RASSEGNA STAMPA DETTI E SCRITTI
28 SETTEMBRE 2020
A cura di Manlio Lo Presti
Esergo
La riservatezza è tutelata maggiormente sul fronte
delle cattive notizie
DINO BASILI, Tagliar corto, Mondadori, 1987, pag. 62
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SOMMARIO
Seguire il danaro …
Sviluppo locale possibile e sostenibile
Ricciardi sulla mascherina: «Solo una paranoia, i virus la penetrano» Video
Il mezzo è il messaggio
BERLICCHE e i bambini
IL RITORNO ALLE CITTÀ-STATO
Quando lo Stato rema contro l’inventiva degli Italiani
Offese continue all’Italia
SPERO SIA UNA BUFALA
Il Pentagono vuole ampliare la flotta per rispondere alla minaccia cinese
Mediterraneo – Europa debole, Turchia prepotente, Israele impunito
LA CONVENZIONE “FARO”
SOGNO O SON DESTO?
Uccidere, ma con amore: attenti al Vangelo secondo Biglino
NELLA FANTASCIENZA CINESE LA SOCIETÀ È “PIEGHEVOLE” E I SENTIMENTI SONO EQUAZIONI
La Carta della Coercizione di Biderman
L’avanzata pericolosa del politicamente corretto
Crimini contro l’umanità, in ospedale, da mesi in Italia
TECH-GLEBA SENZA ALTERNATIVE. (parte I)
PROSSEMICA
Massima pressione su papa Francesco
Patto Cina-Vaticano, ora il Papa evita d’incontrare Pompeo
A Salvini un “invito” a farsi da parte.
PARAGONI A PICCHIO
Hanno perso tutti: gli italiani non si fidano di questi partiti
Come trasferire i dati senza il Privacy shield?
Se Balbo fa ancora paura
EDITORIALE
Seguire il danaro …
Manlio Lo Presti – 28 settembre 2020
Assistiamo ad un corposo, variegato e vivace dibattito su chi controlla il denaro. Si identificano i manovratori in coloro che lo possiedono in quantità smisurata. Si tratta di una identificazione facile e sfruttabile senza passare prima attraverso analisi geopolitiche ben elaborate: tutta fatica sprecata, tanto i colpevoli sono LORO!!!
Parlo dei soliti pseudo-filantropi che vengono citati a ripetizione, con lo scopo di creare una narrazione concettualmente potabile che possa attirare e canalizzare la rabbia del popolo bue perché individua precise persone e presunte “precise” responsabilità.
Le ridette persone possono essere accusate di ogni carognata, scatenando il ben noto fenomeno di popolo del “Crucifige! Crucifige!”.
Crocifiggere può essere uno sfogo liberatorio con forti valenze simboliche ma non basta, e poi, come ben sappiamo da fonti storiche, non è servito a migliorare la qualità umana.
La questione, come al solito, è diversa e è più complessa perché va ben oltre i manichini mediaticamente esposti alla pubblica flagellazione (virtuale, per ora) dei ben noti personaggi.
Sappiamo che la globalizzazione
- sta eliminando equilibri pregressi,
- sta eliminando nazionalità,
- sta eliminando le lingue nazionali per fare spazio alla pressione violenta della lingua imperiale inglese,
- sta eliminando barriere giuridiche costituzionali dei rispettivi Paesi-bersaglio,
- sta eliminando e unificando abitudini di interi popoli al bis-pensiero tecnotronico allo scopo di creare una immensa tech-gleba (1)
- sta eliminando il pensiero autonomo in favore di un addestramento di massa degli uomini-scimmia alla totale e sottomessa compatibilità con le procedure informatiche in corso, definite furbescamente “intelligenza artificiale,”
- sta eliminando diritti sociali,
- sta eliminando lo “stato sociale” in favore di una privatizzazione selvaggia e di abissali diseguagliante. Effettua il trasferimento ai privati delle risorse da sempre destinate alla popolazione, secondo i conclamati dettami di una liberalizzazione dei c.d. “mercati”. Ricordo uno slogan scritto su un cartello sbandierato in una manifestazione: “Privatizzazione vuol dire privati di tutto”
Si sta in concreto, realizzando una inversione quando
- sarà il cliente portato alla merce e non più la merce al cliente (cfr strategie di IKEA, dei pacchetti di viaggi costruiti dai cittadini con dispendio di ore di tempo che in tanti dimenticano che è un COSTO da aggiungere al prezzo “conveniente” trovato in rete);
- gli utenti avranno sempre meno spazio decisionale nella fruizione dei servizi di rete e nell’utilizzo dei dispositivi elettronici. Essi diventeranno i servitori degli oggetti che dovrebbero liberarli dalla fatica, dall’incertezza, liberando tempo di cui non sanno più cosa farne, visto che si è sparsa la voce che leggere fa venire il tetano. L’appiattimento psico-comportamentale degli umani alle procedure tecnotroniche verrà fatto passare come successo dell’utilizzo della cosiddetta “intelligenza artificiale”.
Esiste un fondamentale principio sostenuto dal pensiero anglosassone e ripreso spesso dal giudice Falcone: SEGUITE IL DANARO (follow the money) (2). Il criterio incontestabile per valutare un evento sono i flussi di danaro correlato. Non ci sono alternative più efficaci.
TUTTO CIÒ PREMESSO
Sarebbe necessario procedere alla identificazione di coloro che sono la causa dell’attuale e pilotato caos finanziario internazionale.
Per prima cosa, va detto che le banche, come le conosciamo, sono lo strumento di altre strutture finanziarie internazionali. Talvolta sono corresponsabili, ma solamente quelle di dimensioni mondiali. Altri protagonisti sono i multimiliardari attraverso le strutture possedute con quote di maggioranza o di minoranza rilevante. Si tratta di una galleria di operatori notissimi e spesso sopravvalutati per comodità redazionale e propagandistica di coloro che dovrebbero informare correttamente e compiutamente.
Quindi, accanto alle celebrità abbiamo
le banche,
le strutture finanziarie non bancarie che usano le banche come braccio armato,
i fondi sovrani (3),
i fondi pensione.
Nelle requisitorie giornalistiche, economiche, circolanti, gli ultimi due operatori sono citati in misura nettamente minore di quanto meriterebbero perché lavorare dietro le quinte è più comodo.
Quando citiamo i fondi sovrani parliamo di strutture in possesso di masse monetarie titaniche dell’ordine di migliaia di miliardi di euro. Ogni anno viene redatta una classifica dei primi dieci fondi nel mondo (4). Ma altre classifiche forniscono ulteriori informazioni. Basta cercare con calma e perizia in mezzo ad una marea di ciarpame.
I fondi sovrani sono di proprietà dei rispettivi Stati nazionali che li utilizzano per finalità di lucro. Per raggiungere interessanti livelli di guadagno, questi fondi spesso si sono lanciati in molteplici speculazioni ad altissimo rischio per ottenere rilevanti ricavi. Le loro azioni mobilitano centinaia di migliaia di miliardi di dollari e/o euro provocando scossoni all’interno del sistema internazionale delle borse e dei pagamenti, provocano crolli aziendali e bancari che creano milioni di disoccupati e perfino tensioni geopolitiche di natura militare. Sono in sostanza strumenti politici oltre che economici.
Stessi effetti, stessi ruoli, stesse implicazioni geopolitiche sono di pertinenza dei fondi pensione. Si tratta di colossi che gestiscono masse monetarie pari a quelle dei fondi sovrani. Si differenziano dai fondi sovrani perché sono più rapaci e spietati dovendo raggiungere risultati mensili per erogare le pensioni ai propri associati. La limitatezza dei tempi di realizzazione ne fanno un fortissimo elemento di instabilità, in senso fortemente speculativo, allo scopo di raggiungere velocemente dati pompati al rialzo per ottenere valutazioni drogate dei portafogli posseduti. Di recente sono stati definiti fondi avvoltoio.
Ebbene, queste due categorie di investitori e speculatori spietati hanno una ben specifica caratteristica: ESSI AMMINISTRANO DENARO CHE NON DI LORO PROPRIETA’ con la stessa ferocia dei miliardari filantropi spesso citati oltre misura. Va detto che quasi tutti i filantropi alla luce della ribalta posseggono partecipazioni significative in questi colossi speculative governative e/o private. Le interrelazioni sono molto strette e gran parte sono sconosciute o volutamente occultate dai media, che spesso non sovvenzionati da costoro.
Le sintetiche riflessioni appena riportate servono ad evidenziare che la fase del capitalismo proprietario è al tramonto per fare spazio a due tipi di capitalismo:
- capitalismo gestore di fondi di terzi
- capitalismo di sorveglianza
Decaduto l’elemento fondante del capitalismo di proprietà, assistiamo ad una tendenza mondiale ad attaccare e demolire la proprietà privata di grandi e piccole dimensioni (case di proprietà abitativa) mediante una pesante percussione fiscale espressa con tassazione patrimoniale elevatissima. Lo scopo è quello di ATTUARE UNA GIGANTESCA RAZZIA mediante la vendita forzata o il pignoramento dei beni di coloro che non sono in grado di pagare che saranno oltre il 30% del totale!
Il crollo delle quotazioni delle svendite di massa conduce al vertiginoso abbassamento dei valori delle case. Le case quindi saranno espropriate in un secondo momento sulla base di una legislazione draconiana emessa ad hoc da strutture comunitarie extranazionali e attuata con procedure veloci (5).
P.Q.M.
Invito a tutti coloro che criticano, con buone ragioni il sistema attuale, ad allargare la prospettiva di analisi ai Fondi sovrani e ai Fondi pensione che sono in gran parte la causa della ipertrofica del totale dei derivati (6), cioè la creazione, emissione e collocamento di titoli dei titoli dei titoli senza un punto di partenza commerciale. I derivati sono strumenti speculativi che sono completamente slegati dalla produzione di beni e servizi e quindi creano instabilità continua e crac finanziari sempre più ricorsivi.
Nella valutazione non va dimenticato il ruolo delle cosiddette società di rating (7) totalmente di proprietà di banche e finanziarie che queste strutture dovrebbe valutare obiettivamente. Siamo di fronte al più colossale conflitto di interessi della storia umana. Una valutazione errata o volutamente negativa di queste società inflitta anche intere nazioni, può provocare ripercussioni internazionali e danneggiare la onorabilità di imprese anche di rilevanti dimensioni, solo perché qualcuno ha ordinato la loro rapida eliminazione!!!
Dagli all’untore può essere terapeutico, ma spesso è fuorviante o limitativo. Allarghiamo le nostre analisi anche a questi protagonisti spesso nell’ombra e ne vedremo delle belle!
NOTE
- Felice espressione che prendo a prestito dal giornalista d’inchiesta Paolo Barnard:
- Leggere il bell’articolo qui: https://www.ricognizioni.it/per-animare-il-dissenso-follow-the-money-seguire-il-denaro-di-roberto-pecchioli/
- Articolo qui: https://www.treccani.it/enciclopedia/fondi-sovrani
- Articolo qui: https://www.money.it/Fondi-sovrani-classifica-primi-10
- Articolo qui: https://www.recuperocreditifacile.com/decreto-ingiuntivo-europeo/
- Articolo qui: https://www.diritto.it/contratti-derivati-swap-credit-default-swap-asset-swap/
- Articolo qui: https://www.money.it/Agenzie-di-rating-cosa-sono-A-cosa
INVITO EVENTO
Sviluppo locale possibile e sostenibile
L’Associazione Dignity – No Profit People Onlus promuove, fin dalla sua costituzione, lo sviluppo locale attraverso la valorizzazione delle risorse locali, sostenendo processi basati su sostenibilità, innovazione, partecipazione, trasparenza e circolarità.
Ogni progetto si rivolge in modo particolare agli adolescenti e ai giovani, ricercando costantemente la collaborazione con organizzazioni e istituzioni locali e internazionali al fine di promuovere il miglioramento delle condizioni socioeconomiche e ambientali in contesti problematici, la dignità della persona, lo spirito associativo e cooperativo, il diritto di ogni individuo a raggiungere una piena realizzazione nel proprio paese d’origine.
Attualmente siamo impegnati in Mozambico, nella provincia di Tete, in collaborazione con la nostra omologa Associação Dignity Moçambique (ADM), con il progetto “Caminhamos Juntos” per la realizzazione di Aldeia Dignity (il Villaggio della Dignità) , un processo aperto e un modello comunitario per la promozione di istruzione e formazione professionale, arte e artigianato, salute e sport, agricoltura e allevamento.
Il progetto ha ricevuto l’approvazione della comunità locale, della direzione distrettuale di Marara e di quella provinciale di Tete, della Diocesi di Tete e della CEM. Nel mese di agosto 2019 è stato presentato anche alle autorità centrali del governo del Mozambico, a Maputo: Ministério do Género, Criança e Acção Social, Ministério da Juventude e Desporto, Ministério da Saúde, Ministério dos Negócios Estrangeiros e Cooperação.
Attualmente, grazie all’erogazione dei fondi CEI 8xmille – Sictm stiamo costruendo, in Aldeia Dignity, una scuola materna comunitaria autosostenibile, e realizzando allo stesso tempo infrastrutture fondamentali quali l’acqua potabile e l’energia elettrica per tutto il territorio di Matambo. L’ Associação Dignity Moçambique, costituita da professionisti e formatori locali, permette che i lavori procedano a ritmo costante, in perfetta sintonia con il progetto, anche in questo periodo in cui sono impossibili i viaggi in Mozambico.
Sempre con scopo sociale, anche quest’anno, si svolgerà il DHC – Dignity Home Contest. Un appuntamento, giunto alla sua terza edizione, che invita fotografi amatoriali e professionisti a confrontarsi su differenti temi. Il tema del DHC 2020 è: “Fuoco & Aria”. Le donazioni raccolte permetteranno di realizzare uno o più forni comunitari in terra cruda per la cottura degli alimenti nel villaggio di Matambo.
L’esposizione delle foto si terrà il 2 Ottobre presso l’esclusiva sala polivalente del Museo Crocetti, Roma – via Cassia 492, dalle 11:00 alle 21:00, in collaborazione con l’associazione MArte – Cultura per promuovere l’arte. Alle 19:00 il pubblico e i fotografi riceveranno la notizia delle preferenze espresse dalla giuria.
La giuria è composta da: Roberta Di Casimirro (regista e presidente Associazione MArte), Stefano Coletta (direttore Rai1), Marco Tabarini (settore tecnico-processi S.A. Segretariato Regionale MiBACT), Gilberto Maltinti (presidente della Casa della Fotografia di Roma), Giulio D’Ercole (direttore Rome Photo Fun Tours, fotografo professionista), Roberto Orsi (Direttore Osservatorio Socialis, docente ERS Lab LUISS), Marco Palumbo (rappresentante del voto dei visitatori della mostra).
Le ideatrici e promotrici del Contest, per l’associazione Dignity – No Profit People Onlus sono: Monica Cannizzaro (grafica & comunicazione) e Emanuela Bonavolta (architetto & educatore). La giuria selezionerà le dodici foto che verranno pubblicate nel calendario Dignity 2021, contribuendo ad una ulteriore raccolta fondi a favore dell’obiettivo di promozione sociale proposto.
Durante l’esposizione sarà possibile partecipare alla raccolta fondi, acquisendo una o più foto esposte, secondo le modalità espresse dal Regolamento.
Caminhamos juntos – Camminiamo insieme
Associazione Dignity – No profit people onlus
@dignitynoprofitpeople
Per info/contatti: dignitypeople@gmail.com – cell. 339 3437771
IN EVIDENZA
Ricciardi sulla mascherina: «Solo una paranoia, i virus la penetrano» Video
Era il 10 marzo quando Walter Ricciardi, ospite a diMartedì su La7, spiegò che le mascherine chirurgiche che usa il personale sanitario servono per evitare che le goccioline di saliva cadano sul campo operatorio.
«Servono a difendere i pazienti dall’eventuale vociferazione e servono poi per proteggere gli altri dai pazienti. Quelle mascherine devo essere date solo al personale sanitario e ai malati».
E poi la dichiarazione: «Ai sani non servono assolutamente a niente, non danno nessuna protezione nei confronti dei virus che penetrano attraverso quei fogli di garza. È solo una paranoia che la gente utilizza in maniera impropria».
VIDEO QUI: https://www.oltre.tv/ricciardi-mascherina-paranoia-virus-penetrano-video/
Mascherine inutili per i sani: non lo dice solo Walter Ricciardi
Un volantino del Ministero della Salute, dal titolo “Nuovo coronoavirus, dieci comportamenti da seguire”, al punto 7 riporta: «Usa la mascherina solo se sospetti di essere malato o se assisti persone malate».
Il 2 marzo il virologo Roberto Burioni, ospite a Che tempo che fa, ha parlato dell’uso delle mascherine.
In collegamento c’era Piero Angela che, prima di congedarsi, ha chiesto al virologo la reale utilità di questi dispositivi. «Sulle mascherine prima si diceva che non servivano e ora servono. I virus sono piccolissimi, sono un centesimo delle dimensioni di un globulo rosso e in un millimetro cubo ci sono 4-5 milioni di globuli rossi, quindi passano attraverso qualunque cosa».
La risposta di Roberto Burioni è stata del tutto simile a quella di Walter Ricciardi. Ha spiegato che il contagio avviene attraverso goccioline che sono emesse mentre uno parla, con uno starnuto o un colpo di tosse.
«Per le persone che stanno bene non c’è bisogno della mascherina. Mentre chi sta male deve metterla tassativamente perché è efficace a bloccare la diffusione. Ma deve metterla chi sta male, non chi sta bene».
VIDEO QUI: https://www.facebook.com/195b4284-04a7-4181-9ec8-1f24595c3234
Anche oltreoceano le informazioni erano dello stesso calibro. Anthony Fauci dichiarò che «le mascherine sono importanti per evitare che le persone infette infettino qualcun altro. In questo momento negli USA le persone non dovrebbero girare con le mascherine. Non c’è motivo di andare in giro con la mascherina».
