RASSEGNA STAMPA DETTI E SCRITTI
4 DICEMBRE 2021
A cura di Manlio Lo Presti
Esergo
Un amico non cade in disgrazia: o ha tradito o viene tradito.
DINO BASILI, Amici amici, Mondadori, 1989, pag. 48
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SOMMARIO
EL PAMPERO A CIPRO, IL CARDINALE ELETTRICISTA, LA POTENTE “COMUNITÀ” E LA NATO
Squadristi della postverità
La vera natura del terrorismo occidentale e i suoi costi
La distopia siamo noi
Metaverso: la Matrix che verrà?
UNA NUOVA MALATTIA: LA NEVROSI VACCINALE
Bollette? Cartelle esattoriali? No, è “emergenza chiappa”
Carraro: troppi italiani pronti a obbedire al totalitarismo
Un trionfo triste
All’armi, il nemico è alle porte
Taiwan: base degli Stati Uniti contro la Cina dal 1945
“LE COSTITUZIONI”: LA SANTA SEDE (VIDEO)
NOI SIAMO “IL CASO MORISI”
“SOMMINISTRAZIONE DELL’INFORMAZIONE”: REGIA DI MARIO MONTI?
La molestia alla cronista indigna. Ma nessuno parla del Minculpop di Monti
“Siamo persone, non algoritmi”
Covid e clima, Galloni: chi inventa le emergenze, e perché
L’operazione KKR e Giovanni Verga
Immigrazione clandestina, i numeri di un disastro: ecco perché Lamorgese deve dimettersi
La sottrazione dei dati dal dispositivo aziendale in uso al dipendente
Il “Vertice delle democrazie”, l’ennesimo tentativo dell’Impero USA di dettare le sue regole al mondo
Le Olimpiadi cinesi “prive di morale”
Il Richelieu del Vaticano
La recente ondata di autoritarismo sul covid in Europa ha stabilito un precedente pericoloso
PD: L’ORGIA DEL POTERE
La sinistra politica strumento del potere globalista?
Obbligo vaccinale e lockdown per colpire l’opposizione. Il modello Austria
L’ecosistema della bicicletta vale 9 miliardi di euro
2020: Odissea nello spaccio (di dati)
EDITORIALE
EL PAMPERO A CIPRO, IL CARDINALE ELETTRICISTA, LA POTENTE “COMUNITÀ” E LA NATO
Un ben noto capo di uno stato a base confessionale (che nella sua costituzione non è evidenziata) ha deciso di andare a Cipro. Perché lo fa? Ufficialmente, per parlare di migranti e di crisi umanitarie (la ben nota potentissima e tentacolare Comunità lo controlla stretto e lo sollecita sempre in tal senso). Il luogo da visitare è geopoliticamente delicato. L’isola è divisa da decenni. Ha subito una vera invasione forzata di etnie turche. È più vicina alla Turchia che alla Grecia. Come Malta, rappresenta un punto strategico per il controllo del Mediterraneo dove si muovono migliaia di miliardi di euro, oltre a numerose navi commerciali e militari di varie nazioni. Dato non trascurabile, Cipro è la sede di una rete bancaria molto complessa dove si scambiano centinaia di miliardi di euro al giorno di varia provenienza, con la fortissima presenza dei due più importanti gruppi bancari italiani. La funzione di riciclaggio era in precedenza concentrata in Libano che da tempo sta tentando di riprendersi tale operatività.
Nell’isola convivono con difficoltà le comunità greca e turca, con religioni diverse, con livelli di redditi molto diversi, con sistemi di trasporti diversi, eserciti diversi. Cosa va a fare quindi El Pampero nell’isola? Forse ha avuto l’ordine di saggiare la pazienza del sultano? La Turchia è un gigante di circa ottantacinque milioni di persone (Banca mondiale 2020), è dotata di un apparato militare continuamente rimodernato e molto pericoloso, è di religione islamica benché il processo di laicizzazione sia abbastanza avviato. Gestisce immensi campi profughi da vari anni e in gran parte al confine con la Siria. L’invasione migratoria è un’arma che il Sultano può utilizzare lanciando in Europa milioni di umani, assieme alla Bielorussia e a vari Paesi balcanici. Sempre la Turchia tiene d’occhio Cipro che potrebbe annettere per gestire i traffici mediterranei direttamente e minacciare Israele, sia pure tenendo conto della pericolosa risposta militare greca in grande stile.
Occultando abilmente le importanti e delicate questioni sopra accennate che riguardano la stabilità dei Paesi che si affacciano sul Mediterraneo, cosa fa la stampa buonista neomaccartista italiana? Fa sapere ai quattro venti che il Pontifex Argentinensis porterà nel nostro Paese-pattumiera ben trenta bambini migranti. Andando oltre il solito motivo umanitario condivisibile, ecc., concretamente, chi pagherà il costo giornaliero e mensile di questi nuovi arrivi? Dove saranno allocati? Saranno assegnati alla ben nota potentissima e tentacolare Comunità che riceverà i contributi dallo stato italiano per ciascuno di essi per oltre mille euro al mese? Il vizio di fare i generosi con le risorse altrui (a Roma si dice molto più volgarmente e frontalmente in un altro modo) è un evento già visto. Mi riferisco alla “dimenticata” vicenda del cardinale elettricista che a maggio del 2019, fece il generoso facendo riallacciare l’utenza elettrica ad un palazzo occupato illegalmente da Action nel 2013 che si trova in via Santa Croce in Gerusalemme a Roma. Ricordo che lo stabile non è di proprietà del Vaticano! Gli oltre quattrocento abitanti abusivi erano morosi di oltre trecentomila euro di arretrati in bolletta. La compagnia energetica non ha fatto una piega, primo per motivi politici buonistici e politici (il suo ad è di nomina politica) e secondo perché ha riversato il debito inevaso sui cosiddetti “Oneri di sistema” pagati forzosamente dagli utenti puntuali nei pagamenti.
Cosa si fa per sostenere l’immigrazionismo, a spese degli altri, ovviamente! Seguace della scuola del ridetto “elettricista” il propagandista e generoso immigrazionista a spese altrui Pontifex Argentinensis si reca in un luogo piuttosto complicato in verità, ma non prioritario. La scelta denota le linee geopolitiche e monetarie e commerciali di questo sudamericano che non-ha-ancora-visitato-il-suo-Paese-chissà-perché, mentre tutti i suoi predecessori non italiani lo hanno fatto non appena arrivati al soglio pontificio. Le linee di questo pontificato sono ben chiare e abilmente gestite dall’unico papa al mondo che non abita le stanze previste per la sua dignità di sovrano. Egli alberga in Santa Marta, un luogo più controllabile ventiquattro ore su ventiquattro circondato da decine di pretoriani superaddestrati dal Pentagono e reclutati fra le forze speciali argentine! Forse deve difendersi dalla affettuosa invadenza di troppi amici che ha accumulato nel suo cammino pastorale nel controverso e poco limpido ruolo di primate di Argentina?
Gli oscuri prelati della potentissima Segreteria di Stato, abilmente informati dai Servizi vaticani, operanti in un certo palazzo di Via Merulana in Roma, hanno curato da mesi in ogni dettaglio questo incontro in cooperazione con i Servizi greci e turchi, sotto l’occhiuto controllo della Nato, del Mossad e della Nsa. Tutte queste dramatis personæ sono coscienti di essere sotto il mirino di numerosi attentissimi osservatori israeliani, iraniani, siriani, russi e cinesi. La visita a questa isola, attualmente nel mirino del Sultano che avrebbe l’intenzione di annetterla rapidamente, come vorrebbe fare (a parole) la Cina con Taiwan, è una ulteriore conferma di una linea strategica vaticana incentrata sull’immigrazionismo che porta soldi, tanti soldi e sulla sua presenza attiva e diretta nei punti nodali dove si intermediano giornalmente migliaia di miliardi di euro!
Certamente, il Pontifex Argentinensis, assieme ai suoi Servizi segreti e in strettissima cooperazione con la Nato, avrà fatto le sue ponderazioni valutando i pro e i contro del suo ruolo di emissario della Nato stessa che ha da tempo preso il sopravvento sugli Stati Uniti. Una prevaricazione lucidamente prevista dal generale Eisenhower quando, profeticamente, nel 1961, metteva in guardia la democrazia americana dalla dilagante ingerenza del Complesso Militare Industriale impersonato da settecento generali allocati nelle industrie belliche nordamericane. Non fu ascoltato.
Con i soldi degli altri, assieme al cardinale elettricista il “generoso” Pampero, si muove esclusivamente su linee commerciali e monetarie ponendo in ombra i temi della dignità del lavoro in una Europa con circa centoottanta milioni di disoccupati ed espulsi dalla robotica, dello Stato sociale, della redistribuzione della ricchezza, della evangelizzazione senza fare nulla di concreto per fermare l’emorragia di cattolici a livello mondiale, del collasso africano con probabile migrazione nel vecchio continente di oltre duecento milioni di migranti soprattutto dalla Nigeria e dal Maghreb! Primo bersaglio l’Italia.
Costui, teleguidato militarmente dalla ben nota “Comunità” e dalla Nato, farebbe bene a rivedere radicalmente la sua strategia di eliminazione progressiva dei caratteri del cristianesimo. Il suo sincretismo commerciale, monetario, ossessivamente immigrazionista non avrà successo, e forse egli lo sa benissimo, ma deve obbedire per non rendere inutili le precauzioni di Santa Marta.
Sono i soldi, bellezza!
FONTE: https://www.opinione.it/esteri/2021/12/03/manlio-lo-presti_el-pampero-cipro-cardinale-elettricista-nato-turchia-grecia-malta-mediterraneo-libano-banca-mondiale/
IN EVIDENZA
Squadristi della postverità
Di Guido Cappelli – 4 12 2021
L’ultimo episodio, che coinvolge proprio questa testata, è marca della casa del rotocalco-spazzatura Fanpage, che si è preso la briga di infiltrare una “giornalista”, tal Gaia Martignetti, nella redazione del blog di opposizione “Come don Chisciotte”, per cercare di dimostrare una loro presunta mancanza di deontologia professionale e, di passata, screditare le piazze del dissenso. Una vera è propria aggressione gratuita, una finta inchiesta mirante a “denunciare” non chissà quale reato o infrazione deontologica, ma una presunta superficialità nel trattamento delle fonti, superficialità che ovviamente non è riuscita a dimostrare, in quanto le bufale che avevano preparato come trappola per la redazione del giornale non sono state pubblicate, il giornale non è cascato nel tentativo maligno di discredito e ne è uscito più credibile di prima. La cosa surreale, infatti, che qualifica il degrado della professione e fa di chi si presta a simili indecenze un collaborazionista dalla dubbia dignità è che, come c’era da attendersi, dopo cotanto esercizio di giornalismo d’inchiesta (risate), i nostri novelli Kapuściński si guardano bene dal dire che tutto è finito in una bolla di sapone (sia pur tossica) in quanto la testata aggredita non ha abboccato alle bufale rifilatele ad arte. Parturiunt montes ridiculum mus. Ma non sia mai che la realtà rovini una bella manipolazione!
Vi ricordate il “metodo-Boffo” – il discredito di un giornalista “fastidioso” attraverso particolari insignificanti che messi in fila distruggono una reputazione? Bei tempi, quando l’uso dei media come arma di distruzione personale era solo ai primi passi… L’operazione si è evoluta, la formula è diventata tanto vile quanto abusata: il solito video con la solita musichetta di sottofondo, il solito taglia e cuci di immagini e dichiarazioni estemporanee, il solito maldestro tentativo di mettere alla berlina singoli, ignari cittadini, in un dispiego degno di 007, ma – piccolo dettaglio insignificante – non per mettere a nudo le magagne di grandi imprese, che so, la Pfizer, o opachi centri di potere, per esempio il Cts, ma una redazione di volontari che si sfiancano ogni giorno per offrire un’informazione degna di questo nome. Squadrismo senza olio di ricino (per ora). Brava Gaia, è così che si fa carriera in questo mondo in cui trionfano gli arrivisti e i furboni: bisogna esseri bravi a gestire varie cappe di peli sullo stomaco per riuscire a partorire un topolino così osceno.
Capitò anche a me di imbattermi in uno di questi gentiluomini, un signore che assomigliava più a un ultra da stadio che a un professionista dell’informazione: costui, alla fine di una mia lezione pubblica, si ostinava a volermi far dire che Draghi era un “burattino”, quando io lo avevo definito, in allusione all’oligarchia di cui fa parte, un “proconsole”: solo un piccolo specimen della brutalità banalizzante di questa gente, posto che tra burattino e proconsole corre tutta la differenza che c’è tra una vuota banalità insultante e una critica politica: ma al reporter d’assalto questo non interessava e (vedere il video per credere) mi trovai costretto a liberarmi da lui che mi incalzava quasi fisicamente. È diventata la regola: dietro la foglia di fico del “giornalismo d’inchiesta” si agitano torme di spregiudicati peones rabbiosamente precarizzati, contractors che imboccano questa sorta di scorciatoia furbesca che al duro, rigoroso, paziente lavoro di verifica delle fonti e ricerca della verità sostituisce la violenza becera dello sprezzo gratuito, dell’accusa di comodo, della squalifica prefabbricata.
Fanpage è un monumento alla disinformazione, lo zimbello degli adolescenti, lo sanno tutti: lo fa con la furia del converso, con lo zelo del maggiordomo che vuole distinguersi agli occhi del padrone – dove il padrone non è altro che la finanza che a braccetto con bigtech si è impossessata dell’agenda pubblica e la determina permanentemente, senza scrupoli, creando una realtà virtuale fatta di finti scoop puerili, battaglie civili farlocche, e una buona dose di ansia indotta ad arte.
Ma il problema dello squadrismo giornalistico è ben più ampio e inquietante. Negli ultimi decenni, a misura che avanzava il progetto di nuovo ordine mondiale e la dissidenza veniva progressivamente e programmaticamente demonizzata, si è assistito a una concentrazione delle fonti d’informazione inaudita, all’invasione della finanza e delle big tech nel campo dell’editoria giornalistica (e anche scientifica, con giganti come i quasi monopolisti di Elzevier, che stanno alterando persino la comunicazione scientifica). Nulla più è in salvo nel campo dell’informazione postmoderna: la parola, questo strumento che distingue l’umano, è sequestrata dagli stessi che stanno sequestrando le risorse, la terra, l’acqua.
Legioni di autoproclamati debunker si sono affacciate sulla scena dell’informazione, finendo di minarla in modo probabilmente irreversibile. Siti spessissimo di proprietà dei vari Bill e Jeff, cioè di quel mondo distopico criticato e denunciato dalle vittime dei trattamenti-Boffo. Come nel giochino informatico demenziale di virus-antivirus, prima creano la disinformazione, poi fondano o finanziano i siti che attaccano chi la denuncia. Lo fanno spargendo fango, confondendo artatamente la critica con l’ingiuria, la ridicolizzazione, la caricatura. Il metodo, per chi sia formato nella retorica e nella comunicazione, è tanto rozzo quanto violento: in soldoni, si prende un’informazione o un’opinione scomoda, e la si sottopone al trattamento squadristico isolandone magari un dettaglio inesatto, una postilla errata, un’imprecisione, per affogare nel fango la vittima – cioè la verità e chi la diffonde. In genere, le prove di cotanto esercizio di smascheramento si risolvono in un link che rimanda a… un altro link della stessa testata, in un grottesco gioco circolare in cui il presunto debunker si dà ragione da solo. Il tutto ammantato di un tono fra il finto sdegno e la denuncia sarcastica. Sembra, invero, che questa galassia di mastini del potere sia accomunata dalla predilezione per il grottesco, la caricatura, la deformazione sistematica, in un gioco sporchissimo che non arretra neanche davanti alla pura disinformazione. Causa e conseguenza al tempo stesso di quella alterazione cognitiva, quella “crisi del senso” che ha reso possibile la maggiore aggressione ai diritti e all’idea stessa di cittadinanza che è in atto con l’aiuto inestimabile di queste centrali di propaganda dalle tattiche quasi militari.
Roba che con l’informazione non ha più nulla a che fare, e che va intesa e compresa come un pezzo centrale della propaganda sistemica dei poteri globalisti che hanno dichiarato guerra al mondo occidentale e ai suoi valori. Nel tempo delle vacche tutte grigie, nel postmoderno della postverità, dell’indistinzione tra vero e falso, tra assurdo e plausibile, in uno spazio pubblico in cui, come dimostrano gli ultimi due anni, si può dire tutto e il contrario di tutto, in questa palude dell’intelligenza e del buon senso, sguazzano i teppisti della disinformazione, i gradassi della minaccia trasversale, i piccoli kapò pronti ad azzannare anche non richiesti, solo per far cosa gradita al potente di turno, al pensiero unico, alla moda dominante. Proprio come fanno Fanpage e i tanti altri rotocalchi-spazzatura che hanno devastato la libera informazione. Conviene prestargli la dovuta attenzione, è una questione di vita o di morte. Dell’intelligenza.
Di Guido Cappelli, docente di Letteratura italiana, Università degli Studi di Napoli L’Orientale
FONTE: https://comedonchisciotte.org/squadristi-della-postverita/
La vera natura del terrorismo occidentale e i suoi costi
Le potenze occidentali ritenevano di avere ottime ragioni basate sull’autoprotezione nell’effettuare molteplici interventi militari in Medio Oriente, Asia centro-meridionale e Nord Africa. Le pretese avanzate per tali interventi, i tentativi di mascherare le vere motivazioni parlavano in termini entusiastici di salvare le popolazioni da dittatori, ottenerne i diritti umani, concedergli la libertà e la democrazia. Ma quale fu la realtà dietro la campagna di pubbliche relazioni?
Ogni nazione attaccata subì massicce perdite di vite. La storia sulla sofferenza umana provocata non verrà mai raccontata. Pochi occidentali sono interessati a ritrarre tali effetti, eseguiti com’erano a beneficio solo delle élite politiche occidentali che li ordinano. Mentre morte, distruzione e sofferenza furono immense, non c’erano segni di tregua da parte loro. I migranti indigenti tentano sempre più di giungere il ricco occidente che promette una vita migliore. Gli Stati Uniti continuano a esercitare un’enorme pressione su tutte le nazioni affinché non aiutino laddove causano tanta sofferenza ma fallendo nelle loro operazioni di cambio di regime in Siria e Venezuela. L’ondata di sofferenze continua a travolgere il mondo e chi perpetra tale sofferenza continua ad affermare quanto avessero diritto di farlo e quanto sia necessario continuare tali azioni per proteggere il mondo occidentale. Naturalmente, continuano a esprimere preoccupazioni nel portare le fiaccole della libertà e della democrazia a tutti. Ma quanti credono alle loro parole melliflue a questo punto o ai loro metodi brutalmente violenti per raggiungere i loro scopi?
Lanciare una bomba a mano in qualsiasi situazione raramente porta a una soluzione favorevole della questione. Le élite occidentali nella loro frenetica disperazione di riconquistare l’aura di forza e invulnerabilità dopo l’11 settembre, bombardarono le nazioni che consideravano una minaccia. Il conseguente caos di morte, distruzione e odio crescente (non calante) verso il mondo occidentale fu il risultato molto prevedibile insieme all’immensa sofferenza di milioni di civili le cui vite furono devastate. Le economie furono devastate, intere regioni frammentate e, in ogni caso, vita e cultura di nazioni consolidate furono frantumate per non riprendersi mai completamente.
