RASSEGNA STAMPA DETTI E SCRITTI
29 OTTOBRE 2020
A cura di Manlio Lo Presti
Esergo
Il Male è una irradiazione della mente umana in certe posizioni di passaggio
FRANZ KAFKA, Aforismi di Zürau, Adelphi, 2004, pag. 85
https://www.facebook.com/manlio.presti
https://www.facebook.com/dettiescritti
Le opinioni degli autori citati possono non coincidere con la posizione del curatore della presente Rassegna.
Tutti i numeri della Rassegna sono disponibili sul sito www.dettiescritti.com
Precisazioni
www.dettiescritti.com è un blog intestato a Manlio Lo Presti, e-mail: redazionedettiescritti@gmail.com
Il blog non effettua alcun controllo preventivo in relazione al contenuto, alla natura, alla veridicità e alla correttezza di materiali, dati e informazioni pubblicati, né delle opinioni che in essi vengono espresse.
Nulla su questo blog è pensato e pubblicato per essere creduto acriticamente o essere accettato senza farsi domande e fare valutazioni personali.
Le immagini e le foto presenti nel Notiziario, pubblicati con cadenza pressoché giornaliera, sono raccolte dalla rete internet e quindi di pubblico dominio. Le persone interessate o gli autori che dovessero avere qualcosa in contrario alla pubblicazione delle immagini e delle foto, possono segnalarlo alla redazione scrivendo alla e-mail redazionedettiescritti@gmail.com
La redazione provvederà doverosamente ed immediatamente alla loro rimozione dal blog.
°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°
SOMMARIO
A chi si è rivolto il procuratore generale antimafia?
Il tentativo di sdoganare la pedofilia.
Apoteosi ipocondriaca
I leader mondiali stanno pianificando nuovi blocchi per introdurre “Programma per il Reset del Debito Mondiale”
“ACCENDI LA TV E NON SI SENTE PARLARE DI ALTRO CHE ‘COVID, COVID, COVID, COVID, COVID, COVID”
SU YOUTUBE IL DISCORSO DI TRUMP SUL COVID COVID COVID
IL CORAGGIO DI PESARO: RISTORANTE E CLIENTI RESISTONO ALLO SGOMBERO
Siamo alle porte di una stagione segnata dalle proteste?
Riorganizzazione della giornata secondo i dpcm della settimana
Ospedali lombardi al collasso? I video mostrano un’altra realtà
Deprimenti scenari
Le statistiche del terrore
La verità è che il lockdown non ha nessuna funzione medica: serve a rieducare i cittadini
POLIZIA VIOLENTA E ANTIFA? DUE FACCE DELLA STESSA MEDAGLIA. NON CADIAMO NEL LORO GIOCO.
L’INVENZIONE DELLA NATURA
I dati ENEL in mano agli hacker: vogliono 14 milioni di dollari di riscatto
Così Change.org vende le nostre email
“Decreto ristori”, sempre peggio: nei fatti un’elemosina, nella teoria una concezione assistenzialista
Draghi, altro indizio verso il Quirinale: rifiutata la presidenza di Goldman Sachs
I LIMITI ALL’OPERATIVITÀ DELL’IMMUNITÀ PARLAMENTARE PREVISTA DALL’ART. 68, CO. 1, DELLA COSTITUZIONE
La gestione dei beni sequestrati alla mafia, l’ex giudice Saguto condannata a 8 anni e mezzo
Offerte di lavoro dopo il Gran Reset: minatore di criptovalute col calore del corpo
Patrimoniale e record di investimenti: ecco la manovra della sinistra spagnola
Lockdown europeo in arrivo? Il piano dell’UE contro la seconda ondata
Biden Jr nudo e con due ragazze. Ora spuntano anche i sex tape
Il “ristoro” lo pagheranno i nostri figli
5G: La Doppia Verità
L’Europa ignora risoluzione del Parlamento e introduce nuovi OGM
Dalla Bianchina all’Aston Martin Lagonda. Ecco le dieci auto più brutte mai costruite
La grande strategia di Enrico Mattei
EDITORIALE
A chi si è rivolto il procuratore generale antimafia?
Manlio Lo Presti – 29 ottobre 2020
Le notizie non servono per fare informazione, ma per avvertire e/o minacciare ben precisi destinatari.
A ridosso delle manifestazioni popolari in molte città italiane contro la attuale dittatura tecno-sanitaria è stato intervistato uno dei primi dieci personaggi della nostra Repubblica italiana. Parlo infatti del procuratore generale antimafia.
Egli ha asciuttamente dichiarato che gli attuali disordini sono il prodotto di una regia realizzata da gruppi neofascisti e da organizzazioni rivoluzionarie di sinistra.
Inutile dire che tale affermazione è gravissima per una serie di ragioni:
- Ridà vita alla teoria degli opposti estremismi, parificandone le responsabilità, escludendo a priori regie di alti comandi e di servizi segreti nazionali e soprattutto esteri;
- Le parole usate dal ridetto super-pretoriano sono quasi identiche a quelle che venivano diramate dal famoso UAR – Ufficio Affari Riservati, diretto dal vulcanico Federico Umberto D’Amato (1);
- Le parole usate dal preclaro P.G.A. sono probabilmente dirette a ben altri destinatari, quasi a sembrare un messaggio di autorizzazione a fare qualcosa di molto molto molto dannoso.
Nella considerazione che COSTORO sono personaggi che non sbagliano MAI una mossa in quanto anche e soprattutto consigliati da legioni di esperti, perché allora dire quelle frasi e rapidamente a stretta distanza di tempo dagli eventi, quando spesso e volentieri ESSI si trincerano in silenzi che ancora durano da oltre quarant’anni???
Perché questa inusitata velocità di risposta che contrasta ampiamente con la pachidermica lentezza dei meccanismi dei vertici statali italiani???
Perché dire quelle cose con parole secche, chiare, dirette, a voce ben impostata per essere ascoltata BENE nonostante il disturbo fonetico d’ambiente??? Qualsiasi attore avrà subito notato tale impostazione volitiva!
TUTTO CIÒ PREMESSO
Viene da pensare che una apparente risposta da intervista è in realtà un ORDINE ESECUTIVO TRASMESSO SECCAMENTE A TERZI???
Chi sono questi TERZI RICEVENTI L’ORDINE???
Cosa dovranno fare COSTORO, i TERZI e con quale ampiezza di “mandato” e, soprattutto, a danno di chi???
Se a questa uscita ben ponderata del PGA (non è mai altrimenti!!!) accostiamo un evento di cui non parla più NESSUNO: LA SCARCERAZIONE DI OLTRE 490 CAPIBASTONE MAFIOSI.
Qui cominciano ad emergere sospetti molto molto molto foschi.
Considerato che NON ESISTONO PASTI GRATIS, quale è la contropartita che i ridetti mafiosi eccellenti dovranno pagare per sdebitarsi di questa scarcerazione – guarda caso – sincronizzata dall’epidemia in corso?
PER QUESTI MOTIVI
Possiamo riassumere:
- Il Paese è attraversato da tumulti popolari in crescita e di matrice spontanea, ai quali possono essersi affiancati opportunisticamente gruppi organizzati di ribellione;
- il Paese è al collasso economico pilotato da super-pretoriani italiani che siedono a Londra (perché hanno troppo da fare per agire in Italia!!!!!) come se noi fossimo una colonia, peraltro di terzo livello;
- il Paese deve rimanere ingabbiato nella crescita zero, come dichiarato dalla Lagarde nel suo ultimo comunicato ufficiale.
L’Europa tutta deve rimanere collassata e inchiodata al TASSO ZERO.
È questo essenzialmente L’ORDINE DEGLI ALTI COMANDI FINANZIARI controllati dai Fondi sovrani, dei Fondi Pensione, dalle Autorità bancarie centrali di vari Paesi primari mondiali.
È facendosi delle domande, è avendo sospetti, è diffidando di tutto, è oltrepassando le apparenze (NIENTE È COME SEMBRA) che è possibile approssimarsi ad un accettabile livello di verità.
Il resto sono chiacchiere da bar, per creare sciame fonetico-cognitivo …
Prepariamoci al peggio,
perché siamo appena agli inizi …
IN EVIDENZA
Il tentativo di sdoganare la pedofilia.
Intervista a Emanuele Fusi
Emanuele Fusi nasce a Barga (Lucca) nel 1978. Laureato in giurisprudenza intraprende la professione di avvocato presso il Foro di Lucca, specializzandosi in diritto penale e diritto tributario. È autore di diversi romanzi e saggi, per Passaggio al bosco ha pubblicato il saggio “White guilt, il razzismo contro i bianchi al tempo della società multietnica”, e per la stessa casa editrice ha da poco pubblicato il saggio “La sinistra degli orchi”, in cui ricostruisce, a partire dagli ’50, il tentativo di sdoganare la pedofilia.
UMBERTO CAMILLO IACOVIELLO: Lei nel suo libro parla del tentativo di sdoganare la pedofilia, al grande pubblico può sembrare assurdo, ma c’è una parte del mondo accademico che da decenni cerca di infrangere questo tabù. Chi sono i pionieri della “normalizzazione della pedofilia”?
EMANUELE FUSI: Il discorso è complesso. Diciamo che tutto parte storicamente dalla rivoluzione sessuale degli anni ’50 e ’60 negli Stati Uniti d’America. Una figura importante, è sicuramente Alfred Kinsey (1894-1956), inizialmente assistente professore di zoologia presso l’università dell’Indiana. Nel 1938 viene invitato a coordinare un corso sul matrimonio chiamato “Marriage and Family” da un’associazione studentesca femminile che si fa promotrice della proposta di inserire questo corso presso l’Università dell’Indiana. Da qui inizia l’interesse del professore per lo studio dei rapporti sessuali e inizia una raccolta di storie ed esperienze dai suoi stessi studenti. Kinsey comincia così una ricerca che lo porta ad ispezionare circa 18.000 casi. Fu il primo a fare esperimenti su infanti e bambini, come è documentato nel libro, e riteneva – con lo psicologo Jhon Money (1921-2006), il teorico del cosiddetto “gender” – che la sessualizzazione dei bambini e della intera società avrebbe portato la stessa ad essere più pacifica e tollerante. Per fare questo si dovevano quindi rompere i tabù del passato.
In ambito accademico, sempre negli Stati Uniti, vi sono stati esponenti come il professore John De Cecco (1925-2017), professore di psicologia alla San Francisco State University, caporedattore del Journal of Homosexuality dal 1975 al 2009, e anche membro editoriale della rivista olandese pro-pedofilia Paidika. Nel 1977 elaborò una proposta di legge sui diritti sessuali dei bambini chiamata “A Child’s Sexual Bill of Rights”, secondo cui i bambini dovrebbero avere dei diritti sessuali e riproduttivi, essere in grado di esplorare a fondo la loro sessualità ed essere liberi di scegliere relazioni amorose e sessuali, inclusi genitori, fratelli e adulti responsabili.
UCI: Queste idee vennero accolte da diversi esponenti appartenenti ai movimenti di liberazione sessuale, ci fa qualche esempio?
EF: Shulamith Firestone (1945-2012), canadese naturalizzata americana, esponente del “femminismo lesbico” degli anni Settanta e inizio Ottanta, nel 1970 pubblica il testo “La dialettica dei sessi”, in cui sostiene che le donne sono sottomesse agli uomini per motivi biologici e strutturali della società. Secondo la Firestone non basta liberarsi dal “privilegio maschile” ma occorre anche eliminare del tutto la distinzione tra i sessi. Inoltre sosteneva che l’incesto e il sesso con i bambini erano barriere che impedivano la vera emancipazione della donna dall’uomo e che per abbattere il patriarcato si doveva quindi passare anche per la rottura di quelle restrizioni legali e morali: in tal modo, liberata la sessualità in maniera totale, il maschio avrebbe perso il suo potere sulla donna e in particolare sulla riproduzione, e la donna sarebbe stata l’unica a decidere in tal senso, mettendo fine al concetto di famiglia patriarcale.
In Italia, chi parò esplicitamente della pedofilia come “pratica liberatoria” fu Mario Mieli (1952-1983), noto esponente del mondo LGBT, morto suicida nel 1983, le cui tesi sono esposte nel libro “Elementi di critica omosessuale” del 1977, pubblicato da Einaudi. Noto è il passaggio sulla pederastia:
Noi checche rivoluzionarie sappiamo vedere nel bambino non tanto l’Edipo, o il futuro Edipo, bensì l’essere umano potenzialmente libero. Noi, sì, possiamo amare i bambini. Possiamo desiderarli eroticamente rispondendo alla loro voglia di Eros, possiamo cogliere a viso e a braccia aperte la sensualità inebriante che profondono, possiamo fare l’amore con loro. Per questo la pederastia è tanto duramente condannata: essa rivolge messaggi amorosi al bambino che la società invece, tramite la famiglia, traumatizza, educastra, nega, calando sul suo erotismo la griglia edipica. La società repressiva eterosessuale costringe il bambino al periodo di latenza; ma il periodo di latenza non è che l’introduzione mortifera all’ergastolo di una “vita” latente. La pederastia, invece, “è una freccia di libidine scagliata verso il feto” (Francesco Ascoli).
C’è un elemento che accumuna queste persone: appartengono tutti, e proprio tutti, al mondo culturale della sinistra, del progressismo e del comunismo.
UCI: Questo punto è importante, cosa hanno preso questi esponenti dal marxismo?
EF: Dal marxismo hanno preso in particolare la dialettica dello scontro tra due entità: che però questa volta non passa attraverso la sola lotta di classe tra proletari e detentori dei mezzi di produzione, ma tra minoranze organizzate sessuali, quali categoria di oppressi, contro il maschio eterosessuale e la società patriarcale, che sarebbero gli oppressori da abbattere.
Infatti, nell’ambito dell’Anglosfera, più che di marxismo tout court, si parla di marxismo culturale, ossia di neo marxismo riletto alla luce degli autori della Scuola di Francoforte, i quali non vedono nell’operaio e nella classe lavoratrice il motore della storia – in quanto si andava adagiando e integrando nella società borgese – ma negli oppressi e nelle categorie discriminate, la molla che avrebbe costruito il “Grande Rifiuto” alla società autoritaria e del padre.
Si faccia presente che la “lobby pedofila” nasce nei turbolenti anni ’60 e ’70, quando venivano messi in discussione i fondamenti della società occidentale tradizionale retta sui valori cristiani, l’economia di impresa e la proprietà privata, la famiglia eterosessuale e la figura del padre quale capo famiglia. Inoltre, questi autori ritenevano che il capitalismo potesse essere abbattuto proprio eliminando la differenza tra i generi fin dalla tenera età, in quanto è grazie ad essa che il capitalismo – con i suoi meccanismi di sfruttamento – si rigenerava, strutturava e perpetuava, dando ai bambini una identità fin dalla nascita che poi sarebbe stata – a dir loro – funzionale alla prassi capitalista e ai suoi meccanismi di oppressione.
Da qui l’idea della Shulamith Firestone che le donne avrebbero dovuto prendere il possesso sui mezzi di riproduzione biologica e non solo di produzione economica, in modo da togliere il potere al padre, ossia – dal loro punto di vista – all’oppressore.
Infine, direi anche il “messianismo”, ossia che grazie alla totale liberazione sessuale del bambino, si sarebbe arrivati ad una società tollerante, pacifica e senza più oppressioni e violenze, fondata sul piacere e l’amore, dato che sarebbero sparite le differenze tra i generi e i ruoli assegnati dal capitalismo fin dalla nascita.
UCI: Restando in tema, Marx ed Engels nel Manifesto del Partito Comunista hanno scritto che “le idee dominanti di un’epoca, sono state in ogni momento, soltanto le idee della classe dominante”: se la sessualizzazione dei bambini viene promossa dai programmi scolastici (lei nel libro parla del caso croato) a Netflix, vuol dire che l’ideologia dominante con i suoi apparati si sta muovendo per accelerare questo processo?
EF: Il limite di Marx è l’economicismo, ossia ridurre la narrazione storica ad un perenne conflitto tra classi economiche, quindi dobbiamo stare attenti ad interpretare tutto in chiave materialista e dialettica di classe. Tuttavia si può senz’altro dire che oggi il grande Capitale Finanziario, multinazionale e apolide, ha interesse ad un mondo senza radici ed identità, di ogni genere: etniche, religiose, linguistiche culturali e anche sessuali. Quindi senz’altro lo scopo finale – ossia creare una massa omogenea di miliardi di individui senza differenze da dominare con il consumismo – include anche la sessualizzazione dei bambini, dato che così si aboliscono i limiti, i ruoli, le gerarchie e si toglie di mezzo anche l’dea di religione (come diceva Dostoevskij ne “I Demoni”, “se Dio non esiste, tutto è permesso”). Del resto viviamo nella fase storica del “capitalismo liquido”, quello che Jacques Attali – filosofo, banchiere, tecnocrate francese – definisce “californiano”, privo di identità, globale e digitale. Tutto ciò abolisce il limite di ogni genere, e quindi anche di fatto i tabù culturali legati alla sessualità. Non è un mistero che lo stesso TikTok sia una piattaforma che notoriamente contribuisce alla sessualizzazione precoce.
UCI: Nel suo libro dedica un capitolo al Forteto e a Bibbiano, perché sono importanti questi due casi?
EF: Perché rappresentano due casi tipici di ingegneria sociale e culturale proprie del pensiero della sinistra, secondo cui i figli non sono dei genitori ma della collettività. Il Forteto si insinua nella scia del pensiero del ’68 e del cattocomunismo, e che si basa sulla necessità di costruire una nuova società pura e migliore, abbattendo quella precedente borghese, fondata sull’ingiustizia, e si propone un nuovo modello: quello della “famiglia funzionale”, ossia di una famiglia che non si fonda sul legame di sangue ma su presunti affetti sconnessi dalla realtà. In verità poi si dimostrò con le inchieste giudiziarie e due commissioni di inchiesta regionali, che anche questa era a sua volta una “finzione” che serviva solo per far finta che ci fossero delle famiglie all’interno, affinché il Tribunale dei Minori mandasse i ragazzi nella struttura, quando invece i sessi erano rigorosamente separati e l’omosessualità incentivata e incoraggiata dai fondatori.
Il fenomeno di Bibbiano si fonda invece sull’idea che i figli non appartengano ai genitori ma allo Stato e alle istituzioni, contraddicendo il principio cardine della “sussidiarietà”, e lo Stato può farne ciò che vuole, se considera i genitori non all’altezza del compito educativo. Però chi decide quale sia il compito educativo giusto e migliore? La sinistra ovviamente, dal loro punto di vista. E così ci sono stati dei casi dove i figli sono stati tolti ai genitori in quanto considerati “omofobi” e quindi non buoni per educarli al bene, ossia al pensiero progressista; e pertanto di tale educazione (in tal caso LGBT e omosessista) se ne deve occupare lo Stato anche se i genitori sono contrari a tale ideologia. Questo rappresenta un gravissimo precedente, perché un domani la sinistra potrebbe fare delle leggi (peraltro già invocate da esponenti della sinistra su Twitter) che prevedono di togliere i figli ai genitori che “non rispettano la Costituzione”, inteso – dal punto di vista LGBT e progressista – nel senso di “non rispettano il pensiero di sinistra”, che poi vorrebbe dire appunto togliere i figli a quelli considerati “fascisti”, di destra, cattolici tradizionali conservatori, ecc.
