RASSEGNA STAMPA DETTI E SCRITTI 5 APRILE 2022

RASSEGNA STAMPA DETTI E SCRITTI 5 APRILE 2022

A cura di Manlio Lo Presti

Esergo

Il capitalismo? Libera volpe in libero pollaio.

(Che Guevara)

In: GINO & MICHELE, Anche le formiche nel loro piccolo s’incazzano, Baldini & Castoldi, 2003, pag. 606

 

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SOMMARIO

PISA: SI TROVA NEL GREEN PASS LE TASSE NON PAGATE
Ucraina, guerra psicologica dell’occidente e le “realtà parallele” (Prima Parte)
Il mainstream Newsweek ammette: “Putin riduce al minimo le vittime civili”
Hunter Biden Investment Fund coinvolto nel finanziamento di biolaboratori in Ucraina
IL FATTORE K E LA REGRESSIONE DELL’ITALIA ALL’ETÀ INFANTILE
DALLA PADELLA DELLA COREA DEL NORD ALLA BRACE DELLA CANCEL CULTURE AMERICANA
Dalla sottomissione alla guerra: basta non farsi domande
RIARMIAMOCI E PARTITE
Calcio, siamo la nazione con più stranieri. Dalla Serie A alle scuole calcio, la radiografia di un fallimento
SIAMO IN GUERRA DA DIECI ANNI, FACCIAMOCENE UNA RAGIONE
Intervista al generale Li Gobbi sull’ucraina
Le Accabadoras e Le Bogadoras: coloro che iniziano e terminano la vita. La vera storia delle Janas Bifronte
Uno strano suono si è sentito in tutto il lago Nyos
Ucraina, era tutto scritto nel piano della Rand Corp
Ucraina: l’attacco lo lanciò la Nato otto anni fa
La Bce scarica l’Italia. Ecco le 3 mosse con cui saremo abbandonati al mercato
Varianti e inflazione: cronaca di una demolizione controllata
Russia e Cina rimpiazzano il sistema SWIFT
Buffet cambia idea e scopre le azioni petrolifere, anche a costo elevato
Tutti invocano la Corte Penale Internazionale ma nessuno ne fa parte
“Non si possono isolare e discriminare i lavoratori non vaccinati”: la storica sentenza
“L’Europa ha fallito, condannando l’Italia”: Cacciari durissimo con l’Ue sulla guerra in Ucraina

 

 

IN EVIDENZA

PISA: SI TROVA NEL GREEN PASS LE TASSE NON PAGATE

L’inquietante scoperta di una famiglia che non ha pagato due rate dello scuolabus per protesta ci proietta direttamente nel sistema di credito sociale cinese in Italia

Un altro triste aggiornamento per chi crede che il green pass sia una misura sanitaria, e che sarà valuta estinta con la fine dello stato di emergenza.

Una donna residente nella provincia di Pisa si è vista buttar fuori i figli dal pulmino della scuola perché non vaccinati. Per protesta – e anche perché obiettivamente le veniva impedito di usufruire del servizio per motivi chiaramente discriminatori su base sanitaria – ha smesso di pagare le rate dello scuolabus, che sono una sorta di tassa comunale. Smanettando un po’ sull’iOS, sistema operativo di Apple con cui è collegato il suo green pass da tampone – un altro ricatto subito per lavorare – fa una scoperta a dir poco allarmante: nel suo green pass sono attestate le due rate dello scuolabus non pagate.

Invitiamo tutti i lettori a fare come ha fatto questa cittadina, a controllare accuratamente la propria tessera verde e diffonderne la notizia, perché se confermata da ulteriori esperienze questa sarebbe la prova che la cittadinanza a punti è già stata attivata a nostra insaputa, e che il governo sta raccogliendo informazioni non solo sanitarie, ma fiscali, con il green pass. E questo, insieme all’inquietante riforma di digitalizzazione del fisco, ci porta dritti dritti verso il sistema di credito sociale italiano su modello cinese. Emerge sempre più chiaramente il gioco della cricca globalista: non è il green pass che serve a spingere le vaccinazioni, ma in generale le misure sanitarie sono servite a implementare un meccanismo di controllo sociale che difficilmente riusciremo a scardinare senza una vera lotta di popolo.

MDM 09/03/2022

Fonte https://t.me/vvincvvv/10463

FONTE: https://comedonchisciotte.org/pisa-si-trova-nel-green-pass-le-tasse-non-pagate/

Ucraina, guerra psicologica dell’occidente e le “realtà parallele” (Prima Parte)

27 03 2022

di Roberto Buffagni 

In questa prima parte sintetizzo con la massima brevità i punti essenziali dall’operazione di guerra psicologica condotta dall’Occidente nell’ambito delle ostilità tra Russia e Ucraina, volta alla creazione di una vera e propria Realtà Parallela; operazione disinformativa di una vastità, capillarità, radicalità senza precedenti storici. Elenco gli snodi essenziali della “narrativa” occidentale, e li metto a confronto con le realtà fattuali e documentali che essi distorcono e occultano.

 

Nella seconda parte analizzerò i fondamenti culturali e ideologici sui quali la campagna di guerra psicologica fa leva e aggiungerò alcune considerazioni.

 

  1. Dall’inizio delle ostilità in Ucraina l’Occidente ha organizzato una vastissima, capillare, radicale campagna di guerra psicologica volta alla creazione di una Realtà Parallela.
  2. Che cos’è una Realtà Parallela? Quale caratteristica essenziale la distingue dalla realtà? La Realtà Parallela è dove muoiono solo gli altri. La realtà è dove muori anche tu, dove muoio anche io. Come il desiderio, la Realtà Parallela non ha limiti. La realtà è ciò che impone limiti al desiderio.
  3. A creare la Realtà Parallela è lo sforzo internazionale di circa 150 aziende di Pubbliche Relazioni, coordinate da Nicky Regazzoni, cofondatore di PR Network[1] e Francis Ingham[2], un esperto di pubbliche relazioni strettamente legato al governo britannico. Nell’articolo di Dan Cohen linkato in calce, abbondanti informazioni e documentazione in merito[3].
  4. Gli snodi narrativi fondamentali della Realtà Parallela sono:
  5. L’invasione russa dell’Ucraina è solo il primo passo di un progetto di espansione imperiale russa a danno dei paesi europei. Vanno dunque occultate tre realtà: che la Russia ha invaso l’Ucraina per difendersi dalla NATO, l’alleanza militare più potente al mondo; che un’espansione imperiale russa a danno di altri paesi europei implicherebbe un conflitto diretto con la NATO; che la Russia non dispone dei requisiti fondamentali (potenza demografica, potenza economica, potenza militare) per tentare un’espansione imperiale ai danni di altri paesi europei.
  6. L’Ucraina può vincere da sola contro la Russia, se l’Occidente la sostiene con le sanzioni alla Russia e l’invio di armi. Vanno dunque occultate le seguenti realtà: che la Russia sta impegnando in Ucraina circa 180.000 effettivi, e può disporre di altri 600-700.000 uomini, per tacere della sua netta superiorità di mezzi, mentre l’Ucraina sta impegnando tutti i suoi uomini e i suoi mezzi: l’esito militare del conflitto è dunque predeterminato. La Russia sta vincendo. Lo prova il fatto che essa non fa affluire ingenti rinforzi in Ucraina, come certo farebbe se fosse in difficoltà sul campo.
  7. La Russia è in malafede quando sostiene che l’invasione è motivata dal possibile ingresso dell’Ucraina nell’Alleanza Atlantica. Per la Russia, la guerra ha sia motivazioni di espansione imperiale [v. sub a] sia ideologiche: è “una guerra contro la democrazia”. La posta in gioco sono dunque i “principi universali”[4], il diritto di ciascuno Stato alla propria sovranità e indipendenza. Va dunque occultata la realtà che il 15 dicembre 2021, la Russia ha aperto una trattativa diplomatica con gli USA, nella quale chiedeva due sole cose: firma di un trattato a garanzia che l’Ucraina non sarebbe entrata nella NATO; applicazione dei Trattati di Minsk a tutela delle popolazioni russofone del Donbass (per intenderci, sul modello Alto-Adige). Nella proposta russa, non si faceva alcuna menzione del regime politico ucraino, né si chiedevano menomazioni territoriali o politiche della sovranità ucraina. L’iniziativa diplomatica russa del 15 dicembre seguiva immediatamente la sottoscrizione, in data 10 novembre 2021, dello US-Ukrainian Charter on Strategic Partnership[5], che ribadiva la dichiarazione del Summit NATO di Bucarest 2008 sull’ingresso dell’Ucraina nella NATO[6], e l’integrazione operativa tra FFAA ucraine e NATO[7]Se gli USA avessero accettato le richieste russe del 15 dicembre 2021, in Ucraina non si sarebbe sparato un colpo.
  8. Dopo la dichiarazione del Summit NATO di Bucarest 2008 preannunciante l’ingresso nell’Alleanza Atlantica di Georgia e Ucraina, la scelta di compiere anche formalmente l’ingresso nella NATO spettava esclusivamente alla libera scelta del governo ucraino, democraticamente eletto. Va dunque occultata la realtà che il presidente Zelensky si è lasciato sfuggire in un’intervista con il giornalista della CNN Fareed Zakaria[8]: “Zelensky: ‘In Occidente tutti mi hanno detto che non abbiamo alcuna possibilità di entrare a far parte di NATO o UE. Ho chiesto loro di non mettere all’angolo il popolo ucraino perché il nostro popolo è coraggioso e anche l’Occidente dovrebbe avere il coraggio di dire apertamente al popolo ucraino che, beh, non diventerai un membro NATO-UE. Non hanno una posizione consolidata, e l’ho chiesto personalmente. Ho chiesto loro, personalmente, di dire apertamente che vi accetteremo nella NATO tra un anno, o due, o cinque. Ditelo apertamente e chiaramente, o semplicemente dite di no, e la risposta è stata molto chiara, non diventerete un membro della NATO o dell’UE, ma pubblicamente le porte rimarranno aperte.”[9] Va insomma occultata la realtà che gli USA e la NATO, con la complicità della UE, hanno intrappolato l’Ucraina in una situazione senza via d’uscita, facendole credere che ne avrebbero garantito la sicurezza con la deterrenza NATO, la prosperità con l’ingresso nella UE: per poi sacrificarla e regalarle guerra e miseria . Come disse già nel 2015 il professor John Mearsheimer, “L’Occidente sta guidando l’Ucraina sul ‘sentiero delle primule’, e il risultato finale sarà la distruzione dell’Ucraina”.[10] Mearsheimer impiega una locuzione idiomatica anglosassone coniata da Shakespeare: il primrose path, il sentiero delle primule, è la via facile del piacere che conduce all’ eternal bonfire, il fuoco eterno.

 

Questi sono gli snodi essenziali della “narrazione” occidentale che crea la Realtà Parallela. Da essi conseguono numerose derivazioni, digressioni e spin-off che qui per brevità e chiarezza non elenco, e che sono d’altronde facili da individuare quando si abbiano chiari i punti fondamentali della costruzione narrativa e li si confronti con i dati di realtà.

 

Fine prima parte

 

[1] https://www.thepr.network/

[2] https://prca.mena.global/regional-board-membe/francis-ingham/

[3] https://consortiumnews.com/2022/03/23/ukraines-propaganda-war/

 

FONTE: https://www.lantidiplomatico.it/dettnews-ucraina_guerra_psicologica_delloccidente_e_le_realt_parallele_prima_parte/39602_45756/

 

Il mainstream Newsweek ammette: “Putin riduce al minimo le vittime civili”

William M. Arkin – Newsweek – mar, 22 marzo 2022

camion Z ucraina

Per quanto distruttiva sia la guerra in Ucraina, la Russia sta causando meno danni e uccidendo meno civili di quanto potrebbe , affermano gli esperti dell’intelligence statunitense.

La condotta della Russia nella brutale guerra racconta una storia diversa rispetto all’opinione ampiamente accettata secondo cui Vladimir Putin è intenzionato a demolire l’Ucraina e infliggere il massimo danno ai civili – e rivela l’atto di equilibrio strategico del leader russo. Se la Russia fosse intenzionalmente più distruttiva, il clamore per l’intervento degli Stati Uniti e della NATO sarebbe più forte. E se la Russia fosse all-in, Putin potrebbe ritrovarsi senza via d’uscita. Invece, il suo obiettivo è prendere abbastanza territorio sul campo per avere qualcosa con cui negoziare, mettendo il governo ucraino in una posizione in cui deve negoziare.

Commento: questa è un’ipotesi più basata sulla realtà sulla strategia della Russia, ma è comunque sbagliata. Non importa quanto sia acuto il “clamore”, non c’è nessun intervento che la NATO possa fare al di là di ciò che sta facendo: tentare di contrabbandare armi e mercenari e mentire al mondo su ciò che sta accadendo in Ucraina e perché sta accadendo.La Russia lo è “all in”, ma non nel modo in cui siamo abituati a vedere le forze NATO . Vogliono preservare quanto più possibile l’Ucraina perché ricostruirla in seguito sarà meno costosa e perché l’ultima cosa che vogliono è generare odio russofobico multigenerazionale in Ucraina. Ma non hanno scrupoli morali nell’usare missili ipersonici per colpire le catene di approvvigionamento di armi occidentali ai confini dell’Ucraina con la “NATO-stan”.

Comprendere il pensiero dietro gli attacchi limitati della Russia potrebbe aiutare a tracciare un percorso verso la pace, affermano gli esperti.

In quasi un mese dall’invasione russa, decine di città e paesi ucraini sono caduti e la lotta per le città più grandi del paese continua. Gli esperti dei diritti umani delle Nazioni Unite affermano che circa 900 civili sono morti nei combattimenti (l’intelligence statunitense stima che il numero sia almeno cinque volte superiore alle stime delle Nazioni Unite). Circa 6,5 ​​milioni di ucraini sono anche sfollati interni (il 15% dell’intera popolazione), metà dei quali ha lasciato il Paese per cercare sicurezza.
Commento: quel numero potrebbe ovviamente aumentare in modo significativo, ma finora è piccolo rispetto alla percentuale di siriani sfollati (55%).

“La distruzione è massiccia”, dice a Newsweek un analista senior che lavora presso la Defense Intelligence Agency (DIA) , “soprattutto se confrontata con ciò a cui europei e americani sono abituati”.

Ma, afferma l’analista, il danno associato a una guerra di terra contrastata che coinvolge pari oppositori non dovrebbe rendere cieche le persone su ciò che sta realmente accadendo. (L’analista ha chiesto l’anonimato per poter parlare di questioni riservate.) “Il cuore di Kiev è stato appena toccato. E quasi tutti gli attacchi a lungo raggio sono stati diretti contro obiettivi militari”.

Nella capitale, più osservabile a ovest, le autorità cittadine di Kiev affermano che circa 55 edifici sono stati danneggiati e che 222 persone sono morte dal 24 febbraio. È una città di 2,8 milioni di persone .

“Dobbiamo capire la reale condotta della Russia”, afferma un ufficiale dell’aeronautica in pensione, un avvocato addestrato che è stato coinvolto nell’approvazione di obiettivi per i combattimenti statunitensi in Iraq e Afghanistan. L’ufficiale attualmente lavora come analista con un grosso appaltatore militare che fornisce consulenza al Pentagono e gli è stato concesso l’anonimato per poter parlare candidamente.

“Se semplicemente ci convinciamo che la Russia sta bombardando indiscriminatamente, o [che] non sta infliggendo più danni perché il suo personale non è all’altezza del compito o perché è tecnicamente inetto, allora non stiamo assistendo al vero conflitto”.

Secondo l’analista, sebbene la guerra abbia portato a una distruzione senza precedenti nel sud e nell’est, l’esercito russo ha effettivamente mostrato moderazione nei suoi attacchi a lungo raggio .

Lo scorso fine settimana, in 24 giorni di conflitto, la Russia ha effettuato circa 1.400 sortite di attacco e consegnato quasi 1.000 missili (al contrario, gli Stati Uniti hanno effettuato più sortite e consegnato più armi nel primo giorno della guerra in Iraq del 2003) . La stragrande maggioranza degli attacchi aerei avviene sul campo di battaglia, con aerei russi che forniscono “supporto aereo ravvicinato” alle forze di terra. Il resto – meno del 20 per cento, secondo gli esperti statunitensi – è stato destinato ad aeroporti militari, caserme e depositi di supporto .

Una parte di questi attacchi ha danneggiato e distrutto strutture civili e ucciso e ferito civili innocenti, ma il livello di morte e distruzione è basso rispetto alla capacità della Russia .

“So che è difficile… ingoiare che la carneficina e la distruzione potrebbero essere molto peggiori di quello che sono”, dice l’analista della DIA. “Ma questo è ciò che mostrano i fatti. Questo mi suggerisce, almeno, che Putin non sta attaccando intenzionalmente i civili , che forse è consapevole di dover limitare i danni per lasciare fuori le trattative”.
Commento: Forse, è attento a non radere al suolo l’Ucraina perché ha un occhio sulla soluzione politica del dopoguerra di qualunque nuova forma costituzionale assunta dall’Ucraina. L’attuale regime non avrà nulla a che fare con questo, quindi non sarà coinvolto in alcun “negoziato”.

La Russia ha iniziato la sua invasione dell’Ucraina il 24 febbraio con un attacco aereo e missilistico mirato contro circa 65 aeroporti e installazioni militari. La prima notte, almeno 11 aeroporti sono stati attaccati. Sono state colpite circa 50 installazioni militari aggiuntive e siti di difesa aerea, comprese 18 strutture radar di allerta precoce.

In queste salve iniziali, sono state spese un totale di circa 240 armi, inclusi 166 missili aerei, terrestri e marittimi. Sebbene ci fosse un buon numero di bombardieri a lungo raggio (che volavano dal suolo russo), la maggior parte degli attacchi aerei erano a corto raggio e la maggior parte dei missili lanciati erano anche tipi a corto raggio dell’Iskander (NATO SS-26 Stone) e del Tochka (NATO SS-21 Scarab).

L’ampiezza dell’attacco – da nord a sud, da est a ovest – ha portato molti osservatori a confrontare il bombardamento di apertura con uno schema visto nelle guerre statunitensi in Afghanistan e Iraq, dove grandi salve concentrate sulle difese aeree e sugli aeroporti avevano l’intento di stabilire la superiorità aerea , un colpo d’urto che aprirebbe poi i cieli per bombardamenti successivi a volontà. Quando si è trattato dell’Ucraina, non solo molti osservatori hanno “immagine speculare” gli obiettivi russi in linea con le pratiche statunitensi, ma hanno anche fatto osservazioni premature (e errate) sul fatto che la Russia stesse combattendo un tale conflitto .

Anche prima che le forze di terra russe raggiungessero Kiev e altre città, questa narrativa narra che le forze aeree e missilistiche avrebbero così danneggiato l’Ucraina, comprese le sue comunicazioni e altre infrastrutture necessarie per il funzionamento delle difese, da assicurarsi la vittoria sul campo. La Russia non ha raggiunto nessuno di questi obiettivi.
Commento: Perché non sono gli obiettivi della Russia. Se gli ucraini hanno ancora sistemi di comunicazione, servizi di consegna, reti di trasporto, elettricità, acqua, fognature, ecc., è perché i russi VOGLIONO che abbiano queste cose.