«Quando sei nel mezzo di un’epidemia, indossare una mascherina può far sentire le persone un po’ meglio e potrebbe eventualmente bloccare le goccioline ma non fornisce la protezione perfetta che la gente immagina e spesso può causare conseguenze indesiderate».
VIDEO QUI: https://youtu.be/T3E_3Acz48s
Alcuni medici e scienziati, oltre a confermare l’inutilità, dato che la dimensione dei virus è talmente piccola che riesce ad attraversare le mascherine, hanno parlato anche dei danni che potrebbe causare l’uso continuativo di questo dispositivo.
Video in cui si approfondiscono i danni che potrebbero causare questi dispositivi di protezione sono stati censurati.
FONTE: https://www.oltre.tv/ricciardi-mascherina-paranoia-virus-penetrano-video/
Il mezzo è il messaggio
Come la politica dimostra la contestatissima tesi di McLuhan
“Il mezzo è il messaggio”: così scrisse il filosofo McLuhan destando grande scalpore. Per mezzo intendeva principalmente i media: il messaggio dei media dunque sono i media stessi.
I media non sono importanti per i messaggi o contenuti che veicolano ma per la trasformazione che operano nei soggetti che ne usufruiscono, modificando la società. Gli effetti non si verificano infatti a livello di apporto di opinioni o di concetti, non veicolano messaggi ma alterano costantemente, senza incontrare resistenza, le nostre forme sensoriali e le forme della loro percezione. Gli individui di questa nostra società così trasformata non cercano nei media la coerenza o la persuasività o l’etica, al contrario cercano l’eccesso e le contraddizioni che selezionano sulla base delle loro capacità di aggregare più che della loro capacità di farli crescere come individui.
Molti anni fa, accettando una laurea ad honorem della università di Notre Dame, il generale David Sarnoff fece questa dichiarazione: “Siamo troppo propensi a fare degli strumenti tecnologici i capri espiatori dei peccati di coloro che li maneggiano. In sé stessi i prodotti della Scienza moderna (i mass media) non sono né buoni né cattivi: è il modo in cui vengono usati che ne determina il valore” (…).” È questa la voce dell’attuale sonnambulismo (…). È la nostra reazione convenzionale a tutti i media, secondo la quale ciò che conta è il modo in cui vengono usati che ci “pone nella posizione dell’idiota tecnologico”. Scriveva McLuhan (…):” Mi trovo nella situazione di Louis Pasteur quando diceva ai medici che il loro nemico più grande era Invisibile e non riconoscibile”.
Il vero messaggio dei media è il modo in cui ci cambiano come persone e dunque come modificano la società, e non i messaggi, buoni o cattivi, che veicolano.
Per capire la portata della sua intuizione nella politica del nostro secolo potremmo utilizzare una semplice metafora: le squadre di calcio. Ad esempio la Juventus non è portatrice di alcun messaggio se non la quello che la Juventus deve vincere. Trasposto nella politica italiana il concetto di McLuhan diventa innegabile: il leader politico non porta veramente nuovi messaggi, che tanto, peraltro si somigliano molto nelle diverse fazioni, ma lui stesso è il contenuto e cioè il messaggio. Il messaggio è che il leader deve vincere. Questa posizione in politica si è andata affermando a partire dalla discesa in campo di Berlusconi. L’impressionante mole di processi a cui fu sottoposto divise l’opinione pubblica: alcuni erano contro Berlusconi, altri pensavano dovesse vincere, seppur attaccato penalmente. Dopo il ’94, vinse le elezioni ancora nel 2001 diventando Presidente del Consiglio. Era il 12 gennaio del 2002, quando il magistrato Borrelli chiude la sua relazione inaugurale dell’anno giudiziario con queste parole: “Ai guasti di un pericoloso sgretolamento della volontà generale, al naufragio della coscienza civica nella perdita del senso del diritto, ultimo estremo baluardo della questione morale è dovere della collettività “resistere, resistere, resistere” come su un’irrinunciabile linea del Piave’ alludendo a Berlusconi che vincendo le elezioni era diventato il nemico da abbattere. Questa decontestualizzazione e derealizzazione del mondo politico si è andata sempre più affermando. Dal momento in cui la Magistratura si pose in una posizione di soggetto politico ne ebbe dei vantaggi inaspettati: nessuno più contestava ai magistrati le inefficienze della loro azione, anzi divennero intoccabili più di quanto già non lo fossero per ruolo istituzionale. Gli scandali di oggi sono la conseguenza di quel potere senza controllo: i meno rigorosi potevano agire del tutto liberamente aggiungendo del potere a quello che già avevano istituzionalmente permettendo così di fare gesti antigiuridici di corruzione.
Più importante fu l’effetto sulla politica: si realizzava la profezia di McLuhan e cioè che il mezzo è il messaggio. Il politico non aveva più messaggi reali da comunicare ma egli stesso era il messaggio: il leader doveva vincere contro gli avversari; dopo Berlusconi è accaduto a Renzi, e successivamente a Salvini. La magistratura, oggi, persevera nell’errore mandando a processo Salvini per il caso della nave Gregoretti o, a pensar male, una parte di essa opera una strategia di politicizzazione del suo ruolo, operando una deviazione istituzionale, gestendo meno la legge sui problemi ordinari e, last but not least, cogliendone i benefici della parte politica per cui si schiera. Questa volta ancor più gravemente cominciano a prendere di mira Salvini partendo dalla sua azione politica, esasperando la cognizione del concetto che il leader sia il messaggio politico: c’è un potere nemico che attacca il Leader e dunque il messaggio trasformato nonostante queste avversità è che il leader deve vincere i suoi avversari. Questo spiega anche perché gli elettori si vanno trasformando in tifosi che vogliono vedere la loro squadra vincere più che stare troppo a sentire i contenuti. Quando vediamo in tv le interviste alla gente comune è evidente che gli intervistati ignorino i contenuti politici, ma desiderino che il proprio leader vinca.
Siamo noi ad essere cambiati rispetto alla politica siamo diventati un popolo di tifosi, che trascina la nostra cultura in una progressiva implosione di tutte le funzioni sociali e politiche.
FONTE: https://www.infosec.news/2020/09/28/news/cittadini-e-utenti/il-mezzo-e-il-messaggio/
BERLICCHE e i bambini
“I bambini sono pericolosi. Vanno combattuti ed annientati. Con furbizia.”
Dal pensiero del Demonio Berlicche.
Testo e presenza di Antonio Bilo Canella
VIDEO SPIETATO QUI: https://youtu.be/ckz_IIBUt-M
FONTE: https://www.maurizioblondet.it/berlicche-e-i-bambini/
ATTUALITÁ SOCIETÀ COSTUME
IL RITORNO ALLE CITTÀ-STATO
22 SETTEMBRE 2020
Jung diceva che le malattie rappresentano i nuovi dèi: sono destituenti e costituenti, ci governano. Smart working, sospensione di eventi, crollo del turismo: la pandemia ha messo a nudo le contraddizioni delle Global Cities. Ma occhi attenti possono scorgervi la possibilità di ribaltare la crisi in occasioni di successo. Lo sa bene Dominic Morgan, che nel ritorno alle Città-Stato vede l’inizio di una nuova epoca e il prolungarsi di un orizzonte fatto di avveniristici affari.
All’epoca della pandemia, la metropoli è diventata la dimora spettrale d’occidente. Eppure…
Occhi attenti possono già riconoscere un ritorno alle Città-Stato.
FONTE: https://www.idiavoli.com/it/article/il-ritorno-alle-cittstato
BELPAESE DA SALVARE
Intervista di Comedonchisciotte.org
Di Andrea Leone ad Anna Dukic
Una Storia da raccontare quella dell’imprenditrice Anna Dukic e del suo dispositivo 3D: uno strumento che riesce a diminuire l’inquinamento emesso dalle auto con alimentazione Diesel e che viene tutt’oggi utilizzato anche nell’industria per abbassare concretamente il tasso di emissioni dannose alla nostra salute e all’ambiente. Il suo dispositivo con omologazione CE, ha passato diversi test internazionali per la validità del prodotto, ma lo Stato Italiano nonostante 18 anni di prove, vuole ritestare più volte su medio lungo periodo l’apparecchio. Non sono valse le documentazioni tecnico scientifiche rilevate in tutti questi anni. Anna Dukic non si dà pace ed ha intrapreso una battaglia legale contro le decisioni del Ministero dei Trasporti che per ora la vede soccombere. Il suo dispositivo funziona ed i clienti che l’hanno acquistato ne hanno comprovato l’efficacia. Siamo di fronte ad un caso incredibile dove la protezione per la salute e l’ambiente dovrebbero avere la priorità, ma probabilmente gli interessi in ballo sono molti e di alta scala, che coinvolgono le case automobilistiche, le quali, guarda caso non hanno mai provato a comprare il brevetto di Anna. L’Intervista dovrebbe essere diffusa per far capire quanto è difficile oggi giorno fare imprenditoria e fare del bene.
I vantaggi di questo dispositivo li ascolterete nel video: https://youtu.be/8w6uC7Kohnc
FONTE: https://www.facebook.com/giovanni.bernardini.75/posts/3653602691339613
CONFLITTI GEOPOLITICI
Il Pentagono vuole ampliare la flotta per rispondere alla minaccia cinese
Il Pentagono ha un nuovo obiettivo: ampliare e rafforzare la flotta della Us Navy per schierare entro i prossimi venti anni un’ “invincibile armata” di quasi cinquecento vascelli. Tra questi saranno anche le nuove navi da battaglia senza equipaggio. I piani dell’ampliamento sono sulla scrivania del nuovo segretario alla Difesa Mark Esper e sotto l’esame del Congresso. Ma qual’è il motivo di questa nuova corsa agli armamenti navali? La Cina, che da ormai da oltre un decennio anni vara navi da guerra ad una velocità sconvolgente, minacciando di rendere la Plan – Marina dell’Esercito Popolare di Liberazione Cinese – la forza navale più grande del mondo entro il 2030. L’obiettivo cinese, infatti, è quello di competere con gli Stati Uniti in numero di portaerei – simbolo della proiezione di potenza nel mondo – e non solo.
Secondo gli strateghi del Pentagono il futuro della Marina militare degli Stati Uniti deve considerare un “aumento significativo” della sue unità da battaglia. La raccomandazione sarebbe quella di raggiungere una flotta di oltre 500 mezzi. Lo riportano alcuni documenti diffusi dal sito specializzato Defense News. Tale espansione però contemplerebbe anche dei cambiamenti alla base delle strategie navali: meno portaerei e unità di considerevole tonnellaggio a favore di imbarcazioni più piccole, governate anche dalla famigerata intelligenza artificiale. I team incaricati dal segretario alla Difesa americano starebbero elaborando una flotta che dovrebbero contare tra le 480 a 534 navi – considerato un aumento del 35% delle dimensioni della flotta rispetto a quella attuale, che tra unità di superficie e sottomarine convenzionali conta di raggiungere una flotta di 355 navi entro il 2030. Un numero che, secondo i programmi di ampliamento promessi a Pechino dai suoi vertici militari, porrebbe Washington nell’imbarazzo di perdere il primato di forza navale più grande del mondo nel breve periodo.
Data la velocità con cui la Cina sta varando fregate, cacciatorpediniere lanciamissili, sottomarini e unità da attacco rapido, non è un segreto che già nei prossimi anni Washington potrebbe essere surclassata. Entro la fine di questo 2020, e nonostante il duro colpo inferto dalla pandemia di coronavirus, la flotta da guerra cinese dovrebbe raggiungere le 360 unità. Gran parte delle quali sono destinate a sorvegliare il Mar Cinese Meridionale, dove passano le grandi rotte commerciali e dove Pechino reclama da sempre i propri “diritti ancestrali“, minacciando di destabilizzare l’intera regione del Pacifico.
“Costruiremo questa flotta in modo tale da bilanciare le sfide di domani con le esigenze di prontezza di oggi e non creare una Marina vuota nel processo”, ha riferito il segretario della Difesa Esper. “Per ottenere questo risultato, dobbiamo aumentare i finanziamenti per la costruzione navale e la disponibilità a sostenere una forza maggiore. Fare questo, e trovare i soldi all’interno del budget della Marina e altrove per renderlo reale, è qualcosa che sia io che la leadership della Marina siamo impegnati a fare “. Il problema infatti, come sovente accade, è che anche una grande potenza come gli Stati Uniti, nell’epoca della crisi economica globale che vede le guerre combattute strategie diplomatiche e non con incrociatori e fregate, deve farsi i conti in tasca; e dare priorità ad altri progetti che esulano dalla Difesa. Ciò nonostante, la difesa di un primato, per quanto possa apparire futile, è comunque il riflesso di un cambiamento epocale. Ed è chiaro che Washington non voglia guardarsi allo specchio vedendosi surclassata da Pechino su nessun piano, tanto meno in questa corsa agli armamenti navali.
FONTE: https://it.insideover.com/guerra/il-pentagono-vuole-ampliare-la-flotta-per-rispondere-alla-minaccia-cinese.html
Mediterraneo – Europa debole, Turchia prepotente, Israele impunito
Lorenzo Utile – Il presidente turco Erdogan non è persona che induce alla moderazione, pur durante le discussioni del vertice che si è tenuto ieri in Corsica, che ha riunito attorno alla Francia gli altri sei Paesi mediterranei dell’Unione alle prese con le ‘sfide navali’ nel mare di gas e petrolio orientale. Una tappa di avvicinamento al Consiglio Europeo previsto per fine settembre e in cui i 27 dovranno affrontare un tema simile, ovvero i rapporti con due autocrati che governano poco lontano dai confini europei, Putin ed Erdogan.
La Turchia di Erdogan presenta una sfida particolare, perché si trova al crocevia tra diverse tensioni. Ankara costringe l’Europa a comportarsi da potenza in un momento segnato dall’eclisse americana. Ma l’Europa lo ha capito? La Turchia-NATO, oggi porta avanti il proprio gioco con forti spinte revansciste legate alla storia ottomana. In Siria, Libia o Palestina (dove il governo turco ha apertamente elogiato Hamas) Erdogan si presenta come capofila dell’islam sunnita. Il presidente turco ha ormai deciso di voltare le spalle a un’Europa che giudica troppo debole e vulnerabile, dunque pensa di poter avanzare le proprie pedine.
La Turchia sta effettuando ricerche di giacimenti di gas in zone che non le appartengono ma che sono state definite quasi 100 anni dai poteri coloniali in proporzioni decisamente sproporzionate quando dal mare poteri ricavare soltanto del pescato. Inoltre, la Francia ha deciso di alzare i toni inviando navi e aerei per sostenere la Grecia e Cipro ed evoca rappresaglie. E ancora, è necessario trovare il modo di favorire la prosperità comune senza tirare in ballo gli egoismi nazionali ereditati da una storia turbolenta. Ma tutti questi interrogativi, per il momento, non hanno ancora trovato risposta.
Le vittime siriane dei raid attribuiti a Israele non interessano a nessuno, denuncia “Haaretz”. La maggior parte dei giornali israeliani non si degna neppure di pubblicarle. Sono considerate alla pari di un autobus che precipita in un fiume in Nepal, delle vittime della guerra civile in Chad o dei minatori intrappolati in Siberia. Analisi realistica di un giornalismo che prova ancora a inseguire valori alti. Così funziona per le vittime dell’ennesimo attacco aereo israeliano in Siria. Chi ne ha sentito parlare? Chi ne sa qualcosa, a chi interessa? Chi ha il coraggio di approfondire la faccenda?
La sera di lunedì 31 agosto, undici persone sono state uccise durante un’incursione nel sud della Siria, attribuita a Israele. La sera del 2 settembre Damasco ha riferito di un altro attacco. Tre delle vittime erano soldati siriani e sette erano delle milizie iraniane, il che automaticamente giustifica qualsiasi bombardamento. Anche una donna che abitava in un villaggio è rimasta uccisa, e suo marito ferito: effetti collaterali. Ma sono cose che succedono, dopo tutto. Una donna che muore in Siria è proprio una non notizia. Il sole sorge a est, Israele bombarda la Siria. Cosa c’è di poco chiaro? Cosa è necessario spiegare? Solo chi non capisce nulla o non sa nulla osa fare domande.
Fintanto che a nessun soldato israeliano sarà torto un capello, non c’è niente d’interessante. Provate a immaginare undici vittime israeliane, tre soldati e sette componenti di una milizia di coloni, morti in un attacco aereo siriano, in un rovesciamento di quello che è successo in Siria la settimana scorsa. Ne scaturirebbe una guerra. Ma undici siriani morti in un bombardamento israeliano, chi li conta? Continuerà finché Israele sarà in grado di farlo. Continuerà finché Israele non pagherà per i suoi attacchi. La possibilità che Israele un giorno paghi un prezzo terribile per tutti questi atti di guerra non viene nemmeno preso in considerazione. Arroganza israeliana, che spesso paga. Spesso, ma non sempre.
CULTURA
LA CONVENZIONE “FARO”
OVVERO COME VERGOGNARSI, SENZA VERGOGNA, DELLA PROPRIA IDENTITÀ CULTURALE
Pubblicato il 27 Settembre 2020
Il 23 settembre è stata ratificata in Parlamento la cosiddetta Convenzione quadro del Consiglio d’Europa varata a “Faro”, in Portogallo, il 27 ottobre 2005. Insomma, l’ennesimo trattato internazionale attraverso il quale il nostro paese si “vincola” al rispetto di “regole” decise altrove: i trattati europei sono un insuperabile esempio di questo modo post-moderno di destrutturare le democrazie dall’esterno.
Ma non è questo il punto. Il punto è il contenuto della convenzione “Faro”. La quale – in teoria e in base a come ce l’hanno venduta – è destinata a una autentica, benemerita rivoluzione nel campo dei beni culturali.
