RASSEGNA STAMPA DETTI E SCRITTI 29 03 2022
A cura di Manlio Lo Presti
Esergo
Ma il dubbio è che la pandemia sia stata una sorta di esercitazione generale per ulteriori e sconosciuti sistemi di sorveglianza e restrizione
MARCELLO VENEZIANI, La Cappa, Marsilio, 2022, Pag. 57
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SOMMARIO
“Dive. Femminile plurale di Dio”.
GIOVENTU’ ALIENATA, ANZI “OROLOGIATA”
BASTA EMERGENZA, L’IMPORTANTE È CHE RESTI IL GREEN PASS
“Sei contro il vaccino? Non avrai più diritto di parola”. Il Pd ci annuncia la “nuova normalità”
Sigonella, “Forte 11 rientrato”: la misteriosa missione del drone italiano. Cos’è successo in Ucraina?
“UKRAINE KRISIS M.C.”. Chi c’è dietro la Ong che tiene in pugno Zelensky (e paralizza le trattative con la Russia)
La Corsica brucia. Gli indipendentisti attaccano le caserme francesi
Ucraina: la guerra segreta tra Dipartimento di Stato e Pentagono
Ci sono morti che contano, e altri che no. Ad esempio i 50 bruciati vivi nel rogo di Maidan il 2 maggio 2014
Zayin. La Spada dell’Intelletto
La verità sparisce dai radar, se la cronaca diventa teologia
GUERRA E GIORNALISMO: IL RIFIUTO DEL PENSIERO CRITICO
PARAGONE: ORSINI CANCELLATO DALLA RAI PER COLPA DEL PD
Torna la Fornero e promette lacrime e sangue. L’ex ministra e la sua formula preferita
IL CATASTO PATRIMONIALE: CON LA RIFORMA DIVENTEREBBE DEFINITIVO
DRAGHI SEGRETARIO GENERALE DELLA NATO?
LA RUSSOFOBIA C’ERA GIÀ PRIMA DELLA GUERRA!
Anti Putinismo d’accatto: Zurich toglie la Z dal proprio logo. Si chiamerà “Urich”?
I francesi restano in Russia: i soldi non puzzano
È IN ARRIVO IL VERO “RESET”
Magaldi: il vero gioco, sporco, dietro al teatro dell’Ucraina
Massimo Cacciari smaschera il Pd: “Obbediscono agli ordini di Joe Biden”
“Ecco perché deve tacere”. Il durissimo attacco di Luttwak contro Joe Biden
Hunter Biden ha contribuito a garantire milioni di finanziamenti all’appaltatore statunitense in Ucraina
Dalla pandemia alla guerra: la crisi raccontata dal professor Fabio Vighi (Cardiff University)
ARTE MUSICA TEATRO CINEMA
“Dive. Femminile plurale di Dio”.
Il nostro cinema è indissolubilmente legato alle sue protagoniste
Questo articolo, come lo sarà per altri ancora, nasce da una puntata radiofonica della mia rubrica “Spazio Cinema”, condotta da Marco Signorile, in onda su Radio bla bla ogni giovedì fino a tutto maggio dalle 10.15 alle 10.30. In questa terza puntata abbiamo parlato di come si è evoluta la figura femminile all’interno dell’industria cinematografica
Da sempre nell’arte la figura femminile è stata la musa ispiratrice di ogni artista, dalla venere paleolitica di Willendorf, che ha ispirato artisti di ere passate, ad Amanda Lear, musa del surrealista Salvator Dalì, passando per Simonetta Vespucci, nipote del grande navigatore fiorentino e musa ispiratrice di Sandro Botticelli, a Paolina Bonaparte che ha incantato, ammaliato e ispirato il grande Antonio Canova o ancora alle cortigiane Fillide Melandroni o Maddalena Antognetti muse di Caravaggio. E l’elenco potrebbe essere infinito.
Quindi anche il cinema, considerato giustamente la settima arte, non poteva non restare ammaliato dalla bellezza e dalla bravura femminile, ma in questo caso al cinema non basta contemplare solo la bellezza passiva di una donna, ma ne valorizza la bravura e la sua grandezza artistica attiva. Il cinema, dunque, visto come l’arte che capovolge i ruoli tra musa e artista, dove un uomo può essere la musa ispiratrice di grandi donne e anche qui i nomi potrebbero continuare all’infinito, una su tutte l’italiana Lina Wertmüller, prima donna regista al mondo ad avere avuto la candidatura come miglior film straniero con “Pasqualino sette bellezze”, nel quale il grande Giancarlo Giannini è sicuramente la grande ispirazione della regista italiana, venuta a mancare pochi anni fa. Ma in più di 100 anni la figura della donna nel cinema cambia, bisognerà aspettare il 1928 per avere la categoria come miglior attrice protagonista tra le candidature agli oscar e il 1936 per la rosa delle attrici non protagoniste. Il cinema da allora ha delle donne memorabili e la prima in assoluto è Hattie McDaniel, prima donna di colore a ricevere l’ambita statuetta per il ruolo di Mami in “Via col vento” (Gone With The Wind) di Victor Fleming del 1939, ruolo, quello di Hattie, fortemente voluto dall’attore protagonista della mitica pellicola, Clark Gable.
Ma in quegli anni il mondo non era ancora maturo abbastanza per vedere una donna di colore salire un podio così alto e, anche nella democratica America, il razzismo la fece da padrone e non permise all’attrice di poter accedere ai festeggiamenti della serata più patinata di Hollywood. Quindi, per quanto fosse difficile per una donna nera farsi strada nel competitivo mondo del cinema americano negli anni ’30 – ’40, Hattie McDaniel è riuscita ad avere una carriera veramente invidiabile, non solo cinematografica, ma anche radiofonica, tanto da ottenere ben due stelle, col proprio nome inciso sopra, lungo la celeberrima Hollywood Walk of Fame di Los Angeles. Ma la McDaniel non è l’unica donna a fare di Hollywood la mecca del cinema, sono diverse le donne diventate delle vere leggende, donne che sono state e restano ancora il cuore pulsante dell’industria cinematografica. Una tra queste sicuramente è Katherine Hepburn, che ha un posto sul podio visto che durante la sua meravigliosa carriera è riuscita a portare nel suo medagliere un record, ben 4 premi Oscar, per i ruoli da protagonista in “Gloria del mattino” di Lowell Sherman del 1933, ”Indovina chi viene a cena” di Stanley Kramer del 1967, “Il leone d’inverno” di Anthony Harvey del 1968 e infine “Sul lago dorato” di Mark Rydell del 1982. La Hepburn ha collezionato ben 12 nomination. Un’altra super donna da record è sicuramente la grande Meryl Streep, attrice di impareggiabile bravura, figura iconica nella cinematografia mondiale con le sue 19 nomination e 3 premi Oscar.
Il ruolo che l’ha resa celebre è stato quello di Joanna Kramer nel film “Kramer contro Kramer” di Robert Benton del 1979, con la “Scelta di Sophie” di Alan J. Pakula del 1982 che porta sul grande schermo il dramma di una donna polacca sopravvissuta alle atrocità della seconda guerra mondiale e condannata a sopravvivere alla scelta terribile di tenere in vita solo uno dei due figli deportati assieme a lei in un campo di concentramento. Il terzo e al momento ultimo riconoscimento hollywoodiano arriverà nel 2012 per il ruolo di Margaret Tatcher in “The Iron Lady”, che ripercorre la vita pubblica e privata di una delle figure più di rilievo nella politica nazionale e internazionale del Regno Unito nel ‘900. Queste due figure femminili sono solo una piccolissima parte dei volti che hanno fatto e continuano a fare del cinema il grande spettacolo di intrattenimento del XX secolo e il ruolo che esse hanno rappresentato è sempre in continua evoluzione. La settima arte non ha però sempre conferito ai ruoli femminili la giusta identità, ma spesso ne ha restituito l’immagine costruita dagli uomini, deviata ed edificata dal tempo e dalla storia. L’evoluzione della donna nel cinema si esprime in un arco temporale che va dagli anni ’30 fino ai giorni nostri, attraversando personaggi femminili ed epoche storiche diverse. Naturalmente il mondo femminile ha subito trovato uno spazio personale, anche se agli albori della nascita della settimana arte non godeva per niente di spazi di rispetto e di rilievo, l’unica prospettiva che le veniva concessa da un mondo molto misogino era l’amore, l’unico fine a cui potevano adempiere, spesso vittime di uno star system crudele e senza pietà. Per quanto potesse assumere la centralità di una pellicola, il personaggio femminile era inesorabilmente legato e intrecciato a quello dell’uomo, quindi sempre subalterno e vincolato.
Da questo emerge che i ruoli femminili si limitano a due direzioni: quello della donna come regina del focolare, figura fedele e virtuosa da una parte, e quello della donna infedele e provocante, che fa della seduzione e del fascino un’arma potente per attrarre gli uomini. Gli anni passano, la società cambia e con essa anche il ruolo femminile nel cinema, che si evolve al punto di permettere la nascita delle “flapper girl”, considerato oggi un timido tentativo di movimento femminista, ciò che possiamo notare in film come “The Woman”, “Volto di donna” e “Il romanzo di Mildred”, una figura femminile quindi che vuole divincolarsi dalla sudditanza maschile per potersi appropriare della propria libertà, che porterà la donna del cinema ad affacciarsi al mondo del lavoro munita di un forte desiderio di autoaffermazione e diventa quasi territoriale, che ha ben chiaro lo spazio in qui vuole muoversi e affermarsi, non più il focolare domestico a cui era sempre stata relegata, come il film “L’angelo bianco” ci testimonia, tutto questo mentre il mondo stava affrontando la grande crisi del ‘29. Ma gli anni trenta furono anche gli anni del codice Hays, che dettò le regole circa la moralità della donna nel cinema, quindi grazie a Joe Breen la donna tornò al suo ruolo di figura del focolare domestico. Ma si sa che all’arte difficilmente si possono mettere le briglie, l’arte nel suo essere un cavallo libero nelle praterie americane fece sì che maestri come John Ford o Orson Wells o Alfred Hitchcock o il grande Josef von Sternberg, veri e propri trasgressori, riuscissero ad aggirare le dure restrizioni dello studio system e accendessero le luci dei riflettori su donne del calibro della divina Marlene Dietrich, diva che indossò le vesti della prima femme fatale. Il fascino e la bellezza che interpretò la Dietrich sono ineguagliabili e ciò che va sottolineato è che la donna da lei incarnata è un nuovo ed intramontabile modello femminile, che attraversa la storia del cinema con film come “Marocco”, “L’angelo azzurro”, “L’imperatrice Caterina” e “Venere Bionda”, ruoli che fecero della Dietrich, come fu per Greta Garbo, uno dei miti cinematografici più immortali che la settima arte abbia mai fatto nascere. Un’altra figura molto simile alla femme fatale è la dark lady, figura femminile appartenente al genere noir, donna maliziosa ma apparentemente angelica, protagonista assoluta di pellicole come: “Il mistero del falco” o “La fiamma del peccato” di Barbara Stanwyck o “Gilda” di Charles Vidor del 1948 e la “Signora di Shanghai” di Orson Welles del 1949, con l’insuperabile divina Rita Hayworth, figura artistica completa come poche, donna quella di Gilda che assume la forma della dark lady infedele, provocatrice, alla ricerca della sua libertà per togliersi gli scomodi vestiti della donna peccatrice.
Poi ancora Bette Davis che con i suoi personaggi ha rinvigorito il ruolo della donna emancipata, vedi film come “Eva contro Eva” di Joseph L. Mankiewicz del 1951, o “Schiavo d’amore” o ancora “Perdutamente tua”. Ma un film che ha sicuramente cambiato la figura della venere cinematografica è “Viale del tramonto” dove Norma Desmond “Gloria Swanson”, vecchia gloria del muto, icona di un periodo cinematografico in cui cinema e teatro erano più in relazione, quando uno sguardo o un gesto aveva lo stesso potere interpretativo di una battuta o di un monologo o di qualsiasi altro dialogo verbale, indimenticabile lo sguardo della lucida follia di Norma quando scende le scale per interpretare il suo inesorabile Viale del tramonto. Da quel film tutto sarà diverso, perché nel cinema le figure femminili per tutti gli anni ’50 tracceranno con le loro interpretazioni un percorso che dominerà il cinema fino ai nostri giorni, sono donne del calibro di Joan Crawford, Sophia Loren, Silvana Mangano o Marilyn Monroe o ancora Anna Magnani, quest’ultima simbolo di una bellezza fuori dai canoni, non stereotipata e omologata alle misure delle maggiorate, molto apprezzate dal pubblico, o dalle mode del tempo, quindi Anna Magnani vince su tutte in quanto rappresenta se stessa e la propria arte e parlo di Anna in “Roma città aperta”, di Roberto Rossellini del 1945, o in “Bellissima”, di Luchino Visconti del 1951, infine in “La rosa Tatuata” di Daniel Mann che nel 1955, con la celebre frase “…and the Oscar goes to… Anna Magnani” all’Academy Awards di Los Angeles, regalò al nostro Paese il suo primo Oscar per la miglior attrice protagonista.
Ma per il nostro cinema al femminile non sarà che l’inizio di una lunga serie di riconoscimenti, perché nel 1962 sarà la volta di Sophia Loren, che riceverà l’ambita statuetta per il ruolo di Cesira nella “Ciociara” di De Sica; sempre per la Sophia nazionale nel 1991 arriverà un secondo Oscar, alla carriera. Ma il primato italiano e non solo ma anche un primato mondiale, che condivide con l’insuperabile Kathryn Hepburn, si deve alla pluripremiata Milena Canonero, la costumista italiana, che tra i suoi primi incarichi può vantare quello per “Arancia Meccanica” di Stanley Kubrick, per il quale la nostra costumista idea le iconiche bombette indossate da Malcom mcDowell. Milena, la nostra lady Oscar, annovera nel suo medagliere ben 9 nomination e 4 premi Oscar, vinti per i costumi di: “Barry Lyndon” sempre di Kubrick nel 1976, per “Momenti di gloria” di Hugh Hudson nel 1982, per “Marie Antoinette” di Sophia Coppola del 2007 e nel 2015 si aggiudicherà il suo quarto premio Oscar con il capolavoro di Wes Anderson “Grand Budapest Hotel”.
Icone quindi, dive, leggende o stelle del firmamento hollywoodiano, donne chiamate in diversi modi da Bette Davis a Ingrid Bergman, da Olivia de Havilland, da Gina Lollobrigida a Claudia Cardinale, da Virna Lisi a Marilyn Monroe da Jane Fonda a Gena Davis o Susan Sarandon o Michelle Pfeiffer o Uma Thurman, o ancora l’attrice di “Erin”Brockovick” di Steven Soderbergh del 2000 Julia Roberts, la prima attrice a cambiare le regole misogine e maschiliste di una Hollywood degli anni ’90 lontana da quella parità uomo/donna di cui voleva fregiarsi, la Roberts fece in modo che il suo compenso fosse pari a quello dei suoi colleghi maschi. E l’elenco potrebbe andare all’infinito, sono tutte donne senza le quali oggi il cinema sarebbe più povero, senza le quali oggi il cinema non godrebbe di quella bellezza senza tempo, di quell’arte che ha fatto del cinema la settima arte. Infine vorrei chiudere questo mio viaggio nel mondo femminile del cinema citando tre donne che per l’Italia sono state fondamentali per aiutarci a uscire dal torpore del secondo dopoguerra e per avere dato al nostro Paese la possibilità di distinguersi e poter sventolare il nostro tricolore sulle vette più alte del cinema e della moda.