Questo è già successo nei paesi socialisti, non dobbiamo credere che sia una idea strampalata e utopica, siamo di fronte a due casi di perfetta ingegneria sociale fondata sul pensiero marxista e progressista, e che porta alla necessaria conseguenza che la famiglia è un istituto che può essere abolito (come in Cambogia sotto Pol Pot) o trasformato in qualcosa di irriconoscibile, pur tenendone l’etichetta formale.
UCI: La finestra di Overton potrà essere applicata per sdoganare anche la pedofilia?
EF: Assolutamente sì. Ne parlo approfonditamente nel libro. Come è noto, la finestra di Overton è un modello di rappresentazione delle possibilità di cambiamenti nell’opinione pubblica, descrivendo come delle idee, totalmente respinte al loro apparire, possano essere poi accettate pienamente dalla società, per diventare infine legge. Secondo Overton, qualsiasi idea, anche la più incredibile, per potersi sviluppare nella società ha una finestra di opportunità. In questa finestra l’idea può essere ampiamente discussa, e si può apertamente tentare di modificare la legge in suo favore. L’apparire di questa idea, in quel che potremmo chiamare la “finestra di Overton”, permette il passaggio dallo stadio di “impensabile” a quello di un pubblico dibattito, prima dalla sua adozione da parte della coscienza di massa e il suo inserimento nella legge.
Non si tratta di lavaggio del cervello puro e semplice, ma di tecniche più sottili, efficaci e coerenti; si tratta di portare il dibattito fino al cuore della società, per fare sì che il cittadino comune si appropri di una certa idea e la faccia sua. All’inizio è talvolta sufficiente che un personaggio pubblico o politico la promuova in modo caricaturale ed estremo, e che poi il resto della classe pubblica e politica smentisca con grande foga. Ecco, l’idea è nata, e la danza dei furbetti può cominciare. Il soggetto è lanciato, e si può discuterne per il bene di tutti e sgombrare il campo dagli equivoci. Secondo questa teoria, una finestra è l’intervallo di idee che possono essere accettate dalla società in un determinato momento e che vengono apertamente manifestate dai politici senza che questi ultimi passino per estremisti. Le idee evolvono secondo i seguenti stadi:
-inconcepibile (inaccettabile, vietato)
-radicale (vietato, ma con delle riserve)
-accettabile (l’opinione pubblica sta cambiando)
-utile (ragionevole, razionale)
-popolare (socialmente accettabile)
-legalizzazione (nella politica dello Stato)
Molte altre idee contemporanee sembravano assolutamente inconcepibili solo qualche decina di anni fa e sono poi diventate accettabili per la legge e agli occhi della società: aborto, immigrazione di massa, droghe “leggere” da liberalizzare, eutanasia, poliamore. Per andare sul concreto, per esempio, nell’ottobre 2014, il giornale progressista New York Times pubblicava un editoriale chiarissimo: “Pedofilia: un disordine, non un crimine”.
Si ebbe quello che nel mondo giornalistico si chiama “New York Times Effect”, l’eco tematico sul resto dei media: ecco l’Huffington Post: “Sono un pedofilo, ma non sono un mostro”, è il titolo di un articolo del 2015. Occhiello: “In una lettera online la confessione di un designer americano. ‘Non tutti facciamo del male’”. Dopo aver letto tutte queste cose, il bravo cittadino democratico non può aver dubbi: meglio pedofilo che assassino.
Il dott. Klaus Michael Beier, medico, psicoterapeuta e sessuologo tedesco, ha rilasciato un’intervista al Times of India nel marzo del 2017. “La pedofilia è una realtà e le società sane devono imparare ad accettarla”, afferma il medico. Secondo Beier la perversione sessuale verso i bambini è da considerarsi un “destino” e non una scelta. Per questo, quindi, dovremmo accettarla.
Il medico Klaus Beier, al quale si è ispirata Mirjam Heine per la sua Ted Talk in cui ha dichiarato che “la pedofilia è un orientamento sessuale naturale”, oltre a essere direttore del dipartimento di sessuologia del Charite, dirige anche un discusso programma di prevenzione per pedofili sempre all’interno dell’ospedale universitario di Berlino. L’iniziativa si chiama “Kein Tater Werden”, che tradotto dal tedesco significa “Non offendere”. L’obiettivo del corso è insegnare ai pedofili come controllare i loro impulsi sessuali nei confronti dei bambini. Al programma, lanciato 13 anni fa, partecipano potenziali criminali sessuali e anche coloro che hanno commesso reati sessuali ma sono riusciti a farla franca con la giustizia tedesca. “La pedofilia non è curabile”, aveva spiegato Beier al quotidiano inglese. “Ma può essere trattabile”. Secondo il medico, quindi, un pedofilo può imparare a controllare i suoi impulsi. Il progetto si fonda infatti sul principio che l’attrazione sessuale verso i bambini è sì un problema medico ma, come ha affermato Beier, “non è un crimine” fino a quando non si abusa.
Come si vede, piano piano si inizia a discutere della questione come “possibilità” anche se vista ancora in maniera negativa. Ma col tempo, piano piano, si passerà alla fase successiva, ossia l’accettabilità, una volta che la fase della possibilità si sarà radicata. Del resto, recentemente, il grande pubblico è stato già abituato con il film “Cutes”, su Netflix, a movimenti sensuali, erotici e ammiccanti, di bambine di 10 anni, e Netflix non ha subito poi censure o processi, se non qualche disappunto da parte del mondo cattolico (a dir il vero, nemmeno tutto, per esempio Avvenire ha giustificato il film): il tutto è passato come se fosse una cosa possibile. Come si vede, la legge del piano inclinato funziona anche in questo caso.
FONTE: http://www.atlanticoquotidiano.it/quotidiano/il-tentativo-di-sdoganare-la-pedofilia-intervista-a-emanuele-fusi/
(Tonguessy)
Se volessimo spaccare il mondo in due, si potrebbe mettere da una parte chi pensa che la vita sia un’accozzaglia di paurosi eventi da cui bisogna continuamente difendersi e dall’altra chi invece ritiene che gli eventi che la vita ci obbliga ad affrontare servano a temprare il carattere, permettendoci così di consolidare ed accrescere il nostro potere personale, il nostro esserci nel mondo. Nella prima categoria si ammassano individui che trovano solo nella aggregazione il coraggio di fronteggiare gli eventi, mentre nella seconda ci sono tipicamente quegli individui che non hanno mai perso la fiducia nel riuscire a sfangarsela da soli o con limitate forze alleate.
Ammettendo che sia sempre stato così, ci sarebbe il piccolo particolare della demolizione controllata delle ideologie a fare da cornice al quadro appena dipinto. Una volta, quando il mondo era ancora multipolare, le aggregazioni socialmente più significative erano di stampo politico. Ci si aggregava perché esistevano degli ideali che fungevano da faro nei momenti più bui. Ai vertici di tali organizzazioni si trovavano quegli individui che avevano avuto la forza di vincere le sfide che la vita aveva presentato loro. Oggi è venuto meno quell’afflato multipolare, e ciò che resta delle aggregazioni di massa è soltanto un vago ricordo dei tempi in cui la politica era un interesse vero che scatenava discussioni accese. Nell’epoca della disgregazione attuale ogni discussione acquista un significato sinistro di dissoluta precarietà. I fari sono stati spenti e la gente brancola senza più riferimenti, animata solo da un vago sentore di urgenza temperato da altrettante vaghe necessità di immobilità. Come nel processo di Kafka ci si sente sopraffatti da qualcosa di indefinito, e quel qualcosa viene quotidianamente rinvigorito dalla propaganda mediatica.
Lottare contro l’indefinito è davvero una faticaccia. E l’indefinito, ovvero l’indifferenziato postmoderno, è la creazione perfetta per mettere in confusione l’individuo, sbattuto com’è tra reale e virtuale e senza più quei fari del pensiero forte che esistevano nel secolo breve. Ovvero le ideologie. Al loro posto oggi ci sono le idolatrie, ovvero i simulacri. Costruzioni posticce dal senso tanto vago quanto impellente. Il Deus ex machina nasce con l’evidente scopo di confondere e rassicurare al tempo stesso. È il coup de theatre perfetto, il crimine sociale che nessun Poirot riuscirebbe mai a scovare per un semplice motivo: siamo tutti assassini e vittime al tempo stesso.
Succede così di idolatrare quella scienza che invece di sconfiggere il nemico storico (la malattia) impone soluzioni impensabili, appartenenti ad improbabili sfere ontologiche. Come i dottori d’antan si affannavano a proporre salassi e poco più, i moderni azzeccagarbugli si impegnano nel coltivare una visione sempre più distante dalle verifiche. La postverità ha attecchito anche in campo medico al punto che oggi non è più necessario verificare alcuna teoria. Almeno una volta la scienza faceva ideologia, così come il primitivismo. Oggi è assimilata ai tanti pensieri deboli che si affacciano sul mondo sensibile e non.
Questo andazzo causa un fenomeno di estraniamento sociale davvero inquietante. Tutti i fari di una tempo si sono spenti (oppure sono stati spenti) e la navigazione nella notte della ragione ed in assenza di luci rasenta l’impossibile. Viviamo in un sistema altamente instabile, dove il livello di stress ed insicurezza richiedono a viva voce pensieri e maniere forti. Ci si sta avviando verso una schizofrenia sociale prima impensabile, dove per schizofrenia si intende specialmente la dissociazione da ciò che prima ci sosteneva, quindi “deliri paranoidi e pensieri o discorsi disorganizzati” (wiki).
Nel mondo così come lo conoscevamo, ai vertici delle varie strutture sociali c’erano persone di indubbia formazione. C’erano addirittura le scuole di partito, oggi eliminate per favorire una non meglio specificata democrazia diretta, altra invenzione utile a creare il virtuale perfetto, ovvero un altro pensiero debole da aggiungere ai molti altri.
Oggi ai vertici non c’è più Nessuno. Prima avevamo Ulisse. Prima con Ulisse si poteva parlare, ci si poteva anche incazzare. Oggi è tutto inutile. Parlare a Nessuno, ai vari signor Nessuno che popolano i tocsciò, le presidenze e sottopresidenze e tutto il decadente mondo burocratico e dirigenziale postmoderno è solo fatica inutile e fiato sprecato.
E forse questo è davvero l’unico pensiero forte concesso: essere consapevoli dell’inutilità altrui e nostra. Tutto il resto è noia.
Ecco quindi prendere vigore un nuovo stile di pensiero ed un nuovo modello comportamentale: la vigliaccheria asservita diventa virtù, così come Kafka ci ha insegnato ne “Il Processo”: “La menzogna viene elevata a ordine del mondo” e “La giusta comprensione di una cosa e il fraintendimento della stessa cosa non si escludono del tutto a vicenda”, anticipando di molto i paesaggi distopici di Huxley e Orwell. Le tare personali diventano così oggetto di culto sociale, così come dimostrerà il nascituro nazismo e la relativa caccia all’untore (il comunista, l’ebreo, il sindacalista, il socialista etc..) che all’epoca della stesura del libro stava emettendo i suoi primi vagiti.
Oggi le cose non vanno molto diversamente, purtroppo. Comprensione e fraintendimento di concetti cardini quali libertà e verifiche fattuali devono sottostare all’ordine del mondo gestito dal Processo Attuale. Ovvero dalla Nuova Burocrazia, la vera regina della scena. Quella che ordina Verità mentre diffonde Propaganda, quella che ci parla nell’intimo e ci convince di quanto terribile sia il mondo senza la Nuova Burocrazia, quella che enfatizza l’ipocondria per normalizzare il Reale così come a lei piace.
La paura come sistema di vita e l’ipocondria come quintessenza della postmodernità; un fenomeno sociale che vede le masse artefici di un destino che non capiscono, ubbidienti servi che non discutono gli ordini perché troppo occupati a trovare scenari paurosi da evitare. Questi tempi non hanno più significato né futuro: solo l’ipocondria acquista valore d’uso perché permette di vivere sullo stesso piano irreale di qualsiasi altra persona, e in questo sta il significato profondo della libertà digitale, odioso ossimoro.
L’ipocondria è in sintesi un atteggiamento violento di negazione di quelle presunte forze che governano la vita del singolo, è la volontà di ricercare ad ogni costo una salvezza non necessaria: gli ipocondriaci sono mossi da tanto improbabili quanto improrogabili necessità che richiedono una soluzione rapida ad ogni costo, e da questa urgenza scaturisce quel distacco incolmabile tra sé ed il mondo che può sfociare in puro sadismo.
“Le forze motivanti sono spesso inconsce. [Un certo uomo] potrebbe essere un aguzzino sadico. In circostanze che glielo permettessero potrebbe manifestare apertamente, e forse anche in maniera estrema, la sua tendenza sadica [che] in certe circostanze potrebbe acquistare un’importanza rilevantissima nel sistema di un certo individuo…, si può predire il comportamento futuro di una massa se conosciamo la struttura del carattere comune a un intero gruppo di persone”
(E. Fromm “Programmazione umanistica”)
FONTE: https://comedonchisciotte.org/apoteosi-ipocondriaca/
I leader mondiali stanno pianificando nuovi blocchi per introdurre “Programma per il Reset del Debito Mondiale”
Il piano include reddito di base universale e requisiti di vaccinazione
Lance D.Johnson – Natural News 19 ottobre 2020
I leader mondiali si stanno preparando per una seconda e terza ondata di casi di covid-19 e stanno perfezionando le loro strategie di lockdown che saranno implementate alla fine del 2020 e nel 2021 . La loro pianificazione implica lo sviluppo di una nuova economia mondiale, che introduce il fascismo medico come uno stile di vita permanente.
Un informatore canadese si è fatto avanti con i piani. L’informatore fa parte del Comitato di pianificazione strategica del Partito liberale canadese, che opera sotto la direzione dell’Ufficio del Primo Ministro canadese (PMO).
Hanno progettato grazie ai blocchi la povertà di massa e continueranno a indebolire la sicurezza finanziaria e alimentare delle persone, rendendole più vulnerabili e alla fine rendendole più disperate nell’accettare la nuova economia mondiale e le sue esigenze fisiche.
La nuova economia mondiale include reddito di base universale e requisiti di vaccinazione
La nuova economia mondiale include l’introduzione di una valuta digitale, un reddito di base universale, requisiti di vaccini per i viaggi e “The World Debt Reset Program”. Un ciclo continuo di blocchi fino al 2021 porterà alla fine a un collasso economico internazionale. I governi di tutto il mondo offriranno ai cittadini un’allettante via d’uscita promettendo di eliminare tutti i debiti personali (mutui, prestiti, carte di credito, ecc.)
Negli Stati Uniti questa idea è già stata implementata nel 2020 attraverso il Paycheck Protection Program (PPP), un programma di prestito garantito che condona il debito se il mutuatario segue istruzioni specifiche. Sotto un imminente collasso economico, tutti i prestiti saranno condonati se il cittadino accetta di partecipare al “Programma mondiale di ripristino del debito, finanziato dal Fondo monetario internazionale (FMI). Per ottenere la remissione di tutti i debiti, i cittadini dovranno rinunciare alla proprietà di qualsiasi proprietà privata, accettare un reddito di base universale e iscriversi al programma di vaccinazione covid-19 e covid-21.
Con l’inizio dei lockdown localizzati e delle sanzioni economiche, ai cittadini sarà consentito di viaggiare e riunirsi in stadi e luoghi pubblici con tutte le loro precedenti libertà, purché forniscano un documento di identità che dimostri che sono stati vaccinati con tutte le vaccinazioni covid-19 e covid-21 obbligatorie . In Canada, vengono installati campi di detenzione in tutte le province e territori per costringere le persone a conformarsi ai nuovi piani. L’informatore canadese ha rivelato che questo ID digitale legato al vaccino verrà indicato in Canada come HealthPass canadese.
L’informatore avverte che i leader mondiali in Australia, Stati Uniti, Regno Unito, Canada e Nuova Zelanda spingeranno per un “blocco secondario completo e totale molto più rigoroso delle restrizioni della prima e della seconda fase di lockdown localizzati”. Questi nuovi blocchi saranno spinti da novembre 2020 a gennaio 2021 aumentando i test covid-19 e il conteggio dei casi.
La tirannia del lockdown del 2020 è solo l’inizio di un piano molto più ampio
I prossimi piani di Lockdown sono congruenti con il piano “Great Reset” delineato dal World Economic Forum e dall’Event 201, entrambi finanziati e promossi dalla Fondazione Bill e Melinda Gates, che cerca la conformità mondiale con gli esperimenti sui vaccini e la modificazione genetica degli esseri umani. La Commissione consultiva nazionale covid-19 del Primo Ministro (istituita in blocco nel marzo 2020) sta ora consigliando e spingendo il PMO canadese e il Dipartimento dei Primi Ministri e del Gabinetto di Canberra a realizzare questi piani totalitari.
L’informatore ha detto che almeno il trenta per cento dei membri del comitato si oppone fermamente a questi piani, ma le loro voci vengono soffocate. È stato reso “molto chiaro che nulla fermerà i risultati pianificati”, ha detto l’informatore.
L’ufficio del Primo Ministro canadese ha definito il piano, che include un blocco secondario entro dicembre 2020, che implementerà le restrizioni su base continuativa, a partire dalle principali aree metropolitane e in espansione verso l’esterno. I media proietteranno che i casi covid-19 giornalieri superano la capacità di test e devono essere frenati utilizzando un blocco secondario completo e totale molto più rigoroso rispetto alla prima e alla seconda fase di laminazione. Il programma di disoccupazione sarà configurato in un programma di reddito di base universale entro la fine del primo trimestre del 2021(Già realizzato in Italia).
Con il lancio dei vaccini, tutta la diffusione virale, le mutazioni e le lesioni da vaccino saranno attribuite a una “terza ondata” che include un più alto tasso di mortalità e un più alto tasso di infezione. Chiunque non accetti i vaccini verrà privato del diritto di viaggiare liberamente e sarà detenuto nei centri di isolamento o monitorato agli arresti domiciliari fino a quando non accetterà di conformarsi.
Durante questo periodo, le strutture mediche raggiungeranno la massima capacità e il governo migliorerà le restrizioni di blocco, implementando un terzo blocco entro il secondo trimestre del 2021. Si prevedono grandi carenze di scorte, interruzione della catena di approvvigionamento e instabilità economica, poiché tutti gli individui vengono messi in un programma universale di reddito di base per frenare la fame, i senzatetto e i disordini civili. Entro il terzo trimestre, i governi dovrebbero schierare personale militare nelle principali aree metropolitane e strade per creare posti di blocco. Queste tattiche sono già state testate nel 2020. Tutti coloro che dipendono da questi sistemi saranno costretti a seguire il programma di vaccinazione HealthPass . Chiunque non sia d’accordo sarà considerato una “minaccia per la salute pubblica” o “nemico dello stato”.
