li cerchi attentamente. Nulla li mette in relazione gli ultimi scritti dell’ONU sulla popolazione e sui movimenti che la animano. Non c’è alcun invito a indagare. Nulla se ne parla nella stampa ufficiale o parallela che non legga il Tuttavia, i rapporti patinati sono riluttanti a consultare il dati grezzi, evitare l’inutile controllo di coerenza tra le parole e numeri anche quando si tratta di dati demografici.
A rigor di termini, essi non sono in alcun modo censurati ma semplicemente omessi dagli schermi, dai commenti e menti delicate. Un po’ come “La lettera rubata” di Edgar Alan Poe, anche se in vista, questi dati di La sicurezza pubblica è accuratamente ospitata al di fuori della portata della conoscenza pubblica. Ci affidiamo per Questo nella pigrizia di andare a stanarli da parte di chi rischia presto per essere catturato inavvertitamente o per paura di paura in aggiunta gran numero ancora. Forniamo di seguito uno screenshot frammentario nella modalità di prova, senza evidenziazione o manipolazione. Ma sollecitiamo tuttavia chiunque li controlli personalmente dopo aver caricato sul Sito web delle Nazioni Unite.
Sono davvero spaventosi. Al di là di ciò che, cullati da illusioni ideologiche, possiamo immaginare oggi e se politicamente scorretti in quanto incriminano d’ufficio no solo la campagna vaccinale ma anche tutte le misure tossiche di confinamento, distanziamento, desocializzazione che hanno aumentato la miseria materiale e affettivi in tutto il mondo che istintivamente spingono a respingerli, giudicarli male senza indagare, prenderli fin dall’inizio per disinformazione e “fake news”.
Tuttavia, bastano pochi clic per vederli all’ONU. Bastano pochi click per capire che invece di 175.9 milioni di morti “normali” attese in 3 anni dal 2020 al 2022, ci sono aveva 199,5 milioni. Questi sono almeno 23,6 milioni di troppo del che troviamo “solo” 6,7 milioni per il “Covid” secondo l’OMS. Questi 23.6 Milioni di vittime in più che sono più della prima guerra globali e in meno tempo, sono gli abietti scarti della tecnocrazia onnisciente politico-medico il cui macabro lavoro si è svolto contro le intenzioni strombazzato per proteggere e salvaguardare la salute pubblica universale. Quella sono i sacrifici di una guerra avida scatenata ma non dichiarata contro la “sovrappopolazione”. Sono le vittime che sono nascoste e che non sono commemorate. Ha Che senso ha sfuggire all’ecatombe maggiore che vi è prefigurata in Risvegliare le coscienze?
Con la crescita del Popolazione mondiale, l’aumento medio “naturale” di La mortalità planetaria dal 2010 al 2019 è stata di circa 400 mila morti in più all’anno. D’altra parte, rispettivamente, Nell’anno 2019, la mortalità aggiuntiva nel 2020 è stata di 5,2 milioni, 11,3 milioni nel 2021 e per il 2022 l’Onu se lo aspetta, ma potrebbe essere peggio, di 9,1 milioni. Nei dati lordi un macabro surplus di 25,7 milioni dei morti sono caduti sul mondo. Nei dati netti l’eccesso di mortalità “effettivo” è leggermente inferiore e ammonta a circa 23,6 milioni se sottraiamo 2,1 milioni di morti “naturali” richieste dalla crescita demografico, sottraendo lì per eccesso di prudenza 700 mila morti “naturali” più all’anno invece di 400 mila.
Di questi 23,6 milioni I decessi in eccesso almeno il 72% non sono coperti dal “Covid”.
Gli anni vaccinali 2021 e 2022 consacrano bancarotta farmacologica e successo tossico.
Anno | Totale Popolazione, al 1° gennaio (migliaia) | Totale decessi (migliaia) | Diff. decessi con Anno precedente | |||
2002 | 6 271 638 | 52 481 | 386 | |||
2003 | 6 353 177 | 52 858 | 377 | |||
2004 | 6 434 620 | 52 965 | 107 | |||
2005 | 6 516 883 | 53 213 | 248 | |||
2006 | 6 599 469 | 53 016 | – 198 | |||
2007 | 6 683 363 | 53 392 | 376 | |||
2008 | 6 768 534 | 54 038 | 646 | |||
2009 | 6 854 661 | 53 910 | – 127 | |||
2010 | 6 941 951 | 54 329 | 419 | |||
2011 | 7 029 255 | 54 394 | 65 | |||
2012 | 7 116 996 | 54 790 | 396 | |||
2013 | 7 206 400 | 55 034 | 245 | |||
2014 | 7 294 787 | 55 218 | 183 | |||
2015 | 7 383 240 | 55 893 | 675 | |||
2016 | 7 469 955 | 56 201 | 308 | |||
2017 | 7 556 993 | 56 966 | 765 | |||
2018 | 7 642 651 | 57 352 | 386 | |||
2019 | 7 724 928 | 57 939 | 587 | |||
2020 | 7 804 974 | 63 174 | 5 236 | |||
2021 | 7 876 932 | 69 248 | 6 074 |
Pubblicato da La terra non ha uscite di emergenza. alle 7:13:00 PM
FONTE: https://aipri.blogspot.com/2023/03/lonu-annonce-une-surmortalite-de-236.html
ATTUALITÀ SOCIETÀ COSTUME
Cinismo e ignoranza rivelati da WhatsApp
di Serena Tinari
Quando si dice un’arma a doppio taglio. Lasciamo tracce ovunque con i nostri telefoni “intelligenti”, in particolare in virtù della diffusa abitudine a inviare messaggi di testo e vocali. Niente da nascondere? E vai con i decaloghi su privacy e sicurezza digitale. La questione si sta tuttavia rivelando interessante per gli affari nostri. Perché sta emergendo che anche chi ci governa, tende a straparlare quando impugna il telefono: le chat WhatsApp diventano prova di abusi, e di bugie a favore di telecamera.
Nel Regno Unito imperversa la polemica sulla gestione governativa della crisi Covid. La storia è curiosa, a tratti comica, se non fosse punteggiata di tragedie umane e sconcertante disprezzo per il popolo bove. C’è che l’ex ministro della sanità Matt Hancock aveva ingaggiato la giornalista Isabel Oakeshott perché lo aiutasse a scrivere l’agiografia che l’avrebbe (sperava) riabilitato. Hancock, forse lo ricorderete, fu costretto a dimettersi a causa di una storia di corna.
L’ingenuo ha messo a disposizione della giornalista oltre 100.000 messaggi WhatsApp, e lei li ha consegnati al Telegraph, che li sta ora pubblicando nella serie “The Lockdown Files”. I testi rivelano come si sia arrivati a decisioni draconiane – iniziative mai prese prima in centinaia di anni di gestione delle malattie infettive. Dal lockdown, alla quarantena delle persone sane, ai test di massa.. ce n’è per tutti i cosiddetti Npi, gli interventi non farmaceutici. Saltano agli occhi cinismo, ignoranza e una certa dose di stupidità.
L’obbligo di mascherina? I vertici delle autorità sanitarie erano consapevoli della mancanza di evidenze a supporto della loro introduzione. All’epoca pochi studi erano stati realizzati, il risultato era stato che avessero zero o poco più efficacia per prevenire la trasmissione e l’infezione. Fatto che è stato di recente confermato da una enorme revisione Cochrane – è considerato il migliore standard in letteratura medico-scientifica. Per molto tempo, poi, chi volesse entrare nel Regno Unito veniva isolato in un costoso albergo. I governanti commentavano: “esilarante”, che persone sane come pesci fossero chiuse in un hotel e pagassero cifre importanti per rimanerci. E poi: “Quando ci giochiamo la prossima variante?” e “la gente se la farà nelle mutande, quando la lanceremo!”.
Dell’uso sistematico della paura per obbligare la popolazione a seguire il diktat governativo si è occupata in maniera magistrale Laura Dodsworth. Il suo libro, uscito ormai due anni fa, alterna storie di persone che si sono viste togliere il diritto di abbracciare la madre morente, di frequentare il compagno, di accompagnare il bambino a scuola, con documenti esclusivi sull’unità di manipolazione delle masse che il governo britannico aveva attivato nel 2020. “A State of Fear” resta una lettura indispensabile per rielaborare cosa sia successo negli ultimi anni.
Anche in Italia, nell’ambito dell’inchiesta sui fatti lombardi, stanno emergendo messaggi WhatsApp che mettono in imbarazzo i piani alti. Pezzi grossi della sanità italiana commentano l’inutilità dei test di massa, per esempio, pur avendoli poi di fatto introdotti. Aspettiamo con pazienza che emergano i messaggi scambiati fra chi ha preso le decisioni in Svizzera. Su quelli che si sono inviati Ursula von der Leyen e l’ad di Pfizer attorno alle commesse per l’acquisto dei vaccini, sono finora finiti nel nulla gli sforzi di trasparenza di deputati e commissioni. A gennaio, il New York Times ha denunciato la Commissione europea: la testata chiede che sia un tribunale a sanzionare la mancata pubblicazione della corrispondenza che, sottolinea, è di interesse pubblico. Niente da nascondere?
Pubblicato
Mercoledì 8 Marzo 2023
Edizione cartacea
Anno XXVI – N°4 – 10 marzo 2023
Leggi altri articoli di
Serena Tinari
FONTE: https://www.areaonline.ch/Cinismo-e-ignoranza-rivelati-da-WhatsApp-ba184a00
La storia della preside costretta a dimettersi dopo aver mostrato foto del David di Michelangelo
24 03 2023
Sta facendo il giro del mondo la storia della preside di una scuola media pubblica della capitale della Florida, Hope Carrasquilla, che sarebbe stata costretta a dimettersi dopo una lezione sul Rinascimento nella quale aveva mostrato il David di Michelangelo.
A cura di Antonio Palma
La preside di una scuola media che sarebbe stata costretta a dimettersi dopo una lezione nella quale aveva mostrato il David di Michelangelo. È la storia che sta rimbalzando in queste ore sui media americani, inizialmente diffusa da un quotidiano locale e poi finita praticamente ovunque.
La scuola, la Tallahassee Classical School, si trova in Florida, la ormai ex preside si chiama Hope Carrasquilla. Si è dimessa dal suo incarico dopo una riunione del consiglio d’istituto lunedì scorso.
“Mi rattrista che il mio tempo qui sia dovuto finire in questo modo”, ha detto ai media Carrasquilla, aggiungendo di essere stata costretta alle dimissioni dopo che il presidente del consiglio della scuola, Barney Bishop, le ha detto che, se non si fosse dimessa di sua spontanea volontà, sarebbe stata licenziata.
Bishop ha anche confermato questa versione, ma al tempo stesso ha fatto sapere di non poter rivelare perché le abbia chiesto di dimettersi. La storia delle foto del David di Michelangelo, insomma, non è così chiara. Ci sarebbero stati altri motivi, come ha spiegato in una intervista alla testata Slate, ma non ha voluto dire oltre.
Ha detto però che i “diritti dei genitori vengono prima di tutto, e questo significa proteggere gli interessi di tutti i genitori, siano essi uno, 10, 20 o 50”. A lamentarsi della lezione sul David sarebbero stati solo 3 genitori, due che avrebbero preferito essere avvisati prima e uno che avrebbe detto che l’insegnante non doveva usare la parola “pornografia” a scuola (la docente avrebbe sottolineato in classe che le immagini che mostrava non sono di carattere pornografico).
La preside da parte sua si è detta convinta che tutto sia legato alla lezione su Michelangelo. Ha spiegato in particolare che la vicenda ha avuto inizio quando, per una serie di disguidi, non è stato comunicato ai genitori che agli studenti sarebbe stato mostrato il David e altri capolavori rinascimentali. Oltre al David, anche la Nascita di Venere del Botticelli o la Creazione di Adamo avrebbero causato scontento.
“Siamo una scuola classica, perché non dovremmo mostrare l’arte rinascimentale ai bambini?”, ha detto però Bishop nell’intervista.
FONTE: https://www.fanpage.it/esteri/mostra-david-di-michelangelo-ai-ragazzi-di-prima-media-preside-licenziato-e-pornografia/
CONFLITTI GEOPOLITICI
Ucraina, Tricarico: “Rischiamo il nostro Vietnam”
21 MARZO 2023
(Davide Manlio Ruffolo – lanotiziagiornale.it) – Dopo tredici mesi dall’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina la pace sembra ancora lontana. Generale Leonardo Tricarico, ex Capo di Stato maggiore dell’Aeronautica militare, secondo lei qual è, ad oggi, lo stato del conflitto?
“Lo stato attuale del conflitto è fondamentalmente quello dell’inizio, con la Russia che ha il controllo territoriale delle aree a maggioranza russa e quindi le annessioni sono soltanto un atto formale a cui, però, non corrisponde un controllo totale del relativo territorio. Una situazione di perdurante stallo dal quale non si vede alcuna via d’uscita se ci si attiva soltanto nella fornitura di armi. La litania è sempre la stessa o si attiva un negoziato o si va avanti con una guerra che può diventare carsica perché le risorse stanno scarseggiando per tutte e due, specie per l’Ucraina che dipende totalmente dalle forniture occidentali”.
Nelle ultime ore fa discutere il fatto che truppe di Kiev sarebbero state addestrate a Sabaudia per utilizzare i sistemi missilistici Samp-T di fabbricazione italo-francese. Non teme che dopo le forniture di armi e mezzi, questo sia un nuovo passo verso un coinvolgimento nel conflitto?
“Guardi la fornitura di armamenti sempre più sofisticati e avanzati, richiede l’addestramento del personale che poi dovrà utilizzarli. Che l’addestramento si faccia in un Paese terzo o da noi, non cambia la sostanza dei fatti. A mio avviso, arrivati a questo punto, non c’è da stupirsi più di tanto per questa scelta”.
Alla luce di questa decisione di addestrare truppe in Italia, vede rischi per il nostro Paese?
“Questo è un altro passo avanti nella strategia Occidentale che mira a stringere il cappio intorno al collo di Putin un pezzetto alla volta, evitando di stringere troppo e troppo rapidamente così da scongiurare una reazione scomposta da parte della Russia. La strategia di fondo è questa, la si condivida o no ma è nei fatti. Questo ulteriore passo provocherà un’escalation? Onestamente non vedo rischi aggiuntivi per il nostro Paese rispetto a quelli già esistenti. Il problema di fondo resta che si rischia di mettere Putin all’angolo, finendo per convincerlo di non avere più alcuna risorsa per continuare il conflitto e a quel punto non si può sapere che reazioni potrebbe avere. Per dirlo in modo molto chiaro, l’Occidente ha fatto una scommessa e io posso soltanto sperare che chi l’ha fatta sia nel giusto. Tuttavia osservo che a mio avviso non si può scommettere quando la posta in gioco è tanto alta. Rilevo anche che anche noi ci siamo uniti, in modo abbastanza supino e passivo a chi ha stabilito questo andamento fondato tutto su una scommessa”.
Quindi lei non è d’accordo sullo scommettere nel logoramento russo?
“Assolutamente non la condivido e non l’ho convidisa neanche all’inizio. Reputo questa scommessa immorale davanti a quello che può succedere se il conflitto dovesse prendere una piega drammatica”.
Mentre la Cina prova a fare qualcosa per la pace, l’Unione europea si limita a preparare un nuovo pacchetto per la fornitura di altre armi a Kiev mentre gli Stati Uniti hanno detto che arrivare ora a un eventuale cessate il fuoco danneggerebbe solo l’Ucraina. Qual è la convenienza per l’Occidente?
“Non parlerei di convenienza ma di scelte errate che con l’andamento del conflitto hanno provocato un restringimento, forse ormai irreversibile, degli spazi per un negoziato che non sono stati colti. Eppure si poteva provare a trattare per trovare una via d’uscita dal conflitto. Credo anche che se la Cina ponesse la determinazione necessaria per arrivare a una tregua, il convitato di pietra rimarrebbe gli Stati Uniti perché non credo lascerebbero alla Cina la prerogativa di ergersi ad artefici della pace”.
Sta dicendo che paradossalmente la guerra dipende più dagli Stati Uniti che dalle parti in campo?
“Togliamo questo avverbio. Diciamolo molto brutalmente: le sorti di questa guerra sono nelle mani degli Stati Uniti. L’Europa non esiste perché quella comunitaria non ha neanche una politica estera comune e quella intergovernativa mi pare sia unita nel continuare a sostenere acriticamente l’Ucraina. Adesso ci sarà una riunione dei Capi di Stato e vediamo che succederà. La speranza è che si apra uno spiraglio per un’interlocuzione più matura e argomentata con gli Stati Uniti. Un dialogo attivo che tenga conto anche degli interessi della Comunità internazionale, di quelli dei Paesi europei e anche delle aspettative ucraine che non possono essere la pretesa dell’integrità territoriale senza che alla Russia venga concesso alcunché”.
Prima l’incidente tra un drone americano e un jet russo, poi i numerosi sconfinamenti dei caccia di Mosca sull’Estonia. Sembra sempre più alta la tensione tra Usa e Russia, al punto che perfino Biden ha detto che ormai non si può più escludere nulla. Ci dobbiamo rassegnare al peggio?
“Metto sul piatto tutte le opzioni, sia quelle più prevedibili e verosimili che quelle più drastiche. A mio avviso ci sono quattro scenari probabili. Il primo è quello che vede una prosecuzione a tempo indeterminato del conflitto, con una vietnamizzazione o coreanizzazione della guerra. La seconda ipotesi è quella di una prosecuzione del conflitto a tempo indeterminato, con una tregua per sfinimento continuamente intervallata dall’uso delle armi. Una sorta di guerra permanente a bassissima o quasi zero intensità. La terza ipotesi, la più catastrofica, è quella che vede l’uso di armamenti di distruzione di massa che, al contrario di quanto si pensi, non si basano esclusivamente sul nucleare perché ci sono tanti altri strumenti di questo tipo. La quarta e ultima possibilità è quella di un tracollo russo, con la destituzione di Putin, ma qui gli interrogativi sono moltissimi e non c’è garanzia che le cose possano migliorare. Abbiamo già sentore che gli avvoltoi sono in azione tra i vari Evgenij Prigožin (il capo della Wagner, ndr), Ramzan Kadyrov (il leader della Cecenia) e il generale Sergej Surovikin. Tutte personalità che non fanno presagire a posizioni più moderate di quelle di Putin”.
Paura di volare: stiamo assistendo a un insabbiamento
martedì 28 febbraio 2023
AMERICA – ABBIAMO UN PROBLEMA
Stiamo assistendo a un insabbiamento di vaste proporzioni e implicazioni.
Fonte: https://rwmalonemd.substack.com/p/america-we-have-a-problem
A cura di: Brett Vance
Brett Vance è un ex pilota di caccia dell’Aeronautica Militare, pilota collaudatore e pilota di linea che si è recentemente ritirato dal suo incarico di pilota collaudatore presso il Servizio di Certificazione degli Aeromobili della Federal Aviation Administration. Nel corso della sua carriera, ha accumulato oltre 7.500 ore di volo, ha pilotato più di 120 velivoli diversi e ha ottenuto dieci abilitazioni di tipo in velivoli che vanno dal B-777 al Cessna 510. Gli aerei militari principali erano il T-38, l’A-10 e l’F-16.
Prologo
L’astronauta e comandante della missione Apollo 13, James A. Lovell, il 13 aprile 1970 riferì al Controllo Missione: “Houston, abbiamo avuto un problema”, annunciando un malfunzionamento del Main Bus B Undervolt causato dall’esplosione di un serbatoio di ossigeno. La maggior parte delle persone conosce la storia di un incredibile lavoro di squadra e di coraggio che si concluse con il rientro in sicurezza dell’equipaggio dopo questo quasi catastrofico annullamento della missione. Il gergo odierno di quella trasmissione è “Houston, abbiamo un problema” ed è generalmente associato alla comparsa di una situazione improvvisa e imprevista. Di solito si tratta anche di un enorme eufemismo.
Questo è il caso attuale. Tuttavia, la semplice notifica a Houston non è sufficiente. Tutta l’America deve sapere cosa sta accadendo al nostro Sistema di spazio aereo nazionale. Il nostro NAS – l’insieme dei sistemi e delle persone che ci fanno volare in sicurezza da un luogo all’altro – qui negli Stati Uniti è il più sicuro del pianeta… almeno lo era fino ad ora. Mentre la NASA è riuscita a riportare a terra tre astronauti sani e salvi, scongiurando così una potenziale catastrofe, la potenziale catastrofe che si prospetta per il nostro Sistema di spazio aereo nazionale è altrettanto grave, ma con conseguenze molto più terrificanti.
In questa sede si discutono i seguenti argomenti che contribuiscono a questo problema. In primo luogo, l’abbandono del settore, per una serie di ragioni, di un gran numero di equipaggi di volo commerciale altamente qualificati ed esperti. In secondo luogo, l’effetto delle vaccinazioni e dei mandati sulla sicurezza dei voli da quando sono stati introdotti. Infine, il peggiore di tutti, l’insabbiamento.
Parte 1 – Dov’è il mio equipaggio?
La prima parte del problema della NAS è la riduzione della forza dei piloti commerciali. Si tratta di persone che si guadagnano da vivere volando, molti dei quali sono piloti di linea. Probabilmente tutti voi avete sentito parlare o avete sperimentato personalmente le turbolenze negli orari di volo. E pensate che la colpa sia del meteo o del controllo del traffico aereo! In parte è vero, ma forse avete sentito dire che la colpa è anche della disponibilità degli equipaggi. Le compagnie aeree vi diranno che gli equipaggi sono fuori posizione e non riescono ad arrivare in tempo dove devono essere. Quello che non vi diranno è che non hanno abbastanza equipaggi. Quindi, cosa c’è di sbagliato? Ammettetelo e risolvete il problema. Giusto?
Ovviamente, è compito delle compagnie aeree dotarsi di personale adeguato per far fronte a quelle che chiamiamo operazioni irregolari. Che cosa è successo… e perché ora? Innanzitutto, si sostiene che la carenza di piloti era già presente prima della pandemia. Successivamente, è opportuno esaminare l’impatto sul personale a causa della pandemia COVID. Con il rapido calo iniziale della domanda di voli, le compagnie aeree hanno incentivato i prepensionamenti. Inoltre, i licenziamenti si sono fatti sentire, in quanto le persone sono partite per altre carriere, per non tornare mai più. Quando poi abbiamo appreso che il virus non era così grave come ci si aspettava e che aveva un tasso di sopravvivenza molto alto, la domanda di viaggi aerei ha cominciato a tornare, e a tornare rapidamente. Con una domanda ormai ai livelli precedenti alla pandemia o addirittura superiore, le compagnie aeree non potevano sostituire gli equipaggi partiti. Poi c’è la parte peggiore di questa equazione: i mandati per i vaccini. Questo insieme di decisioni insensate è sorprendente per l’entità dei suoi effetti nocivi.
Parte 2 – Il vaccino e gli obblighi
Ormai tutti coloro che prestano attenzione si sono resi conto che c’è qualcosa che non va con le iniezioni di terapia genica COVID 19. Probabilmente avete visto i resoconti di casi gravi che hanno avuto luogo nel corso degli anni. Avrete probabilmente visto resoconti di gravi reazioni avverse fino alla morte, resoconti di persone di tutte le età morte improvvisamente nel sonno e di atleti di entrambi i sessi all’apice della condizione fisica che crollano durante gli allenamenti o le gare. Queste condizioni, a quanto si apprende, non sono causate dal virus; piuttosto, sono causate direttamente dal contenuto delle fiale o da un sistema immunitario significativamente indebolito dall’assunzione di dosi successive.
C’è un’altra coorte a cui dobbiamo pensare, nel caso in cui non ne siate a conoscenza. Si tratta del settore dell’aviazione e questo articolo si concentrerà sull’equipaggio della cabina di pilotaggio dell’aereo che vi porterà in sicurezza dove volete andare. Sappiate che anche gli assistenti di volo, i controllori del traffico aereo e il personale di supporto sono coinvolti; tuttavia, un problema con i vostri piloti può portare a un disastro, uccidendo voi e forse centinaia di altri passeggeri innocenti e persino le persone a terra. Questo articolo mette in evidenza i piloti.
Ci troviamo di fronte a un duplice dilemma, che deve essere affrontato in entrambi i modi. In primo luogo, i governi dei Paesi che obbligano gli equipaggi di volo a essere “vaccinati” devono ritirare immediatamente tali obblighi. Poi, i piloti che hanno fatto il vaccino e che hanno subito effetti negativi devono essere aiutati a contrastare questi effetti negativi.
La maggior parte di noi è impegnata a vivere la propria vita e a far quadrare i conti. Ciò significa che probabilmente non si presta attenzione a questo problema; e quando si sente che c’è un problema, una mente adeguatamente indagatrice vorrebbe sapere quanto è grande questo problema e cosa significa veramente. Date un’occhiata a questo estratto del Daily Examiner neozelandese per farvi un’idea di ciò che stiamo affrontando e di come è stato causato.
Estratto da I piloti delle compagnie aeree lottano per la sicurezza, per se stessi e per i loro passeggeri
Anche la Federal Aviation Authority (FAA) degli Stati Uniti è estremamente severa con i suoi requisiti per i piloti. In particolare, il titolo 14 del Codice dei Regolamenti Federali §61.53 stabilisce che “nessuna persona in possesso di un certificato medico rilasciato ai sensi della parte 67 del presente capitolo può agire come pilota in comando, o in qualsiasi altra veste come membro dell’equipaggio di volo del pilota richiesto, mentre tale persona… [sta] ricevendo un trattamento per una condizione medica che la rende incapace di soddisfare i requisiti per il certificato medico necessario per l’operazione di pilotaggio”.
Nell’interpretare questa disposizione, la Guida per gli esaminatori medici dell’aviazione (AME) afferma, in riferimento al rilascio di certificati medici nel caso di utilizzo di prodotti farmaceutici come farmaci terapeutici per gli ordini “Do Not Issue – Do Not Fly”, di includere classi di farmaci o farmaci che:
“La FDA (Food and Drug Administration) ha approvato meno di 12 mesi fa. La FAA generalmente richiede almeno un anno di esperienza post-marketing con un nuovo farmaco prima di prenderlo in considerazione ai fini della certificazione aeromedica. Questo periodo di osservazione lascia il tempo agli effetti avversi non comuni, ma significativi dal punto di vista aeromedico, di manifestarsi….”.
Questa parte dei regolamenti è stata evidenziata in una lettera inviata alla FAA da un gruppo di avvocati, medici e altri esperti il 15 dicembre 2021, in cui si sottolineano le gravi reazioni avverse ai vaccini covidici sperimentate dai piloti (compreso il decesso) e si chiedono controlli sanitari specifici su tutti i piloti vaccinati.
La lettera chiede che tutti i piloti vaccinati vengano segnalati dal punto di vista medico e che:
“di sottoporre tali piloti a riesami medici approfonditi che includano test del D-Dimero (per verificare la presenza di problemi di coagulazione del sangue), test della Troponina (per verificare la presenza di Troponina nel sangue, una proteina che viene rilasciata quando il muscolo cardiaco è stato danneggiato), analisi ECG post-vaccinazione (nota anche come ECG, che controlla i segnali elettrici che determinano la salute cardiaca), e risonanza magnetica cardiaca e test PULS (per determinare la salute del cuore)”.
Secondo gli autori della lettera, l’inclusione della risonanza magnetica cardiaca come test di screening per i piloti è fondamentale e fa riferimento a un recente studio che ha dimostrato che l’utilizzo dei soli risultati dell’ECG e dei sintomi per lo screening dei pazienti ha portato a una sottodiagnosi di 7,4 volte della miocardite reale. Il test PULS è importante anche perché un abstract pubblicato sulla rivista medica Circulation, intitolato “Observational Findings of PULS Cardiac Test Findings for “Inflammatory Markers in Patients Receiving mRNA Vaccines” (Risultati osservazionali dei risultati del test cardiaco PULS per i “marcatori infiammatori nei pazienti che ricevono vaccini a mRNA”), ha rilevato che “i vaccini a mRNA aumentano numericamente … i marcatori IL-16, Fas e HGF, tutti marcatori precedentemente descritti da altri per denotare l’infiammazione dell’endotelio e l’infiltrazione delle cellule T nel muscolo cardiaco”.
