RASSEGNA STAMPA DETTI E SCRITTI
8 DICEMBRE 2021
A cura di Manlio Lo Presti
Esergo
L’orgoglio è la consolazione dei deboli.
VAUVENARGUES, Massime e pensieri, Snsoni1949, pag. 182
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SOMMARIO
Ora sei un’App, senza una vita e con la data di scadenza
Green Pass, schedatura universale. Prima del fatale 2024
La pazienza dei popoli è la mangiatoia dei tiranni
Lo sceneggiatore segreto di 800 film di Hollywood: il Pentagono
Ogni mattina un “immunizzato” si alza e pensa a come togliere un diritto a chi non si vaccina
La Fiaba del Filosofo Somaro, scritta apposta per noi
Sfida a Enrico Mentana
In Siria, Washington agisce di concerto con Ankara
Perché i palestinesi stanno fuggendo dalla Striscia di Gaza
Medioevo, modernità e corpi femminili
Temporalità plurali: storia e storie nell’Antropocene
Vietato parlare dell’Oro degli Dei: YouTube oscura Bizzi
ComeDonChisciotte, lo spettacolo triste dei falliti “scoop” di Fanpage
Contro il Valore | verso la fine del capitalismo
La fame e la scarsità di cibo sono in aumento
Clima, Storia e capitale, alcune riflessioni a partire dal libro di Dipesh Chakrabarty
Volano gli stracci…
Galateo
Relazioni russo-indiane nel mezzo della “trasformazione radicale dell’ordine mondiale”
La Cina rafforza i legami con l’Africa, irritando i nemici
Grecia: il poliziotto cattivo
DIEGO FUSARO: Secondo Mario Monti c’è troppa democrazia nell’informazione e andrebbe ridotta…
Giornata della vergogna negli Stati Uniti. Come i giapponesi distrussero Pearl Harbor
“C’è qualcosa di marcio in Danimarca”: Frank Olson e il macabro destino di un informatore della CIA all’inizio della Guerra Fredda
IN EVIDENZA
Ora sei un’App, senza una vita e con la data di scadenza
Quand’ero adolescente, come figlio e nipote di operai Fiat, sapevo che il mio destino era segnato: sarei stato un operaio Fiat, un privilegio. Poi, anni dopo, se meritevole, avrei potuto diventare “impiegato Fiat” (“travet”, in piemontese). A parità di salario, non avrei più respirato gli odori degli olii esausti, dei trucioli di ferro del mio tornio, del sudore acido dei colleghi. Sarei stato parcheggiato in un non luogo, come lo erano i cosiddetti “uffici della palazzina”. Qua, al posto della tuta blu, avrei indossato un abito Gft, stante il prezzo, già liso all’acquisto; avrei fatto un lavoro idiota e guardato gli operai dall’alto in basso, pur essendo uno di loro. Alcuni travet, per sottolineare la loro differenza di status, si facevano crescere l’unghia del mignolo sinistro in modo abnorme. Era un Green Pass ante litteram che ti certificava, al contempo, “travet doc” e idiota in purezza.
Però il lavoro, allora, aveva una sua autentica dignità sociale, ed era ben retribuito. Un operaio Fiat guadagnava molto più di un impiegato comunale, e in società (al Circolo delle Bocce, of course) aveva uno status appena sotto quello dei negozianti e dei piccoli professionisti. Il miracolo economico, le scelte strategiche e sociali di Vittorio Valletta permisero agli operai Fiat di avere un welfare privato di prim’ordine, di far studiare i figli, di comprarsi, oltre alla 600, il classico “camera, tinello, cucinino” nella periferia estrema e, ai più risparmiosi, uno identico a Borghetto Santo Spirito. Neppure pensabile per un operaio o un travet di oggi, costui è un miserabile che non va oltre l’acquisto a rate di un frullatore a immersione o di un iPhone nel Black Friday.
Settant’anni dopo, nell’era del Ceo Capitalism imperante, il lavoro ha perso dignità, il salario è diventato un contributo di sussistenza, per non parlare dell’ascensore sociale, in disuso da anni. Nessuno, dotato di un minimo di intelligenza e di consapevolezza, crede alla frase mito del Presidente-Nobel: «Se ti impegni puoi farcela». “Puoi farcela”, sì, ma per fare cosa? Il rider? Il “pacchista Amazon”? Il driver Uber? Le famiglie medio-povere hanno accettato, dando fondo ai loro risparmi e sbagliando clamorosamente, di allevare i figli permettendo loro di “consumare senza lavorare”. Se cominci a consumare prima di produrre sei destinato alla povertà definitiva, così come se non hai il sogno di migliorarti, di combattere per avere un futuro diverso dal presente. Nulla di tutto questo può avvenire nel mitico mondo del Ceo Capitalism, che ha trasformato il futuro in presente, proiettando la vita lavorativa direttamente verso il divano di cittadinanza.
Tutto è già pianificato, la tua vita è già scritta, a te spetta solo di fingere di viverla; mai potrai entrare nel merito della modalità ammesse o vietate, devi semplicemente attenerti al protocollo che ti è stato dato. Sarà una vita senza sorprese, non ti succederà mai niente, perché tu sei una App; hai sì un Pass, ma non hai una vita. Mamma e papà mi dicevano: «La felicità non ti viene incontro, devi essere tu a inseguirla». Oggi questa grande verità è del tutto superata. Molti non sanno cosa sia la felicità e, intellettualmente abbruttiti come sono, neppure interessati a saperlo. Se sei un “loser” della globalizzazione la felicità non è prevista nel tuo protocollo di vita, se sei un “winner” (lo sai che sono quattro gatti?) la felicità fa già parte del tuo patrimonio genetico. Così la morte.
Per tutta la vita ti hanno venduto che eri a-mortale, che dovevi pensare positivo, che dovevi essere resiliente (non facevi in tempo a cadere che già dovevi rimbalzare in piedi, come le ginnaste dell’Est), così ti eri convinto di allontanare la morte dai tuoi pensieri. Come? Ogni sera, un tempo rivolgevi la tua preghiera a Gesù, ora non più; i tuoi dèi erano la Tecnologia, la Scienza. Incremato di prodotti anti-age fisici e mentali, prima di dormire ascolti rapito in tv lo “Scienziato”, il “Politico”, il “Giornalista” che ti “somministrano”, come da protocollo, fake truth. Poi, un giorno, improvvisamente, ti scopri vecchio, sul display è comparsa la tua “data di scadenza”. Tu ti senti ancora vivo, ma l’algoritmo ha deciso che sei vecchio, devi andartene, e pure in punta di piedi, per non disturbare i manovratori. Buon Natale!
(Riccardo Ruggeri, “Sei una App, hai un pass ma non una vita. Finché arriverà la tua data di scadenza e dovrai andartene. Ma in punta di piedi”; editoriale pubblicato da “Zafferano.news” e ripreso da “Linea Italia Piemonte” il 7 dicembre 2021. Operaio Fiat per 40 anni e poi Ceo di New Hollande, Ruggeri è stato manager e imprenditore, ora attivo come giornalista, editore e scrittore).
FONTE: https://www.libreidee.org/2021/12/ora-sei-unapp-senza-una-vita-e-con-la-data-di-scadenza/
Green Pass, schedatura universale. Prima del fatale 2024
Raccontano gli appassionati di astrologia che il periodo che si aprirebbe il 22 gennaio 2024 potrebbe coincidere con l’inizio di una stagione epocale e liberatoria, per l’umanità, propiziata dallo “storico” ingresso di Plutone in Acquario. Qualcuno può pensare che siano favolette. Altri studiosi precisano: l’astrologia non determina mai cambiamenti così immediati, attorno a una data-spartiacque. Altri ancora, forse più prosaicamente, fanno notare come i portavoce del potere – anche se non lo ammetterebbero mai – siano attentissimi proprio alla simbologia energetica che presumono sia legata al moto degli astri: del governo Draghi non c’è un solo decreto, avverte Nicola Bizzi, che sia stato emanato in un giorno a caso, senza prima aver dato un’occhiata al cielo. A proposito: ha ben poco di astrologico, l’attenzione che Bizzi (e molti altri osservatori) concentrano sul “fatidico” 2024. Secondo alcuni, è vero, coinciderebbe con la nascita di una nuova “era precessionale”. Ma non si esauriscono qui, le voci sull’ipotetico traguardo in calendario. C’è ben altro, che bolle in pentola.
A partire da quell’anno, infatti, la Terra comincerebbe a essere visitata da presenze diverse, rispetto a quelle abituali, segnalate nel 2020 dalla Us Navy e poi confermate nel 2021 dal Pentagono. Per intenderci, stiamo parlando di entità aliene. Premette il biblista Mauro Biglino: fino a ieri, poteva ancora essere canzonato chi fosse stato accusato di “credere all’esistenza degli Ufo”. Ora, invece, dopo che le autorità militari Usa li hanno finalmente sdoganati (sia pure ribattezzandoli Uap), non è più possibile negarne l’esistenza. Tuttavia, aggiunge Biglino, non ci hanno spiegato cosa sarebbero esattamente, quei velivoli: chi li fabbrica, da dove vengono, chi li pilota. Amici o nemici? Amici, ha detto a fine 2020 Haim Eshed, docente universitario, per trent’anni a capo della sicurezza aerospaziale di Israele. Amici? Sì, ha spiegato il generale Eshed: da trent’anni – ha dichiarato – collaboriamo stabilmente con alcuni di loro, nell’ambito di una Federazione Galattica, con basi condivise sulla Terra, sulla Luna, su Marte e su altri pianeti.
Reazioni, alla sortita di Eshed? Silenzioso imbarazzo, ma nessuna smentita. Pochi mesi prima, Donald Trump aveva ufficialmente annunciato l’esistenza di una non meglio precisata Space Force americana. Nello stesso periodo, il simbologo e massone Gianfranco Carpeoro aveva aggiunto un tassello in più: il rapporto fra extraterrestri ed élite massonica statunitense. Rapporto che, secondo Carpeoro, risalirebbe all’immediato dopoguerra, sotto la presidenza Einsenhower. Uno scienziato come Corrado Malanga, mai tenero con la libera muratoria, di recente è giunto a esporre la seguente congettura: i grandi massoni al potere nel mondo non sarebbero che i burattini-prestanome dei Deva e degli Asura, “divinità” extraterrestri che si contenderebbero segretamente il controllo del pianeta da migliaia di anni, anche attraverso la dialettica politica – essenzialmente fittizia – tra conservatori (Deva) e progressisti (Asura). Complottismo a buon mercato?
Ricostruzioni e interpretazioni che potrebbero apparire ultra-fantasiose, se non fosse per due aspetti: da un lato la strana “disclosure” in corso, con le progressive ammissioni sugli Ufo, e dall’altro le deliranti politiche autoritarie imposte con l’alibi della dichiarata emergenza pandemica. Proprio su questo fronte è facilissimo misurare la distanza (cosmica, è il caso di dire) tra la versione ufficiale e la verità dei fatti. Punto d’arrivo: la schedatura universale, sempre dietro al pretesto sanitario, per arrivare all’estensione anche in Occidente di un tipo di regime sempre più simile a quello cinese, fondato sul “credito sociale”: l’accesso a benefit e servizi condizionato all’obbedienza. Sotto questo profilo, in effetti, riepilogare la vicenda Covid non può che essere illuminante, oltre che desolante. Il 31 gennaio 2020, il governo Conte – in gran silenzio – vara lo stato d’emergenza, mentre la Tv parla dell’epidemia di Wuhan come qualcosa di ancora remoto.
L’Italia non corre alcun pericolo, assicura profeticamente lo stesso Roberto Burioni, star televisiva dei neo-virologi nazionalpopolari. Due mesi dopo, la catastrofe: lockdown, ospedali al collasso, sfilata di camion militari carichi di bare. Il governo Conte, che non ha mai aggiornato il piano pandemico dell’Oms, ignora anche quello “vecchio”, comunque utile. Peggio: impone ai medici di non effettuare autopsie sulle vittime. Il protocollo è increscioso: Tachipirina e vigile attesa. In altre parole: è come se il malato “dovesse” aggravarsi, per poi essere ricoverato solo dopo molti giorni, ormai malconcio. Assistito in ospedale, sì: ma magari fuori tempo massimo. E affidato a medici che – anziché l’eparina – gli somministreranno l’ossigeno, in diversi casi “bruciandogli” i polmoni. Parallelamente: decine di medici, nel frattempo, scovano terapie che paiono efficaci. Ma vengono sistematicamente ignorati, quando non banditi. Il primo, Giuseppe De Donno, l’anno seguente sarà trovato impiccato nella sua abitazione. Con la sua cura (plasmaferesi) aveva salvato 58 pazienti su 58. Costo della terapia: poche decine di euro.
Arriva l’estate 2020, ma la fiction continua: distanziamento e mascherine, Tachipirina e vigile attesa. Tutto pronto per l’annunciatissima “seconda ondata” autunnale, con anche l’introduzione del coprifuoco. Sempre ignorati, intanto, i medici curanti: che hanno messo a punto protocolli con antibiotici e antinfiammatori, idrossiclorochina, ivermectina e diversi altri farmaci (ostacolati in ogni modo). La loro soluzione? Cure precoci a domicilio. Motivo: con terapie somministrate in modo tempestivo, all’ospedale non finisce più quasi nessuno (ma così, addio emergenza). I medici di “Ippocrate” esibiscono un bilancio schiacciante: 60.000 guariti, da casa, senza ricorrere al ricovero. Risposte, dal governo? Zero, nessuna: come se quei medici italiani non esistessero. I media? Tutti allineati all’omertosa verità ufficiale, salvo rarissime eccezioni. Ma il bello doveva arrivare con Mario Draghi: solo continuando a ignorare i medici e i loro risultati sarebbe stato possibile tener vivo il terrore del virus, in modo da vendere il “vaccino” come unica, possibile via d’uscita.
Scontato il successo della prima infornata di inoculi sperimentali: un italiano su due non vedeva l’ora di sottoporvisi, convinto di mettersi al riparo dalla patologia influenzale. Poi c’è stato bisogno di convincere molti anziani, dubbiosi: a questo è servito, anche, l’arruolamento di un generale in uniforme da alpino. Ma i numeri non erano ancora soddisfacenti, per i “vaccinatori”. Così, Mario Draghi ha fatto ricorso all’obbligo, introducendo una sorta di Tso. Vuoi continuare a lavorare? Devi sottoporti all’inoculo, prendere o lasciare. Prime vittime del ricatto: personale sanitario e operatori scolastici. A ruota, dal 15 ottobre tutti gli altri. Nel frattempo, la situazione è degenerata: la farmacovigilanza dell’Ema ora parla di 24.000 morti sospette, correlabili al “vaccino”, e 2 milioni di europei che hanno dovuto ricorrere a cure sanitarie dopo aver ricevuto le dosi. E proprio il carattere ricattatorio del Green Pass, che secondo vari giuristi sarebbe del tutto incostituzionale, ha messo in subbuglio mezza Italia.
Cartina di tornasole: le elezioni amministrative di ottobre sono state disertate da un elettore su due. Le piazze hanno preso a riempirsi, e lo Stato si è abbassato a ricorrere alla violenza per sgomberare i portuali di Trieste, insorti contro il decreto “infame”. In parallelo, molto clamore ha suscitato l’ennesimo suggello simbolico, giusto il 15 ottobre: l’apertura della Porta dell’Inferno (sfortunata opera “maledetta” di Auguste Rodin) alle Scuderie del Quirinale. Come dire: abbiamo in serbo qualcosa di poco piacevole, per i sudditi? Ma attenti: il Green Pass obbligatorio è solo l’antipasto. Lo sostiene Roberto Mazzoni, giornalista che ha seguito dalla Florida le presidenziali Usa 2020, al termine delle quali sarebbe stato “eletto” Joe Biden, con l’aiuto del voto postale e dei computer di Dominion. Elezioni “sporche”: come se si dovesse togliere di mezzo a tutti i costi un politico ostile al Grande Reset, cioè il programma globale candidamente annunciato – in diversi libri – da Klaus Schwab, il patron di Davos. Precisamente: fine delle libertà individuali, in nome di un controllo orwelliano sugli individui.
La “pandemia”? Un’ottima occasione per imporre comportamenti che – senza il terrorismo sanitario – non sarebbero mai stati accettati. Ergo: oggi il Green Pass “vaccinale” (da rinnovare in eterno) non sarebbe che il prologo del “passaporto a punti”, di stampo cinese, destinato agli ex cittadini occidentali, un tempo liberi, quando ancora funzionava la loro pur difettosa democrazia. Incubi? Lo si verificherà presto, data la fretta – più che sospetta – con cui il piano procede. E attenzione: i desiderata di Davos coincidono con l’agenda Onu e con il Green New Deal dell’Ue, propiziato dall’innocente, inconsapevole Greta. Previsione: archiviato il Covid-19, sarà la pretesa “emergenza climatica” ad armare le prossime imposizioni, costringendo le persone a nuove, drammatiche rinunce. Sacrifici che rafforzeranno il dominio dell’élite mondialista fino al punto – paventano i pessimisti – da imporre l’inoculo di nanochip, attraverso cui controllare ogni aspetto della vita di ciascuno, compreso l’accesso alla moneta (solo digitale, a breve).
Allucinazioni distopiche? Non la pensa così Ilaria Bifarini: il Grande Reset, dice l’economista, è pienamente in corso. E con Mario Draghi sta accelerando vertiginosamente. Un colossale test, per vedere fino a che punto è possibile “strapazzare” l’Italia, da sempre paese-laboratorio per i destini dell’Occidente. Paese che, oltretutto, ospita il Vaticano. Appunto, e Bergoglio? Eccolo in azione, il “progressista” Papa Francesco: a fine 2020 ha rifiutato di ricevere Mike Pompeo, confermando la cessione al regime di Pechino del potere di nomina dei vescovi cattolici in Cina. E oggi definisce “un atto d’amore” il fatto di sottoporsi all’inoculo del siero genico sperimentale. Il Pontefice fa coppia con Draghi, secondo cui – testualmente – se non ti “vaccini”, muori (e fai morire anche gli altri). Sottinteso: il “vaccino” per il Covid funziona. Cioè: protegge dal contagio ed evita gli effetti peggiori della malattia. Magari fosse vero: chi si è “vaccinato” continua a infettarsi, anche ammalandosi, e a contagiare il prossimo.
Ammette il ministero della sanità della Gran Bretagna: nelle terapie intensive, sono “vaccinati” quattro pazienti su cinque. Peraltro, il Regno Unito ha somministrato il siero C-19 alla quasi totalità della popolazione. Cosa che i media evitano di ricordare, mentre biasimano la “irresponsabile” decisione di Londra di revocare ogni restrizione. Così i contagi galoppano, scrivono i giornali. Tacendo però sull’altra verità: e cioè che l’epidemia non fa differenze tra “vaccinati” e non. Segno che il “siero magico” è largamente inefficace. Importa a qualcuno, saperlo? Forse sì: c’è una coscienza critica che si sta diffondendo a macchia d’olio, nonostante la censura “cinese” imposta dai social, anche in Italia. Numeri che impressionano un osservatore speciale come Carlo Freccero: l’Istituto Superiore di Sanità ha appena ammesso che il terribile virus avrebbe ucciso – da solo, senza l’aiuto di gravi malattie compresenti – meno di 4.000 italiani, contro i 130.000 classificati “morti per Covid”.
Nonostante questo, però, si accelera: Green Pass obbligatorio. Come se le notizie non esistessero. Come se non esistessero le terapie, né i medici curanti (molti dei quali nel frattempo sospesi, se non radiati). E peggio: sempre per generare ansia sociale, ora si torna a manovrare anche la leva socio-economica. Pur in assenza di vere crisi energetiche, si paventa un inverno spaventoso (guardacaso, come la porta infernale di Rodin). Facile: si rallenta la distribuzione, in modo artificioso, e così i prezzi volano alle stelle. Iper-inflazione, che colpisce ovunque: dal pieno di benzina alla spesa quotidiana. L’obiettivo non cambia, a quanto pare: dopo il panico sanitario, anche l’insicurezza sociale. Per ottenere cosa? Ovvio: un’obbediente sottomissione, sempre in ossequio all’agenda di Davos. Domanda: perché proprio adesso?
Ecco, appunto. Su questo si interroga lo storico Nicola Bizzi, editore di Aurora Boreale e co-autore del fortunato, coraggioso instant-book “Operazione Corona”. Appassionato di archeologia “proibita”, Bizzi vanta anche contatti con il mondo dell’intelligence. E conferma: c’è chi teme che, nel citato 2024, la Terra potrebbe ricevere visite problematiche. L’ipotesi: sarebbero di ritorno le “divinità” che la tradizione eleusina chiama “titaniche”? La letteratura antica le descrive come “sfrattate” dal nostro pianeta 20.000 anni fa, al termine della Titanomachia di cui parla Esiodo. Bizzi prova a leggere tra le righe della mitologia, scovando un dettaglio: non è curioso che la principale vittima del golpe mondiale chiamato Operazione Corona sia proprio l’Occidente, fino a ieri protetto dalla sua democrazia? Nel mirino, in effetti, si ritrovano soprattutto l’Europa, il Nord America, l’Australia e la Nuova Zelanda.
Secondo il mito eleusino, i Titani “atlantidei” venuti da Tau-Ceti generarono una particolare parte dell’umanità, quella occidentale (che secondo questa ipotesi corrisponderebbe, a livello preistorico, all’Uomo di Cro-Magnon). Semplici suggestioni? Nelle Georgia Guidestones si auspica che la popolazione mondiale non superi il mezzo miliardo di unità. Nel 2017, il sito statunitense “Deagel” presentava proiezioni in base alle quali la popolazione occidentale sarebbe stata letteralmente dimezzata. In altri termini, l’Istat ha appena ricordato che l’Italia – perdurante la denatalità che la affligge – potrebbe ridursi a essere un paese di appena 32 milioni di abitanti. Una voce come quella di Fausto Carotenuto (già analista dell’intelligence) nell’attuale direzione del massimo potere riconosce le storiche direttive del Club di Roma: usare l’ideologia “green”, maneggiata dall’oligarchia finanziaria, per contenere la demografia, tagliare e ridurre. Ergo, necessariamente: centralizzare. E quindi digitalizzare progressivamente l’essere umano, per poterlo controllare meglio.
C’è qualcosa di potenzialmente “alieno”, nel piano – a tappe forzate – che parte dallo sfruttamento manipolato del Covid per arrivare al “vaccino” e quindi al Green Pass, cioè al punto di partenza dell’eventuale regime totalitario universale basato sul “credito sociale”, di marca cinese, per ottenere neo-sudditi definitivamente controllabili, in ogni aspetto della loro vita? In tempo di pace, qualsiasi idea meriterebbe un rispettoso dibattito, ma oggi questa possibilità sembra sia esclusa. Il mainstream pratica la più brutale e inaudita delle censure: tutte le ipotesi sgradite vengono classificate “bufale”. Poi c’è chi condanna i cosiddetti complottisti (spesso iperbolici, nelle loro tesi) accusandoli di aiutare involontariamente l’establishment a screditare l’intero pensiero libero. Verissimo, ma a patto che non si dimentichi un dettaglio essenziale: è il potere, in prima battuta, a essere reticente o fuorviante. In assenza di verità accertate, quindi, è scontato aspettarsi anche le illazioni più spericolate.
Discorsi comunque difficili, da affrontare, in un mondo che – direbbe Mauro Biglino – crede ancora che la Bibbia (letta obbligatoriamente sempre e solo in chiave simbolico-teologica) parli del Dio unico dei monoteismi, anziché degli Elohim che avrebbero “fabbricato” con la genetica una parte dell’umanità. Un altro studioso italiano, Riccardo Magnani, ha appena dimostrato che Cristoforo Colombo non solo non ha mai “scoperto l’America”, ma addirittura non sarebbe mai neppure esistito. In compenso, lo stesso ricercatore – in un libro di prossima uscita – si prepara a documentare la sua ultima intuizione: Lorenzo il Magnifico non era italiano, ma americano. Seriamente: Lorenzo, dice Magnani, era di stirpe reale Inca. Sarebbe finito a Firenze (adottato dai Medici) in seguito ai viaggi oceanici intrapresi, almeno mezzo secolo prima, dalla signoria fiorentina. Obiettivo dell’alleanza: fare in modo che a guidare l’Europa fosse l’America del culto solare, scalzando l’oscurantismo varato dalla religione romana violentemente imposta da Teodosio nel quarto secolo dopo Cristo.
Una religione che sarebbe stata “costruita” a tavolino da personaggi come Paolo di Tarso, Giuseppe d’Arimatea, lo storico Giuseppe Flavio e, pare, il filosofo Lucio Anneo Seneca. Uomini forse vicini alla elusiva, potentissima Struttura di cui parla Paolo Rumor nel libro “L’altra Europa”? Un network occulto che reggerebbe ininterrottamente il mondo da 12.000 anni, cioè da quando la civiltà terrestre sarebbe riemersa dalle macerie dopo i devastanti cataclismi di origine stellare ora individuati con precisione dai geofisici. Ergo: quegli oligarchi ante litteram avrebbero ereditato il ruolo dei plenipotenziari precedenti, gli antichi sacerdoti delle “divinità” dotate di astronavi? E quindi: le loro costruzioni – imperi, religioni, ideologie e credenze – sarebbero frutto di manipolazione? La “grande opera” di una super-casta che avrebbe custodito il monopolio della conoscenza? Punti di vista, certo. Supposizioni in libertà. Del resto, ci vollero mille anni prima che qualcuno (l’umanista Lorenzo Valla, in quel caso) svelasse finalmente la reale identità del Lascito di Costantino: un volgarissimo falso, fabbricato per legittimare il potere temporale dei Papi.
D’accordo, si potrebbe obiettare: ma tutto questo che attinenza potrebbe mai avere, con il Covid e il Green Pass? Chi lo sa. Tutte domande destinate a restare in sospeso, scommette qualcuno, fino all’esiziale, fantascientifico 2024. Davvero c’è chi teme – qui e ora – che fra due anni e mezzo potrebbe fare i conti con visitatori indesiderati? Uno studioso come Roberto Pinotti, ufologo di fama internazionale, ripete: i governi non avranno mai il coraggio di ammettere di essere semplici marionette, al servizio di poteri alieni. Letteralmente: poteri esercitati da extraterrestri, stabilmente presenti sul nostro pianeta. E se le ultime indiscrezioni sugli Ufo servissero a preparare il terreno, abituando l’opinione pubblica all’idea di dover affrontare – un giorno – una minaccia spaziale? Cioè: alieni ostili a quelli che (stando a Pinotti) oggi controllano la Terra? E poi: gli eventuali intrusi sarebbero nemici dell’umanità, o solo dell’élite – terrestre e non – che la starebbe dominando da millenni? Comunque sia: se uno pensa all’apocalisse-Covid, non può non domandarselo: perché tutto questo avviene proprio adesso?