Mi riferisco a Audrey Hepburn, che con il suo “Vacanze Romane” di William Wyler del 1953 fece conoscere al mondo le bellezze di Roma e lanciò la Vespa come simbolo di una generazione che si stava buttando alle spalle il secondo dopoguerra. Cito ancora Linda Cristian, moglie di Tyrone Power, che farà conoscere la moda italiana nel mondo lanciando le mitiche Sorelle Fontana nel dorato mondo di Hollywood e infine la grande Liz Taylor, la diva dagli occhi viola, che con il suo “Cleopatra” di Joseph L. Mankiewicz del 1963 fece di Cinecittà e di Roma la Hollywood sul Tevere portando i set cinematografici più importanti e la mondanità tra le strade della Capitale.
Paolo Tinorio
FONTE: https://www.farodiroma.it/518188-2/
ATTUALITÀ SOCIETÀ COSTUME
GIOVENTU’ ALIENATA, ANZI “OROLOGIATA”
28 03 2.22
La cronaca ci narra che nei giorni scorsi ci sono state lunghe file davanti ai negozi nei quali è in vendita un nuovo orologio, una sorta icona super must a quanto pare. Ci sono state addirittura code, che in taluni casi sono continuate anche la notte, da parte di tutti questi aspiranti consumatori che, non solo vogliono essere tra coloro che hanno questo oggetto reliquia, ma che vogliono anche in taluni casi atteggiarsi a speculatori, visto che taluni pensano di rivendere questo oggetto del desiderio anche a prezzi maggiorati.
Qualcuno potrebbe anche pensare a una fake news, magari lo fosse, purtroppo quanto descritto è assolutamente vero: questa è la tragedia.
Qualche lettore potrebbe dire, ma quale è la tragedia. La tragedia sta nel constatare che una intera generazione non sa più quali sono i reali punti di riferimento. Attribuire con assoluta superficialità valore, a ciò che non ha un reale valore, significa che non si è più in grado di distinguere tra reale ed irreale.
Sottoporsi a file chilometriche solo per questo significa che siamo di fronte a soggetti alienati, che non sanno più dove sono.
Anche questo è il simbolo di un occidente che è fuori dalla realtà e che vorrebbe continuare a ballare a bordo del Titanic.
Sarebbe stato interessante chiedere a questi gaudenti consumatori, magari per intrattenerli mentre attendevano il loro turno, cosa ne pensassero della tragedia ucraina, della crisi energetica, o qualcosa del genere.
Non è difficile immaginare che qualcuno avrebbe risposto, riguardo la crisi energetica, che gli orologi non consumano praticamente nulla.
Amen awomen
FONTE: https://www.nuovogiornalenazionale.com/index.php/italia/cronaca/6083-gioventu-alienata-anzi-orologiata.html
BELPAESE DA SALVARE
BASTA EMERGENZA, L’IMPORTANTE È CHE RESTI IL GREEN PASS
PER RICORDARE QUESTA GENTE E QUANTA LIBERTÀ DI OPINIONE ESISTE NELLA EX-ITALIA SE NON LA PENSI COME IL PD
“Sei contro il vaccino? Non avrai più diritto di parola”. Il Pd ci annuncia la “nuova normalità” (Video)
VIDEO QUI: https://www.la7.it/coffee-break/video/vaccino-anticovid-andrea-romano-pd-stavolta-non-scherziamo-gli-antivaccinisti-andranno-zittiti-24-11-2020-351962
CONFLITTI GEOPOLITICI
Sigonella, “Forte 11 rientrato”: la misteriosa missione del drone italiano. Cos’è successo in Ucraina?
Sigonella sta recitando un ruolo “oscuro” ma importante nella guerra in Ucraina. La base militare Usa, che è situata a pochi chilometri di distanza tra Catania e Siracusa, è utilizzata anche per mettere in funzione i droni statunitensi e della Nato: quando è in atto una crisi internazionale legata al Mediterraneo o all’Europa, da Sigonella vengono attivati i droni che servono per registrare quanto avviene nei luoghi di guerra, in questo caso l’Ucraina.
Già a gennaio diversi droni hanno preso il volo dalla base siciliana per capire quanto fossero reali le intenzioni della Russia di procedere con un’invasione che è stata negata fino al momento in cui non è effettivamente avvenuta. E forse anche grazie a quei viaggi gli americani avevano raccolto informazioni tali da essere sicuri dell’offensiva imminente da parte dei russi, anche quando nessuno ci credeva. La scorsa notte a Sigonella è avvenuto il rientro del drone Northorp Grumman RQ-4A Global Hawk, identificato come “Forte 11”. Tale aereo senza pilota ha videosorvegliato il Mar Nero e le zone limitrofe a quelle dell’azione russa in Ucraina.
L’obiettivo ovviamente è di raccogliere tutte le informazioni possibili sugli spostamenti delle forze di Mosca. Le perlustrazioni con i droni sul Mar Nero servono soprattutto per prevenire un eventuale sbarco anfibio russo a Odessa: nel caso l’esercito ucraino verrebbe avvisato immediatamente. Dal punto di vista tecnico, il drone “Forte 11” ha un’autonomia di almeno 30 ore e quindi non ha problemi a fare Sicilia-Ucraina-Sicilia per raccogliere dati.
FONTE: https://www.liberoquotidiano.it/news/esteri/30959851/sigonella-forte-11-rientrato-missione-drone-italiano-ucraina.html
“UKRAINE KRISIS M.C.”. Chi c’è dietro la Ong che tiene in pugno Zelensky (e paralizza le trattative con la Russia)
28 03 2022
di Pierluigi Fagan
PUPAZZI E PUPARI.
Alla sua elezione nel 2019, Zelensky ricevette un caldo benvenuto da parte di una organizzazione che si chiama: UKRAINE KRISIS M.C.
Questi, pubblicarono una lunga lista di “linee rosse” che il nuovo presidente non avrebbe dovuto oltrepassare, pena la perdita di consenso internazionale occidentale che vale a due livelli: il grande pubblico, il piccolo vertice dei “portatori di interesse” ovvero governi e loro diramazioni, tra cui i finanziatori, protettori, armatori della giovane democrazia ucraina.
Il documento era sottoscritto da una lunga lista di organizzazioni ucraine e non che troverete in fondo al testo. Il movente era dato dal fatto che su quel primo mese di governo del neo-presidente, eletto su una piattaforma anti-corruzione e di relativa pacificazione con la Russia, l’organizzazione aveva da ridire allarmata. Tanto da scrivergli non dei ragionamenti politici o punti di vista legittimi, ma una chiara lista della spesa di “linee rosse”, da non superare in alcun modo, un diktat insomma, l’oggetto di un contratto.
- CHI FINANZIA L’UKRAINE KRISIS? L’elenco completo è nell’allegato. Segnaliamo con distinzione: International Renaissance Foundation (IRF membro del network Open Society Foundation di George Soros); il National Endowment for Democracy (una stella di primaria grandezza della galassia di fondazioni ed ONG americane tese a “promuovere” con ogni mezzo la democrazia ed il mercato, non l’una o l’altro ma l’abbinata perché controllando il mercato si controlla la democrazia; la NATO; istituzioni della Lega del Nord Europeo-Anglosassoni (olandesi, svedesi, norvegesi, finlandesi, polacchi, canadesi, estoni, cechi, tedeschi ed americani a capo di tutto)
- QUALI ERANO LE LINEE ROSSE DA NON OLTREPASSARE SEGNALATE A ZELENSKY? Una selezione delle tante cose che il neo-Presidente NON avrebbe dovuto fare pena a perdita di finanziamenti e protezione comprendeva:
– Consultare il popolo con appositi referendum per decidere come negoziare con la Russia.
– Fare negoziati diretti con la Russia senza i partner occidentali
– Cedere qualsivoglia punto nei negoziati con la Russia sulle varie questioni (NATO, Donbass, Crimea, allineamento internazionale etc.) non cedere neanche un millimetro di territorio, non riconoscere a Mosca alcun punto per il quale l’Occidente ha elevato sanzioni alla Russia (Crimea).
– Ritardare, sabotare o rifiutare il corso strategico per l’adesione all’UE e alla NATO
– Ripensare la legge sulla lingua, l’ostracismo a media e social media russi, dialogare coi partiti di opposizione filo-russi (poi di recente messi direttamente fuori legge, sono 11), venire a patti politici con precedenti figure coinvolte nel governo Janukovich (democraticamente eletto e rovesciato col colpo di Stato del 2014), lanciare operazioni giudiziarie contro il governo precedente di Poroshenko (appoggiato dagli stessi firmatari) contro il quale Zelensky vinse le elezioni con il 30%.
Il documento è regolarmente on line. Datato 23 maggio 2019 (il secondo turno delle elezioni ucraine che elessero a sorpresa Zelensky era il 21 aprile, un mese prima). L’ho trovato seguendo un semplice link della pagina Wiki del IRF di Soros. Tempo di ricerca 2 minuti.
Si noterà in tutta evidenza che pur essendo del 2019, tocca gli stessi punti a base oggi del conflitto e relative, impossibili, trattative di pace. Se ne volgete il testo dal negativo al positivo, è in pratica buona parte della piattaforma 3+2 avanzata dai russi per risolvere il conflitto.
Io non sono un giornalista ma come studioso faccio certo ricerche per comprendere gli eventi. Ma evidentemente “fare ricerche” per inquadrare fenomeni non è giudicato necessario nel regime democratico di mercato. Ma io non sono un “democratico di mercato”, ma un democratico radicale cioè uno che pensa che la democrazia dovrebbe essere l’ultima istanza di decisione politica di una comunità.
Se avete amici che rispettate ed a cui volete bene, che pensano in buona fede di esser “democratici” e di star parteggiando per l’esercito di difesa della democrazia, mandateglielo, fateglielo leggere tutto (con Google translator) e chiedetegli onestamente cosa ne pensano. La democrazia siamo noi, almeno in teoria.
Tanto vi diranno che poiché questo tipo di post si può qui scrivere ma in Russia no, questa nostra è “vera democrazia” e tanto basta. L’importante infatti è non avere la più pallida idea di cosa è democrazia e cosa no.
FONTE: https://www.lantidiplomatico.it/dettnews-ukraine_krisis_mc_chi_c_dietro_la_ong_che_tiene_in_pugno_zelensky_e_paralizza_le_trattative_con_la_russia/45289_45767/
La Corsica brucia. Gli indipendentisti attaccano le caserme francesi
Marzo 27, 2022 posted by Guido da Landriano
La Francia è una polveriera e la sua miccia è la Corsica. Dopo il ferimento dell’indipendentista corso Yvés Colonna il due marzo da parte di un detenuto islamista e la sua morte il 20 la Corsica è entrata in una situazione esplosiva di scontri, incendi, attacchi alle forze dell’ordine e ora perfino alle caserme dell’esercito francese sull’isola. Qui gli attacchi, anche con molotov, alle caserme Furiani e D’Aspretto
Tutta la Francia però è una polveriera, con la Corsica che è solo il luogo più caldo. Ovviamente non sentirete nulla del genere in Italia, in TV, ma le proteste sono continue, caotiche e casuali, come l’”Operazione lumaca” nei pressi di Rennes, la scorsa settimana,
La prefettura della città di Gueret è stata murata dai contadini infuriati per il rialzo dei prezzi dei carburanti e la legislazione nemica del lavoro.
La Francia voterà il 22 aprile per le presidenziali, al primo turno, e , nello stesso tempo, è una polveriera al limite dell’esplosione. Solo la divisione dell’opposizione può permettere a Macron di vincere ancora.
FONTE: https://scenarieconomici.it/la-corsica-brucia-gli-indipendentisti-attaccano-le-caserme-francesi/
Ucraina: la guerra segreta tra Dipartimento di Stato e Pentagono
Di interesse una nota di Joe Lauria su Consortium News in merito ad un articolo di Newsweek (di cui avevamo pubblicato una sintesi) nel quale analisti del Pentagono spiegano, nel dettaglio, come la Russia stia trattenendo l’uso della forza, usando le forze aeree e i missili per lo più a supporto delle forze di terra ed evitando i bombardamenti indiscriminati sui civili (qui l’integrale di Newsweek).
Secondo Lauria, quanto riferito dagli analisti a Newsweek (che riferiva informazioni che contrastavano la narrativa, imperante, del Dipartimento di Stato) sarebbe uno dei tanti indizi di una guerra sottotraccia che si sta consumando tra il Dipartimento di Stato e il Pentagono, cioè i militari, alieni da certe follie belliciste dei neoliberisti che presiedono al Dipartimento di Stato, i quali, insieme ai neocon, stanno spingendo per un ingaggio diretto della Nato nel conflitto ucraino, col rischio di innescare l’Armageddon.
Altro indizio di tale contesa, secondo Lauria, sarebbe la smentita, sempre proveniente dal Pentagono, della preparazione di un attacco chimico da parte della Russia nel teatro di guerra, tasto sul quale invece l’amministrazione Biden sta battendo molto.
Così Lauria: “La Reuters ha riferito: ‘Gli Stati Uniti non hanno ancora visto alcuna indicazione concreta di un imminente attacco russo con armi chimiche o biologiche in Ucraina, ma stanno monitorando da vicino i flussi di intelligence, ha affermato un alto funzionario della Difesa statunitense’”.
“Il funzionario del Pentagono ha affermato: ‘Non c’è alcuna indicazione che ci sia qualcosa di imminente al riguardo in questo momento’. Né il New York Times né il Washington Post – commenta Lauria – hanno pubblicato l’articolo della Reuters, apparso nel più oscuro US News and World Report”.
Forse la dialettica evidenziata da Lauria è esagerata, ma forse anche no. perché non c’è due senza tre… agli inizi di marzo, infatti, il Dipartimento di Stato aveva chiesto alla Polonia di fornire i propri jet da combattimento agli ucraini, richiesta a cui Varsavia, dopo aver nicchiato, ha acconsentito, a patto però che l’iniziativa fosse addebitata alla Nato.
Così si era detta disponibile a inviare i propri aerei in una base americana sita in Germania dalla quale avrebbero poi dovuto essere trasferiti nel teatro di guerra. Ma il Pentagono, ben conscio che l’iniziativa incendiaria rischiava di innescare un conflitto diretto tra Nato e Russia, ha posto il veto.
Commentando questo nascosto retroscena, Ron Paul scriveva: “Il Dipartimento di Stato sta cercando di farci entrare in guerra e il Pentagono sta cercando di tenerci fuori. Che ironia!”.
Questa guerra, dunque, si combatte su più fronti, alcuni dei quali riposti e invisibili al grande pubblico, ma non meno cruciali. Uno dei fronti è quello economico, con le sanzioni che, nelle intenzioni degli Stati Uniti, dovrebbero piegare o far collassare la Russia.
Obiettivo arduo se Mosca è sostenuta dalla Cina, da cui l’incontro tra Biden e Xi Jinping per tentare di indurre Pechino a rescindere i rapporti con la Russia. Obiettivo mancato, anche se la Cina resta in grandi ambasce, dato che teme che tale posizione gli attiri nuove iniziative restrittive da parte dell’Occidente.
Ambasce, peraltro, amplificate in questi giorni dalla tragedia aerea avvenuta il giorno dopo l’incontro con Biden, che ha causato la morte di 132 persone (per i dettagli si può leggere sul Corriere della Sera l’articolo dal titolo “Aereo caduto in Cina. Il mistero del silenzio dei piloti prima dello schianto”).
Non solo la Cina, anche l’India sta dando grandi grattacapi alle Cancellerie occidentali, dal momento che anche l’altro gigante asiatico si è rifiutato di aderire alla campagna di contrasto alla Russia, dati i suoi legami con Mosca.
Il pressing per convincere New Delhi non sta dando risultati, anzi: a una delegazione britannica di alto profilo, che avrebbe dovuto recarsi in India in questi giorni, è stato chiesto di evitare il viaggio (Guardian). E oggi il ministro degli Esteri cinese Wang Yi si è incontrato con il consigliere per la sicurezza nazionale indiano Ajit Doval (incontro inusuale dati i recenti aspri contrasti tra i due giganti asiatici).