Sebbene i contorni della sua prima notte di attacchi suggerissero una campagna di superiorità aerea e un’intensa e mirata distruzione dell’esercito ucraino, dopo un mese di guerra, il continuo prendere di mira racconta una storia diversa. La Russia non ha ancora completamente eliminato l’aviazione ucraina, né ha stabilito la superiorità aerea. Gli aeroporti lontani dal campo di battaglia sono per lo più ancora operativi e alcuni (nelle principali città) non sono stati affatto bombardati. Il tessuto delle comunicazioni nel Paese continua a funzionare intatto. Non c’è stato alcun metodico attacco russo alle vie di trasporto o ai ponti per impedire le difese o i rifornimenti di terra ucraini. Sebbene le centrali elettriche siano state colpite, si trovano tutte in territorio conteso o vicino a installazioni e schieramenti militari. Nessuno è stato preso di mira intenzionalmente.

In effetti, non c’è stata una campagna di bombardamenti metodici per ottenere alcun risultato sistemico di natura strategica. Gli attacchi aerei e missilistici, che inizialmente sembravano raccontare una storia, sono stati quasi esclusivamente a diretto supporto delle forze di terra .

“Pensa all’aviazione russa come a un’artiglieria volante”, afferma l’ufficiale senior in pensione dell’aeronautica americana, che ha comunicato con Newsweek via e-mail. “Non è un braccio indipendente. Non ha intrapreso alcuna campagna aerea strategica a cui gli osservatori americani potrebbero essere abituati negli ultimi 30 anni di conflitto americano”.
Commento: ‘Campagna aerea strategica’. Eufemismo interessante. Ciò significa che i generali della NATO sono stupiti di vedere la guerra condotta in un modo che non conoscono affatto: il bombardamento SOLO di obiettivi militari. Il modo occidentale è quello di bombardare assolutamente tutto, quindi spazzare via e posizionare le forze di terra per essere pronte a schiacciare qualsiasi insurrezione emerga dalle macerie. Questo, per inciso, è il motivo per cui gli Stati Uniti non sono riusciti a vincere in Iraq, Libia e Afghanistan. Erano troppo pigri per prendere di mira solo le forze militari, e quindi “conquistare davvero i cuori e le menti” della popolazione locale che credevano di liberare.

Le difese aeree ucraine, sia missili fissi che mobili, si sono dimostrate resistenti e letali.

“La sopravvivenza e l’efficacia della difesa aerea hanno sorpreso molti, non solo a Kiev, ma anche in tutto il paese”, ha detto l’esperto militare di Kiev Oleg Zhdanov al Kyiv Independent.

La giornalista militare ucraina Illia Ponomarenko afferma che il sistema di difesa aerea che difende Kiev da aerei e missili “è stato particolarmente efficace.

“La maggior parte dei missili che prendono di mira la città vengono intercettati con successo”, afferma Ponomarenko.
Commento: poiché i risultati principali di questo articolo hanno già chiarito, non puoi prendere sul serio una sola parola da chiunque sia collegato al regime.

La Russia non ha bombardato postazioni fisse di difesa aerea a protezione delle città. Gli analisti statunitensi affermano che i generali di Putin erano particolarmente riluttanti ad attaccare obiettivi urbani a Kiev.
Commento: … perché quei sistemi di difesa aerea sono stati collocati in aree residenziali da pazzi di regime.

Di conseguenza, indipendentemente dai piani del Cremlino – se la Russia stesse effettivamente cercando la superiorità aerea o intendesse limitare i danni a Kiev – non c’è dubbio che Putin abbia dovuto rivedere il piano di attacco a lungo raggio.

Commento: non probabile. Lo stesso Putin ha affermato – due volte – che il piano… sta andando secondo il piano! Sta andando più lento di quanto avrebbe voluto? È dubbio, visti gli anni di pianificazione che probabilmente sono andati in questo, ma chissà.I russi stanno metodicamente eliminando i nazisti mentre avanzano di 8-12 km al giorno da tutte le direzioni verso l’Ucraina centrale.

A proposito, la Russia ha già la superiorità aerea complessiva e sta eliminando costantemente più sistemi missilistici a Kiev e dintorni. Vedi questo di ieri, per esempio:

Nel corso di quasi quattro settimane, i missili lanciati contro Kiev sono stati scarsi. I media ucraini hanno riportato poco più di una dozzina di incidenti che coinvolgono crociere russe e missili balistici intercettati sulla città e nei sobborghi più vicini dal 24 febbraio. E tutti, dicono gli esperti statunitensi, sono stati chiaramente diretti verso obiettivi militari legittimi .

“Il fatto che i sistemi mobili S-300 SAM siano ancora operativi è un potente atto d’accusa alla capacità della Russia di condurre bersagli dinamici o sensibili al tempo”, ha affermato questa settimana il Consiglio Atlantico in un brief militare.

L’analista della DIA non è d’accordo: “Per qualsiasi motivo, chiaramente i russi sono stati riluttanti a colpire all’interno della megalopoli urbana di Kiev.

“Sì, potrebbero non essere all’altezza del compito degli Stati Uniti [nel targeting dinamico] o nello stabilire la superiorità aerea … Ma questa è l’aviazione russa, subordinata alle forze di terra. E questa guerra è diversa: viene combattuta a terra , dove tutto ciò che è strategico che la Russia potrebbe distruggere di fronte alle sue forze – ponti, comunicazioni, aeroporti, ecc. – diventa anche loro inutilizzabile mentre avanzano”.
Commento: Nota come il Consiglio Atlantico – probabilmente IL principale think-tank dell’Impero d’Occidente – lavora con la mente delle persone da entrambe le direzioni, “informando” gli occidentali che l’esercito russo si sta dimostrando inutile e che massacra senza pietà ucraini innocenti “su un scala non vista dalla seconda guerra mondiale’.

Fin dall’inizio degli attacchi aerei, entrambi gli analisti statunitensi concordano, alcuni dei limitati attacchi aerei e missilistici hanno avuto anche una logica interna. Prendi, ad esempio, l’aeroporto di Hostomel, a nord-ovest di Kiev. Non è stato attaccato direttamente perché la Russia inizialmente lo ha utilizzato per sbarcare i paracadutisti, con la speranza di avanzare verso la capitale. Invece l’aeroporto e la campagna circostante divennero teatro di una grande battaglia, poiché le forze ucraine montarono una feroce difesa.

Commento: “Difesa feroce” o meno, i russi hanno catturato l’aeroporto intatto lanciando un audace raid con elicotteri d’attacco a bassa quota che trasportavano dozzine di paracadutisti. Da lì i russi hanno circondato Kiev su tre lati e sono posizionati per “affrontare” l’ultima resistenza dei nazisti quando sarà il momento.Sarà indubbiamente brutale e NON rallegriamo la morte di civili, ma la colpa sarà tutta del regime ucraino e dei suoi sostenitori a Washington e Londra.

Nel sud, anche l’aeroporto di Kherson non è stato attaccato. Il motivo è diventato chiaro: la Russia ora sta usando proprio quell’aeroporto per mettere in scena le proprie forze.

A Kiev è stato colpito solo uno dei maggiori aeroporti, a Boryspil. I media hanno riferito che “l’aeroporto internazionale” è stato colpito, ma il doppio aeroporto civile-militare ospita anche il 15th Transport Wing dell’aeronautica ucraina , compreso il jet presidenziale Tu-134 che potrebbe essere stato utilizzato dal presidente ucraino Zelensky se avesse scelto per evacuare. L’altro grande aeroporto civile di Kiev, Zhulyany, non è mai stato attaccato. Né sono stati attaccati due aeroporti civili a Kharkiv (la seconda città più grande dell’Ucraina) .

La Russia ha iniziato la guerra con circa 300 aerei da combattimento in Bielorussia e nella Russia occidentale nel raggio dell’Ucraina. Quelli e altri aerei tirati in guerra hanno effettuato circa 80 sortite di sciopero (voli individuali) al giorno. L’Ucraina afferma che 95 di quegli aerei russi sono andati perduti, abbattuti da difensori aerei oa causa di errori umani e problemi tecnici. (La Russia ha spostato altri aerei da altre basi per ricostituire la maggior parte delle sue perdite.)

Gli attacchi all’interno delle principali città (Kiev, Kharkiv e Odessa) non solo sono stati limitati, ma l’ufficiale dell’aeronautica statunitense in pensione sottolinea che anche quando a lungo- aviazione a distanza – i bombardieri russi Tu-95 “Bear” che trasportano missili da crociera e ipersonici – hanno effettuato attacchi nell’Ucraina occidentale, lontano dal campo di battaglia, sono stati diretti contro obiettivi militari .

E c’è stata una logica strategica, almeno secondo la Russia.

“Hanno segnalato”, dice l’ufficiale in pensione. ” Gli aeroporti occidentali [di Lutsk, L’viv e Ivano-Frankivsk] sono stati colpiti perché erano i trampolini di lancio più probabili per gli aerei da combattimento donati in arrivo dalla Polonia e dai paesi dell’Europa orientale . Quando questi obiettivi sono stati preparati”, aggiunge, “lì si parlava anche di una no-fly zone occidentale dove quegli aeroporti [occidentali] avrebbero potuto essere essenziali.

“E il cosiddetto campo di addestramento dei peacekeeper [a Yaroviv] è stato colpito perché era il luogo in cui la ‘legione internazionale’ avrebbe dovuto addestrato “, dice l’ufficiale. “Mosca lo ha persino annunciato.

La Russia, aggiunge l’analista della DIA, è stata anche attenta a non provocare escalation sul territorio bielorusso o russo, né a provocare la NATO . Nonostante operassero dalla Bielorussia, le operazioni di terra e aeree russe sono state per lo più confinate nella parte sud-orientale del paese. E gli attacchi nell’Ucraina occidentale sono stati attenti ad evitare lo spazio aereo della NATO . Ad esempio, la base aerea ucraina di Lutsk, sede del 204th Aviation Wing e a sole 70 miglia a sud della Bielorussia, è stata attaccata il 13 marzo da bombardieri a lungo raggio. I missili sono stati lanciati da sud, da oltre il Mar Nero.

Niente di tutto questo vuole suggerire che la Russia non sia colpevole della sua invasione, o che la distruzione e le morti, i feriti e lo spostamento dei civili non siano dovuti alla sua aggressione. Prove sul campo di battaglia, dove c’è stata una dura lotta per il territorio: a Kharkiv, nelle città contese in prima linea come Mariupol, Mikolaiiv e Sumy a est; e Chernihiv a nord-est di Kiev — indica che le morti tra i civili sono state molto più elevate dove operano le forze di terra .
Commento: Infatti, poiché le forze ucraine che non si sono ancora arrese sono rintanate negli appartamenti della gente, in attesa della loro “ultima resistenza” quando “cadranno in un tripudio di gloria” e “prenderanno tutti i russi [cioè i civili ucraini che considerano come traditori’] con noi’.

Anche se la maggior parte degli attacchi aerei russi ha avuto luogo in queste aree, l’aumento dei danni ai civili è dovuto all’uso dell’artiglieria e di lanciarazzi multipli, non agli attacchi aerei o missilistici a lungo raggio russi. “La gente parla di Grozny [in Cecenia] e Aleppo [in Siria] e della distruzione delle città ucraine”, ha detto a Newsweek

un secondo ufficiale in pensione dell’aeronautica americana . “Ma anche nel caso delle città meridionali, dove artiglieria e razzi sono nel raggio di azione dei centri abitati, gli attacchi sembrano cercare di prendere di mira le unità militari ucraine, molte delle quali operano necessariamente dall’interno delle aree urbane”. L’ufficiale ha chiesto l’anonimato perché è stato informato in privato sulla guerra dal Pentagono e non è autorizzato a parlare con i media.

Lui e gli altri analisti che hanno parlato con Newsweek sostengono non solo che la distruzione è solo una piccola frazione di ciò che è possibile, ma anche che vedono un barlume di speranza in un’analisi basata sui fatti di ciò che la Russia ha fatto.

“All’inizio ero perplesso sul motivo per cui più missili a lungo raggio non sono stati inviati a Kiev e in altre grandi città come Odesa, e anche perché l’aviazione a lungo raggio non è stata più utilizzata negli attacchi strategici”, afferma il secondo anziano ufficiale. “Ma poi ho dovuto spostarmi per vedere la guerra attraverso gli occhi di [Vladimir] Putin”.
Commento: un militare americano si è illuminato!..

“Preso con i pantaloni abbassati, forse Putin ha davvero fatto un passo indietro dopo aver realizzato che l’Ucraina non sarebbe stata una passeggiata e che Kiev non era conquistabile. Forse ha deciso di concentrarsi esclusivamente sulla conquista del territorio lungo la periferia e collegare i suoi consolidamenti in il sud, per essere in grado di detenere territorio sufficiente per ottenere concessioni dall’Ucraina e dall’ovest: garanzie di sicurezza o qualche zona smilitarizzata”.
Commento: forse abbiamo parlato troppo presto. Putin NON ha sbagliato i calcoli. Ha SCELTO – all’inizio – di non condurre quelli che questo americano chiama “attacchi strategici a lungo raggio”. “Vedere la guerra attraverso gli occhi di Putin” significa rendersi conto che NON VUOLE UCCIDERE “FRATELLI-UCRAINI”.

Il secondo alto ufficiale afferma che Putin ovviamente continua a esercitare pressioni contro Kiev, ma la Russia non ha spostato gran parte delle proprie forze e ha continuato a fare marcia indietro con i bombardamenti nella città vera e propria.

“In questo, forse sta lasciando spazio a una soluzione politica”, dice l’ufficiale.
Commento: vedi sopra per quanto riguarda gli “accordi politici”. La Russia si concentrerà su Kiev una volta che il grosso dell’esercito ucraino – nel sud e nell’est – sarà risolto.

Domenica, Volodymyr Zelensky ha detto alla CNN di essere pronto a parlare con il presidente russo. “Sono pronto per i negoziati con lui. Ero pronto negli ultimi due anni. E penso che senza negoziati non possiamo porre fine a questa guerra”, ha detto Zelensky.

Il fatto che entrambe le parti parlino, dicono gli esperti, indica non solo quanto siano sconvolte dalla distruttività di una guerra terrestre in Europa, ma siano anche ostacolate nel raggiungimento dei loro obiettivi militari. Mentre la Russia avanza, sta finendo le forniture. Anche le sue forze sono esaurite. Mentre l’Ucraina continua la sua valorosa difesa, anch’essa sta raggiungendo i limiti della resistenza umana, affrontando gravi perdite e esaurendo le munizioni.

Ora è assolutamente chiaro, tutti gli osservatori statunitensi concordano, che Putin ei suoi generali hanno sopravvalutato la propria abilità militare mentre sottovalutavano grossolanamente le difese dell’Ucraina.

“Sono frustrato dall’attuale narrativa – che la Russia stia intenzionalmente prendendo di mira i civili, che stia demolendo le città e che a Putin non importi. Una visione così distorta impedisce di trovare una fine prima che il vero disastro colpisca o la guerra si diffonde nel resto d’Europa”, afferma il secondo ufficiale dell’aeronautica americana.

Immagini strazianti rendono facile per le notizie concentrarsi sui danni della guerra a edifici e vite. Ma in proporzione all’intensità dei combattimenti (o alla capacità della Russia), le cose potrebbero davvero andare molto peggio.

“non ci sono prove che la Russia lo stia facendo intenzionalmente “, afferma l’analista della DIA. “In effetti, direi che la Russia potrebbe uccidere migliaia di civili in più se volesse. 

Non sono un com-symp”, dice l’analista. “La Russia ha torto, e Putin ha bisogno di essere punito. Ma in termini di conclusione della guerra in un modo che entrambe le parti possano accettare e dove non vediamo l’Armageddon, la guerra aerea e missilistica fornisce segnali positivi”.

Ogni guerra è unica e terribile e l’Ucraina non è diversa. Ma la scelta della Russia di modulare la propria distruttività è un importante elemento controintuitivo . Vladimir Putin non può vincere facilmente; non può accettare la perdita o la ritirata; e non può intensificare. Deve mantenere la distruzione e la pressione a un livello molto attento, abbastanza cattivo per mantenere un certo vantaggio.

“So che è una magra consolazione che potrebbe essere molto peggio”, dice l’analista della DIA, “ma capire come stanno le cose dovrebbe davvero cambiare le prospettive delle persone, anche all’interno del governo degli Stati Uniti, su come porre fine a questa situazione”.

Commento: insieme al colonnello in pensione dell’esercito americano Douglas MacGregor , è bello sapere che il buon senso esiste ancora nelle istituzioni militari occidentali.Tuttavia, non c’è alcuna possibilità che ciò influisca in meglio sulla politica del governo statunitense. “La Russia deve morire” saranno le ultime parole del regime ucraino e del regime occidentale non molto tempo dopo.

Quanti uomini hanno perso i russi? Le cifre del governo:

Il ministero della Difesa ha indicato il numero di militari russi morti dall’inizio dell’operazione speciale in Ucraina
25 marzo 2022, 16:42

Più di 1.300 militari russi sono stati uccisi durante un’operazione militare speciale, 3.825 sono rimasti feriti, ha detto il colonnello generale Sergei Rudskoy, primo vice capo di stato maggiore delle forze armate russe.

“Purtroppo, durante l’operazione militare speciale ci sono perdite tra i nostri compagni. Ad oggi, 1.351 militari sono morti, 3.825 sono rimasti feriti”, ha riportato il generale TASS .

 

Cosa fanno le armi chimiche, che i media ebraici dicono che la Russia userà, ai bambini:

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Quyesto è fosforo bianco, arma da genocidio, vietata:

Bombe al fosforo : le hanno lancoate i russi? No le ha tirate Israele sulla popolazione civile palestinese

Ecco qui il momento del lancio:

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Nessuna accusa di crimini di guerra è mai stata elevata contro Israele. così oggi i Signori del Discorso sono con la bava alla bocca per la frenesia di sangue.
Così Fubini detta la linea all’Italia sul Corriere.

https://twitter.com/durezzadelviver/status/1507122247923904520

https://twitter.com/durezzadelviver/status/1507123474690621445

 

FONTE: https://www.maurizioblondet.it/il-mainstream-newsweek-ammette-putin-riduce-al-minimo-le-vittime-civili/

 

 

 

Hunter Biden Investment Fund coinvolto nel finanziamento di biolaboratori in Ucraina

Ministero della Difesa:

Il fondo di investimento Rosemont Seneca Thornton, guidato da Hunter Biden, e la Fondazione Soros sono coinvolti nel finanziamento di laboratori biologici in Ucraina, ha affermato Igor Kirillov, capo delle forze di difesa dalle radiazioni, chimiche e biologiche delle forze armate RF.

“I materiali in arrivo ci consentono di tracciare lo schema di interazione tra le agenzie governative statunitensi e gli oggetti biologici ucraini. Si richiama l’attenzione sul coinvolgimento nel finanziamento di queste attività di strutture vicine all’attuale leadership statunitense, in particolare del fondo di investimento Rosemont Seneca, che è gestito da Hunter Biden”, riporta il Tass .