L’informatore ha detto che i dissidenti non saranno tollerati. “In sostanza ci è stato detto che era nostro dovere assicurarci di elaborare un piano per garantire che non sarebbe mai accaduto. Ci è stato detto che era nel migliore interesse dell’individuo partecipare. “
“Quando diversi membri del comitato hanno insistito incessantemente per ottenere una risposta, ci è stato detto che coloro che si fossero rifiutati avrebbero prima vissuto a tempo indeterminato sotto le restrizioni. Coloro che rifiutano di “partecipare” al programma di cancellazione del debito “sarebbero considerati un rischio per la sicurezza pubblica e sarebbero trasferiti in strutture di isolamento”.
“Una volta in quelle strutture avrebbero avuto due opzioni, partecipare al programma di cancellazione del debito ed essere rilasciati, o rimanere a tempo indeterminato nella struttura di isolamento secondo la classificazione di un grave rischio per la salute pubblica e tutti i loro beni sarebbero stati sequestrati”.
Le fonti includono:
FONTE: https://www.databaseitalia.it/i-leader-mondiali-stanno-pianificando-nuovi-blocchi-per-introdurre-programma-per-il-reset-del-debito-mondiale/
ATTUALITÁ SOCIETÀ COSTUME
“ACCENDI LA TV E NON SI SENTE PARLARE DI ALTRO CHE ‘COVID, COVID, COVID, COVID, COVID, COVID”
QUALCUNO FERMI TRUMP CHE, A UN COMIZIO IN NORTH CAROLINA, RIPETE IN LOOP “COVID” PER CRITICARE I GIORNALISTI CONCENTRATI SOLO SULLA PANDEMIA: “SE UN AEREO CADE E MUOIONO 500 PERSONE NON NE PARLANO. COMUNQUE DAL 4 NOVEMBRE NON NE SENTIRETE PIÙ PARLARE…” – VIDEO
Il presidente Usa, Donald Trump, protesta con i media. Lo fa ad un comizio elettorale a Lumberton, in Carolina del Nord: «Questo è tutto quello che sento adesso. Accendi la tv e non si sente parlare di altro che ‘Covid, Covid, Covid, Covid, Covid, Covid’».
Una parola che il capo della Casa Bianca ripete per 6 volte consecutive come un refrain davanti ad una folla in delirio per lui: «Bene,dopo il 4 novembre questa parola non la sentirete più»
FONTE: https://www.dagospia.com/rubrica-29/cronache/ldquo-accendi-tv-non-si-sente-parlare-altro-che-lsquo-covid-250892.htm
SU YOUTUBE IL DISCORSO DI TRUMP SUL COVID COVID COVID
VIDEO QUI: https://www.youtube.com/watch?v=sshEaojWkOc
IL CORAGGIO DI PESARO: RISTORANTE E CLIENTI RESISTONO ALLO SGOMBERO
Siamo alle porte di una stagione segnata dalle proteste?
SOCIETÀ /
Con l’avvento della pandemia di coronavirus, in tutto il mondo si è registrato un aumento delle diseguaglianze sociali e delle tensioni interne tra la popolazioni. In modo diverso ma al tempo stesso anche speculare, Americhe, Europa, Asia ed Africa hanno visto una rinascita delle proteste di piazza, a lungo fermate sia dalla paura per il patogeno sia dalle forti limitazioni imposte dagli organi nazionali. E in questo scenario, che in momenti diversi ha preso piede in tutto il mondo rendendo però l’idea di un fenomeno destinato ad essere duraturo nel tempo, potremmo assistere a quella che potrebbe essere definita come una nuova stagione di proteste e insurrezioni popolari.
Gli Stati Uniti sono spaccati in due
La prima vera e propria protesta di questo 2020 è iniziata nel mondo americano a seguito dei fatti successivi all’uccisione del cittadino afroamericano George Floyd da parte della polizia. La rinascita infatti dei movimenti in favore dei diritti della popolazione nera ha segnato una netta spaccatura all’interno dell’opinione pubblica americana, contribuendo in modo molto più marcato che in passato alla campagna elettorale per le elezioni presidenziali.
Tra chi – come il candidato democratico Joe Biden – ha scelto di appoggiare il movimento del Black lives matter e chi – come il presidente uscente Donald Trump – ha scelto invece di schierarsi a favore delle forze dell’ordine e della sicurezza nazionale, gli Usa sono spezzati da una gola più profonda della faglia di San Andreas. E proprio da questo clima di instabilità, in fondo, potrebbe uscire dalle urne elettorali – per un verso o per l’altro – il nome del prossimo presidente degli Stati Uniti d’America.
L’Europa è sul piede di guerra
Mentre il fenomeno razziale ha trovato il suo “successo” nel mondo trans-oceanico, fatta salva qualche sporadica manifestazione e in modo leggermente più importante soltanto in Francia e Regno Unito in Europa il movimento non ha mai davvero attecchito. Questo perché, verosimilmente, con il passaggio della pandemia di coronavirus e con le elezioni lontane ancora in molti Paesi l’argomento divisivo in campo socio-politico non ha incontrato in modo così marcato l’interesse popolare.
Un argomento che ha però colpito particolarmente gli Europei è quello riguardante lo stato di salute dell’economia e – benché ciò si fosse reso evidente già nella prima ondata – in questo autunno la situazione è divenuta ancora più calda. Dalle battaglie contro le restrizioni portate avanti in Germania, Spagna e Francia alle proteste di piazza dei commercianti che si sono verificate in Italia nelle ultime ore, la popolazione europea è di fatto insorta contro quella che molti – forse erroneamente – hanno definito “dittatura sanitaria”. E questo aspetto, in fondo, potrebbe essere destinato ad accompagnare la nostra quotidianità per molte settimane ancora a venire, così come a divenire ago della bilancia nella scelta degli stessi esecutivi nazionali.
Anche dove il coronavirus ope legis quasi non esiste si sono verificate delle forti proteste di piazza nei confronti della presidenza nazionale: e questo, infatti, è il caso della Bielorussia. Per la prima volta dal 1994 Aleksandr Lukashenko è stato investito da un moto d’insurrezione popolare senza precedenti, che per la prima volta è riuscito a mettere in crisi e portare lo sguardo internazionale su quel piccolo ex-soviet dell’Urss a lungo dimenticato dal mondo. E se la sfiducia verso il presidente non è provenuta soltanto dai moti popolari – le stesse alleanze di Minsk non sono mai apparse tanto traballanti – ad essere messo in crisi in questo modo è lo stesso sistema politico della Bielorussia, forse il quanto di più simile rimasto come gestione interna alla ex-Unione sovietica.
L’Italia riscopre la guerra di strada
Un caso dalle declinazioni particolari e sul quale è necessario soffermarsi non soltanto per la vicinanza riguarda quanto è accaduto nelle scorse ore e che con molte probabilità potrebbe riaccadere anche nei prossimi giorni nel nostro Paese. In Italia, infatti, il clima di sfiducia nei confronti dell’esecutivo e soprattutto la rabbia – e il disgusto – di molte persone nei confronti di alcune misure ritenute eccessivamente stringenti e potenzialmente in grado di strangolare l’economia è sfociato nelle violenze di strada. Da Napoli a Milano, passando per Torino e arrivando sino a Roma, al fianco delle manifestazioni pacifiche sono entrati in scena i movimenti di protesta, in un panorama rivelatosi particolarmente amalgamato ed esteso ad ogni ideologia politica.
La sensazione, però, è che in queste ore l’esecutivo italiano stia affrontando una fase molto complicata e nella quale il suo gradimento è sceso ai minimi dal proprio insediamento. Anche tra coloro che sino agli scorsi giorni lo avevano sostenuto ed anche all’interno dello stesso esecutivo – vedasi Italia Viva – sono cresciuti i malumori, al punto da aver messo di fatto il governo spalle al muro, chiuso dalla morsa delle proteste popolari, dalle insurrezioni interne e dalla morsa della pandemia di coronavirus. In generale, la situazione che si è creata ha generato una guerra di trincea tra opinione pubblica e governo, con davvero poche voci ormai che sostengono a viso aperto l’operato del Consiglio dei ministri. E in questa situazione, tenute di conto anche le criticità della gestione della pandemia che permangono tali e quali a prima, si potrebbe quasi dire che il governo ormai sia sul piede di guerra.
La Francia ha riscoperto Charlie Hebdo
A seguito dell’uccisione del professore francese accusato dal suo omicida di aver mostrato in classe ai suoi alunni delle vignette di Charlie Hebdo raffiguranti l’immagine del profeta Maometto, la Francia ha riscoperto le sue differenze con la comunità islamica. E in modo particolare, le immagini successive all’uccisione del professore hanno generato una nuova ondata di sdegno che ha portato lo stesso governo francese a irrigidire le proprie posizioni nei confronti dell’islam – ovviamente, con particolare attenzione a quello radicale.
Anche in questo caso, però, il peggioramento delle condizioni sociale nel Paese ha dato vita ad un degenerare della situazione che, forse, senza il passaggio della pandemia non sarebbe venuto alla luce. E soprattutto, ha evidenziato quanto una popolazione assai variopinta ma poco amalgamata possa rivelarsi una bomba ad orologeria, mettendo in discussioni la stessa riuscita dell’integrazione all’interno del sistema francese.
In Asia ci si rivolta all’ordine costituito
Nascono da tre motivazioni assai distinte, ma le rivolte popolari che hanno di nuovo preso piede in Iraq nelle ultime ore, le proteste ormai durature dei giovani thailandesi e l’insurrezione delle scorse settimane del popolo kirghiso hanno un sostanziale elemento in comune: la lotta contro la corruzione e contro un sistema politico, forse, diventato ormai vetusto. E questo accade anche nel più solido mondo asiatico.
Dopo il fermo provocato dai blocchi per la pandemia di coronavirus, la popolazione irachena è scesa di nuovo nelle piazze, invocando libere elezioni e la destituzione del governo del Paese. Con delle scene che pensavamo di aver dimenticato dall’inizio del 2020, dunque, Baghdad è tornata centro delle proteste mediorientali, in un momento in cui l’esecutivo locale affronta forse la più grande fase di debolezza dal suo insediamento. E soprattutto, questa volta e mai come prima dovrà fare i conti con le minoranze del Paese.
A muovere invece il popolo del Kirghizistan sono state anche le minoranze, ma quelle residenti all’estero: l’allusione è chiaramente alla condizione degli uiguri – i “fratelli” della Cina – e ai rapporti troppo fitti che, nonostante ciò, Biskek intratterrebbe da anni con Pechino. In questo caso, infatti, la rabbia della popolazione nei confronti di un rapporto economico stretto a doppia mandata con la Cina è degenerata in esasperazione, e per la prima volta il popolo kirghiso ha messo seriamente in discussione un sistema politico duraturo sin dalla dissoluzione dell’Unione sovietica e dalla conseguente riappacificazione della regione.
Maggiori diseguaglianze, maggiori paure, maggiori proteste
Come sottolineato nell’introduzione, l’aumento della diseguaglianza percepita e le preoccupazioni riguardanti il futuro sono divenute l’elemento chiave per lo scoppio di una nuova e sempre crescente serie di proteste diffuse a livello mondiale. Sebbene queste insurrezioni non siano in sé strettamente legate fra di loro hanno un elemento in comune molto interessante: la tempistica. Particolare non di secondo piano, considerando l’evento epocale che si sta attraversando da quando dalla regione dello Hubei si è diffuso il coronavirus.
In questo scenario, dunque, la sensazione è che il mondo si trovi davanti ad una nuova stagione di insurrezioni, ognuna delle quali con le volontà e le capacità di mettere in discussione le fondamenta stesse del modo in cui viene fatta la politica in ogni rispettivo Paese. E soprattutto, potrebbe aprire uno squarcio ancora dalla difficile lettura e dalle offuscate conseguenze che potrebbe cambiare il volto della situazione interna e degli equilibri anche internazionali dei prossimi anni.
FONTE: https://it.insideover.com/societa/siamo-alle-porte-di-una-stagione-segnata-dalle-proteste.html
Riorganizzazione della giornata secondo i dpcm della settimana
FONTE: WhatsApp
Ospedali lombardi al collasso? I video mostrano un’altra realtà
A vedere le immagini girate oggi in alcuni Ps lombardi, tra cui quello del Sacco di Milano l’emergenza sembra non esserci
In Lombardia è ancora record di contagi giornalieri, con 7.558 casi positivi al nuovo coronavirus registrati nelle ultime 24 ore. E Guido Bertolini, responsabile del coordinemento Covid per i reparti dei pronto soccorsi lombardi lancia l’allarme: “Ora bisogna chiudere– ha dichiarato ad AdnKronos– Siamo arrivati al punto che è necessario un lockdown.
La situazione di rischio è generalizzata, riguarda tutta la regione. Soprattutto in alcune aree il sistema assistenziale è vicino al collasso. Milano è più avanti, ma anche altre province hanno quell’andamento esponenziale che preoccupa”. A preoccupare sono anche le parole di Massimo Galli, del reparto di Malattie infettive dell’ospedale Sacco di Milano, che a Fuori dal Coro ha dichiarato: “Io i morti li sto tristemente rivedendo. Vorrei che tutti capissero che siamo sull’orlo di qualcosa di molto peggio, cioè la necessità di chiudere di nuovo tutto“.
Ma gli ospedali lombardi sono davvero al collasso? Come sottolinea Fronte del Blog, a detta del sindaco di Milano Beppe Sala, “al momento abbiamo 80 pazienti intubati a Milano e 201 in Lombardia. Ad aprile erano oltre 1500“. E Alberto Zangrillo, primario dell’ospedale San Raffaele, aggiunge: “Sono tutti codici verdi quelli che entrano in area ricovero“. E “c’è un dato ed è quello più importante: il 65% delle persone che si presentano nei nostri pronto soccorso vengono dimesse entro le 9 ore. Forse la mia età non più ‘verdè mi permette di avere una visione un pò più d’insieme, e quindi di cercare di raccontare la verità senza eccedere né nell’ottimismo né nel catastrofismo“. La situazione, secondo Zangrillo è “ben gestita dalle regioni di riferimento in cui si sarebbe potuto fare meglio e di più sul territorio”. Anche nelle altre zone della Lombardia, il numero dei pazienti ricoverati in ospedale non tocca i dati della scorsa primavera.
Nella Bergamasca, come spiega al Corriere della Sera il direttore del reparto di Malattie infettive del Papa Giovanni, Marco Rizzi, “i numeri dei positivi sono cresciuti da agosto, ma non in maniera esplosiva”. Inoltre, il direttore del Dipartimento di Emergenza Urgenza e Area critica, Luca Lorini, precisa come si tratti di dati lontani da quelli dello scorso marzo, “tenendo però conto che allora non si facevano i tamponi se non ad alcune categorie. Le persone che arrivavano in ospedale e avevano bisogno di terapia intensiva erano 5-10 volte più di oggi”, perché adesso i medici riescono “a prendere i pazienti prima“.
FONTE: https://www.ilgiornale.it/news/cronache/ospedali-lombardi-collasso-i-video-mostrano-unaltra-realt-1899529.html
FONTE: https://liberopensare.com/32509-2/
BELPAESE DA SALVARE
FONTE: https://liberopensare.com/le-statistiche-del-terrore/
La verità è che il lockdown non ha nessuna funzione medica: serve a rieducare i cittadini
Siamo tornati alla fase 2 e non era difficile prevederlo. Il new normal, come già lo chiamano, è la nuova normalità del capitalismo terapeutico, nel quale i lockdown non hanno alcuna funzione medica. Per inciso la Francia si prepara al nuovo lockdown integrale.
A cosa servono i lockdown, se non hanno alcuna funzione medica? Certo il logo dominante, terapeuticamente corretto, seguita senza posa celebrare il lockdown come la via di salvezza. In realtà i lockdown non servono affatto a salvarvi la vita. Al contrario servono a farvela perdere. I lockdown sono una nuova oscena prassi politica schiettamente autoritaria, infame, bieca e degna della massima contestazione.
La funzione dei lockdown mi pare essere duplice. In primo luogo servono a rieducare i cittadini, considerati prigionieri. I lockdown sono un’atroce pratica con cui il potere umilia e causa sofferenza a cittadini ridefiniti come prigionieri.
Vi è poi una seconda funzione dei lockdown ed è quella di sterminare i ceti medi e le classi lavoratrici portando via loro tutto. Vi è il genocidio pianificato delle classi medie e lavoratrici. La creazione di un nuovo collettivismo neo-oligarchico.
Per questo occorre opporsi ai lockdown. Per questo occorre battersi contro i genocidi sociali e contro l’autoritarismo punitivo. Ne faranno ancora altri, siatene certi.
RadioAttività, lampi del pensiero quotidiano con Diego Fusaro
FONTE: https://www.radioradio.it/2020/10/lockdown-vita-trattandovi-prigionieri-rieducare/
CONFLITTI GEOPOLITICI
POLIZIA VIOLENTA E ANTIFA? DUE FACCE DELLA STESSA MEDAGLIA. NON CADIAMO NEL LORO GIOCO.
E’ apparso oggi un articolo sul blog Fanpage notoriamente vicino alle istituzioni di sinistra, che contraddice per la prima volta una linea editoriale unidirezionale da tempo compromessa.
Dopo le critiche alla Manifestazione di sabato scorso a Piazza del Popolo a Roma, in cui si cercava di denunciare il popolo e i manifestanti di Forza Nuova che erano scesi in Piazza pacificamente e poi attaccati e aggrediti senza preavviso con una carica da parte della Polizia di cui anche noi siamo stati testimoni diretti, oggi decidono invece di pubblicare un video inquietante sulla strategia criminale di un funzionario di Polizia.
Forse spinti da rimorsi di coscienza per la faziosità di articoli a sostegno delle teorie sulla negazione di un reale complotto da parte di un Governo italiano filo cinese, Fanpage pubblica un video in cui un dirigente della pubblica sicurezza incita i suoi sottoposti a sparare per uccidere i manifestanti, “col fumo” ovviamente.
https://youmedia.fanpage.it/video/aa/X5fyjOSwhjTFHYWG
Dietro gli scontri di milano ci sono i centri sociali e gli ANTIFA organizzazione terroristica finanziata da Soros ( negli Stati Uniti hanno ricevuto circa 140 milioni di dollari per distruggere tutto), ma ovviamente loro non possono essere criticati, Forza Nuova invece si.
Giuliano Castellino ( FORZA NUOVA ) : chi sono i violenti? I manifestanti che disubbidiscono ai DPCM, si oppongono alla tirannia e si difendono da cariche e manganellate o i poliziotti che vogliono uccidere i manifestanti? Anche a Piazza del Popolo sabato scorso le parole dei poliziotti sono state “SPARIAMO E CERCHIAMO DI UCCIDERE QUALCUNO”.