Wang Yi era reduce da una visita in Afghanistan (la prima volta che un funzionario di così alto livello di Pechino si receva nel Paese limitrofo dopo l’ascesa al potere dei talebani). Così è molto probabile che, oltre alla situazione internazionale dominata dalla guerra ucraina e dalle conseguenze economiche della stessa, i due abbiano parlato anche di come stabilizzare la situazione a Kabul, che le sanzioni americane hanno messo in ginocchio.
Sull’Afghanistan riportiamo quanto scrive il sito del Libertarian Institute: “Il governo afghano ha stimato che oltre 13.000 neonati sono morti nel Paese quest’anno, appena sei mesi dopo che gli Stati Uniti hanno ritirato gli aiuti umanitari, sequestrato i conti bancari ufficiali e sanzionato il nuovo regime di Kabul”. Nessuno racconta questa tragedia, perché a uccidere, in questo caso, non sono le bombe russe, ma le più democratiche e liberali sanzioni americane.
Tanto democratiche e liberali che vengono esaltate esplicitamente… Due giorni fa, ad esempio, la scomparsa dell’ex Segretaria di Stato Madeleine Albright, elogiata da tutti i media mainstream perché, prima donna a ricoprire la carica di Segretario di Stato (grazie alla sua amicizia con la First Lady Hillary Clinton), ha avuto il “merito” di aver organizzato la guerra dei Balcani, forgiando la “leadership” Usa del post ’89 (così il Washington Post).
Di lei ricordiamo anche una caduta di stile, ripresa da Democracy Now, molto illuminante, insieme al ritratto del Wp, per quanto riguarda l’attualità, che riguardava le conseguenze delle dure sanzioni inflitte all’Iraq: “‘Nel maggio del 1996, 60 Minutes trasmise un’intervista a Madeleine Albright, che all’epoca era l’ambasciatrice alle Nazioni Unite della presidenza Clinton”.
“La corrispondente Leslie Stahl chiese all’Albright: ‘Abbiamo sentito che mezzo milione di bambini sono morti. Voglio dire, sono morti più bambini che a Hiroshima. E… e, sai, ne vale la pena?’ Madeleine Albright risposte: ‘Penso che questa sia una scelta molto difficile, ma il prezzo… pensiamo che ne valga la pena’”.
FONTE: https://piccolenote.ilgiornale.it/55249/ucraina-la-guerra-segreta-tra-dipartimento-di-stato-e-pentagono
Ci sono morti che contano, e altri che no. Ad esempio i 50 bruciati vivi nel rogo di Maidan il 2 maggio 2014
R. Gómez – 11 03 2022
Riceviamo e pubblichiamo questo articolo di Ramiro Gómez che dà voce alle ragioni della componente russofona del Donbass
Scrivo queste righe cercando di contenere la rabbia e l’indignazione prodotte dalle reazioni della sinistra occidentale e della società in generale al contrattacco russo contro l’Ucraina.
La verità è che non mi aspetto molto da questo. Ho abbondantemente avuto la dimostrazione che nessuno è più cieco di chi non vuole vedere e che non importa quanto tutti voi ripetiate mille volte che la TV manipola, continuate a ballare al ritmo che vi impongono i mass media dell’Occidente.
Da ieri ho visto i social network pieni di cartellucci “NO ALLA GUERRA” dai quali sono stati rimossi quasi vent’anni di ragnatele accumulatesi dalla guerra in Iraq.
Potrei dire che quegli stessi manifesti sono stati dimenticati in fondo al cassetto dell’infamia, mentre Israele massacrava la Palestina. Mentre gli Stati Uniti devastavano l’Afghanistan o la Libia con massicci bombardamenti che hanno ucciso più di 150.000 persone, tra cui migliaia di bambini. Morti sui quali gli Stati Uniti si sono rifiutati di indagare. Ma dire tutto questo sarebbe troppo facile. Potrei dire che quando i media vi hanno detto di nuovo che, come in Libia, bisognava intervenire in Siria, siete rimasti in silenzio mentre gli Stati Uniti attaccavano un paese sovrano e saccheggiavano le sue riserve petrolifere.
Potrei anche dire che finora, a febbraio 2022, ci sono stati morti in Palestina e a Damasco a causa dei bombardamenti israeliani, così come nello Yemen o in Somalia. E i vostri cartellucci restavano nel dimenticatoio.
Potrei anche dire che le politiche occidentali hanno causato un genocidio costante nelle acque del Mediterraneo, ma vorrebbe dire consentire a quattro facce da culo di etichettarmi come demagogo. Si vede che ci sono morti che contano, e altri che no.
Come ha detto Malcolm X, fai attenzione ai media perché altrimenti finirai per difendere gli oppressori.
Ma voglio concentrarmi sulla guerra scoppiata in Ucraina nel 2014, alla quale i vostri insulsi manifesti stanno arrivando con 8 anni di ritardo. Tutti possono confondersi, tutti possiamo commettere errori, ma è anche possibile che ci sia qualcosa di più perverso a seconda delle “sviste”.
Avere memoria è molto importante, tanto più in una società che produce conflitti usa e getta rispetto ai quali la maggior parte delle persone agisce solo mettendo un avatar alla moda nella propria immagine del profilo e, qualche giorno dopo, con l’apparizione di qualsiasi notizia dalla stampa rosa, dal calcio o da qualsiasi altra stupidaggine tutto finisce nel nulla.
Prima di tutto dobbiamo capire che una guerra oggi non compare dal nulla e molti di noi sanno che la guerra globale è iniziata molto tempo fa. Altra questione è che i media di cui ci nutriamo, decidano che tempo fa o quali conflitti esistono o non esistono, ma sono molti gli angoli del mondo che sono in guerra da anni e sono resi invisibili perché gli interessi economici alla loro origine favoriscono l’alleanza occidentale USA-NATO.
Per anni la NATO-USA ha tradito i suoi impegni e ha costruito basi militari insediando le sue truppe lì lungo il confine russo, con l’intenzione di indebolire e assediare i paesi eurasiatici che potrebbero competere con il dollaro e l’euro.
Basta cercare una mappa delle basi NATO in tutto il mondo per vedere come le mosse aggressive siano in corso da anni.
La guerra ucraina è solo un altro capitolo di una serie molto più lunga ed è essenziale tenerne conto quando si analizzano gli eventi degli ultimi giorni.
Prima di tutto dirò che Putin mi disgusta, e che la Russia non è l’URSS e le sue politiche non hanno nulla a che fare con il suo passato sovietico, ma mi rifiuto di concentrarmi sulla Russia, perché ritengo che ciò significhi far pendere la bilancia dal lato sbagliato e possa solo dare origine a posizioni manipolate.
Mi concentrerò sul mio amato popolo del Donbass.
Quando nel 2013 il movimento Maidan è emerso come una presunta risposta sociale alla corruzione politica, gli operai e i minatori del Donbass lo hanno guardato con simpatia, nonostante fossero impegnati in uno sciopero nelle miniere di carbone, da città abbandonate per lungo tempo dalle amministrazioni, molto lontane dalla vita della capitale.
Anche da qui abbiamo visto le immagini delle manifestazioni di massa a Kiev e di come si scontravano molto violentemente con la polizia.
Fin qui tutto bene. Le bandiere rosse e nere davano un bel tocco che faceva sì che una società dello spettacolo come la nostra applaudisse tali simboli e sostenesse quei movimenti.
Le cose cominciarono ad andare male quando i manifestanti che attaccavano la polizia indossavano uniformi paramilitari e i simboli nazisti cominciarono ad apparire sui loro bracciali. Qualcosa stava iniziando a puzzare. La bandiera rossa e nera si rivelò essere il simbolo dell’esercito insurrezionale ucraino del nazista Stepan Bandera, che si alleò con i nazisti tedeschi nella seconda guerra mondiale, compiendo massacri contro i suoi concittadini ebrei ucraini che finirono per scandalizzare gli stessi Tedeschi.
È curioso vedere come se qualcuno lancia una pietra contro la polizia di Euskadi (Paese Basco, N.d.T.), Catalogna o a Madrid è considerato poco meno di un terrorista, ma quando qualcuno brucia vivo un poliziotto in Venezuela o in Ucraina è un attivista per la libertà.
Gli eventi successivi sono noti a tutti. Il presidente Yanukovych (l’ennesimo corrotto, come qualsiasi altro) ha lasciato l’Ucraina e il colpo di stato ha insediato un fascista riconosciuto come Poroshenko. I nazisti hanno occupato le piazze. A poco a poco si sarebbe scoperto che tali proteste erano sostenute da valigette di dollari USA che venivano gonfiate per costruire il mostro della guerra.
La violenza da allora è stata selvaggia e quotidiana. La prima cosa che fecero fu andare a distruggere le sedi di comunisti e antifascisti. I gruppi armati nazisti si presentarono a tutte le assemblee e dissero: o con noi o vi uccidiamo. Molti fuggirono e si allontanarono, altri presunti compagni si unirono ai ranghi nazisti in nome dell’Unità ucraina: una follia, ma andò così.
La popolazione dell’Ucraina è molto eterogenea, con un 20% delle persone di origine russa abitante principalmente nell’est del paese, nel bacino minerario del Donbass. Ci sono anche Tartari, Bielorussi, Rumeni, Moldavi, Polacchi Ungheresi, Zingari, Ebrei ecc.
Nell’Ucraina orientale, quando Stalin mandò migliaia di lavoratori russi a popolare l’area abbandonata del Donbass, ricca di carbone, per sfruttare le miniere, le famiglie russe e ucraine si fusero per creare una sana convivenza con più amore fraterno che odio. Le famiglie di padre russo e madre ucraina e viceversa, lì erano quanto di più normale.
Ma qualcosa, da anni, stava minacciosamente fermentando.
In primo luogo, nelle scuole si cominciò a riabilitare l’esercito ribelle di Stepan Bandera, che era stato considerato fuorilegge e antipatriottico, e si cominciò a fare passare i banderisti come “eroi della patria” (oggi è facile trovare libri di scuola elementare con immagini di bambini disegnati con gli emblemi rossi e neri di questi selvaggi assassini).
D’altra parte, dai principali talk show politici della televisione ucraina, si è iniziato a creare il brodo di coltura per l’odio etnico, molto ben progettato e curato, nel quale la popolazione russa è stata spacciata per colpevole di tutti i mali economici che affliggono il popolo ucraino, il tutto complicato dalla politica locale di Yanucovich che aveva optato per relazioni commerciali con la Russia, invece che con la “prospera Europa”.
In questi dibattiti televisivi la popolazione del Donbass era descritta quasi come scimmie subumane che servivano solo a lavorare di piccone nelle miniere di carbone, in contrasto con la popolazione ucraina di Kiev con la sua università e il suo mondo moderno: un costante bombardamento di odio etnico.
C’è un video su Internet in cui si vede un famoso conduttore televisivo ucraino che dice “È una verità difficile da accettare, ma queste persone sono un peso, che ci impoverisce e occupa uno spazio di cui noi veri ucraini abbiamo bisogno. È duro da dire, ma nel Donbass c’è gente che deve morire”. Così, senza vaselina e per anni, mentre allo stesso tempo Pravy Sektor e Svoboda, i principali partiti nazisti in Ucraina, hanno addestrato paramilitarmente i loro militanti, con denaro occidentale, alle tecniche di guerra e di combattimento.
Tornando al Maidan, l’effetto di tutta questa strategia ha portato i frutti che si aspettavano. L’odio nazista e razzista ha portato a linciaggi da parte di Kiev di persone razzializzate, omosessuali, di sinistra o nostalgiche del passato sovietico. Gli omicidi avvenivano ogni giorno. È in questo momento che i gruppi paramilitari di estrema destra si formano come battaglioni militari ufficiali, pagati con un buono stipendio direttamente dai portafogli di oligarchi locali come Kolomoski, tra gli altri. Questi battaglioni vanno nel Donbass.
Mentre queste formazioni marciano emulando simbologia e uniformi dei gruppi nazisti tedeschi, i civili di Kiev li applaudono scandendo slogan come “morte ai russi”, “Gloria all’Ucraina, gloria agli eroi”. La tragedia stava per scatenarsi.
Mentre le unità naziste andavano a schiacciare il popolo del Donbass, i civili ultra-nazionalisti esaltati iniziavano a imporre la loro legge su tutte le città. La prima cosa che fecero fu abbattere tutte le statue di Lenin (a est ce n’è una in ogni villaggio) e linciare tutti quelli che consideravano nemici della patria.
Senza andare troppo lontano, ci sono molte immagini di eventi diversi, in cui gruppi di giovani e meno giovani prendono a calci senza pietà le teste di anziani che portano fiori alle statue di Lenin.
La maggior parte di questi pestaggi incontrollati finiscono con la morte delle vittime.
Le persone dell’est, di origine russa, sono costrette a reagire. Vedendo quello che sta arrivando loro addosso, iniziano a radunarsi nelle piazze e intorno alle statue di Lenin per dimostrare la loro posizione e organizzare la loro autoprotezione.
Arriva il fatidico giorno che ha cambiato la vita di migliaia di persone in molti paesi: il 2 maggio 2014.
Il campionato di calcio, “casualmente”, in quel brodo di coltura, organizza una partita amichevole “per la patria” tra due squadre di calcio con grandi tifoserie fasciste. Prima della partita tutti si uniscono in una dimostrazione per l’unità della patria ucraina.
Nelle vicinanze del percorso di quella manifestazione, un accampamento di manifestanti anti-Maidan di origine russa era stato allestito davanti alla Casa dei Sindacati.
In Russia la “Settimana Santa” è segnata dalla storia sovietica, e va dal 1 ° maggio, Giorno della classe operaia, fino al 9 maggio, quando si commemora il Giorno della Vittoria contro il Terzo Reich tedesco; sono giorni di vacanze e le persone colgono l’occasione per fare visita ai parenti e fare escursioni, per questo all’accampamento anti-Maidan sono presenti solo alcune centinaia di persone, per lo più pensionati e bambini.
A un certo punto il corteo fascista devia dal percorso e si dirige verso la Casa dei Sindacati. Ci sarebbe molto da dire su come tutto è successo e di quali agenti sono stati coinvolti, ma se cominciassi non finirei più.
I risultati, li conosciamo già tutti: la gente dell’accampamento, vedendo quella massa infuriata di nazisti con bandiere ucraine, dovette rifugiarsi all’interno dell’edificio;
I nazisti lo circondarono lo incendiarono con tutti dentro. Più di 50 vittime, tra cui ragazzi di 16 anni, sono state bruciate. Le immagini sono a disposizione di chiunque, comprese quelle di una donna incinta strangolata dai nazisti con un cavo telefonico, mentre il resto dei manifestanti gridava “morte ai russi”.
Le persone che cercavano di fuggire dalle fiamme e si gettavano in strada dal terzo piano venivano accolte con spranghe d’acciaio e picchiate a morte dalla folla di “civili innocenti”.
Il dato reale è che oltre alle 50 persone bruciate, ce ne sono altre 150 scomparse senza che si sia mai saputo dove siano finite.
L’infamia non finisce qui, perché le autorità, che erano presenti a quell’attacco, non hanno fatto nulla se non collaborare con gli aggressori. Le uniche persone che sono state arrestate per questi eventi sono state proprio alcune delle persone attaccate. Nel frattempo, i politici ucraini applaudivano pubblicamente sui social media gli eventi che hanno avuto luogo. Le immagini dei corpi dei compagni bruciati sono terribili.
Terribili anche le immagini di molte ragazze e ragazzi ucraini sui vent’anni, che riempiono le bottiglie Molotov con cui avrebbero bruciato vivi i compagni, o le immagini della leader di FEMEN in Ucraina che festeggia il massacro con l’edificio in fiamme alle sue spalle (per vederle basta digitare su Google “Femen, Odessa”)
Qui, nel nostro paese, gli stessi media che vi dicono quanto sono cattivi i russi e che dovete scendere in piazza per protestare contro questa guerra oggi, sono quelli che dopo quei fatti hanno pubblicato titoli come: “PIÙ DI 50 MORTI NEGLI SCONTRI CON I SEPARATISTI FILO-RUSSI”
Bisogna essere profondamente spregevoli e criminali per pubblicar cose del genere, facendo passare le vittime per carnefici: niente di nuovo sotto il sole.
