RASSEGNA STAMPA DETTI E SCRITTI
31 AGOSTO 2020
A cura di Manlio Lo Presti
Esergo
Il reddito universale (miserabile) che le masse passive riceveranno addirittura con gratitudine, è “moneta virtuale” data contro “ricchezza reale” da cui siamo stati espropriati.
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SOMMARIO
L’ULTIMA PAROLA DI ALICE
La Germania inaugura i sussidi europei ai superflui.
Satanismo, arte e politica: Sara Cunial ci è o ci fa?
Un mito del pattinaggio artistico su ghiaccio: Aleksandr Gennadievič Zajcev
Enrico Ruggeri: l’emergenza Covid sfruttata per tenerci zitti
Abolire la normalità: il futuro mostruoso che ci imporranno
La “capitana” dell’Ong già indagata che torna a sfidare l’Italia in mare
Atlante per un viaggio (coraggioso) contro la decadenza dell’Occidente
Robert Junior Kennedy alla manifestazione di Berlino (e conferenza stampa)
Lenzi: «Così la paura del coronavirus sta minacciando le nostre libertà»
L’incremento dei tamponi aumenta i positivi
La fabbrica della paura ora ricorre a Macron
Perché la Turchia vuole invadere le isole greche
Decine di problemi più gravi del coronavirus
Chi ha paura di Lovecraft?
Vittorio Feltri contro Repubblica e Corriere
Enrico Montesano ‘sposa’ le tesi di Agamben: “Dicono il falso” – VIDEO
L’«Europa» può vaccinarti a forza, imprigionarti e anche spararti. Sono i Diritti dell’Uomo.
Covid, piano Crisanti: 40 milioni di euro per 300mila tamponi al giorno
Le 6 bombe ad orologeria nelle mani del Governo Conte, prossime settimane cruciali
Spese pazze, gli sprechi nella PA costano il doppio dell’evasione fiscale
Borsa Italiana finirà nelle mani della Germania?
Alla fiera dell’est, per due soldi…
La colonizzazione inversa della Francia
La nuova Carola Rackete
Demiurgo
BOB KENNEDY a BERLINO: «USANO LA PAURA COME I NAZISTI»
Libia, la pace, il petrolio e il ruolo di Turchia, Russia, Egitto e Usa
Amazon ti spierà anche fuori casa: dopo “Alexa” arriva “Halo”
Londra: per ogni 3 morti di Covid, altri 2 uccisi dal lockdown
Menzogne.
IN EVIDENZA
L’ULTIMA PAROLA DI ALICE
di Barbara Tampieri
Ricordate una nota statista? “Ci offrono uno stile di vita che sarà presto quello di moltissimi di noi”. Noi abbiamo creduto di doverci solo adattare alle usanze esotiche degli ospiti ai quali si riferiva ma il vero messaggio era che lo stile di vita, qualunque esso fosse, il nostro o quello del foresto, sarebbe stato sostituito con uno stile di morte che sarebbe valso, come la sbobba della soldataglia, uguale per tutti. Tutto ciò che è vita, Eros, benessere, gioia, amore, ottimismo, sarà sostituito dalla Norma, dal Dovere e dal Senso di Colpa che condurranno alla depressione generalizzata. Irrorano depressione, scrivevo tempo fa. Confermo, la depressione indotta in chi potrebbe resistere alla cura è l’arma che hanno scelto per giocarsi la suprema hybris, la sfida lanciata dal Distruttore al Creatore. Una hybris che disvela la sua origine diabolica nella inesauribile invidia e sete di vendetta contro tutto ciò che è bellezza e creato e nell’ansia di distruggerlo il più in fretta possibile, nel tentativo di fare del mondo una landa di sterile disperazione. Sappiamo già come finirà per loro ma intanto la sofferenza ci tocca subirla.
La sfida finale alla Vita, quindi. Poco prima di questo coprifuoco mascherato che, come tutte le imposizioni dittatoriali già viste: dal divieto di sorridere, di vestire colorato, di possedere uccelli canterini, di poter educare e curare i propri figli da noi perché nostri e non dello stato, insomma di essere liberi, obbedisce alla legge dell’assoluto obbligo di ridicolaggine, è stata modificata la legge sull’aborto. Le donne possono ora provare il brivido di gettare il proprio figlio di 9 settimane nel gabinetto o nell’umido, nella comodità delle quattro mura domestiche dove già erano state rinchiuse ai domiciliari la scorsa primavera e che diventerà sempre più un luogo di oppressione e disagio psicologico, visto che non tutti hanno belle case grandi a disposizione e la tentazione della carcerazione come metodo di medicina preventiva tornerà ad essere presa in considerazione
dai volonterosi dissolutori.
Rendere psicologicamente la propria casa una prigione, una gabbia: ma ci pensate che livello di orrore avremmo provato solo qualche anno fa, se ce l’avessero previsto mostrandoci il futuro in un oscuro palàntir? Avete idea del livello di destrutturazione che stanno imponendo alla nostra psiche?
Ricordate come ci terrorizzarono all’inizio? “E’ una malattia orribile, si muore soffocati!” Ora ci impongono proprio di soffocare, di non poter più respirare liberamente. Ci impongono il mal di testa da CO2, mediante una comoda mascherina-camerina a gas portatile, per giunta dovendo lottare contro chi dei nostri simili – e comincio a pensare che non siano umani, inspiegabilmente non se ne lamenta, anzi, ti crocifigge se non condividi la sua paranoia iatrogenica di stato e non dimostri “rispetto”. Soprattutto le vere protagoniste di questo Kali Yuga terminale, le donne.
Credetemi, far ragionare gli uomini su questa storia è ancora possibile, gli uomini sono infinitamente più disponibili, le donne consegneranno i figli allo stato senza rimorsi da Scelta di Sophie. Lo faranno perché non hanno capito niente. Sono imbarazzanti. Paurose, così fiere di essere state finalmente investite del poteruccio da kapo di imporre il “rispetto”. Non fare più figli le ha fatte diventare delle femminucce. Il Sars-Cov2 ha riattivato la proverbiale ma occultata dal politicamente corretto stupidità femminile, consentendo al raffreddore di sconfiggere il femminismo. La storia di questo periodo verrà intitolata: “Quando le donne, per vanità ed eterna combutta con il Demonio, riuscirono quasi a distruggere il mondo.”
Perché tornare ad imporre la mascherina all’aperto anche a chi passeggia e perfino a chi sta correndo, come nella Francia del noto abusato? Dopo le 18.00 potresti uscire a prendere un po’ di fresco, andare a camminare o a correre perché fa bene, perché tonifica, perché prendi quell’ultimo sole che ti fa sentire vivo e rafforza il sistema immunitario. No, devi mettere la mascherina e allora non lo fai, resti a casa. Chi soffre di rinite o sinusite cronica sa che questa della mascherina è una vera forma di tortura. Perché sono dei torturatori.
E’ tipico del sadismo spiegarti in dettaglio cosa ti verrà fatto a breve, così ti sale l’adrenalina e sei ancora più terrorizzato. Ormai le pratiche sperimentate sulle loro vittime le stanno generalizzando su larga scala su interi popoli come forma di governo.
Perché vietare ai giovani in agosto di ballare e divertirsi, con le prevedibili e piacevoli conseguenze che queste attività possono comportare? Per giunta vietarlo durante un’epidemia. Santo Cielo, la lezione del Boccaccio l’avete proprio dimenticata! Eros che si prende la rivincita sulla Morte perché la vita è più forte di qualunque cosa. Forse perché quella del Boccaccio era una pestilenza vera e a nessuno, potente o meno, era allora venuto in mente, grazie al provvidenziale virus, di sconfiggere definitivamente la vita imponendoci un’esistenza da marciatori sul miglio verde.
Barbara Tampieri | Facebook
23/8/2020 L’ULTIMA PAROLA DI ALICE Ricordate una nota… – Barbara Tampieri | Facebook
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Parlando di Toscana, a questo proposito mi è venuto in mente un paragone che a qualcuno parrà bizzarro.
Ricordate gli anni del Mostro di Firenze? Si, i delitti, l’orrore, tutto. Ricordate quale fu l’effetto psicologico,diremmo oggi terroristico da psyop, sui ragazzi di allora? La paura di appartarsi, di fare l’amore, di lasciarsi andare alla Vita. “Occhio, ragazzi” recitava una locandina affissa dalle autorità inquirenti. Un uomo nero uscito dagli incubi infantili poteva ucciderli in ogni momento. La punizione dei fidanzati, di coloro che formano una coppia, quella uomo-donna, che deve essere distrutta, prima magari che formi una famiglia. Uccidendo non a caso l’uomo per primo, eliminandolo dalla scena come elemento superfluo e insignificante (e pensiamo al ruolo del maschio oggi) e poi accanendosi sugli organi sessuali della donna, quindi anche sulla sua funzione riproduttiva. Il vilipendio della Vita attraverso il sacrificio della femmina. Questo messaggio antibiologico allora
probabilmente non saremmo riusciti a percepirlo, ora sembra quasi diventare “la spiegazione” di quei delitti.
Una rappresentazione della Dissacrata Famiglia a venire, all’insegna dell’arricchiamoci ed estinguetevi. Destrudo è l’energia della pulsione di distruzione espressa da Mortido (definizione dello psicoanalista Paul Federn). Mortido è ritiro, disintegrazione e resistenza alla vita, oltre che desiderio di auto ed eterodistruzione. Entrambe si oppongono ad Eros, la pulsione di vita e a Libido, la sua energia. Gli ultimi decenni hanno visto una spaventosa avanzata del principio distruttivo di morte come fattore di disgregazione della società, a partire dalla sfera dell’Eros. Pensiamo anche agli anni dell’AIDS che, per certi versi, sono stati i primi in cui si è sperimentato il terrorismo medico legato alla shock epidemy. Anche allora un virus misterioso, lo stigma del contagiato, il martirologio di alcune figure chiave della propaganda mentre masse di africani morivano nel disinteresse
generale.
Il retaggio del Novecento libertario e licenzioso che ci ha dato la sbandierata libertà dei costumi, in realtà ha imposto delle devianze come normalità, ha finito per rovesciare il senso della sessualità naturale, relegandola essa stessa, paradossalmente, ai margini della devianza, soprattutto nella sua funzione riproduttiva.
L’intellettualizzazione del sesso a partire dall’introduzione della nefasta sessuologia, ha fatto diventare la più spontanea, naturale e innata tra le attività umane una continua olimpiade delle prestazioni sempre più associata all’ansia di inadeguatezza.
Le conseguenze di questo bombardamento antierotico mascherato da libertà sessuale sono il ritiro nella pornografia e nell’autismo sessuale, l’impotenza (anche indotta iatrogenicamente da
opportuni farmaci antidepressivi) e il disinteresse ultimo verso qualcosa il cui scopo riproduttivo è stato dichiarato socialmente indesiderabile. Non posso più riprodurmi perché altrimenti il pianeta piange e non sono del colore giusto? Allora mi passa anche la voglia di fare l’amore in funzione puramente ricreativa.
In “Eyes Wide Shut” di Kubrick la coppia protagonista vive alcune avventure sessuali ma all’insegna di Mortido.
Il paradosso del titolo è proprio questo: far credere che si tratti di un film erotico quando in realtà è il Kamasutra di Thanatos. Tutto il film è pervaso dall’insostenibile contraddizione dei due istinti in lotta con un senso di prevalenza per quello di morte. Il doloroso tradimento fantasmatico di lei, vera e propria esperienza in regressione in un antico doloroso abbandono, gli incontri di lui con prostitute contagiate di AIDS, quasi uccise dalla droga, sacrificate durante riti orgiastici, con bambine dall’innocenza perduta troppo precocemente. In fuga entrambi, Bill e Alice, da ogni possibilità di ricambiare il desiderio altrui, dalle ragazze dell’arcobaleno, alla paziente innamorata, dal libertino d’altri tempi al portiere d’albergo, senza per questo essere capaci di ritrovarsi come coppia. Tutte esperienze intellettualizzate e non agite, all’insegna dell’impotenza, della negazione di tutto ciò che è normale gioia di copulare e fondersi, e che culminano nel tour contemplativo di Bill durante l’orgia, in realtà probabilmente antipasto di sacrifici umani, interrotto da chi gli ricorda che ormai possono permettersi di scopare solo i membri dell’élite mascherata, voi borghesucci dovete estinguervi nel vostro sterile bozzolo di solitudine.
Solo oggi penso però di aver capito finalmente il senso dell’ultima frase del film. Quel sorprendente “f**k” che Alice suggerisce, come imperativo categorico, al marito. “C’è una cosa che dobbiamo fare il più presto possibile: scopare”. Titoli di coda. Il colpo di scena di Eros che alla fine prevale per la via più semplice di riconciliazione tra chi si ama, e che è in grado di creare l’amore e moltiplicarlo all’infinito. La pulsione più forte, quella di vita, quella della natura. E’ quella la scelta da fare, contro la società di morte. Un f**k che però è anche un futtitevenne per noi. Possono tentare di distruggerci, di annientarci ma noi abbiamo un imperativo categorico. Vivere.
La Germania inaugura i sussidi europei ai superflui.
La Germania proroga l’indennità di disoccupazione parziale fino a marzo 2022
“l ministero del Lavoro tedesco intende sostenere aziende e dipendenti con benefici nell’ambito del regime di disoccupazione parziale per un periodo più lungo del previsto in vista della pandemia.
Durante la crisi, il governo federale ha deciso di aumentare l’ammontare dei benefici part-time. Dal quarto mese, viene aumentato al 70-77%, dal settimo mese all’80% o all’87%.— il numero di dipendenti in Germania è diminuito dell’1,3% tra aprile e giugno per la prima volta dal 1990. La loro quota è scesa dell’1,4% a 44,7 milioni di persone rispetto al trimestre precedente a causa della pandemia.
In media, l’orario di lavoro delle persone coperte dal regime è diminuito del 43% rispetto al normale volume di lavoro. Tuttavia, a seconda del settore, i dati sono ancora molto diversi.
Grazie all’apertura di negozi e ristoranti, molti camerieri e commercianti sono tornati al lavoro. Nel settore alberghiero, il numero di dipendenti nell’ambito del regime di disoccupazione parziale è diminuito di un terzo a 465 mila. Ciò rappresenta il 42% dei dipendenti del distretto. Nel commercio al dettaglio, anche il numero di dipendenti nell’ambito del regime è diminuito drasticamente a 637 mila. … Nell’ultimo mese, un assistente sociale su sette è stato incluso nella procedura part-time”.
Fino al 2022 – La Germania dunque inaugura il reddito universale (Universal Basic Income) per le masse, che si sanno permanenti, di disoccupati e sottoccupati. Il passaggio dall’Homo Sapiens all’Homo insipiens.
Germany extends partial unemployment benefits until March 2022
Cosa significa questo?
“Reddito universale, l’unico sbocco logico della diffusa espropriazione”
“Il reddito universale diventa essenziale quando il mercato globale non esiste più, quando è detenuto da oligopoli / cartelli / monopoli. Infatti, al momento, solo imprese molto sane (dotate di cuscini di sicurezza) possono ancora rivendicare una certa libertà imprenditoriale fuori dalle grinfie dei banchieri.
“Questa aberrazione, che consiste nel prendere la realtà dagli individui dando loro il nulla, sta portando il pianeta alla bancarotta generalizzata. Una fine ineludibile prevista dal progettista del modello economico Milton Friedman da quando aveva progettato l’elicottero monetario che consiste nel dare a tutti un reddito universale”. Così Liliane Held-Khawam, economista franco-svizzera che dal 2016 almeno annuncia la “riorganizzazione del mondo capitalista”, il Gran Reset annunciato a Davos.
Attenzione: il reddito universale (miserabile) che le masse passive riceveranno addirittura con gratitudine, è “moneta virtuale” data contro “ricchezza reale” da cui siamo stati espropriati.
Ovviamente a nostra insaputa. Come?
“Oltre alla privatizzazione della creazione monetaria (dallo Stato alle banche) e alla penalizzazione dei clienti attraverso indebitamenti non dovuti, ci sono stati gli aiuti pubblici, le succose partnership pubblico-private, le esenzioni fiscali ricevute da privati potentemente dotati di capitale, che hanno beneficiato dell’accumulo di privilegi tra cui quello di detenere il tasto che permette loro di creare moneta a volontà”.
Se non capite ancora, pensate ai Benetton, a cui “lo Stato” piddino ha regalato il monopolio naturale delle Autostrade, costruite coi soldi di generazioni di contribuenti; o agli Elkann della ex Fiat, oggi azienda olandese, a cui Gualtieri ha dato la garanzia di Stato su 6,3 miliardi.. mentre non faceva arrivare ai piccoli dipendenti la Cassa Integrazione.
E’ successo lo stesso in Francia: “ il costo per il contribuente degli aiuti pubblici alle grandi imprese private è stato sui 110 miliardi di euro all’anno”.
E’ successo lo stesso in Germania: “Prendete Lufthansa, ad esempio: i 9 miliardi di sovvenzioni pubbliche andranno ai nuovi proprietari come Morgan Stanley e il multimiliardario Heinz Hermann Thiele, che sono diventati principali azionisti quando è iniziato il blocco, proprio per l’aspettativa dei prossimi aiuti di Stato…. BlackRock è il terzo maggiore azionista di Lufthansa”.
Insomma:: dovunque “i governanti, guidati dalla Commissione europea, hanno sovvenzionato grandi gruppi, in totale violazione delle regole alla base dell’economia di mercato”, e ciò mentre imponevano ai cittadini austerità e precarietà (“Vivete sopra i vostri mezzi!”), restrizioni del credito alle partite Iva , tagli dei salari (“Non siete competitivi!”) aumento delle imposte (“Il debito pubblico è aumentato per colpa vostra!”).
Ora possiamo vedere che “l’economia gestita dei banchieri centrali, strettamente connessi al cartello dei banchieri internazionali, ha generato un doppio fenomeno, unico in termini storici: inflazione globale nei circuiti del pianeta finanziario e deflazione a livello locale. Un’immensa ricchezza è stata catturata da alcuni e una sistematica espropriazione per altri”.
(prosegue)
FONTE: https://www.maurizioblondet.it/la-germania-inaugura-i-sussidi-europei-ai-superflui/
Satanismo, arte e politica: Sara Cunial ci è o ci fa?
Di Gianmarco Landi
L’eroina della lotta parlamentare alle vaccinazioni obbligatorie Sara Cunial, mentre era intenta a fare rete, così come recita lo slogan della sua prima importante manifestazione politica, ha fatto la fine di un pesciolino incappato nelle maglie del Satanismo, e il fatto in sé non sarebbe grave perché un simile incidente potrebbe succedere a chiunque. Confesso che, anche io, mentre ero sotto la doccia ho canticchiato una qualche canzone di Kate Perry, e perciò senza tanto riflettere sul senso delle parole ho fatto riverberare nella mia testa contenuti chiaramente satanici.
Il fatto grave nell’odore di satanismo attiguo a Sara Cunial, è nelle risposte scabrose da lei date per giustificare le presenze della Visionary Art alla manifestazione. Leggetele sulla sua pagina Facebook e rabbrividite! A volerle bene potremmo scorgere il ‘peccato originale’ di tutti i 5 Stelle giunti in Parlamento un po’ per caso, cioè una superficialità nell’affrontare certi temi che li contraddistingue per essere molto spesso ignari di quello che dicono e fanno, e perciò facilmente strumentalizzabili dalle elite. A voler pensare a male si può ipotizzare che l’onorevole sia un’infiltrata nell’ovile vestita da pecora, ma che nasconde l’essenza del homo hominis lupus, cioè del Leviatano nel senso hobbesiano (e satanista) del termine.