Parole criminali che fotografano il clima da dittatura cinese. Ora attendiamo le scuse dei Tg e dei giornali che hanno tirato fango sui dissidenti di piazza del Popolo. Ma anche dei capi di gruppi Facebook, ciarlatani della rivoluzione, attendiamo il vostro mea culpa. Così come attendiamo le scuse della Meloni e di Crosetto.
Il Popolo Italiano lentamente si sta destanto da questo torpore e ognuno di noi spera in cuor suo che i manifestanti pacifici siano sempre di più, e possano coprire la violenza, di un sistema, di uno Stato, dei suoi agenti camuffati e in divisa e degli omertosi.
VAE VICTIS , Guai ai Vinti !
FONTE: https://www.databaseitalia.it/polizia-violenta-e-antifa-due-faccie-della-stessa-medaglia-non-cadiamo-nel-loro-gioco/
CULTURA
L’INVENZIONE DELLA NATURA
(OVVERO: BREVE INTRODUZIONE A PHILIPPE DESCOLA)
Philippe Descola (si pronuncia Descolà) fu l’ultimo, geniale allievo del grande antropologo francese Claude Lévi-Strauss. Nato nel 1949, si laurea in filosofia alla Normale di Parigi, e prosegue, negli anni successivi, gli studi nel campo dell’etnologia. In Francia erano in molti, a quei tempi, a farlo, a laurearsi in filosofia per poi specializzarsi in antropologia culturale, ed è forse questo uno dei motivi della ricchezza della scuola francese in scienze sociali. Descola passa il suo primo importante periodo di lavoro sul campo tra il 1976 e il 1978 in Amazzonia, nelle aree al confine fra Ecuador e Perù, a contatto con gli indiani Jivaro-Achuar. Il resoconto, La nature domestique, è un libro bellissimo, che tenta di ripensare il concetto, tutto occidentale di “natura” alla luce delle indagini svolte sul campo. Operazione, quest’ultima, di grande radicalità che Descola svilupperà in maniera molto originale negli anni successivi, prendendo il posto di Lévi-Strauss alla cattedra di Antropologia del prestigioso Collège de France. La sua opera più importante, Oltre natura e cultura, è un capolavoro di antropologia culturale. Vediamo cosa dice.
Qualità primarie e qualità secondarie
Il primo passo operato da Descola consiste in un ripensamento di alcune delle categorie concettuali fondamentali della filosofia e delle scienze sociali. Tale ripensamento ha di mira, in primo luogo, ciò che Descola chiama la «multidimensionalità dei fenomeni», ovvero l’idea, propria all’epistemologia occidentale, che gli oggetti presentino una distinzione tra due insiemi di qualità: un insieme di qualità – come il movimento e l’estensione – “primarie”, inerenti all’oggetto in sé, differenziate da un secondo insieme di qualità “secondarie”, dipendenti dalla conoscenza che, dell’oggetto, ha il soggetto.
Leggi anche:
Genealogia della cultura
Rintracciando in Locke e in Boyle due tra i fautori di questa divisione, Descola mostra come a seconda che si privilegi uno o l’altro dei modi di essere, delle dimensioni, di un medesimo fenomeno, si avrà accesso ad un tipo di sapere differente: universale, nel caso ci si apposti al livello delle qualità primarie, le quali, per l’appunto, sono indipendenti dalla conoscenza che ne ha il soggetto; relativo, considerando le qualità secondarie, grazie alle quali «si apriranno molte possibilità di inferenze e collegamenti riferibili a circostanze storiche e personali». Da un lato, dunque, un mondo “oggettivo”, un fondo duro, stabile, una natura autonoma, dall’altro il campo della contingenza, della cultura – o meglio, delle culture.
Che cos’è la cosa
L’operazione di Descola per sfuggire a questa dicotomia è radicale: essa consiste nella sospensione del giudizio sulla possibilità della separazione, quella tra qualità primarie e secondarie, già definitrice del fenomeno, per studiare le modalità di stabilizzazione e integrazione entro sistemi coerenti di «ciò che viene percepito nel nostro ambiente». Appoggiandosi ad un’epistemologia di stampo humeano, Descola arriva a sostenere, che, paradossalmente, non c’è qualcosa come una “cosa”, un nocciolo duro di realtà cosale che funge da sostanza del mondo, e che non sussiste un mondo conchiuso che aspetta di essere rappresentato secondo vari punti di vista, ma, piuttosto, «un vasto insieme di qualità e relazioni che possono essere attualizzate o meno dagli esseri umani». Gli oggetti, le cose, divengono tali solo entro un processo di filtraggio e stabilizzazione che Descola chiama «mondiazione». Ciò significa che non esiste un mondo dato (una natura) illuminata da diverse prospettive (le culture), ma mondi a proprio titolo, pacchetti di qualità che, attraverso un filtraggio ontologico, vengono individuati. Per utilizzare un esempio di Descola, se un etnobotanico vede una quercia come un oggetto di classificazione scientifica e un Achuar come un “confratello” è perché ciascuno dei due, in virtù di un processo di mondiazione già attuatosi, guarda una cosa diversa, e non perché si rappresentino la stessa cosa secondo diverse prospettive.
Fisicalità e interiorità
Ora, le modalità inferenziali attraverso le quali avviene il processo di stabilizzazione, i modi che permettono di fissare entro schemi precisi un fenomeno, secondo Descola, non sono infiniti, ma limitati. Qui bisogna procedere con calma, introducendo, purtroppo, qualche concetto filosofico. Ora, le qualità percepite dell’oggetto sono stabilizzate, integrate entro il processo di mondiazione, seguendo l’ordine del continuo e del discontinuo. Un’ipotetico soggetto trascendentale, cioè, un Io astratto che si trovi di fronte all’oggetto ancora indeterminato, può, formalmente, identificarsi (continuità) con esso, oppure non identificarsi con esso (discontinuità). L’altro, quale che sia, sarà o in continuità con l’Io che lo percepisce, o in discontinuità con esso.
Leggi anche:
La vera natura del volto dell’altro «Totalità e infinito» di Emmanuel Lèvinas
Bisogna fare un altro passo. È a questo punto che Descola si riallaccia alla fenomenologia, introducendo il concetto di esperienza antepredicativa. Se l’identificazione avviene tracciando somiglianze e differenze, ossia, continuità e discontinuità con un’alterità generale, ciò che è correlato in questo processo fondamentale di stabilizzazione è quella che Descola riconosce come una dualità propria a tutto il genere umano, la dualità tra “fisicalità” e “interiorità”. “Fisicalità” e “interiorità” non sono i soli contenuti attraverso i quali un ipotetico soggetto trascendentale può operare la stabilizzazione che avviene nel processo di mondiazione. Non esiste, secondo Descola, alcuna concezione dell’umano (al di fuori della moderna teoria della coscienza incarnata) che escluda uno dei due attributi – fisicalità o interiorità. In questo senso, fisicalità e interiorità costituiscono la base sulla quale, attraverso l’identificazione o meno con l’oggetto ancora indeterminato, avviene il processo di mondiazione; fisicalità e interiorità costituiscono, ancora, gli elementi fondamentali che presiedono all’identificazione di un “me” con alterità generale, umana o non umana che sia.
Ontologia
Al risultato di ciascun processo di stabilizzazione, Descola dà il nome di “ontologia”. Un’ontologia rappresenta il risultato di un modo d’identificazione, o, ancora, un sistema di proprietà degli esistenti, che serve da punto d’ancoraggio per la costruzione di cosmologie. In questo modo, rintracciate le forme elementari della schematizzazione dell’esperienza, si apre la possibilità per Descola di elaborare una «grammatica delle ontologie», derivante dalla combinazione di interiorità e fisicalità che guida il processo di mondiazione. Si avrà così: 1) animismo, nel quale si registrano discontinuità di fisicalità e continuità di interiorità tra umani e non umani;
2) naturalismo, inverso dell’animismo, nel quale la continuità è della fisicalità, mentre la discontinuità dell’interiorità;
3) analogismo, discontinuità tra umani e non umani sia di interiorità sia di fisicalità;
4) totemismo, ontologia all’interno della quale sussiste una continuità sia di fisicalità sia di interiorità.
Naturalismo
Descola può così scoprire il vaso di Pandora. Ecco che il naturalismo si mostra come l’ontologia propria all’Occidente, nella quale l’elemento discontinuo che differenzia umani e non umani è l’interiorità, peculiarità di attributi come la soggettività, la coscienza riflessiva, il linguaggio. Dopo Cartesio, ma soprattutto dopo Darwin, i moderni non hanno mai smesso di riconoscere che la componente fisica dell’essere umano lo situa all’interno di un continuo materiale del quale allo stesso tempo egli sarebbe l’eccezione. Il naturalismo utilizza il non umano per derivare, per contrasto, la superiorità intellettuale dell’umano. Anche nei tentativi di discipline come l’etologia o la sociobiologia di riconoscere tracce di “cultura” nel regno animale o forme primitive di capacità intellettuali, non si ritrova la tesi secondo cui i non umani possiedono una vera e propria interiorità. Pensateci, è così, ovunque.
Leggi anche:
Sulla natura
Il volto della natura
Allo stesso modo, Descola può discutere criticamente il concetto di “natura” così come la tradizione filosofica occidentale l’ha consegnato alla modernità. Tuttavia, ed è questa la forza della sua proposta, le operazioni genealogica e di decostruzione semantica che Descola intavola nella prima parte di Oltre natura e cultura non hanno il fine di storicizzare o relativizzare il concetto di natura, ma quello di mostrare come esso sia il derivato di una modalità particolare di organizzazione dell’esperienza, il frutto maturo di un assemblaggio costruito su «scelte ontologiche» precise, rintracciabili attraverso un’analisi diacronica.
Secondo Descola, è con la Rivoluzione Scientifica che sarebbe venuta definitivamente ad affermarsi l’ontologia naturalista. Le innovazioni scientifiche e tecnologiche, la nuova idea di prospettiva, che permette di preparare sulla tela un “oggetto” (il paesaggio, ad esempio) per un soggetto, avrebbero suggellato una concezione della natura come dominio separato e altro dall’uomo, sottomesso a leggi. La fisica cartesiana, autonomizzando la dimensione dell’estensione, si farà portavoce di questa nuova visione della realtà, che oggettiva la natura nella sua materialità, separandola da un intelletto in grado di coglierla.
Leggi anche:
Quattro motivi per cui la crisi ecologica è una faccenda filosofica
La natura diviene, metaforicamente, un libro, scritto in caratteri matematici, indipendente, autonomo, passibile di decifrabilità. Sono queste le premesse che preludono alla summa divisio, della quale abbiamo parlato all’inizio, quella tra qualità primarie e qualità secondarie. Ecco che la Natura, così come oggi la conosciamo, nella sua immobile e statica e sublime bellezza, si mostra alla conoscenza umana: una grande sfera d’autonomia, dalla quale l’uomo è sottratto, e che, l’uomo, può controllare tramite la propria potenza tecnica. Ma essa, la Natura, a ben vedere non è altro che un modo d’identificazione, un’ontologia, e da sola non esaurisce le possibilità d’organizzazione concettuale dell’ambiente. Abbiamo finora scelto la strada giusta?
FONTE: https://www.frammentirivista.it/philippe-descola-introduzione-pensiero/
CYBERWAR SPIONAGGIO INFORMAZIONE DISINFORMAZIONE
I dati ENEL in mano agli hacker: vogliono 14 milioni di dollari di riscatto
Era già successo a giugno scorso e ovviamente la storia è passata sotto silenzio. Il colosso dell’energia è un inserzionista pubblicitario.
La stampa difficilmente sottolinea le brutte figure dei suoi più pregiati inserzionisti pubblicitari e si guarda bene dal criticare le poche precauzioni adottate da un colosso aziendale il cui regolare funzionamento dei sistemi informatici è vitale per l’intero Paese.
Prima dell’estate la rete interna di ENEL era stata aggredita con un ransomware che aveva tentato di crittografare gli archivi elettronici e costretto a spegnere e non riaccendere i computer di dipendenti e consulenti esterni. Il malefico programma Snake sembrerebbe non aver messo KO le risorse tecnologiche ma essersi limitato a rallentare le attività e a imporre qualche rattoppo per evitare il peggio, evidenziando comunque l’inidoneità delle misure di sicurezza adottate fino a quel momento.
ENEL rappresenta un target particolarmente appetibile per qualsivoglia banda di pirati informatici, specie quelle squadracce che prestano indegnamente le loro competenze a “corporation” senza scrupoli, al crimine organizzato, a gruppi terroristici, alle strutture militari e di intelligence di Nazioni di naturale effervescenza.
In questi giorni è saltato fuori che gli hacker dell’aggressiva compagine Netwalker avrebbero rubato 5 terabyte di dati ad ENEL e che pretendono che venga pagato un riscatto di ben 14 milioni di dollari per restituire …pace e tranquillità.
La storia la racconta il sempre aggiornatissimo Ionut Ilascu che su BleepingComputer riporta anche lo screenshot in cui si vede un pezzo di dialogo tra i banditi e l’assistente virtuale (credo si chiami Elena…) che domanda come può essere d’aiuto.
Dopo poco gli hacker avrebbero mostrato la loro disponibilità a collaborare per il ripristino del patrimonio informativo bersagliato dall’incursione e reso illeggibile dall’azione del ransomware.
In termini pratici i criminali di Netwalker cosa avrebbero rubato da computer e reti informatiche di ENEL Group?
Se probabilmente tutti cercheranno di minimizzare, dicendo che la situazione è sotto controllo e che non ci sono problemi di sorta, vale la pena dare un’occhiata (nemmeno tanto professionale) ad una delle schermate che Ilascu ha riportato nel suo articolo e che per comodità riproduciamo qui di seguito.
A guardare bene lo screenshot realizzato dai malfattori, si nota che tra le tante cartelle oggetto di saccheggio spicca una directory dal titolo poco rassicurante.
Si legge infatti un “Dossier Impianti” che si presta alle più diverse interpretazioni e che lascia pensare a documentazione tecnica ovviamente caratterizzata da una certa criticità e da proporzionale segretezza.
Chi è curioso di sapere in cosa consiste il bottino (e se c’è da temere qualche conseguenza non solo informatica) probabilmente dovrà solo aspettare qualche giorno perché gli estorsori si sarebbero dichiarati pronti a pubblicare una porzione del loro malloppo nel giro di una settimana.
La loro dichiarazione, secondo la quale avrebbe proceduto ad analizzare ogni file per verificare la presenza di qualcosa di interessante e a renderne noto il contenuto su un apposito sito, è la colonna sonora di un tentativo di estorsione.
L’ultimatum scade tra sette giorni.
Nel frattempo cosa ci sa dire l’ENEL? E cosa ne pensa il Garante della Privacy se ci sono di mezzo anche dati personali?
FONTE: https://www.infosec.news/2020/10/28/news/sicurezza-digitale/i-dati-enel-in-mano-agli-hacker-vogliono-14-milioni-di-dollari-di-riscatto/
Così Change.org vende le nostre email
‘L’Espresso’ ha ottenuto il prezzario dell’azienda (da 1.50 euro a 85 centesimi) e contattato alcuni clienti. Tra risposte imbarazzate e rare ammissioni, abbiamo indagato sul business dell’ “Amazon delle petizioni online”. Che maneggia dati estremamente sensibili come le opinioni politiche e in Germania è oggetto di un’inchiesta del Garante della privacy
Qui la replica di Change.org: ““Le persone sono al centro del nostro progetto. E non vendiamo email”
*********
E’ stata definita il “Google della politica moderna”. Change.org , la popolare piattaforma per il lancio di petizioni su temi politico-sociali, è un gigante da centocinquanta milioni di utenti nel mondo, che crescono al ritmo di un milione alla settimana: un avvenimento come Brexit da solo ha innescato 400 petizioni. In Italia, dove è sbarcata quattro anni fa, Change.org ha raggiunto i cinque milioni. Dalla petizione lanciata da Ilaria Cucchi per chiedere l’approvazione di una legge sulla tortura, che finora ha raccolto oltre 232mila adesioni, fino a quella sul referendum costituzionale, alzi la mano chi non ha mai messo una firma su Change.org nella speranza di fare pressione su questa o quell’istituzione per cambiare le cose. Nel 21esimo secolo, la partecipazione democratica va inevitabilmente verso le piattaforme online. E di fatto non mancano esempi in cui queste petizioni hanno davvero innescato cambiamenti.
Bastano pochi clic: chiunque può lanciarne una e chiunque può aderirvi. Il problema è: quanti si rendono conto che i dati personali che affidano alla piattaforma firmando le cosiddette “petizioni sponsorizzate” – quelle lanciate dagli utenti che pagano per promuoverle ( https://www.change.org/advertise ) – verranno usati per la loro profilazione e venduti? La domanda è cruciale perché si tratta di dati molto sensibili, in quanto associati a opinioni politiche e sociali.
“L’Espresso” può rivelare il prezzario che Change.org applica a chi lancia petizioni sponsorizzate: dalle Ong ai partiti politici, che, pagando, acquistano gli indirizzi email dei firmatari. La lista dei prezzi va da un euro e cinquanta per ciascun contatto email, se il cliente ne compera meno di 10mila, fino a 85 centesimi per un numero superiore ai 500mila. Il nostro giornale ha anche chiesto ad alcune delle Ong clienti di Change.org se è vero che acquistano gli indirizzi email dei firmatari. Alcune hanno risposto in modo troppo vago per non destare interrogativi, altre, come Oxfam, sono state oneste nel confermarlo.
Molti vedono Change.org come un’associazione no profit con un’anima progressista. In realtà, è un’impresa sociale “ Change.org Inc.” creata nel Delaware, paradiso fiscale Usa, e con quartier generale a San Francisco, nel cuore di quella Silicon Valley in cui i dati sono il petrolio. Ed è vero che permette a chiunque di lanciare petizioni in modo gratuito, assolvendo alla funzione sociale di dar voce anche all’ultimo senzatetto, ma fa profitti con le petizioni sponsorizzate, in cui il cliente paga in modo da riuscire a contattare chi ha più probabilità di firmare e di essere disposto a donare soldi nelle campagne di raccolta fondi. Come fa Change.org a saperlo? Ogni volta che sottoscriviamo un appello, accumula informazioni su di noi, profilandoci. E come ha spiegato efficacemente la rivista americana “Wired”, «se voi avete firmato una petizione sui diritti degli animali, l’azienda sa che avete una probabilità 2,29 volte maggiore di firmarne una sulla giustizia. E se firmate una petizione sulla giustizia, avete una probabilità 6,3 volte maggiore di firmarne una sulla giustizia economica, 4,4 volte di firmarne una per i diritti degli immigrati e 4 volte una sull’istruzione».
Chi aderisce a una petizione dovrebbe prima leggere accuratamente le regole sulla privacy, ma quanti lo fanno e quanti capiscono appieno che nel sottoscrivere una petizione sponsorizzata basta lasciare spuntata la voce: “tienimi informato su questa petizione” perché i clienti che l’hanno lanciata possano ottenere da Change.org il contatto email del firmatario dietro pagamento? A confermarci la vendita degli indirizzi email non è solo il prezzario ottenuto da l’Espresso, è anche Oxfam, una delle pochissime Ong che ha risposto in modo completamente trasparente alle nostre domande: «Solo quando i firmatari hanno indicato di voler supportare Oxfam, ci viene richiesto di pagare Change.org per i loro contatti», ci spiega l’organizzazione.