Già: perché questa gran fretta di introdurre il Green Pass, il Green Deal, il Green Armageddon? Restiamo coi piedi per terra, implorerebbe il realista: parliamo di cose serie, di contagi e tamponi. Benissimo: i contagi sono larghissimamente asintomatici, ma vengono spacciati per anticamera del ricovero. I tamponi? Non sono affidabili: lo ha detto l’inventore del test Pcr, Premio Nobel, e l’ha ribadito l’azienda che ha brevettato i “cotton fioc”. Il campione biologico prelevato viene “amplificato” troppe volte, facendo emergere le tracce di qualsiasi virus pregresso. Eppure: è proprio l’inattendibile tampone, il “purgatorio” cui è obbligato a sottoporsi, oggi, chi si sottrae all’inoculo genico. Il tutto, senza il minimo senso del ridicolo. E a proposito di serietà: quando “servivano” per creare allarme, i tamponi erano gratuiti. Oggi invece costano un salasso, per il lavoratore medio che deve pagarne 3 a settimana. Con che coraggio, quindi, deridere chi oggi sfoglia libri antichi nel tentativo di scrutare l’enigmatico cielo del 2024?
(Giorgio Cattaneo, 24 ottobre 2021).
FONTE: https://www.libreidee.org/2021/10/green-pass-schedatura-universale-prima-del-fatale-2024/
La pazienza dei popoli è la mangiatoia dei tiranni*
di Gianni Giovannelli
Mario Draghi va acquistando una sempre maggiore disinvoltura nella gestione del potere, senza più preoccuparsi delle critiche, ormai del tutto assenti, all’interno della maggioranza come pure nelle file della pretesa opposizione. L’arroganza iniziale si accompagna ora, con frequenza, a frodi e raggiri per procedere speditamente nell’attuazione del programma politico, economico e finanziario elaborato il 14 dicembre 2020, nella riunione del Group of Thirthy che ha preceduto la sua nomina a primo ministro.
Un precedente significativo passato sotto silenzio
Il provvedimento legislativo che ha introdotto il cosiddetto green pass in Italia si caratterizza, a prescindere dalle critiche di merito, per uno stratagemma davvero incredibile. I regolamenti europei sono composti di premesse, dette considerando, e di articoli ovviamente connessi. La giurisprudenza ritiene entrambi vincolanti per il legislatore nazionale dei paesi membri.
Ma il considerando 36 del Regolamento europeo 2021/953 del 14 giugno, sfortunatamente per il governo, vietava ogni discriminazione fra i vaccinati e coloro che invece, per scelta e non solo per necessità, avessero rifiutato l’iniezione. A questo punto il nostro ineffabile Primo Ministro ha fornito una traduzione infedele (meglio: falsificata per omissione) alla Gazzetta Ufficiale Europea, pubblicandola il 14 giugno, lasciando la necessità medico sanitaria ma cancellando la libera opzione. A seguito delle sdegnate proteste di alcuni parlamentari europei il 5 luglio 2021 la Gazzetta Ufficiale dell’Unione ha provveduto ad una imbarazzata rettifica, restaurando il testo. Ma il governo se ne è allegramente infischiato, tenendo ferma la propria traduzione (quella falsificata) e incaricando alcuni giuristi disponibili di sostenere, in via ufficiosa e giornalistica, la natura non precettiva dei considerando. Nessuna rivista giuridica ha osato tuttavia ospitare una così ardita opzione interpretativa. Una discussione sull’opportunità o meno, in concreto, di una misura sanitaria di contenimento della pandemia è del tutto comprensibile, quale che sia la soluzione. Ma qui il problema si poneva diversamente; qui il governo, per imporre la propria decisione, ha falsificato il testo di una norma europea! Ammesso e non concesso, come attenuante, il fine di proteggere la salute dei sudditi (chiamare cittadini i destinatari della frode è un po’ troppo!), rimane la ferita profonda inferta all’ordinamento proprio da chi avrebbe la funzione di proteggerlo. Una ferita provocata con la precisa volontà di piegare ogni resistenza futura.
Il colpo era ben assestato e ne preparava altri per favorire le imprese e colpire i lavoratori più deboli. Solo il buon Landini non lo ha compreso, insistendo pervicace nella richiesta di tamponi gratuiti o di vaccini resi obbligatori per via legislativa ma tralasciando il nocciolo della questione. Viene in mente il burlesco toscano Filippo Pananti: diceva quello che tosava il porco/molto rumor ma molta poca lana (Il poeta di teatro, canto CI).
E a seguire l’attacco ai precari
Come era prevedibile il Primo Ministro non si è fermato e prosegue senza incontrare ostacoli lungo il cammino prefissato. Ha spartito le poltrone della comunicazione eliminando i meno affidabili fra i giornalisti, senza degnare di attenzione il leader del Movimento 5 Stelle e senza prendere neppure in seria considerazione la sua minaccia di non comparire in rete. Meglio, avrà pensato; non debbo neppure prendermi la briga di censurarli o metterli in ombra, questi noiosi grillini. Draghi ha buon gioco nel colpire, e colpisce sempre uno alla volta. Ripetitivo forse, ma funziona sempre, senza eccezione. Come faceva Lucy, mostrando la palla a Charly Brown.
Di recente, e ancora con un palese sotterfugio, è toccato ai precari. Lo strumento è quello del decreto legge, in materia fiscale e finanziaria, il n. 146 del 15 ottobre 2021, naturalmente urgente e improrogabile. Deve essere convertito nel termine massimo di 60 giorni, manca pochissimo e certamente sarà posta come di consueto la fiducia per impedire emendamenti sgraditi e per eliminare ogni discussione. Il comma 15 dell’art. 11 non è di facile lettura: all’art. 31 comma 1 del decreto legislativo 15 giugno 2015 n. 81 il quinto periodo è soppresso.
Il gioco dell’oca
Che significa un decreto urgente così concepito? Proviamo a seguire il percorso, come nel gioco dell’oca; i dadi sono truccati e sarà impossibile un 9 al primo lancio. Leggiamo il quinto periodo , da sopprimere secondo il governo con urgenza improrogabile: la disposizione di cui al periodo precedente ha efficacia fino al 31 dicembre 2021. Diavolo! E la disposizione precedente che diceva? Questo: nel caso in cui il contratto di somministrazione tra l’agenzia di somministrazione e l’utilizzatore sia a tempo determinato (praticamente sempre, n.d.r.) l’utilizzatore può utilizzare in missione, per periodi superiori a 24 mesi anche non continuativi, il medesimo lavoratore somministrato, per il quale l’agenzia di somministrazione abbia comunicato all’utilizzatore l’assunzione a tempo indeterminato, senza che ciò determini in capo all’utilizzatore stesso la costituzione di un rapporto a tempo indeterminato con il lavoratore somministrato.
Traduciamo. Non si può, oggi, usare la stessa persona nello stesso posto di lavoro per oltre 24 mesi, anche a singhiozzo; superata la soglia o l’agenzia o l’impresa che lo usa deve assumerlo stabilmente, piaccia o non piaccia. Il Decreto Dignità (n. 87/2018 convertito con modifiche in legge n. 96/2018) aveva infatti introdotto un limite massimo di 24 mesi; l’intervento legislativo, con decorrenza 31 dicembre 2021, fa cadere questo limite abrogando di fatto un punto importante del decreto dignità. In sostanza il lavoratore somministrato potrà rimanere precario a vita. Con un linguaggio per iniziati una manina perversa, ed esperta, ha cancellato lo spiraglio introdotto nell’estate del 2018; e lo ha fatto con astuzia inserendo la trappola in un decreto finanziario che con il lavoro non c’entra un bel nulla, contando sulla disattenzione e/o sulla complicità. Complimenti! Tutti comprenderanno che bloccare l’assunzione stabile di un disgraziato precario dopo 24 mesi di purgatorio, specie in settori come Amazon in cui la pandemia ha creato occasioni di profitto incrementato, era questione davvero urgente e improrogabile, come prevede la Costituzione per questo genere di leggi eccezionali. Nessun rimorso quando la coscienza è disponibile.
Aggiornamento recente
Un bravo giuslavorista bresciano (l’avvocato Carbonelli) ha scoperto il marchingegno, segnalando il pericolo; dopo una serie di litigi e di trattative il 1 dicembre al Senato, in Commissione (Finanze e Lavoro) è passato un emendamento correttivo del testo originario del decreto. La vicenda va assumendo tutte le caratteristiche del complotto. L’emendamento non cancella del tutto l’abrogazione del limite, ma la rinvia al 31 dicembre 2022 (o forse al 30 settembre 2022: sul punto ci sono notizie discordanti) in ragione di un compromesso, e con l’astensione della Lega. La notizia è uscita su Il sole 24 ore a firma di Giorgio Pagliotti, già il 1 dicembre, ovvero il giorno stesso dell’approvazione (filo diretto!); nella stessa giornata Nidil Cgil, Felsa Cisl e Uiltemp invece di rivendicare il merito del rinvio – un rinvio è pur sempre meglio di una batosta – annuncia, a sorpresa, di opporsi alla modifica, auspicando la restaurazione in aula del vecchio testo elaborato dalla manina. Il quotidiano di Confindustria riporta la decisione sindacale con comprensibile entusiasmo. A giustificazione di questa porcata le tre organizzazioni dei lavoratori deducono il timore che le imprese non rinnovino i contratti ai precari in forza, sostituendoli con altri diversi neoassunti. Il precariato a vita come contrasto al licenziamento: geniale! Ricorda il celebre proverbio popolare padovano: xe pèso el tacòn del buso.
Europeisti intermittenti
La legge 96/18 (conversione del c.d. decreto dignità) aveva enunciato questo principio informatore del provvedimento: si intende intervenire con nuove misure per limitare l’utilizzo di tipologie contrattuali che nel corso degli ultimi anni hanno condotto ad una eccessiva e allarmante precarizzazione, causata da un abuso di forme contrattuali che dovrebbero rappresentare l’eccezione e non la regola.
Del resto si trattava di conformare la legislazione italiana alla direttiva europea e alle indicazioni vincolanti dell’Unione per gli stati membri. La Corte di Giustizia, con sentenza JK-KG del 14 ottobre 2020, in causa C-681/18, aveva del resto dichiarato, proprio nei confronti della Repubblica Italiana e dunque senza possibili equivoci: l’articolo 5, paragrafo 5, prima frase, della direttiva 2008/104/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio, in data 19 novembre 2008, relativa al lavoro interinale deve essere interpretato nel senso che esso osta a che uno stato membro non adotti alcuna misura per preservare la natura temporanea del lavoro tramite agenzia interinale nonché (osta) a che una normativa nazionale non preveda alcuna misura al fine di evitare l’assegnazione ad un medesimo lavoratore di missioni successive tramite agenzia interinale presso la stessa impresa utilizzatrice con lo scopo di eludere le disposizioni della direttiva 2008/104 nel suo insieme.
Ebbene. Questo governo si dichiara europeista quando conviene alle grandi imprese private, alle banche e alla finanza internazionale, mandando lettere segrete e cancellando i diritti dei lavoratori. Ma non esita, al tempo stesso, a cancellare perfino le norme varate per allineamento alle direttive comunitarie vincolanti, o, magari, a falsificare la traduzione di passaggi sgraditi in contrasto con le decisioni dell’esecutivo. Mario Draghi, come già era uso fare quando stava al timone della Banca Centrale o della Banca d’Italia, applica una sorta di europeismo intermittente: le norme comunitarie valgono quando sono utili al Group of Thirty o a Goldman Sachs; si possono tranquillamente ignorare e non applicare quando sono loro di ostacolo.
Certo, ci sono contraddizioni anche dentro il palazzo, correzioni di tiro, aggiustamenti di linea, compromessi, mazzette necessarie, favori da ricambiare, avversari da corrompere. Ma la linea è chiara; e sanno usare bastone o carota, perfino la pandemia per imporre la road map elaborata. Ci vuole davvero molta ingenuità per sperare in una trattativa con questi avventurieri senza scrupoli, come avverte la saggezza contadina mai comprare la sugna dalla gatta. E’ gente che al massimo finge di piegarsi, poi attende la distrazione e colpisce, preferibilmente alle spalle dopo essersi assicurati che si tratti di persone disarmate. Contano, per imporre un moderno dispotismo adeguato alle necessità di profitto nella transizione, sulla pazienza della moltitudine precaria. La pazienza è spesso una virtù, ma può diventare invece un errore di prospettiva, di tattica prima ancora che di strategia. La pazienza è parente stretta della paura, confina con la sottomissione. O, quanto meno, il potere preferisce leggere in questa bonaccia di pazienza che caratterizza il tempo della pandemia l’anticamera di una vittoria, magari non definitiva, ma almeno di medio periodo. Per un capitalismo abituato ormai a vivere di soli obiettivi trimestrali, indifferente a tutte le conseguenze, è un orizzonte rassicurante, un programma di dominio. Davvero la pazienza dei popoli è la mangiatoia dei tiranni.
FONTE: https://www.sinistrainrete.info/articoli-brevi/21766-gianni-giovannelli-la-pazienza-dei-popoli-e-la-mangiatoia-dei-tiranni.html
ARTE MUSICA TEATRO CINEMA
Lo sceneggiatore segreto di 800 film di Hollywood: il Pentagono
Una produzione della CIA e del Pentagono
Ted snider, Mision Verdad, 4 dicembre 2021
Non ho visto il film Top Gun e non mi interessa vedere il tanto atteso sequel, Top Gun: Maverick. Perché dovrei? Se volessi vedere un film prodotto da Pentagono o CIA, guarderei solo Fattoria degli animali. Sul serio. Nel momento più ironico della storia della letteratura, la CIA realizzò la versione cinematografica animata della Fattoria degli animali. Ovviamente riscrissero il finale di Orwell per adattarlo al messaggio.
L’agente della CIA Howard Hunt, famoso per il Watergate, ricorderà nelle sue memorie che “fu ottimizzato per migliorare il messaggio anticomunista e distribuito in tutto il mondo nella speranza che fosse visto da genitori e figli”. Altri contributi chiave al film furon l’agente e produttore di Hollywood Carleton Alsop e lo sceneggiatore Finis Farr, che in realtà lavorava per la CIA. La CIA continuò tale piano acquisendo i diritti di 1984. Avete capito: il Grande Fratello è il proprietario del Grande Fratello. Con informazioni acquisite con una richiesta del Freedom of Information Act all’ufficio del segretario alla Difesa Joseph Trevithick riferì che il dipartimento della Difesa è “strettamente coinvolto” nella produzione di Top Gun: Maverick. Il dipartimento della Difesa ha fornito mezzi, attrezzature e luoghi ai produttori. Avevano una presenza costante sul set ogni volta che l’esercito nordamericano veniva rappresentato nel film. Il dipartimento della Difesa approvò la sceneggiatura e si riservaba il diritto di approvare eventuali modifiche.
Sebbene tale coinvolgimento del Pentagono in Top Gun: Maverick sia significativo e preoccupante, non è invadente come Pentagono, dipartimento di Stato e CIA furono con le precedenti collaborazioni di Hollywood. Oggi, il dipartimento di Stato agisce da redattore di The Interview, con occhio artistico nel promuovere pensieri sul cambio di regime in Corea democratica. Le e-mail trapelate rivelano che almeno a due funzionari del governo degli Stati Uniti presentarono una bozza di The Interviewe dando l’approvazione al film. Le e-mail rivelano che il dipartimento di Stato fu coinvolto nella decisione della Sony di mantenere la scena della morte di Kim Jong-Un nel montaggio finale del film. Il CEO di Sony Entertainment Michael Lynton ammise di aver “parlato con qualcuno di altissimo livello nello Stato”. Le e-mail trapelate rivelano anche che l’inviato speciale degli Stati Uniti sui diritti umani in Corea democratica, Robert King, era consulente di The Interview.
La CIA avrebbe usato il film Zero Dark Thirty per spacciare la sua giustificazione delle torture. Secondo lo sceneggiatore Mark Boal, la CIA gli diede accesso a resoconti di prima mano. E i funzionari dell’amministrazione Obama ammisero che Boal incontrò funzionari della CIA, del Pentagono e della Casa Bianca. Gareth Porter afferma che “tali incontri assicurarono che Zero Dark Thirty raccontasse la storia nell’interesse di chi cercava di proteggere la reputazione della CIA”. Ma la storia del coinvolgimento della CIA a Hollywood è vecchia. In Finks: How the CIA Tricked the World’s Best Writers, Joel Whitney afferma che gli USA svilupparono l’idea della “libertà militante” per il perfetto film di Hollywood: “L’obiettivo era ‘inserire le idee giuste nelle sceneggiature e agire con adeguate sottigliezza “per proiettare” valori democratici in stile nordamericano” nella lotta propagandistica della Guerra Fredda.
Whitney affermò che nel 1955 i capi di stato maggiore pianificarono come inserire la libertà militante nei film di Hollywood. In effetti, incontrarono le principali figure di Hollywood nell’ufficio dello studio MGM del regista John Ford. Apparentemente l’incontro entusiasmò John Wayne così tanto che fu uno dei primi membri del piano. A bordo c’era anche Ford. Era impegnato nel piano e, secondo Whitney, “persino chiese a un consigliere dello stato maggiore generale di aiutarlo a inserire il concetto [di libertà militante] nel suo film Le ali delle aquile…” La CIA aveva degli agenti negli studi di Hollywood. I Paramount Studios avevano persino un dirigente e un censore agente della CIA che si assicurava che i film della Paramount rimuovessero qualsiasi contenuto o critica della politica estera degli Stati Uniti. Nel 1953, la CIA lanciò una campagna per assicurarsi che il film High Noon di Gary Cooper non vincesse l’oscar. Nel 2013, racconta Whitney, cercarono di far premiare due film della CIA, Zero Dark Thirty e Argo: e Argo l’ebbe.
Il coinvolgimento del Pentagono nella produzione di Top Gun: Maverick è solo l’ultima scena della lunga storia di utilizzo dei film di Hollywood da parte di forze armate e servizi segreti statunitensi per plasmare la cultura popolare in modi che pervadano il mondo.
Ted Snider ha una laurea in filosofia e scrive analisi dei modelli in politica estera e storia nordamericana.
Lo sceneggiatore segreto di 800 film di Hollywood: il Pentagono
Mision Verdad, 4 ottobre 2021
Il Pentagono ha segretamente lavorato dietro le quinte su circa 800 film di Hollywood, secondo documenti recentemente declassificati. Secondo informazioni sul sito del giornalista Walter Goobar, la lista fu stilata dal sito investigativo FOIA, rivelando quanto siano estesi i programmi di Pentagono e CIA per collaborare con Hollywood, sulla base di 4mila pagine di documenti declassificati ottenuti col Freedom of Legge sull’informazione. “Questi documenti dimostrano per la prima volta che il governo degli Stati Uniti lavorò dietro le quinte su più di 800 grandi film e più di 1000 serie televisive”, afferma il rapporto. Sottolinea che l’osservatore medio dei film potrebbe essere sorpreso da quelli inclusi. Apparentemente, dice, avevano bisogno del tocco propagandistico del complesso industriale militare per Ernest Saves Christmas, Karate Kid 2 , Il silenzio degli innocenti Twister, Iron Man e Pitch Perfect 3.
Spiega che quando uno scrittore o produttore di Hollywood si avvicina al Pentagono e richiede l’accesso a risorse militari per realizzare il suo film, deve presentare la sceneggiatura agli uffici di collegamento per l’intrattenimento per un’indagine. Se vi sono personaggi, azioni o dialoghi che il dipartimento della Difesa non approva, allora il regista deve apportare modifiche per adattarsi alle richieste dei militari, sottolinea. Per la piena collaborazione, sostiene, i produttori devono firmare contratti, chiamati Production Assistance Agreements, che li vincolano all’uso della versione della sceneggiatura approvata dai militari. Evidenzia che mentre i nordamericani generalmente sono orgogliosi di vivere in una società libera dalla censura, facendosi beffe di esempi di propaganda in luoghi come Russia o Cina, il pubblico nordamericano è soggetto a ben più propaganda dallo Stato locale. Il rapporto sul piano continua: “Certo, il contenuto ha anche programmi alternativi, sinceri. Ma è il mercato dei consumatori gigante e amorfo che lo convoca. Questa è la differenza tra la nostra propaganda e quella degli altri. Nei regimi autocratici, un un’entità sostenuta dal governo spinge verso consumatori indifferenti o riluttanti”.
Sorprendentemente, l’elenco di 410 film non è più della metà del numero totale. Ad esempio, Zero Dark Thirty e alcuni altri importanti non ci sono.
Traduzione di Alessandro Lattanzio
FONTE: http://aurorasito.altervista.org/?p=21276
ATTUALITÀ SOCIETÀ COSTUME
Ogni mattina un “immunizzato” si alza e pensa a come togliere un diritto a chi non si vaccina
di Giubbe Rosse
Curioso. L’immunizzato, come i ministri della sanità e i televirologi sono soliti definire chi ha ricevuto un ciclo completo di vaccinazione, dovrebbe essere la persona più felice del mondo: per aver ritrovato la sicurezza e la libertà di cui era stato in larga parte privato nel 2020. O, almeno, così gli avevano detto a suo tempo e lui ci aveva creduto. Anche perché chi glielo ha detto vestiva i panni della scienza (non staremo qui ad approfondire la differenza tra “scienza reale” e “scienza percepita”: per la stragrande maggioranza della popolazione dipendente dai mainstream la differenza semplicemente non sussiste). Gli hanno detto così, per lui significa che è così.
Ci si aspetterebbe, dunque, che l’immunizzato si alzasse al mattino e facesse i salti di gioia. Con un ciclo completo di vaccinazione – gli hanno detto – ha un rischio bassissimo di ammalarsi in forma grave. Dunque, è praticamente immune a un virus che, secondo gli esperti, fa o farà indistintamente strage di chiunque non sia protetto dal siero magico. L’immunizzato può accedere a spazi al chiuso e all’aperto dai quali il non vaccinato è escluso, può incontrare chiunque, salire su qualsiasi mezzo di trasporto, riprendere a frequentare la palestra, l’università, il cinema, lo stadio, il ristorante preferito.
Insomma, può tornare a fare la vita di prima. Dovrebbe essere contento, dovrebbe sentirsi un privilegiato. Invece, no, tutt’altro. È astioso, aggressivo, irrequieto come non mai. Se potesse, ucciderebbe con le proprie mani quella minoranza che ancora si ostina a non vaccinarsi nonostante gli appelli pressanti, per non dire minacciosi, di giornali, TV, politici, primi ministri, rappresentanti di agenzie regolatorie, epidemiologi, comitati tecnici e scientifici, esperti vari e poi ancora influencer, artisti, cantanti, attori. Tutti pronti a fare da testimonial della campagna vaccinale con tanto di selfie per immortalare l’evento sulle reti sociali. Il tutto mentre la percentuale di popolazione over 12 coperta da un ciclo completo di vaccinazione, dunque ufficialmente “immunizzata” secondo il gergo tecnico, ha ormai quasi ovunque superato il 70%, una soglia che all’inizio della pandemia, a dar credito a Anthony Fauci e altri esperti di livello globale, sarebbe stata sufficiente a garantire l’immunità di gregge. Invece no, ancora niente immunità di gregge. Adesso gli dicono che serve almeno il 90%, forse il 95%. I dati epidemiologici che gli arrivano dai media, sia pur edulcorati ed epurati dei dettagli più imbarazzanti, non lo lasciano tranquillo. Anche nei Paesi a più alto tasso di vaccinazione, come il Regno Unito e Israele, si continua a contagiarsi, ad andare in terapia intensiva, in qualche caso a morire nonostante la doppia vaccinazione. La protezione e la sicurezza che gli hanno venduto appaiono sempre più flebili e sfuggenti. Non solo: oggi l’immunizzato scopre che in molti luoghi del pianeta si chiede ai vaccinati di indossare la mascherina, di mantenere il distanziamento, di continuare ad adottare tutte quelle noiose misure di profilassi delle quali sperava di essersi liberato per sempre vaccinandosi. Ma c’è di più: ora gli dicono addirittura che presto, anzi, prestissimo dovrà tornare a farsi un’altra iniezione. Sì, perché nessun vaccino è mai efficace al 100% e dura in eterno. Adesso persino Fauci e il primo ministro israeliano ammettono pubblicamente che dopo cinque mesi l’immunizzato non è più tale. O si fa il booster, la terza dose di richiamo, oppure perde il sudato e meritato Green Pass, di cui andava così fiero, e viene ricacciato nella schiera dei reietti, nel girone dei dannati. E poi, si sa, ci sono le varianti, che spuntano dal nulla. Basta anche un solo no-vax al mondo e zac, subito nasce una nuova variante che ci riporta all’inizio, come nel gioco dell’oca, e si deve rifare tutto daccapo. Tanta fatica per nulla. E, infine, ci sono quelle maledette reazioni avverse. All’inizio l’immunizzato non voleva crederci. Poi, però, è venuto a sapere del cognato, dell’amico, del vicino che da mesi si porta dietro sequele e gli rivela, quasi vergognandosi per timore di essere additato come no-vax, di non sentirsi più bene come prima. Da qualche parte l’immunizzato ha anche letto di quegli strani malori estivi: gente di trenta anni, quaranta anni, a volte di diciassette, diciotto, apparentemente in perfetta salute, che da un momento all’altro si accascia al suolo per strada o in spiaggia per non rialzarsi più o viene trovata morta nel letto dai familiari al mattino. Certo, gli esperti dicono “Nessuna correlazione”, però i casi cominciano effettivamente a essere un po’ troppi e, soprattutto, è un po’ sospetta quella vicinanza temporale con la prima o la seconda dose. E poi ora ci si mettono pure gli atleti: giovani calciatori, pallavolisti, tutti perfettamente in forma prima del vaccino, che adesso dicono di soffrire di miocardite o pericardite e sono disperati perché la loro carriera è a rischio. Il dubbio a poco a poco si insinua nella mente dell’immunizzato. Di fronte a lui si apre il baratro: sarò veramente immunizzato? Mi avranno mica preso in giro?