Insomma: statue, dipinti, chiese, monumenti, edifici storici e manufatti artistici in genere. Quindi, l’Italia – che da sola detiene probabilmente i due terzi dei tesori mondiali – si trova in prima fila. Ebbene, la Convenzione è un autentico impasto di supercazzole prematurate tipo invocare “una visione estremamente più ampia di patrimonio culturale, inteso come un insieme di risorse ereditate dal passato che le popolazioni identificano, indipendentemente da chi ne detenga la proprietà come riflesso ed espressione dei loro valori, credenze, conoscenze e tradizioni in continua evoluzione”.
In altre parole, il nulla soffritto sulla padella del niente. Se prima potevate vedere i musei, almeno in Italia, dopo potrete continuare a farlo: ovviamente con i congeniti limiti di una Nazione che non ha mai saputo valorizzare adeguatamente le proprie ricchezze e la propria bellezza. Ma, di nuovo, non è nemmeno questo il punto. Il punto è l’articolo 4 della Convenzione dove è stata inserita, nel più classico stile dei trattati-capestro, la polpetta avvelenata. Vi si legge infatti che l’esercizio del diritto alla eredità culturale può essere soggetto solo a quelle “limitazioni, necessarie in una società democratica, per la protezione dell’interesse pubblico e degli altrui diritti e libertà”. Che diavolo vuol dire? Pensate male e lo capirete all’istante.
Significa stabilire l’obbligo di coprire, oscurare, limitare la visione di un’opera se questa può offendere la “sensibilità” altrui. Per esempio, simboli religiosi cristiani oppure nudità scabrose in grado di impermalosire gli appartenenti ad altre religioni e comunità. Qualcuno ha messo il dito sulla piaga e il Ministro Franceschini si è affrettato a rassicurarci: affermando che la norma si riferisce a restrizioni come quelle avvenute nel 2020 in occasione della emergenza Covid. Come no! Ha ragione ministro, è proprio vero. Com’è vero che noi abbiamo ancora l’anello al naso e siamo scesi or ora dal pero.
Dovremmo credere che una convenzione di quindici anni fa contemplava (profeticamente) un cavillo da giocarsi in vista della pandemia 2020. In realtà, è palese, quell’articolo è il grimaldello per la censura. Ma la cosa più divertente è che – a un governo come quello giallorosso – questo codicillo non serviva affatto. Da anni ormai, lorsignori ci hanno abituati alla censura preventiva, e punitiva, della nostra identità.
Provate a fare la conta: da chi mai sono venute tutte le iniziative contro i crocifissi nelle scuole degli ultimi tempi? Per non parlare delle tendine a scomparsa nei cimiteri. O ripensate alla visita in Italia del presidente iraniano, Hassan Rohani, nel 2016. Chi chiuse in una scatola, a scanso di offese all’Islam, le statue di Marco Aurelio a cavallo e delle Veneri nella Sala Esedra dei Musei Capitolini? Insomma, e per concludere, per questi qua la firma di un trattato come quello di Faro è superflua. Censurare l’identità, anche culturale, della propria nazione gli viene naturale. Anche perché – loro – un’identità non ce l’hanno affatto.
Francesco Carraro
FONTE: https://www.francescocarraro.com/la-convenzione-faro-ovvero-come-vergognarsi-senza-vergogna-della-propria-identita-culturale/
SOGNO O SON DESTO?
Sogno o son desto? Tutti avremmo voluto fosse stato un brutto sogno quello al risveglio dell’ennesimo giorno di quarantena, in pieno lockdown: la pandemia è stato l’incubo peggiore che potessimo avere. Malgrado ciò, le interminabili settimane abbandonati a gozzovigliare riversi nel letto (personal trainer e runner improvvisati sul web a parte) hanno risvegliato, nell’animo di buone parte di noi, quei sogni sopiti ma mai dimenticati.
Il fenomeno dei sogni è stato addirittura studiato: tanti, più lunghi, più vividi, perfino più ricordati. E questo perché il Covid avremmo anche cercato di tenerlo fuori di casa, ma ha comunque varcato la soglia del nostro labile inconscio. E poi avevamo tutto il giorno per dormire e sognare, dormire e sognare, e così abbiamo dormito e sognato, alterando la nostra routine più di quanto non lo fosse già. Forse perché la realtà ci spaventava, e allora abbiamo vissuto dentro i nostri sogni.
Dal canto suo, con la psicoanalisi Freud, e in seguito Jung, hanno sempre sostenuto che essi altro non fossero che la voce del nostro profondo subconscio: non sono forse i sogni, desideri? In Sogno O.Henry, pseudonimo di William Sydney Porter, scrive di quanto in realtà «psicologia e scienza brancolino nel buio» nel tentativo di spiegare l’essenza del «fratello gemello della morte: il sonno», tentativo a cui egli stesso cercherà di non soccombere. Si limiterà a raccontare del sogno di Murray, un criminale che, nel braccio della morte con l’accusa di omicidio perpetrato ai danni della compagna in seguito a rabbia e gelosia, vive l’avvicinamento al momento della sentenza con incredibile calma e sconcertante spensieratezza, concludendone l’arrivo con un insanabile dubbio: è stato tutto un errore? È tutto un sogno? O. Henry si è distinto per l’uso sagace della parola condito da sano umorismo e finali a sorpresa capaci di irretire il lettore.
Nondimeno Franz Kafka, nel suo Un sogno, racconta dell’incubo, termine più appropriato, di K.: sogna la sua stessa morte, con tanto di fossa, lapide e scritta impressa. Egli si avvicina al cimitero affascinato da questa insegna quasi luccicante, dorata, venendo a scoprire solo una volta sepolto che quello riportato è il suo nome. Solo allora si sveglia. I sogni d’altronde si accostano spesso a noi come mondi più o meno realistici ma affidabili: solo più tardi si paleserà la felice o triste sorpresa.
Quest’ultima si ravvisa nel Sogno infinito di Bao Ru: tratto da The Dream of the Real Chamber di Cao Xuequin, autore del romanzo Honglou meng (Il sogno della camera rossa) e considerato il capolavoro della narrativa cinese, descrive lo sgomento e il senso di smarrimento del protagonista che non viene riconosciuto dalle sue ancelle e si imbatte in un’altra versione di sé: questo triste senso di perdita perseguiterà il sognatore anche dopo il risveglio. L’incapacità di discernere il reale dall’irreale gravita anche nella nostra dimensione onirica fino a sfociare in un sentimento di inadeguatezza che ci porta a chiederci se stiamo realmente sognando oppure no. Talvolta invece incappiamo nei cosiddetti sogni premonitori, o presunti tali.
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Il sogno d’amore: fenomenologia di una lunga presa in giro
Lo sapeva bene Maghrebi, un ricco uomo del Cairo protagonista di Storia di due che sognarono, tratto da Geschichte des Abbassidenchalifats in Aegypten di Gustav Weil, orientalista, arabista e filologo tedesco. Persa tutta la sua ricchezza in merito all’abbondante generosità, altrettanto fiducioso, egli si mette alla ricerca del tesoro promessogli dal suo inconscio che, tra varie peripezie e inevitabili sofferenze, riuscirà ad acquisire. Allah lo premia; difficile dire possa accadere lo stesso anche noi.
Poi si vorrebbe pure sognare da svegli, perché no. L’uso di droghe allucinogene e psichedeliche favorisce questo processo e ne allieta lo spirito con false visioni idilliache. Così argomenta la sua tesi il medico all’interno del racconto Sogni di Guy de Maupassant di fronte ad uno scrittore e tre ricchi scapoli nullafacenti. Alla visione nichilista e triste di una vita ingorda di futili piaceri che questi gli propongono, il medico contesta con l’assunzione dell’etere: non è una droga come le altre già elargite e conosciute, ma è comunque capace di concedere una nuova visione dell’esistenza, superiore e ricca, piena e mai concupiscente nelle sue piccolezze spesso ignorate.
Quattro brevi esempi letterari per leggere come l’ambito del sogno sia stato indagato e approfondito, non solo da un punto di vista psicologico e scientifico.
Che i nostri sogni siano sempre degni di penna.
Noemi Adabbo
FONTE: https://www.frammentirivista.it/sogno-o-son-desto/
Uccidere, ma con amore: attenti al Vangelo secondo Biglino
Sicuri che la Bibbia dica esattamente quello che la dottrina cattolica sostiene sia esplicitato, nelle sacre scritture? L’ultima sfida culturale di Mauro Biglino, traduttore di 19 libri dell’Antico Testamento per conto delle Edizioni San Paolo, parte dall’analisi del nuovissimo volume del “Catechismo della Chiesa cattolica”, edizione aggiornata con il nuovo testo sulla pena di morte. Un’analisi a puntate, proposta nella serie di video “Catechismo alternativo in pillole”, sul nuovissimo canale YouTube “Il vero Mauro Biglino“, aperto durante il lockdown: canale che, in pochi mesi, ha già collezionato un milione e mezzo di visualizzazioni e quasi 40.000 iscritti. In Italia e non solo, Biglino è un caso editoriale: ha all’attivo ormai 14 volumi, pubblicati da UnoEditori e da Mondadori, che mettono la Bibbia (o meglio, la sua interpretazione teologica) alla prova della verità: quella offerta dalla lettura testuale dall’ebraico antico, da cui si evince che il “dio” dell’Antico Testamento – meno potente dei “colleghi” assiri, egizi e romani – non era la sola “divinità” in circolazione, né era onnisciente e tantomeno infallibile. Biglino svela che, per la Bibbia, Yahwè è soltanto l’El dei giudei, un soggetto “diverso e distinto” dagli umani, né più né meno come gli altri 20 Elohim che compaiono nel testo antico.
«Premetto: del problema di Dio non mi occupo affatto, perché non ne so nulla», chiarisce Biglino. «Dico solo che nella Bibbia non esistono i concetti di creazione, eternità, anima, immortalità e onnipotenza. Non c’è traccia di spiritualità: non esiste neppure la parola “dio”, o qualcosa che possa ricondurre all’idea del divino». Ancora: «Rispetto i credenti. Anzi: chi ha una fede se la tenga stretta, se lo aiuta a vivere meglio. Non si faccia condizionare dai miei libri». I quali, per così dire, “si limitano” a dimostrare – traduzioni alla mano – che, semplicemente, Dio non ha niente a che fare con la Bibbia. A scricchiolare, semmai, è la teologia, laddove pretende di fondare le sue certezze su testi antichi – che in realtà, spiega il traduttore (mai contestato, tecnicamente) parlano di vicende estremamente concrete e ruvidamente terrene: ovvero l’alleanza tra un piccolo popolo – una sola delle 12 tribù ebraiche, quella di Giacobbe-Israele – e il suo El, cioè il “capo” a cui fu assegnata. «Tutto questo – precisa ancora Biglino – senza dimenticare che nessuno al mondo, oggi, è in grado di conoscere l’esatto significato della parola “Elohim”, che la teologia decide arbitrariamente di tradurre con “Dio”, a fondamento del pensiero monoteista, ignorando deliberatamente la presenza degli altri Elohim (”dei”) chiaramente presenti in quelle stesse pagine».
Altro caposaldo del Biglino-pensiero: «Io non ho certezze: mi limito a formulare ipotesi basate sulle traduzioni letterali del testo originario». Il metodo è quello del “facciamo finta che”. Ossia: «Se il racconto della Bibbia fosse veridico, sarebbe coerente? Molto spesso, la risposta è sì». Da cui la deduzione del traduttore: nell’Antico Testamento non c’è un contatto tra Dio e l’uomo, ma complesse alleanze tra popoli e misteriosi, potenti esseri che li guidano e li dominano. «Va detto – chiarisce ancora Biglino – che questo mio “fare finta che” è del tutto ipotetico, perché in realtà della Bibbia non sappiamo quasi nulla: chi l’abbia scritta davvero, quando, in che lingua. Sappiamo solo che l’originale non è quello che ci è arrivato, il quale è stato continuamente riscritto, attraverso i secoli, fino all’epoca di Carlomagno. All’appello mancano ben 11 libri, chiaramente citati nell’Antico Testamento, tra cui quello intitolato “Le guerre di Yahwè”». E’ con queste premesse – non esattamente rassicuranti – che Biglino si accinge a passare al setaccio il nuovo manuale del catechismo cattolico, adottando lo stesso metodo: verificare se la Bibbia dice, esattamente, quello che la teologia le fa dire.
«Anche qui – spiega il traduttore – propongo quello che consiglio di fare con i miei libri». E quindi: «Leggere ciò che c’è scritto nel Catechismo ed esaminare le citazioni che i redattori vaticani inseriscono all’interno del volume, per vedere da dove hanno ricavato le loro teorie (le loro elaborazioni teologiche) e andare a vedere, in corrispondenza di quelle citazioni, che cosa c’è scritto esattamente nella Bibbia». Nel video introduttivo – il primo di una serie che si annuncia dirompente – Biglino parte da un aspetto attualissimo: la radicale revisione che il Vaticano sta attuando, rispetto al drammatico problema della pena capitale. «Fino alla versione precedente del Catechismo – ricorda lo studioso – la pena di morte era tranquillamente accettata e giustificata». In quest’ultima versione, invece, l’articolo 2.267 (relativo proprio alla pena di morte) è stato modificato. In sostanza, si legge nel nuovo Catechismo, «vista l’evoluzione sia del diritto, sia della consapevolezza, sia dei nuovi sistemi di detenzione e delle nuove sanzioni penali, che non tolgono al reo in modo definitivo la possibilità di redimersi, la Chiesa insegna, alla luce del Vangelo, che la pena di morte è inammissibile, perché attenta all’inviolabilità e dignità della persona».
La Chiesa «si impegna quindi con determinazione per la sua abolizione, in tutto il mondo». Ecco, annota Biglino: ora siamo arrivati a questa formulazione, ma i Vangeli non sono cambiati. E neppure l’Antico Testamento. «Quindi, qui, la Chiesa decide di cambiare autonomamente ciò che, in realtà, per duemila anni ha predicato. E l’ha predicato sulla base dei Vangeli e dell’Antico Testamento». L’ha fatto a partire da Agostino d’Ippona, «che predicava la “giusta persecuzione”, distinguendola dalla persecuzione ingiusta». Per Sant’Agostino, «la “giusta persecuzione” era quella praticata dalla Chiesa, perché era fatta “con amore”». Non era il solo, a vederla così. «Pensiamo a Bernardo di Chiaravalle, il quale ha teorizzato e predicato il cosiddetto “malicidio”». Proprio lui, San Bernardo, l’uomo che scrisse la Regola dei Templari, «diceva cioè che uccidere un “infedele” era uccidere, in sostanza, una sorta di male assoluto, di male irredimibile, e quindi era “fare un piacere a Dio” (anche se quell’infedele, come persona umana, andava amata)». E attenzione: «Era un po’ la stessa cosa che diceva Sant’Agostino, che affermava: la persecuzione della Chiesa romana è giusta, perché fatta con amore».
In sostanza, quindi – riassume Biglino – per duemila anni la Chiesa ci ha detto che si poteva anche uccidere – si poteva praticare la pena di morte, si poteva uccidere in guerra un “infedele” – sulla base dei testi sacri. «Adesso, sempre sulla base degli stessi testi (cosiddetti sacri), la Chiesa ci dice che la pena di morte non è ammissibile. Cioè: la Chiesa ritiene improvvisamente di poter cambiare “gli ordini di Dio”, ovvero ciò che c’è scritto nei cosiddetti testi sacri?». Esaminare il Catechismo alla luce di una lettura parallela con la Bibbia, aggiunge Biglino, è veramente interessante, perché consente di fare delle riflessioni spiazzanti: «Basta andare a vedere che cosa c’è veramente scritto, nella Bibbia, riguardo ai passi citati dal Catechismo. Magari si potrà capire (scoprire?) che tutta una serie di cose che sono scritte nel Catechismo, nei testi antichi non ci sono». Il problema? Noi tendiamo a prendere per buono quello che ci viene raccontato, da sempre. Piaccia a no, sostiene Biglino, dobbiamo renderci conto che la cultura occidentale (la stessa politica occidentale) è fortemente condizionata dalla teologia che si richiama alla Bibbia. «Con questo sistema di pensiero si può essere d’accordo oppure no: l’importante è essere consapevoli di quanto condizioni la nostra vita, privata e pubblica».
Lo dimostra un saggio come “La Bibbia non l’ha mai detto”, edito da Mondadori nel 2018: un libro pieno di sorprese, che Biglino ha scritto a quattro mani insieme alla professoressa Lorena Forni, docente di filosofia del diritto all’università Milano Bicocca. «Lei analizza in che modo il diritto, in Italia, sia condizionato dalle idee della Chiesa romana, che deriverebbero dai testi “sacri”. Io invece documento come, in realtà, quelle cose la Bibbia non le abbia mai dette». Attenti: questa problematica non investe solo la cattolica Italia, che risente storicamente della presenza del Vaticano. Il filosofo Michel Ofray, altro docente universitario, nel suo “Trattato di Ateologia” scrive che, anche nella sua laicissima Francia, il condizionamento è esattamente uguale a quello presente in Italia. Ricordando la strage di Charlie Hebdo – annota Biglino – poco tempo fa il presidente Macron ha detto che in Francia c’è persino “libertà di blasfemia”, talmente laico sarebbe il suo paese. Analizzando i rapporti tra la dottrina ebraico-cristiana e le leggi della laicissima Francia, Onfray invece scrive: «Si parla, si pensa, si vive, si agisce, si sogna, si immagina, si mangia, si soffre, si dorme e si concepisce da ebreo-cristiani, modellati da duemila anni di condizionamenti del monoteismo biblico».