La Convention R2020 di martedì vedrà un parterre di buone eccellenze, con idee e indirizzi politici di ancora migliori principi, ma sui contenuti artistici che fanno da sfondo al dibattito, proprio non ci siamo, anzi, credo che peggio non si potesse scegliere! Cosa c’entrano le eclissi, la pittura rituale, i teschi, i morti, e una specifica “Arte che serve a non avere paura della morte” come ci dice l’on. Cunial su Facebook, rispetto alla lotta al Transumanesimo del Nuovo Ordine Mondiale? Il luogo scelto per la Convention è pure un ex mattatoio, e perciò questi sprazzi di rituali artistici e occultisti, sono in quel luogo ancora più fuori luogo, così come lo sarebbe invocare le libertà artistiche di Marina Abramovich per giustificare la veste datale di madrina di battesimo di un bimbo nato da genitori proclamati cattolici.
Sappiamo che il Satanismo viene inoculato dall’alto della piramide alle masse con infida raffinatezza, e non esiste possibilità alcuna di non esserne infettati tutti in una qualche misura, ma non ci occorrono mascherine ipocrite se sapremo essere uomini e donne liberi e forti, cioè trasparenti e consapevoli, così come l’on. Cunial non sembra dimostrare di saper essere.
Noi italiani abbiamo un sistema ‘immunitario cristiano’ che ci ha dotato dei ‘globuli bianchi’ per proteggere il nostro modo di essere buoni, aperti, solidali, proiettati verso gli altri e verso l’Oltre, ma senza essere cretini, cioè sopraffatti da chi evidentemente ci ritiene tali. La parola ‘cretino’ ha un’etimologia francese molto interessante ed attuale, perché rimanda al modo attraverso sui i pagani transalpini, nei secoli prima di convertirsi (secolo 800 circa) si riferivano a tutti i cristiani (Cretino: dal franco-provenz. crétin che è dal latino christianus ).
Perciò è lecito chiedersi: Cunial è cretina o ci prende per cretini?
L’onorevole difende i suoi amici ‘artisti’, i quali esprimono avanguardismi in stile obamiano “Yes We Can”, ma dovrebbe sapere che l’arte, potendo giustamente godere di estese libertà di espressione nella Nostra Civiltà Occidentale, è apposta ai primi livelli nella finestra di Overton, cioè alla base di quel processo concepito per rendere accettabile nell’aggregato delle attitudini di pensiero, quello che accettabile invece non è e non dovrebbe mai essere, se non varcando i confini tra il Bene e il Male. Il processo della Finestra di Overton è ovviamente graduale e vede la sua sussistenza nell’elemento di radicalità che dall’arte, poi, quasi ‘inavvertitamente’ va a diffondersi prima tra le élite della opinione pubblica, poi in tutta la cultura Pop (popolare), ed infine nei costumi e nelle leggi che regolano la vita pubblica. Siamo tutti consapevoli che farsi una canna, o ubriacarsi una tantum oppure farsi i tatuaggi, non implica morire per overdose, morire di cirrosi epatica o incistarsi il microchip con l’ago di una siringa assimilabile a quella Tattoo, però è bene, in momenti di riflessione politica, rimarcare i concetti e i campi valoriali che si intendono promuovere.
FASI DELLA FINESTRA DI OVERTON
inconcepibile (unthinkable)
radicale (radical)
accettabile (acceptable)
ragionevole (sensible)
diffusa (popular)
legalizzata (policy)
L’occasione è a me propizia per divulgare il difficile tema del Satanismo, che qui esplorerò in maniera attinente il radicalismo politico-culturale in Occidente, oggi spintosi nei rituali delle Statue divelte a forza in tutti gli Stati dell’America dove i Democratici di Hillary e Obama imperversano al Governo. Dietro a queste tendenze di rancorosa violenza versa il passato cammino dell’Umanità, vi è un atteggiamento scientista deformato dall’importanza della psicanalisi del “Qui ed Ora”, una distorsione intellettuale da ridimensionare proprio aggrappandosi alla Storia, ovviamente estirpandola di quelle tante falsificazioni create ad arte per il consumo di massa. Il valore politico dietro a questi concetti apparentemente lontani e astratti è enorme, e lo si comprende solo assimilando la valenza di questo tema.
La figura occidentale del Diavolo risale a numerosi secoli antecedenti rispetto alla nascita della cultura giudaico cristiana, e si può ritrovare in tutte le religioni mediorientali: quelle assiro babilonesi, cananee ed egizie, tutte comunque discendenti da quella sumerica, la prima civiltà a noi nota. Le scritture cuneiformi su pietre di argilla dei sumeri, tradotte nel secolo scorso, avrebbero ispirato la Genesi della Bibbia nelle tre religioni monoteiste, e perciò alcune sapienze molto antiche e ritenute mitologiche, potrebbero non esserlo del tutto, tanto da ispirare un qualche senso molto profondo nelle cosiddette Società Segrete, che nei secoli ne sono state depositarie.
Il Satanismo, come lo conosciamo, è un prodotto tipico dell’Occidente e fu a causa dell’influenza zoroastriana sul popolo ebraico durante l’esilio babilonese, da cui nacque la teologia morale dell’eterna lotta tra bene e male, le cui tracce si possono trovare nell’ebraismo di Enoch e numerosi testi dell’Antico Testamento.
Ancora oggi noi cristiani consideriamo il serpente come la forma in Natura prediletta dal Demonio (il Male), ancorché alcune importanti istituzioni internazionali, tra cui l’OMS, utilizzino il serpente come simbolo principale della propria organizzazione, con ciò rivelando l’allaccio di tutte le massonerie internazionaliste e anticristiane, a saperi antecedenti non solo la nascita di Cristo, ma anche della Storia.
Satana, per gli ebrei, rimane un’allegoria delle inclinazioni negative che fanno parte della natura umana. Per Cristo, invece, Satana ha veste concreta ed assolutamente negativa, come fosse il suo competitor e quindi anche competitor degli esseri umani, di cui è tentatore perché vorrebbe deviarne il cammino dal grande potenziale di sviluppo spirituale. Ed è per questo motivo che, nella nostra Storia, l’entità satanica assume un ruolo di spirito maligno reale, portatore di successo terreno ma anche veicolo verso l’oscurità ultraterrena, quindi essenzialmente contrapposto alla luce di una fonte di energia Suprema nell’Universo, definita da tutte e tre le religioni monoteiste con la parola Dio.
Dopo questa premessa, occorre saltare il Medioevo e arrivare alla metà tra il XV e il XVI secolo, quando a seguito di un periodo di crisi e conflitti religiosi in tutta Europa, si diffuse l’esistenza di fenomeni organizzati di devozione a Satana, che furono pesantemente condannati in opere sulla stregoneria quali il Malleus maleficarum (1486) e il Compendium maleficarum (1620 circa).
Il parallelo tra i giorni nostri e la Francia di fine 1600 e fine 1700 è molto significativo, poiché si comprende come la vessazione fiscale dello Stato di oggi nasca dal ‘tradimento religioso’ del confessore gesuita che manipolò Luigi XIV° corrompendone il potere verso l’assolutismo fiscale. Allo stesso modo, con il bimbo Luigi XV° , seguì la razzia dei finanziari (coloro che facendo banca riscuotevano le tasse per conto del Re) ai danni del popolo in ultimo defraudato, operazione che accadde grazie alla reggenza del Duca di Orleans Filippo Borbone, un noto satanista che diede il via alle diavolerie finanziarie di un massone scozzese, Mr. Jonh Law, tanto geniale quanto spregiudicato. A questo connubio tra satanismo e finanza si attribuisce la prima bolla speculativa della Storia (bolla del Mississipi), e che ovviamente comportò decine di migliaia di persone della strada depredate, suicidi a gò gò e tanti morti (17 in un solo giorno davanti alla sede della banca di Francia il giorno della bancarotta dichiarata).
VIDEO QUI: https://youtu.be/K2zzNbzIcuw LA BANCAROTTA DELLO STATO
La storia del Satanismo è lunga, intrecciata al potere e alla politica, e perciò anche attuale in ragione di tratti paradigmatici che si ripropongono come in un canovaccio già scritto. Il Satanismo moderno di ‘salsa’ anglosassone nasce con Aleister Crowley, un riccone inglese vissuto nella seconda metà dell’Ottocento, che dedicò la sua vita all’occultismo fondando la prima congregazione satanista della storia, a cui nel 1911 fornì un’abbazia a Cefalù, in Italia, la prima in Italia degna di menzione.
Ma andiamo al Satanismo che più ci riguarda, e che è quello che investe le elite culturali del Partito Democratico americano, al cui humus rivestono grande importanza le figure del regista hollywoodiano Underground Kenneth Angaer, e del suo amico Anton Szandor LaVey, fondatore nel 1961 e della Chiesa di Satana, quella di cui sono notoriamente devoti le donne di casa Clinton, tanto che Chelsea si scambia auguri pubblicamente con la chiesa satanista come tutti noi un segno di pace in Chiesa a Natale.
https://twitter.com/eterea_naive/status/1201040226757558272/photo/1
Il nesso in realtà sarebbe tra Democratici di area Radical e Satanismo, e qui giova considerare che nel 1966 il californiano LaVey fondò nella capitale della cultura Hippy e New Age, cioè San Francisco, la sede principale della Chiesa di Satana, diffondendo questo culto prima negli Stati Uniti e, successivamente, in tutta Europa, con particolare riguardo alla Francia e alla Germania durante il periodo della cosiddetta Controcultura, ovviamente a beneficio solo di un’elite di sessantottini di buona famiglia e dei loro discendenti.
Irrompe in questi anni la figura del militante e grande satanista Saul Alinsky, ideologo del radical– comunismo, figlio di immigrati russi, che lavorò a lungo a fianco dei comunisti prodigandosi come raccoglitore di soldi per le Brigate Internazionali comuniste. Alinsky definì Lucifero come il primo rivoluzionario e ribelle, rendendogli il merito di essersi ribellato a Dio, con ciò profilando l’idea di etica pubblica satanista, dove nessun limite è riconosciuto all’uomo, ivi compreso quello di non fare del male agli altri esseri umani, il cui valore della vita non ha valore di per sé, come è nell’ambito della dottrina cristiana. Alinsky è l’ideologo del radicalismo e il suo Rules for Radicals (1971) è la bibbia per camuffare in America i marxisti “agitprop”. Alinsky fu un guru del Sessantotto dalla cui ideologia sono venuti fuori permeati ed intrisi tutti i dirigenti del Partito Democratico e i leader dei movimenti di sinistra attuale. Le idee di Alinsky sono state utilizzate dalla sinistra Usa nei centri urbani e nei campus universitari, e questo uomo divenne così influente che molti giornalisti scrivono che la democrazia americana è stata totalmente alterata dalle idee di Alinsky. L’ideologo dedicò il suo famoso libro a Lucifero, e tutti i satanisti, anche in ambito finanziario, culturale o del giornalismo, lo considerano un modello di approccio alla realtà e alle masse, ed è questo l’aspetto più inquietante di Alinsky, il quale vedeva proprio in Lucifero il primo vero radical della storia a cui un leader deve tendere per elevarsi.
Obama ha seguito gli insegnamenti di Alinsky come organizzatore di comunità e portatore di luce, sin da quando era a Chicago, e tutta la campagna presidenziale del 2008 di Obama è stata influenzata dal sistema di Alinsky. Hillary Clinton si laureò con una sua tesi di laurea su Alinsky, nel 1968, dal titolo “C’è solo la lotta: un’analisi del modello di Alinsky “. Hillary Clinton si considerava esattamente come Obama una discepola di Alinsky, con cui lei stessa ha intrattenuto rapporti epistolari per molti anni. Nel 1965, quando entrò al Wellesley College, la Clinton ebbe come compagna di camera la giovane lesbica Eleanor Dean Acheson e fu lei ad aprire ad Hillary le porte della politica nel Partito Democratico, infatti Eleanor era la nipote di Dean Acheson, il Segretario di Stato del presidente Truman, quello che lanciò la bomba atomica, entrambi esponenti di spicco dell’universo radical nei Dem, nonché antesignani dello slancio mondialista.
Di cosa parliamo quindi? Da un punto di vista storico e sociologico, il satanismo oggi può essere definito come l’adorazione o la venerazione, tramite pratiche ripetute di tipo culturale o liturgico, del personaggio chiamato Satana nella Bibbia. Esso può anche intendersi in 3 modi differenti, che non saprei quale definire l’uno più raccapricciante dell’altro.
Il primo satanismo è l’archetipo di uno stato di coscienza superiore dell’uomo (Satanismo gnostico), a cui dovrebbero essere affiliati personaggi come Soros, Hillary, Obama, i membri importanti della famiglia Rothschild e di altre famiglie della mafia finanziaria khazara (pagani da 1300 anni travestiti da ebrei o cristiani).
Poi abbiamo il Satanismo assimilabile a quello delle divinità a tutti gli effetti (Satanismo luciferiano e spirituale), cioè come un’entità spirituale preternaturale, ed è questo il caso di molti intellettuali puri, nonché di alcuni personaggi del Mondo dello Spettacolo e dell’informazione.
Il terzo modo di essere satanisti è quello che tende verso l’ateismo materialista (Satanismo razionalista), ed è quello più diffuso nelle cerchie meno importanti delle elite, che non hanno avuto accesso alle sapienze segrete più elevate, e che ha il risvolto evidente di una ideologia antioccidentale e anticattolica in particolare modo inserita in ambito filosofico scientista.
Quest’ultima categoria di satanismo dovrebbe interessare molto l’on. Cunial, anche perché è quella della croce rovesciata, simbolo anticlericale della corrente satanica di gradimento dei coniugi Gates, con la signora Melinda che la sfoggia bellamente al collo mentre perora vaccinazioni di massa per tutti i bambini del Mondo.
Tuttavia il satanismo peggiore è quello ignorante insito nell’uso e nell’abuso della cultura, magari con uso di droghe e quant’altro di eccessivo, e che abbia in sé una visione dissacrante e radicalmente distruttiva dei valori tradizionali occidentali, esattamente come quello della compagnia di ‘artisti’ che la Cunial ci propone, deludendoci, mortificandoci e disilludendoci sulle concretezze delle sue buone intenzioni.
Chiunque minimizzi gli effetti che certe dissacrazioni ‘artistiche’ hanno nell’animo di alcuni esseri umani al potere, sedicenti esseri superiori, fa il gioco di queste entità malefiche, e tutto ciò prescinde dal fatto che qualcuno si ponga su un piano di avversario rispetto a Dio. Dio potrà esistere o meno, ciò è una credenza o un’opinione, ma dal punto di vista di ogni persona per bene Dio costituisce per certo un’astrazione comune del Bene che bisogna difendere ad ogni costo politico. Non è un’opinione, per me è un dogma di fede cieca verso il futuro del genere umano.
FONTE: https://www.imolaoggi.it/2020/06/29/satanismo-arte-e-politica-sara-cunial-ci-e-o-ci-fa/
ARTE MUSICA TEATRO CINEMA
Un mito del pattinaggio artistico su ghiaccio: Aleksandr Gennadievič Zajcev
Luca Leonardo D’Agostini – 27 AGOSTO 2020
Questo articolo è dedicato ad un atleta eccezionale, il pattinatore artistico su ghiaccio che conquistò il cuore degli appassionati di pattinaggio artistico nel suo paese e all’estero.
Due volte campione olimpico nel pattinaggio di figura nel doppio (1976 e 1980), sei volte campione del mondo (dal 1973 al 1978), sette volte campione europeo (dal 1973 al 1978 e nel 1980), guadagnò fama mondiale esibendosi in tandem con Irina Rodnina. In coppia, furono i primi al mondo a ricevere il punteggio più alto – 6.0.
Aleksandr Gennadievič Zajcev è nato il 16 giugno 1952 a Leningrado, l’odierna San Pietroburgo. Si dedicò al pattinaggio sin da bambino e mostrò subito un talento incredibile.
Zajcev iniziò come pattinatore singolo, poi decise di iniziare a pattinare in coppia. La tecnica del pattinaggio singolo è diversa dal pattinaggio di coppia, quindi dovette cambiare totalmente la sua tecnica.
Galina Blazhenova divenne la sua prima partner. I ragazzi si esibirono con successo nelle competizioni giovanili, ma Galina decise di iscriversi all’università e abbandonò lo sport. Quindi l’allenatore Anatolij Nikitovič Davidenko invitò Zajcev a fare coppia con sua figlia Ol’ga. La coppia mostrò buoni risultati e sembrava molto promettente.
Nel frattempo Zajcev iniziò a frequentare un istituto di educazione fisica, ottenendo una borsa di studio. Successivamente si trasferì a Mosca.
Dal 1972, nella capitale sovietica Zajcev iniziò ad allenarsi con Irina Rodnina, pattinatrice già campionessa olimpica e pluripremiata di campionati mondiali ed europei.
Zajcev non fu imbarazzato dalla popolarità della Rodnina. Era talentuoso, atletico, alto (185 cm) e fisicamente in perfetta forma. Sin dai primi giorni, allenatori e spettatori ebbero l’impressione che la Rodnina e Zajcev facessero coppia da molti anni.
La prima e memorabile vittoria risale al 1973 ai Campionati del Mondo di Bratislava (Repubblica Ceca). Durante la loro esibizione si verificò un incidente che passò alla storia del pattinaggio artistico. La musica di sottofondo fu interrotta. In seguito si scoprì che l’interruzione fu deliberatamente organizzata da un dipendente ceco, che cercò così di vendicarsi dell’Unione Sovietica per la soppressione della Primavera di Praga nel 1968. La coppia decise di continuare il programma e pattinò senza musica tra gli applausi fragranti del pubblico. L’arbitro Karl Enderlin intimò più volte alla coppia di sospendere la propria esibizione ma Zajcev e Rodnina si rifiutarono e continuarono ininterrottamente. L’arbitro, sottolineando l’ostinata “volontà di vincere” della coppia, ordinò di abbassare il punteggio in relazione al pattinaggio senza musica, motivo per cui non fu assegnato un punteggio di 6.0.
Nel 1975 si sposarono. Il matrimonio fu magnifico e fu ripreso anche dalla televisione statunitense, appositamente giunta in Unione Sovietica per documentare l’evento.
Nel 1976, la coppia è stata seguita da un nuovo allenatore, Tat’jana Tarasova. Nel 1978, ai Campionati del Mondo di Ottawa, il pubblico assistette al famoso “Kalinka-Malinka”.
Alle Olimpiadi del 1980 a Lake Placid, la vittoria fu pronosticata ai pattinatori statunitensi in quanto nel 1979 Zaitsev e Rodnina non parteciparono ad alcuna gara per via della nascita del loro figlio Aleksandr.
Invece l’esibizione dei pattinatori statunitensi risultò un fallimento, a differenza di Zajcev e Rodnina, i quali pattinarono brillantemente. La performance alle Olimpiadi del 1980 fu la migliore nella storia del talentuoso duo. Gli atleti diedero il massimo, il pubblico regalò loro una lunga standing ovation.
Dopo le Olimpiadi del 1980, Zajcev e Rodnina smisero di esibirsi insieme e nel 1985 divorziarono.
Nel 2001 Zajcev si sposò una seconda volta. Sua moglie è l’ex pattinatrice Galina Karelina, la quale aveva già una figlia di nome Elena. Elena è diventata la moglie del figlio di Aleksandr Zajcev.