Proprio in quel momento, però, nell’immunizzato scatta un meccanismo ben noto e vecchio quanto il mondo: la resistenza psicologica. Anziché pretendere spiegazioni da quegli esperti di cui finora si è fidato ciecamente o mettere in dubbio la credibilità di chi continua a cambiare la narrativa da mesi per far coincidere la realtà con l’assioma iniziale, l’immunizzato scaglia tutta la sua frustrazione contro i no-vax, coloro che hanno deciso di non seguire la sua stessa strada. Sono loro gli untori, sono loro che contagiano, sono loro che creano le varianti, che riempiono le terapie intensive e mandano in tilt la sanità pubblica, che compromettono i sacrifici di milioni di persone, che rischiano di non farci uscire mai più da questo incubo. Ma sì, non c’è altra spiegazione, altrimenti significherebbe che esperti pluripremiati con centinaia di pagine di pubblicazioni alle spalle si sono sbagliati. E questo non può essere vero! Quanto più l’immunizzato inizia a dubitare della sua scelta e della narrativa ufficiale, tanto più la sua rabbia contro i no-vax sale. Ogni giorno si alza e pensa a un nuovo modo per punirli, per offenderli, per umiliarli, per farli sentire la feccia dell’umanità. Li chiama con disprezzo ignoranti, egoisti, irresponsabili. I media intuiscono che le sue certezze iniziano a vacillare e gli vengono incontro ogni mattina con un nuovo editoriale, in cui uno psicologo o un altrimenti esperto in qualcosa spiega che i no-vax sono meno istruiti della media, hanno qualche problema cognitivo o relazionale, non credono nella scienza, nell’UE, nelle istituzioni, votano a destra, sono di estrema sinistra, sono sovranisti, insomma sono irredimibili e meritano, pertanto, di essere obbligati con la forza a fare quello che semplicemente si deve fare perché è così. Rassicurante, certo, ma poi i dubbi ritornano. E allora mettiamo il Green Pass, che limita fortemente la libertà di movimento di chi non si è vaccinato. No, non basta: bisogna che i tamponi non siano gratuiti, i no-vax devono pagarseli, diamine. Così imparano! Ma nemmeno questo è sufficiente e già c’è chi propone di togliere del tutto i tamponi come attestato di negatività e di limitare la validità del Green Pass ai soli “immunizzati”. Poco importa che lo siano per davvero e si contagino come gli altri, infondo questa misura non è mai stata pensata per esigenze sanitarie, ma unicamente come forma di coercizione verso l’obbedienza sociale. Ormai si gioca a carte scoperte. Ma neppure questo sembra bastare a convincere i più ostinati e allora ecco che appare il costituzionalista della domenica a spiegarci che in queste circostanze eccezionali è giusto e “legittimo” privare i non vaccinati dell’assistenza sanitaria pubblica. Chi se ne frega della costituzione, infondo siamo in emergenza e durante un’emergenza, per definizione, tutte le normali regole saltano. Il “bene comune”, qualunque cosa si voglia intendere con questo concetto, viene prima. Come in ogni regime dittatoriale, il singolo deve obbligatoriamente cedere e piegarsi per il bene della collettività. Ormai il problema non è più sanitario, è politico e anche sociologico. “Vaccinarsi è un dovere civico”, ci sentiamo ripetere ogni giorno. Poco importa se in qualche caso il vaccino crea più danni di quelli che potenzialmente può prevenire. Poco importa se non impedisce di contagiarsi e di contagiare altri. Se l’ho fatto io, perché non devi farlo pure tu? Io mi sono sacrificato per il bene della società, accettando i rischi di un vaccino di cui oggi anche i luminari non sono più così convinti, e tu pretenderesti di godere dei miei stessi diritti? No, ti meriti una punizione esemplare! E se non ti basta il Green Pass, penseremo a un obbligo ex iure oppure a campi di confinamento. Comunque sia, il treno è in corsa e non può certo fermarsi per quattro sfigati. Fate largo o vi investiremo.
Si può rovesciare un governo, almeno in teoria si può anche fermare un sistema di potere globale come quello attuale. Ma niente può fermare il bias di conferma di milioni di persone non disposte ad ammettere anche solo la possibilità di essersi sbagliate. Difficile non è cambiare idea: difficile è cambiare idea dopo essersi compromessi per un’altra. Presuppone un coraggio e una capacità di autocritica che solo pochi posseggono. Per i più è molto più facile odiare il nemico a portata di mano, quello che i media additano come l’untore, qualcuno sul quale scaricare la frustrazione per quella normalità che ormai è andata perduta. Il no-vax è il nuovo terrorista, la nuova Al Qaeda dopo l’11 settembre, la nuova minaccia della società, l’ingranaggio che ferma la macchina, l’ostacolo che si frappone al ritorno alla normalità, l’avversario da annichilire a qualsiasi costo, il nuovo Afghanistan da occupare. Come nell’Afghanistan reale, tra venti anni, o forse molto meno, nessuno lo penserà più. Anzi, tutto indica che finirà allo stesso modo: con una ritirata ignominiosa, che si lascerà alle spalle più problemi di quelli trovati all’inizio e consegnerà la vittoria a quelli che avrebbero dovuto essere i nemici dichiarati. Nel frattempo, si saranno calpestati diritti, vite umane, conquiste sociali e giuridiche costate secoli di lotte. Tutto per soddisfare gli interessi di pochi e, quel che è peggio, l’illusione di molti di aver scelto la parte giusta della storia.
FONTE: https://www.sinistrainrete.info/articoli-brevi/21093-ogni-mattina-un-immunizzato-si-alza-e-pensa-a-come-togliere-un-diritto-a-chi-non-si-vaccinagiubbe-rosse.html
La Fiaba del Filosofo Somaro, scritta apposta per noi
«Filosofo somaro? Qualcuno si potrebbe offendere. E io infatti chiedo scusa: a tutti i somari». Sound: romanesco (Trilussa style). Come dire: abbassiamo i toni, siamo tra amici. Ambientazione: un vecchio telefono obsoleto. Nostalgia d’altri tempi, sottolineata dalla tappezzeria musicale del violino Klezmer. In un angolo spunta una bacchetta, come quella di Mandrake. Sul tavolino, un cappello adagiato sopra tre volumi (date retta, gente: leggete, per il vostro bene). Accanto, un bicchiere: quello della pozione di Apuleio. E sulla parete, una specchiera. Cosa riflette, lo specchio? Lui, Claudio Testa, che passa in rassegna foglietti: come il Dylan di “Subterranean Homesick Blues”, considerato il primo videoclip della storia. Solo che i fogli dell’attore stavolta non mostrano parole, ma delicatissimi acquerelli. Protagonista delle pitture: l’asino filosofo. In altre parole, noi. O meglio: lui, l’asino parlante. Il somaro volante. L’anima cui tocca prima cadere, se vuole ascendere al cielo della piena consapevolezza di se stessa. A parte l’ovvio rimando dantesco, ci ricorda qualcosa? Eccome. Nel senso: vuoi vedere che ci toccava proprio cadere così in basso, per sperare un giorno di tornare a volare?
«Visto così, non si direbbe certo che avessi un nobile passato, che fossi di bell’aspetto». La traduzione in italiano, qui sterilizzata, non rende certo onore alla calorosa temperatura naturale della koinè popolaresca dell’Urbe, quella adottata dall’Asino Filosofo. Necessità elettive: l’affabile dialetto di Claudio Testa – nel video – aiuta a ricordare che parlava e scriveva in latino, il capostipite dei “volatori d’asini”. Lucio Apuleio Madaurense, autore del primo e unico romanzo giunto fino a noi, nella lingua dei Cesari. E’ senza tempo la lezione de “L’asino d’oro”: storia esemplare di chi, per diventare “aureo” (per accedere alchemicamente al proprio “oro” interiore, estraendolo dal “piombo”) deve per forza cambiare stato. Già, perché ci sono modi diversi, di essere uomini. Gli anglosassoni lo sanno dire in due parole: “mankind” e “humanity”. La prima designa semplicemente l’Homo Sapiens, l’altra la sua dote precipua: saper amare, trattando gli altri – appunto – con umanità. Anche nel caso di Apuleio, come sappiamo, il percorso è complicato. E nasce da un imprevisto accidentale: «Ai tempi in cui ero d’oro, curioso di capire dove sia l’Altrove, sbagliai l’unguento, sì: e fu un errore. Ma grazie a quello scoprii l’amore, l’essere umano, le sue bassezze (e il suo livore)».
Facile: basta inserire il vernacolo, e al posto di Apuleio compare Claudio Testa, sul set del suo video. Siamo in piena Era Pandemica: il 2021 è il posto giusto, da cui scrutare tutto. «Sedetti alla destra di quell’ometto, che nacque nella paglia senza il tetto, e cambiò il mondo – non a tutto tondo, solo in quel distretto; ma gli bastò, per diventar l’eletto». E’ un attimo, con la magia: sbagli pozione, e ti ritrovi trasformato in somaro (sia pure veggente). «Sono griglio come un topo, e sulla schiena da sempre porto una croce». Da Beltemme al Golgota, il passo è breve: su quella croce «un uomo ci legò un bastone, mi mise un cappio al collo e si proclamò padrone». Raglia soavemente, il divino Somaro Filosofo. L’alfa e l’omega: «Io sono il niente e il tutto, sono l’inizio e la fine, come il Matto dei Tarocchi al dritto. E tiro quel carretto, zitto zitto, curvato su quell’ombra sovrastante: fino a quando non ci ho scoperto il trucco». Come? Cambiando posizione. Ricordate Robin Williams, nei panni del professor Keating? Salite sul banco, mettetevi in piedi. E tutto, all’improvviso, vi apparirà diverso.
«La volta che mi voltai per un istante, vidi che chi c’era a cassetta non era quel grand’uomo, dalla statura così imponente, ma un pupazzetto (che il sole radente rendeva gigante)». Questo ha scoperto, Apuleio-Testa trasformato magicamente in ciuchino, come Pinocchio. «E quando mi sono impuntato (perché è accaduto) m’è apparsa questa carota davanti al muso: bella, arancione lunga. Pareva buona, e ci ho creduto! Sì, però una volta sola». Avvertimento: «A te, di carote legate a quel bastone che ti fa correre senza pigliare niente, ne hanno messe tante: la libertà, la gioia, l’avventura». Ma anche «l’emergenza, la dittatura, la paura; l’antidoto salvifico (e quasi mai la cura)». Sorride, l’attore. Sornione. «Io sono ignorante, sei tu l’erudito: e infatti accusi e punti sempre il dito su un povero somaro come me». Lockdown, distanziamento, il dilagare televisivo dei contagi. «Ma che, non l’hai capito, che quello che ci appare innanzi agli occhi è un’illusione, come la caverna di Platone? Qualcosa che ti arriva da dietro (come dentro a un film: la proiezione)».
Con il suo periodare affabile, sul palco o davanti alla telecamera, Claudio Testa – grazie anche a Chiara Casarico, maestra di teatro (suo il laboratorio “Il naufragar m’è dolce”) – si offre di prenderci per mano, in questa palude stigia nella quale siamo sprofondati a partire dalla primavera 2020. “Vojò vive come er bombo”, su YouTube dall’inizio della tragica farsa italiana – era solo un lusinghiero preludio. Quella voce non si fermerà, continuerà a sciorinare l’arguzia poetica dei suoi apologhi. Missione invariata: superare la Mankind e approdare all’Humanity. Anche, eventualmente, passando per la trasmutazione – inevitabile – che prevede il calvario transitorio della vita quadrupede. «Con le quattro zampe ben piantate al suolo, nessuno m’ha aiutato a capire chi ero. Ci arrivai da solo». Capito, il Somaro Filosofo? Alfa e omega, appunto: non aspettarti aiuti prodigiosi, dal cielo. Semmai, smetti di dormire. Scendi in cantina, a esplorare i tesori sepolti nella tua interiorità. «Ma per quelli ingenui e distratti come te, tranquillo: resto sempre l’asino che è in volo».
(Claudio Testa, “La Fiaba der Filosofo Somaro”, su YouTube dal 2 novembre 2021. Monologo scritto, diretto e interpretato da Claudio Testa. Regia video e montaggio, Matteo Santoro. Le tavole in acquerello sono opera di Michel. La musica, “Samovar Party”, è di Shane Ivers).
FONTE: https://www.libreidee.org/2021/11/la-fiaba-del-filosofo-somaro-scritta-apposta-per-noi/
BELPAESE DA SALVARE
Sfida a Enrico Mentana
7 12 2021
[Questo post è stato pubblicato su Facebook]
Caro Mentana, nel tuo recente post sui “no-vax” hai definito – fra le altre cose – “controfattuali” le tesi di chi come me contesta la versione ufficiale dell’11 settembre. In altre parole, queste tesi sarebbero pura fantasia, e non supportate dai fatti. Immagino che un giornalista serio come te abbia fatto personalmente tutte le verifiche del caso, prima di fare una affermazione del genere.
Ti sfido quindi ad un confronto diretto con me sulla questione 11 settembre. Scegli tu l’arena (TV, radio, web, altro, per me non fa differenza), per chiarire una volta per tutte questa faccenda.
Tieni presente che questa non è una questione personale fra me e te: i fatti dell’11 settembre sono ben più grandi di un Mentana o un Mazzucco qualunque: sono fatti di straordinaria importanza storica, e meritano una risposta definitiva per tutti coloro che ancora sono in dubbio sugli eventi di quel giorno.
Quale migliore occasione per te di poter dimostrare finalmente davanti a tutti, fatti alla mano, che in effetti la tesi “complottista” è semplice frutto della fantasia, e che a compiere gli attentati furono veramente gli uomini di bin Laden?
E se per caso tu volessi sfuggire a questo confronto, dicendo che “non c’è bisogno di confrontarsi con Mazzucco, perchè le sue tesi sono già state smontate migliaia di volte”, ti ricordo che nel mio film “11 settembre la nuova Pearl Harbor” (gratuitamente disponibile in rete) sono presenti “50 domande ai sostenitori della versione ufficiale”. Ti basterà in questo caso indicarmi con precisione dove e da chi siano state date queste risposte, e da me di 11 settembre non sentirai mai più parlare.
Resto quindi in attesa di a) una tua indicazione su come e dove vorresti svolgere il nostro confronto, oppure b) di una indicazione precisa (basta un link) su dove siano “già state date” delle valide risposte alle mie 50 domande.
Cordialmente
Massimo Mazzucco
FONTE: https://www.luogocomune.net/24-11-settembre/5910-sfida-a-enrico-mentana
CONFLITTI GEOPOLITICI
In Siria, Washington agisce di concerto con Ankara
Ankara fa tutto pensando a Washington
Jurij Veselov, osservatore militare, InfoRos 03.12.2021
Per quanto dura fosse la retorica antiamericana usata a volte dai politici turchi, Ankara obbediva sempre implicitamente agli ordini di Washington. Anche quando le relazioni sembrano volgere a una rottura, gli ottomani si voltano sempre a guardare il grande fratello, sottolineando ogni volta che rimangono l’alleato NATO più leale e forte degli USA. Di recente minacciavano di espellere da Ankara 10 ambasciatori europei e quello nordamericano. Allora qual è il punto? Il capo turco Recep Erdogan decise di espandere la zona di controllo nel nord della Siria, eliminando i curdi alleati dei nordamericani e restringendo il territorio di influenza russa e siriana. Cercò di negoziare questo col Presidente Vladimir Putin e sembra non averne ascoltato i suggerimenti. In risposta, ricevtte una reale minaccia di scontro armato tra i suoi satelliti e un potente gruppo di forze governative russe e siriane nel nord del governatorato di Aleppo comprendente milizie filo-iraniane. Il Pentagono dimostrò la disponibilità a difendere l’alleato curdo, con uno sgrido perentorio du Washington ad Ankara, dopo cui gli ottomani si spaventarono. Ora sembrano aver già dimenticato quello che volevano… A quanto pare gli fu detto di negoziare coi russi la consegna dei curdi siriani ad Aleppo e al-Hasaqah in cambio di radicali e terroristi a Idlib, mentre i nordamericani ci tengono che un altro pestaggio turco dei curdi ricada su Russia e Siria.
Alcuni analisti politici stranieri e russi ipotizzarono controversie più profonde tra Turchia e Stati Uniti nella loro sfacciata ingerenza negli affari interni della Siria. Questa era una convinzione inizialmente errata, dato che politiche e pratica di Ankara e le azioni di Washington si basano sull’odio viscerale verso il regime di Bashar al-Assad e desiderano distruggere lo Stato siriano. Recep Erdogan e le amministrazioni statunitensi, a prescindere dalla loro appartenenza al partito, non ne fanno mistero. Allo stesso tempo, sia il fratello Jonathan che gli ottomani urlano la loro volontà di eliminare i gruppi terroristici in Siria e stabilire la democrazia preservando sovranità e integrità territoriale del Paese. Di che tipo di sovranità e integrità territoriale si parla quando nordamericani e turchi restano in Siria indipendentemente dalle leggi internazionali e senza il permesso del governo nazionale? Non solo occupano effettivamente una parte significativa del territorio siriano, ma ne saccheggiano spudoratamente le risorse naturali: la Turchia ha messo le zampe sulle risorse idriche e gli Stati Uniti su petrolio e gas naturale.
I turchi hanno sostenuto con tutto il cuore le sanzioni anti-siriane del Caesar Act imposte dal presidente Trump, che dominano l’ala radicale dell’opposizione siriana di Riyadh di stanza ad Istanbul, impedendo il riavvicinamento con quella moderata per raggiungere un accordo sulle riforme costituzionali. Tale situazione è nell’interesse degli Stati Uniti. Sui terroristi, si è evoluta un’incongruenza: i turchi cercano di distruggere la potenza militare e le infrastrutture dell’alleato nordamericano nella “lotta” statunitense contro lo SIIL (gruppo terroristico internazionale bandito in Russia). Allo stesso tempo, fonti di informazione aperte non hanno mai riferito di attacchi dei militanti dello SIIL contro turchi o nordamericani in Siria negli ultimi cinque o sei anni. Al contrario, ci sono informazioni sulla cooperazione dei terroristi cogli ottomani e fratello Jonathan.
Trump negò ai turchi la vendita di caccia pesanti nordamericani di quinta generazione per la presunta disobbedienza di Erdogan e l’acquisizione del sistema di difesa aerea S-400 della Russia. La domanda è se i turchi hanno bisogno di aerei così costosi e difficili da far funzionare e la Turchia saprebbe pagare l’accordo? Forse è meglio acquistare armi e attrezzature per la difesa aerea russe in prestito e studiarle l’”interno” insieme ai partner nordamericani? Possono anche “prendere un po’ di soldi dal partner” per il servizio reso…
I due alleati nella NATO sospingono l’espansione dell’assistenza umanitaria ai siriani. A chi e dove? A quanto pare, ai curdi siriani e gruppi armati illegali controllati rispettivamente da nordamericani e turchi. La distribuzione di forniture internazionali da parte del governo siriano è fuori discussione. Gli stessi nordamericani bloccano tali decisioni all’ONU. Come gesto di buona volontà, fratello Jonathan recentemente consegnava una partita di grano ai contadini della Siria settentrionale. Il grano proveniva dalla Turchia ed era infettato per il 40% da parassiti che mettono in pericolo l’agricoltura della regione dove fu pianificata la semina. La consegna a Qamishli fu effettuata dall’Agenzia statunitense per lo sviluppo internazionale (USAID, vietata in Russia). Quanto devono essere profondamente odiati la Siria e il suo popolo tentando un tale cinico sabotaggio col pretesto di aiuti umanitari? Non è che gli ottomani ignorassero il tipo di prodotto che passavano ai siriani…
Traduzione di Alessandro Lattanzio
FONTE: http://aurorasito.altervista.org/?p=21257
Perché i palestinesi stanno fuggendo dalla Striscia di Gaza
- A quanto pare, i due milioni di palestinesi che vivono sotto il governo di Hamas sono giunti alla conclusione che è Hamas, e non Israele, il responsabile della loro miseria.
- “Negli ultimi 15 anni, Hamas ha fatto andare le cose a Gaza di male in peggio. Gli abitanti di Gaza vivono sotto un brutale regime islamista che li tiene in ostaggio di politiche stagnanti che fanno solo gli interessi di Hamas e dei loro alleati islamici globali. Se la comunità internazionale contribuisse a liberare Gaza da tali forze, aiuterebbe gli abitanti di Gaza a creare una Dubai del Mediterraneo o una nuova Singapore”. – Ghanem Nusseibeh, un musulmano palestinese appartenente alla più antica famiglia araba di Gerusalemme, Al-Arab News, 29 maggio 2021.
- Accusare Israele di tutto ciò che è sbagliato nella Striscia di Gaza può ingannare molti negli Stati Uniti, in Canada e nel Regno Unito. Ma i palestinesi in fuga da Gaza e le loro famiglie che rimangono conoscono la verità: è Hamas che li ha portati nell’abisso, compreso il mare in cui stanno annegando.
Almeno tre palestinesi che sono fuggiti di recente in barca dalla Striscia di Gaza controllata da Hamas sono scomparsi, apparentemente dopo essersi capovolti con la loro imbarcazione al largo delle coste della Grecia e della Turchia. Molti palestinesi hanno reagito alla tragedia lamentandosi del fatto che mentre i pesci mangiano i poveri migranti, i leader di Hamas continuano a gustare il miglior pesce e i frutti di mare offerti in Qatar e nella Striscia di Gaza. Nella foto: due abitanti di Gaza tirano una barca lungo una spiaggia a Khan Yunis, nella Striscia di Gaza, il 22 settembre 2021. (Foto di Said Khatib/AFP via Getty Images) |
Una tragedia che ha di recente colpito la Striscia di Gaza ha ancora una volta messo in luce l’entità della sofferenza dei palestinesi che vivono sotto il governo di Hamas, il gruppo sostenuto dall’Iran.
La tragedia serve anche a ricordare il doppiopesismo della comunità internazionale nell’affrontare il conflitto israelo-palestinese, in particolare l’ossessione per Israele e la tendenza a ignorare qualsiasi illecito da parte palestinese.
Secondo notizie giunte dalla Striscia di Gaza, almeno tre palestinesi che sono fuggiti dall’enclave costiera controllata da Hamas sono scomparsi, apparentemente dopo essersi capovolti con la loro imbarcazione al largo delle coste della Grecia e della Turchia. I tre erano tra le decine e decine di palestinesi alla ricerca di una vita migliore lontano dalla repressione e dalla corruzione di Hamas.
Una delle vittime è stata identificata come Anas Abu Rajileh, 25 anni; un’altra era Nasrallah al-Farra.
L’episodio ha destato grande attenzione fra i palestinesi a causa di un audio registrato da uno dei migranti palestinesi che si trovava sull’imbarcazione, un messaggio vocale in cui informava la madre che uno dei suoi amici era annegato e le chiedeva di informare i familiari della vittima. “Mamma”, si sente dire il giovane, “stiamo affogando e i pesci ci stanno mangiando”.
Molti giovani della Striscia di Gaza che negli ultimi anni sono riusciti a risparmiare del denaro o ad assicurarsi abbastanza soldi sono fuggiti in altri Paesi attraverso la Turchia e la Grecia. Secondo quanto riferito, hanno pagato migliaia di dollari in tangenti ai funzionari di Hamas, alle guardie di frontiera egiziane e ai trafficanti per aiutarli a lasciare la Striscia di Gaza in modo da poter iniziare una nuova vita in Europa e altrove.
Un sondaggio di opinione condotto lo scorso anno dall’Università di Al-Aqsa nella Striscia di Gaza ha mostrato che il 51 per cento dei giovani che vivono a Gaza emigrerebbe volentieri se ne avesse l’opportunità. Oltre l’80 per cento degli intervistati ha spiegato che il motivo principale per cui vuole lasciare la Striscia di Gaza sono i fattori economici.
In particolare, il sondaggio ha rilevato che il 73 per cento di coloro che hanno partecipato al sondaggio ha affermato che se Hamas e i suoi rivali della fazione al potere di Fatah, guidata dal presidente dell’Autorità Palestinese (AP) Mahmoud Abbas, smettessero di farsi la guerra, i giovani palestinesi non prenderebbero in considerazione l’emigrazione.
Hamas e Fatah sono in guerra tra loro dal 2007. Poi, Hamas ha fatto un violento colpo di Stato contro l’AP, ha gettato i funzionari dell’Autorità Palestinese dagli ultimi piani di edifici alti e ha preso il controllo della Striscia di Gaza.
Non è chiaro quanti palestinesi siano fuggiti dalla Striscia di Gaza negli ultimi anni. Secondo alcuni rapporti, più di 40 mila palestinesi sono riusciti a partire tra il 2014 e il 2020. Altri rapporti affermano che sono più di 70 mila.
I palestinesi che hanno partecipato al sondaggio hanno espresso preoccupazione riguardo al fatto che tra i migranti figurano laureati e professionisti, soprattutto medici che preferiscono lavorare e vivere nei Paesi europei e non sotto Hamas.
“Gli episodi di annegamento dei giovani nei loro viaggi di emigrazione mettono in ansia le loro famiglie”, ha riportato il quotidiano panarabo Al-Quds Al-Arabi. “Allo stesso tempo, l’annegamento mostra l’entità della tragedia vissuta dagli abitanti della Striscia di Gaza, che spinge i migliori dei suoi figli ad emigrare”.
L’ultimo episodio ha scatenato un’ondata di proteste da parte di molti palestinesi, che si sono rivolti a varie piattaforme di social media per esprimere il loro sconcerto e l’incredulità in merito alla tragedia consumatasi e denunciare i leader di Hamas per non essere riusciti a migliorare le condizioni di vita della loro popolazione.
Riferendosi allo stile di vita lussuoso condotto dalla maggior parte dei funzionari di Hamas nella Striscia di Gaza e all’estero, molti palestinesi si sono lamentati del fatto che mentre i pesci mangiano i poveri migranti, i dirigenti di Hamas continuano a gustare il miglior pesce e i frutti di mare offerti in Qatar e nella Striscia di Gaza.
Dopo essere venuti a conoscenza della tragedia, altri palestinesi hanno lanciato su Twitter l’hashtag “Noi Vogliamo Vivere”, in cui anche loro ritenevano Hamas responsabile dell’alto tasso di disoccupazione e di povertà nella Striscia di Gaza.
Alcuni utenti dei social media hanno inoltre accusato la fazione Fatah di Abbas della loro persistente miseria, a causa della sua costante rivalità con Hamas.
“Il governo [di Hamas] non sta facendo nulla per cambiare le vite umane lì”, ha scritto il giornalista palestinese Walid Mahmoud. “A questo si aggiunga che i media non ne parlano e credo che non ne parleranno”. Mahmoud, che proviene dalla Striscia di Gaza, ha spiegato che l’hashtag “Noi Vogliamo Vivere” riflette la misura in cui la popolazione di Gaza è indignata per la “stupidità dell’amministrazione [di Hamas] al potere”.