Eppure – segnala Biglino – dopo duemila anni di pensiero su un aspetto così importante come la pena di morte, «abbiamo visto come la Chiesa si senta in assoluta, totale libertà di cambiare il suo pensiero, pur rimanendo fermi i cosiddetti testi sacri». Aggiunge lo stesso Onfray: in Francia «non c’è nessuna difficoltà ad affermare l’uguaglianza dell’ebreo, del cristiano, del musulmano, del buddista, dello scintoista; tutto può ben dare l’impressione che le scelte si equivalgano, perché a livello della vita pubblica, in realtà, i quadri, le forme, le forze (cioè l’essenziale: etica, politica, bioetica e diritto) restano ebraico-cristiani». Dobbiamo esserne consapevoli, insiste Biglino. E il modo migliore per farlo – dice – consiste proprio nell’analizzare il nuovo testo della dottrina cattolica, diretto sostanzialmente ai vescovi, del quale Papa Francesco scrive: «Il Catechismo della Chiesa cattolica, in questo modo, diventa un’ulteriore mediazione, attraverso cui promuovere e sostenere le Chiese particolari in tutto il mondo, nell’impegno di evangelizzazione come strumento efficace per la formazione soprattutto dei sacerdoti e catechisti». Aggiunge il Pontefice: «Mi auguro che possa essere conosciuto e utilizzato, per valorizzare al meglio il grande patrimonio di fede di questi duemila anni della nostra storia».
E allora seguiamola, conclude Biglino, l’indicazione di Papa Francesco: cioè, facciamo in modo che questo nuovo Catechismo della Chiesa cattolica possa essere “conosciuto e utilizzato”, e quindi «letto alla luce di ciò che c’è scritto nei testi sacri». Ed è esattamente quello che l’autore farà nella sua nuova serie di video, dove – partendo dal Catechismo – tornerà a leggere la Bibbia. «Io “faccio finta che” sia vero quello che c’è scritto nell’Antico Testamento: lo stesso approccio, quindi, lo rivolgo al Catechismo. Prendo nota di ciò che la teologia elabora (e che Papa Francesco si augura che venga conosciuto e diffuso) e lo metto a confronto con quello che c’è scritto nei cosiddetti testi sacri. E’ la cosa più giusta e più corretta che possiamo fare – anzi, che dobbiamo fare», in ogni caso, «sia che si voglia uscire da questo “recinto”, sia che si voglia rimanere al suo interno: l’importante è saperlo». E per acquisire la necessaria consapevolezza «non si può fare niente di meglio che leggere quelli che sono i testi da cui si è partiti, per costruire questo “recinto” del pensiero giudaico-cristiano». Chiosa Biglino: «Sono questioni molto serie, che io intendo affrontare con tranquillità e anche col sorriso, cioè senza prendermi troppo sul serio, proprio per non cadere nel dogmatismo, ma andando a vedere cosa c’è veramente scritto nei testi da cui il Catechismo dice di derivare». Inutile aggiungere che le sorprese non mancheranno.
VIDEO QUI: https://youtu.be/KRyIyJEQW0I
FONTE: https://www.libreidee.org/2020/09/uccidere-ma-con-amore-attenti-al-vangelo-secondo-biglino/
NELLA FANTASCIENZA CINESE LA SOCIETÀ È “PIEGHEVOLE” E I SENTIMENTI SONO EQUAZIONI
18 settembre 2020
Il mondo si prepara a fare i conti con un’invasione aliena: c’è chi vorrebbe imbracciare le armi e chi invece si auspica la fine dell’umanità, in favore di una specie tecnologicamente superiore. La stessa società, nelle pagine di un altro libro, è un gigantesco ingranaggio pieghevole in cui i settori che ospitano le classi subalterne vengono aperti solo per “produrre” e soddisfare il fabbisogno delle élite. Due opere di fantascienza cinese, di recente tradotte in Italia, ci raccontano il futuro che verrà. O forse, il presente che già è.
FONTE: https://www.idiavoli.com/it/article/nella-fantascienza-cinese-la-societ–pieghevole-e-i-sentimenti-sono-equazioni
CYBERWAR SPIONAGGIO INFORMAZIONE DISINFORMAZIONE
La Carta della Coercizione di Biderman
Adesso è metodo di governo.
“Negli anni Cinquanta, lo psicologo Albert Biderman sviluppò un modello descrittivo detto “Diagramma di Biderman”: uno strumento che illustra i metodi coercitivi della pressione manipolatoria esercitata sui prigionieri di guerra, e non solo: anche dai capi delle sette “religiose” e persino dai perpetratori di abusi domestici. Lo scopo è distruggere la volontà degli assoggettati ed esercitare il controllo mentale totale”.
Isolamento
“Distanziamento sociale”, mascherine, allontanamento dalle famiglie
Ilaria Capua e la riapertura: Nonni e nipotini dovranno stare distanti, difendiamo i più deboli
Il primo ministro francese: i nonni non dovrebbero prendere i nipoti a scuola
Le sette pauso-religiose “lavorano per isolare le persone dagli amici e dalla famiglia”
Gli assoggettati “diventano iper-vigili, molto timorosi se dovessero sostenere la disapprovazione del gruppo, che ora offre l’unico supporto disponibile”
Biderman: I gruppi settari ” possono rimuovere i bambini dai loro genitori, controllare tutti i soldi del gruppo, organizzare matrimoni, distruggere oggetti personali dei membri “.
Monopolizzazione della percezione
- Elimina gli stimoli in competizione con quelli controllati dal carceriere (tg parlano totalitariamente, ossessivamente, solo di covid, focolai, non danno spazio alle opinioni in dissenso)
- Frustra tutte le azioni non coerenti con la conformità, punisce l’indipendenza e la resistenza.
“Monitorano le apparenze dei membri (“Non portano la mascherina in modo corretto!”). All’inizio, i nuovi membri possono pensare che queste siano irragionevoli, ma in seguito, perché vogliono essere in pace o perché hanno paura, o perché tutti gli altri le stanno rispettando, cercano di soddisfarle. Preoccupazione per le banali esigenze della vita quotidiana (riduzione a “bisogni animali”), esigendo il rigoroso rispetto delle norme di apparenza, codici di abbigliamento….sensazione di essere monitorato, guardato costantemente da quelli del gruppo o dai leader.
Umiliazioni degradazioni
Rende la resistenza più costosa che la conformità..Sensazione di essere colpevole se uno dice di no a una richiesta o va contro gli standard. Essere intimiditi o costretti a fare volontariato e sottoposti a disprezzo o ridicolizzazione quando non si “fa volontariato”.
Esaustione indotta
“….C’è la sensazione di camminare sulle uova. Tutto diventa importante in termini di come il gruppo o i suoi leader risponderanno… privazion del sonno, del cibo… serve a indebolire la capacità mentale e fisica di resistere.
Dal web: “Maestra lascia la cattedra, non vuole fare la Kapò: “Non possono toccarsi, scambiarsi il pennarello, accumulare i libri uno sopra l’altro, alzarsi per giocare con i loro amichetti, fare gruppi di lavoro, aiutarsi a vicenda, abbracciare la maestra”.
Un piccolo imprenditorter : “Sei a casa, per una banale influenza o raffreddore, chiami il tuo medico di base per un normale certificato malattia, e lui ti denuncia alla ASL! Scatta tampone e quarantena obbligatoria. Stanno creando cortocircuiti micidiali.
Minacce
Minaccia di rifiutarti le cure del servizio sanitario nazionale
Minacci di chiuderti in quarantena e non poter lavorare
“Qui in Trentino basta chiamare il medico per – ad esempio – un antistaminico per un raffreddore da allergia e dopo 10 minuti hai la mail dell’ASL che ti mette in isolamento fiduciario. Te e il tuo nucleo familiare.
“Vi ricordiamo che dovete avere paura, quando vi svegliate e anche quando dormite, di ogni cosa. Finché non vi sarete sbarazzati di questa irresponsabile libertà” (E. Pennetta).
Minacce vaghe e imprecisate
Cambiamenti di trattamento misteriosi
“Non volete un nuovo #lockdown? Bene, nessuno lo vuole. E allora rispettate le tre fottute regole: -Mascherina (con il fottuto naso dentro) -Distanziamento -Lavarsi le mani (ma anche il resto) Non è difficil” (Charlotte Matteini)
Indulgenze Occasionali
- Fornisce motivazione alla conformità sociale
I leader di gruppi coercitivi possono improvvisamente offrire una sorta di indulgenza, amore o affetto, attenzione dove prima non c’era. La vittima spera che la situazione cambierà o si dubita di se stessi (“Forse sto solo immaginando che la situazione sia così brutta“)…
Dimostrazioni di onnipotenza
Messaggi in contraddizione – Esibire totale controllo sulla faccia della vittima
L’apparenza e la futilità dominano sulla profondità del conflitto delle idee.
Imposizione di “regole” stupide e banali
- Crea sentimenti di impotenza
- Sviluppa mancanza di fiducia nelle capacità individuali
“… ridurre tutti a una sorta di minimo comune denominatore in cui nessun dono o abilità naturale viene valutato o apprezzato, ma sono molto più apprezzati il servizio, l’obbedienza, la sottomissione all’autorità e le prestazioni che non esaltino doni o abilità individuali.
Intimazione di esigenze stupide, assurde, contraddittorie, insensate.. obbligo di mascherine all’aperto
imposizione di “regole” con la forza pubblica, misure fisicamente dolorose
“La trasmissione di musica sulla pubblica via, o udibile sulla pubblica via, è vietata a Parigi”
#Francia https://twitter.com/AlessandroCere7/status/1309945929471066114?s=20
FONTE: https://www.maurizioblondet.it/la-carta-della-coercizione-di-biderman/
L’avanzata pericolosa del politicamente corretto
27 09 2020
Ho l’età per appartenere a quelle persone (perbene) che tanti anni fa di fronte agli studenti che affermavano a voce alta “il sapere è l’arma di pressione di una società bianca, fallocratica, eterosessuale” hanno sorriso, scosso la testa, detto “son ragazzi”. Erano i nonni di quelli che oggi depositano un fiore sulle confezioni di carne nel banco frigo dei supermercati dandoci degli “assassini” (di vacche e di pecore, of course). E noi sorridiamo: “son ragazzi”.
Evoluzione del politicamente corretto
Ci è sfuggita allora, ci sfugge oggi, la pericolosità del politically correct e della sua evoluzione. Mi ha confidato un amico, professore universitario in Usa (mi ha pregato di non citarlo!) che colà le Università controllano, per conto degli studenti e delle loro famiglie, il diversity statement dei professori. Chi concorre per occupare una cattedra deve documentare per iscritto (sic!) che nell’insegnamento “illustrerà e commenterà criticamente l’esperienza dei gruppi di diseredati, passati e presenti”. In quel “passati” ci sono i libri di Dante e di Shakespeare bollati come omofobi, e le statue (da distruggere) di chi ha fatto la Storia.
Era il sistema in auge al tempo del fascismo italico, del nazismo tedesco, del comunismo sovietico, del nazi-comunismo maoista, mantenuto tal quale dal loro compagno di merende Xi Jinping. Il documento richiesto dalle università liberal americane altro non è che l’adesione al pensiero unico di novecentesca memoria, rendendo irrilevante le capacità didattiche, la competenza riferita alla materia di insegnamento, la meritocrazia.
Uno dei miei miti è Allan Bloom, il suo libro “La chiusura della mente americana”, dal 1987 staziona sul mio comodino, proteggendomi da questi barbari, sempre più ignoranti e aggressivi. Fin dalla sua prima edizione il libro venne violentemente attaccato dalla sinistra liberal americana, si associarono le sinistre europee, pure quella italiana. Oggi, la parte migliore della sinistra e della destra americana, con alla testa un altro mito (Noam Chomsky) in un Manifesto hanno detto: “Basta!”. John McWhouter professore alla Columbia, afroamericano, cita un’inchiesta ove 445 accademici interpellati su questo tema, preferiscono non esprimere la loro posizione per timore di compromettere il proprio posto di lavoro (sic!).
Intellettuali del pensiero unico
È ciò che sta avvenendo, ormai da molti anni, anche da noi, persino nel mondo dei media ove il conformismo politico culturale dovrebbe essere, per definizione, assente. Un gruppo di facinorosi (scrittori, giornalisti, magistrati, musici, persino ridicoli influencer) sta dettando l’agenda del pensiero unico e funge pure da giudice seguendo i dettami del vecchio Tribunale speciale del 1926. I colleghi dei media mainstream, di impronta dichiaratamente liberale, sono ridotti a una sparuta minoranza (ne ho contati una decina) e il loro destino pare segnato.
Mi preoccupa la Svizzera, ultima terra liberale, starà mica collassando anche lei? La Swiss, in verità ora è tedesca, quindi “merkellizzata”, non distribuisce più a bordo i deliziosi cioccolatini Läderach perché Jürg Läderach si è dichiarato contro l’aborto (sic!). A Zurigo una pacifica marcia di cristiani è stata vietata con una motivazione incredibile: “pericolo di violenze”. La Polizia ha precisato: non i cristiani, ma i loro avversari politically correct sono facinorosi e fanatici.
FONTE: https://www.nicolaporro.it/lavanzata-pericolosa-del-politicamente-corretto/
DIRITTI UMANI
Crimini contro l’umanità, in ospedale, da mesi in Italia
Questo è il vero crimine contro l’umanità che si sta perpetrando da mesi.
Gli indizi erano già ravvisabili in precedenza all’epidemia.
Perché diciamocelo, chi non ha avuto un genitore ricoverato dove per età il paziente era stato un po’ trascurato.
Ora con la scusa del covid, si fanno morire con negligenza e ostinazione, le persone anziane lontane dalla famiglia.
Morire di fame lontano dalla famiglia.
Morire di malattia rinchiusi in ospedale lontani dalla famiglia
Come per gli RSA.
La verità è che non bisogna più andare nelle strutture pubbliche, ma solo nelle strutture private.
VIDEO QUI: https://youtu.be/wxMC27ah9I0
FONTE: https://scenarieconomici.it/crimini-contro-lumanita-in-ospedale-da-mesi-in-italia/
TECH-GLEBA SENZA ALTERNATIVE. (parte I)
La schiavitù, letteralmente, è già pronta per 10 miliardi di esseri umani. Meglio definirla servitù di una sorta di ‘gleba’, e sarà ‘TECH-GLEBA SENZA ALTERNATIVE’.
Questo non è un fumetto, è il futuro vicino, vicinissimo, ed è tutto già pronto. Solo che nessuno di noi se ne sta accorgendo, perché chi fra i cittadini oggi si considera attivo, sta combattendo battaglie che, sì, sono sacrosante (mafie, corruzione, Eurozona, migrazioni, ambiente…), ma mentre le combatte non sa che un mostro immensamente peggiore è dietro la porta di casa: ‘TECH-GLEBA SENZA ALTERNATIVE’. La Storia ha un precedente straordinario per farvi capire cosa intendo, ed è la guerra civile americana. Chi ne ha voglia mi segua, questo è un saggio non un breve articolo.
La ‘visione’ di Abraham Lincoln.
Semplificando, cosa accadde negli Stati Uniti a metà dell’800? I libri ci raccontano che il Paese si spaccò in due, col nord nazionalista che combatté una guerra sanguinaria contro i secessionisti del sud per 4 anni. I primi fra le altre cose ambivano all’abolizione della schiavitù, i secondi la difendevano a spada tratta. In realtà l’America era spaccata in tre, e la terza forza in campo non era armata, era la Rivoluzione Industriale del Paese. E questo per l’articolo sulla nostra futura schiavitù, la TECH-GLEBA, è centrale.
L’allora presidente Abraham Lincoln era un uomo di un’intelligenza incredibile. Egli, al contrario di noi persone di oggi, mentre combatteva la Guerra Civile si era già reso conto che un mostro immensamente più micidiale della spaccatura della nazione e della schiavitù dei negri era dietro la porta di casa:
… era LA SCHIAVITU’ DEL LAVORO SALARIATO SU SCALA INDUSTRIALE E AGRICOLA. Pochissimi lo sanno, ma quello che è oggi un partito di destra estrema, cioè il Partito Repubblicano, era ai tempi di Lincoln una formazione di veri libertari che non avevano dubbi sul fatto che il lavoro salariato fosse una forma transitoria di SCHIAVITU’ che andava abolita tanto quanto la schiavitù dei negri. Per Lincoln e per i Repubblicani essere operai stipendiati nelle grandi industrie o nei campi era un “attacco inaccettabile all’integrità personale”; disprezzavano il sistema industriale che si stava allora sviluppando perché costringeva l’umano a essere sottoposto a un Padrone, tanto quanto lo schiavo del sud, anzi, peggio. Perché, per dirla semplice, chi ti possiede avendoti comprato ti tratta meglio di chi ti ‘noleggia’; la differenza che fa oggi, ad esempio, fra come uno cura la propria auto e come tratta quella noleggiata.
E qui Lincoln aveva visto appunto lunghissimo, proprio quel mostro immane che giaceva dietro la mostruosità della schiavitù dei negri d’America, il mostro immane della schiavitù del lavoro salariato su scala industriale e agricola. Non esiste infatti dubbio, se uno studia la storia delle Rivoluzioni Industriali dal 1700 in poi in tutto il mondo, che le sofferenze di centinaia di milioni di operai e contadini salariati, CIOE’ ‘NOLEGGIATI’, furono per più di due secoli assai più atroci di quelle sofferte dagli schiavi delle piantagioni USA. Solo un’occhiata alle condizioni di vita dei minatori inglesi a inizio ‘800 rende l’idea… vivevano peggio degli animali – non dei negri! – delle piantagioni schiaviste americane. Abbiamo tutti nella memoria immagini delle frustate agli schiavi, i ceppi ai piedi e al collo, tutto vero. Ma il numero di manovali salariati, CIOE’ ‘NOLEGGIATI’, picchiati a morte dai ‘caporali’, morti di stenti/malattie sul lavoro o trucidati dal lavoro stesso per, appunto, almeno due secoli, è infinitamente maggiore. Si pensi che durante la sola costruzione del Canale di Suez nel 1869 morirono come sorci 150.000 operai. La costruzione del Canale di Panama nel 1914 ammazzò l’esatta metà di tutti coloro che ci lavorarono, cioè 31.000 operai. Ancora di recente, nel 1943, il progetto della Burma-Siam Railway trucidò di fame, letteralmente di fame 106.000 disgraziati pagati centesimi a settimana.