Gli eventi che seguirono erano prevedibili.
I nazisti linciavano, impiccavano, seppellivano vivi civili russi, violentavano donne, crocifiggevano persone che sarebbero poi state date alle fiamme. Sarebbe molto facile per me allegare le foto di tutto questo, ma non voglio cadere nella morbosità scandalistica e per rispetto verso gli amici e i compagni delle vittime, che ne avranno abbastanza di avere quelle immagini scolpite nelle loro menti.
Ma dico che quelle immagini sono pubbliche e disponibili a chiunque si prenda la briga di cercarle; non intendo nemmeno fare cambiare idea a coloro che si rifiutano di farlo.
Di fronte al discorso ucraino che chiama alla conquista del Donbass e allo sterminio di quel 20% di popolazione nell’est, con grande rammarico (perché i russi del Donbass non volevano alcuna guerra) la gente è costretta a reagire per difendere le sue famiglie e le sue case.
Si tengono referendum in cui si decide di ottenere l’indipendenza dall’Ucraina e chiedere aiuto alla Russia. Per limitarsi alla Crimea, il 97% della popolazione è russa e i risultati di questi referendum erano prevedibili. Nessuno vuole rimanere in una casa dove vogliono ucciderlo.
Si costituiscono alcune repubbliche popolari indipendenti dell’Ucraina.
L’esercito ucraino dichiara guerra e guidato dai battaglioni nazisti (Azov, Aidar, ecc.) inizia a circondare e bombardare le città filo-russe più rappresentative.
Va detto che dietro a questa guerra civile ed etnica si nascondevano i piani della NATO per impadronirsi di un’enclave molto importante nella sua segreta (e non tanto segreta) guerra fredda economica contro la Russia. Mettono in scena un colpo di stato, insediano al governo un burattino occidentalista e stabiliscono basi militari alle porte della Russia. Per questo, strategicamente molto importante erano la penisola di Crimea con le sue basi navali e il controllo del Mar Nero.
La Russia non è stupida, vede cosa sta per accadere, e sostiene immediatamente il referendum di Crimea annettendola.
Kramatorsk e Kharkiv non sono preparate a resistere all’assedio militare dell’artiglieria e soccombono molto presto. Le scene di violenza nazista seguite in quei giorni sono sconvolgenti.
Ma Luhansk e Donetsk diventano forti. Operai, minatori, civili, e anche alcuni poliziotti e soldati di origine russa si organizzano, prendono possesso delle caserme e si armano formando milizie popolari di autodifesa. Non sono disposti a lasciarsi uccidere.
I battaglioni nazisti e l’esercito ucraino li circondano, imponendo un assedio che isola queste città e iniziano a bombardare senza pietà la popolazione civile, ignorando tutte le convezioni e i patti sui diritti umani.
La prima cosa che fanno è bombardare le infrastrutture per l’acqua, l’elettricità e l’energia, lasciando la popolazione senza acqua, senza elettricità, senza comunicazioni, radio, telefono e televisione; quindi distruggono le principali vie di comunicazione per impedire i rifornimenti di cibo.
I vostri cartellucci di No alla Guerra dormivano pacificamente nell’armadio polveroso delle vostre coscienze. La comunità internazionale taceva.
Per mesi queste città vengono colpite nel modo più crudele. Migliaia di persone, anziani, bambini, ecc. muoiono smembrati saltando in aria in una sanguinosa carneficina.
Ospedali, scuole, asili, non sono risparmiati dalle bombe. Le città e i villaggi circostanti vengono distrutti. Viene generato un esodo di centinaia di migliaia di persone che sono accolte in Russia per proteggerle dai bombardamenti.
Il sadismo dei fascisti emula la Spagna di Franco con il bombardamento di La Desbandá (la maggiore strage di civili innocenti -da 3000 a 5000- compiuta dai fascisti durante la Guerra Civile spagnola, N.d.T.): sull’ultima strada rimasta agibile tra Luhansk e la Russia, succede qualcosa di terribile. L’esercito ucraino informa i civili del Donbass che avrebbe sospeso il fuoco per 24 ore in modo da consentire a tutti i civili che volevano fuggire in Russia di farlo immediatamente.
Carovane di autobus iniziano il viaggio lungo questa strada.
L’esercito ucraino apre il fuoco e martella la strada riducendola a un ammasso di macerie, lamiere contorte e corpi carbonizzati; è lo stesso esercito che ora viene punito dalla Russia. Chi di ferro altrui ferisce, pur di ferro perirà.
Ho detto che i fatti del 2 maggio hanno segnato per sempre molti di noi e in molti, tra lacrime di rabbia e desiderio di giustizia, abbiamo deciso di lasciare tutto e andare a mettere a disposizione il petto come scudo e le mani come strumenti per difendere il popolo del Donbass dalla carneficina fascista. Sono stato uno di quelli che hanno lasciato tutto e ho preso un aereo da solo, in lacrime per la paura, per percorrere migliaia di chilometri, attraversare l’assedio dell’esercito ucraino e andare a Luhansk per aiutare un popolo dimenticato da tutti voi.
Quello che ho potuto vedere lì, molti lo chiamano propaganda russa. Mi ci vorranno un sacco di tempo e molte altre sedute con lo psicologo per superare le terribili immagini ed esperienze che ho vissuto lì. In molte occasioni ho dovuto metterci tutte le mie forze, la mia agilità fisica e mentale per non morire. Intorno a me, sfortunatamente, ho potuto vedere i corpi mutilati e i visceri sparsi di bambini, anziani, uomini e donne innocenti. Quell’odore, quel sangue, quelle immagini non li dimenticherò mai.
Sono passati otto anni nei quali l’esercito ucraino ha massacrato senza pietà e senza interruzioni il popolo del Donbass. Otto fottuti anni durante i quali tutti voi avete mantenuto un silenzio crudele e complice. Dai media a quelli che ora tirano fuori i loro offensivi cartellucci con il No alla guerra.
Le liste di vittime civili “ufficiali”, infinitamente più brevi di quelle reali, riconoscono 14.000 persone uccise.
I battaglioni nazisti, a loro volta, hanno preso il controllo di interi villaggi, violentato a volontà tutte le donne e le ragazze, saccheggiato case, torturato uomini e fatto persino orge nelle quali violentavano i bambini di fronte alle loro madri. Potete andare a cercare cos’era il Battaglione Tornado.
Nel tempo in cui ho vissuto con loro ho potuto vedere come soffrivano a 40 gradi di calore, senza una goccia d’acqua, senza poter mangiare, o lavarsi, dormendo in angoli, scantinati e persino nelle fogne per evitare il continuo martellamento delle bombe ucraine.
Il presidente Poroshenko era applaudito da tutti gli ucraini quando diceva che “i nostri figli potranno andare a scuola mentre i bambini del Donbass dovranno nascondersi negli scantinati come topi”. Tutto il suo popolo lo applaudiva. Le stesse persone che hanno affidato il Ministero della Difesa in tempo di guerra ai leader nazisti di Pravy Sektor. Essere un civile innocente non ti esime dalla colpa di avere dato a degli autentici psicopatici il potere di torturare, uccidere e stuprare senza pietà.
Ora, la Russia, che ha a lungo avvertito che non si sarebbe lasciata assediare e mettere ulteriormente in pericolo, ha deciso di agire. Ovviamente, lo fa per proteggere i suoi interessi e impedire alla NATO di continuare ad armarsi e circondarla di missili e truppe. Non sarò io a simpatizzare con Putin o con la Russia di oggi, niente potrebbe essere più lontano dalla realtà, ma mi rifiuto di partecipare a questa infamia puntando il dito solo contro la Russia. Mi sembra completamente da ciechi, in primo luogo perché queste conseguenze dello scontro geostrategico tra grandi blocchi hanno molti responsabili, che hanno bombardato altre terre per anni e mosso pedine per continuare ad estendere il loro dominio e trovo del tutto legittimo che altri paesi, vedendo cosa sta per arrivare loro addosso, facciano le loro contromosse.
E anche perché, come ho già detto, questa guerra che improvvisamente vi preoccupa tutti, perché ve lo sta dicendo il telegiornale, non è iniziata il 23 febbraio 2022.
Questa guerra ha ucciso senza pietà una popolazione innocente per 8 anni mentre tutti voi vi mettevate di profilo o guardavate dall’altra parte. I vostri cartellucci No alla guerra arrivano crudelmente molto tardi e sono al servizio indiretto degli interessi della NATO.
Vogliono trasformarvi in complici manipolati della barbarie che un popolo ha sofferto per otto anni infiniti, nei quali l’Ucraina ha violato tutti i punti degli accordi di Minsk.
Vorrei che vi sforzaste un attimo di capire la rabbia e l’indignazione che mi prendono nel vedere che ora tutti vi agitate.
Indipendentemente dalle reali intenzioni della Russia, la verità è che finalmente il popolo del Donbass smetterà di soffrire e vivere nascosto negli scantinati di rovine inondate di sangue.
La verità è che questo esercito terrorista e assassino dell’Ucraina viene smilitarizzato distruggendo le sue basi, le sue polveriere e i magazzini di armi e bombe che non potrà più continuare a lanciare sul Donbass.
La verità è che i battaglioni di selvaggi ultras neonazisti come il battaglione Azov non torneranno a violentare e torturare perché ieri sono morti a migliaia nella loro base militare di Mariupol. I loro leader nazisti sono stati eliminati e c’è una lista molto lunga di criminali di guerra che vengono catturati e saranno processati davanti al popolo del Donbass.
I “civili innocenti di Kiev” sono spaventati dalle sirene, nascosti negli scantinati e nelle stazioni della metropolitana, piangono nelle immagini ripetuteci da tutti gli inviati speciali a Kiev che non hanno mai voluto mettere piede nelle città massacrate del Donbass. Vi siete tutti indignati per questo in ventiquattro ore. La vita dei bambini del Donbass non vale lo stesso.
Il vostro No alla guerra sarebbe soddisfatto se la Russia si ritirasse dall’Ucraina e voi andreste a riporre di nuovo i cartellucci, obbedienti ai media, per tornare al silenzio e a seppellire con le vostre pale i figli e le figlie del Donbass. La verità è che vi disprezzo.
Vorrei accompagnarvi negli orfanotrofi che abbiamo visitato nel Donbass, pieni di bambini che sono stati lasciati soli per sempre in una terra distrutta. Quegli orfanotrofi da cui sono uscito piangendo di rabbia e tristezza nel vedere come erano abituati, a soli cinque anni, a gettarsi a terra raggomitolati a un ordine dell’insegnante, per proteggersi dalle bombe e come giorno dopo giorno, quei bambini, sono stati decimati.
Non aspettatevi che mi unisca a voi che gridate ora contro la guerra.
La guerra è sempre e sarà sempre una merda dei ricchi pagata dai poveri. Ma questa guerra ha distrutto moltissime vite che vi guardano dall’oblio, mentre cercate di proteggere i loro carnefici.
Non sto dicendo che tutto ciò renda legittimo che i civili muoiano in Ucraina. Non sarò ipocrita, qualcuno morirà ed è impossibile evitarlo in uno scenario del genere. Anche se la verità è che a differenza dell’esercito ucraino, che uccide sistematicamente civili e che proprio questa mattina ha ucciso due insegnanti in una scuola di Gorlovka, l’esercito russo sta cercando di causare vittime solo tra i militari, anche se in TV ti dicono il contrario usando immagini d’archivio di bombardamenti in Siria o in altri paesi. La macchina della propaganda sta lavorando a tutta velocità.
Quello che dico è che è infame che parliate di questo quando ci sono decine di migliaia di morti tra i bambini, gli uomini, le donne e gli anziani che non hanno meritato il vostro sostegno o la vostra solidarietà.
Non chiedetemi di dispiacermi. Non sarò così cinico da dire che mi hanno quasi ammazzato; mi sono assunto tutti i rischi dell’andare là con il cuore come scudo per fermare i proiettili contro il popolo, ma nel mio cuore ci sono molte persone che ho visto morire, molti bambini che ho visto piangere (e anche morire), molti anziani che non meritavano di finire la loro morendo di fame e di sete dimenticati nei loro rifugi. Lo devo a loro e lo devo alla giustizia.
La NATO, gli Stati Uniti e l’Europa sono criminali e assassini. Le guerre tra potenze, tra le quali includo la Russia, dovrebbero essere fermate immediatamente. I lavoratori del mondo dovrebbero essere uniti contro le loro guerre, contro tutte le loro guerre e contro gli oligarchi di entrambe le parti. Sarebbe l’ideale. Lavoratori ucraini e russi che espropriano gli oligarchi e costruiscono un ambiente di sostegno reciproco e solidarietà.
Ma siamo lontani anni luce da questo e ciò che conta per me ora, è che la gente del Donbass sarà in grado di lasciare i rifugi e giocare in un parco con i figli, senza paura di saltare in aria, per la prima volta in 8 anni.
NÉ GUERRA TRA POPOLI NÉ PACE TRA CLASSI!
Ramiro Gómez
Traduzione da www.lahaine.org a cura di Gorri
FONTE: https://www.farodiroma.it/si-vede-che-ci-sono-morti-che-contano-e-altri-che-no-ad-esempio-i-50-bruciati-vivi-nel-rogo-di-maidan-il-2-maggio-2014-ramiro-gomez/
CULTURA
Zayin. La Spada dell’Intelletto
Zayin o Zajin (scritto anche Zain o Zayn o semplicemente Zay) è la settima lettera dell’alfabeto fenicio e di quello ebraico.
Corrisponde alla lettera greca Zeta (Ζ, ζ) e alla Zeta del nostro alfabeto latino, ed è equivalente alla lettera cirillica Ze.
Forma
Origini
L’ideogramma del Sinai rappresenta una freccia; il geroglifico egiziano rappresenta la freccia che attraversa una pelle d’animale. Nel tempo, la freccia si stilizza gradualmente diventando la Z greca e la nostra Z.
Nella consapevolezza umana la Zayin rappresenta un’azione, un possente movimento dato da una energia così potente che nessuno può fermare. Si tratta dell’energia del desiderio che spinge ad agire, progredire, evolvere.
Per capire il senso e la natura di questa energia per mezzo della quale tutto è possibile, tutto può avvenire in ogni istante e può assumere una qualsiasi forma o aspetto per esistere, possono essere utilizzate tre immagini:
- La freccia scagliata con forza, che fatalmente raggiungerà il suo obiettivo.
- Il serpente che striscia per terra, o la sua corrispondenza simbolica rivelata dalla Kundalini. Lo Zayin è il bastone del sacerdote mago d’ Egitto, ma anche quello di Aronne o di Mosè, che si trasforma secondo il loro volere in serpente, simboleggiando l’energia primordiale domata, e il potere energetico che rende possibile ogni vita, rappresentando esso stesso tutte le possibili forme di vita.
- Il lampo che solca il cielo come una freccia la cui punta, cioè il fulmine, centra il suo bersaglio facendo tremare la terra.
Pugnale, Spada
La Zayin è simile ad un pugnale o ad un’arma da taglio.
È la lettera che genera la capacità discriminante dell’intelletto che permette di analizzare i concetti separando il bene dal male, il vero dal falso, il principale dal secondario.
Vau e Zayin
La forma della Zayin è simile a quella della Vav, eccetto che la sua parte superiore si estende simmetricamente in due direzioni. La Vav rappresenta la Luce Diretta (Maschile), quella che scende a nutrire e sostenere la creazione. La Zayin rappresenta invece la Luce Ritornante (Femminile), la “corona” con la quale siamo tenuti ad incoronare lo Sposo, ovvero Dio. La parte superiore della Zayin è come una corona, e il versetto dice: Una donna di valore è la corona del marito.