Dal conseguente caos dell’intervento, interferenza ed invasioni occidentali, tutti contro nazioni sovrane che non avevano mosso un dito contro alcuna nazione occidentale giunsero povertà e odio per l’Occidente che diedero origine allo SIIL. Ancora una volta, come fecero nella storia, gli Stati Uniti crearono sempre più problemi ad altri affermando di fornire soluzioni. Alle élite statunitensi potrebbero benissimo essere sembrare soluzioni mentre altri soffrivano e morivano e le loro economie furono devastate. La storia del coinvolgimento coi vicini meridionali è ben nota. I motivi in gioco riguardavano SEMPRE i propri interessi, MAI quelli delle popolazioni contro cui organizzano omicidi, colpi di stato e sanzioni.
Tale modello di creazione del caos di Stati Uniti e alleati è in vigore da secoli e continuerà senza impedimenti fin quando qualche influenza esterna non vi metterà fine. Alcun discorso sulle bugie che raccontano o i massacri che hanno causato gli fa effetto. Il loro interesse vince su tutto il resto, il loro desiderio narcisistico e travolgente di preservare se stessi, i loro privilegi e il diritto di dominare tutti e di minacciarli di sottomissione vince su tutto. Alcuna nazione non subordinata agli USA ed alleati è al sicuro dal loro desiderio di sovvertirli e occuparli. Un pianeta carcerario de facto in cui non c’è aspetto della vita o cultura che non sia supervisionato e autorizzato dagli Stati Uniti è l’obiettivo finale delle élite statunitensi e lo rimarrà fin quando gli obiettivi decisi dopo l’11 settembre non saranno realizzati.
Chi non capisce perché c’è completa mancanza di diplomazia sulla minaccia sempre crescente della guerra e in effetti guerra nucleare deve capire ciò. I protocolli attuati dopo l’11 settembre non consentono alcuna riduzione della pressione su qualsiasi entità non completamente subordinata al comando occidentale. Alcuna inversione di marcia è possibile. Alcuna modifica degli obiettivi decisi è possibile. Non possono essere messe in discussione, violate o alterate in alcun modo sostanziale. Sono decisi in modo inalterabile coll’obiettivo del tutto indiscusso della necessità della sicurezza al 100% per gli Stati Uniti in perpetuo. Quindi la continua sofferenza di un numero enorme di persone non può essere evitata mentre l’ossessione per la sicurezza degli Stati Uniti rimane in vigore, obiettivo irraggiungibile se non un pianeta prigione virtuale, tale consenso dell’élite occidentale per mantenere i propri dominio patrizio e controllo egemonico con un dominio economico e militare va del tutto rigidamente mantenuto utilizzando tutti i mezzi necessari concepiti dall’occidente e ad ogni costo.
Traduzione di Alessandro Lattanzio
FONTE: http://aurorasito.altervista.org/?p=21139
La distopia siamo noi
La vita al tempo della dittatura sanitaria
Cari lettori,
mentre le maglie del regime si stringono sempre più e ciascuno di noi sente soffiare intorno a sè il vento della rassegnazione e dell’isolamento, noi di Comedonchisciotte proviamo a fare rete attraverso due iniziative parallele.
La prima è quella della raccolta delle vostre storie, delle vostre esperienze di vita vissuta nel tragico Tramonto dell’Occidente che stiamo attraversando. Vorremmo che tutto questo patrimonio non andasse perso come lacrime nella pioggia. Se ciò che facciamo ha un senso, vorremmo costruire, col vostro contributo, un archivio della follia, coltivando l’auspicio che possa essere ad imperitura memoria, che un giorno non saranno Loro a scrivere i libri di Storia. Invitiamo quindi i lettori ad inviarci (anche, chiaramente, in forma riservata o anonima) le proprie storie, i propri amari, paradossali, grotteschi racconti di vita al tempo del Covidismo e della Nuova Normalità. Inviate i vostri contributi all’indirizzo ladistopiasiamonoi@yandex.com. Pubblicheremo periodicamente i più significativi in uno spazio apposito.
La seconda iniziativa è quella dell’apertura di un nuovo canale Telegram attraverso il quale, oltre a diffondere contenuti originali, ci piacerebbe interagire con i lettori tramite dirette radiofoniche settimanali nelle quali ciascuno potrebbe condividere le sue conoscenze, fornire spunti di discussione, sentirsi meno isolato nella notte della Repubblica. Nella civiltà dell’immagine, vogliamo puntare sul potere della parola: non sarà un video-monologo, ma un radio-dialogo. Non a caso il nome del canale è “Come Don Chisciotte – Le parole sono pietre” (t.me/cdcleparolesonopietre). Oltre agli ospiti che inviteremo di volta in volta, vorremmo coinvolgere tutti coloro che sentono di avere qualcosa da dire: c’è un ricchissimo serbatoio di conoscenze che merita di essere condiviso con il prossimo.
Un abbraccio a tutti
W la Libertà e W la Vita!
FONTE: https://comedonchisciotte.org/la-distopia-siamo-noi/
UNA NUOVA MALATTIA: LA NEVROSI VACCINALE
Esiste un nuovo virus o una variante del virus conosciuto o un effetto del virus. È giallo come la paura e atterrisce come lo spavento. Paralizza, storce la mente, fa vedere soltanto incubi, atrocità, pene, morte. Incredibilmente è un virus che sta dentro ciò che dovrebbe uccidere il virus: è, inaudito, il Virus vaccinale. Sì, paradosso fenomenologico, il vaccino che dovrebbe salvare si trasforma in “vaccinovirus”, una simbiosi metamorfica che “medusizza” le persone, le inchioda nello sgomento o, se riescono, le rende fuggitive più di un bombardamento.
È una malattia di nuova fabbricazione, dicevo, semiscoperta, che voglio rivelare compiutamente. Proviene da due anni di sperimentazione durante i quali il cittadino mondiale, quello di un Paese chiamato Italia, in specie, fu martellato di notizie riguardanti Virus, e da tanti nemici di Virus, denominati Vaccini. Una guerra che rintronò la mente del popolo, facendogli percepire che se Virus e Vaccino si fossero combattuti dentro il suo corpo, il corpo del cittadino, sarebbe stata guerra all’ultimo sterminio.
Ne spuntò un risultato clamoroso, molti paventano Vaccino almeno quanto temono Virus! Come avviene quando si eccede nel comando e nel dichiarare il pericolo “devi vaccinarti, devi vaccinarti, devi vaccinarti”, la mente drammatizza la situazione e quanto poteva essere compiuto regolarmente si trasforma in scelta decisiva, vita e morte. L’individuo pensa e ripensa. La vaccinazione diventa un rituale decisivo. E l’imposizione “devi, devi, devi” esaspera, e suscita negazione. Ai primi segni di malesseri e di qualche mortalità, forse anche da vaccino, il danno è compiuto: troppa rilevanza esaspera la tensione. Persone disposte a perdere lavoro e salario ma che non intendono vaccinarsi.
A questo siamo pervenuti per la grancassa sui vaccini. Suggerisci: “vaccinatevi”. Scattano a serpente come se le minacciassi di omicidio/suicidio. Mostrano le notizie degli effetti catastrofici delle vaccinazioni, emorragie, trombosi, cuori spezzati, mutamenti di Virus che cambia passo per sormontare Vaccino, addirittura gridano che è Vaccino a fare da battistrada alle varianti. Se metti un ostacolo Virus si rafforza per scavalcarlo. Gran risultato, sghignazzano.
Sono persone a loro modo informate, sincerissime, angosciatissime. Non estremizzo: talune preferirebbero morire che vaccinarsi. Il terrorismo virale ha contribuito a suscitare il terrore del vaccino. Questo è il punto: esistono delle forme patologiche chiamate fobie, e più complesse forme patologiche dette coazione a ripetere. Le fobie sono manifestazioni di repulsione insopprimibile verso oggetti, persone. Alla vista, al contatto se ne viene oppressi, si fugge, se ne teme l’effetto pernicioso. La coazione a ripetere sta nel non potersi liberare di una esperienza o più esperienze dolorose, le quali vengono ripetute. La mente rappresenta ossessivamente il negativo che ha vissuto, ha una visione tanatologica, luttuosa del reale. Esistono esclusivamente il male, il dolore, la morte.
Si dirà: ma il Vaccino è la soluzione, come mai temerlo! Ingenui. L’ossessione del virus ha sconvolto la mente di moltissimi. Il vaccino dovrebbe suscitare conforto ma avviene il contrario. Vaccino risulta mentalmente associato a Virus. Molti non ne vogliono sapere né di Virus né di Vaccino. L’uno è associato all’altro. Sembra, a costoro, che Vaccino dia campo a Virus, ne abbia gli stessi effetti. Questi processi associativi dominano la nostra mente assai più di quanto crediamo. Le nevrosi ossessive, le superstizioni, la magia, le stesse religioni sono forme di associazione del tutto mentali che “oggettivamente” non hanno fondamento ma soggettivamente ci dominano. Dopo due anni di tragedia virale e commedia vaccinale come non supporre che nella mente di molti si sia creata una forma fobica, una forma ossessiva tra le due entità, Virus e Vaccino, persone che temono entrambi giacché l’uno richiama l’altro! Basta un equivoco, il danno è suscitato (i vaccini immunizzano: falso; non scemano efficacia: falso; hanno varianti; vanno ripetuti; non eliminano i contagi). Il cittadino crede al maleficio di Virus, taluni non credono al beneficio di Vaccino, anzi lo temo sia per gli effetti sia perché associato a Virus.
Il cittadino intimorito vuole essere lasciato in pace. Non intende fare del suo corpo un campo di guerra. È vittima di una nevrosi originale: la nevrosi vaccinale. È come nell’isteria. L’adulta abusata da piccola, se l’innamorato tenta di baciarla, lo schiaffeggia, rammentando, inconsapevole, il bacio malsano ricevuto da bambina. Di questi processi associativi siamo protagonisti quotidianamente. Il Nevrotico Vaccinale deve essere rispettato. Imporgli la vaccinazione con il ricatto del lavoro è da Stato carcerario.
Sussistono situazioni psicologiche insuperabili. Perfino alla vista di un topo taluni perdono il senno. Li mandiamo in galera, li crepiamo di fame? Pazza la società che non sa allargare la propria comprensione al malessere. La società di soli sani, presunti, dagli spartani ai nazisti, toglie la vita che si nutre anche della presenza del malessere, anzi, secondo il comprendente Sigmund Freud, del malessere inevitabile al vivere associato (Il malessere della civiltà). Ci sono sterminate modalità per evitare danni, il solo da non praticare è l’imposizione. Il nevrotico vaccinale vuole ansiosamente proteggersi e proteggere, vuole esasperatamente proteggersi e proteggere.
Una società incivilita non ha a che fare con dei bruti che vogliono mettere a rischio la società. I nevrotici vaccinali, anzi, esigono forme di protezione più sicure. Abbiamo soltanto i vaccini? Nel XXI secolo? E basta? Che squallore! Criticare chi esige maggior difesa! Mondo a testa in giù. Invece di apprezzare chi chiede varie protezioni. Perché, insomma, accontentarsi di un vaccino contro Virus che lascia vivo Virus e non elimina i contagi, farebbe diventare nevrotica anche una mummia del XV secolo. Avanti Cristo.
FONTE: https://www.opinione.it/societa/2021/12/03/antonio-sacc%C3%A0_nevrosi-vaccinale-virus-malattia-terrorismo-male/
ATTUALITÀ SOCIETÀ COSTUME
Bollette? Cartelle esattoriali? No, è “emergenza chiappa”
Ettore Savini – 01 Dicembre 2021
Il governo dei migliori vara una manovra 2022 che, come sempre, non darà alcun sollievo a famiglie e imprese. Malgrado i trionfali annunci di Salvini, Letta nipote e triste compagnia, infatti, tutto andrà come vuole l’Immenso, Mario Draghi: le bollette impazzite resteranno altissime, tranne per pochi, mentre l’intervento sulle cartelle esattoriali della Riscossione, che doveva segnare una svolta epocale per i contribuenti, viene ridotto a un pannello caldo, con le cifre da pagare che resteranno, più o meno, le stesse di prima, con tanto di more e interessi, semplicemente con un mese o due di tempo in più.
La solita vergogna, insomma, così come è scandaloso l’accordo firmato dall’Italia con la Francia di Macron: un’intesa che, di fatto, svende il Bel Paese ai francesi. Tutto questo, ovviamente, nel silenzio generale di giornalini e giornaloni, che, se proprio devono trattare questi argomenti, lo fanno per elogiare il premier e i suoi ministri.
La manovra economica per il 2022, infatti, viene dipinta come la base per una ripresa duratura del sistema Italia, a partire proprio dalle misure stabilite per le cartelle esattoriali, che, per quanto siamo ancora in definizione, vengono già indicate come “un aiuto importante ai contribuenti che hanno pendenze con il Fisco”. Nessuno si sogna di dire che un aiuto vero sarebbe stata la rottamazione promessa, con un saldo e stralcio al 30 per cento (con l’alternativa di una rateizzazione al 50 per cento, a zero interessi), ma non un irrisorio allungamento dei tempi, che suona come una presa in giro per cittadini e imprese.
Bene, in questo quadro tragico per la nostra bistrattata Italia, in mano a banchieri, invasori francesi e finanzieri senza scrupoli, carta stampata e tv hanno scovato, però, il vero problema del Paese, l’emergenza di cui ci parlano ininterrottamente da giorni: la pacca sul sedere a una giornalista, all’uscita dello stadio di Empoli, dopo la partita con la Fiorentina. Greta Beccaglia, questo il nome della professionista violata, stava, infatti, intervistando i tifosi che sfollavano, quando uno di loro le si è avvicinato, affibbiandole una manata sul sedere. Mentre altri le avrebbero rivolto pesanti apprezzamenti.
Un gesto ignobile e vigliacco, nei confronti di una ragazza che stava svolgendo il suo lavoro, che merita un condanna ferma e severa, da parte di tutti. E, come ha ritenuto di fare la Beccaglia, anche una denuncia, che porterà il tifoso (individuato nel giro di dodici ore) in Tribunale. E qui si sarebbe dovuta chiudere la vicenda, che riguarderà, poi, la giornalista, l’aggressore e i giudici. Al contrario, il Paese è stato trascinato dai media in una drammatica “emergenza chiappa”.
Il primo a farne le spese è stato il conduttore della trasmissione per cui lavora la Beccaglia. Il giornalista, infatti, nel trambusto non aveva compreso che la collega era stata palpata, né aveva apprezzato le volgarità uscite dalla bocca di altri tifosi (che, peraltro, in diretta nessuno ha potuto ascoltare) e ha cercato di minimizzare. Fatto per cui il giorno dopo è stato letteralmente linciato sui social e sui media, tanto da essere sospeso dalla conduzione della trasmissione. E l’Ordine dei Giornalisti della Toscana ha già fatto sapere che “saranno valutati provvedimenti a suo carico”.
Quello della Toscana, va sottolineato, è lo stesso Ordine dei Giornalisti a cui appartiene, ad esempio, Andrea Scanzi, che insulta tutti, un giorno sì e l’altro pure, in tv e sui giornali. Eppure, l’Ordine toscano non è mai stato così solerte nel minacciare sanzioni, contro il livoroso e isterico giornalista aretino.
Il tutto, mentre sui giornaloni sono stati imbastiti dibattiti sul degrado culturale e sociale del nostro Paese, testimoniato, appunto, dall’emergenza chiappa. Fino a sabato scorso, quando è avvenuto l’episodio di Empoli, nessuno si era mai accorto di certi atteggiamenti e di certi gesti? La Beccaglia, aggredita in diretta TV, ha potuto denunciare, ma quante sono le donne che, quotidianamente, vengono apostrofate, insultate o toccate per strada? Viene il dubbio che il caso nasca, da un parte, perché ha riguardato una giornalista e, dall’altra, perchè, come il Covid, serve a non far parlare dei veri problemi italiani.
I nostri guai nascono non da una pacca sul sedere, ma da un governo vergognoso, asservito non solo alla Francia, ma a tutti i potentati economici e finanziari mondiali. La manovra 2022 lo dimostra concretamente e dovrebbe preoccupare chiunque ha un po’ di sale in zucca. Ma chi è al governo “per difendere i cittadini” esulta per le misure volute da Draghi. A partire da Salvini. Allora, sì, forse è meglio pensare all’emergenza chiappa.
FONTE: http://www.ilpensieroforte.it/italia/5443-bollette-cartelle-esattoriali-no-%C3%A8-emergenza-chiappa
BELPAESE DA SALVARE
Carraro: troppi italiani pronti a obbedire al totalitarismo
Ci siamo auto-convinti di essere in presenza di una “guerra mondiale” tra le élite e il popolo. Ma siamo proprio sicuri che sia così, oppure è un racconto consolatorio che ci stiamo facendo, nella speranza che i “cattivi” siano veramente una ristretta élite? Siamo sicuri che il popolo sia composto da invidui tutti buoni, intelligenti e volenterosi, e non invece da persone conniventi e complici di quello che sta accadendo? In quanti avrebbero il coraggio di mettersi davanti al carro armato, come il famoso cinese di piazza Tienanmen? Ci sono milioni di persone che non solo subiscono, ma subiscono felici: e votano esattamente coloro che stanno imponendo queste norme liberticide, giorno per giorno. Non giustifico neanche quelli che “non sanno, non hanno capito”. Oggi, la possibilità di approfondire è sterminata: e quindi, l’essere ignoranti è una colpa che non si può perdonare.
Purtroppo, nel nostro paese, milioni di persone sono predisposte al dominio. Già oggi sono prone, pronte a subire l’instaurazione di un regime totalitario. E questo perché, attraverso fenomeni che risalgono anche a trent’anni fa, abbiamo avuto un impoverimento intellettuale, culturale, etico e civico delle masse, del famoso popolo “buono”. Questo fa sì che, in presenza di determinate condizioni, queste masse si trasformino in zelanti esecutrici degli ordini di un regime totalitario. E’ uno schema invariabile, dimostrato nel ‘900 da famosi esperimenti sociologici: nella simulazione della prigione, gli attori chiamati a recitare la parte dei guardiani si immedesimano in quel ruolo fino a superarlo, trasformandosi in carnefici, calandosi – insieme ai prigionieri – in una dimensione di autentico odio reciproco.
E stiamo parlando di persone normalissime: se crei le condizioni giuste e spacchi la società in due categorie, una delle quali è la maggioranza sedicente “buona” e l’altra – minoritaria – è il capro espiatorio da schiacciare, tu produci poi il sadismo, quello del kapò del campo di sterminio nazista. L’aguzzino non nasce kapò in quanto psicopatico: è predisposto a diventarlo, purché attorno a lui si creino le condizioni adatte. Secondo me, in questo momento storico stanno scientificamente, dolosamente creando le condizioni perché un popolo – già deprivato di molte delle sue qualità – sia pronto a fare ben peggio di quanto abbiamo visto finora. Potrebbero arrivare anche a “perimetrare” fisicamente i reninenti, rinchiudendoli in qualche capannone: se davvero volessero arrivare lì, col supporto dei media ci arriverebbero. E a quel punto, la china sarebbe inarrestabile.
(Francesco Carraro, dichiarazioni rilasciate il 25 novembre 2021 nella trasmissione “Politicamente Scorretto”, sul canale YouTube “Facciamo Finta Che”, con Enrica Perucchietti, Gianluca Lamberti e Adriano Fiorelli).
Un trionfo triste
Questo articolo è apparso in versione leggermente ridotta su La Verità di mercoledì 24/11/2021.
Apprendo che in Alto Adige, dove già la primavera scorsa si sperimentava un «Corona pass» in anteprima nazionale, da oggi si applicheranno regole molto più stringenti alle famiglie che scelgono formare i propri figli secondo i principi dell’istruzione «parentale». Cittadino anch’io dell’epoca che giura di non muover dito senza i conforti delle «evidenze» scientifiche, ho cercato nella ragguardevole letteratura sul tema a quali gravi tare culturali, affettive e sociali andrebbero incontro i piccoli homeschooler. Ma non ho trovato nulla del genere, anzi. In compenso ho letto negli stessi giorni una raffica di titoli-fotocopia sulle scuole «clandestine» in cui troverebbero rifugio «soprattutto famiglie no mask» e che starebbero proliferando in tutto il Paese, con in testa l’ex provincia asburgica.