Kirillov ha notato che la portata del programma è impressionante. “A parte il dipartimento militare [americano], l’Agenzia statunitense per lo sviluppo internazionale, la Fondazione George Soros e i Centri per il controllo e la prevenzione delle malattie sono direttamente coinvolti nella sua attuazione. La cura scientifica è svolta da importanti organizzazioni di ricerca, tra cui il Los Alamos National Laboratory, che sviluppa armi nucleari nell’ambito del Progetto Manhattan. Tutta questa attività viene svolta sotto il pieno controllo del Pentagono”….

In precedenza, la Duma di Stato ha avviato un’indagine sul lavoro dei laboratori biologici in Ucraina. Ricordiamo che il ministero della Difesa russo ha pubblicato un documento che conferma il finanziamento da parte del Pentagono di progetti biologici militari in Ucraina.

Il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov ha ammesso l’intenzione degli Stati Uniti di fare dell’Ucraina il più grande progetto per la creazione di biolaboratori. La Russia ha chiesto agli Stati Uniti di divulgare urgentemente i dati sui biolaboratori in Ucraina.

Allo stesso tempo, il presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha affermato che gli Stati Uniti non hanno armi biologiche e chimiche in Europa…

FONTE: https://www.maurizioblondet.it/hunter-biden-investment-fund-coinvolto-nel-finanziamento-di-biolaboratori-in-ucraina/

 

 

ATTUALITÀ SOCIETÀ COSTUME

IL FATTORE K E LA REGRESSIONE DELL’ITALIA ALL’ETÀ INFANTILE

Il fattore K e la regressione dell’Italia all’età infantileL’essere umano per sua natura preferisce la realizzazione attuale e immediata del suo interesse, piuttosto che quella futura. La percezione dei fatti presenti è più vivida e precisa della rappresentazione mentale dei fatti futuri e ciò comporta una naturale disposizione dell’uomo alla “preferenza temporale”. Al contempo l’uomo non raggiunge la condizione di adulto, se non riesce a sacrificare l’oggi per il domani. Se non mortifica, in qualche misura, la sua naturale propensione alla preferenza temporale, rimane preda dei suoi istinti e non riesce a concepire e realizzare progetti duraturi. Per pescare il pesce che gli serve per cibarsi, Robinson Crusoe deve rinunciare ad appagare il suo bisogno immediato e impiegare il tempo per costruire la sua canna da pesca, che gli darà un’utilità domani e solo domani. Il bambino non è in grado di prefigurare l’utilità del domani, ha un orizzonte temporale molto ristretto, non vuole e non può sacrificare il suo bisogno o il “capriccio” di oggi alla prospettiva del domani. Sicché, semplificando, possiamo tracciare la linea di demarcazione tra l’età adulta e quella infantile sulla base del tasso di preferenza temporale: il livello massimo della preferenza appartiene al bambino, che pretende “subito” la realizzazione del suo desiderio.

Ciò che vale per l’individuo e il consumo individuale, vale anche per la società nel suo complesso. Eugen Ritter von Böhm-Bawerk e altri economisti della scuola austriaca hanno evidenziato che l’alto tasso di preferenza temporale ostacola l’accumulazione di capitale, che deve essere inteso come sacrificio del consumo di oggi a quello di domani; e si capisce che il capitale accumulato è indispensabile per costruire i beni strumentali per soddisfare i consumi finali. Insomma, il paradigma della “preferenza temporale” è fondamentale per farci capire la dinamica economica del ciclo produzione/consumo. Parimenti, si dimostra utilissimo per spiegare la dinamica complessiva del consorzio umano e le stesse basi della civiltà. Ci fa intendere che una società con altissima preferenza temporale non può prosperare nel lungo periodo, per il semplice fatto che non mira al domani. Sotto questo profilo, gli ordinamenti sociali che esprimono un’alta preferenza temporale disvelano la loro intrinseca debolezza.

Ciò posto, il “sistema Italia” appare particolarmente debole; anzi direi che, nel novero delle democrazie occidentali, detiene il primato; e ciò, a mio avviso, si deve alla combinazione di quattro fattori, i quali parimenti affliggono gli altri Paesi dell’area occidentale, ma in misura minore e soprattutto in modo non cumulativo. Il primo e più importante fattore si può ravvisare nella fragilità dell’impianto istituzionale, cui fa seguito l’inefficienza del sistema di Governo. Nella vigenza della “Costituzione più bella del mondo”, si sono insediati in Italia decine e decine di governi, variamente denominati: balneari, tecnici, di transizione, di programma, di scopo. Un numero esorbitante, diciamo uno all’anno, mediamente. È fin troppo evidente che, nel breve intervallo della “balneazione”, il Governo non può pensare in grande e si acquieta di pensare all’oggi. E non a caso il suo programma politico viene chiamato “agenda” (sarebbe meglio dire “agendina”), dal momento che consiste in semplici annotazioni valide per un giorno e dunque destinate a mutare il giorno dopo.

Il secondo fattore si può individuare nella debolezza del sentimento nazionale degli italiani. A misura che la parola “Patria” perde il suo appeal, perde anche valore la prospettiva temporale della nazione insediata sul suolo patrio. I governi cambiano, ma la nazione rimane, sicché il riferimento nazionale è un grande antidoto all’eccesso di preferenza temporale, che riduce la vita associata alla sopravvivenza giornaliera. Ebbene, in Italia non è un mistero che parlare di “interesse nazionale” equivale a una blasfemia.

Il terzo fattore mi pare risiedere nell’oblio delle nostre radici cristiane e nella nuova professione di fede “laica”, “ecologica”, relativistica, “inclusivistica” e “multiculturale”. La nuova divinità è lo Stato che a tutto provvede; che sottrae agli uni per dare agli altri, incentiva e disincentiva, si cura della salute fisica e mentale dei suoi “sudditi”, indica loro il “bello” e il “giusto”, si occupa anche delle minuzie della loro vita e perfino del numero dei commensali nelle case private, al fine supremo – ça va sans dire – di tutelare la loro salute. La nova religione “salutistica” ci rende proni innanzi alla maestà dello Stato-Provvidenza; e poiché l’astrazione “Stato” si rende concreta e visibile attraverso l’apparato amministrativo, in ultima analisi, ci rende proni innanzi alla famigerata “agendina” di Governo. Siffatta “agendina” diventa il nuovo Vangelo; peccato che il Vangelo ci parla dell’eternità, mentre l’agendina ci parla degli obblighi e dei vincoli giornalieri in una dimensione temporale ristrettissima e asfittica. Sono finiti i tempi in cui si iniziava a costruire la basilica di San Pietro senza sapere quando avrebbero avuto termine i lavori.

Il quarto fattore è dato dalla minima propensione al rischio e all’investimento. In Italia non manca il risparmio accumulato, presupposto necessario degli investimenti, ma ovviamente il risparmio assorbito dal debito pubblico non può finanziarie gli investimenti produttivi. Se a ciò si aggiungono la demonizzazione del profitto, la stratosferica tassazione dell’attività imprenditoriale, la selva burocratica che ostacola le iniziative imprenditoriali, il “capitalismo di relazione” che salvaguarda le vecchie “relazioni” e impedisce le nuove, si arriva inevitabilmente alla conclusione che la scelta più semplice consiste nell’italico “tirare a campare”; e s’intende che “si campa” giorno per giorno, senza grandi slanci e senza assumere alcun rischio.

A ben vedere, ognuna delle quattro debolezze si può ricondurre, in buona misura, al fattore K: l’egemonia comunista nella sinistra italiana mai venuta meno, ancorché nel tempo sia mutata l’insegna della “Ditta” ma non la “Ditta”, ha impedito che la stabilità dei governi fosse garantita dall’elezione diretta del presidente del Consiglio (presidenzialismo) o del Presidente della Repubblica (semipresidenzialismo); ha mortificato il sentimento nazionale degli italiani, in nome dell’internazionalismo proletario, un tempo, o del globalismo “politicamente corretto”, oggi; ha cancellato le radici cristiane della nostra civiltà e privato gli italiani dell’orgoglio di appartenenza a un’area culturale ben precisa, in nome di un “multiculturalismo” senza radici storiche; ha ingessato la creatività italiana, colpevolizzando l’iniziativa e svilendo l’intraprendenza a basso istinto di “lucro”, secondo i ben noti dettami della dottrina marxista.

I risultati sono sotto gli occhi di tutti, tranne quelli foderati di prosciutto dei ciarlieri “tuttologi” che imperversano nel piccolo schermo, sempre intenti a commentare la famosa “agendina”. I “diversamente vedenti” non guardano al di là del loro naso e perciò non vedono che la combinazione dei quattro fattori ha sottratto slancio vitale alla nostra società, ha ridotto la vita degli italiani a mera sopravvivenza quotidiana, esposta a tutti i venti dell’emozione momentanea, incline a divenire “emergenza”. I padri non si sono preoccupati dei figli, cosicché le pensioni di oggi compromettono quelle di domani; la spesa pubblica di oggi è coperta da un immane debito, che graverà sulle future generazioni; “tirando a campare” non ci siamo occupati del nostro fabbisogno energetico, anche perché l’onda emotiva della tragedia di Chernobyl ha impedito agli emozionabili italiani di guardare lontano; e potremmo continuare all’infinito. Per spiegare tutto questo, in termini meramente economici, si potrebbe ricorrere all’immagine della cicala e della formica; ma la cicala pubblica e la formica privata, a loro volta, non si possono spiegare, se non pensando alla rilevante incidenza della cultura comunista e post-comunista sul cumulo delle cause, che hanno condotto il nostro Paese a regredire all’età dell’infanzia.

FONTE: http://www.opinione.it/editoriali/2022/04/04/michele-gelardi_fattore-k-comunismo-sistema-italia-stato-provvidenza/

 

 

DALLA PADELLA DELLA COREA DEL NORD ALLA BRACE DELLA CANCEL CULTURE AMERICANA

Una rifugiata politica nordcoreana racconta di come vedesse gli Stati Uniti come un paese di libertà di pensiero e parola, fino a quando non è venuta qui per frequentare il college.

Yeonmi Park ha frequentato la Columbia University ed è stata immediatamente colpita da ciò che ha visto in classe: un sentimento anti-occidentale e un attenzione al politicamente corretto che le ha fatto pensare “perfino la Corea del Nord non è altrettanto idiota”.

“Mi aspettavo di spendere questa fortuna, tutto questo tempo e tutta questa energia, per imparare a pensare”, ha detto Park a Fox News. “Ma ti stanno costringendo a pensare nel modo in cui vogliono che tu pensi. Mi sono detta, wow, tutto questo è folle. Pensavo che l’America fosse diversa, ma ho visto così tante somiglianze con quello che ho visto in Corea del Nord, da iniziare a preoccuparmi”.

La 27enne ha riferito a The Post che non poteva credere che le sarebbe stato chiesto di fare “così tanta censura su me stessa” in una università negli Stati Uniti. “Ho letteralmente attraversato il deserto del Gobi per essere libera e ho capito che non sono libera, che l’America non è libera”.

Yeonmi Park è fuggita dalla Corea del Nord nel 2007, all’età di 13 anni, con un viaggio che ha portato lei e la sua famiglia in Cina e in Corea del Sud prima di giungere a New York nel 2016. “Ogni problema, ci hanno spiegato i professori alla Columbia, è a causa degli uomini bianchi”. Alcune delle discussioni sul privilegio dei bianchi, dice la Park, le hanno ricordato il sistema delle caste nel suo paese natale, dove le persone venivano classificate in base ai loro antenati.

In una classe, un insegnante che discuteva della civiltà occidentale ha chiesto agli studenti se avessero problemi per il nome dell’argomento: la maggior parte degli studenti ha alzato la mano, secondo Park. Alcuni, racconta, hanno menzionato problemi con il taglio “coloniale” della discussione.

E le lezioni spesso iniziavano con i professori che chiedevano agli studenti i loro pronomi preferiti, con l’uso di “loro” che diventava spaventoso perché temeva di essere socialmente penalizzata per non essere abbastanza inclusiva nel suo vocabolario.

“L’inglese è la mia terza lingua”, dice, “ed è molto difficile per me dovermi sentir dire che lui e lei a volte, li uso male”.

Ha raccontato alla Fox di essere stata anche rimproverata per aver detto che le piacevano gli scritti di Jane Austen.”Ho detto ‘amo quei libri’. Ho pensato che fosse una buona cosa, ma poi mi hanno detto: ‘Sapevi che quegli scrittori avevano una mentalità coloniale? Erano razzisti e bigotti e ti stanno inconsciamente facendo il lavaggio del cervello.’

”Park racconta che gli studenti, in Corea del Nord, venivano costantemente indottrinati sui “bastardi americani”.

“Pensavo che i nordcoreani fossero le uniche persone che odiavano gli americani, ma ora scopro che in questo paese ci sono molte persone che odiano questo paese”.

Cancellare la cultura e condannare le opinioni divergenti, sta diventando una questione di autocensura.

La Park, che ha raccontato la sua fuga dalla Corea del Nord e la vita nel regime repressivo nel libro di memorie del 2015 “In Order to Live”, ha affermato che gli americani sembrano disposti a rinunciare ai loro diritti senza rendersi conto che questi potrebbero non tornare mai più.

“Volontariamente, queste persone si censurano a vicenda, si zittiscono a vicenda, senza che nessuno le forzi in tal senso”, ha detto. “Diverse volte (nella storia) si verifica un colpo di stato militare, una qualche imposizione del potere che ti sottrae i diritti e ti costringe al silenzio. Ma questo paese sta deliberatamente scegliendo di essere messo a tacere, sta deliberatamente scegliendo di rinunciare ai propri diritti”.

“La Corea del Nord era estremamente folle”, ha detto. “Ad esempio, la prima cosa che mia madre mi ha insegnato è stata di non sussurrare nemmeno, in modo che neppure gli uccelli e i topi potessero sentirmi”.

“In qualche modo (negli Stati Uniti) subiscono il lavaggio del cervello. Tuttavia, le prove sono così chiaramente davanti ai loro occhi, che non possono vederle”.

La Columbia University non ha voluto rilasciare commenti su questa intervista.

Traduzione di Riccardo Paccosi, theunconditionalblog.com – https://www.theunconditionalblog.com/dalla-padella-della-corea-del-nord-alla-brace-della-cancel-culture-americana/

Articolo originale  “North Korean defector slams ‘woke’ US schools“, New York Post , 14.06.2021

link fonte originale: https://nypost.com/2021/06/14/north-korean-defector-slams-woke-us-schools/?fbclid=IwAR0zRdAx3teqXa1-rICLCnd8jYYHdh3LBUAXUsexkc3gtW5AAAWWZKHp1HI

FONTE: https://comedonchisciotte.org/dalla-padella-della-corea-del-nord-alla-brace-della-cancel-culture-americana/

Dalla sottomissione alla guerra: basta non farsi domande

Si comincia in modo semplice: basta non farsi domande. E si finisce per accettare il peggio. Si accetta che per 24 mesi non si parli che di Covid, e si arriva a subire la nuovissima, orrenda narrazione quotidiana. Si accettano equazioni indirettamente suggerite, in modo subdolo: se il Covid è cattivo (e ci mancherebbe altro), allora anche i russi sono cattivi. Non solo il loro bieco presidente: anche i loro scrittori, i loro scienziati, i loro artisti, i loro musicisti. Persino i loro atleti disabili, paralimpici; persino i loro gatti. Sembra di vivere in un manicomio a cielo aperto, affollatissimo di ciechi. Un brutto giorno divampa una patologia insidiosa, che semina il panico. In capo a nemmeno due mesi, però, si trovano le cure. Ma – anziché renderle disponibili, le terapie – si continua con l’orchestrazione panica (lockdown, coprifuoco) per poi arrivare all’esito programmato, la campagna “vaccinale” a tappeto con sieri sperimentali. Era la premessa obbligatoria per giungere alla meta: la libertà condizionata, vincolata al possesso di un lasciapassare.

La notizia non è l’ovvia iniquità del male, il leggendario talento di chi organizza l’ingiustizia e la sua massima espressione visibile, la guerra, con le sue stragi sanguinose e intollerabili, antiche eppure sempre tragicamente attuali. No, la notizia è altrove: ci vive accanto, respira in mezzo a noi. La novità consiste nel cinismo diffuso, nell’indifferenza ignorante per chi Automasoffre, nella stolidità ottusa di chi pensa veramente di passarla liscia, se solo si rassegna a sottomettersi a qualsiasi disposizione, anche le più folli e incostituzionali, senza capire di esserne la prima vittima e senza vedere che il precipizio, quando si obbedisce sempre, è virtualmente senza fondo. Questo è il paese che non si è fermato, nell’autunno 2021, davanti all’imposizione del Green Pass. E’ il paese che non si è ribellato, a questa mostruosa discriminazione, nel modo che sarebbe stato il più pacifico ed efficace. Ovvero: astenendosi dal continuare a lavorare e studiare, usare mezzi di trasporto, frequentare bar e ristoranti. E’ il paese che, ai signori della guerra, è come se avesse detto: prego, fate pure. Fate di noi quello che volete. Siamo ostaggi inoffensivi, debolissimi e creduloni.

Carne da macello, si sarebbe detto un tempo. E dunque, esaurita la nebbia virale, perché non passare alla macelleria più classica? Ed ecco riattivare l’intero macchinario della propaganda: è sufficiente cambiare indirizzo e sostituire il nemico. Ieri era il No-Vax, o meglio il No Green Pass, e oggi è il Perfido Russo, il No-Nato. Ebbene: cui prodest, tutto questo? A chi interessa, organizzare l’ennesima guerra (economica, sociale, psicologica, antropologica) di portata mondiale? Sembra un conflitto oscuramente e ferocemente definitivo, per spaccare in due l’umanità: senza una sola ragione geopolitica di una qualche serietà (non era certo insormontabile la tensione nel Donbass, così come la richiesta russa di smilitarizzare l’Ucraina). Il buio è fittissimo, dunque. A meno che non si vogliano ricordare le parole di Giulietto Chiesa, che disse: all’impero occidentale, ormai declinante, per restare al centro del gioco resta una sola possibilità. E cioè: scatenare una guerra globale.

Oggi la osserviamo dispiegarsi sciaguratamente, la mattanza, in mezzo alle frottole quotidiane dei nostri Covid-media, allineati al nostro Covid-governo. Staremo tutti peggio, pare: si annunciano tempi durissimi, con tanto di razionamenti e crisi alimentari. Contro chi è, la guerra? Contro di noi, diceva Giulietto Chiesa. Lo si può non vedere, questo? Sì, certo. Specie in Italia. Basta continuare a non farsi domande, convinti ancora di vivere in un universo speciale e privilegiato, chiamato Occidente, considerato la culla della democrazia. Si continua come prima, anche se la democrazia è stata praticamente sospesa. Si continua a non fiatare, nonostante la strage nazionale aggravata delle terapie negate, nonostante l’imposizione del Green Pass e quindi il suicidio più che scontato di interi comparti economici, a partire da quello turistico. Basta non farsi domande – mai – e il baratro si spalanca improvvisamente, dietro l’angolo: trascinando tutti verso il buio, e senza sapere perché.

