Renzi non crede più nel Pd: sta preparando il suo partito
Le tappe dell’addio a cavallo delle Europee: prima la Leopolda, poi la scissione consensuale in due sigle
Augusto Minzolini – 23/05/2018 – 09:04
«Imbarazzante»: quell’espressione Matteo Renzi l’avrà ripetuta 100 volte negli ultimi quattro giorni, rivolta a quanto è andato in scena all’assemblea nazionale del Pd. Mentre grillini e leghisti danno l’assalto al Palazzo per ridisegnare la geografia del Potere in Italia; mentre il terremoto che ne consegue sta cambiando la geografia della politica Paese, scomponendo e ricomponendo alleanze e soggetti politici; ebbene, mentre il mondo di ieri tramonta e il nuovo è pieno di incognite, il Pd continua dilaniarsi nelle lotte interne, sulla questione amletica, intimista, per non dire masochista: Renzi sì, Renzi no.
E a questo punto per il personaggio della discordia – «imputato», per alcuni, e «speranza», per altri – la misura è colma. È il momento di levare gli ormeggi e mettere le vele al vento. «Io mi aspettavo una novità è stato lo sfogo che l’ex segretario ha regalato a molti dei suoi dentro le mura amiche -, una risposta all’altezza di fronte al pericolo di Grillo e Salvini. E, invece, niente. Hanno di nuovo discusso di tematiche interne, il solito canovaccio di tutti contro Matteo. Anche se io ho fatto di tutto per evitarlo: avevamo i numeri per vincere, ma ho impedito la conta, non sono stato divisivo; e loro, invece, di nuovo a sparare contro il sottoscritto. Solo che hanno sbagliato Matteo. Sono sconfortato, ma ormai ho deciso: siamo al punto di non ritorno, ognuno per la sua strada».
E questa volta dai segnali, dagli sfoghi, dai ragionamenti che provengono dagli uomini dell’ex segretario, si capisce che siamo ad un punto di svolta.
«Alea iacta est è la citazione di Cesare che dalla bocca di Renzi rimbomba da quelle parti, un eco del bonapartismo oltralpe di Macron -, il dado è tratto».