Quanti sono i pargoli così barbaramente «tolti dalla nostra società»? A occhio e croce, meno degli articoli in cui se ne parla. Nella provincia autonoma dove il fenomeno è più diffuso si tratterebbe di 544 (cinquecentoquarantaquattro) bambini: lo 0,7% della popolazione scolastica. Ma la deputata bolzanina e totiana Michaela Biancofiore non ha dubbi: è un «boom» a cui «stiamo assistendo inermi», un proliferare di azioni «che minano la cultura, la coesione sociale, l’ordine pubblico (sic) e la salute». Su che basi lancia queste accuse, quali le fonti, le testimonianze? Non lo dice. L’«involuzione culturale» degli scolari «sottratti alla socializzazione» è «evidente» a lei – e tanto ci basti.
In un’altra era geologica del nostro sentire avremmo apprezzato l’ironia di multare chi definisce «clandestini» le persone che si introducono illegalmente nel nostro Paese e di accettare invece che lo si dica di chi esercita un’attività prevista dalla legge, nel rispetto della legge. Ma oggi sembra tutto normale. Sarebbe legale anche occupare le piazze per manifestare il proprio dissenso, ma da quando lo fanno anche i «no green pass» sono diventate «sempre più tossiche per la nostra democrazia», spiega un senatore orgogliosamente antifascista.
Sviluppi come questi preoccupano, ma non sorprendono. Perché quello tra cittadini e governo sembra ormai essere un gioco scoperto, un bracconaggio normativo che mira a scovare e chiudere ogni spiraglio di fuga per spingere le mandrie nella direzione voluta. Sicché è facile per i braccati indovinare che le nuove restrizioni colpiranno precisamente là dove resiste un rifugio di quiete, un piano B o C, un margine di esistenza possibile tra le ultime pieghe della civiltà anteriore. Sanno che i prossimi strali cadranno ovunque ci sia un margine di vita sulle sponde del fiume, perché le strategie su cui perdono il sonno sono le stesse che tolgono il sonno ai loro castigatori, le loro speranze sono l’assillo di chi li insegue. Contante che ti fa lavorare anche se sei sospeso dallo stipendio? Casa che ti fa sopravvivere anche se non puoi pagare il mutuo? Pensione che ti fa comunque mangiare? Diritto alla riservatezza a cui ti puoi appellare? Sappiamo, sappiamo.
La metafora cara a un medico televisivo si avvera all’estremo, di una caccia ai «sorci» così forsennata da rendere lecita la distruzione di ogni struttura che offra loro un anfratto. Non c’è logica, non c’è dialettica, non c’è tutela, non c’è libertà costituzionalmente o consuetudinariamente ordinata che possa frapporsi. Va demolito ogni scampo e solo una volta ridottisi a vivere tra le macerie, nudi e all’addiaccio, i cacciatori si chiederanno forse se ne sia valsa la pena e se quel deserto non fosse più che un passaggio, la meta di chi ne ha offerto il pretesto.
Come ha osservato non troppo scherzosamente qualcuno, di questi tempi i «complottisti» le azzeccano tutte. Ma è una preveggenza facile, la loro, a cui basta immaginare il finale di una farsa spifferato già dalle prime battute. Dopo quasi ottant’anni di relativa democrazia è difficile digerire oggi l’ipotesi di un governo così accanito verso i propri cittadini, eppure non è raro che accada, è stato ad esempio il caso di molte dominazioni straniere. Il mondo di oggi, i cui tanti governi eseguono a una voce i dettati di pochi padroni sovranazionali, potrebbe integrare il caso particolare di un colonialismo globale senza colonizzatore locale.
O più che particolare, potrebbe anche trattarsi dell’ultima epifania di una norma che serpeggia fin dagli albori della modernità, la cui prima matrice politica non è la Convention nationale, il teatrino rivoluzionario dove destra e sinistra si bisticciavano sui seggi mentre marciavano uniti contro i martiri della Vandea. Quell’antesignano francese delle nostre democrazie non fu invece che la dialettizzazione cosmetica di un progenitore più schietto, del dispotismo illuminato dei philosophes che al popolo può tutt’al più concedere l’inchino del paternalismo volterriano: «tout pour le peuple, rien par le peuple». In tempi di crisi questa contraddizione genetica riemerge come una malattia mai sopita, perché incurabile. Anni fa denunciavo le avvisaglie della sua ricaduta nel diffondersi del concetto di «populismo» che, liquidata ogni parafrasi, storpiava la sovranità scritta nella nostra Carta in un dispregiativo da cui distanziarsi. La retorica delle «riforme» ha dato corpo a questa accezione intendendo l’intervento politico come una necessaria frustrazione del mandato, un farsi vanto delle «scelte impopolari» e del cavare «lacrime e sangue» dalla gente, di costringerla, rieducarla e punirla, avverando in corpore plebis la metafora del virus che attenta alla vita di tutti.
Di questa genitura, ciò a cui stiamo assistendo è l’indiscutibile trionfo almeno in senso quantitativo, per la portata mondiale del metodo «illuminato» e delle sue ambizioni. Mai come oggi, se non forse ai tempi leggendari della torre biblica, si era abbattuta con così ferrea unanimità di intenti l’imposizione della stessa medicina e delle stesse parole a tutti, la soppressione di ogni spazio anche fisico di alterità.
Eppure, per essere un trionfo è ben triste. Dove sono le fanfare e i tripudi di ogni degno regime? Dove suonano le trombe della propaganda, chi magnifica le sorti progressive, proprio ora che bussano all’uscio? Mentre l’armata globale avanza schiacciando ogni ostacolo, si fa più fitto il buio di un crepuscolo paralizzante. Si vive ogni giorno sotto il tallone di qualche nuova minaccia e le uniche vittorie che riusciamo a cantare è che… poteva andar peggio. I territori conquistati non li si guarda nemmeno, contano solo i fazzoletti di terra non ancora aggiogati. Il bicchiere è sempre mezzo vuoto, mancasse solo una goccia, sicché non è mai tempo di festa: più si vince e più si teme il nemico, più lo si schiaccia e più se ne esalta con rabbia il pericolo.
Qualcuno ha evocato i toni lugubri della distopia orwelliana, il cui onnipotente il Partito spendeva ogni sforzo per terrorizzare, sorvegliare e confondere la popolazione, ne reprimeva anche i pensieri e la addestrava ogni giorno a odiare un nemico. È un modello di dominazione in malo, che punta cioè tutto sulla paura dei peggiori e del peggio e che, non potendo offrire alcunché, sa perciò solo togliere o minacciare di togliere. È il modello meritocratico in tutto il suo splendore, quello in cui i meritevoli non guadagnano nulla se non la promessa di non finire (per ora) negli inferi degli immeritevoli, quello i cui «premi» altro non sono che un differimento del castigo. Se quel modello vive oggi nello stile e nelle intenzioni, occorre però chiedersi quanto sia esso sostenibile nella realtà non letteraria e dove possa parare, se a un punto di riposo o rottura. Leggendo gli eventi, appare infatti chiaro che al crescere della violenza crescano di continuo le resistenze, e che queste chiamino di continuo violenza, sicché è difficile credere nell’assestamento più o meno pacifico di un nuovo sistema.
I primi dubbi sulla solidità dell’«ipotesi 1984» risalgono già alla pubblicazione del libro. In una famosa lettera indirizzata al collega più giovane, Aldous Huxley riconosceva sì nel «sadismo» dei reggenti di Oceania la «logica conclusione» di una rivoluzione che partendo da Robespierre e Babeuf «mira alla sovversione totale della psicologia e della fisiologia dell’individuo», ma si diceva scettico sul fatto che «la politica dello stivale-che-calpesta-il-volto possa andare avanti all’infinito». Riteneva piuttosto che «nella prossima generazione i padroni del mondo scopriranno che il condizionamento dell’infanzia e la narco-ipnosi sono strumenti di governo più efficaci delle mazze delle prigioni, e che la fame di potere può essere soddisfatta meglio condizionando le persone ad amare la propria schiavitù, che non frustandole e prendendole a calci per spingerle all’obbedienza».
Per Huxley non si poteva aggirare il problema del «consent of the ruled», il consenso dei dominati che, spiegava in un’intervista televisiva del 1958, sarà assicurato dalle nuove tecniche di propaganda suggerite dalla pubblicità commerciale per «bypassare il lato razionale dell’uomo e appellarsi direttamente alle sue forze inconsce» in modo non direttamente violento. Per rendere i sudditi «felici sotto il nuovo regime [o almeno] in situazioni in cui non dovrebbero esserlo» sarà fondamentale, prevedeva, l’apporto dei nuovi ritrovati tecnici: da un lato degli «apparecchi tecnologici che tutti desiderano utilizzare [e che] possono accelerare questo processo di sottrazione della libertà e di imposizione del controllo», dall’altro della «rivoluzione farmacologica in corso… potenti sostanze in grado di alterare la mente quasi senza effetti fisiologici collaterali». Molte di queste strategie sono diventate pietre angolari della gestione del consenso, dalla sempre più fitta codifica dei programmi educativi rivolti all’infanzia allo stile tanto martellante e suggestivo quanto povero di ragionamento delle campagne di «sensibilizzazione» governative, fino alle onnipresenti tecnologie digitali che agiscono sia come anestetico della socialità, sia come strumento panottico di sorveglianza globale. Per quanto ci è dato sapere, mancano invece gli indizi di un condizionamento psicochimico in larga scala, benché l’apparato di medicalizzazione reiterata e universale su cui si insiste oggi con così tanta ossessione renderebbe per la prima volta praticabile un siffatto intervento, almeno in potenza. Non è inutile ricordare che nel romanzo distopico di Huxley, Brave New World, la scure della repressione si abbatte sui dissidenti proprio dopo un loro tentativo mancato di impedire la distribuzione del «soma», la droga di Stato con cui il governo mondiale manteneva soggiogati e «felici» i cittadini.
Secondo alcuni commentatori la prospettiva huxleriana non sostituisce quella del collega, ma la integra, dovendo il bastone della repressione spingere sempre più persone verso la carota del condizionamento. Sennonché oggi accade l’inverso: la carota perde appeal e il bastone picchia sempre più duro, il residuo dissenziente si espande e i dispositivi di propaganda, per quanto poderosi, non tengono il passo. Gli scenari possibili sembrano dunque tendere alla crisi più che alla normalizzazione. Ma fino a che punto? Una persecuzione aperta, una purga, una recessione, un collasso, una rivoluzione «colorata» o una guerra che offra il destro alla legge marziale? E quanto l’esasperazione delle piazze è un intoppo, quanto un coltivato pretesto? Non lo sappiamo. Ma anche l’idea che all’«ultima rivoluzione» potrebbero non bastare gli strumenti sin qui affinati e che debba perciò reclamare un reset anche fisico non era estranea all’Huxley, la cui lettera si concludeva con l’ammissione che «nel frattempo, naturalmente, potrebbe scoppiare una guerra biologica e nucleare di vaste dimensioni, nel qual caso avremo incubi di altro genere e difficili da immaginare».
Una conclusione un po’ sconcertante, invero, che sconfessa l’ineluttabilità del processo e conferma il sospetto che i grandi architetti, i costruttori di un progresso lontano da Dio e dagli uomini, riescano solo a seminare macerie per trionfare tristi e gioire schiumando, e che il loro sognato edificare sia precisamente e soltanto un distruggere. Alla fine – ma solo alla fine – è una buona notizia.
FONTE: http://ilpedante.org/post/un-trionfo-triste
CONFLITTI GEOPOLITICI
All’armi, il nemico è alle porte
di Manlio Dinucci
Il segretario generale della Nato Stoltenberg ha incontrato il presidente Draghi, il 17 novembre a Roma, per affrontare «le attuali sfide alla sicurezza», provenienti dal «rafforzamento militare della Russia in Ucraina e attorno ad essa». Stoltenberg ha ringraziato l’Italia perché «contribuisce alla nostra presenza nella Regione Baltica con il pattugliamento aereo e sue truppe».
L’Aeronautica militare italiana – specifica il Ministero della Difesa – ha schierato nell’aeroporto di Ämari in Estonia caccia F-35A del 32° Stormo di Amendola e caccia Eurofighter Typhoon del 4° Stormo di Grosseto, 36° Stormo di Gioia del Colle, 37° Stormo di Trapani e 51° Stormo di Istrana (Treviso).
Quando aerei russi volano nello spazio aereo internazionale sul Baltico, in genere diretti all’exclave russa di Kaliningrad, i caccia italiani ricevono dal comando Nato l’ordine di decollo immediato su allarme e in pochi minuti li intercettano. Scopo ufficiale di tale operazione è «preservare lo spazio aereo alleato». Scopo reale è far apparire la Russia come una potenza minacciosa che si prepara ad attaccare l’Europa.
Si alimenta così un crescente clima di tensione: gli F-35A e gli Eurofighter Typhoon, schierati a pochi minuti di volo dal territorio russo, sono caccia a duplice capacità convenzionale e nucleare.
Che cosa avverrebbe se analoghi caccia russi fossero schierati ai confini con gli Stati uniti?
Il «pattugliamento aereo» ai confini con la Russia rientra nella frenetica escalation militare Usa-Nato in Europa contro un nemico inventato, la Russia, in un grande gioco strategico sempre più pericoloso. Esso è stato avviato nel 2014 con il colpo di stato in Ucraina sotto regia Usa/Nato, sostenuto dalla Ue, al fine di provocare in Europa una nuova guerra fredda per isolare la Russia e rafforzare l’influenza e presenza degli Stati uniti in Europa.
La Russia è stata accusata di aver annesso con la forza la Crimea, ignorando che sono stati i russi di Crimea a decidere con un referendum di staccarsi dall’Ucraina e rientrare nella Russia per evitare di essere attaccati, come i russi del Donbass, dai battaglioni neonazisti di Kiev. Quelli usati nel 2014 quale forza d’assalto nel putsch di piazza Maidan, innescato da cecchini georgiani che sparavano sui dimostranti e sui poliziotti, e nelle azioni successive: villaggi messi a ferro e fuoco, attivisti bruciati vivi nella Camera del Lavoro di Odessa, inermi civili massacrati a Mariupol, bombardati col fosforo bianco a Donetsk e Lugansk.
Stoltenberg e Draghi hanno affrontato anche il tema della «crisi al confine della Bielorussia con Polonia, Lettonia e Lituania». La Nato accusa la Bielorussia di usare, con il sostegno della Russia, «migranti vulnerabili come strumenti di tattica ibrida contro altri paesi, mettendo a rischio la loro vita». A difendere i migranti, a esprimere timore per la loro vita, sono gli stessi responsabili Usa e Nato, compresi i governanti italiani, che negli ultimi trent’anni hanno condotto la prima guerra contro l’Iraq, la guerra contro la Jugoslavia, la guerra in Afghanistan, la seconda guerra contro l’Iraq, la guerra contro la Libia, la guerra contro la Siria. Guerre che hanno demolito interi Stati e disgregato intere società, provocando milioni di vittime, costringendo milioni di persone all’emigrazione forzata.
Il giorno dopo l’incontro con Draghi, Stoltenberg ha presenziato al 70° anniversario del Nato Defense College, al quale si sono laureati a Roma dal 1951 circa 15.000 militari e civili di 80 paesi membri e partner dell’Alleanza. Dopo essere stati istruiti su ogni aspetto della «sicurezza internazionale», essi sono andati a «ricoprire le più alte cariche civili e militari», ossia posti di responsabilità nei governi e nelle forze armate dei paesi membri e partner della Nato.
In questa università della guerra, in cui si insegnano le strategie più sofisticate, il più importante settore è dedicato alla Russia. Ora sarà affiancato da un altro.
Nel discorso celebrativo, il Segretario generale della Nato ha infatti sottolineato: «La Russia e la Cina stanno guidando una spinta autoritaria contro l’ordine internazionale basato sulle regole». Stoltenberg ha però dimenticato di precisare «sulle nostre regole».
FONTE: https://www.sinistrainrete.info/articoli-brevi/21709-manlio-dinucci-all-armi-il-nemico-e-alle-porte.html
Taiwan: base degli Stati Uniti contro la Cina dal 1945
Werner Rügemer, SCF 28 novembre 2021
Sotto la guida degli Stati Uniti, il regime del Generalissimo Chiang Kai-Shek si insediò a Taiwan dal 1945: era già sostenuto dagli Stati Uniti dagli anni ’20, poi anche dalla Germania di Hitler. Taiwan è strumentalizzata contro la Repubblica popolare cinese, ancora una volta in modo acuto dai presidenti degli Stati Uniti Obama e Trump. L’attuale presidente degli Stati Uniti Biden persino gioca su una possibile guerra coll’aiuto di Taiwan. Alla fine del XIX secolo, la Cina fu soggiogata e sfruttata dalle potenze coloniali dell’epoca, in particolare dalla Gran Bretagna coll’aiuto del territorio annesso di Hong Kong (colonia della corona dal 1843), ma anche da Russia, Francia, Italia, Olanda, Belgio, Portogallo, e infine anche dai nuovi arrivati USA, Giappone e Germania. In una campagna di guerra congiunta bombardarono Pechino, quindi vi istituirono ambasciate e assunsero il comando del governo cinese formalmente in carica. Le potenze coloniali fecero irruzione nelle enormi ricchezze con le loro società commerciali, banche, miniere e corporazioni, schiacciando le rivolte (la più famosa è la “Rivolta dei Boxer”), distrussero lo Stato di diritto, la società civile, l’ordine, il governo e l’ambiente. La modernizzazione parziale e l’industrializzazione lungo le linee occidentali avvantaggiarono una piccola élite cinese. Il Paese era immerso in una profonda povertà, disorganizzazione e depressione (vendita in massa di oppio da parte di compagnie britanniche da Hong Kong). I signori della guerra locali, collaborando coi colonialisti, sfruttarono l’ingovernabilità. Milioni di persone morirono di fame, vegetando, o uccise per aver resistito e ribellarsi.
Rivoluzione borghese: Sun Yatsen nel 1912
I rivoluzionari borghesi-radicali di Sun Yat-sen e del suo partito Kuomintang espulsero il governo collaborazionista cinese nel 1912 e dichiararono la Repubblica di Cina. Sun Yat-sen fu sostenuto da Unione Sovietica, Comintern e Partito Comunista Cinese, fondato nel 1921. Al contrario, le potenze colonialiste vittoriose della prima guerra mondiale nel Trattato di Versailles sotto la guida del presidente degli Stati Uniti Woodrow Wilson (1919) consentirono al governo giapponese sull’isola cinese di Taiwan, annessa nel 1895, di continuare e persino avere il dominio dalla precedente colonia tedesca di Quingdao, coll’ulteriore crescita della potenza imperialista del Giappone. L’annessione di Hong Kong da parte dell’Inghilterra rimase in vigore, così come di Macao da parte del Portogallo. Gli Stati Uniti, in particolare, continuavano a trattare la Cina come una delle proprie sfere di influenza: la Standard Oil rilevò il business del petrolio e della benzina, la Fondazione Rockefeller finanziò il dipartimento di medicina dell’Università di Pechino e le organizzazioni missionarie finanziate generosamente da Young Men’s Christian Association (YMCA) e Young Women’s Christian Association (YMCA) istituirono scuole e collegi in molte città. Il governo di Sun Yatsen non poté opporsi a tali influenze.