FONTE: https://www.libreidee.org/2022/03/dalla-sottomissione-alla-guerra-basta-non-farsi-domande/

 

 

 

BELPAESE DA SALVARE

RIARMIAMOCI E PARTITE

Riarmiamoci e partiteTra le conseguenze della guerra russo-ucraina c’è la corsa al riarmo dei Paesi occidentali. Italia compresa. Lo ha confermato il premier Mario Draghi in risposta all’ordine del giorno sull’aumento della spesa per la Difesa al 2 per cento del Pil, presentato alla Camera dei deputati lo scorso 16 marzo dalla Lega e approvato a larghissima maggioranza (favorevoli 391 su 421 presenti, 19 no di AlternativaSinistra italiana ed Europa Verde). L’ordine del giorno impegna il Governo ad “avviare l’incremento delle spese per la Difesa verso il traguardo del 2 per cento del Pil, dando concretezza a quanto affermato alla Camera dal presidente del Consiglio il primo marzo scorso e predisponendo un sentiero di aumento stabile nel tempo, che garantisca al Paese una capacità di deterrenza e protezione, a tutela degli interessi nazionali, anche dal punto di vista della sicurezza degli approvvigionamenti energetici”.

Di che numeri parliamo? Prendendo a base di calcolo il valore del Pil, fissato ai prezzi di mercato per il 2021 (primo anno della ripresa) a 1.781.221 milioni di euro, si stima che il 2 per cento da destinare al capitolo della Difesa possa essere circa 36 miliardi di euro. Un salto in avanti considerevole se lo si raffronta ai saldi del 2021, anno in cui le spese finali del ministero della Difesa sono state postate in Bilancio per 25 miliardi e 794 milioni di euro, di cui soltanto 5 miliardi e 656 milioni di spesa in conto capitale. Il grosso è andato alla spesa corrente. E non tutta pienamente attinente ai tradizionali compiti delle Forze armate. Come, ad esempio, gli 8,2 milioni di euro utilizzati nell’operazione di ordine pubblico “Strade sicure”. Più denari non devono alimentare sprechi di risorse pubbliche. Perché ciò non accada bisogna che ci si intenda prima su quale “Difesa” per il nostro Paese. Non basta pensare che tutto si risolva guardando appena fuori l’uscio di casa nostra. Come dimostra la guerra di questi giorni, l’interesse nazionale italiano si estende oltre il perimetro regionale e tocca aree del mondo lontane. Ora, se l’obiettivo è dotarsi di efficaci strumenti d’azione per rispondere adeguatamente alle mutate esigenze di sicurezza, non è sufficiente spendere per riammodernarsi: occorre una riconversione del modello di Difesa. Se si va sul campo non da peacekeeper inviati dalle Nazioni Unite ma sotto l’ombrello Nato, con unità in assetto da combattimento, occorrono mezzi pesanti, dai carri armati alle artiglierie; se si crede nella efficacia dei velivoli pilotati da remoto (droni) è indispensabile che questi siano armati e predisposti per operazioni d’attacco e non soltanto per la ricognizione aerea. Si richiede innovazione nella costruzione dei sistemi d’arma, ma questa presuppone la maggiore indipendenza possibile, se non nazionale almeno europea, nella capacità di generare in proprio la gamma di tecnologie funzionali alle capacità militari in situazioni critiche. Attualmente non è così.

Gli Stati Membri dell’Ue per ottenere l’intera gamma delle capacità militari devono fare riferimento a fornitori di solito americani o alla collaborazione con programmi di armamento multinazionali (Claudio Catalano). Ma è anche questione di risorse umane. Un programma di sviluppo della Difesa non può prescindere dal potenziamento degli organici militari. Nell’ultimo decennio siamo andati al contrario, facendoci merito di aver sforbiciato il comparto fino all’osso. Nel 2012, la riduzione degli organici è stata di circa il 25 per cento della sua consistenza, cioè si è passati da 190.000 militari e 30.000 civili a 150.000 militari e 20.000 civili. Si comprende benissimo che un intervento radicale in questo settore richieda uno sforzo economico che, nelle condizioni date, l’Italia non può reggere. Per questo, serve l’Europa. Non si può sentir pronunciare nella stessa frase la parola riarmo e la locuzione “Patto di stabilità”. Delle due, l’una: o si risparmia ma si resta scoperti sul fronte militare o si fa politica di difesa e si spende a debito. Gli investimenti per la Difesa devono restare esclusi dal calcolo del rapporto deficit/Pil, altrimenti non si va da nessuna parte. Come non si arriverà lontano con la proposta della Difesa comune europea. Mettere insieme gli eserciti presuppone che via sia una comune politica estera a muoverli. Attualmente, l’Unione europea è drammaticamente orfana di un’azione unitaria sulla scena internazionale: ognuno suona il suo spartito. C’è la Nato a tenere insieme gli egoismi delle piccole Patrie continentali e a fare in modo che interagiscano obtorto collo sotto un unico ombrello difensivo. Ma la Nato non è l’Unione europea. E anche l’aumento programmato del 2 per cento del Pil da destinare alla Difesa è stata un’esigenza maturata nell’ambito dell’Alleanza atlantica, non in sede comunitaria. La Difesa comune europea dovrebbe svilupparsi a latere dell’impegno nell’ambito della Nato, non in alternativa. Se è così, è lecito chiedersi: a cosa serve una sovrastruttura strategica quando ce n’è già una sovranazionale più grande che funziona e che dispone di un arsenale atomico? La proposta ha senso solo se in prospettiva gli “europei” intendano staccarsi dagli Stati Uniti nella programmazione della difesa dei propri spazi territoriali e dei propri interessi geopolitici. Non accadrà, perché l’autonomia strategica europea è un ballon d’essai. Non c’è chiarezza di idee tra i partner europei e neppure di obiettivi.

Il Governo tedesco del socialdemocratico Olaf Scholz, profittando della crisi russo-ucraina, ha deciso di riarmare il suo Paese (non accadeva dalla Seconda guerra mondiale) investendo 100 miliardi di euro nell’immediato e adeguando la spesa annuale per la Difesa al 2 per cento del Pil, come pattuito in sede Nato. Si dà il caso, però, che il Pil della Germania non sia quello di Cipro o del Granducato di Lussemburgo. Nel 2020, in piena pandemia, la Germania ha chiuso l’anno con un Pil pari a 3.329 miliardi di euro. Ora, il 2 per cento corrisponde pressappoco a 70 miliardi di euro. Domanda: che ci fanno i tedeschi con investimenti in armi per 70 miliardi annui? Danno un contributo forte ma leale alla creazione di un esercito comune europeo oppure provano a rimettere insieme un apparato bellico che faccia da supporto all’aggressività commerciale praticata dall’economia tedesca? Piacerebbe saperlo per adeguarci ai nuovi scenari.

Dopo un’iniziale prudenza verso la politica delle sanzioni alla Russia, Mario Draghi sembra essere diventato lo strenuo sostenitore della guerra a Mosca. Segno che i potenti circoli finanziari d’Oltreoceano, di cui è stato talvolta fedele espressione, l’abbiano rimesso in riga. Ciò ha fatto svanire l’allure di uomo più ascoltato d’Europa, dopo l’uscita di scena della signora Angela Merkel, guadagnato grazie alle performance da banchiere centrale. Per riacquistare credibilità, Draghi deve dimostrare, in Italia, di contare ancora più degli altri. Il modo ce l’ha: sbaragliare lo spauracchio del Cinque Stelle che gli vuole impedire il varo dell’aumento delle spese militari. Probabilmente Draghi non lo farà. Rinvierà l’argomento a tempi migliori, che però non saranno più suoi. Ed è anche giusto così. Trasformare radicalmente il modello di Difesa italiano, cominciando col mandare in soffitta le linee strategiche contenute nel Libro Bianco della Difesa, redatto, nel 2015, su ispirazione dell’allora ministro della Difesa, la piddina Roberta Pinotti, è compito di un Governo sorretto da una solida maggioranza, ben definita nei propri orientamenti di fondo. Ma un Governo del genere nasce soltanto dopo un lavacro elettorale che sanifichi i rapporti tra gli italiani e la democrazia rappresentativa. Perciò, se ne riparlerà nel 2023.

FONTE: https://www.opinione.it/editoriali/2022/03/26/cristofaro-sola_draghi-riarmo-difesa-italia-pil-guerra-russia-ucraina/

 

 

 

Calcio, siamo la nazione con più stranieri. Dalla Serie A alle scuole calcio, la radiografia di un fallimento

Dopo la clamorosa sconfitta di Palermo contro la Macedonia del Nord diventa lecito, se non necessario, porsi delle domande sulla questione calcio a livello nazionale. Sono molte le analisi da fare in questa fase, iniziando dai dati a nostra disposizione. Le cause di questo fallimento sono diverse, ma non sono certo una sorpresa.

I problemi del calcio italiano hanno origini antiche

È una storia vecchia quella degli stranieri nel calcio nostrano. Già nel 1953 Andreotti poneva il veto sul tesseramento di calciatori non italiani. Dal 1966 al 1980, causa Corea del Nord, la questione si è riproposta. Nel 2017 si è di nuovo tornati a parlare della questione. Ora, dopo aver perso in casa contro una nazionale attualmente al 67° posto nel ranking FIFA, il problema “stranieri” torna a tenere banco tra analisti e tifosi.

Troppi stranieri in Serie A?

Se si guardano i dati dei tesserati la risposta è variabile. Secondo i dati Transfermarkt, in Serie A sono ben 343 gli stranieri, addirittura il 62% del totale. Per avere un’idea dell’importanza della cifra è bene fare un confronto con gli altri campionati. In Premier League sono 329 i giocatori non inglesi, cioè il 65,5 per cento del totale, meno a livello numeri ma di più a livello percentuale. Negli altri campionati europei di rilievo, però, nessun altro ha dati simili: la Ligue 1 ospita il 54% di calciatori non francesi, la Bundesliga il 54,4% di giocatori non tedeschi, nella Liga si scende addirittura al 43,6 per cento di tesserati non spagnoli.

Pochi italiani poco valorizzati

Gli italiani selezionabili sono pochi? Forse sì, ma dando uno sguardo agli altri campionati non sembra essere quello il problema principale. Proprio la Nazionale di Roberto Mancini ha, inizialmente, avuto il merito di “pescare” diversi ragazzi cresciuti nei nostri vivai e nelle selezioni giovanili, fino a lanciarli nel calcio dei grandi. Zaniolo è stato il primo (poi condizionato dai problemi fisici), ma anche Raspadori, Tonali, Scamacca e molti altri rappresentano esempi concreti del coraggio avuto dal ct.

Il problema è anche in Primavera

“C’è poco materiale umano selezionabile”, parola del presidente Figc Gabriele Gravina. Nelle ultime ore si sono sprecate le frasi sul tema: “Ci sono troppi stranieri nelle giovanili”, “Non insegniamo più calcio” e ancora “Ai giovani il calcio non interessa più”. A guardare bene i numeri queste esternazioni sembrerebbero del tutto motivate, a partire dal fatto che solo il 42,81% dei giocatori che compongono le nostre formazioni Primavera e che hanno ottenuto un contratto professionistico sono stranieri, con il dato che sale al 64% per i giocatori della nostra Serie A, come abbiamo visto prima.

Una gestione da rivedere

Un altro problema è quello della gestione dei giovani, che ci sono ma non riescono ad essere sfruttati al meglio. Fin da piccoli le certezze sono poche, com’è poca la libertà di sperimentare per strada e nei campi di provincia, anche perché il numero dei campi pubblici è sceso di molto negli anni. Gli allenatori? Esclusi quelli dei centri federali, dallo Stato non sono considerati neanche “professionisti”. Il problema ha radici profonde e i ragazzi non vengono motivati abbastanza da quel Sistema che dovrebbe fornire più opportunità di professionismo e professionalità fin dai livelli più bassi.

Ripartire dai giovani

I giovani italiani vogliosi di calcio non mancano. Ridiamo ai giovani un pallone fra i piedi, prendiamoci di nuovo la responsabilità di farli sentire liberi di giocare. Individuiamo e sfruttiamo i talenti nati per strada o in quegli oratori che hanno reso grandi le nazionali del passato. Così facendo potranno magari anche essere resi più forti e pronti al salto dai professionisti dei settori giovanili e scolastici. Dobbiamo dare una svolta per valorizzare i nostri talenti, altrimenti i risultati saranno deludenti anche in futuro.

FONTE: https://www.ilparagone.it/attualita/calcio-siamo-la-nazione-con-piu-stranieri-dalla-serie-a-alle-scuole-calcio-la-radiografia-di-un-fallimento/

 

 

 

CONFLITTI GEOPOLITICI

SIAMO IN GUERRA DA DIECI ANNI, FACCIAMOCENE UNA RAGIONE

(Andrea Cavalleri)

 

La guerra moderna è strana, viene svolta sovente con mezzi differenti da quelli del passato, e i cittadini in guerra non vengono avvisati dalle sirene antiaeree di rintanarsi nei bunker anti bombe, ma vengono frastornati dalle sirene mediatiche per trasformarsi nei peggiori nemici di se stessi.

Un analista militare piuttosto brillante (il Saker) ripete sovente che la guerra moderna è per un 85% informativa, per un 10% economica e per il restante 5% cinetica (proiettili e bombe).

Gli avvenimenti degli ultimi due anni ci permettono di stabilire senza ombra di dubbi che una parte degli strumenti della guerra vertono anche sui mezzi medici, alimentari ed ambientali, a cui dunque andrebbero assegnate le rispettive percentuali; percentuali che non devono poi essere così basse se il nemico, tramite il suo portavoce Bill Gates, dice di aver fiducia di poter sterminare il 10% dell’umanità tramite i vaccini.

Nel titolo affermo che, noi Italiani, siamo in guerra da oltre dieci anni.

Si potrebbe obiettare che il termine guerra è improprio, in quanto possono esistere tensioni politiche e contrasti che non scaturiscono in una guerra conclamata, come nel caso della “guerra fredda”.

Io invece insisto che si tratta di guerra aperta a tutti gli effetti, con tanto di dichiarazione.

 

Quali sono le parti in guerra

 Questo è il concetto più difficile da capire, perché siamo abituati a pensare le guerre come scontri tra nazioni, che si affrontano mettendo in atto tutta una serie di accorgimenti per discernere chiaramente chi sono gli amici e chi i nemici: bandiere, divise, linguaggi, parole d’ordine…

Oggi i soggetti in guerra contro gli Italiani non sono altre nazioni, ma gruppi di potere, di influenza politica e finanziaria, di lobbismo ideologico, in buona parte anche italiani.

Una prima approssimazione potrebbe essere quella di considerare l’aggressore la classe ricca, che ha deciso di eliminare la classe media per assoggettare la popolazione in un regime neo-feudale che vede una divisione netta tra una élite dominante e la massa di servi della gleba.

Tuttavia un’analisi più accurata rivela che non tutti i ricchi sono impegnati  nelle strategie aggressive, anzi una buona parte di essi sono soggetti passivi che hanno l’unico torto di usare i propri mezzi per tentare di sfuggire all’oppressione organizzandosi un esilio dorato in qualche angolino pacifico del mondo, anziché reagire contro i soprusi.

I nemici dunque non sono necessariamente i ricchi.

Un’ipotesi più calzante sembra essere quella di identificare il nemico nei ricchi parassiti.

Il parassita per definizione è un soggetto che non si procura i propri beni o alimenti tramite un’attività creativa, ma mette in atto strategie che gli consentono di nutrirsi sottraendo le risorse ad un altro soggetto che le ha create o se le è procurate con un lavoro.

E in effetti, tra coloro che arrecano i massimi danni alla popolazione (e quindi certamente nemici) abbondano i finanzieri, i boiari di stato e i carrieristi senza merito che hanno raggiunto posizioni di vertice tramite scambi di favori in stile mafioso (o massonico, la differenza è trascurabile).

Tuttavia anche questa categoria non è sovrapponibile esattamente a quella dei nemici, perché esiste una folta schiera di parassiti che, una volta sistematisi, abbandonano la tendenza a nuocere al pubblico (che, anzi è la loro gallina dalle uova d’oro).

Questi parassiti facilmente diventano collaborazionisti dell’aggressore per paura di perdere i propri privilegi, ma non sono ancora esattamente il nemico.

Con un terzo passo possiamo avvicinarci ancora di più all’identikit del nemico, raggiungendo un’ottima approssimazione: il nemico è un gruppo di ricchi parassiti che condivide una certa mentalità.

E questa mentalità è la visione del mondo gnostica.

La gnosi è una cosmogonia che vede un dio primigenio emanare da sé delle copie imperfette (eoni) i quali ne emanano altre sempre meno buone, finché l’ultimo e degenerato eone è il demiurgo che ha creato il mondo.

Questa favoletta strampalata potrebbe sembrare estranea alla guerra dell’uomo contro l’uomo; eppure, applicando la logica, si vedrà che le sue conseguenze sono quelle che riscontriamo nella realtà dei fatti.

In primo luogo se il mondo è opera di un autore degenerato, significa che il mondo stesso è malvagio; e infatti il nemico è dichiaratamente contrario alla vita, innalza la bandiera malthusiana e predica ossessivamente la riduzione della popolazione.

In secondo luogo se la legge morale ci è pervenuta tramite il demiurgo, essa non giova; e infatti il prototipo del nemico è un personaggio che si reputa superiore agli altri perché non ha scrupoli morali che lo trattengano nel perseguire quelli che sono i suoi obiettivi; e all’occorrenza cerca anche di disgregare il senso etico presente nella gente comune quando questo agevoli i suoi piani.

In terzo luogo il mondo è incomprensibile nella sua conoscibilità immediata, in quanto gli uomini sono immersi nell’oscurità creata dal malvagio demiurgo, e solo un ristretto gruppo di illuminati può capire cosa sia meglio e a questo deve applicarsi ignorando completamente le aspirazioni delle masse brute.

Quest’ultima conseguenza, cioè della conoscenza riservata ai fortunati illuminati apre un problema: se il mondo è immerso nell’oscurità in cui tutti sono avvolti, come fanno gli illuminati a sapere che il loro preteso sapere superiore non sia un’illusione, il frutto di un’auto-suggestione o un’infantile millanteria?

E la risposta a questa domanda ci offre la quarta caratteristica tipica dei nemici: essi sono malthusiani, immorali, elitisti e stupidi (e/o alienati).

 

Esemplificazione di qualche nemico

 Un personaggio, defunto nel 2017, che ha incarnato perfettamente il prototipo del nemico è stato David Rockefeller, malthusiano per eccellenza finanziatore di planned parenthood e delle agenzie abortiste di mezzo mondo, fondatore e finanziatore del Bilderberg e della Trilaterale (autentici “stati maggiori” dell’esercito nemico), elitista fautore di un governo mondiale di banchieri e intellettuali, nemico della democrazia (come ha scritto nero su bianco nelle sue memorie).

Di famiglia altamente parassitaria il cui motto è “preferisco guadagnare l’1% sul lavoro degli altri piuttosto che il 100% sul lavoro mio”.

Un’istituzione nemica è la UE che ha proclamato nel 2011 che una campagna anti-aborto è incompatibile con i valori dell’UE e nel 2021 ha iscritto l’aborto nella carta dei diritti fondamentali.

Questa insistenza sulla soppressione dei nascituri si spiega solo in base alla credenza che la vita debba essere un male.