Alla nostra domanda di sapere cosa significa esattamente che “i firmatari hanno indicato di volere supportare Oxfam”, l’Ong risponde indicando il piccolo box spuntato con cui chi aderisce alla petizione chiede di restare aggiornato. Né, interpellata da l’Espresso, Change.org ha smentito il prezzario e, anzi, ha confermato che «varia da cliente a cliente e in base al volume degli acquisti», come ci ha spiegato John Coventry, capo della comunicazione di Change.org , precisando che, una volta che chi firma sceglie di lasciare o comunque lascia spuntato il box, «il suo indirizzo email viene fornito all’organizzazione [che ha lanciato la petizione sponsorizzata, ndr]». Coventry si dice convinto che «la stragrande maggioranza delle persone che scelgono quell’opzione si rendano conto che riceveranno email dall’organizzazione», in altre parole, i firmatari danno il proprio assenso.
Da tempo, Thilo Weichert, ex commissario per la protezione dei dati del land tedesco Schleswig-Holstein, contesta alla società la violazione delle leggi della Germania in materia di privacy. All’Espresso, Weichert spiega che la trasparenza di Change.org lascia molto a desiderare: «non fornisce informazioni affidabili su come processa i dati», ci spiega. E alla nostra osservazione sul fatto che chi firma quelle petizioni, accettando le policy sulla privacy, fornisce di fatto un consenso informato, Thilo Weichert risponde che la questione dell’assenso non risolverebbe comunque il problema, perché se una pratica viola le leggi tedesche in materia di protezione dei dati, l’azienda non può appellarsi al fatto di avere ottenuto il consenso dell’utente. In altre parole, non esiste consenso informato che renda legale violare una legge.
Dopo le contestazioni di Thilo Weichert, la Commissione per la protezione dei dati di Berlino ha aperto un’inchiesta su Change.org , ancora in corso, come ci conferma la portavoce della Commissione, Anja-Maria Gardain. E ad aprile, l’organizzazione “Digitalcourage”, che in Germania organizza il “Big Brother Award”, ha assegnato questo premio negativo proprio a Change.org . «Punta ad essere quello che Amazon è per i libri, vuole essere la piattaforma più grande per tutte le campagne politiche», ci dice Rena Tangens di Digitalcourage , spiegando come l’azienda si sia mostrata refrattaria ai rilievi di tecnici come Weichert, che, per esempio, nel novembre scorso aveva fatto notare a Change.org come il Safe Harbour, a cui l’impresa fa riferimento nelle sue policy sulla privacy, non è più in vigore, essendo stato dichiarato invalido dalla Corte europea di Giustizia, dopo le rivelazioni di Edward Snowden: «un’azienda come quella [ Change.org , ndr]», ci dice Tangens, «avrebbe dovuto essere in grado di provvedere a cambiare una cosa del genere».
L’esperta di Digitalcourage aggiunge che in Germania esistono altre piattaforme oltre a Change.org , tipo Campact.de : «non sono perfette», aggiunge, «e noi abbiamo criticato anche quelle, che però si sono dimostrate aperte al dialogo e alla possibilità di introdurre cambiamenti». Ovviamente, per i concorrenti di Change.org non è facile competere con un gigante di quella portata e la missione è quasi disperata per quelli che scelgono di non vendere i dati degli utenti, come possono stare sul mercato se non commerciano l’unico oro che hanno a disposizione: i dati?
Per Rena Tangens l’ambizione di Change.org di diventare l’Amazon delle petizioni politiche e sociali l’ha portata ad allontanarsi dalla spinta progressista iniziale e a imbarcare clienti e utenti dalle iniziative discutibili. Sulla piattaforma si trovano anche petizioni che chiedono di permettere di portare armi alla prossima Convention repubblicana del 18 luglio, negli Usa. E c’è chi l’accusa di consentire l’ “astroturfing”, la pratica di lanciare un’iniziativa politica nascondendo chi c’è dietro, in modo da farla sembrare nata dal basso. Con L’Espresso, tanto Weichert che Tangens sottolineano: «Il problema è che quelli che raccolgono sono dati veramente sensibili e Change.org si trova negli Stati Uniti», pertanto quei dati sono soggetti alla sorveglianza delle agenzie del governo Usa, dalla Nsa alla Cia, come confermato dai file di Snowden.
Ma proprio Rena Tangens e Thilo Weichert, tanto critici delle pratiche di Change.org , enfatizzano che è importante non buttare il bambino con l’acqua sporca, perché loro non puntano a demolire l’esistenza di queste piattaforme: «Credo che per la partecipazione democratica, sia importante averle», ci dice Thilo Weichert, «ma devono proteggere i dati».
FONTE: https://espresso.repubblica.it/attualita/2016/07/15/news/da-un-euro-e-cinquanta-a-85-centesimi-come-change-org-vende-le-nostre-email-1.277479
ECONOMIA
“Decreto ristori”, sempre peggio: nei fatti un’elemosina, nella teoria una concezione assistenzialista
No, non ci siamo proprio, da nessun punto di vista. Il cosiddetto provvedimento per dare “ristoro” alle categorie danneggiate dalle ulteriori misure restrittive decise dal governo è inadeguato nei fatti tanto quanto appare distorto e pericoloso nella concezione della società che fa trasparire.
In termini di sostanza, di quantum, stiamo parlando di somme che non hanno alcuna seria chance di impedire la chiusura di centinaia di migliaia di attività. Poniamo che io sia un ristoratore con un fatturato annuo – in tempi normali – intorno ai 400 mila euro, con una decina di dipendenti, e con – adesso – il locale vuoto e la pressoché totale assenza di prenotazioni da qui a Capodanno. Se anche dovessero arrivarmi 4 mila euro una tantum, cosa mai potrei farci, se non usarli per pagare il commercialista affinché mi aiuti a organizzare in modo ordinato la cessazione della mia impresa?
Senza dire di quelle attività che, in base all’ultimo Dpcm, restano formalmente aperte, senza alcuna limitazione, ma saranno inevitabilmente colpite dal fatto che le città sono ridotte a scenari spettrali, e la propensione al consumo delle persone è stata letteralmente ammazzata. Se ho un negozio di abbigliamento o di scarpe, o se gestisco una concessionaria di automobili, come posso pensare di tirare avanti, nel momento in cui i ricavi attesi saranno incomparabilmente inferiori perfino al livello dei costi fissi che dovrò comunque sostenere?
Come si vede, da un punto di vista fattuale, siamo di fronte a un disastro, a un’autentica Caporetto. Ma non meno grave è il naufragio culturale che sta dietro a tutto questo, la concezione di società che il provvedimento governativo ci fa intravvedere.
Lontani come sono dall’idea di libera iniziativa, estranei come sono allo spirito imprenditoriale, all’intrapresa individuale, costoro pensano di cavarsela con una sorta di universalizzazione del reddito di cittadinanza, un sussidio qua e un cerotto là. È l’ora – anche da un punto di vista culturale – che una destra addormentata (e a sua volta confusa dal punto di vista della bussola ideale) inizi a riprendere confidenza con princìpi che dovrebbero essere fondamentali: la responsabilità individuale, l’autosufficienza, la non dipendenza da attori esterni (stato incluso: scritto minuscolo come suggeriva Luigi Einaudi), il fatto che tocchi in primo luogo ai genitori occuparsi di mettere il pane in tavola per i figli.
Si badi bene: questo approccio, cinicamente presentato da alcuni come punitivo, è in realtà la miglior difesa possibile contro i cattivi governanti. Perché dovrebbe impedire a priori al governo (a qualunque governo) di sequestrare la libera impresa, di ingabbiare ciò che non è dello stato né può appartenergli, di interferire con le nostre scelte private. Paghiamo le tasse affinché lo stato ci renda alcuni servizi, non affinché ci impedisca autoritativamente di guadagnarci un tozzo di pane.
Purtroppo l’impostazione non liberale della Costituzione vigente (altro che “la più bella del mondo”) non aiuta, laddove vincola e subordina l’iniziativa e la proprietà privata a fini sociali, funzioni sociali, utilità sociali, con ciò ponendo le basi per interventi autoritativi e illiberali. E tuttavia, pur dentro quella cornice, addolora (ma non sorprende) il silenzio e l’insensibilità delle più alte istituzioni della Repubblica rispetto a questi temi e a queste esigenze.
Le elemosine decise questa settimana sono del tutto insufficienti. Ma quand’anche – per assurdo – fossero state più corpose, non avrebbero risolto la questione di fondo che andrà prima o poi affrontata: il rapporto tra cittadino e stato, il tema della libertà, la sacralità (o invece la sacrificabilità, per l’Italia “ufficiale” di oggi) dell’avventura e dell’intrapresa personale e individuale.
FONTE: http://www.atlanticoquotidiano.it/quotidiano/decreto-ristori-sempre-peggio-nei-fatti-unelemosina-nella-teoria-una-concezione-assistenzialista/
FINANZA BANCHE ASSICURAZIONI
Draghi, altro indizio verso il Quirinale: rifiutata la presidenza di Goldman Sachs
27 Ottobre 2020
Mario Draghi secondo L’Espresso avrebbe rifiutato accordi milionari per guidare banche d’investimento tipo Goldman Sachs: un altro indizio che porta l’ex numero uno della BCE verso il Quirinale quando ci sarà da eleggere il prossimo Presidente della Repubblica?
Mario Draghi avrebbe rifiutato accordi milionari per guidare banche d’investimento tipo Goldman Sachs. Questo è quanto riporta L’Espresso, con l’indiscrezione che in automatico scatena nuovamente la ridda di voci in merito a quello che sarà il futuro dell’ex numero uno della Banca Centrale Europea.
Se al momento dello scoppio della pandemia tutte le strade di Draghi sembravano portare a Palazzo Chigi, adesso invece la via più chiacchierata è quella che va dritta al Quirinale dove, a febbraio 2022, ci sarà un cambio di inquilino.
A riguardo, nelle scorse settimane si era parlato di un breve Mattarella-bis, con l’attuale Presidente della Repubblica che andrebbe ad allungare la propria permanenza al Colle di un anno giusto il tempo di accompagnare al traguardo l’attuale legislatura.
Ipotesi però che al momento non sembrerebbe trovare riscontro, mentre al contrario le quotazioni di Mario Draghi al Quirinale sono sempre più in picchiata anche se la partita da qui al 2022 appare essere molto lunga.
Draghi in pole per il Quirinale?
Da quando non è più il presidente della BCE, Mario Draghi assomiglia a un allenatore disoccupato che, ogni volta che un collega è in bilico, subito viene dato in pole position per prenderne il posto.
Nonostante i tanti endorsement ricevuti, difficile che a breve lo si possa vedere a Palazzo Chigi nelle vesti di nuovo premier: in questa legislatura, sarebbe un’impresa quasi impossibile trovare una maggioranza capace di sostenere un suo governo.
Resta da capire anche quale sia l’interesse di Draghi a fare il Presidente del Consiglio. L’unica possibilità potrebbe essere quella di una situazione economica talmente critica che, dopo un appello di Mattarella, possa nascere un governo di solidarietà nazionale.
Diverso lo scenario invece per quanto riguarda l’elezione del prossimo Presidente della Repubblica. Nonostante le ipotesi Romano Prodi e Walter Veltroni, il Partito Democratico non si tirerebbe di certo indietro nel votare Mario Draghi.
Disco verde scontato anche da parte di Forza Italia, Italia Viva e centristi vari, ma per il via libera pure dopo il terzo scrutinio servirà anche l’appoggio del Movimento 5 Stelle o della Lega.
A riguardo molto si è chiacchierato dell’incontro avvenuto a inizio estate tra Mario Draghi e Luigi Di Maio, mentre Matteo Salvini di recente ha spesso speso parole al miele nei confronti dell’ex governatore.
Se fosse disposto a ricoprire tale ruolo, Draghi sarebbe il favorito d’obbligo in questa corsa verso il Colle ma, Prodi docet, quando di mezzo ci sono le trame della nostra politica anche il candidato più autorevole può finire impallinato.
FONTE: https://www.money.it/Draghi-indizio-Quirinale-rifiutata-presidenza-Goldman-Sachs
GIUSTIZIA E NORME
I LIMITI ALL’OPERATIVITÀ DELL’IMMUNITÀ PARLAMENTARE PREVISTA DALL’ART. 68, CO. 1, DELLA COSTITUZIONE
Pubblicato 28 10 2020 – Avv. Anna Amendola
Sommario: 1. Introduzione – 2. Natura giuridica delle immunità – 3. L’Immunità parlamentare prevista dall’art. 68, co. 1, della Costituzione – 4. La nota sentenza della Corte Costituzionale n. 59/2018 – 5. Conclusioni
1. Introduzione
Dopo il periodo fascista, durante il quale le libertà civili e politiche furono soppresse e la funzione del Parlamento fu snaturata, la Costituzione, adottata il 22 dicembre 1947 ed entrata in vigore il 1°gennaio del 1948, introdusse l’art. 68, comma I al fine di garantire che il Parlamento potesse svolgere il proprio ruolo, al riparo da aggressione o ingerenze. Lo scopo era quello di proteggere il Parlamentare non uti singuli bensì come componente dell’Assemblea espressiva della volontà popolare, onde consentire a questa di funzionare.
Tuttavia, nel corso degli anni da un lato le Camere hanno tentato di ampliare l’applicazione dell’insindacabilità per le opinioni espresse nell’esercizio delle funzioni, dall’altro la Magistratura ha cercato di delimitare l’ambito di applicazione di tale immunità. A conferma di ciò vi sono i numerosi conflitti di attribuzione sollevati dinanzi alla Corte Costituzionale che nel corso del tempo ha definito i limiti di operatività dell’art. 68, comma I Cost. al fine di evitare che quella che è una prerogativa, introdotta a garanzia della democrazia, possa essere strumentalizzata e diventare privilegio[1].
2. Natura giuridica delle immunità
Principio fondamentale dell’ordinamento giuridico è quello dell’obbligatorietà della legge penale italiana che trova espressione nell’art. 3 comma 1 del codice penale. Esso implica che le norme penali trovino applicazione all’interno dello Stato in modo indistinto a tutti coloro che ivi si trovano senza che rilevino la nazionalità o le condizioni personali del reo, salve le eccezioni stabilite dal diritto pubblico interno o dal diritto internazionale. Queste eccezioni rientrano nell’ampia categoria delle immunità che rappresentano situazioni disomogenee quanto alla ratio, al contenuto e alla fonte, accomunate dall’effetto finale di sottrarre il reo all’applicazione della legge penale, ovvero al potere di coercizione dello Stato.
In base alla fonte, si distinguono immunità previste dal diritto interno e immunità previste dal diritto internazionale in virtù dell’art. 10 della Costituzione, comma 1, secondo cui l’ordinamento giuridico italiano si conforma alle norme di diritto internazionale generalmente riconosciute.
In relazione all’oggetto, si distinguono immunità assolute che comprendono qualsiasi reato commesso senza distinzione tra attività compiuta nell’esercizio della funzione e attività extrafunzionale e immunità a carattere relativo che operano per i soli reati commessi in costanza di una carica. Le immunità assolute impediscono l’applicazione della pena e di ogni altra conseguenza penale anche dopo il cessato esercizio della funzione.
In relazione all’efficacia, si distinguono immunità sostanziali e processuali: le prime riguardano l’attività funzionale ed escludono la punibilità per gli atti compiuti; le seconde attengono all’attività extrafunzionale e consistono nella frapposizione di ostacoli all’esercizio del potere giurisdizionale nei confronti dei soggetti che godono dell’immunità.
Dibattuta è la natura giuridica dell’immunità. Secondo la tesi monistica, la natura giuridica è unica per tutte le tipologie di immunità, individuata poi da taluni nelle cause di giustificazione, da altri nelle cause personali di esclusione della pena.
Secondo la tesi pluralistica, all’interno della categoria dell’immunità sono ricomprese una pluralità di specie aventi diversa natura.
La più recente giurisprudenza aderisce all’orientamento che afferma che esse hanno la natura di cause personali di esclusione della pena; quindi, esse lasciano sussistere l’illecità penale del fatto e, in caso di concorso di persone nel reato, troverà applicazione l’art. 119 comma 1 c.p. che non consente ai concorrenti di beneficiare delle circostanze soggettive che escludono le pene per taluno dei concorrenti.
3. L’Immunità parlamentare prevista dall’art. 68, co. 1, della Costituzione
Un ampio dibattito dottrinale e giurisprudenziale è sorto con riguardo all’immunità parlamentare di cui all’art. 68, comma I della Costituzione. Tale previsione mira a garantire il libero esercizio della funzione parlamentare e a rafforzare il divieto di mandato imperativo previsto dall’art. 67 della Costituzione.
Con riguardo alla natura dell’immunità parlamentare nel corso degli anni si sono succeduti diversi orientamenti.
Secondo una ricostruzione (oggi superata), essa doveva essere configurata come causa di giustificazione da ricondurre all’ipotesi del legittimo esercizio di un diritto ex art. 51 c.p.. Alla luce di tale tesi, con riguardo ai casi di diffamazione per affermazioni lesive dell’altrui reputazione fatte dal parlamentare durante un’intervista, si riteneva che il beneficio dell’immunità fosse estendibile anche al concorrente.
Successivamente l’orientamento è mutato ed è stata riconosciuta all’immunità la natura di causa di esclusione della punibilità non applicabile ai concorrenti.
Ampiamente dibattuta è anche la questione circa i limiti dell’applicabilità dell’immunità parlamentare.
In passato erano emerse due tesi. Secondo un orientamento restrittivo nell’immunità rientravano le opinioni espresse nell’esercizio di atti istituzionali tipici, riconosciuti come propri della funzione parlamentare. Altra tesi estensiva affermava che la garanzia copriva ogni manifestazione del pensiero, anche se atipica, posta in essere nell’ambito dei rapporti generali con l’opinione pubblica.
Nel 2003 viene adottata la legge n. 140 il cui art. 3, comma 1 da’ attuazione all’art. 68 della Costituzione. La predetta norma prevede che l’immunità deve applicarsi non soltanto agli atti tipici, quali le opinioni espresse nell’esercizio delle funzioni parlamentari tipiche ma anche ad ogni altro atto atipico di divulgazione, di denuncia politica, di ispezione o di critica, espletata al di fuori della sede parlamentare purchè siano connessi alla funzione istituzionale.
La genericità della formula legislativa ha comportato la necessità di un intervento chiarificatore della Corte Costituzionale che ha delineato, con più pronunce, i limiti di operatività dell’immunità parlamentare.
La Corte costituzionale ha precisato che la garanzia contemplata dall’art. 68 Cost. riguarda prettamente i reati di opinione (come la diffamazione e l’ingiuria). Invero, il Giudice delle Leggi, nell’indicare il criterio discretivo tra atti funzionali e atti extrafunzionali, ritiene che occorre far riferimento alla qualificazione che si rinviene nei regolamenti parlamentari. Ne consegue che non possono essere esenti dal giudizio penale le fattispecie di reato che non trovano classificazione nelle norme interne regolamentari come la corruzione, lo scambio politico-elettorale ecc[2].
