La sinistra è complice di questa guerra ai diritti
Il Jobs Act ne è l’apice. Un massacro di classe, destinato a ridurci tutti in schiavitù.
di Diego Fusaro
20 Settembre 2016
Lo si è criticato da più parti e per più ragioni. Il governo l’ha difeso senza esitazioni, presentandolo anzi come motivo d’orgoglio del proprio operato. Alludo al famigerato Jobs Act, la “riforma” (le virgolette sono d’obbligo) del lavoro prodotta dal governo Renzi e ridicola a partire dal nome, che ancora una volta rivela la subalternità culturale e politica del nostro Paese al mondialismo e al globish, un inglese che nulla ha a che vedere, ovviamente, con quello di Shakespeare, ma che è semplicemente un’emanazione della lingua onnipervasiva dei mercati. AGGRESSIONE AL MONDO DEL LAVORO. L’ho detto e lo ridico: il Jobs Act è l’apice dell’aggressione al mondo del lavoro e dei diritti sociali che il capitale, con l’appoggio ossequioso delle sinistre arcobaleno, sta conducendo dopo il 1989: è la coerente evoluzione della lotta di classe divenuta massacro di classe, ossia ripresa, da parte dei dominanti, di tutto ciò che i dominati avevano ottenuto lottando. È il trionfo del Signore sul Servo, del capitale sul lavoro. C’è un passo del Jobs Act che vale la pena leggere, per suffragare questa tesi:
«Art 3 1. Salvo quanto disposto dal comma 2, nei casi in cui risulta accertato che non ricorrono gli estremi del licenziamento per giustificato motivo oggettivo o per giustificato motivo soggettivo o giusta causa, il giudice dichiara estinto il rapporto di lavoro alla data del licenziamento e condanna il datore di lavoro al pagamento di un’indennità non assoggettata a contribuzione previdenziale di importo pari a due mensilità dell’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto per ogni anno di servizio, in misura comunque non inferiore a quattro e non superiore a ventiquattro mensilità».
L’USO MIRATO DEL BUROCRATESE. Astraiamo dal linguaggio ministeriale (il “burocratese” fatto ad hoc per non far capire le cose ai più): cosa c’è scritto nel passaggio poc’anzi citato? Semplice: anche ove risulti accertato che «non ricorrono gli estremi del licenziamento per giustificato motivo oggettivo o per giustificato motivo soggettivo o giusta causa», colui che è licenziato non è reintegrato. Il licenziamento può essere senza giusta causa, affidato completamente all’arbitrio del datore di lavoro. Con tutte le conseguenze – non difficili da prevedere, peraltro – che ne discendono. Il datore di lavoro dovrà limitarsi a pagare una indennità (sic!), ma non a reintegrare nel posto di lavoro. Avete capito bene.
Definire criminale il Jobs Act è essere moderati. Twitter @DiegoFusaro
http://www.lettera43.it/firme/la-sinistra-e-complice-di-questa-guerra-ai-diritti_43675260523.htm