Del resto anche un ragionamento spiccio permette di comprendere che al più l’aborto potrebbe essere giustificato come dolorosa necessità e disgrazia, ma non certo come vanto di cui andare orgogliosi, se non per aver evitato un male: la nuova vita.

La UE promuove anche attivamente l’impoverimento dei suoi cittadini tramite regolamenti senza senso (quali il “fiscal compact”), svuota tutte le istituzioni rappresentative di qualsiasi potere e attribuisce arbitrio e impunità ad alcuni personaggi non elettivi, come il governatore della BCE e i commissari.

La UE ha anche portato ai vertici delle proprie istituzioni personaggi privi di qualsiasi competenza (e talvolta anche privi di onestà) come Junker, la Von der Leyen, la Mogherini…

Agli onori delle cronache è salito negli ultimi anni Klaus Schwab, anch’egli preoccupatissimo di correggere gli errori del demiurgo attraverso un programma di transumanesimo, di controllo capillare delle masse ignoranti che andrebbero manovrate come automi con un joystick e di accentramento di tutte le risorse terrestri nelle mani della élite illuminata, privando il resto dell’umanità persino del diritto di proprietà privata.

Anche la sua volontà di controllare i cambiamenti climatici (evidentemente si crede più influente del sole, rivelando così il suo delirio di onnipotenza) passa attraverso l’equiparazione delle persone umane agli altri oggetti materiali, animati o inanimati, che dunque possono essere sacrificate per il bene del “pianeta”, anzi per una misura di temperatura che non si sa nemmeno se rappresenti un bene per il “pianeta” (quest’ultimo discorso rivela la quarta caratteristica degli gnostici, la fondamentale stupidità).

 

Stato della guerra e prospettive

Dicevo che l’Italia è formalmente in guerra da oltre dieci anni, e lo affermo perché esiste una dichiarazione di guerra.

Tale dichiarazione è datata 5 agosto 2011 ed è espressa con una lettera da parte di un evidentissimo nemico (la BCE) firmata da Draghi e Trichet.

In detta lettera, pur con evidenti contraddizioni tra gli intenti dichiarati e i mezzi espressi (mala fede o stupidità? La seconda, la seconda! Mai dimenticare che gli gnostici sono stupidi) si insiste fondamentalmente su questi punti: abbassare pensioni e stipendi, vietare gli investimenti pubblici, fomentare una guerra tra poveri per la sopravvivenza, privatizzare e attribuire ai nuovi proprietari diritto di vita e di morte economica sui dipendenti.

Tale programma esprime la volontà di conquista e schiavizzazione del popolo italiano, ciò che ai tempi degli antichi egizi si otteneva con una guerra tra imperi, che nei tempi moderni si otteneva con le guerre coloniali e ai giorni nostri si può ottenere anche con la guerra finanziaria.

Purtroppo detto programma è stato in gran parte realizzato, ma come ha fatto il nemico ad ottenere tali successi?

Oggi il presidente del Consiglio è Mario Draghi, come se nel 1944 Goering fosse diventato primo ministro inglese e in tali condizioni si può al massimo organizzare la resistenza, non si può certo condurre una vera guerra.

Facendo un passo indietro bisognerebbe chiedersi come ha fatto un gerarca nemico a diventare premier.

Probabilmente tale spettacolare fenomeno è dovuto allo stato del sistema di informazione, caduto quasi totalmente in mano al nemico, con tanto di autorità di sovvenzione per le narrative approvate e censura per quelle disapprovate: come se dal 1939 (ma anche prima) il supervisore di tutta l’informazione inglese fosse stato Goebbels.

Lo stato della guerra è pertanto disastroso, poiché il Paese è governato e controllato dal nemico che gli ordina scientificamente di autodistruggersi.

Le prospettive tuttavia non sono altrettanto cupe.

Non può sfuggire infatti che per quanto il nemico occupi delle posizioni-chiave, esso sia numericamente trascurabile e tutto il suo potere si regga sul fatto che la catena di comando non venga interrotta, ma cittadini nuocciano ad altri cittadini obbedendo agli ordini che pervengono dal vertice.

L’obbedienza è a sua volta sorretta dalla credibilità del governo, fondata sulla propaganda dell’orwelliano “ministero della verità” altrimenti detto “sistema dei media democratici”.

Ma in questa fase della guerra alcuni comportamenti del nemico stanno facilitando la resistenza del popolo aggredito; ne elenco alcuni.

La tracotanza: la forma, la dimensione e la spudoratezza delle menzogne che giustificano l’azione del governo (che in base a tali menzogne sarebbe condotta “per il nostro bene”) è tale da minare seriamente la credibilità dell’apparato goebbelsiano. Nemmeno i nemici al governo mostrano più di credere alle proprie bugie, come nel caso di Draghi che non riesce del tutto a trattenere le risate mentre afferma che “se non ti vaccini muori” o la Lamorgese che risponde a un’interrogazione parlamentare con una poesia dadaista (le parole sul movimento ondulatorio non hanno nessun significato nella vita reale e possono essere classificate come espressioni del surrealismo, del futurismo o, meglio ancora, del dadaismo).

La fretta: chi capisce gli avvenimenti in corso sa che il nemico sta correndo su una lama di coltello, perché tanto maggiori sono i danni che arreca al popolo, tanto più difficilmente riuscirà a giustificarli come provvedimenti benevoli.

Ecco dunque che il governo volto a distruggerci cerca di giungere quanto prima a una situazione irreversibile per tutelarsi da una rivolta che assumerebbe nei suoi confronti i connotati della ferocia.

La hybris, la fretta e la stupidità tipica degli gnostici, faranno certamente commettere loro qualche errore imprevisto che risulterà esiziale per il loro piano.

 

Ipotesi conclusive

Non credo che draghi e so(r)ci la facciano franca, ma reputo più verosimile per loro una fine simile a quella di Mussolini.

Tuttavia questo non significa che il popolo avrebbe vinto la guerra, perché la vittoria per il popolo non consiste nella distruzione del nemico (quale invece è l’obiettivo politico delle élite illuminate) ma nella vita e nel benessere, e occorreranno anni per ricostruirli.

La liberazione dall’oppressore è una precondizione della vittoria del popolo ma non ne è la garanzia.

Citando il saggio Gandalf

..non tocca a noi dominare tutte le maree del mondo; il nostro compito è di fare il possibile per la salvezza degli anni nei quali viviamo, sradicando il male dai campi che conosciamo, al fine di lasciare a quelli che verranno dopo terra sana e pulita da coltivare. Ma il tempo che avranno non dipende da noi.

(Tolkien, “Il Signore degli anelli” – l’ultima discussione)

La storia è una struttura aperta, per cui non si può parlare di conclusione definitiva della vicenda che è anche impossibile da prevedere con precisione.

L’esito della guerra sarebbe inevitabile se gli aggrediti schierassero le loro forze compatte e preponderanti contro gli aggressori invece che combattersi internamente.

Ma per arrivare a questa conclusione logica ed auspicabile, bisogna capire chi è il nemico (per non cadere sotto il fuoco amico) e, a maggior ragione, capire una volta per tutte che siamo in guerra.

FONTE: https://comedonchisciotte.org/siamo-in-guerra-da-dieci-anni-facciamocene-una-ragione/

Intervista al generale Li Gobbi sull’ucraina

26 Marzo 2022

Sul FattoQuotidiano del 26 marzo c’è una interessante intevista al generale italiano Li Gobbi che offre alcuni spunti (magari sono pizzini a qualcuno!) particolarmente interessanti  che contraddicono praticamente tutta la narrazione del mainstream. L’intervista completa è sul sito del giornale, qui la parte iniziale

IFQ: Allora generale, come sta andando l’offensiva di Putin?
Stabilirlo in questa fase è quantomeno velleitario. Ci basiamo su informazioni che sono tutte, dico tutte, incomplete e tendenziose, da una parte e dall’altra. Anche quelle rilasciate con una certa abbondanza dall’intelligence Usa a supporto dell’Ucraina vengono comprensibilmente rese disponibili a fini propagandistici, essendo gli USA schierati e non neutrali. Inoltre, le cose sul campo di battaglia possono cambiare anche repentinamente.

IFQ: In che senso?
Ovviamente tutti noi ci augureremmo un fallimento dell’offensiva russa, ma siamo sicuri che sia ciò che sta avvenendo? Noi non conosciamo quali fossero i reali piani russi e non possiamo essere certi che Mosca avesse pianificato una guerra lampo. Comunque, se guardiamo quel che accade sul campo, occorre purtroppo constatare che l’esercito russo procede sul terreno con una velocità che è discreta. Si dice che la Russia stia combattendo in ritardo una guerra del XX secolo, è vero. Allora rifacciamoci ad esempio alle grandi campagne in Europa del secondo conflitto mondiale. Ci ricordiamo noi italiani che gli alleati sbarcarono in Sicilia a luglio del ’43 e arrivarono alla pianura padana nell’Aprile del ’45? E questo con una superiorità di forze consistente, specie aerea. Quindi no, purtroppo, non stanno procedendo così piano.

IFQ: Ma è un fatto che nessuna delle principali città ucraine è caduta, la stessa Mariupol resiste, a Kherson si combatte…
E chi ha detto che l’obiettivo fosse prenderle adesso? Leggo da giorni notizie e bollettini che enfatizzano la resistenza incontrata sul campo dall’esercito russo grazie alla “capacità di reazione” ucraina, superiore a quel che si pensava. Insieme ad analisi che accreditano per questo il fallimento dell’offensiva-lampo che “era nei piani di Putin”. Ancora una volta: ma chi lo ha detto?

IFQ: In sostanza ci sta dicendo che stiamo prendendo un abbaglio, non stiamo capendo nulla di quel che succede?
C’è una tendenza culturale nostra, occidentale a considerare militarmente poco capace e sottovalutare le forze di chi non ha i nostri stessi valori o a cui arbitrariamente attribuiamo, in base ai nostri standard, un livello di civiltà inferiore al nostro. Succede da quando Publio Quintilio Varo si fece massacrare dai barbari nella Foresta di Teutoburgo. Questa sottostima se viene smentita sul campo spesso fa effetto catapulta e ci proietta in modo schizofrenico verso la presunzione opposta: presi dall’angoscia finiamo a pensare di avere di fronte il Dottor Stranamore, o un pazzo. Potrebbe essere, certo, ma anche questa potrebbe essere una semplificazione pericolosa. Anche quanto si parla del rischio nucleare agitato da Putin andrei cauto.

IFQ:Non crede alle minacce di Putin?
Quando ha dichiarato di aver messo in stato di massima allerta le forze nucleari era, a mio avviso, un messaggio per la stampa, il grosso pubblico. Non possiamo pensare che non lo fossero prima, mica fanno orari da ufficio. Voleva far sapere ai popoli dell’occidente che se i loro governi insistono a fare la guerra con le sanzioni lui può arrivare anche a quello. Idem per il pubblico interno, per dire che nonostante tutto restiamo una potenza nucleare.

Più che una intervista ad un generale italiano, veterano di comandi all’estero sia per l’italia che per la NATO, sembra una intervista a Saker o a Martyanov…

FONTE: https://forum.comedonchisciotte.org/notizie-dal-mondo/intervista-al-generale-li-gobbi-sullucraina/

 

 

CULTURA

Le Accabadoras e Le Bogadoras: coloro che iniziano e terminano la vita. La vera storia delle Janas Bifronte

di Davide Cocco

Dopo l’ultimo articolo sulle Domus de Janas, e sulle Donne Sarde, medici ante litteram, ricordate?

“le Donne Sarde
Erano Water/Mater (millenni prima del latino),
Erano Vate,
Erano Jiin,
Erano Sciamane,
Erano Witch,Streghe,
Erano Fate.
Erano Djanas, Vivevano nei boschi., erano Diana
Erano Fate, curavano in domo sa naj
Erano Donne Sarde
Erano Janas “

Beh.. dopo quell’articolo in molti mi hanno fatto un appunto:

“ma non è vero! Janas deriva da Janus, Giano bifronte, perché le Domus de Janas erano tombe (uffa..), e li dentro, una porta guarda alla vita terrena, e una porta guarda alla vita dopo la morte, e questo è proprio l’appellativo di Giano, il Dio della porta!”

Oltre tutto, siccome di Giano non si trova traccia apparente nella mitologia greca e neanche etrusca (così mi dicono), Giano è un dio proprio romano, e il nome delle tombe (ancora?) è quindi romano..

Mmh.. gira che ti rigira.. me ne ero anche dimenticato, di questa cosa..

ieri sera, però , dopo cena, mentre tutti dormivano, mi sono preso un bicchierino di mirto e sono andato a sfrucugliare fra i miei libri, cercando qualcosa da leggere insieme…
avevo bisogno di qualcosa di diverso dal solito, basta roba Sarda, per una sera…..

così in mezzo fra un libro di Asterix e Obelix (li adoro…) e uno di marmellate fatte in casa (adoro anche quelle..), un libro nero.. che ci fa?
lo sfilo da mezzo.. “ antologia della femina agabbadora (pier giacomo pala) ”.. acc.. non ricordavo nemmeno più di averlo.. eppure quando me lo hanno regalato non vedevo l’ora di leggerlo!
Ma poi lavoro, bambini, altri impegni.. me l’ero dimenticato proprio

l’accabbadora .. una figura nascosta fra i meandri della storia Sarda, un po’ con paura, un po’ con orgoglio, adesso nascosta tra Obelix ed una marmellata… non va…. prendo il libro per spostarlo accabbadora… ci tramandiamo questa immagine, che solo fino a qualche anno fa, era solo poco più che un mito.

Inizio, come faccio io quando prendo un libro nuovo fra le mani, a sfogliarlo, a leggerlo a sbalzi, pagine avanti, pagine indietro, righe, trafiletti..

mi piace che “lo spirito del libro”, quello che vive fra le righe, mi parli, mi racconti la sua storia, prima che l’autore mi racconti la sua.. e se lo spirito non mi dice niente, beh.. neanche l’autore mi dirà granchè..

beh, insomma …

“Non troverai mai un accabbadora.
I loro nomi non sono scritti, e le loro storie non raccontate. Se vuoi trovare chi accompagna la morte” raccontava un vecchio anziano, “se vuoi trovare chi accompagna la morte, cerca chi accompagna la vita” (1)…

Ecco… io non volevo, però
“quello che per gli altri popoli è mito, per noi è storia”,
ve l’ho detto più volte..

e vabbè….

Le Janas, penso , abbiamo immaginato che fossero fra le altre cose, anche le ostetriche, degli Antichi Sardi..
Scrivevo infatti… “E la nascita era davvero, un mistero, un segreto Il segreto della vita, che era anche il segreto dell’acqua.. Prima l’acqua, e il sangue, poi la vita, il bambino..”

Ma la stessa Jana, la stessa donna, che faceva nascere i bambini, li accompagnava alla vita, la stessa donna, secondo i racconti degli anziani, la stessa donna aveva anche il compito di accompagnare

interessante

Noi oggi infatti abbiamo ostetriche e pediatri, che salutano la vita, e chirurghi e becchini, che conoscono la morte.
I nostri avi no. I nostri avi forse avevano solo una figura,
La Jana…

La Jana, doveva affrontare la responsabilità, la gioia e la paura di un parto, e la responsabilità, la tristezza e la paura di una morte…
Le Janas portavano sollievo, e conforto, in entrambi i casi, e in cambio portavano nel cuore entrambi i pesi

Le Janas, erano l’inizio e la fine, erano entrambe le facce della medaglia..

erano Amma (madre) Jinas, AmmaJinas, esperte di Meixinas, ed evocavano Amma Jin, Majin, la Magia..

Ma possiamo ragionevolmente affermare questo..?

.. forse si, perché, mi viene in mente , uno dei sinonimi di “accabbadora”, uno dei suoi diversi nomi, in Sardo, è “bogadora”..

Bogai, in Sardo, sta per “togliere”, quindi “levare”. Scopriamo ovvero che “ammazzatrice” e “levatrice”, per i sardi sono sinonimi.. o per meglio dire, sono sostantivi che si riferiscono alla stesso soggetto.

Ma questo termine, “bogai”, è ancora piu’ significativo, in quanto io lo posso leggere in antico sardo, piu’ o meno così

b/ogu: ovvero “quello che proviene, che nasce, dall’occhio.

Ok.. questo punto potremmo diventare matti a cercare di dare un interpretazione a questo “occhio”, inventarci robe mistiche, accostamenti improbabili, se non fosse che invece sappiamo che i nostri avi erano molto realistici, e poco virtuali, e se non facessimo riferimento per esempio al fatto che sappiamo che le nostre Janas, erano innanzitutto JN, ricordiamoci, radice per “Ginè”, greco arcaico per “Donna”..

Ora, parlando di donne, immaginate una donna che partorisce, sdraiata a pancia in su (2).
con le gambe forma una M, giusto? Ai vertici della M (da notare.. AMMA di cui prima, in antico alfabeto sardo si scrive M), dicevo ai vertici della M, cosa c’è?

Sapete che in molte culture viene rappresentata, per indicare la maternità, una “M” maiuscola con degli occhi o delle facce, al posto degli spigoli superiori, ovvero delle ginocchia?

E lo sapete come si chiama il ginocchio in Sardo ?

Ginogu….

GinOgu , Jin Ogu.

L’Occhio (OGU in Sardo) della donna (JIN).. semplice come bere un bicchier d’abba, no?

E adesso B/Ogu, finalmente, ci può raccontare il suo significato reale:

Bogau : “nato dagli “occhi” della Donna.

Ecco. “is Bogadoras”!! “quelle che toglievano il bambino dagli occhi della donna” quelle che lo levavano, “le levatrici”…

E finalmente ancora Le Janas ci hanno raccontato che la vita nasceva con acqua e sangue, e con acqua e sangue finiva, e ci svelano ancora un altro segreto..

Archeo Logicamente, posso affermare che
loro erano..

Erano B/Ogu, Bogadoras, erano coloro che iniziavano la vita ..

che poi la curavano, esperte in meixinas, ma anche

Erano Abba, acqua, dall’inizio, e Akka, acqua fino alla fine,

erano AkkA AbbA, AkkAbbAdoras, coloro che terminavano la vita..

Erano loro, quindi custodi della vita e della morte, erano loro, e nessun altro,

le Janas Bifronte,

Bogadoras e Akkabbadoras, vita e morte, due facce della stessa Anima..

Ed Erano li, migliaia di anni prima rispetto alle futuri divinità romane, e prima ancora degli dei etruschi,

erano le Donne Sarde,

ancora una volta,

Erano Janas…

ancora di più … non fatele incazzare…

Note:
(1) Libero adattamento del testo originale
(2) riflessioni in seguito ai commenti di Paolo Sanna Caria e Maria Ciuffia, che suggeriscono un parto accovacciato, piuttosto che sdraiato

anche io ero della stessa idea, fino a quando non mi sono imbattuto in questo dato, mondiale, sull’utilizzo della M come simbolo di procreazione..
in effetti , però, sia sdraiate sia in piedi, la M si forma comunque.
e in piedi, se supponiamo che fossero accovacciate, con qualcuno che le tiene per le mani, per aiutarle a reggersi, assumono oltretutto la “figura” di quello che normalmente viene chiamato “rovesciato”.. per cui si. può essere che fosse una posizione in piedi, e i “rovesciati” rappresentazioni dei parti..”

anzi. dirò di più.. se in piedi le ginocchia sono “occhi”, il bambino che esce prende il posto del “naso”.
ed ecco che assumono un significato diverso anche gli occhi tondi e il naso dritto di molte statue sarde: rappresentazione della nascita.