Gli autori della lettera fanno anche riferimento a una dichiarazione giurata depositata in un tribunale statunitense all’inizio di quest’anno, in cui alcuni medici, tra cui il cardiologo incaricato dalla FAA e un tenente colonnello dell’esercito statunitense, chirurgo di volo, specialista in medicina aerospaziale e specialista in corsi di addestramento per ufficiali dell’aviazione e incidenti, con un master in salute pubblica, hanno concluso che
“il rischio di “miocardite post-vaccinazione non è banale”.
“che “la popolazione dell’aviazione è composta da individui con caratteristiche demografiche che il CDC e la FDA hanno stabilito (il 25 giugno 2021) essere a maggior rischio di sviluppare una miocardite post-vaccinazione”.
“che le “imprevedibili e potenziali gravi complicazioni rappresentano un livello inaccettabile di rischio aeromedico”.
che “la stratificazione del rischio, lo screening e i test diagnostici sono necessari per continuare a garantire la sicurezza del volo”.
che “le vaccinazioni COVID devono essere immediatamente sospese fino a quando non saranno condotti ulteriori studi specifici per l’aviazione”.
Vale la pena notare che, in coincidenza con l’invio di questa lettera alla FAA, il Ministero della Salute della Nuova Zelanda ha inviato una lettera urgente a tutti i fornitori di assistenza sanitaria primaria e ai vaccinatori. La lettera ammetteva che le incidenze di miocardite e pericardite associate ai vaccini sono state sottovalutate in Nuova Zelanda e che l’incidenza reale, in particolare per i booster, non è nota. Sono state anche emesse istruzioni per includere avvertimenti su questi gravi effetti collaterali, in particolare per coloro che ricevono i vaccini Covid.
È chiaro che le reazioni avverse gravi associate ai vaccini possono cambiare la vita degli individui che le subiscono. Tuttavia, anche le conseguenze per i passeggeri delle compagnie aeree, se i loro piloti subiscono effetti improvvisi, sono devastanti. La lettera alla FAA prosegue sottolineando che
“… se la FAA non riuscisse a mettere a terra e a de-certificare dal punto di vista medico tutti i piloti che hanno ricevuto i vaccini COVID-19 sperimentali e non approvati dalla FDA, in conformità al CFR §65. 13 e le relative Linee guida che richiedono questo risultato – e impedire il reintegro di tali piloti fino a quando non dimostreranno di avere D-Dimero, Troponina, ECG, risonanze magnetiche cardiache, test PULS e certificati di salute accettabili dal punto di vista aeromedico – la FAA metterà in pericolo la vita di molti passeggeri innocenti delle compagnie aeree nel caso in cui un pilota perda il controllo dell’aeromobile dopo aver subito un grave evento di coagulazione del sangue (embolia polmonare, ictus, ecc.) o una miocardite. ) o un evento legato alla miocardite, che possono causare incapacità, arresto cardiaco e morte”.
Molte compagnie aeree trasportano equipaggio supplementare sui voli a lungo raggio per soddisfare i requisiti di riposo in volo. Uno di questi piloti potrebbe sostituirlo durante un evento medico di uno degli altri piloti. Sui voli a corto raggio, invece, non sono richiesti membri d’equipaggio aggiuntivi. Di conseguenza, un evento medico di uno dei due piloti costringerebbe il pilota rimanente a svolgere da solo tutti i compiti dell’equipaggio di due persone, aumentando notevolmente il livello di stress. Considerate la situazione del vostro capitano colpito da un evento cardiaco, con un primo ufficiale giovane che si trova improvvisamente a dover gestire un carico di lavoro elevato per recuperare l’aeromobile e i passeggeri in sicurezza. Immaginate poi che lo stesso evento cardiaco si verifichi improvvisamente a bassa quota durante un’attività già ad alto carico di lavoro come il decollo o l’atterraggio. E poi aggiungete il maltempo. Uno scenario del genere potrebbe facilmente essere irrecuperabile e causare la morte di centinaia di persone.
La lettera prosegue sottolineando questa circostanza:
“… un attacco epilettico che crea un massiccio irrigidimento muscolare e scatti di grandi gruppi muscolari potrebbe essere catastrofico se il pilota fosse in fase di avvicinamento per l’atterraggio e stesse pilotando attivamente l’aereo a poche centinaia di metri dalla pista. Un pilota vaccinato che soffra di una crisi tonico-clonica in piena regola durante l’avvicinamento, tale da non riuscire a mantenere il controllo dell’aereo a poche centinaia di metri dalla pista, e che inavvertitamente e in modo incontrollato abbassi un’ala, causando così la carambola dell’aereo sulla pista al momento dell’atterraggio, probabilmente causerebbe non solo gravi lesioni e la morte di passeggeri innocenti, ma anche una scioccante responsabilità monetaria per la compagnia aerea e le compagnie assicurative, potenzialmente dell’ordine di centinaia di milioni di dollari”.
È qui che la mia esperienza personale, simile a quella di migliaia di altri dipendenti pubblici, diventa rilevante. Il 9 settembre 2021, il presidente Joe Biden ha firmato l’ordine esecutivo 14043 che richiedeva il vaccino covid per alcuni dipendenti federali e altri. Avevo già fatto tutte le mie ricerche personali, e anche l’insieme delle conoscenze disponibili già nell’estate del ’21 era pieno di segnalazioni di gravi effetti avversi e persino di decessi causati dall’iniezione di covid. Mi era facilmente chiaro che queste iniezioni erano tutt’altro che sicure ed efficaci, a dispetto di ciò che i principali organi di informazione e il governo ci propinavano.
Poco dopo la pubblicazione dell’ordine esecutivo, a me e ai miei colleghi della FAA fu chiesto di caricare in un database il nostro stato vaccinale. Io e molti altri abbiamo rifiutato. Poi abbiamo saputo che sarebbero state concesse delle esenzioni e ci è stato detto di avvisare i nostri diretti superiori della nostra intenzione di presentare una richiesta di esenzione. Ho informato il mio supervisore come da istruzioni. Poco dopo – tutte queste attività si sono svolte in un breve periodo di tempo, nell’autunno del 2021 – sono stato informato che era stato appena istituito un “periodo disciplinare”. Questo periodo disciplinare, ci è stato detto, doveva essere una serie di eventi di formazione con le risorse umane della FAA, con l’intento di costringere quelli di noi che non avevano intenzione di farsi sparare il siero a cambiare idea o a subire azioni disciplinari, fino al licenziamento.
Il governo ha poi alzato il tiro. Ho ricevuto due telefonate separate, una dal mio supervisore e l’altra dal mio rappresentante sindacale. In entrambe le telefonate mi è stato comunicato che se mi fossi ritirato per evitare il periodo disciplinare, mi sarebbe stato confiscato un importo non specificato della mia rendita pensionistica. E così, ecco la minaccia di Jab o Job. Avendone abbastanza di questa coercizione, preparai e presentai un pacchetto di pensionamento e quattro giorni dopo ero fuori dalla FAA. Mi fu comunicato che avevo saltato il periodo disciplinare per soli due giorni. A quanto pare, decenni di esperienza nei test di volo, migliaia di ore di volo su oltre 120 tipi di aeromobili, dieci diverse abilitazioni al volo e milioni di dollari investiti nel mio addestramento nel corso degli anni non hanno avuto alcun significato per l’amministrazione.
Forse siete qualcuno che non vola spesso, o addirittura non vola affatto. Pensate di non avere interesse in questa battaglia. Vi sbagliate. Immaginate che il pilota dell’aereo che vola sopra di voi, subito dopo il decollo dal vostro vicino aeroporto, abbia un incidente fatale di miocardite e si accasci sui comandi. A differenza della circostanza del recente incidente della Envoy Airlines, in cui l’altro membro dell’equipaggio – un controllore di linea di grande esperienza che quel giorno stava impartendo una formazione al capitano in addestramento – è stato in grado di recuperare l’aeromobile e di riportarlo ad un atterraggio sicuro, l’altro pilota dell’aeromobile sopra la vostra testa oggi non è stato in grado di farlo e l’aereo si è schiantato nel vostro quartiere. Siamo tutti a rischio. Il nostro Paese è sulla rotta sbagliata. La cabina di pilotaggio dell’aereo di Stato – diciamo così – non è occupata.
Parte 3 – L’insabbiamento
Che cosa facciamo ora? Abbiamo appreso che i piloti, gli assistenti di volo, i controllori del traffico aereo e altri professionisti dell’aviazione della nostra nazione sono stati costretti dalle loro compagnie o dal governo federale a sottoporsi alle iniezioni di Covid 19, pena la perdita del posto di lavoro per pensionamento forzato o addirittura il licenziamento.
Abbiamo poi appreso le conseguenze emergenti di questi obblighi. I professionisti dell’aviazione, insieme a milioni di altre persone nel mondo, stanno subendo gravi eventi cardiaci e persino la morte a causa di queste iniezioni. L’enfasi di questo articolo è sulla crescente frequenza con cui questi eventi si verificano specificamente nei piloti. L’effetto di un evento cardiaco grave che colpisce il vostro pilota in una fase critica del volo, come il decollo o l’atterraggio – eventi ad alto carico di lavoro vicino al suolo – può essere catastrofico per voi come passeggeri o persino per voi come persone innocenti a terra sotto la traiettoria di volo dell’aereo.
A causa del gran numero di piloti che non hanno superato le visite mediche di volo, che sono andati in invalidità a lungo termine o che si sono presentati al lavoro non idonei al volo dopo l’introduzione dello scatto, la comunità medica della FAA si è resa conto della comparsa di un nuovo problema. In questi casi, l’esame degli estremi può essere prezioso per l’analisi. Ad esempio, dato il tasso crescente di questi eventi medici nella forza dei piloti, l’estremo logico è che alla fine non ci saranno più abbastanza piloti per gestire le compagnie aeree nazionali. Di conseguenza, tutto il commercio aereo cesserebbe e il Paese potrebbe subire un lento arresto.
Per darvi un’idea della portata di questo problema, ricordate quanto il governo e le compagnie aeree erano entusiasti di annunciare che il 95%… no!… 98% dei nostri piloti sono vaccinati? Secondo le stime, l’80% dei piloti commerciali negli Stati Uniti ha fatto il vaccino. Secondo i dati della Federal Aviation Administration del 2022, in America ci sono poco più di 104.000 piloti commerciali. Senza trattamento (enfasi mia), in questo gruppo si prevede un tasso di mortalità di circa il 20% in due anni (N.d.T.: questo è il tasso di mortalità a 5 anni dopo un primo caso di miocardite – questo tasso è riportato in precedenti studi peer reviewed). Il tasso di mortalità atteso in cinque anni è molto più alto. I calcoli pubblici rivelano che, senza trattamento, potremmo perdere oltre 20.000 piloti. Avete prestato attenzione alle centinaia di articoli degli ultimi mesi relativi al fenomeno dei “morti improvvisi”? In base a ciò che avete letto, questo numero non vi sembra del tutto plausibile?
L’industria aeronautica contribuisce ampiamente all’economia mondiale. Se l’industria aeronautica dovesse vacillare, ne risentirebbero il commercio, il turismo, gli aiuti umanitari e persino il mercato del lavoro. Ogni anno vengono trasportati per via aerea trilioni di dollari di merci e un’enorme percentuale del traffico di commercio elettronico avviene per via aerea. È chiaro che l’impatto della perdita di un numero significativo di piloti nei prossimi anni sarebbe catastrofico. I piloti di linea esperti e sicuri sono difficili da sostituire.
La FAA se ne rende conto; di conseguenza, è necessario che sappiate di un nuovo sviluppo per quanto riguarda i requisiti dell’esame medico di volo della FAA. Il requisito per la parte dell’esame cardiaco della visita medica di volo riguardante la lunghezza consentita di un parametro chiamato intervallo PR (dall’inizio dell’onda P all’inizio del complesso QRS) è in vigore da decenni. Ora, però, la FAA ha allungato l’intervallo PR consentito a 300 ms e oltre. Si tratta di un cambiamento enorme per questo parametro!
Questo intervallo PR consentito molto più lungo, pubblicato nell’ottobre del 2022 secondo le indicazioni del sito web della FAA per gli esaminatori medici dell’aviazione, può mascherare problemi cardiaci importanti. (Nella figura si veda il grassetto che estende l’intervallo PR a 300 ms e oltre). Questa formulazione è apparsa per la prima volta nell’ottobre del 2022 ed è stata mantenuta fino alla revisione del 25 gennaio 2023. Questa modifica è stata effettuata completamente al di fuori della procedura di controllo prevista dal processo di Notice of Proposed Rule making (NPRM). Un cambiamento così importante, con conseguenze potenzialmente letali e catastrofiche sia per gli equipaggi che per i civili, è probabilmente criminale.
Fino a quando molti piloti non hanno iniziato a manifestare problemi cardiaci dopo aver ricevuto l’iniezione di Covid 19, questo non era mai stato un problema. Ma con un numero così elevato di equipaggi di volo in invalidità a lungo termine, con il mancato superamento delle visite mediche in volo e altri problemi, la FAA ha allungato l’intervallo. Ma ora, di fatto, un pilota ferito dal vaxx potrebbe superare una visita medica di volo, subire un evento cardiaco fatale il giorno successivo ed essere completamente in regola. In altre parole, un pilota potrebbe superare la visita medica di volo con un problema cardiaco importante, anche se subclinico, che aspetta solo di manifestarsi. Proprio lo scatto che il governo e le compagnie aeree hanno imposto ha fatto sì che il governo cercasse di nascondere il problema che aveva causato. Il problema? La FAA si rifiuta di riconoscere le lesioni da vaccino nei piloti e si rifiuta anche di riconoscere l’impatto dell’incapacità dei piloti a causa delle lesioni da vaccino sulle operazioni di volo. Un vero e proprio insabbiamento.
Epilogo
La buona notizia è che una volta identificato un problema in un pilota, questa persona ha ora delle opzioni. L’obiettivo di organizzazioni come gli US Freedom Flyers (US Freedom Flyers – We Stand For Medical Freedom!) e di vari professionisti del settore medico è quello di fornire a queste persone l’aiuto necessario per tornare a volare in sicurezza.
Si noti inoltre che i Freedom Flyers hanno in corso una causa contro la FAA per riparare a questo errore. Se volete donare al fondo per la causa, consultate la campagna GiveSendGo e aiutate la causa.
Di seguito è riportato un breve elenco dei diversi protocolli in uso e in fase di sviluppo.
I-Recover – Consultate la pagina del trattamento post-vaccino I-Recover per visualizzare un elenco completo di trattamenti per la sindrome post-vaccino. Questo documento fornisce anche un’ampia discussione sulle definizioni e sulle patologie delle lesioni da vaccino.
Un prodotto chiamato Cardio Miracle (cardiomiracle.com – nessuna affiliazione con l’autore) e altri integratori simili basati sull’ossido nitrico aiutano a risolvere i problemi di coagulazione, poiché l’ossido nitrico è essenziale per la flessibilità dei vasi sanguigni, l’aumento del flusso sanguigno e il rafforzamento dell’immunità.
Contropulsazione esterna potenziata (EECP) – Questa terapia si avvale di grandi bracciali applicati alla parte superiore e inferiore delle gambe. I bracciali si riempiono d’aria e comprimono le gambe. Prima si comprimono i polsini della parte inferiore delle gambe, poi quelli della parte superiore. I polsini rilasciano poi l’aria. Un computer programma le compressioni in modo che avvengano quando il cuore batte. Ad ogni spremitura, il sangue viene spinto verso il cuore. Sono disponibili numerosi articoli sull’EECP per le vostre ricerche personali.
Se state leggendo questo articolo e siete piloti affetti da questa patologia o conoscete qualcuno che lo è, o conoscete qualcuno che potrebbe trarre beneficio da questo tipo di trattamento, vi invitiamo a contattare un operatore sanitario di fiducia per verificare cosa potrebbe funzionare per voi o per qualcuno che conoscete. Se noi, come equipaggi di volo e passeggeri, riusciamo a diffondere la notizia al resto del pubblico che vola, possiamo contribuire efficacemente a ripristinare il livello di sicurezza del Sistema Nazionale dello Spazio Aereo a cui siamo stati abituati per decenni. Se non cambia nulla, è solo questione di tempo prima che si verifichi un grave disastro. Tuttavia, una volta che il problema sarà riconosciuto da una percentuale sufficientemente ampia di pubblico e che inizieranno le azioni correttive, insieme potremo riportare il nostro Sistema Aerospaziale Nazionale sulla giusta rotta.
Il direttore di volo dell’Apollo 13, Gene Krantz, e l’eccezionale team di centinaia di persone al Controllo Missione, nonché il coraggioso equipaggio, sono riusciti a riportare a terra in sicurezza tre astronauti. Tutti hanno riconosciuto il problema e hanno lavorato insieme per raggiungere l’obiettivo. Ora, però, stiamo assistendo a un insabbiamento di vaste proporzioni e implicazioni. Il governo e le compagnie aeree sono in realtà la causa di questa bomba a orologeria. America, abbiamo davvero un problema e dobbiamo risolverlo.
FONTE: https://evokeagents.blogspot.com/2023/02/stiamo-assistendo-un-insabbiamento-di.html
CULTURA
Arpocrate e l’arte del silenzio
La parola con le labbra mute. Arpocrate, il dio bambino del silenzio, inaugura una simbologia irresistibile per l’arte che ingiunge di tacere ai monaci e ai burocrati. Il silenzio percorre diversamente la reggia e il chiostro, rimarginando le labbra della parola incontinente.
Ancestralmente, il tacere è avvertito come gesto virile, adeguato cioè al cacciatore e al pescatore che l’uomo primitivo doveva essere. Alla donna spettava invece il pane sociale della parola, spezzato nel villaggio per comporre rapporti e badare alla prole. Il silenzio è perciò raffigurato al maschile, da Arpocrate in poi, lasciando ad Angerona il tacere che contiene i segreti amorosi o il nome segreto di Roma (Amor per Giovanni Pascoli): l’Urbe sarebbe caduta nella signoria del nemico che l’avesse pronunciato. Costola tratta dal silenzioso costato di Adamo, la donna venne secolarmente accusata d’essere ciarliera. Specie a lei, l’Islam e il Cristianesimo raccomandano la continenza della parola, frenando a somiglianza della Vergine Maria il lamento funebre o la chiacchiera da mercato (Aurelio Agostino, De Virginibus).
Nell’arte egizia (anche geroglifica) il signum arpocraticum indica l’età infantile di chi porti l’indice destro alla bocca. Così fa Arpocrate, figlio di Iside e Osiride. Plutarco ne rilegge il gesto a comando del tacere, inaugurando un simbolismo irresistibile. Secondo Pierio Valeriano i latini “recavano scolpita nell’anella la figura di Arpocrate, acciò con quella mostrassero la secretezza de’ lor negotij”. Del pallido Arpocrate, la chiesa romana di santa Maria in Trastevere (XI sec.) conserva venti teste risalenti all’età imperiale, incistate nei capitelli ionici. Ma presso i Romani il tacito dio, che governa sui morti, incoraggia specie al silenzio misterico: diffida cioè l’iniziato dal rivelare quanto appreso durante il rito.
Sciolto da Arpocrate, il signum arpocraticum acquista autonomia, adeguandosi alle controverse esigenze della fede cristiana, zelante nella predicazione. Il tacere rigetta allora gli incanti del mondo e la sua diabolica seduzione per ascoltare Dio nei silenzi claustrali. Gli ingressi di refettorio, chiostro, dormitorio riferiscono artisticamente i santi Benedetto, Francesco o Pietro Martire mentre impongono ai monaci il gesto che fu di Arpocrate. Chi si lasci aprire la bocca dalle ciarle o dallo stupore consente al Maligno di rapirgli l’anima da quel varco. Già i salmodianti copti della cappella XXVIII di Baouit (Il Cairo, VI sec.) si dispongono con la destra alla preghiera, coprendosi trasversalmente la bocca con l’indice mancino. Echeggiando il salmo 140, gli oranti serrano le labbra alle incursioni del demonio. Orientato diversamente, il signum arpocraticum non proibisce più l’uscita ma l’ingresso. La paganità cede i suoi simboli al Cristianesimo che ne ricalibra il senso.
Al giovane Arpocrate succede il santo venerato, sul divieto di parlare all’esterno vince quello di consentire l’entrata per os al Maligno. La composta serenità delle Sacre Conversazioni rafforza il comandamento, offrendo al devoto la visione di un eletto dialogo che ha le labbra rimarginate dal misticismo. Oltre ai rari predicatori affrescati, l’arte di questi secoli apre la bocca solo ai dannati dal Giudizio Universale perché il muto urlo susciti echi angosciosi. Vincere gli slanci della carne, ridurre persino la preghiera a gesto mentale sono le quotidiane battaglie del monaco.
Tra i santi affrescati che ingiungono il silenzio Laura Del Prà ne elegge uno a mediatore tra l’iconografia monastica e quella laica del tacere. Alla metà del Quattrocento Benozzo Gozzoli incluse il ritratto del maestro di Duns Scoto nei ventitré personaggi dell’ordine serafico, dipinti sulla parete absidale di san Francesco a Montefalco. Agito dal monaco, però, il signum arpocraticum “vuole piuttosto valorizzare la forza speculativa dell’importante Francescano e, a questo fine, viene utilizzato lo stesso motivo iconografico”. Il gesto che fu di Arpocrate è prossimo ad un altro slittamento, questa volta in ambito umanistico.
Il Quattrocento recupera la figura del dio egizio grazie al ritrovato testo di Plutarco, il De Iside et Osiride, cui Angelo Poliziano dedica un’opera omonima. Pur senza istituire un silenzio laico per contraccolpo da quello cristiano, l’Umanesimo invecchia iconograficamente il giovane Arpocrate nelle posture del sapiente, già care all’arte antica. “Sull’esempio precoce del Petrarca, che accomunava la vita dello studioso alla vita solitaria, e con la traduzione in immagine di questo ideale, impersonato da san Girolamo immerso nel silenzio del suo studio tra libri e materiale scrittorio – continua Del Prà – matura un’interpretazione del gesto dell’indice sulle labbra diversa da quella consegnataci dall’iconografia cristiana”.
Il signum concesso da Arpocrate al santo che indiceva il silenzio viene ora assunto dal saggio, incanutito nella solitudine. Egli personifica un nuovo tacere, esterno al monastero. Nel 1618 Cesare Ripa lo descrive “Homo vecchio, il quale si tenga un dito alle labbra della bocca, et appresso vi sarà un’oca con un sasso in bocca. Perche l’età senile persuade facilmente il silentio, come quella che confida più ne’ meriti, e nella fama acquistata, che nelle parole, si fa il silentio da alcuni di questa età. L’oca è molto dedita al continuo stridere, et cingottire con molta garrulità, però tenendo il sasso in bocca, c’insegna che non ci trovando noi atti a parlare in modo, che non possiamo acquistare lode, dobbiamo tacere più tosto”. Talora all’oca succede una gru cui la pietra scivola delle zampe, destandola qualora si assopisca.
La vigilanza è assegnata al silenzio anche nella forma di una lucerna notturna. Ma è Vincenzo Cartari a compiere in questa direzione l’iconografia del silenzio vigile con le Immagini delli dei de gli antichi (Venezia 1556). Tra queste Arpocrate, ormai adulto, ha il corpo cosparso di occhi e orecchie per contrarre la parola quanto dilata l’ascolto, il vedere. Nella Ciropedia già Senofonte attribuiva al sovrano i molti occhi e le molte orecchie che ugualmente Elisabetta I esibisce nel cosiddetto ritratto dell’arcobaleno. Si coagula così la laica soluzione del silenzio, intento al mondo di cui non è più il rifiuto.
Affrancato dalle figurazioni di Arpocrate, il suo autonomo gesto è suscettibile di orientamenti storici diversi: da imposizione misterica, l’indice alla bocca si traduce così in ammonimento claustrale contro il Maligno. Ma l’Umanesimo recupera alla laicità l’interpretazione più antica del signum, riallineando sapienza, vigilanza e segretezza. A questa nuova metamorfosi di senso si incrociano le letture neopitagoriche e neoplatoniche del silenzio. La prima, sostenuta da Pico della Mirandola, ritrova nel tacere l’iniziatico atteggiamento del sapiente raffigurato nel suo studio. A questa visione è controcanto il tacere neoplatonico di Marsilio Ficino: non più esercizio preliminare ma finale ammissione, “la verità essendo ineffabile”. Figura di questo silenzio è l’Ermes seminudo che si ri-vela nel breve momento del rito. Nel Corpus Hermeticus “egli vide il tutto e, avendo visto, comprese e, avendo compreso fu in grado di svelare e mostrare: scrisse quello che aveva conosciuto e, dopo averlo scritto, lo nascose. Preferì infatti tenere un rigoroso silenzio sulla maggior parte di questi misteri piuttosto che rivelarli, perché ogni epoca, venuta alla luce successivamente al cosmo, li cercasse”.
Delle due iconografie (l’anziano ed Ermes) la prima, ricalcando l’immagine del sapiente antico, viene eletta a promuovere la virtù del silenzio nei luoghi di governo. Tacere è segno di partecipazione al potere, che commissiona figurazioni del silenzio entro i propri spazi. Al Palazzo Pubblico bolognese, la Sala da pranzo degli Anziani aveva il camino ornato dal silenzio personificato nel 1569 accanto alla vigilanza: “viene ricordato ai frequentatori di tale ambiente che la tutela della res publica è connessa direttamente alla riservatezza dei suoi governanti”. Ugualmente, all’interno del Palazzo Vaticano, la Sala Vecchia degli Svizzeri rammenta in immagine il silere a quanti veglino sul pontefice. Affianca il tacere, definitivamente barbuto e vegliardo, una gru che reca il sasso nel becco. Da spirituale che era, la virtù accede alla laica condotta dei governanti, confermandosi però alta rispetto al popolino vociante per le piazze.
La fortuna iconografica del signum arpocraticum ne varrà la consunzione simbolica. Adottato in contesti figurativi prima estranei, specie nel Seicento, diventa infatti l’ornamentale gesto di un putto che raccomanda di non interrompere la scena dipinta. È il caso del Cristo servito dagli Angeli (1629) eseguito da Giovanni da san Giovanni nel Refettorio della Badia Fiesolana presso Firenze. L’anzianità e il dito alla bocca fecero convergere il silenzio verso la figura di Cronos e persino verso quella femminile della Morte. Si pensi al Silenzio di Johann Heinrich Fussli (1741-1825).
L’arte funeraria colonizza infine il signum arpocraticum, ormai orfano di ogni intensità iconografica. Talora formulato in figure muliebri o ambiguamente velate, raccomanda che i vivi tacciano davanti al pur indisturbato silenzio dei morti. “Con ciò il dito, portato alle labbra dalle dolenti figure scolpite sui sepolcri, segna una fase di eclissi di un simbolismo in altri tempi ben più complesso”. Il tacere si dispone così come attributo escatologico della Notte o della Morte, prima e dopo la parola e il parlante.
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Per approfondire
Su questo sito: Silenzio, il centro vuoto su cui ruota la parola;
Laura Del Prà Il gesto del silenzio nell’arte figurativa, in AA.VV., Le forme del silenzio e della parola, atti del convegno tenuto a Trento nell’ottobre 1987, a cura di Massimo Baldini e Silvano Zucal, Brescia 1989;
Ernesto de Martino, Morte e pianto rituale del mondo antico: dal lamento pagano al pianto di Maria, Torino 1958;
Roberto Mancini, I guardiani della voce: lo statuto della parola e delsilenzionell’Occidente medievale e moderno, Roma 2002;
Roberto Mancini, La lingua degli dei: il silenzio dall’antichità al Rinascimento, Costabissara 2008;
Cesare Ripa, Nova Iconologia, Padova 1618. Edizione a cura di Piero Buscaroli, Torino 1986.
FONTE: https://ioprimadime.com/arpocrate-arte-silenzio
CYBERWAR SPIONAGGIO INFORMAZIONE DISINFORMAZIONE
Mega Group, Maxwells e Mossad: la storia di spionaggio al centro dello scandalo Jeffrey Epstein
Questo articolo è stato originariamente pubblicato su MintPress News .
In qualità di pedofilo miliardario e presunto trafficante di sesso, Jeffrey Epstein è in prigione, continuano ad emergere rapporti sui suoi rapporti con l’intelligence, i suoi legami finanziari con diverse società e fondazioni “di beneficenza” e le sue amicizie con i ricchi e potenti così come massimi politici.