Dopo la fine della sua carriera sportiva, Aleksandr Zajcev lavorò come allenatore degli atleti di pattinaggio sul ghiaccio della Dinamo Mosca.
Dopo il crollo dell’Unione Sovietica, i fondi statali per la squadra di pattinaggio furono interrotti. Zajcev fu costretto a cercare un lavoro da allenatore all’estero. Nel 2016 è tornato in Russia.
Oggi è allenatore presso la scuola che si occupa di formare i pattinatori russi che partecipano alle Olimpiadi.
Ed ora, Signore e Signori, tutti in piedi. A voi il famoso video della perfetta esibizione di Aleksandr Zajcev e Irina Rodnina, sulle note della musica “Kalinka”.
Di seguito, il video che rappresenta anche un importante documento storico. L’esibizione ai Campionati del Mondo a Bratislava, dove l’esibizione di Aleksandr Zajcev e Irina Rodnina fu boicottata da un’interruzione della musica. Ma, imperterrita, la coppia ha portato al termine la sua perfetta esibizione senza il sottofondo musicale ma con il sottofondo commovente di un pubblico incredulo.
Infine, vi lascio alle immagini dei Campionati del Mondo del 1977 a Tokyo, con tre eccellenti esibizioni della coppia Aleksandr Zajcev e Irina Rodnina.
Fonti
ATTUALITÁ SOCIETÀ COSTUME
Enrico Ruggeri: l’emergenza Covid sfruttata per tenerci zitti
Ho vissuto con difficoltà questo momento, nel quale una società che si vuole vedere e raccontare come evoluta, ha deciso di barattare la libertà con la salute, o, peggio, con una rassicurante idea di salute. Giuro di dire la verità: anche se mi trovassi in punto di morte per Covid-19 sarei disposto a ripetere quanto sto per dire. Ho più volte rischiato la vita, negli anni, e sono sempre rimasto lucido, come lo sono ora: credo che l’uomo sia per sua natura propenso a ricercare la libertà. Altrimenti saremmo come lo scarafaggio della “Metamorfosi” di Kafka, un essere che pensava di colpo solo a mangiare e a salvarsi, pronto a nascondersi nel caso si accendesse la luce nella stanza. Noi non siamo fatti così: siamo uomini. E nello specifico io sono un artista, e l’idea di arte che ho non è certo quella di dover cercare il consenso per il consenso, tanto più se a repentaglio c’è l’idea stessa di libertà. Lo slogan #IoRestoACasa? I dittatori hanno sempre imposto regole, anche assurde, che negavano ogni fondamento di libertà, sempre spacciandole come decisioni fatte per il bene del popolo. Neanche Stalin ha mai detto che faceva quel che faceva per cattiveria o tirannia, ma per amore del popolo russo.
In questo, credo, ci siamo trovati di colpo a vivere in una condizione dittatoriale, seppur una dittatura che non è passata per un esercito ma attraverso una comunicazione di tipo vagamente terroristico. Ci mettevano paura e poi ci offrivano la scappatoia per salvarci, rinunciare alla nostra libertà, appunto. Intendiamoci: non voglio mica dire che qualcuno, magari i dieci potenti della Terra di cui cantavamo nella canzone “L’Anticristo” dei Decibel, da qualche parte ha deciso tutto questo. È successo, c’è stata un’emergenza, ma mi sembra evidente che l’emergenza è stata abbondantemente sfruttata a livello globale da chi ci guida e ci comanda per tenerci sotto, buoni e zitti. E gli artisti, in questo, si sono ancora una volta dimostrati tutti molto impauriti e pronti a seguire la scia: ce ne fosse stato uno che, a rischio di prendersi critiche, si sia esposto. Guarda, alzo il tiro: dopo aver citato Stalin vado oltre. Pensiamo ai partigiani, quelli per ricordare i quali, il 25 aprile, in tanti hanno cantato “Bella Ciao” dal balcone, perché durante il lockdown usava così: pensate che quei giovani sarebbero andati sui monti a rischiare di morire, in alcuni casi proprio a morire se avessero messo la loro salvaguardia, la loro salute, prima del valore sacro della libertà?
Io non sono esperto di virus, quindi non ambisco a poter dire la mia riguardo la pandemia né riguardo la gestione medica della pandemia, anche se da quel che sta emergendo è chiaro che si sono fatti tanti passi falsi, errori anche molto gravi; ma mi sembra evidente che il coronavirus sia stato preso come una palla al balzo per tenerci ulteriormente sotto, più di quanto già non si facesse in precedenza. Se affacciandoti alla finestra, durante il lockdown, ti è capitato di vedere un’ambulanza a sirene spiegate che procede con calma a quaranta all’ora in una strada deserta, magari, il dubbio che ci sia una volontà di terrorizzarci c’è. Non sono in grado di dire chi ha deciso che tutto ciò dovesse accadere: parlo del tenerci tutti sotto, zitti, ma che sia accaduto mi sembra evidente. Se poi pensate che, in tutto questo, gli unici ambiti rimasti ancora al palo (dopo le discoteche piene, la movida, le spiagge disposte esattamente come l’anno scorso e quello prima ancora) sono l’istruzione e la cultura. lo spettacolo, qualche domanda devi per forza fartela.
Perché i miei colleghi se ne stanno tutti zitti? Perché non c’è una presa di coscienza comune di quel che sta accadendo e di come questa situazione potrebbe davvero portare all’implosione di tutta la filiera? È così da tempo, diciamo da quando esistono i social. Sono tutti conformi, omologati: hanno paura di dire la propria perché altrimenti perdono followers, ricevono critiche pubbliche, rendono esiguo il proprio pubblico. E dire che l’arte dovrebbe essere per sua natura sovversiva, porre domande – volendo, dovrebbe essere anche oltraggiosa. Sono anni che veniamo visti, e di conseguenza trattati, con accondiscendenza, come si potrebbe parlare di un bambino, di un animale da compagnia. Nessuno ha provato mai a fare qualcosa per tutelare il nostro mondo prima, figuriamoci se ha senso farlo ora, che tutto sta crollando a pezzi. Solo che a vedere quelle fotografie, le discoteche piene zeppe di persone, le spiagge dove si fatica a trovare la sabbia tanta è la gente che ci sta, viene da chiedersi davvero se il tenerci tutti zitti, anche quelli che comunque direbbero qualcosa di rassicurante e assolutamente integrato, non sia parte di un discorso più ampio nel quale, ahinoi, non siamo altro che contorno.
(Enrico Ruggeri, dichiarazioni rilasciate a Michele Monina per l’intervista “L’emergenza coronavirus sfruttata da chi comanda per tenerci zitti”, pubblicata da “Tpi” il 20 luglio 2020).
Abolire la normalità: il futuro mostruoso che ci imporranno
Sono fermamente convinto che si possa delineare uno scenario grosso modo analogo a quello seguente: gli amministratori del nuovo ordine terapeuticamente corretto non smetteranno di tormentarci fintantoché la nuova normalità non sarà stata introiettata e accettata dai più come naturale. La vecchia normalità sarà obliata, rimossa. Quasi come non fosse mai esistita. Nel nuovo ordine terapeuticamente corretto che stanno forgiando con zelo giorno dopo giorno mediante pratiche fra il grottesco e il terroristico, si porteranno sempre e comunque le mascherine. Il ceto medio sarà stato annientato, le aziende e le botteghe chiuse per sempre, i lavoratori licenziati. Anziché cittadini con diritti e doveri, vi saranno solo plebi private di tutto, analoghe per stile di vita ai migranti, cioè il nuovo modus che il capitale dominante te ha scelto come modello antropologico ed esistenziale. È solo per questo che finge di amarli: per estendere e generalizzare il nuovo modus vivendi all’intera popolazione mondiale. Queste nuove plebi condannate alla miseria saranno private di tutto e rigorosamente distanziate dai villini dei patrizi.
Il fondamento socio-economico del nuovo capitalismo terapeutico sarà un collettivismo oligarchico, per dirla con Orwell. Avremo da un lato masse di disperati a cui avranno portato via tutto, costrette a vivere nel distanziamento e rinchiuse in casa. Dall’altro avremo élite milionarie senza mascherina, in ville spaziose e fortificate, tranquille perché le plebi saranno state finalmente messe nelle condizioni di non nuocere più un alcun modo al nuovo spietato ordine. Sarà la società più rigorosamente asimmetrica dell’intera storia umana. Appariranno addirittura democratiche e piene di diritti forme del passato: l’antico Egitto con i faraoni e gli schiavi che trascinavano i blocchi potrà addirittura apparire meno disumano rispetto al nuovo collettivismo oligarchico che prende forma sotto i nostri occhi ogni giorno. In nome della lotta al virus occorre rinunziare a tutto, è questo il teorema fondativo del nuovo capitalismo terapeutico. È in nome di questo teorema che ci hanno già portato via la vecchia normalità, rubricata ormai come qualcosa di passato, di superato. È con la nuova normalità che bisogna fare i conti. Qui bisogna apprendere a esistere.
(Diego Fusaro, “Il terribile futuro che stanno architettando sarà spietato: il prossimo passo è cancellare per sempre la normalità”, da “Radio Radio” del 25 agosto 2020. Filosofo, saggista e opinionista, Fusaro è il fondatore del movimento Vox Italia, di orientamento sovranista. Si considera «allievo indipendente» di pensatori come Hegel e Marx, mentre tra gli italiani predilige Antonio Gramsci e Giovanni Gentile. Nelle sue pubblicazioni ha trattato del pensiero di Marx nell’ottica dell’idealismo tedesco, accostando alla critica del sistema capitalistico elementi tratti dalla tradizione “comunitarista” teorizzata dal filosofo italiano Costanzo Preve).
La “capitana” dell’Ong già indagata che torna a sfidare l’Italia in mare
Pia Klemp guida la Luoise Michel, nave finanziata dall’artista Banksy. Il suo passato con Iuventa, Sea Watch 3 e l’accusa di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina
Il nome della nave è quello di un’anarchica femmnista, Louise Michel. Il dipinto sul ponte porta la firma di Banksy, che la rende in pratica un’opera d’arte galleggiante.
Il capitano, o la capitana vedete voi, si chiama invece Pia Klemp, meno famosa di Carola Rackete eppure non del tutto sconosciuta all’Italia. Già alla guida delle navi Iuventa e Sea Watch 3, la storia di Pia merita un po’ di attenzione a fronte del rinnovato attivismo delle Ong nel Mediterraneo. Già, perché mentre la Guarda Costiera italiana va in aiuto dalla Louise Michel e carica 49 migranti dei 219 a bordo, lei è sotto inchiesta per favoreggianento dell’immigrazione clandestina e rischia “fino a 20 anni di reclusione”. La magistratura italiana indaga, lei torna in mare, il governo le tende una mano. Se non si può definire una situazione assurda, almeno un po’ strana lo è.
La storia tra le onde di Pia Klemp inizia con l’organizzazione Sea Sheperd che lotta contro “le attività illegali in alto mare”. Dopo anni di attività a bordo ottiene il brevetto da capitano. Biologa, 36 anni, è nata a Bonn ma quando non prende il largo vaga tra la sua città natale, Berlino, Amburgo e Bruxelles. Nel 2017 si imbarca nelle prime missioni umanitarie nel Mediterraneo: guida la nave Iuventa di Jugend Rettet; poi diventa la responsabile di una delle prime quattro missioni di Sea Watch 3, la stessa nave che comandava Carola Rackete quando scoppiò la polemica dello speronamento, l’arresto e tutto il resto. È proprio a causa della sua partecipazione alle attività della Iuventa che Pia finisce sotto la lente della procura di Trapani insieme ad altri nove membri dell’equipaggio e al personale di Medici Senza Frontiere e Save The Children. Era l’agosto del 2017. La Iuventa venne sequestrata al porto di Lampedusa insieme a telefoni cellulari, computer di bordo e altri dispositivi elettronici. L’indagine provocò un terremoto politico in Italia, primo atto di una serie di operazioni delle procure siciliane contro le navi Ong.
L’accusa che ancora pende sul capo della capitana è quello di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Secondo i pm ci sarebbero stati contatti tra i membri dell’equipaggio e i trafficanti di esseri umani e i magistrati ipotizzano anche che agli scafisti venissero riconsegnate le imbarcazioni per riutilizzarle in nuovi traffici di carne umana. Le organizzazioni negano tutto e giurano di aver svolto le operazioni nel rispetto della legge e del diritto internazionale. L’attenzione dei magistrati riguarda tre operazioni di salvataggio separate avvenute nel 2016 e nel 2017. Tre anni dopo il procedimento è ancora appeso a un filo, come nel più classico dei casi giudiziari italiani. Nel frattempo però Pia Klemp non si è fermata. Prima la Sea Watch 3, ora la Louise Michel. “Non vedo il salvataggio in mare come un’azione umanitaria, ma come parte di una lotta antifascista”, ha detto Pia al Guardian. Per l’Italia il risultato è in sostanza lo stesso: centinaia di profughi raccolti di fronte alla Libia e portati se possibile sulle coste del Belpaese.
Lunga 31 metri, già di proprietà dell’autorità doganale francese, la Louise è più veloce delle altre navi Ong ma meno capiente. L’obiettivo è quello di arrivare prima della Guardia costiera libica, finanziata e sostenuta anche dall’Italia, per impedirgli di riportare a Tripoli gli immigrati. Venerdì scorso i 10 attivisti dell’equipaggio avevano già a bordo 89 persone quando hanno assistito altri 130 profughi. Troppi, per quel ponte piccolo e stretto. Così la nave ha iniziato a lanciare appelli alle autorità maltesi e italiane, che alla fine hanno inviato una motovedetta per imbarcare 32 donne e 13 bambini. Gli altri verranno caricati dalle altre Ong attive in loco, la Sea Watch 4 e la Mare Jonio di Mediterranea.
Insomma: neppure 15 giorni in mare e l’opera di Banksy già fa parlare di sé. La Louise è partita il 18 agosto dal porto di Burriana, in Spagna, non lontano da Valencia. Ma i lavori erano iniziati molto prima in gran segreto. La collaborazione tra Pia e Banksy è nata con una e-mail improvvisa. “Ciao Pia, ho letto della tua storia sui giornali – le scrive un giorno l’artista – Sembri una tosta. Sono un artista del Regno Unito e ho realizzato dei lavori sulla crisi dei migranti, ovviamente non posso tenere i soldi. Potresti usarli per acquistare una nuova barca o qualcosa del genere? Per favore fammi sapere. Ben fatto. Banksy”. La Klemp pensa ad uno scherzo, poi deve ricredersi. I soldi arrivano, la nave anche. E così la “capitana” torna a solcare le onde e a “sfidare” l’Italia. Nonostante l’indagine a suo carico.
FONTE: https://www.ilgiornale.it/news/cronache/capitana-dellong-gi-indagata-che-torna-sfidare-l-italia-mare-1886652.html
Atlante per un viaggio (coraggioso) contro la decadenza dell’Occidente
Nel suo Atlante ideologico sentimentale (Gog) Stenio Solinas parla di un mondo che sembra sparito. Ma che esiste e resiste ancora
La nostra è la generazione dello zapping, quella che compulsa in maniera ossessiva qualsiasi canale – della televisione o della vita – per cercare qualcosa che la soddisfi. In questa attività, la velocità è tutto. 1, 2, 6, 7. E poi: 9, 5, 3.
Amazon Prime, Netflix e Disney+. YouTube e Spotify. Il pollice sfreccia continuamente, come se avesse delle convulsioni. Si salta di piattaforma in piattaforma tra uno sbadiglio e l’altro. Muta l’ordine degli addendi, ma il risultato è sempre lo stesso: la noia.
Una noia che forse non sarebbe tale se avessimo la pazienza – e la voglia – di andare più in profondità, di scavare un po’ di più. E questo in tutti gli aspetti della vita. Nel cinema, nella lettura (ma sono sempre i giovani che leggono) e perfino negli affetti (ma sono sempre meno i giovani che amano). Si inizia, ma non si arriva mai a una fine. Eterni vagabondi di un fast food chiamato mondo.
A volte, però, capita di fermarsi e di tirare un po’ il fiato. Recentemente ci è successo con l’Atlante ideologico sentimentale (Gog) di Stenio Solinas. Un libro che non si compulsa, ma con cui ci si confronta e attraverso il quale si creano strade da percorre con calma – quasi fossero sentieri di montagna – con disordinata disciplina. Diviso in cinque parti (Italia, Francia, Donne (fatali), Vite (esemplari), Orientalismi, Esotismi, Snobismi) lo abbiamo approcciato secondo le richieste dell’autore: abbiamo cercato e creato un percorso che fosse il nostro. Siamo partiti da Alexandre Dumas e dai suoi Tre moschettieri. Che poi erano quattro – Athos, Porthos, Aramis e D’Artagnan – ed erano veri almeno quanto noi e voi: “Il vero Athos, Armand de Silègue d’Athos d’Auteville, è sepolto nella chiesa di Saint Sulpice. Ebbe vita breve, meno di trent’anni, morì probabilmente in duello: il corpo venne ritrovato lì dove di solito si andava per incrociare le lame delle spade, il parigino Pré aux Clercs. Il vero Portos si chiamava Isaac de Portau: non è certo che fosse moschettiere, di sicuro militò nella compagnia des Essart, quella in cui Dumas fa debuttare D’Artagnan. La sua fine è ignota, a differenza di quella del vero Aramis, Henri d’Aramitz, che rimase moschettiere fino alla fine, si sposò, ebbe quattro figli, morì cinquantenne nel proprio letto”. E il protagonista D’Artagnan? “Si chiamava Charles Ogier de Batz, da moschettiere prese il nome della madre, Françoise Montesquiou d’Artagnan, e vi aggiunse un titolo di conte che non gli appartenteva, vi percorse tutti i gradi sino al comando, fu uomo di fiducia di Luigi XIV e suo braccio armato, morì ceramente nell’assedio di Maastricht, non maresciallo di Francia, come lo promosse Dumas, ma più semplicemente maresciallo di campo. Dei tre moschettieri, il più moschettiere fu lui, il quarto appunto: più che fondersi negli altri fece da vaso di fusione”. La storia, quella vera, aveva già pensato a tutto, dunque. Dumas si prese la briga di raccontarla in modo avvincente. Del resto, era stato lo stesso autore ad affermare che la storia era una bella donna da violentare “a patto di farle fare dei bei figli”.
Senso dell’onore, guasconeria, ricerca continua del beau gest: sono questi i tratti distintivi delle opere di Dumas. Che sono il nostro punto di partenza (e di passaggio) in questo viaggio attraverso l’Atlante ideologico sentimentale. “Le donne, i cavallier, l’arme, gli amori, le cortesie, l’audaci imprese io canto”, ha scritto Ariosto ne L’Orlando furioso. Audaci imprese e cavalieri. Ora è il momento delle donne.
“Madamina, il catalogo è questo”: Bardot, Birkin, Coco (Chanel), Mata Hari, (Kate) Moss e (Edith) Piaf, solo per citarne alcuni nomi delle donne presenti nel libro di Solinas. Noi – lo abbiamo scritto più volte – siamo “bardolatri”. Dovremmo dunque parlare di quella innocente malizia dell’eros che, negli anni Sessanta, compì la vera rivoluzione sessuale che anticipò il 68. Non questa volta. Oggi, BB può aspettare.