Riferendosi alla corruzione e all’apatia dei leader di Hamas nei confronti della sofferenza del loro popolo, alcuni palestinesi hanno rivelato che i figli dei leader di Hamas si regalano soggiorni nella località balneare egiziana di Sharm a-Sheikh.
Un palestinese della Striscia di Gaza, che non ha rivelato il suo nome, ha postato un video in cui lancia un feroce attacco ai leader di Hamas, accusandoli di distruggere il futuro dei giovani.
“Se i nostri dirigenti non si preoccupano di noi, questo è un disastro. (…) La gente sta morendo, sta morendo di fame. La vita delle persone è stata distrutta. I giovani stanno morendo e i pesci se li stanno mangiando. I leader [di Hamas] e i loro figli non sono migliori di me e dei miei figli”.
A quanto pare, i due milioni di palestinesi che vivono sotto il governo di Hamas sono giunti alla conclusione che è Hamas, e non Israele, il responsabile della loro miseria.
A giudicare dalle reazioni avute dai palestinesi all’ultima tragedia che ha coinvolto i migranti, è ovvio che molti palestinesi capiscono ciò che la maggior parte degli attivisti anti-israeliani non riescono a capire: che Hamas dà la priorità alla produzione e al traffico di armi piuttosto che fornire lavoro ai disoccupati e assistere chi vive in povertà.
Hamas avrebbe potuto trasformare la Striscia di Gaza nella Singapore del Medio Oriente. Invece, ha preferito trasformarla in un centro per il jihad (guerra santa) contro Israele.
Ghanem Nusseibeh, un musulmano palestinese appartenente alla più antica famiglia araba di Gerusalemme, ha commentato:
“Negli ultimi 15 anni, Hamas ha fatto andare le cose a Gaza di male in peggio. Gli abitanti di Gaza vivono sotto un brutale regime islamista che li tiene in ostaggio di politiche stagnanti che fanno solo gli interessi di Hamas e dei loro alleati islamici globali. Se la comunità internazionale contribuisse a liberare Gaza da tali forze, aiuterebbe gli abitanti di Gaza a creare una Dubai del Mediterraneo o una nuova Singapore”.
Se i palestinesi nella Striscia di Gaza sono davvero così disperati, sarebbe opportuno che rovesciassero Hamas e ponessero fine al suo pugno di ferro sulla Striscia di Gaza.
Tuttavia, Hamas continua a schiacciare il dissenso e a intimidire i suoi detrattori. Inoltre, Hamas continua a godere di popolarità tra numerosi palestinesi non solo nella Striscia di Gaza, ma anche in Cisgiordania. La ragione per cui il gruppo è così popolare è che molti palestinesi sostengono il suo appello ad eliminare Israele.
Sarebbe più utile se i palestinesi in fuga dalla Striscia di Gaza rimanessero a casa e dedicassero le loro energie alla rimozione di Hamas dal potere, anche se tale rimozione dovesse avere un caro prezzo. Questo è l’unico modo per risolvere i problemi di Gaza.
Accusare Israele di tutto ciò che è sbagliato nella Striscia di Gaza può ingannare molti negli Stati Uniti, in Canada e nel Regno Unito. Ma i palestinesi in fuga da Gaza e le loro famiglie che rimangono conoscono la verità: è Hamas che li ha portati nell’abisso, compreso il mare in cui stanno annegando.
Khaled Abu Toameh è un pluripremiato giornalista che vive a Gerusalemme. È Shillman Journalism Fellow al Gatestone Institute.
FONTE: https://it.gatestoneinstitute.org/18002/palestinesi-fuggendo-gaza
CULTURA
Medioevo, modernità e corpi femminili
Si discuteva tra i commenti di un articolo di Olimpia Capitano, dal titolo un po’ pesante, 5 dicembre: caccia alla streghe. Violenze per 5 secoli fondate sul mito costruito per rafforzare il patriarcato (e le gerarchie del capitalismo).
L’articolo prende spunto dalle tesi della sociologa Silvia Federici, espresse tra l’altro in un libro famoso, Il grande Calibano. Storia del corpo sociale ribelle nella prima fase del capitale. Che confesso di non aver ancora letto (lo potete scaricare a questo link).
Per la Federici, la modernità implica la trasformazione del corpo – con tutte le sue implicazioni vitali – in macchina produttiva. Una riflessione che va in senso contrario a tutta la fuffa dell’autoelogio progressista cui siamo stati sottoposti sin dall’infanzia.
Bisognerebbe avere una cultura storica pari alla sua per poter accertare se oggettivamente tutti gli indizi che lei raccoglie abbiano il senso che attribuisce loro.
Ma dal mondo della vita siamo passati all’età dell’acciaio, per arrivare all’età della plastica attuale: e il passaggio dalla vita all’acciaio è stato certamente almeno simile a ciò che racconta la Federici.
Condivido con voi quanto ne scrive l’amica Daniela Danna, che nel proprio curriculum si autodefinisce così:
Ricercatore confermato in Sociologia generale (SPS 07) presso il Dipartimento di storia, società e studi sull’uomo dell’Università del Salento. Sospesa dall’1.12.21 al 30.5.2022 per grave insubordinazione, ovvero aver lasciato i propri studenti, fermi e distanziati ai banchi, liberi di scegliere se coprirsi la bocca con un pezzo di stoffa/plastica o no.
Trovo importanti brani del libro della Federici, che Daniela cita nell’articolo.
In fondo, sappiamo che un “altro mondo è possibile”, solo perché è già esistito.
Il grande Calibano, apparso nel 1984 e il cui sottotitolo è Storia del corpo sociale ribelle nella prima fase del capitale, è una lettura obbligata per comprendere noi stess* nell’epoca capitalistica in cui viviamo.
Mette in prospettiva il nostro modo di vivere profondamente individualistico, ossessionato dal lavoro e timoroso del piacere confrontandolo non con un “altro mondo possibile” ancora tutto da inventare, ma con quello che era lo stile di vita delle epoche precapitalistiche, in particolare del tanto vituperato medioevo.
Il sessocidio della caccia alle streghe, la distruzione della conoscenza dei mezzi anticoncezionali, la feroce persecuzione dell’aborto, l’alienazione ed estraneità nel rapporto tra individuo e proprio corpo sono alcuni dei peggioramenti della vita sociale e individuale nel passaggio dal “mondo del valore d’uso” a quello del valore di scambio. Come scrivono le autrici:
“L’individuo medioevale, con le sue caratteristiche psicologiche e fisiche, – l’attaccamento/distacco per la vita, la sua conoscenza e accettazione della morte, una disponibilità al gioco che lo fa apparire ai nostri occhi infantile, delle barriere emotive meno spesse delle nostre, un atteggiamento più immediato e manifesto nei confronti della violenza, ecc. – muore nei tanti sudari del nuovo modo di produzione.
Muore nei laboratori della manifattura, per una giornata sempre più gonfia di pluslavoro all’ombra di un tempo ormai meccanizzato, all’interno di uno spazio sempre più violentemente predeterminato, dietro gli steccati delle enclosures, sotto la sferza delle crisi e del rialzo dei prezzi, col marchio del vagabondo, del criminale, del povero.
Muore anche tra le fiamme dei roghi, nella macchinizzazione del corpo, sotto il dominio della ragione, nella distruzione della magia, dentro le museruole e le cinture di castità, nello sviluppo della prostituzione, negli editti contro le amiche, nelle leggi contro le danze e le feste, nell’emergere della privacy, dietro la nascita dell’infanzia, di fronte al decollo dell’autorità paterna, nel labirinto del self-control” (pagg. 7-8).
La trasformazione dei corpi in macchine per la produzione è documentata con sezioni sui bambini, sulle buone maniere, sulla struttura delle abitazioni, sui mille modi in cui l’individuo è stato progressivamente isolato, nel tentativo di dare vita all’homo oeconomicus che agisce in modo puramente razionale (almeno così crede…). Scopriamo che i legami sociali erano molto più forti, che il sesso non era tabuizzato, che le donne erano molto più rispettate, mentre la caccia alla streghe ha segnato il cambiamento di regime e l’affermarsi dell’accumulazione del capitale come scopo sociale a cui tutto subordinare allora in Europa come oggi in Africa, come scrive Federici nell’introduzione a Caliban and the witch e sull’International Journal of Women’s Studies dell’ottobre 2008 (http://www.bridgew.edu/soas/ jiws/Oct08/Federici.pdf). Con il passaggio al capitalismo:
“Tanto per l’uomo che per la donna il corpo è posto come non valore, come la macchina naturale per eccellenza. Nei confronti del corpo femminile inoltre vi è la determinazione da parte del capitale di farlo lavorare a pieno ritmo anche per quello che concerne la produzione della nuova forza-lavoro. Lo sviluppo della popolazione si fonda sul funzionamento dell’utero come macchina che si può mettere in moto anche ad insaputa e contro la volontà della donna” (pag. 8).
L’attenzione alla magia e al paranormale è l’unica sbavatura personalmente non condivisibile, che si riconnette ai percorsi di ricerca anche di altri storici-filosofi come Giorgio Galli e Luciano Parinetto.
FONTE: http://kelebeklerblog.com/2021/12/06/medioevo-modernita-e-corpi-femminili/
Temporalità plurali: storia e storie nell’Antropocene
L’Antropocene è l’epoca dell’umano. Ma è possibile rovesciare questa interpretazione in senso non antropocentrico?
Il problema della definizione dell’Antropocene ha tenuto impegnati molteplici settori disciplinari lungo il corso degli ultimi vent’anni. A partire dal fondamentale articolo di Crutzen e Stoermer tale questione, sorta nell’ambito della ricerca geologica e stratigrafica, ha superato gli originari confini di appartenenza. Alla prospettiva naturalistica, che considera l’Antropocene come una nuova epoca geologica nella storia della Terra rilevabile attraverso misurazioni stratigrafiche, si è aggiunta una prospettiva legata al contesto delle scienze sociali ed umane, che indaga non solo le modalità di costruzione dell’idea di un’”epoca umana”, ma anche i rapporti di potere-sapere che essa implica, o come l’ideale moderno di una storia lanciata verso il progresso sia da essa messo in crisi, o ancora in che misura l’onnipresenza dell’elemento umano sul pianeta contesti la distinzione tra umano e non-umano e tra cultura e natura.
Il posto della critica sull’Antropocene
È possibile, tuttavia, analizzare e problematizzare la questione dell’Antropocene anche partire da una prospettiva filosofica, rivendicando le potenzialità teoriche dell’Antropocene considerato in quanto concetto. L’Antropocene segnala l’irruzione della Terra (della sua temporalità, dei suoi limiti, delle sue dinamiche sistemiche) in una storia, un’economia e una società che si credevano emancipati dai vincoli della natura. Di qui, il potenziale critico di tale concetto, che insieme mette in crisi gli elementi di una certa visione del mondo e chiede di elaborare un modello alternativo ad essa.
Leggi anche:
«La fine di tutte le cose», ovvero l’inizio della filosofia
Antropocene: natura/cultura
Secondo lo storico indiano Dipesh Chakrabarty, l’Antropocene rende problematica la distinzione moderna tra storia naturale e storia umana. Se l’Antropocene rivela l’equiparabilità dell’umano ad una “forza geologica”, capace di alterare l’equilibrio e il funzionamento complessivo del Pianeta, la separazione – presente da Toynbee a Croce, da Marx a Michelet e Sartre, così come in Hegel, il quale concepisce lo spirito come negazione dell’”esteriorità” della Natura, e dunque suo compimento – tra una storia naturale quasi “immobile”, per dirla con Braudel, ed una storia umana fatta di tempi lunghi, eventi e rotture, viene a mancare. La storia naturale non può più considerarsi “lo sfondo” sul quale si svolge la storia umana ma, assottigliandosi il confine tra le due – ed è questo ciò che rivela l’Antropocene – una parte della storia umana stessa.
Strati di tempo
Una possibile soluzione a questa problematica consiste nel riarticolare il rapporto fra storia naturale e storia umana attraverso un modello che si potrebbe definire “a strati”, che pensi cioè la storia come una serie di temporalità tra loro sovrapposte. Seguendo questa prospettiva, è possibile concepire ciascun momento del corso storico come articolato non solo entro una pluralità di ciò che Reinhart Koselleck ha definito “tempi storici” – configurazioni particolari del rapporto fra “esperienza” e “aspettativa” – ma anche di una molteplicità di stratificazioni, di livelli temporali di differente durata e diversa origine, che si mantengono, pur in un rapporto anacronico l’uno rispetto all’altro, compresenti e attivi simultaneamente, costringendo a ripensare l’affermazione kantiana per cui «diversi tempi non sono insieme, ma successivi». Ogni strato, cioè, inerisce a ed esprime quello su cui poggia senza tuttavia sussumerlo, è istituito a partire da esso, e da esso è insieme libero e vincolato, così come ogni evento storico che si produce alla superficie di tale, per dirla con Focillon, «présence de tous les passés», è reso possibile da strutture temporali profonde che, come placche tettoniche, mutano anch’esse ridistribuendo l’equilibrio complessivo del sistema. La tesi della presente ricerca è che la distinzione tra storia umana e storia naturale, messa in crisi dall’evento Antropocene, lungi dal doversi annullare, come propone Latour, confluendo entro una riconfigurazione costruttivista delle agencies compresenti sulla Terra, si mantenga nella relativa differenza in un rapporto di stratificazione, talché la storia umana scorre sulla storia naturale, così come la storia naturale poggia sulla geo-storia.
Geologia trascendentale
Questo quadro concettuale permette di sviluppare ciò che si può chiamare, mutuando un concetto elaborato da Maurice Merleau-Ponty, una «geologia trascendentale». Tale concetto costituisce il risultato più maturo entro il quale confluisce la riflessione merleau-pontyana sul nesso fra storia e natura, portata avanti sin dalla prima metà degli anni ’50. Esso sancisce una parziale separazione teorica da parte del filosofo francese dalla fenomenologia, rendendo più elastica l’applicazione di tale concetto anche al di fuori della sua filosofia: difatti, entro tale prospettiva, la Terra, intesa quale origine di spazio e tempo, rappresenta una modalità dell’essere assimilabile né, idealisticamente, al prodotto di un’operazione costitutiva della coscienza del soggetto trascendentale, né, realisticamente, ad una cosa in sé. Il fondo della storia, o, dalla prospettiva adottata ora, “lo strato” ultimo – ciò che, ancora con Merleau-Ponty, si può denominare Ur-Histoire – costituisce allora il momento trascendentale di appartenenza geologica utilizzabile per leggere la “storia profonda”, già da sempre fatta di interruzioni e mutamenti, entro la quale l’evento Antropocene, inteso quale irruzione dei ritmi della Terra, reinserisce l’uomo.
FONTE: https://www.frammentirivista.it/storie-antropocene/
Vietato parlare dell’Oro degli Dei: YouTube oscura Bizzi
E’ durata appena due giorni la possibilità di ascoltare la ricostruzione offerta da Nicola Bizzi sul misterioso “oro degli dèi”, che collegherebbe recenti scoperte in Iraq e in Romania alla Casa dell’Oro, cioè il tempio egizio di Hathor sul Sinai, dove Mosè – secondo la Bibbia – avrebbe trasformato il famoso Vitello d’Oro in finissima polvere bianca, per poi darla in pasto al suo popolo. Una polvere impalpabile, che ricorda il “pane della vita” celebrato in tante iscrizioni egizie, con i faraoni raffigurati nell’atto di ricevere dalle divinità quella strana sostanza, capace – secondo la tradizione – di allungare di moltissimo la durata dell’esistenza. La notizia? Dal 28 aprile non è più possibile guardare il video, immesso il 25 aprile sul canale YouTube “Facciamo finta che”, di Gianluca Lamberti, dedicato alle voci eterodosse che indagano sul passato anche alla luce delle incongruenze del presente, dando spazio a personaggi ormai popolari (da Biglino a Malanga) e alle scoperte dell’archeologia non ufficiale, che destabilizzano la storiografia convenzionale. Tutti i video realizzati da Lamberti sono scomparsi: il canale YouTube è stato svuotato. “Colpa” del filmato con Bizzi?
Storico e fondatore delle Edizioni Aurora Boreale, Bizzi ha richiamato l’importanza della tradizione dei Misteri Eleusini, che alludono a una particolare fondazione dell’umanità legata ai Titani e alla civiltà di Atlantide, che l’ufficialità non riconosce ancora. Nel corso del filmato “La Pietra Filosofale e l’Oro Monoatomico”, Bizzi mette in relazione la Bibbia e l’Egitto dei faraoni a recenti ritrovamenti archeologici. Sui Monti Bucegi, in Romania, nel 2003 sono state scoperte enormi cavità sotterranee con dispositivi ad alta tecnologia. «Sulla scoperta è calato il silenzio – racconta Bizzi – su pressione degli Usa, che si sono accorti che le grotte rumene sono “gemelle” di quelle da loro scoperte durante l’invasione dell’Iraq». Al centro del “giallo” ci sarebbe il cosiddetto “oro monoatomico”, ricavabile dall’oro comune mediante sconosciuti procedimenti che, anziché fondere il metallo, lo polverizzano. Un elisir di lunga vita, sorgente dell’eterna giovinezza? O magari la “pietra filosofale” degli alchimisti? Insomma: un segreto strettamente custodito, nei millenni, e che anche oggi si vorrebbe mantenere sigillato, al punto da oscurare i video che ne parlano?
L’analisi di Bizzi parte dalle scoperte archeologiche dell’inglese William Flinders Petrie, che sul Sinai – dove Mosè tramutò in polvere l’oro del Vitello – scoprì sull’altura di Sarabit al-Khadim un gigantesco tempio, pieno di quella polvere bianca e di attrezzature per la metallurgia: la Casa dell’Oro. Una sorta di “fabbrica” dell’epoca, ininterrottamente attiva per 1.500 anni, a partire dal 2600 avanti Cristo. Cos’era, quella polvere? Aveva davvero proprietà prodigiose? E poi: la tecnica di polverizzazione dell’oro era stata importata sulla Terra dalle divinità antiche, che oggi si tende a far coincidere con le presenze aliene di cui si parla con sempre maggiore insistenza? Nell’autunno 2019, la Us Navy ha ammesso ufficialmente l’esistenza degli Ufo. Un anno dopo, il generale Haim Eshed (per trent’anni a capo della sicurezza aerospaziale di Israele) ha dichiarato che gli umani sono stabilmente in contatto con extraterrestri, nell’ambito di un’alleanza chiamata Federazione Galattica.
E ora, John Ratcliffe – capo della direzione nazionale dell’intelligence, nell’amministrazione Trump – ha annunciato che il 1° giugno 2021 sarà pubblicata un’enorme quantità di immagini, sugli Ufo, provenienti da aerei e satelliti militari. La strana compresenza di elementi antichi (templi) e attrezzature avveniristiche è esattamente il punto di domanda su cui Nicola Bizzi articola le sue osservazioni: alta tecnologia di origine ignota sarebbe stata rilevata sia in Iraq che in Romania, sempre in relazione a quella stranissima trasformazione dell’oro. Meccanica quantistica? Alchimia? Lo stesso Mosè, sottolinea Bizzi, era descritto come grande alchimista. Di quella misteriosa trasmutazione parla Ireneo Filalete, alchimista britannico del XVII secolo, studiato da Newton, Locke e Leibniz: la polvere bianca ottenuta dall’oro sarebbe esattamente la mitica “pietra filosofale”. «Per queste ricerche – aggiunge Bizzi – dobbiamo molto a un autore inglese da poco scomparso, Sir Lawrence Gardner». Di quella famosa polvere, Gardner parla ne “L’ombra di Salomone”, e prima ancora nel saggio “I segreti dell’Arca perduta”.
«Lo studioso collega direttamente il Sinai (cioè quello che poteva avvenire in quella “Casa dell’Oro”, il Tempio di Hathor) alle conoscenze alchemiche di Mosè: lo riteneva in grado di alterare la materia, secondo un’antica sapienza». Di nuovo: quelle conoscenze provenivano da mondi non terrestri? «Certi grandi personaggi del passato – Archimede, Ipparco, Tolomeo – che la moderna cultura derivante dal razionalismo illuministico settecentesco considera asetticamente “scienziati”, in realtà erano tutti grandi iniziati», osserva Bizzi: «Attraverso le scuole misteriche, avevano appreso i segreti che provenivano da un’antichità remota: e sicuramente questo è avvenuto anche per Mosè, un personaggio molto misterioso e presentato in genere soltanto come leader religioso, senza mai soffermarsi sulla sua possibile, vera identità». Interrogativi che, a quanto pare, sono bastati a svuotare brutalmente il canale YouTube di Gianluca Lamberti. Alla faccia di chi – come il Cicap e i tanti “debunker” che dominano il mainstream – ancora ridicolizza certe tesi: se si tratta di amenità innocue e persino ridicole, perché imporre una censura così perentoria e medievale?
(Su “Facciamo finta che” è ancora presente il link di accesso al video oscurato).
FONTE: https://www.libreidee.org/2021/04/vietato-parlare-delloro-degli-dei-youtube-oscura-bizzi/
CYBERWAR SPIONAGGIO INFORMAZIONE DISINFORMAZIONE
ComeDonChisciotte, lo spettacolo triste dei falliti “scoop” di Fanpage
Osannata, addirittura, su Piazzapulita (La 7), la scalcagnata ’”inchiesta” di FanPage, durata ben sette mesi, per incastrare il sito Comedonchisciotte.org. Sito che, come ci illumina Fanpage, “è accusato da NewsGuard di essere una fabbrica di fake news”. Magari se questi “debunkers” avessero aggiunto che NewsGuard “lo strumento sull’affidabilità di internet” è capitanato da Michael Hayden, già direttore della CIA, l’informazione sarebbe stata più completa.
Ma vediamola da vicino l’”inchiesta” di FanPage <<“Sequestriamo un politico, lo teniamo chiuso per mesi”: così i No Vax preparavano l’azione eclatante.>> che ripropone lo stesso stile di “giornalismo” di una sua “inchiesta” di un mese fa, basato su “prove” inesistenti e, soprattutto, sull’utilizzo dell’agent provocateur.
Dopo la solita carrellata di svitati, presentati come esponenti del movimento “No Green Pass”, viene ripreso con una telecamera nascosta Raffaele Varvara (“leader dei No Vax romani”): uno dei principali collaboratori del sito Comedonchisciotte; la “prova” dei suoi intenti criminali sarebbe una sua frase mentre passeggia “dobbiamo innalzare un po’ il livello della rivendicazione (…) non possiamo farci problemi”.
Scena successiva davanti la trattoria romana “Cuore Ribelle”, presentata come un “covo di eversori fascisti”. Qui Varvara viene avvicinato, da un tizio “molto vicino a Forza Nuova” (verosimilmente, un agent provocateur) incautamente presentatogli dalla titolare del ristorante. Il tizio gli avrebbe annunciato la sua idea di sequestrare un politico per poi tenerlo chiuso per mesi; usiamo il condizionale perché il video che riprende la conversazione è tagliato (si veda il salto di fotogramma della allibita titolare della trattoria), quasi nulla si capisce dall’audio del video che, per quanto riguarda Virvara, si direbbe tratto da un video ripreso con una telecamera posizionata in modo diverso (vedi questo video confronto; si noti, inoltre, come la parola “rivendicazione” del primo video diventa, nell’audio confuso del secondo, “scontro” (come attestato dalla didascalia). In ogni caso, nulla viene documentato nei video prodotti da Fanpage di un eventuale assenso di Varvara alle folli intenzioni del tizio.
La scena successiva si svolge a Napoli e coinvolge due redattori di Comedonchisciotte (tra l’altro attivisti del movimento “No Green Pass”) incazzati contro Fanpage. Comprensibilmente, in quanto questa testata giornalistica non si limita a criminalizzare chiunque si permetta di criticare la gestione dell’emergenza Covid ma, come documentato qui, utilizza i suoi “giornalisti martiri” per provocare nelle manifestazioni i “No Vax” nella verosimile speranza che qualcuno reagisca violentemente per potere, così realizzare video di “denuncia”; una tecnica che si direbbe abbia fatto scuola per molti altri media.
Ma torniamo a Napoli e all’altro (fallito) “scoop” di Fanpage.
Per realizzarlo, ha fatto infiltrare tra i “No Vax” napoletani, per ben sette mesi, una sua giornalista che non ha cavato un ragno dal buco; finché questa ha pensato bene di annunciare ai due redattori di Comedonchisciotte la possibilità di intervistare un “ex redattore di Fanpage” che, per vendicarsi avrebbe mostrato loro “documenti scottanti”. Ovviamente, i due (qui la loro testimonianza) accettano di intervistarlo ma, non essendo due allocchi, chiudono subito la questione quando scoprono che i “documenti scottanti” mostrati dal sedicente ex redattore di Fanpage (incomprensibilmente, celato da un passamontagna) consistono, tra l’altro, nella copia di un bonifico a firma “Mario Draghi” avente come beneficiario “Fanpage” e fotomontaggi, di infima qualità, che raffiguravano Angela Merkel e Ursula von der Leyen che chiacchierano affabilmente con il napoletano Gianluca Cozzolino, amministratore delegato di FanPage.
Tutta qui la farlocchissima ”inchiesta” di FanPage. Che, anche per una pietosa difesa della loro professione, ci si sarebbe aspettato venisse pudicamente sottaciuta dai giornalisti italiani. Tutt’altro! E ancora oggi l’”inchiesta di Fanpage che smaschera i No Vax”, oltre che da La 7 continua ad essere osannata dai media italiani. Che continuano, tutti insieme, a crocifiggere i “No Vax per le fake news che raccontano”.
ECONOMIA
Contro il Valore | verso la fine del capitalismo
Più che disinvestimenti libidici, libido del disinvestimento.
Certi marxisti ragionano come spettri assai presuntuosi, come se vivessero puri con tutto il corpo (rapiti in cielo come i profeti Elia o Enoch), in un regime comunista liberato, “umano”, magicamente non sovietico… Criticano l’autopoiesi del plusvalore confuso con l’interesse, che falsificherebbe e occulterebbe il presunto valore (plus o meno, vai a capire quando inizia l’uno e finisce l’altro esattamente) della loro chiavata lavorativa. Oppure blaterano di concetti metafisici come “lavoro sociale astratto”… frementi nella speranza di contare e valere di più, per compenso soteriologico, quando sorgerà il chimerico sol dell’avvenire.
“Monete viventi” che si ribellano a loro stesse… senza mai mettere in discussione le categorie cui fingono di contrapporsi… fornendo addirittura dei supporti sostanziali (…fantasmatici) al Capitale.
Non c’è niente di più patetico di un automa che si crede e si dice “umano”.