Mentre la parte I e la parte II di questa serie, “The Jeffrey Epstein Scandal: Too Big to Fail”, si sono concentrate sulla natura diffusa delle operazioni di ricatto sessuale nella recente storia americana e sui loro legami con le vette del potere politico americano e l’intelligence statunitense comunità, un aspetto chiave dell’operazione di traffico sessuale e ricatto di Epstein che merita un esame sono i legami di Epstein con l’intelligence israeliana e i suoi legami con la fazione filantropica filo-israeliana “informale” nota come “il Mega Gruppo”.
Il ruolo del Mega Group nel caso Epstein ha attirato una certa attenzione, poiché il principale mecenate finanziario di Epstein per decenni, il miliardario Leslie Wexner, è stato un co-fondatore del gruppo che unisce diversi noti uomini d’affari con un debole per Israele ed etno- filantropia (cioè filantropia a beneficio di un singolo gruppo etnico o etnico-religioso). Tuttavia, come mostrerà questo rapporto, un altro fattore di unione tra i membri del Mega Group sono i profondi legami con la criminalità organizzata, in particolare la rete criminale organizzata discussa nella Parte I di questa serie, che era in gran parte guidata dal famigerato mafioso americano Meyer Lansky.
In virtù del ruolo di molti membri del Mega Group come principali donatori politici sia negli Stati Uniti che in Israele, molti dei suoi membri più importanti hanno stretti legami con i governi di entrambi i paesi e con le loro comunità di intelligence. Come mostreranno questo rapporto e un rapporto successivo, il Mega Group aveva anche stretti legami con due uomini d’affari che lavoravano per il Mossad israeliano — Robert Maxwell e Marc Rich — così come con i massimi politici israeliani, inclusi primi ministri del passato e del presente con profondi legami con La comunità dell’intelligence israeliana.
Uno di quegli uomini d’affari che lavorano per il Mossad, Robert Maxwell, sarà discusso a lungo in questo rapporto. Maxwell, che era un socio in affari del co-fondatore del Mega Group Charles Bronfman, ha aiutato il riuscito complotto del Mossad per piantare una botola nel software creato negli Stati Uniti che è stato poi venduto a governi e aziende di tutto il mondo. Il successo di quel complotto fu in gran parte dovuto al ruolo di uno stretto collaboratore dell’allora presidente Ronald Reagan e di un politico americano vicino a Maxwell, che in seguito aiutò Reagan a coprire lo scandalo Iran Contra.
Anni dopo, la figlia di Maxwell, Ghislaine Maxwell, si sarebbe unita alla “cerchia ristretta” di Jeffrey Epstein nello stesso momento in cui Epstein stava finanziando un programma software simile ora commercializzato per infrastrutture elettroniche critiche negli Stati Uniti e all’estero. Quella società ha legami profondi e preoccupanti con l’intelligence militare israeliana, i soci dell’amministrazione Trump e il Mega Group.
Epstein sembra avere legami con l’intelligence israeliana e ha legami ben documentati con influenti politici israeliani e il Mega Group. Tuttavia, quelle entità non sono isolate in sé e per sé, poiché molte si collegano anche alla rete della criminalità organizzata e ai potenti presunti pedofili discussi nelle puntate precedenti di questa serie.
Forse il miglior esempio di come le connessioni tra molti di questi giocatori spesso si fondono insieme può essere visto in Ronald Lauder: un membro del Mega Group, ex membro dell’amministrazione Reagan, donatore di lunga data del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu e del partito israeliano Likud, nonché amico di lunga data di Donald Trump e Roy Cohn.
Da erede della cosmesi a attore politico
Un cliente spesso trascurato ma famoso e amico di Roy Cohn è il miliardario erede della fortuna dei cosmetici Estee Lauder, Ronald Lauder. Lauder è spesso descritto dalla stampa come un “eminente filantropo ebreo” ed è il presidente del World Jewish Congress, ma i suoi numerosi profili mediatici tendono a tralasciare il suo passato altamente politico.
In una dichiarazione rilasciata da Lauder alla giornalista del New York Times Maggie Haberman nel 2018, l’erede dei cosmetici ha osservato di conoscere Trump da oltre 50 anni, risalendo almeno ai primi anni ’70. Secondo Lauder, la sua relazione con Trump è iniziata quando Trump era uno studente alla Wharton School dell’Università della Pennsylvania, frequentata anche da Lauder.
Sebbene la natura esatta della loro prima amicizia non sia chiara, è evidente che condividevano molte delle stesse connessioni, incluso l’uomo che in seguito li avrebbe considerati entrambi suoi clienti, Roy Cohn. Sebbene si sia detto molto sui legami tra Cohn e Trump, Cohn era particolarmente vicino alla madre di Lauder, Estee Lauder (nata Josephine Mentzer). Estee è stato persino annoverato tra gli amici di più alto profilo di Cohn nel suo necrologio del New York Times .
Una piccola finestra sulla relazione Lauder-Cohn è emersa brevemente in un articolo del 2016 su Politico su una cena del 1981 tenutasi nella casa del fine settimana di Cohn a Greenwich, nel Connecticut. Alla festa hanno partecipato i genitori di Ronald Lauder, Estee e Joe, così come Trump e la sua allora moglie Ivana, che hanno trascorso un fine settimana a casa a sole due miglia di distanza. Quella festa si tenne subito dopo che Cohn aveva aiutato Reagan ad assicurarsi la presidenza e aveva raggiunto l’apice della sua influenza politica. Alla festa, Cohn ha offerto brindisi a Reagan e all’allora senatore di New York Alfonse D’Amato, che in seguito avrebbe esortato Ronald Lauder a candidarsi per una carica politica.
Due anni dopo, nel 1983, Ronald Lauder – la cui unica esperienza professionale a quel punto era lavorare per l’azienda di cosmetici dei suoi genitori – fu nominato Vice Assistente del Segretario alla Difesa degli Stati Uniti per gli affari europei e della NATO. Subito dopo la sua nomina, ha fatto parte del Dinner Tribute Committee per una cena organizzata dall’organizzazione ebrea fraterna e fortemente filo-israeliana B’nai B’rith, l’organizzazione madre della controversa Anti-Defamation League (ADL), in Roy Cohn’s onore. L’influente padre di Cohn, Albert Cohn, era il presidente di lunga data del potente capitolo New England-New York di B’nai B’rith e lo stesso Roy Cohn era un membro della B’nai B’rith’s Banking and Finance Lodge.
La cena ha cercato specificamente di onorare Cohn per la sua difesa filo-israeliana e i suoi sforzi per “fortificare” l’economia israeliana, e i suoi presidenti onorari includevano il magnate dei media Rupert Murdoch, Donald Trump e l’allora capo di Bear Stearns Alan Greenberg, tutti collegati a Jeffrey Epstein.
Durante il suo periodo come vice assistente segretario alla difesa, Lauder era anche molto attivo nella politica israeliana ed era già diventato un alleato dell’allora rappresentante israeliano alle Nazioni Unite e futuro primo ministro di Israele, Benjamin Netanyahu. Lauder sarebbe diventato uno degli individui più importanti nell’ascesa al potere di Netanyahu, in particolare durante la sua sconvolta vittoria nel 1996, e uno dei principali finanziatori del partito israeliano di destra Likud.
Nel 1986, l’anno in cui Roy Cohn morì, Lauder lasciò il suo incarico al Pentagono e divenne ambasciatore degli Stati Uniti in Austria, dove il suo mandato fu plasmato dai suoi scontri con l’allora presidente austriaco ed ex collaboratore nazista, Kurt Waldheim. L’interesse di Lauder per la politica austriaca è continuato negli ultimi anni, culminando nelle accuse di aver cercato di manipolare le elezioni austriache nel 2012.
Dopo aver lasciato il suo ambasciatore, Lauder fondò la Ronald S. Lauder Foundation nel 1987 e in seguito si candidò a sindaco di New York contro Rudy Giuliani nel 1989. Lauder fu incoraggiato a candidarsi dall’allora senatore Alfonse D’Amato, che aveva stretti legami con a Roy Cohn e al suo partner legale di lunga data Tom Bolan, che era il consigliere di D’Amato . Alla suddetta cena B’nai B’rith del 1983 in onore di Cohn, D’Amato era l’oratore in primo piano.
La probabile ragione era che Giuliani, sebbene un tempo alleato della “macchina di Roy Cohn”, all’epoca era profondamente antipatico ai soci del defunto Cohn per aver perseguito l’ex partner legale di Cohn, Stanley Friedman, per racket, cospirazione e altre accuse. Giuliani ha avuto anche una storia di aspri dissapori con D’Amato. La campagna principale di Lauder, sebbene infruttuosa, è stata notata per la sua cattiveria e il suo costo, poiché ha bruciato più di 13 milioni di dollari.
Pochi anni dopo, all’inizio degli anni ’90, Lauder si sarebbe unito a un gruppo di recente formazione che ha a lungo eluso il controllo dei media ma che recentemente è diventato interessante in relazione allo scandalo Jeffrey Epstein: il Mega Group.
Lauder, Epstein e il misterioso passaporto austriaco
Prima di arrivare al Mega Group, vale la pena notare un atto particolare apparentemente compiuto da Lauder mentre era ambasciatore degli Stati Uniti in Austria che è recentemente venuto alla luce in relazione all’arresto all’inizio di luglio di Jeffrey Epstein, un ritrovamento riportato per la prima volta dal giornalista Edward Szall. Quando la polizia ha recentemente scoperto un passaporto austriaco con la foto di Epstein e un nome falso dopo aver fatto irruzione nella sua residenza di Manhattan, la fonte e lo scopo del passaporto sono stati esaminati dai media.
Secondo l’ Associated Press , gli avvocati difensori di Epstein sostenevano specificamente che “un amico glielo aveva dato [Epstein] negli anni ’80 dopo che ad alcuni ebrei americani era stato informalmente consigliato di portare con sé un documento d’identità con un nome non ebraico quando viaggiavano all’estero durante un periodo in cui i dirottamenti erano più comuni”. Questa affermazione sembra essere correlata alle preoccupazioni seguite al dirottamento del volo Air France 139 nel 1976, quando gli ostaggi israeliani ed ebrei furono separati da altri ostaggi in gran parte sulla base dei passaporti in loro possesso.
Dato che Epstein non era in grado di soddisfare i requisiti convenzionali per un passaporto austriaco, inclusa la residenza a lungo termine in Austria (il passaporto lo indica come residente in Arabia Saudita) e la padronanza della lingua tedesca, sembra che l’unico modo per acquisire un passaporto austriaco il passaporto era con mezzi non convenzionali , il che significava l’assistenza di un funzionario austriaco ben collegato o di un diplomatico straniero con influenza in Austria.
Lauder, allora ambasciatore in Austria per l’amministrazione Reagan, sarebbe stato ben posizionato per acquisire un tale passaporto, in particolare per il motivo addotto dagli avvocati di Epstein secondo cui gli ebrei americani potrebbero essere presi di mira durante il viaggio, e alla luce delle preoccupazioni molto pubbliche di Lauder per le minacce che gli ebrei affrontano da alcuni gruppi terroristici. Inoltre, il passaporto era stato rilasciato nel 1987, quando Lauder prestava ancora servizio come ambasciatore.
Inoltre, Lauder era ben collegato all’ex mecenate di Epstein – l’ex capo di Bear Stearns Alan Greenberg, che aveva assunto Epstein alla fine degli anni ’70 subito dopo che quest’ultimo era stato licenziato dalla Dalton School – e Donald Trump, un altro amico di Lauder e Greenberg. che iniziò la sua amicizia con Epstein nel 1987, lo stesso anno in cui fu rilasciato il falso passaporto austriaco. Nel 1987, Epstein iniziò anche la sua relazione con il suo principale finanziere, Leslie Wexner, che è anche strettamente associato a Lauder (sebbene alcune fonti affermino che Epstein e Wexner si incontrarono per la prima volta nel 1985 ma che il loro forte rapporto d’affari non fu stabilito fino al 1987).
Sebbene l’avvocato difensore di Epstein abbia rifiutato di rivelare l’identità dell'”amico” che gli ha fornito il falso passaporto austriaco, Lauder era sia ben posizionato per acquisirlo in Austria sia anche profondamente legato al Mega Group, che è stato co-fondato da Epstein patron Leslie Wexner e con cui Epstein ha molti legami. Questi collegamenti sia con il governo austriaco che con il mentore di Epstein rendono Lauder la persona più probabile che abbia acquisito il documento per conto di Epstein.
Inoltre, i legami di Epstein e del Mega Group con l’agenzia di intelligence israeliana, il Mossad, suggeriscono anche che Lauder fosse coinvolto nell’ottenere il passaporto, alla luce dei suoi stretti legami con il governo israeliano e del fatto che il Mossad ha una storia di utilizzo di ambasciatori all’estero per procurarsi falsi passaporti stranieri per i suoi agenti.
Lo stesso Lauder è stato accusato di avere legami con il Mossad, poiché è un finanziatore di lunga data dell’IDC Herzliya, un’università israeliana strettamente associata al Mossad e ai suoi reclutatori, nonché all’intelligence militare israeliana. Lauder ha persino fondato la Lauder School of Government, Diplomacy and Strategy dell’IDC Herzliya.
Inoltre, Lauder ha co-fondato la rete di trasmissione dell’Europa orientale CETV con Mark Palmer, un ex diplomatico statunitense, aiutante di Kissinger e scrittore di discorsi di Reagan. Palmer è meglio conosciuto per aver co-fondato il National Endowment for Democracy (NED), un’organizzazione spesso descritta come un accessorio dell’intelligence statunitense, e il cui primo presidente ha confessato al Washington Post che “molto di ciò che facciamo oggi è stato fatto di nascosto 25 anni fa dalla CIA”. Un rapporto del 2001 sull’Evening Standard ha rilevato che Epstein una volta ha affermato di aver lavorato per la CIA negli anni ’80, ma in seguito Epstein si è allontanato da tale affermazione.
Le origini del Mega Gruppo Mafioso
Il Mega Group – un gruppo segreto di miliardari a cui appartiene Lauder – è stato formato nel 1991 da Charles Bronfman e Leslie Wexner, l’ultimo dei quali ha ricevuto un notevole controllo da parte dei media dopo l’arresto di luglio del suo ex protetto Jeffrey Epstein. I profili dei media del gruppo lo dipingono come “un club vagamente organizzato di 20 degli uomini d’affari ebrei più ricchi e influenti della nazione” incentrato su “filantropia ed ebraicità”, con quote associative superiori a $ 30.000 all’anno. Eppure molti dei suoi membri più importanti hanno legami con la criminalità organizzata.
I membri del Mega Group hanno fondato e/o sono strettamente associati ad alcune delle più note organizzazioni filo-israeliane. Ad esempio, i membri Charles Bronfman e Michael Steinhardt hanno formato Birthright Taglit con il sostegno dell’allora e attuale primo ministro Benjamin Netanyahu. Steinhardt, un ateo, ha affermato che la sua motivazione nell’aiutare a fondare il gruppo era di far avanzare la propria convinzione che la devozione e la fede nello stato di Israele dovrebbero servire come “un sostituto della teologia [ebraica]”.
Altri noti gruppi associati al Mega Group includono il World Jewish Congress – il cui ex presidente, Edgar Bronfman, e l’attuale presidente, Ronald Lauder, sono entrambi membri del Mega Group – e B’nai B’rith, in particolare il suo noto spin-off come l’Anti-Defamation League (ADL). I fratelli Bronfman sono stati i principali donatori dell’ADL, con Edgar Bronfman che è stato vicepresidente nazionale onorario dell’ADL per diversi anni.
Quando Edgar Bronfman è morto nel 2013, Abe Foxman, direttore di lunga data dell’ADL , ha dichiarato : “Edgar è stato per molti anni presidente della nostra divisione dell’industria dei liquori, presidente del nostro appello a New York e uno dei nostri più importanti benefattori”. Altri membri del Mega Group che sono donatori e grandi sostenitori dell’ADL includono Ronald Lauder , Michael Steinhardt e il defunto Max Fisher . Come accennato in precedenza, il padre di Roy Cohn era un leader di lunga data dell’influente capitolo New England-New York di B’nai B’rith e Cohn fu in seguito un celebre membro della sua loggia bancaria e finanziaria.
Inoltre, i membri del Mega Group sono stati anche attori chiave nella lobby filo-israeliana negli Stati Uniti. Ad esempio, Max Fisher del Mega Group ha fondato la National Jewish Coalition, ora nota come Republican Jewish Coalition, il principale gruppo di lobbying politico neoconservatore pro-Israele , noto per il suo sostegno alle politiche da falco, e i cui attuali principali sostenitori, Sheldon Adelson e Bernard Marcus, sono tra i principali donatori di Donald Trump.
Sebbene il Mega Group esista ufficialmente solo dal 1991, l’uso della “filantropia” per fornire copertura a lobby o attività commerciali senza scrupoli è stato sperimentato decenni prima da Sam Bronfman, il padre dei membri del Mega Group Edgar e Charles Bronfman. Mentre altre élite nordamericane come JD Rockefeller avevano precedentemente utilizzato le donazioni filantropiche come mezzo per riciclare la propria reputazione, l’approccio di Bronfman alla filantropia era unico perché si concentrava sul dare specificamente ad altri membri del suo background etnico-religioso.
Sam Bronfman, come è stato dettagliato nella parte I di questa serie, aveva legami profondi di lunga data con il crimine organizzato, in particolare il sindacato del crimine organizzato di Meyer Lanksy. Tuttavia, l’ambizione privata di Bronfman, secondo quelli a lui vicini, era quella di diventare un membro rispettato dell’alta società. Di conseguenza, Bronfman ha lavorato duramente per rimuovere la macchia che le sue associazioni mafiose avevano lasciato sulla sua reputazione pubblica in Canada e all’estero. Ha ottenuto questo risultato diventando un leader nel movimento sionista canadese e, alla fine degli anni ’30, era a capo del Canadian Jewish Congress e aveva iniziato a farsi un nome come filantropo per cause ebraiche.
Eppure anche parte dell’attivismo e della filantropia di Bronfman avevano accenni alla reputazione da mafioso che si sforzava così tanto di scrollarsi di dosso. Ad esempio, Bronfman è stato attivamente coinvolto nella spedizione illegale di armi ai paramilitari sionisti in Palestina prima del 1948, in particolare come co-fondatore della Conferenza nazionale per la riabilitazione israeliana ed ebraica che ha contrabbandato armi al gruppo paramilitare Haganah.
Mentre Bronfman favoriva il contrabbando illegale di armi all’Haganah, i suoi associati nel mondo criminale facevano lo stesso. Dopo la seconda guerra mondiale, stretti collaboratori di David Ben-Gurion, che in seguito sarebbe diventato il primo primo ministro di Israele e che fu determinante nella fondazione del Mossad, instaurarono rapporti stretti con Meyer Lansky, Benjamin “Bugsy” Siegel, Mickey Cohen e altri gangster ebrei dell’epoca. Hanno usato le loro reti clandestine per stabilire una vasta rete di contrabbando di armi tra gli Stati Uniti e gli insediamenti sionisti in Palestina, armando sia l’Haganah che i gruppi paramilitari dell’Irgun. Come notato nella Parte I di questo rapporto, allo stesso tempo questi gangster stavano aiutando l’armamento illegale dei paramilitari ZIonsit, stavano rafforzando i loro legami con l’intelligence USA che erano stati formalmente (anche se segretamente) stabiliti per la prima volta durante la Seconda Guerra Mondiale.
Dopo la fondazione di Israele, Sam Bronfman ha lavorato con il futuro primo ministro israeliano Shimon Peres per negoziare la vendita di armamenti canadesi a metà prezzo a Israele e l’acquisto di armi a buon mercato è stato pagato interamente da una cena di raccolta fondi organizzata da Bronfman e sua moglie. Molti anni dopo, Peres avrebbe continuato a presentare a Jeffrey Epstein un altro futuro primo ministro di Israele, Ehud Barak.
Il resto della marcia della famiglia Bronfman sulla “strada verso la rispettabilità” è stata intrapresa dai figli di Bronfman, che si sono sposati in famiglie aristocratiche come i Rothschild europei e la “realità” di Wall Street dei Lehman e dei Loeb .
La ritrovata rispettabilità dei Bronfman non significava che la loro associazione con l’impero criminale guidato da Lansky si fosse dissolta. In effetti, membri di spicco della dinastia Seagrams sono stati presi di mira negli anni ’60 e ’70 per la loro stretta associazione con Willie “Obie” Obront, una figura importante nella criminalità organizzata canadese, che il professore canadese Stephen Schneider ha definito il Meyer Lansky del Canada.
Tuttavia, Edgar e Charles Bronfman non erano certo gli unici membri del Mega Group con legami profondi e di lunga data con il National Crime Syndicate guidato da Lansky. In effetti, uno dei membri di spicco del gruppo, il gestore di hedge fund Michael Steinhardt, ha parlato dei suoi legami familiari con Lansky nella sua autobiografia No Bull: My Life in and out the Markets , dove ha notato che suo padre, Sol “Red McGee” Steinhardt, era il recinto preferito di Lansky e uno dei principali attori della malavita criminale di New York. Sol Steinhardt è stato anche il primo cliente di suo figlio a Wall Street e lo ha aiutato a dare il via alla sua carriera nella finanza.
I legami tra il Mega Group e il National Crime Syndicate non si fermano qui. Un altro membro di spicco del Mega Group con legami con questa stessa rete criminale è Max Fisher, che è stato descritto come il mentore di Wexner e si presume abbia anche lavorato con la “Purple Gang” di Detroit durante il proibizionismo e oltre. La Purple Gang faceva parte della rete che contrabbandava il liquore Bronfman dal Canada negli Stati Uniti durante il proibizionismo, e uno dei suoi fondatori, Abe Bernstein, era uno stretto collaboratore sia di Meyer Lansky che di Moe Dalitz. Fisher è stato un consigliere chiave di diversi presidenti degli Stati Uniti, a cominciare da Dwight D. Eisenhower, così come di Henry Kissinger.
Oltre a Fisher, il membro del Mega Group Ronald Lauder era collegato a Roy Cohn e Tom Bolan, entrambi strettamente associati a questa stessa rete criminale guidata da Lansky (vedi Parte I e Parte II) e che rappresentavano regolarmente i massimi esponenti della mafia in tribunale . . Inoltre, un altro membro del Mega Group, il regista Steven Spielberg, è un noto protetto di Lew Wasserman, il magnate dei media legato alla mafia e sostenitore di lunga data del film di Ronald Reagan e della successiva carriera politica, discusso nella parte II di questa serie .
Una connessione a sorpresa con Cohn coinvolge il membro del Mega Group ed ex presidente della società di armi statunitense General Dynamics, Lester Crown, il cui cognato è David Schine, confidente di Cohn e presunto amante durante le udienze di McCarthy, la cui relazione con Cohn ha contribuito a far nascere la caduta del maccartismo.
Un altro membro del Mega Group degno di nota è Laurence Tisch, proprietario di CBS News per diversi anni e fondatore di Loews Corporation. Tisch è noto per il suo lavoro per l’Office of Strategic Services (OSS), il precursore della CIA, dove ha prestato servizio anche Donald Barr, che ha assunto Epstein alla Dalton School e che ha stretto legami con l’impero criminale di Lansky durante la seconda guerra mondiale.
Le ville di Wexner e l’omicidio di Shapiro
Anche Leslie “Les” Wexner, l’altro co-fondatore del Mega Group, ha legami con la criminalità organizzata. I legami di Wexner con Jeffrey Epstein sono stati esaminati in seguito al recente arresto di quest’ultimo, poiché Wexner era l’unico cliente pubblicamente riconosciuto dell’hedge fund sospetto di Epstein, la fonte di gran parte di questa ricchezza, e il precedente proprietario della residenza di Manhattan da 56 milioni di dollari di Epstein, che Wexner trasferito gratuitamente a un’entità controllata da Epstein.
Prima che Epstein ricevesse la casa a schiera, Wexner sembra aver utilizzato la residenza per alcuni scopi non convenzionali, notato in un articolo del New York Times del 1996 sulla residenza allora di proprietà di Wexner, che includeva “un bagno che ricorda i film di James Bond: nascosto sotto una scala , rivestita di piombo per ripararsi dagli attacchi e dotata di schermi televisivi a circuito chiuso e di un telefono, entrambi nascosti in un armadietto sotto il lavandino. L’ articolo del Times non ipotizza lo scopo di questa attrezzatura, anche se l’allusione alla famosa superspia immaginaria James Bond suggerisce che potrebbe essere stata usata per spiare gli ospiti o condurre sorveglianza elettronica.
L’ articolo del Times del 1996 osservava anche che, dopo che Wexner acquistò la residenza per 13,2 milioni di dollari nel 1989, spese altri milioni per decorare e arredare la casa, inclusa l’aggiunta di apparecchiature elettroniche nel bagno di “James Bond”, solo per apparentemente non viverci mai. Esso. Il Times , che ha intervistato Epstein per il pezzo, lo ha citato dicendo che “Les non ha mai trascorso più di due mesi lì”. Epstein ha detto al Times , che ha identificato Epstein come il “protetto e uno dei suoi consulenti finanziari” di Wexner, che la casa, a quel tempo, apparteneva già a lui.
Nello stesso anno, Epstein stava commissionando opere d’arte per la villa di Wexner in Ohio. Un recente articolo del Times ha osservato che:
Nell’estate del 1996, Maria Farmer stava lavorando a un progetto artistico per il signor Epstein nella villa del signor Wexner in Ohio. Mentre era lì, il signor Epstein l’ha aggredita sessualmente, secondo una dichiarazione giurata che la signora Farmer ha depositato all’inizio di quest’anno presso il tribunale federale di Manhattan. Ha detto di essere fuggita dalla stanza e di aver chiamato la polizia, ma che il personale di sicurezza del signor Wexner si è rifiutato di lasciarla andare per 12 ore.
Il racconto di Farmer suggerisce fortemente che, dato il comportamento del suo personale di sicurezza personale nella sua villa in seguito al presunto assalto di Epstein a Farmer, Wexner fosse ben consapevole del comportamento predatorio di Epstein nei confronti delle giovani donne. Ciò è aggravato dalle affermazioni fatte da Alan Dershowitz – un ex avvocato e amico di Epstein, che è stato anche accusato di aver violentato ragazze minorenni – secondo cui Wexner è stato anche accusato di aver violentato ragazze minorenni sfruttate da Epstein in almeno sette occasioni.
La presenza dell’apparecchiatura elettronica nel bagno di casa sua, altre stranezze legate alla casa a schiera e aspetti dei legami tra Epstein e Wexner suggeriscono che ci sia di più in Wexner, che ha sviluppato con successo un’immagine pubblica di rispettabile uomo d’affari e filantropo, molto come altri membri di spicco del Mega Group.
Tuttavia, frammenti dei segreti privati di Wexner sono occasionalmente emersi, solo per essere sottoposti a rapidi insabbiamenti tra le preoccupazioni di “diffamazione” del potente e ben collegato “filantropo” miliardario.
Nel 1985, l’avvocato di Columbus (Ohio), Arthur Shapiro, fu assassinato in pieno giorno a bruciapelo in quello che fu ampiamente definito un “omicidio in stile mafioso”. L’omicidio rimane ancora irrisolto, probabilmente a causa del fatto che l’allora capo della polizia di Columbus, James Jackson, ha ordinato la distruzione dei documenti chiave delle indagini del suo dipartimento sull’omicidio.
L’ordine di distruzione dei documenti da parte di Jackson venne alla luce anni dopo, nel 1996, quando era sotto inchiesta per corruzione. Secondo il Columbus Dispatch , Jackson ha giustificato la distruzione di un rapporto ” valido e valido ” perché riteneva che “fosse così pieno di speculazioni selvagge su importanti leader aziendali da essere potenzialmente diffamatorio”. La natura di questa “speculazione selvaggia” era che “gli uomini d’affari milionari di Columbus e Youngstown erano collegati all’omicidio in stile mafioso”.
Sebbene gli sforzi di Jackson avessero lo scopo di mantenere questo rapporto “diffamatorio” lontano dalla vista del pubblico, alla fine è stato ottenuto da Bob Fitrakis – avvocato, giornalista e direttore esecutivo del Columbus Institute for Contemporary Journalism – dopo che gli era stata “accidentalmente” inviata una copia di il rapporto nel 1998 come parte di una richiesta di registri pubblici.
Il rapporto, intitolato ” Shapiro Homicide Investigation: Analysis and Hypothesis “, nomina Leslie Wexner come collegata “con soci reputati essere figure della criminalità organizzata” ed elenca anche i nomi dell’uomo d’affari Jack Kessler, ex presidente del consiglio comunale di Columbus e socio di Wexner Jerry Hammond, e l’ex membro del Columbus City Council Les Wright, anch’essi coinvolti nell’omicidio di Shapiro.