Oggi parliamo di Kate Moss che, a suo modo, rappresentò un momento di rottura, proprio come la bella attrice francese: “Come top-model è bassa, sotto l’uno e settanta, e quando alla fine degli anni Ottanta cominciò la sua carriera andavano di moda super-modelle amazzoni, Cindy Crawford, Christy Turlington, Linda Evangelista, Claudia Schiffer, che l’avrebbero potuta sbranare in un boccone. Era smilza, aveva un modo di muoversi reticente e incurante, un volto di cui gli zigomi orientali accentuavano l’innocenza provocante, i denti un po’ storti. Vent’anni dopo, non è cambiato niente, è sempre al top, è sempre la stessa, dentatura compresa”. Kate Moss è dunque se stessa. Come BB. Come ce ne sono poche in giro, dato che tutte le ragazze (e le donne) sono impegnate a somigliare all’influencer di turno.
Le audaci imprese: Ernst Jünger. Visse oltre un secolo e oltre il secolo. Fece della trincea il suo mondo. A 18 anni si arruola nella Legione straniera e viene spedito in Algeria, nel campo di Sidi Bel Abbès. Ma ci resta poco. Insieme ad un compagno cerca di fuggire, ma viene dermato in Marocco. Congedato, viene spedito in Germania. Non ha nemmeno il tempo di tornare sui banchi di scuola che scoppia la Prima guerra mondiale.
È il suo momento. La sua vocazione – essere un guerriero – fiorisce nel fango delle trincee. Nazionalista, non appoggiò mai Adolf Hitler e il nazionalismo (“Gli facemmo ponti d’oro che lui sempre si rifiutò di attaversare”, scrisse Joseph Goebbels nei suoi Diari), ma si macchiò di antisemitismo. Amava il caos della battaglia e l’ordinata anarchia della guerra. Visse in un tempo che non era il suo “senza però pretendere il diritto di essere escluso di questo soffrire”.
FONTE: https://www.ilgiornale.it/news/cultura/atalante-viaggio-coraggioso-contro-decadenza-delloccidente-1886509.html
Robert Junior Kennedy alla manifestazione di Berlino (e conferenza stampa)
Ieri 29 agosto c’è stata una mega manifestazione a Berlino contro la dittatura sanitaria globale da coronavirus, a cui ha partecipato anche Robert Kennedy Junior, figlio di Bob Kennedy assassinato nel 1964 e nipote di John F Kennedy, assassinato nel 1963. Egli è un avvocato, ambientalista e attivista, in particolare contro l’inquinamento dell’acqua da mercurio, contro i vaccini non testati per la sicurezza e a capo di un’alleanza globale di difesa della salute dei bambini.
Il giorno prima della manifestazione ha tenuto una conferenza stampa, da me tradotta nei sottotitoli (sotto sottotitoli inglesi, per sbaglio).
VIDEO QUI: https://youtu.be/AYuAoRIw2jY CONFERENZA STAMPA DI KENNEDY 28 AGOSTO 2020
VIDEO QUI: https://youtu.be/PIh4-sbCfR0 IL DISCORSO DI KENNEDY A BERLINO
PS a proposito di fake news: la manifestazione come potete vedere NON è stata annullata, e NON è stata partecipata da qualche centinaio o migliaio di manifestanti contrariamene a quanto diffuso dai media di regime. Si parla di milioni di persone.
Nel frattempo c’è stata una manifestazione molto partecipata a Londra, con l’intervento di David Icke che è riuscito persino a un certo punto a fare cantare la folla.
Nforcheri 30/08/2020
FONTE: https://scenarieconomici.it/robert-junior-kennedy-alla-manifestazione-di-berlino-e-conferenza-stampa/
BELPAESE DA SALVARE
Lenzi: «Così la paura del coronavirus sta minacciando le nostre libertà»
Massimiliano Lenzi, giornalista del Tempo e autore del libro «Shining Italia», analizza al DiariodelWeb.it il nuovo bipolarismo politico tra libertà e paura
«Wendy, sono il lupo cattivo!» Ricordate quella formidabile scena di Stanley Kubrick in cui un inquietante Jack Nicholson minacciava con l’accetta la moglie, infilando il suo volto nello squarcio della porta? Ecco, proprio questa è l’immagine che Massimiliano Lenzi, giornalista del Tempo, ha voluto scegliere per descrivere lo stato attuale del nostro Paese, nel suo ultimo libro intitolato, non a caso, «Shining Italia». Come Jack Torrance, protagonista della pellicola (e dell’omonimo romanzo di Stephen King), un’intera nazione si è ritrovata isolata, e a rischio di perdere la testa.
Perché? Per colpa della paura del coronavirus, di fronte alla quale gli italiani sono stati disposti addirittura a cedere le proprie libertà fondamentali. Mettendole nelle mani di un governo che, dal canto suo, ha approfittato della situazione per consolidare e rafforzare il proprio potere. Ecco perché Lenzi ha avvertito il dovere di far sentire la propria opinione, e quella delle molte personalità che ha intervistato nel suo volume, edito da Aliberti, come spiega in questa intervista ai microfoni del DiariodelWeb.it.
Massimiliano Lenzi, chiunque si pone contro la vulgata dell’allarmismo diffuso viene tacciato di negazionismo. Ma lei non nega affatto la presenza o la pericolosità del virus, dico bene?
Assolutamente. Il virus c’è, ed è da idioti negarlo. La questione che pongo io riguarda il cambiamento delle nostre libertà.
Cosa intende dire?
Che oggi questo virus ha modificato il nostro approccio alla politica. Chi avrebbe mai pensato che gli italiani avrebbero accettato di buon grado di essere chiusi in casa, sospendendo le libertà di circolazione e di aggregazione?
Nessuno, direi.
Eppure ciò è avvenuto da un giorno all’altro, per la paura di un virus che ci poteva uccidere. Oggi quella paura, secondo me, è diventata un pilastro del nuovo bipolarismo. Non ci sono più destra e sinistra: da un lato c’è chi gioca su questo sentimento, dall’altro chi sostiene che si debba tornare a vivere con libertà e responsabilità. Purtroppo mi sto rendendo conto che questi ultimi sono molto pochi.
La paura è sempre stata un formidabile strumento di esercizio del potere, non lo scopriamo certo oggi.
Da vent’anni, però, la politica vive di questa emotività e ragiona sempre meno. Prima la paura del terrorismo islamico, poi quella della voragine economica, poi ancora quella dell’immigrazione. E oggi quella del virus.
In questo momento, oltretutto, c’è un’intera classe politica e tecnocratica che è saltata sul carro della pandemia per propria convenienza: così si è ritrovata ad avere l’Italia in mano.
Il coronavirus ha congelato i rapporti di forza: chi era al potere ci è rimasto. In un’emergenza, contestare il manovratore rischiava di apparire anti-italiano.
Non solo il governo è rimasto in carica, però, ma ha ampliato largamente il proprio potere.
Pensiamo soltanto allo stato di emergenza, che è stato prorogato fino ad ottobre, secondo me, attraverso un’inutile forzatura. L’Italia, essendo una democrazia matura, doveva impedirlo. Io spero che oggi possiamo recuperare un po’ di fiducia in noi stessi, oltre che nel presente. Questo sarebbe il primo anticorpo contro la paura, e a tutela delle nostre libertà.
Ora, nessuno sostiene che Conte sia un potenziale dittatore, ma questo pericoloso precedente non rischia di aprire la strada a future derive autoritarie?
Secondo me il brodo di coltura dell’autoritarismo nasce proprio dall’indebolimento delle garanzie democratiche. Non c’è dubbio che chiudere un Paese nel momento di emergenza possa essere una scelta sensata. Ma prolungare questi poteri rischia di rendere lo strappo costituzionale da un’eccezione a una consuetudine. Ciò è assolutamente pericoloso. Mi stupisce come pochissimi costituzionalisti italiani, penso a Sabino Cassese, abbiano levato la loro voce in dissenso. E pensare che quando governava Berlusconi, senza poteri di emergenza, ci si appellava continuamente alla sacralità della Costituzione.
Per non parlare della connivenza dell’informazione. Perché i grandi giornali non hanno scritto un rigo di critica?
Secondo me ci sono tre aspetti. Primo, il fatto che in Italia storicamente i giornali non sono mai stati equidistanti dal potere, ma semmai equivicini. Secondo, la crisi che sta attraversando l’editoria. Terzo, la speranza che il sensazionalismo faccia vendere più copie. Anche se poi, andando a vedere le cifre, questa linea non ha fatto impennare poi così tanto le vendite della carta stampata.
Vede all’orizzonte il rischio che vengano rinviate anche le elezioni?
No. Se venissero spostate anche le elezioni e il referendum, la ferita sarebbe definitiva. In quel caso mi aspetterei manifestazioni di protesta, seppur pacifiche. Sarebbe il segnale di una democrazia ormai sospesa. Quello è un confine che non si può superare, e spero che le forze politiche, come i miei colleghi giornalisti, ne siano consapevoli.
L’incremento dei tamponi aumenta i positivi
Federica Patriota 26 08 2020
Non bisogna essere dei Cartesio resuscitati per capire che se da un giorno all’altro si incrementa il numero dei tamponi del 27% (+21.188 rispetto ai 72.000 di ieri), aumenta consequenzialmente il numero dei positivi al Coviddo. Forse, però, bisogna essere degli imbecilli per non capire che in matematica le percentuali non sono un’opinione, mentre il far credere alle persone che i contagi stanno aumentando perché si è fatta qualche grigliata in spiaggia e la gente ad agosto si è spostata troppo da una regione all’altra, questa si é un’opinione da giornalettai qualificabile come azione criminale avente lo scopo di irretire un popolo. Popolo che, data la sua passività e ignavia, è composto in gran parte da imbecilli patentati – dispiace per la sentenza, ma a questo punto è inappellabile -, sicché le future ulteriori privazioni della libertà e la crisi devastante che colpirà l’Italia, economica, sociale e morale, è previsione non certa ma certissima. Benvenuti in Matrix.
FONTE: https://www.facebook.com/100054724236479/posts/103689391465202/
La fabbrica della paura ora ricorre a Macron
29 AGOSTO 2020
VIDEO
00:00 La Repubblica e il Corriere della Sera si affidano a Macron per metterci paura su nuove possibili chiusure. Della serie: bambini se non fate i bravi vi chiudiamo e lo dicono anche i francesi. Poi vedi la prime pagine di Le Figaro e Le Monde e vedi come stanno le cose.
06:00 Oggi i docenti, che potrebbero non andare a scuola, diventano 400 mila, ma attenzione rischia di essere una bufala.
07:40 Zingaretti alla Festa dell’Unità…
09:37 Ancora caos per il referendum sul taglio dei parlamentari…
10:26 De Luca, per Pagnoncelli, ad oggi vincerebbe con 20 punti sulla Campania perché, secondo i sondaggi, starebbe sopra al 50%.
10:35 La lettera di Bonomi contro il governo, bella, certamente made by Oscar Giannino, ma ridicola l’idea che la scriva per i suoi primi cento giorni: chi crede di essere?
11:30 È dal 1999 che il capitalismo italiano non si muove così tanto. Da leggere il pezzo di Daniele Manca sul Corriere della Sera in cui mette in fila i movimenti nel capitalismo italiano.
12:05 La Lamorgese in una intervista dice che non siamo in emergenza immigrazione. Peccato che nel 2011 in un’altra intervista rilasciata alla Repubblica, quando c’erano le Primavere Arabe, disse il contrario.
13:05 Brambilla sulla Stampa ci spiega i 3 grandi pregiudizi degli italiani…
13:25 Mi tocca difendere Di Maio, attaccato da quattro cretini, e ci metto anche il New York Times online, perché si autosfotte sull’abbronzatura. Questi politicamente corretti, scrive Zucchetti, sono da detestare molto più di Di Maio.
FONTE: https://www.nicolaporro.it/zuppa-di-porro/la-fabbrica-della-paura-ora-ricorre-a-macron/
CONFLITTI GEOPOLITICI
Perché la Turchia vuole invadere le isole greche
- Sebbene la Turchia sappia che le isole sono giuridicamente e storicamente greche, le autorità turche vogliono occuparle e turchificarle, presumibilmente per promuovere la campagna di annientamento dei greci, come fecero in Anatolia dal 1914 al 1923 e anche in seguito.
- Qualsiasi attacco contro la Grecia dovrebbe essere considerato come un attacco contro l’Occidente.
C’è una questione in merito alla quale l’Akp, il Partito per la giustizia e lo sviluppo, al potere in Turchia, e il Partito repubblicano del popolo (Chp), il suo principale oppositore, sono pienamente d’accordo ed è la convinzione che le isole greche occupino il territorio turco e che pertanto debbano essere riconquistate. Tale determinazione è così forte che i leader di entrambi i partiti hanno apertamente minacciato di inviare truppe nel Mar Egeo.
I due partiti però fanno a gara per dimostrare chi è il più potente e patriottico e chi ha il coraggio di mettere in atto la minaccia contro la Grecia. Mentre il Chp accusa l’Akp del presidente Recep Tayyip Erdogan di consentire alla Grecia di occupare le terre turche, l’Akp attacca il Chp, partito fondatore della Turchia, accusandolo di aver permesso alla Grecia di prendersi le isole, grazie al Trattato di Losanna nel 1924, agli accordi italo-turchi del 1932 e al Trattato di Parigi del 1947, che riconoscevano tutti alla Repubblica ellenica i diritti di sovranità sulle isole dell’Egeo.
Nel 2016, Erdogan affermò che la Turchia aveva “svenduto” le isole che “erano nostre” e che sono “a un tiro di schioppo” [dalla Turchia]. “Lì ci sono ancora le nostre moschee, i nostri santuari”, egli disse, riferendosi all’occupazione ottomana delle isole.
Due mesi prima, in occasione della “Conferenza sul nuovo concetto di sicurezza della Turchia”, Erdoğan aveva dichiarato: “Il Trattato di Losanna (…) non è mai stato un testo sacro. Ovviamente, ne discuteremo e lotteremo per ottenerne uno migliore”. In seguito, i media pro-governativi pubblicarono le mappe e le foto delle isole nell’Egeo, definendole il territorio che “Erdogan afferma che è stato svenduto a Losanna”.
Per raggiungere il suo fine ultimo di lasciare un’eredità che superi quella di tutti gli altri leader turchi, Erdogan ha fissato degli obiettivi per il 2023, in occasione del 100° anniversario della fondazione della Repubblica di Turchia, e per il 2071, anno in cui ricorrerà il 1000° anniversario della battaglia di Manzikert, che sancì la vittoria dei jihadisti musulmani turchi dell’Asia centrale sulle forze cristiane greco-bizantine sull’altopiano armeno dell’Impero bizantino.
L’idea alla base di questi obiettivi è quella di creare una coesione nazionalistica per l’annessione di più territori alla Turchia. Ma per modificare i confini turchi, Erdogan deve rinegoziare o annullare il Trattato di Losanna. Paradossalmente, in vista della sua visita ufficiale in Grecia nel dicembre 2017 – propagandata come un segnale di una nuova era nelle relazioni greco-turche – Erdogan ha detto ai giornalisti greci che il Trattato di Losanna aveva bisogno di essere revisionato. Durante il viaggio, prima visita ufficiale in Grecia da parte di un capo di Stato turco in 65 anni, Erdogan ha ripetuto il suo mantra che il Trattato di Losanna necessita di una revisione.
Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha dichiarato che la Turchia “aveva svenduto” le isole greche che “erano nostre” e che sono “a un tiro di schioppo” [dalla Turchia]. “Lì ci sono ancora le nostre moschee, i nostri santuari”, egli ha detto, riferendosi all’occupazione ottomana delle isole.(Foto di Carsten Koall/Getty Images) |
A gennaio scorso, il presidente turco ha preso di mira il leader del Chp, Kemal Kilicdaroglu, accusando di nuovo il suo partito che firmò il Trattato di Losanna di aver svenduto le isole nel corso dei negoziati. “Informeremo la nostra nazione di questo”, ha dichiarato Erdogan. Tale affermazione implica che Erdogan accetta il fatto che le isole appartengano alla Grecia, ma allo stesso tempo ne denuncia “l’invasione” da parte della Repubblica ellenica, esprimendo la volontà di riappropriarsi di quei territori che un tempo erano sotto il dominio dell’Impero ottomano.
Tuttavia, la retorica del Chp è altrettanto aggressiva, con Kilicdaroglu che ha affermato davanti al parlamento turco che la Grecia aveva “occupato” 18 isole. Quando il ministro greco della Difesa Panos Kammenos si è detto “imbarazzato” per questa affermazione, il responsabile per la politica estera del Chp, Ozturk Yilmaz, gli ha risposto: “La Grecia non deve mettere la nostra pazienza alla prova”. Yilmaz avrebbe anche aggiunto che “la Turchia è molto di più di un governo” e ogni ministro greco che provoca la Turchia sarà “colpito con una mazza sulla testa. (…) Se Kammenos ripassa la storia, troverà molti esempi”.
La storia è infatti piena di esempi di violenze e massacri perpetrati dai turchi contro i greci anatolici. Il genocidio commesso contro i cristiani greci e armeni a Izmir nel 1922 è stato evocato da Devlet Bahceli, leader del Partito del movimento nazionalista (Mhp), in un discorso pronunciato davanti al parlamento:
“Se i greci vogliono di nuovo finire in mare – se hanno voglia di essere inseguiti ancora – beh, sono i benvenuti. La nazione turca è pronta e fiduciosa di rifarlo. Qualcuno deve spiegare al governo greco cosa accadde nel 1921 e nel 1922. Se non lo farà nessuno, fionderemo come proiettili nel Mar Egeo, pioveremo dal cielo come una vittoria benedetta e insegneremo la storia daccapo ai messaggeri di ahl al-salib [il popolo della croce]”.
Anche i propagandisti turchi hanno distorto i fatti per cercare di ritrarre la Grecia come l’aggressore. Umit Yalim, ex segretario generale del Ministero della Difesa nazionale, ad esempio, ha dichiarato che la “Grecia ha trasformato le isole in arsenali e avamposti militari in vista dei suo futuro intervento militare contro la Turchia”.
Tutti i politici turchi sembrano avere la propria motivazione a essere ossessionati dalle isole: espansionismo turco tradizionale, turchificazione delle terre elleniche, neo-ottomanesimo e – fiore all’occhiello della conquista islamica – il jihad. Il desiderio di invadere le isole è anche dettato da ragioni strategiche, come si evince da una dichiarazione rilasciata dal vice-premier Tugrul Turkes sul controllo di Cipro da parte della Turchia dal 1974:
“Circolano erronee informazioni che la Turchia sia interessata a Cipro perché lì ci sarebbe una comunità turca. (…) Anche se nessun turco vivesse a Cipro, la Turchia avrebbe comunque una questione cipriota ed è impossibile rinunciarci”.
Lo stesso atteggiamento e la medesima logica valgono per le isole del Mar Egeo. Sebbene i turchi sappiano che le isole appartengono giuridicamente e storicamente alla Grecia, le autorità turche vogliono occuparle e turchificarle, presumibilmente per promuovere la campagna di annientamento dei greci, come fecero in Anatolia dal 1914 al 1923 e anche in seguito. La distruzione di tutte le vestigia della cultura greca esistenti in Asia Minore, una regione greca prima dell’invasione turca dell’XI secolo, è quasi completa. Meno di 2 mila greci vivono ancora oggi in Turchia.