Zayin è il desiderio delle relazioni, in particolare, il sentire che esiste nel mondo un’anima gemella per ciascuno di noi. La Zayin è dunque connessa anche con la ricerca di tale persona, che la Cabala chiama “una donna di valore”. Come scritto nei Proverbi (12,4): una moglie di valore è la corona del marito.
Se non c’è abbastanza complementarietà, il legame di coppia da “duetto” diventa “duello” e si trasforma in una battaglia continua.
Qui Zayin è l’arma simbolica con cui combattere la lotta per la propria sopravvivenza, che nella coppia si esprime come una supremazia sull’altro per evitare l’annullamento e che, psichicamente, deriva dal dover guadagnare il necessario al proprio sostentamento.
Sempre da questo medesimo istinto di sopravvivenza derivano anche l’inventiva, il senso del commercio e degli affari, che sostituiscono sempre un metodo per procacciarsi il sostegno economico col minimo sforzo e con la massima soddisfazione.
E’ qui che Zayin da arma diventa intelletto, senza tuttavia perdere nulla dell’istinto primordiale di aggressione, da cui derivano inevitabili conflitti e scontri per la conquista della supremazia.
Infine, la forma della lettera Zayin può essere comparata a quella di uno scettro.
Nell’antico Oriente c’era un’usanza per cui se qualcuno entrava dal re senza essere stato convocato rischiava la vita, a meno che il re non stendesse lo scettro verso di lui.
Lo scettro è quindi il simbolo dell’accettazione dell’altro, superando insicurezze e inimicizie, l’istrionismo e l’aggressività, vincendo gli istinti animali della territorialità.
La parte superiore della lettera Zayin si estende in due direzioni: corrisponde all’accettazione sia di se stessi che degli altri, nonché alla reciproca accettazione nei rapporti interpersonali.
La simmetria tra destra e sinistra viene pienamente raggiunta solo al livello di Keter (Corona), ed è una simmetria data da Conoscenza e Comprensione, da Amore e Timore.
Nome
Zayin = זען =Zayin Ayin Nun = 777
Zon = Cibo
La parola “zon” significa cibo, nutrimento. La Zayin corrisponde dunque ad una fase nella vita umana nella quale la ricerca dei mezzi di sostentamento diventa essenziale, e le battaglie che dobbiamo affrontare in essa diventano esperienze di insostituibile ricchezza. Rabbi Hirsh nota che anche la parola “lechem” che significa pane, è parente di “milchamà”, che significa guerra.
Il nome della Zayin può anche venire letto come: ZO’N, che contiene le iniziali delle parole Zaqar, che significa Uomo, e Neqevà che significa Donna, dunque ribadendo come questa sia la lettera che corrisponde al massimo dell’aspirazione all’unione tra maschile e femminile, il cui compimento si realizza quando “la sposa diventa la corona del marito”.
Zayin = Arma
La Zayin è uno strumento da guerra, dunque simboleggia la conflittualità implicita nella natura, che si manifesta come istinto di sopravvivenza.
La necessità di affrontare il proprio nemico può far emergere i lati peggiori della personalità, ma una volta integrati e gestiti, l’individuo si può elevare ad uno stato di coscienza superiore.
Ritroviamo quindi la Zayin nel suo ruolo di strumento discriminante, tramite il quale è possibile arrivare ad una chiara ed evidente separazione tra bene e male.
Questo strumento psichico non è solo utile ma assolutamente necessario all’individuo per la propria sopravvivenza, e diventerà la sua capacità di accettazione.
Zayin rappresenta dunque una straordinaria energia, impregnata di una certa violenza, che consente di aprirsi la strada e di superare un limite importante, di passare da uno stato all’altro. Il passaggio è difficile e doloroso, ma una volta che si è lanciati non si può più tornare indietro.
Grazie a questa azione violenta, l’occhio può vedere il pesce (il seme) nascosto nelle tenebre dell’abisso profondo. Calandosi nelle tenebre del proprio campo di coscienza ci si ricorda di sé ed è possibile integrare ciò che è nascosto nell’oscurità.
Numero 7
Tutta la storia dovrebbe essere quella del ricordo, che obbedisce alla legge archetipica del 7.
Per ricordarsi dello Yod l’uomo deve attraversare delle Porte: il compimento di una tappa costringe a ritirarsi su tale piano per entrare nel piano successivo e svolgere una nuova tappa.
Ogni ritiro da un campo completato si opera attraverso il distacco di forze che consentono all’uomo di progredire in un campo superiore.
Dunque, la perfezione di un livello è il germe del livello successivo (il seme muore per rinascere a nuova luce).
Parimenti, l’uomo deve ridiventare seme per integrare un nuovo piano di coscienza. Così, essendo il 7 un ritiro, una morte, l’8 è il simbolo dell’infinito.
Il Settimo giorno della Genesi è lo Shabat della Creazione, l’arresto dopo che la perfezione è stata raggiunta, così Dio si ritira dalla Creazione stessa (anche per Dio la perfezione raggiunta è inseparabile dal cambiamento di piano).
Al ritiro di Dio segue il dramma della Caduta di Adamo. Ciò avviene quando Adamo, giunto ad un nuovo livello di coscienza, dopo essersi cibato del frutto dell’Albero della Conoscenza del bene e del male, dunque quando Adamo raggiunge la capacità discriminatoria, quando sviluppa la razionalità psichica.
Giunto a questo punto però Adamo indietreggia, identificandosi nuovamente col mondo animale, il numero 6, la lettera Vau, il maschile, mancando di integrare la parte femminile, la Zayn.
Se Adamo avesse integrato la parte discriminante femminile, grazie a essa, avrebbe superato il limite (lettera Ceth, numero 8) e si sarebbe ritrovato nell’Infinito il cui simbolo è un 8 rovesciato).
L’Infinito, per definizione, deve contenere tutto, dunque ha in sé anche il limite.
Tale limite che viene inflitto ad Adamo per essersi identificato con l’istinto animale di sopravvivenza, è la morte.
Il 6 è il numero del Cubo che rappresenta la Creazione, mentre il 7 è il centro del Cubo.
Il Cubo rappresenta la materia, mentre il suo centro è la coscienza, la consapevolezza di ogni gesto, la capacità di dare un senso, è il centro interiore e profondo di ognuno di noi.
Il numero 1 e il numero 7 hanno in comune due cose: sono numeri primi e, contemporaneamente, non sono un fattore primo per nessun altro numero tra uno e dieci.
Come il settimo giorno Dio si è ritratto dalla Creazione, così l’uomo deve ritirare i suoi sensi dall’esterno e voltarsi verso l’interno, conquistare questo nuovo campo di coscienza, le tenebre in se stesso, attraverso l’introspezione, data dal riposo e dal rilassamento.
Qui, nel suo centro, l’uomo conquista la Zayin, la sua parte femminile, il numero 7, e ottiene lo scettro dorato. Zayin è, infatti, la lettera dell’amore perfetto, così come il 7 è il numero del matrimonio (la prima e la settima casa in astrologia rappresentano esattamente l’Io e il rapporto con l’altro) .
7 è il punto d’equilibrio di tre entità poste alla destra (i tre livelli dell’anima maschile) e di tre entità poste a sinistra (i tre livelli dell’anima femminile), come simboleggiato dalle braccia della Menorah, il candelabro del Tempio di Gerusalemme.
Per i popoli gentili sette è il numero dei Precetti fondamentali dati dal patto noachita, che Dio fece con l’umanità dopo il Diluvio, così la Zayin è la Spada del Giudizio che discrimina il bene dal male, il permissibile dal proibito.
Per Israele, 7 è anche il numero dei suoi Pastori: Abramo, Isacco, Giacobbe, Mosè, Aronne, Giuseppe, Davide.
Utilizzi della Zayin
Ezer = Ayin Zayin Resh = aiuto = Zayin nel mezzo che opera dalla tenebra per mezzo del ricordo
Zera = Zayin Resh Ayin = semente
Zahab = Zayin He Beth = quando la spada agisce sul respiro della creatura, appare l’oro.
Zman = tempo
Zècher = memoria
II concetto biblico di tempo è non è il “cronos” che distrugge l’uomo ma è il “cairos” cioè l’opportunità di salvezza che Dio offre all’uomo, per cui il passato si attualizza nell’oggi.
Nella filosofia greca, anche cristiana platonica, soprattutto in Agostino, il presente non esiste, esso è solo una convenzione dove si incontrano il passato e il futuro. In effetti, nel tempo in cui io dico presente, dalla p- alla -e sono già nel futuro, mentre la p iniziale è già nel passato.
Nella Bibbia però, il presente non è inteso in questo modo, ma è un eterno presente, un’opportunità costante di sperimentare l’adesso, il qui e ora. Così è la coscienza divina: Io sono colui che era, che è, che sarà.
Riallacciandosi all’evento passato, con la preghiera e il rito (celebrazione della memoria), si rivivono gli eventi vissuti dai padri riattivando la medesima energia e gli stati di coscienza ad essa collegati, proiettandoli nel futuro.
Le formule e le preghiere possono servire (di fatto, servono a mandare in blackout la mente pensante) ma ciò che conta è la consapevolezza: la formula non serve a niente se pensi a tutt’altro mentre la dici. Il punto è di essere presenti a se stessi, questo è fondamentale. Se non prendo coscienza di quello che faccio oggi, vanifico anche il futuro.
Attraverso questa presa di coscienza nel presente si ottiene la libertà.
La libertà è il dono più grande che possiamo avere, ma anche il più bistrattato e frainteso, poiché diventa liberismo: il farsi i cavoli propri mentre gli altri si arrangiano.
Libertà non è fare quello che ci pare, ma scegliere cosa fare dopo aver preso coscienza degli effetti sull’esterno, sull’altro; essa consiste dunque nel ricordare il passato e inventare un nuovo modo futuro di rapportarsi con l’altro.
Qui sorgono due grandi problemi: il problema del controllo, di dover e voler gestire, e il problema dell’accettazione. Abbiamo sempre bisogno di spiegazioni, di definizioni. Invece, la cosa più importante è accettare.
La razionalità che analizza continuamente, che vuole spiegare tutto, causa un chiacchiericcio mentale estenuante, debilitante. La capacità di accettare è avere fede e la fede è una certezza, non una speranza. Questo risolve molte cose. E’ liberatorio. Questa è liberazione. Liberazione soprattutto dal dover controllare gli altri, l’esterno. Accettare e avere fede, riduce le proprie preoccupazioni al minimo, ad un piccolo punto nero.
FONTE: https://lunadinverno.it/cabala-zayin/
CYBERWAR SPIONAGGIO INFORMAZIONE DISINFORMAZIONE
La verità sparisce dai radar, se la cronaca diventa teologia
Nell’autunno 2020, quando scrivevo “La Bibbia Nuda” insieme a Mauro Biglino, l’Italia aveva già alle spalle il lockdown della primavera e stava per sperimentare l’ultimo ritrovato del governo: il coprifuoco. Due termini – “carcere duro” e coprifuoco – che rendono perfettamente l’idea del tipo di trattamento riservato ai cittadini, in nome di una dichiarata emergenza sanitaria. Un’emergenza per la quale sono state a lungo negate e oscurate le cure, ottenendo così l’effetto di intasare gli ospedali di pazienti ormai aggravatisi, proprio perché lasciati soli per giorni nelle loro case, senza la minima assistenza medica. Logica conseguenza, poi, l’imposizione di una controversa profilassi sperimentale (il trattamento sanitario obbligatorio mediante i sieri genici C-19) e l’adozione del lasciapassare digitale. Un passaporto “sanitario” senza il quale non si sarebbe più potuto continuare a lavorare, viaggiare e vivere, o addirittura entrare in un negozio di scarpe, accedere agli uffici pubblici, fare un salto in banca o spedire una semplice raccomandata postale.
Nel suo imponente lavoro di ricerca, presentato al pubblico da ormai oltre un decennio, Mauro Biglino – sulla base di minuziosi riscontri filologici – di fatto demolisce la narrazione teologica dell’Antico Testamento, riportando la Bibbia alla sua “nudità” originaria, cioè spogliandola dei successivi orpelli religiosi, molto spesso fondati su traduzioni erronee, quando non completamente inventate. Di Mauro Biglino ho sempre apprezzato il rispetto che mostra nei confronti di chi vive una personale fede religiosa: come a dire che il pensiero che si rivolge all’esistenza di una divinità onnisciente e onnipotente non può essere sabotato dalla lucida analisi di testi antichi, sui quali un preciso potere, insediato a Roma da quasi due millenni, pretende di far discendere la presenza quasi genealogica di un’entità soprannaturale, lieta di farsi rappresentare da una gerarchia di potenti ministri e ambasciatori terreni.
Ciò non toglie, però, che questa riflessione sulla Bibbia (“nuda”) risulti straordinariamente consonante con la drammatica attualità di oggi, quella di un mondo in cui è proprio una narrazione infedele a provocare conflitti e divisioni, lungo linee di faglia continuamente aperte, a ogni latitudine, fino a terremotare senza tregua la vita dei terrestri, rendendoli precari e insicuri, spaventati, talora ricattati, comunque sottomessi. Svariati analisti italiani, da Giulietto Chiesa a Massimo Mazzucco, dopo il 2001 hanno evidenziato con precisione il problema della disinformazione sistematica, partendo proprio dal catastrofico attentato che colpì le Torri Gemelle di New York. Scoprire che quel disastro spaventoso non fu opera di kamikaze isolati fa un po’ lo stesso effetto provocato da certe scoperte di Mauro Biglino: davanti a Mosè – scrive la Bibbia, in ebraico – non si aprirono mai le acque di nessun Mar Rosso; il popolo dell’Esodo si limitò infatti a guadare uno Yam Suf, un semplice canneto, probabilmente uno dei tanti lungo il delta del Nilo.
Quanto è stato breve, il passo che separa la tragedia delle Twin Towers dalla narrativa “climatica” di Greta Thunberg, patrocinata dai signori di Davos? Negli ultimi vent’anni, questa sorta di discesa agli inferi ha proposto un’escalation continua, aperta dalle guerre di aggressione (Iraq, Afghanistan, Libia, Siria), attraverso una via crucis pressoché infinita, passando per la crisi degli spread e l’austerity europea, i terrorismi esotici e quelli domestici, fino ad arrivare, oggi, all’infarto più sconcertante e forse definitivo: la feroce guerra in Ucraina e il divorzio dell’Occidente dalla Russia, che si vorrebbe escludere dal consesso umano in modo quasi metafisico, come se il mondo russo fosse l’unica fonte di ogni male.
Più ancora che i missili, a spaventare – francamente – è il non-pensiero che sovrasta ogni possibile disamina, ogni sguardo proteso ad esplorare aspetti necessariamente sfaccettati della realtà, in cui – come sappiamo – le responsabilità degli eventi storici sono sempre largamente distribuite. Qualsiasi essere umano non può che ripudiare il ricorso alla guerra: che può essere eventualmente comprensibile, ma mai giustificabile. Eppure: piuttosto che sforzarsi di comprendere, per poi disinnescare i conflitti, si preferisce criminalizzare la controparte, fino a demonizzarla. Ed è proprio qui che sembra riaffiorare una tentazione antica: travisare la “testualità” fattuale della storia e sostituirla con una sorta di distorsione quasi teologica, un’interpretazione sommaria e basata su una narrazione invariabilmente unilaterale, spesso minacciosa, sempre restia a confrontarsi con l’altrui verità.
(Giorgio Cattaneo, “Teologia della guerra, ieri come oggi”, dal blog “Libreidee.it”, 24 marzo 2022).