Con particolare riguardo alle dichiarazioni rese dal parlamentare extra moenia, affinchè possa operare l’immunità per connessione funzionale alle attività parlamentari occorrono due requisiti: un legame di ordine temporale fra l’attività parlamentare e l’attività esterna, tale che questa venga ad assumere una finalità divulgativa della prima; una sostanziale corrispondenza di significato tra le opinioni espresse nell’esercizio delle funzioni e gli atti esterni.
Il nesso funzionale deve consentire agevolmente di ricondurre le dichiarazioni del parlamentare ad un’attività politica che lo stesso vuole divulgare al di fuori dell’aula parlamentare. Quindi, il parlamentare non può usufruire dell’immunità per attacchi personali ai suoi avversari che non hanno a che vedere con le questioni di natura politica su cui lo stesso è chiamato ad esprimere la sua opinione dentro e fuori al Parlamento.
4. La nota sentenza della Corte Costituzionale n. 59/2018
Particolarmente significativa è stata la pronuncia della Corte Costituzionale del 2018[3] sul caso Calderoli. Il caso è nato a seguito della diffusione, tramite organi di stampa, di alcune affermazioni ingiuriose pronunciate dal senatore Calderoli all’indirizzo della Ministra all’integrazione e per le quali era stato promosso procedimento penale dinanzi al Tribunale di Bergamo. Quest’ultimo sollevò conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato dinanzi alla Corte Costituzionale sostenendo che la Giunta delle elezioni e delle immunità parlamentari del Senato, nell’ammettere l’operatività dell’immunità non si era limitata a verificare la sussistenza del nesso funzionale tra le opinioni espresse dal parlamentare e l’esercizio delle funzioni, ma si era spinta nella qualificazione giuridica del fatto, prerogativa del potere giudiziario.
La Corte Costituzionale, nell’accogliere il ricorso e annullare la delibera della Giunta delle Immunità, ha evidenziato che le opinioni espresse dal senatore non sono collegate da un nesso funzionale con l’esercizio dell’attività parlamentare, dato che una dichiarazione resa fuori aula può ritenersi collegata all’esercizio del mandato politico solo se costituisce una riproduzione dei contenuti tipici della funzione parlamentare.
La Corte non si è limitata a ribadire l’assenza del nesso funzionale ma ha precisato altresì che l’uso di espressioni sconvenienti non può essere ritenuto esercizio delle funzioni istituzionali dal momento che la garanzia di cui all’art. 68 comma 1 Cost. non può estendersi fino al punto di ricomprendere gli insulti solo perché collegati ad una battaglia politica condotta dal parlamentare.
Tale limite opera anche per le dichiarazioni rese in aula parlamentare attesa la necessità di tutelare i diritti fondamentali della persona oggetto di tali dichiarazioni. Nella predetta sentenza la Corte Costituzionale, infatti, afferma che le offese, l’ingiuria, gli insulti, anche se usati nell’ambito dell’agire parlamentare, non possono considerarsi ricompresi nell’art. 68 Cost. comma I Cost. in quanto queste espressioni non sono qualificabili come opinioni né come esercizio di funzioni parlamentari.
5. Conclusioni
La soluzione fornita dalla Corte Costituzionale appare pienamente condivisibile atteso che ove si facessero rientrare nella garanzia dell’immunità parlamentare anche le offese o le ingiurie, si rischierebbe di trasformare un istituto, introdotto dal Costituente per garantire l’indipendenza del parlamentare in un mero privilegio, con l’ulteriore pericolo di un suo uso distorto a discapito dei diritti fondamentali altrui, tra cui la dignità, diritto inviolabile ai sensi dell’art. 2 della Costituzione.
NOTE
FUMU G., VOLPI M., Le immunità penali della politica, 2012;
GAROFOLI R., Manuale superiore di diritto penale. Parte generale, 2020
MASERA L., Immunità della politica e diritti fondamentali. I limiti all’irresponsabilità penale dei ministri, 2020.
[1] Corte Cost., ordinanza n. 69/2020.
[2] Corte Cost., sentenza n. 120 /2004, depositata il 16/04/2004; si veda anche Cass. Pen., sez. VI , 24 LUGLIO 2017, N. 36769.
[3] Corte Cost. , sentenza n. 59/2018 , depositata il 23/03/2018.
FONTE: http://www.salvisjuribus.it/i-limiti-alloperativita-dellimmunita-parlamentare-prevista-dallart-68-co-1-della-costituzione/
La gestione dei beni sequestrati alla mafia, l’ex giudice Saguto condannata a 8 anni e mezzo
Del cosiddetto “cerchio” di Saguto, faceva parte secondo l’accusa soprattutto l’avvocato Gaetano Cappellano Seminara, principale suo collaboratore, amministrato giudiziario, condannato oggi a Caltanissetta. Cappellano Seminara era accusato di avere dato soldi alla giudice per risolvere i suoi problemi di debiti, per lui erano stati chiesti dai pm Maurizio Bonaccorso e Claudia Pasciuti 12 anni e tre mesi. Noto è ormai l’episodio del trolley trovato con 20 mila euro all’interno che l’amministratore giudiziario avrebbe portato alla giudice per sistemare i suoi debiti, in cambio della sua nomina che lui a sua volta ricambiava scegliendo il marito di Saguto nella gestione dei beni. Il tribunale di Caltanissetta ha però disposto la trasmissione degli atti alla procura per 9 testimoni, per falsa testimonianza, tra questi anche il nome di Giuseppe Caronia, il teste che ha riferito l’episodio del trolley. Particolare sottolineato dal legale della giudice, Ninni Reina: “Ho motivo di ritenere che anche questa accusa infamante sia caduta. Ovvero quell’episodio che se si fosse fatto un trailer del processo sarebbe stata l’immagine principale”.
Condanna di sei anni e 10 mesi per l’ex professore della Kore Carmelo Provenzano, per lui i pm avevano chiesto 11 anni e 8 mesi: nella ricostruzione fatta dall’accusa Provenzano sarebbe stato indicato da Saguto come designato a sostituire Cappellano Seminara nella gestione giudiziaria dei beni sequestrati, dopo le polemiche sorte per l’eccessivo ruolo dell’avvocato. Tre anni per l’ex prefetta di Palermo Francesca Cannizzo (la procura ne aveva chiesti 8). Condannato a 6 anni, 2 mesi e 10 giorni di reclusione il marito di Saguto, Lorenzo Caramma. Mentre il figlio Emanuele è stato condannato a 6 mesi, pena sospesa. Assolto, invece, il padre della ex presidente, Vittorio Saguto. Tra gli imputati anche Walter Virga, il figlio del giudice Tommaso Virga assolto con rito abbreviato, mentre il figlio messo a gestire i beni dei Rappa è stato condannato ad un anno e 10 mesi pena sospesa. Se anni 2 mesi e 10 giorni, per l’amministratore giudiziario Roberto Santangelo. Quattro anni per il tenente colonnello della Guardia di finanza Rosolino Nasca. Per il professore Roberto Di Maria 2 anni, 8 mesi e 20 giorni. Maria Ingarao, la moglie di Provenzano (4 anni e 2 mesi); Calogera Manta, la cognata (4 anni e 2 mesi).
Lorenzo Chiaramonte, giudice a latere di Saguto, è stato, invece assolto perché il “fatto non sussiste”: “È stata restituita dignità e serenità a un magistrato serio, onesto che si trovavo soltanto nel posto sbagliato al momento sbagliato”, ha commentato il suo avvocato, Fabio Lanfranca. Assolto anche l’amministratore giudiziario Aulo Gigante. “C’è una sentenza, finalmente. Parla la sentenza”, così ha commentato il procuratore aggiunto di Caltanissetta Gabriele Paci prima di lasciare il bunker dopo la lettura del dispositivo.
“È stata assolta per almeno 24 capi d’imputazione – sottolinea, invece, l’avvocato di Saguto -. Una condanna di quasi la metà rispetto alla richiesta fatta dall’accusa, una riduzione importante anche rispetto agli altri imputati che hanno avuto pure decurtate le condanne rispetto alle richieste dell’accusa ma non avevano lo steso numero di accuse: si consideri che alla sola Saguto venivano contestati ben 74 capi d’accusa. Di fronte a una condanna non si è mai soddisfatti, registro semplicemente il fatto ma già penso a domani, quando inizierò ad impostare la richiesta d’appello”. “L’ipotesi accusatoria ha retto solo in parte e vi sono state assoluzioni rispetto a diversi capi di imputazione. C’è stata l’assoluzione in relazione al reato associativo. Comunque leggeremo le motivazioni”, ha detto, invece, l’avvocato Sergio Monaco, legale dell’ex amministratore giudiziario Cappellano Seminara.
FONTE: https://www.ilfattoquotidiano.it/2020/10/28/la-gestione-dei-beni-sequestrati-alla-mafia-lex-giudice-saguto-condannata-a-8-anni-e-mezzo/5983187/
LAVORO PENSIONI DIRITTI SOCIALI
Offerte di lavoro dopo il Gran Reset: minatore di criptovalute col calore del corpo
Quando il Grand Reset ci avrà sostituiti completamente coi robot e avremo perso il lavoro, il salario, la pensione, potremo guadagnarci il nostro “reddito di cittadinanza” per sfamarci?
Ebbene: una startup olandese ha trovato, per gli esseri umani ormai superflui, una fonte di reddito: usare il calore del nostro corpo per “estrarre” moneta digitale tipo Bitcoin
Ve la do con la speranza che la notizia sia d’intento satirico, e non una sinistra realtà, anche perché la startup con sede all’Aja si chiama Institute of Human Obsolescence (IoHO), è formato da “artisti” oltre che da tecnologi, e dal sito non si trae la certezza se il gruppo fondatore sia d’accordo oppure no con l’obsolescenza umana.
Fatto sta che l’istituto ( IoHO) ha inventato una tuta per il corpo che raccoglie il calore corporeo umano in eccesso per estrarre la cripto valuta; la tuta utilizza generatori termoelettrici per immagazzinare il calore corporeo e converte quel calore in elettricità utilizzabile.
I bitcoin e le altre cripto valute vengono prodotte attraverso “estrazione” (termine minerario: mining) che richiedono potenti apparecchiature di calcolo elettroniche non solo costose, ma enormi consumatrici di energia elettrica,e dunque fonti importanti di inquinamento (e di sprechi energetici) che fanno piangere Greta e arrabbiare la Van der Leyen che ci vuole verdi e sostenibili.
FONTE: https://www.maurizioblondet.it/offerte-di-lavoro-dopo-il-gran-reset-minatore-di-criptovalute-col-calore-del-corpo/
PANORAMA INTERNAZIONALE
Patrimoniale e record di investimenti: ecco la manovra della sinistra spagnola
ECONOMIA /
Pedro Sanchez e Pablo Iglesias sono convinti: la patrimoniale è la strada a loro avviso più adatta per mandare un segnale di equità per la ripresa della Spagna. Il governo di coalizione tra i socialisti e la sinistra di Unidas Podemos, infatti, nella previsione per la legge di bilancio 2021 prevede di inserire misure finalizzate ad attuare un prelievo forzoso sulle ricchezze oltre i 10 milioni di euro pari all’1% e di aumentare al contempo del 2% la tassazione sui redditi da lavoro oltre i 300mila euro e del 3% quella sui redditi da capitale eccedenti i 200mila euro. Inoltre, la prima bozza di legge di bilancio prevede una tassazione di almeno il 15% per le società immobiliari e meno deduzioni per i piani di pensione privati.
La Spagna vive una forte tensione interna legata alla recrudescenza della pandemia e all’effetto sempre più marcato della crisi economica: un calo del Pil del 18,5% nel secondo trimestrale Spagna ha registrato in quell’intervallo il calo maggiore dalla guerra civile e si è attestata come peggiore economia nell’Eurozona. Lo schianto si è aggiunto alla diminuzione del 5,2% dell’attività da gennaio a marzo e, cumulativamente, l’effetto è risultato nella distruzione di circa un quarto del Pil nazionale, pari a circa 300 miliardi di euro.
Il primo governo aperto all’estrema sinistra della storia di Spagna si è dunque trovato ad affrontare la convergenza tra una dura fase pandemica e un ciclo recessivo che ha impedito lo sdoganamento completo della risposta ai primi venti di crisi che già nel 2019 andavano soffiando in Europa: ma, d’altro canto la pandemia ha reso obbligata per tutta Europa la scelta di superare definitivamente l’austerità fiscale che Madrid aveva già deciso di intraprendere, spingendo a lungo anche per la mutualizzazione del deficit in Unione europa.
Tra le dure scelte in materia fiscale e la manovra anticiclica riproposta per il prossimo esercizio finanziario c’è però scarsa comunicabilità. Da un lato il governo di Madrid impone un prelievo notevole degno dei più duri tempi di crisi, senza che però questo contribuisca in alcun modo a garantire un alleggerimento degli oneri sul ceto medio e sui redditi inferiori. Dall’altra, però, prevede che dalle nuove manovre fiscali il governo potrà estrarre solo 356 milioni di euro, un’inezia a fronte della previsione di investimenti in deficit che spicca, per l’articolazione e la profondità delle misure, al confronto del ben più timido percorso intrapreso nella definizione della manovra italiana.
Il premier socialista Sanchez e il suo alleato di governo, il vicepresidente del Consiglio Iglesias, hanno definito un piano da 240 miliardi di euro di investimenti per i prossimi anni, di cui 196 da finanziare con un apposito strumento anti-crisi. La dotazione è imponente: primo obiettivo, chiaramente, il potenziamento della sanità, che vede un aumento del 150% (+ 3 miliardi) dei fondi per lo sviluppo della produzione di vaccini e della medicina territoriale, ma ci saranno spazi anche per la ricerca (+80% e +5 miliardi), i piani di transizione ecologica (dotati di 12 miliardi di euro), la cultura, i fondi per le Pmi, il turismo, il commercio (+1 miliardo per ciascuna di queste voci) e, tramite le regioni, si provvederà a rinforzare l’istruzione, gli asili, le politiche contro la discriminazione di genere e i fondi anti-disoccupazione. Uno stimolo keynesiano senza precedenti in Europa, a cui la scelta della nuova patrimoniale (che sul lato del prelievo forzoso potrà essere approvata in ogni regione solo su iniziativa delle autorità locali) aggiunge un connotato ideologico sovrabbondante e decisamente fuori contesto.
Delle proposte contenute nella manovra spagnola le forze di governo italiano fino ad ora hanno interiorizzato solo le proposte di quest’ultimo ordine, proponendo ad aprile per mezzo del Pd l’istituzione di un contributo di solidarietà per gli anni 2020 e 2021, che è stato indicato come destinato ai cittadini con redditi superiori ad 80mila euro per la parte eccedente tale valore soglia. Proposta che, per fortuna, non ha trovato alcun seguito nella definizione della manovra, che al contempo poco o nulla sta facendo per progettare un piano di investimenti strategici paragonabile a quello spagnolo. Il quale potrebbe benissimo fare a meno della componente di innalzamento fiscale: la fase di crisi odierna ci ha dimostrato che i veri vincitori della crisi, i giganti della finanza e i miliardari del settore tecnologico, sfuggono a qualsiasi tentativo si faccia di colpirli con l’arma dell’imposizione tributaria e che la strategia del rilancio dell’economia reale può bastare, di per sé, a mobilitare la crescita dei redditi, della sicurezza occupazionale e della tutela sociale delle fasce più svantaggiate della popolazione.
Lockdown europeo in arrivo? Il piano dell’UE contro la seconda ondata
29 Ottobre 2020
Il piano strategico proposto dalla Commissione europea per la lotta contro la seconda ondata di coronavirus. L’appello di von der Leyen lascia spazio ad un lockdown sincronizzato a livello europeo, puntando su coordinamento e condivisione dei dati.
L’Europa deve agire insieme e unita nella lotta al coronavirus. È questo il messaggio lanciato alla vigilia del vertice UE in videoconferenza da Ursula von der Leyen, lasciando spazio ad un possibile lockdown esteso e sincronizzato a livello europeo per frenare l’inarrestabile crescita della curva dei contagi.
È ormai sotto gli occhi di tutti il fatto che i Paesi europei si stiano dimostrando non in grado di gestire e limitare la seconda ondata di coronavirus. Agire è quanto mai urgente, soprattutto sul fronte dell’effettuazione di tamponi, dell’ideazione di nuove misure di contenimento, il tutto mentre ci si prepara a una distribuzione efficace del vaccino, una volta pronto.
Con le sue dichiarazioni di mercoledì il presidente della Commissione UE von der Leyen sembra preparare il terreno ad una strategia condivisa a livello europeo, accennando a nuove misure urgenti che sembrano puntare ad un possibile lockdown sincronizzato.
Proprio oggi è in programma un vertice UE in videoconferenza – l’ordine del giorno è un confronto al fine di arrivare ad un coordinamento nella risposta alla crisi pandemica.
Il piano dell’UE contro la seconda ondata: lockdown in arrivo?
Ben lontana dall’accusare qualcuno apertamente, è apparso chiaro come la von der Leyen non sia contenta dei provvedimenti che ciascun governo sta mettendo in campo nella lotta al coronavirus, ancora troppo blandi. È però difficile trovare un equilibrio: spetta a ciascun Paese l’autorità legislativa in maniera di sanità, ma d’altra parte occorre agire in fretta nel tentativo di evitare migliaia di morti.
Non si può dire che tutta l’Europa sia rimasta però con le mani in mano nel frattempo: diversi governi stanno cercando disperatamente di gestire il sovraffollamento degli ospedali e di aumentare i posti letto in terapia intensiva. Nella serata di mercoledì la Francia ha annunciato un lockdown «soft» della durata di quattro settimane: diversi esercizi commerciale, compresi bar e ristoranti, saranno chiusi, mentre le scuole, alcune fabbriche e i servizi pubblici continuano ad essere aperti.
Anche i tedeschi hanno appena chiuso bar, ristoranti e molti altri negozi ritenuti non essenziali.
Secondo von der Leyen, nonostante le istituzioni UE e i paesi membri abbiano compiuto diversi passi positivi, inclusa l’adozione del Recovery Fund, gli stessi paesi hanno allentato troppo rapidamente le misure di contenimento trascurando gli avvertimenti degli esperti che sollecitavano ad essere vigili e preparati.
«Se guardiamo indietro, possiamo vedere che sono state fatte molte cose nella giusta direzione nella prima ondata, ma ovviamente le strategie di uscita sono state in parte troppo veloci e le misure sono state allentate troppo presto»,
ha dichiarato von der Leyen.