Tenuto conto della brutale invasione turca di Cipro del 1974, le attuali minacce contro la Grecia – da un capo all’altro dello spettro politico turco – non dovrebbero essere sottovalutate dall’Occidente. La Grecia è la culla della civiltà occidentale. Confina con l’Unione Europea. Qualsiasi attacco contro la Grecia dovrebbe essere considerato come un attacco contro l’Occidente. È ora che l’Occidente, che è rimasto in silenzio di fronte alle atrocità turche, si opponga ad Ankara.
Uzay Bulut, musulmana di nascita, è una giornalista turca che vive a Washington D.C.
FONTE: https://it.gatestoneinstitute.org/12022/turchia-invadere-isole-greche
Decine di problemi più gravi del coronavirus
FONTE: https://www.instagram.com/p/CEh09uWCmY4/?igshid=9bh3d42pxq78
CULTURA
Chi ha paura di Lovecraft?
Da qualche settimana è uscito per i tipi di Oakmond Publishing l’ultimo lavoro di Rosario De Sio, dal titolo Chi ha paura di H.P. Lovecraft (p.290, euro 14). Una monografia articolata e piena di spunti, che vaga nel mondo letterario horror ma anche nelle vicende private e pubbliche del cantore più popolare e conosciuto di questo genere che tale poi, in realtà, non è… visto che – proprio grazie a scrittori di primissimo livello come Lovecraft – si riesce a travalicare questi confini e si è in grado di tratteggiare, non solo sul fronte simbolico e allegorico, fenomeni compositi e certamente non legati solo a fantasie letterarie o a ricercati ambiti romanzeschi come la crisi dell’uomo moderno e il declino spirituale.
Ad incorniciarne i tratti di questo lavoro di De Sio sono due esperti del settore come Gianfranco de Turris e Sebastiano Fusco che, nell’ampia prefazione che qui di seguito riportiamo integralmente, rammendano con maestria tutte le coordinate entro le quali si muove l’opera di Lovecraft.
* * *
Esattamente sessant’anni fa, nel 1960, apparve in Francia un libro straordinario e terribile, che ha avuto un grande influsso (anche se non pienamente riconosciuto) su tutta la cultura occidentale. Il libro era Le matin des magiciens, di Louis Pauwels e Jacques Bergier, intitolato Il mattino dei maghi nella traduzione italiana, apparsa tre anni dopo, con un’importante introduzione di Sergio Solmi. In quel libro, si legge la frase seguente: «Per aver tentato di superare i limiti dell’Universo, immaginando un numero più grande di tutto ciò che si potrebbe concepire nell’Universo stesso, per aver tentato di concepire un concetto che l’Universo stesso non potrebbe riempire, il geniale matematico Cantor è stato ingoiato dalla follia. Ma c’è un’ultima porta, che neppure l’intelligenza analogica può disserrare. Poche opere eguagliano in grandezza metafisica quelle in cui H.P. Lovecraft tenta di descrivere l’impensabile avventura dell’uomo risvegliato, ovvero di colui che giunge a socchiudere quella porta e, così facendo, avanza la pretesa di introdursi là dove Dio regna oltre l’infinito…» Il Mattino dei maghi ebbe il merito di scuotere la cultura europea ingessata dal realismo socialista, ricordando che nella vita c’è anche qualcosa di più che si può perseguire oltre alla soddisfazione del proletariato. A parte ciò, ebbe anche il merito non secondario di proporre all’attenzione del pubblico un autore pressoché dimenticato, come appunto Lovecraft.
Ci sono autori che segnano intere epoche, nel senso che, dopo il loro passaggio, il panorama culturale non è più lo stesso. Nell’ultimo ventennio del secolo scorso, due autori sono emersi, soprattutto nella cultura giovanile, a scardinare il sepolcro, che sembrava definitivo, in cui il realismo aveva rinserrato la letteratura: J.R.R. Tolkien e, appunto H.P. Lovecraft. Il loro fascino sugli intelletti ancora in formazione è testimoniato dallo stesso autore del libro che avete fra le mani, che li colloca al principio del suo bel viaggio all’interno della narrativa dell’immaginario alla ricerca delle radici della paura.
Tolkien osò far saltare il bastione principale della narrativa realistica, ovvero l’intangibilità della storia, soprattutto quella raccontata dai vincitori. Con i suoi libri ha mostrato che le nostre emozioni possono essere toccate nel profondo anche da una storia che non esiste di per sé, ma soltanto nel rapporto intimo fra autore e lettore. Ed è una storia che non ha fondamento allegorico, cioè non vuole indicare, sotto mentite spoglie, qualcosa che in realtà riguarda la storia vera (su questo, Tolkien fu chiarissimo), ma crea un mondo emotivo tutto nuovo, che vive di per sé e commuove per ciò che è. Sappiamo, attraverso gli infiniti romanzi, film, serie televisive, giochi, che sono nati in seguito a questo concetto, quanta importanza esso abbia avuto nel plasmare la cultura popolare contemporanea. E sappiamo anche quanto aspra sia la critica degli estremi e stentorei difensori del sepolcro realista contro un’evidenza dei fatti che viene a vulnerare i loro vetusti schemi ideologici. Dopo Tolkien, il mundus imaginalis della nostra cultura non è stato più lo stesso.
L’azione di Lovecraft è stata più sottile, ma non per questo meno profonda. A differenza di Tolkien, che si muove sul terreno epico ed eroico, l’autore di Providence si apre la strada in quella che lui stesso giudica la più intensa delle emozioni umane: la paura, che – scrive de Sio nel suo saggio – «nel senso ideologico costituisce una sorta di risposta speculare al rapido processo di trasformazione del secolo e all’inquietudine che avrebbe caratterizzato successivamente il passaggio al 900», ed è quindi anche una delle chiavi, se non la principale, per capire il mondo di oggi.
Per affrontare questo tema, Lovecraft riesamina e rielabora le caratteristiche della paura quali vennero codificate in due secoli di letteratura gotica, nella quale la paura è, sottolinea sempre de Sio, «quell’elemento che sta alla base della fabula, muove l’azione, (…) l’impalcatura invisibile che regge l’intera struttura narrativa.» L’elemento di assoluta originalità di Lovecraft, è che la sua paura non muove da origini interamente nascoste nell’animo umano, come per esempio in Poe, ma lo trascende. Indicano questo, con grande sottigliezza d’ingegno, i citati Pauwels e Bergier quando parlano della sua «pretesa di introdursi là dove Dio regna oltre l’infinito». Trascendere l’umano è ambizione di tutti. Trascendere il divino, ridurre gli dèi stessi a strumenti della propria elevazione spirituale, è impresa destinata a pochi.
C’è un’opera di Edvard Munch che conosciamo tutti: il quadro, eseguito in molte versioni, intitolato L’urlo (1895). Lo stesso artista ce ne racconta la genesi: «Una sera camminavo lungo un viottolo in collina con due compagni. Era il periodo in cui la vita aveva ridotto a brandelli la mia anima. Il sole calava fiammeggiando sotto l’orizzonte, Sembrava una spada infocata di sangue che tagliasse la volta celeste. Il cielo era di sangue… Esplodeva il rosso sanguinante mentre i miei amici assumevano un pallore luminescente, e ho avvertito un grande urlo, l’ho udito realmente… le linee e i colori risuonavano vibrando… e poi ho dipinto L’urlo.»
Chi osserva il quadro, non vede motivo apparente per cui l’uomo debba urlare il suo terrore. Nulla, nel disegno, è irreale, o spaventoso, o anomalo. Tuttavia, dall’insieme dei simboli raffigurati, emerge un’inquietudine, un senso di dispossessione che taglia il reale «come una spada di sangue» e genera un’angoscia invincibile, un orrore profondo e inspiegabile. L’uomo che urla è ridotto a una figura grottesca, un coagulo di opacità minerale scosso fino a spaccarsi da una tensione interna che lo strazia, e che si sublima in un grido prodromo di follia.
Per molti, la tensione lacerante espressa dalla figura che urla è un punto d’arrivo. Per Lovecraft fu un punto di partenza. Ce lo rivela lui stesso nelle sue lettere, parlando degli incubi orrendi che insegnarono, a lui bambino, la durezza dell’esistenza, dopo la morte del padre, impazzito sembra per la sifilide, la rovina economica della famiglia, le prime dimostrazioni della follia della madre. Incubi che presero la forma di creature orrende, i night gaunts, o magri notturni, diaboliche entità predatrici sorte dalle tenebre a perseguitare le sue notti di fanciullo ipersensibile e solitario. Fu nel 1895 (lo stesso anno in cui Munch dipinse L’urlo e H.P. Lovecraft aveva solo cinque anni) che si manifestarono per la prima volta i magri notturni. Fino al 1937, per quarantadue anni, che sono più di quindicimila notti, Lovecraft visse gomito a gomito in un intermittente delirio, con i fantasmi della sua angoscia. Non fu una convivenza semplice. Burattino e burattinaio, regista e attore di uno spettacolo infinito, prigioniero di un gioco di specchi che eternamente rimandano la medesima immagine distorta, nel groviglio delle frustrazioni, delle ansie, dei disgusti e delle sconfitte, egli dovette individuare il filo cui aggrapparsi per evitare il naufragio, per scampare alla rovina mentale che già aveva travolto i suoi genitori.
Aveva vent’anni, Lovecraft, quando comprese definitivamente che il suo mondo era lì, nella sua stanza. Pochi metri quadrati di buio in cui avvenne l’evocazione del più compiuto universo fantastico di tutta la storia della letteratura fino ad allora. Non fu, come ha sostenuto qualche mal ispirato biografo, un atto di fuga da un reale insopportabile. Al contrario, fu il segno di un coraggio disumano e incredibile. «La vita o si vive o si scrive», dice Pirandello nel suo romanzo Il fu Mattia Pascal. Lovecraft risolve di vivere e scrivere a un tempo la propria vita: tanto più dolorosamente vivendola, quanto più fervidi erano i panorami fiabeschi che gli schiudeva la sua fantasia onirica. Nel far ciò, egli – inconsapevolmente, perché fu il più feroce critico della propria opera – fa da spartiacque nel genere fantastico, ergendosi come «un vero e proprio innovatore del genere e questo lo vediamo soprattutto dal percorso artistico che Lovecraft compie, un percorso che affonda le radici nella narrativa gotica ma che poi si evolve sempre di più raggiungendo uno stile di scrittura particolare e inconfondibile, affrontando tematiche del tutto rivoluzionarie rispetto alla tradizione
precedente; in tal modo Lovecraft si pone come un rinnovatore del genere stesso, svecchiandolo e incanalandolo in una nuova direzione. Getta in tal modo le basi per la nascita di un nuovo filone narrativo che lui stesso denominò orrore soprannaturale», scrive sempre de Sio.
All’origine dell’universo lovecraftiano non vi sono né sillogismi, né filosofemi, né compiacenze letterarie, né allegorie ideologiche. C’è viceversa lo sforzo doloroso e amaro d’infrangere la solitudine di un’esistenza disperata tendendo l’orecchio a quel raspare d’ali d’incubo che s’avverte oltre la porta della stanza in penombra. Come un tenebroso sipario, le ali dei magri notturni si sollevano a rivelare l’apparenza grottesca di entità che sono il simbolo delle nostre pulsioni recondite, dei nostri desideri inconfessabili, delle nostre ambizioni e dei nostri terrori.
Emergono così da buio i profili immondi delle divinità nate dal profondo, incubi ai quali Lovecraft ha dato un connotato simbolico ben preciso: Shub-Niggurath, la sessuofobia latente sfogata dissacrando il sesso, che un tempo era il dato fondamentale della sacralità; Cthulhu, la brama di potere assoluto che dorme in attesa di riaffiorare quando la tempesta è al culmine; Nyarlathotep, la tentazione di sconvolgere l’ordine a favore di una rivoluzione permanente il cui esito è il caos; YogSothoth, l’illusione che possiamo comprendere e dominare l’Essere sondandone soltanto la materialità, e impadronendoci dei sali fattizi delle cose; e infine il culmine degli orrori: Azathoth, il cupio dissolvi che ha ormai invaso irresistibilmente la civiltà occidentale.
Non sono incubi personali. Come mise in luce già cinquant’anni fa Dirk W. Mosig, che resta il critico lovecraftiano più percettivo di sempre, sono gli incubi di un’intera cultura, quella occidentale, che va smarrendo se stessa dietro le paure che genera da sola o che le vengono inoculate.
Evocare figure simili, misurarsi con esse e farne lo strumento per ribaltare la propria condizione esistenziale, non è poca cosa. L’ambizione, il desiderio, la razionalità, il confronto con i proprio simili e con i diversi sono, per tutti noi, esperienze comuni del vivere. Per Lovecraft, figlio di genitori entrambi nevrotici, vissuto nella reminiscenza di un passato di glorie familiari ormai estinto e sepolto, cresciuto timido e introverso, incapace di affermarsi, tutte queste cose erano figurazioni d’incubo, emerse a tormentarlo nella sua solitudine, specie negli anni formativi della prima giovinezza.
«Come mosche per ragazzi oziosi, tali siamo per gli dèi: ci uccidono per divertirsi», scrive Shakespeare nel Re Lear. Le divinità di Lovecraft sono ancora peggiori: del tutto indifferenti alla nostra miseria, lasciano che le nostre paure ci trascinino in fondo, insensibili alle nostre grida. Sono molti quelli che, al posto di Lovecraft, chiudono gli occhi di fronte all’incubo e s’accontentano di vivere un’esistenza inerte, senza speranze e senza ambizioni. Lovecraft si rifiutò. Non soltanto guardò dritto negli occhi i suoi incubi, ma diede loro forme e connotazioni simboliche ben precise, per ciascuno andando a scavare l’origine profonda negli abissi dell’anima. Ne fece divinità grottesche e crudeli, quali in effetti sono: ma nel tempo stesso ne indicò le intrinseche debolezze, fornendo i mezzi per dominarle, come fa l’evocatore che suscita i demoni dal suo cerchio magico. Questa totale disumanità, nota de Sio, ha una conseguenza di non poco conto: «nella letteratura di Lovecraft cessa la visione antropocentrica, l’interesse dello scrittore non è più rivolto all’uomo o al mondo ma a ciò che sta dietro il mondo sensibile e materiale.» La sua visione non è più umana, ma cosmica.
In questo, Lovecraft fu scrittore di straordinaria modernità, perché l’ambiguità del reale, l’incertezza del vero, il timore di un universo sempre più vasto e sconosciuto, e la parallela crisi delle ideologie, sono il labirinto nel quale brancola oggi il pensiero scientifico e filosofico, che la fisica quantistica ha privato delle ultime certezze sopravvissute alla relatività einsteiniana. Con intelletto sbalorditivamente anticipatore, il figlio di Providence si rese conto che la descrizione della realtà com’è percepita dai sensi ed evocata dai sentimenti non esaurisce in alcun modo la rappresentazione di un universo che è infinitamente più vasto di quanto la nostra mente e il nostro cuore possano concepire. Comprese che la nostra logica è inadeguata a imprigionare in formule esatte fenomeni che ignorano le categorie aristoteliche, non tengono conto delle leggi di causalità e seguono sequenze temporali diverse da quelle dell’esperienza comune.
Gli scienziati di vecchia formazione, concettualmente inadeguati ad affrontare in modo consapevole questo stato di cose, continuano ad elaborare il tutto in formule che si basano sui soliti modelli, tagliandone via le variabili di cui non sanno come tenere conto. I filosofi, digiuni di matematiche e intrisi di ottocentesco razionalismo, percepiscono tuttavia che qualcosa sta cambiando e, incapaci per difetto d’ingegno di afferrare il nuovo, ricorrono ad architetture deboli per mascherare la loro inettitudine ad affrontare la rivoluzione in atto. I letterati, digiuni di tutto fuorché del proprio ego, non hanno ancora capito nulla di quel che sta succedendo e hanno ridotto la narrativa moderna a pamphlet politico, o a catena di montaggio per esercizi d’evasione, o a pratica psico-masturbatoria. Lovecraft invece intuì l’isolamento del pensiero contemporaneo in un mare di enigmi e ne conseguì un lacerante brivido di paura. I suoi incubi sono un riflesso di questa angoscia, ma hanno aperto una strada sulla quale finora nessuno, nel mondo della cultura, dopo di lui ha avuto ancora il coraggio d’incamminarsi. Per questo non ha avuto eredi: è unico e temiamo resterà tale ancora a lungo Per i motivi che abbiamo cercato di esporre, capire Lovecraft è anche, in un certo modo, capire le radici dell’inquietudine del mondo contemporaneo, che continuamente evoca da dentro di sé incubi che poi non riesce a dominare. La radice del fascino di Lovecraft presso le giovani generazioni è che esse percepiscono, sia pur confusamente, che i suoi terrori non sono i terrori di un individuo, ma di tutta una cultura. Studiare Lovecraft significa studiare il nostro mondo nei suoi risvolti più cupi, quelli che chiude dentro di sé e non osa svelare neppure a se stesso.
Per rispondere alla domanda espressa dal titolo di questo libro, ad avere paura di Lovecraft sono i benpensanti, coloro che si adagiano nella tranquillità del normale, non vedono al di là delle loro pantofole e non avvertono né i tremori di un mondo che cambia né i lampi del caos che si annida sotto il velo dell’ordine. A tutti costoro farà bene la lettura del saggio che qui presentiamo. Forse, dopo, troveranno il coraggio di leggere anche Lovecraft. E comprenderanno, come conclude con acutezza de Sio, che in tutta la sua opera «Lovecraft non fece altro che prendere lucidamente coscienza della condizione umana».
FONTE: http://blog.ilgiornale.it/iannone/2020/08/18/chi-ha-paura-di-lovecraft/
CYBERWAR SPIONAGGIO INFORMAZIONE DISINFORMAZIONE
Vittorio Feltri contro Repubblica e Corriere
“Complici del governo, cosa non c’era in prima pagina”
Vittorio Feltri azzera i giornali principali del Pase. La frecciatina arriva su Twitter, dove il direttore di Libero, senza fare nomi, scrive: “I cosiddetti grandi giornali non danno notizia in prima pagina che mezzo governo è indagato. La completezza dell’informazione è questa? Stampa complice dell’esecutivo”. Il riferimento pare però essere chiaro. Nella giornata di oggi, 14 agosto, nè Il Corriere della Sera, né tantomeno Repubblica, lasciano spazio in prima alla notizia che Giuseppe Conte e i ministri sono stati raggiunti da un avviso di garanzia. Il motivo?
L’emergenza coronavirus e la sua gestione. Il premier, dunque, assieme ad Alfonso Bonafede, Luciana Lamorgese. Roberto Speranza, Luigi Di Maio, Lorenzo Guerini e Roberto Gualtieri, è ora indagato. Una vera e propria batosta per l’esecutivo che, al di là del risultato finale, fa capire che la malagestione della pandemia ci sia stata ed eccome.
FONTE: https://www.liberoquotidiano.it/news/commenti-e-opinioni/24199548/vittorio-feltri-repubblica-corriere-complici-governo-cosa-non-c-era-prima-pagina.html
Enrico Montesano ‘sposa’ le tesi di Agamben: “Dicono il falso” – VIDEO
DIRITTI UMANI
L’«Europa» può vaccinarti a forza, imprigionarti e anche spararti. Sono i Diritti dell’Uomo.
Un lettore: “Lei ha conoscenza della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo del 1998?