FONTE: https://www.libreidee.org/2022/03/la-verita-sparisce-dai-radar-se-la-cronaca-diventa-teologia/
GUERRA E GIORNALISMO: IL RIFIUTO DEL PENSIERO CRITICO
Volendo saggiare il nuovo “mainstream” che a proposito della guerra oggi in Italia si pone come pensiero tendenzialmente esclusivo, non ammettendo il dissenso se non per censurarlo – come avvenuto per la pandemia – basta leggere i due “tagli bassi” con cui sul Corriere della Sera Massimo Gramellini si è espresso sul tema.
Con sottile ironia, il giornalista, protagonista anche di trasmissioni televisive di indubbia qualità, nel primo pezzo, riflettendo sulla guerra, si dice vacillante “sotto i colpi degli intellettuali più complessi”, i quali insistono, secondo lui sbagliando, sulla necessità di evitare una interpretazione manichea, per la quale Vladimir Putin sarebbe per definizione “il cattivo” e Volodymyr Zelensky “il buono”; nel secondo pezzo, invece, Gramellini se la prende con Alessandro Orsini, colpevole, nel meditare sulle motivazioni della guerra, di giudicare riprovevole tanto i comportamenti passati dell’Occidente quanto quelli presenti di Putin. E comunque ad Orsini è andata bene, perché Gramellini è persona educata, limitandosi ad ironizzare, ma nulla di più.
Meno bene invece è andata a Luciano Canfora e a Franco Cardini. Canfora, invitato nella trasmissione condotta da Concita De Gregorio, dopo aver ricordato – nella qualità di eminente storico di fama internazionale – i gravi errori commessi, negli ultimi venti anni, dall’Occidente in Ucraina nei confronti della Russia, si è sentito investire con veemenza da Federico Rampini che gli ha gridato di “non dire scemenze”.
Cardini, invece, mentre – nella qualità di storico dei rapporti interculturali – in altra trasmissione proponeva una lettura critica della contrapposizione fra Occidente e Russia, è stato interrotto da David Parenzo, che gli ha rimproverato di non saper capire il presente della guerra, perché fossilizzato sul passato.
Ovviamente, i due storici hanno reagito con classe innata alla maleducazione dei due giornalisti: Canfora ha ironicamente ringraziato Rampini della gentilezza, mentre Cardini ha ricordato a Parenzo che chi non riflette sul passato è destinato a non capire nulla del presente né del futuro.
Questi episodi inducono alla riflessione non solo per constatare come la generazione dei grandi giornalisti del passato – quella di Indro Montanelli, Enzo Biagi, Giorgio Bocca, Ugo Zatterin ecc., che sapeva unire raffinata educazione ed eccellente capacità critica – sia ormai quasi del tutto scomparsa, sostituita da altra generazione che sconosce elementari regole di civiltà (ce li vedete quei grandi del passato insolentire in diretta televisiva i propri interlocutori?); ma anche per verificare come questa nuova genia giornalistica (e non solo) rifiuti categoricamente l’esercizio del pensiero critico.
Basta considerare a cosa siano destinati molti dei servizi televisivi: si succedono scene più o meno strazianti, bombardamenti, sofferenze, distruzioni, colonne di profughi, ospedali zeppi di feriti ecc..
In tal guisa, si influenza la componente emotiva di ciascuno di noi, mettendo fra parentesi quella intellettiva: per carità, comprendo bene che la guerra, ogni guerra, è anche questo, ma mi pare evidente che non è soltanto questo.
Se non si vuole che le trasmissioni di approfondimento politico si riducano – come di fatto già avviene – ad una carrellata di immagini ed informazioni commoventi, ma prive di pensiero, occorre mettere in chiaro alcuni aspetti.
Occorre cioè comprendere che se i conduttori televisivi invitano pensatori come Canfora, Cardini e come lo stesso Orsini, non è per intonare lamentazioni corali sul dramma della guerra e delle distruzioni che essa comporta, ma, al contrario, per discuterne le cause profonde, finalizzandole alla ricerca della pace: il che è esattamente ciò che tentavano di fare costoro, ma traendone solo sarcasmi e insolenze in diretta televisiva e senza che i conduttori intervenissero per censurare la maleducazione così espressa.
E se ciò significa stigmatizzare il ruolo svolto dalla Nato in territorio ucraino purtroppo propiziatore della guerra, è assurdo far finta di nulla.
Il fatto è che purtroppo oggi chi non si schiera con Putin o contro Putin nel solco di un manicheismo concettuale farsesco, esponendosi nel primo caso agli applausi e nel secondo alle reprimende, non viene neppure ascoltato.
Certo – come nel caso della pandemia – occorre un pensiero articolato e non una semplice opzione fideistica. Ma è proprio questo che viene irriso ed osteggiato. Nessuna epoca come la nostra è stata così nemica del pensiero.
(*) Tratto dal quotidiano La Sicilia
FONTE: https://www.opinione.it/editoriali/2022/03/26/vincenzo-vitale_guerra-giornalismo-mainstream-pensiero-critico-tv-putin-orsini-cardini-canfora/
PARAGONE: ORSINI CANCELLATO DALLA RAI PER COLPA DEL PD
“I pretoriani del Partito Democratico avevano etichettato il professore come “pifferaio di Putin”, chiedendone l’esclusione. Esclusione che puntualmente è arrivata, segnando così il punto più basso del rapporto tra governo e Rai”. Così Gianluigi Paragone, leader di Italexit, sul caso del professor Alessandro Orsini.
“La cancellazione del professor Alessandro Orsini da parte della Rai – ha spiegato Paragone – è la dimostrazione, una volta di più, che in viale Mazzini comanda il Partito Democratico”. Una decisione, per Paragone, che “non soltanto è grave e fa male al pluralismo di informazione, ma è assolutamente discriminatoria. A questo punto mi domando che senso abbia pagare il canone della Rai dentro una bolletta che di per sé è già esagerata. Bene fanno coloro che non pagheranno più il canone Rai”.
Sul tema è intervenuta, su Twitter, anche Giorgia Meloni (Fratelli d’Italia): “Non sono d’accordo con molte cose che dice Orsini, ma mi spaventa una Nazione nella quale la tv di Stato consente di sostenere unicamente le stesse tesi del Governo. Una democrazia prevede libertà di pensiero: per esercitare il libero arbitrio serve il confronto tra tesi diverse”.
FONTE: https://www.opinione.it/politica/2022/03/25/redazione_paragone-orsini-cancellazione-rai-pd-italexit-putin/
ECONOMIA
Torna la Fornero e promette lacrime e sangue. L’ex ministra e la sua formula preferita
Al suo nome sono associate diverse sciagure della storia italica. Lo sanno bene pensionati ed esodati. Lo sanno bene tutti i cittadini italiani che solo a sentirla nominare ripensano alla formula “lacrime e sangue”. E di “lacrime e sangue” è infatti tornata a parlare l’ex ministra Elsa Fornero. Forte delle parole del premier Mario Draghi che ha già parlato dei rischi di una “economia di guerra” (uno scenario concreto se il conflitto continuerà a lungo), Elsa Forneto, già ministra del governo di Mario Monti, è intervenuta giovedì 24 marzo a “Tagadà“, il programma condotto da Tiziana Panella su La7. La docente, che ha dato il suo nome alla nefasta riforma delle pensioni, ha detto che non siamo ancora in questo scenario ma dovremo fare ulteriori sacrifici.
“Non siamo ancora in un’economia di guerra, che è una situazione abbastanza tragica in riferimento alla vita economica del Paese e influenza quanto deciso liberamente dalle singole persone in merito agli acquisti, e dalle imprese in merito ad attività di produzione, di investimento o di scambio: tutte queste attività possono essere toccate direttamente da norme che dicono: ‘Questo non lo puoi fare, questo lo puoi fare solo fino a questo livello e così via” dice la Fornero. Il passaggio a una economia di guerra “è un cambio di paradigma molto importante che non ha delle conseguenze positive sulla vita di ciascuno di noi perché vuol dire intanto meno libertà, e la libertà è sempre un valore, ma soprattutto” implica che si produca di meno “e questo è perché ci sono i costi delle materie prime e dell’energia da assorbire”, commenta ancora.
L’ex ministra poi spiega: “Certamente siamo chiamati tutti a fare dei sacrifici”. Una formula che le abbiamo già sentito ripetere più volte in questi anni. “Il governatore della Banca d’Italia ha detto che con questi costi molte imprese non terranno e dovranno chiudere, magari anche solo temporaneamente – continua la Fornero – Ma le chiusure per le imprese sono pericolose come i periodi di disoccupazione per le persone. Dobbiamo cercare di evitare che questo scenario ma è chiaro che la probabilità di evitarlo è strettamente legata agli eventi bellici”. Poi la Fornero arriva al punto: “Se la guerra continua per qualche mese i sacrifici saranno inevitabili”.
FONTE: https://www.ilparagone.it/attualita/fornero-guerra-sacrifici-inevitabili/
GIUSTIZIA E NORME
IL CATASTO PATRIMONIALE: CON LA RIFORMA DIVENTEREBBE DEFINITIVO
I catasti pre-unitari erano patrimoniali (colpivano, cioè, il valore dei beni). Lo Stato liberale portò con sé il catasto reddituale: non si può colpire più di ciò che un bene produce o è atto a produrre. Così è anche oggi, per dettato costituzionale, in Germania. Il nostro catasto, peraltro, è attualmente reddituale di diritto, ma di fatto patrimoniale. La storia di questo inghippo è strana e va raccontata.
Con i decreti del ministro delle Finanze in data 20 gennaio 1990 e 27 settembre 1991 venne dunque disposta la revisione generale delle tariffe d’estimo, ponendo a base di tale revisione il “valore unitario di mercato” anziché il “canone annuo di fitto ordinariamente ritraibile”. Il provvedimento venne impugnato dalla Confedilizia e il Tar Lazio, con decisione del 6 maggio 1992, dichiarò fondata la denuncia di alterazione del sistema fiscale, nel senso della avvenuta trasformazione della natura delle imposte sugli immobili, le quali non sarebbero più state determinate su base reddituale bensì su base patrimoniale.
Venute meno le tariffe a seguito del citato annullamento delle stesse da parte del giudice amministrativo, le tariffe in questione vennero comunque legificate a mezzo di un decreto-legge varato in data 23 gennaio 1993 (numero 16), convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 1993, numero 75. Contro quest’ultimo provvedimento normativo insorse la Commissione tributaria di Piacenza, sollevando eccezione di costituzionalità avanti la Corte costituzionale. La Consulta si pronunciò, nel 1994, con sentenza la quale consentì la permanenza in vigore delle tariffe basate sul valore e, specificatamente, sulla “media dei valori riscontrati nel biennio 1988-1989”, sottolineando peraltro che “è importante rilevare la transitorietà della disciplina denunciata”.
Le tariffe d’estimo, illegittime per il Tar e transitoriamente in vigore per la Corte costituzionale, sono invece quelle – come ha detto il presidente del Consiglio – tuttora in vigore (da trent’anni circa, quindi) e sulle quali è destinata ad operare (articolo 6, rubrica, secondo periodo, legge delega fiscale) la “revisione del catasto dei fabbricati” che si intende varare. Il provvedimento è calendarizzato per il prossimo 28 marzo e l’Aula se ne occuperà dove vengano superate (come è avvenuto in Commissione) le richieste di stralcio che verranno verosimilmente presentate da Lega, Fratelli d’Italia e Forza Italia. L’articolo 6 della legge delega fiscale interviene, dal canto suo, a modificare la disciplina relativa al sistema di rilevazione catastale, correggendo in particolare il classamento degli immobili o provvedendo fra l’altro allo stesso, in carenza (primo comma). Il Governo viene altresì delegato a prevedere (secondo comma) “l’integrazione delle informazioni presenti nel catasto dei fabbricati”, stabilendo tra l’altro che tali informazioni “non siano utilizzate per la determinazione della base dei tributi la cui applicazione si fonda sulle risultanze catastali né, comunque, per finalità fiscali”.
Premesso che il catasto fabbricati verrebbe dunque integrato – come ha evidenziato Confindustria in audizione il 17 novembre 2021 – “con una serie di informazioni sul valore patrimoniale e di mercato degli immobili (attualmente il nostro sistema catastale è uniformato a criteri reddituali)”, la precisazione di natura tributaria “risulta poco chiara – è sempre Confindustria che parla – perché non si comprendono, allora, le ragioni che spingono il Governo a tale aggiornamento (ai soli fini statistici), tenendo in considerazione che le raccomandazioni espresse dalla Commissione europea sull’aggiornamento del catasto immobiliare erano ovviamente finalizzate al recupero di gettito, in quanto espresse nell’ambito di una procedura per disavanzo eccessivo”.
La Confindustria prosegue evidenziando che “il rischio è che, qualora non siano utilizzati per la tassazione locale, tali lavori previsti possano essere strumentali alla introduzione di nuove imposte patrimoniali a livello nazionale”. Sul punto “Confindustria ha più volte evidenziato come in realtà sussistano già nel nostro ordinamento diverse imposte patrimoniali su singoli cespiti (redditi finanziari, immobili, beni di lusso) e che si dovrebbe, piuttosto, ragionare su una loro razionalizzazione e non disegnare nuovi incrementi”.
Non vi è poi chi non vede che la previsione del non utilizzo del nuovo catasto per fini tributari è stabilita, semplicemente, con una legge ordinaria, che potrebbe quindi in qualsiasi momento essere superata con legge dello stesso rango da qualunque Governo volesse farlo, una volta che avesse disponibile il nuovo impianto catastale, che si profila, costruito d’altra parte su una legge delega che – ha rilevato sempre Confindustria – “risulta alquanto scarna, configurandosi quasi come una delega in bianco al Governo, senza esplicitare i criteri che guideranno tale attività”.
In sostanza, la delega all’esame del Parlamento rende a ogni effetto ufficiale e, soprattutto, definitiva, la trasformazione – come visto – del nostro catasto in catasto patrimoniale, a differenza della sua transitorietà odierna, con la conseguenza che – come si sa – tassare ogni anno il valore di un bene, anziché quanto il bene produce, rappresenta un esproprio surrettizio inammissibile, proprio per le ragioni di cui alle decisioni esplicitate e sopra riferite. E, sempre a proposito della legge delega e della parte, in particolare, nella quale essa sembra stabilire che verranno eliminate storture e altro dell’attuale catasto, è ancora una volta da sottolinearsi che un ragguardevole corpus di norme catastali, implementate notevolmente negli ultimi tempi, già consente di eliminare assurdità e ogni tipo di incongruenza, là dove ancora esse sussistano (perché tutti parlano di migliaia e migliaia di stranezze, ma nessuno mai rende noto un solo indirizzo nel quale le incongruenze si manifesterebbero!).
Va poi sfatata la generalizzata convinzione che, senza revisione del catasto, l’Italia non potrebbe usufruire dei finanziamenti del Pnrr. Infatti, il collegamento con il Pnrr viene operato esclusivamente dal documento dell’Italia, che illustra le riforme di accompagnamento che il Governo si propone di fare: l’accostamento della revisione catastale al Pnrr è dunque fatto dal nostro Governo e non dall’Unione europea. Che, comunque, chiede pur sempre una maggiore tassazione delle case senza distinzione alcuna fra di esse e comprendendovi dunque anche la prima casa, con gli aumenti che anche per essa si profilano sulla base della legge delega fiscale all’esame del Parlamento.
(*) Presidente Centro studi Confedilizia
FONTE: https://www.opinione.it/politica/2022/03/25/corrado-sforza-fogliani_catasto-patrimoniale-riforma-reddito/
NOTIZIE DAL WEB
DRAGHI SEGRETARIO GENERALE DELLA NATO?
Federica Francesconi – 27 03 2022
Sono sempre più insistenti le voci secondo cui Draghi punterebbe a ricoprire il ruolo di segretario generale della NATO, probabilmente per garantirsi l’immunità dai crimini di cui si è macchiato nel corso della sua carriera di strozzapopoli.