“non solo, ma la T formata da naso e sopracciglia, in antico alfabeto sardo si legge B, col significato di “nato da”.

si.. torna tutto. grazie…
e non solo…

abbiamo appena scoperto come nasce una lettera dell’alfabeto piu antico del mondo..”

@Davide Cocco per la pagina Facebook:  Circolo Privato di Ricerca Indipendente A.C.S. – Antica Civiltà Sarda –  https://www.facebook.com/groups/1945271775727363/

FONTE: https://edinterranunnaka.wordpress.com/2018/01/09/le-accabadoras-e-le-bogadoras-coloro-che-iniziano-e-terminano-la-vita-la-vera-storia-delle-janas-bifronte/

 

 

 

Uno strano suono si è sentito in tutto il lago Nyos

Egizi Maya Aztechi Sumeгi Dei o extгateггestгi?9 09 2021

Uno degli eventi più strani avvenuti al mondo, si è verificato 35 anni fa, in Camerun. Dopo che uno strano suono si è sentito in tutto il lago Nyos, migliaia di persone e animali sono morte senza alcuna spiegazione… Nel 1986, gli abitanti che vivevano in un raggio di 25 chilometri intorno al lago Nyos in Camerun, sono morti miseramente. 1.746 persone e più di 3.500 capi di bestiame sono stati trovati morti dopo che uno strano rumore è stato udito provenire dal lago. L’agricoltore Ephriam Che, uno dei sopravvissuti, raccontò la sua esperienza allo Smithsonian Institution. Viveva in una piccola casa di mattoni su una scogliera. Ha detto che verso le 9 di notte, sentì un grande rumore che lo ha svegliato, ma siccome fuori non vide nulla, si è riaddormentato poco dopo. La mattina, al risveglio, si recò alla cascata in cerca di acqua, trovandola completamente asciutta. C’era un silenzio mortale in tutto il luogo; non si sentivano né uccelli né animali. Non c’erano nemmeno gli insetti, cosa comune al mattino. Ovviamente era in preda al panico, così andò dritto al villaggio in riva al lago… ma un orribile urlo lo fermò. Era la mandriana, Halima Suley, che viveva in un villaggio ai piedi della scogliera, la quale, chiamò Ephriam Che disperata, perché intorno a lei c’erano i corpi di 31 membri della sua famiglia e 400 bovini morti. Secondo il contadino, non c’erano mosche intorno ai cadaveri. Animali e persone intorno al lago Nyos erano morti per qualcosa di sconosciuto. I resoconti degli altri sopravvissuti erano molto simili. Ad esempio, Monica Lom Ngong, ha raccontato alla BBC che quando si è svegliata era letteralmente circondata da cadaveri. Delle 56 persone che facevano parte della sua famiglia, 53 sono morte . Non trovarono segni di lotta. L’unica cosa strana era stato il suono misterioso, che tutti i testimoni hanno menzionato alle 9 della sera prima e alcuni segni misteriosi sui corpi dei morti e dei sopravvissuti. Monica ha detto che al risveglio aveva rare ustioni al braccio sinistro, ma non aveva dolore. Tuttavia, il braccio era praticamente marcio a causa di queste lesioni. Ma cosa era successo? C’erano molte teorie; prodotti chimici, magia nera, spiriti e altro ancora. Ma la risposta potrebbe essere molto più semplice. Una spiegazione scientifica? L’emissione di CO2 dal lago Nyos è “esplosa” durante la notte, uccidendo tutti sul suo cammino. I sopravvissuti, che si trovavano sempre al di fuori del raggio stabilito, menzionarono anche una nuvola di gas ad alta velocità proveniente dal lago. Nelle settimane successive, diversi scienziati hanno visitato il lago Nyos per cercare di svelare il mistero. Furono accolti da un’immensa quantità di cadaveri sparsi in tutte le direzioni e dal lago che ora era di colore rossastro. I sopravvissuti presentavano allucinazioni, vomito e diarrea. Sintomi classici di avvelenamento da CO2. Le indagini hanno concluso che il lago era formato su un cratere vulcanico, che produceva CO2. I laghi vulcanici generalmente rilasciano il gas quando l’acqua è agitata. Ma il lago Nyos, quella notte, era totalmente calmo. Le domande rimangono: cosa ha disturbato il lago quella notte? Secondo gli esperti, dev’essere stata una cosa di grande impatto, visto che in meno di 20 secondi sono stati liberati 1,2 chilometri cubi di CO2, il che significava che nessuno poteva sfuggire all'” esplosione “. Il gas, essendo più denso dell’aria, ha fatto sì che le persone che si trovavano nelle zone più alte si salvassero. Questo evento ha suscitato molte polemiche in diverse parti del mondo, suscitando la preoccupazione degli esperti. Ad esempio, il lago Kivu, che si trova tra il Congo e il Ruanda, è molto più grande del Nyos e la sua popolazione circostante è molto più grande, ci potrebbe essere il rischio di una sorta di estinzione?

FONTE: https://www.facebook.com/permalink.php?story_fbid=6374604922581024&id=132882843419961

 

 


CYBERWAR SPIONAGGIO INFORMAZIONE DISINFORMAZIONE

Ucraina, era tutto scritto nel piano della Rand Corp

di Manlio Dinucci – 11 marzo 2022

 

Manlio Dinucci, l’unico analista di spessore a scrivere su Il Manifesto, spiega i motivi per cui ha deciso di porre fine alla lunga collaborazione con il quotidiano.

“L’8 marzo, dopo averlo per breve tempo pubblicato online il Manifesto ha fatto sparire nottetempo questo articolo anche dall’edizione cartacea, poiché mi ero rifiutato di uniformarmi alla direttiva del Ministero della Verità e avevo chiesto di aprire un dibattito sulla crisi ucraina. Termina così la mia lunga collaborazione con questo giornale, su cui per oltre dieci anni ho pubblicato la rubrica L’Arte della guerra.”

Qui a seguire l’ottimo articolo censurato.

* * * *

Il piano strategico degli Stati uniti contro la Russia è stato elaborato tre anni fa dalla Rand Corporation (il manifesto, Rand Corp: come abbattere la Russia, 21 maggio 2019). La Rand Corporation, il cui quartier generale ha sede a Washington, è «una organizzazione globale di ricerca che sviluppa soluzioni per le sfide politiche»: ha un esercito di 1.800 ricercatori e altri specialisti reclutati da 50 paesi, che parlano 75 lingue, distribuiti in uffici e altre sedi in Nord America, Europa, Australia e Golfo Persico. Personale statunitense della Rand vive e lavora in oltre 25 paesi.

La Rand Corporation, che si autodefinisce «organizzazione non-profit e non-partisan», è ufficialmente finanziata dal Pentagono, dall’Esercito e l’Aeronautica Usa, dalle Agenzie di sicurezza nazionale (Cia e altre), da agenzie di altri paesi e potenti organizzazioni non-governative.

La Rand Corp. si vanta di aver contribuito a elaborare la strategia che permise agli Stati uniti di uscire vincitori dalla guerra fredda, costringendo l’Unione Sovietica a consumare le proprie risorse nell’estenuante confronto militare. A questo modello si è ispirato il nuovo piano elaborato nel 2019: «Over-extending and Un-balancing Russia», ossia costringere l’avversario a estendersi eccessivamente per sbilanciarlo e abbatterlo.

Queste sono le principali direttrici di attacco tracciate nel piano della Rand, su cui gli Stati Uniti si sono effettivamente mossi negli ultimi anni.

Anzitutto – stabilisce il piano – si deve attaccare la Russia sul lato più vulnerabile, quello della sua economia fortemente dipendente dall’export di gas e petrolio: a tale scopo vanno usate le sanzioni commerciali e finanziarie e, allo stesso tempo, si deve far sì che l’Europa diminuisca l’importazione di gas naturale russo, sostituendolo con gas naturale liquefatto statunitense.

In campo ideologico e informativo, occorre incoraggiare le proteste interne e allo stesso tempo minare l’immagine della Russia all’esterno.

In campo militare si deve operare perché i paesi europei della Nato accrescano le proprie forze in funzione anti-Russia. Gli Usa possono avere alte probabilità di successo e alti benefici, con rischi moderati, investendo maggiormente in bombardieri strategici e missili da attacco a lungo raggio diretti contro la Russia. Schierare in Europa nuovi missili nucleari a raggio intermedio puntati sulla Russia assicura loro alte probabilità di successo, ma comporta anche alti rischi.

Calibrando ogni opzione per ottenere l’effetto desiderato – conclude la Rand – la Russia finirà col pagare il prezzo più alto nel confronto con gli Usa, ma questi e i loro alleati dovranno investire grosse risorse sottraendole ad altri scopi.

Nel quadro di tale strategia – prevedeva nel 2019 il piano della Rand Corporation – «fornire aiuti letali all’Ucraina sfrutterebbe il maggiore punto di vulnerabilità esterna della Russia, ma qualsiasi aumento delle armi e della consulenza militare fornite dagli Usa all’Ucraina dovrebbe essere attentamente calibrato per aumentare i costi per la Russia senza provocare un conflitto molto più ampio in cui la Russia, a causa della vicinanza, avrebbe vantaggi significativi».

È proprio qui – in quello che la Rand Corporation definiva «il maggiore punto di vulnerabilità esterna della Russia», sfruttabile armando l’Ucraina in modo «calibrato per aumentare i costi per la Russia senza provocare un conflitto molto più ampio» – che è avvenuta la rottura. Stretta nella morsa politica, economica e militare che Usa e Nato serravano sempre più, ignorando i ripetuti avvertimenti e le proposte di trattativa da parte di Mosca, la Russia ha reagito con l’operazione militare che ha distrutto in Ucraina oltre 2.000 strutture militari realizzate e controllate in realtà non dai governanti di Kiev ma dai comandi Usa-Nato.

L’articolo che tre anni fa riportava il piano della Rand Corporation terminava con queste parole: «Le opzioni previste dal piano sono in realtà solo varianti della stessa strategia di guerra, il cui prezzo in termini di sacrifici e rischi viene pagato da tutti noi». Lo stiamo pagando ora noi popoli europei, e lo pagheremo sempre più caro, se continueremo ad essere pedine sacrificabili nella strategia Usa

FONTE: https://www.sinistrainrete.info/articoli-brevi/22516-manlio-dinucci-ucraina-era-tutto-scritto-nel-piano-della-rand-corp.html

 

 

Ucraina: l’attacco lo lanciò la Nato otto anni fa

di Manlio Dinucci – 3 03 2022

La commissaria Ursula von der Leyen ha annunciato che la Ue mette al bando l’agenzia di stampa russa Sputnik e il canale Russia Today così che «non possano più diffondere le loro menzogne per giustificare la guerra di Putin con la loro disinformazione tossica in Europa». La Ue instaura così ufficialmente l’orwelliano Ministero della Verità, che cancellando la memoria riscrive la storia. Viene messo fuorilegge chiunque non ripete la Verità trasmessa dalla Voce dell’America, agenzia ufficiale del governo Usa, che accusa la Russia di «orribile attacco completamente ingiustificato e non provocato contro l’Ucraina». Mettendomi fuorilegge, riporto qui in estrema sintesi la storia degli ultimi trent’anni cancellata dalla memoria.

Nel 1991, mentre terminava la guerra fredda con il dissolvimento del Patto di Varsavia e della stessa Unione Sovietica, gli Stati uniti scatenavano nel Golfo la prima guerra del dopo guerra fredda, annunciando al mondo che «non esiste alcun sostituto alla leadership degli Stati uniti, rimasti il solo Stato con una forza e una influenza globali».

Tre anni dopo, nel 1994, la Nato sotto comando Usa effettuava in Bosnia la sua prima azione diretta di guerra e nel 1999 attaccava la Jugoslavia: per 78 giorni, decollando soprattutto dalle basi italiane, 1.100 aerei effettuano 38 mila sortite, sganciando 23 mila bombe e missili che distruggevano in Serbia ponti e industrie, provocando vittime soprattutto tra i civili.

Mentre demoliva con la guerra la Jugoslavia, la Nato, tradendo la promessa fatta alla Russia di «non allargarsi di un pollice ad Est», iniziava la sua espansione ad Est sempre più a ridosso della Russia, che l’avrebbe portata in vent’anni a estendersi da 16 a 30 membri, incorporando paesi dell’ex Patto di Varsavia, dell’ex Urss e della ex Jugoslavia, preparandosi a includere ufficialmente anche Ucraina, Georgia e Bosnia Erzegovina, di fatto già nella Nato (il manifesto, Che cos’è e perché è pericoloso l’allargamento a Est della Nato, 22 febbraio 2022), Passando di guerra in guerra, Usa e Nato attaccavano e invadevano l’Afghanistan nel 2001 e l’Iraq nel 2003, demolivano con la guerra lo Stato libico nel 2011 e iniziavano tramite l’Isis la stessa operazione in Siria, in parte bloccata quattro anni dopo dall’intervento russo. Solo in Iraq, le due guerre e l’embargo uccidevano direttamente circa 2 milioni di persone, tra cui mezzo milione di bambini.

Nel febbraio 2014 la Nato, che dal 1991 si era impadronita di posti chiave in Ucraina, effettuava tramite formazioni neonaziste appositamente addestrate e armate, il colpo di stato che rovesciava il presidente dell’Ucraina regolarmente eletto. Esso era orchestrato in base a una precisa strategia: attaccare le popolazioni russe di Ucraina per provocare la risposta della Russia e aprire così una profonda frattura in Europa. Quando i russi di Crimea decidevano con il referendum di rientrare nella Russia di cui prima facevano parte, e i russi del Donbass (bombardati da Kiev anche col fosforo bianco) si trinceravano nelle due repubbliche, iniziava contro la Russia la escalation bellica della Nato. La sosteneva la Ue, in cui 21 dei 27 paesi membri appartengono alla Nato sotto comando Usa.

In questi otto anni, forze e basi Usa-Nato con capacità di attacco nucleare sono state dislocate in Europa ancora più a ridosso della Russia, ignorando i ripetuti avvertimenti di Mosca. Il 15 dicembre 2021 la Federazione Russa ha consegnato agli Stati Uniti d’America un articolato progetto di Trattato per disinnescare questa esplosiva situazione (il manifesto, «Mossa aggressiva» russa: Mosca propone la pace, 21 dicembre 2021). Non solo è stato anch’esso respinto ma, contemporaneamente, è cominciato lo schieramento di forze ucraine, di fatto sotto comando Usa-Nato, per un attacco su larga scala ai russi del Donbass. Da qui la decisione di Mosca di porre un alt alla escalation aggressiva Usa.Nato con l’operazione militare in Ucraina.

Manifestare contro la guerra cancellando la storia, significa contribuire consapevolmente o no alla frenetica campagna Usa-Nato-Ue che bolla la Russia quale pericoloso nemico, che spacca l’Europa per disegni imperiali di potere, trascinandoci alla catastrofe.

FONTE: https://www.sinistrainrete.info/articoli-brevi/22433-manlio-dinucci-ucraina-l-attacco-lo-lancio-la-nato-otto-anni-fa.html

 

 

 

ECONOMIA

La Bce scarica l’Italia. Ecco le 3 mosse con cui saremo abbandonati al mercato

Un piano preciso, il solito: abbandonare l’Italia al proprio destino. Da portare avanti in tre distinti atti, per centrare il bersaglio. Nel bel mezzo dell’emergenza Ucraina, con l’invasione russa che ha avuto e avrà ancora un forte impatto sull’economia e sull’inflazione, Bruxelles si prepara a voltarci ancora una volta le spalle, puntando ancora una volta sulla cautela piuttosto che sugli aiuti concreti, decisi. La conferma è arrivata dagli ultimi annunciati della Banca Centrale Europea, che ha anche rivisto al ribasso le stime per la crescita nella zona euro.

Christine Lagarde ha infatti sottolineato come la crescita del prodotto interno lordo, previsioni alla mano, si fermerà al 3,7% quest’anno, al 2,8% nel 2023 e all’1,6% nel 2024, quando l’inflazione dovrebbe attestarsi al 2% dopo essere stata stimata al 5,1% quest’anno. Un clima di forte incertezza legato, ovviamente, agli sviluppi del conflitto esploso in Ucraina. E che però non ha spinto la Bce a rivedere i suoi piani, a partire dalla graduale revoca delle misure introdotte per aiutare i Paesi alle prese con l’emergenza Covid.

Non c’è stato soltanto l’annuncio del taglio al supporto per contrastare la pandemia, però, ad agitare i mercati. A stretto giro, infatti, sono arrivate anche le dichiarazioni del membro olandese del comitato esecutivo della Bce, Frank Elderson, che non ha escluso “un possibile rialzo dei tassi entro la fine dell’anno”. Come spiegato da Giuliana Ferraino sulle pagine del Corriere della Sera, il rendimento del Btp decennale è salito al 2,05% dopo una fiammata fino al 2,07%, mentre il tasso di interesse dei Bund decennali tedeschi è arrivato a toccare lo 0,56%, il record da fine 2018.

Il piano di Bruxelles, dunque, sta prendendo vita lungo tre, chiare direttrici. Stop alle misure anti-Covid lanciate ad aprile 2020, quando la Bce aveva allentato i criteri sul collaterale bancario per favorire il credito. Revisione delle stime, al ribasso. Con tutta probabilità, un rialzo nei tassi di interesse entro la fine del 2022. Con tanti saluti all’Italia, che sarà abbandonata al mercato. Della serie: se qualcuno aveva sperato davvero in un cambio di rotta dell’Ue beh, peggio per lui.

FONTE: https://www.ilparagone.it/attualita/la-bce-scarica-litalia-ecco-le-3-mosse-con-cui-saremo-abbandonati-al-mercato/

 

 

Varianti e inflazione: cronaca di una demolizione controllata

di Fabio Vighi

1540993247548.jpg una batosta da 625 euro a famiglia dall inflazioneDopo quasi due anni, eccoci di nuovo qua. Mascherine, distanziamenti, quarantene, restrizioni, lavoro a distanza (per chi ancora ce l’ha), bombardamenti mediatici a tappeto, assolutismo vaccinale e, immancabile, l’ombra lunga di devastanti lockdown – già caldamente sponsorizzati, tra gli altri, dal Fondo Monetario Internazionale. Ma questa volta con l’aggiunta di fiammate inflattive che svalutano il denaro e bruciano i risparmi, spingendo una parte sempre più ampia di popolazione nella spirale del debito e della povertà.

 

Iniezioni monetarie

A nostro avviso, la funzione profonda dell’emergenza sanitaria può essere compresa se inserita nel contesto macro di pertinenza, ovvero la crisi terminale del modo di produzione capitalistico. La sequenza causale ci pare la seguente: implosione economica – strumentalizzazione pandemica – emergenza democratica. Se dovesse andare a compimento, il cambio di paradigma in atto ci condurrebbe dritti a un modello apertamente autoritario di capitalismo implosivo, sostenuto da allarmi globali spesso sproporzionati rispetto alla minaccia reale. Come dimostrato dalla creazione del capro espiatorio ‘no vax’, il potenziale della propaganda è virtualmente illimitato. Per la prima volta nella storia dell’umanità, la colpa di un trattamento che non funziona nelle modalità millantate viene affibbiata a coloro che non lo usano.