Il rapporto rilevava anche che lo studio legale di Arthur Shapiro – Schwartz, Shapiro, Kelm & Warren – rappresentava la società di Wexner, The Limited, e afferma che “prima della sua morte, Arthur Shapiro gestiva questo account [The Limited] per lo studio legale”. Ha anche osservato che, al momento della sua morte, Shapiro “era oggetto di un’indagine da parte dell’Internal Revenue Service perché non aveva presentato le dichiarazioni dei redditi per circa sette anni prima della sua morte, e aveva investito in alcuni discutibili paradisi fiscali”. Ha anche affermato che la sua morte ha impedito a Shapiro di testimoniare in un’udienza del gran giurì su questi “discutibili paradisi fiscali”.
Per quanto riguarda i presunti legami di Wexner con la criminalità organizzata, il rapporto si concentra sullo stretto rapporto d’affari tra The Limited di Wexner e Francis Walsh, la cui società di autotrasporti “[aveva] svolto oltre il 90 percento delle attività di autotrasporto di The Limited all’epoca dell’omicidio di Shapiro, “Secondo il rapporto. Walsh è stato nominato in un atto d’accusa del 1988 come “cospiratore” del boss della famiglia criminale genovese Anthony “Fat Tony” Salerno, il cui avvocato di lunga data era Roy Cohn; e il rapporto sull’omicidio di Shapiro affermava che Walsh era “ancora considerato associato alla famiglia criminale Genovese / LaRocca, e Walsh forniva ancora il trasporto su camion per The Limited”.
In particolare, la famiglia criminale genovese ha da tempo costituito una parte fondamentale del National Crime Syndicate, poiché il suo ex capo, Charles “Lucky” Luciano, ha co-creato l’organizzazione criminale con il suo caro amico Meyer Lansky. Dopo la prigionia di Luciano e la successiva deportazione dagli Stati Uniti, Lansky rilevò le operazioni statunitensi del sindacato e la sua associazione con i successori di Luciano continuò fino alla morte di Lansky nel 1983.
Il “mega” mistero e il Mossad
Nel maggio 1997, il Washington Post ha diffuso una storia esplosiva – da tempo dimenticata – basata su una telefonata intercettata tra un funzionario del Mossad negli Stati Uniti e il suo superiore a Tel Aviv che discuteva degli sforzi del Mossad per ottenere un documento segreto del governo degli Stati Uniti. Secondo il Post, il funzionario del Mossad ha dichiarato durante la telefonata che “l’ambasciatore israeliano Eliahu Ben Elissar gli aveva chiesto se poteva ottenere una copia della lettera consegnata al [leader palestinese Yasser] Arafat dall'[allora segretario di Stato Warren] Christopher il 16 gennaio, il giorno dopo la firma dell’accordo di Hebron da parte di Arafat e del primo ministro israeliano Binyamin Netanyahu”.
L’ articolo del Post continuava:
Secondo una fonte che ha visionato una copia della trascrizione NSA della conversazione, l’ufficiale dell’intelligence, parlando in ebraico, ha detto: “L’ambasciatore vuole che vada a Mega per ottenere una copia di questa lettera”. La fonte ha detto che il supervisore di Tel Aviv ha respinto la richiesta, dicendo: “Questo non è qualcosa per cui usiamo Mega”.
La comunicazione trapelata ha portato a un’indagine che ha cercato di identificare un individuo con nome in codice “Mega” che secondo il Post “potrebbe essere qualcuno nel governo degli Stati Uniti che ha fornito informazioni agli israeliani in passato”, una preoccupazione che successivamente ha generato un infruttuoso Indagine dell’FBI. Il Mossad in seguito affermò che “Mega” era semplicemente una parola in codice per la CIA degli Stati Uniti, ma l’FBI e la NSA non erano convinti da tale affermazione e credevano che fosse un alto funzionario del governo degli Stati Uniti che era stato potenzialmente coinvolto una volta nel lavorare con Jonathan Pollard, l’ex analista dell’intelligence navale statunitense successivamente condannato per spionaggio per conto del Mossad.
Quasi un anno dopo lo scoppio dello scandalo di spionaggio “Mega”, il Wall Street Journal è stato il primo organo di stampa a riferire dell’esistenza di un’organizzazione poco conosciuta di miliardari che era “informalmente” chiamata Mega Group ed era stata fondata anni prima nel 1991. Il rapporto non faceva menzione dello scandalo di spionaggio che aveva diffuso preoccupazioni per lo spionaggio israeliano negli Stati Uniti solo un anno prima. Tuttavia, il caratteristico nome “informale” del gruppo e le connessioni dei suoi membri con il Mossad e con politici israeliani di alto rango, compresi i primi ministri, sollevano la possibilità che “Mega” non fosse un individuo, come avevano creduto l’FBI e la NSA, ma un gruppo.
Nel 1997, quando scoppiò lo scandalo delle spie “Mega”, Netanyahu era da poco diventato primo ministro di Israele dopo una vittoria sconvolgente, una vittoria che è stata in gran parte attribuita a un sostenitore di Netanyahu ben collegato in particolare, Ronald Lauder. Oltre ad essere un grande donatore, Lauder aveva portato Arthur Finklestein a lavorare per la campagna di Netanyahu del 1996, le cui strategie furono accreditate per la vittoria a sorpresa di Netanyahu. Netanyahu era abbastanza vicino a Lauder da arruolare personalmente Lauder e George Nader come suoi inviati di pace in Siria.
Nader, che era collegato alla campagna Trump 2016 e alleato di Trump e fondatore di Blackwater Erik Prince, è stato recentemente accusato di traffico sessuale di minori il mese scorso, subito dopo che Jeffrey Epstein era stato arrestato con accuse simili. Quando Nader fu scelto per lavorare con Lauder per conto di Netanyahu, era già stato sorpreso a possedere grandi quantità di materiale pedopornografico in due diverse occasioni, prima nel 1984 e poi nel 1990.
Questo forte legame tra Netanyahu e Lauder durante il periodo dello scandalo di spionaggio “Mega” del 1997 è importante considerando che il Mossad risponde direttamente al primo ministro israeliano.
Un’altra possibile connessione tra il Mega Group e il Mossad è dovuta ai legami del Mega Group con la rete criminale di Meyer Lansky. Come è stato dettagliato nella Parte I, Lansky aveva stabilito legami profondi con l’intelligence statunitense dopo la seconda guerra mondiale ed era anche collegato al Mossad attraverso il funzionario del Mossad Tibor Rosenbaum, la cui banca era spesso utilizzata da Lansky per riciclare denaro. Inoltre, Lansky ha collaborato in almeno un’occasione con la famigerata “superspia” del Mossad Rafi Eitan, che ha aiutato ad acquisire apparecchiature elettroniche sensibili possedute solo dalla CIA ma ambite dall’intelligence israeliana. Eitan è meglio conosciuto negli Stati Uniti per essere il gestore del Mossad di Jonathan Pollard.
In particolare, Eitan era la principale fonte di affermazioni secondo cui la parola in codice “Mega” usata dai funzionari del Mossad nel 1997 si riferiva alla CIA e non a una potenziale fonte nel governo degli Stati Uniti una volta collegata alle attività di spionaggio di Pollard, affermando che il vero significato del termine alquanto dubbio.
Dato che la rete criminale organizzata legata al Mega Group aveva legami sia con l’intelligence statunitense che con quella israeliana, la parola in codice “Mega” avrebbe potuto plausibilmente riferirsi a questo gruppo segreto di miliardari. Ulteriori prove a sostegno di questa teoria derivano dal fatto che membri di spicco del Mega Group erano soci in affari di agenti del Mossad, tra cui il magnate dei media Robert Maxwell e il commerciante di materie prime Marc Rich.
I misteriosi Maxwell
La famiglia Maxwell è diventata una fonte di rinnovato interesse mediatico dopo l’arresto di Jeffrey Epstein, poiché Ghislaine Maxwell, a lungo descritta dai media come una “mondana” britannica, è stata pubblicamente citata come la fidanzata “a intermittenza” di lunga data di Epstein e le vittime di Epstein , così come le ex mogli degli amici di Epstein, hanno affermato di essere la “magnaccia” di Epstein e di aver procurato ragazze minorenni per la sua operazione di ricatto sessuale. Si presume inoltre che Ghislaine Maxwell sia stata coinvolta nello stupro delle ragazze che ha procurato a Epstein e che le abbia utilizzate per produrre materiale pedopornografico.
Ghislaine era la figlia preferita e più giovane del magnate dei media Robert Maxwell. Maxwell, nato Jan Ludvick Hoch, si era arruolato nell’esercito britannico durante la seconda guerra mondiale. In seguito, secondo gli autori John Loftus e Mark Aarons , influenzò notevolmente la decisione del governo cecoslovacco di armare i paramilitari sionisti durante la guerra del 1948 che portò alla creazione di Israele come stato, e lo stesso Maxwell fu anche coinvolto nel contrabbando di parti di aerei in Israele.
In questo periodo, Maxwell fu contattato dal gruppo di intelligence britannico MI6 e gli offrì una posizione che alla fine Maxwell rifiutò. L’MI6 lo ha quindi classificato come “sionista – fedele solo a Israele” e lo ha reso una persona di interesse. In seguito divenne un agente del Mossad, secondo diversi libri tra cui Robert Maxwell: Israel’s Superspy di Gordon Thomas e Martin Dillon. Inoltre, The Samson Option: Israel’s Nuclear Arsenal and American Foreign Policy di Seymour Hersh sostiene i legami tra Maxwell e l’intelligence israeliana.
Secondo Victor Ostrovsky , un ex funzionario del Mossad:
Il Mossad finanziava molte delle sue operazioni in Europa con denaro rubato dal fondo pensione del quotidiano Maxwell. Hanno messo le mani sui fondi non appena Maxwell ha acquistato il Mirror Newspaper Group con i soldi prestatigli dal Mossad.
In cambio dei suoi servizi, il Mossad ha aiutato Maxwell a soddisfare il suo appetito sessuale durante le sue visite in Israele, fornendogli prostitute, “il servizio mantenuto a scopo di ricatto”. Successivamente è stato rivelato che l’hotel in cui soggiornava in Israele era pieno di telecamere, consentendo al Mossad di acquisire “una piccola libreria di riprese video di Maxwell in posizioni sessualmente compromettenti”. Come con la CIA, l’uso del ricatto da parte del Mossad contro amici e nemici è ben documentato e noto per essere esteso .
Maxwell era anche uno stretto collaboratore e amico della “superspia” israeliana Rafi Eitan, che, come accennato in precedenza, era l’handler di Jonathan Pollard e che aveva precedentemente lavorato direttamente con Meyer Lansky. Eitan aveva appreso di un nuovo software rivoluzionario utilizzato dal governo degli Stati Uniti noto come “Promis” da Earl Brian, socio di lunga data e aiutante di Ronald Reagan. Promis è spesso considerato il precursore del software “Prism” utilizzato oggi dalle agenzie di spionaggio ed è stato sviluppato da William Hamilton, che ha noleggiato il software al governo degli Stati Uniti attraverso la sua società, Inslaw, nel 1982.
Secondo l’autore ed ex giornalista investigativo della BBC Gordon Thomas, Brian era arrabbiato per il fatto che il Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti stesse usando con successo Promis per perseguire attività di criminalità organizzata e riciclaggio di denaro ed Eitan riteneva che il programma potesse aiutare Israele. A quel tempo, Eitan era il direttore dell’ormai defunta agenzia di intelligence militare israeliana Lekem, che raccoglieva informazioni scientifiche e tecniche all’estero da fonti pubbliche e segrete, in particolare in relazione al programma di armi nucleari israeliano.
È stato escogitato un piano per installare una “botola” nel software e quindi commercializzare Promis in tutto il mondo, fornendo al Mossad informazioni inestimabili sulle operazioni dei suoi nemici e alleati, fornendo anche a Eitan e Brian abbondanti quantità di denaro. Secondo la testimonianza dell’ex funzionario del Mossad Ari Ben-Menashe, Brian ha fornito una copia di Promis all’intelligence militare israeliana, che ha contattato un programmatore israeliano americano residente in California, che ha quindi inserito la “botola” nel software. Successivamente si è detto che la CIA avesse installato la propria botola nel software, ma non si sa se lo abbiano fatto con una versione del software già buggato e quanto ampiamente sia stato adottato rispetto alla versione buggata dall’intelligence israeliana.
Dopo l’inserimento della botola, il problema è diventato la vendita della versione buggata del software ai governi e alle società private di tutto il mondo, in particolare nelle aree di interesse. Brian ha prima tentato di rilevare Inslaw e Promis e poi di utilizzare la stessa società per vendere la versione con bug.
Senza successo, Brian si rivolse al suo caro amico, l’allora procuratore generale Ed Meese, il cui dipartimento di giustizia si rifiutò bruscamente di effettuare i pagamenti a Inslaw previsti dal contratto, essenzialmente utilizzando il software gratuitamente, che Inslaw sosteneva essere un furto. Alcuni hanno ipotizzato che il ruolo di Meese in quella decisione sia stato modellato, non solo dalla sua amicizia con Brian, ma anche dal fatto che sua moglie fosse un importante investitore nelle iniziative imprenditoriali di Brian. Meese sarebbe poi diventato un consigliere di Donald Trump quando era presidente eletto.
Inslaw è stato costretto a dichiarare bancarotta a seguito delle azioni di Meese e ha citato in giudizio il Dipartimento di Giustizia. Il tribunale ha successivamente stabilito che il dipartimento guidato da Meese “ha preso, convertito, rubato” il software attraverso “inganno, frode e inganno”.
Con Inslaw fuori dai piedi, Brian ha venduto il software in tutto il mondo. Eitan in seguito reclutò Robert Maxwell per diventare un altro venditore Promis, cosa che fece molto bene, riuscendo persino a vendere il software all’intelligence sovietica e cospirando con il senatore repubblicano del Texas John Tower per far adottare il software dal laboratorio del governo degli Stati Uniti a Los Alamos. Dozzine di paesi hanno utilizzato il software sui loro sistemi informatici più attentamente custoditi, ignari del fatto che il Mossad ora aveva accesso a tutto ciò che Promis toccava.
Mentre la precedente dipendenza del Mossad dalla raccolta di informazioni si era basata sulle stesse tattiche usate dai suoi equivalenti negli Stati Uniti e altrove, l’adozione diffusa del software Promis, in gran parte attraverso le azioni di Earl Brian e Robert Maxwell, ha dato al Mossad un modo per raccogliere non solo reperti di dati di controspionaggio, ma anche ricatti su altre agenzie di intelligence e figure potenti.
In effetti, la backdoor e l’adozione di Promis da parte delle agenzie di intelligence di tutto il mondo hanno essenzialmente fornito al Mossad l’accesso ai tesori di ricatto che la CIA e l’FBI avevano acquisito sui loro amici e nemici per oltre mezzo secolo. Stranamente, negli ultimi anni, l’FBI ha cercato di nascondere informazioni relative al collegamento di Robert Maxwell con lo scandalo Promis.
Secondo il giornalista Robert Fisk , Maxwell è stato anche coinvolto nel rapimento da parte del Mossad dell’informatore israeliano di armi nucleari Vanunu Mordechai. Mordechai aveva tentato di fornire ai media informazioni sulla portata del programma di armi nucleari israeliane, che alla fine sono state pubblicate dal Sunday Times di Londra . Tuttavia, Mordechai aveva anche contattato il Daily Mirror con le informazioni, essendo il Mirror un punto vendita di proprietà di Maxwell e il cui editore straniero era uno stretto collaboratore di Maxwell e presunta risorsa del Mossad, Nicholas Davies. Il giornalista Seymour Hersh ha affermato che Davies era stato coinvolto anche in accordi di armi israeliani.
Per Fisk, è stato Maxwell che ha contattato l’ambasciata israeliana a Londra e ha detto loro delle attività di Mordechai. Ciò ha portato all’intrappolamento di Mordechai da parte di un’agente donna del Mossad che lo ha sedotto come parte di un’operazione “trappola al miele” che ha portato al suo rapimento e alla successiva prigionia in Israele. Mordechai ha scontato una pena di 18 anni, di cui 12 in isolamento.
Poi, c’è la questione della morte di Maxwell, ampiamente citata dai media tradizionali e indipendenti come sospetta e potenziale omicidio . Secondo gli autori Gordon Thomas e Martin Dillon, Maxwell aveva segnato il proprio destino quando ha tentato di minacciare gli alti funzionari del Mossad con l’esposizione di determinate operazioni se non lo avessero aiutato a salvare il suo impero mediatico da debiti paralizzanti e difficoltà finanziarie. Molti dei creditori di Maxwell , che erano diventati sempre più scontenti del magnate dei media, erano israeliani e molti di loro erano presumibilmente collegati al Mossad.
Thomas e Dillon sostengono nella loro biografia della vita di Maxwell che il Mossad ha ritenuto che Maxwell fosse diventato più una responsabilità che una risorsa e lo ha ucciso sul suo yacht tre mesi dopo aver chiesto il salvataggio. All’altro estremo ci sono le teorie che suggeriscono che Maxwell si sia suicidato a causa delle difficoltà finanziarie che il suo impero ha dovuto affrontare.
Alcuni hanno considerato il funerale di Maxwell tenutosi in Israele come la conferma “ufficiale” del paese del servizio di Maxwell al Mossad, in quanto è stato paragonato a un funerale di stato e vi hanno partecipato non meno di sei membri in carica ed ex capi dell’intelligence israeliana. Durante il suo servizio funebre a Gerusalemme, il primo ministro israeliano Yitzhak Shamir lo ha elogiato e ha dichiarato : “Ha fatto di più per Israele di quanto si possa dire oggi”. Altri elogi furono pronunciati dai futuri primi ministri Ehud Olmert (allora ministro della Sanità) e Shimon Peres, con quest’ultimo che elogiò anche i “servizi” di Maxwell a favore di Israele.
Nuotare nella stessa palude
Mentre costruiva il suo impero commerciale – e diventava persino un membro del Parlamento, Maxwell lavorava anche per l’intelligence israeliana, poiché molte delle società israeliane in cui investiva diventavano coperture per il Mossad. Inoltre, quando è diventato un magnate dei media, ha sviluppato un’aspra rivalità con Rupert Murdoch, un caro amico di Roy Cohn e una figura influente nei media americani e britannici.
Maxwell ha anche collaborato con i fratelli Bronfman, Edgar e Charles, figure chiave del Mega Group. Nel 1989 Maxwell e Charles Bronfman si unirono per fare un’offerta sul quotidiano Jerusalem Post e il Post descrisse i due uomini come “due dei principali finanzieri ebrei del mondo” e il loro interesse per l’impresa come “lo sviluppo del Jerusalem Post e l’espansione della sua influenza tra il mondo Ebraismo. Un anno prima, Maxwell e Bronfman erano diventati i principali azionisti della società farmaceutica israeliana Teva.
Maxwell ha anche lavorato con il fratello di Charles Bronfman, Edgar, alla fine degli anni ’80 per convincere l’Unione Sovietica a consentire agli ebrei sovietici di immigrare in Israele. Gli sforzi di Edgar in questo senso hanno ricevuto maggiore attenzione , poiché è stato un momento determinante della sua presidenza decennale del World Jewish Congress, di cui Ronald Lauder è attualmente presidente. Tuttavia, Maxwell aveva anche fatto un uso considerevole dei suoi contatti nel governo sovietico in questo sforzo.
Maxwell si muoveva anche nei circoli della rete precedentemente descritta nelle Parti I e II di questa serie. Un esempio chiave di ciò è la festa del maggio 1989 che Maxwell ha ospitato sul suo yacht, il Lady Ghislaine , che prende il nome dalla figlia più giovane e futura “fidanzata” di Epstein. I partecipanti alla festa includevano il protetto di Roy Cohn, Donald Trump, e il suo partner legale di lunga data Tom Bolan. Era presente anche un caro amico di Nancy Reagan, il giornalista Mike Wallace, così come l’agente letterario Mort Janklow, che rappresentava Ronald Reagan e due dei più cari amici di Cohn: i giornalisti William Safire e Barbara Walters.
Anche il CEO di quella che presto sarebbe diventata Time Warner, Steve Ross, è stato invitato all’evento esclusivo. La presenza di Ross è degna di nota, dato che aveva costruito il suo impero commerciale in gran parte attraverso la sua associazione con i signori del crimine di New York Manny Kimmel e Abner “Longy” Zwillman. Zwillman era un caro amico di Meyer Lansky, il padre di Michael Steinhardt, e Sam Bronfman, padre di Edgar e Charles Bronfman.
Un altro partecipante alla festa dello yacht Maxwell era l’ex Segretario della Marina ed ex membro dello staff di Henry Kissinger Jon Lehman, che avrebbe continuato a collaborare con il controverso think tank neoconservatore, Project for a New American Century. Prima di essere segretario della Marina, Lehman era stato presidente della Abington Corporation, che ha assunto l’arci-neocon Richard Perle per gestire il portafoglio dei trafficanti di armi israeliani Shlomo Zabludowicz e suo figlio Chaim, che hanno pagato ad Ablington $ 10.000 al mese. Scoppiò uno scandalo quando quei pagamenti continuarono dopo che sia Lehman che Perle si unirono al Dipartimento della Difesa di Reagan e mentre Perle stava lavorando per convincere il Pentagono ad acquistare armi da compagnie legate a Zabludowicz. Perle aveva fatto parte del team di transizione di Reagan insieme all’amico di lunga data e socio legale di Roy Cohn Tom Bolan (un altro ospite dello yacht Maxwell).
Oltre a Lehman, un altro ex membro dello staff di Kissinger, Thomas Pickering era presente alla parte dello yacht di Maxwell. Pickering ha svolto un ruolo minore nell’affare Iran-Contra e, all’epoca della festa dello yacht Maxwell, era ambasciatore degli Stati Uniti in Israele. Era presente anche il senatore John Tower (R-TX), che avrebbe cospirato con Maxwell nel software Promis disturbato dal Mossad nei laboratori di Los Alamos. Tower morì pochi mesi prima di Maxwell in un incidente aereo sospetto .
Anche Ghislaine Maxwell era presente a questo evento piuttosto notevole. Dopo la morte misteriosa di suo padre e il presunto omicidio sullo stesso yacht che porta il suo nome nel 1991, ha rapidamente fatto le valigie e si è trasferita a New York City. Lì, ha presto conosciuto Jeffrey Epstein e, pochi anni dopo, ha sviluppato stretti legami con la famiglia Clinton, di cui parleremo nella prossima puntata di questa serie.
Jeffrey Epstein e la nuova “Promis”
Dopo che è stato rivelato che Epstein aveva eluso una condanna più severa nel 2008 a causa dei suoi legami con “l’intelligence”, sono stati i legami con il Mossad del padre di Ghislaine Maxwell che hanno portato molti a ipotizzare che l’operazione di ricatto sessuale di Epstein stesse condividendo informazioni incriminanti con il Mossad. L’ex produttore esecutivo della CBS e attuale giornalista per il media Narativ , Zev Shalev, da allora ha affermato di aver confermato in modo indipendente che Epstein era legato direttamente al Mossad.
Epstein era un amico di lunga data dell’ex primo ministro israeliano Ehud Barak, che ha legami di lunga data e profondi con la comunità dell’intelligence israeliana. La loro amicizia decennale è stata la fonte dei recenti attacchi politici contro Barak, che si candida alle elezioni israeliane contro l’attuale primo ministro Netanyahu alla fine di quest’anno.
Barak è anche vicino al principale mecenate di Epstein e membro del Mega Group Leslie Wexner, la cui Wexner Foundation ha donato a Barak 2 milioni di dollari nel 2004 per un programma di ricerca ancora non specificato. Secondo Barak, è stato presentato per la prima volta a Epstein dall’ex primo ministro israeliano Shimon Peres, che ha elogiato Robert Maxwell al suo funerale e ha avuto legami decennali con la famiglia Bronfman che risalgono ai primi anni ’50. Peres è stato anche un frequente partecipante a programmi finanziati da Leslie Wexner in Israele e ha lavorato a stretto contatto con il Mossad per decenni.
Nel 2015, pochi anni dopo il rilascio di Epstein dalla prigione in seguito alla sua condanna per adescamento sessuale da parte di un minore nel 2008, Barak ha formato una società con Epstein con lo scopo principale di investire in una start-up israeliana allora nota come Reporty. Quella società, ora chiamata Carbyne, vende il suo software di firma ai call center del 911 e ai fornitori di servizi di emergenza ed è anche disponibile per i consumatori come app che fornisce servizi di emergenza con accesso alla fotocamera e alla posizione di un chiamante e gestisce anche l’identità di qualsiasi chiamante attraverso qualsiasi governo collegato Banca dati. È stato specificamente commercializzato dalla società stessa e dalla stampa israeliana come soluzione alle sparatorie di massa negli Stati Uniti ed è già utilizzato da almeno due contee statunitensi.
I media israeliani hanno riferito che Epstein e Barak erano tra i maggiori investitori della società. Barak ha versato milioni nella società ed è stato recentemente rivelato da Haaretz che una quantità significativa degli investimenti totali di Barak in Carbyne è stata finanziata da Epstein, rendendolo un ” partner de facto ” nella società. Barak è ora il presidente di Carbyne .
Il team esecutivo dell’azienda è composto da ex membri di diversi rami dell’intelligence israeliana, inclusa l’unità d’élite dell’intelligence militare, l’Unità 8200, che è spesso paragonata all’equivalente israeliano dell’Agenzia per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti (NSA). L’attuale CEO di Carbyne, Amir Elichai, ha prestato servizio nell’Unità 8200 e ha scelto l’ex comandante dell’Unità 8200 Pinchas Buchris per servire come direttore della compagnia e nel suo consiglio. Oltre a Elichai, anche un altro co-fondatore di Carbyne, Lital Leshem , ha prestato servizio nell’Unità 8200 e in seguito ha lavorato per la compagnia di spionaggio privata israeliana Black Cube. Leshem ora lavora per una filiale della società Frontier Services Group di Erik Prince, secondo il media indipendente Narativ .
La società include anche diversi legami con l’amministrazione Trump, tra cui il fondatore di Palantir e alleato di Trump Peter Thiel, un investitore in Carbyne. Inoltre, il consiglio di amministrazione di Carbyne comprende l’ex dipendente di Palantir Trae Stephens, che era un membro del team di transizione di Trump, nonché l’ex segretario alla sicurezza interna Michael Chertoff. Anche il donatore di Trump e sviluppatore immobiliare di New York Eliot Tawill è nel consiglio di amministrazione di Carbyne , insieme a Ehud Barak e Pinchas Buchris.
Narativ , che ha scritto la prima denuncia su Carbyne dopo l’arresto di Epstein, ha osservato che il governo cinese utilizza un’app per smartphone molto simile a Carbyne come parte del suo apparato di sorveglianza di massa, anche se lo scopo originale dell’app era migliorare la segnalazione delle emergenze. Secondo Narativ , l’equivalente cinese di Carbyne “monitora ogni aspetto della vita di un utente, comprese le conversazioni personali, il consumo di energia e tiene traccia dei movimenti di un utente”.
Data la storia di Robert Maxwell – il padre della “fidanzata” di lunga data di Epstein e signora procuratrice di ragazze, Ghislaine Maxwell – nel promuovere la vendita del software Promis modificato di Carbyne, anch’esso commercializzato come strumento per migliorare l’efficacia del governo ma era in realtà uno strumento di sorveglianza di massa a beneficio dell’intelligence israeliana, la sovrapposizione tra Carbyne e Promis è preoccupante e merita ulteriori indagini.
Vale anche la pena notare che le start-up tecnologiche connesse all’Unità 8200 sono ampiamente integrate nelle società statunitensi e hanno sviluppato stretti legami con il complesso militare-industriale statunitense, con Carbyne che è solo un esempio di tale tendenza.
Come riportato in precedenza da MintPress , gruppi collegati all’Unità 8200 come Team8 hanno recentemente assunto l’ex direttore della National Security Agency (NSA) Mike Rogers come consulente senior e hanno acquisito figure di spicco della Silicon Valley, tra cui l’ex CEO di Google Eric Schmidt, come investitori chiave. Molte aziende tecnologiche americane, da Intel a Google a Microsoft, negli ultimi anni si sono fuse con diverse start-up collegate all’Unità 8200 e hanno trasferito molti lavori e operazioni chiave in Israele con il sostegno di importanti donatori repubblicani come Paul Singer . Molte di quelle stesse società, in particolare Google e Microsoft, sono anche importanti appaltatori del governo degli Stati Uniti.