A pensarci bene sarebbe perfetto per quel ruolo. In fondo, ordinare di dei bambini greci facendo chiudere tutti i Conti Corrente dei greci non è molto diverso da ordinare l’uccisione di altri bambini facendogli cadere sulla testa una pioggia di bombe.
FONTE: https://www.facebook.com/federica.francesconi.3/posts/10223789491222981
PANORAMA INTERNAZIONALE
LA RUSSOFOBIA C’ERA GIÀ PRIMA DELLA GUERRA!
Anti Putinismo d’accatto: Zurich toglie la Z dal proprio logo. Si chiamerà “Urich”?
Marzo 27, 2022 posted by Giuseppina Perlasca
Zurich Insurance ha rimosso il suo logo Z dai social media dopo che la lettera è diventata un simbolo di sostegno in Russia all’invasione dell’Ucraina da parte di Mosca. Il tutto pare frutto di un’attuale mania che condanna l’uso dell’ultima lettera dell’alfabeto latino, perchè non più politically correct.
La società ha affermato che stava rimuovendo il logo – una Z bianca su sfondo blu – perché non voleva essere interpretato erroneamente come un sostegno alla Russia nel conflitto.
“Stiamo temporaneamente rimuovendo l’uso della lettera ‘Z’ dai canali social in cui appare isolata e potrebbe essere interpretata erroneamente”, ha detto la società a Reuters in una nota.
“Stiamo monitorando da vicino la situazione e intraprenderemo ulteriori azioni se e quando necessario”, ha affermato la società, a seguito di un rapporto del quotidiano The Telegraph in Inghilterra. Non si capisce bene quali azioni dovrebbero essere intraprese. Cambiare nome e passare da Zurich a Berna o a Lugano, o semplicemente a Urich?
La lettera Z è stata utilizzata come contrassegno sui veicoli militari russi che prendono parte al conflitto ed è stata adottata dai russi che sostengono la guerra, essendo prominente sulle bandiere e alle manifestazioni pro-Cremlino. Quindi ora il povero Zorro, eroe californiato noto per il segno della Z, dovrà cambiare nome…
Zurich Insurance ha dichiarato all’inizio di questo mese che non assumerà più nuovi clienti in Russia e non rinnoverà le attività locali esistenti.
FONTE: https://scenarieconomici.it/anti-putinismo-daccatto-zurich-toglie-la-z-dal-proprio-logo-si-chiamera-urich/
I francesi restano in Russia: i soldi non puzzano
Pecunia non olet, dicevano i latini. Che se ne intendevano di imperi. Oggi diremmo business is business, e forse proprio per questo le sanzioni e i boicottaggi contro Putin restano al palo se c’è da far di conto. Se in Italia Draghi costringe le imprese a far le valigie e rientrare da Mosca, importanti multinazionali straniere non hanno la minima intenzione di lasciare spazi di mercato e presidi commerciali sono perché lo chiedono Zelensky o Biden o la Von Der Leyen. In Europa Francia e Germania diversi colossi si guardano bene dal prendere una decisione drastica; addirittura c’è chi apertamente si è rifiutato di andare via. Anche a costo di provocare le ire del presidente ucraino che spera attraverso i social di ingaggiare una campagna di boicottaggio puntando l’indice contro i cattivi della globalizzazione. Nel mirino di Zelensky sono così finiti grandi marchi come le francesi Auchan, Decathlon, Leroy Merlin, Renault e Société Générale.
A essere onesti, anche i tedeschi della Metro non hanno spiantato le tende, e ad oggi fanno melina pure grandi realtà come le francesi Accor, Air Liquid e Danone; le americane Colgate-Palmolive, Coty,,Hyatt, Hilton, Johnson&Johnson; le tedesche Basf, Bayer, Henkel; le britanniche Intercontinental Hotels o la GlaxoSmith&Kline.
Insomma business is business e ogni motivo è valido per non non mollare la Russia. Per non dire ovviamente di tutti coloro che interagiscono sul mercato del gas.
Chi in questi giorni ha avuto a che fare con le piccole imprese italiane da anni connesse alla Russia, si sentirà dire dell’inutilità delle sanzioni al fine della risoluzione del conflitto e del grande buco che rischiano le nostre imprese a vantaggio di competitor disinteressati a lasciare Mosca. <Sono anni che subiamo la mannaia delle sanzioni – si commenta nel mondo delle pmi – Con la conseguenza che poi ognuno ha dovuto inventarsi corridoi commerciali per non perdere quei mercati. Ora però è diverso, noi piccoli siamo tagliati fuori e nessuno ci ripara, né nelle associazioni di categoria né al governo>.
In effetti Mario Draghi e Luigino Di Maio non hanno perso tempo a schierare l’Italia tra i più solerti nella compagna di boicottaggio, senza preoccuparsi se pure gli altri partner europei facessero altrettanto. Così si scopre che tedeschi e francesi fanno melina lasciano le loro unioni industriali libere di scegliere come reagire al piano delle sanzioni.
Mi diceva un imprenditore lombardo di lungo corso che <In piena guerra fredda, in anni dove la tensione tra i due blocchi si tagliava a fette (nel decennio precedente ci fu la repressione della rivolta ungherese e nel 68 la Primavera di Praga “risolta” coi carri armati sovietici), la Fiat apriva stabilimenti nell’Unione Sovietica, in accordo con il partito comunista italiano e le sue strutture. La fabbrica torinese, con questa scelta di strategia aziendale, si incuneava non soltanto in un vasto mercato di fascia popolare (segmento dove Fiat primeggiava) ma gettava le basi per una rete relazionale, talvolta assai riservata, in appoggio al governo italiano e agli alleati>, (che non sempre videro di buon occhio questa politica aperturista garantita dal più forte partito comunista d’occidente, tanto che la Mirafiori sovietica fu denominata Togliattigrad).
Oggigiorno una apertura del genere non sarebbe ammessa, anzi verrebbe immediatamente giudicata come collaborazionismo con il Nemico, con il Cattivo. E poco importa se gli altri ci fanno affari assieme da anni e anni.
FONTE: https://www.ilparagone.it/attualita/i-francesi-restano-in-russia-i-soldi-non-puzzano/
È IN ARRIVO IL VERO “RESET”
Victor Davis Hanson – The Epoch Times – 24 marzo 2022
Il presidente Joe Biden crede che la guerra in Ucraina segnerà l’inizio di un “nuovo ordine mondiale“. Nel mezzo della pandemia globale Covid, Klaus Schwab e le élite globali hanno anche annunciato un “grande reset”.
Di conseguenza, le nazioni del mondo dovrebbero cedere la loro sovranità a un organismo internazionale di esperti che ci illuminerebbero su tasse, diversità e politiche verdi.
Quando l’ex presidente Donald Trump è stato eletto nel 2016, i giornalisti più autorevoli annunciarono che le informazioni di parte avrebbero dovuto sostituire il vecchio approccio, presumibilmente disinteressato, alle notizie.
Qui c’è un tema comune.
In tempi normali i progressisti si preoccupano di non avere il sostegno pubblico per le loro politiche. Solo nelle crisi sentono che la sinistra politica e i media possono unirsi al fine di utilizzare tempi apocalittici per far passare approcci ai problemi esteri e interni solitamente impopolari.
Lo abbiamo visto l’anno scorso: la fuga dall’Afghanistan, il ricorso alla teoria critica delle razze, il tentativo di porre fine all’ostruzionismo, di aumentare il numero dei giudici, di eliminare il Collegio Elettorale e di nazionalizzare le leggi sul voto.
Queste “nuove ordinanze” e “reset” comportano sempre un apparato governativo molto più imponente e burocrazie più potenti e non elette. Le élite presumono che i loro cambiamenti radicali nell’uso dell’energia, nell’informazione dei media, nel voto, nella sovranità e nelle quote razziali ed etniche non si applicheranno mai del tutto a loro stessi, gli architetti di tali cambiamenti imposti dall’alto.
Così noi gente comune dobbiamo abbandonare i combustibili fossili, mentre chi deve usare i jet aziendali no. I muri non segneranno i nostri confini, ma proteggeranno le case di Nancy Pelosi, Mark Zuckerberg e Bill Gates.
Il portatile perso da Hunter Biden sarà dichiarato, per fiat, una non notizia. Per contro, la storia della falsa “collusione” della Alfa Bank sarà una notizia da prima pagina nazionale per settimane.
Gli stili di vita della classe media saranno limitati, mentre ci viene insegnato a lottare per la sostenibilità e a passare alla vita in appartamento e al trasporto di massa. Ma gli Obama manterranno ancora le loro tre ville, e i futuristi della Silicon Valley insisteranno sulle esenzioni per i loro yacht.
In verità, stiamo per assistere a un reset radicale dell’attuale reset. Sarà una trasformazione diversa da quella che le élite si aspettano e che dovrebbero temere molto.
Il mondo e gli Stati Uniti sono furiosi per l’iperinflazione che potrebbe presto superare il 10% all’anno. Saremo fortunati se finirà solo in recessione o stagflazione, piuttosto che in una depressione globale.
Il pasticcio è stato creato dallo stesso apparato che ha accettato la “teoria monetaria moderna”. Quella stupida idea universitaria affermava che il benessere sarebbe seguito ad una vasta espansione dell’offerta di denaro, mantenendo i tassi d’interesse a livelli di fatto zero, gestendo enormi deficit annuali, accumulando un debito nazionale insostenibile, e incentivando i lavoratori a rimanere a casa.
I costi del gas naturale e del petrolio stanno raggiungendo livelli insostenibili, al punto che la classe media non sarà più in grado di viaggiare, riscaldarsi in inverno o rinfrescarsi in estate.
Sia in Europa che negli Stati Uniti i governi di sinistra hanno deliberatamente frenato le trivellazioni e gli oleodotti non russi. Hanno chiuso le centrali nucleari e sovvenzionato costosi e inefficienti progetti solari ed eolici. Si sono ritrovati non con un’utopia, ma con carenze di carburante, prezzi elevati e dipendenza energetica dai regimi più repressivi del mondo.
La rivoluzione “woke” in Occidente avrebbe dovuto insegnarci che il mondo occidentale dominato dal “maschio bianco” è tossico. Le sue origini, l’ascesa e l’attuale benessere e ricchezza erano presumibilmente dovuti solo allo sfruttamento sistematico, al razzismo e al sessismo.
Le élite hanno introdotto la cultura della cancellazione, il doxxing (*), la deplorazione e l’ostracismo sociale per svergognare questi presunti sfruttatori e distruggere le loro vite e carriere.
Pochi si sono chiesti come un Occidente presumibilmente nefasto di circa 2.500 anni sia diventato la destinazione numero uno di milioni di migranti globali non occidentali e abbia offerto il maggior grado di prosperità globale e libertà per i suoi cittadini.
Dunque sta arrivando una resa dei conti, in reazione alle “nuove ordinanze” sostenute da Biden e dal gruppo di Davos.
Nelle elezioni [di mezzo termine] di novembre 2022, è probabile che vedremo uno storico “No!” all’agenda della sinistra ortodossa che ha portato ad un’inflazione insostenibile, energia insostenibile, guerra e umiliazione all’estero, criminalità in aumento, ostilità razziale, così come una sfida arrogante da parte di coloro che hanno deliberatamente attuato queste politiche disastrose.
Ciò che la sostituirà sarà il ritorno a quello che fino a poco tempo fa aveva funzionato.
Torneranno frontiere chiuse e sicure con solo immigrazione legale e misurata. Gli americani chiederanno controlli severi da parte della polizia e sentenze deterrenti, e un ritorno all’integrazione e al primato del carattere individuale piuttosto che alle fissazioni separatiste sul “colore della nostra pelle”.
Il pubblico continuerà a non ascoltare i media “mainstream” partigiani e mediocri. Vedremo una maggiore produzione di petrolio e gas naturale per passare lentamente a una più ampia varietà di energia, una forte difesa nazionale e politiche estere deterrenti.
I profeti del nuovo ordine mondiale hanno seminato il vento e presto raccoglieranno la tempesta di un popolo arrabbiato e stremato dall’incompetenza, dall’arroganza e dall’ignoranza dell’élite.
(*) Nota del Traduttore: pratica di cercare e diffondere pubblicamente online informazioni personali e private (come p.es. nome e cognome, indirizzo, numero di telefono ecc.) o altri dati sensibili riguardanti una persona, di solito con intento malevolo.
Victor Davis Hanson è un commentatore conservatore, classicista e storico militare. È professore emerito di materie classiche alla California State University, senior fellow in materie classiche e storia militare alla Stanford University, fellow dell’Hillsdale College e distinguished fellow del Center for American Greatness. Hanson ha scritto 16 libri, tra cui “The Western Way of War”, “Fields Without Dreams” e “The Case for Trump”.
FONTE: https://comedonchisciotte.org/e-in-arrivo-il-vero-reset/
Magaldi: il vero gioco, sporco, dietro al teatro dell’Ucraina
La storia sta inaugurando dei momenti di non ritorno: prima la pandemia, con anche la spada di Damocle di quello che potrebbe accadere in autunno, e ora la guerra. Sembra quasi ricrearsi lo scenario apocalittico della Prima Guerra Mondiale, con l’epidemia di Spagnola che, insieme alle devastazioni belliche, fece fuori un’intera generazione. La Russia che occupa l’Ucraina, insedia un governo filo-russo e poi si prepara ad anni di guerriglia: è un film lunghissimo, largamente condiviso da soggetti insospettabili. Sul tavolo, oggi, sono stati gettati tanti dadi. “L’incapacità” degli europei, “l’azzardo folle” di Putin, “il narcisismo patriottico ed eroico” di Zelensky, “l’attendismo” dei cinesi: tutte queste chiavi di lettura sono stronzate. La Cina sapeva benissimo quello che doveva accadere: in Cina ci sono almeno 2-3 modi di pensare agli esiti di questa vicenda. E sono modi condivisi con alcuni finti antagonisti che stanno dall’altra parte dell’oceano. Il confronto tra Cina e Stati Uniti aveva fatto credere che il Pacifico sarebbe diventato il vero centro del XXI Secolo; ma la Russia si è inserita in questo scenario, richiamando l’importanza del versante eurasiatico (che era stato il grande assente). E dimentichiamo un giocatore decisivo: la Germania.
Grande protagonista delle due guerre mondiali, finora la Germania è rimasta inglobata in una ragnatela di immobilismo, di cui la Merkel era l’interprete, nel suo sforzo di non far fare passi avanti all’Europa, quanto a integrazione politica ed economica: serviva a mal governare l’Ue, in nome dell’austerità. Ma adesso questo scenario è venuto meno. Non viene meno, invece, l’amicizia stretta di Angela Merkel con Putin. Né viene meno l’amicizia dell’ex cancelliere Schroeder, che infatti proprio in questi giorni è in Russia. Non viene meno neppure l’amicizia di Putin con tanti frequentatori della superloggia “Golden Eurasia”: questo dovrebbe essere uno dei temi più gettonati da parte degli analisti, che invece recitano la filastrocca dei buoni e dei cattivi. L’impossibilità di imporre una No-Fly Zone, pena lo scoppio di un conflitto nucleare e della Terza Guerra Mondiale? Ormai ci sono 5-6 “file” di chiacchiere, sempre le stesse: sia nei bar che nei talkshow. E’ giunto il momento di capire che c’è un’arte, in quanto sta succedendo. C’è stata una premeditazione: l’operazione militare in Ucraina non è stata improvvisata a febbraio. C’è tutto un lavorìo, che viene da lontano.