Tuttavia, dobbiamo essere consapevoli del fatto che l’attuale violenza ideologica è un riflesso quasi pavloviano rispetto all’incombere del collasso economico. Stiamo naufragando in una crisi di sistema che nel 2008 ha assunto per la prima volta un carattere terminale.

Allora, il salvataggio del settore finanziario portò alla crisi dei deficit sovrani nell’Unione Europea (2010-11), che resero ancor più imprescindibile il ricorso permanente ai programmi di Quantitative Easing delle banche centrali (iniezioni di denaro elettronico attraverso acquisti di asset finanziari). A partire dalla fine del 2008, queste politiche monetarie selvagge sono diventate la norma per la Federal Reserve[i], gonfiando enormi bolle finanziarie sfociate, nel settembre del 2019, nel congelamento del mercato interbancario (repo) a Wall Street. Quest’ultimo evento insieme alla logica perversa del ‘capitalismo pandemico’ ha permesso allo 0.1% di accrescere i propri profitti a velocità record, a scapito di tutti gli altri.

Come recentemente illustrato da Pam e Russ Martens, il 17 settembre 2019 la Federal Reserve iniziò un programma straordinario di prestiti ai suoi cosiddetti primary dealers di Wall Street (tra cui JP Morgan, Goldman Sachs, Barclays, BNP Paribas, Nomura, Deutsche Bank, Bank of America, Citibank, ecc). In data 2 luglio 2020 (ultima attualmente disponibile sul database della Fed) il valore cumulativo di questi prestiti, con collaterale in Treasuries e Mortgage-Backed Securities, ammontava a più di 11 mila miliardi di dollari. La dimensione assolutamente inaudita di questa massa creditizia passata dalla Fed ai principali operatori finanziari ci conferma senza ombra di dubbio che, a pochi mesi dall’arrivo di Virus, Wall Street era sull’orlo del baratro. A riprova della persistente fragilità del mercato dei prestiti interbancari, il 28 luglio 2021 la Fed ha annunciato la creazione di una Standing Repo Facility che mette a disposizione dei suoi 24 dealers primari (e, se necessario, di altre controparti) circa 500 miliardi di dollari di credito settimanale.

In un recente articolo ho sostenuto e documentato che le contromosse al potenziale tracollo erano state pianificate per tempo. I sacerdoti dell’alta finanza sapevano che l’espansione della massa monetaria post-2008 era divenuta ingestibile, specie quando accompagnata da un rallentamento economico globale che, proprio nel 2019, aveva spinto Germania, Italia e Giappone verso la recessione tecnica, mentre Gran Bretagna, Cina e altre potenze arrancavano pericolosamente. Di fronte al rischio di un crollo improvviso, non è azzardato ipotizzare che si sia preferito pilotare l’incidente e chiamare in anticipo l’ambulanza, che infatti arrivò puntuale: allo scoppio della trappola di liquidità nel mercato dei prestiti interbancari fu prescritta una dose più elevata della stessa medicina, ovvero un’espansione senza precedenti dello stimolo monetario. Ma questa volta sotto la protezione dello ‘scudo pandemico.’ E oggi le cose funzionano in modo sostanzialmente identico: l’emergenza sanitaria continua a operare anche come un’enorme coperta di Linus per un’economia globale che affonda sotto montagne di deficit fuori controllo e debiti insostenibili.

È importante fare chiarezza sulla tipologia di espansione monetaria in questione. Nell’agosto 2019 un documento di BlackRock (il fondo investimenti più potente al mondo)[ii] esplicitamente intitolato Dealing with the Next Downturn (‘Come affrontare la prossima recessione’), e redatto da banchieri del calibro di Stanley Fisher e Philipp Hildebrand, aveva indicato alla Federal Reserve la via da seguire per evitare brutte sorprese: una politica monetaria letteralmente “senza precedenti”, per cui enormi masse di denaro creato dal nulla dovevano finire direttamente in mani pubbliche e private, aggirando in questo modo i tassi di interesse. Questa operazione, denominata “going direct” da BlackRock, fu puntualmente messa in pratica un mese più tardi grazie appunto alla crisi dei repo. Da allora il bilancio della Fed è cresciuto di circa 5 mila miliardi di dollari, espansione assolutamente straordinaria anche rispetto ai QE attivati dal 2008 (senza aggiungere le decine di migliaia di miliardi creati dalle altre banche centrali, così come i programmi di stimolo fiscale tipo ‘helicopter money’).

Come argomenta con dovizia di particolari John Titus, la vera novità di questa accelerazione monetaria è in un certo senso qualitativa. In tutta la storia della Fed (fondata nel 1913) non vi era mai stata correlazione diretta tra la creazione di riserve e l’offerta monetaria nel circuito tradizionale delle banche commerciali. Come per incanto, invece, a partire dal settembre 2019 la corrispondenza diventa perfetta: il denaro creato dalla Fed viene replicato dollaro per dollaro nel circuito delle 4.336 banche commerciali statunitensi, che funge da catena di trasmissione all’economia reale. In altre parole, la curva dell’erogazione di denaro complessiva nell’economia reale viene a dipendere direttamente dall’espansione del bilancio della Fed – esattamente la medicina ordinata da BlackRock e legittimata da un’emergenza pandemica prorogata fino ai limiti del tragicomico (non a caso, BlackRock aveva chiesto che il cambio di policy fosse “permanente”). La ‘pandemia’, infatti, ha consentito di contenere il rischio iperinflazionistico connaturato nell’operazione “going direct”, che a differenza dei precedenti programmi di QE proponeva di iniettare la nuova massa monetaria direttamente nelle casse di chi l’avrebbe utilizzata. Come si legge nel documento di BlackRock, la messa in atto di questo “inusuale coordinamento monetario” necessitava di “inusuali circostanze” – evidentemente, proprio quelle sopraggiunte a inizio 2020.

In realtà, non importa stabilire in quale esatta misura la manovra going direct sia coincisa con il massiccio programma di prestiti repo. Piuttosto, dobbiamo tornare a sottolineare il punto essenziale: nel settembre 2019, prima che la crisi sanitaria giustificasse ulteriore diluvio monetario e relativo cambio di paradigma, il castello di carte finanziario era prossimo al collasso.

 

Virologi a Wall Street

Come si presenta oggi il contesto macroeconomico? Ne riassumo qui alcuni punti base:

  • Debito globale di 300 mila miliardi di dollari, in crescita esponenziale
  • Deficit statali in rapido aumento sia nella maggioranza delle economie avanzate che in quelle in via di sviluppo
  • Bolla epica di azioni, obbligazioni, immobiliare, e soprattutto derivati
  • Inflazione potenzialmente fuori controllo

Stabilito il contesto, non è difficile comprendere come il riferimento costante all’emergenza sia una narrazione di copertura che permette di governare un’implosione ormai ingestibile con i soli strumenti della policy economica. A nostro avviso, la crisi sanitaria consente ai funzionari del capitale di giocarsi l’ultimo asso nella manica: l’inflazione, con conseguente demolizione controllata di ciò che resta dell’economia produttiva di (plus)valore e corrispettiva infrastruttura democratica. Essenziale per la ‘nuova normalità’ è tanto la graduale rimozione di libertà individuali, quanto l’ulteriore erosione di redditi e risparmi, già considerati un lusso rispetto alle esigenze del neoliberismo. L’emergenza consente infatti la regimentazione di intere popolazioni mentre l’economia reale viene ulteriormente depressa. Nel momento in cui l’universo finanziario si consacra come centro assoluto di produzione di valore (con gli indici S&P 500, Nasdaq e Dow Jones che a fine 2021 segnano una serie di massimi storici), il mondo del lavoro ne risulta vieppiù ridimensionato, privato di diritti, e costretto al ricatto occupazionale. Ma le medie italiane di quattro morti sul lavoro al giorno interessano poco o nulla agli ansiogeni cantori del sistema. Perché è del tutto evidente che pilotare l’implosione attraverso la gestione autoritaria della crisi sanitaria è molto più conveniente che dover dar conto di una depressione socio-economica ormai inarrestabile.

D’altronde il collasso di sistema era nell’aria da tempo, e ai macchinisti dell’ormai logora locomotiva capitalista non restava altro che cercare di controllarlo, indirizzandolo a loro favore. Per questo il whatever it takes di Mario Draghi (luglio 2012) assume oggi connotazioni sempre più truci, specie alla luce della sua affermazione che, a differenza dei vaccinati che possono godersi la vita in piena libertà senza contagiare il prossimo, i non vaccinati muoiono e uccidono (luglio 2021) – parole di inaudita violenza discriminatoria oggi smentite dai fatti eppure ribadite dallo stesso Draghi. Peraltro è infantile pensare che governi, istituzioni, media, e autorità sanitarie agiscano in autonomia. Piuttosto, attraverso di loro parla sempre il Potere (economico-finanziario), quella Cosa che ci vogliono far credere non esista più, quasi si fosse improvvisamente estinta come i dinosauri. O trasformata in filantropia.

Vogliamo sapere come nasce l’uso politico-mediatico delle varianti? Basta chiedere ai mercati. Come ci ricorda Mauro Bottarelli, i virologi migliori operano a Wall Street. Sono quei traders che cinque settimane prima della comparsa di Omicron già sapevano che sarebbe riandato in onda il Covid horror-show, vista la prezzatura dei titoli azionari del cosiddetto paniere emergenziale. La sproporzione tra impatto sanitario e misure repressive si spiega dunque in termini economici. La strategia comunicativa legata all’irrompere della nuova variante diventa, nei fatti, uno strumento di leva finanziaria.

Cosa s’intende per leva finanziaria? S’intende che Omicron, variante nata assassina prima ancora di finire sotto il microscopio, aiuta innanzitutto a calmierare l’effetto inflattivo nel breve termine, poiché la rinnovata paura di Virus drena spese e consumi, impedendo all’enorme massa monetaria introdotta nel circuito finanziario di mettersi in moto come domanda reale dagli effetti iper-inflattivi. Ciò consente alle banche centrali di perseguire l’obiettivo ormai metafisico della stampa di denaro a getto continuo, necessaria a simulare la buona salute di un sistema finanziario in realtà zeppo di titoli tossici, aziende zombie, e detenzioni mostruose di debito pubblico. In estrema sintesi: le campagne acquisti delle banche centrali inondano i mercati di denaro fresco di stampa, tenendo i tassi di interesse inchiodati a zero e dintorni. Perché il solo pensiero di alzare seriamente i tassi farebbe brillare varie bombe a orologeria collocate nei suddetti mercati, dove tutto ruota attorno alla reperibilità di cheap cash.

In condizioni di capitalismo minimamente funzionale, l’inflazione si può combattere alzando il costo del denaro. Ma nell’attuale fragilissimo contesto iper-indebitato, guidato molto più da speculazioni a leva che dal PIL, questa operazione non s’ha da fare, perché i mercati dopati subirebbero conseguenze devastanti. Da una parte, quindi, il rubinetto del denaro allegro delle banche centrali deve rimanere aperto per gonfiare i mercati finanziari; dall’altra, l’inflazione dei prezzi nell’economia reale, dovuta in massima parte al rubinetto aperto, dev’essere maneggiata con cura per evitare il caos sociale. E, insieme, per governare il passaggio a un regime di accumulazione autoritario in cui la depressione socio-economica è giustificata dal mantra emergenziale.

Riassumiamo: l’uso politico-mediatico di varianti tipo Omicron sembra una mossa strategica atta a perpetuare politiche monetarie espansive e prevenire l’innalzamento del costo del denaro, che scatenerebbe il panico sui rendimenti finanziari, che a sua volta vaporizzerebbe i bilanci di più di un’istituzione finanziaria e manderebbe in orbita gli spread sovrani di paesi come l’Italia, con conseguente sanguinamento sui costi di finanziamento del debito. Una drammatica svalutazione della sovrastruttura finanziaria porterebbe alla rovina, in un modo o nell’altro, il debito pubblico, minando così la capacità dello Stato di finanziare le proprie operazioni. In questo senso, la narrazione emergenziale permette a paesi come l’Italia e la Grecia (che puntualmente hanno adottato le misure più draconiane rispetto a Omicron) di mendicare ulteriori stimoli: dal prolungamento degli aiuti statali e europei fino alla richiesta di revisione del Patto di Stabilità.

Ma siccome non esistono pasti gratis, questa folle fuga in avanti del capitale a leva finanziaria incontra per forza di cose la sua nemesi nel mondo reale: più povertà e regime per tutti (o quasi). Ovvero: l’inflazione viene tenuta sotto controllo grazie a politiche salariali restrittive e al contenimento dei consumi dovuto all’emergenza sanitaria. Se fino a qualche tempo fa la classe operaia poteva aspirare a diventare classe media, ora la classe media può solo aspirare a impoverirsi. È in questo senso che dobbiamo inquadrare le varianti come strumenti di ‘gestione sanitaria’ del passaggio epocale a un capitalismo senescente di tipo neo-feudale amministrato tramite signoraggio monetario, la cui longevità potrebbe superare qualsiasi ottimistica aspettativa di trasformazione radicale.

 

L’inciucio della lotta all’inflazione

Abbiamo osservato come il discorso sulla nuova variante Omicron facilita la gestione biopolitica di un’inflazione che, se lasciata al suo corso, rischia di sfuggire di mano. Al punto che anche Chairman Powell, capo della Fed, si è visto costretto a rinnegare la narrazione mitologica della transitorietà, che lui stesso aveva alimentato. Da notare che negli USA siamo a +6.8% su base annua, dato mai così elevato dal 1982 – e se aggiungiamo l’inflazione sui prezzi delle case arriviamo tranquillamente in doppia cifra. In più, si tratta di un dato ‘governativo’, quindi tipicamente inferiore a quello reale. La soluzione? Per il momento si procede a botte di variante deflattiva, con l’aggiunta di miseri trucchetti da mago Otelma: da gennaio 2022, per esempio, l’inflazione sui prezzi al consumo (CPI) statunitensi verrà calcolata in base ai dati del periodo 2019-2020, così da ridimensionarla artificialmente.

Al netto delle aggiustatine statistiche, l’attuale aumento dell’inflazione è da record non solo negli USA, ma anche in Gran Bretagna (+5.1% a novembre), presentandosi inoltre come il più veloce della storia dell’Euro. Cosa, quest’ultima, che provoca forte disagio a Madame Lagarde, che infatti non alza i tassi e interrompe il PEPP (programma emergenziale) solo per sostituirlo con strumenti di QE tradizionale, e eventualmente ripristinarlo se la ‘pandemia’ dovesse continuare a mordere – classico esempio del plus ça change, plus c’est la même chose. Ricordiamo che in Italia, a ottobre 2021, i prezzi alla produzione (PPI) sono lievitati oltre il 20% su base annua, un aumento che si trasmette su tutta la filiera produttivo-distributiva fino ai consumi. La situazione è dunque molto più delicata di quanto non ci raccontino. Per questo la gestione dell’inflazione è un tassello essenziale del palinsesto pandemico-emergenziale: se da una parte occorre evitare la deriva iperinflattiva, dall’altra un’inflazione governata oculatamente attraverso politiche emergenziali legittima l’ulteriore depressione dell’economia reale e il mantenimento dello status quo finanziario. Ricordate lo slogan del World Economic ForumNon avremo nulla e saremo felici!

L’inflazione, dunque, torna utile alla gestione della transizione autoritaria verso una società globale a due livelli, in cui pochissimi detengono il controllo dell’offerta monetaria mentre le moltitudini vengono soggiogate tramite povertà, ricatto, e paura. Anche perché, dettaglio di non poco conto, l’inflazione sgonfia il debito pubblico, visto che le montagne di liquidità inflattiva delle banche centrali deprimono sia i tassi che i rendimenti obbligazionari, riducendo dunque il valore reale del debito. Qualora il taper della Fed (riduzione degli acquisti) dovesse invece diventare realtà, le quotazioni delle obbligazioni potrebbero rapidamente salire. Ripetiamo però il concetto centrale: un taper serio sarebbe catastrofico per quasi tutte le classi di attività finanziaria, e dunque avrebbe la durata del battito d’ali di un colibrì. Ecco perché oggi non ci viene detta la verità sulla riduzione degli stimoli, come dimostra il fatto incontestabile che, da quando Powell ha annunciato il graduale ritiro degli aiuti pandemici nel novembre 2021, il bilancio della Fed è in realtà aumentato. Ciò significa che l’unica strada percorribile, al netto della dipendenza ormai cronica dal metadone monetario, sembra essere quella dell’inciucio: fingere pubblicamente di combattere l’inflazione continuando invece ad alimentarla in privato.

Dopo due anni di assalti all’intelligenza media, anche i più fedeli alla linea dovrebbero trovare il coraggio di ammetterlo: la lotta al COVID-19 è soprattutto il nome della risposta, violenta e disperata, a un’implosione divenuta ingestibile; una sorta di assicurazione sulla vita dei mercati e, insieme, dei debiti sovrani che lì cercano finanziamento. Bisogna riconoscerlo con grande chiarezza: l’estremizzazione del paradigma emergenziale ci sta dicendo che intere società sono ostaggio della riproduzione di valore fittizio nel settore finanziario. Perché il prezzo di un mercato perennemente bullish (in rialzo) sono, nell’ordine, varianti a esaurimento d’alfabeto, raffiche vaccinali a scadenza ravvicinata per tutti senza valutazione del rischio, impietose ondate di terrore mediatico, e tutta una serie di normative kafkiane finalizzate a 1) ingessare e deprimere l’economia reale per tenere accesa la stampante di denaro; 2) abituarci a chinare la testa dinanzi all’uso politico-mediatico delle emergenze presunte o reali che siano; e 3) distrarci da quanto accade nell’iperuranio finanziario, dove si gioca la vera partita che decide dei nostri destini.

Come tutte le guerre, la ‘guerra al Covid’ legittima creazione di denaro dal nulla e abbattimento dei tassi, che causano inflazione. Ma questa logica, oggi, non può che risolversi nella centralizzazione assolutistica del controllo monetario. Non c’è altra via d’uscita. Perché l’inflazione che abbiamo di fronte non è semplice conseguenza di criticità nella catena delle forniture, come ci hanno raccontato. Piuttosto, è l’inevitabile risultato dell’eccessiva offerta di denaro fittizio, che ora scende a valle con la forza distruttiva di una valanga alpina. La logica spietata del doping monetario si traduce dunque nell’ulteriore impoverimento di popolazioni perlopiù ignare di ciò che accade, perché ipnotizzate da stucchevoli battibecchi su varianti assassine, super green pass, e altre amenità di ben poca rilevanza sanitaria.

Oltre a controllare la circolazione del denaro, l’uso politico-mediatico delle varianti gioca anche un ruolo ideologicamente aggressivo: creano l’humus ideale per ulteriori strette autoritarie. Se tutto andrà come programmato, buona parte dell’umanità, già nel medio termine, dovrà sottostare a una forma di schiavitù monetaria (oltre che biopolitica), imposta dai nostri munifici governanti come soluzione a quella Grande Svalutazione che non potrà più essere nascosta o esorcizzata. Per questo ci devono addestrare a vivere nella paura, costringendoci a interiorizzare la nuova normalità come condizione di totale precarietà esistenziale.