Al di là del plusvalore estorto con la violenza o col piacere masochistico del dipendente, del sottoposto, del lavoratore, del prostituto, ciò che produce valore aggiunto al prezzo di una merce è la sua rarità, unicità… la sua difficile o impossibile riproducibilità (es.: più di 3 cazzi nel culo, ecc…). La non estensibilità ad altri del lavoro (che accrescendo la reperibilità di quella merce in breve tempo ne abbasserebbero il prezzo). Quindi: un lavoro ad alta intensità artigianale, che le macchine non possono fare… In pratica: l’arte (è chiaro poi che l’opera è il marketing che ci gira intorno. L’arte di incontrare la domanda di arte. Insomma, la para-arte… dato che l’arte non esiste… esistono sequenze di gesti vagamente coerenti e sensati, sensi che brancolano tra le qualità delle cose variamente assemblate, geometrie più o meno presenti nei movimenti di danza dell’artista, dell’illusionista…).
Oppure la furbata dei brevetti, come suggeriscono gli americani del (fallito?) TTIP, finché riescono a far valere questo diritto (“io progetto, deposito… voi investite e lavorate”).
Si potrebbe pensare che persino la rilevazione dell’antimateria e dei neutrini degli scienziati possiedano le caratteristiche di merce ad altissimo valore aggiunto.
In definitiva: il valore non è legato all’uso… anzi, l’utilità (e la conseguente riproduzione seriale) di un determinato bene o servizio ne diminuisce il valore di scambio.
Il Valore (al netto delle lotte salariali e delle lotte di classe che sono un po’ come la vita chiusa in gabbia che scalpita ma poi lecca il padrone) è logoramento e distruzione anche di ciò che è utile. Ciò detto, qualsiasi discorso che lo erige a senso delle cose, è serialmente distruttivo.
Sostenere dunque che le cose non hanno valore (e che andrebbero disinvestite economicamente e libidinalmente) sarebbe un buon punto di partenza…
La morte del valore (lo zero, non isonomico, come tendenza generale) nella logica degli scambi… accordi dividuali a scadenza breve e accordi dividuali collettivi a scadenza più lunga.
Dopo l’assetto feudale, l’assetto statale, l’assetto internazionale-sovranazionale-transnazionale, ecc… cosa altro il rapporto sociale capitalista automatizzato e decentralizzato potrà ancora scomporre sino ai minimi termini e gassificare? Giusto se stesso.
FONTE: https://valeriomele.wordpress.com/2017/12/09/contro-il-valore-verso-la-fine-del-capitalismo/
La fame e la scarsità di cibo sono in aumento
Sebbene secondo le informazioni espresse dal Segretario generale delle Nazioni Unite António Guterres, 88 milioni di persone nel mondo morissero di fame alla fine del 2020, numerosi media e organizzazioni pubbliche indicano che il numero di persone affamate sul nostro pianeta è molte volte maggiore.
Secondo le sole agenzie specializzate delle Nazioni Unite, circa tre miliardi di persone nel pianeta non possono permettersi una dieta sana ed equilibrata. La prima causa di malnutrizione è la povertà. Mentre la popolazione europea si sta impoverendo e restringendo il proprio paniere alimentare nel tentativo di soddisfare in qualche modo i bisogni primari, la situazione nelle regioni in via di sviluppo del mondo è molto più drammatica, poiché le persone affrontano la minaccia della fame reale e della malnutrizione.
Da 690 a 820 milioni di persone muoiono di fame a livello globale, ovvero circa il 10% della popolazione mondiale. La tendenza alla scarsità di cibo persiste nonostante la moderna tecnologia agroindustriale. Secondo gli analisti dell’Organizzazione per l’alimentazione e l’agricoltura (FAO), l’obiettivo precedentemente fissato di sradicare la fame entro il 2030 non sarà raggiunto. Un rapporto sulla fame nel mondo pubblicato congiuntamente da Concern Worldwide e Welthungerhilfe ha osservato: “dopo che il mondo si è impegnato a porre fine alla fame, all’insicurezza alimentare e a tutte le forme di malnutrizione, siamo ancora fuori strada per raggiungere questo obiettivo entro il 2030”. Con riferimento alle attuali proiezioni degli esperti, questo rapporto mostra che il mondo nel suo insieme e 47 paesi in particolare non raggiungeranno nemmeno bassi livelli di fame entro il 2030.
Oltre al continente africano ea parti dell’Asia, dell’America Latina, per la prima volta stanno emergendo zone di carestia nei Balcani occidentali e in alcune aree dell’ex Unione Sovietica, in particolare in Ucraina e Georgia.
Pertanto, secondo le conclusioni delle agenzie ucraine e delle organizzazioni internazionali, le azioni delle attuali autorità di Kiev hanno portato al fatto che in Ucraina più di un milione è ufficialmente riconosciuto come affamato. Dato lo stallo dell’economia ucraina, questa cifra rischia di crescere esponenzialmente nel prossimo futuro. L’UNICEF afferma che 9,8 milioni di ucraini mancano di cibo e denaro per il cibo, un abitante su quattro del paese non è ufficialmente riconosciuto come affamato o povero in Ucraina.
Sulla base di uno studio condotto dalla FAO, l’ONU ha avvertito che 23 milioni di afghani sono a rischio di fame e morte. Samantha Mort, capo della comunicazione, dell’advocacy e dell’impegno civico per l’UNICEF Afghanistan, ha affermato di recente che più di 1 milione di bambini in questo paese sono sull’orlo della fame. “Circa 22,8 milioni di persone in tutto l’Afghanistan stanno affrontando l’insicurezza alimentare. Ed è più della metà dei 38 milioni di abitanti dell’Afghanistan. Molti afghani non possono comprare cibo. I bambini afghani non hanno infanzia. Non si tratta solo di come sopravvivere. Si tratta di come vivere per vedere un altro giorno”, ha detto Mort. La gente in Afghanistan ha dovuto vendere i propri figli per fornire cibo e generi di prima necessità di fronte alla crisi economica e alla fame, riferisce France 24 .
L’ONU ha avvertito della minaccia di una catastrofica carestia nello Yemen, dove circa 3 milioni di bambini da soli sono sull’orlo della fame nel paese più povero del mondo dilaniato dalla guerra.
Il Pakistan si è classificato al 92° posto su 116 paesi nel Global Hunger Index (GHI) di quest’anno, secondo quanto riportato da Dawn.com del Pakistan il 29 novembre. Il punteggio della fame del paese è 24,7, il che significa che è grave. A livello regionale, il Pakistan si posiziona meglio dell’India (101), mentre altri due immediati vicini regionali, Bangladesh e Sri Lanka, “eccedono” il Pakistan, rispettivamente al 76 e al 65 posto.
Anche in Corea del Nord le persone sono sempre più bisognose con l’arrivo dell’inverno, scrive la rivista tedesca Der Spiegel . Se anche Kim Jong-un ha definito la situazione seria, significa che il problema è davvero teso. Una crisi della fame minaccia la Corea del Nord a causa della chiusura dei confini dall’inizio della pandemia, della sospensione del commercio, dei disastri naturali e delle sanzioni occidentali.
Ma i paesi in via di sviluppo non sono gli unici oggi colpiti duramente dal crescente rischio di fame. Anche gli Stati Uniti furono direttamente colpiti dalla carestia. Secondo ABC News , le banche alimentari statunitensi sono in crisi poiché 42 milioni di cittadini statunitensi, ovvero un americano su otto, quest’anno andranno a letto affamati.
I prezzi globali delle materie prime alimentari sono aumentati di un ulteriore 3% in ottobre, raggiungendo il livello più alto dal luglio 2011, riferisce la FAO . Secondo la Fao, l’indicatore è in aumento da tre mesi consecutivi.
La sicurezza alimentare nel mondo è minacciata su molti fronti: conflitti crescenti, eventi meteorologici estremi dovuti al cambiamento climatico globale e problemi economici e sanitari causati dalla pandemia di COVID-19 contribuiscono tutti alla fame. L’insicurezza alimentare è più di una semplice carenza di cibo nel mercato. La crisi ha aumentato i prezzi del cibo, interrotto le catene di approvvigionamento e devastato gli agricoltori in molti paesi. A causa della crisi energetica e dei prezzi elevati del gas e dell’elettricità, il settore agricolo deve affrontare gravi problemi, uno dei quali è la carenza di fertilizzanti artificiali, la cui produzione è stata interrotta in tutta l’UE. E la mancanza di fertilizzanti per gli agricoltori non significa nulla di preciso nei raccolti ridotti. Secondo alcune stime, l’attuale crisi potrebbe aumentare il numero di persone che soffrono la fame di 132 milioni.
In queste circostanze, l’indignato Fox News in particolare afferma che i media mainstream stanno blaterando di banalità o fomentano campagne artificiali russo-fobiche e xenofobe senza notare i bambini che muoiono di fame in Etiopia o in un altro paese povero, per esempio.
L’attuale minaccia globale della fame e l’ingiustificata procrastinazione della comunità mondiale nel combatterla è francamente incomprensibile. E questo anche se nel 2020 c’erano 20,8 milioni di persone nel mondo la cui fortuna ha superato il milione di dollari, e durante l’anno della crisi il loro numero è cresciuto del 6,3%! Capgemini SA ha presentato tali calcoli nel suo World Wealth Report. Al primo posto tra i paesi per numero di milionari in dollari ci sono gli Stati Uniti. Nel 2020, il loro numero è aumentato dell’11,3% e ha raggiunto i 6.575 milioni di persone. I primi cinque paesi includono anche il Giappone con 3.537 milioni di persone, la Germania con 1.535 milioni, la Cina con 1.461 milioni e la Francia con 714.000 persone. Il numero di miliardari in tutto il mondo ha raggiunto 3.228, un nuovo record, secondo uno studiodall’Istituto di ricerca Hurun. La fortuna dei miliardari del dollaro nel mondo ha raggiunto il record di 10,2 trilioni di dollari entro la fine di luglio 2020 e oggi supera significativamente questa cifra. La ricchezza che hanno accumulato è una somma molto consistente che potrebbe sconfiggere la fame nel mondo!
David Beazley, Direttore Esecutivo del Programma Alimentare Mondiale delle Nazioni Unite (WFP), ha giustamente detto alla CNN che un piccolo gruppo di persone super ricche potrebbe risolvere la fame nel mondo destinando solo una frazione della loro ricchezza alla causa. Ha specificato che occorrono 6 miliardi di dollari per aiutare i 42 milioni di persone che rischiano la fame, ad esempio circa il 2% della fortuna del solo Elon Musk. Tuttavia, poco dopo sulla sua pagina Twitter, Beasley ha chiarito che il titolo della CNN era impreciso. Sei miliardi di dollari non risolveranno il problema della fame nel mondo, ma aiuteranno a prevenire l’instabilità globale, le migrazioni di massa e a salvare 42 milioni di persone sull’orlo della fame. Questa è una crisi senza precedenti e una tempesta perfetta formata da COVID-19, conflitti e cambiamenti climatici.
In risposta alla richiesta di David Beasley, Elon Musk ha promesso di consegnare 6 miliardi di dollari al WFP se l’organizzazione avesse fornito un piano dettagliato di come i fondi sarebbero stati spesi con piena responsabilità.
A questo proposito, è sorprendente il silenzio su questa questione di altri sacchi di denaro del mondo! Viene da chiedersi: l’attuale società democratica, alla cui costruzione Washington sta aderendo a parole nel convocare il suo falso Summit per la democrazia, può risolvere il problema delle morti per fame, e cosa dovrebbe fare per questo la comunità internazionale?
Vladimir Odintsov, osservatore politico, in esclusiva per la rivista online “ New Eastern Outlook ”.
FONTE: https://journal-neo.org/2021/12/07/hunger-and-food-shortages-are-on-the-rise/
Clima, Storia e capitale, alcune riflessioni a partire dal libro di Dipesh Chakrabarty
di Militant
Crediamo che “Clima, Storia e Capitale”, il libro di Dipesh Chakrabarty recentemente pubblicato dai tipi di Edizioni Nottetempo, anche se alcune delle tesi che vi sono sostenute ci risultano tutt’altro che condivisibili, rappresenti comunque un ottimo spunto per tornare a ragionare intorno a un tema che, se per un lato non può più essere rimosso (almeno a parole) dalle agende della politica mainstream, dall’altro non può nemmeno essere ignorato da chi quotidianamente lotta per un’alternativa di società. La lettura dei due saggi in esso contenuti ci ha permesso inoltre di approfondire e chiarire alcune delle perplessità generate dall’uso sempre più in voga di un termine come Antropocene che, come avevamo provato ad argomentare in un altro post, se pure scientificamente sempre più preciso, rischia paradossalmente di depoliticizzare la questione del cambiamento climatico. Infatti, se ormai è un dato di fatto incontrovertibile che l’Antropocene sia diventato “un” tema centrale, se non “il” tema centrale, della contemporaneità, meno netta è invece la consapevolezza su quali ne siano state le cause socio-economiche e, soprattutto, quale sia la soluzione praticabile e quali i soggetti sociali potenzialmente mobilitabili. E il fatto stesso che ci si attardi ancora a ragionare sulla possibilità di una transizione a un (im)possibile capitalismo green o a sperare in interventi significativi da parte di quegli stessi governi che sono tra le cause del problema ne è forse la dimostrazione più lampante.
Proviamo quindi a prendere in prestito le parole dei due prefatori come punto di partenza per descrivere ciò che ci sembra sia ormai sotto gli occhi di tutti:
gli spettri che fino a qualche anno fa sembravano solo una lugubre e vaga minaccia che pendeva sui futuri dei nostri pronipoti sono apparsi nel nostro quotidiano con una velocità che forse in pochi si aspettavano.
L’influenza antropogenica sul pianeta sta portando ad eventi climatici estremi sempre più frequenti che non possono essere negati nemmeno dai più scettici e che, come in parte dimostra il fallimento della Cop 26 di Glasgow, hanno ormai di fatto spostato la battaglia politica dal “se accadrà” al “quando e come” si raggiungeranno i cosiddetti “punti di non ritorno” e dal come riuscire ad organizzare la società per provare a rallentare ed attutire gli effetti. E tutto questo mentre l’ultimo documento dell’IPCC, il panel intergovernativo sul cambiamento climatico delle Nazioni Unite, pubblicato lo scorso agosto, ha ribadito ancora una volta come rispetto all’età pre-industriale sia stato registrato un aumento medio di 1,09°C della temperatura terrestre, e come, soprattutto, dal 1970 ad oggi questo aumento della temperatura sia stato “più rapido che in qualunque altro periodo di 50 anni degli ultimi 2000 anni”.
Insomma, che l’umanità sia diventata una forza geologica trasformatrice “cieca a se stessa” è ormai un fatto incontrovertibile. Il come, il perché e il quando questo sia accaduto è invece oggetto di un dibattito che, per le sue ricadute pratico-politiche, non può rimanere chiuso negli ambienti degli addetti ai lavori e non può nemmeno essere considerato una questione di lana caprina. Come ricorda Ian Angus in “Anthropocene”, un ottimo testo pubblicato in Italia nel 2020 per i tipi di Asterios, prima di riuscire affermarsi come termine di uso comune in realtà la parola Antropocene fu coniata ben due volte. La prima, nel 1922, dal geologo sovietico Aleksei Petrovich Pavlov per indicare l’arco di tempo a partire dalla comparsa dei primi uomini anatomicamente moderni, circa centosessantamila anni fa. Il termine venne utilizzato per alcuni anni dagli scienziati sovietici senza però mai essere accettato a livello internazionale. Successivamente, negli anni 80, fu invece il biologo marino Eugene Stoermer ad utilizzarlo in alcune sue pubblicazioni senza però riscuotere lo stesso successo che invece spettò pochi anni più tardi al chimico atmosferico Paul J. Crutzen che lo utilizzò nel 2000 in una sua relazione al meeting dell’International Geosphere-Biosphere Program (IGBP). In un articolo pubblicato nel 2007 insieme ad altri due Autori lo stesso Crutzen ipotizzò che l’Antropocene si fosse sviluppato in due fasi distinte. Una prima fase, quella dell’era industriale, dall’inizio del 1800 al 1945, dove la CO2 ha superato il limite superiore di variazione dell’Olocene; ed una seconda fase, quella della cosiddetta “Grande Accelerazione”, a partire dal 1945 e fino ai giorni nostri, in cui è iniziata la trasformazione più rapida e pervasiva nel rapporto tra uomo e ambiente. Questo modello “in due fasi” a cui si rifà anche Chakrabarty nel primo saggio, non è però sopravvissuto alla prova dei fatti. Il Gruppo di lavoro internazionale sull’Antropocene (AWG) istituito su richiesta dell’International Commision of Stratigraphy, il comitato dell’International Union of Geological Sciences (IUGS) responsabile della scala temporale geologica, ha avanzato negli anni più di una dozzina di proposte per poter datarne l’inizio. Sebbene differissero anche notevolmente l’una dall’altra esse possono essere distinte in due grandi gruppi identificabili come quelli di un primo e di un recente Antropocene. Le tesi di un primo Antropocene furono subito abbracciate dai conservatori proprio perché di fatto minimizzavano i recenti cambiamenti del sistema terreste. Come ha spiegato Clive Hamilton infatti la tesi del primo Antropocene “gradualizza” la nuova epoca in modo che non rappresenti tanto una rottura dovuta principalmente all’uso dei combustibili fossili, ma un fenomeno strisciante causato dal crescente impatto dell’uomo sull’ambiente. Cioè fraintende la rapidità, gravità, durata e irreversibilità dell’Antropocene, portando ad una grave sottovalutazione ed insufficiente caratterizzazione del tipo di risposta umana necessaria per rallentarne l’insorgenza ed attenuarne l’impatto. Un errore in cui, pur partendo da presupposti diversi, ci pare finisca per cadere lo stesso Chakrabarty.
Nel corso degli anni le varie proposte relative ad un primo Antropocene sono state analizzate e successivamente respinte dalla maggioranza dei membri dell’AWG tanto che nel gennaio del 2015 oltre i due terzi del gruppo di lavoro hanno firmato un articolo che collocava con estrema precisione e in funzione di alcune evidenze sperimentali l’inizio dell’Antropocene a meta del XX secolo, definendo lo stesso funzionalmente e stratigraficamente distinto dall’Olocene e frutto, stando alle parole del geologo Colin Waters, di “una transizione radicale da un mondo a un altro”, il che giustificherebbe il fatto di indicarlo come una vera e propria nuova epoca geologica.
Fatta questa precisazione torniamo dunque al libro di Chakrabarty, a quello che ci ha convinto e a quello che invece ci trova in completo disaccordo. Nel suo primo saggio l’Autore espone quattro tesi intorno alla crisi contemporanea cominciando col sottolineare come questa abbia comportato anche la crisi della secolare distinzione umanistica tra la storia naturale e la storia umana. Alla luce dell’ascesa dell’uomo ad agente geologico l’ambiente non appare più come lo sfondo inerte delle sue vicende storiche, ma come una matrice su cui esso agisce (e che a sua volta su di esso retroagisce) con effetti e su scale temporali fino ad ora inimmaginabili e con un umanità che passa dall’essere “prigioniera del clima” a creatrice dello stesso. Per dirlo con le parole dell’Autore
il riscaldamento globale antropogenico mette in evidenza la collisione – o lo scontro – di tre storie che di solito, dal punto di vista della storia umana, si presume operino con ritmi così distinti e diversi da essere considerate, a tutti gli effetti, processi indipendenti gli uni dagli altri: la storia del sistema terrestre, la storia della vita che include quella dell’evoluzione umana sul pianeta, e la più recente storia della civiltà industriale (che per molti è la storia del capitalismo). Senza volerlo, gli uomini si trovano ora a cavallo di tutte queste tre storie che operano su scale e velocità diverse.
Sulla scorta di queste considerazioni nella sua seconda tesi l’Autore avanza provocatoriamente l’ipotesi che esista un nesso inscindibile tra la lotta per la libertà in generale, e nello specifico per quella dai bisogni materiali che, pure se in forme contraddittorie, ha caratterizzato la modernità e il passaggio all’Antropocene. E lo fa fino a spingersi a chiedersi, retoricamente, se l’azione geologica umana non rappresenti, in fin dei conti, il prezzo che l’umanità deve pagare nel perseguire questa libertà. Quasi a suggerire, ma questa è una nostra interpretazione, che non ci sia alternativa alla catastrofe se non una qualche forma di neopauperismo, un tema su cui, in forme ancora più irricevibili, Chakrabarty torna nel secondo saggio quando scrive:
immaginate la realtà controfattuale di un mondo più equamente prospero e giusto formato dallo stesso numero di persone e fondato sullo sfruttamento di energia a basso costo derivata da combustibili fossili: un mondo di questo tipo sarebbe indubbiamente più egualitario e giusto – quantomeno in termini di distribuzione del reddito e della ricchezza – ma la crisi climatica sarebbe peggiore! (…) Ironicamente è grazie ai poveri – cioè al fatto che sviluppo è ineguale e ingiusto – che non immettiamo nella biosfera quantità di gas serra ancora maggiori di quelle odierne.
L’Autore sembra in questo modo rimuovere completamente la differenza (potenziale) tra una società fondata su un modo di produzione socialista, indirizzata alla produzione di valori d’uso per il soddisfacimento dei bisogni collettivi ed individuali e in cui è possibile determinare collettivamente cosa, quanto e come produrre e quella attualmente dominante fondata sulla produzione di valori di scambio e finalizzata all’accumulazione illimitata di capitale. Quasi che la differenza tra il socialismo e il capitalismo si sostanziasse solo ed esclusivamente in una differente distribuzione della ricchezza prodotta.
Ovviamente Chakrabarty non nega il legame tra la crisi climatica e il sistema economico dominante. Per usare ancora le sue parole:
è abbastanza evidente che la crisi del cambiamento climatico sia stata una necessaria conseguenza dei modelli di società da alto consumo energetico creati e promossi dall’industrializzazione capitalista, ma l’attuale crisi ha messo in evidenza anche ulteriori condizioni per l’esistenza della vita nella sua forma umana che non hanno una connessione intrinseca con la logica delle identità capitaliste, nazionaliste o socialiste.
Per l’Autore però la sola critica del capitale non sarebbe sufficiente ad affrontare questioni che sarebbero invece inerenti alla storia umana nel suo complesso, e a dimostrazione di questo ci sarebbe il fatto che contrariamente a quel che avviene nel capitalismo, in questo caso non ci sono scialuppe di salvataggio per i ricchi e i privilegiati. Ora, appare evidente anche all’osservatore più distratto che se quanto sostiene Chakrabarty potrebbe essere vero nel lunghissimo periodo e in un’ottica che potremmo definire catastrofica, diventa invece palesemente falso se si analizza la situazione nel breve e medio periodo o in un ottica di progressivo “adattamento” ai cambiamenti climatici. Uno scenario dove a pagare lo scotto delle diseguaglianze ambientali, intese qui sia come accesso alle risorse che come esposizione al rischio, sono e saranno classi sociali e popolazioni ben individuabili. Come ricorda Razmig Keucheyan probabilmente la “metafora” di cosa sia oggi l’ingiustizia ambientale, l’esempio a noi più vicino sia dal punto di vista culturale che da quello geo-economico, è ciò che avvenne nell’agosto del 2005 a New Orleans, quando l’80% della citta venne sommersa dall’uragano Katrina causando oltre un milione di sfollati e più di 2000 morti, in larga parte anziani e neri dei quartieri poveri, mentre i ricchi e i privilegiati non solo utilizzarono le loro “scialuppe di salvataggio” per allontanarsi incolumi, ma appena tornati alla normalità sfruttarono la crisi per gentrificare alcuni di quei quartieri poveri che erano stati svuotati dall’inondazione.
Il logico corollario di questa impostazione è dunque la proposta, da parte dell’Autore, di abbandonare ogni prospettiva “parziale” per iniziare invece a ragionare come “specie” in pericolo. Ci sembra di poter dire però che ancora una volta ciò che a prima vista sembrerebbe “ragionevole”, e che a dire il vero accomuna vaste aree del pensiero ecologista, rischia di condurre all’inazione politica, all’impossibilità di comprendere quali siano i “nemici” e quali i soggetti sociali realmente mobilitabili e organizzabili intorno alla questione della giustizia climatica e sociale, due aspetti impossibili da tenere separati. Per parafrasare il barbone di Treviri: i climatologi hanno finora soltanto interpretato il mondo in diversi modi; ora si tratta di trasformarlo!
FONTE: https://www.sinistrainrete.info/ecologia-e-ambiente/21755-militant-clima-storia-e-capitale-alcune-riflessioni-a-partire-dal-libro-di-dipesh-chakrabarty.html
Volano gli stracci…
(Con)siderazioni che seguono ad un acceso dibattito in rete: qui e qui… cui, in un certo senso, sento di aver già partecipato senza partecipare, concettualmente: qui, qui e qui, per esempio.