Per chi stava davvero lavorando Epstein?
Anche se Jeffrey Epstein sembra aver avuto legami con il Mossad, questa serie ha rivelato che le reti a cui Epstein era collegato non erano esclusive del Mossad, poiché molte delle persone vicine a Epstein – Lesie Wexner, per esempio – facevano parte di un classe di oligarchi legati alla mafia con profondi legami sia con gli Stati Uniti che con Israele. Come è stato discusso nella parte I di questa serie, la condivisione di “intelligence” (cioè ricatto) tra le agenzie di intelligence e la stessa rete criminale organizzata collegata al Mega Group risale a decenni fa. Con Leslie Wexner del Mega Group come mecenate principale di Epstein, al contrario di un finanziere con legami diretti con il Mossad, una relazione simile è più che probabile nel caso dell’operazione di ricatto sessuale condotta da Epstein.
Dato che le agenzie di intelligence negli Stati Uniti e altrove spesso conducono operazioni segrete a beneficio di oligarchi e grandi società anziché di “interesse per la sicurezza nazionale”, i legami di Epstein con il Mega Group suggeriscono che questo gruppo detenga uno status e un’influenza unici sia nel governi degli Stati Uniti e di Israele, così come in altri paesi (ad esempio, Russia) che non sono stati esaminati in questo rapporto. Ciò è dovuto al loro ruolo di donatori politici chiave in entrambi i paesi, nonché al fatto che molti di loro possiedono potenti società o istituzioni finanziarie in entrambi i paesi. In effetti, molti membri del Mega Group hanno profondi legami con la classe politica israeliana, inclusi Netanyahu ed Ehud Barak, nonché con figure ora decedute come Shimon Peres, e con membri della classe politica americana.
In definitiva, il quadro dipinto dalle prove non è un legame diretto con una singola agenzia di intelligence, ma una rete che collega membri chiave del Mega Group, politici e funzionari sia negli Stati Uniti che in Israele, e una rete di criminalità organizzata con profonde attività economiche e legami di intelligence in entrambe le nazioni.
Sebbene questa serie si sia finora concentrata sui legami di questa rete con i principali affiliati del Partito Repubblicano, la prossima e ultima puntata rivelerà i legami sviluppati tra questa rete e i Clinton. Come verrà rivelato, nonostante la volontà dei Clinton di abbracciare rapporti di corruzione durante l’arco della loro carriera politica, il loro rapporto per lo più amichevole con questa rete li ha visti ancora usare il potere del ricatto sessuale per ottenere determinate decisioni politiche favorevoli alla loro personale e interessi finanziari ma non alla reputazione politica o ai programmi dei Clinton.
FONTE: https://unlimitedhangout.com/2019/08/investigative-series/mega-group-maxwells-and-mossad-the-spy-story-at-the-heart-of-the-jeffrey-epstein-scandal/
Il sistema di sorveglianza collegato alla CIA e al Mossad viene tranquillamente installato negli Stati Uniti
Lanciato nel 2016 in risposta a una sparatoria a Tel Aviv e alla sparatoria al Pulse Nightclub a Orlando, in Florida, Gabriel offre una suite di prodotti di sorveglianza per incidenti di “sicurezza e protezione” presso “i cosiddetti bersagli morbidi e spazi comuni, tra cui scuole, centri comunitari , sinagoghe e chiese”. L’azienda fa la nobile promessa che i suoi prodotti ” fermano le sparatorie di massa “. Secondo un rapporto del 2018 su Gabriel pubblicato sul Jerusalem Post, negli Stati Uniti c’erano circa 475.000 “soft target”, il che significa che “il mercato potenziale per Gabriel è enorme”.
Gabriel, sin dalla sua fondazione, è stato sostenuto da “un impressionante gruppo di leader”, principalmente “ex leader del Mossad, dello Shin Bet [l’agenzia di intelligence interna israeliana], dell’FBI e della CIA”. Negli ultimi anni, ancora più ex leader delle agenzie di intelligence israeliane e americane si sono fatti strada nel comitato consultivo di Gabriel e hanno promosso i prodotti dell’azienda.
Mentre l’adozione della sua tecnologia di sorveglianza è stata più lenta del previsto negli Stati Uniti, la situazione è cambiata radicalmente lo scorso anno, quando un ” filantropo anonimo ” ha donato all’azienda 1 milione di dollari per iniziare a installare i suoi prodotti in scuole, luoghi di culto e centri comunitari in tutto il paese . Lo stesso “filantropo” ha promesso di reclutare altri per eguagliare la sua donazione, con l’obiettivo finale di installare il sistema di Gabriel in “ogni singola sinagoga, scuola e comunità universitaria del paese”.
Con questo sistema supportato da CIA, FBI e Mossad ora installato “gratuitamente” in tutti gli Stati Uniti, vale la pena dare uno sguardo critico a Gabriel e ai suoi prodotti, in particolare alla visione futura dell’azienda per il suo sistema di sorveglianza. Forse non sorprende che gran parte della visione futura dell’azienda coincida con la visione delle agenzie di intelligence che la sostengono: pre-crimine, polizia robotica e sorveglianza biometrica.
” Sicurezza” attraverso la sorveglianza invasiva
La suite di prodotti di Gabrielè costruito attorno al suo pulsante antipanico “scudo intelligente”. Il pulsante antipanico può essere attivato sia manualmente che da remoto e offre comunicazione bidirezionale, un feed video in diretta, alterazione istantanea e rilevamento di spari con mezzi acustici. Tuttavia, il pulsante antipanico è pensato per essere utilizzato insieme alla suite di “rilevamento delle minacce” dell’azienda, che include “telecamere intelligenti” che utilizzano l’intelligenza artificiale, il riconoscimento facciale e le tecnologie correlate per rilevare non solo armi, ma anche “risse” e “comportamenti anomali”. ” di persone in una particolare area. Le telecamere e i pulsanti antipanico di Gabriel in tutta la struttura dovrebbero fungere da “trigger di attivazione”. L’attivazione è in gran parte automatizzata e gestita dall’intelligenza artificiale. Quando viene attivato un “trigger di attivazione”, il sistema Gabriel entra in una delle sue modalità di avviso, che includono emergenza, panico,
Come notato altrove sul sito Web dell’azienda, Gabriel sta cercando di espandersi ben oltre le scuole e i luoghi di culto, nei negozi al dettaglio, nei magazzini, nei data center e nelle banche. In queste altre strutture, promuove specificamente le sue capacità di rilevamento di “comportamenti anomali”. Un esempio, fornito in riferimento a come i suoi prodotti potrebbero essere utilizzati nel settore bancario, indica quanto segue come un “esempio di rilevamento di comportamenti anomali”:
Un gruppo di persone sta bighellonando nell’atrio del bancomat. Gabriel viene attivato in modalità panico silenzioso e invia avvisi con video in diretta al centro operativo di sicurezza e al team di sicurezza in loco. Gli avvisi di conversazione audio iniziano a essere trasmessi nella hall. La sicurezza arriva per ripulire la scena.
Un altro esempio, questa volta per il settore della vendita al dettaglio, rileva come le telecamere di sorveglianza Gabriel attiverebbero avvisi quando rilevano “movimenti insoliti”. Ancora un altro esempio per magazzini e centri di distribuzione rileva come la funzionalità di riconoscimento facciale potrebbe essere utilizzata per attivare la “modalità panico silenzioso” quando un dipendente licenziato viene rilevato nei locali.
Uno dei tratti distintivi del sistema Gabriel rispetto ad altri sistemi, secondo l’azienda, è la sua forte dipendenza dall’intelligenza artificiale e dall’apprendimento automatico. Come indicato sul loro sito Web , “stiamo sconvolgendo il settore della sicurezza sostituendo i sistemi di sicurezza legacy dipendenti dall’interazione umana con sistemi automatizzati che riducono i tempi di risposta, il caos e i costi”. Quella “interruzione” si basa in parte sull’impegno di Gabriel per “l’innovazione”, che li ha spinti a integrare ciò che chiamano “capacità preventive” nella sua piattaforma. La società osserva inoltre di aver “già iniziato a integrare [il sistema Gabriel] con tecnologie all’avanguardia come il rilevamento di armi, i droni di sicurezza, la robotica e le telecamere intelligenti “.
Sono disponibili poche ulteriori informazioni sugli sforzi dell’azienda per integrare il proprio sistema con droni di sicurezza e robotica. Molti droni di sicurezza sono attualmente sul mercato per l’uso in abitazioni, siti industriali e altri tipi di luoghi, così come i robot di sicurezza, come i robot “cani” creati dalla società di proprietà di Hyundai Boston Dynamics che sono attualmente utilizzati da alcune leggi statunitensi agenzie di esecuzione. Questo, ovviamente, significa che le ambizioni di Gabriel in questo senso probabilmente diventeranno realtà prima piuttosto che dopo. Ciò che vale la pena notare, tuttavia, è che sia i droni che i robot possono essere facilmente “potenziati” per brandire armi letali. Tenendo presente la tecnologia di Gabriel, la possibilità orwelliana di avere una risposta completamente automatizzata a vari tipi di incidenti, compresi quelli derivanti dal rilevamento di “comportamenti anomali”, che potrebbero includere l’uso della forza mortale, non sembra più così futuristica o inverosimile come facevano una volta.
Altrettanto importante da notare è l’ obiettivo prefissato dall’azienda di offrire funzionalità di polizia predittiva (ovvero pre-crimine). Affermano che: “In futuro, vediamo una piattaforma di sicurezza [vale a dire, una futura iterazione dei prodotti Gabriel] che può anticipare eventi di causalità di massa [sic] basati sul comportamento umano, identificare minacce di vittime di massa prima della prima azione intrapresa , e automatizzare gli avvisi per informare le potenziali vittime prima che venga fatto qualsiasi danno. La polizia predittiva è stata uno degli obiettivi principali delle aziende profondamente legate alla CIA, così come all’intelligence israeliana per un certo numero di anni, con la più nota di queste è Palantir .
I sistemi di Gabriel, una volta installati, offrono una sorveglianza completa ma invasiva delle aree civili. Mentre le scuole e i centri comunitari che Gabriel più spesso corteggia sono stati sporadicamente presi di mira dai tiratori negli ultimi decenni, questi sono spesso luoghi tradizionalmente disinteressati all’implementazione di soluzioni di sorveglianza basate sull’intelligenza artificiale nei loro locali. Tuttavia, tali luoghi devono diventare “connessi” se si vuole che si realizzi il paradigma futuro della completa connettività tra tutte le persone e tutti i luoghi (ad esempio, l’internet delle cose , l’internet dei luoghi, l’internet dei corpi ). In effetti, questo paradigma è necessario per promuovere le connessioni tra il mondo digitale e quello fisico che sono ritenute necessarie per inaugurare il cosiddetto 4 °rivoluzione industriale, o 4IR (che a sua volta è stata descritta come la “fusione” dei regni fisico e digitale).
In particolare, i prodotti di Gabriel sono pensati per formare una rete equivalente a “Internet dei luoghi”, che è una ” specializzazione dell’Internet delle cose ” che consente agli edifici di essere “potenziati strumentalmente attraverso sensori, condivisione di dati e calcolo”. Gabriel promuove apertamente l'”effetto rete” dei suoi prodotti quando vengono installati in più edifici nella stessa area, creando una “comunità sicura e connessa”. Mentre Gabriel definisce questo “effetto rete” come un aiuto per mantenere al sicuro intere comunità, beneficia anche dell’implementazione del modello di “città intelligente” , che utilizza l’Internet delle cose e sensori e telecamere onnipresenti per raccogliere enormi quantità di dati che vengono poi utilizzati per “gestire la fornitura di servizi”, con tali servizi compreso il dispiegamento delle forze dell’ordine.
I principali driver (e costruttori) dei paradigmi della “città intelligente” e dell'”internet delle cose” sono, ovviamente, le Big Tech. Vale la pena notare che, nonostante si proponga come un’azienda volta a contrastare le sparatorie di massa quando e prima che si verifichino, Gabriel ha anche corteggiato attivamente i colossi tecnologici “Big 5” della Silicon Valley: Google, Amazon, Meta (ex Facebook), Mela e Microsoft. Parlando al Times of Israel l’anno scorso, il co-fondatore di Gabriel, Yoni Sherizen, ha dichiarato che :
Il nostro prodotto è ora adottato dal settore dei servizi bancari e finanziari e abbiamo alcuni progetti pilota con alcune delle più grandi aziende tecnologiche, le Big 5. Quindi, stiamo esaminando data center, uffici aziendali o campus, impianti di produzione per prodotti farmaceutici e altri beni essenziali… [stiamo] proteggendo un’intera varietà di diversi tipi di spazi.
Il vento sotto le ali di Gabriel
Mentre gli eventi di vittime di massa negli Stati Uniti sono spaventosi e potrebbero essere mitigati in una certa misura da tecnologie come quelle offerte da Gabriel, i profondi legami dell’azienda con le agenzie di intelligence israeliane e americane, che hanno cercato di utilizzare tali tecnologie per ulteriori fini, sono motivo di preoccupazione.
Quando ho scritto per la prima volta di Gabriel nel 2019, il loro consiglio di amministrazione comprendeva quattro persone. Includevano Ram Ben-Barak, ex vicedirettore del Mossad ed ex direttore generale del ministero dell’intelligence israeliano; Yohanan Danino, ex capo della polizia dello stato di Israele; Kobi Mor, ex direttore della missione all’estero per l’agenzia di intelligence israeliana Shin Bet; e Ryan Petty, il padre di una vittima di una sparatoria a Parkland e amico dell’ex governatore della Florida (e attuale senatore della Florida) Rick Scott. A quel tempo, Petty era l’unico americano nel consiglio.
Da allora, Gabriel ha corteggiato le scuole, le imprese e altre istituzioni americane in modo molto più aggressivo e ha aggiunto più americani al suo comitato consultivo. Questi includono Bob Pocica, ex agente speciale dell’FBI, ex direttore senior per la sicurezza globale presso Pfizer e consigliere senior del gruppo Chertoff (come l’ex capo del dipartimento per la sicurezza interna, Michael Chertoff), e Don Hepburn, ex dirigente della CIA per 26 anni così come un ex vicedirettore dell’FBI. È stato aggiunto anche Menachem Pakman, che ha lavorato come alto dirigente per l’ufficio del primo ministro israeliano per oltre 30 anni ed è un esperto di “intelligence, sicurezza e antiterrorismo”.
Mentre è certamente possibile che questi numerosi ex funzionari dell’intelligence americana e israeliana non abbiano secondi fini nel consigliare Gabriel, è importante notare che i leader dell’intelligence militare israeliana e del Mossad non la vedono così. Come ho spiegato in dettaglio in diversi rapporti precedenti, la Calcalist Tech israeliana ha pubblicato un rapporto nel 2019 in cui osservava che “dal 2012, i progetti di intelligence e relativi al cyber che erano stati precedentemente svolti internamente nell’esercito israeliano e nelle principali armi dell’intelligence israeliana vengono trasferiti ad aziende che in alcuni casi sono state costruite proprio per questo scopo ”. Successivamente afferma che:
In alcuni casi, i responsabili di progetti di sviluppo nelle armi militari e di intelligence israeliane sono stati incoraggiati a formare le proprie società che poi hanno rilevato il progetto [militare e/o di intelligence].
Non è esattamente chiaro perché l’intelligence militare israeliana e altre agenzie di intelligence abbiano deciso di iniziare a esternalizzare le proprie operazioni nel 2012, sebbene Calcalist Tech suggerisca che il ragionamento fosse legato alla differenza di salari tra il settore privato e il settore pubblico, con una retribuzione molto più alta nel ex. Tuttavia, il 2012 è stato anche l’anno in cui il gestore di hedge fund americano Paul Singer – insieme al consigliere economico di lunga data di Benjamin Netanyahu ed ex presidente del Consiglio economico nazionale israeliano, Eugene Kandel – ha deciso di creare Start-Up Nation Central (SUNC ) .
Come ho riportato in precedenza per MintPress News , il SUNC è stato fondato come parte di uno sforzo deliberato del governo israeliano per contrastare il movimento non violento di boicottaggio, disinvestimento e sanzioni (BDS) e per rendere Israele la “potenza informatica” globale dominante. Questa politica mira ad aumentare il potere diplomatico di Israele e in particolare a minare il BDS, nonché qualsiasi tentativo nazionale o internazionale di ritenere il governo israeliano responsabile dei crimini di guerra e delle violazioni del diritto internazionale in relazione ai palestinesi. L’obiettivo è fare in modo che altri paesi diventino così dipendenti dalle società israeliane, e più specificamente dalle società tecnologiche, da non essere in grado di sfidare efficacemente la politica interna o estera israeliana.
Nel 2018, a Netanyahu è stato chiesto dal conduttore di Fox News Mark Levin se la grande crescita osservata negli ultimi anni nel settore tecnologico israeliano, in particolare le start-up tecnologiche, facesse parte del piano di Netanyahu. Netanyahu ha risposto: “Questo è proprio il mio piano… È una politica molto deliberata”. In seguito ha aggiunto che “Israele aveva la tecnologia perché i militari, in particolare l’intelligence militare, producevano molte capacità. Questi giovani uomini e donne incredibilmente dotati che escono dall’esercito o dal Mossad, vogliono avviare le loro start-up”.
Netanyahu ha nuovamente delineato questa politica un anno dopo alla Cybertech Conference del 2019 a Tel Aviv, dove ha affermato che l’emergere di Israele come una delle prime cinque “potenze informatiche” aveva “richiesto che questa combinazione di intelligence militare, università e industria convergesse in un’unica place” e che ciò richiedeva inoltre di consentire “ai nostri laureati delle nostre unità militari e di intelligence di fondersi in società con partner locali e partner stranieri”.
Questa fusione di “intelligence militare, mondo accademico e industria” è stata apertamente riconosciuta anche dall’ex direttore del Mossad Tamir Pardo, che nel 2017 ha affermato che “tutti” nel settore della tecnologia informatica israeliana sono “alunni” dell’intelligence israeliana, come il Mossad, o l’intelligence militare israeliana, come l’Unità 8200 (l’equivalente israeliano della National Security Agency, o NSA). Pardo è arrivato persino a dire che il Mossad stesso è “come una start-up”.
Pardo lo saprebbe. Dopo aver lasciato il suo incarico di direttore del Mossad nel 2016, si è tuffato direttamente nel mondo delle start-up tecnologiche israeliane, diventando presidente di Sepio Systems , i cui due amministratori delegati sono ex ufficiali dell’Unità 8200. Il comitato consultivo di Sepio Systems comprende l’ex responsabile della sicurezza informatica della CIA, Robert Bigman, e l’ex capo dell’Israel National Cyber Bureau e veterano dell’intelligence militare israeliana, Rami Efrati. Il software di sicurezza informatica di Sepio Systems è stato adottato da diverse banche, compagnie di telecomunicazioni e assicurazioni, anche negli Stati Uniti e in Brasile.
Ora che abbiamo stabilito che numerose società israeliane focalizzate sulla tecnologia sono note per operare come copertura per l’intelligence, sorge la domanda se Gabriel sia una di queste società. Sebbene sia difficile saperlo con certezza, diverse società che sono state dichiarate come copertura, come la Carbyne collegata a Jeffrey Epstein ed Ehud Barak , sono state coinvolte nella creazione e implementazione della struttura necessaria per un approccio “pre-crimine” alla legge applicazione negli Stati Uniti. La visione di Gabriel per un sistema completamente automatizzato in grado di utilizzare l’analisi predittiva del comportamento umano per fermare i crimini prima che si verifichino è stranamente simile alla stessa visione sposata da Carbyne prima che i loro legami con Epstein e l’intelligence israeliana venissero resi pubblici nel 2019.
L’uso del “pre-crimine”, come dettagliato in epopee di fantascienza come The Minority Report di Phillip K. Dick, ha implicazioni profondamente inquietanti per la società, le libertà civili e il futuro della polizia. Come notato dal British Journal of Criminology , “la pre-criminalità collega le azioni coercitive dello stato al sospetto senza necessità di accusa, azione penale o condanna” e fa parte di una tendenza più ampia “verso l’integrazione della sicurezza nazionale [ad esempio, agenzie di intelligence] nella giustizia penale .” In effetti, come ho notato nel mio lavoro ormai da molti anni, le agenzie di intelligence americane e israeliane, in particolare le loro componenti più nefaste, sono state segretamente i motori dei protocolli “pre-crimine” intesi a eliminare il dissenso pubblico fin dagli anni ’80, se non addirittura prima.
Questi primi sistemi “pre-crimine”, come quelli in lavorazione oggi, sono stati a lungo dipendenti dalla tecnologia e dalla sorveglianza di massa come mezzo per profilare gli aspiranti dissidenti. La chiave software di queste prime iterazioni era il software PROMIS, rubato da agenti dell’intelligence israeliana in collaborazione con il Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti e utilizzato per profilare e tracciare persone e flussi di cassa negli Stati Uniti e oltre. I funzionari della sicurezza nazionale degli Stati Uniti coinvolti nello scandalo Iran-Contra hanno utilizzato PROMIS per creare il database “Main Core”, ancora oggi in uso, che elenca gli americani ritenuti “pericolosi” in caso di una “emergenza nazionale” vagamente definita che potrebbe minacciare ” continuità di governo”. Come ho notato in precedenza, l’intelligence israeliana ha svolto un ruolo fondamentale nello sviluppo di Main Core.
Oggi, il pre-crimine è già qui, anche se attualmente è riservato a casi speciali rispetto all’approccio principale delle forze dell’ordine statunitensi. Nel 2019, l’allora procuratore generale William Barr ha adottato formalmente il pre-crimine come politica del Dipartimento di giustizia tramite un programma chiamato DEEP (Disruption and Early Engagement Program). Da allora, il quadro della guerra al terrorismo interno dell’amministrazione Biden è in gran parte basato sul pre-crimine e mira a riprendere da dove Barr aveva interrotto. Per avere un efficace sistema pre-crimine, è necessaria l’infrastruttura necessaria. Tale infrastruttura è attualmente fornita da diverse società con evidenti legami con l’intelligence, come Mark43 , Carbyne e Gabriel.
Tuttavia, mentre Mark43 e Carbyne prendono di mira rispettivamente le forze dell’ordine e i servizi di emergenza, Gabriel sta installando l’infrastruttura necessaria per il pre-crimine direttamente nei luoghi di lavoro, tempo libero, apprendimento e culto. Il suo focus – scuole, luoghi di culto e centri comunitari – sono luoghi che normalmente non acquisterebbero tale tecnologia invasiva. Tuttavia, il marketing guidato dalla paura di Gabriel incentrato sulle sparatorie di massa (che rispecchia in particolare gli sforzi di marketing di Carbyne ) ha spinto alcuni ad accettare.
Inserisci il “filantropo anonimo” menzionato all’inizio di questo articolo. Secondo i rapporti , quel “filantropo anonimo” sta fornendo i soldi necessari per collocare i prodotti di Gabriel nelle scuole, nei luoghi di culto e nei campus negli Stati Uniti “gratuitamente”. Come notato dall’outlet israeliano No Camels , Sherizen ha condiviso che “la visione [del filantropo] è quella di coprire effettivamente ogni singola scuola e sinagoga e portare tutti sulla stessa piattaforma”. ambizioni.
L’anonimato di questo “filantropo” è notevole in quanto il termine “filantropo” è stato utilizzato per generazioni per riciclare la reputazione di uomini d’affari notoriamente corrotti e spietati. Se si ricorda il caso Jeffrey Epstein, il pedofilo legato all’intelligence è stato ampiamente salutato come un “filantropo” prima che le sue attività segrete e illecite diventassero più note. Si pone anche la domanda: che tipo di “filantropo” vorrebbe un’infrastruttura di sorveglianza pre-crimine in ogni scuola del paese? La storia fornita dal co-fondatore di Gabriel potrebbe facilmente essere una copertura per le stesse agenzie di intelligence che sostengono Gabriel e società collegate e faremmo bene a esaminare meglio la tecnologia utilizzata per studiare e sorvegliare i nostri figli e le nostre comunità.
FONTE: https://unlimitedhangout.com/2023/03/investigative-reports/cia-and-mossad-linked-surveillance-system-quietly-being-installed-throughout-the-us/
Intelligence, Vera Gheno al Master dell’Università della Calabria: “Il vero potere è quello della parola”
“La sociolinguistica nell’era digitale” è il tema della lezione tenuta dalla linguista dell’Università di Firenze Vera Gheno al Master in Intelligence dell’Università della Calabria, diretto da Mario Caligiuri.
Gheno ha introdotto ribadendo la centralità del linguaggio nella vita sociale, con particolare riguardo al mondo virtuale. Per comprendere in pieno il significato della sociolinguistica ha ricordato una citazione di Italo Calvino, che parlava di “Un mondo afflitto da una peste, in cui l’uomo si ritrova a rincorrere questa complessità”.
Veniva così anticipata una tendenza che avrebbe inevitabilmente aumentato il disagio cognitivo a cui l’uomo deve adattarsi.
La docente ha quindi proposto una definizione della sociolinguistica, definendola una disciplina di “confine”, in quanto in continua evoluzione e in stretto legame con la linguistica, la sociologia, l’antropologia e la semantica del linguaggio.
Sebbene vi siano delle difficoltà nel definire il campo di studi della sociolinguistica, si potrebbe ragionevolmente dedurre che oltre a studiare la lingua, consente anche la conoscenza delle persone e delle modalità con le quali esse interagiscono con la realtà.
Gheno ha ricordato un interessante studio sulla nascita della lingua riconducibile agli ani Sessanta, quando per la prima volta furono approfondite le origini degli slang afroamericani. In quegli anni si giunse alla conclusione che “a un contesto povero di stimoli corrisponde una lingua povera”, in considerazione di quanto la realtà influenzi il linguaggio e le relazioni tra gli esseri umani.
Ha quindi argomentato che per comprendere le origini della lingua sia necessario analizzare due aspetti: quello filogenetico, rispetto alla collettività, e quello ontogenetico, rispetto al singolo.
In tale contesto, nonostante le difficoltà derivanti da un’assenza di testimonianze, sono state riportate diverse teorie riguardanti la “nascita della lingua”.
Una prima teoria è quella di Dean Falk ed è chiamata “Putting the baby down theory”, che fa coincidere l’emersione del linguaggio da un balzo evolutivo squisitamente femminile.
Al di là di una serie di cambiamenti fisici (diventare bipedi, perdere i peli), l’emersione del linguaggio sarebbe legata al fatto di non potersi più portare il bebè continuamente dietro (perché in mancanza di peli non sapeva a cosa aggrapparsi); la lontananza fisica del neonato dalla madre, e il pianto irrefrenabile del piccolo, sarebbero stati la molla che avrebbe provocato il passaggio verso delle espressioni vocali più organizzate.
Una seconda teoria è quella che associa il linguaggio, il “logos”, a una forma di intrattenimento molto comune anche nell’era digitale, ossia l’amore per il pettegolezzo.
La docente ha affermato che si tratta di una strutturale differenza tra il mondo animale e quello umano, in quanto siamo capaci di comunicare e di diffondere una notizia, assicurando che l’informazione diventi trasmissibile, meglio delle altre specie, proprio grazie all’astrazione del linguaggio umano.
Gheno ha evidenziato la complessità della materia, spesso trascurata negli studi scolastici, dove spesso si propone uno studio quasi esclusivamente formale, grammaticale, privo di approfondimenti metacognitivi.
Ha quindi avanzato due considerazioni riguardo all’effettivo utilizzo delle parole e al rapporto che intercorre tra parola e immagine.
A proposito, ha rimarcato l’importanza della parola come strumento di comunicazione e di interazione umana, affermando che anche una semplice immagine può voler significare più parole, in quanto ognuno di noi, nel vedere un’immagine, potrà provare differenti reazioni ed emozioni.
Riportando Noan Chomsky: “Come potrei stancarmi di studiare una proprietà nucleare che definisce l’essere umano come tale?”.
Infatti, oggi utilizziamo la parola per parlare di noi stessi: fin dall’atto della nascita ci viene dato un nome e un cognome che ci identificano e che denotano l’appartenenza a una stirpe.
La parola, una volta in contatto con gli altri individui, genera un atto collettivo cognitivo che è alla base del dialogo tra esseri umani. Pertanto, in una realtà in continua evoluzione, il logos è lo strumento che utilizziamo per parlare del mondo.