USA e Hitler sostennero il dittatore Chiang Kai-Shek
Dopo la morte di SunYat-sen nel 1925, in Cina prevalsero le vecchie élite feudali e orientate verso Stati Uniti e Gran Bretagna. Si affidarono al generale Chiang Kai-shek come nuovo dittatore della Repubblica di Cina. Era contemporaneamente capo dell’esercito e del governo. Fu sostenuto dagli Stati Uniti con molti soldi per il suo esercito, anche per lo stile di vita personale che comprendeva un’ampia corte. La Germania nazista riconobbe uno spirito affine in Chiang: la Gioventù hitleriana organizzò tendopoli in Cina. Hitler inviò i generali della Wehrmacht Hans von Seeckt e Alexander von Falkenhausen come consiglieri militari e industriali. Le aziende tedesche IG Farben, Junkers, Heinkel, Rheinmetall, Messerschmitt, Krupp, Otto Wolff equipaggiarono l’esercito di Chiang. Tuttavia, il sostegno tedesco terminò nel 1938 dopo che il Giappone invase la Cina e Hitler si alleò coll’impero giapponese come potenza incomparabilmente più grande e importante.
FONTE: http://aurorasito.altervista.org/?p=21126
CULTURA
“LE COSTITUZIONI”: LA SANTA SEDE (VIDEO)
Nella nuova puntata de “Le Costituzioni” si parla di Santa Sede. L’articolo 1 della sua Costituzione cita: “Il Sommo Pontefice, Sovrano dello Stato della Città del Vaticano, ha la pienezza dei poteri legislativo, esecutivo e giudiziario”.
FONTE: https://www.opinione.it/cultura/2021/12/03/manlio-lo-presti_manlio-lo-presti-le-costituzioni-articolo-uno-santa-sede/
CYBERWAR SPIONAGGIO INFORMAZIONE DISINFORMAZIONE
NOI SIAMO “IL CASO MORISI”
Si chiude il caso giudiziario dell’ex responsabile della Comunicazione della Lega. Lo spin doctor non sarà processato. La Procura di Verona chiederà l’archiviazione dell’inchiesta sulla “notte a base di sesso e droga con due giovani romeni”. Il creatore della “Bestia” da milioni di follower ha spiegato ai magistrati di “aver acquistato cocaina per la serata, ma ha negato di aver procurato la droga dello stupro”. La procuratrice Angela Barbaglio ha spiegato che la richiesta di archiviazione è motivata dalla “tenuità del fatto”. Ne siamo sollevati. L’ex magistrato Luciano Violante, in un’intervista a Il Giornale, ha commentato “è stata una battaglia politica contro la Lega non condotta dalla magistratura”, riferendosi al clamore suscitato sui media a pochi giorni dalle consultazioni amministrative. Un’osservazione che sposta sul piano politico una vicenda di cronaca. E non possiamo tralasciarlo pur in una circostanza “finita bene”, perché siamo nel centrodestra, quel centrodestra che fa muro, opposizione e dà battaglia contro le derive morali della cosiddetta “cancel culture”, cioè “la questione morale”, che dunque non riguarda solo un’area, ma la nazione.
E non occorre entrare nei particolari, poiché questo sarebbe un grave dileggio dell’etica e della correttezza necessaria a chi opera nella politica, nei partiti, nella comunicazione, nelle leadership, nel potere, ma anche a ogni singolo individuo. Non è perbenismo e non è “omofobia”, questioni distintissime in quanto allo stesso modo “per etica” non si deve usare violenza e discriminazione. Ma acquisire e impartire “il senso del limite” è un dovere delle società mature, moderne e libere. Ha ragione Luciano Violante, probabilmente dietro al caso vi è un attacco a tutto l’arco di centrodestra ferito, appunto, nella sua disciplina morale, nei suoi valori, svilito nelle sue battaglie, mortificato e umiliato. Costretto, cioè, o a biasimare o ad accettare di scambiare le sue regole con il più inaccettabile permissivismo in quanto vi sono due sentimenti violati: “Il cuore di nessuna madre accetterebbe di compiacere un figlio per ciò… e il cuore di nessuna donna straniera vorrebbe per i suoi figli emancipazioni così”. Al di là dei generi e di tutte “le balle” Lgbtq+.
Ogni individuo è amore e onore, dal più umile al più ricco e ogni individuo nascendo acquista il diritto non solo all’arbitrio ma al bene. Per questo “il caso Morisi” ci interroga e ci condanna. Non sono i giovani che offrono a noi le loro libertà, ma è una società sana e unita che dona le vie per vivere vite soddisfacenti, impegnate, gioiose e libere. Dunque “il caso Morisi” è il nostro fallimento e il fallimento di una politica che nel centrodestra appare come “esterrefatta”, cioè incapace perfino di distinguere e di giudicare.
Sono preoccupata, molto. Dentro questi rivoli neri vedo cadere tanti giovani, non ci trovo nessuna emancipazione, nessuna affermazione, nessun passo avanti. Osservo che ancora una volta la sinistra ha assunto la strada, comunque, del darsi da fare a indicare rotte alla sua generazione, rotte che non ci piacciono, ma che segnano da quella parte evoluzioni e non regressioni. Dalle droghe degli anni Settanta ai Maneskin, non esseri abbandonati nelle strade ma una band che studia, che lavora, che suona, che porta a livello internazionale, nel caotico mondo rivoluzionato dalle battaglie sui generi, il messaggio italiano: il talento. Perché per suonare coi Rolling Stones a Las Vegas non bastano lo smalto sulle unghie e una guepiere, occorre molto talento. Invece vedo nel centrodestra, che pure è titolare di un corredo storico-artistico di talenti, un immobilismo spaventoso. Un po’ si può accusare l’avversario, ma non del tutto, dovendo ammettere che gli elementi della vicenda che ha sfiorato il processo non sussistono a sinistra. Le battaglie Lgbtq+ sono una questione bioetica, non riguardano la droga dello stupro e lo sfruttamento della prostituzione. Il fatto è che noi, democratici o liberali che dir si voglia, abbiamo una questione pesante da sostenere: la fede. Cioè conciliare i principi del nostro “non possiamo che dirci cristiani” con il mondo di oggi.
A cominciare dalla Chiesa, non mi nascondo. Il Papa è in questi giorni in visita in Grecia e a Cipro da dove ha lanciato il messaggio di “abbattere i muri”. Qualcuno si chiede cosa significa? Perché se viene ancora più gente, se disperati si ammassano alle frontiere o entrano illegalmente, come garantire la pace e la salute pubblica in piena pandemia? Sbaglia Jorge Maria Bergoglio o siamo noi che abbiamo smesso di esercitare pressione anche sul Vaticano per imporre il rispetto di un elettorato che è la grande platea dei fedeli? Anche la Chiesa cattolica naviga nelle sue contraddizioni morali, ma non per questo può “solo diventare di sinistra”. Ecco perché scrivo che il problema non è trovare un nome per il Quirinale o andare quanto prima a votare. Il centrodestra, intendendo per esso ogni singola persona che fa riferimento a questa area, deve interrogarsi sui suoi valori e principi e come li vuole rappresentati. Altrimenti noi siamo “il caso Morisi” fatto pagare, per primi, allo spin doctor e ai due escort romeni.
FONTE: https://www.opinione.it/politica/2021/12/03/donatella-papi_morisi-archiviazione-lega-bestia-centrodestra-sinistra/
“SOMMINISTRAZIONE DELL’INFORMAZIONE”: REGIA DI MARIO MONTI?
A volte ritornano, o forse semplicemente non se ne sono mai andati. Parliamo dell’ex presidente del Consiglio Mario Monti. In una nota trasmissione della tv generalista, il senatore a vita ha posto l’accento sul mondo dell’informazione. Monti inaugura il siparietto confermando di fatto che l’Italia si trovi oramai in uno stato d’eccezione. “Siamo in guerra”, afferma l’altro Supermario seguendo le dichiarazioni pronunciate dal presidente francese Macron agli albori dell’emergenza sanitaria. Certo, resta da capire quale sia il nemico, un virus, oppure i popoli di Stati tirannici. “Serve una somministrazione dell’informazione meno democratica”, prosegue il deliro dell’ex presidente. Nessuno che si sorprendi più di tanto in studio, ma probabilmente nemmeno da casa dopo le dichiarazioni che si sentono ormai quotidianamente da quasi due anni a questa parte.
Monti “rettifica”, ma rilancia il problema
Per il polverone creatori, Monti inoltra una sorta di “rettifica” ai presentatori del talk. “Ho usato un termine infelice”, dice. “Ma il problema persiste, e va affrontato”. E con ragione, il problema è ormai sotto gli occhi di tutti, l’informazione è diventata sempre meno trasparente e mira ormai a convincere l’opinione pubblica di una falsa verità assoluta, piuttosto che informare i lettori riguardo a tutti gli aspetti di una questione. Non si capisce perché Monti parli di un modello da instaurare, quando i mezzi d’informazione comunicano già da tempo un pensiero unico ai quattro venti, rarissime eccezioni a parte.
La “somministrazione dell’informazione”
Calzante, piuttosto che infelice, il termine “somministrare”, relazionato all’informazione. Come gli stessi medici ormai non sono più chiamati a curare, ma solo a “somministrare”, anche il ruolo del giornalista non è più quello di informare, bensì allo stesso modo di “somministrare”. Che cosa? La dose quotidiana di terrore mediatico. Il panico alimentato dai mass media riguardo a Omicron, la variante Covid dell’ultima ora, è soltanto uno dei tanti esempi. Ma a quanto pare la comunicazione del terrore messa in atto dalla prevalenza dei quotidiani, condizionati da forti interessi economici, non basta ancora. Per Monti il popolo italiano continua ad “accettare forti limitazioni alla libertà”, e quindi i tempi sarebbero maturi per un ulteriore passaggio. Quello di sottoporre l’informazione a un controllo di tipo governativo, consentendo in questo modo la censura di quei pochi mezzi d’informazione che non si piegano al pensiero unico. Insomma, niente di diverso dal ministero della Verità di orwelliana memoria.
Il fine è chiaro: manipolare l’opinione pubblica per soddisfare gli interessi di un governo che non rappresenta i suoi cittadini. Perché non chiamare allora, a questo punto, le cose con il loro nome e affermare che ci troviamo ormai in una dittatura tecnocratica, distante anni luce dalla democrazia. Come afferma tra l’altro implicitamente lo stesso Monti, scelto dall’OMS per la presidenza della Commissione Paneuropea. Ma come affermano anche firme e vicedirettori dei quotidiani che stanno alimentando un’emergenza che sembra infinita.
Derisi i dubbi di Crisanti
Nelle stesse ore, sempre su La7, il microbiologo Andrea Crisanti ha espresso dei dubbi riguardo alla vaccinazione dei piccoli, in quanto non vi sarebbero abbastanza riscontri scientifici per stabilire il rapporto rischio-benefici del vaccino somministrato ai bambini. “Il problema va sviscerato”, afferma Crisanti. Seguito dalle fragorose risate di Rosi Bindi. “Ma non in prima visione e non in prima serata”, controbatte il vicedirettore del Corriere della Sera Beppe Severgnini, dato che per quello ci sarebbero, a suo dire, i convegni e i congressi scientifici. Come dire: gli effetti avversi lasciamoli alla scienza, al popolino somministriamo la solita razione di frottole.
Ormai tutto è concesso?
Il vicedirettore di Repubblica Francesco Bei ha invece risposto così sotto un tweet che conteneva un articolo del The Lancet, riguardo alla discriminazione messa in atto da diversi governi nei confronti dei non vaccinati. “A Repubblica siamo bravi a spiegare che la gente si deve vaccinare, non perché poi non ci si infetta, ma perché si crepa meno facilmente”, ha scritto Bei con tono alquanto macabro, affermando implicitamente di star facendo pura propaganda con il suo quotidiano, con il solo fine di spingere le persone verso l’ago. Piazza Pulita è invece autorizzata a entrare con una troupe in terapia intensiva per riprendere affermazioni di “no vax” che non si sono pentiti. Mentre centinaia di migliaia di persone non hanno potuto dire addio ai propri cari, per via delle normative anti-Covid che impedivano l’accesso in ospedale. Ormai vale tutto, non c’è nemmeno alcun pudore a dichiarare come stanno realmente le cose. Benvenuti nella nuova società, basata su paura, menzogne e controllo.
FONTE: https://www.byoblu.com/2021/11/29/mario-monti-somministrazione-informazione/
La molestia alla cronista indigna. Ma nessuno parla del Minculpop di Monti
ZUPPA DI PORRO 29 NOVEMBRE 2021
DIRITTI UMANI
“Siamo persone, non algoritmi”
Ieri, nell’ambito di una mobilitazione nazionale e nel disinteresse pressoché generale a livello locale, anche a Bolzano alcune decine di rider, perlopiù della piattaforma Deliveroo, sono scesi in piazza per rivendicare condizioni di lavoro umane. In questo caso non si tratta di un modo di dire ma di un’espressione decisamente appropriata: infatti le piattaforme di delivery, alle forme “classiche” di sfruttamento e ricatto (cottimo, paghe da fame, assenza di tutele, precarietà, minacce a chi alza la testa) associano il controllo algoritmico dei lavoratori, governati e monitorati attraverso lo smartphone da un’applicazione – i criteri di funzionamento della quale non sono conoscibili – che decide automaticamente e in tempo reale, in base alle loro performance, alle recensioni – veritiere o no – dei clienti o magari al fatto che qualcuno osi rivendicare migliori condizioni, se, quando e quanto farli lavorare. Un lavoro data-driven, come dovrebbe essere l’intera società nella visione dei Mario Draghi, degli altri sacerdoti della transizione digitale e dei suoi fedeli.
Se dopo anni di lotte anche dure il settore si è conquistato una certa visibilità e diversi riconoscimenti del fatto che si tratta di lavoro subordinato a tutti gli effetti e come tale andrebbe tutelato, ancora pochi mesi fa Assodelivery, la principale associazione padronale, ha firmato con il sindacato fascista Ugl – per niente rappresentativo – un accordo truffa che ha confermato il cottimo e la condizione di lavoratori autonomi, mentre dietro la mossa pubblicitaria di Just Eat, che nel momento di massima attenzione mediatica sul tema è uscita da Assodelivery annunciando che avrebbe assunto i rider e presentando il tutto come scelta “etica”, si nasconde un modello di contratto, al momento in fase di sperimentazione, denunciato dai lavoratori come tutt’altro che migliorativo.
Spesso, nel racconto mediatico e nelle parole dei burocrati della Cgil che cercano di mettere le proprie grinfie sulle loro lotte, ci si riferisce alle condizioni di sfruttamento dei rider con aggettivi come ottocentesche, come se si trattasse di un settore “rimasto indietro” al quale riconoscere finalmente i diritti garantiti a tutti gli altri. Troviamo che non se ne possa dare una lettura più fuorviante. Le condizioni che caratterizzano questo settore, per quanto indubbiamente servili, andrebbero invece lette – un po’ come per i meccanismi di selezione, controllo e messa al lavoro dei richiedenti asilo – come una storia del nostro futuro (prossimo).
Il controllo tecnologico del lavoro, dalle piattaforme della cosiddetta gig economy (economia dei “lavoretti”, presentati inizialmente come opportunità per gli studenti di arrotondare facendo attività fisica all’aria aperta), si estende già progressivamente agli altri settori, dall’industria ai servizi di ogni tipo, configurando l’ascesa di un vero e proprio modo di produzione informatico. I capannelli di rider che per non essere retrocessi dall’algoritmo stanno a disposizione – gratis – in attesa del prossimo ordine che non sanno se e quando arriverà esemplificano perfettamente il senso della razionalizzazione tecnologica (in altri settori la stessa rapina di tempo potrebbe presentarsi sotto forma di software che escludano automaticamente dall’orario di lavoro riconosciuto come tale ogni singolo atto non direttamente produttivo per l’azienda, come la battuta scambiata con un collega…). Nel frattempo, la famiglia delle piattaforme si allarga: l’ultima proposta, pubblicizzata in tv in questi giorni, è l’app per mandare un servo – “il tuo Shopper” – a farti la spesa al supermercato e consegnartela a casa…
I rider – specialmente durante il lockdown di un anno fa, quando risaltavano tra i pochi rimasti a percorrere le strade delle città – sono una rappresentazione plastica di quella digitalizzazione differenziata della vita (differenziata secondo linee di classe, razza e genere) già da prima in corso di instaurazione e ora accelerata grazie alla pandemia: per i più “fortunati” smart working (con i risvolti di controllo e isolamento che comporta) e definitiva messa a valore militarizzata del tempo “libero” (di corsa a casa a fare acquisti online, compresi il cibo e lo svago in streaming, oppure a divertirsi “in presenza” ma solo nei luoghi del consumo istituzionalizzati, dove è garantito il rispetto delle “misure di sicurezza”); per gli altri, lavoro “sotto l’algoritmo” come infrastruttura corporea della società digitale (ancora più in basso e altrove, radicalmente nascosti alla vista, coloro che crepano per produrre gli smartphone ed estrarre i materiali occorrenti).
FONTE: https://bergteufelbz.noblogs.org/post/2021/03/27/siamo-persone-non-algoritmi/
ECONOMIA
Covid e clima, Galloni: chi inventa le emergenze, e perché
Il pianeta è sempre stato sottoposto a cambiamenti climatici anche molto radicali: in certi periodi erano abitabili solo le zone equatoriali, in altri erano abitabili anche i Poli (sono stati trovati resti di fauna tropicale in Antartide). Il grande errore del nostro tempo – errore di cui ci chiederanno conto le generazioni future – è l’idea di fermare i cambiamenti climatici, invece di affrontarli. A differenza del passato, infatti, oggi possediamo tecnologie straordinarie: se messe al servizio del bene dell’umanità, aiuterebbero a unire i popoli per affrontare questi cambiamenti climatici. L’emergenza che stiamo vivendo è il rapporto fra l’emergenza climatica e quella sanitaria. L’emergenza climatica è stata proclamata intorno al 2019 sull’onda alla meteora Greta Thunberg. Poi, siccome non era sufficiente, si è arrivati all’emergenza sanitaria. E adesso pare che si debba ritornare all’altra emergenza, di carattere climatico-ambientale.
Perché l’emergenza? Perché non si riesce più a dare una risposta ai grandi cambiamenti dell’economia e della società, il cui primo (e fondamentale) è l’abbandono della moneta a debito. Cioè: noi oggi abbiamo la possibilità di introdurre monete di altra natura. E lo dobbiamo fare: perché, mentre nei comparti di produzione dei beni materiali la tecnologia è andata talmente avanti che sempre meno addetti saranno necessari ad approntare tutto ciò di cui abbiamo bisogno, nell’ambito invece dei beni immateriali (soprattutto i servizi di cura delle persone, dell’ambiente, del patrimonio esistente) il fatturato si può rivelare più basso del costo. Quindi, questi servizi non possono essere gestiti in termini capitalistici, cioè di profitto. Ecco il grande interrogativo; la soluzione c’è (l’immissione di moneta non a debito), ma ha un “piccolo” difetto: spiazzerebbe le grandi banche, le grandi entità finanziarie del pianeta, che hanno governato il mondo per secoli – o per millenni: prima con l’oro e poi con la moneta creata dal nulla.