…tra un certo femminismo libertario (che continua ad usare termini come “liberazione” e “autodeterminazione” dei corpi, ecc… rivendicando dunque una presenza pura, libera da ombre, che ci sono per tutti e sono evidenti con frasi come “il corpo è mio”) e talune “comunarde” (in particolare una sostenitrice della polemica di Ida Dominijanni che ha scritto nel recente passato, con qualche traccia di pregiudizio di genere, di “femminilizzazione del lavoro” come sinonimo di svalorizzazione, precarizzazione e ha sostenuto il lavoro di cura – ancillare, dei famigli? – come punto di partenza per una pratica del “comune”) sono volati gli stracci (su FB… ma sullo sfondo ideologico si sarebbe persino potuto intravedere il solito match anarchismo-marxismo in una delle sue innumerevoli declinazioni…). Da quest’ultima parte si rispolvera la “jeune-fille” di Tiqqun (come se si trattasse davvero di una questione più di corpi femminili che di monete viventi klossowskiane, di tutti noi), si enuncia un malcelato moralismo con nostalgie per un’origine “pura” o spuria (quella dell’essere sociale marxiano, ora riproposta nel tormentone negriano del “comune”), si agita la bandiera dell’eterna alternativa al capitalismo-patriarcato (sempre e comunque “dentro e contro” – magari col culo al caldo – senza modificare di una virgola l’esistente…), dall’altra si ode un insano giubilo da prostituzione generalizzata (di liberazione sì, ma dalla paradossalità situazionista o lyotardiana… troppo complessa per l’orrida comunicazione mediatica che ci processa, ci riduce ad icona…). Una volta Mark Stewart dei Pop Group urlava disperato “We are all prostitutes”… oggi si celebra felicemente questo trionfo non già del godimento che può produrre la giusta mercede della propria prostituzione, ma del rapporto sociale divenuto rapporto mercantile e acquisito come un dato di fatto… La dimensione lavorativa con relativo riconoscimento sociale feticizzato, che ad esempio è ferocemente attaccata dal gruppo Krisis, insieme al Valore, viene addirittura rivendicata per includervi pratiche di mercato (considerate ancora borderline) come la prostituzione… ormai tracima anche nelle definizioni, come quella di “sex worker”… purché non si tocchi (per davvero!) il sacro della Famiglia, della Cura, della relazione di reciprocità, del “munus” socialista, della socievolezza, del “volemose bene”, dell’”ammore”, del russoismo, che risorge sempre nei “mondi migliori” che ci si figura e per cui si “lotta”… (e lo dico da “munista”, che però riconosce la necessità di regolare con nuovi giochi ciò che si immagina spontaneo, non certo lasciando fare a dinamiche sociali, che sono in qualche modo un gioco naturalizzato, sclerotizzato, con i soliti attori individuali, sociali e familiari…). Sono convinto inoltre che sarebbe ora che il capitalismo compia lo scempio finale… La vera “liberazione”, “emancipazione”, è la liberazione di tutta la forza dirompente del capitalismo, quella che spezzerà del tutto le relazioni fuori mercato, comprese quelle familiari e familiste alla base della riproduzione sociale… Ecco perché diffido particolarmente della parola “liberazione” quando non è contestualizzata o è accostata a robe come i “diritti individuali”, quest’orrore insieme proprietario e metafisico, base concreta e astratta della “società” (a sua volta creatura storicamente determinata che è solo falsamente contrapposta alla politica economica capitalista, liberale) o viene intesa come liberazione dei corpi, come se il patriarcato o anche la biopolitica fossero dei mostri estranei ai discorsi e ai corpi che parlano e (si) dibattono… Sarebbe meglio parlare di decontaminazione, de-capitalizzazione, comunque di un processo che non è gioioso, speranzoso, baldanzoso, semplice, mediaticamente comunicabile, ma è complesso, richiede inventiva, costruzione, impegno, perseveranza, ostinazione, perfino un po’ folle… e che spesso conduce a vite miserevoli, vista la situazione contemporanea e la forza, per ora preponderante, del totalitarismo democratico, che propaganda incessantemente il suo mondo felicemente feticizzato con ogni mezzo. Inviterei a non farsi illusioni… Semplicemente, non ci si libera proprio di niente. La re-pulsione e il rifiuto di collaborare possono essere dei buoni punti di partenza… non certo l’attuale produzione di discorsi fini a se stessi, in rete, senza pratiche, strumenti, mezzi di produzione, scambio, diversi da quelli che usano tutti… gentilmente forniti dai carcerieri. Così, in un modo o nell’altro, qualsiasi discorso viene sussunto, mentre il Capitale continua a leccarci la schiena o ad abitare la nostra pelle… “splendido” come un cancro o un’immagine photoshempiata… come questa…
19/5/2014
Il dibattito continua…
Ancora si parla di “reificazione”?… di riduzione a cosa, a oggetto? Il timore che esprime qui Cristina Morini ha dell’anacronistico… con una certa nostalgia del “soggetto”, con una necessità (da parte di chi? di quale istanza? di quale composizione? di quale comando “rivoluzionario”?) di fare ordine in quel “femminismo libertario” che si agiterebbe “scompostamente in rete”… “Tutto si gioca tra libertà individuale e libertà collettiva”, sostiene… riproponendo (si tratta di una pallida eco di confronti storici ben più tragici…) vecchie istanze “marxiste” di organizzazione, di temperamento degli eccessi “individualisti”, da parte di una lotta (?) che si vorrebbe, in questo caso (e qui è la novità comica, più che tragica), più signorile, più “composta”, appunto… con un’egemonia di intellettuali sulle istanze della “base”, come si diceva una volta… Voglio dire: perché preoccuparsi di cosa succede là sotto? quale istanza, quale “potere costituente” vorrebbe prendere la parola e si lagna perché le masse si alienano, si reificano, si mettono a fare pompini o sesso violento? In nome di cosa si giudicano troppo “scomposte” le pratiche testuali o sessuali di un collettivo come quello che scrive su “Al di là del Buco” (con tutti i suoi limiti e defezioni)? In nome di quale “soggetto”, intero, “normale”?
Lo stigma finisce per colpire financo la “psicosi” (“Facebook e i social network come il terreno dove diviene evidente la trasformazione della relazione in commodities con tutte le ansie psicotiche che questa trasformazione comporta), con tanti cari saluti alla “schizoanalisi” (o quantomeno ai tentativi di superamento del paradigma che istituì tutte le altre forme di reclusione, secondo Foucault)… Si è tutti a rischio TSO richiesto dai sostenitori del “comune”? Dovremmo de-reificarci pena il non accoglimento in nuovi circoletti esclusivi? (…il mio punto di vista non è nemmeno “umano”, figuriamoci).
LA LINGUA SALVATA
Galateo
ga-la-tè-o
SIGNIFICATO Complesso di regole relativo alle buone maniere, alla buona creanza
ETIMOLOGIA dal nome del manuale di costume del monsignor Giovanni Della Casa, titolato Galateo in onore del dedicatario, Galeazzo Florimonte: ‘Galateo’ è italianizzazione di Galatheus, forma latineggiante di Galeazzo.
Come vanno ordinati i bicchieri da acqua, da vino rosso e da vino bianco rispetto al piatto? La forchettina da ostrica va a sinistra o a destra? Al momento dell’incontro, quale persona deve presentarsi per prima?
Oggi, popolarmente, pare che il galateo sia questa roba qui. La questione è sottile, ha origini interessanti ed esiti intriganti. Potremmo dire che si tratta del complesso di norme relativo alle buone maniere, come spesso si trova sintetizzato nei dizionari — ma non sarebbe una definizione completa, che coglie il punto.
Tutto ha inizio poco dopo il 1550: monsignor Giovanni Della Casa è stato per lunghi anni nunzio apostolico a Venezia — il che significa che è stato ambasciatore del papa presso una superpotenza mondiale al suo apice. Senz’altro un uomo di mondo, nonostante il ruolo pastorale. Volle scrivere (peraltro in un italiano subito accolto nel miglior canone della lingua, ancora godibilissimo) un manuale sui costumi e sui modi da adottare in società, e lo volle dedicare a una persona, un suo collega, che a quanto pare lo ispirò in questa attenzione alle maniere mondane, il vescovo Galeazzo Florimonte, Galatheus in latino. L’opera che ne risultò è passata alla storia proprio come Galateo, dal nome del dedicatario.
Ora, nel Galateo di Della Casa non si trovano quelle regole astruse e bellamente arbitrarie che spesso intendiamo come parte del galateo. Nel Galateo originale si trovano (rivolti a un giovane educando) consigli estremamente ragionevoli, e anzi terragni — tanto da essere spassosi: le sue raccomandazioni fanno pensare per contrario ai comportamenti che di solito venivano tenuti. Evitare a tavola di «ridurre nella imaginatione altrui» «cose laide o fetide o schife o stomachevoli»; se si vede per strada «cosa stomachevole», è buona norma evitare di «rivolgersi a’ compagni e mostrarla loro». Se qualcosa puzza, non porgerla al fiuto altrui dicendo «Deh, sentite di gratia come questo pute!», ma avvertire piuttosto «Non lo fiutate, perciò che pute». Consiglia ai camerieri di non sputare mentre stanno porgendo piatti e coppe, caldeggia di non mettere il naso su bevande e pietanze altrui poiché «dal naso possono cader di quelle cose che l’uomo ave a schifo» — e prosegue con sensatissimi consigli su come adeguarsi al tenore dell’occasione risultando piacevoli, evitando discussioni e attriti inutili, e su come porsi in modo chiaro, onesto, spiritoso, virtuoso, armonioso. Una lettura raccomandabile ancora oggi (il testo integrale si trova facilmente online, per esempio qui).
Però, senza che la sua ragionevolezza ci appaghi, nel galateo si può leggere di più rispetto a un consiglio che oggi qualunque figura educatrice darebbe a chi deve educare — qualcosa che dà ragione delle evoluzioni di bon ton, etichetta, protocollo.
Il galateo è testimonianza di una società alta che trova nel conformismo una malta di valore sovrano. Della Casa è un personaggio al vertice del potere, e il Galateo è una grammatica di quel potere — tanto che, per gelosia sacerdotale ed esclusiva, i galatei sono sovente non scritti. Non si possono apprendere come una disciplina essoterica, aperta e disponibile: sono saperi normativi che restano in larga misura riservati, e la cui arbitrarietà avulsa dalla ragione è garanzia di inaccessibilità, e perciò presidio di selezione sociale.
Ciò nondimeno, come il Galateo originale oggi ci testimonia, la galassia della buona creanza ha anche molto di sensato; e la sua concezione sistematica, globale, comprensibile in un trattatello, ha votato il nome stesso del galateo a più vaste ampiezze. Il galateo diventa, in modo squisitamente generico ancorché settoriale, un insieme di regole di buon comportamento: si può parlare di galatei linguistici, di galatei professionali con cui chi è alle prime armi deve ancora impratichirsi; parleremo di come lo zio forse debba rispolverare un po’ di galateo quando lo vediamo soffiarsi il naso con la tovaglia, e commenteremo positivamente qualche simpatico strappo a un galateo un po’ ingessato. L’accezione ha le sue rigidità ma è sostanzialmente positiva.
Parola pubblicata il 08 Dicembre 2021
FONTE: https://unaparolaalgiorno.it/significato/galateo
PANORAMA INTERNAZIONALE
Relazioni russo-indiane nel mezzo della “trasformazione radicale dell’ordine mondiale”
Vladimir Terehov
La visita del presidente russo Vladimir Putin in India, prevista per il 6 dicembre, è destinata a diventare un evento significativo che avrà senza dubbio un grave impatto non solo sullo sviluppo delle relazioni bilaterali, ma anche sulla “trasformazione radicale del mondo” in corso ordine.”
Tale valutazione del prossimo viaggio del leader russo è sostenuta da ragioni abbastanza ovvie. L’autore vorrebbe anche sottolineare che l’India si è gradualmente spostata per entrare a far parte di un ristretto gruppo di principali potenze mondiali dalla fine, a quanto pare, della Guerra Fredda.
Fu allora, all’inizio degli anni ’90, che l’India si trovò in un ambiente completamente diverso. L’Unione Sovietica, l’ex partner di riferimento dell’India, è crollata quasi istantaneamente mentre il suo successore, la Russia, si è impegnata nel “ritorno al percorso di sviluppo civilizzato” e ha iniziato a “integrarsi in Europa”. Questa catena di eventi ha messo la nazione sull’orlo dell’autodistruzione.
Guardando (apparentemente, con grande sgomento) il suo ex alleato chiave e la vicina fiorente Cina (che è diventata il partner principale dell’ostile Pakistan), l’India, dopo qualche esitazione, non ha trovato altro modo se non quello di imperniare sugli Stati Uniti, il suo strategico rivale di guerra. Tutto ciò ha portato a una risposta abbastanza positiva a partire dai primi anni 2000, che ha portato, in particolare, alla visita del presidente degli Stati Uniti Bill Clinton in India nel marzo 2000.
Nel ventennio successivo, il riavvicinamento USA-India, con alcune fluttuazioni, (dovute ai rimpasto partigiani nel governo indiano) si sviluppò generalmente in una direzione verso l’alto. Le attuali relazioni di alto livello sono confermate dal fatto che India e Stati Uniti fanno parte di due strutture interstatali “quadruple”. La prima (QUAD-1) comprende anche Giappone e Australia, mentre la seconda comprende Israele ed Emirati Arabi Uniti. Entrambi, ma soprattutto il primo, sono ovviamente di natura anti-cinese.
Vale la pena notare, tuttavia, che l’India non si è rifiutata di ricucire i legami con la Russia che erano precedentemente crollati. È in India che il complesso militare-industriale russo possiede praticamente la sua sopravvivenza da quando il governo indiano ha impartito diversi ordini alla fine degli anni ’90. Ma rispetto all’era della Guerra Fredda, il quadro dei legami bilaterali si è sostanzialmente ristretto agli accordi sulle armi. È una sfera di grande significato, certo, ma non può sostituirsi a tutte le altre nell’architettura delle relazioni tra paesi di tale importanza come India e Russia.
Tuttavia, la “ricostruzione” delle relazioni bilaterali si svilupperà ora in un ambiente di politica estera fondamentalmente diverso, in netto contrasto con l’era della Guerra Fredda. Ciò richiederà che sia la Russia che l’India abbraccino almeno lo stesso, o addirittura un migliore livello di innovazione nel loro approccio a questo processo.
La principale differenza del panorama geopolitico emergente è il “mondo multipolare”, ovvero la presenza di diversi centri di trazione che attirano la maggior parte degli “altri” attori. Nel frattempo, nei rapporti tra questi “poli-centro” si sono delineati alcuni trend piuttosto sostenibili.
Uno di questi, vale a dire il riavvicinamento USA-India, è già stato menzionato. Un altro, non meno importante, è il riavvicinamento sino-russo che forma una configurazione strategica, stile back-to-back. Il terzo, che è diventato il punto focale della “Grand World Politics”, è legato all’aggravamento del posizionamento competitivo dei due principali attori mondiali, gli Stati Uniti e la Cina.
Delhi e Mosca dovrebbero tenere conto di tutte queste tendenze mentre “ricostruiscono” le relazioni bilaterali, compreso l’interesse di entrambe le parti a ridurre le tensioni nelle relazioni tra Cina e Stati Uniti.
In altre parole, è impossibile intraprendere la strategia di sviluppo delle relazioni russo-indiane al di fuori del contesto della “trasformazione radicale dell’ordine mondiale”. Nelle condizioni attuali, la direzione di questa strategia sarebbe ideale se alla fine dovesse sfociare nella formazione di un sistema equilibrato di relazioni tra tutti gli attori significativi che tenesse conto dei loro interessi vitali.
Questo “sistema comune” non ha nulla a che fare, ovviamente, con il concetto fasullo di Yalta-2, che per impostazione predefinita implica la spartizione della scena politica mondiale in sfere di influenza tra il suddetto “pool” delle principali potenze mondiali . Per le stesse considerazioni, anche il concetto di “comunità degli Stati democratici” dovrebbe essere fuori discussione.
Nel frattempo, dato il fattore del mondo moderno multipolare, il concetto di “sistema comune” prevede la cooperazione tra tutte le potenze nell’insieme dell’arena geopolitica. Durante questo lavoro verranno risolti i blocchi stradali nelle relazioni dei partecipanti, che inevitabilmente emergerebbero nel processo.
Purtroppo, per ora, le possibilità di creare un tale “sistema comune” sono piuttosto scarse. Da segnalare , a questo proposito, la recente comparsa di un progetto globale , soprannominato Build Back Better World (B3W). È stato avviato durante l’ultimo vertice del G7 che si è tenuto dall’11 al 13 giugno presso il resort di Carbis Bay in Cornovaglia, nel Regno Unito. È stato proposto di spendere 40 trilioni di dollari allo scopo di “costruire” l’infrastruttura, principalmente nei paesi in via di sviluppo.
A parte l’ambiguità della risposta alla domanda su dove si possa raccogliere una somma così spettacolare, questo progetto va solo applaudito. A meno che non sia palesemente anti-cinese nella sua natura, poiché era stato menzionato nel testo del suddetto documento (e anche alluso nelle osservazioni del presidente degli Stati Uniti tre mesi prima come controprogetto alla Belt and Road Initiative cinese .
Va notato che quest’ultimo è in corso da diverso tempo, e il suo successo spiega l’aumento dell’influenza politica della Cina nei cosiddetti paesi del terzo mondo. Lo confermano, in particolare, i risultati del recente periodico Forum sulla cooperazione Cina-Africa (FOCAC) che merita, però, un commento a parte.
L’invidia è generalmente una cattiva qualità. Anche in questo caso è controproducente tenere conto dello scopo principale dichiarato del progetto B3W, che sarebbe quello di aiutare i suddetti paesi (in realtà si tratta solo di ripagare i debiti storici, però). In una causa così nobile, gli sforzi dovrebbero essere uniti, non separati. Tanto meno dovrebbero essere antagonizzati.
La complessità della situazione politica globale è stata riflessa in un’osservazione indicativa del ministro indiano degli affari esteri S. Jaishankar che ha fatto durante un recente evento nell’ambito della SCO mentre Mosca e Delhi stanno cercando di costruire un nuovo formato di relazioni bilaterali . In riferimento alla possibile adesione dell’India alla BRI, ha affermato che tali progetti “devono essere trasparenti e conformi al principio più basilare del rispetto della sovranità e dell’integrità territoriale”. I commentatori hanno interpretato questa frase come un’allusione al problema del passaggio di uno dei principali rami della BRI attraverso il territorio che ora è sotto il controllo pakistano, ma conteso dall’India.
Accanto alle difficoltà di natura più o meno oggettiva, che vengono messe a fuoco dallo stesso processo di “trasformazione radicale dell’ordine mondiale”, i valori di vecchia data vengono ribaltati mentre si verificano gli atti di follia dello Stato.
I principali espansionisti internazionali si battono per la “libertà” e il rispetto universale delle “norme della democrazia e dei diritti umani”. La Germania razionale e pedante elegge e nomina al governo potenziali becchini per la propria economia, sua principale fonte di prosperità e una posizione sempre più forte sulla scena mondiale. Questi sono gli stessi scavatori di tombe che avevano rovinato l’industria nucleare abbastanza “verde” che non è mai veramente svanita poiché la stessa “elettricità atomica” viene semplicemente acquistata nella vicina Francia.
India e Russia dovranno costruire relazioni bilaterali in un mondo che si trova in uno stato lontano dal formato auspicabile del “sistema comune” e del buon senso.
Non è un’impresa da poco, a dir poco.
Vladimir Terekhov, esperto sui temi della regione Asia-Pacifico, in esclusiva per la rivista online “ New Eastern Outlook ”.
FONTE: https://journal-neo.org/2021/12/03/russian-indian-relations-amid-radical-transformation-of-the-world-order/
La Cina rafforza i legami con l’Africa, irritando i nemici
L’incontro di Dakar si svolse con lo slogan Approfondire la partnership Cina-Africa e promuovere lo sviluppo sostenibile per costruire una comunità Cina-Africa con un futuro condiviso nella nuova era. Il leader della Repubblica popolare cinese, Xi Jinping, si rivolse ai partecipanti online. Notò la necessità di unire gli sforzi per “combattere la pandemia di COVID-19, approfondire la cooperazione pragmatica, promuovere lo sviluppo verde e salvaguardare equità e giustizia”. In particolare, fu annunciato che la RPC è pronta a fornire all’Africa un lotto di vaccini COVID-19 da 1 miliardo di dosi. Questo annuncio fu di particolare interesse per la scoperta di un nuovo pericoloso ceppo di questa infezione nel sud del continente africano.
Sullo sfondo di queste cifre, i tentativi di infangare la via del principale avversario geopolitico sembrano poco dignitosi, per usare un eufemismo, cosa che i malvagi fanno ancora sulla riunione del FOCAC a Dakar. Nel caso dei partner africani della RPC fu rilanciata la telenovela propagandistica sul tema delle “trappole del debito”. La narrazione viene abusata per diffondere l’isteria sull’aeroporto internazionale di Entebbe, l’unico in Uganda la cui modernizzazione è stata finanziata dalla Export-Import Bank of China. Nel 2017 furono concordati i termini dei prestiti garantiti dall’aeroporto in fase di ammodernamento per un importo di 207 milioni di dollari (più il 2% di reddito del creditore) con un piano di rateizzazione del debito in 20 anni. Due o tre anni dopo, il governo del Paese annunciò che non poteva ripagare il creditore e tenne una serie di trattative con Pechino per modificare i termini. Allo stesso tempo, resta poco chiara la questione della “qualità del denaro utilizzato” ricevuto dal governo ugandese. Pochi giorni prima dell’inizio del FOCAC, i media occidentali, citando Sahara Reporters, si affrettavano ad annunciare che la RPC aveva rilevato l’aeroporto internazionale di Entebbe. Tuttavia, alcuna informazione fu rilasciata da Pechino a conferma dell’adozione di tale decisione, che sarebbe legale ma gravata di alcuni costi reputazionali per la BRI. Forse, si tiene anche conto del fatto che è improbabile che le speranze iniziali di trasformare il processo di modernizzazione dell’aeroporto internazionale di Entebbe in un progetto commerciale redditizio col previsto forte aumento del “turismo giovanile”. La pandemia di COVID-19 e soprattutto i ceppi infettivi col generale impoverimento della popolazione anche nei Paesi sviluppati hanno neutralizzato tali previsioni.
Poiché si fa qualcosa di simile nei confronti della Federazione Russa, sorge la domanda: non è noioso impegnarsi in piccoli guai contro i principali rivali geopolitici coll’aiuto dei media sottomessi e usando “terroristi internazionali” e gli estremisti “indipendenti” dell’Europa orientale che non sono diversi? È difficile trattenersi dal parlare di spreco di energia nella battaglia contro i mulini a vento. Quanto bene potrebbe venire non dal confronto nei campi di Paesi che hanno un disperato bisogno di aiuto, ma dal coordinamento degli sforzi di chi può fornirlo?
Grecia: il poliziotto cattivo
Nel gioco delle parti tra stati, a novembre la Grecia ha assunto, come l’Italia, il ruolo del poliziotto cattivo. Restrizioni a catena nel novembre greco, con i vaccinati a contagiare liberamente e i non vaccinati a fare tamponi per vivere. Tutti tranne i migranti che ogni giorno entrano nel paese. La Chiesa è più realista del re, in questa lotta contro i propri fedeli, dove solo i monaci delle Meteore resistono, perché non dipendono dai prelati di Atene per i finanziamenti. E’ impressionante la somiglianza delle misure prese in Grecia con quelle italiane e degli altri paesi, anche quelle non sanitarie, verso la stampa, verso le voci nella rete, tutto. I non vaccinati non possono fare più nulla, nemmeno col tampone e gli ospedali registrano come non vaccinati quelli ricoverati con doppia dose, per non “guastare” le statistiche e non dover registrare effetti avversi. Intanto, alcuni membri delle élites ammettono anche apertamente che efficaci trattamenti medicinali con farmaci esistenti sono stati fin qui apertamente boicottati per far prima vaccinare tutti; ci sono stati come l’Argentina che hanno firmato contratti con BigPharma nei quali si dice che, se non verranno usate tutte le dosi acquistate, le aziende potranno pignorare beni pubblici. quanti sono morti per questo?
Da “Passo greco” – Mercoledì 3 novembre 2021
Alla fine di ottobre (…) GlaxoSmithKline aveva… ampiamente pagato la conferenza dei pneumologi (…) che si è tenuta alla fine di ottobre in un hotel di Kalambáka, sotto le montagne di Meteora e i loro famosi monasteri. GlaxoSmithKline ha persino prenotato il tavolo per i 20 specialisti dei polmoni direttamente con Ziógas, (…) nel villaggio di Kastráki, che si trova direttamente ai piedi delle famose formazioni rocciose.
(…)
Ancora alla fine di ottobre, e mentre i… tifosi del PAOK di Salonicco gridano in diretta dallo stadio “Siamo tutti in piedi e in forma, positivi e vaccinati. Mitsotákis vaffanculo e dimettiti”, quello che il Regime annuncia come “casi” di COVID esplode di nuovo… come in altri paesi, ovviamente dopo la vaccinazione, più di seimila cosiddetti “casi” in questo 2 novembre.
La gente certamente non l’ha ancora capito. I poveri vaccinati stipati nei bar e nei caffè senza test stanno diffondendo il virus del post-mondo e si stanno diffondendo… Allo stesso tempo, e nella misura in cui possono, i poveri non vaccinati, quasi il 40% della popolazione ufficiale, li guardano dalla strada piuttosto gelosamente.
In Tessaglia e nella Macedonia greca, gli ospedali sono pieni, e la litania dell’inverno ricomincia, sapendo che il numero di letti sta diminuendo (…) Mentre nulla cambia per i soggetti vaccinati che continueranno a scambiare liberamente la loro eventuale carica virale, i soggetti non vaccinati dovranno d’ora in poi mostrare un test negativo per entrare in tutti i negozi, amministrazioni e altri luoghi chiusi, tranne supermercati, chiese e farmacie… per il momento.
Inutile dire che la salute pubblica è l’ultima delle preoccupazioni dei governanti fantoccio; lo sapevamo già. (…)
Forse ancora più inutile è il fatto che ogni giorno la polizia greca ferma un centinaio di migranti, soprattutto afgani, alla frontiera, che vengono poi installati all’interno del paese dalle ONG… senza pass sanitari o vaccinazioni ovviamente. (…) Ci viene detto che il paese ha quasi… Undici milioni di abitanti, tra cui due milioni di migranti legali e illegali. Da quello che osserviamo e analizziamo, la triste realtà è che la “Grecia” è popolata da otto milioni di greci e da tre o quattro milioni di migranti.
(…) Mitsotákis, quel buon amico dei tedeschi, Sóros e pedofili messi insieme, ha appena acconsentito alla creazione di un certo numero di “Centri di rieducazione per giovani delinquenti tedeschi”, installati per cominciare nella città di Alexandroúpolis, che ospita… tra le altre cose, una base NATO, vicino al confine con la Turchia. Questi centri saranno naturalmente gestiti da ONG, Merkel, Sóros ed Erdogan ci sono stati, quando il sindaco… sostenuto dai burattini di Atene ha ceduto.(…)
Da “A portata di mano” – Domenica 7 novembre 2021
(…) Già, le nuove misure del Regime sono applicate da sabato mattina al 6 novembre. Pass sanitario ovunque, tranne che per comprare cibo, andare in farmacia e pregare (…) Tuttavia, durante il primo giorno dell’Apartheid rinforzato, ci siamo seduti ad un caffè senza che ci venisse chiesto un certificato di “buona condotta” politica.
(…) I monaci (…) dissidenti nei confronti della Chiesa ufficiale, fagocitata dall’ecumenismo degli addetti ai lavori e nominati alla santa offerta di Sóros, non hanno più mezzi termini. “Queste persone dovranno essere picchiate per fermarsi. E’ meglio picchiarli ora perché si calmino, perché altrimenti domani dovremo impiccarli, ed è un peccato che si debba arrivare a questo punto.”
(…) Tutto è rotto, dalle famiglie agli amici, dalla Chiesa alle presunte formazioni politiche, eccetto ovviamente la rete di insider, esecutori di basso livello, sia locali che nazionali. (…) il cosiddetto Santo Sinodo dietro il suo capo della cosiddetta Chiesa di Grecia, l’iniziato delle logge Ierónymos, ha appena imposto [il pass sanitario per l’ingresso in Chiesa, non richiesto dalla legge] (…) con… un’enciclica mediatica.