Moltiplicate quei numeri per incalcolabili istanze, e sparisce il dubbio che LA SCHIAVITU’ DEL LAVORO SALARIATO SU SCALA INDUSTRIALE E AGRICOLA fu, e sarà, un olocausto planetario molto peggiore della schiavitù dei negri d’America. D’altronde in Europa fu questa agghiacciante realtà che mosse la lotta di Rosa Luxemburg o di Anton Pannekoek, loro avevano visto e capito.
Abraham Lincoln aveva spiato il sorgere del nuovo mostro mondiale che avrebbe sputato olocausti dopo olocausti, ma fu ignorato, e la schiavitù del lavoro salariato s’impadronì del mondo mentre solo un microscopico nugolo di pensatori se ne stava accorgendo, e nell’ignoranza di tutti gli altri.
La storia del movimento sindacale è qui che frana disastrosamente: mai in epoche possibili e fino a oggi, il sindacalismo adottò la posizione di Lincoln e del Partito Repubblicano libertario, e cioè appunto che il lavoro salariato fosse una forma transitoria di SCHIAVITU’ che andava abolita tanto quanto la schiavitù dei negri**. Si lottò per le condizioni di lavoro e per l’aumento dei salari, ma mai per la liberazione dal lavoro dipendente. Il solito immenso George Orwell, che visse volontariamente fra i diseredati salariati d’Europa negli anni ’30, predisse ciò che ancora oggi abbiamo: masse moderne immani ma che sono di fatto schiave del lavoro per quasi tutta la vita, e la cui fuga da questa schiavitù “è in pratica solo possibile per malattia, licenziamento, incarcerazione, e infine la morte”. Se pensate che sia in USA che nella UE oggi, oltre ai crolli degli standard di vita e al totale ricatto della disoccupazione (altra forma di schiavitù), abbiamo il fenomeno dei pensionati che sono costretti a ricercare lavoro, schiavi del lavoro fino al decesso…
**(nota: alla luce di quanto sopra, anche se non vi sono dubbi che la schiavitù dei negri USA fosse inaccettabile, viene da rileggere con altri occhi il lavoro del massimo teorico americano dello schiavismo, George Fitzhugh, quando avvisò che “il negro reso libero si ritroverà in una tragica guerra capitalistica fra proletari bianchi e ne uscirà disumanizzato e distrutto. Almeno nelle piantagioni la sua sopravvivenza e civilizzazione sono garantite”. Bè, se quel paradigma lo si pensa applicato a ciò che infliggeranno le Rivoluzioni industriali a centinaia di milioni di salariati ‘liberi’… mica sbagliò di tanto Mr Fitzhugh).
Conclusione: Abraham Lincoln combatté una forma di schiavitù mentre era consapevole che un mostro ben peggiore nasceva all’orizzonte.
La ‘visione’ che nessuno di noi ha, ma che ci divorerà.
Ed eccoci alla ‘TECH-GLEBA SENZA ALTERNATIVE’.
Anche oggi siamo impegnati in guerre che ignorano un mostro immensamente maggiore che è già dietro alla porta di casa, e che si mangerà il Pianeta. Lincoln se ne accorse, noi invece non stiamo capendo né vedendo niente. Comincio a dare un’idea: dovete capire che il Capitalismo non esiste più come progetto, è già stato cestinato. Please welcome: THE TECH-GLEBA MILLENNIUM. Ecco la differenza fra i due:
Il Capitalismo dal primo giorno simbolico della sua nascita fino a oggi è sempre stato composto da tre elementi necessari: A- gli sfruttati B- la classe consumatrice C- l’elite che accumula il profitto in cima. Era così nei primi decenni del XX secolo con qualsiasi prodotto, è così oggi con un qualsiasi gadget digitale, fatto da poveracci in Tailandia, comprato dagli occidentali e dagli ‘emergenti’, e i trilioni vanno alla Apple o Samsung ecc. Tutto questo è già stato cestinato appunto, il Capitalismo oggi è consegnato alla sepoltura. Ma perché?
Per due motivi sostanziali. Il primo è che il Vero Potere ha da molto tempo compreso che non sarà assolutamente più possibile contenere miliardi di diseredati affamati sfruttati (la condizione A- del Capitalismo); essi o migreranno in masse colossali, oppure come in India e Cina inizieranno a pretendere condizioni economiche migliori e nessuno potrà fermarli. Da ciò l’invitabile destino della crescita esponenziale dei costi di produzione di qualsiasi bene, a livelli di prezzi finali impossibili anche per un occidentale. Poi il Vero Potere ha compreso anche che neppure l’alternativa della robotizzazione degli impianti (per licenziare, abbattere quindi i costi e competere) funziona, è un’illusione immensa, perché le masse licenziate sia qui che in Paesi Emergenti non avranno reddito, e di nuovo non potranno acquistare prodotti sofisticati. Crollo profitti (qui Marx vide lunghissimo), cioè chi venderà a chi?
Secondo: Il Vero Potere ha da molto tempo capito che la classica struttura della competizione del Mercato, in un mondo appunto con popolazione in crescita ma anche costi di produzione impossibili, non può più funzionare. Alla fine, detta in parole semplici, centinaia di milioni di Corporations che producono in una gara disperata oceani di cose e servizi, a chi poi le venderanno nelle economie prospettate sopra? E’ un imbuto che si auto-strangola senza rimedi. Quindi il Capitalismo è morto e consegnato alla Storia, LORO lo sanno da anni.
Ma il Vero Potere non sta a dormire, ha già (più che) strutturato la risposta in una forma totalmente nuova di economia, mostruosamente nuova, la ‘TECH-GLEBA SENZA ALTERNATIVE’, ecco come l’hanno pensata:
- A) 10 MILIARDI DI UMANI ELEVATI A CLASSE MEDIO-BASSA MA SCHIAVI DELLE TECNOLOGIE, COSTRETTI A TOGLIERSI LA PELLE PER CONSUMARE BENI E SERVIZI ESSENZIALI HIGH-TECH (‘TECH-GLEBA SENZA ALTERNATIVE’).
- B) L’ELITE CHE ACCUMULA QUELLO CHE MAI FU ACCUMULATO DA ELITE NEI 40 SECOLI PRIMA.
I 10 miliardi sono la proiezione fatta della popolazione mondiale al termine dell’arco di tempo necessario per arrivare alla meta. L’idea è che naturalmente scomparirà la sperequazione sociale di oggi, dove il pianeta Terra è frammentato da centinaia di stratificazioni che vanno da chi muore di fame, e via via su lungo la scala economica con appunto centinaia di fasce di reddito. No, si vogliono livellare 10 miliardi di umani a più o meno lo stesso livello economico. Ci sarà il condominio con acqua, bagni, elettricità, connessioni digitali, poi strade, scuole, negozi, servizi… anche nei buchi neri del mondo di oggi, come Fadwa nel sud del Sudan, o a Udkuda in India. Come detto sopra, e va ribadito, il Capitalismo è morto, e con lui è defunta la necessità/possibilità di avere miliardi di poveri di qua, benestanti di là, ricconi al top. Al nuovo progetto della ‘TECH-GLEBA SENZA ALTERNATIVE’ serve che l’intera massa vivente sia omogeneizzata nello standard di vita, e che consumi ma IN MODO TOTALMENTE DIVERSO da mai prima nella Storia.
Sentite, veniamo al concreto di un esempio, e scelgo l’auto perché vicina alla vita di tutti.
La Volkswagen, come quasi ogni gigante dell’auto al mondo ma anche come i colossi high-tech tipo Google e Apple o Tesla, sta investendo miliardi di dollari nelle cosiddette ‘Driverless cars’, cioè automobili che si autoguidano, che rispondono a comandi orali del passeggero, talmente zeppe di Artificial Intelligence (A.I.) da far impallidire la parola fantascienza. E la marca tedesca non lo sta facendo da poco. Ha iniziato 12 anni fa in collaborazione con la Stanford University e il Dipartimento della Difesa USA nel suo laboratorio futuristico chiamato DARPA.
Oggi tutto gira attorno a Silicon Valley, Google-Alphabet e alla Cina. Stanno investendo come pazzi, ma perché? Pensate che una startup cinese di nome Mobvoi che fa A.I. per auto del futuro è passata dal valere nulla al valore di 1 miliardo di $ in un anno. Perché sta corsa frenetica di tutti? FCA (ex Fiat) di Marchionne stavolta non è rimasta a guardare e sta rovesciando miliardi in ste auto-robot assieme a Wymo di Alphabet-Google. Perché? In particolare la gara si gioca a chi per primo elaborerà i super-computers, oggi impensabili, che sapranno elaborare trilioni di impulsi e dati ogni micro secondo per far girare miliardi di auto senza autista ma tutte coordinate a colloquio fra di loro per non creare disastri. La mole di dati che dovranno essere elaborati dal computer di bordo di ogni singolo veicolo in questo scenario è pari a quella di una spedizione spaziale dello Space Shuttle ogni secondo, tutto però gestito da un computerino sul cruscotto grande come una scatola di caramelle. E qui di nuovo giù valanghe di miliardi d’investimenti per arrivare primi…
… La Volkswagen oggi lavora con D-Wave Systems, un’azienda di computer che sta ribaltando l’universo… perché applica la fisica quantistica ai software. Una roba da far esplodere il cervello, perché la fisica quantistica se applicata con successo alle tecnologie digitali di oggi le sparerebbe nell’iperspazio moltiplicando per MILIARDI di volte il potere di elaborazione dati del più potente computer del mondo. Insomma, siamo a una viaggio lisergico digitale allo stato puro, ma dietro ci sono i miliardi veri e concreti. Perché?
Ecco la risposta: perché questa è gente che pensa 200 anni avanti, e sa benissimo che, come spiegato già prima, col Capitalismo morto – quindi con la sparizione di chi ti fa componenti auto pagato 1 dollaro al giorno, e con l’inevitabile innalzamento delle pretese di vita di miliardi di poveracci di oggi verso classi medio-basse – costruire un’auto con quei costi di manodopera costerà una pazzia e i prezzi si centuplicheranno. In altre parole: sanno che le auto non si venderanno più nei prossimi duecento anni perché costerebbero oro, e il 98% della gente del Pianeta non se le potrebbe più permettere. Sanno anche, ribadisco, che l’alternativa della robotizzazione degli impianti, per licenziare, abbattere quindi i costi e competere, non funziona, è un’immensa illusione, perché le masse licenziate non avranno reddito, e di nuovo non potranno acquistare l’auto. E qui torniamo alla ‘TECH-GLEBA SENZA ALTERNATIVE’.
Abbiamo detto che il progetto è avere 10 miliardi di umani economicamente omogeneizzati, ma a un livello appena possibile di classe mondiale medio-bassa. E si badi bene: là dove questa ‘TECH-GLEBA SENZA ALTERNATIVE’ non potrà arrivare coi propri mediocrissimi redditi, dovrà sopperire lo Stato con un Reddito di Cittadinanza, come già detto dal mega sindacalista USA Andy Stern e riportato dal Wall Street Journal. Queste masse però saranno OBBLIGATE (… senza ‘Alternative’) a spostarsi con un mezzo in trilioni d’istanze giornaliere in tutto il mondo, e allora?
E allora l’auto deve diventare un robot che nessuna Casa VENDE se non in numeri microscopici, che quasi nessuno possiede, ma che tutti possono NOLEGGIARE per pochi soldi in qualsiasi istante digitando un codice: un’auto-robot arriva, ti porta, un’altra ti riporta, oppure la mandi a prendere la spesa senza muoverti da casa, o rincasi dal lavoro con 6 colleghi chiacchierando comodamente seduto in un Van-robot che riporta tutti a domicilio, e se un’ora dopo vuoi andare a cena fuori digiti un altro codice et voilà. Moltiplicate questi ‘noleggi’ anche a pochi spiccioli per 10 miliardi di umani x 5-10-20 volte al giorno x 365 giorni all’anno e non è difficile capire che il profitto dalla Casa produttrice dalla Driverless car diventa cosmico rispetto al preistorico sistema della vendita dell’auto al singolo. *(nota: non voglio farvi esplodere le meningi, ma sembra che addirittura l’intera impresa delle Driverless cars sia destinata poi a essere soffocata e rimpiazzata dalle Auto-Drones, letteralmente i Drones iper-tech di oggi trasformati un mezzi di trasporto che ti atterrano davanti a casa, e l’intero traffico mondiale non sarà più su strada ma a circa 500 metri d’altezza sulle città).
Ribadisco: Queste masse però saranno OBBLIGATE (… senza ‘Alternative’) a noleggiare questa tecnologia, saranno PRIGIONIERE di quelle spese, anche a costo di altri sacrifici.
Ma attenti perché in questo progetto c’è altro. Più sopra ho scritto chiaro che nel nuovo progetto di ‘TECH-GLEBA SENZA ALTERNATIVE’ l’elite accumulerà quello che non fu mai accumulato da elites in 40 secoli prima. Questo non solo in virtù di elementi già emersi qui, ma soprattutto perché il progetto prevede, alla lettera, la distruzione d’interi comparti industriali (i tradizionali Re dell’industria) a favore dell’esistenza sul Pianeta degli Imperatori del Business, e cito: “Tutto questo sbriciolerà interi comparti industriali. Da queste fratture escono morti i tradizionali Re del business, ed escono gli Imperatori… E’ quello che ha fatto Jeff Bezos, che ha sbriciolato tutto il comparto industriale a cui apparteneva, ha azzerato sei comparti in un colpo solo, e ora l’Imperatore è Amazon…”. State capendo? Non muore solo il Capitalismo secondo il progetto TECH-GLEBA, ma anche la moltitudine delle industrie a favore di colossali Monopoli (gli “Imperatori”) come mai visti nella Storia, già chiamati col nome di Piattaforme. Immaginatene i profitti… Ancora:
“Con lo Strumento per Pianificare l’Offerta, i Pensatori Critici e i nuovi software, l’Imperatore possiederà una o più Piattaforme. Le Piattaforme dovranno però interagire nel Pianeta, tutto si gioca in questo, nelle Piattaforme… Useremo i software per sbriciolare comparti industriali con prodotti o soluzioni che nessuno ancora possiede.” Di nuovo, immaginate i profitti dei pochi Imperatori-elite nelle loro Piattaforme.
Chi parla così? Dei lunatici deliranti? No, ecco chi: Lloyd Blankfein, CEO di Goldman Sachs, Robert Smith guru di Vista Equity Partners, e Jeff Immelt CEO di General Electric, a un meeting riservato. Vi basta? E si stia attenti: prima che il progetto arrivi a distruggere i milioni di Re a favore degli Imperatori, gente come Amazon di Jeff Bezos con la sua iper-Tech digitale si sta divorando la piccola media distribuzione come uno squalo bianco divorerebbe un milione di pesci rossi in una vasca.
Quindi ‘TECH-GLEBA SENZA ALTERNATIVE’.
Prendete l’esempio del prodotto automobile e di cosa diventerà e di come 10 miliardi di viventi saranno ‘PRIGIONIERI’ della necessità (Captive Demand) di ‘noleggiare’ tecnologia oggi considerata cosmica per solo spostarsi, costretti, pri-gio-nie-ri. Basta solo capire che quasi tutto il resto sarà esattamente così, per quasi ogni prodotto e per quasi ogni servizio esistente. Cioè:
10 milioni di TECH-GLEBA SENZA ALTERNATIVE, se non usare per sopravvivere tecnologie di cui loro non hanno nessun controllo, ma assoluta necessità, e che stanno tutte nelle mani di pochi Imperatori che già oggi le posseggono perché ci stanno investendo cifre incalcolabili e cervelli inimmaginabili. Gente come Amazon, Google-Alphabet, Intel, Samsung, Microsoft, Apple, D-Wave Systems e tutti i labs di ricerca in A.I. dei colossi come General Electric, Bosh, l’MIT di Boston o le migliaia di micidiali startup come la sopraccitata cinese Mobvoi…
Riprendete nel grassetto sopra le parole “di cui loro non hanno nessun controllo“. Io non saprei ripristinare l’energia elettrica, il sistema idrico di una città, o costruire un’auto, oppure operare un femore fratturato, ma la popolazione sviluppata, oggi, abbonda di umani perfettamente in grado di fare tutto ciò. Potrebbero sparire tutti i tecnici ENEL, idrici, progettisti d’auto, o medici operativi oggi, che in poco tempo sarebbero sostituiti da altri già esistenti o in formazione. Ma quando invece solo il fatto che tu abbia una connessione senza cui letteralmente non sopravvivi in Terra, o che tu abbia un trasporto da A a B, o un Cobot che ti curi il taglio post operatorio, quando queste cose essenziali sono in mano a una elite ristrettissima di fisici quantistici, software code-makers da viaggio su Marte, e maghi visionari della A.I., I CUI BREVETTI SARANNO PIU’ SEGRETI dei codici nucleari di Stato…
… tu sei fottuto, perché nessuno fra i tecnici delle normali formazioni universitarie anche ad altissimo livello ci capirà mai nulla di quella incredibile fanta-vera-scienza. I primi saranno i padroni UNICI della Vita stessa sul Pianeta, punto. State capendo? Mi ha detto uno studioso di questa materia: “Pensa che persino noi informatici e cervellotici code-makers ci capiamo lo 0,9% di sta roba…“.
Vi rendete conto perché SCHIAVI? Vi rendete conto di perché ‘TECH-GLEBA SENZA ALTERNATIVE’ in quasi tutto ciò che oggi compone la vita umana, cioè trasporti, sanità, acqua, energia, informazione, servizi essenziali, pagamenti (si legga sotto), cibo?