In tema di cambiamenti, ha quindi focalizzato l’intervento sulla necessità della parola di adattarsi al progresso e di quanto venga influenzata dalla realtà circostante.
La lingua, ha ribadito, non è solo conseguenza delle cose ma a volte sono proprio queste ultime a essere conseguenza della lingua: quando una cosa è nominata, si vede meglio.
La docente ha affermato che esistono vari modi di interagire. Si pensi alla comunicazione dal vivo, che ha un maggiore impatto visivo, e a quella nella realtà virtuale, che in più occasioni riduce la lingua a uno strumento nudo, facilmente fraintendibile e a volte incontrollabile.
Gheno ha concluso che la lingua oggi sottolinea solo alcuni aspetti della realtà, in quanto può creare delle emarginazioni, come nel caso dei regimi totalitari, ma è un potente mezzo di comprensione del mondo.
In definitiva, un maggiore utilizzo della lingua potrà consentire di conosce e comprendere quello che realmente ci circonda.
FONTE: https://ildispaccio.it/agora/agora-cosenza/2023/03/21/intelligence-vera-gheno-al-master-delluniversita-della-calabria-il-vero-potere-e-quello-della-parola/
DIRITTI UMANI IMMIGRAZIONI
IMMIGRAZIONE, LA PSEUDO SINISTRA ITALIANA RISCHIA DI PROVOCARE L’ESTINZIONE DELLO STATO LIBERALE
di Lucio Leante – 23 03 2023
ECONOMIA
Ministeri “commissariati” dal gigante americano della consulenza aziendale
Il governo di Mario Draghi si è affidato a McKinsey per la stesura del Recovery Plan. Ecco come i consulenti privati si sostituiscono agli impiegati statali
di Angelo Mastrandrea
Nel palazzo che ospita il ministero dell’Economia e delle Finanze (Mef), in via XX Settembre a Roma, di fronte alla sala conferenze della Ragioneria generale, su una targa davanti a una porta si legge “Laboratorio McKinsey-Mef”. All’interno, ogni mattina un plotone di giovani economisti arruolati dalla multinazionale americana delle consulenze tra i migliori laureati delle università più prestigiose si siede alla scrivania e si mette ad analizzare dati, scrivere rapporti e sintetizzarli in formato powerpoint, con stile anglosassone e il tipico “metodo analitico” di McKinsey, tra i mugugni di funzionari e dipendenti ministeriali che si vedono sottrarre mansioni e ruolo.
Non era chiaro cosa facessero dipendenti e stagisti di una società privata in un ufficio pubblico finché, il 5 marzo 2021, il giornalista Andrea Di Stefano ha rivelato ai microfoni della milanese Radio Popolare che il ministro Daniele Franco, ex direttore generale della Banca d’Italia e uomo di fiducia del premier Mario Draghi, aveva assegnato a McKinsey l’incarico di aiutarlo a scrivere il Piano nazionale di ripresa e resilienza da presentare a Bruxelles per ottenere i 209 miliardi di euro – poi diventati 248 – del Recovery Plan europeo. Radio Popolare ha definito la multinazionale delle consulenze come “una specie di governo parallelo” e “una sorta di laboratorio del neoliberismo e il suo braccio operativo”, ricordando la multa milionaria affibbiatale dalle autorità americane per aver consigliato alle industrie farmaceutiche una campagna molto aggressiva di vendita di farmaci oppiacei che hanno provocato numerosi casi di overdose.
“McKinsey soffre di un plateale e vistoso conflitto di interessi: lavora per il settore privato in tutte le cosiddette industries (dalla finanza alle telecomunicazioni, dalla sanità al turismo, dalla petrolchimica all’energia, dall’agroindustria ai beni di largo consumo, dalla logistica ai trasporti) e, quindi, non potrebbe in alcun modo garantire quell’indipendenza che dovrebbe ispirare qualsiasi consulente strategico. Chi, come e quando può garantire che un’informazione strategica sulle scelte di investimento pubblico non possa favorire una Snam o una Tim di turno? E viceversa?”, ha insistito Di Stefano in un post su Facebook.
Il ministero, costretto a intervenire, ha minimizzato spiegando di aver chiesto a McKinsey di fornire un’analisi dell’impatto sull’occupazione e sul prodotto interno lordo dei progetti del Recovery Plan, nonché di confrontare il piano italiano con quello degli altri paesi europei, mentre “la governance del Piano nazionale di ripresa e resilienza italiano è in capo alle Amministrazioni competenti e alle strutture del Mef che si avvalgono di personale interno degli uffici”. Ha inoltre ribadito che McKinsey non è coinvolta nella definizione dei progetti, i cui aspetti decisionali “restano unicamente in mano alle pubbliche amministrazioni coinvolte e competenti per materia”. Un lavoro svolto per una cifra così irrisoria da risultare sospetta, per una società che punta ai profitti e non a fare beneficenza: appena 25 mila euro più Iva. Un “rimborso spese” che, per l’importo “sotto soglia”, non ha avuto bisogno di alcuna gara d’appalto per essere assegnato.
Il ministero di via XX Settembre non ha però spiegato perché McKinsey ha accettato di lavorare gratis per il governo italiano e neppure ha detto che non è stata l’unica multinazionale a essere coinvolta nell’elaborazione del Piano. Qualcuno ha sostenuto che con ogni probabilità la multinazionale ha valutato che il ritorno d’immagine valesse più del compenso, altri hanno sospettato che si sia trattato di una scelta rivolta al futuro: quando ci sarà da redigere i progetti operativi, per le grandi opere come l’ampliamento della rete dell’alta velocità ferroviaria o il discusso ponte sullo Stretto di Messina, la società americana sarà in pole position e in quel caso le cifre saranno con molti zeri. Ad affiancare i tecnici del ministero nello stabilire cosa finanziare e con quali importi c’erano pure economisti delle cosiddette “big four” della contabilità, Kpmg, Deloitte, Ernst&Young e Pwc, e di altri due colossi della consulenza, Bain&Company e Boston Consulting Group.
“Hanno partorito una serie di slide uguali a quelle di altri Paesi per i quali hanno lavorato, ci sono solo matrici e indicatori e nulla sulla componente sociale, partecipativa e democratica della valutazione delle scelte fatte”, dice sconsolato Giulio Marcon, ex deputato di Sinistra Italiana e fondatore della campagna Sbilanciamoci – che riunisce 49 ong impegnate sui temi della spesa pubblica e delle alternative economiche – uno dei più critici verso la decisione del premier di commissariare gli uffici ministeriali con gli esperti delle multinazionali. Secondo la deputata ecologista Rossella Muroni, il Piano “manca di visione” proprio perché è stato scritto da tecnici che “applicano le stesse ricette ovunque li chiamino”, senza “confronto con il Parlamento e con le forze politiche, economiche e sociali”. “Ragionano solo in termini di efficienza, portando gli schemi delle aziende private all’interno dell’amministrazione pubblica”, dice ancora Pianta. “Nel momento in cui il ruolo dello Stato ridiventa centrale, questo invece di ammodernarsi dà in outsourcing ai privati sempre più mansioni, in nome dell’efficienza”, ha aggiunto Mariana Mazzuccato, docente di Economia dell’innovazione all’University College di Londra e autrice di Lo Stato innovatore (Laterza editore), intervenuta alla trasmissione di Radio3Rai Tutta la città ne parla.
In più di un ministero italiano si trovano così a lavorare fianco a fianco dipendenti statali e delle società di consulenza, con regole e salari diversi. I numeri parlano di quattromila esperti che hanno preso il posto dei dipendenti andati in pensione e non rimpiazzati nelle pubbliche amministrazioni, per un totale di tre milioni di euro di contratti stipulati con le società di consulenza, cifre che spiegano perché McKinsey possa permettersi di lavorare gratis al piano per ottenere le risorse del Recovery Fund. A loro sono affidate le scelte di spesa più importanti, sono sempre loro a suggerire i criteri e le linee guida dei bandi e ad avere accesso a informazioni su come verranno indirizzate le risorse dello Stato e quelle europee. I consulenti di Pricewaterhouse advisory (Pwc) lavorano al ministero della Pubblica Istruzione, a quello delle Infrastrutture insieme ai loro omologhi di Deloitte, nonché a quelli del Lavoro, dei Beni Culturali e dell’Interno, e non sempre è facile stabilire quale sia il confine tra una consulenza esterna e attività che dovrebbero essere svolte da impiegati pubblici.
Non sono pagati meglio dei loro omologhi dipendenti statali, come si sarebbe portati a immaginare. Gli “analisti di ricerca” vengono selezionati tra i migliori neolaureati in Economia aziendale e “messi al lavoro subito al massimo, a ristrutturare banche, grandi aziende o in ministeri di prestigio. È una sorta di passaggio obbligato per chi vuole cominciare a lavorare in questo settore, pensano di essere all’inizio di una folgorante carriera e accettano compensi bassi e di lavorare più del dovuto”, spiega una manager di Boston Consulting Group che preferisce mantenere l’anonimato. Viaggiano in prima classe, dormono in alberghi di lusso e questo li fa sentire come una sorta di élite, ma le apparenze nascondono un’altra realtà, fatta di superlavoro e retribuzioni non commisurate all’impegno e alle responsabilità. Un analista di ricerca, il gradino più basso nella carriera di un consulente, guadagna 36 mila euro all’anno, un compenso che tutti accettano perché lo considerano una tappa obbligata per poter fare carriera e arrivare un giorno alle retribuzioni e ai super-bonus dei loro dirigenti.
L. è uno di questi. Impiegato nella sede milanese di Boston Consulting Group, accetta di parlare a patto che non si faccia il suo nome. A suo parere, il problema non sono tanto i salari, quanto l’autosfruttamento. “Lavoriamo a volte anche quindici ore al giorno, sempre davanti a un computer”, spiega. Tutti considerano McKinsey il massimo, per la qualità dei lavori svolti e perché è considerata la società più prestigiosa e con gli stipendi (e i bonus) più alti per i dirigenti. Non ultimo, perché al governo può vantare sponsor eccellenti come il ministro per l’Innovazione e la transizione digitale Vittorio Colao, che ha cominciato la sua carriera proprio nella multinazionale americana. Il politico-manager ha lavorato per dieci anni nella sede milanese prima di finire a Londra come amministratore delegato della compagnia telefonica Vodafone e infine di essere chiamato al governo italiano da Mario Draghi. Anche quest’ultimo è un ex, però della banca d’affari Goldman Sachs prima ancora che della Banca d’Italia e della Banca centrale europea. Un dettaglio che svela come i confini tra lo Stato e quelli che l’economista Pianta definisce come “i centri nevralgici del capitalismo neoliberista” si stia assottigliando fino a diventare quasi indistinguibile.
FONTE: https://areaonline.ch/Ministeri-commissariati-dal-gigante-americano-della-consulenza-aziendale-07208100
FINANZA BANCHE ASSICURAZIONI
Scandalo McKinsey: tutto quello che c’è da sapere
Capire tutto sullo scandalo McKinsey, in 6 punti e 10 minuti
by Editor | 25 Mar 2022 | Decrypt – Economia, Editoriale
Fonte: https://www.frustrationmagazine.fr/scandale-mckinsey/
[“Il consulente non è solo quello che ti chiede l’orologio per poi dirti che ore sono…”]
Negli ultimi mesi, uno scandalo si è gonfiato e ha preso forma. Lo Stato francese, attraverso il governo di Emmanuel Macron, avrebbe pagato almeno un miliardo di euro all’anno a società di consulenza per progettare la propria politica, duplicando l’amministrazione pubblica e per missioni il cui interesse non è facile da cogliere (e la definizione è debole). Soldi pubblici buttati dalla finestra? Sì, e soprattutto a favore di una società, la McKinsey, che, come abbiamo appreso la settimana scorsa, non paga assolutamente tasse in Francia. L’uomo incaricato di contrattare questa società di consulenza con lo Stato non è altro che un amico del presidente, Karim Tadjeddine, che condivide con lui una visione dello Stato “in modalità start-up”. Cerchiamo di capire tutto di questo scandalo di Stato, di questa cattiva gestione al servizio di compari, che porterebbe alla caduta del governo… se vivessimo in una democrazia.
1 – Cosa sono esattamente le consulenze?
Se non lavorate nella sede di una media o grande azienda privata, in un ministero o in una pubblica amministrazione, il mondo dei consulenti delle società di consulenza probabilmente non vi è noto. In breve, le società di consulenza sono pagate dalle direzioni aziendali o dai ministri per valutare il lavoro svolto, i conti, ma anche per consigliare le decisioni da prendere per migliorare la strategia di un’azienda… o le leggi di un Paese. La loro arma di guerra? Il PowerPoint.
In concreto, i consulenti accedono all’azienda, parlano con i suoi livelli gerarchici e poi producono delle slide (le pagine di un PowerPoint) in cui raccontano come fare meglio con meno, per essere più efficienti e più economici. Questa attività è estremamente redditizia perché si basa interamente sulla (presunta) padronanza della conoscenza. Una giornata di lavoro viene fatturata al cliente a un prezzo elevato, anche se da un’azienda all’altra il risultato è talvolta lo stesso, con qualche variazione. I consulenti organizzativi, ad esempio, distillano lo stesso discorso da un’azienda all’altra, utilizzando termini scontati che senza dubbio avete già sentito se lavorate nel settore privato: “non lavorare più in silos ma in modo collaborativo”, “essere più agili”, “unire i dipartimenti per ridurre la gerarchia decisionale”, “affrontare le sfide della digitalizzazione”… I loro luoghi di intervento sono diversi, le loro ricette sono le stesse.
Ma si tratta di persone che hanno il talento di esagerare con la loro competenza e che riescono a impressionare i loro clienti annegandoli in un gergo tecnico e in schemi complessi. Lavorano per Boston Consulting Group, McKinsey, Accenture, senza dimenticare le “Big 4” (Deloitte, KPMG, PwC, Ernst & Young)… Tanti colossi globali la cui longevità (McKinsey esiste dal 1926) è dovuta alla forza del loro modello di business: “Prendono in prestito il tuo orologio per dirti l’ora”, diciamo di loro nel mondo degli affari privati. Fortunatamente, sono solo i grandi gruppi capitalistici pieni di soldi che li sprecano chiamandoli… giusto?
2 – Perché il governo li ha chiamati?
Lo scandalo di Stato che sta gradualmente prendendo forma è che queste società di consulenza dalle pratiche molto dubbie sono state utilizzate massicciamente dal nostro governo per aiutarlo nelle sue missioni, in una duplicazione dell’amministrazione pubblica e a un prezzo elevato. La controversia è iniziata l’anno scorso quando abbiamo appreso che il governo aveva fatto un uso massiccio della società McKinsey durante la crisi sanitaria per organizzare la logistica della campagna di vaccinazione. Se non fosse che la McKinsey, potente azienda globale, sembra essere una scelta particolarmente discutibile. Infatti, l’anno scorso è stata multata per 573 milioni di dollari negli Stati Uniti per il ruolo svolto nei primi anni 2010 con Purdue Pharma. Questa società ha commercializzato l’OxyContin, un oppiaceo che crea una forte dipendenza e che si ritiene abbia ucciso fino a 200.000 americani per overdose. Questo antidolorifico è stato prescritto in eccesso in tutto il Paese grazie a una vasta strategia di influenza portata avanti dal laboratorio, con la buona consulenza di McKinsey. I consulenti avevano persino previsto il numero potenziale di overdose per consigliare a Purdue Pharma una strategia di compensazione che avrebbe mantenuto le vendite e la reputazione del prodotto.
Estratto da un PowerPoint di McKinsey, prodotto per conto di Purdue Pharma. In questo documento, i consulenti spiegano come continuare a vendere gli oppioidi nonostante le overdose, concedendo sconti alle farmacie.
Ma questo non ha impedito al governo francese di chiamarli a gestire la questione particolarmente delicata delle vaccinazioni. La crescente importanza di questi consulenti nella gestione degli affari pubblici ha suscitato scalpore e l’anno scorso il gruppo comunista al Senato ha istituito una commissione d’inchiesta per fare luce su questa nuova tendenza. Il rapporto che ne è scaturito, che abbiamo consultato, è particolarmente ricco perché si basa su decine di ore di audizioni con i principali attori del settore, dai consulenti stessi ai ministri che li hanno chiamati.
I consulenti sono persone che hanno il talento di esagerare con la loro competenza e che riescono a impressionare i loro clienti annegandoli in un gergo tecnico e in schemi complessi.
In primo luogo, apprendiamo che la spesa per le consulenze è raddoppiata nel corso del quinquennio, raggiungendo la somma di un miliardo di euro nel 2021. Per fare un confronto, il budget annuale per la parità di genere è di 50 milioni di euro. L’elargizione di denaro alle imprese private sembra essere la vera “grande causa del quinquennio”, secondo il rapporto, che sottolinea il crescente ricorso alle imprese private per la parità di genere. L’elargizione di denaro a imprese private sembra essere la vera “grande causa del quinquennio”, secondo il rapporto, che sottolinea il ricorso sempre più sistematico a società di consulenza, per lo più duplicazione di competenze esistenti nella pubblica amministrazione. I relatori precisano che la somma di un miliardo di euro all’anno è “una stima minima perché le spese degli operatori sono in realtà più elevate”. Sebbene la commissione d’inchiesta abbia interpellato quelli con i bilanci più consistenti (Pôle emploi, Caisse des dépôts et consignations, ecc.), il campione rappresenta solo il 10% del numero totale di operatori” (p. 8). La somma di un miliardo di euro è quindi MOLTO sottostimata.
3 – Per quali risultati?
Cosa hanno fatto effettivamente questi consulenti nei nostri ministeri e nelle nostre amministrazioni? Da un lato, hanno fornito consulenza per l’organizzazione di servizi, come la creazione del “barometro dei risultati dell’azione pubblica”, fatturato ai contribuenti per 3,2 milioni di euro nel 2021 dalla società Capgemini, secondo il rapporto del Senato; dall’altro, hanno organizzato consultazioni, dibattiti pubblici e altre stronzate partecipative che piacciono tanto al macronismo (ricordate il “grande dibattito nazionale” o la “convenzione dei cittadini sul clima”, entrambi sfociati in… nulla).
Sempre secondo il rapporto del Senato, la stessa Capgemini ha fatturato allo Stato un milione di euro per il suo supporto nell’organizzazione degli “Etats généraux de la justice”, un grande rave che dovrebbe risolvere la crisi dell’istituzione. Per fare cosa? Per creare una piattaforma partecipativa (Parlonsjustice.fr) e organizzare “laboratori deliberativi” con cittadini volontari. A volte si tratta di dare una spinta alle amministrazioni per applicare rapidamente le riforme: ad esempio, Mckinsey ha fatturato ai contribuenti 4 milioni di euro per formare l’amministrazione sugli adeguamenti necessari per applicare la riduzione dell’APL. Ma state tranquilli: con questa riforma, lo Stato ha già risparmiato 10 miliardi di euro sulle spalle dei più poveri.
Audizione di Karim Tadjeddine, direttore associato di McKinsey France, da parte della senatrice comunista Eliane Assassi, a proposito dello scopo della missione sull’evoluzione della professione docente (496.000 euro). La risposta? “Riflettere sui temi della riflessione”, tra le altre cose.
Ma ciò che è ancora più sconvolgente è che mentre già paghiamo un sacco di soldi per avere deputati, senatori e tutta l’amministrazione che permette al processo legislativo di funzionare, i consulenti sono stati massicciamente utilizzati per cambiare la legge. Così, sono stati coinvolti nella riforma dell’assicurazione contro la disoccupazione (anche negli arbitrati politici che l’hanno riguardata), in quella della formazione professionale, ma anche nelle leggi sulla sanità, sui trasporti, nella riforma dell’assistenza legale, ecc. Il rapporto mostra come, con il pretesto di aiutare il governo a “preparare” le leggi, le società di consulenza orientino il processo decisionale pubblico, anche se nessuno le ha incaricate di farlo.
558.900 Euro per il Boston Consulting Group (BCG), per l’organizzazione di una “convention di manager statali” che non ha mai avuto luogo.
Ma a volte le consulenze ci sono costate un sacco di soldi… per niente: il rapporto documenta una fattura di 496.800 euro della McKinsey per una missione di riflessione sul “futuro della professione di insegnante” che non ha portato a nulla. Ebbene sì, ha prodotto un rapporto di duecento pagine che spalanca le porte, a 2.480 euro a pagina. Ma anche 558.900 € per il Boston Consulting Group (BCG), per l’organizzazione di una “convention di dirigenti statali” che… non ha mai avuto luogo.
Siete sicuri che siano i dipendenti pubblici a costare troppo? Anche quando le missioni hanno successo, le azioni dei consulenti sono molto discutibili. Il rapporto descrive i loro metodi, direttamente ispirati alle stronzate manageriali che piacciono tanto ai gruppi privati, basati su laboratori – scusate, “workshop” – che utilizzano le seguenti pratiche, si badi bene:
“la “nave pirata”: ogni partecipante si identifica con uno dei personaggi (capitano, personaggi in cima all’albero o a prua, ecc.) e assume questo ruolo, il suo posizionamento, i suoi stati d’animo, ecc.
– gioco serio con i lego”: ogni partecipante costruisce un modello con i pezzi dei lego, costruisce la storia che dà senso al suo modello e la presenta agli altri.
Estratto dalla relazione del Senato, pagina 102
Quanto emerge da questo rapporto ricorda il “caso Sirhen”, un mega progetto di software di gestione delle risorse umane per il Ministero dell’Istruzione francese, fallito dopo 10 anni di lavoro, per un costo totale di 350 milioni di euro, di cui 270 milioni sono andati alla società di consulenza Capgemini.
Questo modo di far pagare prezzi elevati per un lavoro di scarsa qualità ci è stato segnalato due anni fa da un consulente di una delle “Big Four” che lavora per lo Stato, Joan. Ecco cosa ci ha raccontato, in una testimonianza edificante (leggila integralmente qui):
“In teoria, il nostro lavoro doveva essere solido e i prezzi giustificati: esperti con più di 15 anni nella bottiglia, esperienza riconosciuta e know-how comprovato da una Big Four per una qualità “assicurata”. Per definizione, una Big Four è presente in tutto il mondo, quindi ha esperienza ed esperti praticamente in ogni campo. In pratica, il mio dipartimento aveva un requisito di margine del 40%: se avevamo un ‘progetto’ da 100.000 euro, doveva costare all’azienda solo 60.000 euro di costi del personale, mentre i 40.000 euro sparivano in biz dev, spese generali e, soprattutto, nelle tasche degli azionisti”.
Cosa pensano i cittadini onesti, che hanno sempre paura di pagare gli insegnanti per “stare tranquilli”, del fatto che Macron e i suoi amici pagano uno stipendio mensile al giorno a consulenti incaricati di far giocare i dipendenti pubblici con il Lego per riempire le tasche di alcuni azionisti?
4 – Per quale motivo?
A livello di aziende private, il ricorso a società di consulenza fa parte dell’intero equilibrio della macchina capitalistica. Si tratta di smussare le ruote del sistema legittimando decisioni puramente finanziarie in nome di considerazioni razionali e “strategiche”. In altre parole, la missione ideologica dei consulenti è quella di far credere alla gente, compresi i suoi membri, che le aziende capitaliste hanno uno scopo diverso dalla generazione di profitti per gli azionisti. Intervengono per consigliare “riorganizzazioni”, piani di licenziamento e per ammantare il tutto di grandi nozioni manageriali, al fine di rendere la realtà meno meschina e crudele. Sono l’amministrazione della menzogna: come l’Unione Sovietica aveva la sua burocrazia e i suoi commissari politici, il mondo capitalista ha i suoi consulenti in giacca e cravatta che vengono a ragionare con gruppi di manager con PowerPoint, in modo che facciano il lavoro sporco e contribuiscano a rafforzare l’aumento dei dividendi.
Ma a cosa servono a livello di Stato? Beh, proprio a farlo funzionare come un’azienda, e a far salire i profitti – attraverso i risparmi di bilancio – agli azionisti del suo presidente: la grande borghesia. E, di passaggio, per aiutarsi copiosamente sulle spalle dei contribuenti. Per noi altri è un doppio colpo: non solo le società di consulenza impongono alle nostre amministrazioni pubbliche una visione del loro operato profondamente dannosa per noi, basata su pseudo-consultazioni “partecipative” e violenti tagli di bilancio (come la riforma dell’APL realizzata sotto il patrocinio di McKinsey), ma rappresentano anche un bilancio in crescita che paghiamo con le nostre tasse!
La “convention dei dirigenti statali” non ha mai avuto luogo. Vi lasciamo gustare il programma di questo evento fantasma, che ci è costato la modica cifra di 558.900€, a favore del Boston Consulting Group (estratto dalla relazione del Senato)
Il rapporto lo documenta nero su bianco: l’arrivo delle società di consulenza nei nostri ministeri è servito a forzare la mano ai dipendenti pubblici. Volenti o nolenti, infantilizzandoli con laboratori di Lego o costringendoli ad “arbitrati” con PowerPoint. Per spingerli a cosa? Ad adottare la logica cinica che prevale nei gruppi capitalistici privati, che consiste nel non farsi scrupoli nei confronti degli utenti e dei cittadini. Questo è ciò che Estelle Piernas, segretaria nazionale dell’UFSE (Union fédérale des syndicats de l’État)-CGT, ha spiegato ai relatori: “è palpabile quando i consulenti parlano di ‘clienti’ e non di ‘costituenti'”. Questa ignoranza li porta a non prendere in considerazione la qualità del servizio fornito a tutti i cittadini, sia nelle aree urbane che in quelle rurali.
Se osserviamo l’elenco degli interventi del Gabinetto, riportato nel rapporto del Senato, ci rendiamo conto che il più delle volte si tratta di “Trasformazione” di un particolare servizio o amministrazione. Trasformazione verso cosa? Verso qualcosa di diverso dal servizio pubblico.
5 – Per chi?
La visione dell’azione pubblica che le società di consulenza hanno è quella del Presidente Macron. L’ha sviluppata in un libro dal titolo esplicito, L’État en mode start up, curato da Yann Algan e Thomas Cazenave (2016), che ha prefato. La sua tesi principale è quella di promuovere la visione di “un’azione pubblica reinventata, più agile e collaborativa, ‘aumentata’ dall’innovazione tecnologica e sociale”. E chi altro ha partecipato alla stesura di questo libro-manifesto? Karim Tadjeddine, direttore associato dell’ufficio francese di McKinsey e responsabile del ramo “Public Sector” della società. In altre parole, la stessa persona che è il referente dei ministeri per tutte le missioni svolte a caro prezzo dalla sua azienda.
Una delle principali aziende utilizzate dallo Stato, la McKinsey, è gestita da un amico di Emmanuel Macron, con il quale condivide la visione di uno Stato da trasformare per forza o per scelta secondo i principi in vigore nelle aziende private.
La collaborazione tra Emmanuel Macron e Karim Tadjeddine non è iniziata con questo libro. Risale alla loro partecipazione alla Commissione “per la liberazione della crescita francese”, lanciata da Nicolas Sarkozy nel 2007 e meglio conosciuta come “Commissione Attali”, dal nome del suo relatore. Tra le raccomandazioni di questa commissione: “Trasformare l’azione pubblica”.
McKinsey, la società preferita dal governo durante la crisi sanitaria (relazione della commissione d’inchiesta del Senato)
Una trasformazione che le società di consulenza, tra cui quella di Karim Tadjeddine, stanno attuando in forze, con la benedizione dell’amico e presidente Macron, alla cui campagna elettorale Tadjeddine ha partecipato nel 2017, e di diversi altri consulenti McKinsey, come ci ha rivelato Le Monde nel febbraio 2021. Nel settore si chiama “pro bono”, cioè lavorare gratis per gli amici… ma nulla è mai gratis e si può dire che lo studio sia stato ampiamente ricompensato per il suo aiuto al candidato, una volta diventato presidente.
In Francia non è legale dare più di 2.500 euro a un candidato alla presidenza, per evitare potenziali conflitti di interesse. D’altra parte, è abbastanza possibile che un’azienda invii i propri consulenti a lavorare gratuitamente per il candidato e poi, stranamente, diventi il fornitore di servizi preferito dal suo governo, una volta eletto.
6 – Perché c’è tanto silenzio su questo scandalo di Stato?