La strategia UE contro il coronavirus
Prima dell’odierna teleconferenza dei leader, la Commissione ha presentato una proposta al Consiglio UE per arrivare ad una cooperazione più completa durante la risposta attuale alla pandemia, puntando su:
- una migliore condivisione dei dati,
- un aumento della capacità dei reparti di terapia intensiva negli ospedali;
- nuovi tamponi, migliori e più veloci;
- un’ottimizzazione delle app per il tracciamento dei contatti;
- nuove regole in materia di trasporti e frontiere.
All’interno della stessa proposta la Commissione mette a nudo alcuni fallimenti dei governi nazionali, soprattutto se si pensa ai mesi che hanno avuto a disposizione per prepararsi a una seconda ondata.
La Commissione accusa la mancata condivisione di molte informazioni cruciali. «La condivisione dei dati sulla piattaforma dati EU COVID-19 deve diventare la norma: attualmente solo cinque Stati membri la utilizzano per condividere le informazioni», si legge nel documento. La Commissione ha offerto la sua assistenza a 19 dei 27 paesi europei nell’attività di sviluppo delle app per la tracciabilità dei contatti, ma solo tre delle app nazionali – quelle di Germania, Irlanda e Italia – sono in grado di connettersi tra loro. Le altre 16 non lo saranno probabilmente almeno fino alla fine di novembre.
Von der Leyen: l’UE si prepari al vaccino
Von der Leyen chiede ai governi nazionali di preparare i relativi piani di vaccinazione, anche ancora non sono stati conclusi gli studi clinici. «Chiediamo agli Stati membri di preparare ora i piani di vaccinazione nazionali e di rivederli ora a livello UE», ha specificato. «Dobbiamo essere preparati per l’arrivo dei primi vaccini. C’è molto da fare».
Il numero uno della Commissione afferma che l’istituzione è pronta a sostenere una cooperazione transfrontaliera, il che include il potenziale trasferimento dei pazienti nel caso in cui si arrivasse ad un sovraccarico dei sistemi sanitari e all’esaurimento dei posti letto negli ospedali. Ma per fare questo è urgente una migliore gestione dei dati.
«Ora è importante essere rigorosi, rimanere coordinati, agire velocemente», ha detto.
Von der Leyen ha poi contribuito a ridimensionare le aspettative guardando alle vacanze natalizie. «Sarà un Natale diverso», ha commentato il leader della Commissione.
FONTE: https://www.money.it/Lockdown-in-arrivo-Il-piano-dell-Europa
Biden Jr nudo e con due ragazze. Ora spuntano anche i sex tape
Pubblicati in rete da un sito vicino a Donald Trump diversi video compromettenti di Hunter Biden mentre fuma crack e fa sesso con alcune prostitute
Sesso, droga e affari. Dopo che nei giorni scorsi alcuni video che immortalano Hunter Biden, figlio del candidato alla presidenza per i democratici Joe, fare sesso con alcune donne dopo aver assunto stupefacenti, sono stati pubblicati su un sito cinese collegato all’ex advisor del presidente Donald Trump, Steve Bannon, ora è The Gateway Pundit, sito di Jim e Joe Hoft vicino alla destra ultra-conservatirce e trumpiana, a pubblicare un nuovo videotape in cui Hunter fuma crack con una prostituta.
Vista la fonte, bisogna capire se si tratta realmente del figlio del candidato dem. Il sito, riporta Libero, ripreso anche da Dagospia, ha inoltre pubblicato alcuni screenshot di messaggi sms e copie di mail attribuite ad Hunter che, parlando con un amico di famiglia, con lo zio e con un suo socio nella società Burisma, Devon Archer, racconta che una persona l’ha accusato di avere avuto comportamenti impropri con la figlia minorenne. E che, sostiene ancora il sito sulla base di questi screenshot, sia il padre che la madre Jill erano al corrente di queste accuse ed avrebbero aiutato Hunter ad evitare le conseguenze.
Sesso con cittadine russe?
Ora The Gateway Pundit è passato ulteriormente all’attacco e ha pubblicato altre foto del presunto Hunter Biden in compagnia di alcune cittadine russe e di alcuni amici, in una festa all’insegna del sesso risalente al 2018 e svoltasi in una lussuosa villa di Hollywood. “Hunter ha trascorso un po ‘di tempo nel 2018 con alcuni russi in una proprietà a West Hollywood, impegnandosi in attività sessuali perverse. Questi atti sono stati registrati e fotografati“. Da qui, scrive il sito dell’estrema destra Usa, “i Biden divennero oggetto di ricatto“. Sappiamo, scrive sempre The Gateway Pundit, che almeno una delle donne nella villa di West Hollywood era una cittadina russa che si è recata negli Stati Uniti nel 2017-2018 con un visto turistico. “Lo sappiamo perché abbiamo una copia del suo passaporto“.
Gli affari dei Biden in Cina e Ucraina
Nelle scorse settimane il New York Post era entrato in possesso di email che riguardano il candidato dem e suo figlio. I messaggi rivelano che Hunter presentò a suo padre un alto dirigente di Burisma, la società energetica ucraina in cui lavorava, prima che l’allora vice presidente Usa facesse pressioni sui funzionari del governo di Kiev affinché licenziassero un procuratore che stava indagando sull’azienda. Una vicenda più volte trattata sulle colonne di questa testata. L’incontro, mai rivelato prima d’ora, secondo il tabloid sarebbe menzionato in un messaggio che un membro del board di Burisma, Vadym Pozharskyi, avrebbe inviato a Biden Jr il 17 aprile 2015, circa un anno dopo che Hunter era entrato nel consiglio con uno stipendio che arrivava ai 50 mila dollari al mese.
Più di recente alcuni sms pubblicati in esclusiva da Fox News sembrano far supporre che l’ex vicepresidente incontrò, nel maggio 2017, gli emissari di una società energetica cinese, nonostante il candidato dem avesse smentito questa ricostruzione. Fox News ha ottenuto gli sms da Tony Bobulinski, un tenente in pensione della Marina degli Stati Uniti, nonché ex Ceo di SinoHawk Holdings e socio in affari di Hunter, che ha confermato la “autenticità” dei messaggi.
FONTE: https://www.ilgiornale.it/news/mondo/sesso-e-droga-ora-spuntano-rete-i-sextape-hunter-biden-1899453.html
POLITICA
Il “ristoro” lo pagheranno i nostri figli
28 10 2020
00:00 Rischio lockdown per Milano e Napoli.
02:10 Travaglio esulta perché rifanno la conferenza stampa della protezione civile: contento lui.
03:20 Avvenire favorevole alle nuove chiusure…
04:05 Il Foglio se la prende con Quota 100, ma sbaglia i numeri.
05:40 Adesso tutti ad aspettare il decreto ristori, la Stampa graffia sperando che non sia come il decreto agosto. Ma anche se arrivassero davvero l’economia può andare avanti a ristori?!
09:20 Berlusconi apre. Renzi chiude.
10:00 I sondaggi ci dicono che la maggioranza degli italiani vorrebbero un Conte più rigoroso sulle misure da adottare.
10:35 Il vaccino non ci sarà a Natale. Lo dice il capo agenzia farmaco e Ruggeri si cucina su Italia Oggi l’annuncite governativa
11:10 La Spagna comunista alza le tasse e fa la patrimoniale e ciò piace al Manifesto e al Fatto.
12:30 Macron che delusione sul covid per la Marzano e che bravo per Facci sul fondamentalismo islamico.
13:15 Giuliano Ferrara scrive un articolo sulle elezioni americane ma non sono riuscito a capirlo. Chissà se il problema è solo mio.
FONTE: https://www.nicolaporro.it/zuppa-di-porro/il-ristoro-lo-pagheranno-i-nostri-figli/
SCIENZE TECNOLOGIE
5G: La Doppia Verità
Il Principio di Precauzione: come intenderlo, come è invece interpretato; il 5G: le criticità della nuova tecnologia; la demolizione dell’approccio protezionistico più avanzato al mondo: quello italiano.
5G
Redazione7 aprile 2019beppegrillo.it
La doppia verità [1], di Claudio Poggi
In questo articolo affronterò tre argomenti:
1) il Principio di Precauzione: come potrebbe/dovrebbe essere inteso, e come è invece interpretato;
2) il 5G: le criticità della nuova tecnologia;
3) la sistematica demolizione dell’approccio protezionistico più avanzato al mondo: quello italiano.
PRINCIPIO DI PRECAUZIONE
La prima volta accadde (a mia memoria) in un posto che difficilmente si potrebbe immaginare… il deserto sabbioso della Penisola Arabica [2], e precisamente fu quando i governanti dell’Arabia Saudita decisero che era arrivato il momento di introdurre, nello stato da loro amministrato, la telefonia cellulare.
Era infatti successo che nei pressi della capitale saudita sorgessero, ad alcuni chilometri di distanza tra loro, le antenne di Radio Riad ed un campo da calcio, nel quale accadevano le cose piu’ strane, causate dall’energia elettromagnetica “catturata” dalla tensostruttura che lo proteggeva dai raggi solari.
Non entrerò nei dettagli, basta sapere che da questa situazione i pianificatori sauditi trassero una lezione: con i Campi Elettromagnetici non si scherza.
Saggiamente dunque pensarono di valutare l’impatto della nuova tecnologia PRIMA di adottarla, quando cioè si era ancora in tempo per prendere tutte le misure precauzionali, e NON DOPO, quando sarebbe stato molto più difficile e costoso farlo.
Vennero convocati esperti, furono eseguiti lunghi ed approfonditi studi e finalmente si decise di adottare la seguente formulazione per il Principio di Precauzione: ”Un danno sospettato deve essere trattato come un danno reale, fino a prova contraria, soprattutto se tale danno riguarda la salute o la sicurezza delle persone”.
Alla luce di questo poi si procedette a progettare e realizzare la rete cellulare, con il minimo impatto possibile (veramente!) sulla popolazione.
Cosi’ si fa.
Nella civilissima ma algida Europa si preferisce esprimere il Principio di Precauzioneusando una ventina di pagine, fitte fitte, in cui c’e’ tutto e il contrario di tutto, esattamente come le clausole delle assicurazioni.
Spesso viene ripetuto che deve essere tutelata la salute della popolazione, anche in caso di incertezza scientifica, ecc. ecc., ma poi, tra le righe, nascosto sotto mille parole rassicuranti si trova il vero faro guida del Principio di Precauzione europeo: “6.3.4 Esame vantaggi e oneri… L’esame dei vantaggi e degli oneri dovrebbe tuttavia comprendere un’analisi economica costi/benefici quando ciò sia adeguato e realizzabile… “.
Dunque: la salute è solo una delle cose da considerare , un’ altra è la convenienza economica. E infatti, guarda che combinazione, nel caso del Campo Elettromagnetico, come in molti altri, l’onere della prova è a carico del Cittadino…
Infine la domanda (per avere buone risposte occorre porsi buone domande): preferiamo essere tutelati dal Principio di Precauzione saudita o da quello europeo?
CRITICITÀ DEL 5G
Andando veloci, e quindi tralasciando tutti gli step intermedi, si può dire che in principio ci fu il sistema TACS, che costituì la prima generazione della telefonia mobile (1G) poi, in sequenza e a intervalli di pochi anni l’uno dall’altro, furono introdotti il GSM (2G), l’UMTS (3G), e l’LTE (4G). Erano tutte tecnologie anche molto diverse l’una dall’altra, ma che avevano in comune una cosa: ciascuna aveva qualche vantaggio rispetto alla precedente per quanto riguardava velocità, tempo di latenza, efficienza spettrale ed altre importanti caratteristiche. In poche parole, gli utenti percepivano ciascuno step come un “miglioramento” rispetto al precedente.
Il caso vuole che contemporaneamente all’introduzione del 4G, in campi diversi dalla telefonia, siano andate maturando altre tecnologie, per le quali la possibilità di “convergenza” dei servizi telefonici è apparsa subito indispensabile e foriera di grandi opportunità di guadagno.
Ad esempio l’Internet delle Cose (IoT), che è una cosa “fighissima”: vuoi mettere il frigo che ordina direttamente al supermercato, o il garage che capisce quando aprire la porta e accendere la luce, perché il tuo telefonino gli dice dove ti trovi? Tutte queste cose dovranno comunicare tra loro, ed è molto comodo che lo facciano senza dover mettere tanti fili. Certo, per trasmettere quello che deve dire il frigorifero non occorre una grandissima banda passante, ma già che ci siamo lo facciamo un collegamento ad alta velocità, vero?
Un’altra esigenza è quella delle TV, “on demand” o no qui non importa: perbacco, qui ci vuole senz’altro un collegamento ad alta velocità! E se poi la TV vogliamo vederla anche sul treno o in auto come minimo occorre anche un basso tempo di latenza… di bene in meglio!
E, già che ci siamo, perché non risolvere anche il problema dell’ultimo miglio? Un buon collegamento radio e si eliminano tutti i problemi di cablaggio, sostituendoli con un sistema moderno, rapido, che non sporca, non ingombra, non si vede.
Insomma dopo il 4G qualcuno ha deciso che NON BASTA la solita transizione verso una tecnologia un po’ più performante, ma occorre realizzare una vera e propria RIVOLUZIONE: qualcosa che possa gestire tutto assieme: IoT, trasmissione verso mezzi anche ad altissima velocità (anche a 500 Km/h! [3]), enorme bit rate (per i video), frequenze diverse, e via dicendo.
In definitiva: una cosa molto sofisticata (quindi appannaggio di POCHI COSTRUTTORI), molto costosa, ma anche molto performante e, potenzialmente, MOLTO MOLTO MOLTO REDDITIZIA per coloro che la realizzano (operando quasi in condizione di MERCATO CHIUSO), e per i provider.
Fin qui ci siamo, ma a prezzo di quale IMPATTO AMBIENTALE?
Per vari motivi tecnici, quanto più si vuole trasmettere velocemente tanto più occorre potenza (per chi ha un po’ di dimestichezza con la materia: i “simboli” della “costellazione” devono essere più spaziati).
Questo fatto rappresenta la prima criticità del 5G: se il collegamento lo vogliamo ad ALTA VELOCITÀ e non vogliamo usare per es. la fibra ottica, allora dobbiamo sapere che dovremo mandare in giro un bel po’ di POTENZA.
Ma non basta: per consentire l’accesso a molti utenti occorrono molte piccole celle, (riuso delle frequenze), e quindi una distribuzione CAPILLARE dei trasmettitori. Davvero abbiamo bisogno di una rete di trasmettitori a microonde ad ogni angolo di strada, il cui segnale per giunta si SOVRAPPONGA a tutti i segnali che già esistono?
Sicuramente con il 5G si verificherà un incremento del livello di elettrosmog, e quindi si renderà necessario un ulteriore rilassamento dei limiti protezionistici, i quali, lo ricordiamo, furono già gravemente depotenziati dal mai abbastanza deprecato Monti, che si inventò la misura mediata su 24 ore per vendere più facilmente le frequenze necessarie alla rete LTE (più o meno come se le multe per eccesso di velocità fossero fatte non considerando la velocità istantanea rilevata, ma la velocità media calcolata nell’arco dell’intera giornata, contando anche le ore in cui l’auto è parcheggiata: tutto legale, ma anche TUTTO INUTILE).
I primi due punti illustrati: Principio di Precauzione e Criticità del 5G, ci portano inevitabilmente al nocciolo della questione, che è:
LA DOPPIA VERITÀ, OVVERO: LA NECESSARIA DEMOLIZIONE DELL’APPROCCIO PROTEZIONISTICO ITALIANO
Di fianco al portatile con cui sto scrivendo questa nota, ho una caraffa di acqua fresca, e ogni tanto ne bevo un sorso. L’acqua del rubinetto, a Genova, è eccellente, ma come faccio ad essere sicuro che non ci sia un livello troppo elevato di qualche sostanza dannosa, ad es. di arsenico?
Semplice, me lo assicura il D.Lgs 31/2001 che, per l’arsenico, stabilisce il LIMITE MASSIMO di 10 µg/L (microgrammi/litro).
Infatti funziona così: la salubrità della mia acqua, come di tutti gli altri alimenti, viene garantita stabilendo LIMITI ALLA POTENZIALE FONTE DI INQUINAMENTO.
Chiunque si prendesse cura della mia salute ponendo invece dei limiti che considerino quanto io possa essere esposto -in via del tutto teorica- ad un certo inquinante, senza dubbio sarebbe dichiarato da tutti o ignorante o in malafede!
In altre parole: non si può permettere che il contenuto dell’arsenico nella mia caraffa d’acqua possa essere elevato, solo perché si suppone che io ne beva soltanto un bicchiere. E se avessi tanta sete? Oppure, se ne bevessi un bicchiere, ma il mio organismo fosse molto sensibile all’arsenico?
Quello che non si può concepire per gli alimenti, chissà per quale ragione, ci viene propinato come ragionevole quando si parla di inquinamento elettromagnetico.
Infatti non solo i costruttori, ma anche le istituzioni, nel tentativo di disinnescare la diffusa preoccupazione per i Campi Elettromagnetici emessi dai telefonini, ci ammanniscono il solito gioco di prestigio del SAR [4] il quale, tra le varie assurdità che porta con sé, ne ha almeno due molto gravi (per chi volesse saperne di più [5]):
non tiene conto degli effetti a lungo termine, dato che considera semplicemente la “potenza assorbita”;
non può tener conto delle diversità tra individui.
Quanto abbiamo visto è già una DOPPIA VERITÀ: da una parte il voler limitare l’inquinamento ALLA SORGENTE, dall’altra volerlo considerare (col SAR) un dato in relazione a colui che SUBISCE l’inquinamento. La prima forma di protezione è applicata in quasi tutti i settori, ma non all’elettrosmog; la seconda ignora la logica ed è basata sulle esigenze dell’industria. Guarda caso, all’elettrosmog viene applicata proprio quest’ultima forma.
Ma ne esiste un’altra, ben più grave, che riguarda le modalità di azione del Campo Elettromagnetico, e quindi, di protezione dai suoi effetti.
La pretesa di considerare non l’esposizione delle persone al campo elettromagnetico ma la potenza specifica assorbita (SAR) è conseguenza del postulato secondo cui l’unica interazione delle microonde con la materia vivente è l’interazione termica, cioè il trasferimento di energia dal campo alla materia sotto forma di calore (unicità dell’effetto termico).
Ma l’interazione può avvenire, in generale, attraverso altri canali o gradi di libertà, ad esempio attraverso lo stesso canale elettromagnetico. Ciò deve essere evidentemente possibile perché il corpo è un sistema materico ma anche elettromagnetico, come risulta evidente dall’ECG e dall’EEG (vedi anche [6]).
Dunque, il postulato dell’ “unicità dell’ EFFETTO TERMICO” è DESTITUITO DI FONDAMENTO.
Eppure è QUESTO il postulato che l’OMS, gli Stati Uniti, attraverso la Federal Commition for Communication (che regola la materia con una Norma tecnica adottata nel 1996), e l’Unione Europea (con la Raccomandazione 1999/519/CE e la direttiva 2013/35/UE), hanno adottato ed imposto alle popolazioni angloamericane e dell’UE.