Solo un’idea di chi sono, pochi esempi.
Ci sono gli ‘inanimati’. Ad esempio materiali magici come il Graphene, che è un singolo strato di materiale con proprietà mai esistite in nessun altro materiale al mondo. E’ più forte dell’acciaio, conduce meglio del rame, è sottile come un singolo atomo…. Da semiconduttore è praticamente trasparente, e ha applicazioni ovunque, dalla chirurgia all’ingegneristica alla purificazione delle acque ai sistemi elettrici di intere nazioni. O gli OLEDs, che sono tecnologie visive, che trasformeranno le tv, gli smart phones in applicazioni molto più flessibili, intercambiabili, permetteranno a una televisione di casa di essere ripiegata in un tablet e poi anche in uno smart phone. E, come ho detto sopra, i possibili super computers di capacità inimmaginabili oggi nascenti dalla fisica quantistica di D-Wave Systems.
I volti, come ho scritto in passato, iniziano prima di chiunque al mondo da quello di Sergey Brin di Google-Alphabet. Tutto il potere inimmaginabile che Google ha e avrà nasce da questo concetto partorito da Brin: “Non c’interessa fare prodotti, c’interessa sfondare i limiti dell’inimmaginabile“. Fermatevi un attimo a respirare and THINK. Brin ha dato ordine di sviluppare contemporaneamente decine di innovazioni chiamate Ecosystem, da lì il progetto di eliminare tutti i trasporti su ruote o ferrovie del Pianeta, e sostituirli con immensi Dirigibili Drones con neppure un umano impiegato a bordo, spostando tutto ciò che si sposta al mondo – dalla Cina all’Argentina e dal Canada a Singapore – da una stanza con una ventina di addetti…
Prima di passare ad altri nomi, il lettore deve comprendere come lavorano i cervelli di questi Alieni umani. Per essere semplici: se il 99% degli scienziati sta lavorando come pazzi per mandare l’uomo su Marte, Sergey Brin riunisce i suoi per trovare le tecnologie per mandare l’uomo su Giove… comprendete? Col Deep Learning di Google, Brin considera oggi come GIA’ SUPERATA l’Intelligenza Artificiale (A.I.) che ancora deve venire… Brin, coi colleghi Corrado e Dean hanno chiuso gli occhi e immaginato livelli di astrazione. Che significa? Loro sanno che nella sfera dell’Intelligenza Artificiale il problema dei problemi è che i computers lavorano a metodo lineare, e non riescono ad elaborare molti livelli di astrazione. E oggi loro hanno portato l’Intelligenza Artificiale con il loro Deep Learning a saper elaborare almeno 30 livelli di astrazione, dando quindi la capacità ai computers d’imparare ormai allo stesso livello degli umani.
Poi c’è David Ferrucci, che fu il guru della A.I. all’IBM col progetto Watson. Ferrucci lasciò IBM e indovinate da chi fu preso? Ma da lui, il mio Ray Dalio all’Hedge Fund Bridgewater. Auguri gente, ma davvero auguri…
Un altro essenziale transfugo dall’IBM che è andato a lavorare sulla A.I. in Inghilterra alla Benevolenti A.I. che si occupa di sanità, è Jerome Pesenti. E qui avremo moltissima ‘TECH-GLEBA SENZA ALTERNATIVE’ perché gli ammalati esisteranno sempre e già oggi in Giappone, dove nel 2025 gli anziani sopra i 70 anni saranno quasi il doppio di quelli in EU o negli USA, si stanno costruendo gli infermieri robotizzati chiamati Cobots.
Adam Coates, viene da Stanford, e oggi porta il suo genio ‘demoniaco’ alla Cina, dove dirige i progetti di A.I. per la mega-Corporation Baidu focalizzandosi su apprendimento, percezione e visione nella A.I.
Al colosso IMB non mancano i rimpiazzamenti: David Kenny che sviluppa proprio la tecnologia per le Piattaforme (si legga sopra) e per i carichi cognitivi.
L’arcinota Uber ha Gary Marcus che lavora sulla A.I. per le Driverless e sul Dynamic Ride Scheduling.
L’uomo che forse più sa di Networking Neuronale al mondo è Jonathan Ross, lavorava a Google con Brin, oggi non si sa esattamente dove sia, lo danno di qui o di là senza sicurezze, ma c’è…
Non può mancare la plurinominata Amazon, dove Raju Gulabani ha pionierizzato la rete da decine di miliardi di dollari che sostiene la Corporation di Jeff Bezos, cioè la AWS Database and Analytics assieme ai primi mattoni di A.I.
Chiudo con un nome alla Apple, fra i tantissimi, anche se l’ex impresa di Steve Jobs è davvero arrivata tardi in questa fanta-vera-scienza: è Russ Salakhutdinov, mostro di A.I. di provenienza accademica però. (- continua in parte II)
FONTE: http://www.paolobarnard.info/intervento_mostra_go.php?id=1811
LA LINGUA SALVATA
PROSSEMICA
PROSSEMICA
Il termine ”prossemica” (dall’ingl. proxemics, neol. da prox- del lat. proximus, ed −emics come in phonemics), coniato da E. T. Hall (1963), designa una branca della semiotica che si occupa dell’uso che le varie culture fanno dello spazio e delle distanze spaziali connesse all’interazione comunicativa interpersonale. In sostanza il suo dominio di studio riguarda l’uso dello spazio a fini significativi. Naturalmente le difficoltà di rilevamento dei dati e d’interpretazione degli stessi rendono problematico lo sviluppo di questo campo, che a tutt’oggi è più un progetto scientifico che una realtà disciplinare.
Prossemica, cinesica e linguaggi gestuali. – Per individuare un significato prossemico, lo spazio significativo viene analizzato in termini di tratti distintivi, quali per es. la relazione di prossimità e di distanza interpersonali. È chiaro che, laddove lo spazio sia occupato da soggetti, diventano significative non solo le distanze tra di loro, ma anche i movimenti dei soggetti stessi che le modificano; perciò l’analisi prossemica dovrà essere integrata da un’analisi della gestualità o cinesica (dal gr. kínēsis, “movimento”). Fenomeni di questa natura vengono di solito compresi sotto l’etichetta della paralinguistica.
La cinesica è la branca della semiotica che analizza la gestualità umana intesa come forma di significazione. Si sviluppa già a partire dagli anni Cinquanta grazie ai lavori di D. Efron (1941) e di R. L. Birdwhistell (1952). Anche K. L. Pike (1967) usa il termine attèma o cinèma per indicare un componente del behaviorema, unità di comportamento (behaviour) dotata di significato. Antesignani dello studio della comunicazione posturale sono Ch. R. Darwin, M. Mauss, F. Boas, i quali si preoccuparono di studiare l’origine filogenetica di espressioni corporee usate per manifestare emozioni o la base culturale di talune tecniche corporee. A differenza della p., la cinesica si sviluppa a più stretto contatto con le discipline linguistiche e cerca di mutuarne anche le tecniche analitiche. Ciò si rileva sia nella classificazione delle tipologie di gesto, sia nella metodologia di scomposizione del gesto stesso in unità più semplici.
Per quanto riguarda la tipologia della gestualità, si distinguono una gestualità di ”comunicazione diretta” e una di ”trasposizione”. La prima accompagna spesso il parlato ed è considerata un elemento dell’analisi paralinguistica della comunicazione verbale. Può avere un contenuto sia ”attributivo” che ”modale”. Le due nozioni sono ispirate alla terminologia della linguistica: l’attributiva comunica significati dell’ordine delle emozioni, attitudini fondamentali (paura, ira, gioia, ecc.; cfr. soprattutto l’espressione facciale). La sua natura è attributiva in quanto attraverso essa l’uomo è incapace di narrare il mondo, si limita a informare sul suo personale stato affettivo e pulsionale, sulla sua identità. La gestualità diretta modale, invece, serve a comunicare categorie semantiche modali (per es. diniego/asserzione, divieto/permesso). La gestualità di trasposizione, e in particolare quella mimetica, serve a trasporre attraverso il corpo umano dei significanti non gestuali (per es. il segno di ”pistola” trasposto con il significante gestuale: / mano con indice puntato /).
Circa la scomposizione del gesto in unità elementari, l’idea centrale di Birdwhistell, uno dei più autorevoli ricercatori in campo cinesico, è di condurre a termine un’analisi della gestualità ispirata ai principi della fonologia. Perciò egli individua alcuni elementi gestuali sprovvisti di senso; questi si compongono in organizzazioni significative che, a loro volta, possono ulteriormente combinarsi.
In dettaglio, la ricerca sul comportamento motorio si svolge a due livelli: uno microcinesico e uno macrocinesico. La microcinesica (o cinologia) opera a livello dei cinèmi, unità distintive che sono delle classi di movimenti − le cui varianti sono denominate ”allocini” o ”cini” − strutturalmente comparabili ai fonemi. Per es., il cino ”movimento verticale della testa”, notato /Hn/, è un’unità che copre tutta una classe di movimenti ascendenti-discendenti (allocini), cioè è un cinèma. Questi allocini differiscono tra loro per intensità (grado di tensione muscolare che interviene nella produzione di un cino), ampiezza (estensione del movimento) e rapidità (lunghezza temporale del movimento).
La macrocinesica (o cinemorfologia) opera a livello di cinemorfemi (classi di cinèmi), organizzati in costruzioni complesse comparabili strutturalmente a parole, proposizioni, frasi. Per es., il cinèma /Hn/ ha lo stesso valore di altri cinèmi, quali il ”movimento ascendente-discendente del dito”, notato /n/. Perciò si può stabilire l’equivalenza /Hn/≡/n/. {/Hn/+/n/} è appunto un esempio di cinemorfema. Generalmente, l’analisi macrocinetica è condotta a livello paralinguistico, cioè sulla gestualità che accompagna il parlato.
Secondo J. Lyons, la maggiore assimilazione della cinesica alla linguistica è dovuta al fatto che esistono alcune particolari somiglianze tra linguaggi verbali e linguaggi gestuali. Infatti, la sintassi delle lingue storico-naturali, similmente alla sintassi gestuale, è almeno parzialmente non-associativa e non-commutativa. La proprietà associativa è la proprietà in base alla quale i costituenti sintattici sono suscettibili di ordinarsi in gerarchie diverse pur continuando a presentarsi secondo la medesima sequenza (cfr. in aritmetica: x+(y+z)=(x+y)+z). Di qui deriverebbero i fenomeni di ambiguità strutturale esemplificati in italiano dalle espressioni ”uomini e ragazzi simpatici”, ”un sapiente cieco”. La proprietà commutativa consente invece a tali costituenti di presentarsi secondo diverse sequenze di successione lineare (cfr. in aritmetica: x+y+z=y+x+z). Similmente, psicologi ed etologi ritengono che gli schemi di comportamento abbiano una struttura ”sequenziale”, cioè siano privi della proprietà commutativa.
Tuttavia, una semiotica della gestualità è lungi dall’essere costituita, a causa del permanere di insormontabili difficoltà teoriche. La principale è costituita proprio dalla verifica concreta delle conseguenze del presupposto secondo cui il gesto sarebbe un segno. Infatti, se ciò è vero, allora dovrebbe essere sempre possibile identificare tali segni e stabilire una stretta correlazione tra il loro significante e il loro significato; inoltre, dovrebbe essere ugualmente possibile segmentare il gesto in unità significanti che lo compongano. Viceversa, l’analisi è più spesso condotta non su singoli gesti considerati come segni, ma su interi ”testi” gestuali (per es. danze, pantomime, ecc.). Peraltro, anche supponendo di aver già provato la natura ”segnica” della gestualità, nondimeno le capacità espressive del linguaggio gestuale restano subordinate e meno estese di quelle del linguaggio verbale (onniformatività del linguaggio verbale). In tal senso, tuttavia, occorre tenere distinta la particolare posizione delle lingue dei gesti dei sordomuti (lingua dei segni, American Sign Language, ecc.). Si tratta di linguaggi fortemente codificati e ritualizzati che, proprio a causa di questa loro caratteristica, posseggono potenzialità espressive complete, cioè comparabili a quelle di una lingua storico-naturale. Infatti, le lingue dei gesti variano a seconda dei gruppi geoculturali che le usano, esattamente come le varietà di lingue storico-naturali.
Al contrario di quanto appena visto a proposito della ricerca cinesica, la metodologia d’indagine prossemica s’ispira prevalentemente a un contesto teorico mutuato dalla recente antropologia culturale. Tecnicamente Hall distingue tre livelli del comportamento prossemico: l’infraculturale, il preculturale e il microculturale. I primi due riguardano il comportamento spaziale animale e umano, a prescindere dall’intervento di una specifica elaborazione culturale.
In particolare, il livello infraculturale riguarda il comportamento spaziale che si radica nel ”passato biologico” dell’uomo e concerne la percezione della ”territorialità”, del ”sovraffollamento” e le conseguenze di questi due fattori sull’organismo. Così è la territorialità che coordina le attività del gruppo e lo tiene insieme: essa mantiene gli animali alla distanza di comunicazione, necessaria a segnalarsi la presenza di cibo o di nemici. Inoltre, in caso d’incontro tra individui di specie diverse, essa determina il valore della ”distanza di fuga” (il cui superamento causa la fuga dell’animale) e di quella ”critica” (l’intervallo che separa la distanza di fuga da quella d’attacco). Viceversa, in caso d’incontro tra individui membri della stessa specie, il comportamento spaziale è regolato dalla valutazione della ”distanza personale” (intervallo spaziale tenuto tra simili) e di quella ”sociale” (limite psicologico oltre il quale l’animale comincia a sentirsi ansioso). In caso di ”sovraffollamento” si determina la disorganizzazione progressiva della distanza personale e sociale, con conseguenti perversioni del comportamento e incremento dell’aggressività tra simili.
Il livello preculturale riguarda la percezione dello spazio in relazione alla base fisiologica sensoriale umana. In quest’attività sono coinvolti recettori a distanza (occhi, orecchi, naso) e recettori immediati (pelle e muscoli). Essi provvedono a fornire all’organismo una rappresentazione fisiologica e parziale del campo sensoriale fisico. Per es., una certa combinazione tra dati fisici (ridotte dimensioni spaziali e alta temperatura) produce la rappresentazione fisiologica della sensazione personale di ”affollamento”.
Il livello microculturale riguarda gli aspetti della strutturazione dello spazio che vengono modificati per effetto della cultura. In tal senso, si possono distinguere tre diverse nozioni di spazio: preordinato, semi-determinato e informale.
La nozione di spazio preordinato abbraccia tutti gli aspetti dello spazio che sono materialmente prefissati nel contesto di una particolare cultura. Vi è uno spazio esterno e culturalmente specifico che riguarda le differenze intraculturali della pianta della città. Si osservino, per es., i modi contrastanti in cui le diverse culture dispongono le strade: il sistema di intervalli giapponese (in Giappone le strade prendono un nome dai loro punti d’intersezione), il sistema radiale francese o a ”griglia” e il sistema reticolare americano. Vi è poi uno spazio interno e culturalmente specifico che ha a che fare con l’architettura e con la configurazione degli spazi interni.
Lo studio dello spazio semi-determinato concerne la disposizione degli arredi interni (mobili, paraventi, divisori mobili e simili) intesi come fattori che influiscono sull’interazione umana, agevolandola od ostacolandola (per es., la disposizione dei soggetti intorno a un tavolo tondo può favorire l’interazione, mentre intorno a un tavolo quadrato soltanto alcune posizioni faciliteranno la conversazione: quelle fianco a fianco e faccia a faccia).
Lo studio dello spazio informale aspira a costituire una tipologia delle distanze osservate nei vari tipi d’interazione sociale e indaga il modo in cui l’uomo usa attivamente gli elementi spaziali della situazione. Hall, riferendosi alla situazione culturale occidentale, descrive dettagliatamente quattro tipi di distanze: intima, personale, sociale e pubblica (ognuna con le sue fasi di lontananza e vicinanza). La distanza ”intima” sarebbe caratterizzata da un forte coinvolgimento fisico e intensi apporti sensoriali: la fase di vicinanza (contatto fisico) sarebbe usata per la lotta e per l’amplesso, mentre quella di lontananza (15÷25 cm) sarebbe generalmente riservata alle relazioni familiari. Alla distanza ”personale”, nella fase di vicinanza (45÷76 cm) non si verificherebbe più la distorsione della percezione visiva della fisionomia dell’interlocutore; nella fase di lontananza (76÷122 cm) si discuterebbero argomenti di carattere personale, il tono della voce sarebbe moderato, nessun calore corporeo sarebbe percepibile. La distanza ”sociale”, nella fase di vicinanza (1,22÷2,15 m) verrebbe usata nell’interazione con gli amici e i colleghi di affari, mentre la fase di lontananza (2,15÷3,67 m) verrebbe usata nelle interazioni di affari richiedenti relazioni più formali. Infine, la distanza ”pubblica”, nella fase di vicinanza (3,67÷7,64 m) verrebbe usata per rivolgersi a un gruppo informale, mentre la fase di lontananza (oltre i 7,64 m) verrebbe usata per rivolgersi a un assembramento formale di persone. A questa distanza non solo la voce, ma tutto il comportamento dev’essere esagerato e amplificato.