E’ chiaro che, non potendo dare soluzioni, l’emergenza “serve” per evitare nel merito delle questioni: questo è il nesso che lega l’emergenza climatica a quella sanitaria. E come siamo arrivati, a questo? Dagli anni Settanta in poi abbiamo sperimentato a diversi modelli di capitalismo. Il primo è quello del capitalismo espansivo, in realtà iniziato già nel 1944 dopo Bretton Woods. E’ durato fino al G7 di Tokyo del 1979 e, secondo me, da noi fino al divorzio fra Tesoro e Banca d’Italia. In quel periodo, l’obiettivo delle imprese era la massimizzazione delle vendite: quindi c’era spazio per l’aumento dei profitti, dei salari, dell’occupazione. Quindi abbiamo avuto la trasformazione della classe operaia in classe media. Insomma, stavamo tutti meglio: la classe politica voleva arricchire la popolazione attraverso i disavanzi pubblici, finanziati a bassi tassi d’interesse.
Se i titoli pubblici non li acquistava nessuno, li comprava la Banca d’Italia stampando moneta: al passivo metteva l’emissione monetaria e all’attivo i titoli. E’ così che siamo diventati la quinta potenza mondiale, la quarta potenza manifatturiera del pianeta. E abbiamo cominciato a dare fastidio un po’ a tutti, nel Mediterraneo: ai francesi, agli inglesi, agli israeliani, agli americani e ai russi. Così spiego anche la vicenda Moro: in termini di conflitto tra lui e Kissinger. Il problema esplose in un incontro fondamentale del 1976, in cui Kissinger disse a Moro: «Non potete continuare a far crescere l’economia italiana del 3-4% ogni anno, perché state diventando più importanti di quello che noi possiamo sopportare. Io ti ammazzo». Parole testuali di Kissinger. Tornato a casa, Moro lo disse alla moglie e a mio padre: erano le uniche due persone di cui lui si fidasse. La moglie gli consigliò di ritirarsi dalla politica. E non si sa – quella mattina del 16 marzo 1978, quando fu sequestrato – che cosa avrebbe detto, in Parlamento.
Ora, il capitalismo espansivo, keynesiano (l’economia mista), non poteva essere ufficialmente attaccato, perché funzionava. E tra l’altro, ci proteggeva nella competività, se così si può dire, coi regimi comunisti. E allora ecco che nasce tutta la teoria ambientalista del Club di Roma (Aurelio Peccei) che, fondamentalmente, sostiene una dottrina neo-malthusiana. Cosa aveva detto, Malthus? Aveva espresso una teoria che poi si era rivelata sbagliata. Aveva detto: siccome la popolazione cresce ad un ritmo superiore a quello in cui noi possiamo far crescere la produzione, incluse le derrate alimentari, a un certo punto la società collassa. In realtà non fu così, perché poi gli umani – proprio perché crescevano da un punto di vista demografico – cominciarono a produrre di più e meglio. Tant’è vero che oggi, di cibo, ne abbiamo fin troppo. Ovviamente ci sono i poveracci che non mangiano, perché è il sistema capitalistico che induce a produrre solamente quello che si può rivendere con un adeguato profitto.
Se uno non ha i soldi per comprarla, la merce viene buttata. Noi infatti distruggiamo una gran parte di quello che produciamo. Ma la soluzione non è quella esposta da Papa Francesco (mangiamo di meno noi, per dare ai poveri). No: è il modello economico, che è sbagliato. Si deve tornare un po’ all’antico: noi oggi possiamo produrre come una volta, disinquinando e stando tutti meglio. Oltretutto, la qualità dei prodotti alimentari pesa: bastano poche quantità, per essere soddisfatti (e sani). Il cibo di McDonald’s invece non sazia mai e procura le famose malattie del benessere-malessere. Tornando a Malthus, i neo-malthusiani ieri dicevano: se la popolazione mondiale è di 6 miliardi di individui, di cui un miliardo e mezzo ha tutto (auto, elettrodomestici), crescerà tutta l’economia e ci saranno 5 miliardi di privilegiati; ma le risorse sono limitate, e quindi lo sviluppo non può essere illimitato.
In realtà, è lo stesso errore di Malthus: pretendere che il rapporto fra sviluppo economico e inquinamento sia reso da un’equazione lineare. Cioè: se io produco 100 e consumo 70 (come risorse del pianeta), se produrrò 200 consumerò 140, in termini di risorse. Ma non funziona così, l’economia industriale. Al crescere delle quantità, man mano che l’umanità va avanti, la quantità di agenti inquinanti e di risorse utilizzate (per unità di prodotto) diminuisce. In pratica: se oggi producessimo con le tecnologie di cent’anni fa tutto quello che attualmente produciamo, saremmo tutti morti. In realtà le tecnologie si sono evolute: oltre un certo punto, c’è quindi una equazione differenziale, con derivate parziali, che ci dà la possibilità di capire che sì, dobbiamo “darci una regolata” per l’inquinamento da sviluppo, ma senza però regredire, perché in quel modo condanniamo i poveri a restare poveri, e noi a morire delle malattie del benessere (che non sono quelle batteriche o virali, storicamente sconfitte nei paesi ricchi, ma sono quelle degenerative – cancro, diabete, cardiopatie – che derivano dai cattivi stili di vita).
Negli anni ‘80, dopo il divorzio fra Tesoro e Banca d’Italia, si fecero aumentare in modo erratico i tassi d’interesse sul debito pubblico: quindi il debito crebbe a dismisura e superò il Pil. Da allora abbiamo questo problema, un alto debito pubblico. Fino a prima del divorzio, avvenuto nel 1981, il debito pubblico italiano non raggiungeva il 60% del Pil. E là saremmo rimasti, se non avessimo introdotto l’aumento dei tassi d’interesse per dare al “mercato” il potere di “regolarci”, quando si sapeva benissimo che il mercato è uno sregolatore. Quindi, il ministero del Tesoro abbandonò il potere di decidere i tassi d’interesse e lo lasciò al mercato, cioè alle banche. Il risultato è stato disastroso. Quel modello – anni ‘80 – è crollato miseramente, perché distruggeva la solidarietà, che è il principale collante dell’economia, e venne sostituito con un terzo modello, il capitalismo finanziario (già sperimentato fino alla crisi del 1929).
Siamo quindi tornati al capitalismo finanziario: grandi boom delle Borse, ma già nel 2001 la crisi delle Borse stesse. Quindi siamo approdati a un quarto tipo di capitalismo, che io chiamo ultra-finanziario. Cioè: mentre nel capitalismo di Borsa bisogna massimizzare il rendimento dei titoli azionari (e questo lo si ottiene spesso riducendo in modo devastante l’investimento nell’economia reale, nell’occupazione e nei salari), nell’ultimissimo capitalismo ultra-finanziario, quello dei derivati e dei titoli tossici, all’economia non si pensa neppure più. Non è più un capitalismo di mercato: tutto è regolato da algoritmi matematici. E quindi nelle banche, nelle aziende e nei centri finanziari entrano i matematici e gli informatici. Questo capitalismo ultra-finanziario ha come obiettivo non la massimizzazione del valore dei titoli, ma la massimizzazione del numero delle operazioni, quindi è una follia.
Siamo arrivati a 4 milioni di miliardi di dollari di debiti, cioè di derivati e “swap”. Cioè: 54 Pil mondiali. Noi ci stracciamo le vesti perché il debito pubblico dell’Italia si avvicina ad essere una volta e mezzo il Pil nazionale, ma non diciamo niente sul fatto che il debito del pianeta è 54 volte il Pil terrestre. Importantissima la svolta sopraggiunta nel 2008: le banche centrali hanno iniziato a immettere moneta illimitatamente, per far fronte alle esigenze di liquidità (emerse con la crisi della Lehman Brothers, rimasta a secco: l’unico modo per far fallire la finanza è proprio la mancanza di liquidità). Ma voi capite che, per gestire 4 milioni di miliardi di dollari (54 Pil mondiali), occorre almeno un 3-4% di liquidi: e non c’erano. Ed ecco la soluzione delle banche centrali: emettere moneta, soprattutto elettronica, in modo illimitato. Di qui la mia previsione, purtroppo rivelatasi esatta: il sistema crollerà quando verrà il crampo al dito del governatore della banca centrale.
Qual è la caratteristica di questo capitalismo ultra-finanziario e collateralizzato? Non deve arrivare, tutta questa moneta, all’economia reale. L’economia finanziaria va benissimo, perché va bene anche quando va male: pompano moneta a corso legale, e quindi si pagano interessi e cedole, si allungano i tempi dei titoli tossici, eccetera. E quindi, paradossalmente, la finanza funziona sempre. A patto che, appunto, all’economia reale non arrivi niente. Di qui sostengo la nascita delle piattaforme finanziarie alternative, delle monete complementari, delle cryptovalute, del credito “fai da te” e di tante altre cose, che per certi versi rappresentano il futuro della nostra economia, perché sono le eredi delle antiche cambiali (alla base del “miracolo economico” italiano). E anche le cambiali sono saltate per aria, con l’aumento dei tassi d’interesse: non era più conveniente, accettare una cambiale, perché lo sconto che ti facevano in banca era salito al 20% (prima era solo del 3-4%). Da allora, abbiamo vissuto un delirio, un declino ininterrotto. E il conto l’hanno pagato soprattutto i giovani: questa è la prima generazione che ha meno opportunità, rispetto a quelle di cui avevano beneficiato i loro genitori.
(Nino Galloni, dichiarazioni rilasciate in una conferenza di “FlipItaly” ripresa su YouTube il 1° dicembre 2021. Economista e saggista, Galloni è figlio di Giovanni Galloni, già ministro, vicepresidente del Csm e autorevole dirigente della Dc, vicinissimo ad Aldo Moro).
FONTE: https://www.libreidee.org/2021/12/covid-e-clima-galloni-chi-inventa-le-emergenze-e-perche/
L’operazione KKR e Giovanni Verga
La ventilata acquisizione di Telecom da parte di un fondo d’investimento noto per le ristrutturazioni apre la riflessione sullo stato della politica e dell’economia nel nostro Paese.
Il fondo KKR ha annunciato la sua intenzione di procedere all’acquisizione di Telecom Italia attraverso un’operazione concordata con il governo italiano e sicuramente anche con quello francese, data la presenza di Vivendi come non insignificante azionista all’interno della telco.
In un editoriale apparso su questi schermi, l’analisi di Umberto Rapetto – che ricordiamo essere stato Group Senior Vice President di Telecom e quindi persona piuttosto informata – è stata impietosa. La comparsa del fondo di investimento in funzione di acquisitore potrebbe significare una consistente sforbiciata al personale, e la trasformazione dell’azienda in qualcos’altro.
Le azioni di Telecom hanno conosciuto un notevole rally nella giornata dell’annuncio, incrementando il proprio valore di circa il 30%, ad indicare che il mercato non solo ritiene probabile, ma approva la mossa annunciata.
Al di là di quelle che possono essere le riflessioni di ordine strettamente economico o di politica del personale, è importante fare alcune considerazioni più generali rispetto a ciò che sta succedendo alle aziende strategiche del nostro Paese. Non sono passati infatti che alcuni mesi dall’ennesima e terminale ristrutturazione di Alitalia, che oggi – come dicono voci interne – nella nuova denominazione ITA si avvia ad adottare logiche più simili a quelle di una compagnia low-cost che ad un vettore aereo di tipo tradizionale, con alcune vicende che francamente lasciano perplessi.
Gli asset strategici di uno stato moderno sono legati non tanto alla propria capacità di produrre materie prime o prodotti a valore aggiunto più o meno elevato, quanto a costruire e mantenere l’accesso alle risorse in funzione di scambi commerciali sempre più fluidi ed immateriali. Non bisogna scomodare le teorie di Jeremy Rifkin per rendersi conto che nel mondo moderno avere accesso è più importante che possedere; né è necessario dominare il pensiero di Zygmunt Bauman per comprendere che nella modernità liquida che ci circonda la capacità di raccogliere, analizzare ed utilizzare dati ha il valore strategico che una volta avevano le cannoniere o i bombardieri a lungo raggio.
Uno Stato, quindi, che perda il controllo della propria capacità di collegamento fisico con il mondo, e delle proprie reti informatiche, si trova a giocare sulla scena internazionale il famoso ruolo del due di coppe con briscola a bastoni. Il ridimensionamento forte di tali asset nel breve volgere di alcuni mesi è un doppio colpo alla nostra capacità competitiva, che una classe politica ed un’opinione pubblica di poco meno irresponsabile o stolida non mancherebbe di vivere con la più elevata preoccupazione.
Di certo la colpa di quanto sta succedendo non è del governo Draghi, il quale si limita a fare l’esecutore testamentario di realtà defunte da tempo e mantenute in uno stato di vita apparente solo dall’essere attaccate al grande respiratore dei fondi pubblici. Né tanto meno di KKR, la quale fa il mestiere nel quale è più brava, razionalizzare entità finanziariamente poco efficienti.
Il male viene invece da lontano, dal non essere stati capaci di riconoscere per tempo, e peggio ancora, di non aver preso atto, che a partire dagli anni Novanta l’Italia non è più un paese strategico nell’ambito degli equilibri tra atlantismo e blocco eurasiatico. La linea di frizione tra i due grandi cluster geopolitici si è riposizionata ad oriente, verso i paesi dell’ex Patto di Varsavia, e di conseguenza i finanziamenti dei due contendenti si sono spostati altrove.
Una classe politica più preparata o accorta avrebbe portato il fuoco della propria attenzione sulle decisioni che si prendono a Bruxelles ed avrebbe cercato di creare nel Mediterraneo un’area di influenza culturale e commerciale che continuasse a giustificare una centralità italiana nel più vasto scacchiere internazionale.
L’Europa è stata invece considerata – per assoluta incultura e provincialismo – come un posto dove mandare i politici trombati a livello nazionale, in attesa di trovare loro una più conveniente sistemazione. Fatte salve poche eccezioni, e fino a tragicomici e recenti esempi, si è sempre trattato di individui assolutamente impreparati perfino nelle capacità linguistiche, figurarsi rispetto al difficile compito di costruire e mantenere nel tempo un vantaggio competitivo e un ruolo da leader europei. E stendiamo una coperta pietosa sulla capacità di mantenere almeno con i paesi più tradizionalmente contigui nella sponda mediterranea, un rapporto privilegiato.
Si è pensato di poter continuare a spendere come prima, di mantenere le posizioni di prima, le sinecure di prima, senza assicurarsi che fossero supportate da un’economia adeguata. L’iniziativa economica è soffocata, gli imprenditori indotti ad andarsene, le startup uccise in culla da disposizioni come la recente vergognosa alzata di scudi della medievale corporazione dei notai rispetto alla costituzione online delle aziende.
Il risultato di tutto ciò è uno Stato sempre più affamato di risorse per sostenere vizi privati e pubbliche impunità, di imprese che non investono o delocalizzano, e di giovani in fuga o che – addomesticati dall’illusione del reddito di cittadinanza – si arruolano nelle schiere dei NEET. Nel frattempo, svendiamo i gioielli di famiglia, non volendo rinunciare al palazzo avito, all’apparenza, al nome.
Una parabola tragicomica, come quella della verghiana famiglia Trao. Ninì Rubiera è già nel nostro letto, e non ci resterà forse neanche un Mastro-Don Gesualdo cui ricorrere per un vergognoso matrimonio riparatore.
FONTE: https://www.infosec.news/2021/11/23/news/affari-e-finanza/loperazione-kkr-e-giovanni-verga/
IMMIGRAZIONI
Immigrazione clandestina, i numeri di un disastro: ecco perché Lamorgese deve dimettersi
Cronache di un disastro. Mentre il governo chiude i voli da e per altri Paesi, Lamorgese spalanca i porti all’immigrazione clandestina, ormai totalmente fuori controllo, con Salvini che prima sbraitava e ora tiene bordone alla ministra. Tra un rave party e l’altro, tra un assalto alla Cgil e una “scossa tellurica”, Luciana Lamorgese deve aver perso di vista – e insieme a lei anche tutta la stampa allestita – i dati relativi all’immigrazione. Numeri spaventosi che vengono pubblicati sul sito del ministero dell’Interno stesso. Parliamo di 36.000 persone in più rispetto all’anno precedente e siamo solo al 22 novembre.
Per non parlare delle decine di migliaia di clandestini (si dice di quasi 40.000 pronti a partire) detenuti sulle coste libiche e di cui nessuno, però, più neanche fa cenno. Nel clima di allarme planetario generato dalla nuova variante sudafricana del Covid, anche l’Italia ha bloccato i voli da diversi Paesi africani. A darne l’annuncio è stato il ministro della Salute, Roberto Speranza, spiegando di aver bloccato, come già fatto da altri governi, i voli dai territori a rischio. (Continua a leggere dopo la foto)
Resta però l’incognita migranti, rispetto alla quale il governo fa spallucce e non sembra voler intervenire. “Ho firmato una nuova ordinanza che vieta l’ingresso in Italia a chi negli ultimi 14 giorni è stato in Sudafrica, Lesotho, Botswana, Zimbabwe, Mozambico, Namibia, Eswatini”, ha annunciato orgoglioso del suo operato il ministro alla Salute Roberto Speranza con una nota e rilanciando la notizia anche su Twitter. “I nostri scienziati sono al lavoro per studiare la nuova variante B.1.1.529”, riferendosi alla variante identificata in Sudafrica. “Nel frattempo – ha aggiunto – seguiamo la strada della massima precauzione”. (Continua a leggere dopo la foto)
LA LINGUA SALVATA
La sottrazione dei dati dal dispositivo aziendale in uso al dipendente
La sottrazione di dati dal pc aziendale, secondo la Corte di Cassazione, lede il patrimonio aziendale e può portare al licenziamento per giusta causa
Con sentenza depositata il 12 novembre scorso la quarta sezione civile della Cassazione, competente in materia di lavoro, presieduta da Guido Raimondi – ex presidente della CorteEdu – si è occupata del caso di un dirigente commerciale di un’azienda che, al termine del rapporto di lavoro, aveva restituito al datore di lavoro il pc aziendale avuto in dotazione asportando alcuni dati e cancellandone degli altri attinenti e-mail, numeri di telefono ed informazioni su prodotti e metodi di produzione.
L’azienda, dopo essersi rivolta ad un tecnico informatico, era riuscita a recuperare alcuni dati cancellati tra i quali una password per mezzo della quale ha potuto accedere alla corrispondenza del dirigente e, venendo a conoscenza dell’appropriazione indebita da parte di quest’ultimo di contatti e informazioni riservate costituenti patrimonio aziendale, aveva fatto causa all’ex addetto commerciale.
Mentre il primo grado il giudice aveva riconosciuto le pretese dell’azienda, condannando il dirigente al pagamento a titolo risarcitorio, in favore della società, della somma di 370.000 euro, la corte d’Appello di Torino aveva ritenuto inutilizzabili le conversazioni prodotte dalla società in quanto illegittimamente acquisite, condannando quest’ultima al risarcimento a favore del dipendente a titolo di indennità di mancato preavviso.
La Corte di Cassazione, investita della questione, ha ritenuto fondati tutti i motivi di appello, cassando la sentenza di secondo grado e rinviandola alla Corte di Appello di Torino per la quantificazione dei danni.
In particolare, gli ermellini hanno ritenuto che l’azione posta in essere dal dipendente abbia leso il patrimonio aziendale, costituendo un illecito civile che giustificava il licenziamento per giusta causa per violazione dei doveri di diligenza e fedeltà.
Hanno inoltre chiarito che “la produzione in giudizio di documenti contenenti dati personali è sempre consentita ove sia necessaria per esercitare il proprio diritto di difesa, anche in assenza del consenso del titolare e quali che siano le modalità con cui è stata acquisita la loro conoscenza: dovendo, tuttavia, tale facoltà di difendersi in giudizio, utilizzando gli altrui dati personali, essere esercitata nel rispetto dei doveri di correttezza, pertinenza e non eccedenza previsti dall’art. 9, lett. a) e d) I. 675/1996, sicché la legittimità della produzione va valutata in base al bilanciamento tra il contenuto del dato utilizzato, cui va correlato il grado di riservatezza, con le esigenze di difesa” aggiungendo che “entrano nel giudizio attraverso la produzione e nella decisione in virtù di un’operazione di semplice logica giuridica, essendo tali attività contestabili solo se svolte in contrasto con le regole rispettivamente processuali o di giudizio”.