Allo stesso modo, il metropolita di Lesbo minaccia apertamente i Pope sotto la sua autorità, che ancora esitano di fronte alle loro 35 vaccinazioni, di cedere entro una settimana, altrimenti saranno privati delle loro indennità oltre ad essere messi in regime di disponibilità.
Altri gerarchi parlano altrettanto e apertamente della destituzione dei Pope recalcitranti, solo che in alcuni monasteri c’è una forte resistenza, e i mandarini dell’arcidiocesi di Atene non ignorano le ragioni della loro impotenza di fronte a questa ribellione. “Non possiamo fare nulla e soprattutto non possiamo esercitare una pressione finanziaria, sapendo che questi monaci non ricevono uno stipendio dalla Chiesa e i loro monasteri hanno risorse proprie.”
La Chiesa ortodossa ufficiale sta morendo sotto i nostri occhi, lontana dai fedeli ma poi così vicina ad altri dogmi e religioni, a partire dall’ultimo Papa ed… al miglior Schwab. Non è un caso che il diabolico Papa visiterà di nuovo Lesbo questo dicembre e incontrerà l’altro diabolico, questa volta dalla parte ortodossa, cioè Ierónymos. (…)
[Le] persone moriranno relativamente poco per il COVID e probabilmente altrettanto per i suddetti vaccini, ma certamente moriranno di freddo e di fame negli anni a venire. Naturalmente, i resettisti di Glasgow hanno fatto ampio uso dei loro aerei privati, mentre tutti gli altri… I “subalterni” finiranno per mettere le loro ultime gocce d’olio nelle loro lampade, piuttosto che nei serbatoi delle loro automobili, che saranno presto bandite dall’uso.
(…)
Poi, e si sa, la morte di alcuni fa la vita di altri. Con la metà dei letti di terapia intensiva e 7.000 lavoratori ospedalieri in meno nella terra di Esculapio dall’agosto scorso, deploriamo una cinquantina di morti al giorno, attribuiti alla COVID. Si verificano anche altre morti, sempre improvvise ed enigmatiche… ma nessuno sa spiegare questo eccesso di mortalità di più di 10.000 morti negli ultimi mesi, secondo le statistiche ufficiali, rispetto all’anno 2020.
Due dei nostri, una coppia in effetti, sono stati spazzati via dalla COVID questa settimana nel villaggio vicino, e nella regione ci sono stati altrettanti se non più morti causati… dalla “improvvisìte”, la più recente malattia acuta in Grecia e altrove.(…)
Da “Cattivo cotone” – Martedì 9 novembre 2021
In Tessaglia come in Africa, il cotone è considerato come “l’oro bianco” dell’agricoltura locale o regionale. Infatti, proprio ora è il momento di raccoglierlo, se possibile prima della pioggia che tornerà presto questa settimana. Un compito spesso svolto alla fine della giornata, è anche l’occasione per una rara socievolezza che si trova all’aria aperta. Dato il contesto attuale, se ne esce ringiovaniti. (…)
Tuttavia, non tutto è cotone, poiché i costi e le spese sono aumentati, a cominciare dai fertilizzanti e dall’olio. (…) Presto, e in ogni caso intorno al… 2030, gli agricoltori del paese dovranno accontentarsi di una produzione totalmente controllata, prescritta dallo Stato, con l’obiettivo ufficiale di “soddisfare i bisogni locali, e non più di rifornire i mercati nazionali e internazionali”.
Una collettivizzazione, insomma sotto… i Rothschild, perché altrimenti l’ultimo dei contadini perderà automaticamente lo status di contadino. Solo che, per il momento, questo tipo di informazione non sta agitando le menti della gente (…) più di un terzo della popolazione dei villaggi non c’è più. I giovani sono emigrati in Germania o ad Atene, oppure si sono trasferiti nelle città della regione per trovare un lavoro, se possibile nel servizio pubblico. Non è così facile, soprattutto quando si sa che quando una catena di supermercati si installa in città, solo per trovare un posto da cassiere, l’operazione richiede ormai… l’intervento deciso del sindaco o dei deputati della circoscrizione.
(…) il resto è già stato annunciato durante l’ottava conferenza della PAC 2021-2027 tenutasi a Mitilene, la capitale dell’isola di Lesbo, il 7 novembre. (…) alla presenza del ministro dei soliti ministri attuatori.
Durante l’evento, è stato discusso “il rafforzamento di un settore agricolo ora sostenibile e competitivo, che contribuirà significativamente all’accordo verde europeo, e che è l’obiettivo principale per la formulazione della strategia nazionale di sviluppo rurale, per quanto riguarda la PAC 2021-2027”. L’agricoltura e l’allevamento saranno ridotti. O seguiranno alla lettera le condizioni imposte dallo Stato per soddisfare gli standard della Grande Ripresa, o non saranno o non saranno più… agricoltori.
In questo senso imposto, “molte piccole unità di produzione saranno create in tutta la Grecia, dove la comunità consumerà essenzialmente ciò che produce. L’economia sociale, cooperativa e solidale cerca di sostituire l’attuale forma di economia”, spingendo, se si vuole descrivere questo cambiamento in poche parole, imprenditori e lavoratori autonomi, e soprattutto agricoltori, a mettersi al servizio dello Stato, con il pretesto di “rispondere ai bisogni collettivi e sociali”. Consegneranno così le chiavi delle loro fattorie e dei loro campi allo Stato, in nome di una nuova economia verde.
(…) Inutile dire che… (…) in città, o sarà la fame a dominare le menti e poi a finire presto i corpi, o (…) saranno imbottiti di uno pseudo-alimento sintetico al 100%… e sincretico.(…)
Da “Tra capre e cavoli” – Sabato 13 novembre 2021
(…) Il Regime con i suoi sudditi sta diventando più duro; alla fine di questa settimana, una nuova legge totalitaria adottata dal Parlamento di vomito agglomerato, intende vietare per punizione, qualsiasi voce divergente su Internet, mettendo in pericolo la doxa “sanitaria” delle autorità.
(…)
Per non perdere nulla della nostra modernità, l’ANPE greca anticipa. In un’azione a favore dei disoccupati organizzata per il 20 novembre, solo i disoccupati che sono stati vaccinati o che si sono ammalati di COVID-19 saranno ammessi; i non vaccinati, anche con un test negativo, potranno solo aspettare la rapida fine dei loro magri diritti.
In attesa dei… nostri futuri eroi, in Tessaglia come altrove in Grecia, l’esclusione dei non vaccinati da tutti i negozi tranne i supermercati, i negozi di alimentari e le farmacie, così come la diffusione naturale del virus tra i vaccinati e tra… i loro amici bioconservatori, tutto questo significa che al momento i mercati sono vuoti, così come le terrazze dei caffè.
(…) Da quando le nuove misure totalitarie sono state imposte una settimana fa, il loro fatturato è diminuito del 50% nei fine settimana, a volte anche dell’80% durante la settimana. E i ministri del regime si rallegrano. “Non ci saranno più aiuti, dovrete arrangiarvi e soprattutto dire ai vostri futuri clienti di andare a farsi vaccinare”.
(…) Secondo le testimonianze di alcuni rari operatori ospedalieri, all’interno dei servizi fatiscenti del genere… attualmente sommersi, non è più il giuramento d’Ippocrate a dominare le menti, ma quello della medicina Rockefeller; lo si dice persino ora apertamente senza la minima vergogna. Dialogo reale:
“Cosa dobbiamo fare con questo paziente, l’ossigeno?”
“Lasciatelo morire, non è vaccinato.”
(…) Coloro che negano l’evidenza del regime sono già catalogati tra i “cospirazionisti” (…) ciò che è rimasto delle cosiddette “democrazie” di stile occidentale non c’è più, sono state semplicemente ghigliottinate. (…)
Grazie alle magre donazioni dei coraggiosi lettori e amici di questo povero blog, faccio ancora la spesa al mercato locale, vedo i miei cugini, mentre raccogliamo le nostre mele cotogne per fare la marmellata, così come raccogliamo le nostre erbe da bollire.
Da “Il silenzio degli agnelli” – Mercoledì 17 novembre 2021
Tessaglia occidentale, martedì 16 novembre. (…) Quasi tutti i ristoranti e i caffè del paese sono chiusi per protesta. L’esclusione totale dei non vaccinati dalle terrazze ha fatto traboccare il vaso… già rotto. Troppo tardi, qualcuno potrebbe dire, sotto le famose Meteore.(…) Di conseguenza, durante le proteste, soprattutto ad Atene e a Salonicco, i proprietari di ristoranti hanno gridato: “Chiudiamo, moriamo”(…)
(…)
Tuttavia, i proconsoli locali del Regime sono difficilmente all’altezza del compito. Così, la piccola novità della settimana è l’irritazione dei giornalisti nominati di fronte alle realtà. I cosiddetti vaccini non funzionano e tutte queste misure di pre-concentrazione adottate negli ultimi due anni, che non sono sanitarie ma politiche, sono sempre più riconosciute per quello che hanno sempre incarnato e imposto. (…)
Un membro del comitato ufficiale della sanità ha addirittura lanciato la sua “granata” apertamente. Dicendo che l’epidemia attuale è quella dei non vaccinati, che è una sciocchezza scientifica, abbiamo semplicemente abusato di un espediente, per aumentare le cifre delle vaccinazioni. Molto semplicemente.
(…) Il loro piano finisce però per essere palpabile, anche agli occhi di certi soggetti inoculati. (…) Tuttavia, alcuni negozianti di Tríkala dicono apertamente NO alla collaborazione con il Regime; di conseguenza, sbarrano la porta dei loro negozi sia ai vaccinati che ai non vaccinati.
“Non prenderemo parte all’apartheid imposta tra i cittadini, che consiste nel vietare l’accesso dei non vaccinati ai nostri negozi. D’ora in poi, serviremo tutti i nostri clienti davanti alla porta del nostro negozio. Perché rispettiamo il diritto di acconsentire o meno, ma liberamente, a una procedura medica.
(…) il piano satanico degli addetti ai lavori, quelli che dirigono anche Schwab e i suoi e che sono poco visibili, è di svuotare radicalmente il centro di Atene di tutto ciò che lo rende ancora… la capitale greca.
Secondo la sola stampa mainstream, che si accalora, “tutti i ministeri si trasferiranno dal centro di Atene alla periferia, dove molti vecchi edifici industriali sono già in fase di trasformazione”. (…) Il rapporto del giorno ci dice che “circa 127 grandi edifici saranno liberati, diventeranno alberghi, e anche alloggi sociali per le popolazioni vulnerabili”. Sóros e i suoi simili, per i quali lavora anche la mafia di Mitsotákis, sono stati anche lì. La sostituzione della popolazione greca di Atene con afgani e pakistani accelererà; ciò che rimarrà è l’Acropoli e i due nuovi musei detti di “arte moderna” per i turisti, e… l’intrattenimento halal per gli altri.
So di cosa sto parlando quando lo dico. Mostro questi luoghi anche attraverso la mia altra attività, quella di Greece Elsewhere, e scopro che Atene è in effetti una città danneggiata perché dietro la sua vetrina turistica rotta… c’è solo il suo cadavere. Perciò, preferisco proporre e concentrarmi più altrove, se possibile per far scoprire un’altra Grecia ancora in qualche modo insolita, cioè; la Tessaglia, il Peloponneso N-E, o anche la regione della Macedonia e perché no quella della Tracia. Quindi, avviso… ai partecipanti dell’anno 2022.
(…)
E per entrare nel dettaglio, mentre i soggetti non vaccinati, anche con un test negativo, non sono più ammessi nei ristoranti e nei caffè, nemmeno in terrazza, i sessantamila potenziali agenti assunti per il Censimento, che si sta svolgendo in parte via Internet e in parte a casa, non sono obbligati ad essere vaccinati, né tanto meno ad avere un test negativo. Si sa che il totalitarismo è a volte ridicolo quando si arriva al dunque.
Da “Prendere quota” – Domenica 21 novembre 2021
(…) noi non vaccinati sappiamo per esperienza che stiamo piuttosto entrando nell’era dell’”altro mondo”, proprio quello che dovremo rompere con urgenza. Presto, per tutti quelli che resteranno vivi e un po’ svegli, saranno solo i… valori rifugio che conteranno; da questo punto di vista, il Regime sa che non può fare nulla contro di noi… tranne sterminarci, naturalmente.
(…) Il Regime sta certamente facendo del suo meglio per assicurarsi che rimanga meno del 10% di persone non vaccinate sul totale della popolazione indigena in Europa, al fine di evitare ulteriori confronti biopolitici in un futuro non troppo lontano. E così, è sufficientemente fallimentare.
Lo psicopatico Mitsotákis ha così vietato alle persone non vaccinate di entrare nei luoghi chiusi, anche con un test negativo, con l’eccezione per il momento di supermercati, panetterie e farmacie. Questo significa anche che la gente non può più andare nei caffè all’aperto, perché in pratica, pagare un tampone per bere un caffè o per assaggiare una zuppa con le proprie budella è un gesto che già non è accettato dai seguaci della logica di Aristotele.
E dietro le finestre dei caffè e delle taverne, i nostri unici inoculati godono ancora dei benefici, ciò che può ancora essere goduto. Mitsotàkis in Grecia, come gli altri buffoni altrove, ha ricevuto l’ordine di tenersi i grandi soldi. “Coloro che sono stati vaccinati con le due dosi avranno sette mesi di tempo per farsi iniettare la terza, altrimenti il loro lasciapassare sanitario sarà annullato”; e cadranno inevitabilmente nella categoria dei… nemici dichiarati del regime.
(…) Negli ospedali del paese, i nostri pazienti vaccinati COVID sono spesso registrati nella categoria dei non vaccinati e per quanto riguarda gli stessi pazienti vaccinati che vanno in ospedale… in seguito alla perversione degli effetti delle iniezioni, che erano comunque previsti ma poi nascosti, si imbattono in questi medici che fanno finta di non vedere niente e soprattutto di non registrare niente del genere.
E per quanto riguarda i non vaccinati, sono sempre più mal accolti negli ospedali che comunque non sono più in grado di funzionare. La sicurezza sociale è morta… (…). Una scena di una taverna nelle montagne della Tessaglia. Sto aspettando che venga preparato un takeaway. Conosco il proprietario, è triste. “Lo sai bene, non posso più accoglierti, anche se, come vedi, la mia stanza è vuota.
“Domenica scorsa la polizia è venuta in questo posto, hanno controllato tutti i tavoli. È incredibile. Sono vaccinato ma faccio due test a settimana perché so che posso trasmettere il virus e anche ammalarmi.
Nel frattempo, arrivano quattro clienti. “Sei vaccinato? – chiede alla cameriera, che è la figlia del capo. “Sì, certo che lo siamo, e speriamo che lo siate anche voi, e per davvero. Altrimenti… finirà male”.
Il proprietario della taverna mi guarda e si rivolge a me a bassa voce. “La gente è impazzita con questo. Il paese sarà perso se non si ferma questa assurdità”. Parole, tanto da un vaccinato. I clienti erano di Atene… (…)
Il Regime (…) annuncia che non renderà obbligatoria la vaccinazione per gli uomini e le donne delle Forze Armate e della Polizia, la spiegazione è immediata. “Non possiamo sostituirli con altri”. Per il momento, direi. È anche vero che tra i militari e la polizia, ci sono molti che non saranno vaccinati; ne conosciamo già due nel nostro entourage. Peggio ancora per il Regime, molti quadri locali del partito di Mitsotákis, specialmente tra gli eletti sul campo, non vogliono nemmeno passare attraverso il processo di vaccinazione.
Alcuni di loro si sono anche offerti di dimettersi; per il momento, la loro protesta è tollerata… a condizione che non ne facciano troppa pubblicità. (…) non è un caso che il partito con il maggior numero di membri e sostenitori vaccinati… sia il PC greco, oltre il 90%. Centralismo democratico… con l’RNA messaggero.
In ogni caso, sul campo, le preoccupazioni possono talvolta variare; al di là dei vaccini e anche senza kolchoz, la produzione è mantenuta. In Tessaglia, non moriremo di fame… a condizione che le nostre pompe funzionino con il buon vecchio petrolio.
(…) La Chiesa vieta l’accesso ai suoi luoghi di culto senza un test negativo, il suo episcopato, nominato nelle logge, promuove i vaccini, così come sta bandendo dalla messa i pochi Pope che ancora si ribellano. Così, quattordici di loro sono stati appena sospesi sull’isola di Zákynthos e i laici sono arrabbiati. “Reagiremo a questa provocazione satanica dell’episcopato”. Molti fedeli avranno finalmente capito, gli addetti ai lavori, che dopo aver fatto esplodere il mondo dei cattolici, ora lo stesso momento è arrivato per gli ortodossi.
Da “Lo stupro e il vaccino” – Mercoledì 24 novembre 2021
Pioggia battente, (…) e i non vaccinati del paese reale; quando godono ancora del loro caffè fuori casa, è sotto la pioggia e in una tazza. E spesso, sotto l’occhio della polizia pretoriana, che si occupa del buon funzionamento dell’apartheid vaccinale(…)
Sul lato delle anime, c’è anche quest’ultimo episodio episcopale all’interno della Chiesa ufficiale. Chrisóstomos, metropolita di Dodóni in Epiro, parlando apertamente e pubblicamente, arrivò a finalizzare questa logica di apartheid. I Pope che rifiutano la vaccinazione dovrebbero essere impiccati”. Nient’altro che impiccato!
(…) alcuni lettori anonimi di certi blog affermano di aver conosciuto questo futura Metropolita… sotto lo pseudonimo di “Madame Despó, la sua inclinazione a flirtare con altri uomini vicino ai taxi di Ioannina farebbe allora parte delle presunte storielle birichine della città”. (…) Certo, questo povero blog non è specializzato in… teosofia delle perversioni sessuali, né in quella dell’ortodossia. Tuttavia, non è inutile ricordare che lontano dal mondo dei sudditi e degli umili, gli iniziati e altri illuminati satanici e satanisti, strumentalizzano queste pratiche, compresa quella degli schiavi sessuali tanto quanto gli stupri. Lo scopo è quello di perfezionare il loro dominio assoluto sui servi già vicini alla loro casta. Poi, questo stesso stupro, moltiplicato, può essere tentato senza il minimo rimorso su società umane che si pretendono talvolta “democratiche”, soprattutto in Occidente.
(…) Da questo punto di vista, i Mitsotàki, Papandreou e i loro simili, sono fin dall’inizio di questa gioventù “dorata”… di facciata, sufficientemente maltrattati e se necessario violentati durante i loro anni di collegio signorile, un nonnismo abbastanza necessario per inculcare una volta per tutte, il meccanismo di odio e sociopatia poi radicale. La lista dei volenterosi maltrattati è lunga, politici, metropoliti, giudici, generali, attori e banchieri prendono parte alla festa, e non solo in Grecia. Questi malati mentali di vari livelli sono poi tenuti in tal modo in scacco dalla più grande criminalità organizzata che ci sia. (…)
Lo stupro, insomma, come fondamento del Regime, questa mortificante spinta al limite. Il progetto tedesco del nazismo non era molto diverso, tranne che ora, il progetto mortificante internazionale passa anche attraverso i computer e attraverso la Fabian Society, che è così ben radicata in Australia e Nuova Zelanda. Il Grande Reset e la sua formattazione di basso livello.
(…)
E per quello che equivale a un furto oltre che a uno stupro… dall’alto, i sauditi stanno comprando terreni agricoli nella Grecia centrale, Eubea e Creta per una miseria, e il gigante Amazon sta aprendo i suoi negozi in Grecia, minacciando così direttamente le ultime catene di vendita al dettaglio greche rimaste. Per non parlare, sempre secondo il rapporto di questa settimana, della violenta intrusione di fondi stranieri nei settori della sanità, dell’energia, del turismo e delle assicurazioni; in breve, l’altro Grande Reset.
Da “Tempo di raccolta” – Venerdì 26 novembre 2021
(…) Margarítis Schinás, un politico nemico dei greci e quindi vicepresidente della Commissione europeista, che, con tono scanzonato, vuota il sacco in diretta. In un’intervista rilasciata questa settimana all’emittente televisiva metastalinista ateniese SKAI, confessa ciò che sappiamo, se riusciamo a sentire il grido stridulo della realtà. Dietro la gestione criminale della crisi sanitaria, c’è prima di tutto… la cospirazione per commercializzare i suddetti vaccini.
Interrogato specificamente dal giornalista Vassílis Chiótis sulla necessità di approvare e diffondere trattamenti per affrontare la COVID, Schinás ha immediatamente lanciato… il suo razzo. “Questo è vero, perché arriva un momento in cui dovremo anche introdurre opzioni di trattamento nel nostro protocollo europeo. Abbiamo già approvato un certo numero di opzioni di trattamento a livello comunitario, tra otto e nove, che sono approvate.
“Questo significa che se un governo vuole orientarsi verso queste terapie, può farlo senza problemi di licenza. Sono completamente autorizzati. Ma non abbiamo ancora fatto il passo dell’acquisto di massa a livello europeo per queste terapie, perché crediamo che questo dovrebbe essere fatto solo quando abbiamo raggiunto la fine dei vaccini, non all’inizio di questo sforzo, come siamo ora. A proposito, il nostro programma di vaccinazione è in corso, diventerà presto una copertura universale in Europa, e abbiamo già acquistato dosi sufficienti sia per il 2022 che per il 2023.
Schinás, insomma, spacchetta ciò che lo spettatore ottuso non è più in grado di capire(…) “Stiamo rallentando l’adozione di nuove medicine, così come stiamo sabotando, per quanto possibile, la somministrazione di un numero già significativo di medicine esistenti. E siccome la medicina locale viene scavalcata fin dall’inizio, con, bisogna dirlo, la complicità della maggior parte dei professionisti che sono diventati a loro volta inerti, stiamo uccidendo consapevolmente un buon numero di pazienti che avrebbero potuto essere salvati.
Il piano è ormai abbastanza noto. I mandarini europeisti, così come i governi fantoccio, non vogliono comunicare il contenuto esatto dei contratti che li legano a Pfizer e alle altre Big Pharma… del branco. Tuttavia, alcune fughe di notizie ci hanno dato un’idea di questa immensa trama mafiosa, e sappiamo, per esempio, che nel caso dell’Argentina, se tutte le dosi promesse non saranno somministrate e pagate, la Pfizer potrà sequestrare i beni appartenenti all’Argentina come Stato.
Questo non è certo una novità, soprattutto per paesi come l’Argentina o la Grecia, per esempio, che sono sotto il pollice del FMI e della Troika, istituzioni pirata che, come sappiamo, praticano gli stessi metodi ovunque(…) Bisogna anche notare che questo Schinás, che lavora per la Commissione Europea dagli anni ’90, è un prodotto della London School of Economics, cioè della Fabian Society e dei suoi addetti ai lavori. Membro del partito Nuova Democrazia, è diventato un eurodeputato, poi è entrato nell’ufficio dei consiglieri di politica europea e più tardi è diventato il portavoce principale della Commissione europea. E nel 2019, il burattino Mitsotákis ha proposto il nome di Schinás per il posto di commissario europeo del paese.(…) Infine, il nostro pericoloso idiota confessa apertamente l’ultimo crimine, quello della casta che lo ha assunto, perché pensa di essere intoccabile e protetto.
(…)
Da “Libertà e morte” – Martedì 30 novembre 2021
La tirannia raramente ha dei limiti. (…) Lo stesso sociopatico Mitsotákis lo ha annunciato. Coloro che non obbediscono ai dettami del Regime, saranno poi puniti con una multa di 100€ al mese, e questo è solo l’inizio di un processo che andrà avanti fino allo sterminio, se nulla lo ferma.
Le prime reazioni, quindi, sono quelle di alcuni vaccinati su Internet. “Anche se sono vaccinato, rispetto il diritto di scegliere, oggi la vaccinazione è obbligatoria, domani quello che diventerà obbligatorio, sarà qualcos’altro che non piacerà ai vaccinati; per la democrazia e i diritti… è un giorno disastroso. E purtroppo questo è solo l’inizio”.
“Multa di 100 euro al mese per chi non è vaccinato, oltre i 60 anni. Abbiamo iniziato a vergognarci del bastardo di Mitsotákis, il coronavirus, è lui. La vaccinazione è obbligatoria per coloro che hanno più di 60 anni e una multa di 100 euro se ritardano la vaccinazione. La festa è appena iniziata. (…) .
“Ecco qui, una multa di 100 euro per un pensionato di 80 anni… che si arrangia a malapena con una pensione di 400 euro al mese. Questa persona, se non muore di COVID, beh, morirà di fame.
“Perché, Mitsotákis, state infliggendo questa punizione ai piccoli pensionati non vaccinati, quando la vaccinazione non è obbligatoria come dite voi? Che diritto legale e morale ha di fare questo? Questa è una punizione, l’autoritarismo. Dimettiti subito!”
Paese di vecchia data. Tessaglia, novembre 2021
Tranne che il burattino non si dimetterà. Il contratto andrà fino in fondo, sono dieci anni che ne scriviamo… della vita di questo povero blog, di tutti questi burattini. (…)
Questi tirapiedi di Bourla e Schwab hanno punito i 550.000 greci che hanno causato la vaccinazione obbligatoria per gli over 60, cioè quelli che hanno disobbedito. In altre parole, gli anziani che non volevano continuare… verso la terza dose.
E quelli del regime devono ora prepararsi ad affrontare… probabile rabbia del popolo. Mitsotákis, ancora una volta, ha violato il diritto internazionale e la Costituzione. E per il costituzionalista Yórgos Kasimátis, “tutti i principi della democrazia sono così violati”.
(…) una frase alla fine domina questi luoghi… così un motto, due secoli dopo la rivoluzione del 1821. “Mitsotákis bastardo”.
Ma noi lo sapevamo. La Grecia sta facendo la fine dell’Austria, come avevamo previsto in questo blog, e ora il regime sta per rendere obbligatoria la vaccinazione per tutta la popolazione.
Libertà o morte, come abbiamo detto nel 1821… tra angeli e poi demoni.