L’Europa può obbligarti a vaccinarti, avendo cura di imprigionarti prima. Pagina 8, 1-e (ART. 5, 1-e)
L’Europa ha previsto anche di ucciderci in perfetta legalità in caso di sommossa o insurrezione. Pagina 6, 2-c (art. 2, 2-c)
L’Europa ha anche previsto il lavoro forzato o la schiavitù mascherata con semplice decreto. Pagina 7, 3-c (ART. 4, 3-C)
Ed ecco il gran documento che ci tutela:
C’è un giurista in sala? Perché il vostro cronista non è in grado di esprimere un commento che (in base alle Nuove Disposizioni) non violi i sacri Diritti Umani sanciti dalla UE e dall’Onu. Altrimenti si potrebbe pensare che le nostre libertà coperte da tutela asssoluta si riducano a
1) celebrare nozze gay,
2) esibire ogni tipo di comportamento sessuale mettendo in galera chi li considera anormali,
3) e al richiestissimo diritto di scegliersi il sesso (pardon, il gender)
– ma che i diritti a non essere incarcerati senza processo, alla libertà di cura e all’insurrezione e persino il diritto alla vita siano invece soggetti a condizioni.
L’Europa autorizza i suoi governi a massacrarti e ucciderti in caso di “sommossa o insurrezione” – come hanno sperimentato del resto sulla loro pelle i Gilet Jaunes.
Le insurrezioni hanno l’appoggio della Convenzione Europea come indiscutibili Diritti Umani solo se avvengono in Bielorussia o in Ucraina.
AL vostro cronista non resta che constatare come progrediscano ed evolvano le concezioni dei diritti in Europa.
2010 – Il Consiglio d’Europa mette in dubbio l’influenza dell’industria farmaceutica nella gestione della pandemia. Ha esortato l’OMS ha esortato a spiegarsi sull’influenza A. In particolare, l’OMS è criticata per aver recentemente modificato la definizione di pandemia influenzale globale, rimuovendo la nozione di un tasso di mortalità superiore all’influenza normale.
Nel 2016, già alcuni giornalisti non nascondevano che la Quarta Rivoluzione Industriale si sarebbe sviluppata su 4 assi:
- Scienze cognitive (Intel. Artificiale)
- Chip RFID integrati (smartphone)
- Genoma nell’embrione. (Nanorobot)
- Biochirurgia (modifica del DNA)
E ancora nel 2019, nello stesso Forum di Davos, e nel discorso d’apertura, qualcuno avvertiva:
“Nella sua forma più nera e disumanizzata, La quarta rivoluzione industriale ha il potenziale per robotizzare l’umanità e spossessarci del nostro cuore e della nostra anima”
Nel 2020 – è agosto – lo stesso Forum Economico Mondiale annuncia il Grande Reset dell’economia globale
“Reset” significa “reimpostare, riavviare” come un computer. Cosa è il Grande Reset di Davos?
“Il rimpiazzo delle idee, delle istituzioni, delle procedure e delle regole attuali
E lo dice Klaus Schwab che del Forum economico mondiale (WEF) è il fondatore e che lo dirige da 50 anni. Stavolta espone il lavoro di Davos in quasi 400 pagine, e anche la sua visione più personale sia delle sfide del nostro mondo che delle soluzioni che dovrebbero essere messe in atto. “La prima Bibbia del santo Reset”, ironizza Charles Sannat, noto economista francese.
“Il Covid-19 ha molto chiaramente catalizzato la fioritura della quarta rivoluzione industriale. Il mondo sta attualmente testando, in tempo reale, modi di vivere, consumi, organizzazione del lavoro e collaborazione, basati sull’uso massiccio di strumenti digitali”, ha scritto Karolien Haese, medico e giurista, presidente dell’associazione BHCT Building Healthcare For Tomorrow .
“Pertanto, si deve constatare che è con una facilità sconcertante che il “tracciamento umano” (human tracking) ha preso il suo posto nei nostri sistemi di stato di diritto, unicamente sulla base della sua potenziale efficienza nella lotta contro la diffusione del virus e il cercare un vaccino o un trattamento.
“Questo ragionamento, ritenuto eccezionale a causa del Covid-19, può comunque e molto facilmente essere ripetuto o ogniqualvolta un interesse pubblico lo giustifichi. In tal modo, è teoricamente adattabile all’infinito e pone una domanda molto più fondamentale: sapere a quali condizioni, saremo infine governati dai nostri dati.
I nuovi facitori delle leggi non sono più i parlamenti, ma i comitati scientifici che decretano con la scusa dell’emergenza – situazione a noi familiare.
Ed è lei a ricordare quello che fu detto al Forum di Davos del 2019: “Nella sua forma più nera e disumanizzata, La quarta rivoluzione industriale ha il potenziale per robotizzare l’umanità e spossessarci del nostro cuore e della nostra anima ”
L’Europa, con la Convenzione dei Diritti umani, s’è già portata avanti. Arriva il Grande Reset e non deve cambiare una virgola. E’ pronta alla completa “sostituzione delle idee, delle istituzioni, delle procedure e delle regole attuali”.
E noi comuni mortali, come “organizzarci in un futuro sempre più automatizzato, dove la pandemia ha prodotto decine di milioni di disoccupati non più occupabili, perché non servono più alla produzione?
Niente paura: il Financial Times ci indica la soluzione: tornate alla economia dei cacciatori-raccoglitori di 300 mila anni fa. Lo studioso dell’ultima tribù di raccoglitori che vive in Namibia, Ju / ‘hoansi. Questi erano ben nutriti, assicura, benché “ raramente dovendo lavorare più di 15 ore alla settimana”, e quindi avevano molto “ tempo ed energie sufficienti da dedicare al tempo libero, trascorrevano in altre attività mirate come fare musica, esplorare, decorare i loro corpi e socializzare”. Insomma come la gioventù in discoteca…
Ovviamente gli antichi “raccoglitori hanno lavorato così poco perché avevano pochi desideri, che potevano quasi sempre soddisfare facilmente. . Piuttosto che preoccuparsi della scarsità, avevano fede nella provvidenza del loro ambiente desertico e nella loro capacità di sfruttarlo”. E’ la soluzione: desiderate poco, affidatevi alla Provvidenza. Al resto pensa l’Europa.
Col reddito universale, solo sbocco possibile della spossessione generalizzata dal lockdown. Ma di questo, iun altro articolo:
Le Revenu Universel, seule issue logique à la dépossession généralisée
FONTE: https://www.maurizioblondet.it/44301-2/
ECONOMIA
Covid, piano Crisanti: 40 milioni di euro per 300mila tamponi al giorno
Il “piano tamponi” di Crisanti: 300mila test al giorno (per 40 milioni di spesa). Venti laboratori, uno per Regione, più venti unità mobili per raggiungere i focolai che spuntano sui vari territori. Il tutto con un investimento iniziale di 40 milioni di euro. Andrea Crisanti, virologo dell’Università di Padova e fautore del “modello Veneto”, ha presentato al ministero della Salute un piano per il potenziamento del numero dei tamponi in Italia: l’obiettivo è di quadruplicare il numero dei test, arrivando dai 75-90mila di oggi fino a 300mila al giorno.
Crisanti spiega come è nato questo progetto in un’intervista al Corriere del Veneto. “Tutto è nato da un colloquio informale con il ministro D’Incà e il sottosegretario Sileri, che mi hanno chiesto cosa fare per affrontare la nuova ondata di contagi. Ho dato il mio contributo di idee e loro mi hanno sollecitato a mettere tutto nero su bianco. La base è passare dai 70/75mila tamponi al giorno in Italia, con punte sporadiche di 90mila, a 300mila. E’ indispensabile soprattutto in questa fase intermedia tra i casi legati ai rientri dalle vacanze e la vigilia della riapertura delle scuole. Dobbiamo prevenire, per limitare nuove chiusure e quarantene”, afferma il direttore della Microbiologia di Padova spiegando di aver messo a punto un “Piano nazionale di sorveglianza” dell’infezione da coronavirus, un progetto da quattro giorni al vaglio del ministero della Salute e del Comitato tecnico scientifico.
Coronavirus, cosa prevede il “piano tamponi” di Andrea Crisanti – –Quadruplicare i tamponi significa aprire nuovi laboratori. “E infatti il mio piano prevede di attivare venti nuovi laboratori in ogni regione, in grado di arrivare a processare 10mila tamponi al giorno e coordinati dal governo – osserva -. Saranno supplementari alle Microbiologie già presenti e gestiti dalle Regioni, che non si vogliono esautorare ma aiutare. Parliamo di strutture fisse e mobili, cioè tir attrezzati per andare a fare i tamponi e ad analizzarli subito in aree remote o in difficoltà”.
Perché l’organizzazione dei tamponi sia efficace “è necessario che la strategia e la sua applicazione siano adottate in maniera omogenea in tutta Italia. Adesso ogni Regione va per conto proprio, generando un caos figlio di decisioni anche sbagliate, che incidono sulla salute di tutti”, argomenta Crisanti. Il piano, si sottolinea, prevede una spesa iniziale di 40 milioni di euro, più 1,5 milioni al giorno per la gestione.“
FONTE: http://www.imolaoggi.it/2020/08/31/covid-piano-crisanti-40-milioni-di-euro-per-300mila-tamponi-al-giorno/
Le 6 bombe ad orologeria nelle mani del Governo Conte, prossime settimane cruciali
31 Agosto 2020
Dal MES al piano spese italiano del Recovery Fund, dalla NADEF alla manovra, il tutto condito dal decreto Semplificazioni e decreto Agosto (per non parlare del referendum): ecco le 6 bombe ad orologeria nelle mani del Governo Conte.
Sono sei le bombe ad orologeria (le più potenti, perché è chiaro che siamo un vasto campo minato) nelle mani del Governo Conte che promettono caos e guai a partire dal mese di settembre, così cruciale a livello politico ma soprattutto in materia di finanza pubblica.
Non solo il referendum sul taglio dei parlamentari: parliamo del futuro dell’economia italiana, dalla pianificazione delle spese prioritarie con i soldi del Recovery Fund alla realizzazione della NADEF, di assai difficile gestione considerato lo stato del bilancio statale anche prima degli effetti della pandemia da COVID-19. Aggiungiamoci l’incognita del MES e il passaggio in Parlamento del decreto Agosto e decreto Semplificazioni, e il (possibile) caos è servito.
Settimane di fuoco per il Governo Conte
Si preannunciano settimane di fuoco quelle in arrivo per il Governo Conte (e i risultati del venturo referendum sono solo uno dei tanti motivi per cui, forse, ne vedremo delle «belle»). Una commistione di scadenze, tra iter parlamentari già previsti e gestione delle finanze statali, preannuncia il rischio di disordini e confusione in Parlamento e non solo. L’auspicio, ça va sans dire, è che tutto proceda liscio come l’olio e nel rispetto delle numerose e improrogabili scadenze.
In agenda (ed entro il 20 ottobre), il Governo Conte deve:
- pianificare la gestione del budget dal Recovery Fund;
- decidere se procedere con il MES;
- redigere la NADEF;
- far approvare il decreto Semplificazioni;
- far approvare il decreto Agosto;
- lavorare sulla manovra autunnale.
#1 Il Recovery Fund
Il Parlamento deve redigere una lista di priorità che definisca come (e dove) spendere i soldi provenienti dal Recovery Fund. Camera e Senato inizieranno a discuterne a partire dal 1° settembre, inaugurando un lungo ciclo di audizioni. A lavoro in maniera congiunta anche la Commissione Bilancio e la Commissione Politiche dell’Unione Europea.
Bruxelles attende il piano italiano entro e non oltre il 15 ottobre, corredato dal Documento programmatico di bilancio che indichi in che modo l’esecutivo ha intenzione di sanare le ferite dell’economia italiana a partire dalla manovra di questo autunno.
Abbiamo un mese e mezzo per arrivare all’obiettivo compatti e sfruttare al meglio questi 209 miliardi di euro. Ce la faranno i nostri eroi?
#2 Il MES
Il Governo procederà con una richiesta di prestito al Meccanismo Europeo di Stabilità? Nulla è stato ancora deciso e tutto è avvolto in un’aurea di mistero, ma una cosa è certa: la necessità di farvi ricorso sarà dettata da cosa uscirà quando l’esecutivo inizierà a lavorare sulla NADEF.
#3 La NADEF
Conte &Co. sono chiamati a presentare la Nota di Aggiornamento del DEF al Senato e alla Camera (NADEF) entro la fine di settembre. A livello di finanza pubblica sarà un momento cruciale per comprendere lo stato dell’economia italiana e quantificare i danni della pandemia. Il documento dovrà contenere anche le stime previsionali aggiornate su debito, PIL e deficit, la base da cui l’esecutivo dovrà partire per pensare alla prossima manovra.
#4 IL Decreto Semplificazioni
Il testo provvisorio del decreto Semplificazioni dovrebbe arrivare in Senato martedì 1° settembre, al più il giorno seguente data la discordia su alcuni punti fondamentali in Commissione. La bozza deve essere convertita in legge entro il 14 settembre (e il tempo scorre).
#5 Il Decreto Agosto
Per l’approvazione del decreto il Senato ha tempo fino al 13 ottobre. Si ricorda che il valore delle misure inserite all’interno del testo è di 300 milioni di euro e che qui convogliano 25 dei 100 miliardi di euro che il Governo Conte ha messo in campo nella lotta contro la crisi economica dettata dal COVID-19.
#6 La Manovra
La scadenza per la manovra d’autunno è fissata al 20 ottobre e gran parte del suo contenuto dipenderà dalle previsioni su debito e PIL che saranno contenute nella NADEF. Ciò che ne verrà fuori, a sua volta, sarà cruciale per decidere se procedere con il MES, conti alla mano.
Non ci resta che attendere, saranno delle lunghe settimane.
FONTE: https://www.money.it/6-bombe-ad-orologeria-Governo-Conte
Spese pazze, gli sprechi nella PA costano il doppio dell’evasione fiscale
31 Agosto 2020, di Mariangela Tessa
Si parla sempre di evasione fiscale come il vero tallone di Achille del sistema Italia. Se questo è vero, è altrettanto vero che nel rapporto ‘dare-avere’ tra lo Stato e il contribuente italiano, a rimetterci, da un punto di vista strettamente economico, è sicuramente quest’ultimo.
A fare luce sull’argomento ci ha pensato l’Ufficio studi della Cgia di Mestre.
Numeri alla mano, secondo la CGIA, l’evasione fiscale presente in Italia è stimata in circa 110 miliardi di euro all’anno, un importo paurosamente elevato che, comunque, appare decisamente inferiore agli oneri che i cittadini e le imprese subiscono in virtù degli sprechi, degli sperperi e delle inefficienze presenti nella nostra P.A., che ammonterebbero a oltre 200 miliardi all’anno, una dimensione economica quasi doppia rispetto all‘evasione.
Comparando il mancato gettito che la Pubblica amministrazione subisce a causa dell’infedeltà fiscale degli italiani con i costi aggiuntivi che gravano su famiglie e imprese a causa del malfunzioamento dei servizi pubblici.
La Cgia precisa che il raffronto “non ha alcun rigore scientifico” e che “gli effetti economici delle inefficienze pubbliche che gravano in particolar modo sulle imprese sono di fonte diversa, i dati non sono omogenei e gli ambiti in molti casi si sovrappongono“.
Tuttavia, per l’associazione artigiani “nonostante ci sia tanta evasione, una P.A. poco efficiente causa ai privati dei danni economici molto superiori”.
Una conclusione “per nulla scontata, visto che una buona parte dell’opinione pubblica ha una forte sensibilità verso il tema dell’evasione, ritenendo meno allarmanti gli effetti degli sprechi, degli sperperi e delle inefficienze della nostra macchina pubblica”.
“Sgombriamo il campo da qualsiasi equivoco – precisa il coordinatore dell’Ufficio studi, Paolo Zabeo – l’evasione non va mai giustificata e dobbiamo contrastarla ovunque essa si annidi, sia che riguardi i piccoli che i grandi evasori. Se, infatti, portassimo alla luce una buona parte delle risorse sottratte illecitamente all’erario, la nostra P.A. avrebbe più soldi, funzionerebbe meglio e, probabilmente, si creerebbero le condizioni per alleggerire il carico fiscale. Oltre a ciò, è altrettanto indispensabile intervenire per ridurre sensibilmente gli sprechi che gravano sulla spesa dello Stato e per aumentare la produttività del lavoro nel pubblico. L’Italia ne trarrebbe un grande beneficio e, molto probabilmente, l’evasione e la pressione fiscale sarebbero più contenute. In altre parole, con meno evasione e una P.A. più efficiente – sottolinea – potremmo creare le condizioni per rilanciare questo Paese“.
Non mancano settori di eccellenza nella PA
Sarebbe inoltre sbagliato generalizzare, prosegue la Cgia, e non riconoscere anche i livelli di eccellenza che caratterizzano molti settori della nostra P.A., come ad esempio la sanità, l’istruzione, la ricerca e la qualità del servizio effettuato dalle forze dell’ordine.
Tra le principali inefficienze e sprechi dell’amministrazione pubblica, l’Ufficio studi della Cgia elenca, tra gli altri, il costo annuo sostenuto dalle imprese per la gestione dei rapporti con la burocrazia, pari a 57 miliardi di euro (fonte: The European House Ambrosetti); i debiti commerciali ai fornitori per 53 miliardi (fonte: Banca d’Italia); il deficit logistico-infrastrutturale di 40 miliardi all’anno (fonte: Mit); 24 miliardi di spesa pubblica in eccesso che non ci consentono di abbassare la pressione fiscale alla media Ue (fonte:Discussion paper 23 Commissione europea).
FONTE: https://www.wallstreetitalia.com/spese-pazze-gli-sprechi-nella-pa-costano-il-doppio-dellevasione-fiscale/
La vendita di Borsa Italiana sotto i riflettori: sarà la Germania ad impossessarsi della cordata tricolore?
Le novità sulla vendita di Borsa Italiana stanno continuando a far discutere.
L’ipotesi ha assunto tratti sempre più concreti il mese scorso, quando il gruppo LSE ha confermato le trattative per la cessione.
Immediate le speculazioni del mercato che ha iniziato a chiedersi chi potrebbe acquistare il mercato tricolore. Secondo le ultime novità, o meglio indiscrezioni di Milano Finanza anche la Germania potrebbe essere interessata alle operazioni di vendita della Borsa Italiana, già finita nel mirino di Euronext e di CDP.
Vendita Borsa Italiana, novità: Germania sull’attenti
Berlino ha messo gli occhi su Piazza Affari. A dirlo le ultime indiscrezioni di MF che ha citato fonti dell’esecutivo secondo cui anche la Germania sarebbe interessata ad entrare nella cordata per l’acquisto di Borsa Italiana, già formata da Euronext e Cassa Depositi e Prestiti.
A quanto pare la locomotiva d’Europa avrebbe già manifestato il proprio interesse sul mercato tricolore anche se, hanno continuato le indiscrezioni citate, il suo ingresso nel gruppo dei papabili acquirenti potrebbe non concretizzarsi mai.
Il motivo? Da ricercare nelle già imponenti dimensioni di Deutsche Börse.
Le ultime novità sulla vendita di Borsa Italiana hanno messo in luce tutto l’interesse venutosi a creare nei confronti di un mercato che in 13 anni (dalla presa di potere del LSE nel 2007 a oggi) ha raddoppiato il proprio valore da 1,6 miliardi a oltre 3 miliardi di euro (3,3 mld per BofA e 4,3 mld per Credit Suisse).
La partita al momento, appare ancora lontana dal chiudersi. Qualsiasi novità o ulteriore manifestazione di interesse su Piazza Affari continuerà ad essere monitorata con costante attenzione.