La Suprema Corte ha ritenuto altresì integrato il reato di danneggiamento di informazioni, dati e programmi informatici ex art. 635-bis c.p. stabilendo che la condotta ivi prevista possa dirsi integrata anche qualora la cancellazione non sia definitiva.
Per quanto concerne poi i profili legati all’applicazione dell’art. 4 dello Statuto dei lavoratori, la Corte ha stabilito che lo stesso non si applica a rapporto cessato, per di più a scopi unicamente difensivi – trattamento dei dati che la stessa normativa sulla privacy ritiene legittimo in quanto diretto alla tutela di un diritto in sede giudiziaria – ragion per cui il controllo poteva effettuarsi senza le garanzie previste dalla legge 300/1970.
FONTE: https://www.infosec.news/2021/11/26/news/risorse-umane/la-sottrazione-dei-dati-dal-dispositivo-aziendale-in-uso-al-dipendente/
PANORAMA INTERNAZIONALE
Il “Vertice delle democrazie”, l’ennesimo tentativo dell’Impero USA di dettare le sue regole al mondo
Luciano Lago – 01 Dicembre 2021
Si era compreso da tempo che l’élite di potere degli Stati Uniti non avrebbe mai rinunciato alla sua irrefrenabile volontà di mantenere ad ogni costo la posizione dominante nel mondo radicalizzando la crociata ideologica contro i nemici del globalismo neo-liberal.
Per perseguire i suoi fini, l’Amministrazione Biden ha architettato il grande “vertice delle democrazie”, una sorta di summit di tutti i governi che si riconoscono nelle regole dettate da Washington. Il summit, previsto per il 9/10 dicembre, è destinato a classificare i paesi sulla base della loro fedeltà a Washington in democratici e non.
Russia e Cina non sono state invitate, per sottolineare la loro estraneità rispetto all’ordine internazionale di marca USA. La Turchia e persino l’Ungheria sono state escluse da questo incontro.
Nell’elenco dei paesi invitati a partecipare a tale vertice, circa 110, ci sono molte autocrazie, entità separatiste come Taiwan (uno schiaffo in faccia alla Cina), paesi governati da estremisti e narcotrafficanti (l’esempio del Kosovo e della Colombia) e persino da neo-nazisti (regime di Bandera in Ucraina) e paesi considerati “democratici” come il Pakistan, la Colombia e le Filippine.
Di fronte a questo tentativo sfacciato di divisione del mondo sulla base dei propri criteri ideologici, Mosca e Pechino stanno reagendo in modo estremamente duro, mettendo in chiaro che l’indice di sopportazione del nuovo imperialismo ideologico di Washington è stato ormai superato.
La risposta diretta al Dipartimento di Stato sulla convocazione del vertice, inviata dagli ambasciatori russo e cinese, coordinatisi fra di loro, è un chiaro avvertimento che l’ingerenza negli affari interni con il pretesto di combattere la corruzione, per la democrazia o per i diritti umani è un fatto che non sarà più tollerato.
Questo evento “rappresenta un altro collegamento nell’attuazione del nuovo corso di Washington verso la re-ideologizzazione delle relazioni internazionali”, ha sottolineato la portavoce russa Maria Zakarova.
Gli Stati Uniti stanno radunando un altro club di interessi per contrastare i paesi che mantengono l’indipendenza strategica dall’Occidente, quelli che difendono la visione sovrana di un giusto ordine mondiale.
Fra i paesi che respingono il tentativo di Washington, ci sono anche la Siria, l’Iran il Libano, il Venezuela, Cuba ed altri paesi sparsi nei vari continenti.
Sembra quindi evidente che, il vertice della democrazia è un tentativo degli Stati Uniti di realizzare una nuova spaccatura globale. Un’iniziativa che vorrebbe evitare l’assetto multipolare dell’ordine internazionale, ritornando ad un nuovo bipolarismo.
I diplomatici russi e cinesi non hanno mancato di far notare che, dall’attuale amministrazione di Joe Biden, non ci si può aspettare null’altro che ingerenza indebita negli affari interni degli altri paesi, utilizzo della politica di sanzioni nei confronti di chi non si uniforma alle regole stabilite da Washington.
Di fronte a questa prospettiva, la Russia e la Cina hanno non solo un diritto, ma anche un dovere verso il pianeta di attuare nella pratica il loro ordine mondiale alternativo. Questo si può ottenere unendo coloro che non sono d’accordo con l’egemonia americana e creando un’altra organizzazione internazionale parallela.
La Russia in particolare, con la sua Storia e tradizione culturale e spirituale può dimostrare di essere un degno antagonista della deriva neo liberal di Washington e della UE, facendosi interprete di una visione antitetica.
La Russia può essere un faro in Europa nella difesa dei valori della tradizione, con la sua connotazione identitaria, il suo rifiuto del progetto mondialista e delle sue implicazioni che sono la negazione dei valori tradizionali, come la famiglia, la spiritualità, i valori etici, la tradizione cristiano ortodossa contrapposta al materialismo dell’occidente americanizzato.
Tutti valori che nell’Unione Europea si vogliono sostituire con il relativismo morale, con la legalizzazione dei matrimoni gay, con la liberalizzazione totale dell’aborto, con l’eutanasia libera (applicata anche ai bambini come in Belgio) con il feticcio della società aperta e multiculturale.
La Russia può rifiutarsi di riconoscere i risultati del colpo di stato globale attuato dagli Stati Uniti nell’interesse del totalitarismo mondiale post-democratico, dimostrando di opporsi al Nuovo Ordine Mondiale.
Immagine:https://www.ausa.org/
FONTE: http://www.ilpensieroforte.it/mondo/5433-il-vertice-delle-democrazie-l-ennesimo-tentativo-dell-Impero-usa-di-dettare-le-sue-regole-al-mondo
Le Olimpiadi cinesi “prive di morale”
- La scomparsa avvenuta questo mese della star del tennis Peng Shuai ha indotto molte persone in tutto il mondo a mettere in discussione lo svolgimento dei Giochi Olimpici Invernali 2022 in programma a Pechino. L’inizio dei Giochi è previsto per il 4 febbraio.
- È giunto il momento che il mondo affronti la realtà del Partito Comunista Cinese e l’orribile sistema che ha costruito. C’è solo una scelta corretta: spostare le Olimpiadi.
- Ci sono molte ragioni per boicottare o per spostare le Olimpiadi da Pechino. (…) Naturalmente, nessun gruppo dirigente che orchestra stupri, schiavitù, detenzioni di massa, torture, uccisioni e espianti di organi dovrebbe essere autorizzato, tra le altre cose, ad ospitare eventi sportivi internazionali.
- Il Comitato Olimpico Internazionale sostiene che queste atrocità non sono di sua competenza. Eppure, la tutela degli atleti lo è. La detenzione di Peng ci dice che gli atleti non saranno al sicuro in Cina. I Giochi, dopo tutto, riguardano principalmente i partecipanti e la loro sicurezza personale deve essere la preoccupazione primaria.
- Seppur in questa fase avanzata, bisognerebbe boicottare o spostare i Giochi Olimpici dalla Cina.
La scomparsa avvenuta questo mese della star del tennis Peng Shuai ha indotto molte persone in tutto il mondo a mettere in discussione lo svolgimento dei Giochi Olimpici Invernali 2022 in programma a Pechino. L’inizio dei Giochi è previsto per il 4 febbraio.
Quindi, solo chi è privo di morale potrebbe pensare che sia una buona idea consentire al regime cinese che prende ostaggi, protegge gli stupratori e si macchia di genocidio di ospitare questa competizione sportiva.
È giunto il momento che il mondo affronti la realtà del Partito Comunista Cinese e l’orribile sistema che ha costruito. C’è solo una scelta corretta: spostare le Olimpiadi.
Per decenni, le persone hanno trascurato i grandi crimini del comunismo cinese perché avevano la speranza che, col tempo, si evolvesse e diventasse benigno. Quando il “riformatore” Deng Xiaoping mise ai margini Hua Guofeng, il successore prescelto da Mao Zedong, e organizzò alla fine del 1978 lo storico Terzo Plenum, gli stranieri pensavano di vedere una diversa, e di gran lunga superiore, “Nuova Cina”.
In effetti, quando il Partito Comunista lanciò la gaige kaifang – la politica di “riforma e apertura” – il regime moderò la sua politica estera e allentò o eliminò i controlli sociali totalitari. Allora, dominava l’ottimismo.
Ma ora non più. L’attuale governante ha invertito le tendenze che molti stranieri, così come lo stesso popolo cinese, hanno accolto con favore. Il gruppo dirigente, mai benevolo, è diventato ancora più mostruoso sotto Xi Jinping.
E poi entra in gioco la signora Peng, eroina dello sport e beniamina del pubblico cinese. Il 2 novembre, la donna ha pubblicato su Weibo, spesso definito il Twitter cinese, un’accusa secondo cui Zhang Gaoli, con l’aiuto di sua moglie, l’ha costretta a fare sesso.
Tale accusa non ha precedenti nella storia della Repubblica Popolare Cinese. Zhang era un tempo un alto dirigente, un vice premier che ha anche fatto parte dal 2012 al 2017 del Comitato permanente del Politburo del Partito Comunista, il più alto organo direttivo del Paese.
Il post di Peng Shuai è stato rimosso nel giro di mezz’ora e la due volte campionessa di doppio del Grande Slam, a Wimbledon nel 2013 e degli Open di Francia nel 2014, è scomparsa.
Il 17 novembre, China Global Television Network (CGTN), il braccio internazionale dell’emittente statale cinese China Central Television, ha pubblicato il testo di un’e-mail, in inglese, presumibilmente scritta da Peng. In quel messaggio, correttamente definito da molti come “inquietante”, la tennista ha scritto che stava “bene”. La giocatrice ha inoltre affermato che anche la “notizia” diffusa dalla Women’s Tennis Association “compresa l’accusa di violenza sessuale, non è vera”. Quasi nessuno crede che il messaggio sia autentico e non sia il risultato di una coercizione.
Successivamente, il 19 novembre un commentatore della CGTN ha postato su Twitter tre foto di Peng presumibilmente pubblicate per la prima volta dall’amico della star del tennis sulla popolare app cinese WeChat. La campionessa sembra felice nelle foto, mentre gioca con un gatto e degli animali di peluche, incluso un panda.
Poi, il 19 novembre, Hu Xijin, direttore del tabloid Global Times del Partito Comunista ha affermato su Twitter che Peng “apparirà presto in pubblico e parteciperà ad alcune attività”.
Hu è stato preveggente. Il giorno seguente, ha pubblicato due video che volevano dimostrare la presenza della tennista in un ristorante, a novembre. La conversazione al tavolo sta a indicare che i video erano stati girati il 20 novembre. Tuttavia, la conversazione è ampollosa e ovviamente messa a punto per evidenziare la data in cui doveva aver avuto luogo.
Infine, Hu ha pubblicato un video di una sorridente Peng che assiste a un torneo di tennis a Pechino, presumibilmente girato la mattina del 21 novembre.
La tennista non è l’unica figura di alto profilo ad essere trattenuta negli ultimi mesi. L’uomo d’affari Jack Ma, i giornalisti partecipativi Zhang Zhan e Chen Qiushi e la celebrità Zhao Wei sono tutti scomparsi. Si consideri questo uno schema.
La Cina di Xi Jinping è molto più coercitiva e reticente rispetto alla Cina dei tre decenni precedenti, e ciò indica che il regime sta tornando ai suoi vecchi metodi. Mao e il suo ammiratore Xi riflettono la vera natura del comunismo cinese.
Quel regime, ora dominato da Xi Jinping, è una minaccia per gli atleti che vanno in Cina per partecipare alle gare olimpiche, come dimostra l’episodio di Peng Shuai. “Gli atleti sono utili al Partito Comunista purché siano strumenti dello Stato”, ha detto al Gatestone Cleo Paskal della Foundation for Defense of Democracies. “Se cercano di essere individui, diventano un ostacolo. Lo Stato distruggerà l’individuo se quella persona rappresenta un rischio per il Partito”. Come osserva la Paskal, che è anche associate fellow presso la Chatham House, Peng rappresenta ora un rischio per il regime.
Ecco perché il regime farà in modo che Peng ritratti pubblicamente le accuse o la distruggerà. L’individuo non significa nulla nell’attuale sistema cinese. Troppe volte la televisione di Stato ha mandato in onda raccapriccianti confessioni di individui che sono ovviamente prostrati.
Il 18 novembre, il presidente Joe Biden, rispondendo a una domanda di un giornalista nello Studio Ovale, ha detto che stava considerando la possibilità di un boicottaggio diplomatico dei Giochi Olimpici di Pechino. Il senatore Tom Cotton, repubblicano dell’Arkansas ha appena chiesto “un boicottaggio totale“.
Ci sono molte ragioni per boicottare o per spostare le Olimpiadi da Pechino. Finora i sostenitori di tali azioni si sono concentrati sulle politiche di genocidio del Partito Comunista contro gli uiguri e altre minoranze turche e sui suoi altri crimini contro l’umanità. Naturalmente, nessun gruppo dirigente che orchestra stupri, schiavitù, detenzioni di massa, torture, uccisioni e espianti di organi dovrebbe essere autorizzato, tra le altre cose, ad ospitare eventi sportivi internazionali.
Il Comitato Olimpico Internazionale sostiene che queste atrocità non sono di sua competenza. Eppure, la tutela degli atleti lo è. La detenzione di Peng ci dice che gli atleti non saranno al sicuro in Cina. I Giochi, dopo tutto, riguardano principalmente i partecipanti e la loro sicurezza personale deve essere la preoccupazione primaria.
La Paskal rileva che lo svolgimento dei Giochi in Cina va contro l’intero concetto di competizione olimpica. “Le Olimpiadi riguardano gli individui che cercano di dare il meglio di sé”, afferma. “Questo è in antitesi con il Partito Comunista, che parla di sottomissione dell’individuo agli obiettivi dello Stato”.
Seppur in questa fase avanzata, bisognerebbe boicottare o spostare i Giochi Olimpici dalla Cina.
Gordon G. Chang è l’autore di “The Coming Collapse of China”, è Distinguished Senior Fellow presso il Gatestone Institute e membro del suo comitato consultivo.
FONTE: https://it.gatestoneinstitute.org/17992/olimpiadi-cinesi
Il Richelieu del Vaticano
Nei lunghi colloqui che ebbi con lui tra il 1980 e il 1981, don Mario Marini, non ancora monsignore, mi spiegava che dietro l’organigramma ufficiale del Vaticano si nascondeva un “direttorio occulto” alla cui testa era mons. Achille Silvestrini, che egli definiva “il Richelieu del Vaticano”, con riferimento al cardinale Segretario di Stato di Luigi XIII, Armand du Plessis de Richelieu (1585-1642), passato alla storia per l’abilità nei suoi intrighi.
«Il cervello del potere – raccontava don Marini – consiste in un modesto locale che quasi nessuno conosce dentro e fuori la Città dei Papi. Ufficialmente si chiama “ufficio del personale della Segreteria di Stato”, ma non si troverà il suo nome nell’annuario pontificio, benché questo offra una descrizione completa e dettagliata della Curia romana. Il “sancta sanctorum” di questo ufficio è un centro di archivi confidenziali, ben distinto dagli archivi ufficiali della Segreteria di Stato che, da parte loro, sono suddivisi in dipartimenti più o meno discreti. Questo ufficio riceve le informazioni, le conserva, ne orienta la ricerca, istruisce le pratiche, prepara i dossier, quando è il caso fa sparire le carte. Controllare questi archivi dell’“ufficio del personale” è come disporre di un esplosivo di elevata potenza. Significa, infatti, detenere un potere eccezionale, i cui orientamenti e le cui direttive riescono ad imporsi ai più recalcitranti, Perché in questo ufficio confluiscono e sono catalogate le informazioni sui personaggi di maggior rilievo nella vita della Chiesa del mondo intero. Qui si scheda e si prepara tutto ciò che concerne l’alto personale ecclesiastico, ivi compresi i “casi” più delicati di ordine teologico o morale. Dalla sommità di questo Olimpo può ad ogni istante cadere la folgore».
Sotto il pontificato di Giovanni Paolo II, le nomine dei vescovi e dei nunzi venivano preparate in questo ufficio, anche attraverso operazioni psicologiche e di condizionamento dell’opinione pubblica. Secondo mons. Marini, le decisioni in Vaticano venivano prese a tre livelli. «Il piano inferiore si trova in questo ufficio segreto, le cui chiavi sono nelle mani di mons. Giovanni Coppa, braccio destro di mons. Silvestrini. E là che sono raccolte e filtrate le informazioni per le nomine ecclesiastiche ed è là che possono essere create o distrutte delle reputazioni. Al piano superiore si esaminano in un ristrettissimo comitato gli elementi che permetteranno di compilare di dossier personali. A queste discussioni, oltre a mons. Coppa e al suo protettore, mons. Silvestrini, partecipano mons. Backis, così come mons. Martinez Somalo e il suo secondo, mons. Giovanni Battista Re. Esiste infine un terzo piano, dove sono ratificate le decisioni prese ai due livelli precedenti. Qui regna il cardinale Casaroli, che incarna l’establishment ereditato da Paolo VI».
Le decisioni, di fatto, erano prese da Casaroli e da Silvestrini che poi le presentavano al Papa, come frutto di una “decisione collegiale”. Giovanni Paolo II si limitava a scegliere uno dei tre candidati proposti dalla lobby per la nomina a vescovo, a nunzio o a qualsiasi ufficio della Curia romana”. Secondo mons. Marini, questo clan progressista, dopo aver studiato attentamente la psicologia di Giovanni Paolo II, finì per scoprirne il “tallone d’Achille” nel mito della collegialità, cara al cuore di Wojtyla. «Perciò gli si presenta astutamente, come frutto di una scelta collegiale tutto ciò che si vorrebbe vedere realizzato. Il Papa viene inoltre invitato a liberarsi dalle pastoie del governo della Chiesa, per dedicarsi alla sua missione pastorale e lasciare il peso organizzativo nelle mani dei tecnici e degli esperti. Contemporaneamente i mass media dipingono Giovanni Paolo II come un Papa forte e autoritario, contrapposto a Paolo VI, debole e indeciso».
Mons. Marini era convinto che ben scarsa fosse invece l’autorità reale di Giovanni Paolo II, espropriato dal suo potere di governo dalla Mafia vaticana. La carriera del cardinale McCarrick e di molti altri controversi prelati dell’epoca di Giovanni Paolo II, si svolse secondo questo meccanismo, in un’epoca in cui il Papa moltiplicava i suoi viaggi, lasciando alla Curia romana la scelta delle nomine, con qualche eccezione, come quando nel 1983 impose, contro i voleri della “Mafia”, mons. Adrianus Simonis (1931-2020) come arcivescovo di Utrecht e Primate dei Paesi Bassi.
Mons. Achille Silvestrini, cervello del direttorio occulto che guidava la politica vaticana, era nato il 25 ottobre 1923 a Brisighella, un piccolo comune della Romagna notoper aver dato la nascita, a otto cardinali. Ordinato sacerdote nel 1946, entrò nel 1953 nel servizio diplomatico della Segreteria di Stato vaticana, senza mai fare però l’esperienza delle nunziature. Mons. Marini diceva che Silvestrini aveva due padri ecclesiastici, uno nella carne e uno nello spirito: il primo era il cardinale Amleto Cicognani (1883-1973), nato come lui a Brisighella; il secondo mons. Salvatore Baldassarri, arcivescovo di Ravenna dal 1956 al 1975, quando era stato rimosso da Paolo VI per le sue posizioni filocomuniste.