Sulla base di tale postulato, OMS, USA ed UE affermano che i limiti di SAR e di esposizione imposti, formulati dall’associazione delle industrie elettriche ed elettroniche americane (std. IEEE C95-2, 1992) sono adeguati, perché sufficienti a proteggere il corpo umano da aumenti di temperatura di 1 °C ed oltre.
Come possono dire questo? Perchè sostengono la LORO VERITÀ e cioè che gli effetti conseguenti a tale aumento di temperatura sono gli unici accertati.
Ma per fare questo negano un’altra VERITA’, accertata in decine di migliaia di studi scientifici, che segnalano effetti dannosi “non termici” (senza incremento significativo di temperatura).
Con quale argomento? Gli studi che riportano effetti non termici avversi sono quasi tutti studi in vitro o epidemiologici, validi a stabilire un nesso di “possibilità causale” non di “necessità causale”.
Per stabilire un nesso di causalità certa occorre che a riportare effetti avversi non termici siano studi in vivo o studi clinici.
Tale NESSO DI CAUSALITÀ’ CERTA è stato stabilito recentemente con gli studi del National Toxicology Program degli N.I H. USA e dell’Istituto Ramazzini di Bologna che hanno evidenziato il nesso causale tra esposizione a microonde, al di sotto della soglia termica (0,5 W/kg per i topi e 0,6 W/kg per i ratti) e insorgenza tumorale, e questo è certamente un effetto non termico, dal momento che l’incubazione tumorale è un effetto rilevabile in mesi o anni, mentre l’aumento della temperatura di 1°C è un effetto che si rivela in tempi dell’ordine dei minuti (grazie all’omeostasi del sangue).
Nonostante ciò l’OMS, la Commissione UE e la FCC USA OMETTONO di prendere in considerazione la verità che contrasta con gli interessi dei grandi gruppi industriali.
Ma il fatto che mostra l’inverarsi della profezia di “double thinking” di Orwell è che, in presenza di interessi economici dell’ industria degli elettromedicali, l’agenzia americana Food and Drug Administration abbia rilasciato la certificazione di mezzo terapeutico per il tumore al cervello, alternativo alla radioterapia, al dispositivo Optune della Novocure Ltd., generatore di onde elettromagnetiche “non termiche” (centinaia di volte al di sotto della soglia termica) nella banda delle onde radio lunghe. Dunque, in USA negli anni dieci di questo secolo, nell’ambito di competenza della FCC non esistono effetti non termici accertati sull’uomo delle esposizioni ai campi elettromagnetici nella banda delle radiofrequenze (3 kHz – 30 GHz), ma nel campo di competenza della FDA gli effetti non termici delle radiofrequenze esistono eccome! E sono in grado di curare i tumori al cervello!
Pertanto:
-
- se il Principio di Precauzione è formulato in modo da tutelare gli interessi industriali;
-
- se il 5G è una tecnologia molto “invadente”, che si sovrapporrà a tutte quelle già esistenti, producendo inevitabilmente un aumento dell’inquinamento elettromagnetico;
-
- se, come visto, siamo in regime di “doppia verità”, in cui, a seconda delle convenienze industriali si fa valere tutto e anche il suo contrario, contemporaneamente,
allora l’ultima cosa che rimane a tutela dei Cittadini sembrano proprio essere il LIMITE DEI 6V/m e il “METODO DELLA LIMITAZIONE DELLA SORGENTE”, adottati dal sistema protezionistico italiano [7], magari abolendo i “miglioramenti” escogitati prima dal professore bocconiano [8], e poi dai governi che gli sono succeduti.
E invece, se si procederà con il 5G, sarà NECESSARIO o abolire o modificare pesantemente il sistema protezionistico italiano.
Dico queste cose perché anche io, come tutti, e anche per attitudine e mestiere, voglio “andare avanti”, ma spesso chi lo dice mi pare indichi la direzione opposta, quella cioè in cui per andare si va, si, è vero, ma “indietro”…
L’AUTORE
Claudio Poggi è laureato in Ingegneria Elettronica al Dipartimento di Ingegneria Biofisica ed Elettronica dell’Università di Genova, e da 35 anni si occupa della progettazione di apparecchiature elettroniche, spesso elettromedicali, e delle problematiche inerenti i Campi Elettromagnetici. http://www.claudiopoggi.it
–NOTE–
[1] Il “doublethink” (“Bispensiero”) è stato preconizzato da Orwell come caratterizzante le società totalitarie. https://it.wikipedia.org/wiki/Bispensiero.
[3] Kalid Nabulsi, Said El-Khamy “Towards Setting Non-Ionizing Radiation Safety Standards for Saudi Arabia”. Dept of Electrical and Computer Engineering, College of Engineering, King Abdulazis University. Jeddah, Saudi Arabia.
[3] Minimum requirements related to technical performance for IMT-2020 radio interfaces (ITU).
[3] SAR: acronimo di “Specific Absorption Rate” (ovvero “tasso di assorbimento specifico”), misura la quantità di energia elettromagnetica che viene assorbita nell’unità di tempo dalla massa unitaria di un organismo biologico e si esprime in W/kg.
[3] maggiori considerazioni sul SAR si trovano a questo link.
[6] penso sia sbagliato considerare il corpo umano solo dal punto di vista “chimico” (cfr. con : l’ Uomo Elettromagnetico).
[7] La cornice scientifica relativa alla “limitazione della sorgente” fu per la prima volta presentata dal Dott. Livio Giuliani al XXX Congresso Nazionale dell’AIRM (Assoc. It. di Radioprotezione Medica), Cavalese, nel Febbraio 1998 e poi inserita nella “Proposta Aggiuntiva dell’Ispesl” al “Documento Congiunto Ispesl-ISS sulle Problematiche della Esposizione delle Lavoratrici e dei Lavoratori e della Popolazione ai campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici di frequenza compresa tra 0 Hz e 300 GHz”, pubblicata su Fogli d’Informazione ISPESL 1997, S(4).
[8] Il regolamento indicante i limiti di radiofrequenza compatibili con la salute umana, DM 10 settembre 1998 n. 381, confermato dal decreto non regolamentare DPCM 8/7/2003 GU S.G.n. 199/2003, è stato modicato da Monti, con d.l. 179/2012, che con l’art. 14 comma 8, ha introdotto la media di 24 ore per misurare il limite di esposizione di 6 V/m valido per esposizioni di 4 ore di cui all’art. 4 DPCM 8/7/2003. Però il diavolo fa le pentole ma non i coperti, e non si e accorto di aver modificato un decreto non regolamentare lasciando in vigore il regolamento. Ci auguriamo che l’attuale Governo sappia reintrodurre a livello esecutivo il rispetto del limite di 6 V/m come previsto dal vigente Regolamento DM 381/1998.
FONTE: https://megachip.globalist.it/democrazia-nella-comunicazione/2019/04/07/5g-la-doppia-verita-2039807.html
L’Europa ignora risoluzione del Parlamento e introduce nuovi OGM
Per la serie: PRIMA LA SALUTE! Ma solo quando fa comodo… L’Europa apre nuovamente le porte a ulteriori #Ogm. A scriverlo è Sara cunial con un post su Facebook approfondendo poi l’argomento.
Ignorando una risoluzione del Parlamento europeo del 14 maggio scorso in cui si chiedeva non procedere all’approvazione, il 28 settembre la Commissione europea ha invece ratificato l’importazione e la commercializzazione nell’Unione Europea di una varietà di soia transegenica della Bayer, utilizzabile per cibi e mangimi. Questa varietà di soia è geneticamente manipolata per essere tollerante a tre tipi diversi di erbicidi (Dicamba, Glifosato e Glufosinate Ammonio), ed è il frutto di tre diverse modificazioni genetiche combinate, come indica il suo nome (soia MON 87708 x MON 89788 x A5547-127).
I danni di queste sostanze sono ormai tristemente noti. Si tratta di prodotti di riconosciuta dannosità per la biodiversità, per la sicurezza alimentare e per la salute, violando apertamente i principi di prevenzione e precauzione, i diritti degli agricoltori, delle popolazioni potenzialmente esposte e dei consumatori.
Il #Glifosato è un diserbante altamente tossico, per esseri viventi e ecosistemi naturali. Stesso discorso per il #Glufosinato Ammonio, non più autorizzato nell’Ue dal 2018, proprio perché classificato come tossico per la riproduzione. E non va meglio neppure per il #Dicamba, secondo alcuni studi addirittura più pericoloso del glifosato e come quest’ultimo associato a un elevato rischio di mieloma multiplo e linfoma di Hodking.
LA SOIA OGM TOLLERANTE A QUESTI TRE ERBICIDI RISCHIA OVVIAMENTE DI CONTENERNE ALTI RESIDUI. Con buona pace della nostra salute…
FONTE: https://www.databaseitalia.it/leuropa-ignora-risoluzione-del-parlamento-e-introduce-nuovi-ogm/
Dalla Bianchina all’Aston Martin Lagonda. Ecco le dieci auto più brutte mai costruite
Perché sono state prodotte? E soprattutto: perché qualcuno ha avuto il «coraggio» di comprarle?
Bianchina berlina quattro posti
A distanza di anni è facile domandarsi come certe automobili possano essere entrate in produzione. Aver destato interesse sui tavoli da disegno, superato le riunioni del «centro stile» e quelle con l’amministratore delegato. Peggio ancora, per quale ragione la gente le abbia acquistate. Talvolta con entusiasmo. Ma nel tempo in cui queste decisioni venivano prese, molti fattori influenzavano il lavoro dei progettisti, da quelli di ordine tecnico (l’evoluzione delle macchine utensili, per esempio) a quelli di natura commerciale, o giuridica (per esempio le nuove norme in materia di sicurezza). Cerchiamo quindi di essere magnanimi nello stilare questa improbabile classifica, che saltando arbitrariamente tra le epoche e le marche, contiene alcune verità, ma è probabilmente viziata dal gusto personale. Differentemente non potrebbe essere: l’automobile resta una delle emanazioni più dirette del nostro «io».
Non si può che partire dalla tremenda Bianchina di fantozziana memoria. Fu costruita dall’Autobianchi tra il 1957 e il 1969 in complessivi 320.000 esemplari. Non bella era soprattutto la versione berlina. Perché? Aveva una forma poco definita, con quel padiglione sproporzionato per fare entrare i quattro passeggeri. E una serie di leziosità un po’ ridicole (a cominciare dalle codine) . Mezzo secolo dopo, la spartana Cinquecento è un’icona, la Bianchina al massimo ci fa sorridere.
PROSEGUE QUI: https://motori.corriere.it/motori/attualita/cards/dalla-bianchina-all-aston-martin-lagonda-ecco-dieci-auto-piu-brutte-mai-costruite/bianchina-berlina-quattro-posti_principale.shtml
STORIA
La grande strategia di Enrico Mattei
Il 27 ottobre del 1962, nel cielo di Bascapè (in provincia di Pavia) un’esplosione distruggeva l’aereo in cui viaggiava Enrico Mattei, fondatore e presidente dell’Ente nazionale idrocarburi (Eni). La morte di Mattei, secondo un processo del 2012 legato all’omicidio del giornalista Mauro de Mauro, è stata giudiziariamente riconosciuta come legata a un attentato, dovuto a mandanti ignoti che vedevano nel presidente dell’Eni una figura scomoda a causa del suo attivismo industriale e politico.
Non c’è dubbio, infatti, che Mattei abbia contribuito a definire, con la sua visione manageriale e il suo acume politico, le linee guida chiave su cui l’interesse nazionale dell’Italia uscita sconfitta dalla seconda guerra mondiale avrebbe dovuto incardinarsi. Entrato all’Agip, la progenitrice dell’Eni, come suo potenziale liquidatore, Mattei dapprima individuò nella ricerca di idrocarburi sul territorio nazionale un fondamentale strumento di sviluppo; in seguito, seppe correttamente valutare nella sicurezza energetica uno dei temi fondamentali di cui la politica estera dell’Italia, potenza in ricostruzione a “sovranità limitata” doveva occuparsi, nel presidio dello scacchiere mediterraneo un punto fondamentale dell’agenda del Paese e nel legame con i Paesi produttori di petrolio dell’Africa e del Medio Oriente una frontiera da esplorare con estrema urgenza.
L’Eni di Mattei fu un vero e proprio perno del sistema-Paese. Assieme all’Iri rappresentava una delle due gambe di quell’industria a partecipazione pubblica che ebbe un ruolo fondamentale nel mobilitare ingenti quantità di investimenti e a valorizzare il capitale umano, industriale e culturale del sistema-Paese e, come ricordato dallo storico dell’economia Giuseppe Berta, giocò un ruolo chiave nel trainare la crescita di un Paese uscito prostrato dalla guerra. E se l’Italsider e la Stet furono due dei campioni nazionali in grado di trainare l’Italia verso il gruppo dei grandi Paesi industriali del pianeta, l’Eni si proiettava oltre i confini nazionali per dare al Paese l’energia necessaria ad alimentare il suo sviluppo. “Senza acciaio, non c’è industria”, diceva Oscar Sinigaglia, padre dell’Italsider. “Non voglio vivere ricco in un Paese povero”, gli faceva eco Mattei: in frasi tanto semplici, ma altrettanto profonde al contempo, è riassumibile la lucida comprensione delle priorità del Paese da parte della classe dirigente italiana dell’epoca.
E Mattei seppe dialogare a tutto campo anche con un mondo politico che capì le implicazioni della sua attività. La provenienza del manager marchigiano dalle fila della Democrazia Cristiana e la sua alleanza con personalità quali il più volte presidente del Consiglio Amintore Fanfani e il sindaco “santo” di Firenze Giorgio La Pira. Fanfani fu abile a dare alle azioni di Mattei un rigoroso cappello politico nella cornice strategica del neoatlantismo, dottrina di politica estera che, nella cornice del mantenimento dei legami con gli Stati Uniti, garantiva a Roma un grande spazio d’azione nel Mediterraneo. Per dirla con Andrea Riccardi, fondatore della Comunità di Sant’Egidio, “in questa prospettiva l’Italia democristiana tenta una nuova presenza attraverso i contatti con i Paesi arabi e la politica petrolifera dell’Eni. Enrico Mattei, con la sua rete di presenza petrolifera nei Paesi mediterranei, ha la capacità – specie dal 1957, dopo Suez – di trasformare la sua politica con i Paesi del Sud, competitiva con gli interessi americani, in una specie di crociata per queste nazioni, alla cui testa egli si pone”.
La non subordinazione regionale che l’Italia seppe garantirsi tra gli anni Cinquanta e Sessanta fu il frutto dell’individuazione di un bacino geografico di riferimento, il Mediterraneo cruciale per i nostri interessi, e di un preciso ambito strategico in cui operare un’azione originale. Convergenza che aprì all’Italia le porte di un dialogo completo con Paesi come Egitto, Iran, Iraq, Libia.
Fieramente anticolonialista, Mattei concordò inoltre col sindaco di Firenze la necessità di un dialogo a tutto campo capace, nei limiti del possibile, di travalicare le barriere della Guerra fredda. Ai viaggi di La Pira in Unione sovietica e alla sua apertura al dialogo coi sindaci di tutte le capitali del mondo Mattei fece seguire una strategia di apertura commerciale “terzomondista” e diametralmente opposta a quella posta in essere dal cartello delle Sette Sorelle, il cartello a guida anglo-americana che dominava il mercato del petrolio internazionale. Con Giorgio La Pira il padre dell’Eni condivideva il comune sentore della necessità di un’agenda mediterranea il più autonoma possibile per l’Italia.
La sfida di Mattei ai cartelli petroliferi internazionali è da molti analisti collegata ai moventi dell’attentato in cui perse la vita, così come lo è il suo impegno per la causa di liberazione dell’Algeria dal giogo coloniale francese. Mattei, politico spregiudicato, cercava di usare tutte le leve politiche per conquistare i favori istituzionali necessari a coprire l’attività dell’Eni: finanziamenti politici, utilizzo di fondi “segreti”, lobbying mediatico tramite il quotidiano Il Giorno erano la priorità sul fronte interno. Sul fronte dei legami coi Paesi produttori, la mossa che spiazzò più volte le Sette Sorelle fu semplice ma geniale: la decisione dell’Eni di riconoscere ai Paesi produttori di petrolio del Nord Africa e del Vicino Oriente il 75% anziché il 50% delle royalty, valorizzando dunque il loro possesso delle risorse a scapito di quanto desiderato da Big Oil e, di converso, dall’asse Usa-Regno Unito. Un memo del Dipartimento di Stato del 1958 arrivò addirittura ad accusare di filocomunismo Mattei, partigiano democristiano per eccellenza durante la Resistenza, per l’avvio della campagna di acquisto di petrolio sovietico da parte del Cane a sei zampe.
La visione strategica di Mattei è dunque la sua più grande lezione politica: la lezione di un uomo che nella sua azienda ha costruito un progetto politico e una cultura aziendale ispirata a principi di sano e pragmatico realismo e a un legame ombelicale con gli interessi dell’Italia. In questo complesso 2020 segnato da una crisi senza precedenti per l’Italia e il mondo globale sentiamo la mancanza di uomini come lui nella nostra classe dirigente. Anno dopo anno ci accorgiamo come Il lascito maggiore che Mattei ha dato a chi è venuto dopo di lui è stata la consapevolezza che l’Italia ha i mezzi, gli strumenti e il capitale umano per evitare un destino di anonimato e declino. Mattei, ha detto l’analista di Limes Alessandro Aresu, “ha incarnato il miracolo italiano, qualcosa che parla a tutti noi, qualcosa per cui proviamo nostalgia. In termini letterali e in termini di impeto. Era un uomo impetuoso, quindi in grado di rappresentare una stagione impetuoso della storia d’Italia, sicuramente il momento migliore dell’Italia unita. Era anche un uomo molto ambizioso, e ossessionato da un’idea: la liberazione di un complesso di inferiorità del nostro Paese rispetto al mondo”.
A quasi sessant’anni dalla sua morte ci accorgiamo di quanto l’eredità politica di Mattei sia preziosa, specie considerato il fatto che la sicurezza energetica e la necessità di una coerente agenda mediterranea siano priorità troppo spesso eluse da un sistema Paese che negli ultimi decenni ha oscillato tra il mito dell’inseguimento dell’Europa “carolingia” e una apatica adesione all’Alleanza Atlantica, a volte dimenticata con superficialità e a volte ostentatamente presentata come vincolo a cui conformarsi senza che Roma trovasse, sul piano politico, gli stimoli per valorizzare il suo ruolo di perno mediterraneo. Questioni come gli approvvigionamenti energetici e la sicurezza del “Grande Mare” erano chiari nella visione di Mattei, Fanfani, La Pira, e restano nodi fondamentali anche per l’Italia contemporanea. In cui manca, sempre di più, la capacità e la volontà di pensare sul lungo periodo e ricordare che la difesa degli interessi nazionali ha ricadute concrete sul benessere e la sicurezza economica e sociale di milioni di cittadini. Manca, in una parola, un sano e concreto realismo. Mattei e i leader a lui coevi hanno ancora molte lezioni da dare al presente.
FONTE: https://it.insideover.com/politica/la-grande-strategia-di-enrico-mattei.html
°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°