La domanda però rimane: la vendita di Borsa Italiana verrà finalizzata al di fuori dei confini nazionali?
FONTE: https://www.money.it/vendita-Borsa-Italiana-novita-interesse-Germania
Alla fiera dell’est, per due soldi…
Per il Vice Ministro Di Stefano, “il nostro settore fieristico è un’eccellenza italiana e uno tra i più sviluppati in Europa e nel mondo”. Davvero?
Leggete bene queste importanti premesse. “Le fiere contribuiscono al benessere del nostro Paese”. Queste stesse fiere “ permettono l’incontro di domanda e offerta di moltissimi prodotti che necessitano di una vetrina internazionale per potersi presentare alle imprese e al consumatore finale”.
Qualche dato macro: le fiere coinvolgono “circa 200.000 espositori e 20 milioni di visitatori, generando affari per 80 miliardi di euro e attraverso di esse si origina il 50% delle esportazioni delle imprese che vi partecipano”. Le parole virgolettate sono tratte dalla dichiarazione del sottosegretario agli Esteri, Manlio Di Stefano, con delega alla Internazionalizzazione, che si è impegnato per riconoscere al sistema-fiere almeno una parte di quanto richiesto dai Presidenti di Lombardia, Veneto ed Emilia.
1€ investito nelle fiere genera 2€ di indotto diretto e 8€ di indotto indiretto; per questo le città che hanno un quartiere fieristico se lo tengono ben stretto in modo da alimentare hotel, ristoranti, negozi, tassisti , noleggiatori, allestitori, hostess e service di tutti i tipi.
Il Covid ha desertificato questo settore eccellente e sicuro radendo al suolo il 70% del fatturato fieristico (fino ad oggi salvo). Tale disastro è il frutto della cancellazione di 220 manifestazioni in calendario fino ad agosto e non è detto che anche quelle di settembre siano costrette a non alzare in alcun modo la saracinesca.
Aggiungiamoci poi anche i 51 mila posti di lavoro a rischio e otteniamo il quadro completo “del settore che il Sottosegretario dichiara essere “una eccellenza italiana e uno dei più sviluppati in Europa”. Su quest’ultimo aspetto si potrebbe aprire una fondata discussione. Sul primo dei due, diciamo almeno che per un lungo tratto di strada l’eccellenza è stata reale e in taluni casi perdura. Ma il Covid ha la memoria corta e adesso si tratta di contare seriamente i danni.
Solo il settore legato agli allestimenti fieristici (architetti, designer, falegnami, elettricisti, tecnici, fabbri, scultori, decoratori, grafici, stampatori, montatori, magazzinieri, trasportatori) ha già perso nel 2020 ( stima FederlegnoArredo) ll’80% del fatturato di un settore che impiega 120mila addetti e vale oltre 2 miliardi di euro di fatturato.
Cos’ in tutto il mondo i governi hanno messo in sicurezza le loro fiere con provvedimenti ad hoc: è successo in Danimarca e Svizzera ,per restare in Europa. La Cina ha mantenuto il proprio Salone dell’auto con un sostegno generoso ai propri espositori e gli organizzatori possono posticipare il pagamento dei canoni di locazione (Shenzhen, Pechino) e soprattutto posso accedere a specifiche linee di credito (Shanghai).
Le fiere italiane soffrono la concorrenza dei Paesi dove da sempre si investe pesantemente nel settore, a partire proprio dalla Repubblica federale tedesca.
La Germania punta da sempre sugli eventi fieristici con enormi investimenti sia per le infrastrutture, riconoscendone il valore di leva per tutta l’economia. Nel 2019 la Germania ha completato investimenti per 850 milioni di euro per rinnovare i propri quartieri fieristici.
La Fiera di Francoforte investirà 550 milioni nei prossimi 10 anni; quella di Dusseldorf 630 milioni entro il 2030.
Per avere un’idea della diversità di atteggiamento in Italia basta ricordare che , attraverso il Piano di promozione straordinaria del made in Italy, il ministero per lo Sviluppo economico nel biennio 2016-2017 ha investito nel sistema fieristico 76 milioni di euro e confermato per il 2018 uno stanziamento di 33,5.
Il Covid ha indotto il Governo ad adottare nel DL Agosto una serie di misure specifiche ( art. 91) che hanno fatto gridare al miracolo il sottosegretario con delega Manlio Di Stefano. Infatti l’articolo citato prevede la costituzione di un fondo di rotazione per la concessione di finanziamenti a tasso agevolato ( a condizioni di mercato) per 300 milioni di euro a cui si aggiunge un cofinanziamento a fondo perduto per complessivi 63 miliardi.
A conti fatti, il sistema fieristico italiano dovrebbe rialzarsi contando su 365 milioni di euro da dividersi tra tutti gli enti fieristici italiani, da Pordenone a Cagliari. L’operazione “rotelle” in classe, secondo le stime elaborate da Codacons, da sola vale 100 milioni in più dell’intera disponibilità messa in campo a beneficio delle fiere ( nell’impossibilità di avere i dati ufficiali dal Commissario Arcuri, assumiamo come credibile la stima complessiva di 450 milioni per l’acquisto di 1,5 milioni di banchi innovativi che non riguarderà in alcun modo la maggior parte dei 7 milioni e 600 mila alunni della scuola italiana.
L’idea di salvalguardare una dichiarata eccellenza italiana ( il sistema fieristico) , baluardo e sicurezza della nostra economia, con una dotazione complessiva inferiore di 100 milioni rispetto a quanto messo in campo per le seggiole con rotelle fa ipotizzare che in molte classi si darà vita a campionati di autoscontri mentre molte fiere saranno costrette anch’esse a sbattere contro l’impossibilità di proseguire la loro funzione.
FONTE: https://www.infosec.news/2020/08/31/news/affari-e-finanza/alla-fiera-dellest-per-due-soldi/
IMMIGRAZIONI
La colonizzazione inversa della Francia
- “Amiamo solo ciò che ci odia, tutto ciò che ci distrugge è percepito come qualcosa di formidabile. Si vuole distruggere la verità, la storia. (…) Noi non insegniamo più la storia della Francia e non diciamo più ciò che la nostra civiltà ha realizzato. Parliamo solo della nostra civiltà per disprezzarla.” – Michel Onfray, Le Salon Beige, 30 luglio 2020 e YouTube, 17 luglio 2020.
- “La Francia sta subendo una colonizzazione inversa. Le popolazioni provenienti principalmente da Paesi precedentemente colonizzati dalla Francia si sono stabilite in Francia senza alcuna intenzione di integrarsi. La maggior parte di loro vive in quartieri dove le leggi dell’Islam ora regnano e dove gli imam diffondono l’odio verso la Francia. (…) E in un gesto di sottomissione, le autorità francesi affermano che l’odio non proviene da chi uccide, ma da chi vuole reagire e dice che bisogna porre fine alle aggressioni e agli omicidi. È un atteggiamento suicida.” – Éric Zemmour, YouTube, 22 novembre 2016.
Il 4 luglio, in una stradina di Lot-et-Garonne, nella parte sudoccidentale della Francia, una giovane gendarme, Mélanie Lemée, 25 anni, ha cercato di fermare Yassine E., un conducente di un’auto che andava a velocità eccessiva. L’uomo ha accelerato e l’ha intenzionalmente travolta. La giovane donna è morta sul colpo. Nella foto: Agenti della Gendarmerie portano a spalla la bara di Mélanie Lemée, al suo funerale a Merignac, nei pressi di Bordeaux, il 9 luglio 2020. (Foto di Philippe Lopez/AFP via Getty Images) |
Lione, la terza città più grande della Francia, 20 luglio, alle 3 del mattino. Un quartiere borghese. Una giovane donna cammina con il suo cane in una strada tranquilla. Un’auto arriva ad alta velocità e travolge il cane. Il conducente dell’autovettura si ferma, fa marcia indietro e travolge anche la giovane. L’uomo prosegue la folle corsa e trascina il suo cadavere per più di 800 metri. Le persone svegliate dal rumore annotano il numero di targa. Gli agenti di polizia accorsi sul posto sono inorriditi. Il corpo della giovane donna è stato smembrato. Una gamba è stata ritrovata su un lato della strada; il resto del corpo era a brandelli. Un braccio era vicino al corpo del cane. L’altro teneva ancora il guinzaglio dell’animale. Si chiamava Axelle Dorier. Era un’infermiera e aveva solo 23 anni.
Il Dipartimento di Giustizia francese ha chiesto alla polizia di non divulgare il nome dell’assassino. Un poliziotto anonimo lo ha comunque rivelato su un sito di social network. Il nome del killer è Youssef T. Guidava in stato di ebbrezza, senza patente. Il pubblico ministero lo ha accusato di “omicidio colposo”. È in prigione in attesa di processo. Rischia una pena massima di dieci anni. Gli abitanti di Lione volevano organizzare una marcia pacifica per rendere omaggio alla giovane infermiera. Hanno chiesto al governo di essere inflessibile nei confronti della criminalità. I parenti della giovane donna hanno disapprovato la marcia, affermando che “non nutrono odio” nei confronti dell’assassino.
Questo non è l’unico atto di barbarie perpetrato in Francia nel mese di luglio. Il 4 luglio, in una stradina di Lot-et-Garonne, nella parte sudoccidentale della Francia, una giovane gendarme, Mélanie Lemée, 25 anni, ha cercato di fermare Yassine E., un conducente di un’auto che andava a velocità eccessiva. L’uomo ha accelerato e l’ha intenzionalmente travolta. La giovane donna è morta sul colpo. Gli altri gendarmi accorsi sul posto hanno rintracciato rapidamente il conducente dell’auto. Un poliziotto ha fornito il suo nome a un giornalista: si chiama Yassine E. Anche lui guidava in stato di ebbrezza, senza patente. I familiari di Mélanie Lemée hanno acconsentito a una marcia pacifica, affermando però di “non nutrire odio” nei confronti dell’assassino. Hanno anche aggiunto di aver avuto compassione di lui, perché “la sua vita è distrutta”.
Un terzo atto barbarico è avvenuto il 5 luglio a Bayonne, una cittadina dei Paesi Baschi francesi. Un autista di un bus, Philippe Monguillot, 59 anni, si è rifiutato di consentire a due giovani di salire a bordo senza biglietto e senza mascherina. I due hanno iniziato a colpirlo con violenza, costringendolo a scendere dall’autobus. Altri due giovani si sono uniti agli aggressori e hanno cominciato a picchiarlo. L’uomo è stato lasciato coperto di sangue e agonizzante sul marciapiede. In ospedale, gli è stata diagnosticata la morte cerebrale. I familiari hanno detto che il suo viso era completamente distrutto. Due giorni dopo, l’uomo è morto. I quattro aggressori sono stati identificati e si trovano in prigione. I giornalisti conoscevano i loro nomi, ma hanno deciso di non pubblicarli. Agenti di polizia li hanno comunque resi noti. Si tratta di Mohamed C., Mohammed A., Moussa B. e Selim Z. È stata organizzata una marcia pacifica. La moglie di Philippe Monguillot ha affermato che la sua vita è distrutta e dubita che i tribunali faranno il loro lavoro.
Episodi di violenza altrettanto orribili, e sempre più numerosi, si verificano quotidianamente in Francia da anni. I perpetratori sono in genere giovani poco più che adolescenti o ventenni. Sono tutti immigrati dal mondo musulmano. Non sono islamisti e non hanno motivazioni politiche o religiose. Di solito, non mostrano segni di pentimento.
Vengono descritti dagli psichiatri che li esaminano come “individui che esercitano atti di violenza gratuita“: una violenza il cui unico scopo è quello di godere nell’infliggerla. Sembrano non avere alcun rispetto per la vita umana o per le leggi.
Maurice Berger, uno psichiatra incaricato di trattare giovani con questi problemi, ha di recente pubblicato un libro, Sur la violence gratuite en France (Sulla violenza gratuita in Francia). “La violenza gratuita”, scrive Berger, ora può scoppiare sempre, ovunque e può colpire chiunque. “In Francia,” egli osserva, “si registra un episodio di violenza gratuita ogni 44 secondi. (…) Ogni cittadino potrebbe doverla affrontare. Per non compromettere le possibilità di sopravvivenza, occorre sottomettersi, abbassare gli occhi, accettare l’umiliazione”.
A volte, come nel caso di Axelle Dorier, sottomettersi non è possibile: la giovane donna non aveva avuto alcun contatto con il suo assassino fino al momento in cui lui l’ha travolta con l’auto. Talvolta, se si è, ad esempio, un conducente di autobus o se si fa parte della polizia, questo tipo di professione non consente alcun tipo di sottomissione.
Ma i familiari delle vittime possono sottomettersi e spesso lo fanno, per poi essere sommersi da messaggi di congratulazione da parte delle autorità politiche e dei media. Alcuni giorni dopo l’attacco terroristico al Teatro Bataclan di Parigi, nel 2015, Antoine Leiris, marito di una donna orribilmente torturata e uccisa all’interno della sala concerti, ha postato su Facebook una lettera aperta ai terroristi, in cui l’uomo affermava di aver compreso le loro motivazioni e di non odiarli. Leiris ha aggiunto che non era arrabbiato e che doveva continuare a vivere la propria vita. La lettera è stata immediatamente condivisa da centinaia di migliaia di persone sui social media. Una casa editrice ha chiesto all’uomo di trasformare la missiva in un libro poi pubblicato col titolo Non avrete il mio odio, che è diventato subito un best-seller.
Le autorità giudiziarie abbassano lo sguardo e si sottomettono: è quello che fanno. Chiedere alla polizia e ai media di non rendere noti i nomi degli assassini è un tentativo di nascondere la verità e impedire all’opinione pubblica di sapere esattamente chi in Francia perpetra quegli atti. Nascondere il nome mostra un desiderio di rabbonire quei criminali: quando un assassino ha un nome, quel nome viene immediatamente sbattuto in prima pagina. Nascondere l’identità mostra di aver paura delle comunità a cui appartengono gli assassini e dei sentimenti di rabbia nel resto della popolazione francese.
Le autorità politiche si comportano allo stesso modo. Sanno che i voti dei musulmani contano più che mai. Commentando le uccisioni di Axelle Dorier, Mélanie Lemée e di Philippe Monguillot, il presidente Emmanuel Macron ha parlato di atti di “inciviltà” e ha definito “deplorevoli” questi episodi di violenza, per poi rapidamente passare a un altro argomento. Il neo-ministro della Giustizia, Eric Dupond-Moretti, un avvocato, ha risposto a un giornalista che gli aveva chiesto cosa ne pensasse di chi invitava il governo a essere inflessibile nei confronti della criminalità dicendo che “la giustizia deve essere garante della pace sociale”. Il suo compito più importante in questo momento, egli ha aggiunto, è quello di garantire il rimpatrio in Francia dei jihadisti francesi imprigionati in Siria e in Iraq, “perché sono cittadini francesi ed è dovere della Francia assicurarsi che evitino la pena di morte”.
Soltanto Marine Le Pen, leader del Rassemblement National , è sembrata più ferma:
“Quale livello di barbarie dobbiamo raggiungere perché il popolo francese dica basta a questa crescente ferocia nella nostra società? Quanti poliziotti, gendarmi, conducenti di autobus, giovani donne e ragazzi massacrati ci vogliono?”
I media mainstream l’hanno immediatamente accusata di gettare benzina sul fuoco e di essere un’estremista irresponsabile.
“La Francia sta subendo una colonizzazione inversa” ,” ha commentato in televisione il giornalista Éric Zemmour.
“Le popolazioni provenienti principalmente da Paesi precedentemente colonizzati dalla Francia si sono stabilite in Francia senza alcuna intenzione di integrarsi. La maggior parte di loro vive in quartieri dove le leggi dell’Islam ora regnano e dove gli imam diffondono l’odio verso la Francia. I governi che si sono susseguiti hanno permesso a questi quartieri di crescere nella convinzione che l’odio contro la Francia e i francesi non sarebbe uscito da questi quartieri.
“L’odio per la Francia e per i francesi è venuto fuori e ha preso forma di rivolte e di terrorismo. Ora assume la forma di aggressioni e di omicidi: un’espressione generalizzata di odio verso la Francia e i francesi. E in un gesto di sottomissione, le autorità francesi affermano che l’odio non proviene da chi uccide, ma da chi vuole reagire e dice che bisogna porre fine alle aggressioni e agli omicidi. È un atteggiamento suicida.”
“La Francia è in una fase di coma e di morte avanzata”, ha detto in un’intervista lo scrittore e filosofo Michel Onfray. Il segno principale, egli ha affermato è stata la scomparsa del Cristianesimo, su cui si fondano i valori e l’etica che da secoli hanno pervaso il Paese. Onfray ha osservato che le chiese sono vuote, le cattedrali vengono bruciate e che è in atto la profanazione dei luoghi di culto cristiani, e si moltiplica di fronte all’indifferenza generale. “Il Cristianesimo sta svanendo rapidamente”, egli ha aggiunto. “Siamo in una civiltà esaurita. Amiamo solo ciò che ci odia, tutto ciò che ci distrugge è percepito come qualcosa di formidabile. Si vuole distruggere la verità, la storia”. Il filosofo ha rilevato la radice della distruzione: “Noi non insegniamo più la storia della Francia e non diciamo più ciò che la nostra civiltà ha realizzato. Parliamo solo della nostra civiltà per disprezzarla”.
Onfray ha arguito di non credere in un risveglio, ma di essere determinato a lottare sino alla fine: “Occorre resistere, opporsi”.
Negli ultimi anni, è aumentato il numero degli atti anti-ebraici perpetrati in Francia. Decine di migliaia di ebrei hanno lasciato il Paese, un’ondata migratoria che sta gradualmente svuotando la Francia della sua popolazione ebraica. Molti ebrei che ancora risiedono nel Paese hanno abbandonato le città e i quartieri in cui vivevano e si sono trasferiti in zone temporaneamente più sicure. Nelle no-go zones, i cristiani francesi vengono considerati infedeli dagli imam e sono anche facili prede di giovani uomini pervasi da sentimenti di odio per la Francia e per i francesi, giovani che non sono certamente dissuasi dall’atteggiamento sottomesso delle autorità.
Il 30 maggio scorso, a Parigi, si è tenuta una manifestazione di solidarietà a favore degli immigrati irregolari, provenienti principalmente dall’Africa del Nord e subsahariana. Sebbene la marcia fosse stata vietata dal governo, alla polizia è stato ordinato di non intervenire. Anche se tutti i manifestanti violavano la legge, ne sono stati fermati solo 92 – e poi rapidamente rilasciati. Due settimane dopo, sempre a Parigi, si è svolta un’altra manifestazione a sostegno della famiglia di Adama Traoré, un giovane di origine africana morto nel 2016 durante il suo movimentato arresto. Anche quella manifestazione è stata vietata dal governo e alla polizia è stato ordinato di non intervenire. “Morte alla Francia”, gridavano i manifestanti e, a volte, “Sporchi ebrei“. Ma né il governo né i media mainstream sono rimasti sconcertati. I giovani francesi appartenenti alla Génération Identitaire (Generazione identitaria), un movimento per la difesa della Francia e della civiltà occidentale, sono saliti su un tetto e hanno sventolato uno striscione con la scritta “Giustizia per le vittime del razzismo anti-bianco”. Un uomo si è arrampicato sul tetto dell’edificio con l’evidente intento di sollevare lo striscione. Durante le interviste trasmesse dalle emittenti televisive è stato descritto per giorni come un eroe della “lotta al fascismo”. Nel frattempo, i giovani francesi che mostravano lo striscione sono stati arrestati e accusati di “incitamento all’odio”.