Hall propone anche una riflessione sull’intreccio tra p. e contesti interculturali. Se, per es., si considerano gli atteggiamenti culturali di inglesi, americani e tedeschi nei riguardi della percezione delle frontiere spaziali, si possono osservare alcune differenze significative. In primo luogo, la cultura tedesca − secondo Hall − sarebbe più sensibile all’intrusione di quanto non lo sia la cultura americana. Per un tedesco sarebbe sufficiente essere in grado di vedere l’interno della casa di un estraneo per essere già in una posizione da intrusi. Negli uffici americani le porte sono generalmente aperte, in quelli tedeschi sono chiuse. Per il tedesco la porta aperta sarebbe indizio di disordine, mentre la porta chiusa manterrebbe l’integrità della stanza. In Germania, sostiene Hall, cambiare la posizione di una sedia in casa d’altri sarebbe considerato un atto di vera maleducazione. Inoltre, diversamente dagli americani, gli inglesi non avrebbero un senso spiccato per lo spazio privato: fin da piccoli sarebbero abituati a ”mettere in comune” lo spazio. Ciò comporta che, per es., per isolarsi gli inglesi non hanno bisogno di spazi preordinati (per es. una stanza dove rimanere in isolamento): nello spazio in cui sono inseriti si circondano di ”barriere interiori” che li isolano dal mondo. Perciò essi hanno un forte controllo del volume e della direzione della voce e, nelle conversazioni, tendono a fissare negli occhi l’interlocutore.
Peraltro, la variazione interculturale caratterizza non solo l’ambito prossemico, ma anche il contenuto che ogni cultura assegna a ciascun gesto o comportamento ritualizzato. Tra i comportamenti ritualizzati si consideri, per es., un atto quale il mostrar la lingua. A seconda della cultura considerata, ad esso è associato un diverso significato: in India la lingua che fuoriesce dalle statue della dea Kalì significa rabbia, furore, ecc.; nelle statue malesi degli dei la lingua sporgente significa saggezza; nel Tibet un gesto di saluto consiste nel togliersi il cappello e tirar fuori la lingua. Un’analisi delle tecniche corporee associate all’uso che una data cultura fa di certi oggetti rivestirebbe notevole interesse e utilità anche in linguistica e in etnolinguistica, in quanto contribuirebbe a fornire gli elementi essenziali di una classificazione funzionale, che si contrappone a una classificazione di tipo ”naturale”, fisico, degli oggetti della cultura materiale.
Per es., alcune popolazioni africane del Ciad utilizzano uno strumento di pesca di nome tereben, una sorta di rete conica che si usa mimetizzandola sul fondo. Sul piano meramente fisico tale strumento dovrebbe essere classificato separatamente dalla nassa conica perché quest’ultima, al contrario del tereben, non è in materiale tessile. Tuttavia, la funzione dei due strumenti e, in particolare, la tecnica corporea che il pesce deve adottare per sfuggire alla minaccia, in entrambi i casi è la medesima: si tratta di strumenti di pesca che sfruttano la mimetizzazione. Perciò una classificazione funzionale distinguerà strumenti in base alla loro specifica ”minaccia” (lo choc, il perforamento, il camuffamento, il sollevamento, ecc.). Solo su questa base, in certo modo ”cinesica”, potrà costituirsi l’ordinamento tassonomico necessario a una classificazione etnolinguistica relativa agli strumenti di pesca e, più in generale, a una classificazione etnolinguistica degli oggetti della cultura materiale.
Bibl.: D. Efron, Gesture, race and culture, New York 1941 (trad. it., Milano 1974); R.L. Birdwhistell, Introduction to kinesics, Washington 1952 (poi Louisville 1952); E. T. Hall, A system for the notation of proxemics behaviour, in American Anthropologist, 65 (1963), pp. 1003-26 (trad. it., in Versus, 2, 1972); Approaches to semiotics, a cura di Th. A. Sebeok, A. S. Hayes, M. C. Bateson, L’Aia 1964 (trad. it., Paralinguistica e cinesica, Milano 1971); E. T. Hall, The hidden dimension, New York 1966 (trad. it., La dimensione nascosta, Milano 1968); K. L. Pike, Language in relation to a unified theory of the structure of human behavior, L’Aia-Parigi 1967; P. Watzlawick, J. H. Beavin, D. D. Jackson, Pragmatics of human communication, New York 1967 (trad. it., Pragmatica della comunicazione umana, Roma 1971); R. L. Birdwhistell, Kinesics and context, ivi 1970; O. M. Watson, Proxemic behaviour, L’Aia-Parigi 1970 (trad. it., Comportamento prossemico, Milano 1972); Non-verbal communication, a cura di R. A. Hinde, Cambridge 1972 (trad. it., La comunicazione non verbale, Bari 1974); P. Bouissac, La mesure des gestes. Prolégomènes à la sémiotique gestuelle, L’Aia-Parigi 1973; A. E. Scheflen, How behaviour means, New York 1973 (trad. it., Il linguaggio del comportamento, Roma 1977); E. T. Hall, Handbook for proxemic research, Washington 1974; M. Argyle, Bodily communication, Londra 1975 (trad. it., Il corpo e il suo linguaggio, Bologna 1978); E. T. Hall, Beyond culture, New York 1976; P. E. Ricci Bitti, S. Cortesi, Comportamento non verbale e comunicazione, Bologna 1977; P. Ekman, Facial signs: facts, fantasies and possibilities, in Sight, sound and sense, a cura di Th. A. Sebeok, Bloomington 1978, pp. 124-56; D. Morris e altri, Gestures, their origins and distribution, New York 1979 (trad. it., Milano 1983).
FONTE: https://www.treccani.it/enciclopedia/prossemica_%28Enciclopedia-Italiana%29/
PANORAMA INTERNAZIONALE
Massima pressione su papa Francesco
Papa Francesco è un leader forte, quasi “imperiale” nel suo stile di leadership e dell’arte della diplomazia conosce una antica lezione: quando possibile, le grandi potenze non negoziano mai accordi decisivi nei momenti di debolezza. Il rifiuto del pontefice di incontrare Mike Pompeo, atteso nelle prossime ore a Roma in una visita diplomatica che lo porterà a incontrare esponenti governativi italiani e rappresentanti vaticani, risponde a questa necessità.
La Santa Sede sa che il Segretario di Stato di Washington è pronto ad arrivare sul territorio italiano per chiedere conto e ragione di molte questioni: uomo poco avvezzo alla fine arte diplomatica e portavoce dell’ideologia “America First” di Donald Trump, Pompeo l’aveva fatto notare in sede di negoziazione del viaggio. Prospettando un confronto decisivo sul dossier 5G col governo Conte e la richiesta di chiarimenti al Vaticano sul rinnovo dell’accordo con la Cina firmato nel 2018. Il contenimento globale di Pechino è una priorità politica per l’amministrazione Trump e Pompeo di questa strategia è fedele interprete. Difficile per la Santa Sede negoziare lucidamente con Washington le ragioni che spingono a un probabile rinnovo dopo esser stati investiti dalla buriana delle dimissioni di Angelo Becciu dal ruolo di prefetto della Congregazione delle cause dei santi e ai diritti e dalle prerogative del cardinalato, con conseguente rinuncia del porporato sassarese alla possibilità di partecipare a un futuro conclave.
Si poteva pensare che Pietro Parolin, segretario di Stato di Bergoglio che terrà l’incontro di vertice più importante con Pompeo, fosse per questo destinato a presentarsi davanti alla controparte a stelle e strisce immacolato e rinvigorito dalla risoluzione di uno scandalo quale quello che avrebbe coinvolto Becciu e la presunta gestione allegra dell’Obolo di San Pietro. Tuttavia, l’estemporaneità dell’esplosione del caso Becciu a pochi giorni dalla visita di Pompeo ha portato alla caduta di una figura chiave sull’asse Roma-Pechino: Angelo Becciu è stato il numero due del cardinale Pietro Parolin, che da segretario di Stato è stato il vero artefice dell’accordo con la Cina che tanto ha irritato gli Stati Uniti. Lo scorso 14 settembre, cinque giorni prima dell’attacco di Pompeo su “First Things” circa la perdita della leadership morale del Vaticano, Parolin aveva definito “buone” le possibilità che l’intesa con Pechino venga rinnovata. Becciu, della cui risposta confusa alle accuse bene ha scritto la Nuova Bussola Quotidiana, è colpito all’anello di congiunzione tra i due legami più stretti del Vaticano, quello con lo storico retroterra occidentale, con conseguenti vincoli politici-economici, e quello con la nuova frontiera dell’Impero di Mezzo.
Non è la prima volta che la visita di alti dignitari statunitensi a Roma coincide con l’apertura di fronti politici e giudiziari in Vaticano. Lo scandalo del palazzo londinese di Sloane Avenue in cui l’Obolo è stato coinvolto assieme al finanziere Raffaele Mincione esplose a poche ore dalla precedente visita di Pompeo in Italia, nello scorso autunno. Tale visita, scrive Start Mag, “era stata preceduta di ventiquattr’ore da una perquisizione della gendarmeria pontificia negli uffici della segreteria di Stato vaticana proprio nel quadro dell’inchiesta riguardante gli investimenti della Santa Sede a Londra”.
Su queste linee di faglia Pompeo, che può contare sui legami economici e informativi degli Usa con la finanza inglese, intende premere molto nelle trattative col Vaticano finalizzate a ritardare o annullare il rinnovo dell’accordo. Ma c’è di più. Forte del sostegno della Chiesa statunitense, Pompeo intende mettere in campo una strategia di massima pressione sulla Santa Sede mobilitando quella fetta di clero cattolico ostile all’accordo sino-vaticano.
Monsignor Carlo Maria Viganò, tra i massimi critici di Bergoglio, ha appoggiato gli avvertimenti di Pompeo al papato e criticato la segretezza degli accordi: “Non si comprende perché un accordo presentato come assolutamente limpido e privo di punti oscuri sia stato secretato e non possa esser letto nemmeno dal benemerito cardinale cinese, Joseph Zen”, ha dichiarato a Formiche. Lo stesso Zen, 88enne cardinale di Hong Kong, ha compiuto una visita di cinque giorni a Roma nel periodo della tempesta Becciu chiedendo invano di incontrare il Papa e criticando l’idea di scegliere come prossimo vescovo del Porto Profumato una figura gradita a Pechino nel quadro degli accordi tra Santa Sede e Repubblica popolare.
Aggiungiamo a questo il fatto che Pompeo giungerà a Roma dopo una nuova apertura di Trump ai cattolici statunitensi a poche settimane dalle elezioni, concretizzata con la nomina a Giudice della Corte Suprema della 48enne cattolica Amy Barrett, e si può capire quanto la massima pressione di Pompeo possa aver irritato papa Francesco. Il quale ha deciso di glissare e evitare il confronto decisivo, in attesa di chiarimenti politici: la Chiesa ragiona nell’ottica di decenni, Pompeo ha un orizzonte temporale ben più immediato nel voto presidenziale del prossimo 3 novembre. Dopo il quale, indipendentemente dall’esito, intende lasciare in eredità alla prossima amministrazione un irreversibile contenimento anti cinese a cui sta lavorando da diversi anni. A questa strategia il Vaticano, oramai è chiaro, non intende in alcun modo conformarsi: gli “imperi paralleli”, Santa Sede e Stati Uniti, dopo il viaggio romano dell’ex capo della Cia potrebbero prendere strade ancor più divergenti.
FONTE: https://it.insideover.com/religioni/massima-pressione-su-papa-francesco.html
Patto Cina-Vaticano, ora il Papa evita d’incontrare Pompeo
I RACCONTI DELL’ERA ATOMICA
Francesco Boezi
27 SETTEMBRE 2020
Il multilateralismo diplomatico non è in discussione, dunque Jorge Mario Bergoglio non terrà alcun summit con il segretario di Stato americano Mike Pompeo, che in questi giorni si trova a Roma. La notizia del mancato incontro tra le due autorità potrebbe essere interpretata così: sulla base delle opposte posizione geopolitiche. La gestione Trump è jnfatti, al contrario dei sacri palazzi, centrata sul bilateralismo geopolitico. Oppure, in maniera più verosimile e pragmatica, si può constatare come dal Vaticano abbiano fatto sapere che papa Francesco non usa esporsi a ridosso di elezioni, ricevendo personalità di un certo calibro. E Mike Pompeo sarà giocoforza uno dei protagonisti della turnata per il rinnovo del mandato presidenziale alla Casa Bianca. Gli americani si esprimeranno nella seconda metà di novembre. Un appuntamento troppo a ridosso, stando magari ai costumi del vescovo di Roma, affinché un’udienza svoltasi in ottobre non venga strumentalizzata.
La settimana scorsa Mike Pompeo ha tuonato in direzione di piazza San Pietro, domandando al Vaticano di evitare il rinnovo di un accordo con la Repubblica popolare cinese. Si tratta di quel patto, mai pubblicato nei suoi contenuti, che consente al Santo Padre di nominare nuovi vescovi e d’istituire nuove diocesi sul territorio del “dragone”. I tradizionalisti sono contrari, perché pensano che la Santa Sede abbia in sostanza ceduto alle richieste di Xi Jinping e dei suoi. Non solo: i tradizionalisti sostengono pure che in Cina, dalla firma di quell’accordo in poi, le cose non siano affatto migliorate per i cattolici. Comunque sia, le parti si erano date due anni per verificare la bontà dell’accordo, ma la pandemia da Covid-19 ha sostanzialmente impedito alla Cina ed al Vaticano di constatare se e come le novità abbiano funzionato. Il Papa – questo è noto a prescindere dalla mancata pubblicazione degli oggetti dell’accordo – è stato riconosciuto come legittima autorità religiosa dal governo di Pechino. Sempre Bergoglio, poco prima che scoppiasse la pandemia, aveva manifestato il desiderio di recarsi in visita in Cina: sarebbe la prima volta in assoluto di un Papa. Un viaggio che l’ex arcivescovo di Buenos Aires, considerato il blocco biennale dovuto sempre alla diffusione del nuovo coronavirus, non dovrebbe compiere entro il 2021.
Ci sarà invece – come confermato dall’Agenzia Nova – l’incontro tra il segretario di Stato Mike Pompeo ed il “ministro degli Esteri” della Santa Sede, ossia il segretario di Stato e cardinale Pietro Parolin. Il vero teorico del multilateralismo diplomatico avrà dunque modo di chiarire con l’omologo americano le ragioni dell’accordo stipulato dal Vaticano. Pompeo, quando ha espresso ferma contrarietà al rinnovo dell’accordo, ha accusato il Vaticano di essere in procinto di perdere “l’autorità morale”. Una posizione che non è sfuggita ai media internazionali. Ma a Roma non c’è soltanto Pompeo. In questi giorni, è arrivato anche il cardinale Zen, ex arcivescovo di Hong Kong. Zen, tra gli ecclesiastici conservatori, è quello che si è espresso in maniera più scandalizzata rispetto al patto tra Cina e Vaticano. Stando a quanto apprendiamo da fonti riconducibili al “fronte conservatore”, sembra che Bergoglio abbia declinato la richiesta di Zen, che avrebbe voluto incontrare il pontefice argentino per parlare proprio dei rapporti con Pechino. Anzi, Zen sarebbe giunto a Roma proprio per chiedere al pontefice di essere ricevuto.
Queste sono quindi ore calde per gli uffici diplomatici del Vaticano, che dal canto suo continua a rivendicare la storicità dei risultati raggiunti mediante l’accordo biennale. La sensazione è che si stia per procedere verso una sorta di rinnovo tacito. La direzione intrapresa da Bergoglio e Parolin non subirà modifiche di sorta: non sono previsti cambi di passo o di posizione. Ma il fatto che Bergoglio non abbia voluto o potuto incontrare Pompeo fornirà certamente un assist per chi crede che le relazioni tra Donald Trump ed il vertice universale della Chiesa cattolica non siano positive.
FONTE: https://it.insideover.com/religioni/patto-cina-vaticano-ora-il-papa-evita-dincontrare-pompeo.html
POLITICA
A Salvini un “invito” a farsi da parte.
Per chiamare la Troika, bisogna prima assicurarsi un’opposizione fantoccio…
Che ha scritto Mieli? Che ha lasciato scrivere Giorgetti? Cosa può fare Salvini? La forza elettorale della destra è intatta. Nonostante mesi di fandonie di Stato sul Recovery Fund. Ma, “di qui alla primavera prossima”, la bolla del Recovery Fund sarà scoppiata e così lor signori chiameranno la Troika. Solo, per farlo hanno bisogno di coinvolgere l’opposizione di destra dalla forza elettorale intatta. E perché? La risposta è facile: lorsignori hanno bisogno di un regime politico sostanzialmente autoritario, privo di opposizione… Conseguentemente, Salvini è pregato di fare una rivoluzione, abbandonando la strada dell’avventura, per raggiungere la zattera europea. In cambio lo candidano sindaco di Milano… Ma se Salvini non ci casca?
Giovedì pomeriggio, Paolo Mieli ha rilasciato una curiosa intervista all’Huffington Post. Riassumibile in queste sue parole: “se c’è la seconda guerra mondiale e l’Europa cambia fra il 1939 e il 1945, uno che nel 1945 si riaffacciasse con le stesse convinzioni che aveva nel ’39, non sarebbe coerente ma solo stupido”.
In ordine, [1] la guerra mondiale, Mieli: “questo anno del Covid è stato un Big Bang che cambia la storia, che la cambia in modo radicale, come Pearl Harbor, il dicembre del ’41, le Torri Gemelle. Sono quegli eventi imprevisti che cambiano la storia”. In che senso? [2] L’Europa è cambiata, Mieli: “nei cambiamenti l’Europa è un soggetto che cambia radicalmente, cioè da matrigna che sorveglia col dito indice alzato i conti dei Paesi che a essa aderiscono ed è diventata invece una specie di zattera – non di più, eh – dove ci si rifugia e a cui si guarda senza ostilità”. La zattera. Conseguentemente, [3] Salvini deve cambiare convinzioni: “bisogna fare una rivoluzione … dentro un contesto di rivoluzione culturale … devono fare una rivoluzione culturale … sennò inseguire i miti che hanno inseguito quest’anno, che furono i miti dell’estate del 2019, non servirà a niente … cambiare radicalmente l’atteggiamento nei confronti dell’Europa”. La rivoluzione. Anzi, [4] se non lo fa, Salvini è uno stupido: “la via su cui si sono incamminati è una via di dissipazione”, nel senso di fare la fine di Renzi, “la politica è una cosa complessa, ha i suoi tempi e come acciuffi un’occasione di vittoria allo stesso modo la perdi … L’elettorato è stato fin troppo generoso, alla lunga se la destra non cambia si genererà sconcerto ad esempio per un partito, la Lega, che si presenta come il partito dell’avventura. E quando il mondo è in emergenza, nessuno si fa affascinare in maniera definitiva dall’avventura”. L’avventura.