C’è troppa ombra, in tutto questo, anche sul versante italiano. Draghi ha deluso: ha perso un’occasione per compiere una mediazione importante. Tra le opzioni di Putin non c’è solo quella più spericolata, cioè quella che vorrebbe portare la Russia a essere, insieme alla Cina, il costruttore di un nuovo assetto mondiale. Beninteso: una Russia non subalterna alla Cina, ma che – grazie ai suoi rapporti privilegiati con la Germania e con altri soggetti occidentali – gioca un ruolo paritetico, se non sovraordinato a quello della Cina, anche in forza del suo maggiore dinamismo militare. La Cina è più “pesante” della Russia, nel muoversi: non avrebbe mai potuto fare qualcosa che comportasse la rottura dei rapporti economici con l’Occidente, perché il suo sviluppo dipende ormai dal formidabile intreccio con l’economia occidentale. La Russia è più “leggera”, da questo punto di vista: può ricreare un altro mondo di connessioni economiche ex novo, persino più vantaggiose per Mosca, con un blocco ideologico e geopolitico da condividere con la Cina ed altri, ma mantenendo dei rapporti – strani, ambivalenti – con il colosso-Germania, che si va riarmando.
Quindi: lungi dall’esercitare un’egemonia, la Cina – nelle intenzioni di Putin e di altri – viene quasi trascinata, suo malgrado; e non ha la stessa possibilità di movimento della Russia, essendo costretta a recitare questo ruolo di apparente moderazione (la Cina ha comunque visto e benedetto questa operazione di Putin, molti mesi fa). Dunque, l’ombra regna sovrana: sono soggetti totalmente invisibili alla pubblica opinione, quelli che oggi stanno tessendo trame di guerra e di pace. Tornando all’Italia: Draghi ha perso forse l’ultima occasione per accreditarsi come attore capace di segnare momenti importanti. Putin gioca sempre tenendo in piedi 3-4 ipotesi. Il suo fine è quello di ridare alla Russia una dimensione imperiale, anche rispetto alla Cina, smarcandosi cioè dal ruolo di potenza comprimaria. Naturalmente, Putin sa che questo può essere fatto con mosse più audaci e spericolate, oppure attraverso tappe differenti. E’ chiaro che l’Ucraina serve anche come laboratorio: è una sperimentazione per capire come gli occidentali (alcuni amici, altri nemici) si comportano.
Per un’altra via, che risolveva questo fronte in modo meno cruento, lo stesso Putin aveva offerto a Draghi la possibilità di essere lui, il portavoce autorevole di ambienti euro-atlantici, per una trattativa da risolvere magari in breve tempo. Ma Draghi si è tirato indietro. Dopodiché non si è distanziato in alcun modo dalla vacua “ciàcola” dei leader europei. Vedo il grottesco Macron che supporta la sua ricandidatura all’Eliseo con l’imitazione di Zelensky nel vestiario e le tante telefonate infeconde a Putin. Il cancelliere tedesco Olaf Scholz? Sta strizzando l’occhio un po’ a Putin e un po’ a Schroeder, e nel frattempo sta riarmando la Germania. Boris Johnson? E’ un mattacchione: strepita verso i russi, ma tutto sommato ci va cauto. Lo spagnolo Sanchez? Non pervenuto. Come al solito, quindi, l’Europa è assente. E Mario Draghi, anche in questo caso, si è distinto per mediocrità: la stessa mediocrità che gli ha fatto fallire la corsa al Quirinale.
Anche in Italia c’è dunque bisogno di luce, per rischiarare la narrativa che riguarda il futuro del nostro paese, inserito nel futuro dell’Europa e in quello di un mondo che ormai sta cambiando. Da noi non esiste un’opposizione effettiva: come la stessa Lega, anche un partito come Fratelli d’Italia è rimasto frastornato in modo epocale da tutto quello che è successo. Come al solito, tiriamo a campare: adesso ci sono i rincari, c’è l’inflazione, gli stipendi e le pensioni al palo da decenni. E dopo la canzone sull’energia pulita, adesso scopriamo che dobbiamo tornare al carbone. Un’incongruenza dietro l’altra, con una mancanza di visione: una lungimiranza adeguata avrebbe tenuto conto del fatto che questa tensione con la Russia poteva scoppiare da un momento all’altro, visto che da otto anni sapevamo del bubbone Crimea-Ucraina, con tutte le conseguenze energetiche del caso. Ha detto bene Tremonti: il Pnrr è già vecchio, per gli investimenti sull’energia va già riscritto. Lo hanno detto persino importanti player internazionali, che pure sarebbero a favore di una svolta “verde”: innanzitutto, dobbiamo comunque mantenere i livelli di consumo energetico di cui abbiamo bisogno.
Ai cittadini viene lasciata una classe politica incompetente, incapace di navigare nella storia. Quelli che le cose le sanno, invece, lasciano che – nel tritacarne – questi piccoli leader siano maciullati uno dopo l’altro; e ora, nel caos, fanno i loro conti. E intanto abbiamo un Parlamento pieno di “leaderini” disinformati su quanto avverrà nei prossimi anni: hanno puntato sui cavalli sbagliati, non sanno che cosa devono fare. Parliamoci chiaro: si preannuncia una crisi gravissima, sul piano economico, finanziario e sociale, e anche sul piano geopolitico e militare. Forse questo aspetto non è stato ancora messo a fuoco, ma il riarmo della Germania è epocale: o è incastonato in una prospettiva europea, o è un sinistro preludio di cose che non sappiamo. Tutte le volte che la Germania si è riarmata, sono scoppiate guerre mondiali. Altro che “guerra mondiale se si istituisce la No-Fly Zone” in Ucraina: le guerre mondiali sono esplose quando la Germania si è riarmata. E una Germania riarmata, con una Russia già armata fino ai denti, non è una prospettiva su cui sorridere.
Credo quindi che sia venuto il momento di investire sulla luce: queste sono cose che, forse, nemmeno avrei voluto dire, sugli sviluppi dei prossimi anni (previsti da alcuni attori significativi). Queste cose inizierò a dirle, perché la situazione sta precipitando: anche questa crisi poteva essere “imbracata” meglio. In questi giorni ho sperato che ci fosse il guizzo, da parte di alcuni, nel fermare gli eventi. Non parlo di Putin e Zelensky: parlo di tutta la corte di gente che – da Oriente a Occidente – partecipa di questo teatro. Speravo cioè che qualcuno provasse a obbligare tutti quanti a fermarsi, a trovare uno “stop” per riconfigurare la situazione. E invece no, questo non è accaduto. E quindi, prepariamoci al peggio. La guerra in Ucraina può fermarsi anche tra poco. Ma a preoccupare è quello a cui prelude: quello che implica. La guerra è solo l’avvio della partita che è stata inaugurata, non è che il primo tassello. O meglio: il secondo tassello inquietante, perché il primo è stato quello della pandemia. Non a caso, l’impianto dell’emergenza sanitaria – anche se a breve decadrà l’odioso Green Pass – è stato lasciato virtualmente in piedi, evocando lo spettro di eventuali, nuove pandemie.
Draghi ha perso smalto, fascinazione, credibilità. Doveva restare in disparte, dispensando buoni consigli dall’alto e preparandosi ad arrivare al Quirinale (e da lì, poi, fare quello che aveva promesso, cioè intervenire per un cambio di passo in Europa). Invece, quest’anno lo ha sprecato facendo il presidente del Consiglio, barcamenandosi per non scontentare nessuno e sperando così di arrivare più facilmente al Colle, ma trascurando i rapporti con i politici. Quindi ha sbagliato tutto, dal punto di vista tattico e strategico. E lo schiaffo subito sulla via del Quirinale ha minato anche il credito di cui godeva a livello sovranazionale, dopo una lunghissima carriera coronata solo da successi (da cui il suo peso e il suo prestigio). E adesso si ritrova col cerino in mano. Forse, quella che gli aveva concesso Putin non era l’ultima occasione, ma la penultima. Mi spiego: se per caso, prima di essere liquidato insieme al suo governo e prima che le cose precipitino davvero, Draghi si accordasse con Putin per un incontro in cui si trovasse una soluzione – e l’Italia con Draghi farebbe la parte del leone, in questa mediazione – allora sarebbe questa, l’ultima occasione. Finora, però, Draghi ha lasciato che l’Italia avesse la stessa posizione degli altri paesi europei: nonostante il fatto che Putin non lo abbia inserito tra i leader occidentali colpiti dalle contro-sanzioni russe.
Io sarei per rimuovere le sanzioni immediatamente: sono una iattura per gli imprenditori e per i cittadini che, sia in Russia che in Occidente, ne subiscono le conseguenze in modo grave. Presentandosi con questa proposta in mano – abolire le sanzioni – Draghi poteva anche andare da Putin, chiedendogli in cambio la sospensione dell’avanzata militare (e magari anche minacciandolo, in caso di mancato accordo, di istituire la No-Fly Zone). Dunque, una mano amichevole e l’altra minacciosa: questa la posizione che doveva caratterizzare l’Italia. Anche se poi la richiesta non fosse stata accolta, un Draghi che avesse detto, agli Usa e all’Ue, “l’Italia non partecipa alle sanzioni, e tuttavia chiede a Putin di fermarsi”, avrebbe espresso una posizione politicamente molto forte. Invece, oggi, Draghi sembra un vecchio arnese della peggior Dc, quella che esibiva politici grigi e untuosi. Draghi si è ridotto a questa figurazione: non un’idea originale su come risolvere questa crisi, non una differenziazione dell’Italia nella politica estera (assente, peraltro) dell’Unione Europea.
Perché ripetere che l’Europa e l’Occidente si sarebbero ricompattati, e che questo Putin non se l’aspettava? E dove sarebbe, questo ricompattamento? Putin sta per entrare a Mariupol, completando l’occupazione della fascia Sud dell’Ucraina, e “non si aspettava” il compattamento occidentale (nelle chiacchiere)? “Non si aspettava”, Putin, che questi inviassero um po’ di armi, per evitare che la resa dell’Ucraina fosse immediata? Dove sarebbe il grande compattamento dell’Occidente, con un Biden che – strumentalmente – chiede che a mediare sia la Cina? L’Occidente si sarebbe compattato se avesse detto: in Ucraina non si passa, però alla Russia offriamo la neutralità dell’Ucraina (fermando l’espansionismo della Nato) e un compromesso su Crimea e Donbass, previ referendum con osservatori Onu. Questo sì, sarebbe stato un compattare l’Occidente. E invece, si preferisce il piagnisteo attuale (l’angoscia, la condanna morale), e nel frattempo si lascia fare il bello e il cattivo tempo a Putin, che avanza inesorabilmente.
(Gioele Magaldi, dichiarazioni rilasciate a Fabio Frabetti di “Border Nights” nella diretta web-streaming su YouTube del 21 marzo 2022).
FONTE: https://www.libreidee.org/2022/03/magaldi-il-vero-gioco-sporco-dietro-al-teatro-dellucraina/
POLITICA
Massimo Cacciari smaschera il Pd: “Obbediscono agli ordini di Joe Biden”
Massimo Cacciari ancora contro il Partito democratico. Il filosofo ai dem non le manda di certo a dire. In particolare quando di parla dell’aumento delle spese militari. Una crescita che peserà il 2 per cento del Pil. Tra i tifosi della misura proprio quel Pd, che secondo Caccairi “ha portato il cervello all’ammasso”. In un’intervista ad Affaritaliani.it l’ex sindaco di Venezia spiega che quella di Enrico Letta è “la forza più atlantista e filo-americana del panorama politico italiano e ubbidisce agli ordini di Washington. Siamo di fronte all’eterogenesi dei fini. Questi vengono dal PCI, è la vendetta della storia. C’è anche viene dalla tradizione socialista e sappiamo bene quanto Bettino Craxi fosse autonomo in politica estera”.
Una stoccata a sorpresa quella del filosofo, soprattutto se si considera che – come da lui ammesso – “io non sono mai stato pacifista, so che all’Europa serve l’esercito e bisogna anche spendere soldi. Ma non buttarli via“. Più chiaro di così.
FONTE: https://www.liberoquotidiano.it/news/personaggi/31008281/massimo-cacciari-pd-ordini-joe-biden.html
“Ecco perché deve tacere”. Il durissimo attacco di Luttwak contro Joe Biden
È un Edward Luttwak scatenato quello che commenta il vertice a Bruxelles a cui ha preso partee anche il presidente americano. “Meglio che a Bruxelles Joe Biden e gli altri 29 capi di Stato e di governo stiano zitti. Non facciano retorica e si concentrino sulla sola strategia che può mettere il dittatore russo definitivamente in ginocchio”. Il noto politologo internazionale non usa mezzi termini e invita tutti i Paesi a non perdere altro tempo. La priorità è mettere fine alla guerra in Ucraina. Anche perché le premesse per la conclusione del conflitto sembrano esserci: “L’invasione è fallita. Putin dovrà prenderne atto e ritirarsi. Non ha forze sufficienti per una guerra di posizione, una guerra inevitabilmente di logoramento”.
Nella sua intervista al Giorno, il noto esperto di strategia militare e consulente del Pentagono per decenni, spiega che bisognerebbe “continuare a inviare armi e aiuti di ogni tipo a Zelensky, che è il grande protagonista di questo conflitto”. Secondo alcuni, però, il fatto che la Russia sia al collasso dovrebbe farci preoccupare, perché Putin – con le spalle al muro – potrebbe decidere di ricorrere alle armi nucleari e chimiche. L’esperto, tuttavia, la vede in maniera diversa: “Non vedo questo pericolo. Coinvolgerebbero anche la sicurezza della popolazione russa e bielorussa”.
Secondo Luttwak, quindi, bisogna continuare sulla strada delle sanzioni: “Sinora stanno funzionando”. Mentre sull’embargo alle importazioni di petrolio e gas naturale, su cui non c’è stata ancora nessuna decisione da parte dell’Europa, Luttwak ci è andato giù pesante: “Siamo in aprile. L’inverno è finito. Gli europei si mettano un maglione anziché tenere il riscaldamento acceso”. Intanto i vertici, così come la guerra, continuano ad andare avanti. E a rimetterci sono sempre i cittadini.
FONTE: https://www.ilparagone.it/attualita/luttwak-biden-deve-tacere/
Hunter Biden ha contribuito a garantire milioni di finanziamenti all’appaltatore statunitense in Ucraina specializzato nella ricerca sui patogeni mortali. Le mail che lo confermano.
Hunter Biden ha contribuito a garantire milioni di finanziamenti per l’appaltatore statunitense in Ucraina specializzato nella ricerca sui patogeni mortali, rivelano le e-mail del laptop, sollevando ulteriori domande sul figlio caduto in disgrazia dell’allora vicepresidente.
Giovedì il governo russo ha tenuto una conferenza stampa sostenendo che Hunter Biden ha contribuito a finanziare un programma di ricerca militare statunitense sulle “armi biologiche” in Ucraina.
Tuttavia le accuse sono state bollate come uno stratagemma di propaganda sfacciato per giustificare l’invasione dell’Ucraina da parte del presidente Vladimir Putin e seminare discordia negli Stati Uniti.
Ma le e-mail e la corrispondenza ottenute da DailyMail.com dal laptop abbandonato di Hunter mostrano che le affermazioni potrebbero essere vere.
Le e-mail mostrano che Hunter ha contribuito a ottenere milioni di dollari di finanziamenti per Metabiota, un appaltatore del Dipartimento della Difesa specializzato nella ricerca sulle malattie che causano pandemie. Ha anche presentato Metabiota a una società di gas ucraina presumibilmente corrotta, Burisma, per un “progetto scientifico” che coinvolge laboratori ad alto livello di biosicurezza in Ucraina.
Il figlio del presidente e i suoi colleghi hanno investito $ 500.000 in Metabiota attraverso la loro azienda Rosemont Seneca Technology Partners. Hanno raccolto diversi milioni di dollari di finanziamenti per la società da giganti degli investimenti tra cui Goldman Sachs.
L’affermazione di Mosca secondo cui Hunter Biden ha contribuito a finanziare un programma di ricerca militare statunitense sulle “armi biologiche” in Ucraina è almeno in parte vera, secondo le nuove e-mail ottenute esclusivamente da DailyMail.com.
Dalla pandemia alla guerra: la crisi raccontata dal professor Fabio Vighi (Cardiff University)
18 Marzo 2022 – Francesco Servadio
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