 

La gestione dell’ingestibile

Nel frattempo, Draghi ha rispolverato i manuali di economia asserendo che l’unico modo di contrastare l’indebitamento pubblico è far crescere il PIL. Bella scoperta. Lui per primo però dovrebbe sapere che nelle condizioni storiche di fine impero in cui ci troviamo, l’economia reale non potrà mai tornare a crescere ai livelli necessari alla riproduzione sociale – a meno che tale riproduzione non venga ridotta ai minimi termini attraverso, appunto, lo smantellamento pilotato della società del lavoro. Per anni abbiamo alimentato una falsa economia radicata in una spesa pubblica sostenuta dagli acquisti della banca centrale e dai tassi d’interesse in area zero. Duole dire che tutto ciò non ha nulla a che vedere con la crescita reale.

Ergo, scordiamoci il passato: la belle époque del capitalismo a base (o aspirazione) socialdemocratica è definitivamente tramontata. In un contesto liberale non può più esserci crescita sufficiente alla riproduzione capitalistica delle nostre società. Questo per una ragione immanente e oggettiva, tanto elementare quanto comprensibile solo allargando l’obiettivo sull’evoluzione storica del nostro modo di produzione: a partire dagli anni ’70, il lavoro produttivo di valore è stato gradualmente stritolato dal capitale stesso attraverso la sua santa alleanza con scienza & tecnologia, dettata dalla competizione. Un harakiri di cui i tristi burocrati del capitalismo emergenziale non vogliono proprio rendersi conto.

A causa di quella che già Keynes aveva correttamente fotografato come l’epoca della ‘disoccupazione [o sottoccupazione] tecnologica,’ il capitale a sempre più alta composizione organica non è in grado di spremere sufficiente plusvalore (sia relativo che assoluto) dal lavoro salariato, e per questo si butta a capofitto nel magico mondo della finanza, dove è il denaro stesso che viene messo al lavoro. Com’è noto, Marx aveva anticipato questa condizione con la teoria della ‘caduta tendenziale del saggio di profitto,’ esposta nel terzo volume del Capitale. Tuttavia, il Moro di Treviri non poteva prevedere gli effetti implosivi dell’aumento esponenziale dell’automazione, che oggi si manifestano appieno nella dipendenza (nel senso patologico del termine) di economie, stati e dunque intere società da montagne di denaro fittizio destinato a rovinosa svalutazione. Il collasso finanziario avverrà probabilmente con il crollo del mercato del debito (il motore dell’intero sistema), che alimenterebbe un picco incontrollabile dei tassi d’interesse e dunque l’evaporazione del dollaro e di molte altre valute fiat.

Per il momento, questo evento viene rimandato grazie a dinamiche di emergenzialismo autoritario. Come abbiamo visto, l’accelerazione monetaria della Fed, operativa già dall’autunno 2019, è stata possibile solo ingessando l’economia reale attraverso la simulazione pandemica. Frastornando le masse con dosi massicce di Virus-fobia, e mettendole ai domiciliari in attesa del siero miracoloso (che, come ampiamente previsto, si è rivelato miracoloso soprattutto per le case farmaceutiche), i nostri governanti, governati dalle élites finanziarie, hanno consentito alle banche centrali di rimpinguare il settore speculativo e gestire il mostro inflattivo.

Dopo i fallimenti neo-keynesiani (politiche di spesa pubblica) e neoliberisti (politiche di austerità e deregolamentazione dei mercati) siamo dunque giunti alla fase del ‘capitalismo pandemico,’ cui presto faranno seguito altri e altrettanto disperati tentativi di gestire l’ingestibile. In termini capitalistici, il gigantismo finanziario è inevitabile conseguenza della crescente incapacità del capitale di creare nuovo plusvalore, sintomo di un’impotenza talmente traumatica che si fa di tutto pur di non vederla. Ma il prolungamento dello stato di emergenza – ovvero il Covid lungo delle Banche Centrali – non ci salverà dal crollo, che probabilmente avverrà come incidente controllato dall’alto piuttosto che come evento inatteso. Perché le élites sanno che non si può arrivare d’emblèe a una situazione iperinflattiva, che porterebbe a disordini sociali di complicatissima gestione. Ma sanno anche che si può provare a governare la depressione attraverso narrazioni emergenziali e il graduale impoverimento e asservimento di moltitudini impaurite.

Conviene dunque prepararsi. Possibilmente, cominciando a riflettere su come istituire forme autonome di convivenza sociale che non siano dipendenti da un modello riproduttivo in piena decomposizione e, per questo, sempre più violento e criminoso. La politica, lo constatiamo ogni giorno, è ormai completamente collusa, schiava del dogma economico, e quindi esautorata da qualsivoglia impulso emancipatorio. Come riassunto icasticamente da Franco Berardi (Bifo), allo stato attuale la sinistra politica può solo offrire false prospettive: “Non c’è alcuna via d’uscita politica dall’apocalisse. La sinistra è stata per trent’anni lo strumento politico principale dell’offensiva ultracapitalista, chiunque investa le sue speranze nella sinistra è un imbecille che merita di essere tradito, dal momento che tradire è la sola attività che la sinistra è in grado di svolgere con competenza.” Ma quello del tradimento della sinistra è un tema che richiederebbe un’analisi ben più approfondita, che va oltre lo scopo di questo intervento.

Piuttosto, per salvare quel che rimane della nostra dignità e intelligenza critica, e la speranza di un mondo migliore per i nostri figli, dobbiamo liberarci almeno mentalmente dalla soggezione alla pseudo-pandemia sostenuta dalla pseudo-scienza assurta a nuova religione globale. E per comprendere le ragioni dell’attuale implosione socio-economica dobbiamo riabilitare quella filosofia che considera il capitalismo un rapporto sociale ontologico, una Weltanschauung, ovvero una visione del mondo incarnata nel rapporto dialettico tra denaro e lavoro, mirato alla creazione di plusvalore, merce, e profitto. Che piaccia o meno, questo mondo è già un morto che cammina. Per tenersi artificialmente in vita, sa di dover passare alle maniere forti. Il principale compito delle generazioni future non asservite sarà ridefinire il rapporto tra lavoro, comunità, e ricchezza sociale oltre la sua accezione capitalistica. Ma perché ciò accada, dovremo prima trovare il coraggio e la convinzione di resistere all’attuale deriva autoritaria legittimata dal ‘capitalismo emergenziale.’


Note
[i] La BCE operò tramite operazioni di rifinanziamento a lungo termine, dette LTRO, a partire dal 2011, per poi attivare il QE dal 2015.
[ii] Oltre a aver di fatto occupato l’amministrazione Biden, BlackRock è principale o grande azionista di migliaia di aziende e società finanziarie, tra cui Apple, Amazon, Google, Microsoft, Facebook, JP Morgan Chase, e, immancabilmente, Pfizer, insieme a una grossa fetta di Big Pharma.

FONTE: https://www.sinistrainrete.info/societa/22056-fabio-vighi-varianti-e-inflazione-cronaca-di-una-demolizione-controllata.html

 

 

 

FINANZA BANCHE ASSICURAZIONI

Russia e Cina rimpiazzano il sistema SWIFT

La Vnsheconombank (VEB) russa e la Banca centrale indiana hanno messo a punto una piattaforma internet per rimpiazzare il sistema di comunicazione interbancaria SWIFT tra le banche dei rispettivi Paesi.

Potrebbe entrare in funzione entro l’11 aprile 2022.

Serguei Lavrov, ministro degli Esteri russo, è in visita a New Delhi per due giorni.

FONTE: https://www.voltairenet.org/article216338.html

 

 

 

Buffet cambia idea e scopre le azioni petrolifere, anche a costo elevato

3 04 2022 Leoniero Dertona

 

Per decenni,  Warren Buffett, presidente e CEO di Berkshire Hathaway e uno degli uomini più ricchi al mondo,  ha mantenuto un approccio piuttosto conservatore agli investimenti, favorendo i titoli bancari e di beni di consumo  e dando ampio spazio ai settori più volatili come la tecnologia e l’energia.

Ultimamente, Buffett sembra deviare dalla sua famosa etica di acquistare azioni con un discreto margine di sicurezza, cioè con un valore che non appaia ai massimi. Ora ha raddoppiato i suoi investimenti energetici mentre ha ridotto le sue partecipazioni tecnologiche e bancarie nonostante le azioni di petrolio e gas siano alle valutazioni più elevate degli ultimi anni e le azioni tecnologiche siano a prezzi molto più basse.

Buffet ha aggiunto nuove azioni nelle già ben valutate  società E&P Occidental Petroleum Corp (OXY). e Chevron Inc (CX), nonostante entrambe siano attualmente scambiate ai massimi pluriennali.

Secondo l’ultimo deposito 13F di Berkshire, la società ha acquistato 118,3 milioni di azioni OXY in più transazioni dal 12 marzo al 16 marzo, portando la sua partecipazione in OXY a 136,4 milioni di azioni, ovvero circa il 14,6% delle sue azioni in circolazione. Berkshire possiede anche warrant OXY che garantiscono il diritto di acquisire circa 83,9 milioni di azioni ordinarie aggiuntive a circa $ 59,62 ciascuna, più altre 100.000 azioni privilegiate OXY. In precedenza, Berkshire ha rivelato di aver acquistato circa 9,4 milioni di azioni del titano del petrolio Chevron nel quarto trimestre, aumentando la sua partecipazione a 38 milioni di azioni per un valore attualmente di 6,2 miliardi di dollari.

OXY è più che raddoppiato negli ultimi 12 mesi mentre CVX è aumentato del 55%, con entrambi i titoli scambiati ai massimi pluriennali. Ma, ovviamente, Buffet pensa di avere ancora molti vantaggi, a giudicare dalle enormi posizioni aperte dal suo conglomerato di investimenti.

Bisogna dire che gli stessi amministratori di OXY stanno comprando azioni della società, indice che sono fiduciosi di una sua prossima rivalutazione.

Comunque anche le società del settore Shale stanno crescendo, con diverse banche che rivedono le valutazioni al rialzo. Lo shock petrolifero legato alla guerra in Ucraina e all’opposizione Occidente Russia sta cambiando completamente le prospettive di investimento, rendendo estremamente appetibili le società petrolifere sino a ieri condannate come “Non ecologiche”. Ora queste hanno in mano il presente energetico, quindi sono diventate molto desiderate, anche da Buffet.

FONTE: https://scenarieconomici.it/buffet-cambia-idea-e-scopre-le-azioni-petrolifere-anche-a-costo-elevato/

 

 

GIUSTIZIA E NORME

Tutti invocano la Corte Penale Internazionale ma nessuno ne fa parte

Gli Stati che chiedono a gran voce che Putin venga processato e si indaghi per genocidio non hanno mai aderito allo Statuto emanato dalla Corte.

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Di fronte alle cruente immagini dei massacri di civili che ogni giorno la guerra in Ucraina ci  mostra, ultima quella di Bucha, non si può che desiderare e chiedere a voce alta la punizione dei colpevoli.

In tutte le guerre si  compiono crimini che immancabilmente provocano sconcerto ed è più che mai in questi contesti che emerge la condizione di ’homo homini lupus’ dell’essere umano, che, purtroppo, spesso tracima in cose che mai vorremmo vedere.

Per tentare di arginare l’efferatezza di comportamenti da cui derivano quei crimini orribili la comunità internazionale si è nel tempo dotata di uno strumento  giuridico sovranazionale  capace di punirne gli autori, la Corte Penale Internazionale.

È ad essa che il Presidente Biden si riferisce quando chiede che Putin venga processato ed è ad essa che anche Zelens’kyj allude quando chiede di indagare per genocidio.

C’è solo un particolare, nè gli Stati Uniti nè l’Ucraina, forse per proteggere i propri cittadini dai poteri investigativi e giurisdizionali esterni, non hanno mai voluto aderire allo Statuto che ha creato la Corte e, pertanto, non ne fanno parte.Non solo USA e Ucraina ma anche Russia, Cina India e Israele non si sono allineati alla maggioranza dei Paesi nel mondo (attualmente gli Stati membri sono 123) e oltre a rifiutare una giurisdizione superiore, talvolta ne hanno ostacolato il pieno esercizio delle funzioni. Gli Stati Uniti che reclamano il ricorso a giusti processi per Putin sono gli stessi che hanno dichiarato in più occasioni che la Corte Penale Internazionale rappresenta una minaccia per la sovranità nazionale e non può agire al di sopra della Costituzione.

Anche i crimini di guerra commessi dall’esercito russo in Siria non sono mai stati perseguiti poiché Russia e Siria non sono membri della Corte e in tal caso – non è una battuta – sarebbe stato necessario l’intervento del Consiglio di Sicurezza dell’ONU per attivare i poteri della Corte stessa, circostanza assai improbabile a causa del potere di veto che ha la Russia all’interno del Consiglio di Sicurezza.

Stesso discorso per l’Arabia Saudita, neppure essa membro, con la conseguenza che i crimini commessi in Yemen  non sono mai stati investigati.

Esponenti del Dipartimento giustizia internazionale di Human Rights Watch, sostengono che gli Stati che non riconoscono la Corte preferiscono tutelare i loro interessi nazionali piuttosto che quelli delle vittime di atroci delitti, mettendo a rischio l’essenza stessa dell’Istituto.

La Corte venne istituita con il Trattato di Roma del 17 luglio 1998 ed entrò in funzione il 1° luglio 2002. Essa, al di là dei risultati penali, ha contribuito ad affrontare il delicato settore dei diritti dell’uomo e del diritto umanitario dal punto di vista dell’ effettività, superando così l’inerzia della mera enunciazione formale. Quale organo giudiziario permanente ha rappresentato un’occasione per strutturare in modo stabile il sistema dei diritti umani ed ha consentito nei Paesi che vi hanno aderito di tradurre principi astratti in norme penali cogenti.

Facile rispondere ai Paesi che affermano che il sistema leda la sovranità dei Paesi membri. La Corte si fonda sul principio di complementarietà ed interviene solo quando i singoli Stati competenti per l’accertamento dei crimini internazionali non intendano procedere nei confronti dei presunti colpevoli oppure non ne abbiano le capacità.

Ora Biden invoca quella speciale giurisdizione e, non foss’altro per essere stato il vice di un Nobel per la Pace, dovrebbe invertire la tendenza e aderire allo Statuto.

Sarebbe un gesto forse inutile per portare a giudizio Putin, ma dal grande significato simbolico.

FONTE: https://www.infosec.news/2022/04/05/news/guerra-russia-ucraina/tutti-invocano-la-corte-penale-internazionale-ma-nessuno-ne-fa-parte/

 

 

 

LAVORO PENSIONI DIRITTI SOCIALI

“Non si possono isolare e discriminare i lavoratori non vaccinati”: la storica sentenza

Non si possoo isolare o discriminare i lavoratori che non si sono sottoposti al vaccino. Col passare dei mesi, finalmente, la giurisprudenza italiana sta iniziando a smontare pezzo dopo pezzo il sistema messo in piedi dal governo Draghi, basato sui ricatti alla popolazione e su imposizioni che calpestano i diritti ricoosciuti dalla Costituzione. L’ultima decisione in questo senso è arrivata dalla sezione Lavoro del Tribunale di Busto Arsizio, che ha accolto il ricorso presentato da due dipendenti.

I lavoratori avevano presentato un ricorso in via d’urgenza denunciando di essere stati isolati sul posto di lavoro. Il Tribunale, dopo aver disposto gli opportuni approfondimenti, ha riscontrato l’effettiva esistenza di condotte discriminatorie e vessatorie a carico dei due, trattati diversamente dai loro colleghi e sottoposti, di fatto, a mobbing. L’azienda aveva anche indicato una sede di lavoro diversa per i dipendenti non vaccinati.
Tutti i dipendenti sprovvisti di vaccino, quindi, erano stati costretti ad allontanarsi dai colleghi, sotto la minaccia di sanzioni. Il Tribunale ha definito questa scelta aziendale “illogica ed eccessiva” , riconoscendo anche le precarie condizioni igienico-sanitarie della sede di lavoro nella quale erano stati confinati i lavoratori non vaccinati, a conferma di una condonna palesemente discriminatoria e punitiva.
Secondo il giudice, il comportamento dell’azienda ha inciso “sull’equilibrio psicofisico dei dipendenti esposti ad una situazione di stress conseguente al proprio isolamento e allontanamento dalla consueta postazione di lavoro”. Inoltre “tale situazione è idonea a ledere la dignità e la personalità morale dei lavoratori, oltre che di creare un danno alla loro personalità”. L’azienda è stata condannata a pagare oltre 4 mila euro, con i ricorrenti che potranno chiedere sia il risarcimento per danni che una condanna per mobbing in sede penale.
FONTE: https://www.ilparagone.it/attualita/non-si-possono-isolare-e-discriminare-i-lavoratori-non-vaccinati-la-storica-sentenza/

 

 

 

PANORAMA INTERNAZIONALE

“L’Europa ha fallito, condannando l’Italia”: Cacciari durissimo con l’Ue sulla guerra in Ucraina

Sulla guerra in Ucraina, “l’Europa ha già fallito”. Una bocciatura senza giri di parole, quella arrivata da Massimo Cacciari. Che in occasione di un’intervista rilasciata al Giornale, ha invocato “una nuova Yalta” per mettere fine al conflitto in corso: “Dobbiamo spingere i Tre imperi, Mosca, Washington e Pechino, a trattare. È una questione di realismo. Sono loro che devono trovare un accordo e dobbiamo metterci in testa che il vecchio ordine traballa”.

Cacciari ha sottolineato come le sanzioni di Europa e Stati Uniti ai danni della Russia fanno male a Mosca, ma anche ad altri Paesi membri: “Ad alcuni, che poi sono la Germania e l’Italia, le sanzioni provocano danni molto seri, ad altri meno, per altri ancora sono irrilevanti”. Secondo il filosofo, Bruxelles avrebbe dovuto mettere in campo aiuti concreti per le economie colpite dai veti. Cosa che, invece, non è stata fatta.

“Nessuno dice nulla – ha spiegato Cacciar – e invece la Ue avrebbe dovuto rivolgersi a Berlino e a Roma: ‘Non preoccupatevi, vi aiuteremo perché siete in grande difficoltà, per esempio sul lato del vostro export’. Ma Bruxelles si guarda bene dall’iniziare un discorso del genere. Anzi, lo scenario è ancora più scuro”.

Il motivo? “È evidente che ormai il nostro Pnrr è saltato. Con l’inflazione vicina al 10 per cento, con la spirale dei prezzi, con tutto quello che sta succedendo, è evidente che i progetti dovranno essere rivisti, tagliati, ridotti. Prima o poi dovremo fare i conti con una situazione che è completamente cambiata”. Infine, Cacciari ha sottolineato un cambio di passo da parte del presidente ucraino nei confronti di Putin: “Zelensky si è collegato con tanti Paesi, prima o poi sarebbe toccato anche a noi. Comunque le parole sono state tutto sommato equilibrate. Va bene così”.

FONTE: https://www.ilparagone.it/attualita/leuropa-ha-fallito-condannando-litalia-cacciari-durissimo-con-lue-sulla-guerra-in-ucraina/

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