A suo onore, Mieli, non ventila al povero Salvini disgrazie giudiziarie, non è un Claudio Tito qualunque. Ne parla solo perché sollecitato dall’intervistatrice e come di un rischio generale della politica; lo difende, addirittura: “a Salvini gli capita una clamorosa ingiustizia, che viene trascinato a processo senza che il capo del governo a nome del quale si muoveva nelle scelte che ha fatto sia neanche lambito dalle stesse accuse”. Però, non è Meloni che a Mieli interessa: “guardando i numeri, Salvini, è a lui che tocca. La Meloni in alcune sfumature sembra più cauta e Salvini più radicale, ma al momento l’idea di un centrodestra guidato da altri che non siano Salvini non ci credo”; mentre: “di Berlusconi non parlo perché è ridotto ai minimi termini”. Salvini.
Quindi è Salvini, a dover fare una rivoluzione, abbandonando la strada dell’avventura, per raggiungere la zattera europea.
* * *
Va bene ma, concretamente? “Viene prima il cambiamento di cui parla Giorgetti”. Il quale Giorgetti, in effetti la mattina stessa aveva consegnato a Verderami un attacco all’arma bianca alla delegazione della Lega al Parlamento europeo, con la scusa di “non aver votato la mozione contro il dittatore Lukashenko”, piuttosto comica al tempo in cui la Germania completa indefessa Nord Stream 2; scusa che Mieli pure, accodandosi, richiama: “che senso ha, ce lo hanno mai spiegato i leghisti, spingersi in putinismo fino a quel punto?”. Poi, però, Giorgetti aveva pure aggiunto (in un vigolettato): “se vorremo in futuro governare, Matteo dovrà incontrare Draghi e poi chiedere l’iscrizione al Ppe”; ciò che Mieli riprende solo in parte: “devono … definirsi con un partito che chieda l’iscrizione al Partito popolare europeo”, omettendo Mario Draghi.
A compenso di tale vistosa omissione, Mieli introduce due elementi: al principio della rivoluzione, Salvini dovrà aver agito “eliminando i personaggi che sono i più connotati da quelle politiche anti-europee” e, portatala a compimento, potrà finalmente eliminare pure se stesso: “Salvini e Meloni dovrebbero candidarsi rispettivamente a sindaco di Milano e sindaco di Roma”.
FONTE: https://www.facebook.com/giovanni.bernardini.75/posts/3657696620930220
Hanno perso tutti: gli italiani non si fidano di questi partiti
Macché vittoria referendaria dei 5 Stelle: la verità è che hanno perso, tutti. Lo scrive il costituzionalista Stelio Mangiameli, in un’analisi sul voto del 20-21 settembre: il referendum, dove il 97% del sistema politico aveva sposato la causa del taglio dei parlamentari, e le regionali, finite con un 3-3 (e una regione come le Marche conquistata dal centrodestra). Un rafforzamento dell’attuale compagine di governo e della posizione di Conte? «Se ci si ferma qui – avverte Mangiameli sul “Sussidiario” – sfuggono i significati più profondi di questa particolare tornata elettorale». L’esito del referendum, semmai, «esprime un disappunto nei confronti di tutta la politica nazionale», ecco perché «non è un successo del M5S, e nemmeno di tutti coloro che si sono appoggiati alla loro proposta di taglio dei parlamentari». Nel caso dei grillini, poi, i risultati delle regionali – al lumicino – indicano «un declino difficilmente reversibile». La verità, scrive l’analista, è che nell’elettorato italiano «serpeggia da tempo un’insoddisfazione politica che ha investito tutti i partiti», percepiti come incapaci di affrontare i problemi reali, dalla crisi del 2011 in poi.
Anziché attuare le riforme necessarie, «si è proceduto verso cambiamenti che di fatto non risolvevano i problemi del lavoro, delle infrastrutture, della sanità e della scuola, quando addirittura non li aggravavano». Di qui il successo (momentaneo) dei 5 Stelle, «nato sull’onda del Vaffa, e di cui spesso lo stesso Grillo si è vantato dicendo che il merito maggiore del Movimento era quello di avere controllato la protesta popolare». È bastato, però, che il M5S andasse al governo – annota Mangiameli – perché il suo appeal venisse meno e, via via, scemasse nelle elezioni europee e in quelle regionali. Alla prossima tornata «ci si accorgerà che la loro funzione di serbatoio della protesta si è esaurita», e sarà acclarato quanto oggi ormai si dice apertamente, «e cioè che il personale politico che hanno schierato nella compagine di governo non è stato sicuramente migliore di quello degli altri partiti, come del resto ha mostrato anche l’esperienza romana della sindaca Raggi». Per manifestare il loro malcontento, già alle europee 2019 gli elettori avevano premiato la Lega di Salvini. Ma anche l’onda leghista, aggiunge Mangiameli, ora sembra essersi attenuata.
Può cantare vittoria almeno il Pd? Niente affatto: la perdita delle Marche «dovrebbe preoccupare non poco Zingaretti». Idem le affermazioni di De Luca ed Emiliano: il Pd ha vinto in Campania e in Puglia «con due candidati eterodossi». Cioè: «Fosse stato per il Pd e per il suo gruppo dirigente, né De Luca né Emiliano sarebbe mai stati ricandidati: troppo populisti e invisi allo stesso partito», sono stati «candidati subiti dal Pd nazionale». Lo stesso neo-presidente della Toscana, Eugenio Giani, “antico” socialista, «è stato più supportato da Bonaccini, presidente dell’Emilia-Romagna, che non dal gruppo dirigente nazionale del Pd». In sostanza, scrive Mangiameli, gli italiani «continuano a cercare un’alternativa a questa classe politica nazionale, che a più riprese hanno alternativamente premiato e punito». Quelli percepiti come i più affidabili sono i presidenti regionali uscenti, inclusi Zaia e Toti. Giudizio indiretto su Conte, anche alla luce della gestione della pandemia? «Gli italiani oggi si fidano più delle Regioni che non dello Stato».
FONTE: https://www.libreidee.org/2020/09/hanno-perso-tutti-gli-italiani-non-si-fidano-di-questi-partiti/
SCIENZE TECNOLOGIE
Come trasferire i dati senza il Privacy shield?
La sentenza “Schrems II” con cui è venuta meno la decisione di adeguatezza riguardante il Privacy Shield, sta producendo i suoi impatti su tutti gli operatori che operano trasferimenti dei dati verso gli Stati Uniti. Certamente, leggendo le motivazioni della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, già avremmo ben potuto ritenere che lo scudo era tutt’altro che adamantino (contrariamente alla tradizione Marvel) bensì piuttosto scricchiolante. Difatti, le ingerenze che la legislazione statunitense consente nei confronti dell’impiego delle informazioni sono state quel prevedibile punto di rottura per le garanzie che il GDPR intende accordare agli interessati.
Quali sono ora le conseguenze da valutare per le organizzazioni che trasferiscono i dati negli Stati Uniti?
Prima di tutto, non è più possibile trasferire lecitamente i dati verso gli Stati Uniti ai sensi dell’art. 45 GDPR sulla base del Privacy Shield. L’EDPB ha chiarito inoltre che i trasferimenti basati su garanzie adeguate (art. 46 GDPR) e norme vincolanti d’impresa (art. 47 GDPR) richiedono alcune accortezze, per essere conformi ai rilievi emersi dalla sentenza della CGUE.
La principale chiave di interpretazione da impiegare per il “test di resistenza” delle basi del trasferimento giace dunque nella disposizione dell’art. 44 GDPR, in forza della quale “tutte le disposizioni di detto capo devono essere applicate al fine di garantire che non sia compromesso il livello di protezione delle persone fisiche garantito da tale regolamento” e dunque sia garantita una tutela sostanziale. In particolare, dovranno trovare attuazione le garanzie riguardanti i diritti azionabili e i mezzi di ricorso effettivi a disposizione degli interessati.
L’impiego di clausole contrattuali tipo (o SCC: Standard Contractual Clauses) deve essere così oggetto di un’analisi in concreto che faccia riferimento alle circostanze del trasferimento affinché possa essere garantito, anche attraverso la predisposizione di misure supplementari, un livello di protezione adeguato e la non interferenza da parte della normativa statunitense. Allo stesso modo deve svolgersi la valutazione del trasferimento dei dati basato sulle norme vincolanti d’impresa (o BCR: Binding Corporate Rules), con la previsione di tutte quelle misure supplementari per provvedere alle adeguate garanzie richieste alla luce della sentenza della CGUE.
Il venir meno del Privacy Shield non impatta particolarmente sui trasferimenti effettuati sulla base di una delle deroghe previste dall’art. 49 GDPR, le quali però, si ricorda, sono connotate da un carattere di eccezionalità. Con particolare riferimento alla base del consenso esplicito dell’interessato, sarà necessario che lo stesso sia non solo specifico bensì anche informato soprattutto in relazione ai rischi del trasferimento e all’assenza di una protezione adeguata e misure di salvaguardia a protezione dei suoi dati personali.
Si ricorda infine che il considerando n. 101 GDPR considera i flussi internazionali di dati come “necessari per l’espansione del commercio internazionale e della cooperazione internazionale”, per cui è richiesta una continua operazione di bilanciamento con le garanzie a tutela delle persone fisiche perché il trasferimento non possa comprometterne i diritti e le libertà fondamentali. Ed è proprio in quell’equilibrio che si trova il concetto di “adeguatezza” prescritto dalla norma con riferimento alle garanzie.
FONTE: https://www.infosec.news/2020/09/28/news/riservatezza-dei-dati/come-trasferire-i-dati-senza-il-privacy-shield/
STORIA
Se Balbo fa ancora paura
Vittorio Sgarbi annuncia una mostra sull’aviatore italiano. Ma c’è chi insorge (non conoscendo la vera storia di Italo Balbo)
Una mostra dedicata a Italo Balbo nella sua Ferrara è finita al centro del dibattito politico. Come sempre, verrebbe da dire, quando si immagina qualche iniziativa incentrata sulla figura del quadrumviro della Marcia su Roma.
Tutto è nato da un’idea di Vittorio Sgarbi, che snocciolando i vari progetti culturali che coinvolgeranno Ferrara fino al 2023 ha fatto notare che in primavera, quando Palazzo Diamanti chiuderà i battenti per dei lavori di restauro, si manifesterà la necessità di occupare un lungo buco nel calendario.
Il presidente di Ferrara Arte vorrebbe occuparlo con una mostra dedicata a Italo Balbo a Palazzo Koch, in collaborazione con la direttrice dell’Istituto di Storia contemporanea, Anna Maria Quarzi. Un “italiano positivo”, l’ha definito Sgarbi.
Sarebbe la prima mostra su Balbo in assoluto, proprio perché, ogni volta che il suo nome prova ad essere sottratto dalla damnatio memoriae, nascono le polemiche. Sgarbi ci ha tenuto da subito a rivendicare il carattere “antifascista” di una mostra che “non inneggerebbe in alcun modo al Duce, anzi, sottolineerebbe le conflittualità tra Balbo e Mussolini”. E il ruolo dell’Isco, in questo senso, sarebbe quello del “garante”: “Riguarderà soltanto la celebre Trasvolata Atlantica del 1933 (ma anche quella del 1931 in Brasile, e più in generale il movimento futurista, l’aeropittura etc, NdR). Nessun collegamento con l’ideologia fascista e il regime dell’epoca”, assicura la direttrice Quarzi, che con l’Istituto che presiede ha ricevuto in dono dalla famiglia Balbo una inedita e straordinaria documentazione fotografica che sarebbe davvero un peccato non riuscire a valorizzare.
Già nel 2018, infatti, l’Isco di Ferrara ha aperto un fondo documentario dedicato a Balbo, riempito grazie alle corpose donazioni della famiglia di Paolo Balbo, figlio di Italo scomparso di recente. Ad oggi sono stati catalogati e sono disponibili alla consultazione 1302 libri-titoli.
Materiale che dovrebbe essere al centro persino di un seminario realizzato in collaborazione con l’Università di Ferrara dal titolo “Ripartire da Balbo. Gli studi sul fascismo e l’importanza dell’archivio famiglia Paolo Balbo” (programmato per il 2020, poi spostato al 2021).
Un’opera culturale dal valore indiscutibile, insomma, che, prima o poi, si sarebbe gioco-forza dovuta tradurre anche in una mostra per far cadere uno degli ultimi tabù su Balbo.
Le voci di dissenso, tuttavia, non mancano. In un’intervista a Fiorenzo Baratelli dell’Istituto Gramsci, pubblicata su La Nazione, si legge: “Il rischio è che non si chiarisca il contesto in cui la sua figura si muoveva, creando le condizioni nel comune sentire, specie tra i più giovani, per normalizzare la figura di Balbo che ‘normale’ non è, perché rappresenta una pagina tragica e negativa della storia nazionale e ferrarese”. Mentre i coordinatori provinciali di Italia Viva, Manuela Macario ed Eric Zaghini, hanno dapprima fatto riferimento al “pericoloso” atteggiamento “negazionista e oscurantista” di Sgarbi in materia di Covid, poi fatto cenno a come il “pensiero e l’azione fascista siano ormai pienamente radicati e pericolosamente legittimati da una cospicua parte dei nostri governanti sia nazionali che locali”. I riferimento neanche tanto velato è ad Alan Fabbri, sindaco leghista di Ferrara, e alla sua amministrazione. In un comunicato ufficiale hanno rincarato la dose: “Per noi di Italia Viva Ferrara rimane fondamentale il fatto che la mostra trasmetta al pubblico il sentimento e l’atteggiamento di violenza e disuguaglianza che ha caratterizzato l’intero movimento fascista sin dagli albori e che Balbo incarna pienamente attraverso le sue azioni e ora, il suo ricordo […] Italia Viva Ferrara si batterà fino in fondo affinché questa mostra sia un monito per tutti i visitatori che hanno diritto di conoscere e informarsi sulle atrocità di questo periodo storico, per scongiurarne il ritorno sotto ogni forma e aspetto, evitando e condannando qualsiasi tipo di celebrazione o peggio, revisionismo”.
In esclusiva a Il Giornale.it anche il senatore di Fratelli d’Italia Alberto Balboni ha voluto prendere parte al dibattito: “Si tratta di una polemica strumentale, ma anche molto effimera. Una mostra non è per forza apologetica, ma è ricerca di approfondimento e documentazione. Serve anzi a sviluppare senso critico, specie a quasi un secolo di distanza. La sinistra, poi, ha torto anche nel merito, oltre che nel metodo, visto che Balbo è stato senza dubbio un grande ferrarese, questo va riconosciuto. Che non significa approvare in toto le sue azioni, ma ricordare e celebrare alcune gesta importanti come appunto le Trasvolate che contribuirono a rendere l’industria aeronautica italiana famosa in tutto il mondo e permisero alle nostre aziende di chiudere accordi commerciali persino con l’Unione Sovietica. Per non parlare dell’America, dove ci sono ancora monumenti intestati a lui”.
A Chicago, nello specifico, viene ciclicamente messa nel mirino la colonna d’epoca romana posta sulle sponde del Lago Michigan a ricordo dell’impresa dei 25 idrovolanti italiani S.55X che nel 1933, capitanati proprio da Balbo, partirono da Roma per arrivare a New York e, appunto, nella “Windy City”. Spesso si sollevano grida d’orrore da parte di quanti vorrebbero rimuoverla e cambiare nome alla “Balbo Avenue” che attraversa Grant Park. Sia la colonna che la strada della discordia, però, sono ancora lì. E Balbo, come tanti altri personaggi storici italiani, sembra essere più apprezzato all’estero che in Patria.
“È ingeneroso non ricordare – prosegue Balboni – anche le iniziative lodevoli svolte da Balbo. A partire dalla pagina culturale del Corriere Padano da lui fondato, che ospitava scritti di alcuni dei più grandi intellettuali italiani e internazionali. Per non parlare del contributo dato alla città di Ferrara, con lo sviluppo dell’area industriale con al centro il Po come arteria navigabile che trasformò la nostra città nella più sviluppata dell’Emilia al pari di Bologna, mentre oggi siamo l’ultima. E che dire del recupero e della valorizzazione del Palio. Le racconto un aneddoto: l’ex sindaco Tagliani, di centrosinistra, un giorno mi chiamò per aiutarlo a ritrovare i vecchi costumi che venivano utilizzati durante il Palio dei tempi di Balbo. Sa che fine hanno fatto? Sono stati depredati dopo la guerra dai comunisti locali e venduti di nascosto. Ora sono del tutto dispersi”.
A Ferrara, infine, si ricorda Balbo per la sua profonda amicizia col Podestà ebreo Renzo Ravenna, con cui si fece più volte vedere sottobraccio in giro per la città dopo la promulgazione delle vergognose Leggi razziali. Rientrò appositamente dalla Libia, dov’era stato “confinato” da Mussolini in esilio dorato come Governatore. Proprio il dualismo col Duce sarebbe un aspetto centrale della mostra, aspetto che lo rese noto per la sua ostilità nei confronti della Germania nazista e per l’opposizione all’entrata in guerra dell’Italia. Ma come quel 28 giugno del 1940 quando venne abbattuto sui cieli di Tobruk, Balbo continua ad essere, dopo ottant’anni, bersagliato dal “fuoco amico”.
FONTE: https://www.ilgiornale.it/news/cronache/se-balbo-fa-ancora-paura-1893032.html
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