Sulla crescita della povertà tutto ciò che oggi prevale è mistificazione.
Innanzitutto, i numeri sono inferiori alla realtà o sono costruiti in modo da far apparire meno grave la situazione.
Dal 2005 l’Istat suddivide i poveri in assoluti e relativi con due diverse classificazioni di reddito. Così oggi ci sono 5 milioni di poveri assoluti e tanti altri milioni di poveri relativi. Ma è una distinzione che serve solo ad attenuare l’impatto della catastrofe sociale che ha colpito il nostro paese. Tra l’altro i mass media hanno tutti diffuso la notizia che i 5 milioni di poveri assoluti sarebbero il numero più alto dal 2005, come se prima fossero stati di più. No naturalmente, il 2005 è solo l’anno di avvio della classificazione e allora i più poveri dei poveri erano solo 1,5 milioni. In tredici anni sono triplicati.
Eurostat, l’istituto europeo di statistica, usa piuttosto dei criteri sociali per contare i poveri, partendo da ciò di essenziale a cui essi debbono rinunciare. Sono considerati poveri i cittadini che, tra l’altro, hanno difficoltà a fare un pasto proteico ogni due giorni, a sostenere spese impreviste, a riscaldare a sufficienza la casa, a pagare in tempo l’affitto e a comprarsi un paio di scarpe per stagione e abiti decorosi.
Sulla base di questi e altri criteri nel 2017 l’Italia risulta il paese europeo con più poveri. Sono 10,5 milioni, su un totale a livello Ue di 75 milioni. Un numero enorme, quasi pari agli abitanti di tutta la Germania. Ma i vertici europei si fanno sulla finta emergenza migranti, che permette a tutti i governi di fare i feroci contro le decine di migliaia di poveri che vorrebbero venire sul continente, mentre nulla si fa per le decine di milioni che nella UE già ci stanno.
I poveri si contano e poi vengono cancellati dall’agenda politica. Essi sono lavoratori, pensionati, precari e disoccupati, donne e giovani. Sono la parte più sfruttata ed oppressa del mondo del lavoro, sono le prime vittime della lotta di classe dall’alto dei ricchi, che più i poveri aumentano, più vedono accrescere i propri patrimoni.
I 14 italiani più ricchi, Ferrero Del Vecchio, Berlusconi, Armani e gli altri, possiedono beni per un ammontare di 107 miliardi di dollari, come ciò che riescono a mettere assieme milioni di poveri. Il 5% più ricco del paese detiene il 40% della ricchezza nazionale, cioè 4000 miliardi.
I poveri aumentano perché i ricchi sono sempre più ricchi, perché la ricchezza si concentra sempre di più in alto e viene espropriata e rapinata in basso. La diseguaglianza sociale che dilaga senza freni nel nome del libero mercato è la causa dell’enorme incremento della povertà in Italia e in tutta Europa.
Le misure di austerità e di rigore di bilancio, le privatizzazioni, la flessibilità e la precarietà del lavoro, le politiche fiscali di agevolazioni alle imprese e di riduzione delle tasse ai ricchi, i Jobsact e le flat tax che dilagano in tutta Europa, impoveriscono sempre più persone ed arricchiscono sempre di più una piccola minoranza.
Se non si combatte la concentrazione della ricchezza non si può ridurre la povertà, ma tutti i governi europei, tecnocratici o populisti che siano, di fronte alla sola ipotesi di contrastare la diseguaglianza redistribuendo ricchezza si fermano atterriti. Anche chi ha preso i voti nel nome della lotta contro le élites, alla fine fa proprio l’imbroglio liberista secondo il quale per redistribuire ricchezza prima bisogna produrla. Cioè per dare soldi ai poveri, prima bisogna darne ai ricchi.
Per questo vertici europei per la lotta alla povertà non se ne sono mai fatti, mentre i governanti UE si riuniscono e si accapigliano sul modo migliore di fermare i barconi dei migranti. Contro i ricchi nulla si può, nulla si deve fare, questo è il primo articolo della costituzione reale della UE, perciò oggi una delle figure più rappresentative dell’europeismo è Matteo Salvini.
Giorgio Cremaschi
(27 giugno 2018)
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