Avevo conosciuto personalmente mons. Silvestrini il 22 maggio 1980, quando mi aveva ricevuto in Vaticano assieme ai dirigenti di Alleanza Cattolica Giovanni Cantoni e Agostino Sanfratello. Julia Meloni ricorda nel suo libro quel colloquio, in cui esponemmo a mons. Silvestrini l’urgenza di un referendum per abrogare la legge sull’aborto, approvata proprio quel giorno in Italia (The St. Gallen Mafia, Tan 2021, pp. 20-22). Silvestrini, ci rispose che considerava inopportuno il referendum, perché esso avrebbe causato una dannosa “contro-catechesi” abortista, nel senso che, se da parte cattolica si fossero volute abrogare le norme omicide, le forze abortiste le avrebbero difese con più vigore. In realtà egli era convinto della irreversibilità del processo di secolarizzazione, a cui la Chiesa, a suo parere, avrebbe dovuto adeguarsi. In questo spirito assecondava l’Ostpolitik e guidava la delegazione della Santa Sede per la revisione dei Patti Lateranensi, che produsse il Nuovo Concordato con l’Italia, firmato il 18 febbraio 1984 tra il cardinal Casaroli e l’allora presidente del Consiglio Bettino Craxi (cfr. R. de Mattei, L’Italia cattolica e il Nuovo Concordato, Fiducia, 1985).
Nel concistoro del 28 giugno 1988, Giovanni Paolo II creò Silvestrini cardinale e, tre giorni dopo, prefetto del Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica, la “Cassazione vaticana”. Nel 1991 fu nominato prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali, incarico lasciato nel 2000 a 77 anni, per raggiunti limiti di età. Gli ultimi anni della sua vita furono quelli in cui il cardinale Silvestrini dedicò tutte le sue forze a sostenere il progetto della “Mafia di San Gallo”.
Don Mario Marini invece nel 1983 fu destinato alla Congregazione del Clero, guidata dal cardinale Silvio Oddi (1910-2001), finché nel 1997 fu nominato Sottosegretario della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti.
Il 7 luglio 2007, pubblicando il motu proprio Summorum pontificum, Benedetto XVI lo nominò segretario aggiunto della Pontificia Commissione «Ecclesia Dei», ovvero numero 3, dopo il cardinale presidente Darío Castrillón Hoyos e il segretario monsignor Camille Perl. In pari tempo lo fregiò della dignità di canonico della Basilica Vaticana. Mons. Marini si spense a 73 anni il 14 maggio 2009, lasciando il ricordo di un carattere difficile, ma anche di un autentico servitore della Chiesa.
Il cardinale Silvestrini morì dieci anni dopo, il 29 agosto 2019, proprio nel giorno in cui il suo “figlioccio” Giuseppe Conte riceveva dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella l’incarico di formare un governo di sinistra in Italia. Conte, infatti, era un “pupillo” di Villa Nazareth il Collegio universitario protetto dal cardinal Casaroli e poi dal cardinal Silvestrini, che per decenni è stato un centro di relazioni a cavallo fra diplomazia e politica (cfr. Davide Maria De Luca, La Villa dove è nato il rapporto speciale tra Conte e il Vaticano, “Domani”, 19 gennaio 2021). Dopo la morte di Silvestrini la gestione di Villa Nazareth è stata presa in mano dall’arcivescovo Claudio Maria Celli, considerato in Vaticano come il vero erede del “Richelieu vaticano”. Papa Francesco è stato accolto a Villa Nazareth il 18 giugno 2016, dallo stesso Celli e dal cardinal Silvestrini, già provato dalla malattia in sedia a rotelle. Con loro era Angela Groppelli, la psicoterapeuta che per tanti anni ebbe in cura Silvestrini e che poi divenne il motore propulsivo dell’attività politica di Villa Nazareth.
L’arcivescovo Celli sarebbe colui che sta dietro l’apertura di papa Francesco alla Cina comunista, dopo il fallimento dell’Ostpolitik di Paolo VI con l’Unione Sovietica. Quel che è certo è che esiste una filiera che, attraverso la “Mafia di san Gallo”, rimonta alla “Mafia vaticana” degli anni Ottanta e, più indietro ancora, agli uomini di Paolo VI, con gli stessi obiettivi ideologici. Questa rete sotterranea, che ha guidato la politica ecclesiastica degli ultimi cinquant’anni, ha poco a che fare con il Corpo Mistico di Cristo che continua nella storia la sua missione di salvezza eterna delle anime, ma proprio per questo le sue trame meritano di essere conosciute.
FONTE: https://www.corrispondenzaromana.it/il-richelieu-del-vaticano/
La recente ondata di autoritarismo sul covid in Europa ha stabilito un precedente pericoloso
Dal Telegraph di Londra riprendiamo questo articolo
di Jonathan Sumption
L’assenza di scrupoli morali nel perseguire ciò che viene ritenuto “il bene comune”, è il primo sintomo del totalitarismo.
Ovunque in Europa, le norme più elementari della società civile stanno venendo rimpiazzate dal panico, con i non vaccinati che vengono esclusi da una gamma sempre più ampia di diritti fondamentali. L’Austria li ha criminalizzati. L’Italia gli impedisce di andare a lavorare. La polizia olandese ha sparato sui dimostranti, ferendone seriamente alcuni. Stiamo assistendo all’impazzimento di politici terrorizzati, che non riescono ad accettare il fatto di essere impotenti di fronte ad un fenomeno naturale.
Se il lockdown, le chiusure forzate e altre drastiche contromisure funzionano, perché mai questi paesi si trovano già alla quinta ondata della pandemia e al terzo o quarto lockdown? Quanto ci vorrà ancora prima che riconosciamo che queste misure non fanno altro che posticipare la durata dell’infezione al periodo successivo?
Se continuano a persistere, la logica ci dice che queste misure non verranno mai più rimosse. Ciò che una volta veniva giustificato come misura temporanea, da utilizzare “in attesa dei vaccini”, rischia adesso di essere imposto alla gente come cambiamenti permanenti nel loro modo di vita. L’aspetto forse più rivoltante di questa crisi è il vizio dei politici di incolpare altri per l’inefficacia delle proprie scelte politiche. Opporsi ai vaccini è stupido, perché sono molto efficaci per prevenire la malattia grave e la morte. Ma questi vaccini non sono altrettanto efficaci contro il contagio e contro la trasmissione del virus, come invece credevamo inizialmente.
Il cancelliere austriaco si è particolarmente distinto nel gioco di dare la colpa ad altri, e molti altri politici sono tentati di fare la stessa cosa. Eppure, la proporzione di persone completamente vaccinate in Austria è al 64%, ben superiore alla media europea del 57%. Belgio e Olanda sono fra i paesi più vaccinati d’Europa, al 74%, eppure hanno visto in forte aumento dei contagi. Nel frattempo, l’aspetto morale della questione viene completamente dimenticato. Alla base del problema c’è il fatto che si approcci la pandemia come un problema esclusivamente tecnico, che riguarda la salute pubblica, e non come un complesso problema economico, politico e sociale.
Questo porta all’illogica conclusione che non vi siano limiti a ciò che una maggioranza terrorizzata può imporre agli altri, nella speranza di proteggersi dall’infezione. L’assenza di scrupoli morali nel perseguire ciò che viene considerato “il bene pubblico”, è il primo sintomo del totalitarismo. La riduzione dell’essere umano a semplice oggetto della politica nazionale è il passaggio seguente.
L’interazione sociale con le altre persone non è un passatempo di lusso, ma è una necessità fondamentale degli esseri umani. Un minimo di rispetto per l’autonomia individuale dei nostri concittadini è essenziale per poter vivere in qualche modo in armonia. Queste sono le cose che ci rendono una comunità. I governi che ignorano questi fatti, violano un importante principio morale, e inevitabilmente si trovano a portare un attacco all’umanità delle loro popolazioni.
Chi si rifiuta di vaccinarsi potrebbe essere poco saggio, e forse anche egoista. Ma se a loro non viene nemmeno permesso di decidere a quali trattamenti medici sottoporsi e quali medicine debbano entrare nel loro corpo, allora dell’autonomia dell’essere umano rimane molto poco. E si apre la strada per il dispotismo e un’interminabile discordia sociale.
Noi tutti dovremmo porre attenzione su quanto facilmente una democrazia liberale possa venir sovvertita dal sentimento della paura.
https://www.telegraph.co.uk/news/2021/11/22/europes-new-wave-covid-authoritarianism-has-set-dangerous-new/
[Traduzione di Massimo Mazzucco per luogocomune.net]
FONTE: https://www.luogocomune.net/28-opinione/5904-la-recente-ondata-di-autoritarismo-sul-covid-in-europa-ha-stabilito-un-precedente-pericoloso
POLITICA
PD: L’ORGIA DEL POTERE
Il Partito Democratico, custode della storia egemonica del comunismo novecentesco, perde il pelo (e i voti) ma non il vizio. La sua vocazione a essere l’asso piglia tutto del potere ha attraversato indenne la vicenda politica di questo inizio secolo. E anche adesso che il centrodestra, maggioritario negli orientamenti elettorali del Paese, avrebbe il diritto di reclamare un suo esponente la prossima presidenza della Repubblica, i dem non ci stanno e la buttano in caciara minacciando la caduta del Governo Draghi (la kryptonite dei peones pentastellati) se un candidato di centrodestra dovesse prevalere nelle ormai vicine urne presidenziali. Lo ha detto Enrico Letta senza giri di parole: “Faccio un pronostico. Su questa elezione del presidente della Repubblica non credo ci sarà bisogno di misurare la compattezza dei singoli. E questo perché sono sicuro che sarà una elezione a larga maggioranza. Non può che essere a larga maggioranza, perché se non fosse così cadrebbe il Governo immediatamente… Sarebbe una contraddizione totale, che minerebbe la stessa tenuta del governo, se l’elezione del presidente della Repubblica avvenisse su un candidato di bandiera di uno due schieramenti”.
Proviamo a tradurne in chiaro il messaggio: giacché noi del Pd non abbiamo i numeri per votarci da soli un nostro uomo come capo dello Stato, pretendiamo che questi venga eletto con il nostro consenso. Per averlo non dovrà essere di centrodestra ma si dovrà individuare qualcuno formalmente “neutro” che tuttavia provenga dall’area culturale della sinistra. Se non è arroganza questa. La verità è che il comportamento bulimico del Partito Democratico nel voler compulsivamente occupare tutte le caselle del potere, anche quando perde le elezioni, è insopportabile. I dem rappresentano una porzione di elettori – mediamente uno su cinque – eppure hanno in mano l’Italia. E non solo. Si obietterà: se sono dove sono, cioè dappertutto, qualcuno deve averli aiutati a starci. Verissimo! C’è un concorso doloso, grande quanto una casa, dei venduti, dei voltagabbana e degli autolesionisti. Costoro, negli ultimi dieci anni, hanno consegnato una posizione dominante a un Pd bocciato nelle urne. Da Scelta civica, il listone civetta di Mario Monti, che nel 2013 drenò i voti moderati del centrodestra per donarli il giorno dopo la chiusura delle urne al centrosinistra, ai “quattro gatti randagi” di Angelino Alfano, al suicidio di massa, e neppure assistito, del Movimento Cinque Stelle: l’elenco degli epigoni di Giuda e Tafazzi sarebbe lungo.
Per comprendere la gravità del fenomeno trasformista a senso unico di marcia prendiamo in esame la legislatura corrente, iniziata nel 2018. Per il Partito Democratico le elezioni politiche sono state un bagno di sangue. Alla Camera dei deputati il Pd si è fermato al 18,76 per cento; al Senato ha totalizzato il 19,14 per cento. Il 2018 è stato l’anno del boom pentastellato con gli “onesti” grillini che hanno raccolto un consenso gigantesco proponendosi da alternativa radicale e irriducibile al sistema di potere centrato proprio sul Partito democratico. Alle Europee dell’anno successivo, per il Pd è andata meglio. È risalito al 22,74 per cento ma ha dovuto fare i conti con il successo a valanga della Lega salviniana che ha ricevuto il 34,26 per cento dei consensi, eleggendo a Strasburgo la più numerosa delegazione di europarlamentari dell’Unione. Poi la folle estate del Papeete e la capriola suicida del Cinque Stelle che di fatto hanno riportato in auge gli sconfitti piddini. Fotofinish: con il voto di un quinto degli elettori il Pd oggi si ritrova ad avere la presidenza del Parlamento europeo (David Sassoli), il Commissario all’Economia dell’Unione europea (Paolo Gentiloni), il presidente della Commissione Affari economici e monetari del Parlamento europeo (Irene Tinagli).
Con l’avvento del Governo Draghi il Pd ottiene i dicasteri più prestigiosi (Difesa, Lavoro, Cultura); la sua delegazione al Governo è la più numerosa grazie alla presenza di alcuni dei cosiddetti “tecnici” che, pur non avendo la tessera del Pd in tasca, sono notoriamente organici al partito. Come il ministro dell’Istruzione, Patrizio Bianchi, che è stato assessore alle Politiche europee per lo sviluppo, scuola, formazione, ricerca, università e lavoro della Regione Emilia-Romagna dal 2010, per due mandati, sotto la guida dei presidenti Vasco Errani e Stefano Bonaccini.
C’è anche il ministero della Salute, affidato a un esponente di Liberi e Uguali (Roberto Speranza). Ma cos’è Leu se non una costola del Pd? C’è poi il sottobosco del potere che pullula di incarichi di vertice nelle aziende partecipate dallo Stato e nei ruoli apicali della Pubblica amministrazione. Ancora non si è spento l’eco dell’abbuffata di nomine alla guida delle testate giornalistiche della Rai dove il Pd ha fatto la parte del leone prendendosi la guida, tra le altre, del Tg1 e la direzione degli approfondimenti, cioè i talk show d’informazione della Rai. Organigramma, peraltro, imbastito dall’Amministratore delegato Rai, Carlo Fuortes, noto per essere espressione del Partito Democratico e in particolare della corrente veltroniana.
Ovvio che siano professionisti d’area privi di formale iscrizione al partito: ma è così che si definiscono nel linguaggio del politicamente corretto le cinghie di trasmissione che ne veicolano la volontà egemonica all’interno della struttura pubblica. Potremmo andare avanti a lungo nell’elenco dei piazzati dal Pd, in particolare nel mondo della finanza, ma non occorre. È sufficiente non tralasciare la casella del re sulla scacchiera – il capo dello Stato – attualmente occupata da un esponente politico scelto da Matteo Renzi, al tempo segretario del Pd, a dimostrazione del fatto che quando la maggiore entità partitica della sinistra, sotto qualsiasi forma e assetto interno si sia presentata, ne abbia avuto l’opportunità non è scesa a patti con nessuno.
Quella per il Quirinale, nell’ottica dem, è la madre di tutte le battaglie perché incide pesantemente sulla composizione e sugli orientamenti del Governo. Sergio Mattarella docet. La sua ferma ostinazione a sbarrare la strada, in questa legislatura, a un Governo a guida centrodestra resterà nei libri di storia, tra le peggiori pagine della democrazia scritte nel nostro Paese. Ecco perché la conquista del Colle resti strategicamente determinante per le sorti di un partito, il Pd, che fa fatica a prevalere nelle urne. Ecco perché Enrico Letta sia tanto preoccupato dagli esiti del voto a Camere riunite e abbia cominciato a minacciare. E a ricattare per avere alla presidenza della Repubblica una personalità organica alla sinistra o, in subordine, tentare di lasciare al suo posto l’odierno inquilino in attesa di tempi elettoralmente migliori.
L’auspicio, a questo punto, è che il centrodestra non gliela dia vinta. Giorgia Meloni, Matteo Salvini e la corte dei miracoli di Forza Italia la piantino di beccarsi l’un l’altro come i manzoniani capponi di Renzo Tramaglino e facciano muro per prendersi, con tutti i mezzi leciti possibili, ciò che spetta di diritto al popolo del centrodestra: il Quirinale. Che venga eletto Silvio Berlusconi, meglio. Che tocchi a un’altra figura dai contorni liberal-conservatori ben delineati, bene ugualmente. Altri sette anni di un capo dello Stato che penda da una sola parte – sempre la stessa – come la Torre di Pisa, non ce li meritiamo. Stavolta l’abusato titolo di una fatica letteraria di Primo Levi lo prendiamo in prestito noi per dire a chi in Parlamento rappresenta tutti coloro che non stanno a sinistra e neppure ci vogliono finire: se non ora, quando?
FONTE: https://www.opinione.it/editoriali/2021/12/03/cristofaro-sola_pd-orgia-potere-comunismo-centrodestra-letta/
La sinistra politica strumento del potere globalista?
Se lo domanda un intellettuale americano per la sinistra USA. Valido in gran parte anche per l’Italia
La sinistra è l’UNICA formazione del paese che sostiene coerentemente le politiche governative draconiane e il monopoli corporate oppressivi.
Sono le sole persone che supportano la censura di massa di punti di vista opposti attraverso Big Tech e social media. Sono le uniche persone che chiedono il deplatforming e la “cancellazione” delle personalità pubbliche che osano esprimere opinioni contrarie alla narrativa di sinistra. Sono l’unico gruppo che ha una vasta maggioranza a sostegno dei lockdown e dei e dei green pass obbligatori. Sono le uniche persone che chiedono in modo aggressivo le vaccinazioni forzate della popolazione. Sono le uniche persone che chiedono che i non vaccinati vengano rimossi dal loro lavoro o debbano affrontare potenziali accuse penali. Sono le uniche persone che spingono per l’indottrinamento dei bambini in età scolare con la teoria critica della razza (che è essenzialmente razzismo riconfezionato come attivismo accademico).
Queste persone sono estremamente antipatiche. Si potrebbe pensare che rimanessero ai margini della società, dove possono fare poco male, ma non è stato così. Come mai? Beh, non è perché sono la maggioranza, almeno non in modo tradizionale. In realtà sono una minoranza sulla maggior parte delle questioni con poche eccezioni . Tuttavia, sono altamente organizzati, risoluti (alcuni direbbero di mentalità alveare) e hanno il pieno sostegno delle nostre strutture di potere nazionali.
Ecco il punto: molti conservatori presumono erroneamente che la sinistra politica sia diventata una sorta di forza autonoma all’interno della nostra cultura che ha il potere di influenzare i massicci interessi del governo e delle imprese, piegando questi interessi alla loro volontà. Questo semplicemente non è vero ; questi gruppi non pensano da soli. La realtà è che è la dinamica opposta; sono le istituzioni governative, corporative e decisamente GLOBALISTE che hanno un’influenza e un controllo diretti sulla sinistra politica. Le persone di sinistra sono strumenti del sistema globalista, non sono un movimento “di base” che “vuole distruggere la società patriarcale” .
Sono tutti schiavi nella piantagione globalista.
Da dove traggono effettivamente il loro potere i membri di sinistra? Dal culto della giustizia sociale? Dalla minaccia pervasiva della violenza di massa?
No non lo è. Chiediamoci: quando è stata l’ultima volta che hai visto una presenza organizzata della polizia e una risposta alla rivolta ai gruppi di sinistra che saccheggiavano e incendiavano le città? In quasi tutti i casi alla polizia viene detto di non intervenire dai funzionari della città e dello stato; gli viene detto di non fare nulla . Ho visto effettivi controlli antisommossa usati contro veri manifestanti pacifici in eventi come il G20. L’ho visto personalmente. Quando i poliziotti vogliono davvero controllare e disperdere una folla, hanno molte armi nel loro arsenale per farlo accadere. Il fatto è che le rivolte di sinistra continuano per diversi giorni alla volta proprio perché è PERMESSO di continuare per diversi giorni alla volta. Quando vengono arrestati per le loro attività, di solito vengono rilasciati senza accusa .