Dal 16 al 18 giugno, a Digione (una città di 156 mila abitanti), capoluogo della Borgogna, la lotta tra bande ha visto contrapporsi una banda di trafficanti di droga ceceni e una di trafficanti arabi. Sono state utilizzate armi di tipo militare – questo accade in un Paese senza diritto costituzionale di portare armi. Il governo ha chiesto ancora una volta alla polizia di non intervenire. Il conflitto è stato alla fine risolto in una moschea, sotto la supervisione degli imam. La polizia ha chiesto agli abitanti di Digione di non uscire di casa e di fare molta attenzione sino alla fine di questa guerra tra bande. Sono stati effettuati alcuni arresti, ma solo dopo la fine degli scontri.
Il 26 luglio scorso, è stata organizzata una cerimonia a Saint-Étienne-du-Rouvray, un piccolo villaggio della Normandia dove, quattro anni fa, l’86enne don Jacques Hamel venne assassinato da due giovani islamisti mentre stava celebrando la Messa. Quest’anno, il ministro dell’Interno Gerard Darmanin ha pronunciato un discorso di condanna della “barbarie islamica”. “Uccidere un prete in chiesa”, egli ha affermato, “è tentare di assassinare una parte dell’anima nazionale”. Darmanin non ha però detto che al momento dell’omicidio la chiesa era semivuota, con solo quattro anziani fedeli che hanno assistito impotenti all’omicidio. Tuttavia, il ministro ha aggiunto di essere soddisfatto che i francesi non si siano arresi alla rabbia, scegliendo piuttosto la “pace”.
Guy Millière, insegna all’Università di Parigi ed è autore di 27 libri sulla Francia e l’Europa.
FONTE: https://it.gatestoneinstitute.org/16427/colonizzazione-inversa-francia
La nuova Carola Rackete
30 AGOSTO 2020 – NICOLA PORRO
00:00 Il governo lavora con la Francia per i tamponi in entrata e in uscita.
01:30 Dopo Burioni e Lo Palco, arriva Crisanti…
02:08 Nessuno dice che ieri c’è stato un solo morto per Covid.
03:25 Conte non parla più e Repubblica lo bacchetta.
04:37 Michele Serra affronta con onestà intellettuale la questione Briatore.
06:22 Sulla scuola le regioni vogliono il rinvio e il Fatto Quotidiano se la prende con i presidi.
08:29 Travaglio contro Prodi che vota No al referendum. Mentre De Magistris riesce a rovinare anche il fronte del No.
09:58 Riforma del fisco, l’aliquota alla tedesca te non può funzionare.
10:45 La follia degli incentivi alle auto.
12:30 Riparte la movida delle Ong scrive Belpietro sulla Verità. E adesso abbiamo pure la nuova Carola Rackete.
FONTE: https://www.nicolaporro.it/zuppa-di-porro/la-nuova-carola-rackete/
LA LINGUA SALVATA
Demiurgo
de-miùr-go
SIGNIFICATO Nell’antica Grecia, lavoratore libero, ma anche magistrato; nella filosofia platonica, artefice dell’universo, nelle dottrine gnostiche, ordinatore del mondo; persona con eccezionali capacità creative che influisce profondamente sulla sua realtà
ETIMOLOGIA voce dotta recuperata dal latini demiurgus, prestito dal greco demiurgós comunemente ‘artigiano’, composto di démios ‘popolare, pubblico’ (derivato di dêmos ‘popolo’), ed érgon ‘lavoro’.
Parola interessante come poche, e che permette anche usi gagliardi fuori dagli ambiti specifici in cui è nata — in cui peraltro altezza divina e cittadina normalità si intrecciano.
Qualcuno avrà idea (richiamando i ricordi della filosofia studiata a scuola o di qualche libro di De Crescenzo) che il Demiurgo nella sua veste più celebre compaia nella filosofia di Platone. Nel dialogo Timeo, Platone introduce una figura mitica e soprannaturale che collega il nostro mondo e il mondo delle idee, cioè la dimensione sovraceleste delle forme pure ideali ed eterne che nel nostro mondo trovano manifestazione parziale e imperfetta. Si tratta giusto del Demiurgo, letteralmente l’artigiano, che misteriosamente impiega le forme delle idee per dare corpo alla nostra realtà.
Questo personaggio semidivino resterà celeberrimo. Anzi, verrà variamente ripreso dalle dottrine gnostiche dei primi secoli dopo Cristo e dai neoplatonici, sempre come mezza divinità e divinità di mezzo — non creatrice ma artefice che impiega materie increate, ordinatrice.
Infatti nella lingua comune questo termine ha preso a descrivere persone che, per straordinarie doti creative che manifestano una cifra unica, sono capaci di trasformare la propria realtà — col volano dell’arte, della politica, della tecnica. Siamo davanti a una superiorità che spicca ma non trascende, che plasma la realtà senza umanamente poterla rifondare. Così possiamo parlare dell’inventore demiurgo che ha proiettato il futuro con la luce delle proprie intuizioni, della politica che è riuscita a improntare un nuovo sviluppo e una nuova vocazione per il suo territorio come un demiurgo, del gruppo ristretto di artisti che si sono fatti demiurghi di un’epoca.
Il dato divertente è che questa parola viaggia su grandi altezze di registro e di significato, ma il demiurgo era in origine proprio l’artigiano, anzi letteralmente il lavoratore pubblico, il lavoratore del popolo. Non uno scalzacani, beninteso: era libero, non servo, e aveva un suo ruolo non da nulla nella cittadinanza. Poteva anche essere il nome di un genere di magistrato presente in varie parti della Grecia in vari periodi, ma in questo caso non siamo davanti a una figura unitaria.
Insomma, c’è una poesia incisiva nell’idea di un riflesso fra un ceto medio umano e una medietà sovrumana, che da sotto e da sopra foggiano la realtà. Se non ci fosse, in ventiquattro secoli sarebbe sbiadita, e invece il tempo che dirocca i castelli le ha aggiunto forza.
Parola pubblicata il 13 Luglio 2020
FONTE: https://unaparolaalgiorno.it/significato/demiurgo
PANORAMA INTERNAZIONALE
BOB KENNEDY a BERLINO: «USANO LA PAURA COME I NAZISTI». VIDEO
Marco Tosatti
Carissimi Stilumcuriali ieri a Berlino (e analoghe a Londra e Zurigo) si sono svolte manifestazioni contro l’uso politico e dittatoriale che molti governi stanno facendo della crisi del Coronavirus; qualcosa di cui abbiamo esperienza diretta in Italia, dove il Governo, le televisioni controllate dalla sinistra e i giornali asserviti a interessi economici e politici da mesi portano avanti un’agenda simile.
A Berlino uno degli oratori è stato Robert Kennedy, nipote di John Fitzgerald Kennedy. Qui trovate il video, con sottotitoli in italiano, e alcune fotografie, screenshot del video e fotografie prese di quella che secondo la polizia tedesca era una manifestazione di 18.000 (diciottomila persone). Ora, in cinquant’anni di questo mestiere ho partecipato a una quantità di manifestazioni, e se quelli erano solo 18.000 Mattarella è il miglior presidente della Repubblica, Jorge Mario Bergoglio il miglior papa della storia, e io sono Marilyn Monroe. Buon ascolto.
Libia, la pace, il petrolio e il ruolo di Turchia, Russia, Egitto e Usa
Che cosa cambia dopo la pace il cessate il fuoco annunciato in Libia da Serraj e Saleh. Fatti, commenti, analisi e scenari
Fayez al-Serraj, capo del governo di Tripoli, e Agila Saleh, presidente del Parlamento di Tobruk nella Libia orientale, hanno annunciato ieri un cessate il fuoco in Libia. L’annuncio arriva dopo alcune settimane di negoziati favoriti dalle Nazioni Unite e dagli Stati Uniti. L’intesa preparerà la strada per nuove elezioni a marzo. Ma il vero accordo, scrive La Stampa, è tra Russia e Turchia. Di certo c’è che alla base dell’intesa c’è il dossier energetico (qui l’approfondimento di Start Magazine).
Pace vera o pace fittizia? E che cosa cambia per l’Italia? A questi interrogativi rispondono esperti di Libia ed editorialisti di politica estera.
L’ANALISI DI NEGRI
“La prudenza è d’obbligo ma per una volta dalla Libia arriva una buona notizia – ha scritto Alberto Negri, già inviato speciale di esteri del quotidiano Il Sole 24 Ore – l’annuncio parallelo sia da Tripoli che dalla Cirenaica di un cessate il fuoco non è ancora un accordo ma può diventarlo. Si tratta comunque di un formidabile passo avanti per far tacere le armi e avviare negoziati politici e diplomatici. A decidere sono i libici, in particolare il generale Khalifa Haftar ma anche le potenze internazionali coinvolte che hanno alimentato questa guerra dove la posta in gioco sono le risorse energetiche libiche ma anche i rapporti di potenza nel Mediterraneo”.
CHE COSA CAMBIA PER L’ITALIA
Quale sarà l’impatto per il nostro Paese? “Per l’Italia – secondo Negri – un cessate il fuoco è positivo: contiene le mire di Erdogan in Libia, che si è impossessato della Tripolitania, spiana la strada nuove intese nel Mediterraneo, rimette in attività economica il Paese e forse può consentire anche altri accordi per contenere i flussi migratori e rimettere ordine sulla Quarta Sponda. La nostra diplomazia a Tripoli ha lavorato per questo con grande sforzo e attenzione, avendo alle spalle dei governi che spesso negli anni si sono distinti per iniziative controverse o per l’assenza di iniziativa e un’opinione pubblica poco incline a riflettere sugli interessi nazionali e la politica estera”.
GLI SCENARI DI MERCURI
Reggerà pace? “Questa pace potrebbe diventare sostanziale e duratura. Molto dipenderà dal ruolo degli attori esterni, in modo particolare della Turchia che sostiene al Serraj, dell’Egitto e degli “Emirati Arabi Uniti che finanziano e armano il generale Kalifa Haftar – ha risposto Michela Mercuri, autrice di saggi sulla Libia e docente di Storia Contemporanea dei Paesi mediterranei – Molto dipenderà da quanto vorranno impegnarsi per una stabilizzazione. Stabilizzazione che sicuramente conviene a tutti perché è legata alla ripresa, o meglio alla promessa della ripresa della produzione del greggio da parte del generale Haftar. Petrolio che potrebbe fare da apri pista ad una pace condizionata dalla suddivisione delle royalty fra Cirenaica e Tripolitania. Potrebbe rappresentare l’inizio di un percorso di riconciliazione delle fazioni libiche”.
IL PESO DI RUSSIA, TURCHIA ED EGITTO
Russi, turchi ed egiziani hanno interesse ad avere una Libia quanto più pacificata possibile, secondo Mercuri, “per riprendere la produzione petrolifera, ampliare la presenza di basi e dei rispettivi contingenti militari e per quanto riguarda la Turchia, gestire i flussi migratori per ricattare l’Italia e l’Europa”.
IL RUOLO DEGLI STATI UNITI
Che ruolo hanno avuto gli Usa? “Dietro le quinte gli Stati Uniti sono stati i protagonisti ed insieme la longa manus degli accordi di pace fra Saleh e al Serraj. Washington ha lasciato fare alla Turchia perché è un paese Nato che ospita basi militari strategiche per gli Usa ed ha sfruttato anche l’intesa con gli Emirati Arabi Uniti sfociata nel recente accordo con Israele per convincere Haftar a rientrare nei ranghi e ad accettare l’intesa”, ha concluso Mercuri.
FONTE: https://www.startmag.it/mondo/libia-la-pace-il-petrolio-e-il-ruolo-di-turchia-russia-egitto-e-usa/
SCIENZE TECNOLOGIE
Amazon ti spierà anche fuori casa: dopo “Alexa” arriva “Halo”
Il nuovo “servizio” consisterebbe nell’interpretare il nostro grado di felicità attraverso il monitoraggio della nostra voce e l’analisi del relativo tono
I medici possono cambiare mestiere. Amici e parenti, che abitualmente si preoccupano per la nostra salute e il nostro umore, possono dedicarsi ad altro.
La corsa incontrollata all’intelligenza artificiale arriva ad occuparsi della positività e dell’energia di ciascuno di noi, magari utilizzando sistemi che acquisiscono la nostra voce e ne elaborano non solo le espressioni verbali ma anche il tono.
Non ci si sentisse già sufficientemente tracciati e controllati, arriva un nuovo dispositivo “wearable” (ovvero “indossabile”) che riscontra le nostre condizioni fisiche e psichiche e che ininterrottamente sa come stiamo e come ce la passiamo. Il “gadget” in questione immagazzina dati strettamente personali che spesso sono lo specchio della fragilità di ciascuno e che rientrano anche nella sfera delle informazioni inconfessabili o comunque rivelabili solo ad una estremamente ristretta cerchia di persone sentimentalmente vicine o professionalmente incaricate di prevenire o curare malesseri presenti o ancora allo stato embrionale.
L’ultimo aggeggio infernale si chiama “Halo” e potremmo considerarlo il fratello più giovane di Alexa, la famosa assistente vocale che nelle nostre mura domestiche ascolta e registra gli “ordini” che le vengono impartiti e anche semplicemente le chiacchiere a portata di… orecchio.
La missione di “Halo” sarebbe quella di conoscere il nostro grado di felicità, quantificabile attraverso un’opera di monitoraggio della nostra voce e di analisi del relativo tono. L’obiettivo è fornire ai suoi utilizzatori un resoconto (“feedback” direbbero gli anglofoni) del campionamento dei discorsi fatti durante l’intera giornata o nel limite orario stabilito dall’interessato (che può attivarlo anche per frazioni massime di 30 minuti).
L’utente, magari mogio o semplicemente con una voce un pochino sfigata, finisce in pasto a sofisticati algoritmi di intelligenza artificiale che gli diranno che qualcosa non va (come se lui stesso non se ne fosse accorto o non se ne potesse render conto autonomamente) e indirizzeranno pensieri e comportamento verso la felicità o quanto meno una maggiore positività.
“Halo”, infatti, dispone della particolare funzionalità “Tone” che – secondo quel che dice Amazon – sarebbe in grado di misurare contentezza e soddisfazione della persona assistita dai suoi riscontri.
Fortunatamente Halo per il momento è disponibile solo per la clientela americana e – così come accade per certe pandemie – c’è da augurarsi che la popolazione non sciupi questo vantaggio in termini di tempo per capire di cosa si tratta e per conoscerne le possibili controindicazioni.
Purtroppo certi strabilianti arnesi hi-tech riescono ad incantare il mercato e a sollecitare il desiderio di possederli.
La propria indipendenza passa in un attimo in secondo piano, come già è successo con chi si ammanettato da solo portando al polso “smartwatch” che li legano invisibilmente al produttore del dispositivo e a quelli delle “app” che durante la giornata – come un vampiro sul collo della vittima – succhiano informazioni vitali per recapitarle a chi le saprà sfruttare commercialmente o per chissà quale altro scopo.
Amazon Halo sventola ogni sorta di buon proposito e sbatte sotto il naso dei diffidenti il voler favorire l’incremento di salute e benessere di chi se ne serve. Poco importa se ci “abbraccia” notte e giorno monitorando attività e sonno, poco importa se riesce a “radiografare” la nostra architettura corporea, poco importa se “classifica” ogni abitudine e comportamento, poco importa se non sappiamo che fine faranno quei dati.
Dopo aver buffamente commentato “1984” di Orwell, siamo contenti di essere al guinzaglio. Anzi, il guinzaglio lo abbiamo comprato direttamente noi.
Se siamo ancora in tempo per ridurre la nostra emorragia di dati personali, cerchiamo di non accelerare il dissanguamento e – soprattutto – non aspettiamo che qualcuno ci porga un laccio emostatico che per queste cose non esiste.
FONTE: https://www.infosec.news/2020/08/30/news/ai-robotica/amazon-ti-spiera-anche-fuori-casa-dopo-alexa-arriva-halo/
Londra: per ogni 3 morti di Covid, altri 2 uccisi dal lockdown
Covid: per ogni tre morti a causa del virus, il lockdown potrebbe averne causato altri due, per via del panico generale che avrebbe mandato in tilt la macchina dei soccorsi e la possibilità di assistere adeguatamente gli altri malati. Lo afferma uno studio governativo britannico, presentato già a luglio dal Sage (Scientific Advisory Group for Emergencies) ma diffuso soltanto ad agosto inoltrato. Per ogni tre decessi causati dal coronavirus – riassume Tom Rayner, giornalista di “Sky News” – ce ne sono stati altri due causati dall’impatto del blocco. Secondo gli analisti del governo inglese, «il blocco nazionale potrebbe aver causato indirettamente 16.000 morti in eccesso in due mesi». Nel dossier si spiega così l’iniziale riluttanza di Boris Johnson di fronte alla scelta del blocco totale, modello Cina: a Londra, già temevano che il lockdown non avrebbe solo aggravato il bilancio economico, ma anche quello sanitario. «I risultati – scrive Rayner – forniscono una possibile spiegazione per la recente affermazione del primo ministro, secondo cui un altro blocco nazionale completo sarebbe considerato solo come una “opzione nucleare”».
Le stime, eseguite dall’Ons (Office for National Statistics) insieme agli analisti di diversi dipartimenti governativi, suggeriscono che la Gran Bretagna abbia pagato un prezzo eccessivo, di fronte alla crisi epidemica che l’Oms ha classificatocome pandemica. Tra marzo e maggio il Regno Unito ha contato 38.500 morti, in vario modo collegati alla diffusione del Covid-19. «Tuttavia, il rapporto conclude che il 41% di questi decessi è stato il risultato della mancata assistenza medica, piuttosto che del virus stesso», scrive sempre Rayner. Tra questi, poi, ci sono quei 16.000 decessi in più, che secondo gli studiosi inglesi sarebbero da imputare proprio al lockdown: almeno 6.000 vittime sarebbero il risultato di una «significativa riduzione delle presenze di pronto soccorso e dei ricoveri di emergenza». Si afferma: «Alcune di queste sono esigenze insoddisfatte, probabilmente a causa della riluttanza dei pazienti a cercare cure mediche o altre modifiche ai protocolli».
Il rapporto – continua “Sky News” – sostiene che le altre 10.000 morti in eccesso probabilmente si sono verificate in strutture come le case di cura, a causa di pazienti dimessi dagli ospedali o che non volevano essere trasferiti in ospedale. Ma il dramma non è finito, secondo il dossier governativo inglese: «Sebbene i calcoli abbiano rilevato che 2.500 vite potrebbero essere state salvate da persone che hanno adottato stili di vita più sani durante il blocco, il modello suggerisce che potrebbero esserci ulteriori 26.000 morti in eccesso entro marzo 2021 a causa delle restrizioni in corso alle cure mediche». Complessivamente, conclude Rayner, l’analisi stima che nei prossimi anni «ci potrebbero essere un totale di 81.500 decessi in eccesso, non correlati al coronavirus», a causa di tempi di attesa più lunghi per cure non urgenti. La proiezione, che prolunga il suo sguardo sui prossimi decenni, segnala anche «un aumento della privazione, derivante da una profonda recessione». Tradotto: meno cure e meno assistenza sanitaria, a causa della crisi economica scatenata proprio dal lockdown.
FONTE: https://www.libreidee.org/2020/08/londra-per-ogni-3-morti-di-covid-altri-2-uccisi-dal-lockdown/
STORIA
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