TRADUZIONE A CURA DI FRANZ-CVM
@ferre_franz
FONTE: https://comedonchisciotte.org/grecia-il-poliziotto-cattivo/
POLITICA
DIEGO FUSARO: Secondo Mario Monti c’è troppa democrazia nell’informazione e andrebbe ridotta…
30 11 2021
VIDEO QUI: https://youtu.be/_Y_aH44CeuM
FONTE: https://www.youtube.com/watch?v=_Y_aH44CeuM
STORIA
Giornata della vergogna negli Stati Uniti. Come i giapponesi distrussero Pearl Harbor
Evgenij Norin, Life 10 dicembre 2017
Sebbene la data generalmente accettata per lo scoppio della seconda guerra mondiale sia il 1 settembre 1939, l’Asia ha la sua opinione su questo argomento. Nel 1931, le truppe giapponesi invasero la Manciuria e nel 1937 iniziò la conquista della Cina. All’inizio, le maggiori potenze sostennero tacitamente la resistenza della Cina. URSS, Stati Uniti, Paesi europei inviarono materiale militare, volontari e istruttori. Nel 1938 e 1939, i giapponesi sondarono le posizioni dell’URSS sul lago Khasan e sul fiume Khalkhin-Gol. Nel primo caso, l’attacco degenerò in pesanti battaglie dall’esito indefinito. Ma sul Khalkhin Gol, il contingente giapponese fu schiacciato dall’Armata Rossa. Successivamente, il Giappone perse gradualmente entusiasmo per le campagne di terra. I piani per la grande guerra contro l’URSS furono accantonati (come si scoprì, per sempre), ma i piani per le campagne marittime venivano elaborati attivamente. Inoltre, la situazione per i giapponesi in questa direzione era migliorata.
Il piano dell’esercito e della marina prevedeva la rapida cattura del “perimetro difensivo” dalla Birmania a Timor, Nuova Guinea e Wake fino alle Kurili, dopo di che era necessario difenderlo. Ciò richiese la sconfitta delle flotte nemiche con un colpo sbalorditivo. Gli inglesi erano in guerra in Europa e potevano inviare poche grandi navi nell’Oceano Pacifico. Francia e Paesi Bassi furono occupati e non poterono resistere. Il problema principale rimaneva: la flotta statunitense. A novembre, le parti avevano già capito che uno scontro non poteva essere evitato. Inoltre, i nordamericani persino iniziarono ad aggravare le cose. Il 26 novembre fu inviata una nota al governo giapponese dura sotto ogni punto di vista. Chiese a Tokyo non più il ritiro delle truppe dall’Indocina, ma il completo ritiro dalla Cina e la conclusione di un patto di non aggressione con tutti i vicini, URSS, Paesi Bassi e Cina. Infatti, ai giapponesi fu chiesto di arrendersi. Nel frattempo, la flotta giapponese era già salpata. L’obiettivo era Pearl Harbor con le sue corazzate, considerate la principale forza d’attacco della flotta. La spina dorsale della forza attaccante era costituita da sei portaerei giapponesi.
Il raid fu pianificato dall’ammiraglio Isoroku Yamamoto. Questo comandante navale letteralmente promosse l’aviazione navale e diede priorità alle formazioni delle portaerei. Il viceammiraglio Tuichi Nagumo comandò direttamente l’attacco. A questo ammiraglio fu attribuita mancanza di pensiero creativo, ma quasi nessuno poteva metterne in dubbio la professionalità. Quando le discussioni erano ancora in corso tra i diplomatici, lo squadrone di Nagumo si era già radunato vicino l’isola di Iturup (ora territorio russo). Il 2 dicembre, già in viaggio, Nagumo ricevette un dispaccio: “La data della dichiarazione di guerra è l’8 dicembre”. Alle Hawaii, a causa della differenza di fuso orario, era ancora il 7. I nordamericani avevano già intuito cosa succedeva. Ma indovinare non significa sapere. Le Hawaii erano considerate troppo lontane per un attacco giapponese. Pertanto, il telegramma intercettato per il console giapponese a Honolulu fu solo rinviato al comando generale per la decrittazione. Il 6 dicembre, i nordamericani scoprirono che una grande forza giapponese salpava per Singapore. Questo era vero, ma dalle informazioni ricevute, conclusero che poiché i giapponesi pianificavano un attacco alla colonia britannica, significava che nulla minacciava le Hawaii.
Nel frattempo, a Pearl Harbor, l’ammiraglio Kimmel, comandante delle forze statunitensi del Pacifico, ordinò che la base fosse messa in massima allerta. I nordamericani temevano atti di sabotaggio, quindi presero una decisione francamente controversa: concentrarono gli aerei in un unico posto, in modo che nel caso sarebbe stato più facile proteggerli dai sabotatori. Infatti furono radunati per finire sotto i colpi dell’aviazione giapponese. I giapponesi pianificarono l’attacco combinato di bombardieri e aerosiluranti. Il fatto è che le navi erano di stanza a Pearl Harbor spesso su due file, quindi non tutto poteva essere colpito dai siluri. Non c’erano reti antisiluro nel porto: si credeva erroneamente che fosse poco profondo. I nordamericani furono notevolmente fortunati: per motivi estranei alla guerra futura, da Pearl Harbor salparono alcune navi, come le portaerei Lexington ed Enterprise. Considerando quanto siano difficili e costose da costruire le portaerei, questo fu un enorme colpo di fortuna. Di conseguenza, nel porto c’erano otto corazzate e molte navi più piccole.
Domenica sotto le bombe
Dopo le sette del mattino, la stazione radar nordamericana avvistò aerei non identificati. Questo fu riferito ai superiori, ma gli ufficiali pensarono che si trattasse di aerei nordamericani, che erano previsti. L’ufficiale avvertito dagli operatori radar disse semplicemente: “Non preoccupatevi”. Proprio in quel momento, un altro radiogramma giapponese fu decifrato a Washington e si misero le mani sui capelli. I crittografi non ebbero dubbi: si tratta dell’imminente inizio della guerra. Un radiogramma di avvertimento fu inviato alle Hawaii. Era in ritardo di qualche minuto. Alle 07:51 la prima ondata di bombardieri al comando del Capitano di vascello Mitsuo Fuchida raggiunse l’obiettivo. Fuchida intercettò il segnale Tora-Tora-Tora dalla portaerei! Questo era il segnale per l’inizio dell’attacco. Le bombe giapponesi iniziarono a cadere sugli aeroporti e gli ancoraggi delle navi. L’ammiraglio Kimmel corse sulla veranda di casa sua, appena in tempo per vedere gli aerosiluranti c’entrare le sue navi. La moglie di uno degli ufficiali presenti indicò il porto e gridò: “Stanno finendo l’Oklahoma!” “Vedo cosa fanno”, rispose l’ammiraglio a denti stretti.
Il piano giapponese era tutt’altro che ideale. Molti piloti effettivamente cercarono gli obiettivi, quindi le bombe caddero su obiettivi secondari. Quindi, passarono al rastrellamento, scambiando una vecchia nave bersaglio per una nave da battaglia. Un gruppo di aerei distrusse la base degli idrovolanti, lontano dall’obiettivo più significativo alla base. I giapponesi persino inseguirono delle auto! Tuttavia, la maggior parte degli aerei colpì i bersagli che dovevano colpire dall’inizio. La difesa aerea nordamericana ha risposto molto lentamente. Era domenica, molti marinai erano in licenza ed ora erano sbalorditi dall’affondamento delle loro navi. Uno degli ufficiali era appena uscito dalla doccia e capì quanto fosse grave tutto ciò che accadeva quando un aereo sorvolò il suo bagno a tutta velocità.
Molte navi all’inizio reagirono con lentezza: “Che diavolo, è domenica, non ci sono altri giorni per le esercitazioni!” Tuttavia, bombe e siluri li convinsero rapidamente della gravità di ciò che accadeva. La corazzata Oklahoma (quella che la donna indicò all’ammiraglio Kimmel) fu colpita da quattro siluri. Fu un colpo fatale, la nave iniziò subito a capovolgersi. La corazzata, secondo la descrizione dei testimoni oculari, cadde su un fianco “lentamente e maestosamente”. Quindi i bombardieri colpirono le corazzate. Una delle bombe colpì le stive della corazzata Arizona. Una colonna di fuoco si alzò di 300 metri. La nave lampeggiò come una torcia e cominciò ad affondare rapidamente. Quasi l’intero equipaggio fu ucciso. Il destino dei marinai, intrappolati nella corazzata, si rivelò particolarmente terribile: annegarono poco dopo. L’effetto del raid avrebbe potuto essere anche peggiore, ma i giapponesi usarono bombe scadenti e molte non esplosero. Alle 08:12, Kimmel inviò un messaggio radio a Washington: “I giapponesi stanno bombardando Pearl Harbor”. In quel momento, nel porto già divampava un enorme incendio. Molti equipaggi si sono tuffati in acqua, ma venivano bruciati vivi: l’olio combustibile bruciava in superficie.
Come in URSS il 22 giugno 1941, diverse persone reagirono allo scoppio della guerra a modo loro. Qualcuno andò nel panico, qualcuno cadde prostrato. Ma sulla corazzata “Nevada” un marinaio, considerato irrimediabilmente pessimo, iniziò a sparare da una mitragliatrice e riuscì a colpire l’ala di un aereo giapponese. Nel frattempo, una seconda ondata arrivò a Pearl Harbor. Le colonne di fumo delle navi in fiamme divennero un punto di riferimento. Questa volta i nordamericani seppero opporre una resistenza organizzata. Dalle navi sopravvissute, i cannoni antiaerei battevano con forza e potenza, e diversi caccia decollavano. La resistenza era più spesso fornita da ufficiali subalterni: i comandanti erano a terra o uccisi. Tuttavia, l’attacco della seconda ondata ebbe molto meno successo. Anche l’attacco dei mini-sommergibili, che cercarono di penetrare nel porto, fallì completamente. Infatti, se i nordamericani fossero stati più vigili, o la decrittazione del radiogramma fosse arrivata prima alle Hawaii, il raid giapponese sarebbe finito in un disastro. Fuchida, dopo aver trascorso molte ore in volo, suggerì a Nagumo di organizzare un nuovo attacco. Il suo obiettivo sarebbero state le infrastrutture portuali e le navi sopravvissute. Tuttavia, l’ammiraglio si rifiutò. Il carburante si esauriva e dove si trovassero le portaerei nordamericane era un mistero. Inoltre, un nuovo raid significava la necessità di tornare sulle portaerei dopo il tramonto. Così Nagumo ordinò di limitare l’attacco. L’orologio segnava le 16:30. L’attacco a Pearl Harbor era finito.
I nordamericani persero tremilacinquecento marinai uccisi e feriti. Di questi, un migliaio morì sull’”Arizona”. 4 corazzate (“West Virginia”, “California”, “Arizona” e “Oklahoma”) furono affondate, diverse altre navi affondate, 350 aerei danneggiati o distrutti. I giapponesi persero cinque minisommergibili, 29 aerei e 65 militari. È interessante notare che c’era un uomo nella marina nordamericana che, molti anni prima del raid, previde il pericolo. Nel 1932, durante un’esercitazione navale statunitense, l’ammiraglio Harry Yarnell condusse un’impressionante dimostrazione con 152 velivoli. I bombardieri gettarono sacchi di farina su Pearl Harbor affondando per finta tutto ciò che c’era. Tuttavia, le conclusioni di Yarnell erano poco lusinghiere per il comando della flotta e scelsero semplicemente di ignorarle. Yarnell, nel disperato tentativo di convincere qualcuno della sua integrità, si dimise nel 1939, un paio di anni prima che la sua previsione si avverasse.
I giapponesi iniziarono la guerra con un successo impressionante. Nei mesi successivi inflissero una serie di schiaccianti sconfitte agli alleati. Ma la guerra nel Pacifico era appena iniziata.
Traduzione di Alessandro Lattanzio
FONTE: http://aurorasito.altervista.org/?p=21288
“C’è qualcosa di marcio in Danimarca”: Frank Olson e il macabro destino di un informatore della CIA all’inizio della Guerra Fredda
Le prove del passaporto di Frank Olson e quelle dei suoi colleghi SOD mostrano che anche loro si trovavano in Francia in quel momento.
George H. White ha fatto riferimento al “segreto” di Pont-Saint-Esprit in una nota dell’agenzia; altri documenti declassificati mostrano che Sandoz e funzionari della CIA si sono impegnati in discussioni discrete e continue su Pont-Saint-Esprit, che è stato definito “un esperimento” e non un incidente.
Secondo Albarelli Jr., il villaggio è stato scelto perché era in disaccordo con il governo francese di Charles De Gaulle e aveva un certo numero di comunisti che vivevano lì. [21]
L’esercito americano all’epoca considerava l’Lsd una potenziale arma segreta che, aggiunta all’acqua potabile, poteva rendere un esercito di soldati disorientato e psicotico, quindi incapace di combattere.
Il maggiore generale William M. Creasy, ex capo dell’Army Chemical Corps, scrisse nel Reader’s Digest nel settembre 1959 che gli agenti psicochimici erano preferibili ai bombardamenti convenzionali per riconquistare le posizioni [detenute dal nemico] e potevano liberare una città illesa “una volta che la la popolazione si è ripresa da un breve periodo di follia”. [22]
L’esercito, ha detto Creasy, aveva la capacità di fornire sostanze psicochimiche attraverso bombe aerosol [specialità di Olson] o in forma liquida e in polvere con “metodi di sabotaggio” come la contaminazione dell’acqua e delle scorte di cibo, che avrebbero potuto essere testate a Pont-Saint -Spirito.
Albarelli Jr. ha trovato un documento segreto dell’FBI che indicava un esperimento con agenti chimici pianificato per il sistema della metropolitana di New York, e un ex biochimico di Fort Detrick ha detto che gli esperimenti di New York City “sono stati ritardati fino a quando l’esperimento è stato condotto in Francia.”
I risultati di quest’ultimo, ha detto, sono stati “buoni” ma hanno prodotto “un effetto negativo o quella che ora si chiamerebbe una reazione da ‘cigno nero’. La morte di molte persone è stata inaspettata, completamente inaspettata. Non doveva andare così”.
La stessa fonte ha detto ad Albarelli Jr. che Olson è stato drogato in un ritiro aziendale a Deep Creek Lodge nel Maryland diversi giorni prima della sua morte perché si pensava che stesse “parlando con le persone sbagliate” di Pont-Saint-Esprit, incluso un vicino con cui ha fatto un carpooling. con, e la CIA voleva conoscere l’entità delle sue indiscrezioni. [23]
Olson temeva per la sua sicurezza alla vigilia della sua morte, dicendo a sua moglie che qualcuno stava cercando di avvelenarlo. Prima di essere registrato allo Statler Hotel, è stato portato dal suo vecchio capo, il dottor Harold Abramson, perché i due uomini si conoscevano bene e si pensava che Olson sarebbe stato disponibile sui motivi delle sue violazioni della sicurezza, ma senza successo. [24]
Coprire
Dopo la morte di Frank Olson, sua moglie Alice ricevette la visita del superiore di Frank, il tenente colonnello Vincent Ruwet, il quale disse che c’era stato “una sorta di incidente” e che Frank era “caduto o saltato da una finestra”, due cose molto diverse cose. [25]
L’indagine della polizia si concluse bruscamente e non fu mai disposta l’autopsia. Il prete chiamato ad amministrare gli ultimi riti di Frank fu tranquillamente messo da parte. Alla famiglia è stato detto che il corpo di Frank era troppo sfigurato per essere visto, una falsità che ha impedito alla famiglia di notare un ematoma sulla tempia, una ferita coerente con un colpo alla testa omesso dal rapporto del medico legale del 1953.
Cinque “investigatori” della CIA hanno svolto la propria indagine su quali documenti dell’agenzia hanno etichettato come “suicidio”, pagando somme considerevoli al dottor Harold Abramson e a un altro collega non identificato che conosceva la verità. [26] Uno degli uomini della CIA, James McCord, fu in seguito coinvolto nel Watergate.
Robert Lashbrook e Sidney Gottlieb sono andati a casa degli Olson dopo il funerale e Vincent Ruwet ha fatto visite regolari per “incoraggiare [Alice] a pensare cose non vere sulla morte di Frank”, come ha detto lui. [27]
Nel giugno 1975, la Commissione Rockefeller, creata per indagare sui misfatti della CIA, avanzò la teoria che la morte di Olson fosse il risultato di una reazione avversa all’LSD. La famiglia Olson ha incontrato il direttore della CIA William Colby e il presidente Gerald Ford che hanno rilasciato alcuni documenti pertinenti, si sono scusate formalmente e hanno assegnato alla famiglia un accordo di $ 750.000.
Tuttavia, dopo la morte della vedova di Frank, Alice, il figlio Eric fece riesumare il corpo di Frank e poi lo fece esaminare dal patologo Dr. James E. Starrs della Georgetown University, che trovò un buco nella testa di Frank che proveniva dal calcio di una pistola e non da un cadere da una finestra del tredicesimo piano.
Il procuratore distrettuale di New York ha successivamente cambiato la designazione della morte di Frank da “suicidio” a “sconosciuta”.
L’autopsia di Starrs aveva anche rivelato la mancanza di tagli o lacerazioni, il che significava che doveva essere uscito da una finestra aperta poiché il vetro dalla finestra gli avrebbe tagliato la pelle.
Inoltre, l’LSD non è stato trovato in modo definitivo nel suo sistema. [28]
Secondo due fonti riservate della CIA intervistate da HP Albarelli Jr., quando è stato fatto un tentativo a tarda notte di rimuovere un Olson sottomesso dalla sua stanza allo Statler per trasportarlo in automobile nel Maryland, “le cose sono andate drasticamente male. La spiegazione breve e completa è che [Olson] ha resistito e nella lotta che ne è seguita è stato lanciato attraverso la finestra chiusa”.
Queste stesse fonti notano che Lashbrook apparentemente era sveglio per tutto il tempo, anche se fuori mano. Hanno detto che Olson non era “tagliato per il tipo di lavoro che stava facendo. Era fuori di testa, e alla fine lo seppe”. [29]
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[Fonte: amazon.com ] -
[Fonte: wikipedia.org ]
tragedia shakespeariana
Il film di Errol Morris del 2017, Wormwood , racconta la tragedia shakespeariana in cui il figlio di Frank, Eric, rinuncia a una promettente carriera come psichiatra per perseguire la verità sulla morte di suo padre.
Alla fine, si avvicina a scoprire l’identità degli assassini, anche se Seymour Hersh non rivelerà la sua fonte “gola profonda”.
L’uccisione di Olson ebbe un grande significato all’epoca nel prevenire la divulgazione delle operazioni criminali della CIA all’inizio della Guerra Fredda.
In una conferenza stampa nell’agosto 2002, Eric Olson disse ai media che la bara di suo padre si era “rivelata essere un vaso di Pandora. Non sorprende che gli esperimenti umani non etici della CIA si siano rivelati collegati all’assassinio. Una volta che il valore della vita umana è stato sminuito, l’omicidio è in agguato proprio dietro l’angolo”. [30]
Fascino continuo
Il fatto che il pubblico americano sia rimasto affascinato dal caso Olson 68 anni dopo riflette una profonda sfiducia nelle istituzioni governative.
L’identità nazionale americana è stata a lungo fondata, e il perseguimento dell’impero d’oltremare legittimato, sulla convinzione che il sistema democratico statunitense sia moralmente virtuoso rispetto a rivali illiberali come Cina e Russia e che gli agenti del governo non ucciderebbero mai i propri cittadini come in quei nazioni.
Il caso Olson suggerisce che non siamo chi diciamo di essere e non abbiamo alcuna legittimità nel colonizzare il globo con basi militari.
Ecco perché il caso è così esplosivo e perché, al di là della tutela della reputazione individuale, permane tanta segretezza e resistenza a un resoconto completo dei fatti.
* Questo articolo è una versione abbreviata di quello originariamente apparso nel numero invernale 2020 di Class, Race and Corporate Power .
NOTE
- Misteri irrisolti , 27 settembre 1994, https://www.imdb.com/title/tt0737575/. ?
- HP Albarelli Jr., A Terrible Mistake: The Murder of Frank Olson and the CIA’s Secret Cold War Experiments (Walterville, OR: Trine Day, 2009); Gordon Thomas, Secrets & Lies: A History of CIA Torture and Bio-Weapon Experiments (Old Saybrook, CT: Konecky & Konecky, 2007). ?
- Sulla carriera di Gottlieb, vedi Stephen Kinzer, Poisoner In Chief: Sidney Gottlieb and the CIA Search for Mind Control (New York: Henry Holt, 2019). ?
- Eric Olson e Nils Olson c. Stati Uniti d’America, Civil Action No. 12-1924, Memorandum of Points and Authorities dei querelanti, 3 maggio 2013; Albarelli Jr., Un terribile errore , 68. ↑
- Annie Jacobsen, Operazione Paperclip: The Secret Intelligence Program That Ha portato gli scienziati nazisti in America (Boston: Little & Brown, 2015), 367. ↑
- Jacobsen, Operazione Paperclip ; Jeffrey Steinberg, “Non è iniziato con Abu Ghraib: Dick Cheney-Vice President for Torture and War”, Executive Intelligence Review , 11 novembre 2005, http://www.frankolsonproject.org/Articles/Steinberg-Cheney.pdf . Nell’ambito di un programma segreto chiamato Dustbin, Blome, che aveva supervisionato la sperimentazione medica a Dachau, era stato assunto per insegnare agli americani i metodi di interrogatorio. ?
- Thomas, Segreti e bugie. ?
- Albarelli Jr., Un terribile errore ; Jacobsen, Operazione Paperclip , 369. ↑
- Tom Schoenberg, “Six Decade Old Murder Subject of CIA Lawsuit”, 2 dicembre 2012, Pittsburgh Post-Gazette , http://www.post-gazette.com/business/legal/2012/12/03/Six-decade- vecchio-omicidio-oggetto-della-CIA-querela/stories/201212030192; Albarelli Jr., Un terribile errore ; Kinzer, avvelenatore in capo , 117. ↑
- James Risen, “Suit Planned Over Death of Man CIA Drugged”, The New York Times , 26 novembre 2012. ↑
- Sull’uso della guerra batteriologica in Corea, vedere Dave Chaddock, This Must Be the Place: How the US Waged Germ Warfare in the Korean War and Denied It Ever Since (Seattle: Bennett & Hastings Publishers, 2013); Thomas Powell, “La guerra biologica nella guerra di Corea: accuse e insabbiamento “, Socialismo e democrazia , 31, 1 (2017), 23-42. ?
- Jeffrey A. Lockwood, Soldati a sei zampe: utilizzo degli insetti come armi da guerra (New York: Oxford University Press, 2009), 126, 172; Ed Regis, The Biology of Doom: America’s Secret Germ Warfare Projects (New York: Henry Holt, 2000), 110, 128; Sheldon H. Harris, Fabbriche di morte : giapponese Guerra biologica, 1932-1945, e l’americano Cover-Up, 2 ° ed. (New York: Routledge, 2002). ?
- Ban Shigeo, Rikugun Noborito Kenkyujo no shinjitsu [The Truth About the Army Noborito Research Institute], Tokyo: Fuyo Shobo Shuppan, 2001, recensito da Stephen C. Mercado sul sito web della CIA, https://www.cia.gov/library/center -for-the-study-of-intelligence/csi-publications/csi-studies/studies/vol46no4/article11.html ↑
- Julian Royall, “La guerra contro i germi salariali degli Stati Uniti in Corea?” The Telegraph , 10 giugno 2010. Vedi anche Stephen Endicott e Edward Hagerman, The United States and Biological Warfare: Secrets from the Early Cold War (Indiana University Press, 1999). ?
- Thomas, Segreti e bugie , 48. ↑
- Thomas, Segreti e bugie ; Wilfred G. Burchett e Alan Winnington, Koje Unscreened (Associazione dell’amicizia cinese-americana, 1952), www.revolutionarydemocracy.org/archive/koje.pdf. ?
- Thomas, Segreti e bugie , 18; Albarelli Jr., un terribile errore , 679. ↑
- Albarelli Jr., Un terribile errore, 350; John G. Fuller, Il giorno del fuoco di Sant’Antonio (New York: The Macmillan Co., 1968). ?
- Griffith Edwards, “Poison in Pont-St.-Esprit”, British Medical Journal , 3 maggio 1969, https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC1983173/pdf/brmedj02030-0064a.pdf ; Fuller, fuoco di Sant’Antonio , 301. ↑
- Hoffman cita l’epidemia nel suo libro, LSD: My Problem Child , nel 1979, ma omette che era in città nei giorni immediatamente successivi. ?
- Albarelli Jr., Un terribile errore , 350; “Behind the Headlines: Hank Albarelli Interview”, 28 luglio 2013, https://www.sott.net/article/264434-Behind-the-Headlines-Hank-Albarelli-Interview-CIA-Mind-Control-Frank-Olson -e-JFK. ?
- William M. Creasy, “Possiamo avere una guerra senza morte?” Reader’s Digest , settembre 1959, 73-76 ↑
- Olson era quindi un obiettivo di interrogatorio rafforzato. ?
- Albarelli Jr., Un terribile errore , 689-691. Dopo aver visto un film su Martin Luther, Olson si mise al lavoro per presentare le sue dimissioni; tuttavia, è stato invece portato da Lashbrook a casa di un ex mago di Broadway John Mulholland che probabilmente lo ha ipnotizzato, e Frank ha rivelato di nuovo le sue intenzioni di denunciare. ?
- Il necrologio di Frank in The Washington Star proclamò anche che Olson era caduto o si era gettato alla morte e notò che Frank era stato trovato in mutande e si era schiantato contro la finestra. Tuttavia, cadere e schiantarsi contro una finestra sono due cose separate. ?
- Albarelli Jr., Un terribile errore, 34, 35; James E. Starrs e Katherine Ramsland , Una voce per i morti: la ricerca della verità nella tomba da parte di un investigatore forense (New York: GP Putnam’s Sons, 2005), 131, 148; Eric Olson e Nils Olson c. Stati Uniti d’America, Civil Action No. 12-1924, Memorandum of Points and Authorities dei querelanti, 3 maggio 2013; Kinzer, Poisoner In Chief , 124. James McCord, un ex agente dell’intelligence dell’FBI e futuro ladro del Watergate, secondo il giornalista Stephen Kinzer, ha visitato la stanza per assistere Lashbrook nell’insabbiamento. La sua specialità era far evaporare le indagini della polizia. ?
- Eric Olson e Nils Olson c. Stati Uniti d’America, Civil Action No. 12-1924, Memorandum of Points and Authorities dei querelanti, 3 maggio 2013. ↑
- Starrs e Ramsland, Una voce per i morti, 131, 148. ↑
- Albarelli Jr., un terribile errore , 693, 694. ↑
- Albarelli Jr., un terribile errore , 699. ↑
FONTE: https://covertactionmagazine.com/2021/11/28/theres-something-rotten-in-denmark-frank-olson-and-the-macabre-fate-of-a-cia-whistleblower-in-the-early-cold-war/
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