Che dire della prevalenza della “cancel culture” e dell’uso dei mobbing online contro le persone che non piacciono alla sinistra? Questo ha funzionato sempre meno perché il resto del pubblico è stato reso consapevole della tattica attraverso gli sforzi instancabili dei media alternativi e di libertà, ma per circa quattro anni la sinistra ha avuto carta bianca per distruggere le vite e le carriere di chiunque loro volkessero . Basta guardare l’attrice Gina Carano o l’ufficiale di polizia della Virginia William Kelly come ottimi esempi di cancel culture in azione.
Il problema è che la sinistra non avrebbe il potere di cancellare nessuno senza il supporto costante di Big Tech, Hollywood, i media mainstream e le corporazioni internazionali. Queste aziende in realtà non si preoccupano di cosa pensano i guerrieri di piazza della giustizia sociale, e di certo non hanno paura di una piccola minoranza di pazzi con zero influenza sui consumatori. Tuttavia, sono la base di controllo che consente alla sinistra di utilizzare strumenti legittimi per decostruire la vita delle persone. Il mondo corporate aiuta la sinistra perché gli obiettivi della sinistra servono gli interessi corporate .
E per quanto riguarda il governo in generale? Ricordo che alcuni anni fa ho avvertito le persone che l’estremità estrema dello spettro di sinistra sarebbe diventata la norma per il Partito Democratico nel momento in cui Trump non fosse stato in carica. Molte persone hanno detto che ero pazzo e che l’ascesa di Trump indicava che sarebbe successo il contrario. Ora guardali.
Biden e metà di tutti i leader democratici parlano regolarmente contro la “ supremazia bianca” e di “giustizia sociale”. Il partito è diventato esattamente ciò che è sempre stato destinato a diventare: un veicolo per la sovversione comunista. Democratici regolari e moderati potrebbero non essere d’accordo con questo tipo di fanatismo ideologico estremo, ma la maggior parte di loro tiene la bocca chiusa perché temono di essere etichettati come eretici e cacciati. Molti dicono di sostenere la causa solo per evitare di distinguersi dal gregge. Essere chiamati “bigotti” o “misogini” o “razzisti” funziona solo su persone che si preoccupano davvero e pensano che quelle parole abbiano ancora un significato. Vale a dire, la maggior parte dei meccanismi di controllo della giustizia sociale sono progettati per intrappolare altri esponenti della sinistra, non i conservatori dal libero pensiero.
Gli attivisti di sinistra non avrebbero alcuna influenza politica senza l’avido sostegno dei leader all’interno del partito democratico. I politici danno alla sinistra i denti che usano per mordere le caviglie dei loro avversari.
Questo ci porta al centro sottostante di tutta l’influenza sociopolitica: le basi globaliste. Da dove i gruppi di sinistra ottengono tutti i finanziamenti per lanciare organizzazioni come Black Lives Matter? In che modo programmi come la “social justice” (verso le minoranze razziali o sessuali) e la teoria critica della razza” trovano la loro strada nel mondo accademico universitario e fino al sistema scolastico pubblico? Qual è la fonte del marxismo culturale e come è diventato così pervasivo in primo luogo?
Fondazioni globaliste come Ford Foundation, Rockefeller Foundation, Tavistock Institute, Open Society Foundation di George Soros, ecc. Di solito sono la origine del capitale iniziale e spesso il curriculum per la maggior parte dei movimenti di sinistra. Ad esempio, Open Society e Ford Foundation , in partnership con Borealis Philanthropy, sono state fondamentali nella creazione di Black Lives Matter, canalizzazione centinaia di milioni di dollari nel movimento nei suoi primi giorni.
Ford Foundation, Open Society, Rockefeller Foundation e dozzine di altre istituzioni globaliste sono anche profondamente coinvolte nel finanziamento e nella proliferazione della teoria critica della razza e dei programmi di studi di genere. Ancora una volta pompando centinaia di milioni di dollari nei gruppi di giustizia sociale e nell’indottrinamento universitario.
Per estensione, le istituzioni globaliste e le società internazionali hanno investito circa 50 miliardi di dollari in totale nello sviluppo di programmi di “social justice” . Le aziende implementano corsi di indottrinamento per i propri dipendenti, insegnando loro i torti che come maschi bianchi hanno fatto ai negri, alle donne o ai gay e per i quali devono chiedere perdono cedendo loro i propri posti di prestigio – ma diffondono anche la propaganda da social justice warriors al subconscio pubblico attraverso spot pubblicitari e media popolari.
Sono state le istituzioni globaliste come la Fondazione Rockefeller e la Fondazione Ford che hanno finanziato molti elementi del movimento femminista e dei movimenti di “studi di genere” dalla fine degli anni ’60 in poi. Non possiamo dimenticare di includere le grandi donazioni della Fondazione Rockefeller a “The Feminist Press” e i programmi della Fondazione Ford per incoraggiare gli insegnanti a inserire nel loro curriculum argomenti di discussione sulla giustizia sociale nel senso woke (per le altre sessualità e diritti di “genere”) . Questo è ammesso apertamente nel libro di Alison R. Bernstein “Finanziare il futuro: l’influenza della filantropia sull’istruzione superiore americana” . Bernstein (j) è il vicepresidente dell’Istruzione presso la Fondazione Ford e ex Preside Associato di Facoltà a Princeton.
Non è un caso che quasi ogni aspetto e obiettivo dell’attivismo di sinistra sia elencato anche negli obiettivi dell’iniziativa Agenda 2030 delle Nazioni Unite , che mescola alcuni sentimenti molto buonisti sull’”uguaglianza” e sulla fine della povertà in una dichiarazione di missione inquietante sulla “trasformazione del mondo” attraverso l’”inclusività” globale, la “sostenibilità” aggressiva e l’”equità” razziale e di genere. Se non hai familiarità con queste parole d’ordine dovresti esserlo; rappresentano un programma orwelliano di ingegneria sociale che l’ONU sta cercando di guidare.
Ultimamente ho fatto questa domanda alla sinistra e non ho ancora ricevuto alcuna risposta concreta o significativa: Se supponi che tu sia il perdente sociale e il rivoluzionario, allora perché tutte le élite malvage del denaro sono dalla tua parte? Perché tutte le persone contro cui dici di combattere ti danno miliardi di dollari e fanno rispettare la tua volontà politica? È possibile che multinazionali, corporatisti, globalisti e voi di sinistra facciate tutti parte della stessa macchina?
Il rapporto tra il progetto dei globalisti e il progetto della sinistra politica sta diventando sempre più evidente e intrecciata. I globalisti vogliono smantellare le strutture occidentali tradizionali, e così anche la sinistra. I globalisti vogliono dettare la crescita economica attraverso il controllo del carbonio e l’allusione al cambiamento climatico, e così anche la sinistra. I globalisti promuovono un approccio decisamente comunista alla proprietà privata e all’economia, argomentando a favore della “Sharing Economy” , il reddito di cittadinanza universale (UBI) e un mondo in cui “non possediamo nulla e siamo felici”. La sinistra sta abbracciando questo concetto
Naturalmente, le élite del denaro continueranno a mantenere la loro ricchezza e influenza mentre il resto di noi è reso “uguale” attraverso l’uguaglianza della povertà…
Quello che vedo andando avanti è che la sinistra sta diventando la Ceka, ovvero i commissari politici del “Grande Reset” globalista. Sono stati plasmati per decenni per questo ruolo e il loro scopo è fornire un elemento di forza sociale e l’illusione del consenso. La cosa interessante di questa strategia è che cerca di sfruttare le persone che si sentono “oppresse” dal sistema esistente, o che gli è stato insegnato a sentirsi oppresse . Come con qualsiasi presa di potere marxista, i globalisti usano i “non abbienti” come scudo mentre ottengono più potere.
Ogni volta che un conservatore critica le bugie e la manipolazione del movimento Black Lives Matter, per esempio, veniamo accusati di “razzismo”. E questo è il grande trucco: sappiamo tutti che BLM (fondato da devoti marxisti e finanziato da globalisti) non ha nulla a che fare con i diritti civili o la giustizia razziale, è solo un mezzo per distruggere la società occidentale e sostituirla con un incubo distopico. Questo è ciò che stiamo criticando. Le vite dei neri non sono il problema, il problema sono il globalismo e il comunismo.
Giustizia sociale e i movimenti di sinistra sono una cortina fumogena per un’agenda più ampia e la sinistra ama essere usata.
Perché fanno questo? È un errore presumere che siano semplicemente “utili idioti”. Sì, alcuni di loro lo sono, tuttavia, penso che le persone che cadono nel culto di sinistra siano persone che sono naturalmente inclini a farlo. Sono narcisisti, degenerati, pigri, viziati e deboli. Sono persone che generalmente non sono in grado di sopravvivere in modo indipendente e lo sanno, quindi cercano strutture collettiviste di cui unirsi e di cui nutrirsi.
Non sono innocenti in tutto questo. A loro non importa se vengono sfruttati dalle élite perché pensano che sia uno scambio di potere e controllo che altrimenti non avrebbero. Sono partner del globalismo e il globalismo genera e incoraggia il male.
È importante capire questa dinamica andando avanti perché vedo spesso l’argomento che i globalisti stanno cercando di “dividere e conquistare” l’America. In verità siamo GIÀ divisi e lo siamo da tempo. Cercare di parlare ed educare i moderati sui fatti è una cosa, ma non ha molto senso cercare di impegnarsi in diplomazia con la sinistra. Hanno già scelto un lato, e non è il lato della ragione o della libertà.
Brandon Smith
FONTE: https://www.maurizioblondet.it/la-sinistra-politica-strumento-del-potere-globalista/
Obbligo vaccinale e lockdown per colpire l’opposizione. Il modello Austria
“La peculiarità austriaca nella pandemia è la presenza in Parlamento di una forza politica che agisce in modo irresponsabile contro la scienza e alimenta le paure collettive”: queste le sconvolgenti parole, in un’intervista al Corriere della Sera, del neo cancelliere austriaco Alexander Schallenberg. “Il mio credo – ha continuato il cancelliere – è sempre stato convincere i non vaccinati a vaccinarsi piuttosto che limitare la libertà di chi si è immunizzato. Ma i numeri del contagio crescevano in modo esponenziale e siamo stati costretti a introdurre un lockdown nazionale, sia pure limitato nel tempo. Ne valuteremo gli effetti giovedì prossimo e l’accordo è di terminarlo entro il 10 dicembre”.
“Il nostro obiettivo – ribadisce Schallenberg – rimane quello di dare ai vaccinati il massimo di libertà possibile. Capisco che sia difficile differenziare, compito di un politico è unire il popolo. Ma in una pandemia, c’è una differenza tra chi è in grado di resistere al virus perché immunizzato e chi rifiuta di vaccinarsi. Quanto alla vaccinazione obbligatoria, forse ho sperato troppo a lungo che si potessero convincere quanti più austriaci possibile a farlo volontariamente. Sfortunatamente non ha funzionato e con una quota del 66% di vaccinati sull’intera popolazione non usciremo mai dal circolo vizioso di nuove ondate e nuovi dibattiti sul lockdown, che è una pesante interferenza nelle libertà fondamentali dei nostri cittadini. L’obbligo vaccinale al confronto è una interferenza minore…”.
“La maggiore differenza tra l’Austria e gli altri Paesi europei – insiste il cancelliere – è che il terzo partito del nostro Parlamento sia apertamente e vocalmente contro la vaccinazione, negando che sia il solo biglietto d’uscita dalla pandemia”. E cosa fare se un partito di ‘peso’ si oppone alla vaccinazione obbligatoria? La risposta di Schallenberg è semplice: dato che per lui il partito in questione, la Fpo, non parla a nome del terzo della società non vaccinata, va semplicemente ignorato e si va avanti, dritti come fusi, verso una stretta addirittura sull’obbligo vaccinale. “Prima, tutti quelli non vaccinati riceveranno una notifica che li invita a farlo. Chi non lo fa entro quella data dovrà pagare una multa salata. Ma per me – rassicura – è l’extrema ratio. Spero che il nostro lavoro di convincimento spinga le persone a non aspettare l’ultimo momento”. “Da noi ci sono forse politiche che agiscono contro la scienza” insiste Schallenberg “non avremo mai il cento per cento dei vaccinati, ma possiamo avvicinarci con una campagna mirata”. Cosa succede se si ignora volutamente una forza politica che si oppone ad una campagna vaccinale? Cosa resta? Verrebbe da tirare fuori la parola ‘dittatura’, anche se a molti non piace. Ma è davvero difficile trovare altre definizioni …
FONTE: https://www.ilparagone.it/attualita/obbligo-vaccinale-e-lockdown-per-colpire-lopposizione-il-modello-austria/
SCIENZE TECNOLOGIE
L’ecosistema della bicicletta vale 9 miliardi di euro
Come rivela l’ultimo Market Watch di Banca Ifis, in Italia l’industria ciclistica non sembra accusare la crisi, anzi le aziende continuano a investire e il mercato è in espansione. Merito soprattutto delle buone pratiche nel campo della sostenibilità ambientale e dell’innovazione: la crescita è trainata dalla diffusione delle eBike
La crisi economica dell’ultimo anno ha investito tutti i settori, ogni angolo dell’economia. Alcuni mercati hanno resistito meglio, altri si sono trasformati per sopravvivere. Altri ancora si sono rivelati perfino anticiclici: nel settore della bicicletta, ad esempio, nel 2020 ben il 90% dei produttori ha aumentato o confermato gli investimenti previsti.
Lo rivela l’ultimo Market Watch di Banca Ifis. Lo studio dedicato all’ecosistema italiano della bicicletta – una filiera che conta circa 2.900 imprese, 17mila addetti e 9 miliardi di euro di ricavi annui – dimostra che in Italia le due ruote vantano una passione inscalfibile e un mercato ancora molto vivo.
La produzione e la vendita di biciclette Made in Italy non ha nulla da invidiare ad altri comparti manifatturieri: dopo una fase di contrazione, che ha caratterizzato l’industria dalla fine degli anni Novanta fino al 2017 – causa delocalizzazione delle filiere e calo della domanda interna –, dal 2018 a oggi la produzione italiana segna un netto +20%.
Nel biennio 2021/2022, riporta lo studio di Banca Ifis, un’azienda del settore su due prevede un aumento dei ricavi e solo il 10% stima una contrazione. Un segnale di un comparto che cresce sull’onda dell’innovazione e dell’impronta sostenibile: nel 2020 sono state prodotte in Italia oltre 3 milioni di bici, +20% rispetto al 2018.
La filiera della bici, infatti, è anche e soprattutto il mondo della sostenibilità e dell’innovazione. Il mercato è vivace con una forte richiesta di prodotti più economici e più tecnologici.
La riduzione dell’impatto ambientale è una priorità per circa 8 imprese su 10. Il 69% dei produttori è impegnato nel riciclo dei rifiuti, il 24% si è attivato per ridurre gli scarti di produzione, il 21% punta sulla riduzione dei consumi e su opere di efficientamento energetico, il 16% sull’utilizzo di fonti di energia rinnovabili e il 9% è riuscito a ridurre le emissioni e l’utilizzo di inquinanti.
Un quarto circa delle aziende si impegna in azioni di economia circolare (quota che sale al 31% tra le aziende con più di 20 addetti), in particolare in progetti che tengono conto del fine vita dei prodotti esistenti (75%) o di design circolare (25%).
Non a caso, il driver di mercato oggi è la bici elettrica: +44% nel 2020 le vendite di eBike, l’81% dei distributori stima un trend in crescita anche per il biennio 2021/22.
Non solo, negli ultimi 5 anni in Italia si sono quintuplicate le vendite di biciclette elettriche, passando da poco più di 50mila pezzi annui del 2015 ai 280mila del 2020, il 14% del totale venduto.
Inoltre, secondo un sondaggio contenuto nel report Market Watch, il 90% dei produttori è sicuro che l’eBike sarà una rivoluzione duratura della mobilità per la crescente attenzione alla sostenibilità, gli incentivi all’acquisto e all’innovazione che porta modelli sempre più leggeri e performanti.
Le aziende del comparto – che comprende produttori di macchine industriali per la produzione di biciclette (5%), produttori di biciclette e componentistica (21%) e distributori all’ingrosso, commercianti al dettaglio e noleggiatori (74%) – sono particolarmente proiettate sui mercati esteri: circa il 42% del fatturato (633 milioni di euro) va oltre confine. Ma l’importazione, soprattutto di componentistica, ha ancora un forte peso: oltre la metà dei produttori e grossisti importano materiale dall’estero, con la Cina nelle vesti di primo fornitore. Inevitabilmente, su questo fronte l’industria soffre l’aumento dei prezzi delle materie prime.
Se il mercato della bici è ancora florido, però, è soprattutto perché l’Italia è un popolo di ciclisti. Nel 2020 sono state vendute oltre 2 milioni di bici tra prodotti made in Italy e d’importazione (+17% rispetto al 2019 e + 26% rispetto al 2018) di cui 1,73 milioni di bici tradizionali (+14%) e 280 mila eBike (+44%).
Circa il 50% in media della produzione e delle vendite italiane è riservata al ciclismo sportivo amatoriale dove si contano 10,7 milioni di appassionati (circa il 21% dell’intera popolazione), di cui 4 milioni di praticanti sportivi amatoriali e di cicloturismo che si concentrano in Lombardia, Emilia-Romagna e Veneto.
L’indotto del turismo a due ruote ha numeri importanti: secondo Legambiente i cicloturisti spendono 4,6 miliardi di euro l’anno, pari al 5,6% dell’intera spesa turistica generata a livello nazionale. Ma le potenzialità di crescita sono fino a 20 miliardi, si legge nel report Market Watch di Banca Ifis.
È un mercato vivace soprattutto nel Nord Italia, che attira molti stranieri (il 62% del totale dei cicloturisti) che generano una spesa pari a 2,9 miliardi di euro l’anno e provengono soprattutto da Germania, Francia e Austria.
Nel complesso al cicloturismo sono riconducibili 55 milioni di pernottamenti l’anno sul territorio nazionale. Il Trentino-Alto Adige propone le migliori best practice con un’ampia offerta di percorsi, una rete di trasporti, punti ristoro e servizi dedicati alle due ruote. La regione ottiene in media 338 mila euro di ricavi per chilometro ciclabile.
Adeguandosi a questi standard qualitativi, il comparto potrebbe incamerare, secondo le stime dell’Ufficio studi di Banca Ifis, circa 20 miliardi di euro dai cicloturisti, quadruplicando di fatto i volumi attuali. Uno degli elementi chiave per migliorare l’offerta è il potenziamento della rete viaria dedicata.
A oggi, le piste ciclabili presenti nelle 22 principali città italiane si estendono per 2.341 km, cui si aggiungeranno ulteriori 2.626 km di piste già previste nei Piani Urbani di Mobilità Sostenibile, e 58mila km di ciclovie.
Infine, va ricordato che il ministero delle Infrastrutture e della Mobilità prevede di investire 600 milioni di euro nell’ambito del Piano nazionale di ripresa e resilienza per la “mobilità dolce”, cioè per la realizzazione di altri 1.800 km di percorsi ciclabili. Il futuro dell’Italia è sempre più su ruote e pedali.
FONTE: https://www.linkiesta.it/2021/09/banca-ifis-ecosistema-della-bicicletta-vale-9-miliardi-di-euro/
2020: Odissea nello spaccio (di dati)
Di come la scuola italiana abbia dato il peggio di sé con la tecnologia, finendo con noncuranza nell’illegalità
STORIA
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