Riassumiamo in sintesi: ogni anno il governo fattura almeno un miliardo di euro – più della spesa del 2021 per i giovani e la vita comunitaria – per servizi di consulenza forniti da alcune grandi aziende globali. Si tratta di servizi poco chiari, a volte del tutto inefficaci, oppure portatori di una certa visione dei servizi pubblici che ne pregiudica chiaramente la qualità. Una delle principali aziende utilizzate dallo Stato, la McKinsey, è gestita da un amico di Emmanuel Macron, con il quale condivide una visione dello Stato che deve essere trasformato per forza o per scelta secondo i principi in vigore nelle aziende private. La ciliegina sulla torta è che questa settimana apprendiamo che McKinsey non paga alcuna tassa in Francia, contrariamente a quanto sostenuto dall’amico di Macron Karim Tadjeddine davanti al Senato.
Quindi, come contribuenti e cittadini, siamo stati truffati tre volte nel corso di questa vicenda: una prima volta pagando milioni di euro alle società di consulenza. Una seconda volta quando la principale società di cui lo Stato è cliente pratica l’ottimizzazione fiscale e non paga le tasse in Francia. In terzo luogo, e non meno importante, quando le azioni di queste aziende contribuiscono alla progressiva distruzione della nostra protezione sociale e dei servizi pubblici: in primo luogo riducendo le nostre prestazioni, come nel caso della nostra APL. In secondo luogo, rendendo l’amministrazione sempre più inaccessibile ai milioni di francesi affetti da analfabetismo (il 16,5% dei francesi ha difficoltà con Internet e con i computer in generale) e che sono quindi esclusi dalla “digitalizzazione” forzata dei servizi pubblici, di cui queste società di consulenza sono i principali promotori. Infine, spacciando le decisioni politiche per scelte tecniche, visto che sono sempre più i consulenti iperqualificati in cravatte a scegliere il nostro futuro e sempre meno i funzionari eletti.
Citazione di Macron al vertice Vivatech del 15 giugno 2017
Perché tanto silenzio di fronte a questo scandalo? Perché Macron, a tre settimane dal primo turno, non è piombato nel tumulto, assediato da domande sulla scelta di una società gestita da un suo amico e che praticava l’ottimizzazione fiscale, di cui nessuno dei ministeri presso cui si sono recati i suoi consulenti doveva essere all’oscuro? Perché tutta la nostra classe mediatica e la maggior parte della nostra classe politica aderisce profondamente alle concezioni ideologiche dell’azione pubblica portate avanti dall’alleanza tra la Macronie e le società di consulenza. Si tratta infatti di un progetto di lunga data della borghesia per “trasformare” le politiche pubbliche in una scienza tecnica riservata a pochi laureati, da imporre con la forza alla massa incolta di “galli refrattari” e funzionari arcaici che compongono questo Paese.
La guerra contro gli utenti dei servizi pubblici e della protezione sociale si svolge parallelamente alla guerra contro i dipendenti delle aziende private.
Ecco perché tutta la stampa mainstream fa apparire la rielezione di Macron come una necessità politica: non in nome della guerra in Ucraina, no, ma in nome della guerra che viene condotta contro di noi. Questa guerra di classe miete migliaia di vittime ogni giorno: i disoccupati che vengono licenziati perché non rispondono abbastanza alle richieste del Pôle Emploi (licenziamenti record questo mese), gli studenti a cui viene tolto l’APL alla minima giustificazione errata, i beneficiari dell’RSA che Macron intende far lavorare gratis… Questa guerra contro gli utenti dei servizi pubblici e della protezione sociale si svolge parallelamente alla guerra contro i dipendenti delle imprese private. I luogotenenti di questa guerra sono ora gli stessi: i consulenti in cravatta delle società di consulenza.
Ora che sappiamo che questo scandalo di Stato non è più segreto, c’è solo una domanda: quando ci libereremo di loro?
FONTE: https://evokeagents.blogspot.com/2023/03/scandalo-mckinsey-tutto-quello-che-ce.html
GIUSTIZIA E NORME
DENUNCIATA la Lorenzin: ha nascosto documenti che svelano i DANNI dei VACCINI !!!
Modifica mutuo, da variabile a fisso: quando e come funzionerà nel 2023
La banca sarà obbligata a farlo, eccetto in due casi. Novità in Manovra 2023
Chiara Arroi – 20 12 2022
Nel 2023 si potrà chiedere in banca la modifica mutuo, passando da variabile a fisso. Questa una delle novità introdotte tramite emendamento del governo nella Manovra di bilancio 2023. Il senso è quello di venire incontro a chi ha optato tempo fa per il tasso variabile per l’acquisto di una casa, e si ritrova ora di fronte all’impennata dei mutui in corso. La banca sarà obbligata a concedere il passaggio al cliente, ma con alcuni paletti, riferiti all’Isee e al pagamento delle rate. Scendiamo un po’ più in dettaglio nei prossimi paragrafi.
La platea di beneficiari potrebbe non essere così ampia, innanzitutto perché una delle condizioni necessarie per chiedere la modifica mutuo è un Isee non superiore a 35mila euro. Chi supera questa soglia non potrà accedere al salvagente bancario, inserito tra gli emendamenti governativi al ddl bilancio. Altro ostacolo potrebbe essere la non regolarità nei pagamenti. Infatti sono esclusi i ritardatari nei pagamenti delle rate del mutuo.
Modifica mutuo 2023: cos’è e come funzionerà
Un emendamento del governo Meloni è pronto a introdurre nella Legge di bilancio 2023 la possibilità per i clienti (e obbligo per le banche) di modifica mutuo. In particolare si potrà chiedere il passaggio dal tasso variabile al tasso fisso. Una norma pensata come ancora di salvataggio per chi ha acceso un mutuo variabile e si ritrova a combattere con una continua impennata, partita con la crisi Ucraina e destinata ad andare avanti a oltranza.
In questi casi potrebbe essere d’aiuto bloccare l’aumento, e l’unico modo per farlo potrebbe essere chiedere all’istituto che ha erogato il mutuo di modificare il tasso. Conviene infatti passare a un tasso fisso, forse un po’ più caro, ma indenne alle continue fluttuazioni del mercato.
Tutto ciò sarà possibile grazie all’emendamento del governo alla Manovra 2023, che altro non fa che attingere da una precedente legge: Il decreto sviluppo dell’era Berlusconi (legge 70/2011). Si tratta infatti della stessa identica norma, che tornerà attiva con termini riaperti fino al 31 dicembre 2023.
Fino a questa data si potrà chiedere e ottenere la modifica delle condizioni di contratto di mutuo per acquisto o ristrutturazione di abitazioni, a favore di percettori di redditi bassi. La norma è inserita nell’articolo 8 comma 6 della legge 70 del 2011. Tutto ciò verrà riproposto nel 2023, ad alcune condizioni.
Per riprendere il testo della norma del 2011, si tratta quindi di una “rinegoziazione dei contratti di mutuo ipotecario” in base alla quale;
- fino al 31 dicembre 2023 il mutuatario che – prima dell’entrata in vigore (del presente decreto) – ha stipulato, o si è accollato anche a seguito di frazionamento, un contratto di mutuo ipotecario di importo originario non superiore a (200 mila euro), per l’acquisto o la ristrutturazione di unità immobiliari adibite ad abitazione, a tasso e a rata variabile per tutta la durata del contratto, ha diritto di ottenere dal finanziatore la rinegoziazione del mutuo, qualora al momento della richiesta presenti un’attestazione, rilasciata da soggetto abilitato, dell’indicatore della situazione economica equivalente (ISEE) non superiore a (35 mila euro e, salvo diverso accordo tra le parti,) non abbia avuto ritardi nel pagamento delle rate del mutuo;
- la rinegoziazione assicura l’applicazione di un tasso annuo nominale fisso non superiore al tasso che si ottiene in base al minore tra l’IRS in euro a 10 anni e l’IRS in euro di durata pari alla durata residua del mutuo ovvero, se non disponibile, la quotazione dell’IRS per la durata precedente, riportato alla data di rinegoziazione alla pagina ISDAFIX 2 del circuito ((Reuters)), maggiorato di uno spread pari a quello indicato, ai fini della determinazione del tasso, nel contratto di mutuo;
- il mutuatario e il finanziatore possono concordare che la rinegoziazione comporti anche l‘allungamento del piano di rimborso del mutuo per un periodo massimo di cinque anni, purché la durata residua del mutuo all’atto della rinegoziazione non diventi superiore a 25 anni.
FONTE: https://www.leggioggi.it/modifica-mutuo-da-variabile-a-fisso/
LA LINGUA SALVATA
SCHWA ASTERISCHI? “SOLO UNA MODA CULTURALE”
di Vito Schepisi 23 MARZO 2023
L’accademia della Crusca, in difesa della lingua italiana, ha affrontato la questione della parità di genere nel linguaggio.
Troppe erano le interferenze e le forzature che in Italia stavano rendendo la lingua italiana artificiosa, poco elegante, inutile ed inversamente speciosa.
Anche troppo semplicistico, se non addirittura banale e artificioso, è stato il tentativo di riflettere le rivendicazioni di genere nel linguaggio.
Come accade, quando il vuoto assoluto sostituisce la ragione, si verifica che, invece di far avanzare la sostanza, si cerca d’alimentare e di moltiplicare gli argomenti dello scontro. E si favorisce così anche la rissa relazionale del tutto irrispettosa dei principi della democrazia.
Invece di semplificare le questioni, per renderle più comprensibili a tutti, si ricercano i percorsi più ambigui per arrivare allo scontro.
Non solo pregiudizi, ma anche la voglia di trasformare in violenza (e quella verbale è certa e puntuale) la mancanza assoluta d’idee.
E non è meno (violento) quel modo di concepire, per mera speculazione ideologica, una società diversa dalla democrazia che intellettualmente conosciamo e che dai tempi di Platone è sempre la stessa.
Per il filosofo greco, infatti, esaltare la narrazione del mito violato della democrazia, dubitando delle certezze degli esiti, è come volersi ostinare a definire democrazia, ciò che, invece, è la sua esatta negazione. Dal pensiero di Platone, inoltre, proviene anche il principio che l’equilibrio e la giustizia si raggiungono quando ogni parte del corpo svolge la sua funzione senza pretendere di svolgerne altre. (Che fosse omofobo Platone!)
Dalle quote al cambio delle desinenze, come se vi fosse una partecipazione preclusa, come se si imponesse un processo di riparazione, come se vi fosse stata una legge non scritta che avesse previsto una sorta di discriminazione di genere, come, inoltre, se le diversità, spesso definite come valori, fossero un segno d’arbitrio e di prepotenza.
Le quote, però, tornando alla sostanza delle cose, sono – ma non lo si dice liberamente perché non è politicamente corretto – atti provocatori ed illiberali che pongono margini e che discriminano.
L’Accademia della Crusca, è stata chiamata a rispondere ad un quesito del Comitato delle pari opportunità della Corte di Cassazione sulla scrittura degli atti giudiziari, perché fosse rispettata la parità di genere.
Il lavoro degli accademici della Crusca ha così riportato le cose nella loro dimensione reale: “I principi ispiratori dell’ideologia legata al linguaggio di genere e alle correzioni delle presunte storture della lingua tradizionale non vanno sopravvalutati – hanno scritto – perché sono in parte frutto di una radicalizzazione legata a mode culturali”
Solo “una moda culturale”, e lo schwa e gli asterischi – hanno puntualizzato ancora gli accademici – sono stati “introdotti artificiosamente per decisione minoritaria”.
Letto fuori dai denti, la Crusca fa sapere che questa negletta moda è frutto d’un abuso.
L’intervento chiarificatore dell’autorevole Accademia (inflessibile e poco disposta ai richiami del politicamente corretto) appare come una simbolica museruola alla bocca di tutte quelle signore e signori che la ruffianeria mediatica ha proclamato, per la parità di genere, come proconsoli delle “declinazioni delle parole al femminile”, del linguaggio legato al genere mutabile dei ruoli, degli “schwa” e degli “asterischi”.
Un po’ di serietà ogni tanto non guasta. Ce ne manca sempre tanta in Italia.
La stupidità, si sa, funziona come le stagioni: cambiano e si ripresentano.
Che si fa quando piove, nevica e fa freddo? Cosa quando ci sono tormente e uragani? Ci si mette al riparo e si tirano gli ormeggi. Tanto prima o poi finirà.
Anche questa volta, con la pronuncia del massimo organismo preposto alla tutela della lingua italiana, non sarà scritta la parola fine, ma è una lezione che si spera duri.
Ogni tanto è bene che si ponga freno all’idiozia.
Poi si sa già che ritornerà! Pazienza!
Le idiozie fanno parte dei corsi e dei ricorsi della Storia.
Fare l’abitudine è difficile ma, ragionandoci su, si deve convenire che se non ci fossero gli imbecilli sarebbe difficile comprendere ed apprezzare l’intelligenza e il buon senso.
Non ci sarebbe la genialità e non si potrebbe premiare il merito. Sarebbe persino difficile organizzare una società plurale con la diversità delle competenze e dei ruoli.
Uomini e caporali … il mondo è fatto da sempre così!
FONTE: https://www.nuovogiornalenazionale.com/index.php/italia/opinioni/11158-schwa-asterischi-solo-una-moda-culturale.html
LAVORO PENSIONI DIRITTI SOCIALI
Nuova ondata di licenziamenti in Amazon, altri novemila via entro qualche settimana
20 marzo 2023 Redazione
”Qualcuno – ha detto il CEO – potrebbe chiedersi perché non abbiamo annunciato queste riduzioni del personale con quelle di un paio di mesi fa. La risposta breve è che non tutte le squadre hanno terminato le loro analisi nel tardo autunno; e invece di affrettarci attraverso queste valutazioni senza la dovuta diligenza, abbiamo scelto di condividere queste decisioni mentre le prendevamo in modo che le persone avessero le informazioni il prima possibile”.
PANORAMA INTERNAZIONALE
Scandalo McKinsey: tutto quello che c’è da sapere
by Editor | 25 Mar 2022 | Decrypt – Economia, Editoriale
Fonte: https://www.frustrationmagazine.fr/scandale-mckinsey/
[“Il consulente non è solo quello che ti chiede l’orologio per poi dirti che ore sono…”]
Negli ultimi mesi, uno scandalo si è gonfiato e ha preso forma. Lo Stato francese, attraverso il governo di Emmanuel Macron, avrebbe pagato almeno un miliardo di euro all’anno a società di consulenza per progettare la propria politica, duplicando l’amministrazione pubblica e per missioni il cui interesse non è facile da cogliere (e la definizione è debole). Soldi pubblici buttati dalla finestra? Sì, e soprattutto a favore di una società, la McKinsey, che, come abbiamo appreso la settimana scorsa, non paga assolutamente tasse in Francia. L’uomo incaricato di contrattare questa società di consulenza con lo Stato non è altro che un amico del presidente, Karim Tadjeddine, che condivide con lui una visione dello Stato “in modalità start-up”. Cerchiamo di capire tutto di questo scandalo di Stato, di questa cattiva gestione al servizio di compari, che porterebbe alla caduta del governo… se vivessimo in una democrazia.
1 – Cosa sono esattamente le consulenze?
Se non lavorate nella sede di una media o grande azienda privata, in un ministero o in una pubblica amministrazione, il mondo dei consulenti delle società di consulenza probabilmente non vi è noto. In breve, le società di consulenza sono pagate dalle direzioni aziendali o dai ministri per valutare il lavoro svolto, i conti, ma anche per consigliare le decisioni da prendere per migliorare la strategia di un’azienda… o le leggi di un Paese. La loro arma di guerra? Il PowerPoint.
In concreto, i consulenti accedono all’azienda, parlano con i suoi livelli gerarchici e poi producono delle slide (le pagine di un PowerPoint) in cui raccontano come fare meglio con meno, per essere più efficienti e più economici. Questa attività è estremamente redditizia perché si basa interamente sulla (presunta) padronanza della conoscenza. Una giornata di lavoro viene fatturata al cliente a un prezzo elevato, anche se da un’azienda all’altra il risultato è talvolta lo stesso, con qualche variazione. I consulenti organizzativi, ad esempio, distillano lo stesso discorso da un’azienda all’altra, utilizzando termini scontati che senza dubbio avete già sentito se lavorate nel settore privato: “non lavorare più in silos ma in modo collaborativo”, “essere più agili”, “unire i dipartimenti per ridurre la gerarchia decisionale”, “affrontare le sfide della digitalizzazione”… I loro luoghi di intervento sono diversi, le loro ricette sono le stesse.
Ma si tratta di persone che hanno il talento di esagerare con la loro competenza e che riescono a impressionare i loro clienti annegandoli in un gergo tecnico e in schemi complessi. Lavorano per Boston Consulting Group, McKinsey, Accenture, senza dimenticare le “Big 4” (Deloitte, KPMG, PwC, Ernst & Young)… Tanti colossi globali la cui longevità (McKinsey esiste dal 1926) è dovuta alla forza del loro modello di business: “Prendono in prestito il tuo orologio per dirti l’ora”, diciamo di loro nel mondo degli affari privati. Fortunatamente, sono solo i grandi gruppi capitalistici pieni di soldi che li sprecano chiamandoli… giusto?
2 – Perché il governo li ha chiamati?
Lo scandalo di Stato che sta gradualmente prendendo forma è che queste società di consulenza dalle pratiche molto dubbie sono state utilizzate massicciamente dal nostro governo per aiutarlo nelle sue missioni, in una duplicazione dell’amministrazione pubblica e a un prezzo elevato. La controversia è iniziata l’anno scorso quando abbiamo appreso che il governo aveva fatto un uso massiccio della società McKinsey durante la crisi sanitaria per organizzare la logistica della campagna di vaccinazione. Se non fosse che la McKinsey, potente azienda globale, sembra essere una scelta particolarmente discutibile. Infatti, l’anno scorso è stata multata per 573 milioni di dollari negli Stati Uniti per il ruolo svolto nei primi anni 2010 con Purdue Pharma. Questa società ha commercializzato l’OxyContin, un oppiaceo che crea una forte dipendenza e che si ritiene abbia ucciso fino a 200.000 americani per overdose. Questo antidolorifico è stato prescritto in eccesso in tutto il Paese grazie a una vasta strategia di influenza portata avanti dal laboratorio, con la buona consulenza di McKinsey. I consulenti avevano persino previsto il numero potenziale di overdose per consigliare a Purdue Pharma una strategia di compensazione che avrebbe mantenuto le vendite e la reputazione del prodotto.
Estratto da un PowerPoint di McKinsey, prodotto per conto di Purdue Pharma. In questo documento, i consulenti spiegano come continuare a vendere gli oppioidi nonostante le overdose, concedendo sconti alle farmacie.
Ma questo non ha impedito al governo francese di chiamarli a gestire la questione particolarmente delicata delle vaccinazioni. La crescente importanza di questi consulenti nella gestione degli affari pubblici ha suscitato scalpore e l’anno scorso il gruppo comunista al Senato ha istituito una commissione d’inchiesta per fare luce su questa nuova tendenza. Il rapporto che ne è scaturito, che abbiamo consultato, è particolarmente ricco perché si basa su decine di ore di audizioni con i principali attori del settore, dai consulenti stessi ai ministri che li hanno chiamati.
I consulenti sono persone che hanno il talento di esagerare con la loro competenza e che riescono a impressionare i loro clienti annegandoli in un gergo tecnico e in schemi complessi.
In primo luogo, apprendiamo che la spesa per le consulenze è raddoppiata nel corso del quinquennio, raggiungendo la somma di un miliardo di euro nel 2021. Per fare un confronto, il budget annuale per la parità di genere è di 50 milioni di euro. L’elargizione di denaro alle imprese private sembra essere la vera “grande causa del quinquennio”, secondo il rapporto, che sottolinea il crescente ricorso alle imprese private per la parità di genere. L’elargizione di denaro a imprese private sembra essere la vera “grande causa del quinquennio”, secondo il rapporto, che sottolinea il ricorso sempre più sistematico a società di consulenza, per lo più duplicazione di competenze esistenti nella pubblica amministrazione. I relatori precisano che la somma di un miliardo di euro all’anno è “una stima minima perché le spese degli operatori sono in realtà più elevate”. Sebbene la commissione d’inchiesta abbia interpellato quelli con i bilanci più consistenti (Pôle emploi, Caisse des dépôts et consignations, ecc.), il campione rappresenta solo il 10% del numero totale di operatori” (p. 8). La somma di un miliardo di euro è quindi MOLTO sottostimata.
3 – Per quali risultati?
Cosa hanno fatto effettivamente questi consulenti nei nostri ministeri e nelle nostre amministrazioni? Da un lato, hanno fornito consulenza per l’organizzazione di servizi, come la creazione del “barometro dei risultati dell’azione pubblica”, fatturato ai contribuenti per 3,2 milioni di euro nel 2021 dalla società Capgemini, secondo il rapporto del Senato; dall’altro, hanno organizzato consultazioni, dibattiti pubblici e altre stronzate partecipative che piacciono tanto al macronismo (ricordate il “grande dibattito nazionale” o la “convenzione dei cittadini sul clima”, entrambi sfociati in… nulla).
Sempre secondo il rapporto del Senato, la stessa Capgemini ha fatturato allo Stato un milione di euro per il suo supporto nell’organizzazione degli “Etats généraux de la justice”, un grande rave che dovrebbe risolvere la crisi dell’istituzione. Per fare cosa? Per creare una piattaforma partecipativa (Parlonsjustice.fr) e organizzare “laboratori deliberativi” con cittadini volontari. A volte si tratta di dare una spinta alle amministrazioni per applicare rapidamente le riforme: ad esempio, Mckinsey ha fatturato ai contribuenti 4 milioni di euro per formare l’amministrazione sugli adeguamenti necessari per applicare la riduzione dell’APL. Ma state tranquilli: con questa riforma, lo Stato ha già risparmiato 10 miliardi di euro sulle spalle dei più poveri.
Audizione di Karim Tadjeddine, direttore associato di McKinsey France, da parte della senatrice comunista Eliane Assassi, a proposito dello scopo della missione sull’evoluzione della professione docente (496.000 euro). La risposta? “Riflettere sui temi della riflessione”, tra le altre cose.
Ma ciò che è ancora più sconvolgente è che mentre già paghiamo un sacco di soldi per avere deputati, senatori e tutta l’amministrazione che permette al processo legislativo di funzionare, i consulenti sono stati massicciamente utilizzati per cambiare la legge. Così, sono stati coinvolti nella riforma dell’assicurazione contro la disoccupazione (anche negli arbitrati politici che l’hanno riguardata), in quella della formazione professionale, ma anche nelle leggi sulla sanità, sui trasporti, nella riforma dell’assistenza legale, ecc. Il rapporto mostra come, con il pretesto di aiutare il governo a “preparare” le leggi, le società di consulenza orientino il processo decisionale pubblico, anche se nessuno le ha incaricate di farlo.
558.900 Euro per il Boston Consulting Group (BCG), per l’organizzazione di una “convention di manager statali” che non ha mai avuto luogo.
Ma a volte le consulenze ci sono costate un sacco di soldi… per niente: il rapporto documenta una fattura di 496.800 euro della McKinsey per una missione di riflessione sul “futuro della professione di insegnante” che non ha portato a nulla. Ebbene sì, ha prodotto un rapporto di duecento pagine che spalanca le porte, a 2.480 euro a pagina. Ma anche 558.900 € per il Boston Consulting Group (BCG), per l’organizzazione di una “convention di dirigenti statali” che… non ha mai avuto luogo.
Siete sicuri che siano i dipendenti pubblici a costare troppo? Anche quando le missioni hanno successo, le azioni dei consulenti sono molto discutibili. Il rapporto descrive i loro metodi, direttamente ispirati alle stronzate manageriali che piacciono tanto ai gruppi privati, basati su laboratori – scusate, “workshop” – che utilizzano le seguenti pratiche, si badi bene:
“la “nave pirata”: ogni partecipante si identifica con uno dei personaggi (capitano, personaggi in cima all’albero o a prua, ecc.) e assume questo ruolo, il suo posizionamento, i suoi stati d’animo, ecc.
– gioco serio con i lego”: ogni partecipante costruisce un modello con i pezzi dei lego, costruisce la storia che dà senso al suo modello e la presenta agli altri.
Estratto dalla relazione del Senato, pagina 102
Quanto emerge da questo rapporto ricorda il “caso Sirhen”, un mega progetto di software di gestione delle risorse umane per il Ministero dell’Istruzione francese, fallito dopo 10 anni di lavoro, per un costo totale di 350 milioni di euro, di cui 270 milioni sono andati alla società di consulenza Capgemini.
Questo modo di far pagare prezzi elevati per un lavoro di scarsa qualità ci è stato segnalato due anni fa da un consulente di una delle “Big Four” che lavora per lo Stato, Joan. Ecco cosa ci ha raccontato, in una testimonianza edificante (leggila integralmente qui):
“In teoria, il nostro lavoro doveva essere solido e i prezzi giustificati: esperti con più di 15 anni nella bottiglia, esperienza riconosciuta e know-how comprovato da una Big Four per una qualità “assicurata”. Per definizione, una Big Four è presente in tutto il mondo, quindi ha esperienza ed esperti praticamente in ogni campo. In pratica, il mio dipartimento aveva un requisito di margine del 40%: se avevamo un ‘progetto’ da 100.000 euro, doveva costare all’azienda solo 60.000 euro di costi del personale, mentre i 40.000 euro sparivano in biz dev, spese generali e, soprattutto, nelle tasche degli azionisti”.
Cosa pensano i cittadini onesti, che hanno sempre paura di pagare gli insegnanti per “stare tranquilli”, del fatto che Macron e i suoi amici pagano uno stipendio mensile al giorno a consulenti incaricati di far giocare i dipendenti pubblici con il Lego per riempire le tasche di alcuni azionisti?
4 – Per quale motivo?
A livello di aziende private, il ricorso a società di consulenza fa parte dell’intero equilibrio della macchina capitalistica. Si tratta di smussare le ruote del sistema legittimando decisioni puramente finanziarie in nome di considerazioni razionali e “strategiche”. In altre parole, la missione ideologica dei consulenti è quella di far credere alla gente, compresi i suoi membri, che le aziende capitaliste hanno uno scopo diverso dalla generazione di profitti per gli azionisti. Intervengono per consigliare “riorganizzazioni”, piani di licenziamento e per ammantare il tutto di grandi nozioni manageriali, al fine di rendere la realtà meno meschina e crudele. Sono l’amministrazione della menzogna: come l’Unione Sovietica aveva la sua burocrazia e i suoi commissari politici, il mondo capitalista ha i suoi consulenti in giacca e cravatta che vengono a ragionare con gruppi di manager con PowerPoint, in modo che facciano il lavoro sporco e contribuiscano a rafforzare l’aumento dei dividendi.
Ma a cosa servono a livello di Stato? Beh, proprio a farlo funzionare come un’azienda, e a far salire i profitti – attraverso i risparmi di bilancio – agli azionisti del suo presidente: la grande borghesia. E, di passaggio, per aiutarsi copiosamente sulle spalle dei contribuenti. Per noi altri è un doppio colpo: non solo le società di consulenza impongono alle nostre amministrazioni pubbliche una visione del loro operato profondamente dannosa per noi, basata su pseudo-consultazioni “partecipative” e violenti tagli di bilancio (come la riforma dell’APL realizzata sotto il patrocinio di McKinsey), ma rappresentano anche un bilancio in crescita che paghiamo con le nostre tasse!
La “convention dei dirigenti statali” non ha mai avuto luogo. Vi lasciamo gustare il programma di questo evento fantasma, che ci è costato la modica cifra di 558.900€, a favore del Boston Consulting Group (estratto dalla relazione del Senato)
Il rapporto lo documenta nero su bianco: l’arrivo delle società di consulenza nei nostri ministeri è servito a forzare la mano ai dipendenti pubblici. Volenti o nolenti, infantilizzandoli con laboratori di Lego o costringendoli ad “arbitrati” con PowerPoint. Per spingerli a cosa? Ad adottare la logica cinica che prevale nei gruppi capitalistici privati, che consiste nel non farsi scrupoli nei confronti degli utenti e dei cittadini. Questo è ciò che Estelle Piernas, segretaria nazionale dell’UFSE (Union fédérale des syndicats de l’État)-CGT, ha spiegato ai relatori: “è palpabile quando i consulenti parlano di ‘clienti’ e non di ‘costituenti'”. Questa ignoranza li porta a non prendere in considerazione la qualità del servizio fornito a tutti i cittadini, sia nelle aree urbane che in quelle rurali.
Se osserviamo l’elenco degli interventi del Gabinetto, riportato nel rapporto del Senato, ci rendiamo conto che il più delle volte si tratta di “Trasformazione” di un particolare servizio o amministrazione. Trasformazione verso cosa? Verso qualcosa di diverso dal servizio pubblico.
5 – Per chi?
La visione dell’azione pubblica che le società di consulenza hanno è quella del Presidente Macron. L’ha sviluppata in un libro dal titolo esplicito, L’État en mode start up, curato da Yann Algan e Thomas Cazenave (2016), che ha prefato. La sua tesi principale è quella di promuovere la visione di “un’azione pubblica reinventata, più agile e collaborativa, ‘aumentata’ dall’innovazione tecnologica e sociale”. E chi altro ha partecipato alla stesura di questo libro-manifesto? Karim Tadjeddine, direttore associato dell’ufficio francese di McKinsey e responsabile del ramo “Public Sector” della società. In altre parole, la stessa persona che è il referente dei ministeri per tutte le missioni svolte a caro prezzo dalla sua azienda.
Una delle principali aziende utilizzate dallo Stato, la McKinsey, è gestita da un amico di Emmanuel Macron, con il quale condivide la visione di uno Stato da trasformare per forza o per scelta secondo i principi in vigore nelle aziende private.
La collaborazione tra Emmanuel Macron e Karim Tadjeddine non è iniziata con questo libro. Risale alla loro partecipazione alla Commissione “per la liberazione della crescita francese”, lanciata da Nicolas Sarkozy nel 2007 e meglio conosciuta come “Commissione Attali”, dal nome del suo relatore. Tra le raccomandazioni di questa commissione: “Trasformare l’azione pubblica”.
McKinsey, la società preferita dal governo durante la crisi sanitaria (relazione della commissione d’inchiesta del Senato)
Una trasformazione che le società di consulenza, tra cui quella di Karim Tadjeddine, stanno attuando in forze, con la benedizione dell’amico e presidente Macron, alla cui campagna elettorale Tadjeddine ha partecipato nel 2017, e di diversi altri consulenti McKinsey, come ci ha rivelato Le Monde nel febbraio 2021. Nel settore si chiama “pro bono”, cioè lavorare gratis per gli amici… ma nulla è mai gratis e si può dire che lo studio sia stato ampiamente ricompensato per il suo aiuto al candidato, una volta diventato presidente.
In Francia non è legale dare più di 2.500 euro a un candidato alla presidenza, per evitare potenziali conflitti di interesse. D’altra parte, è abbastanza possibile che un’azienda invii i propri consulenti a lavorare gratuitamente per il candidato e poi, stranamente, diventi il fornitore di servizi preferito dal suo governo, una volta eletto.
6 – Perché c’è tanto silenzio su questo scandalo di Stato?
Riassumiamo in sintesi: ogni anno il governo fattura almeno un miliardo di euro – più della spesa del 2021 per i giovani e la vita comunitaria – per servizi di consulenza forniti da alcune grandi aziende globali. Si tratta di servizi poco chiari, a volte del tutto inefficaci, oppure portatori di una certa visione dei servizi pubblici che ne pregiudica chiaramente la qualità. Una delle principali aziende utilizzate dallo Stato, la McKinsey, è gestita da un amico di Emmanuel Macron, con il quale condivide una visione dello Stato che deve essere trasformato per forza o per scelta secondo i principi in vigore nelle aziende private. La ciliegina sulla torta è che questa settimana apprendiamo che McKinsey non paga alcuna tassa in Francia, contrariamente a quanto sostenuto dall’amico di Macron Karim Tadjeddine davanti al Senato.
Quindi, come contribuenti e cittadini, siamo stati truffati tre volte nel corso di questa vicenda: una prima volta pagando milioni di euro alle società di consulenza. Una seconda volta quando la principale società di cui lo Stato è cliente pratica l’ottimizzazione fiscale e non paga le tasse in Francia. In terzo luogo, e non meno importante, quando le azioni di queste aziende contribuiscono alla progressiva distruzione della nostra protezione sociale e dei servizi pubblici: in primo luogo riducendo le nostre prestazioni, come nel caso della nostra APL. In secondo luogo, rendendo l’amministrazione sempre più inaccessibile ai milioni di francesi affetti da analfabetismo (il 16,5% dei francesi ha difficoltà con Internet e con i computer in generale) e che sono quindi esclusi dalla “digitalizzazione” forzata dei servizi pubblici, di cui queste società di consulenza sono i principali promotori. Infine, spacciando le decisioni politiche per scelte tecniche, visto che sono sempre più i consulenti iperqualificati in cravatte a scegliere il nostro futuro e sempre meno i funzionari eletti.
Citazione di Macron al vertice Vivatech del 15 giugno 2017
Perché tanto silenzio di fronte a questo scandalo? Perché Macron, a tre settimane dal primo turno, non è piombato nel tumulto, assediato da domande sulla scelta di una società gestita da un suo amico e che praticava l’ottimizzazione fiscale, di cui nessuno dei ministeri presso cui si sono recati i suoi consulenti doveva essere all’oscuro? Perché tutta la nostra classe mediatica e la maggior parte della nostra classe politica aderisce profondamente alle concezioni ideologiche dell’azione pubblica portate avanti dall’alleanza tra la Macronie e le società di consulenza. Si tratta infatti di un progetto di lunga data della borghesia per “trasformare” le politiche pubbliche in una scienza tecnica riservata a pochi laureati, da imporre con la forza alla massa incolta di “galli refrattari” e funzionari arcaici che compongono questo Paese.
La guerra contro gli utenti dei servizi pubblici e della protezione sociale si svolge parallelamente alla guerra contro i dipendenti delle aziende private.
Ecco perché tutta la stampa mainstream fa apparire la rielezione di Macron come una necessità politica: non in nome della guerra in Ucraina, no, ma in nome della guerra che viene condotta contro di noi. Questa guerra di classe miete migliaia di vittime ogni giorno: i disoccupati che vengono licenziati perché non rispondono abbastanza alle richieste del Pôle Emploi (licenziamenti record questo mese), gli studenti a cui viene tolto l’APL alla minima giustificazione errata, i beneficiari dell’RSA che Macron intende far lavorare gratis… Questa guerra contro gli utenti dei servizi pubblici e della protezione sociale si svolge parallelamente alla guerra contro i dipendenti delle imprese private. I luogotenenti di questa guerra sono ora gli stessi: i consulenti in cravatta delle società di consulenza.
Ora che sappiamo che questo scandalo di Stato non è più segreto, c’è solo una domanda: quando ci libereremo di loro?
FONTE: https://evokeagents.blogspot.com/2023/03/scandalo-mckinsey-tutto-quello-che-ce.html
POLITICA
Cara Meloni, sarà presto invitata in Federal Reserve
Ruggiero Capone – 15 Marzo 2023
Una leggenda ascrive la grande depressione del ’29 alla scelta di Joseph Kennedy, J. P. Morgan e David Rockefeller di vendere immediatamente tutti i loro titoli a Wall Street con la scusa che “quando anche i lustrascarpe giocano in Borsa, è ora di uscire”. In pratica tre uomini (sarebbe il caso di dire tre famiglie) avevano in mano i destini finanziari del Pianeta, perché già novant’anni fa l’intero Occidente era nelle mani della speculazione finanziaria statunitense: un gioco che ancora condiziona le sorti delle economie reali, piegandole al ricatto dei poteri finanziari angloamericani. Oggi la situazione non è granché differente, già nel 2008 l’Europa (soprattutto l’Italia) ha pagato il prezzo salato della crisi di liquidità e di solvibilità seguita alla bolla immobiliare costruita nell’economia americana: una recessione che veniva progettata dai signori della finanza per assumere un carattere globale, quei meccanismi finanziari di contagio utili a generare una spirale recessiva grave negli stati collegati al cordone ombelicale dei grandi investitori Usa. Utile a generare la crisi del debito sovrano dei soli Paesi europei, infatti Cina e India non venivano sfiorati e la Russia denunciava solo qualche scottatura. Se nel 2008 avessimo avuto la prontezza d’usare i “social network” come sotto “crisi pandemica” del 2020, parecchi potenti della politica speculativa finanziaria avrebbero temuto tumulti e rivolte. Invece nel 2008 le notizie non giravano così velocemente, mentre nel 2020 i poteri finanziari hanno per la prima volta temuto le rivolte della gente: ecco che il mainstream si vedeva costretto ad inventare la fandonia che “sotto pandemia sono aumentate le fake news contro i poteri bancari europei”; un modo per dire alle masse “non credere che vi bruceranno i risparmi…tutto andrà bene e i cittadini non pagheranno i danni economici da pandemia”. Oggi la situazione è chiara e smentisce il mainstream, infatti gli stati risultato indebitati con le multinazionali farmaceutiche.
Oggi, per scongiurare che il cittadino fugga con i propri risparmi (investendo in terreni, oro e magazzini) i poteri finanziari hanno ovattato la notizia del fallimento delle banche americane, scongiurando che i risparmiatori si dimostrino più lesti dell’effetto domino che presto si rivelerà utile ad imporre il falò dei risparmi europei.
Le banche appena fallite negli Usa, ovvero la Silicon Valley Bank, la Signature Bank e la Silvergate Bank, non sono che l’inizio della valanga, che servirà a bruciare le scorte di capitale della classe media: infatti le banche servivano le aree tecnologiche dove si sono sviluppate le aziende piccole e medie d’informatica e robotica per la grande industria. Ora che i colossi non hanno più bisogno dei servigi dell’indotto, hanno azionato la leva finanziaria per mandare fallito il medio credito californiano con piccoli investitori e risparmiatori: tutta gente con non più di 300mila dollari sul conto, aziende con una ventina di dipendenti e mutui per qualche centinaio di migliaia di dollari per innovare i macchinari.
Oggi il sistema (il deep state) non ha più bisogno degli artigiani della Silicon Valley della California del Nord e nemmeno della “Route 128” nell’area di Boston. La SVB era una delle più grandi banche statunitensi con circa 210 miliardi di asset, il diciottesimo istituto degli Usa: ma era una banca di “sciuscià” dell’informatica assurti ad impresa di medio peso, ed oggi sono stati fermati dai gestori dei mercati di Wall Street (gli eredi dei creatori della crisi del ’29). La Federal Reserve, ovvero la strategia Rockefeller, ha fatto calare il valore delle obbligazioni in cui avevano investito gli imprenditori di medio cabotaggio, causando la disfatta della loro banca per diversi miliardi di dollari. Ovviamente queste crisi si generano in Usa e si estendono nell’Occidente con governi bancariamente ricattabili, e perché il progetto è “generare il problema sistemico”.
Ovvero bruciare i risparmi dei pesci di media grandezza, quelli che in Occidente sono ancorati al “business tradizionale” ed al prestito per l’impresa familiare.
Nulla di nuovo sotto il sole e nei mercati: già nel 1907, nella Borsa Valori di New York, veniva sperimentato il “panico dei banchieri” generando una crisi economica con la corsa dei risparmiatori agli sportelli, e dopo aver dimezzato del cinquanta per cento a Wall Street i titoli in pancia alle banche dei piccoli e medi artigiani americani. Così gli avi dei Kennedy, Morgan e Rockefeller sperimentavano la manipolazione del prezzo delle azioni della “United Copper Company”, portando in una sola settimana al collasso della “Knickerbocker Trust Company” (per dimensione la terza fiduciaria di New York e degli Usa). Il panico venne fatto estendere a tutta la nazione, e un esagerato numero di persone prelevava i propri depositi (ormai carta straccia) dalle banche locali. Al punto giusto del delirio da crisi, Joseph Kennedy, J. P. Morgan e David Rockefeller incontravano la politica Usa ed inventavano la Federal Reserve: la banca privata centrale che inietta liquidità nel mercato o la toglie, a seconda delle politiche gradite ai gestori del mercato. Il senatore Nelson Aldrich officiava così la nascita della commissione che dava la moneta del sistema bancario occidentale in mano alla Federal Reserve. Insomma è tutto un gioco, è tutta una bolla, fattori umorali e paure in mano ai “numi tutelari” della finanza. E’ lo stesso gruppo (Morgan e Rockefeller) che ha chiesto quindici anni fa a Putin di sganciare il rublo dall’oro, ed è lo stesso conciliabolo che potrebbe imporre alla Meloni di bruciare i risparmi degli italiani. Sappiamo come finirà, lo abbiamo visto con le “norme europee”… passa tutto, è tutto un gioco sulla pelle dell’uomo di strada.
L’intervista integrale a Carlo Rovelli.
I buchi neri e la teoria dei buchi bianchi, la guerra in Ucraina, il pacifismo, la propaganda.
L’intervista di Corrado Formigli al fisico Carlo Rovelli.
VIDEO INTEGRALE QUI: https://www.youtube.com/watch?v=0Db0PBemzUk
FONTE: https://www.youtube.com/watch?v=0Db0PBemzUk
Dal Trattato di Parigi a quello Ue, le tante catene che imprigionano
Ruggiero Capone 22 03 2023
L’Italia di oggi è un paese totalmente bloccato, soprattutto dal punto di vista economico, quindi produttivo. In Italia tutto è difficile e complicato, e la maggior parte delle persone non sa spiegarsi queste catene, non comprendendo le ragioni d’una condanna che potrebbe pesare in eterno sullo Stivale. Il riverbero della situazione di prigionia lo si avverte in agricoltura, in chimica, nell’estrattivo, nell’energetico, nel bancario. La sfilza d’impedimenti alla libertà di movimento è infinita. E negli anni s’aggiungono sempre nuovi strumenti tesi ad immobilizzarci. Perché è questo storicamente il destino d’una qualsiasi colonia: ovvero un territorio sfruttato da potenze imperialiste, dove s’impedisce qualsivoglia scelta ai popoli colonizzati.
Nata male, l’Italia ha cercato d’affrancarsi nel tempo dai ricatti di Londra: ricatti ma anche affari che la Corona sabauda faceva alle spalle dei contribuenti italiani, come nel caso dell’accordo segreto sul petrolio libico, e mentre spacciavano il paese africano come uno “scatolone di sabbia”. Ma la situazione divenne veramente asfittica con la firma il 10 febbraio del 1947 del trattato di Parigi fra l’Italia e le potenze alleate. Lo appellarono “trattato di pace” tra lo Stato italiano e le potenze vincitrici della Seconda guerra mondiale, nei fatti si trattava d’acconsentire a porre lo Stivale sotto una pressa che, lentamente, avrebbe paralizzato la nostra Patria, riducendola al ruolo inerte di portaerei Usa nel Mediterraneo. In quel contratto gli Usa, la Gran Bretagna, la Francia, il Belgio e i Paesi Bassi hanno posto le basi delle future pretese, che oggi sono insostenibili, ed imprigionano l’Italia al pari d’un antico prigioniero a cui si legano mani e piedi prima dello squartamento sulla pubblica piazza.
L’allora capo provvisorio dello Stato, Enrico De Nicola, subito dichiarava di non condividere il testo del trattato e, da buon giurista d’antica scuola napoletana, si rifiutava d’apporre la propria firma: ebbe ad usare la scusa che “come dichiarato dal rappresentante italiano Antonio Meli Lupi di Soragna, l’efficacia dell’adesione dell’Italia necessita venga subordinata alla ratifica da parte dell’Assemblea Costituente e non del Capo provvisorio dello Stato”. Una doccia fredda che i democristiani (il gabinetto di De Gasperi) s’aspettavano e, diplomaticamente, spiegavano a De Nicola che “i ‘quattro grandi’ (soprattutto Usa e GB) non avrebbero accettato nulla di meno della firma del Capo dello Stato per la ratifica dell’accordo”. De Nicola, più che adirato, lanciava in aria tutti i documenti dalla sua scrivania, convinto che quel contratto avrebbe col tempo impedito all’Italia ogni movimento economico, industriale, produttivo. Comunque, tra lusinghe, minacce e superstizioni (la firma venne richiesta di venerdì) il capo provvisorio apponeva la propria firmetta. Da quel giorno la libertà italiana d’impresa è sempre stata subordinata e condizionata alle esigenze economiche e militari di Usa, Gran Bretagna e Francia. Così la Francia in nome di quel contratto ci sta continuamente erodendo il territorio nazionale.
Parimenti, Londra opera una continua ingerenza nei nostri affari finanziari e commerciali: l’esempio da manuale è la riunione sullo Yacht Britannia del 2 giugno 1992, orchestrata dagli 007 finanziari londinesi ed Usa, per varare la caduta della Prima repubblica e le privatizzazioni. Per non parlare delle centoventi basi militari Nato ed Usa in Italia. Quindi, oltre alle restrizioni generali di carattere militare (articolo 51 del Trattato: all’Italia è stato vietato di non possedere, acquistare, costruire o sperimentare armi atomiche, missili o proiettili ad autopropulsione e relativi dispositivi di lancio) l’Italia subisce per quel trattato le continue ingerenze in campo estrattivo petrolifero, energetico, chimico e finanziario.
Ingerenze che pian pianino si nono allargate anche alla difesa degli interessi delle multinazionali angloamericane: non possiamo dimenticare che l’omicidio del petroliere Enrico Mattei è stato commissionato alla mafia dai servizi segreti Usa, perché il manager italiano aveva tramite l’Eni invaso territori d’interesse delle “Sette Sorelle” (petrolieri angloamericani); come non possiamo dimenticare la morte nel 1979 di Serafino Ferruzzi, reo d’aver vinto su aziende Usa alla borsa di Chicago, e nemmeno di Raul Gardini e Gabriele Cagliari che sono stati suicidati nel 1993 prima che realizzassero l’Enimont, portando Eni e Montedison a mettere al palo le multinazionali occidentali chimico-energetiche. Oltre al Trattato di Parigi, pesano sull’Italia anche gli accordi presi con l’Unione Europea in tutti i settori. Anzi, si può agevolmente sostenere che l’Ue ha raddoppiato le catene già imposte dal Trattato di Parigi del 1947.
Si stenta a credere che governi di destra, sinistra e centro, tutte fotocopie l’uno dell’altro, possano rimuovere i vincoli; e nemmeno mostrare il coraggio di rinegoziarli. L’Italia di oggi è come l’Ucraina di Zelensky, ovvero un territorio che potrebbe essere usato anche in funzione d’un conflitto nel Mediterraneo, oppure ampliando il deposito di munizioni per l’imminente conflitto. La Lega di Salvini cerca d’opporsi, d’invitare la maggioranza a ragionare, ma Giorgia Meloni ha risposto che per la guerra s’atterrà agli ordini Nato, mentre per i problemi lavorativi degli italiani il governo obbedirà alle norme Ue.
mmagine: https://www.theprocurement.it/
FONTE: https://www.ilpensieroforte.it/dibattiti/6680-dal-trattato-di-parigi-a-quello-ue-le-tante-catene-che-imprigionano
SCIENZE TECNOLOGIE
STORIA
STORIA CRONOLOGICA DEL DEBITO PUBBLICO ITALIANO
Nella sua storia, nonostante le dimensioni della sua economia ed il suo avanzo primario, l’Italia è stata sempre limitata, se non penalizzata, da una crescita economica difficoltosa e dal suo mastodontico debito pubblico, che ha inciso sulla relativa spesa per interessi.
Il primo evento significativo nella crescita del debito pubblico italiano avvenne nel 1897, a causa della crisi economica che si manifestò alla fine dell’Ottocento, il quale raggiunse il 117 per cento del Prodotto Interno Lordo (Pil) e questo accadde nonostante che l’Italia avesse un saldo primario positivo.
In seguito, grazie alle politiche economiche di Giovanni Giolitti, il debito nostrano scese al 70 per cento del Pil, per poi tornare a crescere, con due sostanziosi rialzi, avvenuti durante i due conflitti mondiali, a causa delle spese sostenute per lo sforzo bellico.
Infatti, nel primo dopoguerra, il rapporto debito/Pil passò dal 71 per cento del 1913 al 99 per cento del 1918, per continuare ulteriormente la sua crescita durante il tumultuoso “biennio rosso” (1919-1920), raggiungendo il massimo storico del 160 per cento durante il 1920.
Questo pesante incremento del debito destabilizzò l’economia italiana e solamente con grandi sforzi si riuscì a ridurlo, arrivando al 142 per cento nel 1924, ma solamente con la decisione politica di cancellare i debiti di guerra si fu in grado di superare la rilevante crisi finanziaria pubblica di allora.
Nel periodo successivo alla nefasta crisi del 1929 e quindi alla conseguente “Grande Depressione” e più precisamente nel 1934, il debito pubblico si innalzò fino all’88 per cento del Pil, nonostante che l’Italia avesse mantenuto una spesa costante in termini nominali e avesse attuato una significativa diminuzione delle entrate.
Al dunque, solamente nella seconda metà degli anni Trenta, il Regno d’Italia riuscì ad abbassare il livello del suo debito al 79 per cento del prodotto interno lordo, ovviamente anche e soprattutto grazie al sostenuto sviluppo della sua economia, benché fossero aumentate le spese previste per l’impresa bellica di allora.
Proprio l’impegno militare insieme al relativo investimento economico, determinarono, successivamente, l’innalzamento del debito, come accadde nel 1943 con il raggiungimento del 108 per cento.
Nel 1946, grazie soprattutto alla presenza di una elevata inflazione ci fu una discesa del debito, fino a raggiungere il 40 per cento del Pil. Invero, negli anni successivi alla Seconda guerra mondiale, con la suddetta inflazione, il debito scese fino a sfiorare il 20 per cento del Pil. Con l’arrivo degli anni Sessanta e quindi con l’emergere del cosiddetto “boom economico”, l’economia italiana sviluppò una crescita che si stabilizzò di media al 5 per cento annuo (senza che si fosse manifestato alcun processo inflazionistico, consentendo una decrescita del debito al 33 per cento del Pil).
La spiegazione della succitata decrescita del debito si ricava da diversi fattori, prima di tutto perché il costo del debito era inferiore al tasso di crescita economica e poi perché la politica fiscale fu improntata sul rigoroso equilibrio, grazie sia al contingente boom economico sia a politiche economiche e fiscali assennate.
Perciò, secondo un elementare principio economico, se vi è un incremento dell’economia, la crescita del debito pubblico non costituisce un problema, in quanto esso può essere ripagato senza alcuna difficoltà. Al contrario, quando, invece, vi è una economia in decrescita dal punto di vista nominale, arrivando ad essere più bassa dello stesso tasso di interesse nominale in rapporto al debito, il debito tenderà ad aumentare.
Durante quasi tutta la decade degli anni Sessanta la crescita economica si stabilizzò, fin quando già sul finire, ossia nel 1968, il rapporto debito/Pil aumentò fino ad arrivare al 41 per cento, in un contesto economico-finanziario compromesso dalle prodromiche tensioni nazionali ed internazionali. La situazione peggiorò nel periodo temporale cha va dal 1968 al 1983, durante il quale, nonostante ci fosse stata una crescita economica rilevante (intorno al 3 per cento medio annuo del Pil), la drammatica crisi petrolifera, manifestatasi nel 1973, causò un importante squilibrio per le finanze pubbliche italiane, grazie ad un’inflazione irrefrenabile, che le stesse politiche monetarie dei nostri governati di allora, con la loro svalutazione della lira, contribuirono ad incrementare.
L’Italia fu vittima di uno storico carovita, che dall’aumento del 5,2 per cento del 1972 crebbe ulteriormente nel 1974 arrivando al 19 per cento, per poi stabilizzarsi vicino al 15 per cento per quasi tutti gli anni Settanta, per poi rialzarsi ulteriormente fino a toccare il pernicioso 21,7 per cento. Al riguardo, è necessario rammentare che durante gli anni Settanta ci fu una crescita della spesa inerente al welfare, il che portò ad un incremento della spesa pubblica, che in combinazione con la stagnazione del flusso di entrate fiscale, determinarono un connubio fatale per l’economia dell’epoca, causando la chiusura dei bilanci in un deficit alquanto critico, arrivando a superare il triplo del limite massimo consentito dal Trattato di Maastricht, ossia il 10 per cento.
Dal 1975 fino al 1981, la Banca d’Italia garantì il buon esito delle aste di Stato, in quanto si impegnò a stampare moneta, con la quale comprava i titoli di Stato rimasti invenduti, in modo tale da evitare che ci fosse l’aumento del debito pubblico, scaricandolo sulla Lira, al punto da determinarne una elevata svalutazione, considerando che si svalutò del 40 per cento rispetto al dollaro. Nel 1981, negli Usa, Paul Volker, governatore della banca centrale statunitense (Federal Reserve), per contrastare in modo radicale l’inflazione, decise di applicare una significativa stretta sui tassi d’interesse del dollaro, passando dal 9 per cento al quasi 19 per cento, che se da un lato determinò la conseguenza di ridurre il carovita che scese al 3,2 per cento nel 1983, dall’altro lato innescò una mini recessione e causò anche un effetto domino, in quanto tutte le altre banche centrali mondiali, compresa la Banca d’Italia, furono costrette a inseguire la politica monetaria della Federal Reserve.
Sempre nel 1981, il ministro del Tesoro Beniamino Andreatta inviò una raccomandata al governatore della Banca d’Italia di allora, Azeglio Ciampi, con cui lo invitava a non acquistare più i titoli di Stato italiani rimasti invenduti, applicando da quel momento in poi una politica monetaria indipendente, con l’intento di fare in modo che l’Italia potesse restare all’interno del Sistema Monetario Europeo (Sme), creato nel 1979, il quale sarebbe stato il prodromo della futura unione monetaria (l’Euro).
Nel 1982, già si videro le prime terribili conseguenze di questo processo monetario, con l’aumento dell’inflazione e la riduzione del potere di acquisto degli stipendi, dei risparmi e delle pensioni. Inoltre, i tassi di interesse andarono oltre il 25 per cento e lo spread tra i titoli decennali di Stato italiani e quelli della Repubblica Federale tedesca raggiunse il record di 1175 punti di base.
Negli anni Ottanta, nonostante ci fosse un periodo di sostenuta crescita economica, peraltro con un riscontrato aumento delle entrate, il debito pubblico s’innalzò passando dal 60 per cento del Pil nel 1980 al 100 per cento del 1990, con un’inflazione del 10 per cento. Dulcis in fundo, il 5 gennaio del 1990, il governatore della Banca d’Italia Azeglio Ciampi, prese l’inspiegabile decisione di far transitare la lira dalla banda larga alla banda stretta all’interno del Sistema Monetario Europeo (Sme), esponendo in tal modo la Lira ad attacchi speculativi, che il 16 settembre del 1992 (il famoso “mercoledì nero”) raggiunsero il loro apice con quello cinico e violento compiuto dal finanziere George Soros, causando una temporanea uscita della Sterlina e della Lira dallo Sme.
A questo punto, la Banca d’Italia, per fronteggiare il suddetto aggressivo, nonché pericolosissimo, attacco speculativo, svalutò in modo brusco la Lira, che in rapporto al dollaro si svalutò del 35 per cento e in rapporto al Marco si svalutò del 24 per cento, facendo “bruciare” le riserve valutarie dello Stato italiano per 50 mila miliardi di Lire, corrispondenti ad oltre 25 miliardi di euro attuali.
Inoltre, mentre nel triennio 1990/1992 la Bundesbank aveva iniziato ad alzare i tassi per contrastare l’aumento dell’inflazione causata dalla riunificazione delle due Germanie e nel 1992 il costo del suo denaro era cresciuto fino all’8 per cento, Ciampi, sempre nel 1992, alzò i tassi di interesse con l’obiettivo di stabilizzare il cambio con la moneta tedesca e impedire sia che l’Italia uscisse dallo Sme sia che i capitali italiani defluissero via verso la Germania, ma fece ciò commettendo un imperdonabile errore, che per un governatore della Banca d’Italia fu tanto inconsueto quanto deleterio per le nostre finanze, ossia espresse le sue doglianze per aver aumentato il suddetto tasso d’interesse, innescando automaticamente una sconcertante sfiducia nei mercati che di conseguenza incrementarono la loro fuga, spaventati anche dal fatto che il Governo Amato, il 10 luglio dello stesso anno, impose un prelievo forzoso, nonché a sorpresa, del 6 per mille dai conti correnti degli italiani.
Al postutto, nel 1994, il debito pubblico toccò il 124 per cento del Pil, con un progressivo ed esponenziale aumento che lo ha portato ad aumentare fino a 2762 miliardi di euro, pari a circa il 145 per cento del Pil nel mese di dicembre del 2022.
FONTE: http://www.opinione.it/economia/2023/03/22/fabrizio-valerio-bonanni-saraceno_debito-pubblico-italiano-pil-banca-italia-federal-reserve/
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